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1.1 INTRODUZIONE 2
1.1 INTRODUZIONE
L’elettrostatica studia i dispositivi elettromagnetici considerati sia singolarmente, sia in
collegamento fra di loro (sistemi elettromagnetici). Esiste da più di un secolo uno
schema concettuale che consente di affrontare tutti i problemi riguardanti tali disposi-
tivi. Esso è caratterizzato da un sistema di equazioni differenziali ed è stato sistematiz-
zato per la prima volta da James Clerk Maxwell. Molto più recentemente, è stato messo
a punto un differente schema concettuale che, sotto opportune ipotesi, consente lo stu-
dio in modo più semplice di una buona parte dei dispositivi o dei sistemi elettroma-
gnetici. A tale modello è attribuito il nome di circuito elettrico. Più precisamente, al
modello circuitale di un dispositivo elettromagnetico è dato il nome di elemento circui-
tale. È importante conoscere il campo di validità del modello circuitale. Occorre preci-
sare che i dispositivi elettromagnetici sono sede di fenomeni elettromagnetici che pos-
sono essere descritti attraverso opportune grandezze fisiche (grandezze elettriche). Tali
grandezze possono avere variazioni lente o rapide nel tempo. Se L è la dimensione
massima del dispositivo elettromagnetico di interesse, il tempo di transito t di un’onda
elettromagnetica è espresso da t = L c , dove c è la velocità di propagazione nello spa-
zio libero (velocità della luce). Se il tempo t è molto piccolo rispetto alla rapidità delle
variazioni temporali delle grandezze elettriche che interessano il dispositivo, allora
possiamo modellare il dispositivo elettromagnetico come elemento circuitale. In parti-
colare, se nel dispositivo si hanno grandezze che variano periodicamente, la rapidità di
variazione può essere valutata attraverso il periodo T corrispondente alla frequenza
massima f. Considerato il dispositivo diremo che le variazioni sono lente se T >> t . In
pratica, considerata la lunghezza d’onda λ m corrispondente alla frequenza f m ;
λ m = c f m ; se λ m >> L si può ritenere che la propagazione della grandezza elettro-
magnetica avvenga istantaneamente da un punto all’altro del dispositivo. Questo e-
quivale a dire che possono ritenersi trascurabili le dimensioni spaziali del dispositivo e
perciò che esso possa essere considerato come un elemento a parametri concentrati. Il di-
spositivo è rappresentato, per comodità, con un rettangolo, da cui emergono due o più
terminali filiformi. Non ha importanza, ovviamente, la dimensione del rettangolo e la
posizione e la lunghezza dei terminali. Una connessione di elementi circuitali a parame-
tri concentrati prende il nome di circuito elettrico a parametri concentrati. I problemi per i
quali non sarà possibile adottare il modello circuitale, dovranno essere affrontati con
metodologie generali basate sulle equazioni di Maxwell. Per concludere, gli obiettivi
del Corso di Elettrotecnica consistono essenzialmente nel mettere a punto, privilegian-
do gli aspetti metodologici, modelli circuitali di dispositivi reali e nell’illustrare le più
importanti tecniche di analisi dei circuiti elettrici a parametri concentrati. Nel seguito,
per semplicità, si tratteranno i circuiti omettendo l’espressione “a parametri concentrati”.
la forza che si stabilisce tra due corpi elettrizzati è sempre diretta secondo la con-
giungente i due corpi;
le azioni elettriche sono talvolta di tipo attrattivo e altre volte di tipo repulsivo.
se due corpi elettrizzati sono entrambi attratti o entrambi respinti da un terzo corpo
elettrizzato, essi mostreranno tra loro un’azione repulsiva quando vengono avvicinati.
se invece due corpi elettrizzati esercitano azioni opposte su un terzo corpo elettrizzato,
essi mostreranno un’azione attrattiva quando vengono avvicinati.
Da ciò consegue che esistono soltanto due tipi di elettrizzazione che, convenzionalmen-
te, sono indicati con il segno + (positivo) e con il segno – (negativo). Inoltre elettrizza-
zioni dello stesso tipo hanno effetto repulsivo, quelle di tipo diverso hanno effetto at-
trattivo.
L’intensità della forza elettrica che si stabilisce tra due cariche puntiformi a distanza
l’una dall’altra è data da:
q1 q 2
F =k (1.1)
r2
con q1 e q 2 cariche puntiformi. Tale espressione della forza F rappresenta la ben nota
legge di Coulomb. Nel sistema MKS l’unità di carica è il Coulomb (C). Quindi il valore
di k è dato da:
N ⋅m2
k = 8,9874 ⋅ 10 9 ≅ 9 ⋅ 10 9 2
C
1
k=
4πε 0
1
ε0 =
4πk
[
= 8,8544 ⋅ 10 −12 N −1 ⋅ m − 2 ⋅ C 2 ]
Successivamente, fu opera di Millikan scoprire che l’elettrone possiede la carica elettri-
ca più piccola e non ulteriormente divisibile:
Tutte le cariche in natura sono multiple della carica elementare e. La carica elettrica
non è quindi da considerarsi un fluido continuo, ma ha una struttura granulare o
quantizzata.
