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NEL
LA ZONA
IN MEMORIA DI
DEL
Arsenij Tarkovskij
FIGLIO Cinque poesie
E DEL tradotte da
Amedeo Anelli
PADRE
Michele Passalacqua
LA ZONA
Un poemetto, sette icone e uno scritto
in memoria di Andrej Tarkovskij
1986 - 2004
Molti anni sono trascorsi dalla morte prematura di Andrej Tarkovskij. Nulla è stato di-
menticato, e quel passato è una sorgente. Il poemetto La Zona è nato dalle ceneri arden-
ti del grande regista russo. Tarkovskij non è stato soltanto un regista cinematografico,
ma un autentico maestro di quella verità speciale e rara che è la vita poetica, forte testi-
monianza etica di una certezza lirica: c’è un silenzio profondissimo, nella vita; un padre
silenzio, intimo e “intraducibile”, che ci ordina di essere innocenti e assoluti, come goc-
ce d’acqua che risuonano nell’abbandono “religioso” di una pura attenzione.
Chi è? Cosa vede? Cosa ascolta? Nella verde dismisura della natura, una coscienza pani-
ca, viandante tra boschi e acquitrini, percepisce gli elementi visibili e invisibili del pae-
saggio come riflessi dell’Altrove, bisbiglio di icone ondeggianti. La natura che scioglie
e consola, mediatrice tra l’angosciosa interrogazione storica e l’apparire “sghembo” del
sacro, dell’immortalità. È la grande madre natura (la grande madre Russia!), memoria
nel corpo, nel bàttito e nel respiro di una vicinanza struggente: la madre perduta, l’in-
fanzia lontanissima. Madre vastità, grande spazio di affetti e afflizioni, selvaggia no-
stalgia di una luminosa tenerezza che c’infonde la forza e le parole per non soccombere
al sogghigno dei barbari, all’incubo del mondo.
Là ci sono voci che, dall’abisso naturale del silenzio, sorgono mormorando alla nostra
nuca racconti di una bellezza che toglie il respiro: essenza dolorosa, macerata e feconda,
che ci è necessaria come l’aria e il pane. È la bellezza che ordina la semplicità del gesto
eroico, l’impresa da compiere, il sacrificio ineludibile, la parola decisiva: l’uomo non è
più un animale spaventato, la maschera miserabile dell’io predato e predatore, ma la
stele di uno spirito che risponde e attraversa il male, l’umiltà e lo stile di una divina im-
personalità. Senza quel silenzio, senza quelle voci, l’uomo è condannato all’infamia di
una infelicità improduttiva e divorante, impoetica e distruttiva, dove l’unica realtà è la
stupidità sociale organizzata in funzione di una ottusa sopravvivenza “scientifica”, e fi-
nalizzata alla violenza dell’indifferenza, alla normalità quotidiana del suicidio di mas-
sa.
Primavera 2004
LA FORZA DI IVÀN
La lucentezza incolore
della fine: una bambina
d’acqua cupa, fredda,
che guarda la guerra.
Diluvia la notte, corrono
grandi alberi bianchi,
e ridendo cade la stella,
la testa nel pozzo
di un altro mondo.
Le dita sono
beate, protese
alla radura immobile,
dove il dio di una folata
sciama tra due sguardi:
la mente è un attimo prodigio.
Amedeo Anelli
Arsenij Tarkovskij
OXOTA
LA CACCIA
Barrisco.
Mi recidono i tendini.
Mi ficcano la canna del fucile nell’orecchio.
1944
KORE
1958
KÓPA
TERRESTRE ЗEMHOE
Se il destino avesse voluto
che fossi nato nella stessa culla degli dei,
la balia celeste mi avrebbe nutrito
del latte divino delle nuvole,
1960
1962
Как Иисус
OSPEDALE DA CAMPO
1964
ПΟЛЕВΟЙ ГΟСПИΤΑЛЬ
Notizie
TARKOVSKIJ ARSENIJ (Elizavetgrad, 1907 - Mosca, 1989), uno dei più grandi poeti e traduttori russi del
Novecento, pur avendo scritto poesie fin dalla prima giovinezza, ha dovuto attendere l’era del disgelo
e l’anno 1962 perché finalmente potesse essere pubblicata una sua raccolta: Pered snegom (Neve immi-
nente).
È accusato di misticismo fin dalla fine degli anni venti ed è ritenuto nocivo, pericoloso, proprio in vir-
tù del suo talento - dunque da non stampare né divulgare - alla vigilia di quella che doveva essere la
pubblicazione del suo primo volume (1946). Ennesima condanna da parte di un regime che, nello stes-
so tempo, insignisce il capitano Tarkovskij dell’Ordine della Stella Rossa per aver combattuto eroica-
mente per il suo paese, in una guerra dalla quale ritorna mutilato (1941-1943).
La fede incrollabile nella verità della poesia e nell’eternità della vita (non riducibili alle convulsioni
della storia, né tantomeno al realismo socialista) gli ha permesso di attraversare il lungo inverno so-
vietico senza sporcare l’icona della propria anima. Così, dopo il 1962 e fino all’anno della morte, ve-
dranno la luce altre nove raccolte. La Russia comunista non lo può più ignorare e, nel 1987, lo onora
con l’Ordine della Bandiera Rossa per il Lavoro.
Negli ultimi anni di vita, sopporta un’ultima, grande ferita: quella di sopravvivere al figlio Andrej
Tarkovskij. Quel figlio che, ereditando e trasmettendo la sostanza immortale delle sue parole, aveva
contribuito non poco alla conoscenza internazionale della sua poesia.
