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Il Papiro di Torino

di Luigi Cozzi

1.

Una statua gigantesca, con il corpo di leone e la testa di uomo, guarda verso l'est
dall'Egitto lungo il trentesimo parallelo. È un monolite scavato nella pietra
calcarea dell'altopiano di Giza, lungo 73,15 metri, con un'apertura di spalle pari
a 11,58 metri, e alto 20. È consumato ed eroso, solcato da fenditure e
profondamente deteriorato. Eppure niente di quanto è giunto fino a noi
dall'antichità può eguagliare, neppure alla lontana, la potenza e la grandezza, la
maestà e il mistero, o quell'aria vigile, così cupa e ipnotica.
È la Sfinge. Un tempo era ritenuta una divinità immortale.
Poi calò l'oblio e cadde in un sonno incantato.

Robert Bauval e Graham Hancock,


Custode della Genesi, 1996.

A volte mi capita, sfogliando la mia piccola agenda alla ricerca del numero
telefonico di qualcuno, di imbattermi nei nomi di amici o parenti che da tempo
mi hanno lasciato. Io conservo infatti ogni agenda finché non è del tutto mal
ridotta e consumata, ed è per questo che mi può capitare di ritrovare sulle
pagine sciupate i recapiti o i numeri di persone ormai decedute da anni e,
quando vi poso gli occhi sopra, vengo preso da un senso di smarrimento o di
vertigine. Per qualche istante, infatti, mi viene da pensare che basterebbe
semplicemente ricomporre il loro numero per poterci di nuovo parlare, come se
la morte non fosse calata da tempo a porre fine per sempre a ogni rapporto, a
ogni forma di comunicazione.
Sciocchezze, vero? Malinconie?
Certo, è proprio così, e per mettere un termine a queste tristi riflessioni,
basterebbe forse provvedere a cancellare il nome e il numero di chiunque non ci
sia più.
Ma questo non l'ho mai fatto, e non credo che lo farò neppure in futuro, perché
in fondo mi piace, sfogliando l'agenda, ritrovare quei nomi e quei numeri: in
questo modo, forse ingenuo, dentro di me continuo a far vivere quelle persone,
donando loro quasi una sorta di vita senza fine, almeno finché esisterà la mia
minuscola agenda.
Ma esistono altre vie per ottenere l'immortalità, vie che di sicuro io non mi ero
mai immaginato e che altri invece hanno cercato e trovato.
Ed è proprio di queste altre strade che ora vi voglio riferire, in questa strana e
terribile storia che ha davvero dell'incredibile...

2.
Una tradizione asserisce che i monumenti di Giza si ergono come l'ultimo
grande memoriale di una civiltà altamente progredita e precedente il diluvio,
che fu distrutta da una "Grande Inondazione". Secondo questa tradizione, a
Giza, sotto la Sfinge o dentro la Grande Piramide stessa, si cela una "Sala dei
Documenti" in cui viene custodita l'intera conoscenza e saggezza della civiltà
perduta.

Robert Bauval e Graham Hancock,


Custode della Genesi, 1996.