Per quanto concerne il flusso di cariche in un mezzo conduttore si suole distinguere tra
corrente convenzionale e corrente effettiva: la prima è stata erroneamente attribuita al moto
di cariche positive e la seconda giustamente al moto di cariche negative poiché, quando
un conduttore è sottoposto all’azione di un campo elettrico, sono le cariche negative a
muoversi. Per poter definire univocamente la corrente non basta determinarne l’intensità
ma anche il verso di spostamento: per far ciò si fissa un sistema di riferimento elettrico e
si attribuisce alla corrente un segno positivo se si muove in senso concorde al riferimento
e un segno negativo se si muove in senso discorde al riferimento. A meno che non sia di-
versamente specificato, ci si riferirà sempre alla corrente convenzionale.
+++ A
––– B
Fig. 1.1
Sarà quindi necessario separare le cariche di segno opposto: poiché la legge di Cou-
lomb stabilisce che cariche eteronime si attraggono, è necessario collegare alle due ar-
mature una sorgente di energia (il generatore G) che fornisca il lavoro sufficiente alla
separazione delle cariche. Il lavoro per unità di carica è detto tensione. In altri termini,
indicata con dw l’energia fornita dal generatore (espressa in Joule) e con dq la carica
(in Coulomb) assunta da una delle due armature, si ha che la tensione v è definita da:
dw
v= [V ]
dq
L’unità di misura delle tensioni è il Volt (V). Anche in questo caso si utilizzano le lette-
re minuscole se si tratta di tensioni variabili nel tempo e le maiuscole per le tensioni co-
stanti, per i valori efficaci e per quelli massimi. Si noti che la tensione si manifesta tra le
due armature anche se queste non sono elettricamente collegate cioè anche se, come si
dice comunemente, il circuito è aperto. Si noti ancora che la tensione è una grandezza
definita sempre tra due punti. Quando perciò si paragoneranno la tensione di un punto
con quella di un secondo, si intende implicitamente confrontare la tensione tra il primo
punto ed un terzo punto generico di riferimento, con la tensione tra il secondo punto e
lo stesso riferimento. Così, per la figura di sopra, si dice che l’armatura carica positi-
vamente è a tensione più alta di quella carica negativamente. Si osservi, inoltre, che se
si scambiano i collegamenti della sorgente si inverte il segno della carica sulle armatu-
re; proprio come nel caso della corrente si comprende, allora, che la tensione tra le due
armature è una quantità algebrica.
Per definire univocamente la tensione fra due terminali è necessario stabilire un riferi-
mento associando ad un terminale il segno + ed all’altro il segno – : si intende così dire
che il primo ha una tensione maggiore del secondo nel senso precedentemente specifi-
cato. La tensione fra due terminali è perciò positiva se la polarità assegnata risponde al-
la situazione reale, ed è negativa in caso contrario. Si può allora scrivere (con riferimen-
to alla fig. 1.1):
Questa relazione evidenzia il carattere algebrico della tensione che può assumere valori
tanto positivi che negativi. La tensione definita come nella suddetta relazione è detta
tensione punto-punto (o nodo-nodo).
6 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Nella formula precedente, la tensione v a rappresenta il lavoro speso dal campo elettri-
co per trasportare l’unità di carica positiva dal punto a all’infinito, la tensione - v b rap-
presenta, invece, il lavoro speso dal campo elettrico per trasportare l’unità di carica po-
sitiva dall’infinito al punto b. La tensione v ab , dunque, rappresenta il lavoro speso dal
campo elettrico per trasportare dal punto a al punto b l’unità di carica positiva.
v2
+
–
1
+ i1 Elemento
v1 a 3 terminali i3 3
– Fig. 1.2
2 i2
Su ogni reoforo (filo metallico conduttore di corrente elettrica) si traccia una freccia det-
ta direzione di riferimento della corrente. Essa ha il seguente significato: se, ad esempio, in
un certo istante t si ha:
i2 (t ) = 2 A
ciò significa che all’istante t una corrente di 2A entra nell’elemento a tre terminali dal
nodo 2. Se invece nell’istante t risultasse:
i 2 (t ) = −25 mA
ciò significa che nell’istante t una corrente di 25mA esce dall’elemento a tre terminali
attraverso il nodo 2. Il punto fondamentale è che la direzione di riferimento della cor-
rente, insieme al segno di i (t ) , determina la direzione effettiva del flusso di cariche e-
lettriche. Si assegnino ora i segni + e – a coppie di terminali, arbitrariamente: tali segni
indicano la direzione di riferimento delle tensioni. Se ad un certo istante t risulta:
v1 (t ) = 3 mV
ciò significa che all’istante t la tensione elettrica del terminale 1 è 3mV superiore alla
tensione elettrica del terminale 2; se invece si ha:
v 2 (t ) = −10 V
ciò significa che all’istante t la tensione elettrica del terminale 1 è 10V inferiore alla ten-
sione elettrica del terminale 3.
7
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
la somma delle correnti in ingresso deve essere uguale istante per istante alla somma delle cor-
renti in uscita.
i1 (t ) + i2 (t ) = i3 (t ) (1.2)
i2 (t )
i3 (t )
i1 (t )
Fig. 1.3
D’altra parte, per quanto detto precedentemente, una corrente i (t ) che esce da un nodo
è uguale ad una corrente − i (t ) che entra nel nodo stesso: quindi la situazione rappre-
sentata in figura 1.4 è analoga a quella della figura 1.3 e si può scrivere:
i1 (t ) + i2 (t ) − i3 (t ) = 0 (1.3)
i2 (t )
− i3 (t )
i1 (t )
Fig. 1.4
la somma algebrica delle correnti entranti in un nodo è istante per istante nulla. Cioè:
∑± i
k
k (t ) = 0 (1.4)
dove il segno + vale per le correnti entranti e il segno – per quelle uscenti dal nodo.
