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PROCESSUALE
di Mauro Ansaloni
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Legenda
commento - spegazione
articolo di legge
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DIRITTO PROCESSUALE
PRINCIPI GENERALI
Il processo penale nasce per punire i reati.
I reati, sono dati da una norma incriminatrice che ha un tipo
particolare di sanzione.
L’esigenza che deve affrontare un processo penale è quella di
bilanciare due interessi che sono tra loro contrapposti:
⇒ l’interesse dello stato di reprimere i fatti previsti dalla legge
come reato;
⇒ l’interesse del singolo a non vedersi condannato per un fatto
che non ha commesso o vedersi condannato per un fatto più
grave rispetto a quello che ha commesso.
Tutti gli istituti del processo penale servono per bilanciare questi
due interessi contrapposti.
Storicamente il processo penale ha seguito due strade diverse:
⇒ la strada del modello inquisitorio;
⇒ la strada del modello accusatorio.
In nessuna parte del mondo esiste un processo inquisitorio puro o
un processo accusatorio puro; esistono sistemi misti che possono
essere prevalentemente accusatori o prevalentemente inquisitori.
Le democrazie liberali hanno tutte dei sistemi che sono
prevalentemente accusatori, perché si è dimostrato che è questo il
tipo di processo che permette di garantire maggiormente
l’imputato.
Il processo inquisitorio è così chiamato perché c’è una figura
centrale che è quella del Giudice istruttore che concentra in se tutta
una serie di poteri che vanno dalla ricerca della prova alla
valutazione della stessa.
⇒ Inquisitorio perché c’è un Giudice che istruisce e valuta la
prova;
⇒ Accusatorio perché c’è una accusa esercitata da un soggetto
distinto dal Giudice.
Il processo inquisitorio è fondato sul principio dell’autorità e l’idea di
fondo è che per reprimere i reati ci sia bisogno di un soggetto che
disponga del massimo dei poteri possibili, perché è solo in questo
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dei mezzi che sono di controllo dell’operato del Giudice non tanto di
formazione di una nuova prova in sede di impugnazione
I mezzi di impugnazione quindi non serviranno per assumere nuove
prove ma faranno leva su organi di controllo del comportamento
che ha avuto il Giudice nella fase di valutazione di quella prova
Il processo accusatorio è quello che garantisce di più la libertà e i
diritti fondamentali della persona ma ha un limite che è abbastanza
evidente, ovvero quello che si crea una eccessiva combattività
nell’ambito dell’esame incrociato tra le parti, (cross-examination)
visto che la prova fondamentale, la prova regina è una prova
dichiarativa di una persona (testimone, imputato, imputato di
procedimento connesso) che dichiara qualcosa all’interno del
processo; nell’ambito di questo esame incrociato la persona viene
esaminata e il pericolo è che questo esame incrociato si trasformi in
una sorta di tortura psicologica della persona, di linciaggio
morale della stessa.
La persona offesa che viene esaminata nel processo penale è
un testimone.
Ci sono inoltre figure, che si incontrano all’interno del processo, in
cui viene proprio posta in discussione la buona fede e questo può
essere un limite del processo accusatorio.
Un altro limite può essere che ci siano eccessivi ostacoli
all’accertamento di fatti complessi, il processo accusatorio infatti è
un processo che funziona in modo corretto quando siamo di fronte
ad un singolo imputato con un accusa anche molto grave, ma
semplice, e il confronto è su questa singola accusa.
Nei processi di criminalità organizzata, ci sono a volte moltissimi
reati da valutare, molti imputati, diverse persone che non hanno la
qualità semplicemente di teste o di imputato, ma sono delle figure
intermedie, quali quelle dell’ imputato di procedimento
connesso, o dell’ imputato di procedimento collegato, e con le
regole del sistema accusatorio è difficilissimo svolgere questi
dibattimenti.
Il nostro codice di procedura penale è stato emanato con il decreto
presidenziale 22 settembre 1988 numero 437, è stato pubblicato
Il controllo viene richiesto perché se uno dei principi costituzionali del nostro
sistema è che l’azione penale è obbligatoria, quindi il pubblico ministero non
può scegliere se esercitare l’azione penale ma è obbligato ad esercitarla se ve
ne siano i presupposti, occorre che un soggetto distinto dal pubblico
ministero controlli che lui abbia valutato correttamente l’esistenza di questi
presupposti.
Spesso, nel momento in cui arriva una notizia di reato ad una procura della
repubblica, già nella notizia di reato è indicato un addebito, a volte vi è
proprio la formulazione di una vera e propria imputazione da parte del
personale di Upg più esperto; quella non è una imputazione, ma è un
addebito provvisorio.
Solo al termine delle indagini preliminari, quando il pubblico ministero decide
che vi siano elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio, viene
formulata l’imputazione.
Procedimento penale può voler dire anche tutto quello che si verifica tra il
momento in cui avviene l’iscrizione della notizia di reato, fino al momento in
cui viene pronunciata la sentenza definitiva.
Quindi:
⇒ in senso lato, procedimento penale è tutto il procedimento che si
estende dal momento del compimento del primo atto fino all’ultimo
della procedura;
⇒ in senso stretto è solo quella fase che riguarda le indagini preliminari
La norma non dice nulla con riferimento agli atti scritti e questo è un tipico
esempio di diritto giurisprudenziale cioè di diritto non creato dalla norma, ma
creato dalla giurisprudenza, dall’interpretazione che della norma dà il
Giudice: si è affermato il principio per cui anche i principali atti scritti del
processo devono essere tradotti all’imputato che non conosce la lingua
italiana.
La Corte di Cassazione con una serie di sentenze ci permette di affermare
che la persona ha diritto, nonostante nel codice non sia espressamente
previsto, che gli vengano tradotti gli atti fondamentali come l’avviso di
conclusione delle indagini ed il decreto di citazione a giudizio; devono essere
tradotti alla persona che non conosce la lingua italiana, tutti quegli atti che
sono necessari perché lui possa correttamente esercitare il diritto di difesa
ovvero quegli atti del procedimento attraverso cui la persona viene informata
del fatto di poter esercitare determinati diritti, gli viene indicata qual è
l’imputazione (non l’ipotesi criminosa) formulata a suo carico; quegli atti che
sono decisivi ai fini della sua difesa e non tutti gli atti del procedimento.
successivamente valutata.
Accade quindi che una persona dica A, poi cambi versione e dica B, e gli
viene contestato che in precedenza aveva detto A, ma questa persona
continua a dire B; a quel punto, fino ad alcuni anni fa, la parte interessata
poteva chiedere al Giudice di acquisire quella dichiarazione ed in qualche
modo recuperare la dichiarazione A.
Ora se il soggetto cambiava la versione da A a B, non è più possibile
acquisire la dichiarazione A.
Il Giudice alla fine di questo ipotetico processo saprà che il soggetto dice B,
che in precedenza aveva detto A, e potrà affermare al massimo che il
soggetto non è credibile perché ha cambiato la sua versione ma non potrà
dire che sia possibilmente più vera la versione A.
Se la legge non dispone che per l’avvenire, nel caso ipotizzato cosa succede?
Nelle indagini preliminari la dichiarazione era stata resa con la vecchia legge,
al dibattimento la dichiarazione viene resa con la vecchia legge, quindi il
Giudice applicando la vecchia legge, acquisisce questa dichiarazione, quindi si
arriva al giorno del giudizio quando il Giudice non utilizzerà più quella
dichiarazione, perché nel frattempo è cambiata la legge.
E questo perchè e essendo il processo di formazione della prova un
processo complesso, la legge del tempo in cui è compiuto l’atto è
data dalla legge del tempo in cui il Giudice giudica quella prova, NON
del tempo in cui la prova è stata assunta all’interno del dibattimento.
Se il principio affermato nell’articolo 11 in linea generale è un principio
abbastanza facile da comprendere (la legge va applicata per il futuro, non
per il passato), molte volte diventa difficile applicarlo nei casi concreti perché
bisogna capire che cosa si intende per atto e l’esempio della prova è
emblematico per affermare che il momento rispetto a cui si valuta quale è la
legge da applicare non è il momento iniziale, non è il momento centrale in cui
la prova viene assunta nel dibattimento, ma è il momento finale in cui la
prova deve essere valutata dal Giudice.
DIRITTO PROCESSUALE
SOGGETTI DEL PROCEDIMENTO.
I soggetti del procedimento sono figure estremamente diverse fra
di loro, vi sono
⇒ le Parti
⇒ il Giudice
⇒ la Polizia Giudiziaria
I soggetti del procedimento sono coloro che appaiono titolari di
potere di iniziativa all’interno del procedimento.
Il compimento di un atto da parte di un soggetto del
procedimento, fa sorgere in altri soggetti del procedimento, il
dovere di compierne uno successivo.
Per capire il concetto di parte, bisogna fare riferimento all’azione
principale, sempre presente, che viene esercitata nel processo
penale ovvero l’azione penale.
Per individuare quali sono le prime parti del processo penale
occorre guardare al soggetto attivo e al soggetto passivo
dell’azione penale.
⇒ il soggetto attivo, titolare esclusivo dell’azione penale, è il
pubblico ministero,
⇒ il soggetto passivo è l’indagato che diventa imputato
nel momento in cui viene esercitata l’azione penale.
Quindi, per individuare il concetto di parte bisogna fare riferimento
alle azioni che vengono esercitate all’interno del processo penale e
prima di tutte all’azione penale.
Nel processo penale, può essere comunque esercitata anche un
diverso tipo di azione e cioè un’azione civile e questo perché,
un fatto che costituisce reato per il nostro ordinamento, assume
rilievo anche come fatto illecito previsto dal codice civile; un fatto
illecito è fonte del diritto al risarcimento del danno ed
eventualmente quando possibile, alle restituzioni, in favore della
persona che è stata danneggiata.
Tenendo quindi presente che un fatto storico può essere definito in
una duplice maniera ovvero sia come fatto reato sia come fatto
La persona che ha subito un danno e che quindi è stata danneggiata dal reato,
avrà interesse a esercitare l’azione civile nei confronti dell’imputato, quale
soggetto che ha causato quel danno; l’azione civile potrà essere
eventualmente esercitata nei confronti del responsabile civile quale figura
distinta dall’imputato ma che, sotto il profilo civilistico, comunque deve
rispondere dei fatti commessi dall’imputato.
L’esempio più semplice è quello della compagnia di assicurazione per la responsabilità civile in
caso di un incidente stradale.
Potrebbe essere chiamato a rispondere di un reato di omicidio colposo una persona che era
alla guida dell’autovettura e che ha causato la morte della vittima.
Nello stesso processo, i prossimi congiunti della persona danneggiata potrebbero però
chiedere che sia chiamata anche la compagnia di assicurazione in modo da avere un soggetto
che sicuramente sia solvibile e che possa rispondere del risarcimento del danno.
Queste due azioni, l’azione penale e l’azione civile, ci consentono di individuare le parti del
processo penale; a queste se ne potrebbe aggiungere un’altra: il soggetto che è civilmente
obbligato per la pena pecuniaria ma è una figura del tutto secondaria e che nella pratica non
fa quasi mai ingresso nel processo penale.
Il Presidente della Repubblica è esente dalla giurisdizione salvo che per i reati
di attentato alla Costituzione e alto tradimento.
Per questi due reati viene sottoposto al giudizio da parte della corte
costituzionale e il pubblico ministero è un commissario che viene nominato da
parlamento.
Quando si parla di impeachment si parla proprio del problema della
responsabilità penale del presidente della repubblica rispetto a queste figure di
reato.
Per quanto riguarda i magistrati, sembra abbastanza ovvio il motivo per cui si deroga
alle regole generali, si preferisce allontanare il luogo di celebrazione del processo da
quello dove il magistrato esercita le proprie funzioni per garantire al meglio
l’imparzialità dell’organo giudicante.
Il criterio è che, se ad esempio, un reato è commesso nel distretto di corte d’appello
di Venezia, si passa ad un altro distretto di corte d’appello non in base a un criterio
arbitrario, ma in base a delle tabelle che sono espressamente previste dalla legge.
Quindi, per un reato commesso da o in danno di un magistrato nel distretto di
Venezia, si passa al Giudice competente per materia del capoluogo di distretto del
Trentino Alto Adige, quindi si va a Trento.