Tutto ebbe inizio dopo un po' di tempo che avevo cominciato a scrivere per una
rivista esoterica intitolata «I Misteri», per la quale redigevo articoli come I
misteri di Atlantide o C'è una casa stregata nel cuore di Roma. In verità, si
trattava per lo più di piccoli pezzi desunti da libri o da vecchie ricerche
personali, oppure di testi redatti con l'aiuto di un mio amico che, essendo
collaboratore presso la Curia di Ravenna di un noto sacerdote esperto in casi di
invasamento e di infestazione, mi passava alle volte dei materiali abbastanza
interessanti affinché ne ricavassi degli articoli. Niente di speciale, nel
complesso, anche se indubbiamente quelle mie collaborazioni devono essere
risultate gradite ai lettori del periodico, dato che il suo direttore me ne sollecita
altre in continuazione.
Fin qui, tutto normale, e può anche considerarsi del tutto normale il fatto che a
volte il direttore mi passi alcune delle lettere giunte in redazione a proposito dei
miei scritti, affinché risponda io di persona. Ci sono stati anche alcuni casi di
lettori che hanno preferito rivolgersi direttamente per telefono alla redazione, e
anche in questi casi il direttore non ha fatto altro che dirottarli su di me,
comunicando loro dove potevano trovarmi, in maniera da poter discutere
proprio con l'estensore degli articoli pubblicati.
Da tempo mi occupo di Profondo Rosso, la piccola bottega degli orrori che si
trova a Roma in via dei Gracchi 260, dove confluiscono gli appassionati del
fantastico e della fantascienza di tutta Italia e dove incontro sempre con piacere
tutti quelli che vengono a trovarmi. Per questo, dunque, avevo autorizzato la
redazione dei «Misteri» a fornire il mio recapito telefonico.
E fu per questo che un giorno uno strano tipo mi rintracciò e poi mi venne a
trovare. Era un individuo singolare, molto alto e dal fisico imponente, che
torreggiava sopra di me mentre lo guardavo incuriosito.
«In che cosa posso esserle utile?», gli chiesi.
«Mi chiamo Antoni e sono un lettore dei "Misteri"», rispose lui. Poi aggiunse:
«Non che mi interessino troppo quelle cose... Non fino a un po' di tempo fa,
almeno. Poi però mi sono imbattuto in alcuni strani fatti e ho fatto certe
scoperte, e allora... allora ho notato i suoi articoli e, anche se non condivido
molte di quelle cose che scrive, mi sono sembrati ben fatti, chiari... Così ho
concluso che forse lei è la persona adatta al mio scopo».
Lo guardai sempre più incuriosito. «Cioè... a cosa?», chiesi.
«Cerco qualcuno che scriva...», rispose lui. «Che sappia scrivere bene certe
cose. E lei mi sembra la persona più adatta a questo scopo».
Ero sconcertato. «Vorrebbe che scrivessi qualcosa... per lei?», gli chiesi ancora.
Lui scosse la testa. «Non per me, ma per la gente. È la gente... la gente che deve
sapere, che deve conoscere quello che so io ora, quello che ho scoperto... con
tanto pericolo».
«Pericolo?». Feci fatica per non sorridere, mentre dentro di me pensavo che
quel visitatore doveva essere un tipo un po' esaltato, un mezzo matto che
probabilmente credeva al Demonio, agli spiriti, o a chissà quale altra fandonia
soprannaturale.
Ora, non è certo questo il tipo di pubblico con il quale mi piace dialogare, ma
tra le persone che la redazione dei «Misteri» mi invia regolarmente, qualcuno di
