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SISTEMI ENERGETICI

(11CINDK)

2008/2009

Prof. S. Mancò

Dipartimento di Energetica
Politecnico di Torino

Riproduzione totale o parziale vietata senza il consenso scritto

dell’autore
CAPITOLO 1 TERMODINAMICA 1

CAPITOLO 2 ESPANSIONE
COMPRESSIONE 49

CAPITOLO 3 RICHIAMI DI
TERMOCHIMICA 57

CAPITOLO 4 IMPIANTI MOTORI A GAS 65

CAPITOLO 5 IMPIANTI MOTORI A


VAPORE 85

CAPITOLO 6 IMPIANTI COGENERATIVI 99


CAPITOLO 1 TERMODINAMICA

SISTEMI CHIUSI E APERTI esterno


Un sistema termodinamico, o semplicemente un sistema, è definito come una quan- sistema confine
tità di materia o una regione nello spazio. La massa o la regione esterne al sistema
viene chiamato esterno. La superficie reale o immaginaria che separa il sistema σ
dall’esterno si chiama confine.
Il sistema può essere considerato chiuso o aperto, a seconda che si scelga una massa sistema
fissa o un volume fisso. Un sistema chiuso (chiamato anche massa di controllo) con- chiuso
siste di una quantità fissa di massa, e nessuna massa può attraversare il suo confine. energia lavoro
Ma l’energia, sotto forma di calore o lavoro, può attraversare il confine, e il volume energia
del sistema chiuso non necessariamente deve essere fisso.
Un sistema aperto, o un volume di controllo, come viene spesso chiamato, è σ
un’opportuna regione scelta nello spazio. Sia la massa che l’energia possono attraver-
sare il confine del volume di controllo, che viene chiamato superficie di controllo. sistema massa
massa
Le relazioni termodinamiche applicabili ai sistemi chiusi e aperti sono differenti. aperto

FORME DI ENERGIA
lavoro
L’energia può esistere sotto forme diverse come energia termica, meccanica, cinetica,
potenziale, elettrica, magnetica, chimica e nucleare e la loro somma rappresenta
l’energia totale E di un sistema. L’energia totale di un sistema riferita all’unità di
massa si indica con e ed è definita come

E
e = ---- (kJ/kg)
m
La termodinamica non fornisce informazioni sul valore assoluto dell’energia totale di
un sistema. Essa si occupa solo di variazioni di energia perché è ciò che serve nei
problemi ingegneristici. Così all’energia totale di un sistema si può assegnare un
valore nullo ( E = 0 ) in un conveniente punto di riferimento. La variazione di ener-
gia di un sistema è indipendente dal punto di riferimento scelto. Per esempio, la dimi-
nuzione di energia potenziale nella caduta di un grave dipende solo dalla differenza
di quota e non dalla quota di riferimento scelta.
Nell’analisi termodinamica può essere utile distinguere le varie forme di energia in
macroscopiche e microscopiche. Le forme di energia macroscopiche sono quelle che
un sistema possiede nel suo insieme rispetto a un sistema di riferimento esterno,
come l’energia cinetica e l’energia potenziale. Le forme microscopiche di energia
sono quelle legate alla struttura molecolare di un sistema e al grado di attività mole-
colare e sono indipendenti da sistemi di riferimento esterni. La somma di tutte le
forme microscopiche di energia si chiama energia interna di un sistema e si indica
con U.
Le forme macroscopiche di energia di un sistema sono legate al movimento e
all’influenza di effetti esterni come la gravità, il magnetismo, l’elettricità, la tensione
superficiale. L’energia che un sistema possiede come risultato del moto relativo a un

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TERMODINAMICA

riferimento esterno si chiama energia cinetica E c . Quando tutto il sistema si muove


alla stessa velocità l’energia cinetica è espressa da

mc 2
E c = --------- (kJ)
2
oppure, riferita all’unità di massa,

c2
e c = ----- (kJ/kg)
2
dove c rappresenta la velocità del sistema relativa a un sistema di riferimento fisso.
L’energia che un sistema possiede come risultato della sua posizione in un campo
gravitazionale si chiama energia potenziale e si esprime come
E g = mgz (kJ)
oppure, riferita all’unità di massa
e g = gz (kJ/kg)

dove g è l’accelerazione di gravità e z è la quota del centro di gravità di un sistema


rispetto a un piano di riferimento arbitrariamente selezionato.
Gli effetti magnetici, elettrici, ecc., sono significativi solo in alcuni casi specifici e
verranno considerati solo quando è necessario. In assenza di questi effetti l’energia
totale di un sistema è rappresentata dalla somma delle energie interna, cinetica e
potenziale
E = U + Ec + Eg (kJ)
oppure, riferita all’unità di massa

c2
e = u + ec + e g = u + ----- + gz (kJ/kg) (1)
2
L’energia interna può essere vista come la somma delle energie potenziale e cinetica
delle molecole.
La parte dell’energia interna di un sistema associata all’energia cinetica delle mole-
cole (traslazionale, rotazionale e vibrazionale) viene chiamata energia sensibile. In
un gas la velocità media e il grado di attività delle molecole sono proporzionali alla
temperatura. Quindi, a più alte temperature le molecole possiederanno più alte ener-
gie cinetiche e il sistema avrà energia interna più alta.
L’energia interna è anche associata alle forze intermolecolari fra le molecole di un
sistema. Queste sono le forze che legano le molecole tra di loro e, come ci si potrebbe
aspettare, esse sono più forti nei solidi e più deboli nei gas. Se energia sufficiente
viene fornita alle molecole di un solido o di un liquido le forze intermolecolari ven-
gono superate e il sistema si trasforma in un gas. Questo è un cambiamento di fase.
L’energia interna associata al cambiamento di fase di un sistema si chiama energia
latente (nascosta). Chiamiamo energia interna termica la somma dell’energia sensi-
bile e dell’energia latente U ter .
Le variazioni descritte possono avvenire senza variazioni della composizione chi-
mica di un sistema. Molti problemi di termodinamica cadono in questa categoria e
non bisogna quindi preoccuparsi delle forze che legano gli atomi all’interno delle
molecole. L’energia interna associata con i legami atomici nelle molecole si chiama
energia chimica E ch . Durante una reazione chimica, come in un processo di combu-
stione, alcuni legami chimici vengono distrutti mentre altri vengono formati e l’ener-
gia interna varierà.
Occorre anche menzionare le grandi quantità di energia interna associata con i legami
all’interno del nucleo stesso. Questa energia è chiamata energia nucleare E nu e viene
rilasciata con le reazioni nucleari. Ovviamente non bisogna preoccuparsi dell’energia
nucleare in termodinamica se non ci occupa di reazioni di fusione o fissione nucleari.
Le forme di energia discusse sopra che costituiscono l’energia totale di un sistema
possono essere contenute o immagazzinate in un sistema e così possono essere viste

2
come forme statiche di energia. Le forme di energia che non sono immagazzinate in
un sistema possono essere viste come forme dinamiche di energia o come interazioni
energetiche. Le forme di energia dinamiche si evidenziano al confine del sistema per-
ché l’attraversano e rappresentano l’energia ricevuta o perduta da un sistema durante
una trasformazione. Le uniche due forme di interazione di energia associate a un
sistema chiuso sono lo scambio di calore e il lavoro. Una interazione energetica è
calore scambiato se “la forza motrice” è una differenza di temperatura, altrimenti è
lavoro.
L’energia sensibile e latente di un sistema si chiama energia termica o calore da non
confondere con il calore scambiato, che è una energia in transito, mentre la prima è
posseduta dal sistema.

PROPRIETA’ DI UN SISTEMA
Qualsiasi caratteristica di un sistema si chiama proprietà. Alcuni esempi familiari
sono la pressione p , la temperatura T , il volume V e la massa m . Continuando con
termini meno familiari, la viscosità, la conducibilità termica, il modulo di elasticità, il
coefficiente di espansione termica, la resistività elettrica, e anche la velocità e
l’altezza.
Alcune proprietà dipendono da altre. La densità è la massa per unità di volume
m 3
ρ = ---- (kg/m )
V
mentre il volume specifico, che è l’inverso della densità, è il volume per unità di
massa
V 3
v = ---- (m /kg)
m
Le proprietà di un sistema possono essere intensive o estensive. Le proprietà inten-
sive sono quelle indipendenti dalla dimensione del sistema come la temperatura, la
pressione e la densità. Le proprietà estensive sono quelle i cui valori dipendono dalla
dimensione - o estensione - del sistema. La massa m , il volume V e l’energia totale
E sono alcuni esempi di proprietà estensive.

STATO E EQUILIBRIO
Consideriamo un sistema che non è soggetto a cambiamenti. A questo punto tutte le
proprietà possono essere misurate o calcolate ottenendo un insieme di proprietà che
descrivono completamente le condizioni, o lo stato, del sistema. In un dato stato tutte
le proprietà del sistema quindi hanno dei valori costanti. Se anche una sola proprietà
cambia il sistema evolve verso un altro stato.
La termodinamica si occupa di stati di equilibrio. Equilibrio implica uno stato di
bilanciamento e manca una “forza motrice” all’interno del sistema. Un sistema che è
in equilibrio non subisce variazioni quando è isolato dall’ambiente circostante. Ci
sono molti tipi di equilibrio e un sistema non è in equilibrio termodinamico se non
sono soddisfatti tutti. Si può avere equilibrio termico (uguaglianza delle tempera-
ture), equilibrio meccanico (costanza delle pressioni), equilibrio delle fasi (costanza
della massa di ogni fase), equilibrio chimico (costanza della composizione: no rea-
zioni chimiche).
Il numero minimo di proprietà richiesto per definire lo stato di un sistema è due, per
esempio, p e T , oppure T e v , ecc. Il numero effettivo dipende dagli effetti che si
desidera considerare. Se, per esempio, gli effetti gravitazionali vanno considerati
occorre specificare come ulteriore proprietà la quota del sistema termodinamico
rispetto a un sistema di riferimento. Le due proprietà richieste per definire lo stato
devono essere indipendenti. Indipendenti vuol dire che una proprietà non dipende
dall’altra. Temperatura e volume specifico rispettano sempre questo requisito mentre
pressione e temperatura sono indipendenti solo nei sistemi monofase. Infatti, nei
sistemi in cui c’è un cambiamento di fase, come evaporazione e condensazione, pres-
sione e temperatura sono legati fra di loro.

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TERMODINAMICA

PROCESSI E CICLI
Qualunque cambiamento che il sistema subisce da uno stato di equilibrio ad un altro
viene chiamato processo o trasformazione e la serie di stati che il sistema attraversa si
chiama percorso della trasformazione. Per descrivere un processo completamente
occorre specificare gli stati iniziale e finale nonché il percorso che segue e le intera-
zioni con l’esterno.
Quando la trasformazione procede in maniera tale che il sistema rimane infinitamente
vicino a uno stato di equilibrio la trasformazione si chiama di quasi-equilibrio. Una
tale trasformazione può essere vista come un trasformazione sufficientemente lenta
da permettere al sistema di adattarsi internamente in maniera che le proprietà si man-
tengano uniformi. Va detto che una trasformazione di quasi equilibrio è una trasfor-
mazione ideale e non è la vera rappresentazione di trasformazioni reali. L’ingegnere è
p 1 comunque interessato a questi processi per due motivi. Innanzi tutto sono più facili
T 1 2
da analizzare rispetto ai processi reali, poi, molti dispositivi presentano il massimo
delle prestazioni quando il processo è di quasi-equilibrio e ciò rappresenta un riferi-
2
mento con cui confrontare i processi reali.
Le trasformazioni possono essere rappresentate graficamente in diagrammi che uti-
V V lizzano come assi coordinati alcune proprietà termodinamiche come temperatura T,
pressione p e volume V (o volume specifico).
p 3 In alcune trasformazioni una particolare proprietà può rimanere costante. Si possono
2
4 così avere trasformazioni isoterme ( T = cost), isobare ( p = cost), isocore ( v = cost),
ecc.
1 Un sistema percorre un ciclo se la trasformazione percorsa ritorna al suo stato ini-
ziale. Un ciclo può essere costituito da trasformazioni di tipo diverso (isobare, iso-
V core, ecc).

PRESSIONE
La pressione è la forza esercitata da un fluido per unità di area. Parliamo di pressione
quando abbiamo a che fare con un gas o un liquido. Nei solidi parliamo di tensione.
Per un fluido in quiete la pressione in un punto è la stessa in tutte le direzioni. La
z pressione in un fluido aumenta con la profondità a causa del peso del fluido sovra-
stante. La pressione varia in direzione verticale per effetto del campo gravitazionale,
p ma non c’è nessuna variazione nella direzione orizzontale. La pressione in un reci-
piente contenente un gas può essere considerata uniforme poiché il peso del gas è
troppo piccolo per generare una differenza significativa.
Poiché la pressione è definita come forza per unità di area, essa si misura in newton
(simbolo N) per metro quadrato, che viene chiamato pascal (Pa)
N
1 Pa = 1 ------2-
m
L’unità di misura pascal è in genere molto piccola per le pressioni che si incontrano
nella pratica; perciò, i suoi multipli kilopascal (1 kPa = 103 Pa) e megapascal (1 MPa
= 106 Pa) vengono comunemente utilizzati. Altre unità ancora utilizzate sono

1 bar = 10 5 Pa = 0.1 MPa = 100 kPa


1 atm = 101325 Pa = 101.325 kPa = 1.01325 bar
La pressione in un punto viene chiamata pressione assoluta se è riferita al vuoto asso-
luto, cioè alla pressione dello zero assoluto. Molti dispositivi che misurano la pres-
sione (manometri), comunque, vengono calibrati per leggere zero in condizioni
ambiente, e così essi indicano (misurano) la differenza tra la pressione assoluta e la
pressione dell’ambiente. Questa differenza viene chiamata pressione relativa.
Una pressione inferiore all’ambiente viene chiamata pressione del vuoto e viene
misurata da dispositivi (vacuometri) che indicano la differenza tra la pressione
ambiente e la pressione assoluta. Pressioni assolute, relative e di vuoto sono tutte
quantità positive e sono legate tra di loro

p rel = p ass – p amb

4
p vuo = p amb – p ass
In termodinamica viene utilizzata quasi sempre la pressione assoluta.
La pressione atmosferica viene misurata dal barometro ed infatti la pressione atmo-
sferica viene spesso chiamata pressione barometrica.
Al livello del mare e a 0 °C la pressione ambiente vale p amb = 101325 Pa .
La pressione atmosferica cambia dal livello del mare al variare dell’altitudine.

altezza (m) kPa


0 101.325
1000 89.88
2000 79.50
5000 54.05
10000 26.50
20000 5.53
Da ricordare che la pressione atmosferica in un luogo è semplicemente il peso
dell’aria sopra quel luogo per unità di superficie, perciò, essa cambia non solo con
l’altitudine ma anche con le condizioni meteorologiche.

TEMPERATURA
Al fine di misurare la temperatura di un corpo si sfrutta la variazione, prevedibile e
ripetibile, di diverse proprietà che presentano molti materiali al variare della tempera-
tura. Per esempio, il termometro a mercurio sfrutta la dilatabilità del mercurio con la
temperatura. Utilizzando alcuni stati facilmente riproducibili, come il punto di conge-
lamento e il punto di ebollizione dell’acqua, è quindi possibile costruire una scala,
convenzionale, delle temperature. Nel Sistema Internazionale (SI) si usa la scala Cel-
sius generata assegnando il valore 0 alla temperatura del ghiaccio fondente e il valore
100 alla temperatura di ebollizione dell’acqua, sempre alla pressione atmosferica, e
suddividendo questo intervallo in 100 parti. L’unità su questa scala viene definita
grado Celsius che ha il simbolo °C. Il problema con questa scala è che per tempera-
ture esterne a questo intervallo non vi sono stati riproducili dell’acqua per cui la
misura verrebbe determinata per estrapolazione1.
Emerge che sarebbe desiderabile una scala delle temperature che fosse indipendente
dalle sostanze usate. Una scala delle temperature che è indipendente dalle proprietà
delle sostanze usate viene chiamata scala termodinamica delle temperature, e verrà
introdotta con il secondo principio della temodinamica. La scala termodinamica delle
temperature nel sistema SI è la scala Kelvin. L’unità su questa scala è il kelvin, indi-
cato con K. La temperatura più bassa nella scala Kelvin è 0 K, che corrisponde a
– 273.15 K .

PROPRIETA’ DELLE SOSTANZE PURE


Una sostanza pura si caratterizza per avere una composizione chimica definita e sta-
bile. Può essere anche costituita da una miscela di sostanze diverse, come per esem-

p gas A
1.Un miglioramento si ottiene con il termometro a gas. Si tratta di un recipiente a volume costante,
riempito di gas, usualmente idrogeno o elio, a bassa pressione. Si sfrutta il principio che a bassa pres-
sione la temperatura di un gas è proporzionale alla pressione se il volume è costante, cioè si ha
T = a + bp in cui le costanti a e b vengono determinate sperimentalmente. Utilizzando diversi gas e
gli stessi punti di riferimento del ghiaccio fondente e di ebollizione dell’acqua si ottengono i risultati
presentati nella figura. Al si sotto di una certa temperatura non si riesce ad andare, a causa della con-
densazione del gas, ma per estrapolazione si individua la temperatura a cui si azzera la pressione e gas B
quindi rappresenta la minima temperatura che il termometro a gas sarebbe in grado di misurare se il gas
fosse ideale. Si individua così una scala assoluta di temperatura e per individuarla basterebbe quindi un
solo punto di riferimento, essendo l’altro fisso. Convenzionalmente si è scelto come riferimento il
punto triplo dell’acqua (lo stato in cui coesistono in equilibrio tutte e tre le fasi) cui è stato assegnato il
valore 0.01 °C.
Da quanto esposto emerge che sarebbe desiderabile una scala delle temperature che fosse indipendente
dalle sostanze usate. Il gas infatti condensa a bassissime temperature e si dissocia ad altissime tempera-
ture. – 273.15 0 T [ °C ]

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TERMODINAMICA

pio l’aria atmosferica, purché sia omogenea. Una sostanza pura può essere monofase
o multifase, cioè più fasi che coesistono contemporaneamente, come nell’evapora-
zione dell’acqua.
Molte sostanze vengono utilizzate nei sistemi energetici per via delle loro proprietà
fisiche. Per esempio l’acqua è spesso utilizzata nei sistemi di riscaldamento per tra-
sferire energia termica dalla caldaia ai corpi scaldanti, l’aria è impiegata nei sistemi
di ventilazione di locali, il vapor d’acqua è utilizzato nelle turbine per produrre ener-
gia elettrica, ecc.
E’ quindi importante caratterizzare, da un punto di vista energetico, le varie sostanze
utilizzate negli impianti tecnici. Macroscopicamente possiamo suddividere queste
sostanze in liquidi, vapori e gas.
Per quanto riguarda i liquidi, poiché il modello comunemente adottato è quello di
fluido incompressibile, anche se in realtà è debolmente compressibile, basterà indi-
care la densità o, in alternativa, il volume specifico. Quando è richiesto si considererà
la variazione della densità con la temperatura, impiegando tabelle.
Per i vapori le proprietà termodinamiche vengono fornite tradizionalmente attraverso
diagrammi e tabelle. Per l’uso di questi strumenti è necessario aver chiaro i vari stati
in cui può esistere una sostanza pura e le principali trasformazioni energetiche.
Per questo scopo consideriamo la trasformazione termodinamica che un liquido, per
esempio acqua, subisce per effetto del riscaldamento alla pressione atmosferica (è il
classico esempio dell’acqua posta in una pentola sul fuoco), e illustriamo su un dia-
gramma termodinamico, per esempio T - v , gli stati via via percorsi.
Partendo dallo stato 1, in cui è presente acqua allo stato liquido (detto anche liquido
compresso o sotto raffreddato), e somministrando calore si osserva un innalzamento
della temperatura a pressione costante essendo la pentola in comunicazione con
l’ambiente. Come sappiamo dall’esperienza, quando l’acqua, al livello del mare, rag-
giunge 100 °C inizia a bollire cioè parte dell’acqua evapora. Quando un liquido si
trova nello stato 2 in cui inizia l’evaporazione si chiama liquido saturo.

T
vapore
surriscaldato
5
miscela
satura
2 p = 100 kPa
o

3 4
u id
li q

1
v

Una volta iniziata l’ebollizione l’aumento di temperatura si arresta finché non eva-
pora tutto il liquido, cioè quando si raggiunge lo stato 4. Il vapore in questo stato si
chiama vapore saturo e secco. In un punto intermedio, stato 3, si ha una miscela di
liquido e vapore che prende il nome di vapore saturo umido. Il vapore saturo e secco
è nuovamente monofase, come il liquido. Fornendo ancora calore, sempre a pres-
sione costante, la temperatura ritorna a salire, raggiungendo, per esempio, lo stato 5.
Il vapore in queste condizioni si chiama surriscaldato.
Da notare come il volume specifico dell’acqua sale continuamente nelle tre fasi in cui
possiamo suddividere la trasformazione e cioè riscaldamento del liquido (1-2), eva-
porazione del liquido (2-4) e surriscaldamento del vapore (4-5).
Durante il cambiamento di fase è necessario conoscere le proporzioni delle fasi
liquida e vapore nella miscela. Si introduce una nuova proprietà, chiamata titolo,
definita dal rapporto tra la massa di vapore e la massa totale

m vap
x = --------------------------
-
m vap + m liq
Il titolo può variare tra 0 (liquido saturo) e 1 (vapore saturo e secco).

6
m liq
Il complemento a 1 del titolo è l’umidità, definita come --------------------------- .
m vap + m liq
La trasformazione descritta è reversibile nel senso che è possibile sottrarre calore,
sempre a pressione costante, per tornare allo stato iniziale 1.
L’esperienza può essere ripetuta cambiando la pressione, si pensi per esempio ad una
pentola a pressione, ottenendo delle curve di trasformazione analoghe alle precedenti.
Unendo i vari stati 2 e 4 si ottengono due rami di curva che confluiscono nel punto c ,
chiamato punto critico, caratterizzato dal fatto che si passa dallo stato liquido allo
stato di vapore direttamente, senza transitare nella zona di miscela bifase in cui coesi-
stono liquido e vapore. I due rami della curva si chiamano curva limite inferiore
(c.l.i.) quella che separa il liquido sotto raffreddato dal vapore saturo umido e curva
limite superiore (c.l.s.) quella che separa il vapore saturo umido dal vapore surriscal-
dato.

T vapore pc

Tc
c
gas

liquido

liquido+vapore

I valori delle proprietà nel punto critico sono caratteristici di ogni sostanza, per
l’acqua si ha p c = 22.09 MPa e T c = 374.14 °C . Per l’elio p c = 0.23 MPa e
T c = – 267.85 °C . Quando un vapore si trova a una temperatura ben al di sopra della
temperatura critica e/o a pressioni molto basse prende il nome di gas. Ciò significa,
per esempio, che l’elio alle condizioni ambiente è un gas perché la temperatura
ambiente, circa 25 °C, è ben al di sopra della sua temperatura critica. Analogamente
il vapor d’acqua può essere considerato un gas a temperatura ambiente solo se la sua
pressione è molto bassa. Ciò accade, per esempio, nell’aria atmosferica dove è pre-
sente una piccola quantità di vapor d’acqua (umidità dell’aria). Poiché la pressione a
cui si trova questo vapore corrisponde alla sua pressione parziale nella miscela
(ovvero la pressione a cui si porterebbe il vapore in un dato volume se venisse
estratta tutta l’aria) ed essendo questa pressione molto bassa, il vapor d’acqua conte-
nuto nell’aria atmosferica può essere considerato un gas.
Il distinguere se un una sostanza si trova sotto forma di vapore o di gas non è solo per
ragioni accademiche ma ha un importante risvolto pratico. Infatti, mentre per i vapori
è necessario ricorrere a tabelle e diagrammi per ricavare le proprietà termodinamiche,
per i gas è possibile utilizzare, con buona approssimazione, una semplice relazione
fra alcune proprietà, che come vedremo, evita di ricorrere a diagrammi e tabelle.
Qualunque equazione che lega pressione, temperatura e volume specifico di una
sostanza si chiama equazione di stato. In realtà, esistono equazioni di stato di
sostanze valide per qualsiasi stato di aggregazione, sia liquido che vapore o gas, ma
queste relazioni sono molto complesse e richiedono l’uso di un computer. Di gran
lunga più semplice è l’equazione di stato del cosiddetto gas ideale, che a dispetto del
nome trova applicazione nella grande maggioranza di problemi ingegneristici.

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TERMODINAMICA

EQUAZIONE DI STATO DEI GAS IDEALI


Una mole è una quantità di sostanza che ha una massa numericamente uguale alla sua
massa molecolare. Una chilomole ( kmol ) di ossigeno ha, per esempio, una massa di
32 kg.
Se indichiamo con M la massa molecolare e con n il numero di moli, la massa di
una sostanza sarà
m = nM
Sia V il volume totale occupato da una sostanza. Sarà:
- volume specifico = volume per unità di massa
V 3
v = ---- (m /kg)
m
- volume molare = volume per mole
V 3
v = --- (m /kmol) .
n
Con buona approssimazione molti gas si comportano in accordo all’equazione

pV = n R T (2)

per un campo abbastanza esteso di temperature e pressioni. Questa equazione è chia-


mata equazione di stato di un gas ideale. Il termine equazione di stato significa che
essa stabilisce una relazione tra le proprietà termodinamiche necessarie a definire lo
stato del sistema. In particolare, note due proprietà tra le tre necessarie a definire lo
stato del sistema p, v, T la terza è determinata univocamente dall’equazione di stato.
J
R = 8314.14 ------------------ è la costante universale dei gas2. Si osservi che si sono indi-
kmol K
cate con p la pressione assoluta e con T la temperatura assoluta del gas.
Si può scrivere l’equazione di stato in molti modi diversi. Ad esempio dividendo
l’equazione (2) per il numero di moli n si ottiene:

pv = R T (3)

Ancora, dividendo l’equazione (2) per la massa m , abbiamo:

n
pv = ---- R T (4)
m
ma m = nM , cosicchè

R
pv = ------ T = RT (5)
M

R
in cui il rapporto ------ = R è chiamato costante del gas.
M
kg J
Per l’aria, ad esempio, si può considerare M = 28.97 ------------ da cui R = 287 ----------- .
kmol kg K
Moltiplicando l’equazione (5) per la massa m possiamo anche scrivere

pv pV = mRT (6)
------
T
R
T
2.Supponiamo di condurre una serie di esperimenti con diversi gas. Se misuriamo la pressione, il
volume e la temperatura di 1 kmole di ciascun gas sottoposto a varie pressioni e temperature, ripor-
tando i risultati su un diagramma si trova che, indipendentemente dal gas, le linee a temperatura
costante convergono tutte in un punto quando la pressione tende a zero. Questo valore viene definito
pv J
costante universale dei gas: R = lim ------ = 8314.14 ------------------
p p→0 T kmol K

8
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI

m 1
oppure ancora, dall’equazione (5), essendo ρ = ---- = ---
V v

p
--- = RT (7)
ρ
I gas ideali, oltre a rispettare l’equazione di stato pv = RT , non sono viscosi (cioè al
loro interno non si manifesta lavoro d’attrito l w , ed hanno capacità termiche massi-
che (vedere oltre) costanti al variare delle condizioni termodinamiche. La tabella che
segue riassume le caratteristiche di altri tipi di gas: perfetti, quasi perfetti e reali. Un
gas reale, oltre che essere viscoso, soddisfa una equazione di stato del tipo

pv
------- = Z ( p, T )
RT
in cui Z è il fattore di comprimibilità. Z = 1 per un gas ideale, perfetto o quasi-per-
fetto.

Gas Equazione di stato Tipo di fluido Capacità termiche massiche


Gas ideali pv = RT lw = 0 (non viscoso) c p = cost

c v = cost

Gas perfetti pv = RT lw ≠ 0 (viscoso) c p = cost

c v = cost

Gas quasi-perfetti pv = RT lw ≠ 0 (viscoso) cp = cp ( T )

cv = cv ( T )

Gas reali pv lw ≠ 0 (viscoso) c p = c p ( T, p )


------- = Z ( p, T )
RT
c v = c v ( T, p )

PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI


L’energia non può essere creata né distrutta; essa può solo cambiare forma. Questo
principio è basato su osservazioni sperimentali ed è noto come primo principio della
termodinamica o principio di conservazione dell’energia. Il primo principio può
essere espresso nella maniera seguente: durante una interazione tra un sistema e
l’esterno la quantità di energia ricevuta dal sistema deve essere esattamente uguale
alla quantità di energia ceduta dall’esterno.
L’energia può attraversare i confini di un sistema chiuso in due forme distinte: Calore
e lavoro. E’ importante distinguere queste due forme di energia.

CALORE
L’esperienza ci dice che una lattina ghiacciata di coca lasciata su un tavolo si riscalda
e che una tazza di caffè caldo lasciata sullo stesso tavolo si raffredda. Cioè, quando
un corpo viene lasciato in un mezzo a temperatura diversa si ha un trasferimento di
energia tra il corpo e l’ambiente fino a quando non si raggiunge un equilibrio ter-
mico, ovvero il corpo e l’ambiente raggiungono la stessa temperatura. La direzione
della trasmissione di energia è sempre dal corpo a più alta temperatura a quello a tem-
peratura più bassa. Nei processi descritti energia viene trasferita sotto forma di
calore.
Si definisce calore la forma di energia che viene trasmessa tra due sistemi (o tra il
sistema e l’esterno) in virtù di una differenza di temperatura. In assenza di una diffe-
renza di temperatura non può esserci un trasferimento di calore tra due sistemi. Nel

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 9


TERMODINAMICA

linguaggio comune indichiamo le forme di energia sensibile e latente dell’energia


interna con il termine calore (sensibile e latente) e parliamo anche di calore contenuto
in un corpo. In termodinamica si indicano queste forme di energia come energia ter-
mica in maniera da evitare confusioni con il calore scambiato o trasmesso, che è
energia termica “in transito”.
Un processo che si svolge senza trasmissione di calore viene chiamato processo adia-
batico. Ci sono due modi per rendere adiabatico il processo: o il sistema è bene iso-
lato oppure la differenza di temperatura tra il sistema e l’esterno è nulla. Ciò non
implica che il processo sia anche isotermo. Infatti il contenuto di energia di un
sistema, e quindi la temperatura, può cambiare per effetto di altre interazioni energe-
tiche diverse dal calore (per esempio per scambio di lavoro con l’esterno).
Essendo una forma di energia, il calore Q ha la stessa unità di misura dell’energia e
cioè J o kJ . Il calore scambiato per unità di massa o calore massico è

Q
q = ---- ⎛ -----
kJ⎞
-
m ⎝ kg⎠

Talvolta è desiderabile conoscere il calore scambiato nell’unità di tempo Q· che si


kJ
misura in ----- che è equivalente a kW e rappresenta quindi una potenza termica scam-
s
biata. La potenza scambiata, che è una grandezza istantanea, può poi essere ricon-
dotta a una quantità di calore integrando nell’intervallo di tempo del processo.
Il calore è una grandezza direzionale ed è necessario adottare una convenzione di
segno per stabilirne la direzione. La convenzione universalmente accettata è di consi-
derare il calore positivo se ricevuto dal sistema e negativo se ceduto dal sistema.
Il calore può essere trasmesso in tre modi diversi: conduzione, convezione e irraggia-
mento e verranno trattati più avanti.

LAVORO
Il lavoro, come il calore, è una interazione tra un sistema e l’esterno. Come detto
prima, l’energia attraversa i confini di un sistema sotto forma di calore e lavoro. Per-
ciò, se l’energia che attraversa i confini di un sistema chiuso non è calore, allora deve
essere lavoro. Più specificatamente il lavoro è l’energia trasmessa con una forza che
agisce per una distanza (spostamento). Lo stelo di uno stantuffo, un albero rotante e i
fili elettrici che attraversano i confini del sistema sono tutti associati con scambi di
lavoro.
Il lavoro L è anche una forma di energia come il calore e si misura in J . Il lavoro per
unità di massa è

L
l = ---- ⎛ -----
J⎞
-
m ⎝ kg⎠

kJ
Il lavoro scambiato nell’unità di tempo si chiama potenza P e l’unità di misura è -----
s
o kW .
Anche per il lavoro è necessaria una convenzione del segno. Utilizziamo inizialmente
la stessa convenzione utilizzata per il calore: il lavoro è positivo se ricevuto dal
sistema, negativo se fatto dal sistema sull’esterno.
Calore e lavoro sono interazioni tra un sistema e l’esterno e ci sono alcune similarità
tra i due:
1. entrambi si evidenziano al confine del sistema e l’attraversano;
2. isistemi possiedono energia ma non calore o lavoro. Cioè, calore e lavoro sono
fenomeni in transito;
3. entrambi sono associati a una trasformazione e non a uno stato del sistema. Diver-
samente dalle proprietà di un sistema, calore e lavoro non hanno significato in
uno stato;
4. entrambi sono funzioni di linea (cioè essi dipendono dal percorso della trasforma-
zione, compresi gli stati iniziale e finale).

