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INDICE
INTRODUZIONE 3
CONCLUSIONI 25
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INTRODUZIONE
Il reale punto d'incontro fra musica e architettura si risolve con una vera e propria
tipologia compositiva solo alla metà del XIX sec.
Prima di allora nessuno studio, specificatamente metodologico-progettuale, aveva mai
previsto la costituzione di locali adatti all’ascolto o per uso teatrale.
Soltanto nel rinascimento, con l’intento di rievocare la sacralità del teatro greco e delle
tragedie, si compiono dei notevoli sforzi nell’adattare dei luoghi che potessero accogliere
il pubblico in quella partecipazione aulica che fu propria dell’antichità.
Non a caso il melodramma, convogliando l’esperienza dell’ascolto con quella
dell’aggregazione sociale, nasce a Firenze nel 1594 con la rappresentazione de La favola
di Dafne di Ottavio Rinuccini, opera che fa rivivere la tragedia greca attraverso il canto e
la recitazione. Ciò che accade principalmente per la recitazione e il canto non può però
essere confermato in ambito musicale e soprattutto strumentale. La musica, sino al
settecento, vede relegato il suo ruolo di sottofondo nelle taverne, nelle fiere cittadine o
nei giardini di corte e soltanto nell’Inghilterra del XVIII sec. la massoneria londinese
inizia ad alimentare una nascente cultura concertistica se pur nelle sue più primitive
asserzioni. È ovvio però che con il cambiamento del panorama musicale si deve
affrontare un più moderno approccio, della società dei tempi, rispetto a queste nuove
tematiche compositive musicali. Il classicismo del melodramma si trasmuta nella serietà
con cui si partecipa alle manifestazioni e parallelamente fonda i principi sulla quale
nacquero i primi teatri. Non si può ancora parlare di primo raffronto tra musica e
architettura bensì di rapporto fra spettacolo e architettura.
Indubbiamente in questo periodo un esempio significativo è dato dalla nascita del primo
teatro stabile, il Teatro Olimpico di Palladio a Vicenza (1585), sia per le specifiche
conformazioni spaziali, nella
volontà di creare uno spazio che
accogliesse un evento
istituzionalizzato, sia per il
rigorismo in cui solo un elité si
immergeva nella rappresentazione
teatrale. Il rapporto scena-pubblico e
dunque la frontalità a cui si
demanda, porrà da quel momento,
ma fino all’avvento della musica
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contemporanea, uno dei principi fondatori del processo metodologico progettuale di tutti i
nuovi spazi che nasceranno per la musica. Questi stessi spazi però hanno ragione di
esistere solo se esiste un pubblico disponibile ad ascoltare musica e come tali devono
rispondere a delle esigenze progettuali derivanti da volontà fruitive differenti nel tempo,
che viaggiano dunque parallelamente ai cambiamenti sociali ed economici di un’intera
società. È proprio in queste ultime affermazioni che si basano i temi e gli obbiettivi di
questa ricerca.
Questa ricerca tenta di analizzare il rapporto fra musica e pubblico, nelle sue più svariate
manifestazioni ma soprattutto nei più svariati luoghi, considerando che musica e
architettura, queste due discipline così diverse per tipi di manifestazioni, hanno visto
rappresentarsi vicendevolmente nel tempo in una sempre più accurata ricerca
interdisciplinare che ne ha costituito elementi nuovi per nuovi spazi architettonici e per
un nuovo tipo di ascolto musicale. Oggigiorno il “pubblico musicale” si avvale dei più
moderni dispositivi per l'ascolto (CD, lettori musicali, internet, ecc.) facendo sì che
divenga sempre più labile l'esigenza della composizione di un vero e proprio spazio
destinato alla musica sia per le sue più tradizionali manifestazioni che per le più moderne.
Sono stati dunque dilatati i confini per la definizione di “luogo” della e per la musica.