Osserviamo ancora che una corrente che entra in un nodo può essere interpretata come
una corrente di segno opposto che esce dallo stesso nodo; quindi la situazione rappre-
sentata in figura 1.5 è analoga alle due precedenti:
− i1 (t ) − i2 (t ) + i3 (t ) = 0 (1.5)
− i2 (t )
i3 (t )
− i1 (t )
Fig. 1.5
la somma algebrica delle correnti uscenti da un nodo è istante per istante nulla.
La formulazione analitica generale è ancora quella della relazione (1.4) ma nella som-
matoria si considerano positive le correnti uscenti e negative quelle entranti. Ora, defi-
nendo una superficie gaussiana come una qualsiasi superficie chiusa a due facce, la legge
di Kirchhoff per le correnti può essere così generalizzata:
Ad esempio:
Σ3 Σ4
i6
i5
Σ1
i2 i4
i1
–
i3 i10 + i7 i9
i8
i11
i12
Σ2
Fig. 1.6
Σ1 :i11 (t ) − i10 (t ) − i4 (t ) − i7 (t ) = 0
Σ 2 : − i12 (t ) − i3 (t ) − i11 (t ) − i8 (t ) − i9 (t ) = 0
Σ 3 :i1 (t ) + i4 (t ) + i5 (t ) + i6 (t ) = 0
Σ 4 : i3 (t ) + i8 (t ) + i9 (t ) + i11 (t ) − i4 (t ) − i5 (t ) − i6 (t ) = 0
Si osservi che il verso delle correnti è fissato arbitrariamente allorché comincia l’analisi
del circuito in esame. Poi, applicando la LKC, si ottengono delle equazioni algebriche li-
neari omogenee a coefficienti reali e costanti pari a 0, 1, e -1 le quali, una volta risolte,
forniscono i valori con segno di tutte le correnti del circuito: se una di queste risulta esse-
re positiva significa che il verso fissato per essa nel circuito è quello esatto, altrimenti, se
tale corrente risulta essere negativa, vuol dire che si muove in verso opposto a quello fis-
sato nel circuito. Quanto detto vale per tutte le correnti presenti nel circuito.
4
– –
8 7
+ +
1 3
+ –
5 6
– +
2
Fig. 1.7
v12 = v1 − v 2 = −v 21
v 23 = v 2 − v3 = −v32
v34 = v3 − v 4 = −v 43
v14 = v1 − v 4 = −v 41
Dove con v1 , v 2 , sono state indicate le tensioni ai terminali 1,2, e con v12 , sono state in-
dicate le tensioni punto-punto. Definiamo ora le tensioni di lato in funzione delle ten-
sioni punto-punto come la tensione nodo-nodo tra il nodo supposto a tensione maggio-
re (+) e il nodo a tensione minore (–):
v5 = v12
v6 = v 23
v7 = v34
v8 = v14
(Nota: nelle tensioni a secondo membro il primo pedice si riferisce sempre al polo posi-
tivo). Fissiamo un verso di percorrenza del cammino chiuso. Allora la legge di Kir-
chhoff delle tensioni si può così enunciare:
∑± v
k
k (t ) = 0
dove il segno + verrà preso se l’elemento k-esimo è attraversato dal (+) al (–), col segno –
se è attraversato dal (–) al (+) ovvero se il verso di riferimento scelto per il lato k-esimo
concorda con quello scelto per il cammino chiuso. Nell’esempio, in particolare, si avrà:
v5 (t ) + v 6 (t ) + v7 (t ) − v8 (t ) = 0
voro per portare l’unità di carica dal nodo 1 al nodo 1 è nullo). Ricordando che tale lavo-
ro si può esprimere in funzione delle tensioni punto-punto, si può allora scrivere:
v12 (t ) + v 23 (t ) + v34 (t ) + v 41 (t ) = 0 ⇔ v12 (t ) + v 23 (t ) + v34 (t ) − v14 (t ) = 0 ⇔
⇔ v5 (t ) + v 6 (t ) + v7 (t ) − v8 (t ) = 0
La legge di Kirchhoff per le tensioni può essere espressa in altri modi. Dato un qualsiasi
circuito concentrato, avente n nodi, è possibile scegliere arbitrariamente uno di essi come
nodo di riferimento per le tensioni. Rispetto al nodo di riferimento scelto si possono defini-
re n-1 tensioni (che indicheremo con la lettera e), come illustrato in figura:
+
k vkj e1 = v1 – vn
–
2 + e2 = v2 – vn
+ ek j
1 •••••
e1 – –
– en-1
n + n-1 en-1 = vn-1 – vn
en = 0
Fig. 1.8
Si osservi che la tensione relativa al nodo n è nulla essendo tale nodo quello scelto
come riferimento. La LKT si può allora enunciare così:
per ogni circuito concentrato connesso, scelto un nodo di riferimento qualunque, in ogni istante
t, la tensione tra una generica coppia di nodi k e j è pari alla differenza delle corrispondenti ten-
sioni nodali:
v k j (t ) = ek (t ) − e j (t )
infatti si ha:
vkj = vk – vj = vk – vn + vn – vj = ek – ej
Ovviamente si ha:
v j k (t ) = e j (t ) − ek (t ) = −v k j (t ) (1.6)
Quanto detto può essere verificato utilizzando il seguente circuito connesso a cinque nodi:
3
e3 D
C 4
e4
2
e2
A T
E
1
e1
B
5
e5 = 0 Fig. 1.9
12 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v12 = v1 − v 2 = (v1 − v5 ) − (v 2 − v5 ) = e1 − e2
