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PREFAZIONE ii
Prefazione i
Capitolo 1. Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 1
1. Generalità sugli insiemi 1
2. Relazioni. Relazioni di equivalenza e di ordine. 5
3. Applicazioni fra insiemi 13
4. L’insieme N dei numeri naturali. Principio di Induzione. 17
5. I numeri interi. La divisione euclidea. MCD di due interi. 18
6. Numeri primi. Il teorema fondamentale dell’aritmetica. 25
7. Insiemi finiti e infiniti. Cardinalità. 28
8. Esercizi relativi al Capitolo 1 33
Capitolo 2. Gruppi 39
1. Strutture algebriche. Proprietà elementari dei gruppi. 39
2. Esempi di gruppi fondamentali 50
3. Sottogruppi 54
4. Generatori di un gruppo. Gruppi ciclici. 58
5. Laterali e Indice di un sottogruppo 62
6. Teorema di Lagrange. Teorema di Sylow. Teorema di Cauchy. 64
7. Esercizi relativi al Capitolo 2 68
Capitolo 3. Gruppi di Permutazioni 75
1. Permutazioni. Gruppo Simmetrico. 75
2. Gruppo Alterno 82
3. Esercizi relativi al Capitolo 3 84
Capitolo 4. Sottogruppi normali e gruppo quoziente 86
1. Sottogruppi normali. Gruppo Quoziente. 86
2. Gruppi Semplici. 89
3. Esercizi relativi al Capitolo 4 92
Capitolo 5. Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 94
1. Definizioni e Proprietà 94
2. Teorema di Cayley 99
3. Centro e centralizzante di un gruppo 99
4. Automorfismi interni e sottogruppi caratteristici di un gruppo 103
iii
INDICE iv
1
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 2
Per dimostrare che due insiemi A e B sono uguali occorre dimostrare che val-
gono le due inclusioni A ⊆ B, B ⊆ A, mentre per dimostrare che A 6= B basta
dimostrare che vi è un elemento che appartiene ad un insieme ma non all’altro
insieme.
Esempio 1.1.6.
(1) Sia A = {1, 2} e sia B = {a, b}, allora A × B = {(1, a), (1, b), (2, a), (2, b)}.
(2) Sia N l’insieme dei numeri naturali e sia P = {2m | m ∈ N}, allora
N × P = {(n, 2m) | n, m ∈ N}.
Esempio 1.1.8.
(1) Dati A = {1, 2, 3, 4} e B = {2, 3, 5} si ha A ∪ B = {1, 2, 3, 4, 5},
A ∩ B = {2, 3}, A − B = {1, 4} , A M B = {1, 4, 5}.
(2) In N il complementare dei numeri pari è l’insieme dei numeri dispari.
(3) Nell’insieme dei numeri primi il complementare dei numeri dispari è {2} .
Nota 1.1.10. Verificare con uno o più esempi che una determinata proprietà è
vera non significa averla dimostrata. Per dimostrare una proprietà occorre provare
che essa vale in generale ossia qualunque siano gli insiemi considerati. Se invece si
vuole dimostrare che una proprietà non vale, è sufficiente portare un solo esempio
in cui quella proprietà non vale (detto controesempio).
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 4
n
Y
Se Ai = A per ogni i = 1, 2, ..., n, allora A si indica anche con An .
i=1
Esempio 1.1.12.
Siano A1 = {1}, A2 = {1, 3, 4}, A3 = {1, 5}; si ha :
3
[
Ai = A1 ∪ A2 ∪ A3 = {1, 3, 4, 5}
i=1
\3
Ai = A1 ∩ A2 ∩ A3 = {1}
i=1
3
Y
Ai = A1 × A2 × A3 = {(a, b, c) | a ∈ A1 , b ∈ A2 , c ∈ A3 } =
i=1
= {(1, 1, 1), (1, 1, 5), (1, 3, 1), (1, 3, 5), (1, 4, 1), (1, 4, 5)}.
Esempio 1.2.3.
1) Nell’insieme Z dei numeri interi la relazione binaria R definita da 00 a R b
se a − b è un intero pari 00 è di equivalenza.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 6
Esercizio 1.2.4.
Sia R una relazione in A per la quale valgano sia la proprietà simmetrica, sia
la proprietà transitiva . Dire cosa c’è di sbagliato nella seguente dimostrazione
che proverebbe che la proprietà simmetrica e la proprietà transitiva implicano la
proprietà riflessiva.
00
Se a R b , allora b R a per la proprietà simmetrica e perciò, poichè vale la
proprietà transitiva, da a R b , b R a segue a R a e pertanto vale la proprietà
riflessiva 00 .
Soluzione - L’errore sta nel fatto che a R a non è detto che valga per ogni
a ∈ A perchè vale solo quando esiste b ∈ A tale che a R b. La proprietà riflessiva
richiede invece che sia a R a per ogni a ∈ A .
Esempio 1.2.7.
Siano A = {2n | n ∈ N}, A1 = {2n | n = 0, 1, 2}, A2 = {2n | 3 ≤ n ≤ 104},
A3 = {2n | n ∈ N, n ≥ 105}. Allora = = {A1 , A2 , A3 } è una partizione di A
perchè A = A1 ∪ A2 ∪ A3 con A1 ∩ A2 = A1 ∩ A3 = A2 ∩ A3 = ∅.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 7
Esercizio 1.2.9.
Sia N l’insieme dei numeri naturali. In N × N si consideri la relazione definita da
(a, b) R (c, d) ⇔ a + d = b + c. Dimostrare che la relazione è di equivalenza e
verificare che l’insieme quoziente N×N R
è l’insieme Z dei numeri interi.
Soluzione - Poichè in N vale la proprietà commutativa della 00 +00 , è immediato
dimostrare che valgono la proprietà riflessiva e la proprietà simmetrica. Dimo-
striamo la proprietà transitiva: sia (a, b) R (c, d) e (c, d) R (e, f ), ciò signifi-
ca a + d = b + c, c + f = d + e e sommando membro a membro si ottiene
a + d + c + f = b + c + d + e, da cui a + f = b + e e quindi (a, b) R (e, f ). La
relazione R è dunque una relazione di equivalenza in N × N.
Definiamo Z = N×N R
e chiamiamo numeri interi gli elementi di Z. Per esempio,
un intero è l’insieme {(1, 0), (8, 7), (11, 10), (37, 36), ...} = {(n + 1, n) | n ∈ N}; così
sono interi l’insieme {(n, n + 2) | n ∈ N}, o l’insieme {(n, n + 7) | n ∈ N}. Questa
definizione di numeri interi, a prima vista, sembra ben lontana dall’usuale modello
di numeri interi, ma si verifica facilmente che presa una classe di equivalenza [(a, b)]
essa può essere rappresentata in uno ( ed uno solo ) dei due modi seguenti: [(n, 0)]
oppure [(0, n)] a seconda che sia a ≥ b oppure b ≥ a. Se a ≥ b allora [(a, b)] =
[(n, 0)] con n = a − b ∈ N; se b ≥ a allora [(a, b)] = [(0, n)] con n = b − a ∈ N.
Per semplicità invece di [(n, 0)] si usa scrivere +n ed al posto di [(0, n)] si usa
scrivere −n. Con questa convenzione la classe di equivalenza [(0, 0)] può essere
scritta sia come +0 sia come −0 e per semplicità si scrive solo 0; risulta allora
Z = N+ ∪ {0} ∪ N− .
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 8
Esercizio 1.2.10.
Sia Z l’insieme dei numeri interi. In Z × Z∗ si consideri la relazione definita da
(a, b) < (c, d) ⇔ ad = bc. Dimostrare che la relazione è di equivalenza e verificare
∗
che l’insieme quoziente Q = Z×Z <
è l’insieme dei numeri razionali.
Soluzione - Poichè in Z vale la proprietà commutativa della 00 ·00 , è immediato di-
mostrare che valgono la proprietà riflessiva e la proprietà simmetrica. Dimostriamo
la proprietà transitiva: sia (a, b) < (c, d) e (c, d) < (e, f ) . Da ad = bc, cf = de
moltiplicando la prima uguaglianza per f e la seconda uguaglianza per b (si ricordi
che f 6= 0 e b 6= 0) si ottiene adf = deb ed essendo d 6= 0 si conclude che
af = be ossia (a, b) < (e, f ).
∗
Gli elementi dell’insieme quoziente Q = Z×Z <
sono i numeri razionali, la classe
ak
[(a, b)] è l’insieme dei numeri razionali del tipo bk con k ∈ Z.
Esercizio 1.2.11.
Nell’insieme Z degli interi si consideri la relazione 00 a R b se 3 | (a − b) 00 . Dimo-
strare che R è una relazione di equivalenza e determinare le classi di equivalenza.
Soluzione - ( Il simbolo 00 | 00 significa divide )
1. a R a per ogni a ∈ Z . Infatti 3 | (a − a) in quanto 3 | 0 . Dunque vale la
proprietà riflessiva .
2. Se a R b allora b R a . Infatti da a R b si ha 3 | (a − b) , a − b = 3q con
q ∈ Z e perciò b − a = 3(−q) , −q ∈ Z da cui segue b R a . Dunque vale la
proprietà simmetrica .
3. Se a R b e b R c allora a R c . Infatti da 3 | (a−b) e 3 | (b−c) si ha a−b = 3q ,
b − c = 3t e sommando membro a membro risulta (a − b) + (b − c) = 3q + 3t ,
(a − c) = 3(q + t) con (q + t) ∈ Z e perciò a R c . Dunque vale la proprietà
transitiva .
Rimane così provato che R è una relazione di equivalenza .
Le classi di equivalenza sono:
• [0] = {x | x ∈ Z, x R 0} = {3n | n ∈ Z} perchè x R 0 significa
3 | (x − 0) , x − 0 = 3n, x = 3n.
• [1] = {x | x ∈ Z, x R 1} = {3n + 1 | n ∈ Z} perchè x R 1 significa
3 | (x − 1), x − 1 = 3n, x = 3n + 1.
• [2] = {x | x ∈ Z, x R 2} = {3n + 2 | n ∈ Z} perchè x R 2 significa
3 | (x − 2), x − 2 = 3n, x = 3n + 2.
La relazione di congruenza
La relazione dell’esercizio precedente è un caso particolare della seguente relazione
definita in Z. Fissato n ∈ N − {0} , sia
a R b se n | (a − b)
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 9
a ≡ b (mod n) ⇔ n | (a − b) .
139 7→ 1 + 3 + 0 = 4
287 7→ 2 + 8 + 7 = 17 7→ 1 + 7 = 8
39893 7→ 3 + 0 + 8 + 0 + 3 = 14 7→ 1 + 4 = 5
Facciamo ora il prodotto e, al solito, riduciamo ad una cifra:
4 · 8 = 32 7→ 3 + 2 = 5,
esso ha come somma delle cifre 5 che coincide con la somma delle cifre del risultato
della moltiplicazione e pertanto con molta probabilità il risultato è corretto, se
invece avessimo trovato un numero diverso da 5 sicuramente la moltiplicazione era
sbagliata. In altre parole, la prova del nove è una condizione necessaria ma non
sufficiente per l’esattezza dei calcoli. Ad esempio, se, sbagliando i calcoli, come
risultato del prodotto di 139 per 287 avessimo ottenuto 39794, con la prova del
nove non avremmo potuto accorgerci di avere commesso un errore perchè i numeri
39893 e 39794 stanno nella stessa classe di Z9 ossia nella classe [5].
Cerchiamo ora di capire la relazione che c’è con il numero 9.
Quando scriviamo 139 in base 10 intendiamo il numero 1 · 102 + 3 · 10 + 9 · 100 .
Qualunque sia n > 0 si ha che
10n − 1 = |999{z
. . . 9} = 9 · 111
| {z. . . 1}, cioè 10n ≡ 1 (mod 9),
n-volte n-volte
Oltre alla prova del nove, altre interessanti applicazioni delle congruenze sono:
(1) i criteri di divisibilità per 2, 3, 4, 5, 9, 11;
(2) la compilazione del calendario ;
(3) la costruzione del tabellone di un torneo di n squadre in modo che ogni
squadra incontri ogni altra squadra esattamente una volta.
Per le dimostrazioni relative a queste tre applicazioni, si rinvia al volume Aritme-
tica, Crittografia e Codici, di Baldoni, Ciliberto, Piacentini Cattaneo, pag. 117,
129-133.
Esempio 1.2.15.
Sia (R, ≤) l’insieme dei numeri reali e “≤” l’ordinamento naturale, sia B ⊆√R
l’insieme B = {x | x ∈ Q∗ , x2 ≤ 2}. L’insieme B ha estremo superiore sup B = 2
ma non ha massimo. L’insieme B ha estremo inferiore inf B = 0 ed ha minimo 0.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 13
Esempio 1.2.16.
(N, ≤) è in insieme parzialmente ordinato rispetto alla relazione così definita: “a ≤
b se b − a ∈ N”. Questa relazione è detta ordinamento naturale.
Teorema 1.2.17 (Principio del buon ordinamento). Ogni insieme non vuoto
di numeri naturali possiede un elemento minimo.
Per la dimostrazione si rinvia a Dikranjan-Lucido, Aritmetica e Algebra, Liguori
editore, pag.26.
Il Principio del buon ordinamento permette, per esempio, di affermare che non
esiste alcun intero c compreso tra 0 e 1.
Esempio 1.3.2.
(1) Sia A 6= ∅ un insieme; allora f : A → P (A) definita da f (a) = {a} è
un’applicazione.
(2) Sono applicazioni le seguenti funzioni numeriche:
X f : R → R definita da f (x) = x2 + √1 .
X f : R+ → R+ definita da f (x) = x .
(3) Non sono applicazioni le seguenti funzioni
√numeriche:
X f : R → R+ definita da f (x) = x .
X f : R → R definita da f (x) = log x .
Esempio 1.3.6.
(1) f : R → R+ 2
0 , f (x) = x , è suriettiva ma non iniettiva.
2
(2) f : N → Z , f (x) = x , è iniettiva ma non suriettiva.
(3) f : R → R , f (x) = 2x + 1 , è biettiva.
(3) Sia X un insieme non vuoto e {0, 1}X l’insieme di tutte le applicazioni
X → {0, 1} che si denota con 2X . Fra l’insieme delle parti P (X) e
l’insieme 2X si può definire la seguente applicazione biettiva ϕ .
ϕ : P (X) → 2X , ϕ(A) = χA , per ogni A ∈ P (A)
dove χA è la funzione caratteristica di A.
La biettività di ϕ assicura che se X è un insieme non vuoto allora l’insieme
delle parti P (X) ha esattamente 2|X| elementi, dove |X| indica il numero
di elementi di X. In simboli: |P (X)| = 2|X| .
Esempio 1.3.12.
1) Sia f : N → N, f (n) = 3n + 1, g : N → N, g(n) = 2n − 1. Si ha g ◦ f (n) =
g(f (n)) = g(3n + 1) = 2(3n + 1) − 1 = 6n + 1.
2) Sia f : R∗ → R∗ , f (x) = x2 , g : R∗ → R, g(x) = log(|x|). Si ha g ◦ f (x) =
g(f (x)) = log(x2 ).
00
Dio creò i numeri naturali, tutto il resto è opera dell’uomo00
Leopold Kronecher (1823-1891).
Esercizio 1.4.1.
Dimostrare per induzione su n che per ogni n ≥ 8, n ∈ N, esistono h, k ∈ N tali
che n = 3h + 5k .
Soluzione - Se n = 8 allora 8 = 3 · 1 + 5 · 1. Supponiamo sia n = 3h + 5k e
verifichiamo che n + 1 = 3t + 5q per qualche t, q ∈ N. Distinguiamo due casi:
1◦ caso - Sia k = 0. Allora n = 3h, h ∈ N, h ≥ 3; n + 1 = 3h + 1 = 3(h − 3)+
3 · 3 + 1 = 3(h − 3) + 5 · 2.
◦
2 caso - Sia k 6= 0. Allora n + 1 = 3h + 5k + 1 = 3h + 5(k − 1) + 5 · 1 + 1 =
3h + 3 · 2 + 5(k − 1) = 3(h + 2) + 5(k − 1).
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 18
Dato l’insieme dei numeri naturali N si costruisce l’insieme dei numeri interi
come insieme quoziente Z = N×N R
dove R è la relazione di equivalenza definita da
(a, b) R (c, d) ⇔ a + d = b + c, vedi esercizio 1.2.9. Per comodità si sceglie come
rappresentante di una classe di equivalenza il numero naturale più piccolo in valore
assoluto e si scrive semplicemente Z = {0, ±1, ±2, ±3, ..., ±n, ...}.
In questa trattazione non si affronta in modo approfondito lo studio dell’aritmetica
degli interi, certi che, da un punto di vista operativo, le principali nozioni sono
ben note perchè incontrate nel corso degli studi precedenti. Inoltre i fondamentali
concetti di massimo comune divisore, MCD, e di minimo comune multiplo, mcm,
saranno ripresi e studiati in modo rigoroso 00 da un punto di vista superiore 00 quando
si affronterà lo studio degli anelli euclidei. Tuttavia, per la loro importanza e per
l’uso che ne faremo, ricordiamo e dimostriamo alcune proprietà fondamentali di Z.
La divisione euclidea
Non è sempre vero che un intero divida un altro intero, tuttavia, come dimostra il
seguente teorema, in Z si può sempre eseguire la divisione con resto detta anche
divisione euclidea. Questa proprietà così importante per gli interi, non lo è per i
numeri razionali, reali , complessi, perchè in questi ambienti numerici la divisibilità
b|a ( b divide a) c’è sempre ogniqualvolta b 6= 0. Qualunque siano a, b ∈ Z non
entrambi nulli, la divisione euclidea assicura due fondamentali proprietà: esiste
il massimo comune divisore M CD(a, b) dei due interi e fornisce un importante
algoritmo per calcolare il M CD(a, b).
Il seguente teorema prova l’esistenza del massimo comune divisore tra due interi
non entrambi nulli e ne fornisce una scrittura come identità di Bézout.
Il prossimo corollario fornisce un algoritmo per il calcolo effettivo del M CD(a, b),
inoltre permette di determinare una sua scrittura come identità di Bézout.
Il procedimento deve certamente avere termine (in meno di b passi) perchè b >
r1 > r2 > . . . è una successione strettamente decrescente di interi positivi. Ora,
dall’ultima divisione si ha che rn | rn−1 per cui M CD(rn , rn−1 ) = rn . Andando dal
basso verso l’alto, si ha rn | rn−2 , inoltre c | rn , c | rn−1 se e solo se c | rn−1 , c | rn−2 .
Quindi M CD(rn−1 , rn−2 ) = M CD(rn , rn−1 ) = rn . Proseguendo verso l’alto si ha
rn = M CD(a, b).
r1 = a − bq1
r2 = b − r 1 q2
··· ···
ri+2 = ri − ri+1 qi+2
··· ···
Risulta r2 = b−r1 q2 = b−(a−bq1 )q2 = (−q2 )a+(1+q1 q2 )b ossia r1 e r2 si scrivono
come combinazione di a e b. Supposto allora che ri e ri+1 si possano scrivere come
combinazione di a e b, si ha che ri+2 si può scrivere come combinazione di a e b.
Ma allora ogni resto si può scrivere nel modo richiesto, e in particolare rn che è il
massimo comune divisore.
Esempio. Si determini una identità di Bézout per il M CD(3522, 321). Si ha
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 22
(α, β) + (α0 , β 0 ) = (α + α0 , β + β 0 ),
γ(α, β) = (γ · α, γ · β)
per ogni α, β, γ, α0 , β 0 ∈ Z. In questo modo i passaggi che portano alla identità di
Bézout sono i seguenti:
Ad esempio
2x + 5y = 3
è risolubile in Z perchè M CD(2, 5) = 1 divide 3. Poichè 1 = (−2) · 2 + (1) · 5, si ha
3 = (−2 · 3) · 2 + (1 · 3) · 5. Una soluzione intera dell’equazione considerata è quindi
(−6, 3). Si osservi che tale soluzione non è unica. Ad esempio un’altra soluzione
intera dell’equazione è (9, −3).
x ≡ c mod a
x ≡ d mod b
ha una soluzione intera che è unica mod ab.
Dimostrazione. Poichè MCD(a, b) = 1, esistono due interi r ed s tali che
1 = ra + sb (identità di Bézout)
c − d = (c − d) · 1 = (c − d)ra + (c − d)sb.
Posto λ = (c − d)r e µ = (c − d)s, si ha c − d = λa + µb da cui c − λa = d + µb.
Posto x = c − λa = d + µb ∈ Z, risulta x ≡ c (mod a) e x ≡ d (mod b).
L’intero x è quindi una soluzione del sistema dato. Verifichiamo ora che x è
definito a meno di multipli di ab. Infatti se x̄ è un’altra soluzione, si ha
x − x̄ ≡ 0 (mod a) da cui x − x̄ = na
x − x̄ ≡ 0 (mod b) da cui x − x̄ = mb
per qualche m, n ∈ Z, e perciò na = mb. Poichè b è primo con a, l’intero b deve
dividere n ossia esiste k ∈ Z tale che n = kb e pertanto x − x̄ = na = kab.
x ≡ 3 mod 11
x ≡ 2 mod 6
Poichè M CD(11, 6) = 1, il sistema ha soluzione. Da 1 = (−1) · 11 + 2 · 6
ragionando come nella dimostrazione del teorema cinese del resto, si ha:
(3 − 2) = (3 − 2) · 1 = (3 − 2) · (−11) + (3 − 2) · 12, 3 − 2 = −11 + 12, 3 + 11 =
12 + 2 = 14.