10
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI

Le funzioni di linea hanno differenziali inesatti che vengono indicati con il simbolo
δ . Così, una quantità differenziale di calore e lavoro viene indicata con δQ o δL ,
rispettivamente, invece di dQ o dL . Le proprietà, comunque, sono funzioni di punto
o di stato (cioè, essi dipendono soltanto dallo stato, e non da come il sistema rag-
giunge quello stato) ed hanno differenziali esatti indicati con il simbolo d . Una pic-
cola variazione di volume, per esempio, viene rappresentata da dV e la variazione
totale di volume lungo una trasformazione tra gli stati 1 e 2 è
2

∫ dV = V 2 – V 1 = ΔV
1

Cioè, la variazione di volume in una trasformazione 1 – 2 è sempre il volume nello


stato 2 meno il volume nello stato 1 , indipendentemente dal percorso seguito. Il
lavoro totale durante la trasformazione 1 – 2 , comunque, è
2

∫ δL = L 12

Cioè, il lavoro totale si ottiene seguendo la linea di trasformazione e sommando le


quantità differenziali di lavoro ( δL ) fatte via via. L’integrale di δL non è L 2 – L 1
(cioè, il lavoro nello stato 2 meno il lavoro nello stato 1 ), che è senza significato
perché il lavoro non è una proprietà del sistema e i sistemi non possiedono lavoro in
uno stato.

LAVORO MECCANICO
Ci sono diversi modi di fare lavoro, ciascuno in qualche modo è legato a una forza
che agisce per un certa distanza. Nella meccanica elementare il lavoro fatto da una
forza costante F su un corpo che viene spostato per una distanza s nella direzione
della forza è dato da
L = F⋅s ( kJ )
Se la forza non è costante, il lavoro si ottiene sommando (cioè integrando) le quantità
differenziali di lavoro (forza moltiplicata per lo spostamento differenziale ds ):
2

∫ F ds ( kJ )
1

Ovviamente occorre conoscere come la forza varia con lo spostamento per poter
effettuare l’integrazione. p 1
Affinché un sistema termodinamico abbia una interazione energetica sotto forma di δL = pdV
lavoro è quindi necessario che una forza sia applicata sul confine del sistema e che
quella parte del confine si sposti di una certa distanza s . 2
Una forma di lavoro meccanico che si incontra frequentemente in pratica è associata
con l’espansione e la compressione di un gas in un dispositivo stantuffo-cilindro. dV
Durante questo processo parte del confine (la faccia interna dello stantuffo) si muove
avanti e indietro.
V1 V2 V
Considerando il gas racchiuso nel dispositivo, sia p 1 la pressione iniziale del gas, V 1
il volume totale e A la sezione dello stantuffo. Se lo stantuffo si muove molto lenta-
p
mente, senza attriti e in maniera che il sistema sia sempre in equilibrio, per una
distanza ds il lavoro fatto durante questa trasformazione sarà

δL = Fds = pAds = pdV


Cioè il lavoro scambiato con l’esterno in forma differenziale è uguale al prodotto
della pressione per il volume dV . Poiché la pressione è sempre positiva il segno del

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 11


TERMODINAMICA

lavoro verrà determinato dal segno di dV . Se il volume aumenta, come nel caso della
figura, dV è positivo e il lavoro anche. Per rispettare la convenzione stipulata prece-
dentemente è necessario anteporre un segno meno al prodotto pdV in maniera da
ottenere un lavoro negativo perché è il sistema che fa lavoro sull’esterno:
δL = – pdV (8)

Il lavoro totale fatto durante l’intera trasformazione 1 – 2 si ottiene integrando il


lavoro elementare dallo stato iniziale a quello finale
2


L = – p dV
1

L’integrale può essere calcolato solo se si conosce la relazione funzionale tra p e V


durante la trasformazione. Cioè la funzione p = f ( V ) deve essere disponibile. Da
notare che p = f ( V ) è semplicemente l’equazione della trasformazione in un dia-

gramma p – V . Su questo stesso diagramma ∫ pdV rappresenta l’area sottesa dalla


curva di trasformazione (area V 1 – 1 – 2 – V 2 ) e quindi anche il lavoro scambiato
con l’esterno, anche se in un processo idealizzato come quello descritto.

I PRINCIPIO SISTEMI CHIUSI


Il I principio esprime una relazione tra l’energia posseduta da un sistema e le intera-
zioni energetiche che il sistema ha con l’esterno sotto forma di calore e lavoro. Il
primo principio o principio di conservazione dell’energia, non può essere dimostrato
matematicamente ma nessun processo in natura ha mai violato il I principio e ciò
E1 E2 deve essere considerato come prova sufficiente. Il I principio si basa quindi su osser-
vazioni sperimentali.
Q
Q = ΔE se L = 0
L = ΔE se Q = 0
L
E2
Individuato un sistema termodinamico, come una porzione di massa che scambia
energia, sotto forma di calore e di lavoro, con l’esterno passando dallo stato termodi-
namico I a II, il principio di conservazione dell’energia afferma che
Q + L = ΔE = E finale – E iniziale (9)

Il sistema che subisce la trasformazione è chiuso nel senso che esso non scambia
massa con l’esterno.
Chiariamo la natura della funzione energia totale E. Chiaramente essa comprende
E iniziale l’energia gravitazionale Eg e cinetica E c , ma comprende anche l’energia interna ter-
mica U ter , cioè quella che risulta dall’energia cinetica delle molecole della sostanza
I che compone il sistema e viene usualmente evidenziata da una maggiore o minore
temperatura del sistema. Ma potremmo anche considerare l’energia chimica intrin-
seca di una sostanza E ch o l’energia nucleare E nu , ecc.
L
In conclusione quindi
Q
E = U + E g + E c = U ter + E ch + E nu + E g + E c + … (10)

dove è sottinteso che le energie elettrica, magnetica, ecc., possono anche essere
E finale incluse quando è il caso.
II Le lettere maiuscole indicano le proprietà totali di un intero sistema mentre quelle
minuscole (e ed u) verranno usate per indicare le proprietà per unità di massa del
sistema.
Supponiamo adesso che il sistema percorra un ciclo, cioè una continua serie di tra-
sformazioni, cosicchè il sistema ritorni periodicamente al suo stato iniziale. Se consi-

12
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI

deriamo una trasformazione elementare del sistema, allora il primo principio può
essere scritto in forma differenziale
dQ + dL = dE (11)

Chiaramente, poiché l’energia interna E è una funzione di stato, la sua variazione


deve essere nulla in un ciclo completo, e abbiamo

°∫ dQ + °∫ dL = 0 (12)

dove il segno di integrale indica un processo ciclico.


Si deve rilevare che, in generale, calore e lavoro sono funzioni di linea e, così, per
valutare la loro grandezza dobbiamo considerare il tipo di trasformazione seguita.
D’altra parte, l’energia interna è una funzione di stato ed è caratterizzata matematica-
mente da

°∫ dE = 0
Quindi dE può essere descritto, in linguaggio matematico, come un differenziale
esatto, mentre dQ e dL sarebbero chiamati differenziali inesatti. Utilizzeremo i sim-
boli modificati δQ e δL per indicare il fatto che i differenziali calore e lavoro sono,
in generale, funzioni di linea
δQ + δL = dE
E’ importante notare che il calore è solamente quello scambiato dal sistema attra-
verso i suoi confini, per effetto di una differenza di temperatura, e il lavoro è quello
dovuto all’azione di forze esterne sul sistema. Per queste ragioni introdurremo il
pedice e, per esterno, a Q e L
δQ e + δL e = dE (13)

LAVORO ESTERNO L e
Il lavoro effettuato sul sistema dalle forze superficiali esterne è dato, nel caso più
generale, da


L e = – p dV + ΔE c + L w + ΔE g + … (14)

come potrebbe dimostrarsi applicando la seconda legge della dinamica ad un ele-


mento di fluido, e in cui l w rappresenta l’incremento di lavoro che le forze di superfi-
cie compiono su ciascun elemento del sistema a causa delle resistenze passive.
Il primo principio della termodinamica per un sistema chiuso assume allora la forma


Q e – p dV + ΔE c + L w + ΔE g + … = ΔU + ΔE c + ΔE g + …

ovvero


Q e + L w = ΔU + p dV (15)

e, ancora, in forma differenziale, cioè per una trasformazione elementare


δQ e + δL w = dU + pdV
Riferendoci all’unità di massa
δq e + δl w = du + pdv (16)

Il termine l w rappresenta l’energia persa e non convertita in lavoro a causa di attriti,


cioè azioni viscose, che si manifestano all’interno del fluido e tra fluido e pareti.
Occorre pensare al fluido dotato di moti interni che portano le molecole a muoversi
con velocità diverse fra di loro generando quindi degli scorrimenti delle une rispetto
alle altre. Questo strisciamento dissipa energia che viene convertita in calore. E’

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 13


TERMODINAMICA

come se ci fosse una sorgente interna di calore. Il calore netto che un sistema riceve è
per questa ragione dato dalla somma algebrica tra il calore scambiato con l’esterno
q e , e che attraversa i confini del sistema, e il calore conseguente all’energia persa per
attrito, chiamato lavoro di attrito l w , cioè il lavoro fatto dalle forze di attrito. Indi-
cando con q il calore netto che il sistema riceve si ha:

δq = δq e + δl w (17)

e la (16) diventa
δq = du + pdv (18)

A questo punto introduciamo una nuova proprietà che useremo più avanti e che è
molto utilizzata nella pratica. Si tratta dell’entalpia che è definita come:

H = U + pV (J )
oppure in unità massiche
h = u + pv ( J ⁄ kg ) (19)

Differenziando questa relazione otteniamo


dh = du + pdv + vdp
da cui si evince che il secondo membro della (18) equivale a dh – vdp per cui

δq = du + pdv = dh – vdp (20)

CALORE E CALORE SPECIFICO


Abbiamo visto che il calore è un’interazione energetica tra il sistema termodinamico
e l’esterno; attraverso questa interazione il sistema può aumentare o diminuire la sua
energia interna termica e quindi la sua temperatura. Ci domandiamo allora quanto
calore è necessario introdurre per aumentare di una certa quantità la temperatura di
un sistema. Dall’esperienza sappiamo che per aumentare la temperatura di 1 kg di
ferro da 20 °C a 30 °C sono necessari circa 4.5 kJ di energia mentre servono 41.8 kJ
di energia per aumentare della stessa quantità la temperatura di 1 kg di acqua. E’
quindi necessaria una proprietà che sia in grado di esprimere la capacità di immagaz-
zinare energia delle varie sostanze. Questa proprietà è il calore specifico.
Definizione: se una quantità di calore δq viene ceduta a un sistema, che varierà la
sua temperatura di dT , allora il calore specifico c viene definito come

δq ⎛ ---------
kJ ⎞
c = ------ - (21)
dT ⎝ kgK⎠

in cui δq non è il differenziale di una funzione che non esiste, ma semplicemente la


piccola quantità di calore occorrente ad ottenere il piccolo aumento dT di tempera-
tura. C’è da osservare che per ottenere un dato incremento di temperatura possono
occorrere quantità di calore molto diverse secondo le circostanze nelle quali la tra-
sformazione avviene. Può, per esempio, l’incremento di temperatura ottenersi in una
trasformazione a volume costante o a pressione costante (fornendo nei due casi quan-
tità di calore diverse) oppure mediante una compressione adiabatica (senza fornitura
di calore!) oppure ancora con una compressione refrigerata (con sottrazione di
calore).
Il calore specifico acquista significato soltanto quando si definisce la trasformazione
percorsa dal sistema nel variare di temperatura.
Nello studio degli aeriformi sono di particolare interesse i calori specifici (o capacità
termiche massiche) a pressione costante ed a volume costante

δq δq
c p = ⎛ ------⎞ , c v = ⎛ ------⎞ (22)
⎝ dT⎠ p ⎝ dT⎠ v

Se si utilizza l’equazione dell’energia, scritta nella forma

14
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI

δq = du + pdv = dh – vdp
si ottengono delle relazioni per i calori specifici a volume costante e a pressione
costante molto utili nelle applicazioni

δq ∂u
c v = ⎛⎝ ------⎞⎠ = ⎛⎝ ------⎞⎠ o meglio c v = ⎛⎝ ⎞⎠
du
(23)
dT v dT v ∂T v

in quanto, in generale, u non è solo funzione della temperatura.


Analogamente

δq ∂h
c p = ⎛ ------⎞ = ⎛ ------⎞ o meglio c p = ⎛ ⎞
dh
(24)
⎝ dT⎠ p ⎝ dT⎠ p ⎝ ∂ T⎠ p

Risulta in tal modo che i calori specifici rappresentano proprietà del sistema.
I calori specifici, al pari di altre proprietà termodinamiche, possono variare forte-
mente con la temperatura e la pressione di una sostanza, e devono essere impiegati
dati sperimentali per ottenere risultati affidabili. Per variazioni di temperature mode-
ste i valori possono essere assunti costanti in calcoli di prima approssimazione.
Nei liquidi e nei solidi c p e c v sono circa uguali, mentre c’è un’apprezzabile diffe-
renza per i gas

c p ⎛ ----------⎞
kJ cv
⎝ kgK⎠

Al 0.896
Cu 0.383
Fe 0.452
H2 O 4.18

Olio minerale 1.9


Hg 0.14
Aria 1.005 0.718
H2 14.32 10.17

CO 2 0.846 0.653

CALORI SPECIFICI DEI GAS IDEALI


Si dimostra che, se un gas obbedisce all’equazione di stato pv = RT allora l’energia
interna e l’entalpia risultano funzioni della sola temperatura, per cui si può scrivere
T2 T2
Δu = u 2 – u 1 = ∫ T1
c v dT Δh = h 2 – h 1 = ∫ T1
c p dT

Inoltre, se i calori specifici sono costanti, si hanno i seguenti risultati

u2 – u 1 = cv ( T2 – T 1 ) h2 – h1 = cp ( T2 – T1 )
Per gas a basse pressioni i calori specifici sono circa costanti e non variano, per
ristretti campi di temperatura. Spesso, nelle applicazioni, ci si riferisce ad un gas ide-
ale, che obbedisce all’equazione di stato pv = RT , con calori specifici costanti.
Una utile relazione3 tra c p e c v per un gas ideale è:

R = cp – cv (25)

A questo punto introduciamo un’altra proprietà dei gas ideali chiamato rapporto dei
calori specifici γ , definito come

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 15


TERMODINAMICA

c
γ = ----p (26)
cv
Anche il rapporto dei calori specifici varia con la temperatura anche se in maniera
contenuta. Per i gas monoatomici vale γ = 1.667 . Molti gas biatomici, inclusa
l’aria, hanno un rapporto dei calori specifici pari a γ = 1.4 a temperatura ambiente.

LE TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE
Un fluido, inizialmente in un certo stato termodinamico (I), si porta ad uno stato ter-
modinamico diverso (II), mediante una trasformazione termodinamica.

TRASFORMAZIONE POLITROPICA. É la trasformazione più generale che si


può avere.

pv n = cost (27)

L’equazione (27) è l’equazione di una generica trasformazione che congiunge due


cp – c
diversi stati del fluido, caratterizzanti l’esponente n = ------------
- e la costante cost , la
cv – c
quale, se c p e c v sono costanti o possano considerarsi tali nell’escursione di tempe-
ratura interessata, ha la prerogativa di congiungere due diversi stati del fluido mante-
nendo invariato il calore specifico durante l’evoluzione. A siffatta trasformazione si
dà il nome di politropica4.
Se il fluido obbedisce all’equazione di stato pv = RT , l’equazione della politropica
si può anche esprimere come segue

RT RT
p = ------- ------- v n = cost T v n – 1 = cost
v v

RT n
v = ------- p ⎛ -------⎞ = cost -----------
RT T
= cost
p ⎝ p⎠ n – 1-
-----------
p n

3.Si può derivare nel modo seguente: poiché dh = c p dT e du = c v dT , sottraendo queste espres-
sioni si ha dh – du = ( c p – c v )dT , ma dh = du + d ( pv ) = du + RdT cosicchè
RdT = ( c p – c v )dT e R = c p – c v .
Una analoga relazione si ottiene se si utilizzano grandezze molari, infatti moltiplicando tutti i termini
per la massa molecolare M si ha R = c – c .
p v
4.Dal 1º principio
δq = dh – vdp si ha cdT = c p dT – vdp

δq = du + pdv cdT = cv dT + pdv

vdp cp – c
Dividendo membro a membro si ottiene il rapporto n = – --------- = -------------
- mediante il quale si può scri-
pdv cv – c
vere
dv dp
n pdv + vdp = 0 n ------ + ------ = 0
v p
e, se n è costante o tale può ritenersi quale valore medio in una ristretta gamma di temperature, inte-
grando

n ln v + ln p = cost ossia pv n = cost .


cp – c
La relazione n = -------------
- , qualora sia noto l’esponente della politropica n , può essere utilizzata per
cv – c
n–γ
determinare la capacità termica massica c = c ⋅ ------------ .
v n–1

16
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI CHIUSI

Osservazione. La trasformazione politropica consente di calcolare il calore comples-


sivo che un sistema riceve δq = cdT , e un termine importante del lavoro: – p dv .

Vale5:
2 n–1
⎛ v----1⎞
∫ p dv = –-----------
1
- RT –1 (28)
n–1 1 ⎝ v 2⎠
1

Forme alternative della soluzione dell’integrale si ottengono facendo intervenire il


rapporto delle pressioni

2 n–1
⎛ p----2-⎞
------------


1 n
p dv = – ------------ RT 1 –1 (29)
n –1 ⎝ p 1⎠
1

oppure il rapporto delle temperature


2

∫ p dv = – -----------
1
-R[T 2 – T1 ] (30)
1
n–1

In modo analogo è possibile risolvere l’integrale ∫ v dp , che incontreremo più

2 n–1
p ------------
avanti . v dp = ------------ p 1 v 1 ⎛ ----2-⎞ n – 1

6 n
n–1 ⎝ p 1⎠
1
Se il fluido è un gas perfetto, si può scrivere

2 n-----------
– 1-
⎛ p----2-⎞

n n
v dp = ------------ RT 1 –1 (31)
n –1 ⎝ p 1⎠
1

Facendo intervenire il rapporto delle temperature si ottiene l’espressione alternativa


2

∫ v dp = -----------
n
- R[T 2 – T1 ] (32)
1
n–1

TRASFORMAZIONE ADIABATICA REVERSIBILE . In questo caso risulta

δq- = 0 per cui n = ------------


c = -----
cp – c c
- = ----p = γ
dT cv – c cv
L’equazione caratteristica è dunque

p
pv γ = ----- = cost (33)
ργ

5.Infatti, essendo p 1 v 1n = pv n si può esplicitare p = p 1 v 1n v – n che sostituita nell’integrale con-


sente di risolverlo:
2 2 2
∫1 p dv = p1 v1n ∫1 v –n dv = p1 v1n
1
---------------- v– n + 1
–n+1 1

1 1 ⎛ v 2⎞ – n + 1
= – ------------ p v n [ v – n + 1 – v – n + 1 ] = – ------------ p 1 v 1n v 1– n + 1 ⎜ -----⎟ –1
n–1 1 1 2 1 n–1 ⎝ v 1⎠

1 ⎛ v 1⎞ n – 1 1 ⎛ v 1⎞ n – 1
= – ------------ p 1 v 1 ⎜ -----⎟ – 1 = – ------------ RT 1 ⎜ -----⎟ –1
n–1 ⎝ 2⎠
v n – 1 ⎝ v 2⎠

6.Dalla p v n = pv n si ricava v = p 1 / n v p – 1 / n , da sostituire nell’integrale:


1 1 1 1
n–1
–1
--- + 1 2
n-----------
– 1-
2 ⎛ p 2⎞ -----------
-

1 - n n - 1/n n
p 11 / n v 1 p – 1 / n 1 / n
dp = p 1 v 1 ---------------- p = ----------- p1 v1 p1 n ⎜ ⎟
-----
- –1
1 1
– --- + 1
n–1 ⎝ p 1⎠
n 1

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 17


TERMODINAMICA

Inoltre, sostituendo semplicemente γ ad n risulta

2 γ–1
γ ⎛p
-----------
----2-⎞

γ
v dp = ----------- RT 1 –1 (34)
γ – 1 ⎝ p 1⎠
1

calcolato lungo un’adiabatica reversibile


Altri casi particolari di politropica sono i seguenti
- isobara p = cost c = c p n = 0
- isocora v = cost c = c v n = ∞
- isoterma T = cost pv = cost c = ∞ n = 1

PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI


Abbiamo visto che il sistema chiuso non ammette trasferimenti di massa attraverso i
suoi confini; il sistema può solo scambiare energia come esso passa da uno stato ad
un altro. Adesso consideriamo il sistema aperto, nel quale la massa può entrare ed
uscire da un certo volume nello spazio.

IL VOLUME DI CONTROLLO. Per studiare i sistemi aperti, introduciamo il con-


cetto di volume di controllo. Questo volume è una regione dello spazio da osservare
σ rispetto alla materia e all’energia che attraversano i suoi confini.
Consideriamo dapprima il principio di conservazione della massa, che si può scrivere
⎛ ------
dm⎞
-
m· i ⎝ dτ ⎠ σ massa entrante in σ = massa uscente da σ + incremento di massa in σ
·
me
m· i = m· e + ⎛ ⎞
dm
⎝dτ ⎠ σ

dove m· i è la massa entrante nell’unità di tempo nel volume di controllo, m· e è la

massa uscente nell’unità di tempo dal volume di controllo e ⎛ ⎞ indica l’accu-


dm
⎝ dτ ⎠ σ
mulo di massa nell’unità di tempo all’interno del volume di controllo. Nel caso di
ingressi e uscite multiple, occorre eseguire una sommatoria estesa a tali flussi per
determinare il bilancio di massa

Σ i m· i = ⎛ ⎞ + Σ e m· e
dm
(35)
⎝dτ ⎠ σ

Osservazione) In generale, la portata in massa m· può essere espressa come:

m· = ρAc (36)

dove ρ è la densità del fluido, c la velocità assoluta ed A la sezione di passaggio


perpendicolare alla direzione del moto. Infatti:

dm d ( ρV ) d ( ρAx ) dx
δQ e δL e m· = ------- = --------------- = ------------------ = ρA ------ = ρAc
--------- -------- dτ dτ dτ dτ
dτ dτ
Il principio di conservazione dell’energia7 per un sistema chiuso è

7.Prima di passare all’analisi energetica di un volume di controllo, consideriamo qualitativamente cosa


accade a una data quantità di massa che attraversa il volume di controllo, cioè, il comportamento di un
m· i ⎛ dE m· e sistema termodinamico chiuso che subisce un processo che lo porta ad attraversare il volume di con-
-------⎞ trollo. Il sistema termodinamico chiuso potrà subire effetti di pressione dalle vicinanze, trasmettere
⎝ dτ ⎠ σ ee calore attraverso i suoi confini, e subire l’azione di forze che producono lavoro. L’energia totale E del
ei sistema chiuso potrebbe cambiare come risultato del suo spostamento da una posizione ad un’altra e,
forse, per una variazione della sua velocità. Indipendentemente da ciò, possiamo certamente analizzare
il sistema mediante il principio di conservazione dell’energia. Inoltre la massa totale entrante e uscente
dal volume di controllo può essere pensata come un gruppo di elementi di massa dm , ovvero, un
gruppo di piccoli sistemi termodinamici chiusi. Possiamo perciò considerare che le masse entrante e
σ uscente dal volume di controllo trasportino energia interna attraverso i confini del volume di controllo.

18
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI

energia entrante in σ con le masse entranti +


calore entrante in σ da esterno + =
lavoro fatto da esterno su tutti gli elementi che attraversano σ

incremento di energia in σ +
energia uscente da σ con le masse uscenti

dm i δQ δL dm
e i + ---------e + --------e = ⎛ -------⎞ + ---------e e e
dE
(37)
dτ dτ dτ ⎝ dτ ⎠ σ dτ

dove m· i e i ed m· e e e rappresentano l’energia trasportata nell’unità di tempo

all’ingresso e all’uscita, rispettivamente, e ⎛ -------⎞ indica la variazione di energia


dE
⎝ dτ ⎠ σ
all’interno di σ
L’equazione precedente può essere utilizzata per analizzare i sistemi aperti, ma il ter-
mine lavoro viene usualmente espresso in una forma più utile8.
Il lavoro esterno L e viene scomposto in:

L e = L i + L sp, netto

dove L i è il lavoro fornito al volume di controllo da forze esterne e L sp, netto è il


lavoro di spostamento netto fatto sul sistema che si sposta dalla sezione di ingresso i
a quella di uscita e .

L sp, netto = p i V i – p e V e

dove il termine p i V i è il lavoro fatto sul fluido per forzarlo dentro il volume di con-
trollo e il termine p e V e il lavoro per forzare il fluido fuori dal volume di controllo.
L’equazione dell’energia può essere scritta nella forma

δ Q δL
m· i ( e i + p i v i ) + ---------e + -------i = ⎛⎝ -------⎞⎠ + m· e ( e e + p e v e )
dE
dτ dτ dτ σ

Il lavoro interno L i viene anche chiamato shaft work ed è frequentemente scambiata


attraverso un albero rotante (ad esempio di una turbina).

8.Come passo intermedio per sviluppare tale espressione, consideriamo di nuovo il volume di con-
trollo. É da notare che, affinché la massa attraversi il volume di controllo, ci deve essere una forza che
la spinga. Questa forza è fornita dalla pressione del sistema. Immaginiamo una massa contenuta in un
volume di area A e lunghezza Δs . Per spostare questa massa, dentro e fuori il volume di controllo,
dobbiamo esercitare una forza pA per la distanza Δs . Indipendentemente dalla quantità di massa, Δs
V
sarà dato da Δs = --- cosicchè il lavoro di spostamento è
A

∫ F ds = F Δs = pA --A- = pV
V
L =

Il lavoro netto fatto sul sistema che si sposta dalla sezione di ingresso i a quella di uscita e , a meno del
lavoro esterno, è
L sp, netto = p i V i – p e V e

dove il termine p i V i è il lavoro fatto sul fluido per forzarlo dentro il volume di controllo e il termine
p e V e il lavoro per forzare il fluido fuori dal volume di controllo.

Il termine pV viene chiamato lavoro di spostamento, ed è prassi considerarlo separatamente dal lavoro
scambiato con oggetti esterni al volume di controllo.
Il lavoro di spostamento nel tempo dτ esercitato sul confine del volume di controllo dalle forze di pA
pressione vale: V A
δL
------ = F ------ = pA ------ = p ------- = p ------ ⎛⎝ ----⎞⎠ = pv -------
ds ds dV d m dm
dτ dτ dτ dτ dτ ρ dτ
Δs
perchè le proprietà, in questo caso v , si ritiene costante nellintervallo di tempo dτ .

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 19


TERMODINAMICA

Ricordiamo ancora una volta che l’energia totale e si compone dell’energia interna
termica u , dell’energia potenziale gravitazionale, dell’energia cinetica, ecc. Per con-
venienza introduciamo l’entalpia, definita come h = u + pv per cui l’equazione
generale dell’energia per un sistema aperto si può scrivere

δQ δL
m· i ( h + e g + e c + e ch + .... ) i + ---------e + -------i = ⎛ -------⎞ + m· e ( h + e g + e c + e ch + .... )e
dE
dτ dτ ⎝ dτ ⎠ σ

e nel caso di ingressi e uscite multipli

δ Q δL
Σ i m· i ( h + eg + e c + e ch + .... ) i + ---------e + -------i = ⎛ -------⎞ + Σ e m· e ( h + eg + e c + e ch + .... ) e
dE
dτ dτ ⎝ dτ ⎠ σ

Per fortuna in molti problemi questa formulazione generale si semplifica notevol-


mente.

FLUSSO STAZIONARIO. Se il sistema aperto si trova in condizioni stazionarie,


allora non ci sono variazioni all’interno del volume di controllo con il tempo; così

- = 0 e ⎛ -------⎞ = 0 . In questa circostanza la portata in massa non cambia con


⎛ ------
dE⎞ dm
⎝ dτ ⎠ σ ⎝ dτ ⎠ σ
il tempo, per cui Σm· i = Σm· e e l’espressione del I principio diventa

Q· e + P i = Σ e m· e ( h + e g + e c + e ch + .... ) e – Σ i m· i ( h + e g + e c + e ch + .... ) i (38)


Se, in particolare, abbiamo un solo flusso in ingresso e in uscita allora
m· i = m· e = m· , cosicchè

Q· e + P i = m· [ ( h + e g + e c + e ch + .... ) e – ( h + e g + e c + e ch + .... ) i ] (39)

Dividendo, entrambi i membri, per la portata in massa m· , si ha

q e + l i = Δh + Δe g + Δe c + ... (40)

L’equazione (40) è chiamata primo principio in forma termica.


Per una trasformazione elementare
δq e + δl i = dh + de g + de c + ...
É possibile trovare ancora una espressione del primo principio, che mette in evidenza
le perdite che si hanno in una trasformazione9:

li = ∫ v dp + l w + Δe g + Δe c + ... (41)

Questa formulazione del 1º principio, valida per i sistemi aperti in moto stazionario,
ha il pregio di presentare un bilancio di grandezze tutte meccaniche; è chiamata
primo principio in forma meccanica.
N.B. La somma dei termini q e calore massico scambiato con l’esterno, e l w lavoro
dissipato in attrito e quindi in calore, rappresenta il calore netto che un sistema riceve
qe + lw = qe + qw = q . (42)

Nel caso in cui il sistema si trovi allo stato liquido l’espressione (41) si può semplifi-
care. Infatti i liquidi, in prima approssimazione, si possono considerare incompressi-

9.Si ricorre di nuovo al principio di conservazione dell’energia in un sistema chiuso. Si è già visto che
δq e + δl w = du + pdv , ma, per la definizione di entalpia, è dh = d ( u + pv ) = du + pdv + vdp per
cui δq e + δl w = dh – vdp . Eliminando il termine dh si ottiene δl i = δl w + vdp + de g + de c + ...

e, integrando, l i =
∫ v dp + lw + Δeg + Δec + ... .

20
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI

bili cioè v = cost oppure ρ = cost . In tal caso il volume specifico può essere
portato fuori dal segno di integrale e l’equazione (41) diventa

l i = vΔp + l w + Δe g + Δe c + ... (43)

c 22 – c 12
l i = v ( p 2 – p 1 ) + l w + g ( z 2 – z 1 ) + ---------------
- + ... (44)
2

CICLO TERMODINAMICO
É una sequenza di trasformazioni (con scambio di calore e lavoro con l’esterno) che
riportano una data massa di fluido al suo stato iniziale.
Applicando il 1º principio per i sistemi chiusi all’unità di massa che percorre il ciclo
ritornando al suo stato iniziale
Σq e + Σl e = Δe = 0
Se invece si applica il 1º principio per i sistemi aperti, a un volume di controllo che
contenga l’impianto che realizza il ciclo, dall’inizio alla fine del ciclo si ottiene

Σq e + Σl i = Δh + Δe c + Δe g = 0

Risulta quindi che il lavoro esterno e quello interno coincidono l e = l i in quanto il


lavoro di spostamento è nullo. Scriveremo
Σq e + Σl i = 0 (45)

Se ora, contrariamente alla convenzione adottata, consideriamo positivo il lavoro


ottenuto dal sistema termodinamico, si ha

Σq e – Σl i = 0 (46)

Le sommatorie vanno estese a tutte le fasi del ciclo in cui si ha scambio di calore e di
lavoro. In generale in un ciclo vi è una somministrazione di calore da una sorgente
esterna q 1 e una cessione di calore ad un’altra sorgente esterna a temperatura più
bassa q 2 . Per cui il lavoro netto ottenuto in un ciclo termodinamico per unità di
massa che l’attraversa è
li = q 1 – q2 (47)

Se si moltiplica per la portata in massa che percorre il ciclo si ottiene la relazione fra
la potenza ottenuta dal ciclo e le potenze termiche m· q 1 fornita e m· q 2 sottratta

P i = m· ( q 1 – q 2 ) ovvero P i = Q· 1 – Q· 2 (48)

ESEMPI DI SISTEMI APERTI


Vengono di seguito introdotti alcuni dei componenti più comuni nei sistemi energe-
tici. Sono tutti sistemi aperti.