che è proprio l’applicazione della LKT, nella forma vista alla pagina precedente, alla
coppia di nodi 1 e 2: in modo analogo si possono scrivere le seguenti sette equazioni:
v15 = e1 − e5 = e1
v12 = e1 − e2
v 23 = e2 − e3
v34 = e3 − e4 (1.7)
v 45 = e4 − e5 = e4
v 24 = e2 − e4
v52 = e5 − e2
Si definisce sequenza chiusa di nodi una sequenza che inizia e termina con lo stesso
nodo. Consideriamo ad esempio la sequenza 2-4-5-2 (si osservi che tale sequenza non è
un cammino chiuso secondo la definizione data a pagina 9); sommando le ultime tre
equazioni nella (1.7) si ha:
v 24 + v 45 + v52 = 0
per ogni circuito concentrato connesso, lungo una qualsiasi sequenza chiusa di nodi, in ogni i-
stante t, la somma delle tensioni punto-punto (prese nello stesso ordine della sequenza di nodi) è
uguale a zero.
Nota: anche la LKT conduce sempre ad equazioni algebriche lineari omogenee a coeffi-
cienti reali e costanti pari a 0, 1 e -1.
t
la carica: q (t ) = ∫ i (τ )dτ
−∞
t
ed il flusso: ϕ (t ) = ∫ v (τ )dτ
−∞
Dovendo poi essere le due grandezze indipendenti tra loro si possono avere solo i se-
guenti quattro accoppiamenti:
1) tensione-corrente: v − i
2) tensione-carica: v−q
3) corrente-flusso: i −ϕ
4) carica-flusso: q −ϕ
Assegnato un bipolo, sorge ora il problema di stabilire quale sia la coppia più idonea a
definirne la caratteristica: si tratta cioè di stabilire se tutti i punti di funzionamento pos-
sibili per il bipolo appartengono o meno ad una curva caratteristica rappresentabile nel
piano v − i o v − q o i − ϕ o nel piano q − ϕ . Se tale curva caratteristica è definita nel
piano v − i chiameremo il bipolo resistore; se la curva è definita nel piano v − q il bi-
polo si chiamerà condensatore; se è definita nel piano i − ϕ il bipolo si chiamerà indut-
tore; se infine la curva è definita nel piano q − ϕ il bipolo si chiamerà memristore (nel-
la pratica, però, è difficile trovare una ‘black box’ il cui comportamento ai morsetti pos-
sa essere rappresentato da un bipolo di questo tipo). Il problema è indubbiamente deli-
cato ed un esempio potrà chiarire il concetto.
Esempio: si abbia un componente racchiuso in una ‘black box’ ed accessibile all’esterno me-
diante i suoi morsetti. Applichiamo alla ‘black box’ la seguente tensione: v(t ) = A sin(t ) .
Dopo una serie di misure si trova il seguente legame tra tensione e corrente:
14 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(*) i = dv dt
In questo caso sembrerebbe che ci si possa riferire tanto al piano v − i che a quello
v − q (infatti l’andamento della corrente consente di determinare la carica): la scelta è
però univoca. Proviamo, infatti, a fare riferimento al piano v − i ; si ottiene:
Si verifica facilmente che, mantenendo costante A e facendo variare t, i punti del piano
che soddisfano la (1.8) si trovano su una circonferenza con centro nell’origine degli assi
e raggio A; basta, infatti, elevare al quadrato entrambi i membri nelle due equazioni
della (1.8) e sommare membro a membro:
v 2 (t ) = A 2 sin 2 (t ) 2 2 2
⊕ ⇒ v (t ) + i (t ) = A
i (t ) = A cos (t )
2 2 2
dv
q (t ) = ∫ i (t )dt = ∫ dt = v (t ) = A sin(t )
dt
t t0 t t
q (t ) = ∫ i (τ )dτ = ∫ i (τ )dτ + ∫ i (τ )dτ = q 0 + ∫ i (τ )dτ , con t 0 < t (1.9)
−∞ −∞ t0 t0
Questo significa che anche se la corrente subisce nell’istante T una brusca variazione,
pur rimanendo limitata, la carica resta invece costante in un intorno immediato
dell’istante considerato. Per dimostrare tale proprietà basta semplicemente sostituire
t = T prima e t = T + dt poi nella (1.9) e sottrarre membro a membro:
T
(*) q (T ) = q0 + ∫ i (τ )dτ
t0 T + dt
T + dt ( − ) ⇒ (* * *) q (T + dt ) − q (T ) = ∫ T
i (τ )dτ
(**) q (T + dt ) = q0 + ∫ i (τ )dτ
t0
∀t ∈ [t a , tb ] : i (t ) ≤ M , con M ∈ ℜ +
t t0 t t
ϕ (t ) = ∫ v(τ )dτ = ∫ v(τ )dτ + ∫ v(τ )dτ = ϕ 0 + ∫ v (τ )dτ , con t0 < t
−∞ −∞ t0 t0
Similmente a quanto detto per la carica, il primo integrale nella seconda uguaglianza di
questa relazione prende il nome di flusso iniziale. Vale, inoltre, la cosiddetta proprietà
della costanza del flusso:
se la forma d’onda della tensione v(t ) si mantiene limitata in un intervallo chiuso [t a , t b ] allora
il flusso ϕ (t ) è una funzione continua nell’intervallo aperto (t a , t b ) .