Allora x = 14 è la soluzione del sistema dato, definita a meno di multipli di 66.
6. NUMERI PRIMI. IL TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ARITMETICA. 25
Nota Storica. Il precedente teorema è noto come Teorema cinese del resto
perchè nel I ◦ (o III ◦ ?) sec. d. C. lo scrittore-matematico cinese Sun-Tse pose il
seguente quesito che fu in seguito ripubblicato in un libro del 1247 scritto da Qin
Jiushao.
Quale numero diviso per 3, per 5, per 7 dà come resti 2, 3, 2?
Il problema, in termini moderni, si può così riformulare :
Quale numero x (se esiste) soddisfa le relazioni
x ≡ 2 mod 3
x ≡ 3 mod 5
x ≡ 2 mod 7
Tuttora, pur con l’aiuto dei calcolatori, i problemi relativi ai numeri primi riman-
gono fra i più difficili da affrontare. Già nel libro IX degli Elementi di Euclide
viene riportato che i numeri primi sono infiniti.
Il teorema di Euclide assicura che i numeri primi sono infiniti; la loro distribu-
zione è però molto irregolare : lunghi intervalli senza numeri primi si alternano a
coppie di primi gemelli ossia del tipo p, p+2. Non si sa se esistono infinite coppie
di numeri gemelli, ma è noto che per ogni n ∈ N, n > 1 c’è almeno un numero
primo nell’intervallo [n, 2n−2] mentre Chebishev ha dimostrato che nell’intervallo
[n, 2n] esistono almeno due numeri primi.
Rimane tuttora aperta la Congettura di Goldbach secondo la quale in N∗
ogni numero pari maggiore di 3 è somma di due numeri primi mentre è stato
dimostrato che ogni numero dispari maggiore di 5 è somma di tre numeri primi.
Ancora dopo millenni, lo studio dei numeri primi è importante non solo per
il suo intrinseco valore teorico-matematico, ma per il ruolo fondamentale che i
numeri primi giocano in crittografia e, in particolare, per la loro applicazione nei
sistemi crittografici asimmetrici.
Il prossimo teorema assicura che ogni intero si può esprimere, e in modo unico,
come prodotto di numeri primi nel senso seguente. Per ogni intero a 6= 0, ±1
esistono numeri primi p1 , ..., pk tali che a = p1 · ... · pk e se p1 · ... · pk = q1 · ... · qs
con q1 , ..., qs numeri primi, allora s = k e dopo una opportuna permutazione dei
numeri primi si ha p1 = ±q1 , ..., pk = ±qk .
Si osservi che già in questa breve esposizione, più volte si sono considerati
numeri interi coprimi fra loro. E’ quindi evidente l’importanza della funzione di
seguito definita.
Sono gli studi compiuti alla fine del XIX secolo che portano a formalizzare le
nozioni di insieme finito e di insieme infinito. Come prevedibile è la definizione di
insieme infinito quella che crea più difficoltà e che apre nuovi scenari nell’ambito
degli insiemi. Fra i matematici che più di altri si sono dedicati a questi studi,
figurano Cantor (1845-1918) e Dedekind (1831-1916).
Nella presente trattazione non entreremo nel dettaglio di una definizione rigo-
rosa del concetto di numero cardinale. Porremo attenzione a come si confrontano
i numeri cardinali |A| e |B| di due insiemi.
Definizione 1.7.5. Si dice che gli insiemi A e B sono equipotenti, ossia hanno
lo stesso numero di elementi e scriveremo |A| = |B|, se esiste una biezione A → B.
In generale: |A| ≤ |B| se esiste un’applicazione iniettiva A → B. Scriveremo
|A| < |B| se vale |A| ≤ |B| ma non vale |B| ≤ |A|.
x se x ∈ A e x 6= k, m + 2
g(x) = m + 2 se x = k
k se x = m + 2
Il seguente teorema di Cantor dimostra che |A| < |P (A)| qualunque sia l’insie-
me A 6= ∅. Grazie a questo teorema si dimostrò che il numero degli elementi
dell’insieme dei numeri naturali è strettamente inferiore del numero degli ele-
menti dell’insieme dei numeri reali. Infatti, come dimostra il teorema 1.7.14, si ha
R = |P (N)| e dunque risulta |N| < |R|.
Anche i prossimi due teoremi sono fondamentali nella teoria della cardinalità,
in questa trattazione riportiamo solo gli enunciati rinviando al testo Aritmetica e
Algebra di D. Dikranjan e M. S. Lucido (pagg. 33-34) per la loro dimostrazione.
···
Hi : ai1 ai2 ai3 ai4 ...aik ...
··· S
Un qualunque elemento axy dell’insieme H = i∈N Hi appartiene ad una ed
una sola diagonale (quella di indice j = x + y − 1). Consideriamo l’applicazione
f : H → N definita da f (axy ) = 1 + 2 + ... + (j − 1) + y ( ossia all’elemento axy
facciamo corrispondere il numero naturale che si ottiene aggiungendo y al numero
complessivo degli elementi posti sulle diagonali di indice minore di j). Dimostriamo
che l’applicazione f è biunivoca. Poichè |Hi | = ℵ0 , certamente |H| ≥ ℵ0 e pertanto
per dimostrare che |H| = ℵ0 , basta dimostrare che f è iniettiva. Sia axy 6= azw ;
distinguiamo due casi.
1◦ caso: axy e azw appartengono alla stessa diagonale j.
Allora x + y = z + w = j + 1 e f (axy ) = 1 + 2 + ... + (j − 1) + y e f (azw ) =
1 + 2 + ... + (j − 1) + w. Se f (axy ) = f (azw ) allora y = w da cui segue anche x = z
(perchè x + y = z + w = j + 1) ossia axy = azw contro l’ipotesi.
2◦ caso: axy e azw appartengono a diagonali diverse.
Sia x + y = j + 1 e z + w = j1 + 1 con j 6= j1 . Supponiamo j1 > j; sia j1 = j + k
con k ∈ N∗ . Allora f (axy ) = 1+2+...+(j −1)+y e f (azw ) = 1+2+...+(j1 −1)+w.
Poichè x + y = j + 1 e x ≥ 1, si ha y ≤ j e pertanto f (axy ) ≤ 1 + 2 + ... + (j − 1) + j
mentre f (azw ) = 1 + 2 + ... + (j1 − 1) + w = 1 + 2 + ... + j + ... + (j + k − 1) + w >
1 + 2 + ... + j. Risulta dunque f (axy ) < f (azw ) da cui f (axy ) 6= f (azw ) e pertanto
f è iniettiva.
Nota 1.7.13.
• Georg Cantor, fondatore della teoria degli insiemi, il 7 dicembre 1873
dimostrò che l’insieme dei numeri reali non è numerabile.
• La cardinalità dell’insieme R dei numeri reali è detta cardinalità del
continuo e si denota con C e come dimostrato nel teorema seguente, essa
coincide con la cardinalità dell’insieme P (N) delle parti di N.
• In generale si pone 2|A| = |2A | = |P (A)| con P (A) insieme delle parti di
A; per il teorema di Cantor (teorema 1.7.7) si ha sempre 2|A| > |A|.
Esercizio 1.8.1.
Nell’insieme N dei numeri naturali si considerino i sottoinsiemi A e B sottoindi-
cati e si determinino A ∩ B, A ∪ B, A − B, B − A.
(1) A = {x ∈ N | x divide 12}, B = {y ∈ N | y divide 18}.
(2) A = {x ∈ N | 6 divide x}, B = {y ∈ N | y divide 50}.
(3) A = {x ∈ N | 6 divide x}, B = {y ∈ N | 8 divide y}.
Soluzione
(1) A ∩ B = {1, 2, 3, 6}, A ∪ B = {1, 2, 3, 4, 6, 9, 12, 18}, A − B = {4, 12},
B − A = {9, 18}.
(2) A ∩ B = ∅, A ∪ B = {x ∈ N | x divide 50 oppure x = 6h, h ∈ N},
A − B = A, B − A = B.
(3) A ∩ B = {x ∈ N | x = 24h, h ∈ N}, A ∪ B = {x ∈ N | x = 6h oppure x =
8h, h ∈ N}, A − B = {x ∈ N | x = 6h, h ∈ N, h 6= 2r , r ≥ 2}, B − A =
{x ∈ N | x = 8h, h 6= 3k, k ∈ N}.
Esercizio 1.8.2.
Siano A, B, C sottoinsiemi di un insieme S. Si dimostri che
(1) A = B se e solo se A ∩ B = A ∪ B.
(2) A ⊆ B ⊆ C se e solo se A ∪ B = B ∩ C.
Soluzione
(1) Se A = B è ovvio che A∩B = A∪B = A = B. Viceversa se A∩B = A∪B
allora per ogni x ∈ A si ha x ∈ A ∪ B e dunque x ∈ A ∩ B e pertanto
x ∈ B ossia A ⊆ B. Analogamente per ogni x ∈ B risulta x ∈ A e
pertanto B ⊆ A. Si conclude A = B.
(2) Si procede come per (1) esaminando i vari casi.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 34
Esercizio 1.8.3.
Si considerino due insiemi S e T e sia f un’applicazione di S in T . In ciascuno
dei casi seguenti, si stabilisca se f è un’applicazione iniettiva, suriettiva o biettiva.
Si indichi l’insieme delle controimmagini di ogni elemento t ∈ T . Nel caso in cui
f sia biettiva trovare l’applicazione inversa.
(1) S = R, T = {t ∈ R | t ≥ 0}, f (s) = s2 per ogni s ∈ S.
(2) S = T = {s ∈ R | s ≥ 0}, f (s) = s2 per ogni s ∈ S.
(3) S = T = Z, f (s) = s2 per ogni s ∈ S.
(4) S = T = Z, f (s) = 2s per ogni s ∈ S.
(5) S = T = R∗ , f (s) = 2s + 1 per ogni s ∈ S.
1
(6) S = T = R∗ , f (s) = per ogni s ∈ S.
s
1
(7) S = R∗ , T = R, f (s) = per ogni s ∈ S.
s
(8) S = R∗ , T = R∗+ , f (s) = |s| per ogni s ∈ S.
Soluzione
√
(1) f è suriettiva, f non è √ iniettiva, la controimmagine di t è f −1 (t) = ± t.
(2) f è biettiva, f −1 (s) = s. √
(3) f non è iniettiva, f non è suriettiva, se z ∈ f (Z) allora f −1 (z) = ± z.
(4) f è iniettiva, f non è suriettiva, se z ∈ f (Z) allora f −1 (z) = z2 .
(5) f è iniettiva, f non è suriettiva, se r ∈ f (R∗ ) allora f −1 (r) = r−12
.
−1 1
(6) f è biettiva, f (r) = r .
(7) f è iniettiva, f non è suriettiva, se r ∈ f (R∗ ) allora f −1 (r) = 1r .
(8) f è suriettiva, f non è iniettiva, la controimmagine di r è f −1 (r) = ±r.
Esercizio 1.8.4.
Si considerino le applicazioni f e g di Q in Q definite da f (x) = x2 − 1 per ogni
1
x ∈ Q, g(y) = per ogni y ∈ Q, y 6= 0 e g(0) = 0. Si descrivano le applicazioni
y
f, g, f ◦ g, g ◦ f precisando se sono iniettive, suriettive o biettive.
Soluzione
• f non è iniettiva, non è suriettiva.
• g è biettiva e g −1 = g.
• f ◦ g(x) = f (g(x)) = f ( x1 ) = x12 − 1 per x 6= 0 e f ◦ g(0) = f (g(0)) =
f (0) = −1. L’applicazione non è iniettiva, non è suriettiva.
• g ◦ f (x) = g(f (x)) = g(x2 − 1) = x21−1 per x 6= ±1 e g ◦ f (1) = g(f (−1)) =
g(0) = 0. L’applicazione non è iniettiva, non è suriettiva.
Esercizio 1.8.5.
Sia < una relazione definita nell’insieme S. In ciascuno dei casi sottoindicati
si stabilisca se < è di equivalenza e, qualora lo sia, si determinino le classi di
equivalenza.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 35
Esercizio 1.8.6.
Dimostrare che le seguenti relazioni non sono di equivalenza. Verificare di quali
proprietà godono fra le proprietà riflessiva, simmetrica, transitiva, antisimmetrica.
(1) In Q si studi la relazione x < y se x + 3y = 12.
(2) In R+ si studi la relazione x < y se esiste un intero positivo n tale che
x = yn.
Soluzione
(1) Valgono la proprietà transitiva e la proprietà antisimmetrica. Non valgono
la proprietà riflessiva e la proprietà simmetrica.
(2) Valgono la proprietà riflessiva, la proprietà transitiva e la proprietà anti-
simmetrica. Non vale la proprietà simmetrica.
Esercizio 1.8.7.
Dimostrare che < è una relazione di equivalenza in A se e solo se valgono le
seguenti due proprietà:
1. a < a per ogni a ∈ A.
2. Se a < b, b < c allora c < a.
Soluzione - Se a < b allora, poichè per 1. si ha b < b, per 2. si ha che da a < b e
b < b segue b < a ossia vale la proprietà simmetrica. Dimostriamo che vale anche
la proprietà transitiva: sia a < b e b < c, allora per 2. si ha c < a e infine per la
proprietà simmetrica si ha a < c.
Esercizio 1.8.8.
Dimostrare che in N∗ la relazione n < m ⇔ n è divisibile per m, è una relazione
di ordine parziale.
Soluzione - Vale la proprietà riflessiva, infatti n < n per ogni n ∈ N essendo n
divisibile per se stesso. Vale la proprietà antisimmetrica, infatti se a < b e b < a
allora a = hb e b = ka con h, k ∈ N∗ e pertanto da a = hka segue h = k = 1 e
dunque a = b. Vale la proprietà transitiva, infatti se a < b e b < c si ha a = hb,
b = kc con h, k ∈ N∗ , da cui segue a = hkc e pertanto a < c.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 36
Esercizio 1.8.9.
Dimostrare che l’insieme Np dei numeri primi è numerabile.
Soluzione - Poichè Np ⊂ N si ha |Np | ≤ |N| = ℵ0 inoltre, come dimostrato nel
teorema 1.6.2., i numeri primi sono infiniti e pertanto si può costruire la biezione
f : Np → N definita ponendo 2 → 0, 3 → 1, 5 → 2, 7 → 3, 11 → 4, ...; f è iniettiva
per costruzione ed è anche suriettiva perchè comunque preso n ∈ N, essendo Np
infinito esiste p ∈ Np tale che f (p) = n.
Esercizio 1.8.10.
Dimostrare per induzione su n che la somma dei primi n numeri interi positivi è
n(n+1)
2
.
Soluzione - Per n = 2 la proprietà è verificata perchè 1+2 = 3 ed anche 2(2+1) 2
= 3.
n(n+1)
Supponiamo che sia 1 + 2 + ... + n = 2 e dimostriamo che la proprietà vale
per (n + 1).
Si ha 1 + 2 + ... + n + (n + 1) = n(n+1)
2
+ (n + 1) = n(n+1)+2(n+1)
2
= (n+1)(n+2)
2
=
(n+1)[(n+1)+1]
2
.
Esercizio 1.8.11.
n+1
Dimostrare per induzione su n che 1 + x + x2 + ... + xn = 1−x 1−x
.
(1+x)(1−x) 2
Soluzione - Per n = 1 la proprietà è verificata perchè 1 + x = 1−x
= 1−x1−x
.
Supponiamo che la proprietà sia vera per n e dimostriamo che vale per n + 1. Si
ha
n+1 n+1 n+1 −xn+2 n+2
1 + x + x2 + ... + xn + xn+1 = 1−x
1−x
+ xn+1 = 1−x +x 1−x
= 1−x
1−x
.
Esercizio 1.8.12.
L’insieme Z dei numeri interi relativi è numerabile.
Soluzione - Da |N+ | = |N− | = ℵ0 , poichè Z = N+ ∪ N− ∪ {0}, per il teorema
fondamentale sul numerabile (teorema 1.7.12) risulta |Z| = ℵ0 .
Esercizio 1.8.13.
L’insieme Z2 = Z × Z è numerabile.
Soluzione - Ad ogni coppia (a, b) associamo il numero naturale h = |a| + |b|
detto altezza della coppia. Indichiamo con Hh l’insieme delle coppie aventi altezza
h. Ogni elemento di Z × ZSappartiene ad esattamente un insieme Hh . Per come
definito Hh , risulta Z×Z = h∈N Hh ossia Z×Z è unione di una infinità numerabile
di insiemi finiti e pertanto per il teorema fondamentale sul numerabile (teorema
1.7.12) si ha |Z × Z| = ℵ0 .
Esercizio 1.8.14.
L’insieme Zn è numerabile.
Soluzione - Procediamo per induzione su n. Per n = 2 si ha Z2 numerabile come
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 37
Esercizio 1.8.15.
L’insieme Q dei numeri razionali è numerabile.
Soluzione 1 - L’insieme Q+ è in corrispondenza biunivoca con il sottoinsieme
Z2 formato dalle coppie (p, q) con p, q interi positivi. Q+ è pertanto numerabile
perchè è non finito ed è contenuto in un insieme numerabile. Ovviamente risulta
anche |Q− | = ℵ0 . Poichè Q = Q+ ∪ Q− ∪ {0}, per il teorema fondamentale sul
numerabile (teorema 1.7.12) risulta |Q| = ℵ0 .
Soluzione 2 - Si può portare una dimostrazione più diretta associando ad ogni
a
b
∈ Q il numero naturale h = |a| + |b| detto altezza di ab . Sia Hh l’insieme (finito)
∗
degli elementi di Q aventi altezza h. Per S ogni h ∈ N è Hh un insieme finito e
Hh ∩ Hk = ∅ per h 6= k e pertanto Q = h∈N∗ Hh è numerabile perchè unione di
una infinità numerabile di insiemi finiti.
Esercizio 1.8.16.
Sia Z[x] l’insieme dei polinomi a coefficienti interi in una indeterminata x. Di-
mostrare che Z[x] è numerabile.
Soluzione - Per ogni n ∈ N sia Pn = {an xn + ... + a1 x + a0 | ai ∈ Z, an 6= 0}
l’insieme dei polinomi di Z[x] di grado n. Ad ogni polinomio di grado n facciamo
corrispondere la (n + 1)-upla (an , ...a1 , a0 ) dei suoi coefficienti. La corrisponden-
za così definita assicura che Pn è un sottoinsieme infinito di Zn+1 e quindi Pn è
numerabile perchè |Pn | ≤ |Zn+1 | = ℵ0 ( vedi esercizio 1.8.17). L’insieme Z[x] ri-
sulta pertanto l’unione di una infinità numerabile di insiemi numerabili a due a
due disgiunti e pertanto è numerabile per il teorema fondamentale sul numerabile
(teorema 1.7.12) : Z[x] = P0 ∪ P1 ∪ P2 ∪ ... ∪ Pn ∪ ....
Esercizio 1.8.17.
Provare che l’insieme di tutti i numeri reali è equipotente all’insieme dei numeri
reali positivi.
Soluzione - Basta verificare che esiste una biezione fra R ed R+ . Eccone alcune:
f1 : x → ex , f2 : x → 2ex , f3 : x → 2x , f4 : x → 3x .
Esercizio 1.8.18.
Dimostrare che ogni intervallo reale (a, b) è equipotente all’intervallo (0, 1).
Soluzione - Sia f : (0, 1) → (a, b) l’applicazione definita da f (x) = (b−a)x+a per
ogni x ∈ (0, 1). L’applicazione è iniettiva, infatti se f (x1 ) = f (x2 ) allora x1 = x2
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 38
Gruppi
Con questo capitolo inizia lo studio delle strutture algebriche. Lo studio del-
le strutture algebriche permette di 00 vedere 00 da un punto di vista superiore e
generale gli ambienti matematici che si incontrano ma che il più delle volte sono
trattati solo in casi particolari ed è per questo che le strutture algebriche nascono
dall’osservazione di analogie tra oggetti matematici apparentemente molto diversi
fra loro.
La struttura algebrica che verrà studiata è quella di gruppo che è parte costi-
tutiva fondamentale dell’algebra. Quella di gruppo è una struttura con una sola
operazione, si descrive formalmente in modo semplice e il suo studio permette di
affrontare in modo chiaro i concetti algebrici fondamentali per tutte le strutture
algebriche, quali quelli di omomorfismo, automorfismo e quoziente.
(Z, +) (T, ⊗)
1. a + (b + c) = (a + b) + c 1. x ⊗ (y ⊗ z) = (x ⊗ y) ⊗ z
per ogni a, b, c ∈ Z per ogni x, y, z ∈ T
2. a + 0 = 0 + a = a 2. x ⊗ δ = δ ⊗ x = x
per ogni a ∈ Z per ogni x ∈ T
A prescindere dalla loro natura, tra gli elementi di un insieme esistono delle
relazioni definite a partire solo da proprietà formali.
Nella matematica moderna, considerare un insieme unitamente ad una o più
operazioni in esso definite, significa considerare una struttura algebrica.
Capitolo 2 Gruppi 41
Lo studio delle strutture algebriche formali è ciò che differenzia l’algebra 00 elementare00
studiata alle scuole superiori dall’algebra astratta studiata all’università. Con ri-
ferimento ai due esempi precedenti, si può dire che l’algebra elementare studia
separatamente le proprietà della addizione in Z e le proprietà delle rotazioni di un
quadrato; l’algebra astratta studia una unica struttura algebrica di cui (Z, +) e
(T, ⊗) sono esempi particolari.
