You are on page 1of 7

“Forse l’uso del computer potrà allontanare i bambini da alcune realtà ma

certamente li avvicinerà ad altre. Dobbiamo ricordarci che un tempo la società era


strutturate in modo diverso, i bambini crescevano in un nucleo familiare ampio,
compatto e solido, dove potevano imparare ascoltando e comunicando costantemente
con i nonni, gli zii, i cugini, oltre che con i genitori. Era un modo molto bello di
imparare, forse il più sano e naturale, ma quella realtà oggi non esiste più. La scuola è
un luogo di alienazione, non una alternativa in grado di dare alle relazioni
interpersonali la coesione di cui hanno bisogno. Sono convinto, invece, che
l’educazione tecnologica riproduca alcune caratteristiche dell’ambiente familiare e crei
un contesto stimolante in cui il modo di apprendere è simile a quello di molto tempo
fa. L’uso del computer fa avvicinare i bambini fra loro, non li isola”

"Io penso che la scuola si fondi sul modello di una linea di produzione in cui si
mettono delle conoscenze nella testa delle persone… Adesso i ragazzi non hanno più
bisogno di acquisire nozioni in questo modo, e con la moderna tecnologia
dell'informazione possono imparare molto di più facendo, possono imparare facendo
ricerca da soli, scoprendo da soli. Il ruolo dell'insegnante non è quello di fornire tutte
le parti della conoscenza ma di fare da guida, di gestire le situazioni molto difficili, di
stimolare il ragazzo, forse, di dare consigli…"

"E io penso che il miglior modo per farlo è quello di creare, all'interno delle
scuole, delle situazioni in cui i ragazzi seguono le loro passioni col cuore, portano
avanti progetti a cui sono veramente interessati, fanno scoperte prendendo da
Internet le informazioni di cui hanno bisogno, lavorano insieme, realizzano cose
difficili. L'insegnante li consiglia, li guida"

Relazione di Giuseppina De Rosa

Tecnologie dei media digitali

del prof. Graziano Cecchinato

Seymour Papert, già negli anni sessanta, parlava di usare i pc come

strumenti per migliorare la qualità dell'apprendimento e stimolare la

creatività nei bambini . Infatti fu nel suo laboratorio che i bambini ebbero per

la prima volta la possibilità di utilizzare il computer per scrivere e per fare

grafica.
Papert vive nel Maine, ed oggi è considerato il principale esperto

mondiale su come la tecnologia può fornire nuovi modi per imparare.

Oggigiorno i computer e le altre tecnologie sono presenti in tutti gli

ambiti della nostra vita quotidiana, nelle scuole questi strumenti stanno

diventando sempre più comuni: certo siamo ancora lontani da “un computer

per ogni bambino” ma siamo comunque sulla strada giusta per arrivare a

comprendere che senza l’utilizzo di queste “nuove” tecnologie la scuola è

perdente nei confronti della società.

“La scuola”, dice Papert, “è un luogo di alienazione” e ancorché di

forte impatto, questa definizione ci trova purtroppo in completo accordo con

lui. A distanza di quasi mezzo secolo dalle prime affermazioni di Papert

siamo ormai convinti che la scuola diventa alienante nel momento stesso in

cui allontana invece che avvicinare i discenti al mondo esterno. Una scuola

autoreferenziale, che non si confronta con la realtà sociale e l’esterno è gioco

forza un luogo di non piacere, un luogo cioè in cui i processi di

apprendimento finiscono con l’essere inibiti anziché incentivati. Già negli

anni sessanta Seymur Papert considerava, ad esempio i videogiochi come il

primo esempio di tecnologia informatica applicata alla produzione di

giocattoli e considerava i videogiochi il primo approccio dei bambini al

mondo del computer.

Egli scrive: ". Al momento l'uso più efficace che è stato fatto del

computer ai fini di cambiare la struttura epistemologica dell'apprendimento


nei bambini è stata la creazione di micro-mondi, in cui i bambini s'impegnano

in un'attività matematica, proprio perché l'ambiente in cui si trovano immersi

impone loro l'impiego di determinate capacità matematiche. Dare ai bambini

l'opportunità di imparare e di usare la matematica in modo non formalizzato

incoraggia anziché inibire l'eventuale accettazione dei metodi formali...".

Ora noi sappiamo anche molto bene quanto l’uso di giochi didattici

renda il processo di apprendimento semplice, coinvolgente, gratificante e

rapido anche in quei casi in cui ci siano piccole (anche grosse!) difficoltà

derivanti da disturbi specifici.

Papert, con l’invenzione di Logo aprì la strada alla trasformazione

dell’utente del computer in programmatore di software, in creatore di giochi

didattici su misura e questa piccola grande rivoluzione – ancora troppo poco

praticata nelle nostre scuole – fa esattamente la differenza tra un consumatore

e un produttore di “cultura”.

Gli alunni che imparano a interagire con la tecnologia tanto da

impadronirsi delle strategie di costruzione dei programmi a loro necessari o

da loro graditi imparano a utilizzare la creatività ma soprattutto a decodificare

(e a codificare) i linguaggi di tutti i mezzi di comunicazione di massa:

imparano cioè, secondo me, a esercitare le capacità critiche e la libertà di

pensiero.

Dagli anni sessanta ad oggi , computer e tecnologie digitali sono entrate

nella quotidianità di ognuno di noi in qualsiasi ambito e in ogni contesto. Però


nella scuola , almeno in quelle di frontiera e del sud Italia, i docenti

sottoutilizzano le nuove tecnologie e ripropongono, volente o nolente, un

modello educativo sempre più avulso dalla realtà, sempre meno rispondente ai

meccanismi mentali degli alunni a cui si rivolge.

