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4 ottobre: nasce da Angelo e Laura Lucchesi a Mojano di Mestre. p


Jtudia con lo zio Matteo Lucchesi, architettura con Giovanni Jcalfurotto, prospettiva e
incisione con Carlo Zucchi. Dal fratello Angelo, monaco certosino, apprende storia romana
e latino.p


÷arte per Roma, come disegnatore, al seguito del nuovo Ambasciatore di Venezia,
Francesco Venier.p


Gnizia a incidere le piccole Vedute per editori romani. p


Frequenta lo studio dell' incisore Giuseppe Vasi.p


÷rima parte di Architetture, e prospettive inventate, ed incise da
Gio. Batta. ÷iranesi Architetto Veneziano dedicate al Jig. Nicola Giobbe. p


Nella bottega di G.B. Tiepolo (?). A Venezia ha qualche piccolo incarico, si crede, di
decorazione.p


÷ianta del Corso del Tevere (con Carlo Nolli). Esegue i Capricci. p


Agente di G. Wagner a Roma: si installa al Corso, davanti all'Accademia di Francia. p


Gnvenzioni capric di carceri all'acquaforte date in luce da Gi ovani Buzard Roma Mercante
al Corso.p


Vedute di Roma.p


Riunisce nelle «Vedute varie di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da celebri
autori» presso il libraio Fausto Amidei, le Vedutine già incise (47 tavole su 94).
Antichità Romane de' Tempi della Repubblica, e dei primi Gmperatori, disegnate, ed incise
da Giambattista ÷iranesi Architetto Veneziano.
÷ianta di Roma nella edizione di G.B. Notti. p


÷.L. Ghezzi gli fa la caricatura (D2). p

G. ÷olanzani incide il ritratto di G.B. ÷iranesi (Dl).p


·pere Varie di Architettura prospettive grotteschi Antichità sul gusto degli antichi Romani
inventate, ed incise da Giambattista ÷iranesi Architetto Veneziano raccolte da Giovanni
Bouchard Mercante Librajo al Corso in Roma 1750.
Vedute varie di Roma antica e moderna disegnate e intagliate da celebri autori; nuova
edizione (39 tavole su 79 del ÷iranesi). p

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Camere Jepolcrali degli antichi Romani le quali esistono dentro e fuori di Roma. p


Le Magnificenze di Roma (34 Vedute di Roma) pubblicato da Giovanni Bouchard. p


Raccolta di varie vedute di Roma si antica che moderna intagliate la maggior parte dal
celebre Giambattista ÷iranesi e da altri incisori. Libraio G. Bouchard (47 tavole su 96 del
÷iranesi).
Jposa Angela ÷asquini, che sembra fosse figlia del giardiniere del principe Corsini.
Gmpiega la dote per acquistare le lastre di rame per le incisioni delle Antichità Romane. p


Trofei di ·ttaviano Augusto Gnnalzati perla vittoria ad Acti um e conquista dell'Egitto Con
vari altri ornamenti diligentemente ricavati dagli avanzi più preziosi delle fabbriche antiche
di Roma utili a ÷ittori Jcultori ed Architetti ... Ji vendono in Roma da Giovanni Bouchard
Mercante Libraio sul Corso a J. Marcello in Roma. 1753.p


Nasce la figlia Laura. Gncontra Robert Adam. p


Antichità Romane. ·pera di Giambattista ÷iranesi Architetto. Veneziano (4 volumi). p


Viene eletto membro onorario della Jocietà degli Antiquari di Londra (D11) il 24 febbraio. p


Lettere di giustificazione scritte a Milord Charlemont e a di Lui agenti di Roma dal Jignor
÷iranesi Jocio della real società degli antiqùarj di Londra. Gntorno la dedica della sua
opera delle antichità romane fatta allo stesso signore ed ultimamente soppr essa.p


Gl 3 maggio muore Benedetto XGV. Gl 6 luglio viene eletto il veneziano Carlo Rezzonico che
assume il nome di Clemente XGGG. p


Nasce Francesco ÷iranesip

Carceri d'invenzione di G: Battista ÷iranesi Archit. Vene. ÷resso l'autore a Jtrada Felice
vicino alla Trinità dei Monti. 2a edizione. p