Definizione 2.1.5.
• Se nel gruppo (G, ·) l’operazione gode della proprietà commutativa, ossia
a · b = b · a per ogni a, b ∈ G, allora (G, ·) è detto gruppo abeliano o
commutativo.
• Un gruppo (G, ·) con un numero finito n di elementi si dice di ordine n.
Esempio 2.1.6.
(1) Dato l’insieme G = N \ {0}, e l’operazione a · b = ab , (G, ·) non è un
c
gruppo perché non vale la proprietà associativa: a(bc) = a(bc ) = ab
mentre (ab)c = ab c = (ab )c = abc .
(2) (R∗ , ·) è un gruppo.
(3) (Z, +) è un gruppo additivo abeliano.
(4) (N, +) non è un gruppo.
Capitolo 2 Gruppi 42
Nota 2.1.7. (Z, ·) non è un gruppo perché valgono le proprietà (1) e (2) della
definizione di gruppo ma non vale la proprietà (3). Questo assicura che l’assioma
(3) della definizione di gruppo non dipende da (1) e (2).
Nota 2.1.8. Esistono gruppi di ogni ordine. Nel proseguo della trattazione
verranno portati esempi sia di gruppi infiniti sia di gruppi con un numero finito n
di elementi per ogni n ∈ N∗ .
Nota 2.1.9.
• Non condradditorietà degli assiomi. Quando si definisce una strut-
tura algebrica, è importante verificare che gli assiomi presenti nella defini-
zione siano fra loro compatibili ossia non contradditori. La non contraddi-
torietà di una assiomatica si prova dimostrando l’esistenza di un modello
che verifica tutti gli assiomi.
Teorema 2.1.11. Sia (G, ·) un gruppo con elemento neutro u. Per ogni
a, b ∈ G si ha (ab)−1 = b−1 a−1 .
Dimostrazione. Risulta
(ab)−1 (ab)b−1 = ub−1 = b−1
(ab)−1 (ab)b−1 = (ab)−1 a(bb−1 ) = (ab)−1 au = (ab)−1 a
dal confronto delle ugualianze si ha b−1 = (ab)−1 a e pertanto b−1 a−1 = (ab)−1 .
· g1 g2 g3 ··· gn
g1 g11 g12 g13 ··· g1n
g2 g21 g22 g23 ··· g2n
g3 g31 g32 g33 ··· g3n
.. .. .. .. .. ..
. . . . . .
.. .. .. .. .. ..
. . . . . .
gn gn1 gn2 gn3 ··· gnn
Esercizio 2.1.15.
Scrivere la tabella moltiplicativa del gruppo S3 di tutte le permutazioni su tre ele-
menti rispetto all’operazione di prodotto operatorio.
Soluzione - Sia N = {1, 2, 3}; gli elementi di S3 sono:
1 2 3 1 2 3 1 2 3
a1 = , a2 = , a3 =
1 2 3 1 3 2 3 2 1
1 2 3 1 2 3 1 2 3
a4 = , a5 = , a6 = .
2 1 3 2 3 1 3 1 2
Nota 2.1.23. Come mostra l’esempio seguente il fatto che in un insieme (G, ·)
valga la proprietà associativa e valgano le due leggi di cancellazione non assicura
che (G, ·) sia un gruppo, occorre l’ipotesi che G sia finito.
Esempio 2.1.24.
In (N∗ , ·) valgono:
(1) Proprietà associativa;
(2) n · x = n · y =⇒ x = y;
Capitolo 2 Gruppi 48
(3) x · n = y · n =⇒ x = y.
ma (N∗ , ·) non è un gruppo perché se n 6= 1 non esiste in N∗ l’elemento inverso.
x−1 = inverso di x
x−2 = x−1 · x−1
..
.
x−m = |x−1 · x−1{z· . . . · x−1} per m > 1
m volte
(xy)m = xm y m
Dimostrazione. Seguono dalla definizione di potenza e dal fatto che in un
gruppo vale la proprietà associativa.
0·a= 0
1·a= a
2·a= a+a
..
.
m·a= a
|+a+
{z. . . + a} per m > 1
m volte
(−1) · a = −a
(−2) · a = −a − a
..
.
(−m) · a = −a
| − a {z
− . . . − a} per m > 1
m volte
Esercizio 2.1.30.
Dimostrare che se tutti gli elementi di un gruppo (G, ·) hanno periodo 2 allora G
è abeliano.
Soluzione - Notiamo anzittutto che se a ∈ G ha periodo 2, significa che a = a−1 .
Comunque presi a, b ∈ G si ha ab ∈ G con o(ab) = 2 ossia (ab)2 = 1; poichè
a = a−1 e b = b−1 risulta ab = (ab)−1 = b−1 a−1 = ba.
Capitolo 2 Gruppi 50
A B C D A B C D
1= , a= ,
A B C D D C B A
A B C D A B C D
b= , c= .
B A D C C D A B
A B
D C
Dimostriamo, ad esempio, che ogni elemento di Z∗p ha l’inverso. Sia [n] ∈ Z∗p ,
0 < n < p, consideriamo i (p − 1) prodotti [n][m] al variare di [m] ∈ Z∗p ; questi
prodotti sono tutti distinti perchè se fosse [n][m] = [n][m0 ] allora si avrebbe
[nm] = [nm0 ] da cui nm − nm0 = hp, n(m − m0 ) = hp e poichè p - n perchè
n < p, deve essere p|(m − m0 ) ossia m − m0 = kp e pertanto m ≡ m0 (mod p)
e dunque [m] = [m0 ]. Ciò significa che, fissato [n], i prodotti [n][m] esauriscono
tutti gli elementi di Z∗p e perciò esiste [n̄] tale che [n][n̄] = [1] e vale anche
[n̄][n] = [1].
1 2 ··· n − 1 n 1 2 ··· n − 1 n
a= , b= .
2 3 ··· n 1 n n − 1 ··· 2 1
A B C D 2 A B C D
a= , a = ,
B C D A C D A B
3 A B C D 4 A B C D
a = , a = ,
D A B C A B C D
A B C D A B C D
β= , γ= ,
B A D C C B A D
A B C D A B C D
δ= , ε= .
D C B A A D C B
· 1 −1 i j k −i −j −k
1 1 −1 i j k −i −j −k
−1 −1 1 −i −j −k i j k
i i −i −1 k −j 1 −k j
j j −j −k −1 i k 1 −i
k k −k j −i −1 −j i 1
−i −i i 1 −k j −1 k −j
−j −j j k 1 −i −k −1 i
−k −k k −j i 1 j −i −1
3. Sottogruppi
Nota 2.3.2.
(1) Ogni gruppo (G, ·) ammette almeno due sottogruppi: G e {1G } formato
dal solo elemento neutro. Questi due sottogruppi sono detti sottogruppi
banali.
(2) Se (G, ·) è abeliano, ogni suo sottogruppo è abeliano.
Capitolo 2 Gruppi 55
Esempio 2.3.3.
(1) Sia P = {2n : n ∈ Z} l’insieme dei numeri pari in Z. (P, +) è sottogruppo
(abeliano) di (Z, +).
(2) Sia D = {2n + 1 : n ∈ Z} l’insieme dei numeri dispari in Z. (D, +) non
è sottogruppo di (Z, +) perché “+” non è un’operazione in D, quindi non
ha senso chiedersi se (D, +) sia un gruppo.
(3) Sia Q∗+ = {x ∈ Q∗ : x > 0} l’insieme dei numeri razionali positivi. (Q∗+ , ·)
è sottogruppo √di (Q∗ , ·).
(4) Sia A = {x + 2y : x, y ∈ Q}. (A, +) è sottogruppo di (R, +).
Nota 2.3.5. Nella (3) del teorema precedente l’ipotesi che H sia finito è in-
dispensabile. Infatti nel gruppo (Z, +) si ha N ⊆ Z, N 6= ∅, a + b ∈ N per ogni
a, b ∈ N. Ma (N, +) non è un gruppo.
Esempio 2.3.6.
Fissato n ∈ Z nel gruppo (Z, +) consideriamo il sottoinsieme nZ = {xn |x ∈ Z}.
Per ogni a, b ∈ nZ risulta a + (−b) ∈ nZ; infatti, ricordando che in (Z, +) valgono
la proprietà commutativa e la proprietà associativa, se a = x · n e b = y · n, si ha
a + (−b) = x · n + (−y · n) = x| +x+ {z· · · + x} + (−y) + (−y) + · · · + (−y) =
| {z }
n−volte n−volte
(x − y) + (x − y) + · · · + (x − y) = (x − y) · n ∈ nZ.
| {z }
n−volte
Questo prova che (nZ, +) è sottogruppo di (Z, +). Ovviamente, nel caso n = 0
il sottogruppo è quello banale.
Nota 2.3.8. Si possono trovare gruppi che sono unione di tre sottogruppi
propri. Ad esempio il gruppo quadrinomio è unione dei suoi tre sottogruppi propri.
Teorema 2.4.2. Sia H un sottoinsieme non vuoto del gruppo (G, ·) e sia
−1
H = {x−1 : x ∈ H}. Il gruppo < H > generato da H è costituito dai prodotti
x1 · x2 · · · · · xn
al variare di n ∈ N e di xi ∈ H ∪ H −1 .
Dimostrazione. Sia H̄ il sottoinsieme di G formato dai prodotti di cui nel-
l’enunciato.
Da x1 · x2 · · · · · xn ∈ H̄ e y1 · y2 · · · · · ym ∈ H̄ segue che:
(x1 · x2 · · · · · xn )−1 (y1 · y2 · · · · · ym ) = x−1 −1
n · · · · · x1 · y1 · y2 · · · · · yn ∈ H̄
e perciò H̄ è sottogruppo di G.
Inoltre è ovvio che ogni sottogruppo di G che contiene H contiene H̄ e pertanto
H̄ =< H >
Esempio 2.4.6.
(1) (R, +), (R∗ , ·), (C, +), (C ∗ , ·) non sono finitamente generati.
(2) (Z, +) è finitamente generato: Z =< 1 > .
(3) (Q, +) non è finitamente generato. Infatti supponiamo per assurdo che Q
r 1 r2 rn ri 1
sia finitamente generato da , , · · · , ∈ Q. Ogni = ki ·
s1 s2 sn si s 1 s 2 . . . sn
con ki = ri s1 s2 . . . si−1 si+1 . . . sn . Ne segue che
r1 r 2 rn 1
< , ,··· , >⊆< >6= Q
s1 s2 sn s1 s2 . . . sn
Nota 2.4.9.
• Se g è generatore di (G, ·) allora anche g −1 genera (G, ·).
• Ogni gruppo ciclico è abeliano.
Infatti considerato il gruppo G =< g >, per ogni g r , g s ∈ G risulta
g r g s = g r+s = g s+r = g s g r perchè in Z si ha r + s = s + r.
Capitolo 2 Gruppi 60
Esempio 2.4.10.
(1) In (Z, +), il sottogruppo < 5 >= {x · 5 | x ∈ Z} = 5Z è un gruppo
ciclico generato da 5.
(2) In (Q∗ , ·) il sottogruppo < 13 >= {( 13 )n | n ∈ Z} è un gruppo ciclico
generato da 31 .
(3) (Z, +) è gruppo ciclico generato da 1 oppure da −1: Z =< 1 >=< −1 >.
(4) Per ogni numero naturale n ≥ 3, il gruppo delle rotazioni del poligono
regolare con n lati intorno al suo centro è un gruppo ciclico di ordine n e
2π
un suo generatore è la rotazione di ampiezza .
n
(5) (G, ◦) definito da G = {r0 , r1 } =< r1 >
◦ r0 r1
r0 r0 r1
r1 r1 r0
è un gruppo ciclico di ordine 2.
(6) Il gruppo G =< 1 > formato dal solo elemento neutro è un gruppo ciclico
di ordine 1.
(7) Il gruppo diedrale D4 non è ciclico.
(8) Il gruppo Q8 dei quaternioni non è ciclico.
Nota 2.4.11. Come mostrano gli esempi sopra riportati, esistono gruppi ciclici
di ogni ordine. Se due gruppi ciclici hanno lo stesso numero di elementi sono
sostanzialmente la stessa cosa, sia nel caso finito che in quello infinito. Dunque è
sufficiente prendere un solo modello di gruppo ciclico per ogni ordine.
Esempio 2.4.12.
(1) (Z, +) e Γ =< 15 >= {( 15 )n | n ∈ Z} sono entrambi gruppi ciclici di
ordine infinito. Come insiemi sono diversi ma hanno la stessa struttura
algebrica.
(2) Il gruppo additivo (Z3 , +) delle classi resto modulo 3, è un gruppo ciclico
di ordine 3, e perciò ha la stessa struttura algebrica del gruppo delle
rotazioni del triangolo equilatero che è pure ciclico di ordine 3.
Si ha
g n = g hq+r = g hq · g r ∈ A
e quindi g r ∈ A ma allora per l’ipotesi di minimo fatta su h, risulta r = 0 e dunque
g n = g hq = (g h )q ∈ < g h >
Resta cosí dimostrato che A = < g h > e quindi A è ciclico, anzi si è anche
trovato da quale elemento è generato il sottogruppo.
Nota 2.4.15. Esistono gruppi non ciclici ma tali che ogni loro sottogruppo
proprio è ciclico. Ad esempio ciò accade per il gruppo (Q8 , ·) dei quaternioni
descritto in 2.2.7. Il gruppo dei quaternioni è un gruppo di ordine 8 non abeliano
e perciò non ciclico. I suoi sottogruppi propri sono:
H1 = {1, −1} =< −1 >, H2 = {1, −1, i, −i} =< i >
H3 = {1, −1, j, −j} =< j >, H4 = {1, −1, k, −k} =< k >.
Si può facilmente verificare che quelli sopra riportati sono tutti e soli i sotto-
gruppi propri di (Q8 , ·) e sono tutti ciclici.
Capitolo 2 Gruppi 62
00 00
Teorema 2.5.3. Le classi di equivalenza della relazione ≡ mod H sono
le classi laterali destre di H.
Dimostrazione. Sia [a] = {x ∈ G | a ≡ x (mod H)} la classe di equivalenza
dell’elemento a. Si ha
• [a] ⊆ Ha: infatti x ∈ [a] ⇒ x ≡ a (mod H) ⇒ x · a−1 ∈ H ⇒ x · a−1 =
h ⇒ x = h · a ⇒ x ∈ Ha;
• Ha ⊆ [a]: infatti x ∈ Ha ⇒ x = h · a ⇒ x · a−1 = h ∈ H ⇒ x ≡
a (mod H) ⇒ x ∈ [a].
Rimane così provato che [a] = Ha.
Nel capitolo 1 è stato dimostrato che le classi di equivalenza formano una
partizione dell’insieme in cui è definita la relazione.
Per il teorema precedente si può allora affermare che due classi laterali destre di
H in G o coincidono oppure non hanno elementi in comune e l’unione insiemistica
Capitolo 2 Gruppi 63
Teorema 2.5.4. Sia H un sottogruppo del gruppo (G, ·). Due qualunque
classi laterali destre Hx e Hy hanno lo stesso numero cardinale (finito o no) di
elementi.
Dimostrazione. Per ogni a ∈ G l’applicazione ϕ : H → Ha definita da
ϕ(h) = ha è biettiva. Infatti
ϕ è iniettiva poichè ϕ(h1 ) = ϕ(h2 ) ⇒ h1 · a = h2 · a ⇒ h1 = h2 ;
ϕ è suriettiva poichè per ogni ha ∈ Ha si ha ϕ(h) = h · a.
L’esistenza della biezione ϕ assicura che H e Ha hanno lo stesso numero di elementi
per ogni a ∈ G. Dunque qualunque siano a, b ∈ G si ha |Ha| = |H| = |Hb| ossia
le classi laterali |Ha| e |Hb| hanno lo stesso numero cardinale di elementi.
Corollario 2.5.5. Nel caso finito se |H| = n allora |Ha| = n qualunque sia
a ∈ G.
Se H è un sottogruppo di (G, ·), si può definire la relazione a ≡ b (mod H) se e
solo se a−1 b ∈ H. Questa è una relazione di equivalenza e, analogamente a quanto
dimostrato nei due teoremi precedenti, si ha che le classi di equivalenza sono le
classi laterali sinistre di H, ossia per ogni a ∈ G si ha:
[a] = aH = {ah | h ∈ H}
Inoltre si può definire una applicazione biettiva 00 ϕ00 dell’insieme dei laterali destri
nell’insieme dei laterali sinistri ponendo
ϕ(Ha) = a−1 H .
Ciò assicura che il numero dei laterali destri di H in G è uguale al numero dei
laterali sinistri di H in G e pertanto si può porre la seguente definizione.
Teorema 2.6.3. Un gruppo (G, ·), G 6=< 1 >, ha come sottogruppi i soli
sottogruppi banali se e solo se è finito ed ha per ordine un numero primo.
Dimostrazione. Se G ha per ordine un numero primo allora per il teorema
di Lagrange i soli sottogruppi di G sono quelli banali.
Viceversa, supponiamo che G sia privo di sottogruppi propri e G 6=< 1 >.
Sia a ∈ G, a 6= 1; poichè H = {ah | h ∈ Z} ≤ G, per l’ipotesi fatta deve essere
H = G e quindi G =< a > ossia G è ciclico. Se G fosse infinito, allora < a2 >
sarebbe un sottogruppo non banale di G contro l’ipotesi. Dunque G è finito e
G = {a0 = 1, a, a2 , ..., an−1 }; se n non è primo sia n = r · s con 1 < r, s < n.
Allora < ar > è un sottogruppo non banale di G e ciò è contro l’ipotesi. Pertanto
n è un numero primo.
Sia (G, ·) un gruppo ciclico finito e a un suo generatore: G =< a >, |G| = n.
Considerato un elemento ai ∈ G, come deve essere i affinché ai sia un generatore
di G?
L’elemento ai genera G quando ha periodo n e pertanto ai genera G se i e n
sono primi tra di loro.
Teorema 2.6.9. Sia G =< a > un gruppo ciclico finito di ordine n. Per
ogni divisore m di n esiste uno ed un solo sottogruppo di G avente ordine m.
Dimostrazione. Se m | n allora n = q · m e 1 = an = (aq )m allora o(aq ) = m
e pertanto esiste il sottogruppo H =< aq > con |H| = m.
Dimostriamo che è unico: supponiamo per assurdo che esista H̄ tale che |H̄| =
m, H̄ =< ak >. Deve essere (ak )m = 1 allora k · m = λ · n, k · m = λ · m · q,
k = λ · q da cui ak = (aq )λ ∈ H, di conseguenza H̄ ⊆ H e poichè |H̄| = |H| = m
(finito), si ha che H̄ = H.
Capitolo 2 Gruppi 66
e dunque, posto gi−1 g = ḡ, gli elementi g ∈ G tali che g · K1 = Ki sono tanti quanti
sono i ḡ (essendo gi fisso),ossia sono tanti quanti gli elementi di H ossia sono v.
Capitolo 2 Gruppi 67
Poichè questo conteggio vale per ogni i = 2, . . . , n e anche per K1 , gli elementi
{z· · · + v}, ossia |G| = v · n e pertanto risulta
di G sono v| + v +
n volte
ph r = vn
Ricordando che pt | r, si ha ph+t = ph pt | ph r = vn, ma pt+1 - n (cioè al
massimo pt | n e quindi almeno ph | v) e perciò ph | v da cui ph ≤ v.
Fissiamo k1 ∈ K1 , si ha H · k1 ⊂ H · K1 = K1 e quindi |H · k1 | = |H| ≤ |K1 |
ossia v ≤ ph .
Confrontando le due disugualianze si conclude pertanto che v = ph . Si è dunque
costruito un sottogruppo H di G con |H| = ph .
Teorema 2.6.11 (Teorema di Cauchy). Sia (G, ·) un gruppo finito. Per ogni
numero primo p divisore dell’ordine di G esiste in G un sottogruppo di ordine p.
Dimostrazione. Sia |G| = n e p | n, p primo. Indichiamo con 1 l’ele-
mento neutro di G e consideriamo il seguente insieme di p-uple di G: A =
{(x1 , x2 , . . . , xp ) | xi ∈ G, x1 · x2 · · · · · xp = 1}. Ogni elemento di A è univo-
camente determinato quando si fissano i primi p − 1 elementi x1 , x2 , . . . , xp−1 della
p-upla, perciò gli elementi di A sono tanti quante sono le (p − 1)-uple di G di ele-
menti non necessariamente distinti, ossia |A| = np−1 . Definiamo in A la seguente
relazione ∼:
(a1 , . . . , ap ) ∼ (ai , ai+1 , . . . , ap , a1 , . . . , ai−1 )
cioè due p-uple sono in relazione quando una si ottiene dell’altra permutando
ciclicamente i suoi elementi. Questa relazione è di equivalenza.
Se gli elementi di una p-upla sono tutti uguali allora essa è l’unico elemento
della sua classe di equivalenza mentre se una p-upla ha almeno due elementi diversi
la sua classe di equivalenza contiene esattamente p p-uple
Sia h il numero di elementi x ∈ G tali che xp = 1, h è perciò anche il numero
delle classi di equivalenza con un solo elemento e si ha h > 0 perchè c’è almeno
la p-upla (1, 1, ..., 1); sia k il numero delle classi di equivalenza ciascuna con p
elementi; si ha np−1 = h + kp.
