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Carlo Promis

(1808-1873)
Della vita e delle opere degl'italiani
scrittori di artiglieria, architettura e
meccanica militare
da Egidio Colonna a Francesco Marchi
(1285 -1 560)

Memoria Storica I
In Dell'arte dell'ingegnere e dell'artigliere in Italia, dalla sua origine sino al principio del XVI
secolo e degli scrittori di essa dal 1285 al 1560 Memorie storiche cinque, in appendice e
schiarimento al Trattato di architettura militare di Francesco di Giorgio Martini, architetto senese
del secolo XV, a cura del cavalier Cesare Saluzzo, Parte Seconda, Torino, Tipografia Chirio e Mina,
1841, pp. 203 - 281.
Carlo Promis (1808-1873), archeologo, architetto e storico dell'architettura, fu un esponente
dell'eclettismo. Laureato a Torino nel 1828, si formò a Roma a contatto con maestri
dell'architettura storica come Carlo Fea, Luigi Canina e Antonio Nibby, studiando siti archeologici
tra cui Alba Fucens. Tornato a Torino, collaborò a vari progetti urbanistici e dal 1843 al 1869
insegnò prima presso la Scuola di Architettura della Regia Università di Torino e poi presso la
Scuola per gli Ingegneri e gli Architetti al Castello del Valentino. Famoso soprattutto per il Trattato
di architettura civile, redatto a partire dal 1843, pubblicò nel 1841 il Trattato di architettura civile e
militare di Francesco Di Giorgio Martini insieme con cinque memorie sull'artiglieria e l'architettura
militare dal Medioevo al Rinascimento e sugli scrittori italiani di queste discipline, tema poi
approfondito in successive ricerche. E' pure l'anonimo autore di Memorie e Osservazioni sulla
guerra dell''independenza d'Italia raccolte da un ufficiale piemontese (Torino, dalla Stamperia
Reale 1848). Viviana Fasoli e Claudio Vitulo, Carlo Promis. Professore di architettura civile
agli esordi della cultura politecnica, Celid, 1993. Insegnare l'architettura, Silvana Editoriale, 2008
(Catalogo della mostra Torino 23 giugno-12 luglio 2008 organizzata per il XXIII Congresso
mondiale degli Architetti, è completato da un regesto documentario e da una bibliografia.)
Tipi di città poligonale fortificata da Pietro Cataneo
TACCOLA, Mariano di Jacopo, Senese
(1382-1458)
conte palatino, segretario dello Studio di Siena. Frank D. Praeger, Giustina Scaglia, Mariano Taccola and his book De
ingeneis, MIT Press, 1972.

De machinis - BSB Clm 28800, 1491, pp. 166.

Mariano Taccola De machinis: the engineering treatise of 1449. Introduction, Latin texts, descriptions of engines and
technical commentaries, by Gustina Scaglia. Facsimile of Codex latinus monacensis 28 800 in the Bayerische
Staatsbibliothek, München. With additional reproductions from Codex latinus 7239 in the Bibliothèque Nationale,
Paris; from MS 136 in the Spencer Collection, New York Public Library; from Codex latinus 2941 in the Biblioteca
Nazionale Marciana, Venezia Dr. Ludwig Reichart Verlag, 1971.

De ingeneis: Liber primus leonis, Liber secundus draconis, addenda [1419].


Facsimile Reichert, Frank D. Prager 1984 [a cura di Giustina Scaglia], pp. 274.

De rebus militaribus, Koerner, 1984, pp. 504.


VALTURIO, Roberto, da Rimini
(Rimini 1405 - 1475)