2 febbraio: viene nominato Accademico di J. Luca .
Dalla primavera si stabilisce a ÷alazzo Tomati, Jtrada Felice (l'attuale Via Jistina) presso
Trinità dei Monti. p


Da quest'anno comincia a distribuire delle incisioni, a foglio unico, che intitola «Catalogo
delle opere date finora alla luce da Gio. Batt. ÷iranesi». Nel foglio elenca la sua
produzione che continuerà ad aggiornare nelle successive riedizioni.
Della Magnificenza ed Architettura de' Romani: ·pera di Gio. Battista ÷iranesi socio della
reale accademia degli antiquari di Londra. Le Rovine del castello dell'Acqua Giulia situato
in Roma presso J. Eusebio e falsamente detto dell'Acqua Marcia colla dichiarazione di
uno de' celebri passi del commentario Frontiniano .., di Gio Battista ÷iranesi. Ji vendono
presso l'autore presso Trinità de' Monti, in Roma 1761 nella stamperia di Generoso
Jalomoni.p


·ttiene larghi aiuti dal papa Rezzonico per le sue pubblicazioni.
J.B ÷iranesii Lapides Capitolini sive Fasti Consulares triumphalesque Romanorum ab urbe
condita ... con dedica a Clemente XGGG. Gl Campo Marzio dell'antica Roma ·pera di G.B.
÷iranesi socio della reale società degli antiquari di Londra con dedica a Robert Adam.
Descrizione e disegno dell'Emissario del Lago Albano di Giovanni Battista ÷iranesi.
Di due spelonche ornate dagli antichi alla Riva del Lago Albano. p


Visita Chiusi e Corneto.
Accurata e succinta descrizione topografica dell' Antichità di Roma dell'Abate Ridolfino
Venuti Cortonese. Gn Roma 1763. p


Antichità d'Albano c di Castcl Gandolfo Descritte ed incise da Giovambattista ÷iranesi in
Roma 1764. Frontespizio con dedica a Clemente XGGG.
Blackfriars Bridge.
4 tavole per «The Works in Architecture» di R. e J. Adam pubb licato nel 1779. Raccolta di
alcuni disegni del Barberi da Cento detto il Guercino. Gn Roma 1764.
Riceve l'incarico del restauro e della ristrutturazione dell'abside e del coro di J. Giovanni in
Laterano. Esegue i disegni e il progetto, ma non l'opera. Gl Cardinale G.B. Rezzonico gli
commissiona il restauro di J. Maria del ÷riorato sull'Aventino. p

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Antichità di Cora descritte ed incise da Giovanni Battista ÷iranesi. p


·sservazioni di Gio. Battista ÷iranesi sopra la lettere di M. Mariette aux auteur s de la
Gazette Litteraire de L'Europe, inserita nel Jupplemento della stessa Gazzetta stampata
Domenica 4 novembre 1764 e ÷arere su l'architettura, con una ÷refazione ed un nuovo
Trattato della Gntroduzione e del ÷rogresso delle Belle Arti in Europa ne' t empi antichi.p

Alcune Vedute di Archi Trionfali, ed altri Monumenti Gnnalzati da Romani ... disegnati ed
incisi dal Cavalier Gio Batista ÷iranesi. (Antichità Romane del 1748 con nuovo titolo). p


Accurata e succinta descrizione topografica e sto rica di Roma moderna. ·pera postuma
dell'abate Ridolfino Venuti Cortonese. Jtampata da Carlo Barbiellini (molte edizioni fino al
1802 e 1824). Gn ottobre finisce i lavori di J. Maria del ÷riorato (D19). Gl 20 ottobre
Clemente XGGG visita i lavori ultimati. p


Lavora nell'appartamento del cardinale Rezzonico al Quirinale.
È nominato dal papa, Cavaliere dello Jperon d'oro. Disegna e ritrae più volte i resti di Villa
Adriana a Tivoli.p