Per quanto riguarda i minorenni, anche qui la spiegazione della deroga ai principi
generali è abbastanza facile, si preferisce che a occuparsi dei processi nei confronti di
una persona minore di anni 18, sia un organo che abbia un qualche grado di
specializzazione cioè il tribunale per i minorenni.
regola generale (la prima: luogo di consumazione del reato) e siccome la morte è un
elemento costitutivo del reato di omicidio colposo, si dovrebbe dire che competente per
territorio è il tribunale di Padova, ma siccome il legislatore si è ben reso conto che in questi
casi il luogo in cui può realizzarsi l’evento morte può essere non direttamente collegato al
luogo dove il fatto si è completamente verificato, ha preferito fare riferimento al luogo in cui
si è svolta l’azione o l’omissione, quindi il luogo, ad esempio, dove vi era il cantiere.
Questo comunque per dire, che non si è di fronte a delle eccezioni rispetto alla regola
generale ma a delle applicazioni di questa stessa regola.
Lettera a
Partiamo dal presupposto che quando si parla di connessioni si fa
riferimento ad un collegamento molto stretto fra vari reati; l’articolo
12 porta come primo caso (lettera a) quello in cui vi sia un reato
commesso da più persone tra di loro.
È il caso del reato plurisoggettivo come ad esempio un furto che
può essere commesso da due o più persone.
Se un furto è commesso da due persone siamo in presenza di un
reato concorsuale che può essere visto anche come un insieme di
due reati: il reato commesso dal soggetto A e il reato commesso
dal soggetto B e se le due persone hanno agito nello stesso luogo,
non esistono problemi nello stabilire quale sia il Giudice
competente, mentre se le persone agiscono in luoghi diversi il
problema sussiste.
Accanto alla figura di più persone che hanno commesso un
reato in concorso fra di loro (reato doloso), vi sono quelle di
reato colposo
o della cooperazione nel reato di più persone;
o di più persone che con condotte indipendenti hanno
determinato l’evento.
Nel reato colposo, il reato potrebbe essere stato commesso da più
soggetti senza la coscienza e la volontà di commettere insieme un
reato e la condotta di questi soggetti, attraverso l’elemento della
colpa, può determinare un evento previsto dalla legge come reato.
Ad esempio: un datore di lavoro e un preposto, non ottemperando alle regole che ciascuno
dei due dovrebbe seguire, possono determinare la mancata osservanza di regole in materia
antinfortunistica e da qui derivare un evento di lesione o un evento di morte.
Quindi, più persone hanno cooperato alla commissione di un reato.
Un'altra ipotesi potrebbe essere quella di un infortunio sul lavoro che causa una lesione ad
un soggetto che viene ricoverato in ospedale; in ospedale i medici sbagliano l’intervento e la
persona muore.
Anche in questo caso ci sono più condotte indipendenti tra loro completamente slegate che
hanno determinato un evento unico; da un lato c’è la condotta del datore di lavoro e del
preposto, dall’altro c’è la condotta dei medici.
Lettera b
Accanto al criterio dell’articolo 12 lettera a, vi è la figura del reato
continuato o del concorso formale di reati; sono tutti istituti di
diritto sostanziale ed hanno un diritto procedurale.
È possibile che con una stessa azione o omissione, una persona
violi più norme penali e/o più volte la stessa norma penale; in
questo caso parliamo di concorso formale; quindi una sola azione
o omissione determina la violazione di più norme penali.
Più diffuso nella realtà concreta è il caso della continuazione
ovvero di più azioni od omissioni da parte di un soggetto, dove
però queste azioni sono collegate fra di loro da un disegno
criminoso unitario; in questo caso, sotto il profilo del diritto
penale sostanziale, il legislatore considera sotto il profilo della pena
il reato unico ed invece di applicare tante pene distinte, applica la
pena del reato più grave magari aumentata fino al triplo.
Il caso più banale può essere quello della persona che in una stessa nottata va a rubare in
più appartamenti diversi; in questo caso abbiamo un disegno criminoso unitario ma più reati
distinti.
I reati vengono unificati tra di loro e viene applicata la pena del reato più grave con la
possibilità di aumentarla fino al triplo.
Lettera c
Il terzo caso è quello della connessione teleologica: i reati per cui
si procede sono stati commessi gli uni per eseguire o occultare gli
altri.
Connessione teleologica vuol dire che c’è un collegamento
finalistico tra un reato e un altro.
Ad esempio: si vuole truffare un negoziante comprando un orologio con un assegno che non
sarà mai pagato perché è un assegno di provenienza delittuosa quindi protestato come rubato.
Vengono commessi due reati: nel momento in cui c’è l’impossessamento dell’assegno che
serve per commettere la truffa, si commette un reato di ricettazione dell’assegno e questo
reato serve per commettere l’altro, quello di truffa.
Anche qua c’è uno stretto collegamento tra i due reati e queste
sono le categorie (a, b, c) che ci interessano quando si parla di
connessione di reati.
La norma fa riferimento al concetto di procedimento perché si parte
dall’ipotesi che per ogni reato vi sia un procedimento, ma dire
connessione fra reati e dire connessione fra procedimenti è la
stessa identica cosa; in definitiva, se a volte si trova il
riferimento a procedimento e a volte reato, non bisogna lasciarsi
trarre in inganno, non bisogna lasciarsi confondere, perché si sta
parlando dell’identico concetto.
Nella fase delle indagini, la necessità di condurre delle indagini
unitarie per determinate fattispecie criminose, può sussistere anche
al di fuori dei casi dei collegamenti che sono stati individuati ed in
particolare questo può accadere nei casi previsti da una norma del
mAnsa 2 Appunti - DIRITTO PROCESSUALE PENALE.doc
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codice di procedura penale che è l’articolo 371 che indica quelli che
sono i collegamenti fra reati.
Art. 14. - Limiti alla connessione nel caso di reati commessi da minorenni.
1. La connessione non opera fra procedimenti relativi a imputati che al momento del fatto erano minorenni e
procedimenti relativi a imputati maggiorenni.
2. La connessione non opera, altresì, fra procedimenti per reati commessi quando l'imputato era minorenne e
procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne.
Se i reati sono tutti di pari gravità (ci sono più omicidi tra di
loro e/o ci sono più furti tra di loro connessi) si guarda al
reato commesso per primo.
Quindi, in presenza di due reati che fra loro sono connessi, tipo omicidio e
furto e per qualche motivo questi reati sono connessi, ad esempio perché per
compiere il furto si è commesso un omicidio, occorre guardare al reato più
grave; se poi sono stati commessi ovviamente nello stesso luogo il problema
non si pone, però si deve partire dal presupposto che questi reati potrebbero
essere stati commessi in luoghi diversi e quindi si guarda il reato più grave.
Ad esempio: si vuole truffare un negoziante comprando un orologio con un assegno che non
sarà mai pagato perché è un assegno di provenienza delittuosa quindi protestato come rubato.
Vi è un reato contro la pubblica amministrazione, (il tipico reato di competenza del tribunale
collegiale) e vi è un reato di sangue di competenza della Corte d’Assise, secondo le regole
della competenza per materia, avrei due Giudici diversi davanti a cui celebrare il processo, ma
la regola della competenza per connessione, dice che invece il processo deve essere fatto
davanti a un unico Giudice e questo Giudice sarà il Giudice del reato più grave ovvero la Corte
d’Assise.
La gravità del reato, nel momento in cui questo non sia ancora stato giudicato,
la si guarda in astratto e non in concreto; si guarda la tipologia del reato e,
sulla base dei criteri che sono in linea principale quello della pena individuati
sulla base dell’articolo 4, si individuerà quello che è il reato più grave. Anche
in materia di reato continuato, concorso formale, il principio è che non si
guarda al reato più grave in concreto ma al reato più grave in astratto; un
delitto è quindi sempre più grave di una contravvenzione, un delitto che ha il
massimo editale più alto, sarà più grave di un delitto che ha il massimo editale
più basso, anche se in concreto il disvalore dell’azione commettendo il secondo
delitto è maggiore rispetto a quello che si ha commettendo il primo.
Nel titolo 4 del libro primo, quello relativo alla figura dell’imputato,
il legislatore si preoccupa di indicare quelle che sono le regole
generali per l’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini
(indagato), ovvero le regole che deve seguire in linea di principio,
tanto l’autorità giudiziaria, quanto la polizia giudiziaria.
Per autorità giudiziaria si intende il riferimento a due figure
completamente distinte tra di loro:
o il Giudice
o il Pubblico Ministero.
Il magistrato è una categoria che comprende il Pubblico Ministero
ed il Giudice; il pubblico ministero infatti non è un Giudice ma è
comunque un magistrato.
Dunque l’articolo 64 dice che durante l’interrogatorio non possono
essere utilizzati metodi o tecniche che siano idonee a influire sulla
libertà di autodeterminazione del soggetto o alterare la capacità di
ricordare e valutare i fatti.
Il principio che sta alla base di questa regola è che la persona che
interviene nel corso dell’interrogatorio deve essere libera di
scegliere se rendere delle dichiarazioni o meno e che quindi,
nemmeno con il suo consenso, questa libertà di autodeterminazione
può essere condizionata.
Gli esempi che generalmente vengono fatti sono quelli della narcoanalisi cioè
dell’utilizzo di sostanze stupefacenti per influire sulla capacità dei ricordi
oppure della macchina della verità.
quant'altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare
le proprie generalità o le dà false.
2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto
da parte dell'autorità procedente, quando sia certa l'identità fisica della persona.
3. Le erronee generalità attribuite all'imputato sono rettificate nelle forme previste dall'articolo 130.
d) coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico
ministero o loro ausiliario nonché il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e coloro
che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi
dell'articolo 391-ter.
Art. 197-bis. - Persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che
assumono l'ufficio di testimone.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 21 novembre 2006, n. 381 ha dichiarato l’illegittimità dei commi 3
e 6 del presente articolo nella parte in cui prevedono, rispettivamente, l'assistenza di un difensore e
l'applicazione della disposizione di cui all'art. 192, comma 3, anche per le dichiarazioni rese dalle persone,
indicate al comma 1 del art. 197-bis cod. proc. pen., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di
assoluzione «per non aver commesso il fatto» divenuta irrevocabile.
Per capire quando ciò accade si deve prendere l’articolo 197 del codice di
procedura penale che viene richiamato anche espressamente dalla lettera C
dell’articolo 64.
L’articolo 197, indica alcune figure di soggetti che sono incompatibili con la
figura del testimone ed allora ecco che ritorna il criterio di collegamento
dell’articolo 12.
L’articolo 197 dice che i coimputati del medesimo reato, e le persone
imputate di un procedimento connesso a norma dell’articolo 12,
comma primo, lettera A, non possono mai essere sentiti come
testimoni, salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata una sentenza
passata in giudicato.
Collegando l’articolo 197 con l’articolo 64 e con l’articolo 12, si ha che se
una persona rende dichiarazioni a carico di terzi, nel corso di un
interrogatorio davanti alla polizia giudiziaria, e queste dichiarazioni sono
rese nei confronti del coimputato, oppure nei casi degli altri criteri indicati
dall’articolo 12, non potrà mai essere sentita come testimone assistito
all’interno del procedimento.
Se invece non siamo in presenza di questa ipotesi, ma siamo in presenza di
un criterio di connessione debole, oppure di collegamento probatorio che
è ancora qualcosa di meno rispetto alla connessione, ecco che l’avviso
previsto dall’articolo 64 lettera C acquista importanza perché all’interno del
procedimento penale, la persona potrà essere sentita come testimone
assistito.
È in questo caso specifico che l’articolo 64 3° comma lettera C, ha un
concreto campo di applicazione.
Nei due i casi previsti dalla lettera A e dalla lettera B, la qualità di
testimone assistito potrà essere assunta solo nel momento in cui la
sentenza sia passata in giudicato.
DIRITTO PROCESSUALE
REGOLE PER L’INTERROGATORIO E MANCATI AVVISI.
Le conseguenze per non aver dato gli avvisi previsti all’art. 64 c.p.p. sono previste
nel 3° comma bis dello stesso articolo 64.
Il fatto che non vengano dati i primi due avvisi, ovvero quello relativo al fatto che la
persona può avvalersi della facoltà di non rispondere e che le dichiarazioni che
renderà potranno essere utilizzate contro di lui, provoca la inutilizzabilità assoluta
delle dichiarazioni rese.
La conseguenza quindi è quella dell’inutilizzabilità; si tratta di una forma di
inutilizzabilità patologica che potrà essere fatta valere in qualsiasi momento nelle
fasi successive del procedimento penale.
Il concetto di inutilizzabilità patologica è contrapposto a quello di inutilizzabilità
fisiologica.
Nell’ambito del procedimento penale distinguiamo la fase delle indagini preliminari dalla fase del
giudizio.
Gli elementi di prova che vengono raccolti nella fase delle indagini preliminari, non possono essere
utilizzati direttamente nella fase del giudizio, però in alcuni modi, possono comunque venire in
rilievo durante la fase dibattimentale.