questa genia bizzarra finisce inevitabilmente per esserci, anche se ovviamente io
faccio tutto il possibile per sbarazzarmene al più presto.
Questo nuovo venuto però non sembrava un tipo facile: non aveva l'aria, cioè, di
uno che si lascia liquidare dopo poche frasi di circostanza. Stavo quindi già
rimuginando dentro di me alla ricerca di una strategia dialettica capace di farlo
andare via in fretta senza problemi, quando lui mi sorprese con una domanda
del tutto inaspettata.
«Cosa sa lei dell'antico Egitto?», chiese.
Lo guardai in silenzio per alcuni istanti, colpito dalla svolta improvvisa del
discorso, e non potei fare a meno di rispondere: «Be', ecco, veramente... so
abbastanza poco, sull'antico Egitto, se devo essere sincero. Ho giusto letto di
recente quei libri di cui si è molto parlato, quello di Hancock, Il Mistero di
Orione di Bouval e...».
«Lei però ha scritto di Atlantide, vero?», mi interruppe lui, senza attendere che
finissi di citare quei titoli. «Ha scritto che probabilmente era in realtà l'isola di
Santorino... o Thera... distrutta da un'enorme eruzione vulcanica verso il 1650
avanti Cristo, no? L'ho letto proprio su "I Misteri"».
«Sì», ammisi senza difficoltà. «È una teoria abbastanza interessante, e l'ho
riportata in quell'articolo... Anche se non credo che sia poi così attendibile,
come spiegazione. L'Atlantide... quella vera, se è mai esistita... doveva essere
certamente molto, molto più antica...».
«Appunto», fece il visitatore, deciso. «Era certamente molto, molto più antica».
E quest'ultima sua frase era un'affermazione, non una domanda o una
supposizione.
Poi, dopo una pausa, l'uomo aggiunse ancora: «Conosce quel libro uscito da
poco, in cui si cerca di dimostrare che l'Atlantide non era altro che l'Antartide
libera dai ghiacci, alcune decine di migliaia di anni fa?»
«Sì, l'ho letto», risposi, sapendo che il testo al quale l'uomo si riferiva era La
fine di Atlantide, scritto da Rand e Rose FlemAth, un libro davvero interessante
che per combinazione avevo letto da poco. «E ammetto che porta argomenti
indubbiamente assai solidi a sostegno di quella tesi».
«Appunto», fece l'uomo, e continuò: «Ma non è tutto. O, meglio, quello è solo il
principio: quando l'Atlantide finì, annientata con la sua civiltà dall'immane
catastrofe che la fece scivolare fin quasi al centro del Polo Sud, alcune delle sue
genti si salvarono, e si dispersero qua e là sulla superficie della terra. Furono
proprio loro a dare il via alla moderna civiltà, al progresso quale noi lo
conosciamo».
«Sì», convenni. «Alcuni di quei libri che ho citato lasciano appunto supporre
che furono proprio degli esuli di Atlantide e alcuni suoi Grandi Sacerdoti a dare
origine in Egitto al popolo che poi ha eretto le Piramidi e ha creato la Sfinge».
Feci una pausa, e quindi aggiunsi, stringendomi un po' nelle spalle: «Forse
l'Egitto è molto più antico di quanto pensano i moderni studiosi, almeno
secondo i sostenitori di queste nuove teorie. Però... Però...». Mi interruppi e
guardai intensamente il mio visitatore, poi aggiunsi: «Però non capisco che cosa
tutto questo abbia a che vedere con me... o con la sua visita».
«Invece una relazione c'è», rispose l'uomo con un sorriso, «ed è molto precisa».
Fece un'altra pausa, lunga, quindi mi fissò intensamente e disse: «Sa che proprio
qui in Italia c'è la soluzione di quell'antico mistero?».

