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Università degli Studi di Salerno

Corso di Laurea Specialistica in Informatica

Corso di Fisica e applicazioni per le tecnologie


informatiche

I Computer Quantistici

Docente: Studente:
Prof. Giovanni Costabile Giovanni Cannizzaro
Matricola
Matricola:0521/000857

Anno Accademico 2009-2010


2009
Fisica e applicazioni per le tecnologie informatiche
I Computer Quantistici

Sommario

Introduzione................................................................................................. 3
La Meccanica Quantistica .......................................................................... 4
L’Influenza della meccanica quantistica sull’informatica ....................... 7
Il Principio di indeterminazione ............................................................... 9
Il Principio di sovrapposizione ............................................................... 11
Il paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen) (entanglement) ............... 12
La fisica quantistica e il computer............................................................ 13
Dal bit al qubit......................................................................................... 14
Gli effetti quantistici applicati alle macchine di calcolo ........................ 16
Quali classi di problemi può affrontare un computer quantistico.......... 17
Crittografia assolutamente ermetica ....................................................... 19
Problemi di fisica realizzabilità .............................................................. 20
Quali prospettive e scenari futuri ............................................................. 21
Conclusioni ................................................................................................ 22
Bibliografia e Sitografia............................................................................ 24

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Fisica e applicazioni per le tecnologie informatiche
I Computer Quantistici

Introduzione

Un gruppo sempre più folto di scienziati sostiene che il futuro dell’informatica


non avrà nulla a che vedere con i vecchi microchip di silicio, ma sarà popolato
da nuove macchine raffinatissime costituite da molecole, raggi laser e
superconduttori, il cui funzionamento non dipenderà dalle leggi “classiche”
dell’elettronica, ma da quelle della meccanica quantistica. Tutti hanno più o
meno un'idea di come sia fatto, almeno esternamente, un computer, ma se si
potesse osservare un computer quantistico che cosa si vedrebbe? Certamente
qualcosa di molto diverso da un computer tradizionale. Probabilmente si
riconoscerebbero ancora uno schermo e una tastiera, ma il resto sarebbe molto
differente. Si vedrebbero dispositivi dalle forme inconsuete, come generatori di
onde elettromagnetiche o di impulsi laser o, ancora, complessi dispositivi di
raffreddamento. E i circuiti del computer quantistico, se di circuiti si può
parlare, sarebbero anch'essi profondamente diversi. La maggior parte dei
prototipi di circuiti quantistici finora realizzati, sono aggregati di atomi o
molecole, talora sospesi nel vuoto o immersi in sostanze liquide, e sottoposti a
campi magnetici o a radiofrequenze. Nulla di simile, quindi, a un tradizionale
chip all'interno del quale circolano incessantemente microscopiche correnti. Ma
la differenza è, in realtà, più profonda. Il computer quantistico non è
un'evoluzione di quello classico ma una macchina del tutto diversa. Gli odierni
computer non sono altro che realizzazioni fisiche della macchina di Turing
universale. Il computer quantistico è, invece, una macchina del tutto diversa,
che, utilizzando i principi della meccanica quantistica potrebbe affrontare
problemi che, anche in linea di principio, sarebbero insolubili per qualunque
computer classico. La questione può essere posta in termini più generali,
domandandosi quali sono i limiti di calcolo raggiungibili con un’assegnata
realizzazione fisica.

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La Meccanica Quantistica

Per comprendere la struttura di questa nuova categoria di computer


introdurremo quella branca della fisica che prende il nome di meccanica
quantistica.

La meccanica quantistica è un complesso di teorie fisiche formulate nella prima


metà del XX secolo, che descrivono il comportamento della materia a livello
microscopico, a scale di lunghezza inferiori o uguali a quelle dell’atomo o alle
energie tipiche delle interazioni nucleari, dove cadono le ipotesi alla base della
meccanica classica. Questa nuova teoria fu elaborata per spiegare alcune
contraddizioni tra modelli teorici e dati sperimentali, emerse alla fine del 1800.
Le evidenze sperimentali hanno spinto gli studiosi alla conclusione che i
fenomeni microscopici obbediscono a leggi diverse da quelle appartenenti alla
fisica classica, con le quali per lungo tempo l'umanità ha creduto di poter
spiegare tutta la realtà fisica. Difatti, dopo queste scoperte, si è scelto di
collocare da un lato i fenomeni macroscopici classici per i quali il principio di
causalità deterministica è strettamente applicabile, dall'altro i fenomeni
microscopici quantistici per i quali il principio di causalità della fisica classica
viene a cadere. Uno degli esperimenti più rilevanti fu quello sugli spettri di
emissione degli atomi, caratterizzati da una struttura discontinua, formata cioè
da righe distinte, evento non spiegabile mediante le leggi
dell’elettromagnetismo classico (ad esempio in figura gli spettri del sodio).

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Da questo esperimento scaturì il cosiddetto problema del “corpo nero”, cioè lo


spettro della radiazione emessa da un corpo caldo in funzione della frequenza,
non spiegabile attraverso le teorie classiche. Più precisamente un corpo nero è
un corpo ideale che assorbe tutte le onde elettromagnetiche che lo investono ed
emette energia sotto forma di radiazione continua di intensità crescente
all’aumentare della temperatura. Praticamente un corpo nero si ottiene con un
involucro di pareti, buone conduttrici di calore internamente annerito con
nerofumo, nell’involucro si pratica un piccolissimo foro in libera
comunicazione con l’esterno. In seguito delle riflessioni multiple sulle pareti
interne della cavità ogni radiazione che penetra attraverso questo foro è
praticamente tutta assorbita. L’elettromagnetismo classico non riusciva però a
spiegare l’emissione di energia di questo corpo, soprattutto a frequenze basse.