Scambiatore di calore a un fluido. Uno scambiatore di calore a un fluido è un com-


ponente che serve per riscaldare o raffreddare il fluido che lo percorre mediante lo
scambio (somministrazione o sottrazione) di potenza termica. E’ detto riscaldatore se

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 21


TERMODINAMICA

la potenza termica scambiata con l’esterno è entrante nel sistema, raffreddatore se è


uscente.

m· i = m· e = m·

σ Q· e + P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
Q& e
Pi = 0

Δe g ≈ 0

Se Δe c = 0 allora

Q· e = m· Δh oppure q e = Δh

Scambiatore di calore a due fluidi. Lo scambio di potenza termica avviene tra due
fluidi: l’uno si riscalda a spese dell’altro che si raffredda. Si tratta di uno scambiatore
a superficie: il contatto tra i due fluidi è solo di tipo termico (non c’è miscelazione
delle masse).

m· fi = m· fe = m· f

σ m· ci = m· ce = m· c

Q· e = m· f ( Δh ) f + m· c ( Δh ) c

essendo P i = 0 , Δe g ≈ 0 e se
Δe c = 0
Se il sistema è adiabatico verso l’esterno
·
allora Q e = 0

Scambiatore di calore a miscela. Il fluido caldo e il fluido freddo in ingresso si


miscelano. Vi è un’unica uscita, avente condizioni termodinamiche intermedie che
dipendono da quelle dei flussi entranti e dal rapporto in cui stanno le due portate.

m· i1 + m· i2 = m· e

σ Q· e = Σm· e ( Δh 0 ) e – Σm· i ( Δh 0 ) i = 0
Se il sistema è adiabatico verso l’esterno allora
Q· e = 0 e si ottiene
m· i1 ( h i1 – h 0 ) + m· i2 ( h i2 – h 0 ) = m· e ( h e – h 0 )
= ( m· i1 + m· i2 ) ( h e – h 0 )

m· i1 ( h e – h i1 ) + m· i2 ( h e – h i2 ) = 0

L’entalpia h 0 rappresenta l’entalpia di uno stato di riferimento comune per tutti i


fluidi.

22
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI

Turbina. In una turbina si realizza un’espansione, il cui scopo è la produzione di


lavoro. All’albero deve essere collegato un utilizzatore che raccolga il lavoro pro-

σ
p
1

p2 < p 1 v

dotto, es: alternatore. La trasformazione è con buona approssimazione adiabatica,


poiché il tempo di permanenza del fluido nella turbina è molto breve.
Si distingue tra turbine a gas e turbine a vapore, a seconda che il fluido di lavoro sia
un gas oppure un vapore.
Non solo nella rappresentazione grafica ma anche nella realtà le turbine sono a
sezione crescente. Infatti sono generalmente progettate per lavorare con velocità
lungo l’asse costante perché altrimenti ci sarebbero perdite fluidodinamiche troppo
elevate. Procedendo dal punto 1 al punto 2 il volume specifico v aumenta. Dall’equa-
zione di conservazione della massa:
Ac-
m· = ρAc = -----
v
si osserva come per un sistema stazionario (portata in massa m· costante), al fine di
mantenere costante la velocità, all’aumentare di v debba aumentare anche la sezione
di passaggio del fluido A .

Q· e + P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )

In base all’ipotesi di abiabaticità e considerando Δe g ≈ 0 , vera con buona approssi-


mazione se il fluido è compressibile tipo gas o vapore, e se Δe c = 0 , perché in gene-
rale non è detto che lo sia, si ha:
P i = m· ( h 2 – h 1 ) essendo h 2 < h 1 risulta P i < 0
In alternativa, per ottenere una potenza positiva, poiché è chiaro che si tratta di una
turbina che fornisce lavoro all’esterno, si può cambiare convenzione del lavoro
nell’espressione del primo principio e scrivere

Q· e – P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
In questo risulterà, infatti
P i = m· ( h 1 – h 2 ) > 0 .
Essendo il sistema, oltre che in condizioni stazionarie, con un solo ingresso e una
sola uscita si poteva scrivere il primo principio riferendosi all’unità di massa.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 23


TERMODINAMICA

Compressore. Un compressore realizza la compressione di un fluido, utilizzando


lavoro fornito dall’esterno. All’albero deve quindi essere collegato un motore (es.

p
σ 2

v
p2 > p1
motore elettrico, motore termico) per l’introduzione del lavoro necessario. La trasfor-
mazione può essere supposta adiabatica.
Nei compressori la sezione diminuisce con il procedere della trasformazione affinché
la velocità si mantenga costante al diminuire del volume specifico v .
Analogamente al caso della turbina avremo

Q· e + P i = m· ( Δh + Δe c + Δe g )
che semplificata fornisce
P i = m· ( h 2 – h 1 )

positiva perché h 2 > h 1

Ugello. Per ugello si intende un condotto di sezione variabile che aumenta la velocità
di un fluido. Se comunque la velocità del fluido rimane al di sotto della velocità del
suono (vedi capitoli successivi) la forma del condotto è convergente, cioè, è a sezione
decrescente. Non deve meravigliare il fatto che un condotto che riduce la sua sezione

p
σ 1
p1 p2<p1
c1 c2>c1
2

v
di passaggio, acceleri il flusso, perché, infatti, bisogna pensare all’ipotesi di staziona-
rietà del moto che impone che la portata si mantenga costante lungo il condotto.
In un ugello il fluido che lo attraversa si espande senza scambiare lavoro con
l’esterno, e infatti nessun albero attraversa i suoi confini. La diminuzione di pressione
si traduce in un incremento dell’energia cinetica del fluido, che esce ad una velocità
superiore a quella di ingresso. Il calore scambiato con l’esterno si può supporre tra-
scurabile dato che il tempo di permanenza all’interno del condotto è modesto. Utiliz-
zando il primo principio e riferendosi all’unità di massa che entra e esce dal volume
di controllo

24
PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI APERTI

q e + l i = Δh + Δe g + Δe c + ...
in base alle ipotesi fatte risulta

Δh + Δe c = 0

avendo supposto Δe g ≈ 0 . In dettaglio

c 22 – c 12
h 2 – h 1 + ---------------
- = 0
2
da cui

c2 = c 12 + 2 ( h 1 – h 2 )

Diffusore. Un diffusore è un condotto divergente, se in nessuna sezione si raggiunge


la velocità del suono. In esso avviene una compressione senza scambio di lavoro.

p
σ 2
p1 p2>p1
c1 c2<c1
1

v
L’aumento di pressione si verifica a spese dell’energia cinetica del fluido, che pre-
senta quindi in uscita una velocità minore di quella di ingresso. Si può assumere che
la trasformazione avvenga senza scambio di calore con l’esterno.
L’applicazione del primo principio in forma termica conduce ad una espressione ana-
loga al caso precedente.
Possiamo utilizzare anche l’altra espressione del I principio, quella in forma mecca-
nica (ovviamente ciò vale anche per gli ugelli)

li =
∫ v dp + l w + Δe g + Δe c + ...

che si semplifica nella

∫ v dp + l w + Δe c = 0

Vale la pena ricordare che l’integrale si può risolvere solo se conosce il percorso della
trasformazione, cioè l’esponente n della politropica10.

Pompa. Una pompa è un dispositivo che serve per comprimere un liquido. E’ quindi
simile al compressore. Il liquido si differenzia dal gas perché è praticamente incom-

10.Se, in particolare, la trasformazione fosse oltre che adiabatica anche reversibile ( n = γ e l w = 0 )


p2 > p1
σ
si avrebbe
∫ v dp + Δec = 0 che in base alla (34) fornisce l’incremento di pressione nel diffusore a M
is
γ p1
⎧ c 12 – c 22 ⎫γ---------- -
⎪ ------------------ ⎪ –1
p2 ⎪ 2 ⎪
fronte della riduzione di velocità: ------ = ⎨ 1 + ---------------------- ⎬ .
⎪ γ -
RT 1 ⎪
p1
----------
⎪ γ–1 ⎪
⎩ ⎭

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 25


TERMODINAMICA

pressibile. Di conseguenza la densità del liquido si considera costante e quindi non è


necessaria una equazione di stato, come nel caso dei gas.
La pompa deve essere azionata da un motore. La freccia che compare nel simbolo
indica la direzione del flusso. Vale l’ipotesi di assenza di scambi termici con
l’esterno.
Normalmente gli effetti termici nelle macchine idrauliche non vengono considerati,
quindi si ignora la variazione di temperatura nelle trasformazioni. Si preferisce allora
utilizzare il primo principio scritto in forma meccanica (cfr. equ. (43) e (44)).

Valvola di laminazione o strozzamento. Le valvole di strozzamento sono dei dispo-


sitivi, di sezione fissa o variabile, inseriti in un condotto causando un caduta di pres-
sione significativa. Diversamente dalle turbine, le valvole causano una caduta di
pressione (espansione) senza produrre lavoro. La caduta di pressione nel fluido è
spesso accompagnata da una diminuzione di temperatura, e per questa ragione le val-
vole di laminazione vengono impiegate nelle macchine frigorifere.
Le valvole sono generalmente di piccole dimensioni (in senso relativo), e il flusso
può essere assunto adiabatico ( q e = 0 ) poiché non c’è nè tempo sufficiente nè
un’area abbastanza grande perché ci sia un effettivo trasferimento di calore. Inoltre,
come detto, non c’è lavoro ( l i = 0 ) e la variazione di energia gravitazionale è trascu-
rabile ( Δz = 0 ). Per quanto riguarda l’energia cinetica, occorre osservare che
l’espansione produce un’accelerazione della corrente e quindi un aumento della velo-
cità. Tuttavia, quest’energia cinetica si estingue rapidamente in vortici nel condotto a
valle della valvola. Ponendo quindi la sezione di uscita al volume di controllo suffi-
cientemente a valle della valvola si può supporre che la velocità del flusso sia dello
stesso ordine di grandezza di quella in ingresso e considerare, perciò, Δe c ≈ 0 .
L’equazione di conservazione dell’energia conduce quindi alla conclusione
h e = hi
e per questa ragione che una valvola di laminazione viene spesso detta isentalpica.

q e + l i = Δh + Δe g + Δe c + ...
e
i
qe = 0

li = 0

Δz = 0
Δe c ≈ 0

Nel caso che fluido strozzato sia un gas ideale, per il quale l’entalpia è solo funzione
della temperatura, la trasformazione oltre che isentalpica è anche isoterma.
Te = T i = T

DIAGRAMMI TERMODINAMICI I

p DIAGRAMMA DI CLAPEYRON. pressione - volume massico


2
A Consente di rappresentare il lavoro scambiato con l’esterno lungo una trasforma-
zione. Consideriamo una compressione reversibile 1-2. L’area sottesa dalla trasfor-
2
mazione sull’asse delle ascisse è pari a –
∫ pdv , per cui rappresenta il lavoro esterno
1
2
B 1
l e . L’area sottesa dalla trasformazione sull’asse delle ordinate è pari a ∫ v dp , per cui
1

O C D v rappresenta il lavoro interno l i . La differenza tra i due lavori è il lavoro di sposta-


mento del fluido

26
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

le = li + p 1 v1 – p2 v 2 (49)

2 2 p
– ∫ pdv = ∫ v dp + p v
1 1
1 1 – p 2 v 2 C21D = A21B + OB1D – OA2C

Nel caso in cui la trasformazione ritorna alle condizioni iniziali, percorrendo un ciclo,
il lavoro di spostamento si annulla e l e coincide con l i

°∫
– pdv =
°∫ vdp (50)
v

SECONDO PRINCIPIO DELLA


TERMODINAMICA

INTRODUZIONE
Finora abbiamo applicato il I principio della termodinamica, o principio di conserva-
zione dell’energia, a trasformazioni di sistemi chiusi e aperti. Come sappiamo, l’ener-
gia é una proprietà che si conserva (può trasformarsi da una forma all’altra) e nessun
processo può aver luogo in violazione del primo principio. Perciò, si dice, ragione-
volmente, che affinché una trasformazione avvenga deve soddisfare il primo princi-
pio. Comunque, come vedremo subito, soddisfare solamente il primo principio non
assicura che una trasformazione abbia effettivamente luogo.
L’esperienza comune é che una tazza di caffè caldo posta in una stanza più fredda alla
fine si raffredda. Questa trasformazione soddisfa il primo principio perché la quantità
di energia persa dal caffè é uguale alla quantità guadagnata dall’aria circostante.
Adesso consideriamo il processo inverso - il caffè caldo diventa sempre più caldo in
una stanza più fredda per effetto della trasmissione di calore dall’aria della stanza alla
tazza. Sappiamo che questo processo non avrà mai luogo. Tuttavia, facendo così non
si violerebbe il primo principio fintantoché la quantità di energia perduta dall’aria é
uguale alla quantità guadagnata dal caffè.
Come altro esempio, consideriamo il riscaldamento di una stanza mediante il passag-
gio di corrente attraverso una resistenza elettrica. Di nuovo, il primo principio detta
che la quantità di energia elettrica fornita alla resistenza sarà uguale alla quantità di
energia trasmessa alla stanza come calore. Adesso tentiamo di invertire il processo.
Non sarà una sorpresa scoprire che trasferendo del calore alla resistenza non genererà
un’equivalente quantità di energia elettrica, anche se non viene violato il primo prin-
cipio.
É chiaro dagli esempi riportati che le trasformazioni avvengono in una certa dire-
zione e non in direzione opposta. Il primo principio non pone restrizioni sulla dire-
zione di una trasformazione, ma soddisfare il primo principio non assicura che quella
trasformazione si realizzerà. Questa inadeguatezza del primo principio a identificare
se un processo può aver luogo viene rimediata introducendo un altro principio gene-
rale, il secondo principio della termodinamica.
Comunque l’utilità del secondo principio non è sono nell’identificare la direzione
delle trasformazioni ma, come vedremo, anche nello stabilire che l’energia possiede
qualità e non solo quantità. Il I principio si occupa di quantità di energia e delle tra-
sformazioni di energia da una forma a un’altra senza riguardo alla loro qualità.
Il II principio è anche utilizzato per determinare i limiti teorici delle prestazioni dei
sistemi ingegneristici come le macchine termiche e le macchine frigorifere.

RISERVE DI ENERGIA TERMICA


Nel trattare il II principio della termodinamica è conveniente disporre di un corpo
ipotetico con una grande capacità termica che sia in grado di fornire o assorbire quan-
tità finite di calore senza cambiare di temperatura. Tale corpo viene chiamato una
riserva (reservoir) di energia termica. In pratica, grandi masse di acqua, come il mare,

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 27


TERMODINAMICA

i laghi, i fiumi, come pure l’aria atmosferica possono essere considerate delle riserve
di energia termica.
Una riserva che fornisce energia sotto forma di calore viene chiamata sorgente ter-
mica mentre una riserva che riceve energia sotto forma di calore si chiama pozzo ter-
mico.
La traduzione di reservoir con riserva non è molto felice, sarebbe più corretto tra-
durre con serbatoio che però non è utilizzato nel nostro linguaggio con questo signifi-
cato. Si preferisce riferirsi a queste grandi capacità termiche con il termine di
sorgente, intendendo sia la sorgente vera e propria che il pozzo, e distinguendo tra le
due come sorgente termica ad alta temperatura e sorgente termica a bassa tempera-
tura.

MACCHINE TERMICHE
Il lavoro può essere convertito facilmente in altre forme di energia ma convertire altre
forme di energia in lavoro non è così facile. Per esempio, se introduciamo un frulla-
tore in un liquido, il lavoro fatto sul liquido andrà ad aumentare la sua energia
interna. Viceversa se aumentiamo l’energia interna del liquido attraverso un trasferi-
mento di calore dall’esterno non per questo il frullatore si metterà a girare. La conclu-
sione è che il lavoro si può convertire direttamente e completamente in energia
S o rg e n te d i a lta termica mentre per convertire quest’ultima in lavoro occorrono dispositivi speciali.
te m p e ra tu ra T1
Questi dispositivi sono le macchine termiche.
Le macchine termiche sono molto diverse tra di loro ma tutte possono essere caratte-
Q1 rizzate nella maniera seguente:
1. ricevono calore da una sorgente ad alta temperatura (energia solare, combustione
M a c c h in a L di un combustibile, reattore nucleare);
te rm ic a 2. convertono parte di questo calore in lavoro (usualmente nella forma di un albero
rotante);
Q2 3. scaricano il calore rimanente a una sorgente a bassa temperatura (l’atmosfera, un
fiume, ecc.);
S o rg e n te d i b a s s a 4. operano in un ciclo.
te m p e ra tu ra T2
Le macchine termiche usualmente fanno uso di un fluido, che opera nel ciclo, che
viene chiamato fluido di lavoro.
Come esempio consideriamo un impianto motore a vapore. Il fluido di lavoro è acqua
che passa dallo stato liquido a quello di vapore e viceversa. Una pompa fornendo
lavoro dall’esterno L 1 comprime il liquido inviandolo al generatore di vapore dove
appunto avviene il cambiamento di fase introducendo il calore Q 1 per mezzo di una
sorgente esterna. Il vapore ad elevata temperatura e in pressione si espande in una
turbina che fornisce all’esterno il lavoro L 2 . Il vapore scaricato dalla turbina deve
essere inviato al condensatore, che sostanzialmente è uno scambiatore di calore, dove
il vapore viene appunto condensato sottraendo il calore Q 2 utilizzando come pozzo
termico l’aria atmosferica o l’acqua, per esempio, di un fiume.
Da notare che la direzione delle interazioni calore e lavoro sono state indicate con 1
per quelle in ingresso e 2 per quelle in uscita e quindi sono grandezze positive.
Il lavoro netto che il sistema esegue sull’esterno è dato dalla differenza

L = L2 – L 1
Applichiamo il primo principio. E’ indifferente applicare il I principio per i sistemi
aperti o per i sistemi chiusi. Entrambi, trattandosi di un ciclo, portano alla stessa con-
clusione:
L = Q1 – Q2 (51)

28
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

e
e

generatore Q1 L2
di vapore d T alternatore
c
turbina
f
b
L1 condensatore
pompa

Q2
a

Rendimento termico
Q 2 rappresenta il calore trasferito all’esterno, e quindi dissipato, per completare il
ciclo ed è sempre diverso da zero. Quindi il lavoro ottenuto è sempre minore
dell’energia termica ricevuta, cioè solo una parte del calore trasmesso dalla sorgente
termica può essere convertito in lavoro. La frazione del calore ricevuto che viene
convertita in lavoro è una misura della prestazione della macchina termica e viene
chiamato rendimento termico η ter .
Il rendimento, in generale, è il rapporto tra l’uscita desiderata e l’ingresso richiesto.
Nelle macchine termiche l’uscita desiderata è il lavoro netto e l’ingresso necessario è
il calore introdotto. Quindi

L-
η ter = ----- (52)
Q1
che si può anche scrivere

Q
η ter = 1 – -----2- (53)
Q1
Il rendimento termico nei moderni impianti motori al massimo arriva al 60% e ciò
significa che nei casi migliori si dissipa il 40% dell’energia introdotta.
Si può risparmiare Q 2 ? Purtroppo no11.
L’impossibilità nelle macchine di utilizzare tutto il calore ricevuto forma la base del
postulato di Kelvin-Planck del II principio della termodinamica:

Postulato di Kelvin-Planck
É impossibile che una macchina, che operi in un ciclo, scambi calore con una singola
sorgente termica e produca una quantità netta di lavoro.

Un altro modo per esprimere questo postulato è che nessuna macchina termica può
avere un rendimento del 100% S o r g e n te d i a l ta
T1
Da notare che tale limitazione non è dovuta ad attriti o altri effetti dissipativi e si te m p e r a tu r a
applica quindi anche alle macchine termiche ideali.
Q1
MACCHINE FRIGORIFERE
M a c c h in a L
L’esperienza ci dice che il calore si trasmette spontaneamente da un mezzo ad alta
f r ig o r if e r a
temperatura ad un altro a bassa temperatura. Il processo inverso, che non può svol-
gersi da solo, richiede dispositivi speciali chiamati frigoriferi.
I frigoriferi, come le macchine termiche, sono delle macchine cicliche. Il fluido di Q2
lavoro utilizzato nel ciclo frigorifero si chiama refrigerante. Il ciclo frigorifero più
usato è il ciclo frigorifero a compressione di vapore, costituito da 4 elementi: un com- S o r g e n t e d i b a s s a
pressore, un condensatore, una valvola di espansione e un evaporatore. T2
te m p e r a tu r a

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 29


TERMODINAMICA

aria ambiente

Q1
800 kPa 800 kPa
condensatore
30°C 3 2 60°C

compressore
valvola
espansione
L

120 kPa
4 1 120 kPa
– 26° C evaporatore – 20° C
Q2
ambiente refrigerato

Il refrigerante entra nel compressore sotto forma di vapore dove viene compresso
fino alla pressione di condensazione. Il vapore lascia il compressore ad una tempera-
tura relativamente alta ed attraversa il condensatore dove scambiando calore con
l’ambiente esterno viene raffreddato e condensato. La condensa viene quindi espansa
in un tubo capillare (valvola di espansione) subendo una drastica riduzione di tempe-
ratura. Il refrigerante a bassa temperatura entra quindi nell’evaporatore dove evapora
ricevendo calore dall’ambiente refrigerato. Lasciando l’evaporatore e rientrando nel
compressore il refrigerante completa il suo ciclo.
La figura che segue rappresenta sul piano termodinammico p – h il ciclo che si
svolge nella macchina rappresentata nella figura precedente, assumendo come fluido
refrigerante l’R12. Nel caso considerato l’uscita dall’evaporatore (punto 1) è vapore
leggermente surriscaldato, mentre l’uscita dal condensatore (punto 3) è liquido leg-
germente sottoraffreddato, come accade nelle macchine reali. Spesso, per calcoli di
prima approssimazione, si considerano rispettivamente vapore saturo secco (punto 1)
e liquido saturo (punto 3).

11.Per rendersene conto lo dimostriamo utilizzando una macchina termica semplice. Consideriamo il
sistema chiuso contenuto nel cilindro illustrato in figura. Il gas si trova inizialmente a 30 °C. Successi-
vamente viene posto in contatto con una sorgente termica a 100 °C ricevendo 100 kJ di calore. Il
sistema si espande, perché é aumentata la sua energia interna, sollevando lo stantuffo con il peso e
compiendo, quindi, lavoro sull’esterno, nella quantità di 15 kJ. Tolto il peso se si riesce a far tornare
nelle condizioni iniziali il sistema si può ripetere il ciclo e sollevare un altro peso. Per raggiungere lo
scopo si potrebbero trasferire 85 kJ alla sorgente esterna a 100 °C facendo così ritornare il sistema a 30
°C. Ciò, sappiamo dall’esperienza, è impossibile per cui per tornare alle condizioni di partenza occorre
allora introdurre un’altra sorgente, a temperatura più bassa, per esempio a 20 °C, a cui cedere gli 85 kJ.

15 kJ

GAS
GAS SI GAS
85 kJ
30°C 90°C 30°C

20°C
100 kJ
NO

100°C
GAS
85 kJ
30°C
100°C

30
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

10 5

R12

10 4
p (kPa)

60°C
10 3 3 800 kPa
2
30°C

-20°C
10 2 -26°C
120 kPa 1
0.2
4 0.4 0.6 0.8

10 1
0 25 50 75 100 125 150 175 200 225 250
h (kJ/kg)

Nel frigorifero domestico, il comparto del ghiaccio dove il calore viene estratto dal
refrigerante, funge da evaporatore, e la serpentina dietro il frigorifero, dove il calore
viene trasmesso alla stanza, funge da condensatore.
Q 2 è la quantità di calore rimossa dallo spazio refrigerato alla temperatura T 2 men-
tre Q 1 è la quantità di calore scaricata nell’ambiente caldo alla temperatura T 1 . L è
il lavoro fornito al ciclo.

Coefficiente di prestazione
Il rendimento di un frigorifero viene espresso mediante il coefficiente di prestazione
( COP R ). Il compito del frigorifero è di rimuovere il calore Q 2 dallo spazio raffred-
dato ricevendo dall’esterno il lavoro L . Il COP del frigorifero si può esprimere come:

uscita desiderata Q
COP R = -------------------------------------------------- = -----2- (54)
ingresso richiesto L
Il principio di conservazione dell’energia richiede che in un ciclo ( Q 2 – Q 1 + L = 0 )

L = Q1 – Q 2
per cui il COP si può anche scrivere

Q2 1
COPR = ------------------
- = --------------- (55)
Q1 – Q 2 Q1
------ – 1
Q2
Da notare che COP può essere maggiore di uno, cioè la quantità di calore rimosso
dallo spazio refrigerato può essere più grande del lavoro assorbito. Questa è la
ragione per cui si utilizza la dizione COP invece di rendimento, per non avere il caso
singolare di un rendimento maggiore di uno.

Pompe di calore
Un altro dispositivo che trasferisce calore da un mezzo a bassa temperatura a un altro
ad alta temperatura è la pompa di calore. I frigoriferi e le pompe di calore utilizzano
lo stesso ciclo ma hanno obiettivi diversi. La pompa di calore ha l’obiettivo di mante-
nere uno spazio riscaldato ad alta temperatura assorbendo calore da una sorgente a
bassa temperatura, come acqua di pozzo o aria fredda esterna, e fornendo questo
calore a un ambiente ad alta temperatura come un’abitazione.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 31


TERMODINAMICA

Un frigorifero posto sulla finestra di una casa con la sua porta aperta all’aria fredda
esterna funzionerà come una pompa di calore perché cercherà di raffreddare l’esterno
sottraendogli calore e trasferendolo all’abitazione.
Anche le prestazioni di una pompa di calore vengono espresse attraverso il coeffi-
ciente di prestazione COP HP definito come:

uscita desiderata Q
COPHP = -------------------------------------------------- = -----1- (56)
ingresso richiesto L
che si può anche esprimere come

Q1 1
COPHP = ------------------
- = --------------- (57)
Q 1 – Q2 Q
1 – -----2-
Q1
Dal confronto con la (55) risulta
COPHP = COPR + 1 (58)

per valori costanti di Q 1 e Q 2 . Ciò implica che il COP di una pompa di calore è sem-
pre maggiore del COP di un frigorifero in quanto COP R è una quantità positiva.

Postulato di Clausius.
É impossibile costruire un dispositivo, che operi in un ciclo, che abbia come unico
effetto di trasferire calore da un corpo a più bassa temperatura a un corpo a più alta
temperatura.
Si può dimostrare l’equivalenza tra il postulato di Kelvin e quello di Clausius e
quindi entrambi possono essere considerati come espressione del secondo principio
della termodinamica che, in quanto principio, non viene dimostrato. Ma, al pari del
primo principio, nessuna osservazione sperimentale l’ha mai negato12.

12.Riprendendo l’esempio della macchina termica semplice il ciclo, oltre a presentare un rendimento
del 100%, produrrebbe lavoro scambiando calore con una sola sorgente termica e inoltre trasferirebbe
calore dal sistema a temperatura più bassa alla sorgente a temperatura più alta senza aver speso nulla.
Vengono quindi contraddetti sia il postulato di Kelvin che quello di Clausius.
Sono stati brevettati nel passato, anche se non mancano esempi recenti, motori con rendimenti del
100%, come ad esempio l’impianto motore a gas in basso a sinistra. La pretesa é che, una volta avviato
il sistema, fornendo energia elettrica alla resistenza R per introdurre il calore Q 1 al ciclo, l’impianto é
in grado di funzionare autonomamente (perpetuum mobile). In realtà l’impianto non può creare energia
e quindi non può funzionare. Applicando il primo principio si ottiene – Q 2 – L = ΔE che é impossi-
bile in quanto ΔE = 0 in un ciclo. Si tratta, quindi, di un perpetuum mobile di I specie perché viola il
I principio della termodinamica.
L Q1
Q1

Q2

Un altro esempio di perpetuum mobile é rappresentato in figura a destra. Il calore scambiato con
l’esterno é questa volta positivo per cui risulta verificato il I principio Q 1 – L = 0 che fornisce
L = Q 1 , ma viene violato il II principio perché il ciclo scambia calore con una sola sorgente termica.
Si parla allora di perpetuum mobile di II specie.

32
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

TRASFORMAZIONI REVERSIBILI E IRREVERSIBILI


Il secondo principio della termodinamica stabilisce che nessuna macchina termica
può avere un rendimento del 100%. Allora ci può chiedere qual é il rendimento più
alto che si può ottenere. Prima di rispondere a questa domanda é necessario definire
cos’è una trasformazione ideale o reversibile.
Una trasformazione (o processo) reversibile é quella trasformazione che può svol-
gersi in senso inverso senza lasciare traccia sull’esterno (surroundings). Cioè, sia il
sistema che l’esterno ritornano al loro stato iniziale alla fine della trasformazione
inversa. Ciò é possibile solo se il calore e il lavoro netti scambiati con l’esterno sono
nulli per la trasformazione combinata (diretta e inversa).
Una trasformazione che non é reversibile si dice irreversibile.
Occorre sottolineare che un sistema può essere riportato al suo stato iniziale a seguito
di una trasformazione reversibile o irreversibile, con la differenza che nel primo caso
non si verifica alcuna variazione netta sull’esterno, mentre nel secondo caso l’esterno
scambia normalmente del lavoro con il sistema e perciò non ritorna al suo stato di
origine.
Le trasformazioni reversibili non si verificano in natura. Sono semplicemente idealiz-
zazioni di processi reali. Possono essere interpretate come limiti teorici per le corri-
spondenti trasformazioni irreversibili.
I fenomeni che rendono un processo irreversibile si chiamano irreversibilità. Essi
includono l’attrito, il mescolamento di due gas, la trasmissione del calore con diffe-
renze finite di temperatura, il riscaldamento di una resistenza elettrica, la deforma-
zione anelastica dei solidi, le reazioni chimiche, le onde d’urto nei gas, ecc.
Facciamo alcuni esempi.

ATTRITO. L’attrito é una familiare forma di irreversibilità associata a corpi in


movimento (solidi, liquidi o gassosi).

attrito
( calore ) attrito
GAS
( calore )

TRASMISSIONE DEL CALORE. Il sistema si può riportare alla temperatura di


origine ma occorre fornire del lavoro dall’esterno. Poiché solo il sistema, e non
entrambi, il sistema e l’esterno, é stato riportato alla sua condizione iniziale, la tra-
smissione del calore attraverso una differenza finita di temperatura é un processo
irreversibile.
La trasmissione di calore può solo avvenire quando c’è una differenza di temperatura
tra il sistema e l’esterno

5°C 20°C 5°C

20°C
20°C 20°C
Perciò é fisicamente impossibile un processo di trasferimento del calore reversibile.
Può però essere pensato come un processo ideale in cui la differenza di temperatura
tende al limite ad annullarsi per dT → 0 .

PROCESSI INTERNAMENTE E ESTERNAMENTE REVERSIBILI


Un processo é un’interazione tra un sistema e l’esterno e un processo reversibile non
presenta irreversibilità associate a ciascuno di essi.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 33


TERMODINAMICA

Una trasformazione si chiama internamente reversibile se non si manifestano irrever-


sibilità all’interno dei confini del sistema durante la trasformazione.
Una trasformazione é esternamente reversibile se non si manifestano irreversibilità
all’esterno dei confini del sistema durante la trasformazione.
Una trasformazione si dice totalmente reversibile o semplicemente reversibile se non
vi sono irreversibilità all’interno del sistema e all’esterno durante la trasformazione.

p 3 IL CICLO DI CARNOT
Q1
A questo punto proviamo a riprendere in considerazione il problema di individuare
T1 4 qual è il rendimento massimo del ciclo percorso da una macchina termica.
In base a quanto detto il ciclo che presenta il massimo rendimento sarà un ciclo rever-
2 T2 sibile cioè composto da trasformazioni tutte reversibili e quindi senza perdite.
Q2 Probabilmente il ciclo reversibile più noto è il ciclo di Carnot eseguito in una mac-
1
china teorica chiamata macchina termica di Carnot. Il ciclo di Carnot è costituito da
v quattro trasformazioni reversibili: due isoterme e due adiabatiche.
In particolare abbiamo due trasformazioni di compressione: la 1-2 isoterma e la 2-3
adiabatica; e due di espansione: la 3-4 isoterma e 4-1 adiabatica. Il lavoro netto fatto
dal ciclo è pari alla differenza tra i lavori di espansione e quelli di compressione e
corrisponde all’area, nel piano p-v, interna al ciclo.
Il ciclo essendo reversibile può essere percorso anche in senso inverso (antiorario
anziché orario) che quindi diventa il ciclo frigorifero di Carnot.