3.

Secondo i Testi di Edfu, i Sette Saggi e gli altri Dei originariamente


provenivano da un'isola, la "Terra natale degli Esseri primordiali". Come
abbiamo osservato sopra, i testi sono di una chiarezza adamantina riguardo al
fatto che l'agente atmosferico che distrusse quell'isola fu un'inondazione. Ci
dicono anche che fu di breve durata e che la maggior parte dei suoi "divini
abitanti" fu sommersa. Arrivando in Egitto, i pochi che sopravvissero divennero
poi "gli Dei Costruttori" che edificarono tanto tempo fa i Sovrani della Luce
[...], le anime dei Morti, gli Avi [...] che gettarono i semi per gli Dei e per gli
uomini [...], i Grandi Vecchi che esistevano fin dal principio, che illuminarono
questa terra quando vi giunsero insieme.

Robert Bauval e Graham Hancock,


Custode della Genesi, 1996.

Il mio colloquio con quell'uomo era sempre più strano, e forse avrei fatto bene a
troncarlo in fretta per ritornare alle mie abituali occupazioni Ma c'era qualcosa
nei suoi modi, nel suo tono, che mi costringeva a prestargli un'attenzione che a
un altro sicuramente non avrei mai concesso. E così continuai a seguire quel suo
strano gioco dialettico che mi faceva saltare avanti e indietro nel tempo, mentre
si muoveva da un argomento all'altro senza nessuna apparente connessione. Ma
era davvero solo un gioco?
«Non so che cosa vuole dire. Perché non si spiega?», risposi.
Lui sorrise, sicuro di avermi ormai saldamente in pugno, e poi disse: «Ha mai
sentito parlare del Papiro di Torino?».
Lo fissai perplesso per qualche secondo. Poi mi venne finalmente in mente che
l'avevo già letto, quel nome il Papiro di Torino su uno dei libri che avevo citato
prima. Il Papiro di Torino è infatti uno dei più antichi reperti dell'antichità che
siano conservati nel nostro paese: risale secondo gli studiosi alla XVII Dinastia
dell'Egitto, cioè al 1400 circa prima di Cristo e, dopo essere stato ritrovato, è
stato acquistato dal Museo Egizio di Torino, dove è custodito gelosamente
ormai da tantissimi anni.
«Sì, lo conosco», risposi. «È un documento estremamente antico...».
«Esatto», fece il mio visitatore. «Quel reperto fu trovato misteriosamente in
Egitto agli inizi del XIX secolo... Ed è ritenuto assai importante dagli studiosi,
perché in esso sono elencate le tre distinte epoche che si sono succedute in
Egitto, con tutti i nomi e il periodo di durata del regno di ogni re o Faraone».
«Certo», dissi, ricordando ognuno dei particolari che avevo letto su quel
documento. «Però gli storici dicono che quel papiro non è attendibile, e che chi
l'ha steso nel 1400 avanti Cristo doveva essere un matto, in quanto elenca date e
nomi...».
«Appunto», mi interruppe con determinazione il mio visitatore. «Dicono che è
assurdo perché elenca date e nomi che risalgono ad almeno trentamila anni fa.
Cioè, secondo quanto è scritto in questo papiro, la civiltà egizia risalirebbe ad
almeno trentamila anni prima di Cristo, e sarebbe stata divisa in tre distinte
epoche: prima il regno degli Dei, i fondatori della civiltà egizia, poi il dominio
dei semidei o dei ReHorus, cioè quello dei figli dei fondatori che si
accoppiarono con le più belle tra le figlie dei primitivi abitanti del luogo, e
infine una linea di re predinastici che sarebbe durata più o meno altri 13.777
anni... E tutto questo sarebbe successo prima di arrivare al periodo vero e
proprio dei Faraoni, l'unico che noi riconosciamo come autentico oggi».
«Certo», assentii. «È per questo che il Papiro di Torino viene considerato un
documento pieno solo di leggende e privo quasi del tutto di fatti storici
attendibili».
«Già», commentò l'uomo con un sorriso sarcastico. «Siamo sempre pronti a non
riconoscere per buono tutto quello che va contro le nostre tradizioni. È sempre
stato così... E lo stesso è accaduto anche con il caso del Papiro di Torino... che
per di più ci è giunto incompleto. O, meglio...». L'uomo fece una pausa, poi
specificò: «O meglio, quel papiro era completo quando fu trovato ma, durante il
trasporto dicono durante il viaggio dall'Egitto sino a Torino, una sua parte
rimase danneggiata e finì distrutta... Un'altra poi andò smarrita, e così quello che
oggi è esposto al Museo Egizio di Torino è solo una piccola parte di quel
documento tanto antico».
L'uomo tacque e rimase a fissarmi intensamente per qualche istante, con degli
occhi così vivi e accesi che sembravano quasi trafiggermi da parte a parte. Io
rimasi immobile, senza dire nulla, perché non sapevo davvero che cosa si
potesse aggiungere a quel discorso tanto strano e, senza dubbio, alquanto
sconclusionato.
Ma lui non aveva ancora finito di stupirmi, e infatti aggiunse quasi subito:
«È proprio per questo... perché quel documento oggi è incompleto, che io ora
rischio la vita... O, meglio, che temo di essere ucciso!».