Questo significa che anche se nell’istante T la tensione dovesse subire una brusca va-
riazione, pur senza raggiungere valori infiniti, il flusso rimane costante in un intorno
immediato dell’istante considerato.
i i i i
+ + – –
v v v v
– – + +
Non vi è nessuna ragione particolare che faccia preferire una configurazione alle altre. In
pratica, tuttavia, ci si riferisce a quella combinazione tra i versi assunti per le correnti e le
tensioni tale che la potenza positiva: p (t ) = i (t ) ⋅ v(t ) > 0 , corrisponda ad una potenza
entrante nel bipolo. I principi fondamentali dell’elettromagnetismo mostrano che questa
condizione è soddisfatta quando la corrente entra dal morsetto positivo del bipolo (figura
1.10): la convenzione di segno così stabilita prende il nome di convenzione degli utiliz-
zatori; a meno che non sia precisato diversamente, nel seguito si adotterà sempre questa
convenzione. Accenniamo ad un’altra possibile convenzione di segno che è detta con-
venzione dei generatori. Essa consiste nel scegliere quella combinazione tra i versi as-
sunti per tensioni e correnti tale che la potenza positiva: p (t ) = i (t ) ⋅ v(t ) > 0 corrisponda
ad una potenza uscente dal bipolo: questa condizione sarà soddisfatta quando la corren-
te esce dal morsetto positivo del bipolo (figura 1.11).
Risulta:
Fissati u1 e u 2 , scelto α ∈ ℜ
Un Bipolo
e posto : y1 = T (u1 ) e y 2 = T (u 2 )
è ⇔
Lineare risulta : (*) y = T (u + u ) = T (u ) + T (u ) = y + y
1 2 1 2 1 2
(**) y = T (αu ) = αT (u )
Q (u (t ) ) = u (t − a ), con a ∈ ℜ + (1.10)
In altri termini l’operatore Q ritarda la variabile u (t ) di a secondi. Con queste premesse, un bi-
polo si dirà stazionario se e solo se:
CAPITOLO 2
2.2 CONDENSATORI 25
2.3 INDUTTORI 28
Se tale equazione può essere risolta rispetto ad i come funzione ad un sol valore di v,
ovvero:
i = g(v)
si dice che il resistore è controllato in tensione. Se invece tale equazione può essere risolta
rispetto a v come funzione ad un sol valore di i, ovvero:
v = h(i)
si dice che il resistore è controllato in corrente. Esiste la seguente classificazione dei resistori:
a) resistori lineari tempo-invarianti: tali elementi sono detti lineari perché la loro
caratteristica nel piano v − i soddisfa le condizioni di additività ed omogeneità e
sono detti tempo-invarianti perché la loro caratteristica non cambia nel tempo
(vedi pagina 16). La caratteristica di un tale resistore è una retta passante per l'o-
rigine del piano v − i di equazione: v(t ) = R ⋅ i (t ) ovvero, con G = 1 R , si ha
i (t ) = G ⋅ v(t ) (2.1)
+ v –
i
R R
1
1 G v i
O O
Fig. 2.1
In definitiva il resistore lineare è un caso particolare di resistore in cui si ha:
f (v, i ) = v − R ⋅ i = 0 ovvero f (v, i ) = i − G ⋅ v = 0 , ossia la relazione tra tensione e
corrente è espressa da funzioni lineari. Il singolo numero R (ovvero G), cioè la
pendenza della caratteristica rispetto all'asse delle i (ovvero rispetto all'asse delle
v), specifica completamente il resistore lineare a due terminali. Esistono, infine,
20 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
due casi speciali di resistori lineari che meritano di essere particolarmente citati,
ossia il circuito aperto e il cortocircuito.
Un resistore a due terminali viene definito circuito aperto se, e solo se, la corrente
che lo attraversa è identicamente nulla, indipendentemente dalla tensione v, cioè:
f (v, i ) = i = 0 . La caratteristica di un circuito aperto coincide con l'asse v del pia-
no v − i o del piano i − v , come mostrato in figura 2.2: essa ha pendenza infinita
nel piano i − v e pendenza nulla nel piano v − i :
v i
R=∞
G=0
i v
Fig. 2.2
Analogamente, un resistore a due terminali è definito cortocircuito se, e solo se,
la tensione ai suoi capi è identicamente nulla indipendentemente dalla corrente i
che lo attraversa, ossia f (v, i ) = v = 0 . La caratteristica di un cortocircuito coinci-
de con l'asse i del piano v − i o del piano i − v ; come mostrato in figura 2.3: essa
ha pendenza nulla nel piano i − v e pendenza infinita nel piano v − i :
i v
R=0
G=∞
v i
Fig. 2.3
Confrontando le due figure precedenti si nota che la curva del circuito aperto in
un piano coincide con la curva del cortocircuito nell'altro piano. Per questa ra-
gione, il circuito aperto viene definito come il duale del cortocircuito e viceversa.