I PRINCIPI DI CARNOT
T Partendo dai postulati di Kelvin e Clausius si possono trarre due conclusioni circa il
rendimento di cicli reversibili e cicli irreversibili. Queste conclusioni sono conosciute
3 4 come principi di Carnot e sono espressi nella maniera seguente:
1. il rendimento di un ciclo irreversibile è sempre minore del rendimento di un ciclo
reversibile che operi tra le stesse sorgenti termiche;
2 1 2. irendimenti di tutti i cicli reversibili che operino tra due stesse sorgenti termiche
sono gli stessi.
s Questi due enunciati possono essere provati dimostrando che la violazione dell’uno o
dell’altro porta a violare il secondo principio della termodinamica.

LA SCALA TERMODINAMICA DELLE TEMPERATURE


Nell’introdurre una scala delle temperature era emerso che sarebbe desiderabile che
essa fosse indipendente dalle sostanze usate. Una scala delle temperature che è indi-
pendente dalle proprietà delle sostanze usate viene chiamata scala termodinamica
delle temperature.
Ragionando su macchine termiche reversibili13, Kelvin propose una scala termodina-
mica delle temperature tale che

13.Deriviamo la scala termodinamica delle temperature utilizzando delle macchine termiche reversi-
bili.
In base al secondo principio di Carnot, due macchine termiche purché reversibili, hanno lo stesso ren-
dimento se lavorano tra due uguali sorgenti termiche. Cioè, il rendimento è indipendente dal fluido di
lavoro e dal modo in cui il ciclo viene eseguito. Poiché le sorgenti termiche sono caratterizzate dalla
loro temperatura, il rendimento termico delle macchine termiche reversibili è funzione soltanto delle
Q1
temperature delle sorgenti. In formule: η ter = g ( T 1, T 2 ) ovvero ------- = f ( T 1, T 2 ) con il solito
Q2
significato dei simboli.
Si dimostra, utilizzando delle macchine termiche reversibili, che la funzione f ( T 1, T 2 ) si può ulterior-
φ ( T1 )
mente specificare separando le variabili: f ( T 1, T 2 ) = --------------- .
φ ( T2 )
Diverse funzioni delle temperature delle sorgenti soddisfano questa relazione e la scelta è completa-
mente arbitraria. Kelvin propose semplicemente φ ( T ) = T per definire una scala termodinamica delle
⎛ Q 1⎞ T
temperature tale che ⎜ -------⎟ = -----1- .
⎝ 2⎠ rev
Q T2

34
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

⎛Q-----1-⎞
T
= ----1- (59)
⎝ Q 2⎠ rev T2
Questa scala viene chiamata scala Kelvin e la temperatura su questa scala viene chia-
mata temperatura assoluta. Su questa scala il rapporto delle temperature dipende solo
dal calore scambiato e non dalle proprietà delle sostanze. Su questa scala la tempera-
tura varia tra 0 e infinito.
Poiché è determinato solo il rapporto delle temperature occorre definire il valore di
un kelvin. Nel sistema di misura SI si è assegnato il valore 273.16 K al punto triplo
dell’acqua (0.01 °C), definendo il kelvin come 1/273.16 dell’intervallo di tempera-
tura tra zero e il punto triplo dell’acqua. Da notare che l’unità di temperatura sulle
scale Kelvin e Celsius sono identiche e che le due scale differiscono di una costante
pari a 273.15

RENDIMENTO DEL CICLO DI CARNOT


Il rendimento termico di qualsiasi motore termico, reversibile o irreversibile, é dato
da

Q
η ter = 1 – -----2- (60)
Q1
Per motori termici reversibili (motore di Carnot) in base alla (59)

T
η C = 1 – ----2- (61)
T1
che rappresenta il più alto rendimento di un motore termico operante tra due sorgenti
di energia termica a temperature T 1 e T 2 .

Qualità dell’energia T 1 (K) η


Supponendo che il calore Q 2 venga scambiato con una sorgente a temperatura 1000 70
T 2 = 300 K al variare di T 1 si ottengono i rendimenti indicati in tabella, i quali 800 62.5
mostrano che all’energia può essere associata una qualità, oltre che una quantità. 700 57.1
Infatti, più é alta la temperatura più l’energia termica può essere convertita in lavoro.
500 40
Perciò, più é alta la temperatura più elevata é la qualità dell’energia.
350 14.3

DISEGUAGLIANZA DI CLAUSIUS E ENTROPIA


δQ
Clausius14 scoprì che per un processo internamente reversibile la quantità ---------e rap-
T
presenta una proprietà del sistema, nel senso che non dipende dal tipo di trasforma-
zione ma solo dallo stato del sistema. Questa proprietà si chiama entropia

δQ
dS = ⎛ ---------e⎞ · ⎛ kJ
-----⎞ (62)
⎝ T ⎠ int rev ⎝ K⎠

La variazione di entropia di un sistema durante una trasformazione si può determi-


nare integrando
2
δQ e
ΔS = S 2 – S 1 =
∫ ⎛⎝ --------
1
T ⎠
-⎞
int rev
⎛ kJ
-----⎞
⎝ K⎠

δQ e δQ

°∫
e
14.Sempre Clausius stabilì la seguente disuguaglianza: ---------- ≤ 0 . L’integrale ciclico di ---------- é sem-
T T
pre minore o uguale a zero. Il segno di uguaglianza si ha per cicli totalmente reversibili e la disugua-
glianza per cicli irreversibili. Si dimostra che negando questa disuguaglianza, cioè che l’integrale
ciclico sia maggiore di zero, viene violato il postulato di Kelvin e quindi il secondo principio.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 35


TERMODINAMICA

Per calcolare l’integrale é necessario conoscere Q e in funzione di T lungo la trasfor-


mazione. Questa relazione spesso non é disponibile e l’integrale si può calcolare solo
in pochi casi. Se la trasformazione internamente reversibile é isoterma

⎛ δQ
2 2
Q
---------e⎞
∫ ∫ ( δQ )
1
ΔS = S 2 – S 1 = = ----- = ------e
⎝ T 0 ⎠ int rev T 0
e int rev
T0
1 1

dove T 0 é la temperatura assoluta costante del sistema e Q e la quantità di calore


scambiata.
δQ e
L’integrale di --------- fornisce l’entropia solo se la trasformazione é internamente rever-
T
δQ e
sibile.
∫ --------
T
- in una trasformazione irreversibile non é una proprietà. Perciò per tra-

sformazioni irreversibili la variazione di entropia si può calcolare ricorrendo a


qualche conveniente trasformazione immaginaria internamente reversibile.
Da notare che la variazione di entropia di un sistema durante un processo interna-
mente reversibile può essere positiva o negativa in ragione della direzione della tra-
smissione del calore.

IL PRINCIPIO DELL’INCREMENTO DI ENTROPIA


2
δQ e
ΔS = ( S 2 – S 1 ) ≥
∫ --------
1T
- (63)

Questa equazione15 può essere vista come la formulazione matematica del II princi-
pio. In forma differenziale

δQ
dS ≥ ---------e
T
dove l’uguaglianza vale per processi internamente reversibili e la disuguaglianza per
processi irreversibili.
La variazione di entropia di un sistema chiuso in una trasformazione irreversibile é
δQ
maggiore dell’integrale di ---------e . Nel caso limite di trasformazione reversibile le 2
T
quantità si uguagliano.
Da sottolineare che T é la temperatura assoluta al confine dove il differenziale calore
δQ e viene trasmesso tra il sistema e l’esterno (surroundings).
La quantità ΔS = S 2 – S 1 rappresenta la variazione di entropia del sistema. Per un
2
δQ e
processo reversibile é uguale a ∫ ⎛⎝ --------
1
T ⎠
-⎞
int, rev
che rappresenta l’entropia trasferita

con il calore.

T
2
15.Consideriamo un ciclo fatto di 2 processi: 1-2 qualsiasi e 2-1 internamente reversibile. Dalla disu-
2 δQ 1 δQ

∫ ∫ ⎛ ---------e-⎞
e
guaglianza di Clausius si ha: ---------- + ≤ 0 , ma il secondo integrale é la variazione
T ⎝ T ⎠ int rev
1 2
2 δQ


1 int rev
di entropia S 1 – S 2 , dunque si ottiene ---------e- + ( S – S ) ≤ 0 da cui segue
T 1 2
1
2 δQ


e
ΔS = ( S 2 – S 1 ) ≥ ---------- .
S T
1

36
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

ANALOGIE CON IL PRIMO PRINCIPIO.

δQ e ΔE = Qe – Le
ΔS = ∫ ⎛⎝ --------
T ⎠
-⎞
int rev

variazione entropia entropia trasmessa variazione energia energia trasmessa

solo processi reversibili qualsiasi processo


l’entropia viene trasmessa solo con il l’energia si può trasmettere sotto forma di
calore lavoro e calore
il calore scambiato é sempre accompa-
gnato da un trasferimento di entropia
al lavoro scambiato non è associato un tra-
sferimento di entropia
Il segno di disuguaglianza sta a ricordare che la variazione di entropia di un sistema
chiuso in un processo irreversibile é sempre maggiore dell’entropia trasmessa. Cioè
dell’entropia viene generata o creata in un processo irreversibile ed é solo dovuta alle
irreversibilità.

BILANCIO ENTROPICO SISTEMA CHIUSO16

EQUAZIONI DI GIBBS
Per determinare la variazione di entropia di un sistema occorre risolvere l’integrale

⎛ δQ
2
---------e⎞
ΔS = S 2 – S 1 = ∫ 1
⎝ T ⎠ int rev

Se la trasformazione è anche isoterma l’integrazione è semplice, ma se la temperatura


varia occorre avere una relazione tra δQ e e T per calcolare l’integrale.
Si dimostra17, però, che vale:

Tds = du + pdv (64)

16.L’entropia generata in una trasformazione si chiama generazione di entropia S gen, sist .

2 δQ
Il principio di incremento dell’entropia afferma che S 2 – S 1 =
1

---------e- + S
T gen, sist in cui

2 δQ


e
S gen, sist é una quantità positiva, dunque S gen, sist = ΔS – ---------- ≥ 0 .
T
1
δQ e
In un sistema isolato (sistema chiuso adiabatico) essendo
∫ ---------T - = 0 si avrà
S gen, sist = ΔS isol ≥ 0 .
L’entropia di un sistema isolato durante una trasformazione aumenta sempre o, al limite, rimane
costante (processo reversibile).
Le relazioni viste possono essere scritte facendo riferimento a sistemi chiusi e aperti.
Per esempio, per un sistema aperto il bilancio entropico è espresso dalla
·
δQ e
( S· gen ) = ⎛ ------⎞ + Σm· s – Σm· s –

dS
---------- ≥ 0
σ ⎝ dτ⎠ σ e e i i T
σ
Rimandando a corsi successivi tale studio, che prelude all’analisi di secondo principio o exergetica dei
sistemi, concludiamo questa parte sul secondo principio con delle relazioni, note come equazioni di
Gibbs, molto utili per introdurre i diagrammi entropici, quali il diagramma di Gibbs e quello di Mollier,
di frequente uso nello studio dei sistemi termodinamici.
17.Per questo fine consideriamo l’equazione in forma differenziale della conservazione dell’energia
applicata ad una trasformazione di quasi equilibrio internamente reversibile:
δQ e, int rev + δL e, int rev = dU , ma δQ e, int rev = TdS e δL e, int rev = – pdV e quindi
TdS = dU + pdV oppure, per una unità di massa, Tds = du + pdv .

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 37


TERMODINAMICA

Questa è la prima equazione di Gibbs. La seconda equazione si ottiene eliminando


du utilizzando la definizione di entalpia

Tds = dh – vdp (65)

Queste equazioni sono molto importanti perché legano la variazione di entropia di un


sistema alla variazione di altre proprietà del sistema. A differenza della (62), che vale
solo per un processo internamente reversibile, le equazioni di Gibbs sono relazioni
fra proprietà e perciò sono indipendenti dal tipo di trasformazione.
Quindi, sebbene la variazione di entropia sia stata valutata lungo una trasformazione
reversibile, i risultati ottenuti sono validi sia per processi reversibili che irreversibili
poiché l’entropia è una proprietà e la variazione di una proprietà tra due stati è indi-
pendente dal tipo di trasformazione che il processo subisce. Le equazioni di Gibbs
sono relazioni tra proprietà dell’unità di massa di un sistema comprimibile che subi-
sce un cambiamento di stato ed esse sono applicabili sia che il sistema sia chiuso sia
che il sistema sia aperto.
Ricordando le equazioni (16) e (20) δq e + δl w = du + pdv = dh – vdp si ha

Tds = δq e + δl w (66)

che mostra come la variazione di entropia di un sistema dipenda dal calore scambiato
con l’esterno e dal calore conseguente a fenomeni irreversibili interni al sistema

VARIAZIONI DI ENTROPIA DEI GAS IDEALI


Utilizzando le equazioni di Gibbs si possono esprimere le variazioni di entropia
quando il sistema è un gas ideale. Utilizzando la prima equazione di Gibbs si ha:
dT dv
ds = c v ------ + R ------
T v
e integrando tra stati estremi
2
v
∫c
dT
s2 – s1 = v ------ + R ln ----2 . (67)
1
T v1

Utilizzando la seconda equazione si perviene al risultato


2
p
∫c
dT
s2 – s1 = p ------ – R ln ----2- (68)
1
T p1

nel caso in cui si possano ritenere costanti c v e c p e pari a opportuni valori medi il
calcolo degli integrali è immediato.

DIAGRAMMI TERMODINAMICI II

DIAGRAMMA DI GIBBS18. Temperatura - entropia


Si presta bene a rappresentare le quantità di calore in quanto q = ∫ T ds .
IL DIAGRAMMA h, s. Un altro diagramma comunemente utilizzato è il dia-
gramma entalpia-entropia, che è molto utile nell’analisi di sistemi in moto stazionario
come turbine, compressori, ugelli, ecc. Le coordinate di un diagramma h, s rappre-
sentano due proprietà di grande interesse: l’entalpia, che è una proprietà primaria
nell’analisi secondo il 1º principio di sistemi in moto stazionario e l’entropia che è la
proprietà che tiene conto delle irreversibilità nei processi adiabatici. Nell’analizzare
il flusso stazionario di vapore attraverso una turbina adiabatica, per esempio, la
distanza verticale tra gli stati di ingresso e di uscita ( Δh ) è una misura del lavoro
della turbina e la distanza orizzontale ( Δs ) è una misura delle irreversibilità associate
al processo.

38
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

Il diagramma h, s viene anche chiamato diagramma di Mollier dallo scienziato tede-


sco (triestino?) R. Mollier. Il diagramma di Mollier per l’acqua si presenta come nella
figura a lato. Le curve limiti individuano la zona del vapore saturo. La curva limite
inferiore (c.l.i.) separa la regione del liquido da quella del vapor saturo; la curva h
v = cos t
limite superiore (c.l.s.) separa la regione del vapore saturo da quella del vapore surri-
p = cos t
scaldato. Le due curve confluiscono nel punto critico a p c = 221.3 bar e
T c = 647.4 K . Nella regione del vapore saturo sono tracciate linee a titolo x T = cos t
costante c.l.s.
m vap
x = --------------------------
- (69)
c.l.i. x = cos t
m vap + m liq
p = cos t
Le isobare nel piano h, s hanno una pendenza che è pari alla temperatura. Infatti
T = cos t
∂h
Tds = dh – vdp per cui ⎛ -----⎞ = T (70)
⎝ ∂s ⎠ p
s
Nella regione del vapor saturo le isobare sono quindi rette (in quanto anche isoterme)
con pendenza tanto più elevata quanto maggiore è la temperatura (e quindi anche la
pressione). Nella regione del vapore surriscaldato, invece, esse piegano verso le
entalpie crescenti, perché all’aumentare dell’entalpia (vale a dire con cessione di
calore dall’esterno) il fluido aumenta la sua temperatura a pressione costante. In cor-
rispondenza della curva limite inferiore le rette isoterme-isobare del vapore saturo si
raccordano dolcemente alle isobare della regione del liquido.
A causa della scarsa comprimibilità del liquido, quest’ultime si confondono pratica-
mente con la curva limite inferiore, fino a che la pressione non assume valori elevati.

18.Una caratteristica del diagramma entropico è che la sottotangente in un punto alla curva della tra-
T T Tds δq
sformazione rappresenta la capacità termica massica, infatti c = --------- = ------- = --------- = ------ .
tgα dT
------ dT dT
ds
La trasformazione isoterma è rappresentata da una retta parallela all’asse delle entropie e una adiaba- T
tica isentropica da una retta parallela all’asse delle temperature. L’isocora e l’isobara del gas perfetto
sono invece rappresentate da curve logaritmiche la cui pendenza pertanto aumenta al crescere della
temperatura
δq du pdv T 2 ∂T P
v = cost ds = ----- = ------ + --------- = c v ------ Δs = c v ln ------ ⎛⎝ ⎞⎠ = -----
dT T
T T T T T1 ∂ s v cv

T ∂T
p = cost ds = δ-----q = dh --------- = c p ------ Δs = c p ln -----2- ⎛ ⎞ = -----
dT
------ – vdp T
T T T T T1 ⎝ ∂ s ⎠ p cp
A parità di temperatura le isocore mostrano pendenza maggiore delle isobare, dovendo essere la sotto- α
tangente delle prime c v inferiore a quella delle seconde c p . s
c
Giacché per i gas, anche se reali, ma lungi dall’isoterma critica, i calori specifici c p e c v sono presso-
ché indipendenti dalla pressione, l’intera famiglia delle isobare - così come quella delle isocore - incon-
tra una stessa isoterma con una pendenza uguale per tutti gli elementi della famiglia. Ne consegue che
tutte le curve isobare sono tra loro congruenti (vale a dire sovrapponibili per semplice traslazione) e
così pure tutte le curve isocore.
In alcuni casi, sul diagramma T, s , si può rappresentare anche il lavoro scambiato lungo una trasfor-
mazione. Consideriamo una compressione adiabatica reversibile, e trascuriamo, per semplicità, la
variazione di energia cinetica. Il 1º principio ci informa che il lavoro è allora pari alla variazione di T
entalpia: q e + l i = Δh che essendo una funzione di stato dipende solo dagli estremi della trasforma- p2
zione e non dal percorso. Infatti, abbiamo visto che è comodo esprimere Δh come
2
h 2 – h 1 = c p ( T 2 – T 1 ) cioè, come la quantità di calore che occorre fornire all’unità di massa, in una
trasformazione a pressione costante, per aumentare la sua temperatura da T 1′ = T 1 a T 2 . Nulla vieta
2 p1
di supporre inoltre che la trasformazione sia anche reversibile, per la quale q =
∫ 1′
T ds che rappre-
1′
senta l’area cercata. Infatti, riassumendo, l’area sottesa dal tratto di isobara compreso tra le temperature 1
T 1 e T 2 , rappresenta la quantità di calore che occorre fornire a p = cost per aumentare la tempera- 2
tura dell’unità di massa da T 1 a T 2 . Questa stessa quantità di calore è equivalente all’incremento di li =
∫ 1′
T ds
entalpia tra T 1 e T 2 , e, per il 1º principio della termodinamica al lavoro di compressione. Si procede
s
in maniera del tutto analoga nel caso di compressione adiabatica non reversibile.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 39


TERMODINAMICA

Tranne che in prossimità del punto critico, dunque, la famiglia delle isobare, nella
regione del vapor saturo, inviluppa con ottima approssimazione la c.l.i.
Altra caratteristica del piano di Mollier è che il punto critico non si trova nel punto di
ordinata massima della curva limite, come avviene evidentemente nei piani p, v e
T, s , ma notevolmente più in basso. Ciò appare logico se si pensa che l’isobara e
T = cost l’isoterma critiche devono ammettere tangente comune (il punto critico appartiene
p (log)

C anche alla regione del vapor saturo) e che tale tangente, che ha la massima pendenza
e pari alla temperatura critica, deve essere tale per entrambe le curve limiti.
sa tu ro

st
co
s=

IL DIAGRAMMA p-h PER I FLUIDI REFRIGERANTI. Per la rappresenta-


v a p o re

LIQ. zione delle trasformazioni termodinamiche dei fluidi refrigeranti si è soliti utilizzare
VAP.
il diagramma di stato pressione-entalpia specifica (p-h). Nella figura che segue ne è
sa tu ro

LIQ.+VAP. riportato un esempio qualitativo per una data sostanza.


o st

v = cost
La zona delle miscele bifasiche è delimitata dalle curva limite: il vertice di tale
x=c
liq u id o

regione è il punto critico C. La lunghezza del tratto di isobara nella regione bifasica
rappresenta il calore di evaporazione corrispondente a quella pressione di satura-
h zione. La lunghezza di questi segmenti decresce all’aumentare della pressione. Le
isoterme hanno andamento praticamente verticale nella zona del liquido, in quanto la
dipendenza dell’entalpia di un liquido dalla pressione è trascurabile. Nella regione
p (lo g)

T = co st
bifasica le isoterme sono ovviamente orizzontali (dovendo essere anche isobare),
mentre nella zona del vapore surriscaldato assumono pendenza negativa e tendono a
diventare verticali nel campo delle basse pressioni in quanto l’entalpia di un aeri-
A (? ) forme è funzione solo della temperatura. Le isentropiche, le isocore e le isotitolo sono
pA
anch’esse rappresentate.
B N.B. Può succedere che i diagrammi p-h che si utilizzano nella pratica non riportino
l’andamento delle isoterme nella zona del liquido (che, come si è detto, è pressoché
verticale): in questo caso come determinare l’entalpia di un generico punto A in con-
dizioni di liquido sotto raffreddato (non saturo) di cui si conoscano pressione e tem-
peratura? La posizione del punto A non è determinabile con esattezza, ma la sua
entalpia può essere approssimata con quella del punto B che si trova sulla curva
limite inferiore alla stessa temperatura; del resto questa è l’approssimazione che si
hA hB h adotta comunemente per tutti i liquidi (acqua, ecc.).

Appendice

MANOMETRI A U
Pressioni relativamente modeste possono essere misurate utilizzando un dispositivo
noto con il nome di manometro, che è costituito da un tubo trasparente, di vetro o di
plastica, a forma di U, contenente un liquido, chiamato manometrico, come mercurio,
gas acqua, alcool o olio. Per mantenere le dimensioni del manometro a valori ragionevoli
i liquidi più pesanti (mercurio) vengono utilizzati per le pressioni più elevate.
h Consideriamo il manometro ad U illustrato in figura. Poiché gli effetti gravitazionali
del gas sono trascurabili, la pressione in ogni punto del recipiente e nella posizione 1
1 2 hanno lo stesso valore. Inoltre, poiché la pressione non varia in direzione orizzontale
all’interno del liquido, la pressione nella posizione 2 è la stessa che nella posizione 1,
cioè p 2 = p 1 .
La colonna differenziale di liquido manometrico, di altezza h e sezione A , è in equi-
librio statico, e ciò significa che le forze che su di essa agiscono si devono fare equi-
librio.
Ap 1 = Ap amb + P
Essendo

40
Appendice

P = mg = ρVg = ρAhg
p amb
si ha
p 1 = p amb + ρgh A

Nelle precedenti relazioni, P è il peso della colonna di liquido, ρ è la densità del


liquido manometrico, supposta costante, g è l’accelerazione di gravità locale, A è la h
sezione trasversale del tubo, e p amb è la pressione atmosferica. La differenza di pres-
sione può quindi essere espressa con
P
Δp = p 1 – p amb = ρgh
Da notare che la sezione trasversale del tubo non ha effetto sull’altezza differenziale
p1
h e quindi sulla misura della pressione.

TUBO DI BOURDON
Su un principio di funzionamento diverso rispetto a quello dei manometri a liquido
(manometri a U) si basa il tubo di Bourdon, che appartiene alla categoria dei mano- A
metri a deformazione.
Il rivelatore di pressione è costituito da un tubo di metallo a forma di spirale e a A
sezione ellittica chiuso a un’estremità, il cui interno è posto in comunicazione con il
fluido di cui si vuol misurare la pressione. p
Al variare della differenza di pressione tra interno e esterno, si produce una deforma-
zione che per la forma schiacciata del tubo si traduce in un arrotolamento o in uno
svolgimento della spirale e quindi in una variazione della posizione dell’estremo
libero. Quest’ultimo è collegato per mezzo di un sistema di leve ad un indice mobile
che segnala su un'apposita scala le deformazioni della spirale al variare della pres-
sione.
La taratura avviene mettendo in comunicazione il manometro con fluidi a pressione S e z io n e A A
nota; si segna di solito lo zero sulla scala quando la pressione del fluido è uguale a
quella atmosferica, per cui in genere questi manometri indicano il valore della p re s sio n e
sovrappressione del fluido rispetto a quella atmosferica (pressione relativa). in c o g n ita

BAROMETRO
La pressione atmosferica viene misurata dal barometro ed infatti la pressione atmo-
sferica viene spesso chiamata pressione barometrica.
Come Torricelli (1608-1647) scoprì, qualche secolo fa, la pressione atmosferica può
essere misurata invertendo un tubo riempito di mercurio in una bacinella di mercurio
aperta all’ambiente. La pressione nel punto B è uguale alla pressione atmosferica C
mentre la pressione in C può essere considerata nulla perché sopra il punto C ci sono
h
solo vapori di mercurio che esercitano una pressione molto bassa. Scrivendo una A
equazione di equilibrio nella direzione verticale si ha
P
p amb = ρgh h
dove ρ è la densità del mercurio.
Al livello del mare e a 0°C la colonnina di mercurio raggiunge un’altezza di
760 mmHg , a cui corrisponde una pressione ambiente vale p amb = 101325 Pa
B
p amb = 13595 ⋅ 9.80665 ⋅ 0.76 = 101325 Pa
che rappresenta la pressione atmosferica in condizioni standard.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 41


TERMODINAMICA

POLITECNICO DI TORINO - DIPARTIMENTO DI ENERGETICA

ESERCITAZIONE N. 1 DI SISTEMI ENERGETICI


1. La pressione in un pneumatico automobilistico dipende dalla temperatura
dell’aria contenuta nel pneumatico. Quando la temperatura dell’aria è 25°C la
pressione relativa all’ambiente è 210 kPa . Se il volume del pneumatico è
0.025 m 3 determinare l’aumento di pressione quando la temperatura dell’aria nel
pneumatico sale a 50°C . Determinare anche la quantità di aria che deve essere
spillata per ripristinare la pressione al suo valore originale a questa temperatura.
Assumere che la pressione ambiente sia 100 kPa . [ 26 kPa, 7 g ]
2. L’aria in un pneumatico di automobile con un volume di 0.015 m 3 e a 30°C e
150 kPa di pressione relativa. Determinare la quantità di aria da introdurre per
aumentare al valore raccomandato di 200 kPa relativi. Assumere che la pres-
sione atmosferica sia 98 kPa e che la temperatura e il volume rimangano
costanti. [0.0086 kg]
3. La pressione relativa in recipiente di 1.2 m 3 contenente ossigeno è di 500 kPa .
Determinare la quantità di ossigeno nel recipiente se la temperatura è di 24°C e
la pressione atmosferica è 97 kPa . [ 9.25 kg ]
4. Un recipiente di 1 m 3 contenente aria a 25°C e 500 kPa è collegato attraverso
una valvola a un altro recipiente contenente 5 kg di aria a 35°C e 200 kPa .
Aperta la valvola si attende che l’intero sistema raggiunga l’equilibrio termico
con l’ambiente esterno a 20°C : Determinare il volume del secondo recipiente e
la pressione di equilibrio finale dell’aria. [284.1 kPa]
5. Un contenitore rigido contiene aria a 500 kPa e 150°C . A seguito di uno scam-
bio termico con l’esterno la pressione e la temperatura si riducono a 65°C e
400 kPa . Determinare il lavoro scambiato con l’esterno assumendo una trasfor-
mazione di quasi-equilibrio. [ L e = 0 ]

6. Un dispositivo stantuffo-cilindro contiene aria inizialmente a 150 kPa e 27°C .


In questo stato lo stantuffo poggia su degli arresti, come mostrato in figura, e il
p volume racchiuso è V 1 = 200 l . La massa dello stantuffo è tale che una pres-
2 3
sione di 350 kPa è richiesta per muoverlo. L’aria viene quindi scaldata fino a
raddoppiarne il volume V 3 = 2 V 1 . Determinare la temperatura finale, il lavoro
1 fatto dall’aria e la quantità di calore introdotto considerando la trasformazione
reversibile. Assumere per l’aria i seguenti valori medi: R = 287 J ⁄ kgK ,
V1 V3 V c p = 1.1 kJ ⁄ kgK . [ T 3 = 1400.7 K , L e = – 70 kJ , Q e = 381.6 kJ ]
7. Una stanza di 4x5x7 metri viene riscaldata da un radiatore del sistema di riscalda-
mento. Il radiatore trasferisce una potenza termica di 10 MJ ⁄ h , e un ventilatore
che assorbe una potenza di 100 W viene utilizzato per distribuire l’aria calda
nella stanza. La potenza termica persa dalla stanza verso l’esterno è stimata pari a
5 MJ ⁄ h . Se la temperatura iniziale della stanza è di 10°C , e la pressione è
100 kPa , determinare quanto tempo occorre per innalzare la temperatura
dell’aria fino a 20°C . Assumere R = 287 J ⁄ kgK , c p = 1.005 kJ ⁄ kgK .
[ 831 s ]
8. Aria a 80 kPa e 10°C entra nel diffusore adiabatico di un motore a reazione
con una velocità di 200 m ⁄ s . La sezione di ingresso del diffusore è di 0.4 m 2 .
L’aria lascia il diffusore con velocità trascurabile. Determinare (a) la portata in
massa dell’aria e (b) la temperatura di uscita. [ m· = 78.8 kg ⁄ s , T 2 = 303.1 K ]

42
Appendice

9. Aria a 100 kPa e 280K viene compressa in condizioni stazionarie a 600 kPa e
400K . La portata in massa dell’aria è m· = 0.02 kg ⁄ s e il calore ceduto
all’esterno ammonta a q e = 16 kJ ⁄ kg . Assumendo trascurabili le variazioni
di energia potenziale e cinetica, calcolare la potenza assorbita dal compressore.
[ P i = 2.732 kW ]

10. Una portata di 40 kg/min di acqua a 40 °C (densità 992 kg/m3) viene compressa
adiabaticamente e reversibilmente da 7 bar a 70 bar in un processo stazionario.
Calcolare la potenza assorbita dalla pompa assumendo che l’acqua sia all’incirca
incompressibile, trascurando le variazioni di energia cinetica e potenziale. [P =
4.234 kW]
11. Un compressore aspira aria a 1 atm e 20 °C e la invia, a 3.5 atm e 7 m/s, in un
condotto di 1 cm di diametro. Assumendo la compressione reversibile e adiaba-
tica, calcolare la potenza assorbita dal compressore. Altri dati: velocità in
ingresso al compressore trascurabile, massa molecolare dell’aria = 28.97 kg/
kmol. [P = 205.3 W]
12. Elio viene espanso adiabaticamente e reversibilmente in una turbina da 400 kPa e
260 °C a 100 kPa. La velocità in ingresso alla turbina è trascurabile e la velocità
di uscita è 200 m/s. Calcolare il lavoro massico fornito. Altri dati:
c p = 5.234 kJ ⁄ kgK , γ = 1.667 . [ l i = – 1.163 MJ ⁄ kg ]

13. Aria ( R = 287 J ⁄ kgK , γ = 1.4 ) viene espansa adiabaticamente e reversibil-


mente in un condotto convergente da 1.5 MPa e 150 °C a 0.75 MPa. La velocità
di ingresso è molto piccola, e il processo avviene in condizioni stazionarie. Calco-
lare la velocità di uscita dal condotto. [c = 390.8 m/s]
14. Una turbina espande elio ( c p = 5.234 kJ ⁄ kgK , γ = 1.667 ) adiabaticamente da
400 kPa e 260 °C a 100 kPa e 60 °C. La velocità di ingresso alla turbina è trascu-
rabile, quella di uscita è 200 m/s. Calcolare il lavoro delle resistenze passive l w .
[ l w = 187.24 kJ ⁄ kg ]