TARKOVSKIJ ANDREJ (Zavraž’e, 1932 - Parigi, 1986), nasce in un villaggio, sulle rive del Volga, oggi
quasi del tutto scomparso in un lago artificiale: l’acqua, mito originario e onnipresente nei suoi film,
custodisce e dissolve i luoghi felici e leggendari della prima infanzia. I luoghi del famoso “cascinale”,
dove andava in villeggiatura con la sorellina Marina e i genitori giovani e felici. La magia di quell’età
dell’oro ritornerà, dolorosa e trasfigurata, nel film Lo specchio (1974).
Dopo la separazione dei genitori, Andrej resta con la madre, Maria Višniakova Tarkovskaja, stabilen-
dosi a Mosca. La forza, la religiosità, la cultura della madre, saranno fondamentali per la formazione
di Andrej, così come la costante “presenza” poetica del padre, pur fisicamente assente, anche a causa
della guerra, per lunghi periodi.
Studia arte figurativa, musica, arabistica, geologia. Come geologo raccoglitore parte per una spedizio-
ne in Siberia, al termine della quale, nel 1954, torna a Mosca per iscriversi al VGIK, prestigioso Istituto
Cinematografico, dove studia regia. Le diverse passioni culturali di un giovane brillante e irrequieto,
trovano finalmente una via certa per esprimersi e, nel 1960, si diploma.
Dal 1962 al 1979 realizza, nonostante il crescente ostracismo delle autorità sovietiche, cinque film con-
siderati, dalla critica internazionale, cinque vette della cinematografia mondiale. Nel 1982, Andrej è in
Italia per girare il suo sesto lungometraggio, Nostalghia, e in quest’occasione matura lo strappo defini-
tivo che lo allontanerà dal suo paese. Dopo aver realizzato l’ultimo film, Sacrificio, si spegne esule a
Parigi alla fine del 1986.
PASSALACQUA MICHELE è nato nel 1952 a Santeramo in Colle (Bari). Dal 1980 al 1995 ha vissuto e lavo-
rato a Milano. Risiede nel paese di origine e lavora in una biblioteca di Bari.
Ha pubblicato due raccolte poetiche. Altri testi sono sparsi su riviste, antologie, etc. Dal 1985 al 1995 ha
lavorato ad un ciclo di opere pittoriche, allestendo mostre personali e partecipando ad alcune colletti-
ve. Ha pubblicato materiali critici, artistici e letterari, su vari periodici. Ha collaborato, con interventi
critici o creativi, alla cura e all’organizzazione di mostre d’arte.
Per la definizione dell’inserto, sono stati utilizzati ed elaborati due ritratti fotografici di Arsenij Tar-
kovskij ed uno di Andrej Tarkovskij, nonché alcuni dettagli di fotogrammi, anch’essi rielaborati, tratti
dai seguenti film di Andrej Tarkovskij: Solaris (1972), Lo specchio (1974), Stalker (1979). Per informa-
zioni più precise in merito ai ritratti fotografici e alle fonti, si rimanda, in particolare, ai siti
www.nostalghia.com (molto ricco di immagini, documenti e aggiornamenti internazionali sull’opera
del regista), www.tarkovskij.altervista.org (sito italiano, in costruzione, ma già ricco di materiali) e
www.tarkovskij.com (sito in costruzione dell’Andrei Tarkovsky International Institute).
I testi del poemetto La Zona si articolano su sfondi e campiture elaborati a partire dai sette quadri di
Michele Passalacqua che accompagnano, nella versione originaria, i testi stessi (La cosa è grigia - Per
Milo De Angelis, 1986; L’iconoclasta, 1989-1990; Blu fuoco di Persefone, 1993; Autoritratto I - Le notti
bianche, 1988-1990; Luogo innato, 1988-1990; L’angelo della vertigine II, 1991; Caput mortuum, 1989-
1990). Le soluzioni grafiche-immaginali del presente inserto sono relative al progetto specifico, nell’
ambito della rivista «incroci» – www.incrocionline.wordpress.com. La versione originaria, testi e imma-
gini a colori, è visibile sul sito della rivista e all’indirizzo www.myspace.com/micheledellerma, oltre ad
essere disponibile in forma di plaquette, a richiesta, sul sito www.ilmiolibro.it.
L’inserto è stato curato da Michele Passalacqua, con la collaborazione di Amedeo Anelli e la supervi-
sione di Lino Angiuli.
Bibliografia essenziale
Andrej Tarkovskij, Scolpire il tempo, a cura di Vittorio Nadai, Ubulibri, Milano 1988.
Arsenij Aleksandrovič Tarkovskij, Poesie scelte, a cura di Gario Zappi, Libri Scheiwiller, Milano 1989.
Arsenij Tarkovskij, La steppa e altre poesie, a cura di Amedeo Anelli e Stefania Sini, Via del Vento
Ed., Pistoia 1998.
Lorenzo Pompeo, I due Tarkovskij: la poesia di Arsenij e il cinema di Andrej, in “Controluce”, 1999, 11.
Andrej Tarkovskij, Diari: martirologio, 1970-1986, a cura di Andrej A. Tarkovskij, trad. di Norman
Mozzato, Ed. della Meridiana, Firenze 2002.
Andrej Tarkovskij, Luce istantanea, a cura di G. Chiaramonte e Andrej A. Tarkovskij, introduzione di
T. Guerra, Ed. della Meridiana, Firenze 2002.
Andrej Tarkovskij, L’Apocalisse, trad. di Andrej A. Tarkovskij, Ed. della Meridiana, Firenze 2005.
Lo specchio della memoria, foto di Lev Gornung e Vladimir Muraško, testi di Andrej e Arsenij Tarko-
vskij, Ed. della Meridiana, Firenze 2007.
Paola Pedicone, Aleksandr Lavrin, I Tarkovskij: padre e figlio nello specchio del destino, Tracce Ed., Pe-
scara 2008.