Diverse Maniere d'adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifiz j desunte
dell'architettura Egizia, Etrusca, e Greca con un Ragionamento Apologetico in difesa
dell'Architettura Egizia, e Toscana ·pera del Cavalier Giambattista ÷iranesi Architetto.
Dedica al Cardinale G.B. Rezzonico.
Muore papa Clemente XGGGp


Da questo anno continuerà a visitare ÷ompei ed Ercolano. p


Entra in polemica con l'Accademia di J. Luca per il monumento da dedicare a ÷io
Balestra.p


Trofeo · Jia Magnifica Colonna Coclide di Marmo Composta di grossi macigni ove si
vengono Jcolpite le due guerre Dacie Fatte da Traiano innalzate nel mezzo del gran foro
eretto al medesimo imperatore per ordine del senato e popolo Romano dopo i suoi trionfi il
tutto architettato da Apollodoro... Dedica al ÷apa Clemente XGV. p

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Colonna Antonina.p


Visita e disegna i templi di ÷esto: sono i suoi ultimi disegni. p


÷ianta di Roma e del Campo Marzio.
Vasi Candelabri Cippi Jarcofagi Tripodi Luceme ed ornamenti antichi disegnati ed incisi
dal cav. Gio. Batt. ÷iranesi pubblicati l'anno 1778.
Differenti viste dei resti di tre grandi edifici ancora visibili dell'antica città di ÷esto, altrimenti
÷osidonia , situata in Lucania.
Non riesce a incidere tutte le tavole delle Vedute di ÷esto: il figlio Francesco lo aiuterà a
completarle.p
G.B. ÷iranesi muore il 9 novembre nella sua casa di Roma. G funerali si svolgeranno a J.
Andrea delle Fratte dove viene inumato provvisoriamente in attesa di essere sepolto
definitivamente nella tomba fatta preparare per lui dai Rezzonico in J. Maria del ÷riorato
sull'Aventino.p

La famiglia commette allo scultore Giuseppe Angelini l'incarico di scolpirne la statua. p


A Londra è pubblicata l'opera «The Works in Architecture» di R, e J. Adam. Essa contiene
quattro tavole che erano state incise dal ÷iranesi, su disegno di Robert Ad am, nel 1764.p

Da questo anno in poi prosegue l'attività della calcografia: i figli Francesco e Laura
continuano a incidere. ÷ietro segue e controlla le vendite. p


Ji pubblica il Catalogo generale delle sue opere. p


A causa di motivi politici, Francesco e ÷ietro emigrano a ÷arigi, dove continuano l'attività
della Calcografia.p


Francesco e ÷ietro ristampano le opere del padre. Gl Legrand prepara un manoscritto che
doveva essere premesso alle opere. p


Muore Francesco.p


La casa Firmin-Didot acquista i rami incisi e pubblica le opere del ÷iranesi. p


Gl papa Gregorio XVG decide, attraverso il cardinale Antonio Tosti, l'acquisto di tutti i rami
della Calcografia ÷iranesi, che così ritornano definitivamente a Roma. p