4.

I "Seguaci di Horus" nei Libri della Fondazione (200 a.C.) iscritti sui muri del
Tempio di Edfu nell'Alto Egitto a metà strada tra Luxor e Assuan sono
identificati e assimilati ad altri esseri "mitici", a volte dall'aspetto divino, e a
volte umano, ma vengono sempre descritti come coloro che detengono e
preservano la conoscenza nel corso delle varie epoche, come una confraternita
elitaria dedita alla trasmissione della saggezza e alla ricerca della resurrezione e
della rinascita.

Robert Bauval e Graham Hancock,


Custode della Genesi, 1996.

Strano davvero quel colloquio, cominciato in un modo e poi svoltosi


apparentemente senza alcun nesso logico, eppure intimamente collegato, tutto
rivolto verso una precisa meta, attraverso una rete di frasi e di parole nelle quali
ormai ero rimasto del tutto invischiato.
Ma era sempre il mio visitatore a condurre la conversazione, quasi stesse
svolgendo un suo piano segreto, e così non mi lasciava mai la possibilità di
intuire quale potesse essere la sua conclusione.
Infatti evitò ogni mia richiesta di spiegazione, e si incamminò invece di colpo
lungo un'altra strada.
«Senta», mi fece. «Immagini l'Atlantide, più di trentamila anni fa. Pensi a uno
dei suoi Sommi Sacerdoti, a uno dei suoi massimi scienziati, depositario di un
sapere di cui noi oggi ignoriamo ogni cosa... E pensi che costui potrebbe forse
aver saputo in anticipo la tragica sorte che attendeva la sua terra e il suo popolo.
Lo immagini... e gli attribuisca anche un nome: Atum... o Ra di Dilmum...
Costui, dunque, impotente di fronte all'enorme catastrofe che si stava per
scatenare, avrebbe potuto concepire un piano immane, potrebbe avere
architettato un disegno così colossale da attraversare ere intere della specie
umana prima di arrivare al momento in cui le stelle e i pianeti si sarebbero
trovati di nuovo nella posizione più adatta per concludere la sua titanica
impresa: un momento che forse non è ancora giunto, malgrado siano passate
decine di migliaia di anni da quando tutto è iniziato... Un momento che però
adesso si è fatto vicino, molto vicino, e che forse si verificherà quando una
nuova era si aprirà davanti a noi nel cielo».
«Vuole dire il passaggio nell'Era dell'Acquario?», chiesi io.
«Certo», rispose lui. «Perché no? È possibile. Anche se non è sicuro. Non è del
tutto sicuro... E comunque forse non conta, in quanto probabilmente è
impossibile conoscere il suo scopo ultimo».
Lo guardai perplesso e dissi: «Ma lei sembra sottintendere che questo qualcuno,
questo tale sacerdote... Insomma, questo tizio sarebbe vissuto dai tempi di
Atlantide durante tutta la preistoria, l'Antico Egitto, e poi anche attraverso le
altre ere, sino a oggi? Non le sembra assurdo, impossibile?»
«Certo», riconobbe lui. «Forse tutto questo è solo una mia fantasticheria. Però
io a quest'uomo ho dato un nome, e pure altri gliene ho attribuiti, perché l'ho
riconosciuto sotto le varie identità che ha assunto durante il trascorrere delle
epoche. Li vuole conoscere, questi nomi?».
Si interruppe per qualche istante ma, prima che io potessi rispondere, cominciò
a elencare:
«Osiride, il primo Dio o Neter dell'antico Egitto, il creatore del loro Tempo
degli Dei, nonché colui che forse modificò il corso del Nilo per meglio favorire
quel grande progetto segreto... E quindi Thoth che, diecimila anni prima di
Cristo, concepì il grande schema architettonico che consentì la creazione delle
Piramidi nella Terra di Sokar, a Rostau, l'odierna Giza... E poi il Grande
Sacerdote Astrale di Innu, od On, o Eliopoli, la Città Sacra vicina al delta del
Nilo dove venivano custoditi i massimi segreti di quella scienza tanto antica...
Forse fu proprio questo Sommo Sacerdote che ispirò e guidò la mano di
ImHoTep, il grande architetto dei Faraoni... O forse fu addirittura lui
ImHoTep... E, comunque, di questo Sacerdote che si fece anche chiamare
Kaaper, io molte cose ho saputo e molto ho scoperto, e sono certo che lui oggi
vive ancora qui, in mezzo a noi, e che persegua sempre quel suo progetto che
risale ai giorni che precedettero la fine di Atlantide e che è volto a ridare il
calore e la luce alla sua grande isola natale ora completamente coperta dai
ghiacci».
Finalmente l'uomo tacque, e io cercai per diversi istanti di trovare un argomento
da ribattere. Mi sembrava infatti tutto troppo incredibile, e pensavo che l'unica
mossa saggia sarebbe stata quella di trovare al più presto un modo per
sbarazzarmi di quell'individuo. Ma di nuovo lui mi bloccò e mi sorprese
aggiungendo subito dopo:
«Se le ho detto tutto questo, è stato solo per farle capire perché ora sono in
pericolo, perché ho bisogno di qualcuno che conosca questa mia storia e la riveli
a tutti, nel caso che mi accada qualcosa di grave... Nel caso, cioè, che io venga
ucciso. Perché, vede, la chiave di tutto è sempre quel papiro, l'incompleto
Papiro di Torino che poi non è affatto privo delle sue parti più importanti e
segrete. No, assolutamente! Ho infatti io tutto quello che manca al Papiro di
Torino!».

5.

Nel periodo tra il 1899 e il 1900, un gruppo di archeologi americani dissotterrò


35.000 tavolette documenti scritti della civiltà sumerica nell'antica Nippur,
città consacrata a Enlil, il Dio del Diluvio. Gli archeologi erano
comprensibilmente molto eccitati: tale reperimento in effetti avrebbe potuto
svelare le radici primordiali della civiltà. Da quanto si evince dalle tavolette, gli
inizi andavano cercati a Dilmun, un'isola montagnosa perduta nell'oceano. Si
diceva che gran parte della popolazione era scomparsa allorché il DiodelSole
aveva tramato con Enlil per annientare il genere umano. I superstiti avevano
evitato il diluvio imbarcandosi su una grande nave, dove era stato accolto "il
seme di ogni vita" per veleggiare verso una montagna che si trovava vicino a
Nippur. L'isola paradisiaca da cui erano fuggiti si trovava nell'Oceano Indiano,
in direzione sud, cioè verso l'Antartide.

Rand e Rose FlemAth,


La fine di Atlantide, 1995.