Generalizzando al caso non lineare, si dice che un dato resistore è il duale di un
altro se la sua caratteristica nel piano v − i è rappresentata dalla stessa curva nel
piano i − v dell'altro resistore.
b) resistori lineari tempo-varianti: l'esempio più comune che si può dare di un resi-
store lineare tempo-variante è quello di un resistore a tre morsetti uno dei quali co-
stituisce un contatto mobile. Se si applica una tensione tra un contatto fisso e quello
mobile di cui si varia nel tempo la posizione rispetto ad un certo riferimento, il le-
game tra tensione e corrente è dato da: v(t ) = R (t ) ⋅ i (t ) ovvero i (t ) = G (t ) ⋅ v(t ) . Il
simbolo del resistore lineare tempo-variante è mostrato di seguito:
+ i(t)
v(t)
R(t)
–
21
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Fig. 2.4
i
S(t)
+
i(t)
S(t)
v(t) Aperto Aperto O v
–
t
Chiuso Chiuso
R(t) i
Pendenza 1/R0
R∞ Pendenza 1/R∞
v
R0
t
O
c) resistori non lineari: sono bipoli la cui caratteristica nel piano v − i non soddisfa
le condizioni di additività e di omogeneità. Esaminiamo alcuni tra i più comuni
tipi di resistori non lineari.
i
+ A
i
O
v Is v
A
– B
Fig. 2.5
Applicando una tensione diretta, cioè tale che la tensione in A sia maggiore
di quella in B, la corrente cresce con la tensione secondo la legge:
qv
i = I S ⋅ e kT − 1 (2.2)
Diodo ideale. Per definizione il diodo ideale è un resistore non lineare la cui ca-
ratteristica v − i è composta da due segmenti di linea retta nel piano v − i
(o nel piano i − v ), cioè l'asse v negativo e l'asse i positivo. La relazione che
caratterizza il diodo ideale è quindi la seguente:
+ A i
i
v O
v
– B
Fig. 2.6
+ A
i i2
i2
v
v2 v
O v1
– B
Fig. 2.7
Si nota allora che assegnato un certo valore della tensione, la corrente è ben
definita: si dice, quindi, che tale resistore è controllato in tensione.
i
+ A
i
v
– B O
Fig. 2.8
Concludiamo osservando che i resistori non lineari appena descritti hanno una
caratteristica non simmetrica rispetto all'origine del piano v − i ; questo comporta
il fatto che invertendo la polarità dei morsetti la loro caratteristica cambia: tali re-
sistori sono detti non bilaterali. Per tale motivo è importante che il simbolo di un
resistore non lineare indichi il suo orientamento e quindi i resistori non lineari
non bilaterali sono generalmente rappresentati come segue:
+
i
Nota: l’estremità annerita della
scatola è collegata al mor-
v setto a tensione più bassa.
Quando invece la caratteristica è simmetrica rispetto all'origine degli assi nel pia-
no v − i si parla di resistori bilaterali che, in generale, sono rappresentati come
segue:
+
i
–
25
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
+ A i
i
O v
v
– B
2.2 CONDENSATORI
Un bipolo la cui carica q (t ) e tensione v(t ) appartengono, per qualsiasi istante t, ad
una curva del piano v − q è definito condensatore: tale curva è detta caratteristica v − q
del condensatore. Essa può essere rappresentata dall'equazione:
f e ( q, v) = 0 (2.5)
Se tale equazione può essere risolta rispetto a v come funzione ad un sol valore di q,
ovvero:
v = v (q) (2.6)
Se invece l'equazione (2.5) può essere risolta rispetto a q come funzione ad un sol valo-
re di v, ovvero:
q = q (v) (2.7)
q
+
i
C
v C 1
v
O
–
Fig. 2.9
dq (t ) dv(t )
i (t ) = =C (2.9)
dt dt
oppure
1 t 1 t0 1 t t
v(t ) =
C ∫ − ∞
i(τ )dτ = ∫ i (τ )dτ + ∫ i(τ )dτ = v(t 0 ) + S ∫ i (τ )dτ
C − ∞ C 0
t t 0
(2.10)
con t 0 < t
dq (t ) dv(t ) dC (t )
i (t ) = = C (t ) + v(t )
dt dt dt
v
O
Fig. 2.10
c) condensatori non lineari. Sono quelli per cui la caratteristica nel piano v − q non