Nel 1900 Planck riuscì a risolvere la questione, ipotizzando che l’energia (E)
emessa da corpi fosse quantizzata, cioè fosse costituita da multipli discreti di
una quantità fondamentale (hν), detta quanto d’energia, E = hν (dove ν è la
frequenza della radiazione, h è una costante universale pari a 6,6 x 1034 Js).
Planck stesso fu quasi spaventato dal suo concetto innovativo di quanto, tanto
che lo definì una “fortunata violenza puramente matematica contro le leggi
della fisica classica”; la sua ipotesi, infatti, costituiva una vera e propria
rivoluzione concettuale, si stava passando da una logica di continuità energetica

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dei fenomeni naturali (il continuo classico di Galileo, Leibniz, Newton,


Maxwell), ad una concezione di discontinuità, in cui l’energia emessa dai corpi
poteva essere scambiata sotto forma di tanti pacchetti proporzionali alla
frequenza mediante la costante di Planck.

Nel 1905 Einstein applicò l’ipotesi quantistica per interpretare l’effetto


fotoelettrico (l’emissione di elettroni da parte di una superficie metallica
illuminata da una radiazione elettromagnetica), affermando che la radiazione
luminosa è composta da pacchetti discreti di energia che interagiscono
singolarmente con gli elettroni del metallo; Einstein ipotizzò cioè un modello
corpuscolare della luce, composta da un insieme di quanti di energia, detti
fotoni.

Nel 1913 Bohr propose un modello atomico planetario in cui gli elettroni
negativi ruotano intorno al nucleo positivo su differenti orbite discrete
stazionarie corrispondenti a diversi livelli energetici quantizzati. Questo
modello permetteva la spiegazione della struttura discreta degli spettri di
emissione: gli atomi possono scambiare energia solo mediante salti degli
elettroni tra le diverse orbite, quindi sono emesse solo righe spettrali aventi
frequenze νnm = (En - Em)/h corrispondenti alle transizioni permesse tra i livelli
energetici En ed Em tipici dell’atomo.

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L’Influenza della meccanica quantistica sull’informatica

Perché la meccanica quantistica influenza anche l’informatica? Per rispondere a


questa domanda dobbiamo fare riferimento alla legge di Moore, formulata da
Gordon Moore negli anni ’60: <<Ogni diciotto mesi la potenza di calcolo dei
processori in media raddoppia>>. Ciò è possibile grazie all’ingegno umano, i
computer sono diventati sempre più veloci perché gli ingegneri sono riusciti a
miniaturizzare sempre più i circuiti e le porte logiche che ne costituiscono il
nucleo. Se dimezziamo l’ingombro di un componente di base, ne possiamo
inserire il doppio nello stesso spazio, e quindi raddoppiare la velocità di
calcolo. In base alla legge di Moore, tra breve l’ordine di grandezza di
componenti informatici dovrebbe scendere fino a diventare quello di un atomo,
raggiungendo quindi la scala di lunghezza governata dalle leggi della
meccanica quantistica.

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Il grafico precedente mostra l’aumento del numero dei transistor nei circuiti
integrati dei computer dal 1971 al 2004: la legge ipotizzata da Moore è stata
confermata in linea di principio, anche se il ritmo di crescita è stato un po’ più
lento in quanto i processori anziché ogni 18 mesi sono raddoppiati di velocità
ogni 24 mesi.

Due sono i principi della meccanica quantistica che risultano determinanti per
un computer quantistico: il principio di indeterminazione e il principio di
sovrapposizione.

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Il Principio di indeterminazione

Questo principio fu formulato nel 1927 da Werner Heisenberg, ed esprime


l’impossibilità di conoscere nello stesso tempo con precisione assoluta la
posizione e la quantità di moto di una particella quantistica. Il principio di
indeterminazione esprime il modo in cui sono legati i livelli di precisione con
cui si possono determinare queste due grandezze complementari, una qualsiasi
misura che renda più esatto il valore di una certa grandezza, automaticamente
fa diminuire la precisione con cui si può conoscere la complementare. La
misura è nei fatti un’azione che disturba il sistema, introducendo un inevitabile
livello di indeterminazione sul valore rilevato. Ha scritto Heisenberg: <<Nella
discussione di alcune esperienze occorre prendere in esame quella interazione
tra oggetto e osservatore che è necessariamente congiunta ad ogni
osservazione. Nelle teorie classiche questa interazione veniva considerata o
come trascurabilmente piccola o come controllabile in modo da poterne
eliminare l’influenza per mezzo di calcoli. Nella fisica atomica tale ammissione
non si può fare, perché, a causa della discontinuità degli eventi atomici, ogni
interazione può produrre variazioni parzialmente incontrollabili o relativamente
gravi (I principi fisici della teoria dei quanti)>>.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg ha, infatti, delle conseguenze di


una portata vastissima, tali da sconvolgere le consolidate certezze della più
ovvia esperienza quotidiana. All'idea che gli elettroni, costituenti ultimi della
materia, siano sferette materiali di dimensioni piccolissime si deve aggiungere
la constatazione che, pur trattandosi di sferette, hanno un comportamento,
quanto meno, "diverso" da quanto ci aspettiamo. Esiste, nella fisica quantistica,
accanto al principio di indeterminazione un altro principio, noto come principio
di indiscernibilità, in base al quale le particelle microscopiche risultano
indiscernibili, ovvero le particelle elementari sono tutte identiche, tanto da non

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poter essere distinguibili le une dalle altre né con tecniche di colorazione, né


con altri sistemi.