Se infatti una persona viene sentita a sommarie informazioni dalla polizia giudiziaria durante le
indagini e poi nel sottoporsi all’esame dibattimentale rende delle dichiarazioni difformi a quelle che
aveva reso alla polizia giudiziaria, è possibile che una parte proceda a una contestazione e legga
quel passo del verbale rilasciato dalla polizia giudiziaria per dimostrare la difformità della nuova
versione rispetto alla precedente.
Sotto questo profilo quindi si può dire che, da un lato il verbale di informazioni rilasciato dalla
polizia giudiziaria non è in generale utilizzabile nel giudizio (inutilizzabilità fisiologica) anche se
tuttavia, in alcuni casi, può diventare utilizzabile ai fini della contestazione; l’idea è, che gli atti
raccolti nell’indagine non assumono il rilievo di prova nella fase dibattimentale.
Il caso di cui all’articolo 64 è diverso perché in questa situazione, vi è una forma di invalidità nel
verbale nel senso che il verbale è stato redatto non rispettando le regole previste nell’articolo 64;
questa inutilizzabilità non è fisiologica ma è patologica ed è una forma di invalidità che può essere
fatta valere in qualsiasi fase del procedimento.
Altro esempio di inutilizzabilità è quando una persona che è imputata accede a un rito alternativo
quale può essere il rito abbreviato, il rito del patteggiamento, ed automaticamente gli elementi di
prova che erano stati raccolti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria nella fase delle
indagini diventano a questo punto utilizzabili dal Giudice; in questa situazione si capisce perché si è
parlato di inutilizzabilità fisiologica, essendo atti perfettamente validi, ma solo atti tipici
dell’indagine preliminare, nel momento in cui la persona imputata rinuncia alla fase del
dibattimento, questi atti diventano pienamente utilizzabili.
Se, invece non fossero stati dati gli avvisi, anche qualora la persona decidesse di seguire un rito
alternativo, atti che hanno questa patologia non potrebbero essere utilizzati e il Giudice sarebbe
tenuto a rilevare il vizio anche d’ufficio.
Come avevamo già visto l’articolo 197 del codice di procedura penale declara i casi in cui la
persona rimane comunque incompatibile rispetto all’ufficio di testimone.
Il primo caso è quello della persona coimputata nel medesimo procedimento o imputata di un
procedimento connesso in senso forte.
Tale persona viene sentita davanti alla polizia giudiziaria e non potrà assumere la veste di testimone
né sicuramente davanti alla polizia giudiziaria né in qualsiasi altra fase del giudizio, lo potrà
assumere solo nel momento in cui sarà passato in giudicato la sentenza che lo riguarda.
Oltre ad indicargli quale è il fatto-reato che gli è attribuito e che ricordiamo è solo
un’ipotesi di reato in quanto non è ancora stata formulata la contestazione mediante
Art. 350. - Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini.
1. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall'articolo 64, sommarie informazioni utili
per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o
di fermo a norma dell'articolo 384.
2. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono
svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell'articolo 97 comma 3.
3. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria
dà tempestivo avviso. Il difensore ha l'obbligo di presenziare al compimento dell'atto.
4. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di
provvedere a norma dell'articolo 97, comma 4.
5. Sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del
difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o
fermata a norma dell'articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini.
6. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l'assistenza del difensore sul luogo o nell'immediatezza del fatto a
norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione.
7. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le
indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall'articolo 503
comma 3.
Ciò non toglie che le regole per l’interrogatorio debbano essere applicate anche in
questa sede.
Il termine interrogatorio quindi, da un lato è un termine generale che vi comprende
anche le sommarie informazioni della persona nei cui confronti vengono svolte le
indagini da parte della polizia giudiziaria, dall’altro è un termine in senso stretto,
indica le informazioni che vengono prese dalla persona sottoposta alle indagini da
parte del pubblico ministero.
La terminologia che usa il codice è questa:
⇒ sommarie informazioni quando le dichiarazioni vengono rese davanti alla
polizia giudiziaria;
⇒ interrogatorio quando le dichiarazioni vengono rese davanti al pubblico
ministero;
⇒ esame quando queste dichiarazioni vengono rese davanti al Giudice.
Accanto all’articolo 64, una seconda norma che è fondamentale conoscere è quella
relativa alle dichiarazioni indizianti, che è pensata con riguardo all’ipotesi che sia
nel corso delle indagini, sia nella fase del giudizio e quindi nella fase del
dibattimento, una persona che è sentita come testimone se è al dibattimento o come
informatore se è nella fase delle indagini, può a questo punto rendere delle
dichiarazioni indizianti cioè delle dichiarazioni da cui possono emergere degli
elementi di reità nei suoi stessi confronti.
Nel caso in cui si verifichi questa situazione, che è una situazione che si può
verificare in qualsiasi fase del procedimento penale, davanti alla polizia giudiziaria
così come davanti al Giudice, l’autorità che procede ha dei precisi obblighi, ed il
primo è quello di interrompere l’esame.
In definitiva, mentre per la persona sentita correttamente e che rende delle dichiarazioni indizianti
quelle dichiarazioni non potranno essere utilizzate contro di lui, nel caso in cui l’Autorità Giudiziale
o la Polizia Giudiziaria abbiano eluso le garanzie sentendo ugualmente come informatore o come
testimone una persona che avrebbe dovuto essere sentita come indagato o come imputato, quelle
Una persona può rendere delle spontanee dichiarazioni e queste spontanee dichiarazioni possono
essere raccolte dalla Polizia Giudiziaria come, sicuramente è un diritto a questo punto dell'imputato
renderle al dibattimento, però questo non è l’interrogatorio e non sono nemmeno le sommarie
informazioni disciplinate dall’articolo 350, perché l’interrogatorio è rispondere a delle domande e le
spontanee dichiarazioni è invece, un monologo che viene condotto dalla persona al di fuori delle
domande che la Polizia Giudiziaria va a porre.
Una persona potrebbe davanti a voi dichiarare di avere sì la facoltà di non rispondere e allo stesso
tempo dire che vuole rilasciare delle spontanee dichiarazioni che saranno verbalizzate facendo ben
capire però, a chi un domani dovrà leggere questo verbale, che non si tratta delle risposte a un
interrogatorio ma di dichiarazioni spontaneamente rese.
La differenza sta nel fatto che, nel momento in cui una persona rende delle spontanee dichiarazioni,
nessuno lo può interrompere dicendo “ma mi spieghi meglio questa questione” oppure facendo
rilevare una contraddizione e si scriveranno queste dichiarazioni così come sono state rese, punto e
basta.
In linea di principio, se una persona rende delle spontanee dichiarazioni, è meglio che queste siano
verbalizzate tra virgolette; una cosa è disporre di una dichiarazione spontanea altro è disporre del
riassunto di una dichiarazione spontanea.
Il riassunto è comunque il frutto di una elaborazione che la Polizia Giudiziaria conduce, mentre la
dichiarazione spontanea è ciò che esattamente la persona dichiara.
Un caso che è stato risolto dalla cassazione riguardava proprio una vicenda di un infortunio sul
lavoro, era successo che dei lavoratori avevano accusato l’imprenditore di tenere una certa condotta
sul luogo di lavoro.
L’imprenditore, durante l’esame dibattimentale, aveva sostenuto che le dichiarazioni di queste
persone erano false e che tutto era frutto di una congiura nei suoi confronti.
L’imprenditore è stato successivamente portato a giudizio con delitto di calunnia partendo dal
presupposto che avendo detto che altri avevano mentito, li aveva accusati di aver commesso un
reato.
La corte di cassazione però, in questa vicenda processuale, è arrivata alla conclusione che la
dichiarazione a carico di altri, comunque non esorbitava dagli stretti diritti in cui una persona può
rendere dichiarazioni per esigenze strettamente difensive, e quindi non era sufficiente a integrare il
reato di calunnia.
Questa è una sentenza che è stata pronunciata nel 2001 dalla corte di cassazione.
Questo lo dico perché capita abbastanza normalmente che una persona che è accusata di un reato
venga ad affermare che le dichiarazioni dei testimoni dell’accusa non siano vere, questo di per se
non è sufficiente secondo la giurisprudenza per integrare il reato di calunnia.
Qualora invece questa persona non si limitasse a dire che le dichiarazioni di chi lo accusa non siano
vere ma aggiungesse dei particolari precisi, ad esempio dicesse che questa persona è interessata a
rendere dichiarazioni a suo carico perché tra loro vi è stata una lite, e andando avanti di questo
passo formulasse degli addebiti circostanziati allora non rientreremmo più nell’esercizio dei diritti
di difesa, ma sconfineremmo nel delitto di calunnia.
Il caso che capita sempre più spesso, di persone che non hanno documenti e che
vengono nel gergo definite con la parola sedicenti.
Il fatto che l’identità anagrafica di una persona non sia stata determinata, non
impedisce il compimento di alcun atto del procedimento.
Eventualmente in una fase successiva, anche dopo la pronuncia della sentenza,
qualora vengano accertate le reali generalità della persona, si può procedere a una
rettifica con le forme previste per la correzione dell'errore materiale.
Partiamo dal presupposto che una persona davanti alla Polizia Giudiziaria deve riferire le proprie
generalità, commette un illecito se non riferisce le proprie generalità, e commette un illecito anche
nel caso in cui dichiari generalità false.
Se leggete insieme l’articolo 66 e l’articolo 64, vi accorgerete che alla lettera b dell’articolo 64 si
dice: “salvo quanto disposto dall’articolo 66”, quindi una persona non può mentire con riferimento
alle proprie generalità, se mente commette un reato, e il reato che commette una persona che
davanti alla Polizia Giudiziaria dichiara delle false generalità, è quello previsto dall’articolo 495 del
codice penale, falsa attestazione dichiarazione a pubblico ufficiale sull’identità o su qualità
personali proprie o di altri.
Art. 495. - Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità
personali proprie o di altri.
Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre
qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione fino a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata a essere riprodotta in un atto
pubblico.
La reclusione non è inferiore ad un anno:
1. se si tratta di dichiarazione in atti dello stato civile;
2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da
un imputato all'autorità giudiziaria o da una persona sottoposta ad indagini alla stessa autorità o alla
polizia giudiziaria delegata alle indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario
giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.
La pena è diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per sé o per altri, il rilascio di certificati
o di autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci.
Quindi una persona commette un delitto se dichiara delle false generalità in un verbale e molte volte
soprattutto per le persone straniere diventa impossibile individuare quali siano le generalità, perché
le persone sono prive di documenti e nel corso del tempo dichiarano generalità diverse.
Il fatto che queste persone dichiarano generalità diverse, lo si ricava generalmente attraverso
l’analisi di un particolare certificato che viene inserito nel fascicolo processuale, che è il certificato
afis.
Ad una persona, ogni volta che viene identificata e sottoposta a fotosegnalamento, vengono prese le
impronte digitali; queste impronte digitali finiscono in un archivio e attraverso il certificato afis è
Art. 349. - Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone.
1. La polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle
persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
2. Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo,
ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti.
2-bis. Se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso
dell'interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto,
previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero.
3. Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le
indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell'articolo 161. Osserva inoltre le
disposizioni dell'articolo 66.
4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di
identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la
accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e
comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le
ventiquattro ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza
dell'autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un
familiare o un convivente.
5. Dell'accompagnamento e dell'ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il
quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona
accompagnata.
6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell'ora in cui esso è
avvenuto.
IL DIFENSORE.
Sempre nell’ambito del primo libro del codice di procedura penale, tra le figure che
vengono prese in considerazione c’è il difensore.
Dal punto di vista strettamente penalistico il difensore è un privato che esercita un
esercizio di pubblica necessità; è un privato di cui una persona che é indagata o
imputata in un procedimento penale ha l’obbligo di servirsi.
Non è una semplice facoltà, quindi una persona nel nostro procedimento penale, non
potrebbe mai difendersi da sola, ha sempre bisogno dell’assistenza di un difensore.
Questo è il motivo per cui accanto alla figura del difensore di fiducia, il codice
regolamenta il difensore d’ufficio.
Esiste differenza concettuale tra la rappresentanza tecnica del difensore e la
rappresentanza volontaria.
La rappresentanza tecnica del difensore è il potere che il difensore ha di
compiere nell’ambito del procedimento, degli atti nell’interesse del suo
assistito sempre che non si tratti di atti personali.
