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Memoria
sull'Artiglieria
Napoletana
1837
"Mermoria economico-amministrativa sulla prima direzione di artiglieria (arsenale di costruzione) dimostrante i
rapporti fra le spese ed i prodotti dell'esercizio 1835, non che le valutazioni dei lavori costruiti durante l'esercizio
stesso", in Antologia Militare, II, n. 3, 1837, pp. 70-95.
Landi, Nicola, (1786-1836), all. alla Nunziatella (1796), alfiere d’art. (1801), ten. con Masséna (1806), cap. ADC di
Tugny (1809), in missione amministrativa presso le truppe nap. in Germania (F a Dresda), CB sotto dir. delle ferriere
e della R. fabbrica di canne della Mongiana (1814-16), ODS (1813). Landi Nicola, Sul nuovo sistema di campagna
adottato dall'artiglieria napolitana nel 1835, per Nicola Landi tenente colonnello di artiglieria e direttore dell' arsenale
di costruzione, Napoli, Stamperia dell'Aquila, 1838. http://nascidinuovo.xoom.it/fraienco/mongiana/mongstory.htm V. Ilari,
Crociani, Boeri, Storia Militare del Regno Murattiano, II, capp. 21 e 22; III cap. 38, § B.
Annali Civili delle Due Sicilie, XI, sett.-ott. 1834, pp. 148-150.
Da Annali Civili deller Due Sicilie, 1836, vol. XI, fasc. XXI, mag.-giu., pp. 82-84
Appendice 5
• Arsenali, manifatture d’armi e ferriere. – BELTRAMI, E., «La fonderia di Napoli», in Italia artistica e
industriale, Roma, 1893-94, I, fasc. V. «CENNI storici della Fonderia di Napoli», in Rivista d’artiglieria e
genio, Roma, 1890, III, pp. 296-300. CIMINO, Silvio, «La Manifattura Reale di Mongiana», in Armi Antiche,
bollettino dell’Accademia di San Marciano, Torino, 1977, pp. 177-196. ID., «La Real Fabbrica d’armi bianche
di Sparanise», in ABITA, Salvatore (cur.), Le armi al tempo dei Borbone, mostra–evento di Pizzofalcone, 13
giugno–31 luglio 1998, promossa dalla Regione Campania (Assessorato al Turismo) – Procura Militare della
Repubblica –Regione Militare Meridionale – Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Napoli,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, pp. 99-104. ID., «Per la ‘linea’ di Re Gioacchino», in Diana Armi,
giugno 2006, pp. 8-11. DE STEFANO MANNO, B. e G. MATACENA, Le Reali Ferriere ed officine di Mongiana,
Napoli, 1979. MARZANO, M., La Real Fabbrica d’Armi in Torre Annunziata, Salerno, 1992. RUBINO, Gregorio
E., «La Real Fabbrica d’Armi a Torre Annunziata e l’opera di Sabatini, Vanvitelli e Fuga (1753-1773)», in
Napoli Nobilissima, XIV, 1975, nn. 5/6, pp. 101-118. ID., Archeologia industriale e Mezzogiorno, Roma,
1978, pp. 47-119 (industria siderurgica di Stilo e Mongiana). ID, «L’artiglieria e le fabbriche d’armi al tempo
di Carlo Filangieri di Satriano», in ABITA, Salvatore (cur.), Le armi al tempo dei Borbone, Napoli, E. S. I.,
1999, pp. 19-56. Vincenzo Falcone, Le ferriere di Mongiana. Un'occasione mancata, cittàcalabria edizioni,
2007. pp. 194 ISBN 978-88-88948-48-5
MERCOLEDÌ 24 MARZO 2010
Ferriera di Mongiana - Calabria - Un esempio che dice tutto sull'unità d'Italia
Di Pino Aprile
da La Stampa di Lunedì 19 Gennaio 2009, pag.19
L’Unità d’Italia uccise la più grande acciaieria del Sud “Artigiani del ferro qui a mongiana? Nemmeno uno. Dopo quel che gli hanno
fatto…”. Il dottor Vito Scopacasa, cardiologo, è sindaco del paese. “Qui c’erano le più grandi e moderne acciaierie d’Italia, sino al
1860”, spiega Sharo Gambino, da poco scomparso, cantore delle Serre calabresi. “Importavano maestranze bresciane, tecnici inglesi,
francesi, svizzeri, tedeschi, in aggiunta ai locali”. Ora, non un fabbro, dov’erano sino a 1500 operai siderurgici.