L’esperienza personale, a questo punto della riflessione, emerge con

prepotenza in quanto, essendo io docente di matematica nella scuola primaria,

promotrice della creazione di una piccola aula multimediale e convinta

sostenitrice del’idea che l’uso del computer sia una grossa risorsa a favore

della crescita individuale, della stimolazione della creatività e della curiosità,

del potenziamento di risorse intellettive e un volano per gli apprendimenti, mi

trovo a lavorare in un plesso scolastico in cui manca perfino la connessione

alla rete internet!

Per tornare al tema di questa relazione, anche alla luce della mia

personale esperienza di docente credo di poter affermare che il computer è un

buon mezzo per aumentare la motivazione degli alunni nei confronti della

scuola e questo porta i bambini a essere più attenti al proprio lavoro e di

conseguenza a distrarsi di meno dalle consegne. Per i disturbi specifici di

apprendimento, come la dislessia o la disgrafia, o problemi di coordinazione

fine motoria, il computer offre il vantaggio di agevolare la scrittura

aumentando la possibilità di compiere riflessioni metalinguistiche e

autocorrezioni, evitando al contempo l’ansia da prestazione e la frustrazione


che la sanzione dell’errore invece creano nei compiti eseguiti in maniera

tradizionale.

Da quanto detto emerge che la scuola dell’obbligo, per adempiere a uno

dei suoi compiti centrali, formare ed educare persone in grado i inserirsi

adeguatamente nel contesto sociale e culturale al quale appartengono, deve

confrontarsi con la necessità inderogabile di interfacciarsi con le nuove

tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).

Va però chiarito che tale necessità andrà affrontata con l’insegnamento

di un uso consapevole ed eticamente fondato dei nuovi mezzi, un uso che aiuti

gli allievi nella costruzione della conoscenza, dal momento che per un uso

strumentale e funzionale sembra funzionare egregiamente il principio

dell’auto-apprendimento o dell’apprendimento tra pari.

Le ICT nella scuola hanno fatto da tempo il loro ingresso attraverso

porte diverse e coinvolgendo tutte le componenti scolastiche, tuttavia gli

insegnanti che le hanno adottate quale supporto per la preparazione dei

materiali didattici non sono ancora, a mio giudizio la maggior parte né tutti gli

alunni sono supportati adeguatamente ad un uso consapevole.

Visto poi che il computer rappresenta uno strumento con il quale quasi

tutti hanno una certa familiarità, è alquanto incomprensibile il motivo per cui

se ne limiti l’uso rispetto al compito principale attribuito alla scuola e la

stranezza è alimentata anche dalla constatazione delle potenzialità che queste


nuove tecnologie offrono, pur considerandone alcuni limiti, proprio per

sostenere e sviluppare l’apprendimento linguistico.

Le nuove tecnologie dunque usate in modo opportuno possono

sostenere e amplificare le abilità cognitive riferite alle competenze

linguistiche e comunicative degli allievi, si tratta dunque di trovare una

modalità per sfruttare adeguatamente le potenzialità presentate da queste

nuove tecnologie. Per quanto riguarda per esempio la videoscrittura ho

personalmente osservato che presenta potenzialità interessanti come

“supporto digitale perennemente riscrivibile” e ciò la configura come una

palestra formidabile per gli alunni che devono familiarizzare con la scrittura

non solo sotto il profilo formale, ma anche sotto quello cognitivo, ben più

interessante, della elaborazione mentale del testo. Le attività in cui

l’integrazione delle nuove tecnologie con il lavoro didattico quotidiano può

costituire un fondamentale valore aggiunto, non si limitano alla produzione

del testo, ma investono tutte le abilità e le competenze alle quali mira la

scuola: dalla lettura e comprensione, alla riflessione linguistica, all’oralità

attraverso la comprensione e l’ascolto che vengono favoriti proprio dalla

migliore disponibilità che l’alunno ben motivato mette nella rielaborazione e

nella condivisione del proprio lavoro agli altri. Il potenziale innovativo delle

nuove tecnologie, quindi, non è tanto insito nelle attività che si vanno a

svolgere e che possono anche non discostarsi di molto da quelle realizzate con

metodologie tradizionali, ma è contenuto nell’approccio tecnico,


metodologico, a tali attività e ai contenuti in esse presenti. La metodologia

realizzata attraverso l’uso del computer incide non tanto sul prodotto (in

questo caso abbiamo fatto l’esempio del testo) ma sul processo che porta alla

elaborazione di quel prodotto, alla visibilità, alla divulgazione e alla

successiva manipolabilità che il prodotto stesso continua ad avere e che non è

paragonabile a quella ottenuta con tecniche di insegnamento tradizionale.

Per concludere ritengo quindi che l’apporto di Papert per la “scoperta”

del mondo digitale applicato all’educazione e le successive legiferazioni che

hanno introdotto nella scuola le ICT siano una delle più importanti

innovazioni degli ultimi 50 anni perché vanno molto al di là del piano

educativo – che già di per sé basterebbe a giustificarne l’uso – ma vanno a

incidere profondamente con l’interazione della scuola con il contesto culturale

e sociale in cui la scuola e gli alunni sono immersi, implicando un piano

cognitivo che prevede emergenza di nuove forme di pensiero.

You might also like