15. Una turbina espande aria ( R = 287 J ⁄ kgK , γ = 1.4 ) dalle condizioni 10 bar,
150 °C e 30 m/s alle condizioni 3 bar e 2 °C. Il diametro del condotto in cui sono
state effettuate le misure è di 0.15 m, tanto per l’ingresso che per l’uscita. Ammet-
tendo il flusso stazionario attraverso la macchina calcolare (I) la quantità di calore
scambiata con l’esterno, sapendo che la potenza sviluppata è di 500 kW. Valutare
inoltre (II) l’entità delle resistenze passive. [ q e = – 32.58 kJ ⁄ kg ,
l w = 2.6 kJ ⁄ kg ]

16. Aria ( R = 287 J ⁄ kgK , γ = 1.4 ) viene compressa da 100 kPa e 22°C a
1 MPa in un compressore refrigerato (calore sottratto pari a 16 kJ ⁄ kg ). La
portata in volume all’ingresso del compressore è 150 m 3 ⁄ min e la potenza
interna è 500 kW . Determinare (a) la portata in massa dell’aria e (b) la tempera-
tura all’uscita del compressore. [(a) 2.95 kg ⁄ s (b) 174°C ]

17. In un riscaldatore d’aria ( R = 287 J ⁄ kgK , γ = 1.4 ), ammettendo il flusso sta-


zionario, le condizioni d’ingresso sono 5 bar e 210 °C con velocità di 50 m/s.
Supponendo politropica la trasformazione, note le condizioni di uscita pari a 4.5
bar, 850 °C e velocità di 120 m/s, trovare il calore massico fornito al fluido,
l’entità delle resistenze passive. [ q e = 648.8 kJ ⁄ kg , l w = 17 kJ ⁄ kg ]
18. Una pompa solleva acqua da un pozzo fino ad un serbatoio aperto posto 20 m
sopra il pelo libero dell’acqua del pozzo. Il condotto in cui è inserita la pompa ha
diametro di 10 cm e l’acqua vi presenta la velocità di 2 m/s. Ammettendo che le
resistenze passive complessive circuito/pompa ammontino a 4 m in colonna
d’acqua, calcolare la potenza del motore che aziona la pompa (rendimento mecca-
nico η m = 0.97 ). [ P a = 3.8 kW ]

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 43


TERMODINAMICA

19. 10 kg/s di vapor d’acqua entrano in una turbina a 40 bar e 400 °C con una velocità
di 250 m/s. Il vapore lascia la turbina a 2 bar e 150 °C con una velocità di 30 m/s.
La trasformazione si può assumere adiabatica. Calcolare la potenza della turbina
nell’ipotesi che il flusso sia stazionario. [P = 4.78 MW]
20. In un impianto motore a vapore il fluido di lavoro riceve una potenza di
280 GJ ⁄ h nel generatore di vapore. Le perdite di calore dal vapore all’ambiente
esterno ammontano a 8 GJ ⁄ h . Se la potenza termica trasmessa nel condensatore
all’acqua di raffreddamento ammonta a 145 GJ ⁄ h determinare (a) la potenza
netta fornita dall’impianto e (b) il rendimento termico dell’impianto. [(a)
35.5 MW , (b) 45.4 %]
21. Un impianto motore a vapore fornisce una potenza di 150 MW consumando
60 t ⁄ h di carbone che ha un potere calorifico di H i = 30 MJ ⁄ kg (il potere
calorifico indica la quantità di energia termica liberata dalla combustione
dell’unità di massa del combustibile). Determinare il rendimento termico di que-
sto impianto. [ 30 %]
22. Il motore di un’automobile consuma 20 l ⁄ h di combustibile e sviluppa una
potenza di 60 kW . Se il combustibile ha un potere calorifico di
H i = 44 MJ ⁄ kg e una densità di 800 kg ⁄ m 3 , determinare il rendimento del
motore. [ 30.7 %]
23. Un condizionatore d’aria rimuove da una abitazione calore che nell’unità di
tempo ammonta a 750 kJ ⁄ min mentre assorbe una potenza di 6 kW . Determi-
nare (a) il COP del condizionatore e (b) il calore scaricato nell’unità di tempo
all’ambiente esterno. [(a) 2.08 , (b) 1110 kJ ⁄ min ]
24. Un frigorifero domestico, che assorbe una potenza di 450 W e ha un COP di 2.5 ,
deve raffreddare 5 angurie, di 10 kg ciascuno, fino a 8°C . Se le angurie sono
inizialmente a 20°C determinare quanto tempo impiegherà il frigorifero a raf-
freddarli. Le angurie, per il loro elevato contenuto d’acqua, possono essere assi-
milate all’acqua il cui calore specifico è c p = 4.2 kJ ⁄ kgK . [ 2240 s ; la risposta
è realistica o ottimistica?]
25. Una abitazione viene scaldata per mezzo di radiatori elettrici consumando
1200 kWh di energia elettrica in un mese invernale. Se l’abitazione venisse
riscaldata da una pompa di calore con un COP medio di 2.4 calcolare il risparmio
conseguibile sulla bolletta. Assumere un costo di 10 c€/kWh. [ 70 €/mese ]
26. Una macchina termica di Carnot ha un rendimento del 55%. Il calore nell’unità di
tempo ceduta a lago a 15°C è di 800 kJ ⁄ min . Determinare (a) la potenza fornita
dalla macchina e (b) la temperatura della sorgente ad alta temperatura. [(a)
16.3 kW , (b) 640 K ]
27. Un inventore pretende di aver scoperto una macchina termica che riceve 800 kJ
di calore da una sorgente a 400 K producendo 250 kJ di lavoro netto e cedendo
calore ad una sorgente a 300 K . E’ una pretesa ragionevole? [No]
28. Durante un’esperimento condotto in una stanza a 25°C , un assistente di laborato-
rio misura che un frigorifero, che assorbe 2 kW di potenza, ha rimosso 30000 kJ
di calore dallo scomparto refrigerato, che viene mantenuto a – 30 °C . Il tempo
di funzionamento del frigorifero durante l’esperimento è stato di 20 min. Stabilire
se queste misure sono ragionevoli. [No]
29. Le prestazioni di una pompa di calore si degradano (cioè il suo COP diminuisce)
al diminuire della temperatura della sorgente di calore esterna. Ciò rende l’uso
della pompa di calore nei climi molto rigidi non favorevole. Si consideri una casa

44
Appendice

che viene riscaldata e mantenuta a 20°C da una pompa di calore durante


l’inverno. Qual è il massimo COP della pompa di calore se il calore viene estratto
dall’aria esterna a (a) 10°C , (b) – 5° C e (c) – 30° C ? [ a ) 29.3, b ) 11.7, c ) 5.8 ]
30. Due macchine termiche di Carnot operano in serie. La prima riceve calore da una
sorgente a 1200 K e cede calore a un’altra sorgente alla temperatura T . La
seconda riceve il calore scaricato dalla prima, ne converte una parte in lavoro, e
cede il rimanente a una sorgente a 300 K . Se il rendimento termodinamico delle
due macchine è lo stesso determinare la temperatura T . [ 600 K ]
31. Un compressore comprime aria da 100 kPa e 17°C a 700 kPa . Determinare il
minimo lavoro richiesto dal compressore nel caso che la trasformazione sia (a)
min kJ min kJ
adiabatica (b) isoterma. [ a ) li = 216.74 ------, b ) li = 162.04 ------ ]
kg kg
32. Aria entra in un compressore bistadio (due compressori in serie) a 100 kPa e
27°C e viene compressa a 900 kPa . Il rapporto delle pressioni è uguale nei due
stadi. All’uscita del primo stadio l’aria viene raffreddata nuovamente a 27°C
prima di rientrare nel secondo stadio. Assumendo che le trasformazioni di com-
pressione sono adiabatiche e reversibili determinare la potenza interna se la por-
tata in massa è 0.02 kg ⁄ s . Determinare la potenza nel caso che la stessa
compressione venga effettuata utilizzando un solo stadio. [ 4.44 kW , 5.26 kW ]
33. Un impianto motore a vapore opera tra i due livelli di pressione di 1 MPa e
20 kPa . Il fluido di lavoro entra nella pompa come liquido saturo ed esce dalla
turbina come vapore saturo. Determinare il rapporto tra il lavoro fornito dalla tur-
bina e il lavoro richiesto dalla pompa. Assumere che il ciclo sia interamente
reversibile e che pompa e turbina possano essere considerate adiabatiche.
l
[ ----t = 983.2 ]
lp

34. Una portata di 15 kg ⁄ s di vapore a 7 MPa e 500°C entra in una turbina bista-
dio (due turbine in serie) adiabatica. Dieci percento del vapore viene estratto
all’uscita del primo stadio a una pressione di 1 MPa per altri usi. La parte rima-
nente viene ulteriormente espansa nel secondo stadio e lascia la turbina a
50 kPa . Determinare la potenza interna della turbina assumendo trasformazioni
reversibili. [ 14.9 MW ]
35. Un compressore d’aria adiabatico è collegato meccanicamente, attraverso un
albero, ad una turbina a vapore adiabatica che fornisce potenza anche ad un gene-
ratore elettrico. Una portata di 25 kg ⁄ s di vapore a 12.5 MPa e 500°C entra in
turbina ed esce alle condizioni 10 kPa e x = 0.92 . Una portata di 10 kg ⁄ s di
aria a 98 kPa e 22°C entra nel compressore e esce a 1 MPa e 377°C . Deter-
minare la potenza interna netta fornita dalla turbina al generatore e la variazione
di entropia all’interno della turbina e del compressore durante queste trasforma-
netta t kJ c kJ
zioni stazionarie. [ P i = 20309 kW, Δs = 1.05 ------------, Δs = 0.127 ------------ ]
kg K kg K
36. Fluido refrigerante R12 viene espanso adiabaticamente attraverso una valvola
dallo stato di liquido saturo a 800 kPa fino alla pressione di 140 kPa . Trascu-
rando la variazione di energia gravitazionale e cinetica determinare la diminu-
zione di temperatura subita dal fluido. [ ΔT = – 55 K ]
37. Fluido refrigerante R12 deve essere raffreddato mediante acqua in un condensa-
tore. Il refrigerante entra nel condensatore con una portata di 6 kg ⁄ min a 1 MPa
o o o
e 70 C ed esce a 35 C . L’acqua di raffreddamento entra a 300 kPa e 15 C ed
o
esce a 25 C . Trascurando le cadute di pressione, determinare (a) la portata in
massa dell’acqua di raffreddamento e (b) la potenza termica trasmessa dall’R12
all’acqua di raffreddamento. [ m· H2O = 0.377 kg ⁄ s , Q· = 15.8 kW ]

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 45


TERMODINAMICA

o o
38. Refrigerante R12 a 1 MPa e 80 C viene raffreddato con aria a 1 MPa e 30 C in
o
un condensatore. L’aria entra a 100 kPa e 27 C con una portata in volume di
3 o
800 m ⁄ min ed esce a 95 kPa e 60 C . Determinare la portata in massa del refri-
gerante. [ m· R12 = 3.06 kg ⁄ s ]
o
39. Refrigerante R12 a 140 kPa e – 20 C viene compresso fino alle condizioni di
o
700 kPa e 60 C in un compressore adiabatico che assorbe una potenza di
0.5 kW . Trascurando la variazione di energia gravitazionale e cinetica determi-
nare (a) il rendimento isentropico del compressore (b) la portata in volume del
refrigerante all’ingresso del compressore. [ η is = 0.65 , V· 1 = 0.072 m ⁄ min ]
3

Sito consigliato:
http://thermal.sdsu.edu/testcenter/testhome/index.html

Software per proprietà dei fluidi, diagrammi termodinamici:


Engineering Equation Solver (EES)
http://www.southalabama.edu/engineering/solver.shtml

Esercizi facoltativi
1. Sia un manometro a molla (tubo di Bourdon) che un manometro a U sono colle-
gati ad un recipiente per misurare la pressione del gas all’interno. Se la lettura del
manometro a molla è 80 kPa , determinare la distanza tra i due livelli del
liquido del manometro ad U se il fluido è (a) mercurio ( ρ = 13600 kg ⁄ m 3 ) o è
(b) acqua ρ = 1000 kg ⁄ m 3 . [ ( a ) 0.6 m, ( b ) 8.155 m ]
2. Un manometro ad U contenente olio ( ρ = 850 kg ⁄ m 3 ) è attaccato a un reci-
piente contenente aria. Se la differenza di livello dell’olio tra le due colonne è
45 cm e la pressione atmosferica è 98 kPa determinare la pressione assoluta
dell’aria nel recipiente. [101.75 kPa]
3. La metà inferiore di un contenitore cilindrico alto 10 m contiene acqua
( ρ = 1000 kg ⁄ m 3 ) mentre la metà superiore olio ( ρ = 850 kg ⁄ m 3 ). Determi-
nare la differenza di pressione tra il fondo e la sommità del cilindro. [90.7 kPa]
4. Una pentola a pressione cuoce più velocemente di una pentola normale perché
mantiene all’interno una pressione e una temperatura più elevate. Il coperchio
della pentola è ben sigillato e il vapore può fuoriuscire solo attraverso un’apertura
praticata sul coperchio. Un pezzo separato, di una certa massa, la valvola, siede su
questa apertura e impedisce al vapore di sfuggire fino a quando la forza della
pressione supera il peso della valvola. La fuoriuscita di vapore previene in tal
modo aumenti di pressione potenzialmente pericolosi e mantiene la pressione
all’interno della pentola a un valore costante. Determinare la massa della valvola
di una pentola a pressione la cui pressione di funzionamento relativa è 100 kPa ed
ha una sezione di apertura sul coperchio di 4 mm 2 . Assumere una pressione
atmosferica di 101 kPa . [ 40.77 g ]

46
Esercizi facoltativi

5. Un tubo trasparente verticale e aperto all’ambiente è collegato a un condotto in


cui fluisce acqua. Se la pressione dell’acqua è di 115 kPa e la pressione atmosfe-
rica è di 92 kPa determinare l’altezza a cui si porterà la colonna d’acqua nel tubo
trasparente. Assumere g = 9.8 m ⁄ s 2 e ρ = 1000 kg ⁄ m 3 . [ 2.347 m ]
6. Un cilindro, chiuso da uno stantuffo senza attrito, contiene acqua in equilibrio con
il suo vapore a 100°C . Durante una trasformazione a pressione costante 600 kJ
di calore vengono trasmessi all’aria esterna che é a 25°C . Come conseguenza
parte del vapor d’acqua condensa. Determinare (a) la variazione di entropia
dell’acqua, (b) la variazione di entropia dell’aria e (c) se la trasformazione é
reversibile, irreversibile o impossibile.

600 kJ

100°C
T surr = 25°C

kJ kJ
[ a ) ΔS acqua = – 1.608 -----, b ) ΔS aria = +2.012 -----, c ) Irreversibile ]
K K
7. Un compressore da 8 kW comprime aria da p 1 a p 2 . Durante la trasformazione
la temperatura dell’aria si mantiene costante a 40°C per effetto dello scambio
termico con l’ambiente circostante a 10°C . Determinare la variazione di entropia
nell’unità di tempo (a) dell’aria e (b) dell’ambiente circostante. Rispetta questa
trasformazione il secondo principio?
W W
[ a ) ΔS· aria = – 25.547 -----, b ) ΔS· surr = +28.254 -----, c ) Sì ]
K K
8. Un compressore d’aria adiabatico è collegato meccanicamente, attraverso un
albero, ad una turbina a vapore adiabatica che fornisce potenza anche ad un gene-
ratore elettrico. Una portata di 25 kg ⁄ s di vapore a 12.5 MPa e 500°C entra in
turbina ed esce alle condizioni 10 kPa e x = 0.92 . Una portata di 10 kg ⁄ s di
aria a 98 kPa e 22°C entra nel compressore e esce a 1 MPa e 377°C . Deter-
minare la potenza interna netta fornita dalla turbina al generatore e la generazione
di entropia nell’unità di tempo all’interno della turbina e del compressore durante
queste trasformazioni stazionarie.
T W C kW
= 20309 kW, S· gen = 26250 -----, S· gen = 1.27 -------- ]
netta
[ Pi
K K

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 47


TERMODINAMICA

48
CAPITOLO 2 ESPANSIONE
COMPRESSIONE

Nei sistemi di conversione dell’energia le trasformazioni di espansione e compres-


sione hanno un ruolo rilevante perché attraverso l’espansione e la compressione del
fluido di lavoro si riesce a realizzare lo scambio energetico necessario alla produ-
zione e trasformazione dell’energia.
In base agli scopi che si vogliono raggiungere nelle trasformazioni energetiche si
distinguono i seguenti casi:
A. espansione e compressione con scambio di lavoro;
B. espansione e compressione senza scambio di lavoro.
Affrontiamo quindi lo studio termodinamico delle trasformazioni di espansione e
compressione facendo riferimento a un sistema termodinamico aperto in moto stazio-
nario, oltre che unidimensionale, in cui il fluido si comporti come un gas perfetto.
Ammetteremo trasformazioni adiabatiche (reversibili o meno) perché è ciò che si
verifica nella quasi totalità dei casi. Infatti, gli scambi termici con l’esterno sono
estremamente modesti rispetto all’ammontare delle altre forme di energia. Trattan-
dosi di un gas, riterremo trascurabile la variazione di energia gravitazionale.

A. ESPANSIONE E COMPRESSIONE CON


SCAMBIO DI LAVORO
Per l’espansione e la compressione, con scambio di lavoro, di un gas supporremo ini-
zialmente nulla la variazione di energia cinetica.

ESPANSIONE
In questo caso lo scopo della trasformazione è la produzione di lavoro, e quindi di
potenza, e si realizza in una turbina. Esaminiamo, con l’ausilio dei diagrammi termo-
dinamici, una espansione reale applicando il primo principio della termodinamica

p T h
1 1 1
A n<γ
l is li
D
C
2
2 is 2
B p1 p2 2 is
2 is 2 p1 p2
v A B E F s s

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 49


ESPANSIONE COMPRESSIONE

2
li =
∫ v dp + l
1
w li = h2 – h1

Cambiando di segno a l i , per avere quantità positive

2
li = –
∫ v dp – l
1
w li = h1 – h2 = cp ( T1 – T2 )

2
area A12B = –
∫ v dp = l + l
1
i w area BD1E = li

Nel piano T, s è possibile mettere in evidenza l w

2 2 2 2

∫ 1
δq =
∫ 1
T ds =
∫ 1
δq e +
∫ δl
1
w = l w = area E12F

Nasce allora spontaneo, essendoci delle perdite di lavoro, definire un rendimento


della conversione energetica come rapporto tra il lavoro ottenuto realmente rispetto al
lavoro massimo che potrei ottenere in assenza di perdite:

li
η = --------------
- (71)
( l i ) max
Poiché nella realtà l’espansione è adiabatica, possiamo adottare come trasformazione
ideale di riferimento l’adiabatica reversibile che si svolge tra gli stessi limiti di pres-
sione 1 – 2 is

2 is
l is = –
∫ 1
v dp = area A12 is B l is = h 1 – h 2is = area AC1E

Ragionando in termini di aree sui diagrammi p, v e T, s possiamo mettere in evi-


denza che
l i + l w = l is + area 12 is 2 l is = l i + l w – area12 is 2

l i = l is – l w + area 12 is 2 l i = l is – l w + area 12 is 2
da cui si deduce che per passare dal caso ideale a quello reale non basta detrarre il
lavoro delle resistenze passive l w dal lavoro ideale l is ma occorre aggiungere il
lavoro corrispondente all’area del triangolo mistilineo 12 is 2 , che pertanto rappre-
senta un parziale ricupero delle perdite. Fisicamente il fenomeno è il seguente: le per-
dite, che si convertono in calore lungo l’espansione, operano come una sorgente

interna di calore che tende ad aumentare l’energia potenziale del fluido ( – v dp e



Δh ) che può essere parzialmente convertita in lavoro. Il fenomeno prende il nome di
ricupero termico (R.T.).
Ritornando al rendimento della trasformazione, definiamo rendimento isentropico
(perché riferito alla trasformazione isentropica)
n–1
p ------------
1 – ⎛ ----2-⎞ n
l h1 – h2 T1 – T2 ⎝ p 1⎠
η is = ----i- = ------------------
- = ------------------
- = ----------------------------
γ–1
(72)
l is h 1 – h 2is T 1 – T 2is p -----------
1 – ⎛ ----2-⎞ γ
⎝ p 1⎠
Risulta pertanto che η is è funzione del rapporto delle pressioni: a parità di n , poiché
p
n < γ , η is aumenta con ----1- ; ciò per il fenomeno del ricupero.
p2

50
A. ESPANSIONE E COMPRESSIONE CON SCAMBIO DI LAVORO

Allo scopo di avere un rendimento della trasformazione indipendente dal rapporto


delle pressioni, che altrimenti creerebbe difficoltà, soprattutto in sede di confronto tra
processi che si svolgono in macchine diverse o, addirittura nella stessa macchina, è
stata introdotta un’altra definizione di rendimento, alternativa alla precedente.
Poiché la dipendenza dal rapporto delle pressioni è dovuta al manifestarsi del feno-
meno del ricupero, si assume come trasformazione di riferimento quella trasforma-
zione in cui tale fenomeno non si manifesta. Prima, nella definizione di η is , il lavoro
di riferimento o “limite” era l is = l i + l w – RT , ora, senza considerare il ricupero,
avremo
n–1
⎛ p 2-⎞ n
------------
γ γ
----------- RT 1 1 – ⎝ ---- p ⎠ -----------
li h1 – h2 γ–1 1 γ – 1
η y = -------------- = ------------------ = ---------------------- ---------------------------------- = ------------ (73)
li + l w 2 n n–1 n

------------ RT 1 p ------------ ------------
– v dp n–1 1 – ⎛ ----2-⎞ n n–1
1 ⎝ p1 ⎠

p
Espressione, come si voleva, indipendente da ----2- , e che vale, ricordiamolo, nell’ipo-
p1
tesi che q e = 0 e Δe c = 0 .
Tale rendimento prende il nome di rendimento idraulico perché è tipica delle mac-
chine idrauliche l’assenza, o meglio, la trascurabilità del ricupero termico, essendo
poco influenti gli effetti termici. Ma prende anche il nome di rendimento politropico
perché si assume come trasformazione di riferimento una politropica reversibile di
pari esponente medio n della politropica reale.
É interessante notare come il rendimento idraulico non sia che quello isentropico por-
tato al limite per p 2 ⁄ p 1 tendente all’unità, tanto che diversi autori così lo defini-
scono, parlando di rendimento di una espansione infinitesima

n–1 n–1
p ------------
1 – ⎛ ----2-⎞ n
p ------------ d
1 – ⎛ ----2-⎞ n ----------------------
d ( p2 ⁄ p1 ) ⎝ p 1⎠
n–1
------------
⎝ p 1⎠ n
lim η is = lim ---------------------------- = lim --------------------------------------------------------- = ------------ = η y
p2 ⁄ p1 → 1 p2 ⁄ p1 → 1 p γ----------
– 1- p2 ⁄ p1 → 1 γ----------
– 1- γ–1
1 – ⎛ ----2-⎞ γ p -----------
---------------------- 1 – ⎛ ----2-⎞ γ
d γ
⎝ p 1⎠ d ( p2 ⁄ p1 ) ⎝ p 1⎠

In questa prospettiva, dunque, il rendimento idraulico è da considerarsi il rendimento ESPANSIONE


isentropico di uno qualunque degli infiniti stadi infinitesimi nei quali si può pensare
di suddividere un’espansione (gli anglosassoni lo chiamano small stage efficiency). 1.0
Per quanto visto, e anche se solo per trasformazioni adiabatiche con variazione di
energia cinetica nulla, il rendimento idraulico consente di legare l’esponente della
0.9
politropica reale n a quello dell’adiabatica reversibile γ
η is
Il legame tra il rendimento isentropico e quello idraulico è, in queste circostanze,
0.8
⎛ ⎞ ηy γ---------- – 1-
γ
⎜ 1⎟
1 – ⎜ -----⎟ η y = 0.7
⎜ p 1⎟ 0.7
⎝ ----
p2⎠
-
η is = ---------------------------------
- (74)
⎛ ⎞ γ----------
– 1-
⎜ 1⎟ γ 0.6
1 – ⎜ -----⎟
⎜ ----
p 1⎟
⎝ p -⎠
2
0.5
0 5 p1 10
rappresentato nella figura a lato, in cui per ogni valore di η y = cos t si osserva -----
p2
l’aumento di η is all’aumentare del rapporto delle pressioni. L’aumento è tanto più

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 51


ESPANSIONE COMPRESSIONE

forte quanto più basso è il rendimento idraulico perché, evidentemente, aumentando


le perdite con il diminuire di η y , aumenta pure il calore ricuperato.

COMPRESSIONE
Lo scopo della trasformazione è, ora, la compressione di un fluido e si realizza in un
compressore fornendo lavoro dall’esterno. Esaminiamo, con l’ausilio dei diagrammi
termodinamici, una compressione reale applicando il primo principio della termodi-
namica

p T h p1
2 is 2 2 2
B 2 is n>γ 2 is
li
l is
B p1
p2 1
A 1 p2 1
v A s s
C D

2
li = ∫ v dp + l
1
w li = h2 – h1

2
area A12B =
∫ v dp = l – l
1
i w area AB2D = l i = c p ( T 2 – T 1 )

Nel piano T, s è possibile mettere in evidenza l w

2 2 2 2

∫ 1
δq = ∫ 1
T ds = ∫ 1
δq e + ∫ δl
1
w = l w = area C12D

Essendoci delle perdite di lavoro, definiamo quale rendimento della conversione


energetica, analogamente al caso dell’espansione, il rapporto tra il lavoro minimo che
si fornirebbe al sistema in assenza di perdite e il lavoro della compressione reale:

( l i ) min
η = --------------
-
li
Adottiamo, come trasformazione ideale di riferimento, l’adiabatica reversibile che si
svolge tra gli stessi limiti di pressione 1 – 2 is

2 is
l is = ∫ 1
v dp = area A12 is B l is = h 2 is – h 1 = area AB2 is C

Ragionando in termini di aree sui diagrammi p, v e T, s possiamo mettere in evi-


denza che
l i – l w = l is + area 12 is 2 l i = l is + l w + area12 is 2

l i = l is + l w + area 12 is 2

Rispetto alla compressione isentropica, per la quale il lavoro è minimo per la mac-
china adiabatica, nel caso reale occorre fornire in più il lavoro dovuto alle resistenze
passive, come è logico, ma anche un lavoro extra corrispondente all’area del trian-
golo mistilineo 12 is 2 . Questo lavoro in più nasce da una causa, che è la stessa
dell’espansione, ma che qui ha conseguenze opposte. Infatti il calore generato dagli

52
A. ESPANSIONE E COMPRESSIONE CON SCAMBIO DI LAVORO

attriti lungo la compressione tende a contrastare la compressione stessa perché tende


ad espandere il gas. Tale fenomeno prende il nome di controricupero termico (C.R.T.)
Ritornando al rendimento della trasformazione, definiamo rendimento isentropico
(perché riferito alla trasformazione isentropica)
γ–1
⎛ p----2-⎞ γ – 1
-----------

l is h 2 is – h 1 T 2 is – T 1 ⎝ p 1⎠
η is = ----
- = ------------------
- = ------------------
- = ----------------------------
n–1
(75)
li h2 – h 1 T2 – T 1 p 2⎞ -----------
-
⎛ ---- - n –1
⎝ p 1⎠
Risulta pertanto che η is è funzione del rapporto delle pressioni: a parità di n , poiché
p
n > γ , η is diminuisce con ----2- ; ciò per il fenomeno del controricupero.
p1
Anche nel caso della compressione si definisce un rendimento idraulico per avere un
rendimento della trasformazione indipendente dal rapporto delle pressioni.Poichè la
dipendenza dal rapporto delle pressioni è dovuta al manifestarsi del fenomeno del
controricupero, si assume come trasformazione di riferimento quella trasformazione
in cui tale fenomeno non si manifesta. Prima, nella definizione di η is , il lavoro di
riferimento o “limite” era l is = l i – l w – CRT , ora, senza considerare il controricu-
pero, avremo

n–1
⎛ p----2-⎞ n – 1
2 ------------

li – lw ∫
v dp
n
n -
-----------
– 1
RT 1 ⎝ p 1⎠
n
------------
n –1
η y = ------------- = ---------------
1
- = ---------------------- ---------------------------------- = ------------ (76)
li h 2 – h1 γ n-----------
– 1- γ
----------- RT 1 ⎛ p 2⎞ n -----------
γ–1 ----- –1 γ–1
⎝ p 1⎠

p
Espressione, come si voleva, indipendente da ----2- , e che vale, ricordiamolo, nell’ipo-
p1 COMPRESSIONE
tesi che q e = 0 e Δe c = 0 . 1.0
Tale rendimento prende anche il nome di rendimento politropico perché si assume
come trasformazione di riferimento una politropica reversibile di pari esponente
medio n della compressione reale. 0.9
Analogamente al caso dell’espansione, e anche se solo per trasformazioni adiabatiche η is
con variazione di energia cinetica nulla, il rendimento idraulico consente di legare 0.8
l’esponente della politropica reale n a quello dell’adiabatica reversibile γ
Il legame tra il rendimento isentropico e quello idraulico è, in queste circostanze,
0.7
γ–1 η y = 0.7
p -----------
⎛ ----2-⎞ γ – 1
⎝ p 1⎠
η is = ---------------------------------
1 γ–1
- (77) 0.6
p ----- -----------
⎛ ----2-⎞ ηy γ – 1
⎝ p 1⎠
rappresentato nella figura a lato, in cui per ogni valore di η = cos t si osserva la 0.5 y 0 5 p
----2- 10
diminuzione di η is all’aumentare del rapporto delle pressioni. La riduzione è tanto p1
più forte quanto più basso è il rendimento idraulico perché, evidentemente, aumen-
tando le perdite con il diminuire di η y , aumenta pure il calore generato.

LAVORO DI COMPRESSIONE MINIMO


Abbiamo fatto l’ipotesi fin qui di trasformazioni adiabatiche. Più in generale, consi-
deriamo la compressione di un gas ideale e proponiamoci di determinare il minimo
lavoro di compressione nell’ipotesi di trasformazione reversibile, non necessaria-
mente adiabatica, e con variazione di energia cinetica trascurabile. L’espressione del I
principio in forma meccanica

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 53


ESPANSIONE COMPRESSIONE

2
li = ∫ v dp + l
1
w + Δe c

diventa
2rev
p
2 pol 2
is
l rev = ∫ 1
v dp
p2 2
iso
Dall’esame di questa equazione si deduce che per ridurre il lavoro di compressione è
necessario che il volume specifico del gas sia il più piccolo possibile durante la com-
pressione. Ciò si può ottenere mantenendo il più basso possibile la temperatura del
gas durante la compressione perchè il volume specifico è proporzionale alla tempera-
p1 1 tura. Perciò, per ridurre il lavoro di compressione è necessario che il gas venga raf-
freddato man mano che viene compresso.
v Per comprendere meglio l’effetto del raffreddamento durante la compressione, con-
frontiamo il lavoro di tre diverse trasformazioni, tutte reversibili:
• isentropica (senza refrigerazione) pv γ = cos t
T
2 is 2is γ–1
γ p -----------
v dp = ----------- RT 1 ⎛ ----2-⎞ γ – 1
2 pol n = γ ∫ 1
γ–1 ⎝ p 1⎠
2 iso n<γ p1
• politropica (con raffreddamento) pv n = cos t
p2 n = 1 1
2pol n–1
⎛p
------------
----2-⎞

n n
v dp = ------------ RT 1 –1
n–1 ⎝ p 1⎠
s 1

• isoterma (con forte refrigerazione). pv = cos t


2iso 2iso
p1 v1 p
2 iso
∫ 1
v dp = ∫ 1
p
- dp = RT 1 ln ----2-
---------
p1
p2 2
Ricordando che sul piano p-v l’area a sinistra della curva di trasformazione rappre-
2′ senta il lavoro scambiato si evince che tanto maggiore è il calore sottratto tanto più
p 2' basso è il lavoro di compressione. Il lavoro minimo di compressione si ottiene quindi
1′
nella compressione isoterma reversibile.
Dal punto di vista pratico la sottrazione di calore si può realizzare ricavando una
p1 intercapedine, nella carcassa che racchiude il compressore, all’interno della quale un
1 fluido refrigerante possa circolare raffreddando il gas. La pratica è efficace se la velo-
cità del gas che attraversa il compressore è bassa, come nei compressori volumetrici,
v ma è inutile nei turbocompressori perchè la velocità del gas è qui elevata e quindi
l’ipotesi di adiabaticità è più realistica.
Quindi, quando non è possibile avere una efficace refrigerazione attraverso l’involu-
T p2 cro del compressore si utilizza la tecnica della compressione multistadio con interre-
2 iso frigerazione che consiste nel suddividere il salto di pressione tra compressori (stadi)
posti in serie collocando, tra uno stadio e l’altro, scambiatori di calore che riportano
2 2′
la temperatura del gas all’uscita di ciascuno stadio al valore iniziale o leggermente
p1 superiore.
1′ 1 La figura mostra il caso di una compressione bistadio. Si può dimostrare che il
minimo lavoro si ottiene quando il rapporto di compressione è uguale nei due stadi.
In queso caso si parla di compressione uniforme interrefrigerata. Da notare che
s aumentando il numero di stadi si approssima sempre di più la compressione isoterma.