soddisfa le condizioni di additività ed omogeneità: pertanto, tale caratteristica
non è una retta passante per l'origine degli assi nel piano v − q . Un esempio im-
portante di tali condensatori è il tipo MOS (Metal Oxide Semiconductor) che ha
una caratteristica di questo tipo:
q
v
O
Fig. 2.11
Come si può osservare, tale condensatore è controllato sia in carica sia in tensio-
ne. Per quanto riguarda, in particolare, i condensatori controllati in tensione (vedi
la relazione (2.7) a pagina 22) si ha:
28 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dq (t ) dq (v(t ) ) dq (v) dv(t ) dv(t )
i(t ) = = = ⋅ = C (v )
dt dt dv dt dt
+ i
+ i
2.3 INDUTTORI
Un bipolo il cui flusso ϕ (t ) e corrente i (t ) appartengono, per qualsiasi istante t, a
qualche curva del piano i − ϕ è definito induttore: tale curva è detta caratteristica i − ϕ
dell'induttore. Essa può essere rappresentata dall'equazione:
f L (ϕ , i ) = 0 (2.11)
Se tale equazione può essere risolta rispetto ad i come funzione ad un sol valore di ϕ,
ovvero:
i = i (ϕ ) (2.12)
29
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
si dice che l'induttore è controllato in flusso. Se invece l'equazione (2.11) può essere risol-
ta rispetto a ϕ come funzione ad un sol valore della corrente i, ovvero:
ϕ = ϕ (i ) (2.13)
si dice che l'induttore è controllato in corrente. Sussiste la seguente classificazione per gli
induttori:
+ ϕ
i
L
v L 1
O i
Fig. 2.12
ϕ (t ) = L ⋅ i (t ) ovvero i (t ) = Γ ⋅ ϕ (t ) (2.14)
1 t 1 t0 1 t t
i (t ) = ∫
L −∞
v(τ )dτ = ∫ v(τ )dτ + ∫ v(τ )dτ = i(t 0 ) + Γ ∫ v(τ )dτ
L −∞ L t0 t0
(2.16)
b) induttori lineari tempo-varianti. Essi sono descritti nel piano i − ϕ da una relazio-
ne di questo tipo: ϕ (t ) = L(t ) ⋅ i (t ) ; in altri termini, la pendenza della caratteristica
varia nel tempo. Ciò si può ottenere, per esempio, immaginando un induttore co-
me un filo conduttore avvolto a spire intorno ad un toroide costituito da un certo
materiale e facendo variare il numero di spire dell'avvolgimento per mezzo di un
contatto strisciante azionato da un motore, di modo che l'induttanza vari secondo
una prescritta funzione del tempo L (t ) . Il legame tensione-corrente è il seguente:
dϕ (t ) di (t ) dL(t )
v(t ) = = L(t ) + i(t ) (2.17)
dt dt dt
O
i
c) induttori non lineari. Sono quelli per cui la caratteristica nel piano i − ϕ non soddi-
sfa le condizioni di additività ed omogeneità: pertanto tale caratteristica non è una
retta passante per l'origine degli assi. Per quanto riguarda, in particolare, gli indutto-
ri controllati in corrente (vedi la relazione (2.17) della pagina precedente) si ha:
dϕ (t ) dϕ (i(t )) dϕ (i) di(t ) di(t )
v(t ) = = = = L(i )
dt dt di dt dt
non simmetrica rispetto all'origine degli assi nel piano i − ϕ ; questo comporta la
necessità di distinguere i morsetti ai fini dell'assegnazione delle polarità.
+
i
Per gli induttori non lineari bilaterali si utilizza, in generale, lo stesso simbolo
della figura precedente senza però annerire l'estremità inferiore. Gli induttori li-
neari sono, ovviamente, bilaterali.
i + La sbarretta più
i
vs(t) + lunga indica il
– v(t)
E polo positivo.
–
Per ogni istante t , il generatore di tensione può essere rappresentato dalla rela-
zione:
v
O E
i’
+
Circuito
i
Esterno
vs(t) +
– v(t)
1 i
i(t)
+ J
is(t) v
v
O
–
2
is
– +
Circuito
is(t) v v’ Esterno
+ –
• FUNZIONE COSTANTE: f (t ) = k .
f(t)
k
t
O
34 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
2π
ω = 2πf = è detta frequenza angolare o pulsazione (T è il periodo mentre
T
f è la frequenza pari all’inverso del periodo); ϕ è la fase.