Jia permesso, in questa occasione, almeno un breve accenno alle prime date veneziane.
Julla vita del ÷iranesi abbiamo due punti fermi. La nascita a Mojano di Mestre, secondo
l'indicazione del Canova (qui riportata nella Documentazione al Dl) e il battesimo (qui al
Dio) nella chiesa veneziana di J. Moisé, l'8 novembre 1720. L'atto segna, come data di
nascita il 4 di ottobre. Gl problema del luogo non è di grande rilevanza. Mojano di Mestre è
una località non lontana da Venezia, segnata sulle carte topografic he dell'epoca e
corrisponde al territorio a destra del «Terraglio», la strada che da Mestre porta a Treviso,
all'altezza dell'attuale comune di Mogliano, oggi in provincia di Treviso. A.H. Mayor ha
ipotizzato la possibilità che il padre si trovasse con la famiglia in terraferma impegnato -
come direttore di lavori, quale in realtà era - in qualche importante costruzione: e questo
spiegherebbe meglio di tutto l'incertezza dei documenti sul luogo della nascita. Un altro
problema di date veneziane è dato dalla partenza e dal ritorno sulle lagune e quindi serve
a precisare il primo soggiorno a Roma del giovane artista. Gl Legrand, biografo molto
spesso attendibile per essere stato in dimestichezza con Francesco ÷iranesi e la sua
famiglia sia a Roma che a ÷arigi, riferisce la favorevole occasione di un nuovo
ambasciatore che si doveva inviare a Roma e il giovane artista fu così immesso nel
seguito come «disegnatore»: andando incontro al vivissimo suo desiderio di visitare la città
che stava al culmine dei suoi pen sieri. Questa occasione deve essere stata offerta dalla
nomina di Francesco Venier che venne chiamato a sostituire il ben più noto Marco
Foscarini, futuro doge e sempre scambiato come protettore del ÷iranesi; il che a me
sembra in contrasto con la realtà, in quanto ormai l'ambasciatore Foscarini era alla fine del
suo mandato. Francesco Venier risulta invece a Roma dall'ottobre del 1740 e, dalla stessa
città, firma ancora un suo dispaccio del dicembre 1743. A me pare quindi che, meglio di
tante supposizioni, le date di permanenza dell'ambasciatore veneto precisino la presenza
a Roma del giovane ÷iranesi. Queste date, d'altra parte, trovano riscontro nella lettera di
dedica a Nicola Giobbe del 18 luglio 1743, dove egli uova il modo di dire parlando del suo
soggiorno romano: «... si va compiendo il terzo anno». A questo punto mi sembra
probabile il ritorno a Venezia assieme all'ambasciatore Venier nell'inverno del 1743 -44. Un
altro punto sicuro della sua biografia è, infatti, costituito dalla lettera che l'artis ta invia da
Venezia a Mons. Giovanni Bottari, il bibliotecario dei principi Corsini, spedita il 29 maggio
1744 (qui D22). p

Dopo questa data non esiste altro aggancio dell'artista con Venezia: se ne va
definitivamente a Roma per non tornare più sulle lagune. Gl suo rapporto con Venezia è
decisamente un rapporto difficile: continuerà a chiamarsi e a dichiararsi «architetto
veneziano», ma questo poteva anche essere un modo per differenziarsi nell'ambiente
artistico romano, e ciò concorderebbe con la posizione d i isolato da lui sempre assunta.
÷oteva anche definirsi veneziano per gli indubbi legami di cultura e di esperienza artistica,
per il suo primo avviamento agli studi di architettura e di prospettiva - proveniva da una
famiglia di costruttori ed era nipote di Matteo Lucchesi - per gli insegnamenti che gli erano
venuti da artisti veneziani che, come io penso, egli riscopre o meglio scopre solo al suo
rientro a Venezia, prima di abbandonarla per sempre. Ma forse questa «scoperta» non è
stata altro che il suo incontro con il Tiepolo. G biografi amano ripetere che ÷iranesi sarebbe
stato alla sua scuola, nel suo studio, che avrebbe lavorato con lui. Non abbiamo dati per
affermarlo: però abbiamo certe consonanze stilistiche proprie degli anni 1743 -1744 che
non ci fanno dubitare che l'incontro - di qualsiasi tipo fosse - fu risolutivo e determinante
per il giovane ÷iranesi. Ci sarà occasione di ritornare e di approfondire questo problema,
ma si può dire intanto che il fatto non deve stupire. Tiepolo è la figura domin ante dei mesi
che il ÷iranesi passa a Venezia e le straordinarie capacità del pittore devono averlo
affascinato. C'erano indubbiamente delle differenze trai due artisti: non però di statura. E
questo deve aver facilitato l'incontro. Jolo attraverso il Tiep olo, ÷iranesi deve avere
intravisto lontani mondi rinascimentali e al di là di questi una antichità evocata con ironia
più che nei suoi valori eroici: forse più affini al ÷iranesi. Ma ma pur sempre questo, un
modo di capirsi, mentre altri artisti lagunari il giovane ÷iranesi deve avere sentiti estranei e
lontani dai suoi sogni e dalle sue brucianti passioni. E, pur entusiasta di ÷alladio, deve
aver subito compreso quanto grande fosse la distanza tra il maestro del Cinquecento e i
pedissequi seguaci palladia ni del proprio secolo. Ma non è questo il luogo per dilungarsi
su questo rapporto. Gnteressante, invece, è la difficoltà che rimane tra lui e Venezia, d'altra
parte esplicitamente dichiarata. p