L'Atlantide e i suoi segreti, l'Egitto e i suoi misteri, un uomo sopravvissuto


attraverso le varie epoche per più di quarantamila anni, e la parte mancante di
uno dei documenti più antichi e discussi della storia umana finito tra le mani di
quello strano tipo allampanato, a Roma: tutto assurdo a dir poco, non è vero? E
anche a me, in quel momento, l'intera vicenda appariva ridicola, e ormai
desideravo soltanto porre fine al più presto a quell'inutile conversazione. Ma il
mio interlocutore me lo impedì di nuovo, prospettandomi di colpo un argomento
diverso, prima che potessi esternare in modo definitivo tutta la mia incredulità e
la mia opposizione.
«Avete mai pensato alla gente che è morta?», mi chiese. «A coloro che avete
conosciuto o che avete amato, con i quali avete vissuto e parlato... Ai parenti e
agli amici... che oggi però sono morti, irrimediabilmente spariti? Ebbene tutto
quello in realtà non si è concluso, non è finito... e anche loro non sono morti:
non per sempre, almeno. Il Papiro di Torino, infatti... quel documento tanto
antico... nelle sue parti mancanti spiega ogni cosa... O, meglio, spiega come ha
fatto AtumRa, o Thoth, o Imhotep, o Kaaper, a vivere attraverso le epoche...
Uomo di fuori ma mummia quasi eterna di dentro... Quasi immortale e forse
quasi invincibile, immensamente determinato e diabolico, semidivino nella
grandiosa follia del suo arcano disegno...».
«Cioè?», domandai. «Quale sarebbe questo progetto segreto?»
«L'ultima parte di quel papiro», mi rispose l'uomo. «Quella che io ho ritrovato...
Quella parte svela come si può ridare la vita ai morti, e dice come si può riuscire
a farli ritornare tra noi rendendoli eterni, proprio come credevano gli antichi
Egizi. Già, quel papiro spiega tutto questo, ed è appunto il motivo per il quale io
adesso sono in pericolo. Atum... o Ra... o Kaaper... sa che io ho quel
documento, ed è per questo che mi deve uccidere: per riprenderselo, e per fare
sparire ogni traccia!».
«Be'», mormorai esitante, «tutto questo mi sembra difficile da credere, non
pensa? Mi pare talmente impossibile!».
«Sicuro!», continuò lui, imperturbabile. «Era proprio questa la prima risposta
che mi aspettavo da lei. Ma sono preparato, ed è appunto per questo che ora la
invito: venga con me... Venga con me a vedere».
«Vedere che cosa?»
«Non lo immagina?», disse lui, con un sorriso. «Ma a vedere quel documento, è
chiaro... Quel documento così antico!».
«Vuol dire...», feci io, quasi senza fiato. «Vuol dire che lei... lei ora intende
mostrarmi la parte mancante del Papiro di Torino?»
«Appunto. Ce l'ho in cassaforte, a casa mia. Non è lontano. Impiegheremo
poche decine di minuti, prendendo la metropolitana. E poi forse, vedendo e
toccando di persona, lei riuscirà a riflettere meglio su quanto le ho detto sinora,
e comincerà a capire... Così potrà essere pronto a scriverne, qualora mi dovesse
accadere qualcosa di grave per davvero, in maniera da sventare il progetto
diabolico di Atum, qualunque esso sia. Anche gli altri devono sapere!».
«Ma... ma...».
Non sapevo davvero più che cosa dire. Del resto, che cosa avreste fatto voi se
foste stati posti in una situazione del genere? Non lo so. So soltanto che cosa
feci io: forse la cosa più sciocca, la più stupida, ma fu più forte di me, e dovetti
cedere alla curiosità che mi invadeva.
Accettai l'invito, e andai con lui a vedere la parte mancante del Papiro di Torino.

6.

È un dato di fatto, verificabile con qualsiasi calcolatrice tascabile che, se si


prende l'altezza originaria della Grande Piramide (146,729 metri) e la si
moltiplica per 43,200, si ottiene 6338,692 chilometri. Questa è una sottostima di
circa 15 chilometri della misura esatta del raggio della terra (3949 miglia
6353,941 chilometri), calcolato con i metodi più avanzati. Altrimenti, se si
considera il perimetro alla base del monumento (921,459 metri) e lo si
moltiplica per 43,200, si ottengono 39.807,029 chilometri un risultato in difetto
di circa 260 chilometri rispetto alla circonferenza equatoriale della Terra
(24.902 miglia, pari a 40.067 chilometri). E anche se 260 chilometri sembrano
molti, rispetto alla circonferenza della Terra si tratta di uno scarto dello 0,75 per
cento.

Robert Bauval e Graham Hancock,


Custode della Genesi, 1996.