B. ESPANSIONE E COMPRESSIONE SENZA


SCAMBIO DI LAVORO.
Le trasformazioni di compressione e espansione si possono anche realizzare
all’interno di condotti, opportunamente sagomati, senza scambio di lavoro con

54
B. ESPANSIONE E COMPRESSIONE SENZA SCAMBIO DI LAVORO.

l’esterno. Il calore scambiato con l’esterno si può supporre trascurabile dato che il
tempo di permanenza del gas all’interno del condotto è modesto.

ESPANSIONE. L’espansione di un fluido attraverso, per esempio, un condotto con- p1 p2 < p1


vergente, produce di solito una accelerazione del fluido che fuoriuscirà ad una velo-
c1 c2 > c1
cità maggiore di quella di ingresso. Gli ugelli (tale è il nome dato ai condotti
espansori) non scambiano lavoro con l’esterno perché nessun albero attraversa i suoi
confini e il fluido subisce una piccola o nessuna variazione di energia potenziale
( Δe g ) nell’attraversare il condotto. Se, inoltre, la velocità di ingresso del fluido è pic-
h 1
cola rispetto alla velocità di uscita, l’equazione dell’energia per i sistemi aperti in
moto stazionario si riduce a
c 22 c2
----2-
–0 c 22 c 22 ------is- 2
0 = ( h 2 – h 1 ) + -------------- da cui ----- = ( h 1 – h 2 ) 2
2 2 2
Per un’espansione adiabatica priva di perdite, che possiamo assumere come trasfor-
2 is
mazione reversibile di riferimento

c 22is – 0 c 22is
0 = ( h 2is – h 1 ) + ---------------
- da cui ------- = ( h 1 – h 2 is ) s
2 2
con c 2is evidentemente maggiore di c 2
Il rendimento isentropico dell’ugello viene definito come il rapporto tra l’incremento
di energia cinetica del fluido prodotto dall’ugello alla variazione di energia cinetica
subita in un ugello isentropico con le stesse condizioni di ingresso e pressione di
uscita, cioè:

c 22 – c 12 c 22
η is = ------------------ ≈ ------- (78)
c 22is – c 12 c 22is
che può essere espresso in funzione dei rispettivi salti entalpici

h1 – h2
η is = ------------------
- (79)
h 1 – h 2 is
I rendimenti isentropici degli ugelli sono tipicamente al di sopra del 90%, e spesso
oltre il 95%.

COMPRESSIONE. In assenza di lavoro scambiato con l’esterno la compressione


del gas può avvenire a spese della sua energia cinetica.
Applicando il 1º principio al volume di controllo che contiene un condotto opportu-
namente sagomato, che viene chiamato diffusore, in cui il gas si presenta con velocità
c 1 e pressione p 1 e che lascerà ad una velocità c 2 minore e pressione p 2 maggiore, p1 p2 > p1
si ha
c1 c2 < c1
c 22 – c 12
0 = ( h 2 – h 1 ) + ---------------
-
2
2
Quale trasformazione ideale di riferimento, per definire il rendimento della compres-
h 2 is
sione, si assume l’adiabatica reversibile che si svolge a partire dalle stesse condizioni
iniziali della trasformazione reale e con la stessa pressione finale
c 12 – c 22 c 12 – c 22
----------------
c 22is – c 12 ------------------is 2
0 = ( h 2is – h 1 ) + ------------------ 2
2
Si definisce pertanto rendimento isentropico del diffusore il rapporto tra la riduzione 1
di energia cinetica che si ha nel diffusore ideale rispetto alla riduzione subita in
quello reale

c 12 – c 22 h 2is – h 1 s
η is = ------------------is = ------------------
- (80)
2
c1 – c2 2 h2 – h1

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 55


ESPANSIONE COMPRESSIONE

DIPARTIMENTO DI ENERGETICA - POLITECNICO DI TORINO

ESERCITAZIONE N. 2 DI SISTEMIENERGETICI
1. Un'espansore presenta un rendimento idraulico dell'86%, un rapporto delle pres-
sioni di 4.5 a 1 e un valore medio di γ di 1.333. Calcolare il rendimento isentro-
pico dell'espansione. [ η is = 0.88 ].
2. In una turbina si espande aria (assumendo il comportamento di gas perfetto, con
γ = 1.4 , e R=287 J/kgK) dalla temperatura di 1100 K e con rapporto delle
pressioni di 6 a 1. Calcolare le temperature di scarico e il lavoro massico scam-
biato nei seguenti casi:
a) espansione adiabatica reversibile;
b) espansione adiabatica irreversibile ( η y = 0.85 ).
Valutare inoltre l'entità delle resistenze passive e del ricupero termico nel caso b).
{ T2is = 659.3 K , T 2 = 711.9 K , l is = 442.7 kJ ⁄ kg , l i = 389.8 ,

l w = 68.8 , RT = 15.9 kJ ⁄ kg }
3. In una turbina si invia del vapor d'acqua a 5 MPa e 500 °C. Sapendo che la pres-
sione di scarico è 500 kPa e che il rendimento isentropico è pari al 75%, valutare
il lavoro di espansione. { l i = 460 kJ ⁄ kg }

4. Un compressore aspira aria ( γ = 1.4 , e R=287 J/kgK) da un ambiente a 100


kPa e 25 °C comprimendola a 300 kPa con una temperatura di 150 °C. Calcolare
il rendimento della macchina. { η y = 0.896 , η is = 0.879 }
5. Un compressore aspira aria (assumendo il comportamento di gas perfetto, con
γ = 1.4 , e R=287 J/kgK) a 100 kPa e 25°C con rapporto delle pressioni di 1 a
6. Calcolare le temperature di mandata e il lavoro massico scambiato nei seguenti
casi:
a) compressione adiabatica reversibile;
b) compressione adiabatica irreversibile ( η y = 0.85 ).
Valutare, inoltre, l'entità delle resistenze passive e del controricupero termico nel
caso b).
{ lis = 200.1 kJ ⁄ kg , li = 247.3 , l w = 37.1 , CRT = 10.12 kJ ⁄ kg }

6. Aria viene compressa reversibilmente da 100 kPa e 300 K a 900 kPa . Calco-
lare il lavoro di compressione nel caso di a) compressione adiabatica b) politro-
pica con n = 1.3 c) isoterma e d) compressione uniforme bistadio
interrefrigerata politropica con n = 1.3 .
[ l is = 263.2 kJ ⁄ kg , l pol = 246.4 kJ ⁄ kg , l iso = 189.2 kJ ⁄ kg , linter = 215.3 kJ ⁄ kg ]
7. Una turbina a gas adiabatica fornisce una potenza interna di 5 MW quando le
condizioni di ingresso e di uscita sono, rispettivamente:

Ingresso Uscita
p 1 = 2 MPa p 2 = 100 kPa

T 1 = 1200 K T 2 = 600 K

c 1 = 50 m ⁄ s c 2 = 180 m ⁄ s

z 1 = 10 m z2 = 6 m

J
Calcolare la portata in massa del gas (gas ideale con c p = 1147 -------------- , γ = 1.333
kg ⋅ K
costanti) che attraversa la turbina e il rendimento isentropico della turbina.

56
CAPITOLO 3 RICHIAMI DI
TERMOCHIMICA

ARIA TEORICA DI COMBUSTIONE


Una reazione di combustione risulta completa se il combustibile ha ossigeno suffi-
ciente per ossidarsi completamente. Si ha combustione completa quando tutto il car-
bonio presente nel combustibile si trasforma in CO 2 e l’idrogeno in H 2 O . Se il
comburente é aria sarà necessaria una determinata quantità minima di aria per ossi-
dare, con l’ossigeno in essa presente, completamente il combustibile.
L’aria è costituita da circa il 21% in volume di O 2 e dal 79% di N 2 , per cui per ogni
mole di ossigeno saranno presenti 3.76 moli di azoto. L’azoto, però, se la temperatura
non é molto elevata, si comporta come un gas inerte e non partecipa, quindi, alla rea-
zione.
Per esempio per la reazione di combustione del metano con aria:
CH 4 + O 2 + 3.76N 2 → CO 2 + H 2 O + 3.76N 2
bilanciando la reazione si ottiene:
CH 4 + 2 ( O 2 + 3.76N 2 ) → CO 2 + 2H 2 O + 2 • 3.76 N 2
Si stabilisce quindi quanta aria é necessaria affinché vi sia la combustione completa
del metano.

ma ( nM ) O2 + ( nM ) N2 2 • 32 + 2 • 3.76 • 28
------ = -----------------------------------------
- = ---------------------------------------------------- = 17.16
mb ( nM ) CH 4 1 • 16

m a : massa di aria
m b : massa di combustibile
n : numero di moli
M : massa molecolare
Per ogni unità di massa di metano sono necessarie almeno 17 unità di massa di aria
affinché si realizzi una combustione completa.
La quantità d’aria in relazione al combustibile che prende parte alla reazione é chia-
mata rapporto aria-combustibile o dosatura:
m
α = -----a-
mb
La dosatura é stechiometrica se la quantità d’aria utilizzata è esattamente pari a quella
minima richiesta per avere la combustione completa α st ; se l’aria é in eccesso si
parla di dosature povere (di combustibile) mentre se essa é in difetto le dosature risul-
tano ricche.
E’ importante osservare come ogni combustibile abbia un suo valore di α st ; per
esempio l’isottano C 8 H 18 e molte benzine commerciali hanno α st ≈ 15 .
Si definisce eccesso d’aria la massa d’aria utilizzata in più rispetto a quella stechio-
metrica, in termini relativi:

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 57


RICHIAMI DI TERMOCHIMICA

m a – ( m a ) st ma α- – 1
e = ---------------------------
- = --------------
- – 1 = ------
( m a )st ( m a ) st α st

PRIMO PRINCIPIO PER I SISTEMI REAGENTI


Con riferimento ad un sistema aperto reagente in condizioni stazionarie il primo prin-
cipio [cfr. equazione (38)] è

δQ e δL i
--------- + ------- = Σ e m· e ( h + e g + e c + e ch ) e – Σ i m· i ( h + e g + e c + e ch ) i (81)
dτ dτ
in cui le condizioni e rappresentano quelle dei prodotti della reazione e le condizioni
i quelle dei reagenti. Normalmente l’energia cinetica e l’energia gravitazionale ven-
gono trascurate

δQ e δL i
--------- + ------- = Σ p m· p ( h + e ch )p – Σ r m· r ( h + ech ) r (82)
dτ dτ
Durante la reazione la composizione del sistema varia in quanto alcune sostanze, i
reagenti, si combinano fra di loro per dar luogo ai prodotti della reazione. L’energia
associata ad ogni sostanza è la somma dell’energia chimica ( e ch ) e dell’energia
legata al livello termico h (energia sensibile). E’ necessario, al fine di calcolare cor-
rettamente le sommatorie espresse nella (82), che l’energia di ogni sostanza venga
riferita ad uno stato di riferimento comune. Convenzionalmente si è scelto lo stato di
riferimento standard di 25°C e 1 atm . L’energia chimica di una sostanza nelle con-
0
dizioni di riferimento standard viene chiamata entalpia di formazione h f perché cor-
risponde all’energia liberata (o assorbita) nella reazione di formazione della sostanza
a partire dagli elementi fondamentali stabili (come O 2 , N 2 , H 2 e C ) a cui è stato
attribuito convenzionalmente un livello energetico nullo. L’energia sensibile rispetto
alle condizioni di riferimento standard viene espressa da

(h – h0 )
Il primo principio per i sistemi aperti reagenti si scrive pertanto

Q· e + P i = Σ p m· p ( h f + ( h – h 0 ) ) p – Σ r m· r ( h f + ( h – h 0 ) ) r
0 0
(83)

Nel volume di controllo in condizioni stazionarie avremo in ingresso i reagenti (per


es. CH 4 , O 2 , N 2 ) che daranno luogo, a reazione avvenuta, ai prodotti (per es. CO2 ,
H 2 O , N 2 ). Le sommatorie vanno estese ai singoli componenti dei reagenti e dei pro-
dotti.
In luogo della (83) può, talvolta, essere conveniente utilizzare l’equazione similare
seguente ottenuta facendo intervenire grandezze molari (cioè riferite all’unità di
mole) piuttosto che massiche. Infatti, poiché si può scrivere

m· = n· M

in cui n· é la portata molare [ kmole ⁄ s ] e M la massa molecolare, e

h
h = -----
M

con h entalpia molare [ kJ ⁄ kmole ] si ha

Q· e + P i = Σ n· p ( h 0f + ( h – h 0 ) ) p – Σ n· r ( h 0f + ( h – h 0 ) ) r

58
ENERGIA MASSIMA DI UNA REAZIONE CHIMICA
Per determinare la quantità massima di calore rilasciata dalla reazione a partire dai
reagenti alle condizioni standard di riferimento di p 0 = 1 atm e T 0 = 25°C
occorre estrarre dal sistema una quantità di calore tale da riportare i prodotti della rea-
zione alle condizioni iniziali dei reagenti (in tal modo i termini ( h – h 0 ) risultano
nulli)

reagenti
0
m· ( h f + ( h – h 0 ) ) prodotti
1 m· ri p0 T0
2 m· pj
p0 T0
·
Qe
1T Q· e

T0 Tg T
Tenendo conto che il lavoro scambiato con l’esterno é nullo

Q· e = Σ m· p ( h 0f ) p – Σ m· r ( h0f )r (84)

Oppure utilizzando grandezze molari

Q· e = Σ n· p ( h 0f ) p – Σ n· r ( h 0f ) r (85)

Dividendo questa quantità per la portata massica o la portata molare della sostanza
che reagisce (combustibile) si ottiene il cosiddetto potere calorifico

Q· e kJ
H = – -----
- ------ (86)
m· b kg

Σ n· p ( hf )p – Σ n· r ( h f )-r
0 0

H = – ---------------------------------------------------
n· b
= Σ N r ( h 0f ) r – Σ Np ( h 0f ) p kmol
kJ
------------ (87)

in cui N p e N r rappresentano il numero di moli dei prodotti e dei reagenti per ogni
mole di combustibile. Il potere calorifico massico può essere ricavato da quello
molare dividendolo per la massa molecolare del combustibile:

H kJ
H = ------- ------ (88)
Mb kg
Quando il combustibile è un idrocarburo tra i prodotti di reazione è sempre presente
l’acqua. Il massimo rilascio di energia si otterrà quando tutta l’acqua contenuta nei
prodotti della combustione é allo stato liquido. In tal caso si avrà il potere calorifico agitatore accenditore
superiore H s . Viceversa si avrà il potere calorifico inferiore H i se l’acqua si trova
allo stato di vapore. Il caso più frequente é l’ultimo.
Conoscendo quindi la composizione del combustibile, utilizzando l’equazione (87),
si può determinare il potere calorifico, sia inferiore che superiore. In alternativa,
occorre misurare il potere calorifico del combustibile impiegando un calorimetro.
Il calorimetro a volume costante, o bomba calorimetrica, è costituito da un recipiente
sferico, per via delle alte pressioni che si possono raggiungere, all’interno del quale O2
viene posto il combustibile e il comburente. La bomba viene immersa in acqua a
25°C contenuta in un recipiente adiabatico. Innescata la combustione, mediante
mezzi esterni, al raggiungimento dell’equilibrio si misura il modesto incremento di
temperatura subito dall’acqua che è proporzionale alla quantità di calore rilasciata
dalla quantità nota di combustibile. H2O
Il calorimetro a pressione costante, a differenza del precedente, è un sistema aperto in
cui il combustibile insieme al comburente viene introdotto con continuità. I prodotti

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 59


RICHIAMI DI TERMOCHIMICA

della reazione vengono raffreddati alla stessa temperatura dei reagenti da un flusso
d’acqua refrigerante che subisce un lieve incremento di temperatura.

accenditore
H2O 25°C

reagenti prodotti
p0 = 1 atm p0 = 1 atm
T0 = 25 °C T0 = 25 °C

H2O 25.1°C

TEMPERATURA ADIABATICA DI COMBUSTIONE


La combustione ovvero la reazione esotermica di ossidazione di un combustibile
genera una quantità di calore che, se non viene ceduta all’esterno, innalza la tempera-
tura del sistema. Studiamo la combustione adiabatica di un sistema reagente a pres-
sione costante, proponendoci di determinare la temperatura a cui si porteranno alla
fine della reazione i prodotti della combustione. Tale temperatura si chiama tempera-
tura adiabatica di combustione o anche temperatura teorica di fiamma e si può deter-
minare applicando il primo principio della termodinamica alla miscela aria
combustibile (83)
In base però alle assunzioni fatte si ha che Q· = 0 , perché la trasformazione è adia-
e
batica, e P i = 0 poiché non c’è scambio di lavoro.

0 0
Σ p m· p ( h f + ( h – h 0 ) ) p – Σ r m· r ( h f + ( h – h 0 ) ) r = 0
che può anche scriversi
0 0
Σ p m· p ( h f ) p + Σ p m· p ( h – h 0 )p – Σ r m· r ( h f ) r – Σ r m· r ( h – h 0 ) r = 0
ovvero
0 0
– [ Σ p m· p ( h f )p – Σ r m· r ( h f ) r ] = Σ p m· p ( h – h 0 )p – Σ r m· r ( h – h 0 ) r
In base alle (84) e (86) si ottiene

m· b H = Σ p m· p ( h – h 0 )p – Σ r m· r ( h – h 0 )r
Ipotizzando un comportamento da gas ideale tanto per i reagenti che per i prodotti
della combustione, con capacità termiche massiche costanti, e supponendo che
l’acqua contenuta nei prodotti sia allo stato di vapore si ha

m· b H i = ( m· a + m· b )c pg ( T g – T 0 ) – m· a c p a ( T a – T 0 ) – m· b c pb ( T b – T 0 )

in cui c pg , c pa e c pb sono le capacità termiche massiche a pressione costante dei gas


combusti, dell’aria e del combustibile, rispettivamente. Dividendo per la portata in
massa di combustibile si ottiene
H i = ( 1 + α ) c p g ( T g – T 0 ) – α c pa ( T a – T 0 ) – c pb ( T b – T 0 )

che si semplifica nella


H i = ( 1 + α ) c p g ( T g – T 0 ) – α c pa ( T a – T 0 ) (89)

60
se il combustibile viene introdotto alla temperatura T 0 .
L’espressione (89) é valida se il combustibile reagisce completamente, la reazione é
perfettamente adiabatica e non si ha dissociazione dei prodotti della reazione. Per
tener conto di tutto ciò si introduce un rendimento della combustione η b , minore e
prossimo a uno

η b H i = ( 1 + α ) c pg ( T g – T 0 ) – α c p a ( T a – T 0 ) (90)

Da questa relazione si può finalmente calcolare la temperatura di combustione

η b Hi + α cpa ( Ta – T0 )
T g = T 0 + ----------------------------------------------------
- (91)
( 1 + α ) c pg
In modo del tutto analogo si procede nel caso in cui la reazione di combustione
avviene a volume costante

η b H i = ( 1 + α ) c vp ( T 2 – T 0 ) – α c va ( T 1 – T 0 ) (92)

FORMULAZIONE GENERALE DEL 1° PRINCIPIO PER SISTEMI


APERTI REAGENTI
Il primo principio per i sistemi aperti reagenti secondo l’equazione (76) può essere
scritto come:

Q· e + P i =
∑ m· ( h ) + ∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0 0 0
p f p p p r f r r r

p p r r
Tenendo conto delle equazioni (77) e (79) si arriva a:

Q· e + P i + m· b H =
∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
p p r r

p r
Supponendo che l’acqua contenuta nei prodotti sia in fase gassosa - il che accade
quasi sempre - si ha:

Q· e + P i + m· b H i = ∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
p p r r

p r
Se la combustione non è ideale vale:

Q· e + P i + η b m· b H i =
∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
p p r r

p r
Più in generale, se non tutti i flussi di massa che attraversano i confini del sistema
sono reagenti o prodotti:

Q· e + P i + η b m· b H i =
∑ m· ( h – h ) – ∑ m· ( h – h )
0 0
e e i i

e i

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 61


RICHIAMI DI TERMOCHIMICA

DIPARTIMENTO DI ENERGETICA - POTECNICO DI TORINO

ESERCITAZIONE N. 3 - SISTEMI ENERGETICI


1. Determinare il potere calorifico inferiore e superiore delle seguenti sostanze:
metano, idrogeno, metanolo, carbonio.

Potere calorifico Potere calorifico


Sostanza inferiore H i (kJ/kg) superiore H s (kJ/kg)

Metano 50146 55647


Idrogeno 120909 142915
Metanolo (l) 19953 22703
Carbonio 32792 32792

2. Determinare la dosatura stechiometrica e il


:
potere calorifico del gas combustibile avente la
seguente composizione volumetrica percen- H2 45%
kJ
tuale. [ α st = 14.256 , H i = 43360 ------ CH4 30%
kg
kJ C2 H 6 15%
( H s = 48439 ------ )]
kg
N2 10%

3. Gas propano a 25°C ( C 3 H 8 Potere calorifico inferiore H i = 46455 kJ/kg)


entra in una camera di combustione e brucia con il 50% di eccesso d’aria
( α = 1.5 α st ) (composizione dell’aria: 21% di O 2 e 79% di N 2 in volume).

Sapendo che anche la temperatura dell’aria è di 25°C calcolare la temperatura


adiabatica teorica della combustione. Valutare inoltre la temperatura raggiunta
con un eccesso d’aria del 300%.
{ c pa = 1.006 kJ/kgK (aria) c pg = 1.150 kJ/kgK (gas combusti)}
[ T g = 1953.7 K , Tg' = 935.3 K ]

4. Determinare la dosatura e l’eccesso d’aria in


:
base all’analisi dei prodotti della combustione
del metano con la seguente composizione volu- CO2 10%
metrica percentuale dei gas combusti anidri. 0.53%
CO
[ α = 18.875 , e = 10 %]
O2 2.37%

N2 87.1%

62
5. La macchina termica a
vapore dello schema pro- 100 t ⁄ h
10 MW
duce 10 MW di potenza
utilizzando come sor- MJ
gente di calore ad alta H i = 45 --------
kg
temperatura un combusti-
bile che ha un potere calo- 140 ºC
rifico di 45 MJ ⁄ kg . Le f 0.2MPa
100 t ⁄ h di vapore sca-
ricate dalla turbina a
a
140°C e 0.2MPa liquido saturo
attraversano il condensa-
tore uscendo come liquido saturo. Determinare la portata di combustibile,
kg
nell’ipotesi di poter trascurare la potenza assorbita dalla pompa. [ m· b = 1.61 ------ ]
s

6. Un impianto cogenerativo (generazione contemporanea di potenza termica e mec-


canica/elettrica) fornisce una potenza meccanica P u = 342 kW ( ηm = 1 ,

η b = 1 ) e una portata V· h = 15.5 m 3 ⁄ h di acqua che viene scaldata da


70°C a 90°C ( c pH O
= 4186 J ⁄ kgK ). L’impianto riceve la portata
2

m· a = 1784 kg ⁄ h di aria alle condizioni ambiente ( p a = 100 kPa e


T a = 25°C ) e utilizza gas naturale come combustibile
kg
( H i = 9.5 kWh ⁄ Nm 3 e massa molecolare M = 17.4 ------------ ). Sapendo che
kmol
l’impianto scambia con l’esterno una potenza termica di 99 kW (che non può
essere utilizzata) e che scarica i gas combusti ( c p = 1.1 kJ ⁄ kgK ) al camino
alla temperatura di 120°C determinare la portata di combustibile consumata.

N.B. Nm 3 o Normal-metro cubo è riferito alle condizioni


p 0 = 101.325 kPa e T 0 = 0°C

kg
[ m· b = 13 ------ ]
h

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 63


RICHIAMI DI TERMOCHIMICA

PROPRIETA’ TERMODINAMICHE DELLE SOSTANZE PURE


(p° = 1 atm; T° = 298 K)
o o o o
specie chimica Δhf Δg f s cp
formula stato fisico kJ/kmol kJ/kmol kJ/kmol K kJ/kmol K

Ar g 0 0 154.843 20.786
C c,graphite 0 0 5.740 8.527
C c,diamond 1895 2900 2.377 6.113
C g 716682 671257 158.096 20.838
CO g -110525 -137168 197.674 29.420
CO2 g -393509 -394359 213.740 37.110
CH4 g,methane -74810 -50720 186.264 35.309
C2H2 g,ethyne 226730 209200 200.940 43.930
C2H4 g,ethene 52250 68120 219.450 43.560
C2H6 g,ethane -84680 -32820 229.600 52.630
C3H6 g,propene 20200 62720 266.900 64.000
C3H8 g,propane -104500 -23400 269.900 7.000
C4H10 g,n-butane -126500 -17150 310.100 97.400
C5H12 g,n-pentane -146500 -8370 348.900 120.200
C8H18 g,octane -208500 16400 466.700 189.000
CH3OH g,methanol -200660 -162000 239.700 43.890
CH3OH l,methanol -238660 -166360 126.800 81.600
C2H5OH g,ethanol -235100 -168490 282.700 65.440
C2H5OH l,ethanol -277690 -174780 160.700 111.460
CH3COOH l,acetic acid -484510 -389900 159.800 124.300
C6H6 g,benzene 82900 129700 269.200 81.600
C6H6 l,benzene 49000 124700 172.000 132.000
C6H12 l,cyclohexane -156300 26700 204.400 157.700
H2 g 0 0 130.684 28.824
H2O g -241818 -228572 188.825 33.577
H2O l -285830 -237129 69.910 75.291
O2 g 0 0 205.138 29.355
Copyright 1995 James A. Plambeck (Jim.Plambeck@ualberta.ca). Updated July 14, 1997

64
CAPITOLO 4 IMPIANTI MOTORI A GAS

Tra i sistemi di conversione dell’energia gli impianti motori a gas sono quelli che
hanno avuto uno sviluppo maggiore negli ultimi decenni. Il settore trainante è sempre
stato quello aeronautico ma, oggigiorno, anche nelle applicazioni terrestri questi
impianti occupano una posizione rilevante. I moderni impianti per la produzione di
energia elettrica utilizzano sempre di più impianti motori a gas, che in passato veni-
vano utilizzati esclusivamente per coprire il carico di punta (grazie alla loro flessibi-
lità di esercizio), per via dei bassi rendimenti che allora presentavano.
L’impianto nella soluzione più semplice, ma anche più comune, è costituito da un
compressore, da un combustore e da una turbina (CCT). Come si è già avuto modo di
osservare, per produrre un’espansione in una turbina occorre generare una differenza
di pressione tra ingresso e uscita e quindi il primo passo necessario in un ciclo motore
a gas è quello di comprimere il fluido di lavoro, a cui provvede, per l’appunto, il
compressore. Se dopo la compressione il gas fosse fatto espandere direttamente nella
turbina, in assenza di perdite, la potenza prodotta sarebbe uguale a quella assorbita
dal compressore. É quindi necessario elevare la temperatura del gas compresso, e ciò
avviene nel combustore, al fine di avere la potenza della turbina maggiore di quella
richiesta dal compressore e realizzare un impianto motore.

CICLO IDEALE
Il ciclo ideale di riferimento è il ciclo Joule (o ciclo Brayton) che opera con un fluido
di lavoro che è un gas ideale. Esso è composto da due adiabatiche reversibili, la com-
pressione e l’espansione, e da due isobare lungo le quali si realizza lo scambio di
calore con le sorgenti di alta e bassa temperatura.

T
q1 3
q1

C T
2 4

q2
1

s
q2
Le condizioni ideali in cui opera il ciclo implicano che:
a) le trasformazioni di compressione e espansione sono reversibili ed adiabatiche e
quindi isentropiche
b) la variazione di energia cinetica del fluido di lavoro fra ingresso e uscita di ogni
componente è trascurabile

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 65


IMPIANTI MOTORI A GAS

c) non ci sono cadute di pressione nel condotto di aspirazione, nelle camere di com-
bustione, negli scambiatori di calore, nel condotto di scarico e nei condotti di collega-
mento dei componenti
d) il fluido di lavoro ha la stessa composizione in ogni punto del ciclo ed è un gas
perfetto con calori specifici costanti
e) la portata in massa è costante in ogni punto del ciclo
f) il calore viene scambiato reversibilmente cioè con differenze di temperature infini-
tesime tra fluido caldo e fluido freddo
Applicando il primo principio della termodinamica all’unità di massa di gas che com-
pie il ciclo risulta
l id = l t – l c = q 1 – q 2

PRESTAZIONI DEL CICLO IDEALE. Rendimento ideale η id

l t – lc q 1 – q2 q cp( T4 – T1 )
η id = ------------ - = 1 – ----2- = 1 – --------------------------
= ------------- -
q1 q1 q1 cp( T3 – T2 )

Semplificando c p

T4
----- – 1
T1 T1
η id = 1 – ----- ⋅ --------------
T2 T3
----- – 1
T2
ed osservando che
γ----------
– 1- γ–1
T2 p2 γ -----------
----- = ⎛ -----⎞
γ
= β
T1 ⎝ p 1⎠
per la compressione, ma anche che
γ----------
– 1- γ – 1-
T3 p γ ----------
----- = ⎛ ----3-⎞
γ
= β
T4 ⎝ p 4⎠

T T
per l’espansione, perché p 2 = p 3 e p 1 = p 4 , per cui ----2- = ----3- , si può scrivere
T1 T4
T4 T
----- = ----3-
T1 T2
Da ciò risulta che

T 1
η id = 1 – ----1- = 1 – ----------- . (93)
T2 γ – 1-
----------
β γ

γ
0.75

η id
0.5

0.25

0
0 25 50 75 β 100

66
Il rendimento ideale del ciclo Joule dipende soltanto dal rapporto di compressione β
e dalla natura del gas γ .
Il lavoro l id è funzione oltre che del rapporto delle pressioni della temperatura mas-
sima del ciclo
⎛ ⎞ γ–1
l id = η id q 1 = η id c p ( T 3 – T 2 ) = ⎜ 1 – -----------⎟ c p ⎛ T 3 – T 1 β γ ⎞
1 -----------
⎜ γ – 1⎟ ⎝ ⎠
⎝ β γ ⎠
-----------

⎛ ⎞ γ–1 ⎛ ⎞ γ–1
l id 1 ⎛T -----------⎞
- = ⎜ 1 – -----------⎟ ⎜ ----3- – β γ ⎟ = t ⎜ 1 – -----------⎟ – ⎛ β γ – 1⎞
1 -----------
---------- (94)
cp T1 ⎜ γ ⎟
----------- ⎝ T 1
– 1
⎠ ⎜ γ – 1 ⎟ ⎝ ⎠
⎝ β γ ⎠ ⎝ β γ ⎠
-----------

γ
-----------
Il lavoro si annulla per β = 1 perché manca l’espansione e per β lim = t γ – 1, per il
quale T 2 = T 3 , e q 1 = 0 .