Al principio di indeterminazione corrisponde un'altra singolare circostanza


presente nella realtà microscopica, nota come principio di complementarietà.
Secondo questo principio, esistono a livello microscopico delle proprietà
complementari tali da escludersi l'una con l'altra, nel senso che la rivelazione
dell'una, mediante esperimento, esclude la rivelazione dell'altra.

Tali proprietà possono essere, per fare un esempio, l'aspetto corpuscolare e


l'aspetto ondulatorio di una particella, che, di volta in volta, può essere rivelata
nella forma di corpuscolo o nella forma di onda, ma non potranno mai essere
percepite nella sintesi delle due forme.

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Il Principio di sovrapposizione

Questo principio afferma che i sistemi microscopici si trovano in uno stato


quantistico costituito dalla sovrapposizione, cioè dalla combinazione lineare in
termini matematici, di tutti i possibili stati in cui esso può esistere; è uno stato
non definibile secondo le regole della logica classica che rappresenta tutte le
proprietà potenziali di un sistema quantistico che viene poi determinato in
seguito ad un processo di misura. A priori si può conoscere solo la probabilità
che una misura riveli uno degli stati possibili del sistema, a chi non è mai
capitato, guardando attraverso il vetro di una finestra, di vedere non solo il
paesaggio esterno ma spesso anche la propria immagine, più o meno
nitidamente? Questo fenomeno, troppo spesso osservato con indifferenza, è in
realtà uno straordinario esempio per entrare direttamente in contatto con il
mondo quantistico. La luce, come detto in precedenza, è costituita da fotoni.
Questi ultimi attraversano il vetro per mostrare il paesaggio, ma ciò non è detto.
Il mondo quantistico delle particelle non è un mondo di certezze ma di
possibilità. Il fotone che colpisce il vetro può attraversarlo, ma può anche
esserne riflesso; il fotone ha quindi una certa probabilità di passare o no
attraverso il vetro. È proprio questo il principio di sovrapposizione, se un’entità
quantistica può assumere due valori o essere in due stati sarà in una
sovrapposizione dei due, con una probabilità non nulla di essere nell’uno o
nell’altro. In una sovrapposizione, a differenza di un miscuglio, non si può dire
che un corpo si trovi realmente in uno stato o nell’altro, la sovrapposizione
contiene tutti i casi possibili, ma non equivale ad alcuno di essi. Possiamo
concludere che lo stato di una particella è dato dalla sovrapposizione di tutti i
suoi possibili stati futuri, ciascuno “pesato” con una probabilità.

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Il paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen) (entanglement)

Le ragioni di stupore prodotte dalle scoperte della fisica quantistica sono tantissime,
al punto da portare Heisenberg a osservare che per capire la fisica quantistica bisogna
sapersi liberare del pregiudizio classico, di cui ogni essere umano è inevitabilmente
prigioniero, in quanto la fisica classica non è altro che la precisazione in termini
matematici e rigorosi dell'esperienza quotidiana del mondo fisico, necessariamente
basata su oggetti macroscopici.

Partendo dalla considerazione che lo spin (grandezza quantistica che non ha


equivalente nella fisica classica) è una grandezza conservativa, si consideri un
sistema quantistico costituito da due protoni, fra loro localmente molto vicini e con
spin totale nullo. Questa situazione corrisponde ad avere gli spin dei due protoni,
misurati lungo una direzione assegnata, orientati in sensi opposti, ovvero, se un
protone ha spin +1/2 lungo una direzione, l'altro avrà necessariamente spin -1/2
lungo la stessa direzione. Se adesso si immagina che i due protoni si allontanino
indefinitamente l'uno dall'altro fino a raggiungere enormi distanze reciproche (anche
moltissimi anni luce) si deve ammettere, per la menzionata conservazione, che la
relazione di antiparallelismo degli spin resta conservata. Pertanto, ove si effettui la
misura di una componente di spin di una delle due particelle lungo una direzione
assegnata, forzandolo in uno stato determinato, necessariamente anche la particella
lontana verrà forzata immediatamente in uno stato determinato del suo momento
angolare in modo da conservare, lungo la stessa direzione, la relazione di
antiparallelismo di partenza. Per indicare questa stretta interdipendenza fra particelle
nel mondo anglosassone viene usata l'espressione entanglement. Questa azione
istantanea a distanza è stata per lungo tempo considerata paradossale, finché J. Bell
dimostrò che lo strano effetto, anche se apparentemente paradossale, è effettivamente
verificato in natura. Si osservi che il paradosso in esame era per mettere in difficoltà
le conclusioni della fisica teorica, di fatto, così veniva argomentato, la possibilità di
avere un effetto a distanza in un tempo nullo si configura come una violazione del
cosiddetto principio di località. In realtà, il paradosso citato non viola il principio di
località, in quanto, essendo il risultato della prima misura (quella sul protone vicino)
casuale come lo è quello della seconda misura (quella sul protone lontano), non è
possibile con l'esperienza descritta, trasmettere informazione fra i due estremi e,
quindi, produrre significativi effetti a distanza.