L’Unità d’Italia comportò smantellamento e svendita (come ferrovecchio) degl’impianti, fine d’una tradizione millenaria, migrazione
nel bresciano, a Terni, negli Stati Uniti, in Canada.“E adesso potremo raccontarlo”, dice il dottor Scopacasa. “Fatto questo, smetterò
di fare il sindaco”.“Questo” è recuperare gli stabilimenti, farne un museo, ridare vita e memoria a Mongiana. Per messa in sicurezza
degli ambienti, acquisto di arredi e materiali sono arrivati 600mila euro dalla Regione Calabria(dai beni culturali, mai niente). “In
estate dovremmo avere i turisti al museo. Lo gestirà una Fondazione privata, il comune avrà funzioni di controllo. Ci sono voluti 34
anni”.L’Orgoglio
Come racconti il quieto orgoglio di questo professionista, mentre entra, fra due storiche colonne di ghisa, nella fabbrica risorta;
mostra l’area-altiforni, dove, in estate, hanno fatto concerti? “Gente che non si è mai mossa da Mongiana non sapeva cosa c’era qui:
e fabbrica, altiforni sono fra le case di periferia! Rimozione mnemonica. Si è voluto dimenticare, per difesa di un dolore troppo forte.
Non tutti ci sono riusciti. “Sorse la ferriera, più di 200 anni fa, poi il paese”, ricordava la signora Marisa Tripodi, originaria di
Mongiana(amministrava una fonderia a Lumezzane, Brescia).“Chiuso lo stabilimento, iniziò a morire il paese. Lo lasciai a 19 anni,
negli anni sessanta, Un secolo prima, spenta la ferriera, partirono per le Americhe solo uomini, chè speravano del ritorno. Noi no: via
a famiglie intere; ci chiudevamo la porta alle spalle e un’altra casa restava muta. Mia nonna e la mia bisnonna lavoravano in ferriera.
La campana della chiesa annunciava la paga.
Noi mongianesi sradicati ci siamo ritrovati nelle fonderie del bresciano: 150 famiglie di Mongiana, circa 500 persone, solo a
Lumezzane che è ormai la vera Mongiana, per noi delle Serre: quella originale, nel parlare comune, è ridotta a “Mongianella”. Le
nostre migliori forze e intelligenze le abbiamo spese lontano. Mi dispiace non averlo fatto per il mio paese. E’ un rammarico, sa?
Un rammarico che sfiora la colpa: ma cosa potevamo fare?”Si sale a Mongiana, dallo Jonio o dal Tirreno, per strade, storte e strette;
sul fianco di monti instabili, distanze che il tempo dilata. Era il più ricco distretto minerario e siderurgico del Regno delle Due Sicilie.
I Fenici già producevano ferro qui; nei 900 anni prima dell’Unità, la siderurgia fù l’industria delle Serre, alimentata da minerali
ferrosi di queste rocce, tecnici e operai locali, energia ricavata da boschi, cadute d’acqua e carbon fossile del posto. Solo Cesare
Fieramosca, fratello scemo di Ettore, (l’eroe della disfida di Barletta), che ebbe in feudo l’intero distretto siderurgico, non seppe che
farsene.Ci capitò nel 1974, l’architetto Gennaro Matacena, napoletano, specialista in archeologia industriale e restauro
monumentale(suo il recupero delle Fonderie Medicee di Follonica): “Mi impressionarono le colonne di ghisa. In paese, nessuno
ricordava nulla: reticenza, imbarazzo, pudore… Dissi all’allora sindaco, Vincenzo Rullo: “Sa che lei ha un tesoro?” Lui spuntò un
finanziamento dalla Cassa per il Mezzogiorno e acquistò la parte di fabbrica divenuta privata. Nell’antica residenza del capitano-
sindaco ci indicarono una cassa: “Ci sono carte, lì…”: la pianta del paese e degli stabilimenti(poi restaurata nell’abbazia di Cava dei
Tirreni)!”I BorboniFerriere e fonderie sono sul salto dell’Alaro. “Che emozione”, dice Matacena, “rinvenire, negli archivi di
stato(grazie burocrazia borbonica!), lettere e documenti che raccontano vita e lavoro di quegli uomini”.Gli operai si sistemarono in
baracche a ridosso degl’impianti. La bidonville conquistò, pian piano, pareti di pietra, poi un prete, la chiesa, adeguamento delle
paghe, medico, farmacista, giudice di pace, esenzione della leva militare per gli operai e la prima cassa mutua per operai siderurgici,
al mondo, ricordano Brunello De Stefano Manno e Gennaro Matacena(prossimi direttore e presidente della Fondazione), nel loro
prezioso volume ‘Le Reali Ferriere ed Officine di Mongiana’. Gli abitanti salirono a quasi duemila. “Oggi meno della metà”, dice il
sindaco. “Si campa di foresta e Forestale”.“Attenti ai … bisogni degli operai, i Borboni fecero costruire ‘luoghi immondi’: gabinetti,
roba da signori, mica cespugli!”, narrava Gambino. “Ferdinando II si recò a Mongiana, per sancirne, con la sua presenza, l’interesse
strategico. Aveva ordinato di gettare un ponte su un torrente. “Guagliò e ‘o ponte addò sta?”, chiese al funzionario incaricato.