Cito testualmente da MUSICA E ARCHITETTURA: note per la progettazione di spazi per
lo spettacolo di M.C. Forlani che << l'abitudine ad ascoltare musica (sinfonica, da
camera, jazz, folk, rock, ecc.) nella comodità del salotto di casa ha tolto valore al “luogo
deputato”, cambiando, di conseguenza, le modalità di fruizione dell'evento musicale.>>
È proprio su questa nuova e non più tradizionale fruizione della musica e degli spazi
rivolti ad essa che si basano parte delle nuove ricerche concettuali sul rapporto fra musica
e architettura. Di fatto esiste, sin dai primi luoghi deputati alla musica o meglio
all'ascolto, un rapporto tra pubblico e tipo di musica e tra quest'ultima e luogo.
Quest'ultimo legame, negli ultimi decenni e con l'avvento della musica contemporanea,
elettronica e computerizzata, è stato messo in discussione dall'utilizzo di spazi chiamati
“non luoghi” (piazze, strade, centri commerciali, sale d’attesa, ecc.) dove si vede
disgregato il concetto tradizionale di pubblico, orchestra, scena e tempi della musica.
I nuovi luoghi non hanno più margini precisi, sono sistemi che variano nel tempo
rendendosi autonomi rispetto ad un programma mirato all’ascolto. Negli ultimi decenni,
anche in campo musicale, è cresciuto il concetto di provvisorietà e reversibilità, da non
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confondere con la reversibilità acustica legata alla polifunzionalità che demarca la nuova
concezione progettuale per gli auditorium. Alla polifunzionalità si affianca il bisogno di
addizionare, alle polivalenti sale per l’ascolto, nuovi spazi ricettivi per i nuovi poli
musicali. Questi nuovi “parchi della musica” non nascono solo per la musica, ma fanno
parte di un progetto più vasto a scala urbana legato ad un più moderno concetto di
macroterritorialità.
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all’interno della sale. Sulla reversibilità e sulla provissorietà invece, i nuovi “territori
musicali” talvolta prescindono dall’interattività che dovrebbe coesistere con la specificità
dell’opera da rappresentare. Del resto però questa scissione è parallelamente affiancabile
ai nuovi percorsi musicali. Nascono nuovi spettacoli musicali e di fatto si definiscono
nuovi spazi per un nuovo bacino d'utenza che vede la musica come elemento aggregativo-
sociale e non più come specchio di un contesto socio-politico ben definito e demarcato da
un’elité come unica beneficiaria. La musica diviene dunque elemento fondante e
fondatore per l'identità di questi “non luoghi” mutandone dunque la natura e il carattere.
Sono luoghi totalmente estranei al tradizionalismo acustico, che possono divenire luoghi
dove vivere e gioire d’esperienze sensoriali uniche. Un esempio può essere dato dalla
fruizione d’impianti sportivi e piazze pubbliche come luoghi deputati per una specifica
manifestazione. Lo spettacolo infatti, se non è istituzionalizzato, non necessita di un
luogo specifico per la sua realizzazione soprattutto quando si è consapevoli della portata
dell'evento e di come questo influenzi un certo tipo di ascoltatori.
Il popolo della musica, gli ascoltatori, negli ultimi anni si è visto diversificarsi poiché si
stanno sempre più frammentando i “generi” musicali, è ovvio dunque che sono aumentate
esponenzialmente le categorie degli ascoltatori e il tempo che esse spendono nell’ascolto.
Secondo un’indagine effettuata dall’istituto di ricerca GPF per conto dell’ SCF ( Società
Consorzio Fonografici) tra gli utenti del web, in Italia si ascoltano in media sessanta
minuti di musica al giorno, con un picco di settantadue nel Sud e nelle Isole.
Dato ancora più rilevante se sovrapposto all'ascolto attraverso altri canali: radio o web
radio (52 minuti), navigazione in internet (99 minuti). L'84% ascolta musica da solo, il
16% rimanente in compagnia, il mezzo più diffuso è il lettore mp3 (27%).