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La fisica quantistica e il computer

Per lungo tempo non si è data molta importanza alle modalità fisiche secondo le quali
un dispositivo di calcolo viene realizzato. Soltanto recentemente, a seguito
dell'incessante progresso della tecnologia di realizzazione dei moderni computer, si è
cominciato a percepire che i principi fisici secondo cui una macchina di calcolo è
realizzata non possono non avere un impatto determinante sul suo funzionamento da
poter trasformare un problema insolubile in problema solubile. A questa seconda
possibilità cominciò subito a riflettere Richard Feynman, tentando di concepire una
macchina funzionante sulla base dei principi della fisica quantistica e aprendo in tal
modo un nuovo promettente capitolo per l'informatica. Nel 1981, al Massachusetts
Institute of Technology (MIT) si tenne un convegno che sarebbe stato il primo sul
rapporto che esiste tra fisica e computazione. Feynman presentò un trattato dal titolo
"Simulating Physics with Computers"; egli non vedeva nulla di particolarmente
eclatante nelle simulazioni approssimate della realtà fatte fino ad allora dai computer;
era invece interessato alla possibilità di ottenere una simulazione esatta attraverso un
computer che potesse fare le stesse cose che fa la natura. Feynman riteneva che la
computazione non fosse unicamente una disciplina matematica, ma anche fisica. Una
simulazione di un fenomeno su di un computer classico richiede una rappresentazione
prevedibile in modo deterministico. Feynman si domandava, infatti, fino a che punto
un computer tradizionale potesse emulare il mondo quantistico. In circa quaranta anni
di ricerche, l’argomento, ha prodotto in ambito teorico, notevoli risultati, per i quali si
attendono nel prossimo futuro interessanti riscontri sul piano delle applicazioni.
Possiamo quindi affermare che tutta la "Teoria dell’Informazione classica", così
come è impostata da C. Shannon, è in corso di revisione. La definizione tradizionale
di unità di informazione il bit che poggia inevitabilmente su assunti di tipo classico,
avendo come oggetto di riferimento un dispositivo a funzionamento classico quale un
circuito bistabile, deve essere rivista ove si faccia riferimento a oggetti a
funzionamento quantistico, quali lo spin di un elettrone o la polarizzazione di un
fotone. Accanto al bit, basato su fenomeni di tipo classico, si deve collocare il qubit,
la nuova unità di informazione basata su fenomeni quantistici. Il concetto di entropia
informativa deve essere opportunamente riveduto, diventa poi essenziale il concetto
di informazione accessibile, ovvero dell'informazione che effettivamente si riesce a
estrarre da un sistema quantistico per effetto di un'operazione di misura. Ma ciò che
da un punto di vista pratico è assai più importante, è che si inizia a valutare la
possibilità teorica di concepire sistemi fisici con i quali effettuare operazioni
impensabili con le tecniche classiche di computazione.

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Dal bit al qubit

L’informazione è fondamentalmente di natura fisica, in quanto ogni elaborazione di


dati richiede un supporto fisico. Questa affermazione, per quanto possa sembrare
ovvia, risulta molto interessante se si considera la possibilità di utilizzare supporti che
non ubbidiscono alle leggi classiche della meccanica. L’unità minima di
informazione è il bit (dall’inglese
(dall’ “binary unit”) definito come la quantità di
informazione equivalente alla scelta tra due alternative possibili. Il termine bit viene
utilizzato anche per indicare il congegno in cui l’informazione stessa viene
immagazzinata, ma in questo caso bit sta per “binary digit”, poiché il ricorso al
sistema binario è il più conveniente per gli elaboratori elettronici. La teoria
dell’informazione
ormazione è piuttosto intuitiva, il massimo numero di messaggi diversi che si
possono trasmettere utilizzando un oggetto che può trovarsi in uno di un insieme di N
stati distinguibili risulta proprio uguale a N.. Attraverso un sistema che può trovarsi
solo in 2 stati che possono essere rappresentati dalle due cifre 0 e 1, non è possibile, a
livello classico inviare più di due messaggi diversi.
diversi Se si considera
onsidera un sistema
quantomeccanico oltre allo stato e (0 e 1 sono in notazione bra-ket, usata in
meccanica quantistica per descrivere uno stato quantistico), a causa del principio di
sovrapposizione esso può trovarsi in qualsiasi combinazione lineare (a +b ,
con a e b che indicano rispettivamente la probabilità di trovarlo in uno stato o
nell’altro). Questo è un concetto poco intuitivo, per capirlo meglio possiamo fare un
esempio: il bit classico è come una moneta che una volta lanciata, cadrà a terra
mostrando inesorabilmente una delle due facce, mentre il qubit (abbreviazione di bit
quantistico) può essere immaginato come una moneta che una volta lanciata cadrà a
terra continuando a ruotare su sé stessa senza arrestarsi fino a che qualcuno non la
schiacci con una mano bloccandone la rotazione e obbligandola a mostrare una delle
due facce.
Isidor Isaac Rabi, premio Nobel per la fisica nel 1944, fu il primo a indicare il modo
attraverso il quale scrivere l’informazione in un sistema quantistico, utilizzando atomi
di idrogeno. Immaginiamo un atomo di idrogeno nello stato fondamentale, cui
corrisponda una quantità di energia E0. Per scrivere un bit 0 su questo atomo non si fa
nulla, per scrivervi 1 si eccita l’atomo portandolo a un livello energetico superiore,
E1. Ciò si ottiene immergendolo in una luce laser costituita da fotoni,
fotoni aventi energia
pari alla differenza tra E1 e E0. Se il fascio laser ha la giusta intensità ed è applicato
per un tempo appropriato, l’atomo passa gradualmente dallo stato fondamentale allo
stato eccitato perché il suo elettrone assorbe un fotone. Se l’atomo si trova già nello
stato eccitato, lo stesso impulso gli fa emettere un fotone e lo fa passare nello stato
fondamentale. In termini di registrazione di informazione,
informazione, l’impulso ordina all’atomo
all’
di cambiare, o commutare il suo bit. Se però la luce appropriata viene applicata
appli per
metà del tempo necessario a far passare l’atomo da 0 a 1, quest’ultimo si viene a
trovare in uno stato simile alla sovrapposizione dello stato corrispondente allo 0 e