Per ipotesi p è un divisore di n, e perciò p è un divisore di np−1 , inoltre p
divide kp e pertanto p divide h, ciò significa che h > 1. Esiste allora almeno una
p-upla del tipo (a, a, ..., a) con a 6= 1 e quindi un elemento a ∈ G di periodo p e di
conseguenza almeno un sottogruppo di ordine p.
Ci sono gruppi finiti non abeliani in cui l’inverso del teorema di Lagrange non
vale, ad esempio il gruppo alterno A4 , |A4 | = 12, non ha sottogruppi di ordine 6.
Capitolo 2 Gruppi 68
D’altra parte esistono gruppi finiti non abeliani per i quali il teorema di Lagrange
si inverte, ad esempio il gruppo dei Quaternioni oppure il gruppo diedrico Dp con
p primo. Ciò significa che in generale non vale l’inverso del Teorema di Lagran-
ge. Tuttavia per alcuni gruppi o famiglie di gruppi vale anche l’inverso di questo
teorema. Ad esempio il teorema di Lagrange si inverte per tutti i gruppi abeliani
finiti come dimostra il seguente teorema.
Esercizio 2.7.1.
Dimostrare che nella definizione di gruppo
• l’assioma (1) non dipende dagli assiomi (2) e (3);
• l’assioma (2) non dipende dagli assiomi (1) e (3);
• l’assioma (3) non dipende dagli assiomi (1) e (2).
Soluzione - E’ sufficiente portare l’esempio di una struttura in cui valgono due
assiomi ma non vale il terzo. Si portano, rispettivamente, i seguenti esempi.
√
• (R+0 , ⊕) con a ⊕ b = a + b − 2 ab per ogni a, b ∈ R+ 0.
• (Q − {0, 1}, ·).
• (Z, ·).
Capitolo 2 Gruppi 69
Esercizio 2.7.2.
Sia Z6 l’insieme delle classi resto modulo 6. Dimostrare che (Z6 , +) è un gruppo
rispetto l’operazione [a] + [b] = [a + b]. Costruire la tabella dell’operazione.
Soluzione - La proprietà associativa vale perchè immediata conseguenza della
proprietà associativa di Z. Come mostra la tabella dell’operazione, [0] è elemento
neutro e per ogni [a] ∈ Z6 esiste l’opposto [−a] = [6 − a].
+ [0] [1] [2] [3] [4] [5]
[0] [0] [1] [2] [3] [4] [5]
[1] [1] [2] [3] [4] [5] [0]
[2] [2] [3] [4] [5] [0] [1]
[3] [3] [4] [5] [0] [1] [2]
[4] [4] [5] [0] [1] [2] [3]
[5] [5] [0] [1] [2] [3] [4]
Esercizio 2.7.3.
Sia Z6 l’insieme delle classi resto modulo 6. Dimostrare che (Z∗6 , ·) non è un gruppo
rispetto l’operazione [a] · [b] = [ab]. Costruire la tabella dell’operazione.
Soluzione - (Z∗6 , ·) non è un gruppo perchè, per esempio [2] · [3] = [0] 6∈ Z∗6 . La
tabella dell’operazione è
· [1] [2] [3] [4] [5]
[1] [1] [2] [3] [4] [5]
[2] [2] [4] [0] [2] [4]
[3] [3] [0] [3] [0] [3]
[4] [4] [2] [0] [4] [2]
[5] [5] [4] [3] [2] [1]
Esercizio 2.7.4.
Sia Z7 l’insieme delle classi resto modulo 7. Dimostrare che (Z∗7 , ·) è un gruppo
rispetto l’operazione [a] · [b] = [a · b]. Costruire la tabella dell’operazione.
Soluzione - La proprietà associativa vale perchè immediata conseguenza della
proprietà associativa di Z. Come mostra la tabella dell’operazione, [1] è elemento
neutro e per ogni [a] ∈ Z∗7 esiste l’inverso [a−1 ].
· [1] [2] [3] [4] [5] [6]
[1] [1] [2] [3] [4] [5] [6]
[2] [2] [4] [6] [1] [3] [5]
[3] [3] [6] [2] [5] [1] [4]
[4] [4] [1] [5] [2] [6] [3]
[5] [5] [3] [1] [6] [4] [2]
[6] [6] [5] [4] [3] [2] [1]
Capitolo 2 Gruppi 70
Esercizio 2.7.5.
Dimostrare che non è possibile completare la seguente tabella in modo da ottenere
un gruppo.
· e a b c d
e e a b c d
a a e
b b
c c b
d d b
Soluzione - Nella colonna di 00 a00 non è possibile mettere l’elemento b perchè già
presente nelle ultime tre righe.
Esercizio 2.7.6.
In Q∗ si consideri la seguente operazione:
a · b = 21 ab per ogni a, b ∈ Q∗ .
Dimostrare che (Q∗ , ·) è un gruppo abeliano.
Soluzione - La proprietà associativa e la proprietà commutativa seguono, ri-
spettivamente, dalla proprietà associativa e dalla proprietà commutativa di Q.
L’elemento neutro è 2. L’elemento inverso di a è a4 , per ogni a ∈ Q∗ .
Esercizio 2.7.7.
Nell’insieme G = {Q − {1, −1}} × {1, −1} si consideri l’operazione definita da
(a, n) · (b, m) = (a · b + a · m + b · n, n · m)
Dimostrare che (G, ·) è un gruppo abeliano.
Soluzione
• Proprietà associativa: per ogni (a, n), (b, m), (c, i) ∈ Q − {1, −1} risulta
[(a, n)(b, m)](c, i) = (ab + am + bn, nm)(c, i) = (abc + amc + bnc + abi +
ami + bni + nmc, nmi) = (a, n)(bc + bi + mc, mi) = (a, n)[(b, m)(c, i)].
• Elemento neutro: (0, 1).
• Elemento inverso: per ogni (a, n) ∈ Q−{1, −1} se n = 1 si ha (a, 1)−1 =
−a
( a+1 , 1) mentre se n = −1 si ha (a, −1)−1 = ( a−1 a
, −1).
Esercizio 2.7.8.
Sia (G, ·) un gruppo tale che (ab)2 = a2 b2 per ogni a, b ∈ G. Dimostrare che G è
abeliano.
Soluzione - Si ha (ab)2 = abab e a2 b2 = aabb. Poichè per ipotesi (ab)2 = a2 b2 ,
segue abab = aabb da cui a−1 (abab)b−1 = a−1 (aabb)b−1 e pertanto ba = ab per ogni
a, b ∈ G.
Capitolo 2 Gruppi 71
Esercizio 2.7.9.
Sia R l’insieme dei numeri reali. Dimostrare che rispetto al prodotto righe per
colonne sono gruppi i seguenti insiemi:
(1) L’insieme GLn (R) delle matrici quadrate di ordine n con determinante
non nullo
a coefficienti
nell’insieme R dei numeri reali.
(2) G = { a −5b
b 3b + a
, a, b ∈ R, (a, b) 6= (0, 0) . }
(3) G = { a b
0 d
, ad 6= 0, a, b, d ∈ R . }
(4) G = { a b
0 a−1
, a 6= 0, a, b ∈ R . }
Soluzione - In tutti i casi presentati, la proprietà associativa è facilmente verifi-
cabile calcolando il prodotto tre qualunque matrici di G. Inoltre in tutti i casi
di
1 0
considerati, la matrice ∈ G ed è l’elemento neutro.
0 1
−b
d
a b −1 ad−bc ad−bc
(1) Per ogni M = ∈ G risulta M = −c a ∈ G.
c d ad−bc ad−bc
a −5b r s
(2) Per ogni M = ∈ G risulta M −1 = con
b 3b + a t u
−b
r = 3ab+a3b+a 5b a
2 +5b2 , s = 3ab+a2 +5b2 , t = 3ab+a2 +5b2 , u = 3ab+a2 +5b2 e M −1 ∈ G
perchè s = −5t,u = 3t + r; r, t ∈ R.
a b −1 r s
(3) Per ogni M = ∈ G risulta M = con r = d, s =
0 d t u
−b, t = 0, u = a e M −1 ∈ Gperchè ru 6= 0; r, s, u ∈ R.
a b r s
(4) Per ogni M = ∈ G risulta M −1 = con r =
0 a−1 t u
a−1 , s = −b, t = 0, u = a e M −1 ∈ G perchè r 6= 0; r, s ∈ R.
I5 =
0 i
i 0
, I6 =
0 −i
−i 0
, I7 =
i 0
0 −i
, I8 =
−i 0
0 i
} con i 2
= −1.
G= { a b
c d
}
, ad − bc 6= 0, a, b, c, d ∈ Zp , p primo .
Esercizio 2.7.14. Sia (G, ·) un gruppo. Dimostrare che per ogni n ∈ Z e per
ogni a, b ∈ G, si ha che:
(1) (ba)n = a−1 (ab)n a.
(2) Gli elementi ab e ba hanno lo stesso periodo.
Soluzione -
(1) (ba)n = ba · . . . · ba} = (a−1 a) ba
| · ba{z · . . . · ba} = a−1 (ab
| · ba{z | · ab{z
· . . . · ab})a =
n volte n volte n volte
a−1 (ab)n a.
(2) Sia o(ba) = n, allora (ba)n = 1 da cui, per quanto dimostrato in (1),
a−1 (ab)n a = 1, (ab)n = aa−1 = 1 e pertanto o(ab) = n perchè se n non
fosse il minimo intero per cui (ab)n = 1, non lo sarebbe nemmeno per ba
ossia n non sarebbe il periodo di a.
Esercizio 2.7.16.
Determinare tutti i sottogruppi del gruppo diedrico D4 .
Soluzione - Sia D4 = {a0 = 1, a, a2 , a3 , b, ba, ba2 , ba3 }. I sottogruppi sono:
H0 = {1}, H1 =< a2 >= {1, a2 }, H2 = {1, b}, H3 = {1, ba}, H4 = {1, ba2 }, H5 =
{1, ba3 }, H6 =< a >= {1, a, a2 , a3 }, H7 = {1, a2 , b, ba2 }, H8 = D4 .
Esercizio 2.7.17.
Si consideri il gruppo (Q∗ , ·). Determinare in Q∗ i laterali dei sottogruppi H =
{1, −1} e K = {r ∈ Q∗ | r > 0} = Q∗+ .
Soluzione - I laterali di H sono qH = {q, −q} con q ∈ Q∗+ . I laterali di K = Q∗+
sono Q∗+ = K e Q∗− = {e ∈ Q∗ | r < 0}.
Esercizio 2.7.18.
Dimostrare che il Teorema di Lagrange si inverte per i gruppi diedrali Dp con p
numero primo.
Soluzione - |Dp | = 2p e i divisori sono 2 e p. In Dp ci sono i sottogruppi H = {1, b}
con o(b) = 2 e K =< a > con o(a) = p. Dunque |H| = 2, |K| = p. Si noti che il
teorema di Lagrange si inverte in Dp pur essendo questo un gruppo non abeliano
(come il caso del gruppo Q8 dei quaternioni).
CAPITOLO 3
Gruppi di Permutazioni
Esempio 3.1.2.
Esplicitiamo i gruppi simmetrici per n = 1, 2, 3.
1
• E = {1}; S1 = {a1 } con a1 = , |S1 |=1 .
1
1 2 1 2
• E = {1, 2}; S2 = {a1 , a2 } con a1 = , a2 = ,
1 2 2 1
|S2 | = 2! = 2.
◦ a1 a2
a1 a1 a2
a2 a2 a1
75
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 76
Esempio 3.1.3.
E = {1, 2, 3, 4};
S4 = {id, a1 , a2 , a3 , a4 , a5 , a6 , a7 , a8 , a9 , b1 , b2 , b3 , b4 , b5 , b6 , b7 , b8 , c1 , c2 , c3 , c4 , c5 , c6 } con
id = identità a1 = ( 1 2 ); a2 = ( 1 3 );
a3 = ( 1 4 ); a4 = ( 2 3 ); a5 = ( 2 4 );
a6 = ( 3 4 ); a7 = ( 1 2 )( 3 4 ); a8 = ( 1 3 )( 2 4 );
a9 = ( 1 4 )( 2 3 ); b1 = ( 2 3 4 ); b2 = ( 2 4 3 );
b3 = ( 1 3 4 ); b4 = ( 1 4 3 ); b5 = ( 1 2 4 );
b6 = ( 1 4 2 ); b7 = ( 1 2 3 ); b8 = ( 1 3 2 );
c1 = ( 1 2 3 4 ); c2 = ( 1 4 3 2 ); c3 = ( 1 2 4 3 );
c4 = ( 1 3 4 2 ); c5 = ( 1 4 2 3 ); c6 = ( 1 3 2 4 ).
• Sottogruppi di ordine 2. Sono nove, ossia tanti quanti gli elementi di
periodo 2: W = {id, α} con α ∈ {a1 , a2 , a3 , a4 , a5 , a6 , a7 , a8 , a9 }.
• Sottogruppi di ordine 3. Sono quattro: K = {id, α, α−1 } con α ∈ {b1 , b3 , b5 , b7 }.
• Sottogruppi di ordine 4. I loro elementi devono avere periodo 2 o 4:
H1 = {id, c1 , c21 , c31 } H2 = {id, c3 , c23 , c33 } H3 = {id, c5 , c25 , c35 }
H4 = {id, a7 , a8 , a9 } H5 = {id, a1 , a6 , a7 } H6 = {id, a2 , a5 , a8 }
H7 = {id, a3 , a4 , a9 }
• Sottogruppi di ordine 6. Esistono, ad esempio H = {id, a1 , a3 , a5 , b5 , b6 } =
W K con W = {id, a1 } , K = {id, b5 , b6 }.
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 77
Si usa rappresentare un r-ciclo con una notazione a una riga ossia si scrive un
elemento del ciclo, alla sua destra la sua immagine e così via fino alla chiusura del
ciclo. Ad esempio se E = {1, 2, 3, 4, 5, 6} la permutazione su E data da:
1 2 3 4 5 6
α=
3 2 4 6 5 1
è un ciclo di lunghezza 4 e più semplicemente si scrive:
α=( 1 3 4 6 )=( 3 4 6 1 )=( 4 6 1 3 )=( 6 1 3 4 )
Esempio 3.1.5.
In S7 le permutazioni:
1 2 3 4 5 6 7
a= = 1 2 5 4 6 3
2 5 1 6 4 3 7
1 2 3 4 5 6 7
b= = 1 3 5 6 2
3 1 5 4 6 2 7
1 2 3 4 5 6 7
c= = 1 2
2 1 3 4 5 6 7
sono rispettivamente un 6-ciclo, un 5-ciclo e una trasposizione.
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 78
La permutazione:
1 2 3 4 5 6 7
d=
2 1 3 4 6 7 5
non è un r-ciclo per nessun r ∈ N.
Esempio 3.1.7.
Consideriamo in S7 i cicli:
1 2 3 4 5 6 7
a= = 1 2 3 5 7
2 3 5 4 7 6 1
1 2 3 4 5 6 7
b= = 4 6
1 2 3 6 5 4 7
1 2 3 4 5 6 7
c= = 4 5 6
1 2 3 5 6 4 7
I cicli a e b sono disgiunti; i cicli a e c non sono disgiunti, cosí come i cicli b e c.
Nota 3.1.8.
(1) Dalla definizione 3.1.6 segue che se α e β sono cicli disgiunti, allora α(x) 6=
x implica β(x) = x. Inoltre se i cicli α e β sono disgiunti, risulta αβ = βα
ossia due cicli disgiunti commutano.
(2) Se due trasposizioni non sono disgiunte si ha (a b)(b c) = (b c)(a c).
00
I cicli sono permutazioni molto importanti perchè risultano essere i numeri
primi 00 con cui costruire tutte le permutazioni.
Esempio 3.1.10.
1 2 3 4 5 6 7
In S7 considerata la permutazione: α = si ha
2 1 4 5 3 7 6
α = (1 2)(3 4 5)(6 7) = (3 4 5)(1 2)(6 7).
Dal teorema ora dimostrato segue una importante proprietà delle permutazioni:
il numero di trasposizioni in cui si può scomporre una permutazione è o sempre
pari o sempre dispari.
Nota 3.1.17.
• Un ciclo di lunghezza r è pari se e solo se r è dispari.
• La permutazione identità è di classe pari (vedi teorema 3.1.14).
2. Gruppo Alterno
e pertanto ogni 3-ciclo si può scrivere come prodotto di 3-cicli del tipo
i j 1 , i j 2 ,..., i j k ,..., i j n con k 6= i, j.
Poichè An è generato dai 3-cicli, rimane provato che An è generato dai 3-cicli del
tipo
i j 1 , i j 2 ,..., i j k ,..., i j n con k 6= i, j.
1 2 3 4
5 6 7 8
9 10 11 12
13 14 15
Loyd dispose le tessere in ordine da 1 a 13, scambiò fra loro solo le ultime due
tessere, la 14 e la 15, e lasciò libero lo spazio posto nell’angolo in basso a destra
della griglia. Loyd lanciò la sfida di rimettere in ordine le tessere dalla 1 alla 15
con libera l’ultima casella in basso a destra, offrì una altissima ricompensa a chi
fosse riuscito a risolvere questo problema. I suoi soldi erano però al sicuro, perchè
lui sapeva che il problema è impossibile da risolvere.
L’impossibilità è dovuta alla differenza fra permutazioni pari e permutazioni
dispari. Una permutazione che trasponga la posizione di due tessere lasciando
inalterato tutto il resto è una trasposizione ossia è una permutazione dispari.
Lo scambio delle tessere 14 e 15 è dunque una permutazione dispari. Se im-
maginiamo di colorare i sedici spazi in bianco e nero, come una scacchiera, allora
ogni mossa libera lo spazio da bianco a nero o da nero a bianco perchè ogni mossa
scambia lo spazio libero con una tessera ad esso confinante. Se dunque il gioco
deve terminare con libera la casella che era libera all’inizio del gioco, il numero di
mosse da fare deve necessariamente essere pari.
Capitolo 3 Il gruppo Simmetrico e il gruppo Alterno 84
Nel caso proposto da Loyd, non è dunque possibile arrivare a trasporre solo due
tessere e rimettere tutto il resto nella posizione iniziale perchè ciò equivarrebbe a
una permutazione dispari.
Esercizio 3.3.1.
Determinare se le seguenti permutazioni sono di classe pari o di classe dispari.
1 2 3 4 5 6 7
(1) α = .
2 3 1 6 7 5 4
Si scompone
in
1 2 3 4 6 5 7 = 1 3 1 2 4 7 4 5 4 6
e pertanto α di segno dispari.
1 2 3 4 5
(2) β = .
2 1 4 3 5
Si scompone in 1 2 3 4 5 e pertanto β è di segno pari.
1 2 3 4 5 6 7 8
(3) γ = .
2 3 5 1 7 6 4 8
Si scompone in 1 2 3 5 7 4 6 8 e pertanto γ è di segno
dispari perchè γ = 1 4 1 7 1 5 1 3 1 2 .
1 2 3 4 5 6
(4) δ = .
2 3 1 5 4 6
Si scompone in 1 2 3 4 5 6 = 1 3 1 2 4 5
e pertanto δ è di segno dispari.
Esercizio 3.3.2.
Sia p un numero primo. Dimostrare che Sp è generato da τ e ρ con τ una qua-
lunque trasposizione e ρ un p-ciclo.
- Con un opportuno ordinamento di {1, 2, ..., p} si può supporre τ =
Soluzione
1 2 . Essendo ρ un ciclo di lunghezza p primo, esiste il p−ciclo σ = ρk tale che
σ(1) = 2. Il p-ciclo σ e la trasposizione τ soddisfano le ipotesi del teorema 3.1.19
e pertanto < τ, σ >=< τ, ρ >= Sn .
Capitolo 3 Il gruppo Simmetrico e il gruppo Alterno 85
Esercizio 3.3.3.
Determinare tutti i sottogruppi del gruppo alterno A4 e dimostrare che non possiede
sottogruppi di ordine 6.
Soluzione - I dodici elementi di A4 sono dei seguenti tipi : identità, (abc), (ab)(cd);
in particolare esistono otto 3-cicli e tre prodotti di trasposizioni disgiunte. Per
il Teorema di Lagrange gli ordini possibili per i sottogruppi propri di A4 sono:
2, 3, 4, 6.
• Sottogruppi di ordine 2. Sono S1 =< (12)(34) >, S2 =< (13)(24) >,
S3 =< (14)(23) > perchè sono i sottogruppi generati dagli elementi di
periodo 2.
• Sottogruppi di ordine 3. Sono H1 =< (123) >, H2 =< (124) >,
H3 =< (134) >, H4 =< (234) > perchè sono i sottogruppi generati dai
3-cicli.
• Sottogruppi di ordine 4. E’ il solo K = {id., (12)(34), (13)(24), (14)(23)}.
Infatti poichè gli elementi di A4 sono permutazioni su 4 elementi, in A4
non può esserci un elemento di periodo 4 perchè sarebbe un 4-ciclo che è
una permutazione di classe dispari; l’unica possibilità per un sottogruppo
di ordine 4 è che esso sia il gruppo di Klein, ossia
K = {id., (12)(34), (13)(24), (14)(23)}.
• Sottogruppi di ordine 6. Non ne esistono. Infatti supponiamo per assurdo
che R sia un sottogruppo proprio di ordine 6. R non può contenere K
perchè 4 - 6, inoltre, se Hi , Sj ⊆ R, operando sugli elementi di Hi ed Sj
in tutti i possibili modi, si ottiene tutto A4 ; analogamente se si considera
il caso Hi , Hj ⊆ R.
CAPITOLO 4
Esempio 4.1.2.