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Insomma, un modo per emozionarsi ed esprimere la propria identità, più che un mezzo di
aggregazione. La musica resta un fenomeno sociale, ma cambiano le forme di
condivisione dell'ascolto: l'accento si sposta dal possesso di brani all'esperienza della
musica, in un contesto in cui i concerti (circa uno al mese, con spesa intorno ai 50 euro)
diventano "eventi-cerniera" tra ordinario e straordinario. In altri termini, sono accessibili
come tutti i passatempi quotidiani ma si amano come le occasioni speciali.
Approssimativamente è possibile stimare che il 91% degli intervistati ritenga la musica
come bene primario capace di migliorare la qualità della vita. E su questa affermazione
che si basa la sempre più incalzante crescita dei “non luoghi” per la musica. Di fatto la
musica diffusa negli spazi pubblici è considerata gradita soprattutto in contesti
commerciali come gli shopping center (72% degli intervistati), oppure i luoghi legati al
tempo libero come bar e locali (78%), palestre (76%) e centri benessere (70%).
Particolare significativo è la richiesta di un incremento di musica negli spazi di transito
ed attesa, nei "non luoghi" che costellano la vita di tutti i giorni. Il 75% degli intervistati
vorrebbe ascoltarne nelle sale d’attesa degli aeroporti e stazioni, il 72% in quelle degli
studi medici ed il 67% mentre viaggia in treno. Su questi dati si potrebbe veicolare un
parallelismo tra la musica e la qualità della vita e su quest’ultima e gli spazi pubblici
come “non luoghi”. All’interno di uno spazio pubblico, qualunque esso sia, è ovvio però
che si debba facilitare e non impedire i comportamenti sociali, un sound-scape non
adeguatamente calibrato potrebbe dunque divenire invasivo e controproducente per i
normali processi sociali che si sviluppano in una piazza o in una sala d’attesa ad esempio.
La musica dunque non può essere ricondotta a semplice sottofondo né tanto meno può
riempire una società già satura di comunicazioni, benché le orecchie rispetto agli occhi
non hanno difese. È dunque necessaria una progettazione interdisciplinare a monte che
coinvolga architetti, urbanisti, sound designer. Nasce l’esigenza di assoggettare questi
spazi ad una più attenta e consapevole progettazione, da qui il bisogno di costituire nuove
discipline, come il sound design, che affrontino le problematiche legate al comfort
sonoro. I “non luoghi” infatti talvolta, vengono calibrati acusticamente per i diversi
generi musicali e le diverse manifestazioni. Nonostante la versatilità della musica e delle
infinite “postazioni” dove viverla, è necessaria una sempre e più precisa ricerca tecnico-
metodologica perché non si aggiunga ulteriore chiasso al contesto urbano. Gli spazi della
musica devono variare e plasmarsi in base ai cambiamenti sociali e storici, in base alla
qualità ed alla quantità del pubblico ma anche in relazione al cambiamento del prodotto
musicale. Il prodotto musicale o anche genere o tipo musicale, nella più recente ricerca
metodologico progettuale, diviene elemento e principio cardine sulla quale ruotano le
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variazioni tipologico-compositive ma soprattutto l'interdisciplinarietà richiesta nella
costituzione dell'architettura per la musica. Si fa riferimento agli studi condotti
dall'ingegneria acustica, meccanica, all'illuminotecnica e sul microclima, per citarne solo
alcuni, che evidenziano la complessità dell'aspetto dinamico del processo progettuale.
Gli obbiettivi di questa ricerca cercano dunque di concretizzare uno studio sospeso tra
l’immateriale e il materiale, cercando di legare al soggettivismo delle esperienze
sensoriali, legate alla musica, l’oggettivismo dei luoghi in cui queste prendono vita.
Questo stesso oggettivismo ha concretizzato una diversificazione ed una analisi critica
concependo tre differenti categorie di spazi per la musica: quelli nati per essa; quelli che
si adattano, provenendo da un sostrato differente; i non luoghi (adatti, adattati e non)
risposta di una crescente presenza della musica nella vita quotidiana.