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dello stato corrispondente all’1. Questo bit quantistico viene commutato solo a metà,
mentre il bit classico vale sempre 0 o 1. Un condensatore mezzo carico in un
calcolatore tradizionale provoca errori, ma un qubit mezzo commutato apre la strada
a calcoli di nuovo tipo. Per cogliere i vantaggi offerti dai qubit rispetto ai loro
equivalenti classici cominciamo con il considerare un problema estremamente
semplice, cioè quello di immagazzinare in un’opportuna collezione di bit un numero
in notazione binaria. Consideriamo come esempio un caso semplice, il numero 57,
che in notazione binaria si scrive 111001, utilizzando quindi 6 bit. Nel caso classico
utilizzeremo tutti e 6 i nostri bit e li metteremo negli stati (1)(1)(1)(0)(0)(1),
rispettivamente. In questo modo avremo immagazzinato l’informazione che ci
interessa. Supponiamo ora di avere 6 bit quantistici, e di prepararli tutti nella loro
combinazione lineare, cioè nello stato di sovrapposizione tra 0 e 1. Otterremo ben 64
stati diversi, in cui troveremo non solo il numero 57, ma tutti i numeri naturali da 0 a
63. Se volessimo memorizzare solo il 57 dovremmo sottoporre lo stato finale a
opportune manipolazioni. E’ però interessante segnalare come lo stesso numero di bit
necessari per immagazzinare, a livello classico, un numero di 6 cifre, ci consente di
disporre potenzialmente della registrazione di tutti i numeri con un massimo di 6 cifre
in notazione binaria. Con 6 qubit i 64 stati possono essere memorizzati e manipolati
contemporaneamente, grazie al principio di sovrapposizione si realizza una
“parallelizzazione” dell’elaborazione (cioè del calcolo). In generale L qubit sono in
grado di conservare 2L numeri contemporaneamente. In termini pratici, però, quando
misuriamo il contenuto di un “registro” siamo in grado di vedere solamente uno dei
numeri della sovrapposizione, ciò rappresenta sicuramente un problema nel caso di
quantistica applicata a problemi tradizionali molto semplici. Ma nel caso in cui
dovessimo effettuare un calcolo quantistico più complesso, che consista di più
passaggi, il vero vantaggio del Quantum Computing inizierebbe a manifestarsi,
quando un registro contiene una sovrapposizione di molti numeri differenti, infatti, un
calcolatore quantistico è in grado di effettuare operazioni matematiche su tutti i
numeri contemporaneamente, allo stesso costo in termini computazionali
dell’operazione eseguita su un solo numero, ed il risultato sarà a sua volta una
sovrapposizione coerente di più numeri. In altre parole è possibile eseguire un
massiccio calcolo parallelo ad un costo computazionale irrisorio rispetto a quello
richiesto dai computer tradizionali, che avrebbero bisogno, per compiere la stessa
operazione, di ripetere il calcolo 2L volte o di poter contare su 2L processori paralleli.
Ecco, quindi riassunto quello che ci offre un calcolatore quantistico, un enorme
guadagno di risorse computazionali come tempo e memoria, anche se solamente per
certi tipi di operazioni.

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Gli effetti quantistici applicati alle macchine di calcolo

Alla base del funzionamento di processi di calcolo molto promettenti stanno alcuni
degli effetti quantistici. A questo proposito, però, varrà la pena di osservare che
l'interesse per il calcolo quantistico non sta nel ripetere procedimenti e calcoli che
possono essere eseguiti dai convenzionali computer a funzionamento classico, ma nel
fatto che, mediante questa nuova tecnologia, operazioni che risultano impossibili con
la tecnica tradizionale possono diventare possibili o, quanto meno, che operazioni
eseguibili con scarsa efficienza con il calcolatore classico possono diventare molto
più efficienti con la Quantum Computing. Resta tuttavia da osservare che i problemi
sui quali si fonda la dimostrazione sono piuttosto particolari per cui la conclusione
può lasciare qualche perplessità. Fra i problemi non solubili con mezzi deterministici
ma, possibili in termini quantistici, si cita il problema della generazione di numeri
veramente casuali e il problema della fattorizzazione di numeri molto grandi, di
altissimo interesse per la crittografia. Ma sono già stati proposti algoritmi quantistici
per il problema della ricerca efficiente in database (database search problem), per il
calcolo dei cicli Hamiltoniani, per la soluzione del problema del commesso
viaggiatore e di quello dei logaritmi discreti. Infine, tutta la simulazione di fenomeni
quantistici, così importante per l'esplorazione del mondo microscopico, preclusa in
forma classica, diventa possibile con la Quantum Computing, come brillantemente
presagito dal fisico Feynman.