(1) Ogni sottogruppo di un gruppo abeliano è normale.
(2) I sottogruppi
banali sono normali.
a b
(3) Sia G = | a, b, c, d ∈ Q, ad − bc 6= 0 , G è un gruppo rispetto
c d
al prodotto righe
per colonne.
a b
(a) Sia H = | a, b, c, d ∈ Q, ad − bc = 1 . Risulta H C G;
c d
infatti per le proprietà del determinante di una matrice si ha che per
ogni A ∈ G e per ogni B ∈ H risulta det(ABA−1 ) = det(A) · det(B) ·
1
= det(B) = 1 e perciò ABA−1 ∈ H per ogni A ∈ G e per
det(A)
ogni B ∈ H.
a b 2 2
(b) Sia K = | a, b, c, d ∈ Q, a + b 6= 0 . Risulta K sotto-
−b a
gruppo di G, ma K non è sottogruppo normale in G; infatti sia
1 2 2 1
M= ∈GeA= ∈ K;
1 3 −1 2
86
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 87
−1 −5 5
risulta M AM = 6∈ K.
−10 9
Esempio 4.1.6.
G G
Teorema 4.1.7. Siano (G, ·) un gruppo, N / G, N
= {gN | g ∈ G}. N
è
gruppo rispetto all’operazione g1 N · g2 N = g1 g2 N .
G
Dimostrazione. In N definiamo la seguente operazione ”·” : g1 N · g2 N =
g1 g2 N .
Verifichiamo che la definizione è ben posta, ossia se g1 N = h1 N e g2 N = h2 N
allora g1 g2 N = h1 h2 N . Infatti da g1 N = h1 N si ha h1 = g1 n1 con n1 ∈ N e da
g2 N = h2 N si ha h2 = ge n2 con n2 ∈ N . Risulta h1 h2 = g1 n1 g2 n2 = g1 g2 n¯1 n2
con n¯1 ∈ N (perchè N / G e quindi N g2 = g2 N ), dunque h1 h2 ∈ g1 g2 N ossia
h1 h2 N = g1 g2 N .
G
Rispetto a questa operazione N è un gruppo, infatti
• vale la proprietà associativa: (gN · hN ) · zN = ghN · zN = ghzN =
g (hz) N = gN · (hzN ) = gN · (hN · zN ) ;
• esiste l’elemento neutro: 1G · N = N ;
• esiste l’elemento inverso: per ogni gN esiste g −1 N tale che gN · g −1 N =
gg −1 N = N.
Nota 4.1.8.
• Il gruppo ( N G
, ·) determinato nel teorema precedente è detto 00 gruppo quo-
ziente G modulo N 00 o semplicemente 00 G quoziente N 00 .
• La condizione che N sia normale è essenziale perchè l’operazione sia ben
definita. Infatti, con riferimento all’esempio 4.1.6, se in (S3 , ◦), S3 =
{a1 , a2 , a3 , a4 , a5 , a6 }, consideriamo H = {a1 , a2 }, g1 = a2 , h1 = a1 , g2 =
a3 , h2 = a6 , si ha che a2 ◦ H = a1 ◦ H, a3 ◦ H = a6 ◦ H ma a2 ◦ a3 ◦ H 6=
a1 ◦ a6 ◦ H. Questo perchè H non è normale in S3 .
Esempio 4.1.9.
(1) (Z, +) gruppo abeliano allora ogni suo sottogruppo è normale: < n > / Z.
Si ha (Z,+)
<n>
= {< n > +m | m ∈ Z} = Zn .
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 89
(2) Rispetto
al prodotto
riga per colonna
a b
G= | a, b, c, d ∈ Q, ad − bc 6= 0 è un gruppo.
c d
a b
N = | a, b, c, d ∈ Q, ad − bc = 1 è un sottogruppo normale
c d
G
di G, N / G. Il gruppo quoziente N è il gruppo i cui elementi sono le
classi di matrici aventi lo stesso determinante. Infatti se g 0 ∈ gN allora
g 0 = gn e poichè det(n) = 1, det(g 0 ) = det(gn) = det(g) · det(n) segue
det(g 0 ) = det(g).
2. Gruppi Semplici.
Esercizio 4.3.2.
G
Sia G un gruppo ciclico e H un sottogruppo di G. Dimostrare che è ciclico.
H
Soluzione - G è commutativo perchè ciclico e pertanto risulta g r H r = (gH)r ,
infatti g · g · · · · · g · H · H ·{z· · · · H} = gH · gH · · · · · gH = (gH)r .
| {z } | | {z }
r − volte r − volte r − volte
G G
Posto G =< g > si ha H
=< gH >, infatti per ogni g1 H ∈ H
, posto g1 = g r si ha
g1 H = g r H = (gH)r .
Esercizio 4.3.3.
Sia C∗ il gruppo moltiplicativo dei numeri complessi non nulli. Sia N = {a + bi ∈
C∗ |a2 + b2 = 1}. Dimostrare che N è sottogruppo normale di C∗ .
Soluzione - Se z = (a + ib) ∈ C∗ , indichiamo con |z| = a2 + b2 (modulo di z). N
è gruppo:
• N 6= ∅ perchè 1 ∈ N .
• Per ogni z1 = (a + ib), z2 = (c + id) ∈ N si ha |z1 · z2 | = |z1 | · |z2 | = 1 · 1 = 1
e pertanto z1 · z2 ∈ N .
• Se z = (a + ib) ∈ N si ha z −1 ∈ N perchè se così non fosse si avrebbe
1 = |z · z −1 | = |z| · |z −1 | =
6 1.
∗
∗
N è normale perchè C è commutativo. CN ha come elementi le classi costituite
da tutti e soli i numeri complessi aventi lo stesso modulo, infatti z1 N = z2 N se e
solo se z1 z2−1 ∈ N se e solo se |z1 z2−1 | = 1, se e solo se |z1 | = |z2 |.
Esercizio 4.3.4.
Sia (G, ·) un gruppo avente un solo sottogruppo di un dato ordine. Dimostrare che
H è normale in G.
Soluzione - Sia |H| = r, H = {h1 , h2 , . . . , hr }. Se hi 6= hj allora ghi g −1 6= ghj g −1
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 93
Esercizio 4.3.5.
Siano H e K sottogruppi normali del gruppo (G, ·) tali che H ∩ K = {1}. Dimo-
strare che per ogni h ∈ H e per ogni k ∈ K risulta hk = kh.
Soluzione - Per ogni h ∈ H e per ogni k ∈ K si ha:
(1) (hk)−1 (kh) = (k −1 h−1 k)h = h1 h ∈ H perchè (k −1 h−1 k) ∈ H essendo
H C G;
(2) (hk)−1 (kh) = k −1 (h−1 kh) = k −1 k1 ∈ K perchè (h−1 kh) ∈ K essendo
K C G;
allora da (1) e (2) segue (hk)−1 (kh) ∈ H ∩ K e per l’ipotesi H ∩ K = {1} risulta
(hk)−1 (kh) = 1 da cui hk = kh per ogni h ∈ H e per ogni k ∈ K.
CAPITOLO 5
1. Definizioni e Proprietà
Definizione 5.1.1. Siano (G, ·) e (G0 ; ∗) due gruppi e sia φ una applicazione
di G in G0 . Si dice che φ è un omomorfismo di G in G0 se per ogni a, b ∈ G si
ha φ(a · b) = φ(a) ∗ φ(b). Si parla di omomorfismo iniettivo, suriettivo, biiettivo
se l’applicazione che lo definisce è, rispettivamente, iniettiva, suriettiva, biiettiva.
Un omomorfismo biiettivo si dice isomorfismo e in questo caso i due gruppi G e
G0 si dicono isomorfi. Un isomorfismo di G in G si dice automorfismo.
Per semplicità di scrittura, di norma le operazioni dei due gruppi coinvolti si
indicheranno con lo stesso simbolo.
Esempio 5.1.2.
• L’applicazione φ : (Z, +) → (Z, +) definita da φ(x) = 2x è un isomorfismo
perchè è biettiva ed inoltre è tale che φ(x + y) = 2 · (x + y) = 2 · x + 2 · y =
φ(x) + φ(y) per ogni x, y ∈ Z .
• L’applicazione ϕ : (G, ·) → (G0 , ·) definita da ϕ(x) = 1G0 per ogni x ∈ G,
e l’applicazione ψ : (G, ·) → (G, ·) definita da ψ(x) = x per ogni x ∈
G, sono omomorfismi qualunque siano i gruppi considerati. Questi due
omomorfismi sono detti omomorfismi banali.
• L’applicazione ϕ : (R, +) → (R∗+ , ·) definita da ϕ(x) = 2x è un isomorfismo
perchè è biettiva ed è tale che ϕ(x + y) = 2x+y = 2x · 2y = ϕ(x) · ϕ(y) per
ogni x, y ∈ R.
94
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 95
1
• L’applicazione ϕ : (Q∗ , ·) → (Q∗ , ·) definita da ϕ(x) = x non è un
2
omomorfismo perchè ϕ(x·y) = 2 ·x·y mentre ϕ(x)·ϕ(y) = 2 ·x· 12 ·y = 14 ·x·y.
1 1
Teorema 5.1.3. Siano (G, ·) e (G0 , ·) gruppi aventi come elemento neutro 1
e 1 rispettivamente. Sia φ un omomorfismo di G in G0 , si ha:
0
(1) φ(1) = 10
(2) φ(x−1 ) = φ(x)−1
(3) Se H < G e K < G0 allora φ (H) < G0 e φ−1 (K) < G.
Dimostrazione.
(1) Sia a ∈ G : φ(a) = φ(a · 1) = φ(a) · φ(1), ma anche φ(a) = φ(a) · 10 allora
φ(a) · φ(1) = φ(a) · 10 , da cui φ(1) = 10 .
(2) Sia x ∈ G : φ (x · x−1 ) = φ (x) · φ (x−1 ), ma anche φ (x · x−1 ) = φ (1) = 10 ,
allora φ (x) φ (x−1 ) = 10 e dunque φ(x−1 ) = φ(x)−1 .
(3) Sia H un sottogruppo di G e sia φ (H) = {φ (h) | h ∈ H}; poichè per
ogni φ (h1 ) , φ (h2 ) ∈ φ (H), si ha φ (h1 ) φ (h2 )−1 = φ h1 h−1
2 ∈ φ (H), si
ha φ (H) sottogruppo di G . Sia K sottogruppo di G e sia φ−1 (K) =
0 0
Nota 5.1.4.
(1) Dalla (1) del teorema precedente segue, per esempio, che non può esserci
un omomorfismo di (Q∗ , ·) in (Q∗ , ·) che mandi 1 in 2.
(2) Come struttura algebrica, due gruppi isomorfi possono essere considerati
lo stesso gruppo. Se consideriamo i gruppi ciclici, si ha che per ogni
ordine r (anche non finito) esiste un solo gruppo ciclico di ordine r (vedi
Corollario 5.1.10).
Dimostrazione.
(1) E’ immediato che ker φ è sottogruppo di G; inoltre se x ∈ G e y ∈ ker φ
si ha φ (xyx−1 ) = φ (x) φ (y) φ (x)−1 = 10 e pertanto ker φ / G.
(2) Sia φ iniettivo, allora se x ∈ G e φ (x) = 10 per l’iniettività e per (1)
del teorema 5.1.5, deve essere x = 1 e quindi ker φ = {1}. Viceversa
sia ker φ = {1} e siano x, y ∈ G; se φ (x) = φ (y) allora φ (x) φ (y)−1 =
10 , φ (xy −1 ) = 10 , allora xy −1 ∈ ker φ e quindi per l’ipotesi fatta xy −1 = 1
ossia x = y e pertanto φ è iniettivo.
G
(3) Se H / G allora H = ker ψ con ψ omomorfismo naturale di G in .
H
Se H = ker ψ per qualche omomorfismo ψ, allora per (1) risulta H / G.
G
Nota 5.1.7. Dato N / G, poichè N è l’elemento neutro di , l’omomorfismo
N
G
naturale φ : G → definito da φ (x) = xN ha come nucleo N perchè
N
x ∈ ker φ ⇐⇒ φ (x) = N ⇐⇒ xN = N ⇐⇒ x ∈ N.
G
Si può allora affermare che ogni gruppo quoziente è immagine omomorfa del
N
gruppo G. Con il teorema seguente proveremo anche che ogni immagine omomorfa
di un gruppo G è un quoziente di G (a meno di isomorfismi).
G
isomorfo a .
ker φ
Dimostrazione. Sia φ : G → G0 un omomorfismo suriettivo, sia K = ker φ e
G
sia ψ : → G0 definita da ψ (gK) = φ (g). Quella posta è una buona definizione
K
(e quindi ψ è una applicazione) perchè se gK = hK allora g = hk con k ∈ K
e quindi φ (g) = φ(hk) = φ(h)φ(k) = φ(h) · 1 = φ (h) . La ψ è iniettiva, infatti
se ψ (gK) = ψ (hK) allora φ (g) = φ (h) da cui φ (g −1 h) = 10 , allora g −1 h ∈ K
da cui h ∈ gK e quindi gK = hK. La ψ è suriettiva, infatti se y ∈ G0 allora
y = φ (g) con g ∈ G e quindi y = ψ (gK). La ψ è un omomorfismo, infatti
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 97
Esempio
5.1.9.
a b
G = | a, b, c, d ∈ Q, ad − bc 6= 0 è un gruppo rispetto al prodotto
c d
G
L’identificazione di Im φ (immagine di φ) con il quoziente Kerφ assicura che
tutti gli omomorfismi suriettivi di un gruppo G si possono identificare con gli
omomorfismi naturali sul quoziente. Questo teorema ha varie applicazioni, ad
esempio fornisce la classificazione dei gruppi ciclici.
Esempio 5.1.12.
Siano G = (Z, +), N = 3Z =< 3 >, K = 6Z =< 6 >. Poichè (Z, +) è abeliano si
ha N C G, K C G, K C N. Determiniamo i vari gruppi quozienti che intervengono.
G Z G Z
Risulta = = Z3 , = = Z6 .
N 3Z K 6Z
N 3Z <3>
Determiniamo ora il gruppo = = = {a+ < 6 > | a ∈< 3 >} ;
K 6Z <6>
<3>
considerata la classe [a] ∈ , poichè a = 3t si possono avere due casi a
<6>
seconda che t sia pari o dispari ossia può essere a = 3 · 2h = 6h con h ∈ Z
N 3Z
oppure a = 3 · (2h + 1) = 6h + 3 con h ∈ Z. Gli elementi di = sono
K 6Z
pertanto esattamente due: un elemento è la classe contenente gli elementi del tipo
a+ < 6 >= 6h + 6r ossia tutti e soli i multipli di 6, mentre l’altro elemento è la
classe contenente gli elementi del tipo a+ < 6 >= 6h + 3 + 6r ossia tutti e soli i
3Z
multipli di 3; risulta dunque ≈ Z2 . Per il teorema precedente rimane provato
6Z
Z
Z
che ≈ 6Z .
3Z 3Z
6Z
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 99
2. Teorema di Cayley
Dalla definizione ora posta segue che la relazione di coniugio (aRb ⇔ esiste
x ∈ G tale che b = xax−1 )
• è una relazione di equivalenza in G;
• determina una partizione di G;
• le classi di equivalenza costituite da un solo elemento sono quelle che con-
tengono un elemento del centro di G. (|[a]| = 1 ⇔ xax−1 = a per ogni x ∈
G ⇔ xa = ax per ogni x ∈ G ⇔ a ∈ Z(G)).
numero dei coniugati distinti di a è uguale al numero dei laterali (sinistri) di C (a)
|G|
ossia è l’indice di C (a) in G, cioè .
| C (a) |
|G|
Corollario 5.3.8. Se a ∈ Z (G) allora = 1.
| C (a) |
Dimostrazione. Segue dal teorema precedente e dalla (3) della nota 5.3.5.
Corollario 5.3.10. Sia G un gruppo finito e sia Z(G) il suo centro. Si ha:
X |G|
|G| = |Z(G)| +
|C(a)|
dove la somma è estesa agli a 6∈ Z(G), uno per ogni classe di coniugio.
Dimostrazione. Dalla definizione di centro di un gruppo segue che un ele-
mento a appartiene a Z(G) se e solo se la sua classe coniugata è costituita dal
solo a. La relazione del corollario precedente si può dunque esprimere nel modo
seguente:
X |G|
|G| = |Z(G)| +
|C(a)|
dove la somma è estesa agli a 6∈ Z(G), uno per ogni classe di coniugio.
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 102
Dal teorema ora dimostrato seguono importanti risultati quali quelli dei due
seguenti teoremi.
Esempio 5.4.6.
(Z, +) / (Q, +) ma Z non è caratteristico in Q. Infatti φ : (Q, +) → (Q, +)
1
definito da φ(x) = · x è un automorfismo di (Q, +) ma φ(Z) 6= Z perchè, per
2
3
esempio, φ(3) = 2
6 Z.
∈
(2) Per quanto dimostrato al punto (1) basta provare che per ogni φ ∈ Aut(G)
si ha φ(Z(G)) ⊆ Z(G) ossia φ(c) ∈ Z(G) per ogni c ∈ Z(G). Sia
c ∈ Z(G) e sia g ∈ G; ricordando che φ è un automorfismo di G, esiste
h ∈ G tale che g = φ(h) ; si ha φ(c) · g = φ(c) · φ(h) = φ(c · h) = φ(h · c) =
φ(h) · φ(c) = g · φ(c) e quindi φ(c) ∈ Z(G) e perciò φ(Z(G)) ⊆ Z(G) e
quindi per (1) si ha che Z(G) è un sottogruppo caratteristico di G.
Esempio 5.5.3.
(1) Ogni gruppo G agisce su se stesso per coniugazione. Infatti basta conside-
rare Ω = G e g ∗ x = gxg −1 . L’orbita di x ∈ Ω (= G) è costituita da tutti
gli y ∈ G tali che y = gxg −1 per qualche g ∈ G. Le orbite sono quindi le
classi di coniugio.
(2) Il gruppo simmetrico Sn agisce in modo naturale sull’insieme Ω = {1, 2, . . . , n}
σ ∗ x = σ(x) = il trasformato di x mediante la σ ∈ Sn .
Poichè in Sn ci sono tutte le permutazioni di Ω, si ha una sola orbita e
per questo si dice che Sn opera transitivamente su Ω. Infatti, dato un
elemento x ∈ Ω, un qualunque y ∈ Ω è in relazione con x perchè esiste
certamente almeno una permutazione che manda x in y.
(3) Sia σ = (4 5)(1 3 6)(2 7 8) ∈ S8 e sia G =< σ > . Rispetto l’azione
naturale di G su Ω = {1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8}, rimangono determinate tre or-
bite: {4, 5}, {1, 3, 6}, {2, 7, 8}. In generale, se σ è una permutazione di Sn ,
considerato G =< σ > e Ω = {1, 2, . . . , n}, l’insieme Ω sotto l’azione
naturale di Sn viene ripartito in orbite che corrispondono ai cicli
della permutazione σ.
(4) Sia H un sottogruppo di un gruppo (G, ·). Definiamo la seguente azione
del gruppo H su G:
∗ : H × G → G, h ∗ g = h · g per ogni h ∈ H, per ogni g ∈ G
ossia, come azione consideriamo l’ordinaria moltiplicazione in G. Si trat-
ta effettivamente di un’azione perchè (h1 h2 )g = h1 (h2 g) per ogni g ∈
G, per ogni h1 , h2 ∈ H. Le orbite sono i laterali destri modulo H.
(5) Sia H un sottogruppo di un gruppo (G, ·). Definiamo la seguente azione
del gruppo H su G:
∗ : H × G → G, h ∗ g = g · h per ogni h ∈ H, per ogni g ∈ G.
A differenza di quanto dimostrato in (4), questa non è un’azione perchè
(h1 h2 ) ∗ g = gh1 h2 6= h1 ∗ (h2 ∗ g) = gh2 h1 .
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 107
1
Per il corollario 5.5.7 si ha |Gx | = |G| · |O(x)|
e pertanto
X X 1
|Gx | = |G| .
x∈Ω x∈Ω
|O(x)|
L’uguaglianza
X 1 X
|Gx | = |G|
x∈Ω x∈Ω
|O(x)|
P
precedentemente ottenuta diventa dunque x∈Ω |Gx | = |G| · t da cui
1 X 1 X
t= |Gx | = |Fg |.
|G| x∈Ω |G| g∈G
Esempio 5.5.11.
Sia Ω = {1, 2, 3, 4} e G sia il gruppo ciclico generato dalla permutazione (1 2 3 4).
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 110
Esempio 5.5.12.
Sia Ω = {1, 2, 3, 4, 5} e G sia il gruppo ciclico generato dalla permutazione (1 2 3)(4 5).
Il gruppo G ha due orbite, infatti
Elementi del gruppo Numero dei punti fissi
(1)(2)(3)(4)(5) 5
(1 2 3)(4 5) 0
(1 2 3) 2
(4 5) 3
(1 3 2) 2
(1 3 2)(4 5) 0
Esempio 5.5.13.
Sia Ω = {1, 2, 3, 4} e D4 sia il gruppo diedrale di ordine 8. Il gruppo D4 ha
esattamente una orbita, infatti
Elementi del gruppo Numero dei punti fissi
(1)(2)(3)(4) 4
(1 2 3 4) 0
(1 3)(2 4) 0
(1 4 3 2) 0
(1 2)(3 4) 0
(1 4)(2 3) 0
(2 4) 2
(1 3) 2
4+2+2
e pertanto t = 8
= 1.