Questo è il potere che viene conferito al difensore attraverso il mandato difensivo,
che viene anche chiamato procura alle liti; tale mandato si rilascia con una
dichiarazione resa davanti all’autorità che procede, oppure con una dichiarazione
scritta che può essere presentata o trasmessa mediante lettera raccomandata.
La sottoscrizione della persona che nomina il difensore non deve essere autenticata,
stiamo parlando della persona indagata, quindi imputata, non delle parti private;
questo è il concetto di rappresentanza tecnica.
La rappresentanza volontaria del difensore è il potere che il difensore ha di
compiere atti nell’interesse e in nome del cliente anche di natura personale.
In generale un difensore che ha ricevuto un mandato alle liti assiste nell’ambito del
procedimento la persona che è indagata o che è imputata e non può in linea generale
compiere atti di natura personale, quali possono essere la richiesta di patteggiamento
I limiti di reddito che attualmente sono previsti sono di circa 9700 euro, quindi una persona per
essere ammessa al patrocinio a spese dello stato deve avere un reddito lordo non superiore a questa
somma che poi può essere aumentata di circa poco più di 1000 euro per ogni familiare convivente.
Il controllo che l’Autorità Giudiziaria ha nel verificare la domanda per essere ammesso al patrocinio
a spese dello stato è un controllo puramente formale, cioè la persona sulla sua responsabilità con
una dichiarazione di quello che dichiara in ordine ai propri redditi; l’Autorità Giudiziaria deve
prendere atto di questa dichiarazione e comunicherà poi la propria decisione all’ufficio finanziario
competente per eventuali controlli.
Solo in riferimento a particolari categorie di indagati è prevista la possibilità di controlli più
sostanziali.
Con riferimento alla figura del difensore, occorre precisare che non è solo la persona
indagata o imputata in un procedimento che nomina un difensore, lo nominano anche
le altre parti private, quali:
⇒ la parte civile;
⇒ il responsabile civile:
⇒ l’eventualmente civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
La particolarità sta nel fatto che l’atto attraverso cui si conferisce il potere di
rappresentare viene denominato con riferimento alle altre parti private “procura
speciale”.
Il problema quindi può essere quello di non confondere la procura speciale quale
atto che serve per conferire la rappresentanza volontaria, dalla procura speciale
(purtroppo il codice utilizza lo stesso termine) quale atto che serve per conferire la
rappresentanza tecnica alle parti diverse dalla persona indagata o imputata.
Mentre per la persona indagata o imputata, distinguiamo come terminologia in maniera abbastanza
chiara il mandato alle liti che serve per conferire la rappresentanza tecnica (poteri di assistere
nelle fasi del procedimento la persona salvo che per gli atti personali) dalla rappresentanza
LA PARTE CIVILE.
Per comprendere il concetto di parte civile, bisogna partire dal presupposto che
nell’ambito del procedimento penale non viene esercitata solo l’azione penale da
parte del pubblico ministero, ma può essere esercitata un’azione civile per
risarcimento o le restituzioni, da parte della persona danneggiata dal reato.
Con riferimento a un reato possiamo distinguere il concetto di:
⇒ persona offesa;
⇒ persona danneggiata.
Art. 652. - Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno.
1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato,
quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato
compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o
amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello
stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo
che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'articolo 75, comma 2.
2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell'articolo 442, se la parte
civile ha accettato il rito abbreviato.
La persona danneggiata dal reato ha quindi di fronte più strade, però se rimane
completamente inerte può subire delle conseguenze negative, nei limiti dettati
dall’articolo 652 del codice di procedura penale, se non rimane inerte bisogna
distinguere a seconda che si attivi tempestivamente in sede civile oppure non lo
faccia.
Se si attiva tempestivamente non subirà dal processo penale alcun possibile
pregiudizio, se non si attiva tempestivamente, il processo civile che verrà iniziato
rimarrà sospeso.
Il procedimento penale rispetto al procedimento civile offre certi vantaggi; il
vantaggio principale è quello dei tempi, per quanto lungo sia un procedimento penale
viene generalmente definito in tempi ragionevolmente più brevi rispetto a un
procedimento civile, peraltro il procedimento penale segue determinate regole e la
più clamorosa e più evidente è quello che non si applicano le presunzioni tipiche del
procedimento civile.
Quindi nel momento in cui la persona danneggiata sceglie la strada del procedimento
penale per esercitare l’azione civile e non l’autonoma strada del procedimento civile,
dovrà soggiacere a quelle regole.
Nel caso di scontro tra due veicoli, si presume nel processo civile una pari responsabilità fino a che non si
definiscono i danni alle parti.
Nel processo penale non vige questa presunzione, la colpevolezza dell’imputato dovrà essere provata dal
pubblico ministero, così come dalla parte civile che intenda costituirsi.
DIRITTO PROCESSUALE
IL CONCETTO DI PROVA.
Nel codice di procedura penale, non esiste la definizione di “prova”.
Una definizione di carattere molto generale è: la prova è un
ragionamento che da un fatto noto ricava l’esistenza di un
fatto avvenuto nel passato.
La parola prova nel codice di procedura penale, è utilizzata in
almeno quattro significati:
1. fonti di prova (art. 65 c.p.p.)
2. mezzi di prova (art. 194 e seguenti c.p.p.)
3. elementi di prova (non esiste una definizione nel c.p.p.)
4. risultato probatorio (non esiste una definizione nel c.p.p.)
Il primo significato lo si ha dalla lettura dell’articolo 65 del codice di
procedura penale dove con l’espressione “fonti di prova” si
intende tutto ciò che è idoneo a fornire dei risultati apprezzabili per
la decisione.
La ricerca delle fonti di prova spetta:
⇒ al pubblico ministero;
⇒ alla polizia giudiziaria;
⇒ al difensore.
e la funzione delle indagini preliminari è appunto quella di ricercare
le fonti di prova.
Il codice si concentra però, in maniera particolare, non sulle fonti di
prova ma sui “mezzi di prova” che vengono disciplinati
dall’articolo 194 e seguenti.
I mezzi di prova sono quegli strumenti mediante i quali si
acquisisce al procedimento un elemento che serve per la
decisione.
Il codice ne disciplina sette e sono i sette mezzi di prova tipici, a
incominciare da quella che nel processo penale è la prova regina: la
testimonianza.
Esistono però, anche dei mezzi di prova non disciplinati dalle leggi e
questo lo spiega in generale l’articolo 189 del c.p.p.
Nella pratica si può dire che quando si utilizza l’espressione prova come
risultato di prova, per capire dove il codice utilizza questa espressione, si può
prendere in considerazione, ad esempio, l’articolo 530 del codice di procedura
penale, cioè quella norma che dice come si deve comportare il Giudice all’esito
del giudizio.
Il Giudice deve assolvere una persona se ritiene che la prova sia insufficiente o
contraddittoria.
In questo caso la parola prova viene utilizzata come risultato probatorio, non
come elemento di prova; gli elementi di prova per portare una persona a
giudizioso potevano esservi, ma ciò non vuol dire che al termine del processo
si sia riuscito a formare una prova intesa come risultato probatorio.
Poniamo che all’interno di un’abitazione venga trovata una persona morta pugnalata.
Se si ha un testimone che viene a dire che circa mezz’ora prima del momento in cui questa
persona è deceduta ha visto qualcuno uscire di corsa dall’abitazione e questa persona
viene successivamente identificata, il Giudice potrà avere un indizio a carico di questa
persona del fatto che possa essere l’autore dell’omicidio.
Non avrà in nessun caso una prova dichiarativa come nell’ipotesi fatta prima, dove la
persona aveva visto sparare.
Esempio: una persona viene trovata in Via Anelli dalla polizia e scappa.
Questa persona viene trovata in possesso di un modico quantitativo di sostanza stupefacente.
Il fatto che sia scappata non è un indizio preciso che quella persona sia uno spacciatore
perché anche un tossicodipendente ha interesse a non farsi trovare in possesso di sostanze
stupefacenti, perché commette comunque un illecito amministrativo.
Quindi, questo è il tipico caso in cui quello che può apparire un indizio non ha il carattere della
precisione.
Prima dell’inizio del giudizio, almeno sette giorni prima del dibattimento, il
pubblico ministero, così come il difensore, devono presentare una lista testi in
cui vengono indicati, tra gli altri, i nomi dei testimoni da escludere e le
circostanze su cui deve vertere l’esame.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione è arrivata ad affermare un
principio che potrà essere condivisibile oppure no, ma che rappresenta il diritto
vivente (quando si fa riferimento al diritto vivente si intende fare riferimento a
un orientamento giurisprudenziale non contestato).
Tale principio ritiene che sia sufficiente indicare, come circostanza su cui il
teste deve essere sentito, i fatti di cui è l’imputazione.
E così, molte volte, nella lista testi vengono indicati una serie lunga di
testimoni sulle circostanze di cui è l’imputazione, senza precisare altro ed in
questo modo il Giudice capisce poco o nulla dell’oggetto su cui è chiamato a
testimoniare la persona.
Quello che si vuole evidenziare è che se tutte le persone vengono indicate sui
fatti di cui è l’imputazione, il Giudice potrà escluderne alcuni dicendo che
queste testimonianze sono sovrabbondanti anche se, in realtà, questi testimoni
pur essendo chiamati tutti a rispondere sui fatti di cui è l’imputazione,
dovrebbero ciascuno descrivere delle circostanze diverse.
Questo è un problema che a volte assume rilevanza pratica nei nostri processi
in quanto l’imputazione è in realtà un qualcosa di molto complesso all’interno
del quale vi sono degli aspetti peculiari.
3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), anche se
connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche
con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per
la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà.
Non che prima del 2006, il Giudice potesse condannare una persona
per un reato anche se non avesse superato questa regola dell’oltre
ogni ragionevole dubbio.
Infatti la giurisprudenza della Corte di Cassazione l’aveva già
individuata, l’aveva individuata leggendo l’articolo 530 laddove si
dice che una persona deve essere assolta da un reato anche nel
caso in cui sia insufficiente o contraddittoria la prova che lo abbia
commesso.
Teniamo presente cosa vuol dire che due reati siano tra loro
connessi o siano tra loro collegati.
Il legislatore parte da un presupposto che le dichiarazioni di
determinati soggetti possano essere sospettate di non essere
credibili e quindi ritiene che sulla base delle dichiarazioni di questi
soggetti non si possa mai arrivare, anche se si tratta di
dichiarazioni in sé attendibili, alla prova di un fatto.
In definitiva, le dichiarazioni di un coimputato dello stesso reato e
dell’imputato di procedimento connesso o collegato, devono essere
dapprima valutate nella loro attendibilità intrinseca; da un lato
quindi si deve stabilire se la persona che ha reso questa
dichiarazione sia una persona che, per come si presenta, per le
ragioni per cui ha reso la dichiarazione sia fornito di una credibilità
generale e dall’altro se la dichiarazione che ha reso, sia priva di
contraddizioni, sia circostanziata, mostri coerenza.
Ma ciò non è sufficiente, occorre ancora individuare dei riscontri
esterni (quello che il codice chiama “altro elemento di prova” e
che, secondo la giurisprudenza è qualsiasi elemento esterno alla
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Molte volte il problema, una volta che si è compresa la definizione di riscontro esterno, è capire
che cosa lo sia.
esempio: un processo in materia di stupefacenti, dove c’è una persona che dichiara che il suo
fornitore era un altro soggetto.
Si può porre il problema, di fronte a questa dichiarazione, una volta che si sia accertato che
essa sia intrinsecamente credibile, se un tabulato telefonico sia un riscontro esterno.
Tendenzialmente la giurisprudenza dice di no, perché il tabulato telefonico mi può dire che tra
due persone vi sono stati svariati contatti ma nulla mi dice sulla natura di questi contatti.
E quindi il tabulato telefonico non è idoneo ad avvicinare la persona che è chiamata in causa
dalla dichiarazione al reato di cui viene accusato.
Poniamo però un caso limite in cui il tabulato telefonico potrebbe diventare un riscontro: è il
caso in cui la persona che viene accusata dica di non avere avuto nessun rapporto di alcun
genere con la persona che lo accusa.
Anche il concetto di riscontro quindi deve essere valutato rispetto a come si sviluppa la tesi
difensiva; non può essere valutato in sé e per sé.
Se io accuso uno di voi di essere il mio spacciatore, il mio fornitore di sostanze stupefacenti, e
voi dite: “Io conosco Bordon, ci siamo conosciuti perché io gli volevo vendere una macchina”, il
fatto che ci sia un tabulato telefonico che dica che io e voi siamo rimasti in contatto non
rappresenta un riscontro.
Se, invece, la difesa è “Io Bordon non l’ho mai conosciuto”, ecco che il tabulato telefonico
potrebbe diventare un riscontro.