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I LUOGHI NATI PER LA MUSICA
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SPAZIO MUSICALE PER L’OPERA PROMETEO
Autore: Renzo Piano Building Workshop
Luogo: Venezia e Milano 1983-1984, Italia
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Per lo svolgimento della rappresentazione e per consentire ai membri e al coro di seguire il direttore
d’orchestra, mentre si muovono tra le gallerie e le passerelle, la sala è stata dotata di un sistema di direzione
multipla costituita da schermi video.
Lo concettualità di quest’opera e la modernità
con cui l’architetto ne risolve i problemi
interpretativi e di gestione fruizionale fanno si,
che intorno agli spettatori, si perda la
tradizionale ”frontalità” imposta dall’asse
scena-pubblico. In Prometeo troviamo infatti,
l'interazione fra la composizione spaziale dei
suoni acustici dell'orchestra (suddivisa in
quattro gruppi posti
APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI:
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I NON LUOGHI RIADATTATI ALLA MUSICA
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AUDITORIUM PAGANINI
AUTORE: RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP
LUOGO: PARMA 1999-2001, ITALIA
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col tempo estranei ad esso. Nella maggior parte dei casi, infatti, questi progetti di riqualificazione sono finalizzati
sia al superamento del degrado gravante sulle aree di progetto sia sulla volontà di collocare nuove e più
appropriate funzioni capaci di determinare moderni poli attrattivi delle città in cui sorgono. Non a caso negli
stessi anni, in cui il comune di Parma
provvede a tutte queste opere strategiche di
“riordino” dei siti industriali dismessi, in
Italia diventa sempre più incalzante il
dibattito che vede incrementare la necessità e
l'importanza di piani regolatori come
strumenti prescrittivi di metodo e di adesione
ad un programma più concreto rivolto alle
necessità di ogni città.
Il programma di riqualificazione di questa
imponente area compresa tra la via Emilia, la
via Barilla e la via Toscana, propone
complessivamente la valorizzazione non solo dell'esistente ma di un percorso storico di integrazione visiva e
sociale con il resto della città di Parma. L'intero stabilimento però, con la disposizione dei suoi vari corpi di
fabbrica, fornisce già la distribuzione dei nuovi spazi e dei nuovi servizi, dalla sala della musica, agli spazi di
servizio fino agli impianti tecnici.
Non a caso, nelle volontà dell'architetto, il grande contenitore che accoglie l'auditorium, è pensato per metà
opaco e per metà trasparente, completamente permeabile di giorno, con il suo sistema a cannocchiale e fulcro
visivo, la notte, all'interno del giardino circostante.
Lo spazio rettangolare principale, che dopo l’intervento si trasformerà in auditorium, sembra essere già
predisposto e in modo perfettamente congeniale alla nuova destinazione funzionale, di fatto le dimensioni e le
proporzioni sono vicine al rapporto ottimale per l’acustica ,1x1x2.
È ovvio che i problemi maggiori sono nati al momento di configurare e trasformare una parte di uno
zuccherificio in una efficiente “scatola acustica”.
Per questo motivo Renzo Piano, per la consulenza acustica, si fa affiancare, dopo il progetto della sala del
Lingotto, dallo stesso Helmut Müller.Vengono mantenuti i grossi muri perimetrali in muratura che divengono
testimonianza della pesantezza e del possente tradizionalismo tipologico industriale dei primi del ‘900.
Resta inalterata dunque l’originale conformazione costituita da muri in laterizio alleggeriti da tre ordini di
finestre molto ampie, che in passato garantivano il ricambio d’aria all’interno degli ambienti.
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Per consentire una nuova fruizione visiva dell’impianto, conformato alla nuova destinazione d’uso, vengono
eliminate le pareti di tamponamento trasversali, che dividevano le varie sezioni lavorative della fabbrica,
sostituendole con tre grandi pareti vetrate che consentono un continuum ottico col paesaggio circostante.