Dovrei parlarvi adesso di Roma e di quella casa in cui andai, nel labirinto di
piccole vie situate vicino a San Giovanni, nell'isolato che si erge davanti al
cinema Royal. Ma forse è inutile perché conta poco dove sono stato. Importa
invece il fatto che quell'uomo custodiva per davvero dentro la cassaforte uno
strano documento a forma di papiro che a me parve potesse essere la famosa
parte mancante del Papiro di Torino. Certo, forse tutto quello poteva far parte di
un inganno o di una sorta di strano gioco, una grottesca messa in scena allestita
da un pazzo senza scopo, eppure... eppure...
Eppure, tutto ormai mi appariva quasi logico e sensato. L'uomo mi spiegò anche
come era entrato in possesso di quel documento: lui, ammise, si era sempre
interessato a storie strane e particolari e, a un certo punto, sempre seguendo
quelle sue curiosità, era entrato a far parte di una specie di confraternita o setta
segreta, nella quale si praticavano culti e riti non molto leciti... definiamoli pure
satanici.
Così, in mezzo a quel gruppo di fanatici aveva conosciuto alcune particolari
persone che l'avevano introdotto ad altre, e queste ultime ad altre ancora finché,
al termine di un lungo giro di conoscenze e di esperienze segrete, era arrivato
quasi per caso a mettere le mani sulla parte mancante di quel papiro tanto
antico.
Naturalmente, non chiedetemi come mai la parte mancante di un documento
prezioso come quello potesse essere finito nelle mani di gente di quel tipo. Io
non lo so proprio, e forse non lo sapeva nemmeno il mio strano interlocutore:
del resto, ormai non aveva molta importanza saperlo o meno. Quel che contava
era solo il fatto che il papiro completo esisteva per davvero e che, per vie tanto
insolite quanto poco chiare, era finito nelle mani del mio anfitrione.
Dunque mi mostrò il papiro completo, dopo averlo estratto dalla cassaforte con
grande attenzione, e poi mi spiegò il significato di tutte le sue parti con estrema
precisione. Lui non sapeva leggerlo, dato che era redatto in una lingua tanto
antica, ma qualcuno lo aveva aiutato, e così lui adesso ne possedeva una
traduzione precisa. Forse quella traduzione non corrispondeva affatto al testo
antico, forse era solo un'invenzione quello non lo potevo certo sapere né
verificare ma posso dire che, se il testo che il mio ospite mi lesse,
corrispondeva davvero al significato antico, quello era uno dei documenti più
sconvolgenti che mai fossero capitati nelle mani di una persona. Poteva
schiudere, proprio come affermavano gli antichi Egizi, le vie dell'immortalità a
ogni uomo.
Ma era poi giusto? Era giusto cercare di vivere per sempre, come forse aveva
fatto quell'antico Sacerdote, Atum?
Era sensato?

7.

La doppia stella di Sirio, che per l'Egitto faraonico aveva il ruolo di un sole
posto al centro di tutto il nostro sistema solare, oggi suggerisce l'esistenza di un
grande sistema cosmico dalla struttura atomica il cui nucleo è questa "Grande
Nutrice", la Sothis degli antichi. Può ben darsi che, in un futuro non troppo
lontano, dovremo rivedere la nostra cosmologia.

Murray Hope, Il segreto di Sirio, 1996.