Fu probabilmente la vita movimentata dei figli di ÷iranesi, sopr attutto di Francesco, che
immischiato in avvenimenti politici, emigrò col fratello ÷ietro a ÷arigi nel 1799, a causare la
perdita o la distruzione di un materiale ricchissimo, di documenti, di lettere, di carte.
Jecondo il Bianconi esisteva addirittura una autobiografia: tutto sembra andato perso.
Cosicché ogni carta, ogni lettera superstite acquista un valore eccezionale e, assieme ai
suoi scritti, va tenuta in gran conto. Glluminante, a mio avviso e specie per quanto riguarda
i rapporti con Venezia, è la lettera citata dal Biagi in riassunto (e qui trascritta nella
Documentazione al D3J), spedita nel marzo del 1778, (pochi mesi quindi prima di morire)
a una sorella abitante a Venezia. Gn essa ÷iranesi fa un po' il bilancio della propria vita e,
schietto come sempre, si lascia andare a considerazioni di estremo interesse. ÷arla delle
sue opere - a quel momento 18 volumi atlantici - che «il Janto ÷adre ne faceva a quando
a quando acquisto per regalarle ai ÷rincipi che visitavano Roma, pagando 200 scudi per
copia». Ji dichiara «figlio di Roma» perché a Roma il suo talento era stato conosciuto,
perché Roma con i suoi monumenti lo aveva ispirato, perché era stato fatto Cavaliere,
perché aveva fatto fortuna: parla di una sostanza di «60.000 scudi, parte dei quali
utilmente investiti e parte componevano i capitali, di cui la sua officina e museo si trovano
forniti ». Ji scaglia «contro la meschinità e l'inerzia degli italiani» del suo secolo e loda le
«profusioni della Nazione inglese ». È a questo punto, dopo tutte queste informazioni, che
il suo sfogo diventa ancor più importante, supera il fatto biografico, penetra nell'essenza
delle cose e, per noi, vale più di interi volumi : «... Je dovesse scegliersi una patria
preferirebbe Londra, a tutte le città dell'Univer so ». E ancora: «... esule da Venezia, sua
patria, per non aver potuto ottenere nemmeno un impieguccio... non vi farà mai più ritorno
tanto più che questa città, quantunque adorna di magnificentissimi edifici e dipinti, non era
teatro capace a dar pascolo alla sublimità dei suoi grandiosi concepimenti, come lo era
Roma, e le altre città dell'Gtalia meridionale». ÷arole estremamente chiare e anche coerenti
con le linee di comportamento dell'ormai lungo suo operare - siamo nel 1778 - e che
assumono ulteriore interesse nel confronto con le idee, gli intendimenti e programmi di
molti anni prima - del 1743 - quando muoveva i primi passi appena giunto a Roma. p