LA TESTIMONIANZA.
A questo punto possiamo iniziare a parlare della testimonianza
ovvero della prova regina.
Una definizione generale del testimone è quella di una persona
che è a conoscenza dei fatti del processo e che nello stesso
tempo non riveste una qualifica tale per cui il codice lo
ritenga incompatibile con l’assunzione della qualità di
testimone, quindi incapace di testimoniare.
In questa definizione generale non c’entra il concetto di terzietà
ovvero, il testimone non è necessariamente una persona che è
sostanzialmente estranea al fatto che deve essere giudicato e
quindi che non abbia un interesse al risultato del processo.
La parte civile può infatti assumere la veste di testimone, anzi nella
generalità dei casi la parte civile diventa un testimone nel processo;
la parte civile può venire a deporre anche se non è certo un terzo
nel rappresentare i fatti di cui è causa ed è molto interessata
all’esito del processo.
Sotto questo profilo, il processo penale si differenzia
radicalmente dal processo civile.
In un processo civile le due parti, attore e convenuto, non
assumono mai la veste di testimone.
Nel processo penale, una di queste due parti può assumere il
ruolo di testimone mentre l’altro assume il ruolo di imputato.
Caso emblematico è quello della truffa contrattuale: di fronte a una
vicenda di truffa contrattuale, se viene iniziato un procedimento
civile accusando un’altra parte di avere compiuto un
inadempimento doloso del contratto e di avermi raggirato, al
momento della conclusione dello stesso, io sono una parte, la
persona contro cui rivolgo queste accuse è un convenuto, nessuno
di noi due potrà testimoniare nel processo civile.
Se io sporgo una querela per truffa e il pubblico ministero ritenga
che vi siano i presupposti per un giudizio, io poi in questo giudizio
mi potrò costituire parte civile e quindi anche chiedere il
L’articolo 194 dice che il testimone deve essere interrogato su fatti determinati, se
questa norma fosse applicata, il 90% delle domande poste all’interno di un processo
penale non dovrebbero essere ammesse.
Cioè io non potrei mai iniziare un esame dicendo:” Mi racconti che cosa è successo”, io
dovrei porre delle domande su fatti ben determinati.
Le domande le pongo su fatti, non chiedo al testimone un giudizio e questa è la
differenza che vi è tra un testimone, un perito e un consulente.
Domanda: Nella nostra professione è che noi siamo dei testimoni però siamo anche
degli esperti in quella materia e quindi è difficile tante volte non valicare questo limite
e fornire anche un’interpretazione alla luce magari delle conoscenze tecniche
Risposta: sì, il codice prevede espressamente questa ipotesi, la risposta alla domanda
la trovate nell’ultima parte del 3° comma dell’articolo 194.
“Il teste non può esprimere apprezzamenti personali salvo che sia impossibile scinderli
dalla deposizione sui fatti”, e questo è un punto.
Per dare una risposta meno formalistica e forse riesco a collegarmi anche alla seconda
domanda, dico questo: voi siete sicuramente degni testimoni esperti, siete portatori di
conoscenze nel processo che il Giudice non ha, non possiede.
Come potete trasmettere le vostre conoscenze al Giudice?
Indicando in maniera precisa tutta quella serie di fatti che vi hanno portato a una
determinata conclusione.
Se voi state attenti, molte volte riuscite a comunicare il vostro giudizio al Giudice
descrivendo in maniera dettagliata tutti i particolari che vi hanno portato a quel
giudizio.
Quindi descrivendo dei fatti; il problema a volte è più teorico che pratico perché se voi
siete abili nell’indicare i fatti che vi hanno portato a quella conclusione e questi fatti
siete voi che siete riusciti a coglierli perché siete degli esperti mentre il Giudice da solo
non riuscirebbe a coglierli, poi riuscite a condurre il Giudice ad esprimere il giudizio
che voi di per sé non potreste esprimere.
La vostra abilità sta nel costruire lentamente come un puzzle tutti quei fatti che a un
osservatore comune sfuggirebbero, ad esempio le componenti di una macchina.
Io non capisco nulla di macchine ma se uno inizia a spiegarmi quali sono i componenti
che sono importanti e a cosa serve ciascun componente poi il giudizio riesco anche a
trarlo.
Questa categoria di esperti in cui spesso voi vi ritrovate sono cosiddetti “testimoni
esperti”.
Il problema è se io voglio introdurre dei fatti nel processo o compiere delle valutazioni.
Spesso un teste di polizia giudiziaria quali voi siete, non serve al pubblico ministero
solo per esprimere la valutazione perché alla valutazione ci si può arrivare alla fine
attraverso quel meccanismo che vi ho raccontato.
Serve per descrivere dei fatti che sono avvenuti.
Se voi foste introdotti come consulenti, non potreste raccontare quei fatti, dovreste
esprimere delle valutazioni.
A volte guardate è una scelta strategica decidere se introdurre uno come testimone o
come consulente e non è affatto indifferente perché il testimone ha un obbligo di
verità e racconta fatti, il consulente non può avere un obbligo di verità.
Non può averlo perché un giudizio potrà essere attendibile o non attendibile ma mai
potrà essere vero.
Quindi ci sono certe persone che il pubblico ministero o col difensore dalla sua
posizione potrebbe decidere di introdurre come testimone o come consulente.
Dipende dalla strategia che lui decide di coltivare all’interno del processo.
Ci sono molte persone, ad esempio certi specialisti in materia sanitaria, che sono
disposti a presentarsi in un processo come testimoni ma non sarebbero disposti a
presentarsi nel processo come testimoni del pubblico ministero.
Nei processi in materia infortunistica spesso vedo che un teste dello spisal se condotto
bene dal pubblico ministero attraverso delle domande specifiche, riesce comunque a
fornire al Giudice quelle cognizioni tecniche che lui non possiede e quindi non è
necessario introdurlo come consulente di parte.
Ad esempio si potrebbe dire: ”Questo fatto l’ho appreso dalla persona che gestisce il bar che si
trova in tale via” e poi questa persona potrà essere identificata; basta quindi che sia possibile
individuarla.
DIRITTO PROCESSUALE
MEZZI DI PROVA E METODI DI RICERCA DELLA PROVA.
Quando si parla di testimonianza indiretta nel gergo a volte si
usa l’espressione “testimonianza per sentito dire” e per evitare
equivoci terminologici, quando si sente parlare del sentito dire, si
intende tradurre un termine che viene dall’inglese e non certo alle
voci correnti nel pubblico.
Le voci correnti nel pubblico sono quelle dichiarazioni rispetto alle
quali non si riesce a risalire alla fonte; questo tipo di dichiarazioni
non sono assolutamente utilizzabili nel processo penale e non
possono essere oggetto di testimonianza.
Quando si parla invece di testimonianza per sentito dire, si intende
fare riferimento alla testimonianza indiretta; l’espressione è simile
all’altra ma solo perché origina da una traduzione dall’inglese.
Nell’ambito dell’articolo 195 già iniziato a trattare la volta scorsa, vi
è un comma che è riservato in maniera specifica alla
testimonianza del teste di polizia giudiziaria e questa è una
norma che è bene conoscere prima di testimoniare in un processo
penale.
Articolo 195 comma 4: “Gli ufficiali e gli agenti di polizia non
possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da
testimoni con le modalità di cui agli articoli 351, 357 comma 2
lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi
1, 2, 3 dello stesso articolo 195”.
Quando si dice che l’ufficiale e l’agente di polizia non possono
deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite e vengono presi
in considerazione alcuni articoli del codice, si intende fare
riferimento con l’articolo 351:
◊ alle sommarie informazioni rese nella fase delle indagini (da
quello che poi diventerà testimone nel dibattimento e che,
nella fase delle indagini, viene chiamato informatore)
◊ alle dichiarazioni rese dall’indagato di un procedimento
connesso.
Sul fatto che il teste di polizia giudiziaria non possa riferire sulle
dichiarazioni ricevute dall’indagato, possiamo dire che il problema
potrebbe essere risolto anche a prescindere da questa norma
perché ve ne sono altre che dicono espressamente che il teste di
polizia giudiziaria non può deporre relativamente a queste
dichiarazioni.
In definitiva, mentre in genere tutti gli altri testimoni, se hanno
sentito delle dichiarazioni da altre persone possono riferirne il
contenuto, per il teste di polizia giudiziaria c’è questo limite che
non nasce certamente dall’idea che la deposizione del teste di
polizia giudiziaria sia meno credibile di altre, ma nasce da un
problema di sistematica del codice di procedura penale.
mAnsa 5 Appunti - DIRITTO PROCESSUALE PENALE.doc
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Poniamo il caso che voi vi rechiate sul luogo di un delitto, trovate una persona
in fin di vita e questa persona rende delle dichiarazioni a voi, sarebbe
inconcepibile che voi abbiate un verbale e iniziaste a mettere per iscritto
queste dichiarazioni.
In queste situazioni in cui non è richiedibile al teste di polizia giudiziaria di
poter assumere formalmente le dichiarazioni, il teste di polizia giudiziaria
potrebbe riferirle nel dibattimento.
Ricordiamo che il problema è che il teste di polizia giudiziaria, quando nel corso di un
procedimento riceve delle dichiarazioni, come regola generale le deve verbalizzare e il
verbale delle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria, entra nel processo
penale solo a determinate condizioni.
L’articolo 500 dice che, anche se vengono fatte delle contestazioni, questo verbale
non entrerà nel processo ma entrerà per esempio nel caso in cui sia provato che la
persona che è stata sentita prima dal teste di polizia giudiziaria e poi dal Giudice sia
stato sottoposto a pressioni o minacce.
Se il legislatore permettesse al teste di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto
delle dichiarazioni ricevute, non avrebbe più senso porre dei limiti all’acquisizione nel
fascicolo del dibattimento dei verbali perché quello che non si apprenderebbe
Diverso sarebbe questo caso: la persona offesa si accorge che le hanno rubato il
portafoglio, corre dietro alla persona che gli ha rubato il portafoglio, glielo contesta,
questa persona decide di restituire il portafogli e gli dice anche “Con me c’era un’altra
persona, c’era il mio complice”.
Poco dopo arriva la polizia giudiziaria, la polizia giudiziaria arresta la persona
indagata.
In questo caso, la dichiarazione che ha ricevuto la persona offesa, il testimone, non è
stata ricevuta nel contesto procedimentale mentre dialogavano il teste di polizia
giudiziaria e l’indagato, è stata resa al di fuori del procedimento e quindi nulla osta a
che questa dichiarazione sia riferita.
Se la dichiarazione viene ripetuta alla presenza della polizia, il testimone privato
cittadino, potrà riferire quello che ha sentito al di fuori del procedimento, non quello
che ha sentito all’interno del procedimento.
Art. 513. - Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o
nell'udienza preliminare.
1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte,
che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria
su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali
dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i
presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.
2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di
parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria
internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è
possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la
disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle
dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei
verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.
3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.
Art. 111. - La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. (1)
Ogni processo si svolge nel contradditorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La
legge ne assicura la ragionevole durata. (1)
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel pi¨ breve tempo possibile,
informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle
condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facolta', davanti al giudice, di interrogare o di far
interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di
persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore;
sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. (1)
Il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza
dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre
volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. (1)
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o
per accertata impossibilita' di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. (1)
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si puo' derogare a tale norma soltanto
per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione e' ammesso per i soli motivi
inerenti alla giurisdizione.
(1) Comma introdotto con l'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (G.U. 23 dicembre 1999, n. 300).
All'art. 2, la stessa legge costituzionale cosi' dispone: "1. La legge regola l'applicazione dei principi contenuti nella presente legge
costituzionale ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore".
Se voi inserite queste due norme nel contesto del processo accusatorio, capite
che non è un pregiudizio contro il teste di polizia giudiziaria quello che c’è
scritto in queste norme ma è una regola coessenziale a un’impronta
accusatoria del processo.
Anche questa norma è una norma che poi viene richiamata nella
fase delle indagini a proposito delle persone che la polizia
giudiziaria dovrà sentire.
L’articolo 210, pone una disciplina che riguarda in generale, gli
indagati e gli imputati di un procedimento connesso o collegato a
quello in cui si procede.
Le regole che pone l’articolo 210 sono queste:
⇒ nel caso in cui vi sia una connessione molto stretta fra i
procedimenti, e cioè la connessione prevista dall’articolo 12
comma 1° lettera a , questa persona sarà sempre assistita da
un difensore, avrà sempre la facoltà di non rispondere alle
domande, dovrà presentarsi ma non sarà obbligata a rispondere;
questa regola si ricava leggendo l’articolo 210 comma 1.