Era figlio di Cicco o Abramo, della famiglia "Valtùri" o "de Valturibus" o ancora "Valturribus"), che si era trasferito da
Macerata Feltria a Rimini per esercitarvi l'insegnamento e scritto alla "Matricola dei notai" dal 1395. Il fratello Iacopo,
molto più anziano (già notaio nel 1398) fece carriera nell'amministrazione pontificia e morì nel 1437 o 1438. Dei figli di
costui, Carlo proseguì la carriera amministrativa e fu in seguito segretario di Sigismondo Pandolfo Malatesta, mentre
Manfredo insegnò grammatica a Bologna. L'altro fratello di Roberto, Pietro, ebbe in signoria il castello di Torrito presso
Sarsina dal Malatesta. Roberto, educato alla scuola del padre, fu lettore di retorica e poesia dal 1427 al 1437 presso
l'università di Bologna. Si trasferì nel 1438 probabilmente presso la curia di Roma, dove forse subentrò negli incarichi
lasciati dal nipote Carlo. Tornato a Rimini nel 1446, si sposò con Diana, figlia di Rainirolo Lazari e vedova, ed entrò a
far parte del "Consiglio privato" di Sigismondo Pandolfo Malatesta. In questa veste ebbe frequenti contatti con Roma,
dove compì diversi viaggi e fu grandemente considerato dai contemporanei. Alla sua morte nel 1475, aveva lasciato i
propri libri al convento di S. Francesco, dove venne realizzata appositamente nel 1490 una biblioteca, in seguito andata
dispersa: parte dei manoscritti passarono alla Biblioteca Gambalunghiana nel XVII secolo..
Il trattato dipende da fonti antiche, ma si avvicina anche a molti testi coevi e porta grandi innovazioni al tema. Dovette
costituire punto d'orgoglio per tutto il mondo culturale e scientifico di Rimini e nello stesso tempo vantare un alto grado
di rappresentatività presso le altre signorie e domini. Il testo ha sostanzialmente lo scopo di celebrare Sigismondo come
unico condottiero dei suoi tempi comparabile per virtù ai grandi uomini d'armi dell'antichità. Il testo pare in realtà più
attento al lessico che alla tecnica militare, volto a descrivere le doti del condottiero e l'importanza per lui della filosofia,
storia, astronomia, diritto. L'opera si inserisce come una dotta compilazione nella lunga tradizione, ma con il
rinnovamento dovuto all'introduzione della polvere pirica, della trattatistica militare che testimoniava da sempre molta
attenzione alle macchine belliche, nel testo e nelle figure. Il pregio e la bellezza estetica dell'opera è legata appunto
all'ampio apparato illustrativo: esempi di ingegneria militare, descrizione di tecniche e macchine d'assedio, armi (con
una precoce attenzione per l'artiglieria), macchine belliche; le illustrazioni hanno più un valore esemplare che tecnico,
in certi casi risultando rappresentazione di macchine dal funzionamento improbabile; piuttosto che di uno studio
originale dedicato all'esposizione di novità belliche dell'epoca, esse paiono la sintesi di un corpus preesistente
accumulato per secolare tradizione. Ma nel campo della meccanica del tempo è arbitrario pensare alle illustrazioni come
a dei progetti reali esecutivi (nemmeno i disegni delle macchine di Leonardo da Vinci lo sono): e le figure, predisposte
da un miniatore, hanno spesso una componente fantastica. Completata l'opera, Valturio si dedicò alla produzione di
copie necessaria ad un'ampia divulgazione del trattato, secondo il disegno celebrativo voluto da Sigismondo. In casa
dell'erudito riminese fu allestito uno scriptorium da lui stesso diretto, che si avvalse in parte dell'attività del copista
Sigismondo di Niccolò Alemanno. Del De re militari si conoscono oggi almeno 22 esemplari, alcuni dei quali recano
dediche a personaggi illustri del tempo: Maometto II, Mattia Corvino, Francesco Sforza, Malatesta Novello, Jacopo
Zeno. Già dopo appena una ventina d'anni dalla composizione, caso forse unico di utilizzo immediato di un nuovo
media (la stampa in Italia era stata introdotta intorno al 1465) per l'opera di un autore ancora vivente, il trattato fu dato
alle stampe. È del 1472, infatti, l'editio princeps (veronese) del De re militari. Si tratta non solo di uno dei primi libri
stampati a Verona, ma anche del primo libro illustrato che la storia della nascente tipografia nel mondo occidentale
registri e della prima opera a stampa di argomento tecnico. Un esperimento straordinario che accoppiava le abilità del
compositore e del tipografo, a quelle dell'illustratore e dello xilografo, in un prodotto che, da un punto di vista della
realizzazione tecnica, non aveva precedenti. Per non dire della scommessa imprenditoriale legata ad un libro la cui
richiesta sul mercato doveva essere foriera di un buon successo. Altro caso assolutamente singolare, la riedizione
avvenuta appena 11 anni dopo, il 13 febbraio 1482, sempre a Verona, di una nuova versione a stampa, con nuove
illustrazioni xilografiche. Riedizione dovuta alle cure editoriali di un tipografo dalmata (Bonino Bonini) e di un "editor"
riminese che in quegli anni era presente a Verona: Paolo Ramusio. Se non bastasse, a pochi giorni di distanza dalla
seconda edizione, ecco apparirne una nuova, datata nel colophon 17 febbraio 1483, con il testo tradotto in volgare e con
le stesse xilografie. A conferma della grande fortuna incontrata dall'opera di Valturio, vennero realizzate altre due
edizioni latine nel secolo successivo: furono entrambe stampate a Parigi, da Christian Wechel nel luglio 1532, nel
settembre 1534 e nel 1535 (si tratta in realtà di una ristampa identica della precedente), edizioni in cui lo xilografo
utilizzò in modo speculare i prototipi dell'edizione del 1483); nel 1555 fu edita sempre a Parigi una traduzione in
francese a cura di Louis Meigret. Solo dopo 524 anni, nel novembre del 2006, l'opera vede nuovamente la luce in
edizione facsimilare corredata da un volume di saggi critici e da un DVD contenente 2 diverse copie dell'editio
princeps, la traduzione in volgare del Ramusio e il Codice Uribinate latino 281 (Rimini/ Milano, Guaraldi-Y.press).
[Voce Wikipedia]. S. Rodakiewicz, The Editio princepsof Roberto Valturio's De Re Militari", in Relation to the
Dresden and Munich Manuscripts, in Maso Finiguerra, Milano, V (1940), XVIII-XIX, fasxc. 1-2, pp. 15-82.

De Re militari libri XII ad Sigism[undum] Pandolfum Malatestam,


Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Inc. 2.10
Johannes ex Verona oriundus ... artis impressoriae magister hunc de re militarium librum sua patria
impressit [Verona], Johannes Nicolai de Verona 1472 [ill. attribuite a Matteo de' Pasti, oppure a fra'
Giocondo Veronese o anche allo stesso editore].

Turris tormentaria et alia mirabilis machla


Verona, 1472

Valturius de Re Militari tradotto in Italiano per Paolo Ramusio da Rimino


Verona, per Bonino de' Bonini, 1483 in-fol. figg. [Haym IV, p. 164, N. 3.]

En tibi lector Robertum Valturium ad Illustrem Heroa Sigismundum Pandolphum Malatestam


Ariminensium regem, de re militari libri XII multo emaculatius, ac picturis quae plurimae in eo
sunt, elegantioribus expressum, quam cum Veronae inter initia artis chalcographicae Anno
M.cccclxxxiii. invulgaretur
Parisiis, apud Christianum Wechelum,sub insigni scuti Basiliensis, M.D.XXXIIII, 1534.

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