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Quali classi di problemi può affrontare un computer quantistico

A questo punto sorgono quasi spontaneamente due quesiti, ossia quali classi di
problemi può affrontare un computer quantistico, e, come può essere fisicamente
costruito un computer quantistico.

Si può intuire che il computer quantistico non è il tipico computer per navigare in
Internet o per inviare la posta elettronica. Allora la domanda che sorge è a cosa può
realmente essere utile. Si è già osservato che, secondo il dogma fondamentale della
computazione, nell'ambito del calcolo non esiste alcuna macchina concettualmente
più potente della macchina di Turing. Dal punto dei vista della computabilità un
algoritmo è caratterizzato anche dal numero di operazioni e dalla quantità di memoria
richieste per un dato input di dimensioni x. Questa caratterizzazione di algoritmo
determina quella che viene definita la complessità dell'algoritmo stesso, tra i problemi
considerati complessi ci sono certamente quelli che crescono come la potenza di un
numero; come ad esempio la funzione y =x2 cresce molto rapidamente. Per valori di x
molto elevati occorre eseguire moltiplicazioni sempre più laboriose. Se la potenza
cresce ulteriormente, per esempio y=x4 o y=x5 la difficoltà aumenta ulteriormente.
Simili problemi, definiti polinomiali, sono oggi alla portata dei computer classici.
Ma esistono problemi che crescono molto più rapidamente di quelli polinomiali. I
problemi di tipo esponenziale aumentano di complessità in maniera molto più rapida
rispetto a quelli polinomiali. La distinzione oggi più utilizzata è quella tra problemi
che possono essere risolti in modo polinomiale (P), e considerati trattabili, e quelli
che invece non possono essere risolti in modo polinomiale e che vengono
generalmente considerati intrattabili e che possono a loro volta far parte di classi
diverse. Tra queste ultime la prima è la cosiddetta classe NP, semplificando, i
problemi di tipo NP non possono, in generale, essere risolti da algoritmi
deterministici di tipo polinomiale e sono, quindi, in linea di principio intrattabili; NP,
infatti, sta a significare “non-deterministic polynomial time”.

Non deterministico significa che a un dato passo dell'algoritmo non si può stabilire in
maniera univoca quale possa essere il passo successivo. Un po’ come nel gioco degli
scacchi: data una mossa dell'avversario non c’è un algoritmo che possa, a priori,
determinare, in tempo ragionevole, quale debba essere la mossa successiva. Esistono
ulteriori problemi, definiti NP-completi, che fanno parte di NP ma sono raggruppabili
in gruppi tali che se si risolve un problema in tempo polinomiale allora tutto il gruppo
è risolubile. Tra questi problemi rientra il celebre problema del commesso viaggiatore

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che debba visitare un certo numero di città, ciascuna una volta sola e senza tornare
mai indietro, attraverso un percorso che abbia la lunghezza minima.

Per riassumere quanto detto finora si può dire che gli algoritmi possono essere
classificati come:

P: polinomiali (la moltiplicazione).

NP: polinomiali non deterministici(la fattorizzazione).

NP-completi: sottoclassi di NP tali che se uno della classe è trattabile lo sono tutti(il
problema del commesso viaggiatore).

Sebbene le classi di tipo NP non siano le più complesse esse contengono comunque
alcuni tra i problemi, al momento, di maggior interesse. Tra questi il problema della
fattorizzazione di un numero è intimamente connesso con la possibilità di decrittare
un sistema di crittografia, come, per esempio il sistema RSA129 che utilizza chiavi
costituite da 128 cifre. È stato valutato che, se per fattorizzare un numero di 128 cifre
nel 1994 sono stati necessari 5000 MIPS-anni (MIPS: milioni di istruzioni al
secondo), per fattorizzarne uno di 200 cifre occorrerebbero quasi 3 miliardi di MIPS-
anni.

Ed è proprio nell'area di simili problemi che entra in gioco il computer quantistico. Si


è recentemente scoperto, per esempio, che proprio la fattorizzazione in fattori primi
di numeri molto grandi può essere affrontata con successo da un ideale computer
quantistico, che usi sovrapposizione ed “entanglement”, con un metodo, detto
algoritmo di Shor, ideato da Peter Shor nel 1994. L'algoritmo di Shor è
matematicamente abbastanza semplice e richiede un hardware quantistico abbastanza
modesto, almeno per piccoli numeri.

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Crittografia assolutamente ermetica

Un altro problema per il quale l'impiego delle proprietà quantistiche sembra schiudere
promettenti orizzonti è quello relativo alla soluzione del cosiddetto problema del
corriere presente nei sistemi criptografici. Questo problema è relativo al fatto che
qualunque trasmissione crittografica protetta include l'inevitabile impiego di un
corriere per il trasporto della chiave. Il corriere è il punto debole di tutto il sistema
(esso stesso può "tradire", o, essere sequestrato e costretto a tradire). Non giova
pensare al fatto che le due parti possano incontrarsi per lo scambio delle chiavi una
volta per tutte, preventivamente a qualsiasi collegamento, perché ovvie ragioni di
sicurezza consigliano di cambiare ad ogni collegamento la chiave. Dunque, alle due
parti, se vogliono comunicare standosene nella propria sede, non resta altro che
affidarsi ad un corriere.