Esempio 5.5.14.
Sia Ω = {1, 2, 3, 4} e H = {id., (1 2)(3 4)}. Il gruppo H (sottogruppo del gruppo
diedrale D4 ) ha esattamente due orbite, infatti.
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 111
• I quattro ribaltamenti rispetto agli assi del poligono che bisecano due lati
opposti, non fissano nessuna configurazione perchè rispetto a uno di questi
assi i tre coralli non possono essere metà da una parte e metà dall’altra
(può solo essere 3 − 0 oppure 2 − 1).
• I quattro ribaltamenti rispetto agli assi del poligono che passano per due
vertici opposti, fissano ciascuno 6 configurazioni (sono quelle che hanno
sui vertici dell’asse una perla e un corallo per avere la stessa distribuzione
di coralli da una parte all’altra dell’asse).
Per il Teorema di Burnside, il numero delle orbite è:
1
t = (56 + 0 + 0 + 0{z+ 0 + 0 + 0 + 0} + 0| + 0 + 0 + 0 {z
+ 6 + 6 + 6 + 6} = 5
16 |
fissate dalle rotazioni fissate dai ribaltamenti
e pertanto le configurazioni distinguibili sono cinque (Fig. 1).
Soluzione - Poichè il foglio contiene solo il codice, i codici distinguibili non sono
◦
tutte le possibili terne perchè ruotando di 180 il foglio, un codice come 9I8 non
può essere distinto da 8I6 (si suppone il numero 1 scritto come I) e pertanto 9I8
e 8I6 li 00 conto00 come un codice solo. Sia Ω l’insieme di tutti i possibili codici
ossia di tutte le terne ottenibili con le dieci cifre arabe; si ha |Ω| = 103 . I codi-
ci 00 capovolgibili00 sono 53 perchè sono tanti quanti quelli ottenibili con le cifre 0,
I, 6, 8, 9. Consideriamo l’applicazione
g: Ω → Ω
α se α non è capovolgibile
α 7→ g(α) = −1
α se α è capovolgibile
dove con α−1 si intende il codice α letto capovolgendo il foglio.
Dunque g fissa i codici non capovolgibili e trasforma ogni codice capovolgibile nel
suo 00 inverso00 e pertanto g = g −1 .
Consideriamo il gruppo G = {id., g} e definiamo un’azione di G su Ω nel seguente
modo:
G×Ω → Ω
(id., α) 7→ α perogni α ∈ Ω
α se α non è capovolgibile
(g, α) 7→ αg =
α−1 se α è capovolgibile
I codici distinguibili sono tanti quante le orbite di Ω sotto l’azione di G. Infatti
se α ∈ Ω non è capovolgibile la sua orbita è formata solo da α perchè id(α) =
g(α) = α. Se α ∈ Ω è capovolgibile all’orbita di α appartengono α e α−1 , ma
3
le orbite determinate dalle parole capovolgibili non sono 52 perchè ci sono parole
capovolgibili tali che α = α−1 . Per contare il numero di orbite applichiamo il
teorema di Burnside, occorre determinare il numero di elementi di Ω fissati da
ciascun elemento di G.
• id. fissa 103 elementi di Ω.
• g fissa tutti gli elementi non capovolgibili che sono (103 − 53 ), inoltre fissa
gli elementi capovolgibili tali che α = α−1 ossia le terne aventi la cifra
centrale scelta tra 0, I, 8 e come prima e terza cifra quelle di una delle
seguenti coppie (0, 0), (I,I), (8, 8), (6, 9), (9, 6) e pertanto g fissa 15 codici
capovolgibili. In totale g fissa (103 − 53 + 15) elementi di Ω.
Per il teorema di Burnside il numero di orbite è
1 X 1
|Fa | = [103 + (103 − 53 + 15)] = 945
|G| a∈G 2
Esercizio 5.6.1.
Sia (Q∗ , ·) il gruppo moltiplicativo dei numeri razionali e sia f : Q∗ → Q∗ definita
da f (x) = |x| per ogni x ∈ Q∗ . Dimostrare che f è un omomorfismo e si determi-
Q∗
nino Kerf , Imf , Kerf .
Soluzione - Per le proprietà del valore assoluto si ha f (xy) = |xy| = |x||y| =
f (x)f (y) per ogni x, y ∈ Q∗ e pertanto f è un omomorfismo. Risulta Kerf =
Q∗
{1, −1} e Imf = Q∗+ . Il gruppo quoziente Kerf è costituito dalle classi xKerf =
∗
{x, −x} al variare di x in Q .
Esercizio 5.6.2.
Sia (G, ·) un gruppo e sia ϕ : G → G definita da ϕ(x) = x−1 per ogni x ∈ G.
(1) Portare l’esempio di un gruppo G per il quale ϕ è un automorfismo.
(2) Portare l’esempio di un gruppo G per il quale ϕ non è un automorfismo.
(3) Determinare una condizione necessaria e sufficiente affinchè ϕ sia un
automorfismo di G.
Soluzione - L’applicazione ϕ è biettiva perchè in un gruppo esiste ed è unico
l’inverso di ogni elemento.
(1) Sia G il gruppo quadrinomio (vedi 2.2.1). In questo gruppo ogni elemento
coincide con il proprio inverso e perciò si ha ϕ(x) = x−1 = x per ogni
x ∈ G e pertanto ϕ è un automorfismo perchè è l’identità.
(2) Sia G = S3 (vedi 2.1.15) il gruppo simmetrico su tre elementi. Considerati
gli elementi a1 = (2 3), a3 = (1 2), a4 = (1 2 3), a5 = (1 3 2), si ha
ϕ(a1 a3 ) = (a1 a3 )−1 = a5 mentre ϕ(a1 )ϕ(a3 ) = a−1 −1
1 a3 = a4 e pertanto ϕ
non è un automorfismo.
(3) Gli esempi portati in (1) e (2) suggeriscono che la condizione cercata
può essere che G sia abeliano. Sia G abeliano, si ha ϕ(xy) = (xy)−1 =
y −1 x−1 = x−1 y −1 = ϕ(x)ϕ(y) per ogni x, y ∈ G e pertanto ϕ è un auto-
morfismo. Viceversa se ϕ è un automorfismo allora per ogni x, y ∈ G si
ha ϕ(xy) = (xy)−1 = y −1 x−1 = ϕ(x)ϕ(y) = ϕ(yx) e poichè ϕ è biettiva
(e quindi in particolare iniettiva), da ϕ(xy) = ϕ(yx) segue xy = yx e
pertanto G è abeliano. Rimane dimostrato che condizione necessaria e
sufficiente perchè ϕ sia un automorfismo è che G sia abeliano.
Esercizio 5.6.3.
Siano (Q8 , ·) il gruppo dei quaternioni e (D4 , ·) il gruppo diedrico su quattro ele-
menti. Stabilire se fra questi due gruppi di ordine 8 è possibile definire un isomor-
fismo.
Soluzione - Il gruppo dei quaternioni (vedi 2.2.7) ha un unico sottogruppo di
ordine due: H = {1, −1}. Il gruppo D4 =< a, b >, o(a) = 4, o(b) = 2, ha cinque
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 115
sottogruppi di ordine due (vedi 2.2.6) : K1 = {1, a2 }, K2 = {1, β}, K3 = {1, γ},
K4 = {1, δ}, K5 = {1, ε}, con γ = aβ, δ = a2 β, ε = a3 β. Poichè un automorfismo
trasforma un sottogruppo in un sottogruppo isomorfo (e quindi con lo stesso nu-
mero di elementi), non può esistere nessun isomorfismo fra Q8 e D4 avendo questi
un numero diverso di sottogruppi di ordine due.
Esercizio 5.6.4.
Determinare un omomorfismo non banale di (S3 , ◦) in (Z4 , +). Discutere come
applicare il primo teorema di omomorfismo.
Soluzione - Poichè il nucleo di un omomorfismo è un sottogruppo normale, occorre
individuare i sottogruppi normali non banali del gruppo simmetrico S3 . Questo
gruppo ha un solo sottogruppo normale non banale: A3 . L’omomorfismo f cercato
deve avere nucleo A3 e quindi deve essere f (α) = [0] per ogni α ∈ A3 e banalmente
per ogni α, β ∈ A3 risulta f (α ◦ β) = f (α) + f (β) . Affinchè sia f (α ◦ β) = f (α) +
f (β) anche per ogni α, β ∈ S3 − A3 deve essere f (α) = [2] per ogni α ∈ S3 − A3 .
Dunque l’applicazione f : S3 → Z4 definita da f (α) = [0] se α è di classe pari
e f (α) = [2] se α è di classe dispari è un omomorfismo non banale di nucleo
A3 . Per applicare il primo teorema di omomorfismo occorre che l’omomorfismo
f sia suriettivo e perciò occorre considerare f : S3 → H con H = {[0], [2]} ossia
f : S3 → Z2 e risulta AS33 ≈ Z2 .
Esercizio 5.6.5.
Siano A e B due gruppi finiti di ordine primo fra loro. Dimostrare che l’unico
omomorfismo di A in B è quello banale.
Soluzione - Sia |A| = m, |B| = n , con M CD(m, n) = 1 e sia ϕ un omomorfismo
di A in B. Se |Kerϕ| = r, per il teorema di Lagrange si ha m = rs (ossia s divide
A A
m) e s = | Kerϕ |. Per il primo teorema di omomorfismo si ha che Imϕ e Kerϕ sono
A
isomorfi e perciò |Imϕ| = | Kerϕ | = s, ma Imϕ è sottogruppo di B e pertanto per il
teorema di Lagrange s divide n. Per l’ipotesi M CD(m, n) = 1 risulta allora s = 1
da cui segue r = m ossia Kerϕ = A e pertanto ϕ è l’omomorfismo banale.
Si noti che non vale la proprietà inversa perchè, per esempio, fra Q8 e D4 vi è
solo l’isomorfismo identità ma MCD(|Q8 |, |D4 |) = 8 6= 1.
Esercizio 5.6.6.
Sia (G, ·) un gruppo finito. Dimostrare che l’applicazione f : G → G tale che
f (x) = x2 è un automorfismo di G se e solo se G è abeliano e non contiene
elementi x 6= 1G tali che x2 = 1G .
Soluzione - Sia f un automorfismo di G. Per ogni x, y ∈ G risulta f (x)f (y) =
f (xy), x2 y 2 = (xy)2 , xxyy = xyxy da cui xy = yx e pertanto G è abeliano. Inoltre
se x ∈ G, x2 = 1G allora f (x) = x2 = 1G da cui x = 1G perchè f biettivo e un
omomorfismo manda elemento neutro in elemento neutro.
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 116
Esercizio 5.6.7.
Sia (C ∗ , ·) il gruppo moltiplicativo dei numeri complessi. Fissato un numero natu-
rale n ∈ N∗ , verificare che l’applicazione f : C ∗ → C ∗ definita da f (x) = xn è un
omomorfismo e determinarne il nucleo e l’immagine.
Soluzione - L’applicazione è un omomorfismo perchè f (xy) = (xy)n = xn y n =
f (x)f (y) per ogni x, y ∈ C ∗ .
Poichè in C ∗ esiste la radice n-esima di ogni elemento, si ha Im f = C ∗ .
Infine Kerf = {x ∈ C ∗ | f (x) = xn = 1} ossia è l’insieme delle radici n-sime
C∗
dell’unità. Si osservi che per il primo teorema di omomorfismo si ha che Kerf e C∗
sono isomorfi.
Esercizio 5.6.8.
Determinare
ilcentro del gruppo (G, ·) con
a b
G={ | a, b, c, d ∈ R, ad − bc 6= 0} e l’operazione di prodotto riga per
c d
colonna.
Soluzione - Per appartenere al centro, unamatrice di G deve commutare in
x 0
particolare con ogni matrice del tipo per ogni x 6= 0. Si ha
0 1
a b x 0 ax b x 0 a b xa xb
= , = e
c d 0 1 cx d 0 1 c d c d
a 0
perciò deve essere b = c = 0. Affinchè una matrice del tipo stia nel
0 d
0 1
centro, deve commutare con la matrice e perciò deve essere a = d.
1 0
∗ a b x 0 x 0 a b
Poichè per ogni x ∈ R risulta = , si
c d 0 x 0 x c d
x 0
conclude che Z(G) = { | x ∈ R∗ }.
0 x
Esercizio 5.6.9.
Dimostrare che se H è l’unico sottogruppo di ordine 2 di un gruppo (G, ·) allora
H è contenuto nel centro di G.
Soluzione - Sia H = {1, h}, ciò significa che h è l’unico elemento di G di periodo
2. Per ogni x ∈ G risulta x−1 hx · x−1 hx = 1 ossia x−1 hx elemento di periodo 2 e
perciò x−1 hx = h da cui hx = xh per ogni x ∈ G e pertanto H ⊆ Z(G).
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 117
Esercizio 5.6.10.
Sia |E| ≥ 3; dimostrare che il centro di SymE è il gruppo banale.
Soluzione - Sia α ∈ SymE. Se α 6= id esistono a, b ∈ E tali che α(a) = b 6= a; sia
c ∈ E, c 6= a, c 6= b e sia β ∈ SymE tale che β(b) = c, β(c) = b, β(x) = x per ogni
x ∈ E − {b, c}; risulta αβ 6= βα perchè αβ(a) = α(a) = b mentre βα(a) = β(b) = c
e pertanto α 6∈ Z(SymE). Si conclude Z(SymE) = {id}.
Esercizio 5.6.11.
Determinare il centro del gruppo diedrico Dn , n ≥ 3.
Soluzione - Ricordiamo che Dn = {a1 , a2 , ..., an = 1, ba1 , ba2 , ..., ban = b} con
o(a) = n, o(b) = 2, ai b = ba−i , i = 1, 2, ..., n. Se un elemento del tipo bai ∈ Z(Dn )
allora (bai )a = a(bai ) ossia deve essere bai+1 = bai−1 perchè a(bai ) = (ab)ai =
(ba−1 )ai = bai−1 . Ne segue che bai ∈ Z(Dn ) se e solo se ai+1 = ai−1 , a = a−1 ,
ossia a di periodo 2, ma a ha periodo n ≥ 3 e pertanto per ogni i = 1, 2, ..., n si ha
bai 6∈ Z(Dn ). Se un elemento del tipo ai ∈ Z(Dn ) allora ai b = bai ossia ba−i = bai
ossia a−i = ai ossia a2i = 1 = an ossia ai deve avere periodo 2.
Se n è dispari nessun elemento del tipo ai può avere periodo 2 perchè in Dn il
periodo di ai deve dividere n e pertanto Z(Dn ) = {1}.
n
Se n è pari, l’unico elemento del tipo ai di periodo 2 è l’elemento a 2 e pertanto
n
Z(Dn ) = {1, a 2 }.
Esercizio 5.6.12.
Sia (Q8 , ·) il gruppo dei quaternioni. Determinare
(1) Il centro Z(Q8 ) del gruppo.
Q8
(2) Il gruppo quoziente Z(Q 8)
.
Q8
(3) Il gruppo I(Q8 ) degli automorfismi interni e verificare l’isomorfismo Z(Q8)
≈
I(Q8 ).
Soluzione - (1) Ricordiamo che Q8 = {±1, ±i, ±j, ±k} con i2 = j 2 = k 2 = −1,
ij = k, jk = i, ki = j. Il solo elemento diverso da 1 che commuta con ogni altro
elemento di Q8 è l’elemento −1 e pertanto Z(Q8 ) = {1, −1}. Questo assicura anche
che H = {1, −1} è sottogruppo normale in Q8 .
(2) Sia H = Z(Q8 ), come dimostrato in (1), si ha H = {1, −1} e pertanto
Q8
| H | = 82 = 4 e quindi QH8 ≈ C4 oppure QH8 ≈ D2 ≈ K ( gruppo quadrinomio).
Per stabilire quale gruppo è, costruiamo gli elementi di QH8 . Gli elementi di QH8
sono H = {1, −1}, iH = {i, −i}, jH = {j, −j}, kH = {k, −k} e l’operazione
che rende gruppo QH8 è xH · yH = xyH. Calcoliamo il periodo degli elementi di
Q8
H
: per ogni x ∈ Q8 − {1} risulta xH · xH = H e dunque tutti gli elementi
diversi dall’elemento neutro hanno periodo 2 e pertanto si conclude QH8 ≈ D2 ≈ K
(gruppo quadrinomio).
(3) Sia φa l’elemento di I(Q8 ) associato all’elemento a ∈ Q8 . Si ha φ1 = φ−1 =
identità, φi = φ−i perchè risulta φi (1) = 1 = φ−i (1), φi (−1) = −1 = φ−i (−1),
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 118
φi (i) = i = φ−i (i), φi (j) = −j = φ−i (j), φi (k) = −k = φ−i (k) ; analogamente si
ha che φj = φ−j e φk = φ−k e pertanto I(Q8 ) = {φ1 , φi , φj , φk }.
Q8
Poichè Z(Q8 ) = {1, −1} si ha Z(Q 8)
= {{1, −1}, {i, −i}, {j, −j}, {k, −k}} e
Q8
l’applicazione f : Z(Q 8)
→ I(Q8 ) definita da f ({a, −a}) = φa per ogni a ∈
{1, i, j, k} è un isomorfismo.
Esercizio 5.6.13.
Determinare il gruppo degli automorfismi del gruppo (Z12 , +) e studiarne la strut-
tura .
Soluzione - Osserviamo che un automorfismo f di un gruppo ciclico è completa-
mente individuato dall’immagine di un generatore, infatti se G =< x > e f (x) = y
allora per ogni xh ∈ G risulta f (xh ) = (f (x))h = y h ossia y = f (x) è un generatore
di Imf ; ma un automorfismo è suriettivo e pertanto G = Imf =< y >.
Per quanto sopra osservato, per determinare gli automorfismi di Z12 basta
individuare i generatori e considerare le applicazioni che associano ad un fissato
generatore un generatore. Poichè Z12 =< 1 >=< 5 >=< 7 >=< 11 >, gli
automorfismi richiesti sono i seguenti quattro
f1 = id : [1] → [1], f2 : [1] → [5], f3 : [1] → [7], f4 : [1] → [11].
Per determinare la struttura di Aut(Z12 ) = {f1 , f2 , f3 , f4 } consideriamo il pe-
riodo degli elementi, risulta f2 ◦ f2 = f1 , f3 ◦ f3 = f1 , f4 ◦ f4 = f1 e pertanto il
gruppo Aut(Z12 ) è isomorfo al gruppo quadrinomio.
Esercizio 5.6.14.
Dimostrare che se un gruppo finito (G, ·) possiede due sole classi di elementi co-
niugati allora |G| = 2 .
Soluzione - Poichè la classe coniugata dell’elemento neutro di G è E = {1G },
in G le due classi di elementi coniugati sono E e K = G − {1G } e pertanto se
a 6= 1G la classe coniugata di a è K con |K| = n − 1. Ricordiamo che il numero
degli elementi coniugati di a ∈ G uguaglia l’indice del centralizzante C(a) (vedi
teorema 5.3.7) e perciò |K| divide |G| ossia (n − 1)|n, deve allora essere n − 1 = 1
da cui n = 2.
Esercizio 5.6.15.
Sia (G, ◦) il gruppo delle applicazioni fa,b : R → R definite da fa,b (x) = ax + b con
a, b ∈ R, a 6= 0. Si verifichi che l’applicazione ϕ : G → R∗ definita da ϕ(fa,b ) = a
è un omomorfismo. Si determinino Kerϕ e Imϕ e si applichi il primo teorema di
omomorfismo per gruppi.
Soluzione - L’applicazione ϕ è un omomorfismo perchè ϕ(fa,b ◦ fc,d ) = ϕ(fac,ad+b ) =
ac = ϕ(fa,b ) ϕ(fc,d ) per ogni fa,b , fc,d ∈ G. Risulta Kerϕ = {f1,b (x) = x + b, b ∈ R}
e Imϕ = R∗ . Applicando il primo teorema di omomorfismo si ottiene l’isomorfismo
ϕ∗ : Kerϕ
G
→ R definito da ϕ∗ ([fa,b ]) = a.
Capitolo 5 Omomorfismi e Automorfismi di un gruppo 119
Esercizio 5.6.16.
Dimostrare che il gruppo simmetrico S3 è isomorfo al gruppo Aut(S3 ) dei suoi
automorfismi.
Soluzione - Siano a, b, c i tre elementi di periodo 2 (trasposizioni) di S3 e d, d−1 i
due elementi di periodo 3. Se α ∈ Aut(S3 ), α permuta i tre elementi di periodo 2,
e l’applicazione ϕ : Aut(S3 ) → S3 che associa ad α la permutazione su tre elementi
così ottenuta, è un omomorfismo. Se α e β inducono la stessa permutazione, allora
αβ −1 è l’identità su a, b, c ossia su S3 che è generato dalle trasposizioni e pertanto
α = β e Kerϕ = {1}. Ne segue che Aut(S3 ) è isomorfo ad un sottogruppo di S3 , ma
essendo Z(S3 ) = {1} ( si ricordi che S3 ≈ D3 ed essendo 3 dispari è Z(D3 ) = {id}),
S3 ha sei automorfismi interni e perciò Aut(S3 ) ≈ S3 . Da quanto dimostrato
risulta che tutti gli automorfismi di S3 sono automorfismi interni, d’altra parte ciò
si deduce anche dal primo teorema di omomorfismo perchè essendo Z(S3 ) = {1}
S3
si ha S3 ≈ Z(S 3)
≈ Int(S3 ), ciò vale per ogni Sn , n 6= 2, 6.