T
q1 = 0 3 β≈1

l id = 0

2 4

1
s

Il massimo del lavoro si ottiene per un β ott ottenuto derivando la (94) rispetto a
γ–1
-----------
β γ e ponendo tale derivata a zero. Si ottiene
l id
d---------- - γ----------
–1
cp T1 t -
-------------- = -------------- – 1 = 0 da cui β ottγ = t.
γ----------
– 1- γ–1
2 -----------
dβ γ β γ
γ–1
-----------
γ
T T
Poiché β = ----2- = ----3- ciò equivale a scrivere
T1 T4

T2 T 3 T T
----- ----- = t = ----3- da cui ----2- = 1
T1 T 4 T1 T4
1.6
l id
----------
-
cp T1 5
1.2

0.8
4

0.4

t = 3
0
0 25 50 75 β 100

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 67


IMPIANTI MOTORI A GAS

In conclusione si può osservare come il lavoro ideale sia funzione del rapporto
T
t = ----3- ; la temperatura T 1 varia relativamente poco, poiché coincide con le condi-
T1
zioni ambiente, quindi in ultima analisi il lavoro ideale dipende dalla temperatura T 3
di ingresso in turbina. Questo significa che è possibile ottenere un maggiore lavoro
specifico aumentando T 3 .
Sebbene non esistano limiti al ciclo ideale, occorre tener conto che nella pratica la
temperatura di ingresso in turbina è limitata dalla resistenza dei materiali con cui la
turbina è costruita. Il parametro t assume attualmente valori compresi tra 4 per
impianti industriali e 5.5 per impianti di tipo aeronautico anche se la distinzione
diviene sempre più meno netta.

CICLO REALE
Il ciclo ideale è quello compiuto da un gas ideale con componenti, compressore,
espansore, scambiatori di calore, tutti ideali. Il ciclo reale è quello compiuto da un
gas reale utilizzando componenti reali. Una prima distinzione viene fatta a seconda
che la fase di somministrazione di calore venga fatta utilizzando uno scambiatore di
calore a superficie in cui un fluido ad elevata temperatura cede calore al fluido di
lavoro, oppure facendo avvenire una combustione in seno al fluido di lavoro stesso.
Nel primo caso il ciclo può essere chiuso e il gas può essere qualsiasi. Nel secondo
caso dovendo avvenire una reazione chimica di ossidazione del combustibile è neces-
sario che il gas sia aria e che il ciclo sia aperto. Si indicano i primi anche cicli, o
meglio, impianti, a combustione esterna e i secondi a combustione interna (al fluido).

CICLO APERTO. Il compressore aspira aria dall’ambiente esterno e la manda nel


combustore in cui viene anche inserita una certa quantità di combustibile. I gas com-
busti, provenienti dalla camera di combustione, vengono fatti espandere in turbina e
poi scaricati nell’ambiente esterno.

3
T

4
2
C T

1
s

Per semplicità, ma anche perché, con buona approssimazione, è così nella realtà, si
suppone che la combustione avvenga senza scambi di calore con l’esterno così come
le trasformazioni che avvengono nella turbina e nel compressore.

CICLO CHIUSO. Tra compressore e turbina è presente uno scambiatore di calore di


alta pressione al posto del combustore ed in uscita dalla turbina è collocato uno scam-
biatore di bassa pressione per il raffreddamento del fluido motore da reimmettere nel
compressore. Il fluido di lavoro è di solito un gas chimicamente stabile alle alte tem-
perature come l’elio.
In entrambe le tipologie di impianto sono presenti delle perdite tramite le quali risulta
possibile valutare le prestazioni reali del ciclo. Poiché di gran lunga più diffusi degli
impianti a ciclo chiuso si farà quasi esclusivamente riferimento agli impianti a ciclo
aperto.

68
PRESTAZIONI DEL CICLO REALE. Il ciclo reale differisce da quello ideale per
le seguenti ragioni:
a) la variazione di energia cinetica tra ingresso e uscita di ogni componente non sem-
pre è trascurabile;
b) i processi di compressione e di espansione non sono isentropici. q e = 0 ma
Δs > 0 ;
c) le perdite di carico nei condotti, nel combustore, negli scambiatori di calore, ecc.;
d) gli scambiatori di calore non hanno superficie infinita per cui la differenza di tem-
peratura tra fluido freddo uscente e caldo entrante non è nulla;
e) c p e γ cambiano in funzione della temperatura e della composizione del fluido di
lavoro;
f) la combustione non è completa;
g) la massa che opera nel ciclo non è costante
• per l’aggiunta del combustibile
• per eventuali spillamenti di aria dal compressore per refrigerare le palette della
turbina.
h) le perdite per attrito nei cuscinetti e per effetto ventilante dei dischi;

m· b
Δp b
m· a – m· as
3
2
m· as
G
˜

1 4

Δp a Δp s

m· a + m· b
pa
pa
a) Si può tener conto implicitamente dell’energia cinetica ricorrendo alle grandezze
di ristagno o totali.
b) I lavori di compressione e di espansione, mantenendo l’ipotesi di adiabaticità, pos-
sono essere calcolati facendo riferimento alle rispettive trasformazioni isentropiche
utilizzando il rendimento isentropico oppure, in alternativa, il rendimento idraulico.
Con riferimento alle grandezze totali risulta per il lavoro di compressione
cp c p T°1 ⎛ γ----------
– 1-
γ – 1⎞
l c = c p ( T°2 – T°1 ) = --------
- ( T° – T° ) = ------------
- β
ηisc 2 is 1
ηisc ⎝ c ⎠
oppure
γ–1 1
⎛ ⎛⎝ -----------⎞⎠ -------c ⎞
l c = c p T°1 ⎜ β c γ η y – 1⎟
⎝ ⎠
p°2
in cui βc = -------
-
p°1
mentre per il lavoro di espansione si ha, rispettivamente
⎛ ⎞
l t = c p ( T°3 – T°4 ) = η tis c p ( T°3 – T°4is ) = η tis c p T°3 ⎜ 1 – -----------
1 -⎟
⎜ – 1-⎟
γ----------
⎝ β γ ⎠ t

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 69


IMPIANTI MOTORI A GAS

⎛ ⎞
⎜ 1 ⎟
l t = c p T°3 ⎜ 1 – ---------------------⎟
⎜ ⎛ -----------⎞ η t ⎟

γ – 1
⎠ y
⎝ βt γ ⎠
p°3
in cui β t = -------
-.
p°4
È opportuno ricordare che i rendimenti dipendono dalle condizioni di funzionamento
delle turbomacchine.
c) Il passaggio del fluido di lavoro genera nei componenti dell’impianto - combu-
store, tubazioni, scambiatori di calore, ecc. - delle cadute di pressione che fanno si
che il rapporto di espansione sia diverso, e minore, del rapporto di compressione.
All’aspirazione del compressore è solitamente posto un filtro per intrattenere le pol-
veri presenti nell’aria e che ridurrebbero, depositandosi sulle palette, il rendimento
del compressore. Se la caduta di pressione introdotta dal filtro è Δp a la pressione di
ingresso al compressore sarà
p 1 = p a – Δp a
perché per gli impianti terrestri, diversamente da quelli aeronautici, le condizioni di
aspirazione sono p a e T a essendo nulla la velocità dell’aria ambiente. Il rapporto di
compressione sarà pertanto dato da

p°2
β c = -------
-
p1
Delle perdite di carico all’interno del compressore e della turbina se ne tiene già
conto nel rendimento di questi componenti (perdite fluidodinamiche).
Nel combustore e nei relativi condotti di collegamento alle turbomacchine si ha una
perdita di pressione che chiameremo Δp b cosicchè la pressione di ingresso in turbina
risulterà pari a

p°3 = p°2 – Δp b
Allo scarico della turbina è presente un silenziatore per ridurre la rumorosità. Alla
perdita di carico nel silenziatore occorre però aggiungere la contropressione
dell’apparato di scarico (tubazione più camino). Indicando queste perdite con Δp s la
pressione di scarico della turbina risulterà maggiore della pressione ambiente di que-
sto termine
p 4 = p a + Δp s

N.B. Si è scritto p 4 e non p°4 perché si è fatta l’ipotesi che l’energia cinetica di sca-
rico della turbina venga praticamente tutta convertita in energia di pressione in un
diffusore posto immediatamente a valle della girante.
In impianti più complessi possono essere presenti degli scambiatori di calore le cui
perdite di pressione occorrerà tener in conto.
e) Il fluido di lavoro è un gas reale di composizione variabile per la presenza della
combustione ed è necessario tener conto della variazione delle proprietà c p e γ per-
ché giocano un ruolo importante nel calcolo delle prestazioni del ciclo. In generale,
per i gas reali nel campo usuale di impiego, c p è funzione della sola temperatura. Lo
stesso è vero per γ perché è legato a c p da

γ–1 R
----------- = ----------
γ Mc p

dove R è la costante universale dei gas ed M la massa molecolare. La variazione di


c p e γ con la temperatura dell’aria è mostrata in figura dalle curve più spesse corri-
spondenti ad α = ∞ . Nelle turbine degli impianti a ciclo aperto il fluido di lavoro è
una miscela di gas combusti. Il combustibile usato nelle turbine a gas è, a sua volta,

70
una miscela di idrocarburi, liquidi o gassosi, approssimabili con la formula C x H y ed
è quindi possibile calcolare la composizione dei prodotti della combustione per dato
valore della dosatura. Conoscendo i calori specifici e le masse molecolari dei costi-
tuenti si possono calcolare i valori medi di c p e γ della miscela. La figura mostra che
c p aumenta e γ diminuisce all’aumentare della quantità di combustibile cioè al dimi-
nuire di α .

valori di equilibrio p = 1 bar

1.4
γ ∞ 35 α
70
1.3
kJ
----------
kgK
1.2
70
1.1 35
cp ∞
1.0
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800

TEMPERATURA { K }

Per calcoli preliminari inerenti i cicli di turbine a gas si è trovato che è sufficiente
assumere i seguenti valori per l’aria e i gas combusti

c p kJ/kgK γ γ
-----------
γ–1
aria 1.005 1.4 3.5
gas combusti 1.147 1.333 4.0
f) Studiando la combustione a pressione costante di un combustibile con aria si era
ottenuta la seguente relazione nell’ipotesi di poter trascurare l’entalpia del combusti-
bile
η b H i = ( 1 + α ) c′p ( T 3 – T 0 ) – α c p ( T 2 – T 0 ) (95)

la quale consente di calcolare la quantità di combustibile, in relazione alla quantità


d’aria che giunge al combustore, necessaria per raggiungere una determinata tempe-
ratura di ingresso in turbina e viceversa.
g) La portata in massa nel ciclo è variabile sia per l’aggiunta del combustibile che per
l’estrazione dell’aria di refrigerazione. Le temperature massime che riescono a rag-
giungere le odierne leghe metalliche di cui sono fatte le palette delle turbine a gas dif-
ficilmente superano gli 800 – 900° C , mentre le temperature dei gas combusti sono in
genere superiori. Per esempio, le turbine dell’ultima generazione operano a tempera-
ture dei gas di 1300 – 1400°C . Ciò viene reso possibile adottando dei sistemi di
refrigerazione delle palette che necessitano di un fluido più freddo. La tecnica mag-
giormente utilizzata è quella di spillare aria compressa dal compressore e di inviarla
all’interno delle palette che risultano, quindi, cave. La portata d’aria di refrigerazione
viene estratta durante la compressione ad un livello di pressione superiore a quello
che regna nello stadio di espansione a cui l’aria è destinata. Una volta assolto il suo
compito, l’aria refrigerante si unisce ai gas combusti.
Per semplicità di trattazione supporremo che tutta l’aria aspirata dal compressore
giunga al combustore, ignorando, quindi, gli spillamenti. La conseguenza é che la
temperatura di fine combustione, così calcolata, sarà più bassa di quella reale, in cui
sono presenti gli spillamenti, a parità di potenza del turbogas.
La portata di gas che si espande in turbina sarà, comunque, diversa dalla portata di
aria compressa per via del combustibile introdotto nel combustore.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 71


IMPIANTI MOTORI A GAS

h) Perdite meccaniche. In tutti gli impianti motori a gas, la potenza necessaria al


comando del compressore è trasmessa direttamente dalla turbina senza ingranaggi
intermedi. Le uniche perdite presenti sono, quindi, solo quelle di attrito nei cuscinetti
e quelle di attrito del gas (aria e gas combusti) sulle parti rotanti. Queste perdite sono
molto piccole e ammontano a circa l’ 1% della potenza assorbita dal compressore. A
volte tra l’albero del turbogas e quello dell’utilizzatore (per esempio l’alternatore)
può essere interposto un riduttore di velocità le cui perdite occorre considerare nel
bilancio complessivo di potenze. La potenza utilizzata per comandare componenti
accessori dell’impianto come la pompa o il compressore del combustibile, qualora
presenti, o la pompa dell’olio di lubrificazione può essere prelevata direttamente, per
via meccanica, dall’albero motore oppure indirettamente per via elettrica. Poiché non
è possibile, in modo semplice, tener conto di tutte le possibili configurazioni impian-
tistiche, tutte le perdite citate e le potenze necessarie al comando degli accessori
dell’impianto verranno riunite e conteggiate in un rendimento meccanico, inteso
come rapporto tra la potenza utile prodotta dal turbogas e la potenza generata senza
tener conto di tali perdite e accessori, vale a dire la potenza P i
P
η m = -----u .
Pi
Nel rendimento meccanico potranno, ancora per semplicità, essere incluse le perdite
meccaniche nella eventuale macchina elettrica e, in questo, caso P u rappresenta la
potenza elettrica generata.

PRESTAZIONI DELL’IMPIANTO
Considerate tutte le perdite che caratterizzano un impianto, se ne possono valutare le
prestazioni.
Se non viene considerata la portata d’aria spillata m· as , la portata d’aria che giunge al
combustore sarà m· a . Poiché la portata di combustibile introdotto è m· b , la dosatura
α della reazione di combustione è

m· a
α = -----
-
m· b
La potenza interna fornita dall’impianto è dato dalla differenza tra la potenza della
turbina e quella del compressore

P i = ( m· a + m· b ) l t – m· a l c

Dividendo per m· a si ottiene il lavoro interno massico (riferito all’unità di massa di


aria)

Pi
- = ⎛ 1 + ---⎞ l t – l c
1
l i = ----- (96)
m· a ⎝ α⎠
e moltiplicando per il rendimento meccanico il lavoro utile
lu = η m li (97)

da cui la potenza utile


P u = m· a l u (98)

Il rendimento globale dell’impianto è il rapporto tra la potenza utile ottenuta e la


potenza introdotta con il combustibile

Pu
η g = -----------
- (99)
m· b H i

A volte, in alternativa al η g , si dà il consumo specifico di combustibile definito come


rapporto tra la portata di combustibile e la potenza utile ottenuta

72

q b = -----b- (100)
Pu
ed indica quante unità di massa di combustibile sono necessarie per ottenere l’unità di
potenza. Poiché P u = η g m· b H i il consumo specifico di combustibile risulta inversa-
mente proporzionale al rendimento globale dell’impianto.

1
q b = ------------ (101)
ηg Hi

Un’altra espressione utile di q b è

m· b 1
- = -------- .
q b = ----------
l u m· a αl u

A questo punto si è in grado di calcolare le prestazioni di un impianto motore a gas.


Con riferimento ai dati dell’esercizio n. 3 dell’esercitazione è possibile ottenere i
risultati diagrammati nelle figure seguenti.
0.25 250
ηg

0.2 200
lu

0.15 150

0.1 100
kJ
----------
kgK
0.05 50

t = 4.3
0 0
0 5 10 15 20 β 25 30

In questo diagramma si osserva che mentre il lavoro utile presenta un andamento


simile al caso ideale il rendimento globale dell’impianto se ne discosta molto. Infatti,
il rendimento del ciclo reale η g dipende, oltre che dal rapporto delle pressioni, dalla
temperatura massima del ciclo. Inoltre, per ogni temperatura ( t = 4.3 nella figura) il
rendimento raggiunge un massimo per un particolare valore di β . Infatti, esisterà un

3
T

4
2 +

1
-
- s

rapporto di compressione β∗ che rende nullo il lavoro utile con una portata di combu-
stibile e, quindi, di calore introdotto, maggiore di zero. Graficamente sul piano T, s
questa condizione si raggiunge quando l’area marcata con il segno + uguaglia quella

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 73


IMPIANTI MOTORI A GAS

con segno - il che corrisponde all’annullarsi del lavoro del ciclo. Infatti l’area sottesa
dall’isobara 2 -3 è pari al calore introdotto mentre quella sottesa dall’isobara 4 - 1 è
pari al calore sottratto e la loro differenza al lavoro al ciclo
Annullandosi il rendimento per un rapporto di pressioni β prossimo a uno, per il
quale la turbina è appena in grado di far girare il compressore e vincere le perdite
senza produrre lavoro utile, e per β∗ , esso dovrà presentare un massimo.
Si individua così un campo di rapporti di compressione, compresi tra il punto di mas-
simo rendimento e quello del massimo lavoro, all’interno del quale si sceglieranno le
condizioni di progetto dell’impianto. Se la preferenza verrà data all’economia di
esercizio, cioè bassi consumi di combustibile, si sceglieranno le condizioni di mas-
simo rendimento. Se, viceversa, interessa produrre più potenza, a discapito dei con-
sumi, si opterà per il rapporto di pressioni che dà il massimo lavoro.
L’importanza della temperatura di ingresso in turbina (TIT) sulle prestazioni del ciclo
reale è rilevante

0.3 300

0.25 250
ηg
0.2 200
lu

0.15 150

0.1 100

0.05 50

β = 12.5
0 0
800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500
T3
Il lavoro utile (circa linearmente) e il rendimento globale aumentano entrambi con la
TIT perché a β costante cresce il lavoro di espansione mentre quello di compres-
sione rimane costante. Da notare come esista una TIT minima per la quale sia l u che
η g sono nulli. Questa temperatura si chiama di autosostentamento perché in questa
condizione la turbina sviluppa la potenza necessaria a comprimere il gas e a vincere
le perdite senza produrre alcun effetto utile. Si comprende, quindi, come sia necessa-
rio raggiungere la condizione di autosostentamento prima che l’impianto sia in grado
di funzionare autonomamente. Tale condizione si raggiunge, nella fase di avvia-
mento, per mezzo di un motore di lancio esterno che fornisce la potenza per accele-
rare il turbogas ad una velocità in cui il compressore, il combustore e la turbina siano
in grado di autosostenersi.
Come si può rilevare dal diagramma alle temperature più elevate l’aumento di rendi-
mento risulta più modesto perché il ciclo, diminuendo l’importanza delle perdite,
tende al ciclo ideale e quindi ad essere funzione solo del rapporto delle pressioni.
C’è da rilevare, infine, che oltre una certa TIT, in realtà, c’è da attendersi un minore
aumento sia del rendimento che del lavoro. Infatti, se il metodo di raffreddamento
delle palette della turbina rimane quello attuale che fa uso di crescenti portate d’aria
spillate dal compressore all’aumentare della TIT, oltre un certo limite l’aumento del
lavoro di espansione viene vanificato dalla riduzione di portata di gas che compie
lavoro.
Nella soluzione a ciclo semplice (CCT) un impianto motore a gas raggiunge, di
norma, rendimenti dell’ordine del 25-30%. Passi notevoli sono stati compiuti negli
ultimi anni sia nel miglioramento dell’efficienza delle turbomacchine che nella tec-
nica di refrigerazione delle palette delle turbine consentendo di raggiungere nei tur-
bogas dell’ultima generazione, spesso aeroderivativi, rendimenti, sempre in ciclo
semplice, dell’ordine del 40%.

74
CICLI COMPLESSI
Anche se a scapito della semplicità costruttiva sono state proposte, soprattutto in pas-
sato, soluzioni impiantistiche più complesse con un numero maggiore di componenti
rispetto al ciclo semplice CCT allo scopo di migliorare il rendimento o di aumentare
il lavoro ad unità di massa o entrambi.

CICLO RIGENERATIVO. Gli impianti motori a gas rilasciano i gas combusti al


camino ad una temperatura di circa 500°C , con un contenuto entalpico ancora ele-
vato. Se la temperatura del gas compresso prima di entrare nel combustore è inferiore
a questo livello si può effettuare un ricupero o rigenerazione del calore contenuto nei
gas di scarico trasferendolo all’aria compressa in uno scambiatore di calore a superfi-
cie.

T 3
1

C T
5 4
2 3
4
5 2
6 6
1 s

Idealmente i gas combusti possono essere raffreddati da T 4 a T 6 = T 2 mentre l’aria


compressa da T 2 a T 5 = T 4 . L’introduzione di calore si riduce così al tratto com-
preso tra T 5 e T 3 . Poiché il lavoro del ciclo rigenerativo non muta si ottiene un
aumento del rendimento. Tutto ciò naturalmente ha senso finché T 4 > T 2 .
Con temperature di ingresso in turbina elevate ( T 3 ≈ 1500 K ) si riescono a raggiun-
gere rendimenti dell’ordine del 40%.

COMBUSTIONE RIPETUTA. Si ottiene un aumento del lavoro interrompendo


l’espansione e riscaldando nuovamente il gas, in un secondo combustore, tra la tur-
bina di alta e bassa pressione. Che la combustione sia possibile nel secondo combu-
store risulta garantito dal fatto che la dosatura dei gas combusti all’uscita dal primo
combustore è abbastanza elevata da contenere ancora ossigeno sufficiente.

4 T 3 3′
3′
2
3
4
4′
T AP T BP
C
4′′
2
4′ 1 s
1

Che il lavoro di espansione risulta aumentato è ovvio quando si rammenta che la


distanza verticale tra due isobare aumenta con la temperatura perché le isobare sono
divergenti sul piano T, s

( T 3 – T 4 ) + ( T 3′ – T 4′ ) > ( T 3 – T 4′′ )

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 75


IMPIANTI MOTORI A GAS

L’aumento è cospicuo e viene ottenuto senza la necessita di aumentare la temperatura


massima del ciclo.
Se si calcola il rendimento si osserva però che l’aumento di lavoro è stato ottenuto a
scapito del rendimento. Questo risultato non sorprende perché si è sommato al ciclo
base 1234′′ un ciclo addizionale 4′′ 4 3′ 4′ di minor rendimento perché di β infe-
riore Il danno è modesto se t è elevato.

RICOMBUSTIONE CON RIGENERAZIONE. La ricombustione ha l’inconve-


niente di scaricare i gas a temperature più alte rispetto al ciclo semplice. Abbinando
la rigenerazione si utilizza completamente questo calore ottenendo, oltre all’incre-
mento della potenza dell’impianto, anche l’aumento del rendimento

T 3 3′
6 5 4
5 4 3′
4′
3
2

2 C T AP T BP
6
1 s
4′
1

COMPRESSIONE INTERREFRIGERATA. Un aumento del lavoro ottenuto,


analogamente alla ricombustione, si può raggiungere riducendo il lavoro di compres-
sione a parità di lavoro di espansione. Ciò si ottiene interrompendo la compressione e
interrefrigerando il gas tra il compressore di bassa pressione BP e quello di alta pres-
sione AP.

T
3

2′

1′ 2 3
4
C BP C AP T
2 2′
s
1′ 1
1 4

Gli interrefrigeratori vengono utilizzati solo quando si dispone di un fluido refrige-


rante, generalmente acqua, in grande quantità. Sebbene meno marcati, l’aumento di
lavoro e la riduzione di rendimento è analogo al caso della ricombustione.

Ancora in analogia con la ricombustione, l’interrefrigerazione aumenta il rendimento


solo se è presente la rigenerazione.

76
T 3

2′ 6 5 4

3 5
1′ 2 4
C BP C AP T
2 2′
6 s
1′ 1
1

COMBUSTIONE E COMBUSTORI
La combustione di un combustibile liquido implica che le goccioline, nebulizzate da
un iniettore, evaporino, per effetto dell’alta temperatura, e si mescolino con l’aria
affinché le molecole di idrocarburi incontrino quelle di ossigeno per iniziare le rea-
zioni chimiche. È necessario che questi processi siano sufficientemente rapidi affin-
ché la combustione possa completarsi in una corrente d’aria in movimento e in uno
spazio limitato. Ciò è possibile se vi è una adeguata turbolenza nella camera di com-
bustione, per consentire il contatto tra combustibile e aria, e se la dosatura è prossima
al valore stechiometrico, perché le velocità di reazione risultano le più elevate. La
combustione di un combustibile gassoso presenta minori problemi ma quanto
descritto nel seguito è tuttavia applicabile.

Poiché la dosatura è, in genere, elevata per limitare la temperatura di ingresso in tur-


bina, e dell’ordine di 50-100, mentre la dosatura stechiometrica è circa 15, il primo
aspetto fondamentale è che l’aria deve essere introdotta nel combustore in stadi. Si
possono distinguere tre stadi. Circa 15-20 per cento dell’aria viene introdotta intorno
al getto di combustibile nella zona primaria per raggiungere elevate temperature
necessarie per una rapida combustione. Circa il 30 per cento dell’aria totale viene
successivamente introdotta, attraverso dei fori sul tubo di fiamma, nella zona secon-
daria per completare la combustione. Per avere elevati rendimenti di combustione,
l’aria secondaria deve essere immessa con gradualità e uniformità per evitare di raf-
freddare eccessivamente la fiamma a livello locale provocando una riduzione della
velocità di reazione. Infine, nella zona di diluizione o terziaria, l’aria rimanente viene
miscelata con i prodotti della reazione per raffreddarli alla temperatura richiesta
all’ingresso della turbina. Contemporaneamente deve essere assicurata una suffi-
ciente turbolenza per evitare che flussi troppo caldi possano localmente danneggiare
le palette della turbina.
L’introduzione dell’aria in stadi non può da sola garantire la stabilità della fiamma in
una corrente d’aria che si muove ad una velocità che è un ordine di grandezza supe-

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 77


IMPIANTI MOTORI A GAS

riore a quella di avanzamento del fronte di fiamma. Il secondo aspetto essenziale è


perciò la diminuzione della velocità di avanzamento assiale della miscela reagente.
Nella soluzione della figura ciò si ottiene dotando l’aria primaria di un moto elicoi-
dale impresso da palette attraverso cui è costretta a passare. Il risultato deve essere
che la velocità del fronte di fiamma sia uguale ed opposta a quella di avanzamento
dei reagenti in maniera che la fiamma rimanga stabile e non venga trascinata via dalla
corrente.
Il tubo di fiamma, l’involucro forato attraverso cui passa l’aria, è esposto alle tempe-
rature elevate della combustione. La sua integrità viene salvaguardata dall’effetto
refrigerante dell’aria che lo lambisce esternamente. Il compito di resistere alla diffe-
renza di pressione esistente tra l’interno del combustore e l’ambiente esterno è affi-
dato all’involucro più esterno che è quindi più robusto.
Le forme delle camere di combustione sono molto variabili ma possono essere ricon-
dotte a tre tipologie principali: cilindriche o tubolari, anulari e miste, tubolari-anulari.

Le cadute di pressione nel combustore sono dovute a due cause diverse: (i) attrito e
turbolenze (ii) aumento di temperatura dovuto alla combustione. La caduta di pres-
sione totale dovuta a quest’ultima causa è dovuta all’aumento di temperatura che
determina una diminuzione di densità e quindi un aumento di velocità con corrispon-
dente diminuzione di pressione.

PRIMO PRINCIPIO APPLICATO ALL’INTERO IMPIANTO

b m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + m· b c p, b ( T b – T 0 ) + η b m· b H i = P i + m· g c p, g ( T 4 – T 0 ) (102)

σ dove m· g = m· a + m· b .
2 C 3 Poichè tutte le energie (potenze) termiche devono essere riferite allo stesso livello
termico, T 0 deve essere la stessa temperatura a cui è riferito H i . Normalmente H i è
riferito a 25 °C, e quindi T 0 = 25 °C. Se H i fosse riferito, ad esempio, a 15 °C, biso-
C T gnerebbe porre T 0 = 15 °C.
Se la temperatura a cui entra il combustibile T b non è molto diversa da T 0 , il contri-
1 4 buto sensibile del combustibile può essere trascurato. Si ottiene allora:

m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + η b m· b H i = P i + m· g c p, g ( T 4 – T 0 ) (103)

PRIMO PRINCIPIO APPLICATO AL COMBUSTORE


m· a c p, a ( T 2 – T 0 ) + m· b c p, b ( T b – T 0 ) + η b m· b H i = ( m· a + m· b )c p, g ( T 3 – T 0 ) (104)
Trascurando il contributo sensibile del combustibile e dividendo entrambi i membri
per m· b si ottiene:

αc p, a ( T 2 – T 0 ) + η b H i = ( α + 1 )c p, g ( T 3 – T 0 ) (105)

78
POLITECNICO DI TORINO - DIPARTIMENTO DI ENERGETICA
ESERCITAZIONE N. 4 DI SISTEMI ENERGETICI
1. In un ciclo ideale Brayton ad aria le condizioni di inizio compressione sono
p 1 = 0.1 MPa e T 1 = 300 K . Il rapporto delle pressioni vale 6 mentre la tem-
peratura massima è 1200 K. Determinare
a) pressione e temperatura nei vari punti del ciclo; b) lavori di compressione e di
espansione; c) rendimento del ciclo.
{ l c = 201.6 kJ ⁄ kg l t = 482.9 kJ ⁄ kg η = 0.40 }
2. Ripetere l'esercizio precedente introducendo, come perdite, unicamente quelle
della compressione e dell'espansione nei seguenti casi: i) η c = 0.65 e

η t = 0.8 ; ii) η c = 0.85 e η t = 0.9 . {i) η = 0.12 ii) η = 0.29 }


3. Una turbina a gas monoalbero, in condizioni di progetto, presenta

condizioni ambiente 1 bar, 288 K


caduta di pressione filtro 10 mbar
rapporto delle pressioni del compressore 12.5
rendimento idraulico compressore 0.85

perdite di pressione nel combustore 4%


rendimento di combustione 0.99
temperatura di ammissione in turbina 1250 K
rendimento idraulico turbina 0.85
caduta di pressione silenziatore + camino 35 mbar
rendimento meccanico 0.95
Potere calorifico inferiore combustibile 47400 kJ/kg
Portata di gas combusti 10.7 kg/s

Calcolare la potenza utile e il consumo specifico di combustibile.


{ P u = 2028.5 kW , q b = 292 g/kWh }

4. Una turbina a gas bialbero, con turbina di potenza alla bassa pressione, sviluppa
una potenza utile di 20 MW. Si conosce inoltre

rapporto delle pressioni del compressore 11


rendimento isentropico compressore 0.82
perdite di pressione nel combustore 0.4 bar
rendimento di combustione 0.99
temperatura di ammissione in turbina 1150 K
rendimento isentropico turbina alta pressione 0.87
rendimento isentropico turbina di potenza 0.89
rendimento meccanico (di ciascun albero) 0.98
condizioni ambiente 1 bar, 288 K
Potere calorifico inferiore combustibile 43100 kJ/kg

Calcolare la portata in massa e il consumo specifico di combustibile.


{ m· a = 114.4 kg/s , q b = 316 g/kWh }

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 79


IMPIANTI MOTORI A GAS

Turbina a gas Nuovo Pignone

Turbina a gas Nuovo Pignone PGT 5

80
Turbina a gas Fiat Avio TG50D5 da 120 MW

Combustori tubolari di turbina a gas Turbotecnica

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 81


IMPIANTI MOTORI A GAS

82
SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 83
IMPIANTI MOTORI A GAS

84
CAPITOLO 5 IMPIANTI MOTORI A
VAPORE

Gli impianti a vapore, antecedenti a quelli a gas, sono nati nella seconda metà del
XIX secolo ed hanno subito continui miglioramenti sia dal punto di vista termodina-
mico che tecnologico.
Oggigiorno trovano la loro applicazione più diffusa nell'azionamento di generatori
elettrici, con grande varietà di tipi, da 100 kW fino a 1200 MW; questi ultimi costitu-
iscono i cosiddetti impianti termoelettrici di grande potenza, di importanza fonda-
mentale per la produzione di energia di base nelle reti dei Paesi fortemente
industrializzati; i primi invece, denominati impianti per produzione industriale, pre-
sentano caratteristiche funzionali differenti sia per i valori delle potenze, almeno di
un ordine di grandezza inferiori, sia per il fatto che molto spesso hanno lo scopo di
produrre, oltre all'energia elettrica, anche un'importante quantità di vapore a bassa
pressione per usi tecnologici (cogenerazione).
Entrambe le tipologie di impianti verranno di seguito analizzate.
Ci sembra comunque doveroso iniziare la trattazione evidenziando alcune fondamen-
tali differenze rispetto agli impianti a gas.
Con gli impianti a vapore si ottengono discreti rendimenti ( ≈ 40%), senza ricorrere
ad elevate temperature di ingresso in turbina (generalmente inferiori ai 600 °C).
Negli impianti a gas è richiesto un compressore che presenta un lavoro dello stesso
ordine di grandezza di quello di espansione in quanto il fluido utilizzato è un gas,
sicuramente più difficile da comprimere rispetto ad un liquido; quindi, affinché il
lavoro della turbina l t sia maggiore di quello del compressore l c , è necessaria una
TIT elevata.
Ricorrendo alla formulazione del I principio in forma meccanica (trascurando
l w, Δe c e Δe g ) per un sistema aperto

li = ∫ v dp
è più facile evidenziare il grande vantaggio degli impianti a vapore, in cui:
- si comprime un liquido (avente un v ridotto) e si spende, quindi, un l c molto pic-
colo;
- si espande un vapore (avente un v elevato) e si raccoglie, di conseguenza, un l t
grande.