I sistemi di crittografia hanno notevoli similitudini con una cassaforte, nella quale si
possono distinguere relativamente alla sicurezza due aspetti:

a) Quello della sicurezza fisica, rappresentato dalla robustezza del sistema di fronte a
effrazioni operate con mezzi fisici (strumenti da scasso di vario genere) . La sicurezza
fisica di una cassaforte corrisponde al problema del corriere in un sistema di
trasmissione criptografico.

b) Quello della sicurezza logica, rappresentato dalla complessità e non falsificabilità


della chiave di apertura. La sicurezza logica di una cassaforte corrisponde al
problema di costruire algoritmi matematici sufficientemente complessi tali da non
poter essere facilmente violati da chi illegittimamente tenti di infrangere il sistema.

È possibile dimostrare teoricamente che si possono ottenere messaggi crittografati a


ermeticità assoluta ove, a ogni sessione, si ricorra a chiavi realizzate con sequenze
casuali di dati, in modo da non fornire ad un analista della parte avversa "dati storici"
su cui poter lavorare. La tecnica di crittazione, con un procedimento quantistico per
realizzare scambio di chiavi produce assoluta ermeticità.

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Problemi di fisica realizzabilità

La realizzabilità fisica di dispositivi per il Quantum Computing è fortemente


condizionata da un fenomeno noto come "decoerenza quantistica", ossia l'inevitabile
effetto dell'interscambio fra un sistema quantistico e l'ambiente in cui esso è
immerso. Lo stupefacente effetto della sovrapposizione degli stati con la conseguente
possibilità di ciò che è stato chiamato parallelismo quantistico, viene messo in seria
discussione dal fenomeno della de-coerenza. Molti progressi sono stati effettuati in
questa direzione, ed è da ritenere che in prospettiva il fenomeno della decoerenza
possa essere in qualche modo superato.

Il limite di scaling, ossia di capacità di crescita dimensionale, sembra in questo


momento intorno ai 50 qubit. E soprattutto non si sa se un programma quantistico
possa essere eseguito per il tempo necessario senza incorrere nel fenomeno della
decoerenza. Uno dei problemi più complessi da risolvere è quello di impedire che
l'interferenza dei vari calcoli si rifletta sul mondo macroscopico. Infatti, se un gruppo
di atomi o di molecole è sottoposto a un fenomeno di interferenza e interagisce al
tempo stesso con l'ambiente macroscopico non è più possibile rilevare l'interferenza
con misure che riguardano solo gli atomi del gruppo originario che così cessa di
effettuare un'attività di calcolo quantistico utile.

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Quali prospettive e scenari futuri

Non è possibile al momento attuale formulare previsioni sull'effettiva capacità tecnica


di costruire un computer quantistico in grado, per esempio, di scomporre in fattori
primi un numero di almeno 10 cifre. Ci sono almeno tre tipi di problemi che occorre
risolvere. Innanzitutto, il mantenimento dello stato di sovrapposizione quantistica dei
vari elementi, e quindi un effettivo isolamento dei circuiti quantistici dal mondo
macroscopico che li circonda. In secondo luogo, la gestione degli errori che
comunque si manifestano in un complesso circuitale così delicato. Infine, la sapienza
costruttiva necessaria per realizzare le funzioni di calcolo che attraverso
sovrapposizione, “entanglement”e interferenza consentono di creare risposte dalle
domande e di correlare le prime alle seconde.

Il computer quantistico permetterebbe, infine, di capire meglio non solo la realtà del
mondo subatomico ma anche il significato più profondo di ciò che è realmente la
computazione e il suo ruolo nel mondo. L'avvento di computer quantistici "tascabili"
non sembra imminente e forse nemmeno interessante. La Quantum Computing non si
pone come tecnologia concorrenziale alle attuali moderne macchine di calcolo in
termini di realizzazione (maggiore economia, più ridotte dimensioni ecc.), ma
piuttosto in termini di permettere la soluzione di problemi, che mediante le attuali
tecniche sono dichiarati insolubili. I primi passi, che condurranno verso questa
modalità di implementazione saranno, pertanto, sicuramente compiuti nella direzione
di macchine specializzate nella soluzione di problemi particolarmente ardui, con
importanti ricadute sul piano teorico-pratico, non solubili o difficilmente solubili con
le tecniche classiche tradizionali. D'altra parte il fondatore della Digital durante gli
anni cinquanta, prevedeva un mercato di centinaia di computer al massimo in tutto il
mondo, cosa che si è rivelata essere del tutto errata, perciò predire il futuro
tecnologico è un'impresa molto ardua. La strada da percorrere è enormemente
complessa e non è nemmeno certo che sia realmente percorribile. Ma anche se alla
fine il computer quantistico si rivelasse grande come un edificio e richiedesse
centinaia di specialisti per essere programmato e gestito, e costasse centinaia di
milioni di euro, o ancor più, esso potrebbe rivelarsi un formidabile strumento di
calcolo. Dal punto di vista strategico o economico potrebbe consentire di decifrare
qualunque chiave crittografica o di investigare in tempi brevissimi qualunque
archivio.