⇒ un regime un po’ più complicato, anzi complicatissimo, è previsto
dall’articolo 210 6° ed ultimo comma nei casi di connessione
debole o collegamento probatorio cioè nel caso in cui il reato
per cui si procede nei confronti di una persona è quello per cui si
procede nei confronti della persona che rende la dichiarazione
abbiano un collegamento meno stringente.
In questi casi è previsto che la persona sia avvisata della facoltà
di non deporre; nel caso in cui questa persona dica: “Io voglio
deporre”, avrà ovviamente come nel caso precedente, la
presenza di un difensore che lo assisterà.
A questo punto è previsto che gli sia dato un avviso, l’avviso è
quello dell’articolo 64, 3° comma lettera c .
Quindi io la avverto “Guardi, se lei renderà dichiarazioni a carico di terzi, in ordine a queste
dichiarazioni lei potrà assumere la veste di testimone”, primo avviso “lei ha la facoltà di non
rispondere”.
“Io voglio deporre”.
“Va bene, abbiamo il suo difensore vicino, io adesso la avverto che se lei renderà dichiarazioni
a carico di terzi, assumerà in relazione a tali dichiarazioni, l’obbligo di deporre”.
Lui dice che intende continuare a rispondere.
Quello che succede nel dibattimento è una cosa veramente strana.
Questa persona a questo punto inizierà a rendere delle dichiarazioni.
Rende una dichiarazione a carico di un terzo, quindi una dichiarazione erga alias.
Il Giudice a questo punto gli deve far leggere la formula dei testimoni, “consapevole delle
responsabilità morali e civili che assume con la sua deposizione, si impegni a dire la verità e a
non nascondere nulla di quanto è in sua conoscenza”.
Bene, da questo momento in poi, con riferimento alla precedente dichiarazione che ha reso a
carico di altri, ha gli obblighi del testimone.
Continua a parlare.
Inizia nuovamente a parlare non con riferimento a questa dichiarazione, ma a dichiarazioni che
riguardano la sua persona.
In quel momento non è più un testimone.
Ecco perché dicevo che la situazione è complicatissima; siamo di fronte a quello che viene
chiamato testimone ad intermittenza.
DIRITTO PROCESSUALE
LE INDAGINI PRELIMINARI.
Nel codice di procedura penale, gli articoli che interessano le
indagini preliminari vanno dall’articolo 326 in poi.
Quindi utilizza tutti gli atti che sono contenuti al suo interno e tra
questi atti vi sono anche le indagini della polizia giudiziaria.
Quindi i verbali di sommarie informazioni della polizia giudiziaria,
che di regola non sono utilizzabili per la decisione, in questo caso
diventano utilizzabili.
Il giudizio abbreviato ed il patteggiamento sono due riti speciali che
possono essere attivati con il consenso dell’imputato; senza il
consenso dell’imputato ciò non può avvenire.
Nelle indagini preliminari le figure centrali sono quelle del PM e
della polizia giudiziaria.
Il GIP, cioè il Giudice per le Indagini Preliminari, interviene
solo nei casi che sono previsti e su richiesta delle parti.
Il Giudice per le indagini preliminari non interviene in questa fase
d’ufficio, di propria iniziativa, ma ha il compito di svolgere delle
funzioni di controllo in alcuni particolari momenti.
Questi particolari momenti sono:
⇒ quelli in cui la persona sottoposta alle indagini viene privata della
libertà e cioè nel caso di arresto in flagranza di reato o di fermo;
⇒ i casi in cui proprio il GIP ha emesso delle misure coercitive,
quindi delle misure cautelari nei confronti della persona indagata;
⇒ l’autorizzazione di intercettazioni;
⇒ i casi in cui non sia possibile rinviare alla fase del dibattimento
l’assunzione di una prova ovvero quando il codice prevede
espressamente che la formazione della prova in contraddittorio
non avvenga nel giudizio ma nell’ambito di un sub-procedimento
all’interno della fase delle indagini preliminari.
Quest’ultima possi9bilità non è altro che il significato di “incidente
probatorio”.
L’incidente probatorio è quindi una parentesi che si apre
all’interno delle indagini preliminari in cui in contraddittorio delle
parti, e quindi con la presenza del difensore, vengono assunte
delle prove che non possono essere rinviate al dibattimento.
Un caso può essere quello della perizia nel caso in cui rinviata al
dibattimento non potrebbe più essere utilmente esperita oppure si
tratta di una perizia di lunga durata e quindi superiore a 60 giorni.
Art. 354. - Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro.
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e
che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell'intervento del pubblico ministero.
2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque si
modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la
direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei
luoghi e delle cose. Se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.
3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari
accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalla ispezione personale. Se gli accertamenti comportano il prelievo di
materiale biologico, si osservano le disposizioni del comma 2-bis dell'articolo 349.
l'assicurazione delle fonti di prova, il pubblico ministero può procedere a interrogatorio, a ispezione o a confronto
anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente.
L'avviso può essere omesso quando il pubblico ministero procede a ispezione e vi è fondato motivo di ritenere
che le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati. E' fatta salva, in ogni caso, la facoltà del
difensore d'intervenire.
6. Quando procede nei modi previsti dal comma 5, il pubblico ministero deve specificamente indicare, a pena di
nullità, i motivi della deroga e le modalità dell'avviso.
7. E' vietato a coloro che intervengono agli atti di fare segni di approvazione o disapprovazione. Quando assiste al
compimento degli atti, il difensore può presentare al pubblico ministero richieste, osservazioni e riserve delle
quali è fatta menzione nel verbale.
Vi sono poi altri casi sempre previsti dall’articolo 352, in cui sia
necessario eseguire delle ordinanze di custodia cautelari o degli
ordini di incarcerazione e si proceda al fermo di polizia giudiziaria.
È previsto che il difensore abbia il diritto di assistere alla
perquisizione e questo analogamente a quanto avviene nel
sequestro.
Ovviamente non ha il diritto di ricevere un avviso prima del
momento in cui verrà compiuto l’atto.
Nel momento in cui viene eseguita la perquisizione, viene redatto
un verbale ove viene descritto l’oggetto che viene sequestrato e le
ragioni per cui si procede al sequestro ovvero i motivi per cui la
polizia giudiziaria ritenga che la cosa sottoposta al sequestro abbia
rilevanza probatoria.
Questo verbale deve essere trasmesso secondo uno schema che è
tipico delle perquisizioni della polizia giudiziaria entro 48 ore al
pubblico ministero il quale, entro le successive 48 ore, procede alla
convalida.
Sul significato da attribuire a queste 48 ore, non c’è una uniformità
di opinioni nella giurisprudenza ma l’opinione prevalente è che sia
importante che vengano rispettati i termini di 48 ore sia per la
trasmissione del verbale sia per la convalida da parte del PM.
Il verbale va trasmesso al pubblico ministero che procede alla
convalida in tutti i casi.
Quella disciplinata dall’articolo 352 è solo una delle tante
perquisizioni che possono essere eseguite su iniziativa della polizia
Se trovo una persona che sta spacciando una sostanza stupefacente, e questa persona ha del
denaro con sé, sicuramente lo stupefacente ha una finalità probatoria.
Il sequestro dello stupefacente serve per dimostrare, in un momento successivo, che questa
persona possedesse lo stupefacente. Questo è uno dei requisiti per integrare il reato previsto
dall’articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti.
Il denaro, se è il profitto del reato in materia di stupefacenti, è una cosa che può essere
sicuramente confiscata.
Se magari questa persona ha con sé molto denaro, si può supporre che questo denaro possa
servire alla persona per andare a rifornirsi di sostanza stupefacente da poi piazzare sul
mercato.
La finalità del sequestro del denaro, non è la stessa finalità del sequestro dello stupefacente,
ma è una finalità tipicamente preventiva.
Nel sequestro di denaro con delle finalità tipicamente probatorie e trasmissione entro
le 48 ore del verbale al pubblico ministero per la convalida del sequestro che deve
avvenire entro i termini delle successive 48 ore, la persona interessata potrà proporre
una richiesta di riesame, impugnare il provvedimento del pubblico ministero e
dedurre, davanti al Giudice del tribunale del riesame, che in realtà si è adottato il
sequestro probatorio per un bene rispetto a cui possono evidenziarsi esclusivamente
delle finalità preventive.
Nell’infortunio sul lavoro, il problema potrebbe essere quello di una macchina con la
quale una persona si è infortunata.
La finalità probatoria è in realtà la più facile da individuare in quanto la polizia
giudiziaria pone il vincolo sul bene perché possano poi essere eseguite delle indagini
più approfondite ed evitare che nel frattempo la macchina subisca delle modificazioni;
quindi la finalità probatoria c’è tutta.
Poniamo un’ipotesi un po’ più residuale di una macchina con cui è avvenuto un
infortunio e che non vi sia nessun problema nella ricostruzione dell’infortunio.
Poniamo il problema possa essere quello che la macchina venga utilizzata nuovamente
e che, siccome non è una macchina sicura, con questa macchina possono avvenire
ulteriori incidenti.
In questo caso, non vi sono delle finalità probatorie, vi è solo una finalità di natura
preventiva ovvero l’evitare che possa avvenire un ulteriore reato.
Supponiamo che si sequestrino beni rispetto a cui vi sia solo una finalità
preventiva con lo schema del sequestro probatorio.
Trasmetto il verbale al pubblico ministero entro le 48 ore, il pubblico ministero
convalida il sequestro e, a questo punto, si pone il problema che la persona
interessata, che potrà essere la persona a cui è stato sequestrato il bene
oppure la persona che rivendica dei diritti su questo bene, potrà sottoporre il
sequestro all’attenzione del tribunale del riesame.
Il termine è 10 giorni.
Se questa persona impugna, va davanti al tribunale del riesame ed afferma la
finalità del sequestro è una finalità tipicamente preventiva ed è stato utilizzato
lo schema del sequestro probatorio, il tribunale del riesame non può integrare
la motivazione e cioè dire che è vero che non sussistevano esigenze probatorie
ma sussistevano esigenze preventive e per questo motivo viene comunque
confermo il sequestro, ma deve prendere atto dell’assenza di esigenze
probatorie e deve annullare il provvedimento di sequestro.
Questo per dire che se la polizia giudiziaria non evidenzia l’esigenza probatoria,
il pubblico ministero si limita a convalidare e non indica a sua volta qual è la
finalità probatoria, non c’è un potere integrativo da parte del tribunale del
riesame e quindi si perde il caso di impugnazione e il vincolo su questo bene e
questo anche nell’ipotesi in cui il vincolo dell’esigenza probatoria
eventualmente sussista nella realtà.
Poniamo il caso di una discarica, una volta che sono venute meno le esigenze probatorie
perché tutti gli accertamenti che dovevano essere fatti sono stati fatti, potrebbero rimanere le
esigenze preventive, ed allora se si è agito solo con il sequestro probatorio, di fronte ad una
richiesta di dissequestro, una volta venute meno le esigenze probatorie, non avrei nulla da
opporre, se invece si è proceduto anche per esigenze di natura preventiva, posso ritenere che
il mantenimento del bene in sequestro serva per impedire la prosecuzione del reato.
del reato, che è vero che questo corpo del reato ha delle finalità
probatorie, ma che è pur vero che la perquisizione è stata eseguita
al di fuori dei casi previsti quando invece la perquisizione è prevista
solo in determinati casi, il tribunale del riesame dovrebbe dire che i
vizi della perquisizione non hanno conseguenze sul sequestro, e
pertanto il sequestro rimane valido.
Aggiungiamo che, se il pubblico ministero convaliderà la
perquisizione e il sequestro, mentre rispetto al sequestro è prevista
la possibilità di impugnare il provvedimento davanti al Giudice del
tribunale del riesame, la convalida del decreto di perquisizione è
inoppugnabile, cioè una volta che il pubblico ministero l’ha
convalidata non vi sono forme di impugnazione.
Nel caso di fronte alla polizia giudiziaria vi fosse una persona che
non parla l’italiano, non vi è la necessità di tradurre il verbale di
sequestro.
Su questo punto c’è proprio della giurisprudenza di illegittimità,
della corte di cassazione che dice che la mancata traduzione del
verbale di sequestro non dà luogo a nessuna nullità.
La probabile spiegazione è data dal fatto che non si tratta di uno di
quegli atti del procedimento attraverso cui viene veicolata
l’imputazione e quindi eventualmente il problema che si potrà porre
non è se l’atto che la polizia giudiziaria ha compiuto sia nullo, ma
da quale momento inizia effettivamente a decorrere il termine di
impugnazione se l’atto non è tradotto.