“L’avimme passato, maestà”. E il re: “M’avite futtuto!”L’acciaio delle Serre rese autono il Regno per la produzione di armi, i primi
ponti sospesi in ferro d’Italia, la cantieristica della seconda flotta mercantile al mondo, dopo quella inglese, e l’industria ferroviaria di
Pietrarsa: la più grande della Penisola(molti Paesi inviarono tecnici a studiarla; lo zar la fece copiare e riprodurre identica, in Russia:
sorsero così le celebrate Officine di Kronstadt; i Savoia mandarono un generale; unificato il Paese, la fabbrica fu ridimensionata e si
sparò sugli operai che protestavano: una strage).I riconoscimentiAncora nel 1861, gli acciai di Mongiana sono premiati
all’Esposizione Industriale di Firenze el’anno dopo, a quella Internazionale di Londra. Ma per Torino, la ‘Ruhr calabrese’ è da
chiudere. La scoperta genera incredulità, risentimento, protesta, poi furti, vandalismi, nei boschi compaiono i briganti, la casa del
comandante è assalita, la folla calpesta il tricolore, vota ‘no’ al referendum per l’annessione.La delusione, scrissero gli amministratori
comunali al governo, portò il crimine a un paese in cui, in un secolo, ‘possono attestarlo le Autorità civili della Provincia e le
Statistiche de’ Tribunali’, mai c’era stato ‘un delitto di sangue, non un furto, non un reato’; perché i mongianesi rispettano ‘come
sacra la legge, le persone, la proprietà e muoiono onoratamente di fame’. Esagerazioni? “L’emigrante proclamato, dagli Stati Uniti,
‘italiano più onesto d’America’ era di Mongiana”, dice il sindaco. “Mio prozio”.Gli altiforni furono spenti per sempre, le rotaie delle
miniere vendute a peso.
Il complesso ceduto a un ex-sarto e garibaldino, poi deputato, coinvolto in una truffa allo stato. Mongiana fu condannata, perché si
ritenevano sorpassati impianti siderurgici in montagna e non sul mare. Ma chiusa quella calabrese, si costruì l’acciaieria di Terni, fra
monti più lontani dal mare: lì vennero fusi i macchinari di Mongiana.Nell’ultimo appello del consiglio comunale al governo unitario,
si assicurava che gli operai erano disposti a ridursi la paga; retribuire loro, i capitecnici; e a produrre cose minime: pesi a metà del
prezzo che lo stato pagava ad altri, contatori per mulini a lire 75 l’uno. A 100 lire, ebbe l’appalto una ferriera di Torino, ma i
contatori risultarono difettosi.Ora, l’ex distretto siderurgico più grande d’italia, fa della memoria, pane.
“Museo, più indotto e centro di biodiversità della Forestale, e Mongiana”, dice il sindaco, “non risorge: nasce. Chè mò non è niente”.
http://digilander.libero.it/pinotimpani/
Mongiana, (Vibo Valentia) "Interventi per la funzionalità del Museo delle Ferriere"
anno: 2010 (in corso)
oggetto: restauro, allestimento cliente: Comune di Mongiana
NYPL. The Vinkhuijzen Collection. Image ID: 1609109 Italy. Kingdom of the Two Sicilies, 1830.
Image ID: 1609108 Italy. Kingdom of the Two Sicilies, 1830.