CAPITOLO 6
In questo capitolo si illustra e si studia un metodo per costruire, sotto certe ipo-
tesi, un gruppo a partire da gruppi dati. Lo stesso metodo permette di 00 scompor-
re 00 un gruppo abeliano nel prodotto di suoi sottogruppi e di caratterizzare tutti i
gruppi abeliani finiti.
1. Definizioni e Proprietà
Considerati due gruppi (A, ·), (B, ∗), nel prodotto cartesiano A×B = {(a, b) | a ∈
A, b ∈ B} si può definire la seguente operazione “◦”:
(a, b) ◦ (c, d) = (a · c, b ∗ d) , per ogni a, c ∈ A e per ogni b, d ∈ B
Esempio 6.1.1.
(1) Siano A = (Z2 , +) e B = (Z3 , +). Il prodotto esterno è dato da
Z2 × Z3 = {([0], [0]), ([0], [1]), ([0], [2]), ([1], [0]), ([1], [1]), ([1], [2])}.
Il periodo degli elementi di Z2 × Z3 è rispettivamente 1, 3, 3, 2, 6, 6. Si è
ottenuto un gruppo ciclico di ordine 6 e pertanto Z2 × Z3 ' Z6 .
(2) Siano A = Z2 e B = Z4 . Il prodotto esterno è costituito da 8 elementi,
poichè non esiste nessun elemento di periodo 8, non si tratta del gruppo
ciclico di ordine 8 e pertanto Z2 × Z4 Z8 .
120
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 121
φ : A 7−→ A
a 7−→ (a, 1B )
Analogamente B risulta un sottogruppo di A × B isomorfo al gruppo B nell’iso-
morfismo:
ψ : B 7−→ B
b 7−→ (1A , b)
Quanto ora osservato ci assicura che se il gruppo G è prodotto diretto esterno
dei gruppi A e B, allora G si può sempre considerare (a meno di isomorfismi)
prodotto diretto di due suoi sottogruppi. Per questo motivo la trattazione di questo
argomento è limitata al caso di gruppo prodotto diretto di suoi sottogruppi.
Prima di dare la definizione di gruppo come prodotto diretto di suoi sottogrup-
pi, osserviamo che, per come definiti, i sottogruppi A e B sono tali che:
(1) A / (A × B), B / (A × B) ;
(2) A ∩ B = (1A , 1B ) ;
(3) (a, b) = (a, 1B ) ◦ (1A , b) per ogni (a, b) ∈ A × B.
Nota 6.1.3. Nella definizione ora posta, la (2) e la (3) possono essere sostituite
dall’unica condizione
(I) Ogni elemento di G si scrive in uno ed un sol modo come prodotto di un
elemento di A1 per un elemento di A2 .
Infatti se valgono (2) e (3) allora è unico il modo di esprimere g ∈ G come
g = a1 a2 con a1 ∈ A1 e a2 ∈ A2 perchè se g = a1 a2 e g = b1 b2 si ha a1 a2 = b1 b2 da
cui b−1 −1 −1 −1 −1 −1
1 a1 = b2 a2 con b1 a1 ∈ A1 e b2 a2 ∈ A2 e perciò b1 a1 = b2 a2 ∈ A1 ∩ A2
e per (2) si ha b−1 −1
1 a1 = 1 e b2 a2 = 1 e pertanto a1 = b1 e a2 = b2 .
Viceversa se vale (I) allora vale (3) e vale (2) perchè se esistesse x ∈ A1 ∩ A2
con x 6= 1, l’elemento x ∈ G si potrebbe scrivere in due modi diversi come prodotto
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 122
Esempio 6.1.4.
Sia C6 = {a0 , a1 , a2 , a3 , a4 , a5 } il gruppo ciclico di ordine 6 e siano C2 = {a0 , a3 }
e C3 = {a0 , a2 , a4 } i suoi sottogruppi di ordine rispettivamente 2 e 3. Risulta
C6 = C2 × C3 .
Definizione 6.1.5. Un gruppo (G, ·) si dice prodotto diretto dei suoi sotto-
gruppi A1 , A2 , . . . , An , e si scrive G = A1 × A2 × . . . × An , se:
(1) Ai / G, i = 1, 2, . . . , n;
( i61≤i≤n
Q =r
(2) Ar ∩ Q Ai ) =< 1 > per ogni r, 1 ≤ r ≤ n;
(3) G = 1≤i≤n Ai .
Esempio 6.1.8.
(1) Il gruppo (Z, +) non può essere prodotto diretto di due suoi sottogruppi
non banali perchè l’intersezione di due suoi qualunque sottogruppi non si
riduce mai al solo elemento neutro (aZ ∩ bZ = mZ con m = m.c.m.(a, b)).
(2) Il gruppo simmetrico S3 non può essere prodotto diretto perchè possiede
un solo sottogruppo normale non banale (vedi anche Esercizio 6.2.3).
(3) Il gruppo diedrico D4 non può essere prodotto diretto perchè due qualun-
que sottogruppi normali non banali di D4 hanno intersezione che non si
riduce al solo elemento neutro perchè contiene sempre l’elemento a2 .
(4) Il gruppo Z12 è isomorfo al prodotto diretto Z3 ×Z4 . Infatti i due sottogrup-
pi H = {[0], [4], [8]} e K = {[0], [3], [6], [9]} sono (ovviamente) normali,
l’ intersezione è il solo elemento neutro [0] e sono tali che Z12 = H + K.
Inoltre, H ∼= Z3 e K ∼ = Z4 .
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 124
Esempio 6.1.11.
(1) C30 ' C2 × C3 × C5 .
(2) C24 C4 × C6 , anzi C4 × C6 non è nemmeno ciclico perchè se C4 =< x >
e C6 =< y > si ha che C4 × C6 possiede due diversi sottogruppi di ordine
due: S = {(1, 1), (x2 , 1)} e T = {(1, 1), (1, y 3 )} e pertanto C4 × C6 non
può essere ciclico.
Per descrivere la struttura dei gruppi abeliani finiti, iniziamo con il dimostrare il
Teorema di Frobenius-Stickelberg che caratterizza i gruppi abeliani finiti di ordine
la potenza di un numero primo.
Sia n ∈ N∗ , n = pa11 pa22 · · · pat t . Per contare quanti sono i gruppi abeliani G di
ordine n, posto G = Ap1 × Ap2 × · · · × Apt con |Api | = pai i , i = 1, . . . , t, occorre
vedere in quanti modi si riesce a fattorizzare ogni Api come prodotto di gruppi
ciclici (di ordine pri ) ossia si deve contare in quanti modi si può scrivere
Api = Zpi1 × Zpi2 × · · · × Zpis . Deve essere
i i i
Esercizio 6.2.4.
Descrivere tutti i gruppi abeliani di ordine 48.
Soluzione - Poichè 48 = 24 · 31 , ogni gruppo abeliano G con |G| = 48 risulta
scomposto nel prodotto diretto G = A2 × A3 con |A2 | = 24 , |A3 | = 31 . Tutti
i possibili gruppi G si ottengono considerando tutte le possibili fattorizzazioni
di A2 e di A3 . Poichè τ (4) = 5 le possibili fattorizzazioni di A2 sono cinque:
Z24 ; Z23 × Z21 ; Z22 × Z22 ; Z22 × Z21 × Z21 ; Z21 × Z21 × Z21 × Z21 . Poichè τ (1) = 1
per A3 si ha una sola possibilità: Z3 . Tutti i possibili gruppi abeliani G di ordine
48 sono pertanto 5 · 1 = 5 e precisamente
• G ≈ Z16 × Z3 ≈ Z48 ;
• G ≈ Z8 × Z2 × Z3 ;
• G ≈ Z4 × Z4 × Z3 ;
• G ≈ Z4 × Z2 × Z2 × Z3 ;
• G ≈ Z2 × Z2 × Z2 × Z2 × Z3 .
Esercizio 6.2.5.
Determinare quanti sono i gruppi abeliani G di ordine 1620 ed elencarli.
Soluzione - Poichè 1620 = 22 · 34 · 5, ogni G con |G| = 1620 risulta scomposto nel
prodotto diretto
G = A2 × A3 × A5 con |A2 | = 22 , |A3 | = 34 , |A5 | = 5
e τ (a1 ) = τ (2) = 2, τ (a2 ) = τ (4) = 5, τ (a3 ) = τ (1) = 1.
Quindi il numero totale di gruppi abeliani di ordine 1620 è τ (2)τ (4)τ (1) = 2 × 5 ×
1 = 10.
Le diverse fattorizzazione di A2 sono: Z22 , Z21 × Z21 .
Le diverse fattorizzazione di A3 sono: Z34 , Z33 × Z3 , Z32 × Z32 , Z32 × Z31 × Z31 ,
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 127
A2 × A3 × A5 G, |G| = 1620
Esercizio 6.2.6.
Descrivere tutti i gruppi abeliani di ordine 1365.
Soluzione - Risulta 1365 = 3 · 5 · 7 · 13. Ogni gruppo abeliano G di ordine 1365
si fattorizza nelle seguenti componenti primarie:
G = A3 × A5 × A7 × A13 , con |A3 | = 3, |A5 | = 5, |A7 | = 7, |A13 | = 13.
Risulta necessariamente G = Z3 × Z5 × Z7 × Z13 ; si tratta del gruppo ciclico di
ordine 1365. Dunque esiste un solo gruppo abeliano di ordine 1365.
Esercizio 6.3.1.
Provare le seguenti affermazioni
(1) (Q∗ , ·) è prodotto diretto di (Q∗+ , ·) e di ({1, −1}, ·).
(2) (C, +) = (R, +) × (iR, +) è prodotto diretto.
(3) (C∗ , ·) = (R+ , ·) × (Γ, ·) è prodotto diretto, con Γ = {z ∈ C | |z| = 1}.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 128
Esercizio 6.3.2.
Siano p e q numeri primi e p 6= q. Determinare il numero di sottogruppi del gruppo
G = Zp × Zq .
Soluzione - Sia z = (x, y) ∈ G; poichè p primo, tutti gli elementi di Zp diversi
dall’elemento neutro hanno periodo p. Analogamente ogni elemento di Zq diverso
dall’elemento neutro ha periodo q e pertanto se z = (x, y) ∈ G con x 6= 0q , y 6= 0q ,
si ha o(z) = pq e pertanto | < z > | = pq e dunque < z >= G.
Se z = (x, 0q ), x 6= 0p , si ha A =< z >= Zp × {0q }. Se z = (0p , y), y 6= 0q ,
si ha B =< z >= {0p } × Zq . In questo modo sono stati descritti tutti i possibili
sottogruppi di G; sono quattro compresi i due sottogruppi banali: < (0p , 0q ) >,
G, A ' Zp , B ' Zq .
Esercizio 6.3.3.
Dimostrare che il gruppo simmetrico S3 non è prodotto diretto di due suoi sotto-
gruppi propri.
Soluzione - Supponiamo sia S3 = K × H con K e H sottogruppi propri di S3 .
Poichè |S3 | = 6, per il teorema di Lagrange |K| e |H| dividono 6 e quindi |K| e
|H| possono essere solo 3 e 2 e perciò K e H sono ciclici e quindi abeliani. Ne
seguirebbe S3 abeliano e ciò è assurdo.
Più semplicemente si può affermare che S3 non è prodotto diretto di sottogruppi
perchè ha un solo sottogruppo proprio normale: A3 .
Esercizio 6.3.4.
Sia G un gruppo abeliano, non ciclico, di ordine 9. Dimostrare che G ' Z3 × Z3 .
Soluzione - Sia x ∈ G, x 6= 1, e sia H =< x >. Poichè G è non ciclico si ha
o(x) = 3 e |H| = 3. Analogamente considerato y ∈ G − H e K =< y >, si
ha |K| = 3 ed inoltre K * H e perciò H ∩ K = {1} e K ⊂ HK da cui segue
HK sottogruppo di G. Per il teorema di Lagrange |HK| > 3 divide |G| = 9 e
pertanto HK = G. Essendo G abeliano, i sottogruppi H e K sono normali e
quindi G = H × K prodotto diretto, con H ' Z3 ' K.
Esercizio 6.3.5.
Dimostrare che, se G è un gruppo ciclico di ordine n2 , esso non è isomorfo al
prodotto diretto esterno H × H dove H è un gruppo ciclico di ordine n.
Soluzione - Anzittutto ricordiamo che un gruppo ciclico finito di ordine r possiede
un ( ed un solo ) sottogruppo ciclico di ordine s per ogni s divisore di r, perciò G
possiede un unico sottogruppo ciclico H di ordine n.
Sia H =< x >; il gruppo H × H possiede almeno due sottogruppi di ordine n
ciclici: A =< (1, x) > e B =< (x, 1) >. I gruppi G e H × H non possono quindi
essere isomorfi.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 129
Esercizio 6.3.6.
Sia p un numero primo. Si calcoli il numero dei sottogruppi del gruppo Zp × Zp .
Soluzione - Poichè |Zp ×Zp | = p2 , ogni sottogruppo proprio di Zp ×Zp ha ordine p
e quindi è ciclico. Siano H e K due sottogruppi propri distinti. Allora H ∩K = {0}
e quindi ogni elemento x 6= 0 di Zp ×Zp è contenuto in un solo sottogruppo proprio
di Zp × Zp . Poichè Zp × Zp ha p2 − 1 elementi x 6= 0 e poichè ogni sottogruppo
proprio contiene p − 1 elementi diversi da 0, si deduce che il numero di sottogruppi
2 −1
propri di Zp × Zp è pp−1 = p + 1.
Esercizio 6.3.7.
Determinare il centro dei gruppi H = C2 × D3 e K = Q8 × Z3 .
Soluzione - L’elemento (a, b) ∈ Z(H) se e solo se per ogni (x, y) ∈ H risulta
(a, b)(x, y) = (x, y)(a, b), ossia ax = xa e by = yb per ogni x ∈ C2 e per ogni
y ∈ D3 . Dunque il centro Z(H) è il prodotto diretto del centro di C2 e del centro di
D3 e poichè Z(C2 ) = C2 = {1, a} e Z(D3 ) = { 1̄ } si ha Z(H) = {(1, 1̄), (a, 1̄)}.
Analogamente poichè Z(Q8 ) = {1, −1} e Z(Z3 ) = Z3 = {0̄, 1̄, 2̄} si ha Z(K) =
{(1, 0̄), (1, 1̄), (1, 2̄), (−1, 0̄), (−1, 1̄), (−1, 2̄)}.
Esercizio 6.3.8.
Determinare la struttura di tutti i possibili gruppi di cardinalità 8.
Soluzione - Distinguiamo due casi:
1◦ caso) |G| = 8, G abeliano. Essendo un gruppo abeliano, G è il prodotto
diretto di gruppi ciclici e quindi si hanno le seguenti possibilità: G ' Z8 ,
G ' Z4 × Z2 , G ' Z2 × Z2 × Z2 .
2◦ caso) |G| = 8, G non abeliano. Come noto esistono i gruppi G ' Q8 (qua-
ternioni) e G ' D4 (diedrico). Dimostriamo che non ci sono altri gruppi
di ordine otto non abeliani. Ricordiamo che il periodo di un qualunque
elemento di G è 2 oppure 4 oppure 8 perchè sappiamo che deve dividere
l’ordine del gruppo. Sicuramente in G non esistono elementi di periodo
otto (altrimenti G sarebbe ciclico e quindi abeliano); inoltre gli elementi
diversi dall’elemento neutro non possono avere tutti periodo due perchè
in tal caso G sarebbe abeliano (infatti se x = x−1 per ogni x ∈ G − {1},
si ha xy = (xy)−1 = y −1 x−1 = yx). Sia dunque x ∈ G un elemento di
periodo quattro; allora si osservi che in G anche l’elemento x3 ha periodo
quattro e pertanto in G gli elementi di periodo quattro devono essere in
numero pari ossia sono 2 oppure 4 oppure 6.
– Se in G vi sono esattamente due elementi di periodo 4 allora ogni
elemento y ∈ G− < x > è di periodo 2 (essendo o(x) =o(x3 ) = 4)
e poichè xy ∈ G− < x > si ha o(xy) = 2 da cui xy = yx e
xr y = yx4−r , r = 0, 1, 2, 3 e pertanto G è isomorfo al gruppo diedrico
D4 .
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 130
Gruppi Risolubili
1. Derivato di un gruppo
Definizione 7.1.1. Sia (G, ·) un gruppo; per ogni coppia (a, b) di elementi di
G si definisce commutatore di (a, b) l’elemento k(a, b) = b−1 · a−1 · b · a.
Per indicare il commutatore k(a, b) a volte si scrive semplicemente [a, b].
(Se si usa la notazione addittiva allora [a, b] = −b − a + b + a)
Nota 7.1.4.
• La non abelianità di G è tutta racchiusa in G0 . Così come tutta l’abelianità
di G è racchiusa nel centro Z(G).
• G0 =< 1 > ⇐⇒ G è abeliano, ossia G0 =< 1 > ⇐⇒ G = Z(G).
• Il derivato G0 di G è il più piccolo sottogruppo di G che contiene tutti i
commutatori.
G
(2) Sia H E G e H abeliano; per ogni a, b ∈ G si ha aH · bH = bH · aH,
abH = baH, b a baH = H da cui b−1 a−1 ba ∈ H. Dunque H contiene
−1 −1
(2) Caso n ≥ 5.
Per n ≥ 5, An è semplice (vedi teorema 4.2.3) quindi i suoi sottogruppi
normali sono solo quelli banali, deve allora essere Sn0 = An oppure Sn0 =
< id. >. Se Sn0 =< id. > allora Sn abeliano e ciò per n ≥ 5 è assurdo.
Rimane dunque provato che per n ≥ 5 risulta Sn0 = An .
(3) Caso n = 4.
1 2 3 4 1 2 3 4
Consideriamo α, β ∈ S4 , con α = eβ= .
2 3 1 4 1 3 2 4
1 2 3 4
Si ha α−1 · β −1 · α · β = ∈ S 0 4 e α−1 · β −1 · α · β è un
2 3 1 4
3-ciclo e dunque per il teorema 4.2.2 si ha S40 = A4 perchè S40 contiene un
3-ciclo ed è un sottogruppo normale di A4 .
(4) Caso n ≤ 3.
Per n = 3 da Sn0 ⊆ An segue |S30 | = 1 oppure |S30 | = 3. Se fosse |S30 | = 1
sarebbe S3 abeliano e ciò è assurdo e pertanto deve essere |S30 | = 3 ossia
S30 = A3 .
Per n ≤ 2 si ha banalmente Sn0 = An =< id. >.
2. Risolubilità di un gruppo
Esempio 7.2.2.
• Ogni gruppo abeliano è risolubile perchè G0 =< 1 >.
00
• Il gruppo dei quaternioni è risolubile perchè G =< 1 >.
Esempio 7.2.4.
(1) Se (G, ·) è risolubile allora il gruppo G ed i suoi derivati formano una serie
normale: G . G0 . · · · . G(i) . · · · . G(r) =< 1G >.
(2) In S4 consideriamo i sottogruppi H1 = {id., (1 2)(3 4), (1 3)(2 4), (1 4)(2 3)}
e H2 = {id., (1 2)(3 4)}. Allora S4 B H1 B H2 B < id. > è una serie
subnormale ma non è una serie normale perchè H2 5 S4 .
G
Teorema 7.2.6. Sia (G, ·) un gruppo; H / G tale che H e H
siano risolubili.
Allora G è risolubile.
0
Dimostrazione. Essendo H / G si ha che ( H ) = (GH·H) ; infatti considerato
G 0
un qualunque commutatore di H G
, si ha [g1 H g2 H] = (g2 H)−1 (g1 H)−1 g2 Hg1 H =
Hg2−1 Hg1−1 g2 Hg1 H e poichè gi H = Hgi perchè H è normale in G, si ha
0
Hg2−1 Hg1−1 g2 Hg1 H = g2−1 g1−1 g2 g1 H ∈ GHH . Sempre per la normalità di H in G
G 0 0
si ha [g1 H g2 H][g3 H g4 H] = [g1 g2 ][g3 g4 ]H e pertanto ( H ) = GHH . Procedendo per
G (r) (G(r) ·H) G
induzione su r si ottiene ( H ) = H
. Per ipotesi H è risolubile, allora esiste
(n)
∗
n ∈ N tale che G (n)
(H ) =< 1 > ossia (G H ·H) =< 1 > e
quest’ultima ugualianza
comporta G ⊂ H. Per ipotesi H è risolubile allora esiste un m ∈ N∗ tale che
(n)
H (m) =< 1 >; risulta allora G(n+m) =< 1 > e quindi G è risolubile.
Esempio 7.3.5.
Il gruppo Q8 dei quaternioni è risolubile perchè |Q8 | = 23 .
Nel prossimo teorema enunciamo altri due risultati importanti per lo studio dei
gruppi finiti e per la loro classificazione. In questa trattazione le dimostrazioni
non vengono riportate per la loro complessità.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 138
Teorema 7.3.7.
(1) Un gruppo di ordine pm q n con p, q numeri primi, m, n ∈ N, è risolubile
(teorema di Burnside).
(2) Ogni gruppo finito di ordine dispari è risolubile (teorema di Feit-Thomson).