Quando lasciai quasi di corsa la casa di quell'uomo, avevo qualcosa stretto sotto
la giacca, ben nascosto là dove nessuno l'avrebbe potuto vedere. Avete capito
bene: avevo con me proprio quell'antico documento. Oh, se fosse dipeso da me,
sicuramente non l'avrei voluto, ma il mio ospite aveva insistito fino
all'esasperazione affinché lo prendessi, affinché lo portassi via. Infatti era
davvero convinto di essere in serio pericolo di vita, ed era sicuro che Atum
avrebbe fatto di tutto per tornare in possesso di quel papiro, che evidentemente
in passato gli era appartenuto.
Io credevo poco alla realtà di quella minaccia alla vita del mio nuovo amico, ma
alla fine l'unico modo per uscire alla svelta da quella situazione mi era parso
proprio quello di andarmene portando via con me il Papiro di Torino completo.
Solo allora infatti il mio ospite si era calmato e, dopo avermi accompagnato sino
alla porta, mi aveva congedato.
Così, finalmente, me ne ero andato, e avevo la testa colma di dubbi e di pensieri
mentre camminavo, per cui forse fu proprio per quel motivo che non prestai la
minima attenzione all'uomo che sfiorai attraversando la strada, un individuo
piccolo e tozzo, con una grossa testa del tutto priva di capelli, e gli occhi così
grandi e intensi da apparire quasi dilatati. Era vestito in modo anonimo, anche
se gli abiti che portava non parevano molto appropriati: sembrava quasi che non
fossero adatti a lui... Anche se ammetto che quella era senza dubbio una
considerazione alquanto insolita, forse persino stupida.
Lo sconosciuto che incrociai stava dirigendosi velocemente proprio verso la
casa da cui io ero venuto, ma non fece caso a me, perché tutta la sua attenzione
pareva concentrata sulla piccola costruzione che avevo appena lasciato. Così, le
nostre due esistenze, che per un breve istante si erano quasi incrociate,
continuarono separate. E quella, come scoprii in seguito, fu la mia fortuna...
Altrimenti forse oggi non sarei qui a raccontarvi questa singolare avventura.
Il giorno seguente, infatti, lessi sul giornale quella notizia che, da quando è
apparsa, non mi ha più dato pace. Un uomo era stato ucciso nella sua casa e la
sua cassaforte era stata forzata, anche se nulla di valore era stato
apparentemente asportato, come se l'omicida o gli assassini non avessero
trovato quello che cercavano. E forse era proprio così. Quello che volevano non
c'era più, perché ero stato io a portarlo via: era la parte mancante quella più
importante, quella più antica e segreta del Papiro di Torino, quel documento
arcaico che, chissà come e chissà quando, il diabolico AtumRa aveva smarrito.
La foto dell'uomo assassinato era stampata con grande evidenza sulla pagina del
giornale, e quel volto mi era familiare: apparteneva allo strano tipo che il giorno
prima mi era venuto a trovare, a quel curioso individuo che mi aveva raccontato
l'incredibile vicenda del papiro perduto!
Allora compresi che quell'uomo non era stato né un pazzo né un esaltato, e che
purtroppo non si era affatto sbagliato quando mi aveva detto che la sua esistenza
era in pericolo: infatti, nella notte, qualcuno l'aveva assassinato. Di
conseguenza, forse anche tutto quello che mi aveva raccontato non era poi tanto
assurdo né del tutto inventato...
Ma era mai possibile?
Era mai possibile infatti che quell'antico documento racchiudesse davvero la
formula per far vivere un uomo per sempre o per ridare la vita a un morto?
Era possibile?
Poteva davvero l'antica e segreta scienza dell'Atlantide compiere portenti così
incredibili?
Ma se davvero lo poteva, come ormai cominciavo a ritenere assai probabile,
perché allora non avrei potuto usare quella portentosa formula per richiamare a
me la gente più cara che era morta? Perché non avrei dovuto riaprire la mia
agenda per cercarvi i nomi dei parenti e degli amici che nel corso degli anni mi
avevano lasciato... facendoli tornare in vita?
Parenti e amici pianti più volte, rimpianti in silenzio durante tante lunghe, tristi
sere...
Ma come sarebbero tornati in vita adesso? Sarebbero riapparsi immutati,
proprio così come li ricordavo, sorridenti e felici... O sarebbero ritornati come
erano invece diventati: corpi consunti dai vermi e ridotti a poche ossa calcinate,
a mummie orrende e terribili?
È stato questo dubbio, questo atroce pensiero a convincermi a commettere l'atto
forse più insensato della mia vita: ho distrutto la parte mancante del Papiro di
Torino. L'ho distrutta per sempre dandole fuoco con un semplice fiammifero.
Così, anche Atum, o Ra, o Imhotep, o Kaaper, o come diavolo oggi si chiama...
così anche lui, se in seguito riuscirà a risalire sino a me (e sinceramente di
questo dubito), non potrà comunque impossessarsi del papiro completo. Per
questo, forse, la sua lunghissima esistenza conoscerà alla fine una conclusione,
per cui gli verranno forse a mancare anche il tempo e la forza necessari per
condurre a termine il suo proposito.
Ma come faccio a essere così sicuro di tutto questo? È semplice. Ne ho avuto la
prova: l'ho visto. Vi ho accennato infatti a quello strano tipo che avevo
incontrato attraversando la strada, quel curioso individuo sul quale per alcuni
istanti i miei occhi si erano posati. È lui infatti la prova e la chiave finale di tutto
questo mistero. E probabilmente l'assassino.
Non ho dubbi perché l'ho riconosciuto. L'ho trovato infatti nella foto di un
giornale, identico in tutto e per tutto, tranne che nei vestiti, all'uomo che ho
incontrato quella sera, mentre attraversavo la strada.
Era una foto tratta da una mastaba di Saqqara, attribuita dagli storici agli inizi
della v Dinastia, tra il 2475 e il 2467 prima di Cristo, e raffigurava il Sacerdote
Kaaper: l'essere di Atlantide che ha attraversato le epoche per portare a
compimento il suo fine segreto.
Era lui l'uomo che ho incrociato attraversando la strada: un passante di alcune
migliaia di anni fa, una mummia vivente e spietata, senza età.
E sono certo che, se oggi trovassimo nel deserto nuove statue di Thoth o
addirittura del grande Osiride, di certo avrebbero tutte quello stesso viso, quei
lineamenti.
Osiride, Thoth, Imhotep, Kaaper, e chissà quanti altri ancora... sono tutti la
stessa persona!

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