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altezza lunga all’incirca 90 metri contiene in
totale 780 posti ed è dotata di sofisticati impianti
tecnologici e acustici che ne assicurano la
massima funzionalità.
Nonostante la presenza di ampie superfici vetrate
l’isolamento acustico è garantito da pannelli
acustici in vetro e legno, collocati all’interno, che
permettono un ascolto ottimale in tutti i punti
della sala.
Il tetto dell’intero edificio è in rame pretrattato
Le grandi vetrate della sala costituiscono un continuum con l’esterno
sostenuto da nuove capriate metalliche.
All’interno della sala, sospesi sulla zona del
palco, dei riflettori acustici orientabili in rovere si
ancorano alle nuove capriate attraverso dei tiranti
in acciaio.
Questi elementi, largamente usati nella
configurazione acustica dei più moderni
auditorium, hanno il compito di riflettere
l’energia sonora proveniente dall’orchestra.
Lo stesso Piano ha disegnato le poltrone, a partire
dalla loro struttura interna, per ricavare un
migliore rendimento acustico della sala.
La struttura in faggio, ricoperta da poliuretano Particolare dei riflettori acustici in rovere sulla zona del palco.
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dato vita ad un nuovo spazio sociale e culturale, derivano
da un approfondito studio interdisciplinare che ha
permesso che un “non luogo”divenisse macchina
efficiente per la musica. Questo progetto di
riqualificazione non si è dipanato soltanto attraverso un
aggiornamento tipologico all’interno di un programma di
riuso di aree dimenticate dalla collettività, ma ha
oltremodo analizzato non solo i caratteri morfologici e
territoriali di un margine cittadino ma anche le sue
potenzialità rappresentative, economiche e sociali, in unione ad un programma funzionale specifico per le nuove
necessità sinergiche tra il fruitore e il manufatto. I processi di cambiamento, improntati sulla salvaguardia della
sacralità del manufatto e del contesto in cui è immerso, hanno dato luogo ad una permeabilità spaziale molto
distante dai più tradizionali rapporti tra spazio per la musica, genere musicale e pubblico.
Le potenzialità tecnologico-acustiche vengono definite caratterizzando una moderna polifunzionalità della
scatola acustica. Il concetto di scena è snaturato dalla presenza di una superficie vetrata, il fondale dunque si
plasma con le ore del giorno, col cambiamento delle stagioni e con gli eventi climatici.
L'auditorium Paganini dunque, con le sue peculiari scelte formali, tecnico e metodologiche, vede lo spettatore
sospeso tra il tradizionalismo fruitivo delle sale da concerto ed un nuovo concetto di adesione formale di un
piano motivato alla riconfigurazione di uno spazio che rinasce per e con la musica.
APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Renzo Piano. La fabbrica della musica. L'auditorium Paganini nella città di Parma,
di Irace Fulvio, Basilico Gabriele, Rossi Sauro, Milano 2002.
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I NON LUOGHI NATI PER LA MUSICA
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WIRELESSMOREMUSIC
Autore: associazione GBang
Luogo: Spoleto 2008, Italia
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infatti, nelle location più suggestive della città, per 24 ore, i DJ hanno suonato i dischi
direttamente in cuffia e i migliori VJ hanno mixato video ed immagini a tempo di musica,
costituendo atmosfere differenti per genere e gusto musicale. La caratteristica dell'evento
è stata quella di predisporre dei luoghi congeniali alla portata della manifestazione, dei
luoghi strategici e nevralgici, se pur nella loro diversità urbana, capaci di costituire un
percorso a tappe all’interno del sistema storico e architettonico cittadino; dal Chiostro di
San Nicolò, alla Chiesa San Simone, la Terrazza, i Giardini sino alla Rocca Albornoziana.
Questa manifestazione ha consentito dunque di vivere in modo diverso e stravolgendo il
concetto di quello che sarebbe stato soltanto un semplice itinerario turistico della città.