CICLO TERMODINAMICO E COMPONENTI DELL'IMPIANTO.


Il ciclo di riferimento è quello Rankine, per studiare il quale bisogna tenere conto
della curva limite che, come già illustrato nei precedenti capitoli, è il luogo dei punti
del diagramma di stato in cui si ha solo liquido saturo o solo vapore saturo; al suo
interno si ha la zona bifasica.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 85


IMPIANTI MOTORI A VAPORE

e
e

surriscaldatore
d
caldaia evaporatore T alternatore
c
economizzatore
turbina
f
b
condensatore
pompa

Le fasi del ciclo sono le seguenti:

(a-b) compressione adiabatica, ma non reversibile del fluido di lavoro sino alla pres-
sione regnante nel generatore di vapore; si realizza attraverso una turbopompa quasi
sempre centrifuga;
(b-c) riscaldamento a pressione costante, sino al raggiungimento della temperatura di
vaporizzazione; viene effettuato nell'economizzatore;
(c-d) vaporizzazione dell'acqua (fluido di lavoro) a pressione e temperatura costante
sino all'ottenimento della condizione di vapore saturo; viene effettuata nell'evapora-
tore;
(d-e) surriscaldamento del vapore sino alla TIT, realizzato nel surriscaldatore;

e
h

c
f
b
a

(e-f) espansione adiabatica, ma non reversibile del vapore all'interno di una turbina,
attraverso la quale avviene la conversione dell'energia termica in energia meccanica
disponibile su un albero rotante. Le turbine utilizzate sono simili a quelle a gas, ma
hanno molti più stadi: possono arrivare anche a 100. Da notare che il punto (f) si
trova al disotto della curva limite, quindi all'uscita della turbina si ha un vapore leg-
germente umido; è così possibile sfruttare un maggiore salto entalpico, compatibil-
mente però con un titolo - vedi relazione (39) - che non sia troppo piccolo, cosa poco
tollerabile dalla turbina, in quanto la presenza di una frazione di liquido nel vapore
modifica i triangoli di velocità e contribuisce all'erosione delle pale della stessa tur-
bina, per l'elevata velocità contro le quali le goccioline sbattono;

(f-a) condensazione effettuata sottraendo calore, a pressione e temperatura costanti,


al vapore scaricato dalla turbina; viene realizzata in un condensatore a superficie, che
utilizza acqua come fluido refrigerante; esso è costituito da un involucro contenente
fasci di tubi al cui interno scorre l'acqua di refrigerazione, mentre all'esterno sono a
contatto con il vapore che condensatosi si raccoglie nel pozzetto e da lì viene prele-
vato mediante pompa di estrazione. Il condensatore è collegato direttamente alla tur-

86
e
T
d
c

a
f s

bina con un'apertura molto grande per evitare che ci siano delle perdite di carico, le
quali diminuirebbero il rendimento.
L'impianto rappresentato in figura è a ciclo chiuso, sicuramente più vantaggioso di
quello a ciclo aperto, per un motivo ben preciso:
- l'acqua contiene impurezze, che ad elevate temperature tendono a formare delle
incrostazioni nello scambiatore, riducendo i coefficienti di scambio e, conseguente-
mente, la trasmissibilità, oltre che a generare degli attacchi chimici. Tali incrostazioni
si depositano anche sulle pale della turbina diminuendone il rendimento in conse-
guenza di una variazione dei triangoli di velocità.
Dato che una apparecchiatura destinata alla purificazione dell'acqua ha un costo ele-
vato, si ricorre ad un ciclo chiuso, di modo che il fluido di lavoro, depurato una sola
volta, rimanga sempre lo stesso.

PRESTAZIONI DELL'IMPIANTO

COMPRESSIONE. Ricorriamo al I principio in forma meccanica per un sistema


aperto

∫ v dp + l
b
li = w
a

anche qui, come effettuato per gli impianti a gas, potremmo non trascurare il Δe c e
tenerne conto implicitamente, utilizzando le grandezze totali.
Ricordando che i liquidi sono all'incirca incompressibili e che quindi hanno un v con
buona approssimazione costante, e facendo riferimento alla prima uguaglianza
dell'espressione (46), possiamo scrivere:

1 pb – pa
l p = l i = ----- ⎛ ----------------⎞ (106)
ηy ⎝ ρa ⎠
I principio in forma termica
q e + l i = Δh + Δe c

eliminiamo q e in quanto abbiamo supposto che la trasformazione fosse adiabatica.

lp = l i = hb – ha (107)

hb = lp + h a

SOMMINISTRAZIONE DI CALORE.
q e + l i = Δh + Δe c

possiamo elidere il termine l i poiché durante tale fase non avviene nessuno scambio
di lavoro tra il sistema in questione (generatore di vapore) e l'esterno.
q1 = h e – h b (108)

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 87


IMPIANTI MOTORI A VAPORE

dove q 1 è il calore introdotto nel ciclo.

ESPANSIONE. Cambiando il segno per ottenere una quantità positiva si ha


lt = li = he – hf (109)

e dalla definizione di rendimento isentropico


l t = η is, t ( h e – h fis ) (110)

CONDENSAZIONE. Anche qui per lo stesso motivo - indicato in ESPANSIONE -


cambiamo il segno al I principio
q2 = hf – ha (111)

che è la quantità di calore sottratta al vapore scaricato dalla turbina.


E' da notare che, nell'effettuare tali calcoli, non possiamo utilizzare la relazione
Δh = c p ΔT in quanto il fluido di lavoro non è un gas ideale.
Definiamo l i lavoro netto del ciclo

li = lt – l p
e conseguentemente

l
η CICLO = ----i- (112)
q1

P i = m· l i

dove m· è la portata di vapore transitante nell'impianto.


Per passare dalla potenza interna P i a quella utile P u bisogna tenere conto di:
- perdite;
- lavoro necessario agli accessori.
Inglobando tutto nel rendimento η m risulta:

lu = η m li

P u = m· l u

dove l u è il lavoro utile.


Considerando che il vapore per generare la P u riceve la potenza termica m· q 1 , è pos-
sibile definire il rendimento utile

l m· l u
η u = ----u- = ---------
-
q1 m· q 1
Anche se non evidenziato nello schema dell'impianto, nel generatore di vapore viene
introdotta una portata di combustibile m· b che dà origine a dei gas combusti, i quali,
venendo a contatto con i fasci di tubi dell'economizzatore, del surriscaldatore e
dell'evaporatore, cedono parte del loro calore ed infine vengono espulsi al camino.
Essendo la m· b proprio quello che noi paghiamo, definiamo come rendimento glo-
bale dell'impianto:

Pu
η g = -----------
· -
mb Hi
e come rendimento del generatore di vapore:

m· q 1
η b = -----------
-
m· b H i

88
il quale tiene conto delle perdite dovute all'incompletezza della combustione, alla
disomogeneità del fluido, all'irraggiamento termico, ma soprattutto delle perdite al
camino.
Possiamo inoltre scrivere

Pu m· l i ⎞ ⎛ m· q 1 ⎞
- = η m ⎛ ---------
η g = ----------- - ------------ = η m η CICLO η b (113)
·
mb H i ⎝ m· q 1⎠ ⎝ m· b H i⎠
Il consumo specifico di combustibile, che è la quantità di combustibile necessaria per
produrre un'unità di potenza utile, risulta essere:

m· m· b 1
q b = -----b- = ------------------
- = ------------
Pu η g m· b H i ηg Hi
Effettuiamo ora alcune importanti considerazioni applicando il I principio in forma
termica al condensatore
m· ( h f – h a ) = m· h c ph ΔT h (114)

dove m· è la portata di vapore scaricata dalla turbina, m· h la portata di acqua refrige-


rante nel condensatore, c ph il calore specifico a pressione costante dell'acqua e ΔT h
l'incremento di temperatura che subisce l'acqua refrigerante all'interno del condensa-
tore.
Per renderci conto dell'entità del consumo di acqua refrigerante assumiamo
h f – h a ≈ 2500 kJ ⁄ kg , ΔT h ≈ 10°C , ed essendo c ph = 4186 J ⁄ kgK , dalla (114)
risulta che m· h ⁄ m· ≈ 60 , questo significa che per ogni kg di vapore che circola ne
occorrono all'incirca 60 di acqua refrigerante; ed ecco spiegata la necessità di collo-
care le centrali termoelettriche in prossimità di corsi d'acqua.
Il fatto che al secondo membro della (114) abbiamo utilizzato la relazione
dh = c p dT pur non trattandosi di un gas perfetto ma di acqua, risulta chiaro se ricor-
riamo all'espressione generale dell'entalpia:

∂v
dh = cp dT – T ⎛ ------⎞ – v dp
⎝ ∂T⎠ p

nella quale poniamo dp = 0 , visto che siamo a pressione costante.

METODI PER MIGLIORARE IL RENDIMENTO


Come abbiamo evidenziato attraverso la relazione (113) il rendimento globale di un
impianto a vapore dipende a sua volta da tre altri rendimenti fra i quali quello del
ciclo assume i valori più bassi. Su di esso, pertanto, rivolgeremo la nostra attenzione,
tenuto conto anche della scarsa migliorabilità di η m ed η b .
Consideriamo il ciclo ideale Rankine ed effettuiamone una suddivisione in tre cicli

Tv

II
I III
Tc

Il rendimento complessivo del ciclo termodinamico evidenziato può essere visto


come media pesata dei rendimenti dei singoli cicli, dove il peso è dato dal calore
introdotto nel rispettivo ciclo

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 89


IMPIANTI MOTORI A VAPORE

η I q 1 I + η II q 1 II + η III q 1 III
η = -----------------------------------------------------------
-
q 1 I + q 1 II + q 1 III
Il ciclo II è un ciclo di Carnot che opera tra la temperatura di condensazione e quella
di vaporizzazione e pertanto il suo rendimento risulta essere

T
η II = 1 – -----C-
TV
Il ciclo I è la somma di infiniti cicli elementari di Carnot che hanno come tempera-
tura inferiore la T C e come superiore valori tutti al di sotto della T V ; ogni ciclo infini-
tesimo ha quindi un rendimento minore di η II e pertanto anche quello medio risulta
inferiore: η I < η II .
Procedendo nella stessa maniera risulta che η II < η III .
Da queste considerazioni emergono i metodi atti a migliorare il rendimento del ciclo
e conseguentemente quello globale.

DIMINUZIONE DELLA TEMPERATURA DI CONDENSAZIONE. In tale


maniera è possibile migliorare i rendimenti di tutti e tre i cicli

Tc
T' c

Conseguentemente a tale pratica deve diminuire anche la temperatura dell'acqua


refrigerante; risulta però difficile il mantenimento della pressione nel condensatore,
ora ancora più bassa (al di sotto di quella ambiente) a causa delle infiltrazioni
dall'esterno.

AUMENTO DELLA TEMPERATURA DI VAPORIZZAZIONE. Non ci si


deve spingere oltre un certo limite altrimenti si rischia di ottenere un effetto contrario
a quello desiderato, in quanto variano i pesi dei rendimenti: aumenta il peso di I e
diminuisce quello di II e, come abbiamo già visto, η I < η II

h
e’ e

p' v
pv

f
f’

90
Altro tipo di inconveniente connesso a tale metodo è la diminuzione del titolo del
punto di fine espansione, problema di cui si è già trattato nelle pagine precedenti.

RISURRISCALDAMENTO. Il vantaggio di tale pratica deriva essenzialmente dal


fatto che aumenta il peso del ciclo III, quello con rendimento maggiore.

e’ Te
e

f’
f

AUMENTO DELLA TEMPERATURA FINALE DI SURRISCALDAMENTO.


Anche in questo caso si incrementa il peso del ciclo III.

e’
T e'
h e Te

f’
f

RIGENERAZIONE. E' un ulteriore metodo per aumentare il rendimento di un


ciclo Rankine.
Analizziamo prima il caso ideale e poi quello reale.
Dalla suddivisione in tre cicli, precedentemente vista, si osserva che quello che ha un
rendimento minore di tutti è il ciclo di riscaldamento, se lo potessimo eliminare
sarebbe meglio.
Con la rigenerazione si cerca di trasferire con continuità del calore dal vapore che si
espande all'acqua che deve essere riscaldata; affinché questo processo sia reversibile
le differenze di temperature devono essere infinitesime.
Facciamo riferimento ad un ciclo limite Rankine a vapore saturo

Tv
b c

l Tc e d
a

s
i h g f

ed effettuiamo l'espansione non secondo l'isentropica (c-d) ma secondo la trasforma-


zione (c-e) che è isodiabatica con la (a-b), cioè scambiano uguali quantità di calore.

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 91


IMPIANTI MOTORI A VAPORE

Risultando quindi identiche le aree (i-a-b-h) e (g-e-c-f) sfruttiamo il calore equiva-


lente a quest'ultima per riscaldare l'acqua dalla temperatura T C alla T V e non for-
niamo più calore lungo la trasformazione (a-b) in quanto avviene uno scambio
interno al ciclo.
Il ciclo di Carnot (l-b-c-d) ed il ciclo rigenerativo (a-b-c-e) sono termodinamica-
mente equivalenti, dal momento che scambiano le stesse quantità di calore con
l'esterno; il loro rendimento risulta perciò il medesimo.
Le principali limitazioni risiedono nella difficoltà di realizzare praticamente uno
scambio continuo nella turbina; se anche ciò fosse possibile, il titolo del vapore rag-
giungerebbe valori troppo bassi per gran parte dell'espansione.
La rigenerazione, pertanto, a livello pratico si effettua in maniera diversa: si spilla
una parte di vapore dalla turbina e lo si manda in uno scambiatore rigenerativo a
miscela, dove si unisce con la condensa che, quindi, arriva in caldaia ad una tempera-
tura più elevata, con un conseguente risparmio di combustibile.

e e

d
T
c

f m· – m· s
b m· s

s a
j
b'
scambiatore a miscela

Utilizzando uno scambiatore a miscela è necessario che le pressioni dei flussi che vi
confluiscono siano le medesime; occorre a tale scopo aggiungere una pompa tra (a) e
(b').
Possono comunque essere utilizzati anche degli scambiatori a superficie, nei quali
condensa e vapore spillato, percorrendo dei fasci di tubi, non vengono a contatto
direttamente, ma attraverso delle apposite superfici di scambio termico.

h m·
d
s
c m· s
b m· – m· s
j
b'
f
a
s

Se si aumenta il numero degli scambiatori rigenerativi, e quindi degli spillamenti, si


ottiene un rendimento più elevato, perché ci si avvicina al caso ideale. Si può arrivare
ad un massimo di dieci perché oltre non si hanno sensibili miglioramenti, dato che
diminuisce troppo la portata elaborata in turbina e conseguentemente la P u .

92
CALCOLO DELLE PRESTAZIONI. Applichiamo il I principio in forma termica
allo scambiatore rigenerativo
( m· – m· s )h' b + m· s h s = m· h j

dalla quale solitamente ricaviamo h j ; m· s rappresenta la portata spillata e


( m· – m· ) quella che attraversa il condensatore.
s
Bisogna prestare attenzione al fatto che con lo spillamento la portata varia nel ciclo,
perciò
P u = η m { m· ( h e – h s ) + ( m· – m· s ) ( h s – h f ) – [ m· ( h b – h j ) + ( m· – m· s ) ( h' b – h a ) ] }

P u = η m m· ( l t – l p )
dove
lt = he – hs + ( 1 – y ) ( hs – hf )

l p = ( h b – h j ) + ( 1 – y ) ( h' b – h a )

m· s
- è la frazione di portata spillata.
y = -----

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 93


IMPIANTI MOTORI A VAPORE

e
40bar
m· A
425°C
d af

c′ T1 T2 T4
T3
c 2bar
f′
f
3bar
m· F
ac
Tw

x = 0.2
a

b′ a′ b

94
SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 95
IMPIANTI MOTORI A VAPORE

PRIMO PRINCIPIO APPLICATO ALL’INTERO IMPIANTO

e
comb (2) GV
d T
aria (1) σ
c
gas combusti (3) f

b a

m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + m· b c p, b ( T 2 – T 0 ) + η b m· b H i = P i + Q· 2 + m· g c p, g ( T 3 – T(115)
0)

dove η b è il rendimento di combustione (non il rendimento del generatore di vapore)


t p
e Pi = Pi – Pi .
Applicando il primo principio al solo generatore di vapore si ottiene:
m· a c p, a ( T 1 – T 0 ) + m· b c p, b ( T 2 – T 0 ) + η b m· b H i = m· ( h e – h b ) + m· g c p, g ( T 3 – T 0 )
Ricavando da quest’ultima equazione il termine m· c ( T – T ) e sostituendolo nel
g p, g 3 0
primo principio applicato all’intero impianto si ottiene:

m· ( h e – h b ) = P i + Q· 2 (116)

Q· 1 = P i – P i + Q· 2
t p
(117)

Si ritrova, cioè, l’espressione del primo principio per un impianto motore a vapore
già ricavata nel Capitolo 1 - Termodinamica.
Si ricordi che la potenza asssorbita dalla pompa è solitamente trascurata o inclusa nel
t
rendimento meccanico, cosicchè P i = P i .

96
POLITECNICO DI TORINO - DIPARTIMENTO DI ENERGETICA
ESERCITAZIONE N. 5 DI SISTEMI ENERGETICI
1. In un impianto a vapore le condizioni del vapore al generatore sono 50 bar e 400
°C. La turbina, che ha un rendimento isentropico pari a 0.8, scarica alla pressione
di 1 bar. La pompa dell'acqua di alimentazione ha η y = 0.8 . Assumendo
η m = 0.98 , η b = 0.9 H i = 43.1 MJ ⁄ kg calcolare il titolo del vapore all'uscita
dalla turbina, il rendimento del ciclo, il rendimento utile, il rendimento globale
dell'impianto e il consumo specifico di combustibile. Calcolare inoltre il rapporto
tra la portata di acqua refrigerante nel condensatore e la portata di vapore nell'ipo-
tesi che l'acqua di raffreddamento subisca un aumento di temperatura di 10 °C nel
condensatore.
{ x f = 0.95 , η = 0.225 , η u = 0.221 , η g = 0.20 , q b = 420 g ⁄ kWh ,

m· h ⁄ m· v = 51.4 }
2. Ripetere l'esercizio precedente con gli stessi dati tranne che per la pressione di
condensazione che viene abbassata a 0.05 bar. Per semplicità la pompa viene
inserita tra gli accessori dell’impianto per cui il η m scende a 0.97.
{ x f = 0.88 , η = 0.305 , η u = 0.2965 , η g = 0.267 , q b = 313 g ⁄ kWh ,

m· h ⁄ m· v = 50.8 }
3. Ripetere l'esercizio precedente con gli stessi dati tranne che per le condizioni al
generatore di vapore: 100 bar e 500°C .
{ x f = 0.89 , η = 0.337 , η u = 0.327 , η g = 0.294 , q b = 283 g ⁄ kWh ,

m· h ⁄ m· v = 51.25 }
4. Ripetere l'esercizio precedente con gli stessi dati con in più un risurriscaldamento,
dopo una 1a espansione, a 20 bar e 500°C .
{ x f = 0.98 , η = 0.3575 , η u = 0.347 , η g = 0.312 ,

q b = 268 g ⁄ kWh , m· h ⁄ m· v = 56.6 }

5. Di un impianto a vapore si conosce

portata in massa di combustibile 1.3785 kg/s


potere calorifico del combustibile 40 MJ/kg
Rendimento del generatore di vapore 0.95
condizioni del vapore ingresso turbina 60 bar, 520°C
rendimento isentropico della turbina 0.90
temperatura di condensazione 46 °C
portata di acqua condensatrice 795 kg/s
calore specifico dell’acqua di raffreddamento 4.2 kJ/kgK
incremento di temperatura dell’acqua di raffreddamento 10 °C
rendimento meccanico (comprendente la potenza assorbita dalla pompa) 0.96

Calcolare il rendimento globale dell’impianto e il consumo specifico di combustibile

SISTEMI ENERGETICI - A.A. 2008/2009 97


IMPIANTI MOTORI A VAPORE

98
CAPITOLO 6 IMPIANTI COGENERATIVI

INTRODUZIONE
Per cogenerazione si intende la produzione combinata di energia meccanica/elettrica
e calore. La combinazione significa contemporaneità nella produzione di potenza
meccanica/elettrica da parte dell’impianto di cogenerazione.
La cogenerazione, sebbene abbia riscontrato un notevole interesse in anni recenti,
soprattutto nel nostro paese, è una pratica antica. La storia remota è ancora tutta da
scrivere, ma agli inizi del nostro secolo molte aziende che utilizzavano impianti ter-
moelettrici a vapore per la produzione di energia elettrica dirottavano già parte del
vapore scaricato dalle motrici a vapore per utilizzarlo in usi tecnologici.
La spinta all’utilizzo della cogenerazione, oggi, trova motivazioni, in parte, diverse
rispetto al passato. Infatti, oltre agli aspetti di economicità, cari ai nostri padri, le
motivazione di interesse sono il risparmio energetico, volto alla riduzione del con-
sumo delle materie prime energetiche, e la salvaguardia dell’ambiente, inteso come
riduzione delle emissioni inquinanti conseguenti ad attività antropologiche, settori,
tutti, in cui la cogenerazione può dare un valido contributo.
Normalmente le esigenze di energia elettrica e calore vengono soddisfatte in maniera
separata. L’energia elettrica viene acquistata dalla rete di distribuzione, pubblica o
privata, che esiste in tutti i paesi sviluppati. Il calore, che, diversamente dall’energia
elettrica, non può essere trasportato per lunghe distanze viene, invece, prodotto local-
mente. Nella soluzione cogenerativa, un impianto, che necessariamente deve essere
ubicato nelle vicinanze dell’utilizzatore termico, provvede in tutto o in parte alle
richieste delle utenze, termica ed elettrica. I vantaggi che si ottengono con questa
soluzione possono essere illustrati, in via esemplificativa, dal seguente esempio.

60
100
40 η = 0.40
W W· = 40
η = 0.40
IC 100
144.4

44.4 Q 60
Q· = 40
η = 0.90 40
20
4.4

Rendimento totale produzione separata


40 + 40
η tot = ------------------ = 0.55
144.4
Rendimento produzione combinata

SISTEMI ENERGETICI (11CINDK) - A.A. 2007-2008 99


IMPIANTI COGENERATIVI

IC = 40 + 40 = 0.80
η tot ------------------
100
Risparmio di energia primaria
144.4 – 100
---------------------------- = 30.7 %
144.4

IMPIANTI MOTORI A GAS COGENERATIVI

G
˜
T4

Q· U

Ts Q· NU

P u + Q· u
IU = ------------------
-
m· b H i

IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE


Come già accennato all'inizio del capitolo, con questi impianti è possibile generare
potenza termica oltre che potenza elettrica. C'è una vera e propria produzione combi-
nata e contemporanea - da cui il termine di cogenerazione - che risulta efficiente da
un punto di vista termodinamico ed economicamente vantaggiosa.
Tali impianti vengono ad esempio utilizzati in grandi stabilimenti industriali, per
produrre almeno una parte dell'energia elettrica consumata e fornire il calore necessa-
rio a diversi processi industriali, oppure negli impianti destinati al riscaldamento
urbano.
Le tipologie di impianti solitamente utilizzate sono due.

IMPIANTI A CONTROPRESSIONE O A RICUPERO TOTALE.


In questo schema di impianto scarichiamo l'intera portata di vapore che ha lavorato in
turbina all'utenza termica, la quale, per problemi di dispersione, non deve essere
situata ad una distanza superiore ai 30 km.

100
IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE

e e

caldaia T alternatore

turbina
f
b

pompa utenza termica

a a

L'utenza riceve vapore e restituisce una condensa che alimenta il generatore tramite
una pompa.
La diversità sostanziale di tali impianti, rispetto a quelli precedentemente analizzati,
risiede negli ordini di grandezza. L'impianto a condensazione presenta una pressione
di condensazione bassa, visto che così migliora il rendimento; si arriva a
p c ≈ 0, 05 bar nel caso l'acqua refrigerante sia a temperatura sufficientemente
ridotta. Alle utenze serve però vapore ad una pressione che varia tra i ( 5 ÷ 20 ) bar ,
pertanto la p allo scarico della turbina deve raggiungere tali valori (da cui il termine
contropressione), con conseguente penalizzazione del rendimento del ciclo.
e

h
d
f
c

a≈b

s
Tuttavia i rendimenti di conversione dell'energia, a partire dal combustibile intro-
dotto, sono elevati; questo perché in un impianto di cogenerazione solo la potenza
persa nel generatore di vapore non va nel ciclo; essa comunque ammonta ≈ 10% della
potenza rilasciata dal combustibile ( m· H ) :
b i

( 1 – η b )m· b H i
In effetti si ha un "ricupero totale" della potenza termica inviata all'utilizzazione, che
in un normale impianto a condensazione verrebbe dispersa al fiume.

CALCOLO DELLE PRESTAZIONI


P u = η m m· ( l t – l p )

Q· u = m· ( h f – h a )
questa è la potenza termica destinata all'utenza.

Pu
η g = ---------
· -
m Hi

SISTEMI ENERGETICI (11CINDK) - A.A. 2007-2008 101


IMPIANTI COGENERATIVI

l
η m = ---u
li

l
η CICLO = ----i-
q1
Introduciamo inoltre un nuovo parametro denominato indice di utilizzazione del
combustibile e definito come

P u + Q· u
IU = ------------------
-
m· b H i
il quale ci mostra come viene utilizzato il combustibile, anche se compara due forme
di energia diverse, non confrontabili dal punto di vista del II principio (la P u è pre-
giata), ma solo dal punto di vista del I principio della termodinamica.
L'inconveniente maggiore di questa tipologia d'impianti è che presenta una notevole
rigidità; se si richiede, ad esempio, un aumento della P el ed una diminuzione della
Q· , non è possibile farlo in quanto tutta la portata di vapore attraversa sia la turbina
u

che l'utenza, quindi aumentando m· aumenta sì la P el , ma anche la Q· u


In sostanza si hanno dei problemi di regolazione quando la P el e la Q· u variano indi-
pendentemente; in tal caso è preferibile utilizzare l'altro schema di impianto cogene-
rativo.

IMPIANTI A RICUPERO PARZIALE.


L'espansione è divisa in due corpi, una turbina di alta pressione AP ed una di bassa
pressione BP. Il vapore che esce dalla AP può continuare ad espandersi nella BP o
andare all'utenza termica. Se si chiude la valvola V, la BP è esclusa e si ottiene
l'impianto a contropressione, visto prima; se la valvola è tutta aperta viene esclusa
l'utenza, la portata confluisce tutta alla BP e si ha un impianto a condensazione. Tra
queste due situazioni estreme ve ne sono infinite intermedie.

e m· e

AP BP

V
s s m· – m· u
b f
m· u

j r
a
b'
L'utenza termica riceve il vapore alla pressione di scarico della AP e lo restituisce a
tale pressione, la cosiddetta p s di estrazione.
Con tali impianti è possibile rendere in buona misura indipendenti le produzioni di
energia elettrica e termica in risposta alle specifiche esigenze.

CALCOLO DELLE PRESTAZIONI.


Scriviamo un'equazione di I principio al nodo (r, b', j), dove arrivano portate a diverse
temperature e dunque diverse entalpie
m· u h r + ( m· – m· u )h' b = m· h j

102
IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE

h m·
d
s
c m· u
b m· – m· u
j
b' r
f
a
s

P u = η m { m· ( h e – h s ) + ( m· – m· u ) ( h s – h f ) – m· ( h b – h j ) – ( m· – m· u ) ( h' b – h a ) }

Q· u = m· u ( h s – h r )
L'IU dell'impianto a ricupero parziale assume valori intermedi tra quello
dell'impianto a ricupero totale e quello dell'impianto a condensazione, quest'ultimo
ovviamente pari ad η g .

SISTEMI ENERGETICI (11CINDK) - A.A. 2007-2008 103


IMPIANTI COGENERATIVI

POLITECNICO DI TORINO - DIPARTIMENTO DI ENERGETICA


ESERCITAZIONE N. 6 DI SISTEMI ENERGETICI
1. Un impianto motore a gas viene utilizzato per la produzione combinata di energia
elettrica e calore. Le caratteristiche operative al punto di progetto sono le
seguenti.
Temperatura ambiente 15 °C
Pressione ambiente 100 kPa
portata di aria 2.86 kg/s
rapporto di compressione 6.
rendimento isentropico compressore 0.87
Potere calorifico inferiore metano 47400 kJ/kg
Rendimento del combustore 0.99
Temperatura di ingresso in turbina 1000 K
Rendimento isentropico turbina 0.9
Rendimento meccanico 0.98

I gas scaricati dalla turbina a gas vengono inviati in uno scambiatore di calore (gene-
ratore di vapore a recupero) al fine di produrre vapor d’acqua saturo e secco a 0.8
MPa da inviare all’utenza termica. Sapendo che i gas combusti vengono scaricati al
camino a 140°C e che l’utenza termica restituisce la condensa a 80°C calcolare
la potenza meccanica generata, il consumo specifico di combustibile e la portata di
vapore prodotta.
[ c p = 1005 J ⁄ kgK , γ = 1.4 , c′ p = 1148 J ⁄ kgK , γ′ = 1.333 ]

2. In un impianto a vapore a ricupero totale il generatore produce 200 t/h di vapore a


50 bar e 500°C . Sono estratte 100 t/h di vapore a 5 bar e le rimanenti a 1 bar. La
condensa del vapore utilizzato a fini di riscaldamento viene rinviata in caldaia. Le
turbine fra cui avviene la prima estrazione hanno lo stesso rendimento isentropico
pari a 0.82. Determinare: potenza utile, rendimento globale dell'impianto, l’indice
di utilizzazione e consumo di combustibile. [ η m = 0.97 , η b = 0.88 ,

H i = 9500 kcal ⁄ kg ]

{ P u = 33.8 MW , η g = 0.184 , IU = 0.874 , m· b = 4.6 kg ⁄ s }

3. Un impianto a vapore a ricupero parziale presenta le seguenti caratteristiche di


funzionamento:

• - portata di vapore prodotta in caldaia, m· = 150 t ⁄ h ;


• - condizioni del vapore prodotto, p O = 80 bar , t O = 530 °C ;
• - rendimento isentropico della turbina AP, fra il generatore e l'utilizzazione ter-
mica, 0.82;
·
• - la portata m 1 = 50 t ⁄ h di vapore per uso industriale viene estratta a 2 bar e la
rimanente continua ad espandersi nella turbina BP ( η is = 0.85 ) fino alla pres-
sione p f = 0.05 bar , previo surriscaldamento fino a 250 °C; η m = 0.96 ,
η b = 0.9 .
Calcolare la potenza utile, il rendimento globale dell'impianto, l’indice di utilizza-
zione nonché la portata di combustibile ( H i = 9500 kcal ⁄ kg ) al generatore,
sapendo che la condensa del vapore estratto viene rinviata al generatore in condizioni
di liquido saturo alla stessa pressione di 2 bar.

104
IMPIANTI COGENERATIVI A VAPORE

{ P u = 43.2 MW , η g = 0.278 , IU = 0.478 , m· b = 3.91 kg ⁄ s }

4. Nell’impianto motore a vapore a recupero totale con doppia estrazione di vapore


a 30 e a 6 bar, rappresentato nello schema sottostante, le utenze termiche U i e

U 2 ricevono vapore saturo e restituiscono liquido saturo.

7MPa
385°C 30 bar
MJ
H i = 41.5 --------
kg
η is = 0.7
η is = 0.65
η b = 0.88
6 bar
3MPa
100t ⁄ h 200 t ⁄ h

D U1 U2

Trascurando le cadute di pressione nell’impianto e il lavoro di compressione delle pompe (per-


ché inglobato nel rendimento meccanico) determinare: i) la potenza utile; ii) il rendimento glo-
bale del l’i mp i ant o e l ’indic e di uti liz z az ione ; ii i) l a por ta ta di c ombus tibil e
( H i = 41.5 MJ ⁄ kg )

SISTEMI ENERGETICI (11CINDK) - A.A. 2007-2008 105


IMPIANTI COGENERATIVI

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