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Conclusioni

La tecnologia della micro-fabbricazione e lo sviluppo dei materiali per la


microelettronica hanno portato e continueranno a portare ad un livello progressivo di
miniaturizzazione impressionante, esponenziale, dei componenti elettronici dei
calcolatori. Gli effetti quantistici non possono non essere tenuti in considerazione se
si vuole garantire un corretto funzionamento dei microchip, quando questi vengono
utilizzati in dispositivi per manipolare informazione. Si avrà a che fare anche con
dispositivi molecolari, grazie alla miniaturizzazione in corso ma questi, non saranno
computer quantistici. Infatti, la computazione quantistica, che combina sia la
meccanica quantistica che la scienza dell'informazione è ben altro. Oltre all'energia
c'è un'altra proprietà della fisica, a prima vista molto più astratta che si direbbe
appartenere piuttosto all'ambito della metafisica, che ha validità universale, cioè si
può esprimere in maniere totalmente differenti l'una dall'altra, indipendenti dal
supporto fisico: l'informazione. Come le proprietà osservabili della fisica,
l'informazione deve essere contenuta in oggetti che possono essere del tutto diversi, le
parole pronunciate sono convogliate dalle variazioni di pressione dell'aria, quelle
scritte dalla disposizione delle molecole di inchiostro sulla carta, perfino i pensieri
corrispondono a particolari configurazioni dei neuroni, e soprattutto, l'informazione
viene lasciata immutata da certe trasformazioni.

L'informazione si comporta in un qualche modo come una grandezza fisica, che può
essere conservata, trasformata, misurata e dissipata. Oggigiorno tutti conosciamo il
computer come un eccellente elaboratore di informazioni, la facilità con cui
l'informazione può essere manipolata automaticamente nasce proprio dalla sua
universalità, dal fatto che essa può essere espressa in maniere del tutto diverse senza
perdere la sua natura essenziale e, come accade nella fisica, anche le trasformazioni
più complesse si possono realizzare con tante operazioni semplici. Non c'è
informazione senza un portatore fisico, ma al contrario, l'informazione è
essenzialmente indipendente da come è espressa fisicamente, e può essere
liberamente trasferita da una forma ad un'altra; è questo che fa dell'informazione un
candidato naturale ad un ruolo fondamentale nella fisica, esattamente come energia e
quantità di moto. Storicamente gran parte della fisica di base ha avuto a che fare con
il compito di scoprire i costituenti fondamentali della materia e le leggi che
descrivono e governano le loro interazioni e la loro dinamica. Ora comincia ad
emergere come ugualmente importante e fondamentale il programma di scoprire in
quali modi la natura permetta o proibisca che l'informazione venga espressa,
immagazzinata, manipolata e trasmessa.

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L'ambizioso programma di riconsiderare i principi fondamentali della fisica dal punto


di vista della teoria dell’informazione è ancora nella sua infanzia, tuttavia promette di
dare frutti importanti, i concetti e i metodi dell’informazione e della computazione
quantistica sono i primi fra questi. Dai tempi di Turing essenzialmente nessun
cambiamento sostanziale ha avuto luogo nell'idea di che cosa sia e come operi un
computer, fino a che la meccanica quantistica non ha aperto la possibilità di un
cambiamento sostanziale. In effetti, la logica della macchina di Turing mal si adatta
alla razionalità umana (Vero e Falso non sono assolutamente concetti sufficienti).
Forse è possibile un'altra logica. La meccanica quantistica è una struttura matematica
per descrivere la natura che, almeno in linea di principio, include qualsiasi sistema
fisico, essa ci confronta con uno schema fatto di paradigmi ben diversi dal suo
corrispondente classico, quali variabili dinamiche associate ad operatori che agiscono
in uno spazio degli stati in cui i vettori possono avere infinite componenti complesse,
le funzioni d'onda, solo con una sequenza di difficili reinterpretazioni del concetto di
misura e del significato delle proprietà spettrali di tali operatori si possono mettere in
relazione le analoghe variabili classiche.

È interessante notare come la proprietà della teoria quantistica più rilevante ai fini
dell’applicazione all’informazione e alla computazione non sono tanto nei dettagli
delle equazioni del moto e della dinamica che esse generano ma proprio nel fatto che
la quantizzazione di un sistema fisico classico con N gradi di libertà genera un
sistema quantistico il cui spazio degli stati ha un volume che cresce esponenzialmente
con N; dunque la teoria quantistica si presta ad una complessità combinatoria di
strutture dinamiche possibili enormemente grande. L'idea che si possa immagazzinare
informazione negli stati microscopici è per i fisici una sfida senza precedenti, in
quanto apre la prospettiva di usare la materia stessa nella sua struttura fondamentale
per fare calcolo. La possibilità della realizzazione di questo programma è tanto
affascinante quanto ardua. Gli effetti di interferenza che permettono agli algoritmi
quantistici di funzionare rendono tali algoritmi anche molto fragili. La computazione
quantistica mira a realizzare schemi computazionali esponenzialmente più efficienti
dei corrispondenti classici, proprio grazie alle proprietà caratteristiche della fisica
quantistica.

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Bibliografia e Sitografia

M. Ivaldi, “Introduzione al QuantumComputing”, 2002.

E.Rieffel e W.Polak, “An introduction to quantum computing for non-physicists”,


1998.

A.Steane, “Quantum Computing”, 1997.

E. Angeleri, “Quantum Computing: Sogno teorico o realtà imminente?”, 2003

www.dwavesys.com

www.tdf.it

www.ecplanet.com

www.wikipedia.org

http://www.cs.uwaterloo.ca/~watrous/lecture-notes.html

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