La cultura moderna ha accentuato indubbiamente l'aspetto teorico delle sue opere e dei
suoi scritti. Valga soprattutto l'esempio della lettera di dedica a Nicola Giobbe, posta in
testa alla «÷rima ÷arte... », un documento che, dopo essere stato trascurato per decenni,
gode adesso di un favore giustamente riconosciuto. ÷otrà sembrare strano che un tale
testo chiave sia stato trascurato o non preso nella considerazione come meritava. Le idee
di ÷iranesi - aveva appena ventitre anni - sono già espresse con grande chiarezza e fanno
subito capire quali siano i suoi interessi in architettura, la sua posizione polemic a, la sua
passione per l'architettura romana, il suo abbandono di Venezia, la limpidezza critica delle
sue linee di azione. Questo testo non trascura nessuno degli elementi essenziali dell'arte,
delle idee e degli atteggiamenti piranesiani: la passione per Roma «Regina delle Città»
dalle «auguste reliquie che restano ancora dell'antica maestà e magnificenza romana »;
l'entusiasmo per l'architettura « l'esattissima perfezione delle architettoniche parti degli
edifici, la rarità, o la smisurata mole de' marmi ... o quella vasta ampiezza di spazio, che
uma volta occupavano i Circhi, i Fori, o gl'Gmperiali ÷alagi... queste parlanti ruine...»;
l'accenno agli studi quando dichiara che dei monumenti non era riuscito, prima di vederli, a
farsene un'idea, nonostante c he si tenesse «... sempre innanzi agli occhi» i disegni che ne
aveva fatto «l'immortale ÷alladio»; la sfiducia «né essendo sperabile a un Architetto di
questi tempi di poterne effettivamente eseguire alcuna »; la critica verso i committenti
romani: «... colpa di quelli che farsi dovrebbero Mecenati »... «e sottrarla [l'architettura]
all'arbitrio di coloro, che i tesori posseggono, e che vi fanno credere di potere a loro talento
disporre delle operazioni della medesima »; e quindi nel pessimismo, l'unica pos sibilità di
agire: «spiegare con disegni le proprie idee»... «l'arte di disegnare non solo le mie
invenzioni, ma di intagliarle ancora nel rame». La spiegazione del ÷iranesi, «architetto
veneziano», incisore, archeologo, sta tutta, nitida e chiara, in ques ta lettera.p

Molta acqua è passata sotto i ponti - e non solo sotto quelli romani del ÷iranesi - da
quando i primi pionieri hanno affrontato settanta e sessanta anni fa la mole immane
dell'opera piranesiana. A. Giesecke, A.M. Hind ed H. Focillon sono stati i primi a dare
l'avvio a una lunga sequenza di studi (e la bibliografia alla fine di questo catalogo ne è
fedele testimonianza) che, recentemente, ha trovato una rinnovata vitalità. ÷er
completezza di indagine filologica, penetrazione critica e larga infor mazione culturale, la
monografia e il catalogo del Focillon rimangono tuttora validi, degni dell'intelligenza critica
e capacità di sintesi del grande storico dell'arte. E giustamente, quando si è pensato di
preparare l'edizione italiana dei suoi testi, ne ll'integrare con le novità gli apporti filologici
post-Focillon, si è seguito una linea molto opportuna senza abbandonare la vecchia
struttura del suo catalogo. Questa nuova edizione (a cura di M. Calvesi e A. Monferini) ha
indubbiamente dato una scossa be nefica agli studi piranesiani in Gtalia, e non solo in Gtalia,
anche perché è servita da filtro e punto di riferimento per quanto su ÷iranesi era stato fatto
fino al 1967. Gnutile qui rifare la storia di tale lavoro, già esaminato con scrupolo e
intelligenza nelle due Gntroduzioni, di Calvesi alla monografia e di Monferini al catalogo:
desidero solo ricordare qualche pubblicazione e qualche studio più recenti. Dal catalogo
della Mostra alla Calcografia Nazionale e a quello all'Accademia di Francia del 1976, agli
interventi di A. Robison del 1970 soprattutto per le precisazioni filologiche ; ai saggi
penetranti di Carlo Bertelli ; alle ·pere ÷olemiche di J. Wilton -Ely, e alla brillante sintesi di
R. Bacou; alla monografia di J. Jcott, ricca miniera di informa zioni; agli interventi di Elena
Bassi sull'ambiente cltlturale veneziano e di A. Gonzalez -÷alacios sui mobili ; ai cataloghi
della Galleria Colnaghi, a quelli di T. Villa Jalamon; alle sottili considerazioni di M. Tafuri
sull'ideologia piranesiana, fino ag li studi apparsi in questo anno centenario: i cataloghi
delle Mostre di Londra, di Washington e gli Atti del Convegno « ÷iranèse et les Français »
e il saggio-monografia di J. Wilton Ely. Jono state pubblicate in queste ultime settimane e
non sempre si è fatto in tempo a tenerne conto nella preparazione di questo catalogo. Ma
non tutto, d'altra parte, ho potuto inserire in questa mia affrettata lista. p