Sul problema della motivazione del provvedimento di sequestro, io
tutto quello che vi ho detto ve l’ho detto a proposito della differenza
tra sequestro preventivo e sequestro probatorio.
Per il resto la motivazione di un provvedimento di sequestro è una
motivazione poco complessa nel senso che è sufficiente
l’individuazione di un riferimento normativo, non è che nel
provvedimento deve essere dato conto di un’imputazione con una
completa descrizione del dato reato e non occorre poi
assolutamente che sussistano gravi indizi di colpevolezza per
procedere al sequestro, basta che vi sia quello che tendenzialmente
viene chiamato il fumus del reato e cioè che, il fatto così come
viene descritto, possa eventualmente integrare un reato.
Questo ve lo dico perché in sede di riesame, e cioè quando poi si
deve valutare se il sequestro è stato eseguito correttamente o
meno, è sufficiente verificare se, sulla base degli argomenti che
vengono indicati nel verbale di sequestro e nell’eventuale
motivazione che segue del pubblico ministero, le ragioni del
sequestro abbiano una loro logica.
Il fatto che poi a questa logica, la difesa sia in grado di
contrapporre un’altra, questo non è sufficiente per far ricadere il
sequestro, perché il sequestro è un tipo di provvedimento che viene
adottato nell’ambito delle indagini, e le indagini sono in continua
evoluzione, quindi la funzione del tribunale del riesame nel caso di
sequestro, non è quella di fare un processo all’interno del processo
e stabilire fin dall’inizio, cioè fin dal momento in cui viene eseguito il
sequestro, se l’imputato sia colpevole o innocente; deve solo
valutare se sussiste un reato che possa individuarsi in riferimento a
quella fattispecie concreta, se vi sia una plausibilità dell’ipotesi
accusatoria, e se siano motivate le esigenze probatorie.
Nella massima parte dei casi, è proprio sulla motivazione
dell’esigenza probatoria che si concentra l’interesse nella difesa,
perché è lì che spesso sono più deboli i provvedimenti di sequestro.
Come metodi di ricerca della prova regolati dal codice, oltre alle
ispezioni, alle perquisizioni ed ai sequestri, abbiamo le
intercettazioni.
Le intercettazioni servono per captare il contenuto di una
conversazione o comunicazione segreta.
Tre sono le caratteristiche delle intercettazioni:
⇒ la prima è che questa comunicazione deve essere segreta,
nel senso che deve essere una comunicazione che avviene tra
più persone e con cui queste persone vogliono escludere altri
dal sentire la conversazione.
In materia di lotta alla prostituzione, quindi si dice che la polizia fa irruzione nei
locali e fa delle video riprese entra nei privé; nei privé sorprende delle persone
che sono con delle prostitute e via dicendo, questi sono considerati dalla
giurisprudenza luoghi diversi dai suoli pubblici, e quindi la polizia giudiziaria
può procedere ma solo con un’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, ma non
sono nemmeno dei domicili privati, e quindi lo si può fare.
Nel caso si fosse all’interno di un’azienda, ci si avvicina ad un luogo riservato
non costituente domicilio, quindi ci vuole un’autorizzazione dell’autorità
giudiziaria, altrimenti c’è il rischio, che in sede di emissione delle prove, vi si
contesti il fatto che non è un luogo pubblico e che il Giudice, seguendo
l’orientamento giurisprudenziale corrente, non ritenga ammissibile la prova.
DIRITTO PROCESSUALE
INDAGINI PRELIMINARI.
La notizia di reato non è altro che un’informazione di un illecito
penale che arriva o alla polizia giudiziaria, o al pubblico ministero.
Le conseguenze fondamentali dell’inoltro di una notizia di reato
sono tre:
⇒ La prima è che la polizia assume compiti da polizia di sicurezza,
polizia amministrativa, a polizia giudiziaria, quindi le stesse
persone fisiche assumono una veste diversa.
⇒ La seconda conseguenza importante è che la polizia giudiziaria
ha un obbligo di informazione del pubblico ministero;
⇒ La terza è che il pubblico ministero ha il dovere di iscrivere la
notizia di reato in un apposito registro che è nella sede della
procura della repubblica.
L’argomento è affrontato nel codice di procedura penale e tra gli
articoli dedicati alle indagini preliminari, vi sono due articoli che
spiegano quali siano delle particolari notizie di reato, e cioè
l’articolo 332 che parla della denuncia (insieme ad altri articoli che
dopo vi elencherò) e l’articolo 334 che riguarda il referto (insieme
ad altri articoli relativi alle condizioni di procedibilità).
Esempi:
Se una persona trova delle cose provenienti da un delitto, deve presentare una
denuncia e questo ce lo dice l’articolo 709 del codice civile.
Lo stesso avviene nel caso in cui abbia notizia di materie esplodenti in un luogo dove
lui abita, e questo lo dice l’articolo 679 del codice penale.
Altri casi sono quelli in cui il cittadino abbia notizia di un delitto contro la personalità
dello Stato punito con la pena dell’ergastolo, o abbia notizie di un sequestro di
persona a scopo di estorsione.
Ne ho elencati solo alcuni, ve ne sono altri, sono comunque casi del tutto particolari.
Esempio:
Se un insegnante di una scuola pubblica viene a conoscenza di reati che sono stati
commessi a danno dei propri alunni, anche fuori dal contesto lavorativo, ma ne viene
a conoscenza appunto perché è un insegnante, in questo caso avrà l’obbligo di
denuncia.
Per lui però c’è una norma ad hoc che è stata prevista dal codice,
ed è l’articolo 334 bis del codice, il quale esclude che questi
soggetti, nonostante siano pubblici ufficiali, abbiano l’obbligo di
presentare la denuncia.
Si parla di:
esposizione degli elementi essenziali del fatto,
le fonti di prova;
le generalità il domicilio e quant’altro serva ad identificare la
persona a cui il fatto è attribuito;
la persona offesa e le persone informate.
Quando viene presentata un’informativa di reato, è bene che siano
indicati, nella stessa, in maniera chiara quali ufficiali o agenti di
polizia giudiziaria siano in grado di riferire la notizia, perché a volte
capita che la notizia sia inoltrata dalla persona più alta in grado, ma
questa persona non sia a conoscenza diretta dei fatti e quindi il
pubblico ministero non è posto nelle condizioni di individuare la
persona da chiamare a testimoniare.
Il referto lo trovate indicato nell’articolo 334 del codice di
procedura penale e non è altro che una particolare forma di
denuncia, presentata da un soggetto che esercita la professione
sanitaria.
L’articolo 334 stabilisce che colui che esercita la professione
sanitaria che ha portato assistenza in un contesto in cui emerga un
fatto che può essere considerato alla stregua di un reato
perseguibile d’ufficio, ha l’obbligo di presentare questa peculiare
denuncia, con una fondamentale eccezione che è data dal fatto che
mAnsa 7 Appunti - DIRITTO PROCESSUALE PENALE.doc
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Cercavo di spiegarvi il conflitto che si crea tra l’articolo 334 e l’articolo 331 del
codice di procedura penale.
Il referto non deve essere presentato nel caso in cui la persona che si
sottopone a cure da parte del sanitario, potrebbe essere sottoposto a un
procedimento penale.
Quindi questo è un caso in cui chi esercita la professione sanitaria, non ha
l’obbligo, per il fatto solo di esercitare la professione sanitaria, di presentare il
referto.
Bisogna però considerare il fatto che molte volte il sanitario non è solo una
persona che esercita questa professione, è contemporaneamente un pubblico
ufficiale.
Il conflitto allora sta nel rapporto tra l’articolo 331 che obbliga i pubblici ufficiali
a presentare la denuncia, e l’articolo 334 che con riferimento al referto pone
questo limite.
Il conflitto è risolto nel senso che chi è pubblico ufficiale e ha
conoscenza di un fatto che costituisce reato o a causa dell’esercizio
delle proprie funzioni, è comunque obbligato a presentare la denuncia.
Il medico del pronto soccorso ha l’obbligo di presentare la denuncia perché
sicuramente il medico del pronto soccorso è o pubblico ufficiale, o incaricato di
pubblico servizio.
A volte ci sono delle sentenze che gli attribuiscono la prima qualifica e altre
volte la seconda, ma in una di queste due qualifiche rientra comunque, e
perciò lui è tenuto a presentare questa particolare denuncia che noi abbiamo
denominato referto.
Nel momento in cui anche gli specializzandi, che lavorano all’interno di un
reparto, sono anche loro dei pubblici ufficiali, la figura dello specializzando
potrebbe distinguersi da quella del medico strutturato sotto il profilo della
colpa, nel senso che il livello di perizia che si richiede a un medico
specializzando è minore rispetto a quello di uno strutturato, ciò non toglie che
costoro siano comunque dei pubblici ufficiali nel momento in cui intervengono
al pronto soccorso o in un altro reparto, eseguendo l’attività sanitaria.
Il caso emblematico è quello del furto semplice che è perseguibile a querela mentre i furti
aggravati sono perseguibili d’ufficio.
Se una persona denuncia un furto e in questo furto non sono ravvisabili delle aggravanti che lo
rendono perseguibile d’ufficio, l’autorità giudiziaria non potrà esercitare l’azione penale per
quel fatto e qualora l’azione penale venisse esercitata, il Giudice dovrebbe pronunciare una
sentenza di proscioglimento per ragioni di diritto e cioè dichiarare di non dover più procedere o
il non luogo a procedere a seconda delle fasi del procedimento, nei confronti dell’imputato
perché l’azione non poteva essere esercitata.
Uno dei problemi che si debbono tenere presente nel caso in cui si
riceva una notizia di reato rispetto a un delitto perseguibile a
querela, è verificare se ci sia la manifestazione di volontà della
persona offesa.
La seconda caratteristica di una querela rispetto a una
denuncia è quella determinata dal soggetto che la presenta.
A presentare la querela può essere solo la persona offesa, e cioè
quel soggetto il cui interesse è stato offeso con l’azione delittuosa.
Ogni norma incriminatrice tutela diversi interessi, in alcuni casi la
norma incriminatrice tutela gli interessi di determinate persone
fisiche, oppure anche persone giuridiche.
Nel caso di persone giuridiche, deve essere questo soggetto (es.
legale rappresentante) a presentare la querela.
Nel furto in un supermercato, generalmente la persona offesa viene individuata nella società
che gestisce il supermercato.
Ora, nell’ambito delle società il soggetto che è titolare del diritto di querela, è tendenzialmente
il legale rappresentante.
Il direttore di un supermercato che non ha ricevuto una procura speciale in tal senso, non può
presentare la querela; qualora la presentasse la sua potrebbe valere non come querela, ma
esclusivamente come denuncia.
Se quindi è un reato perseguibile d’ufficio, può procedersi ugualmente, oppure sia la polizia
giudiziaria, sia il pubblico ministero non potrebbero procedere per carenza della condizione di
procedibilità.
Si è detto che la regola generale è che gli atti sono segreti, con
l’eccezione di alcuni atti che sono conoscibili (interrogatorio, ispezione,
confronto, perquisizione, sequestro).
È previsto, una volta che sono stati individuati quali siano gli atti
conoscibili, che questi atti una volta che sono stati compiuti col
relativo verbale, siano depositati presso la segreteria del PM entro il
terzo giorno successivo e, se non è stato dato avviso del
compimento dell’atto, il difensore deve essere avvisato di questo.
L’avviso di deposito deve essere notificato e questo per mettere il
difensore nella possibilità di controllare il contenuto dell’atto.
Eccezionalmente, il pubblico ministero può segretare degli atti di
indagini conoscibili con il consenso dell’indagato oppure per
esigenze investigative.
Quindi, la regola è che gli atti sono segreti, ed eccezione alla regola è che ci
sono degli atti conoscibili rispetto a cui non c’è invece questa segretezza ed
eccezione dell’eccezione che vi sono dei casi in cui il pubblico ministero in
presenza di determinati presupposti, può segretare l’atto.
Quello che si vuole evidenziare è che ci sono degli atti rispetto a cui
l’indagato non ha il diritto di venirne a conoscenza; questi atti sono
da considerarsi, durante le indagini, segreti.
L’indagato verrà a conoscenza di tutti gli atti dell’indagine quando il
pubblico ministero deciderà o di inoltrare un avviso di conclusione
delle indagini che rappresenta la premessa per eventuali capi di
imputazione nei suoi confronti, oppure quando chiede
l’archiviazione.