Si osservi che dal teorema di Feit-Thomson (1960), segue che se G è un grup-
po semplice finito, allora G è ciclico di ordine primo oppure è non abe-
liano ed ha ordine pari. Infatti se G è semplice, finito, abeliano allora è ciclico
di ordine primo (perchè semplice abeliano implica che non ha sottogruppi e dunque
vale il teorema 2.6.3); se G è semplice, finito, non abeliano, esso non può avere
ordine dispari perchè se così fosse non potrebbe essere semplice perchè G0 sarebbe
sottogruppo normale di G con G0 6= G.
Esercizio 7.4.1.
Sia Dn il gruppo diedrico. Dimostrare che Dn è risolubile e determinare Dn0 .
Soluzione - Sia Dn = {1, a, a2 , ..., an−1 , b, ba, ..., ban−1 } e sia Cn =< a >. Il gruppo
Cn è ciclico (abeliano) di indice 2 in Dn e pertanto è un sottogruppo normale di
Dn . Il gruppo quoziente D Cn
n
è di ordine 2 e perciò è abeliano. Da Cn C Dn , D n
Cn
abeliano segue Dn0 ≤ Cn e pertanto Dn0 è ciclico (e quindi abeliano) generato da
una potenza di a. Dalla abelianità di Dn0 segue Dn00 =< 1 > e pertanto Dn è
risolubile.
Per determinare Dn0 studiamo come sono i commutatori di Dn0 :
• [ai aj ] = a−j a−i aj ai = 1 perchè Cn è commutativo;
• [ai baj ] = a−j ba−i baj ai = a−j ai bbaj ai = a−j ai aj ai = a2i ;
• [bai baj ] = a−j ba−i bbaj bai = a−j ai bbbba−j ai = a−j ai a−j ai = a2(i−j) .
dunque i commutatori sono espressi come potenze di a2 e pertanto Dn0 ⊆< a2 >.
Ma a2 = [a1 baj ] ∈ Dn0 e perciò < a2 >⊆ Dn0 e dunque Dn0 =< a2 >.
Ad esempio D60 = {1, a2 , a4 }, D90 = {1, a1 , a2 , a3 , a4 , a5 , a6 , a7 , a8 }.
Esercizio 7.4.2.
Sia (G, ·) un gruppo tale che |G| = 2p2 , p primo. Dimostrare che G è risolubile
perchè G00 =< 1 >.
Soluzione - Per il teorema di Sylow G possiede un sottogruppo di ordine p2 , sia
H. Il sottogruppo H è di indice 2 in G e perciò è normale in G ed è abeliano
G G
perchè |H| = p2 (vedi teorema 5.3.11); inoltre H è abeliano perchè | H | = 2. Da
H C G e H abeliano segue G ⊆ H da cui segue G abeliano e quindi G00 =< 1 >
G 0 0
e pertanto G è risolubile.
Ad esempio il gruppo Q8 dei quaternioni è risolubile perchè |Q8 | = 2 · 22 .
Capitolo 7 Gruppi risolubili 139
Esercizio 7.4.3.
Sia (G, ·) un gruppo tale che esiste α ∈ Aut(G) con la proprietà α 6= id., α(x) = x
oppure α(x) = x−1 . Dimostrare che G è risolubile.
Soluzione - Sia H = {x ∈ G | α(x) = x}. Si ha H 6= G perchè α 6= id. e H risulta
sottogruppo di G.
(1) Dimostriamo che H è normale in G. Banalmente, per ogni g ∈ H e per
ogni h ∈ H si ha g −1 Hg = H. Per ogni g ∈ G − H e per ogni h ∈ H è
gh ∈ / H e quindi α(gh) = (gh)−1 ma anche α(gh) = α(g)α(h) = g −1 h e
quindi (gh)−1 = g −1 h, h−1 g −1 = g −1 h, g −1 hg = h−1 ∈ H ossia g −1 hg ∈ H
per ogni g ∈ G − H e per ogni h ∈ H. Rimane così provato che H è
sottogruppo normale di G perchè g −1 Hg = H per ogni g ∈ G e per ogni
h ∈ H.
(2) Dimostriamo che H è abeliano e quindi risolubile. Fissato g ∈ / H, l’ap-
plicazione φg : H → H definita da φg (h) = g −1 hg è un automorfi-
smo di H perchè per ogni h1 , h2 ∈ H risulta φg (h1 h2 ) = g −1 h1 h2 g =
g −1 h1 gg −1 h2 g = φg (h1 )φg (h2 ). Per quanto dimostrato in (1) si ha g −1 hg =
h−1 ossia φg (h) = h−1 per ogni h ∈ H e pertanto si ha φg (h1 h2 ) =
(h1 h2 )−1 = h−1 −1 −1 −1
2 h1 ma anche φg (h1 h2 ) = φg (h1 )φg (h2 ) = h1 h2 da cui
h−1 −1 −1 −1
2 h1 = h1 h2 ossia h1 h2 = h2 h1 per ogni h1 , h2 ∈ H. Si conclude H
abeliano e H risolubile.
G
(3) Dimostriamo che H è abeliano e quindi risolubile.
• Se g1 , g2 ∈ H allora g1 Hg2 H = H = g2 Hg1 H.
• Se g1 ∈ H e g2 ∈ / H allora essendo H normale in G si ha g2−1 h1 g2 ∈ H,
g1 g2 = g2 h con h ∈ H e pertanto g1 Hg2 H = g1 g2 H = g2 hH =
g2 Hg1 H.
• Se g1 , g2 ∈ / H distinguiamo due casi. Sia g1 g2 ∈ / H; si ha g1 g2 = g2 g1
−1 −1
perchè da α(g1 g2 ) = α(g1 )α(g2 ) = g1 g2 e α(g1 g2 ) = (g1 g2 )−1 =
g2−1 g1−1 segue g1−1 g2−1 = g2−1 g1−1 da cui g1 g2 = g2 g1 e pertanto g1 Hg2 H =
g1 g2 H = g2 g1 H = g2 Hg1 H. Sia g1 g2 ∈ H; allora, per quanto dimo-
strato nel caso precedente, non può essere g2 g1 ∈ / H e perciò g2 g1 ∈ H
G
da cui g1 Hg2 H = g1 g2 H = H = g2 g1 H = g2 Hg1 H. Si conclude H
abeliano e quindi risolubile.
G
Da H C G, H risolubile e H risolubile segue G risolubile (teorema 7.2.6).
CAPITOLO 8
Reticoli
Esempio 8.1.2.
(1) N∗ = N \ {0}, (N∗ , ≤) è un insieme parzialmente ordinato rispetto alla
relazione “a ≤ b se a | b” (relazione di divisibilità);
140
Capitolo 8 Reticoli 141
Si osservi che se x, y sono confrontabili esiste sempre inf(x, y) e sup(x, y). Preci-
samente se x ≤ y si ha inf(x, y) = x e sup(x, y) = y.
Esempio 8.1.4.
I seguenti insiemi parzialmente ordinati sono reticoli:
(1) (N∗ , ≤), a ≤ b se a | b.
(2) (S, ≤), S = {s | s = ∅ oppure s punto o retta di un piano affine π, oppure
s = π}={sottospazi di un piano affine π}, a ≤ b se a è sottospazio di b.
(3) (P(I), ≤) , P(I) insieme delle parti dell’insieme I, A ≤ B se A ⊆ B.
(4) (S(G), ≤), S(G) è l’insieme di tutti i sottogruppi del gruppo G, H ≤ K
se H ⊆ K.
(5) (D(n), ≤), D(n) insieme dei divisori di un fissato numero naturale n 6= 0,
x ≤ y se x | y, inoltre inf{x, y} = M CD(x, y) e sup{x, y} = mcm(x, y).
Definizione 8.1.7. Sia L un insieme non vuoto e siano “∨” e “∧” due ope-
razioni in L. La struttura (L, ∨, ∧) è detta reticolo se per ogni a, b, c ∈ L si
ha:
(1) a ∨ b = b ∨ a (1’) a ∧ b = b ∧ a (leggi commutative)
(2) a ∨ (b ∨ c) = (a ∨ b) ∨ c (2’) a ∧ (b ∧ c) = (a ∧ b) ∧ c (leggi associative)
(3) a ∨ (a ∧ b) = a (3’) a ∧ (a ∨ b) = a (leggi assorbimento)
(4) a ∨ a = a (4’) a ∧ a = a (leggi idempotenza)
Esempio 8.1.8.
(1) Sia L = D(n) l’insieme dei numeri naturali divisori di n ∈ N∗ . Per ogni
a, b ∈ L sia a ∧ b = M CD(a, b) e a ∨ b = mcm(a, b). (L, ∨, ∧) è un reticolo.
(2) Sia L = S(G) l’insieme di tutti i sottogruppi di un gruppo G. Per ogni
H, K ∈ S(G) sia H ∨K =< H ∪K > il più piccolo sottogruppo contenente
H e K e sia H ∧ K il gruppo intersezione di H e K. (S(G), ∨, ∧) è un
reticolo.
(3) Sia L = SN (G) l’insieme dei sottogruppi normali di un gruppo G. Rispet-
to alle operazioni ∨ e ∧, rispettivamente di unione e intersezione gruppale,
(SN (G), ∨, ∧) è un reticolo.
(4) Sia A un insieme finito. L’insieme L = P(A) di tutti i sottoinsiemi di A è
un reticolo rispetto alle operazioni di intersezione di insiemi e unione di
insiemi : (P(A), ∪, ∩).
Nota 8.1.9.
• Gli assiomi della definizione 8.1.7 non sono indipendenti perchè (4) e (40 )
sono conseguenze di (3) e (30 ); infatti a ∨ a = a ∨ [a ∧ (a ∨ b)] = a,
a ∧ a = a ∧ [a ∨ (a ∧ b)] = a. Si è comunque soliti riportare la definizione
di reticolo come sopra per ragioni storiche.
• Le operazioni di ∧ e ∨ di un reticolo L non sono da confondersi con
le operazioni di unione e intersezione insiemistica.
Legge di dualità
Se nella definizione di reticolo (L, ∨, ∧) si scambiano i simboli di ∨ e ∧ gli assiomi
che vi figurano non cambiano. Questo comporta che se in un reticolo vale la
proprietà P allora nel reticolo vale anche la proprietà duale P d ottenuta da P
scambiando i simboli di ∨ e ∧.
Capitolo 8 Reticoli 143
2. Sottoreticoli
Come per tutte le strutture algebriche, anche per il reticolo si può definire la
nozione di sottoreticolo.
Esempio 8.2.2.
(1) Sia L = D(60) l’insieme dei numeri naturali divisori di 60, sia a ∧ b =
M CD(a, b) e a ∨ b = mcm(a, b) per ogni a, b ∈ L. (L, ∨, ∧) è un reticolo.
• Sia L0 = {1, 3, 5, 20}; L0 non è un sottoreticolo di L perchè 3 ∨ 5 ∈
/ L0 .
• Sia L00 = {1, 2, 3, 6}; L00 è un sottoreticolo di L.
(2) Sia L = S(G) l’insieme dei sottogruppi di un gruppo G. Per ogni H, K ∈
S(G) sia H ∨ K =< H ∪ K > il più piccolo sottogruppo contenente H
e K e sia H ∧ K l’intersezione di H e K. (S(G), ∨, ∧) è un reticolo ma
non è un sottoreticolo del reticolo P(G) delle parti di G. Infatti l’unione
insiemistica H ∪ K di P(G) è, di norma, inclusa propriamente nell’unione
gruppale H ∨ K di S(G).
(3) Sia L = SN (G) l’insieme dei sottogruppi normali di G. Rispetto all’u-
nione e alla intersezione gruppale, (SN (G), ∨, ∧) è un reticolo che risulta
sottoreticolo del reticolo (S(G), ∨, ∧) dei sottogruppi di G.
Sia (L, ∨, ∧) un reticolo finito; poichè si può definire in L una relazione 00 ≤00
di ordine parziale, la struttura del reticolo può essere descritta mediante un dia-
gramma. Gli elementi di L si rappresentano come punti del piano cartesiano con
le seguenti convenzioni:
• se x ≤ y, scegliamo l’ordinata di x minore di quella di y;
• se x ≤ y e non esiste z tale che x ≤ z ≤ y, x 6= y, x 6= z, y 6= z, allora si
collega x con y mediante un segmento.
Nota 8.3.1. Due reticoli finiti sono rappresentabili con lo stesso diagramma
se e solo se sono isomorfi.
Nota 8.3.2. Per capire se un diagramma rappresenta un reticolo occorre sta-
bilire se esistono il sup e l’inf degli insiemi formati da due elementi non collegati
direttamente, perchè se gli elementi sono collegati il sup è quello con ordinata
maggiore e l’inf è quello con ordinata minore.
Esempio 8.3.3.
(1) P (I) insieme delle parti di I = {1, 2, 3} è un reticolo rispetto alla relazio-
ne 00 ⊆00 di inclusione e si visualizza con il seguente diagramma:
?
{1,2,3}
???
??
? ?
{1,2}{1,3} ??{2,3}
?? ??
?? ??
?
? ?
{1} ?? ?? {3}
?? {2}
??
??
?
∅
d
???
??
b
??
? c
??
??
??
??
a
Capitolo 8 Reticoli 146
42
??
???
14 6
?? ??
??
? 21
?? ??
? ?
2 3
??? ???
??
?? 7
??
??
1
1
???
??
2
??
? 3
OOO
OOO ooooo
oOoO
4 ooo
ooo OOOOO 5
??
??
??
??
6
(5) Il diagramma non rappresenta un reticolo perchè non esiste inf {b, c}
a
??
???
??
?
b c
(6) Il diagramma rappresenta un reticolo perchè gli unici elementi non colle-
gati direttamente sono 3 e 4 ma sup {3, 4} = 2 e inf {3, 4} = 5
1
2
???
??
3
??
? 4
??
??
??
??
5
Capitolo 8 Reticoli 147
1
???
??
2
??
? 3
4
??
??
??
??
5
1 5
???
??
2 3
??
? 4
??? ??
??
?? ??
3
?? ??
? 4
??
?? 2
??
??
5 1
(10) I due reticoli aventi i seguenti due diagrammi sono sia isomorfi sia antiso-
morfi.
?? ??
??? ???
? ?
?? ??
? ?
?? ??
??? ???
? ?
?? ??
?? ??
?? ??
?? ??
? ?
(11) Sia L il reticolo delle parti di A = {x, y}; sia D (15) il reticolo dei divisori
di 15 con a ∨ b = mcm (a, b) e a ∧ b = M CD (a, b). Dimostrare che i due
reticoli sono isomorfi.
A 15
? ?
??? ???
?? ??
x 5 3
?? y ??
?? ??
?? ??
?? ??
?? ??
∅ 1
(12) Sia L il reticolo delle parti di A = {1, 2, 3} e sia D (30) il reticolo dei
divisori di 30 rispetto le usuali relazioni. Dimostrare che i due reticoli
sono isomorfi.
Soluzione - I reticoli sono isomorfi perchè sono rappresentati da dia-
grammi uguali.
30 {1,2,3}
?
?
??? ???
?? ??
15 10
?? ?? ? ?
?? {1,2}{1,3} ??{2,3}
6
?? ?? ?? ??
? ? ?? ??
5 2 ?
??? ??? ?
{1} ?? ?? {3}
?
?? ?? {2}
?? 3 ??
?? ??
?? ?
1 ∅
(13) Sia f un omomorfismo non biiettivo fra due reticoli. Dimostrare che se
a ≤ b allora f (a) ≤ f (b) , ma non vale il viceversa.
Soluzione - Ricordiamo che a ≤ b se a ∧ b = a. Se a ≤ b risulta
f (a ∧ b) = f (a) e per le proprietà dell’omomorfismo f (a ∧ b) = f (a) ∧
f (b); pertanto f (a) ∧ f (b) = f (a) e quindi f (a) ≤ f (b).
Dimostriamo che non vale il viceversa portando un controesempio:
1 a
f
? *
???
??
2 3
??
??
??
??
??
4 b
Nota 8.4.3.
(1) Se (L, ∨, ∧) è un reticolo modulare allora lo è anche ogni suo sottoreticolo
(L0 , ∨, ∧) . Infatti l’unione e l’intersezione in L0 coincidono con l’unione e
l’intersezione degli stessi elementi in L.
(2) Il reticolo I rappresentato dal seguente diagramma di Hasse è detto reti-
colo pentagonale. E’ un reticolo non modulare.
d
oooo ???
oo ??
c oo ooooo ??
??
??
??
??
e
??
b
OOO
OOO
OOO
O
OOO
a
Esempio 8.4.5.
• Il reticolo P (I) delle parti di un insieme è modulare.
• Il reticolo D(n) dei divisori di n ∈ N∗ è modulare.
• Il reticolo dei sottospazi di un piano proiettivo π è modulare.
• Il reticolo dei sottospazi di un piano affine π ∗ non è modulare.
Capitolo 8 Reticoli 151
In un reticolo, una condizione più forte della modularità è la validità delle leggi
distributive.
Esempio 8.4.10.
• Ogni insieme totalmente ordinato è un reticolo distributivo.
• Il reticolo P (I) delle parti di un insieme è un reticolo distributivo.
• Il reticolo dei sottospazi di un piano proiettivo π non è distributivo.
?
mostrato nella nota successiva.
???
??
?
??
??
??
??
?
c
???
??
b e
??
? d
??
??
??
??
a
Nota 8.5.2.
(1) Ricordando che in ogni reticolo si può definire una relazione di ordine
parziale (a ≤ b se a ∧ b = a o, equivalentemente, a ∨ b = b) si ha che:
• lo zero di un reticolo, se esiste, è il minimo del reticolo;
• l’unità di un reticolo, se esiste, è il massimo del reticolo.
(2) Ogni reticolo finito ha l’elemento zero e l’elemento unità.
(3) Se due reticoli L e L0 sono isomorfi allora L ha zero (risp. unità) se e solo
se L0 ha zero (risp. unità).
(4) Se due reticoli L e L0 sono antisomorfi allora L ha zero (risp. unità) se e
solo se L0 ha unità (risp. zero).
Definizione 8.5.3. Sia (L, ∨, ∧) un reticolo dotato di zero e di unità. Per ogni
x ∈ L si chiama complemento di x ogni elemento x̄ ∈ L tale che x ∧ x̄ = 0 e
x ∨ x̄ = 1.
Nota 8.5.5.
(1) Se x̄ è complemento di x allora x è complemento di x̄.
(2) Gli elementi 0 e 1 sono uno il complemento dell’altro.
(3) Ogni insieme totalmente ordinato finito con più di due elementi contiene
elementi che non ammettono complemento.
Esempio 8.5.6.
(1) Il reticolo rappresentato dal seguente diagramma è univocamente comple-
1
mentato.
???
??
x
??
? y
??
??
??
??
0
Capitolo 8 Reticoli 154
Esempio 8.5.10.
(1) Il reticolo (P(I), ≤) delle parti dell’insieme I è un’algebra di Boole.
Consideriamo (P(A) reticolo rispetto alla relazione A ≤ B se e solo se
A ⊆ B. (P(I), ≤) è un’algebra di Boole, infatti:
• A ∧ (B ∨ C) = (A ∧ B) ∨ (A ∧ C) per ogni A, B, C ∈ P(I).
• Sia 0 = ∅ e 1 = I, allora per ogni B ∈ P(I) risulta B ∨ ∅ = B e
B ∧ I = B. Inoltre ogni elemento A ∈ P(I) ha come complemento
l’insieme complementare I −A perchè A∧(I −A) = ∅, A∨(I −A) = I.
(2) Il reticolo pentagonale e il reticolo trirettangolo non sono algebre di Boole
perchè non sono reticoli distributivi.
Esercizio 8.6.1.
Dimostrare che (N∗ , ≤) è un reticolo rispetto alla relazione 00 x ≤ y se e solo se
esiste z ∈ N∗ tale che zx = y 00 .
Esercizio 8.6.2.
Sia A = {1, 2, 3, 4, 12}. Si considerino in A l’usuale relazione 00 ≤00 e la relazione di
divisibilità. Dire quali delle due relazioni risulta di ordine totale.
Esercizio 8.6.3.
Sia E = {1, 3, 5, 6, 10, 15, 30} e sia 00 ≤00 la relazione di divisibilità. Tracciare il
diagramma di Hasse di (E, ≤) e verificare che (E, ≤) non è totalmente ordinato.
Esercizio 8.6.4.
Siano (E, ρ) e (F, σ) due insiemi parzialmente ordinati rispettivamente dalle rela-
zioni ρ e σ. Sia τ la relazione in E × F definita da
(x, y)τ (x0 , y 0 ) ⇔ xρx0 e yσy 0
• Dimostrare che τ è una relazione d’ordine.
• Dimostrare che se τ è una relazione d’ordine totale allora anche ρ e σ sono
di ordine totale, mentre il viceversa non è sempre vero.
• Siano E = {2, 3, 4}, F = {1, 5, 7}, ρ la relazione di divisibilità, σ la
relazione 00 ≤00 . Tracciare il diagramma di Hasse di (E × F, τ ).
Esercizio 8.6.5.
Dimostrare che l’insieme dei sottogruppi normali di un gruppo G è un sottoreticolo
del reticolo dei sottogruppi di G.
Esercizio 8.6.6.
Dimostrare che l’insieme F delle applicazioni di un insieme qualsiasi E in un retico-
lo distributivo R formano un reticolo distributivo rispetto al seguente ordinamento
f ≤ g ⇔ f (x) ≤ g(x) per ogni x ∈ E
Esercizio 8.6.7.
Dimostrare che ogni omomorfismo trasforma un reticolo distributivo in un reticolo
distributivo.
Esercizio 8.6.8.
Dimostrare che ogni omomorfismo trasforma un reticolo modulare in un reticolo
modulare.