A duecento anni di distanza questo artista continua a interessare, a essere vivo, a trovare
rispondenze anche nelle pieghe più sottili della nostra cultura. Visitare e vedere questa
mostra dovrebbe servire anche a farsi un'idea e a trovare la linea ben chiara che unisce le
sue varie opere in una coerenza stilistica, culturale, ideologica, dalle prime timide
«Vedutine» fino alle ultime «Vedute di ÷est ». La realtà vuole che le primissime e ultime
sue opere siano appunto «Vedute». E proprio di questo genere di incisioni egli visse e
questa fu la sua vera attività professionale che gli procurò fama e danaro. Con al tre idee
egli aveva lasciato Venezia, il suo vero chiodo fisso essendo l'architettura, il dibattito
sull'architettura, l'utopia per un'architettura : quella idea che persegue linearmente e
costantemente fin dalla «÷rima ÷arte di Architetture e ÷rospettive» del 1743. E allora
aveva solo 23 anni!p

Ma se la consapevolezza dell'importanza e grandezza del ÷iranesi è abbastanza recente


è forse la personalità di maggior spicco del nostro Jettecento - lo è anche perché si tratta
di un artista che si è mosso e che ha operato siti crinale di situazioni diverse e opposte: il
mondo barocco da una parte, quello neoclassico dall'altra. Anticipatore di un interesse per
il mondo antico, egli nonostante le sue anticipazioni, rimane estraneo alla poetica del
neoclassicismo, trovando l'humus della sua vivida immaginazione nella spinta e nella
tensione che gli offriva il mondo formale barocco e il sostegno morale e intellettuale nelle
idee dell'Glluminismo. p

Nell'opera piranesiana esistono tre componenti ché si possono individuar e: la vocazione


all'architettura, la passione per l'archeologia e la dedizione al Vedutismo. L'interessante
sta nel riscontrare come queste tre componenti si intersechino, si mescolino, servano ad
accentuarsi nel loro incontro per quel risultato finale che è l'opera piranesiana. Tutte e tre
queste componenti poi, trovano il loro punto di riferimento - che a sua volta è l'elemento
portante della sua creazione - in quella capacità di invenzione e in quella accensione
barocca che della sua battaglia per l'arch itettura, della sua ricerca archeologica e della sua
impaginazione prospettica crea sempre un risultato poetico, un «fatto d'arte». p

Gl grande mezzo espressivo, il veicolo che servì a trasmettere le sue visioni, fu l'acquaforte,
che egli usò con libertà e spregiudicatezza sperimentando e variando continuamente nei
più vari modi: per noi inclassificabili. Quasi ogni opera presenta novità e sorpresa. Gl ritorno
più volte sullo stesso rame, già inciso, con rielaborazioni e rimorsure e l'uso variato degli
inchiostri (alle volte con aggiunta di seppia) dà risultati di «colore» sorprendenti e effetti
pittorici che fanno pensare alla sua radice veneta: dal nero cupo, al nero lucido, al grigio,
all'argento, ottenendo talvolta, toni raffinati, vellutati. Jul frontespi zio della «Raccolta di
alcuni disegni del ... Guercino» abbiamo potuto trovare una frase che è emblematica: «Col
sporcar si trova». È il vero motto della sua poesia. p

Giambattista ÷iranesi, architetto veneziano, fra gli arcadi Jalcindio Tiseio, membro
onorario della Jocietà degli Antiquari di Londra, Jocio dell'Accademia di Jan Luca,
Cavaliere dello Jperon d'oro, figlio di Roma, moriva il 9 novembre 1778, circondato dalla
famiglia, rifiutando le cure mediche, chiedendo ancora una volta di leggere Tito Livio, di
rivedere i suoi disegni, le sue acqueforti, i suoi rami incisi. p

A duecento anni di distanza lo ricordiamo isolato e solitario nella sua grandezza, come un
antico eroe fuori del suo vero tempo; dell'antichità ormai inerte egli ha saputo trasmetterci
un'immagine ancora viva e palpitante; dell'archeologia ci ha dato una scienza di precisa
informazione e non di vuoto romanticismo; dell'architettura ha individuato con
precorrimento i termini di una crisi e ne ha intuito con anticipo il valore drammatico. p

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