L’obbligo di segretezza è correlato alla conoscibilità e la
conoscibilità si ha in due momenti:
Il diritto di accesso non riguarda gli atti di indagine, riguarda gli atti
amministrativi non gli atti di contenuto penale.
Se vi è un atto amministrativo segue la regola degli atti amministrativi, se
l’atto è invece un atto di indagine compiuto come polizia giudiziaria, la regola
del diritto di accesso non si applica.
Se si hanno atti complessi, dico che sarebbe meglio non fare atti complessi che
contengono contemporaneamente notizie che hanno interesse amministrativo
e notizie che hanno un interesse penalistico perché, a quel punto, occorre fare
degli omissis oppure la persona ne verrà a conoscenza.
Art. 513. - Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o
nell'udienza preliminare.
1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte,
che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria
su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali
dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i
presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.
2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di
parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria
internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è
possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la
disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle
dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei
verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.
3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.
L’articolo 513 prevede che nel caso in cui non sia possibile
procedere all’esame dell’imputato, a richiesta di parte, il Giudice
dispone che sia data lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato al
PM o alla polizia giudiziaria su delega del PM.
Questo significa che viene acquisito il fascicolo del dibattimento e
sono utilizzati per la decisione, le dichiarazioni rese dall’imputato al
PM o alla polizia giudiziaria su delega del PM.
Attenzione, non le dichiarazioni ricevute dalla polizia giudiziaria
senza delegadel PM.
La differenza sta proprio nel fatto che
⇒ se si tratta di dichiarazioni che la PG riceve avendo avuto la
delega del PM, queste dichiarazioni un domani al dibattimento
saranno sicuramente utilizzabili perché, o l’imputato è presente,
rende l’esame e qualora renda dichiarazioni difformi rispetto a
quelle rese davanti a voi potranno essere fatte delle
contestazioni, oppure l’imputato non si presenta oppure non
Siamo abituati a pensare che il contraddittorio sia qualsiasi atto in cui sia
presente il difensore; non è così.
Il contraddittorio forte in cui il difensore ha il diritto di porre domande esiste
tendenzialmente al dibattimento, non prima.
Il difensore è presente negli atti che voi dovete compiere per garantire che
questi atti siano compiuti nel rispetto delle norme previste dal codice, non per
altro.
Quindi, eventualmente, il difensore potrà presentare un’istanza, chiedere che a
verbale sia messa una sua dichiarazione, ma non ha il diritto di rivolgere lui
delle domande.
Potrà eventualmente sollecitare voi a porre una domanda ma non ha il diritto
di porre lui delle domande.
Quindi, eventualmente, voi potete sentire quello che il difensore vorrebbe
sapere e se lo giudicate rilevante potete porre la domanda, ma lui non ha il
diritto di porre domande.
Esempio: chiedo alla persona di dichiarare o eleggere un domicilio, non gli do gli avvertimenti.
La persona dice “Dichiaro domicilio presso la mia abitazione sita in Padova in via Nazaret” e
indica il numero.
Successivamente questa persona cambia la propria residenza, allora secondo la regola
generale della dichiarazione o elezione del domicilio, siccome la persona non ha comunicato il
trasferimento di residenza come segreteria del pubblico ministero, farò successive notifiche
presso il difensore.
Si arriva al dibattimento e davanti al Giudice, il difensore che conosce gli atti dirà che la polizia
giudiziaria nel momento in cui ha fatto dichiarare o eleggere il domicilio si era dimenticata di
dare gli avvisi.
Una dichiarazione o elezione compiuta in questi casi non è valida e le conseguenze sono che
successivamente sono state sbagliate tutte le notifiche perché è stata sbagliata la notifica
dell’avviso di conclusione delle indagini, la notifica del decreto di citazione a giudizio e via
dicendo.
La conseguenza ultima è che il Giudice chiude il fascicolo, dichiara nullo tutto e restituisce gli
atti al pubblico ministero.
Art. 495. - Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali
proprie o di altri.
Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l'identità o lo stato o altre qualità
della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione fino a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata a essere riprodotta in un atto pubblico.
La reclusione non è inferiore ad un anno:
1. se si tratta di dichiarazione in atti dello stato civile;
2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un
imputato all'autorità giudiziaria o da una persona sottoposta ad indagini alla stessa autorità o alla polizia
giudiziaria delegata alle indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una
decisione penale viene iscritta sotto falso nome.
La pena è diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per sé o per altri, il rilascio di certificati o di
autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci.
FINE
mAnsa 7 Appunti - DIRITTO PROCESSUALE PENALE.doc
1
APPENDICE
articoli in ordine numerico a prescindere dalla norma d’origine
mAnsa Appendice-Articoli.doc
2
b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od
omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso;
c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per
occultare gli altri.
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3
più elevata nel massimo ovvero, in caso di parità dei massimi, la pena più
elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene pecuniarie, di
queste si tiene conto solo in caso di parità delle pene detentive.
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4
1. Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o
dalla persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di
testimonianza.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
5
1. L'autorità giudiziaria contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma
chiara e precisa il fatto che le è attribuito, le rende noti gli elementi di prova
esistenti contro di lei e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini,
gliene comunica le fonti.
2. Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e
le pone direttamente domande.
3. Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale. Nel
verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di
eventuali segni particolari della persona.
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6
dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di
persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di
ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non
comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. (1)
Il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione
della prova. La colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla
base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre
volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo
difensore. (1)
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in
contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilita' di
natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. (1)
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati
dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, e' sempre ammesso ricorso in
Cassazione per violazione di legge. Si puo' derogare a tale norma soltanto
per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in
Cassazione e' ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
(1) Comma introdotto con l'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre
1999, n. 2 (G.U. 23 dicembre 1999, n. 300).
All'art. 2, la stessa legge costituzionale cosi' dispone: "1. La legge regola
l'applicazione dei principi contenuti nella presente legge costituzionale ai
procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore".
mAnsa Appendice-Articoli.doc
7
condizioni di cui all'articolo 8, comma 2, lettera f), per il traffico entrante.
(2)
4. Dopo la scadenza del termine indicato al comma 1, il giudice autorizza
l'acquisizione dei dati, con decreto motivato, se ritiene che sussistano
sufficienti indizi dei delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del
codice di procedura penale, nonchè dei delitti in danno di sistemi informatici
o telematici.
4-bis. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal
ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero
dispone la acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico con decreto
motivato che è comunicato immediatamente, e comunque non oltre
ventiquattro ore, al giudice competente per il rilascio dell'autorizzazione in
via ordinaria. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide
sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero
non è convalidato nel termine stabilito, i dati acquisiti non possono essere
utilizzati. (3)
5. Il trattamento dei dati per le finalità di cui ai commi 1 e 2 è effettuato nel
rispetto delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell'interessato
prescritti ai sensi dell'art.17, volti anche a:
a) prevedere in ogni caso specifici sistemi di autenticazione informatica e di
autorizzazione degli incaricati del trattamento di cui all'allegato b);
b) disciplinare le modalità di conservazione separata dei dati una volta decorso
il termine di cui al comma 1;
c) individuare le modalità di trattamento dei dati da parte di specifici incaricati
del trattamento in modo tale che, decorso il termine di cui al comma 1,
l'utilizzazione dei dati sia consentita solo nei casi di cui al comma 4 e
all'articolo 7;
d) indicare le modalità tecniche per la periodica distruzione dei dati, decorsi i
termini di cui ai commi 1 e 2.
6. Le modalità di trattamento dei dati di cui al comma 5 sono individuate con
decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno,
con il Ministro delle comunicazioni e con il Ministro per l'innovazione e le
tecnologie, su conforme parere del Garante]
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8
1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto
compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o
dell'imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei
luoghi indicati nell'articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le
notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle
indagini o di imputato, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del
domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel
caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno
eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della
elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel
verbale.
2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l'invito a dichiarare o eleggere domicilio
è formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato per
disposizione dell'autorità giudiziaria. L'imputato è avvertito che deve
comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso
di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della
elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto
è stato notificato.
3. L'imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal
proscioglimento definitivo e l'imputato che deve essere dimesso da un
istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza, all'atto della scarcerazione o
della dimissione ha l'obbligo di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio
con atto ricevuto a verbale dal direttore dell'istituto. Questi lo avverte a
norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell'apposito registro
e trasmette immediatamente il verbale all'autorità che ha disposto la
scarcerazione o la dimissione.
4. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene
impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore.
Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la
dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o
inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore,
l'imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del
luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.
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9
1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza
ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che
manifestamente sono superflue o irrilevanti.
2. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio.
3. I provvedimenti sull'ammissione della prova possono essere revocati sentite
le parti in contraddittorio.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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7. Non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di
indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto
dell'esame.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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condanna nei suoi confronti, se nel procedimento egli aveva negato la
propria responsabilità ovvero non aveva reso alcuna dichiarazione. Nel caso
previsto dal comma 2 il testimone non può essere obbligato a deporre su
fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si
procede o si è proceduto nei suoi confronti.
5. In ogni caso le dichiarazioni rese dai soggetti di cui al presente articolo non
possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese nel procedimento
a suo carico, nel procedimento di revisione della sentenza di condanna ed in
qualsiasi giudizio civile o amministrativo relativo al fatto oggetto dei
procedimenti e delle sentenze suddette.
6. Alle dichiarazioni rese dalle persone che assumono l'ufficio di testimone ai
sensi del presente articolo si applica la disposizione di cui all'articolo 192,
comma 3. (1)
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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c) alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento,
scioglimento o cessazione degli effetti
civili del matrimonio contratto con l'imputato.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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3. L'autorità giudiziaria, nel procedere alla perquisizione locale, può disporre
con decreto motivato che siano perquisite le persone presenti o
sopraggiunte, quando ritiene che le stesse possano occultare il corpo del
reato o cose pertinenti al reato. Può inoltre ordinare, enunciando nel verbale
i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le
operazioni siano concluse. Il trasgressore è trattenuto o ricondotto
coattivamente sul posto.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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mAnsa Appendice-Articoli.doc
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denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale
il reato è attribuito.
2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o
a un ufficiale di polizia giudiziaria.
3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto,
esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto
nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità che
procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al
pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri
elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività
compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione.
2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto
altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte
le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su
circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l'assistenza del
difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la
comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro
quarantotto ore dal compimento dell'atto, salve le disposizioni di legge che
prevedono termini particolari.
3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a),
numeri da 1) a 6) e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la
comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma
orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con
le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2.
4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha
acquisito la notizia.
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accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente
necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero,
previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro
ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure
occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso
con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un
convivente.
5. Dell'accompagnamento e dell'ora in cui questo è stato compiuto è data
immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono
le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona
accompagnata.
6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona
accompagnata e dell'ora in cui esso è avvenuto.
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Art. 354. - Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone.
Sequestro.
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose
pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose
non venga mutato prima dell'intervento del pubblico ministero.
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2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si
alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero
non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la
direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari
accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. Se del caso,
sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.
3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli ufficiali di polizia
giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sulle persone diversi
dalla ispezione personale. Se gli accertamenti comportano il prelievo di
materiale biologico, si osservano le disposizioni del comma 2-bis dell'articolo
349.
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manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo
svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.
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raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e
alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle
norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e
con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia.
2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per
irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che
l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151.
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3. Salvo quanto disposto dall'articolo 12, il collegamento delle indagini non ha
effetto sulla competenza.
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del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive
modificazioni;
7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio
l'arresto in flagranza;
7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma
1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter,
609-quater, 609-octies del codice penale;
b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per
la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di
persone sottoposte alle indagini o di persone offese;
c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero;
d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici
del pubblico ministero a norma dell'articolo 371.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non
abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine
stabilito dalla legge o prorogato dal Giudice, gli atti di indagine compiuti
dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati.
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Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato
sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona,
fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale , o a persona incaricata di un
pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la
reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 516.
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1. Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti
dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti
private e dal giudice nel corso della udienza preliminare quando, per fatti o
circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione.
1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all'acquisizione ed alle
operazioni di distruzione degli atti di cui all'articolo 240.
Art. 513. - Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle
indagini preliminari o nell'udienza preliminare.
1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi
all'esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle
dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria
su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini
preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono
essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che
ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.
2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210,
comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi,
l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la
rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge
con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza
del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si
applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da
fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il
dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la
lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo
delle parti.
3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state
assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 511.
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3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di
giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio
sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a
norma del comma 1.
4. Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla
legge, le misure di sicurezza.
mAnsa Appendice-Articoli.doc
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Art. 651. - Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale.
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