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IL CRETTO
Autore: Alberto Burri
Luogo: Ghibellina 1984, Italia
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Lo stesso autore, infatti, parla della sua
opera come un “labirinto della memoria”
un luogo che mantiene ancora in vita una
città che non esiste più, un monumento
alla continuazione dunque. La metafora
più plausibile, colma di simbolismi, è
quella dello straordinario potere
conservativo che solo la lava, bianca in
questo caso, ha rispetto al modo in cui si
riversa e si solidifica su tutto ciò che
incontra sul suo cammino, costituendo
un’immagine indelebile e
immodificabile nel tempo, lo stesso
tempo che non ha all'oggi modificato un
profondo silenzio della memoria.
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pensarla al di fuori dello spazio in cui è ambientata.
Realizzata con la regia di Moni Ovaia e di Studio Azzuro, all’interno del luogo concepisce una
similitudine fra le antiche rovine degli abitanti che popolano l’opera di Ritsos, da cui è tratta la
rappresentazione, e le rovine della città.
Le istallazioni audio video si allineano alla partitura musicale, costituendo un unico filo conduttore,
all’interno di uno scenario lunare, che unisce un passato ormai scomparso, quello della vecchia
Gibellina, con il modernismo delle interpretazioni teatrali.
Gli spettatori sono immersi in un luogo in cui gli allestimenti tecnologici non intaccano
l’irremovibilità simbolica e rappresentativa per la memoria degli abitanti della città di
Gibellina. Rispetto al progetto di Spoleto, dove sono le piazze a vestire i panni di luoghi
per la musica, nel caso del Cretto avviene l’opposto, le musiche e l’intera opera si
conformano in base alle specifiche connotazioni del luogo in riferimento alle
caratteristiche simboliche di cui è pervaso.
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CONCLUSIONI
In questa ricerca vengono analizzati gli apporti tecnico-progettuali, di alcune fra le opere
più significative, in relazione a come queste riescono a coadiuvare un più sensibile,
approfondito e sapiente incontro con la musica. Si analizza, altresì, il modo in cui gli
spazi di queste opere riescono ad integrare lo spettatore nel mistico mondo sensoriale dei
suoni e in tutti i suoi più svariati aspetti e manifestazioni. Primo fra tutti è stato scelto lo
spazio costruito simbolicamente intorno all’opera di Luigi Nono “Prometeo. Tragedia
dell’ascolto” da Renzo Piano nell’ambito di spazio per la musica e nato per essa.
La seconda opera in analisi è scelta in relazione ad un processo progettuale, scostato da
un semplice aggiornamento tipologico, legato ad un adattamento di un “non luogo” per la
musica a luogo dedicato e adattato ad essa, benché si trovi all’interno di uno spazio
preesistente: l’Auditoriun Paganini a Parma. In ultimo l’analisi di due manifestazioni,
seppur distanti nel tempo, che vedono due luoghi urbani rivelarsi scene sapientemente
ricercate nella composizione di una manifestazione musicale e teatrale.
La prima, tenutasi a Spoleto, ha visto trasformare alcune piazze della città in discoteche a
cielo aperto, la seconda trasforma il Cretto, a Gibellina, in scena per la rappresentazione
di “ Ultima forma di libertà, il silenzio” realizzata su incarico delle Orestiadi di
Gibellina. Questa ultime due “opere” vengono enunciate e analizzate per la loro
rappresentatività come episodi urbani nell’ambito dell’adattamento di “non luoghi” alla
musica, nelle sue diverse sfaccettature. La nuova fruizione di questi spazi musicali pone
dunque un importante interrogativo sul simbolismo e sulla sacralità che essi stessi
assumono se pur, talvolta, nella loro removibilità temporale in relazione ad un nuovo
approccio verso la musica. Interrogativo che può talvolta disgregare un così radicato
tradizionalismo, benché legato ad un già citato immaterialismo soggettivistico sulla
percezione dei suoni che irrimediabilmente pone dei nuovi giudizi sul concetto e sulla
distinzione di luoghi per e della musica.
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