0 se t < 0
• FUNZIONE GRADINO UNITARIO: u (t ) =
1 se t > 0
u(t)
1
t
O
Fig. 2.15
P∆ (t )
0 se t < 0 Area
1 1
Unitaria
P∆ (t ) = se 0 < t < ∆ ∆
∆ t
0 se t > ∆ O ∆
Fig. 2.16
È facile verificare che l'impulso di durata finita si può ottenere come differenza di
due gradini opportuni:
1 1
u (t ) u (t − ∆ )
1 ∆ 1 ∆
–
∆ ∆
t t
O O ∆
Oppure
1
u (t )
1 ∆
∆ +
O ∆
t t
O 1
35
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Da questa figura si osserva che l'impulso di durata finita ∆ può essere scritto nel
seguente modo:
u (t ) − u (t − ∆)
P∆ (t ) =
∆
singolare per t = 0 ε
a) δ (t ) =
0 per t ≠ 0
b) ∫ ε δ (t )dt = 1 per ogni ε > 0
−
t
O
Fig. 2.17
Dalla figura 2.16 osservo che se ∆ tende a zero l'impulso di durata finita tende alla
funzione di Dirac. D'altra parte sussistono le seguenti relazioni:
du (t ) t
δ (t ) = lim P∆ (t ) = ⇒ u (t ) = ∫ δ (τ )dτ (2.20)
∆ →0 dt −∞
Fig. 2.18
dr (t ) t
Si osserva che: = u (t ) ⇒ r (t ) = ∫ u (τ )dτ (2.21)
dt −∞
integrazione
δ(t)
u(t)
derivazione
r(t)
i(t)
+
v(t)
–
Per quanto detto a pag. 16, con tale scelta, una potenza p (t ) = v(t ) ⋅ i (t ) positiva corri-
sponde ad una potenza entrante nel bipolo: generalmente, però, essendo la potenza un
indice di trasferimento energetico, possiamo fare riferimento all'energia scambiata dal
bipolo con l'esterno. L'energia associata ad un bipolo nell'intervallo di tempo infinite-
simo dt può essere valutata come: dw = p (t ) dt . Se p è positiva, essa rappresenta l'e-
nergia entrante nel bipolo. Possiamo allora facilmente ricavare l'energia entrante nel
bipolo in un intervallo di osservazione (t 0 , t1 ) :
37
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t1 t1
w(t0 , t1 ) = ∫ p (t )dt = ∫ v (t ) ⋅ i(t )dt (2.22)
t0 t0
w(0, t1 ) t1 v (t ) ⋅ i (t )
Pm = lim = lim ∫ dt (2.23)
t1 →∞ t1 t1 → ∞ 0 t1
N.B. Nel caso di grandezze periodiche risulta: Pm = W0,T T ove T è il periodo del
prodotto v ⋅ i . Utilizzando la (2.22) e la (2.23) analizzeremo il comportamento e-
nergetico dei bipoli precedentemente definiti.
Come già detto in precedenza, i resistori non lineari possono essere classificati, in base
alla caratteristica, in resistori controllati in tensione, controllati in corrente e controllati
in tensione e corrente. Valutiamo potenza istantanea PE (t ) , energia WR (t 0 , t1 ) e po-
tenza media PMR per ciascuno di essi.
v = v (i)
Q
I
oppure
v i = i (v )
O E
Fig. 2.19
t1 v (t ) ⋅ i (v (t ))
t1 v(t ) ⋅ i(v(t ))dt t1 → +∞ ∫ 0
lim
∫ t0
dt
v (t ) ⋅ i (v (t )) t1
p R (t ) = wR (t 0 , t1 ) = t PmR =
i(t ) ⋅ v (i(t )) ∫ i (t ) ⋅ v(i (t ))dt
1
lim t1 i (t ) ⋅ v (i (t )) dt
t0 t1 → +∞ ∫ 0 t1
I Q
i = i (v )
38 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Fig 2.20
t1 t1 v(t ) ⋅ i(v(t ))
p R (t ) = v(t ) ⋅ i (v(t )) wR (t 0 , t1 ) = ∫ v(t ) ⋅ i (v(t ))dt PmR = lim ∫ dt
t0 t1 → +∞ 0 t1
i
Q
I
v = v (i )
O
v
Fig. 2.21
t1 t1 i(t ) ⋅ v(i(t ))
p R (t ) = i (t ) ⋅ v(i (t )) wR (t 0 , t1 ) = ∫ i(t ) ⋅ v(i(t ))dt PmR = lim ∫ dt
t0 t1 → +∞ 0 t1
i i
O O
v v
Anche per i condensatori non lineari vale la seguente classificazione in base al tipo di
caratteristica: condensatori controllati in tensione, controllati in carica e controllati in
tensione e carica. Prendiamo in esame, in particolare, gli ultimi due:
q
q
q ( t1 ) q ( t1 )
v = v(q)
q = q (v ) v = v(q )
q (t 0 )
v q (t 0 )
O
v
O
Fig. 2.22
40 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per tali condensatori, controllati nella carica, la potenza istantanea può essere scritta
come:
p C (t ) = i(t ) ⋅ v(q (t ))
t1 t1 dq (t ) q ( t1 )
wC (t 0 , t1 ) = ∫ v(t ) ⋅ i (t ) dt = ∫ v (q (t )) ⋅ dt = ∫ v( q ) dq (2.25)
t0 t0
dt q ( t0 )
1 q (t1 ) 1 2 C
wC (t 0 , t1 ) = ∫
C q ( t0 )
qdq =
2C
[ 2
] [
q (t1 ) − q 2 (t 0 ) = v 2 (t1 ) − v 2 (t 0 ) ] (2.26)
Queste due relazioni mostrano che l'energia assorbita nell'intervallo (t 0 , t1 ) è pari all'a-
rea tracciata nella figura 2.22 della pagina precedente: in altri termini per determinare
l'energia sono necessarie e sufficienti le seguenti informazioni: la caratteristica v − q , il
valore della carica all'istante t 0 , il valore della carica all'istante t1 . L'energia non dipen-
de, quindi, né dalla forma d'onda della tensione né dalla forma d'onda della carica cioè
non dipendono dalla funzione del tempo. Se i valori della carica in t 0 e t1 coincidono
allora l'energia scambiata in questo intervallo di tempo è nulla. Infine, se si considera la
potenza media in un condensatore controllato nella carica si ha:
wC (0, t1 ) 1 q (t1 )
PmC = lim = lim ⋅ ∫ v (q )dq (2.27)
t1 → +∞ t1 t1 → +∞ t q ( 0)
1
Anche per gli induttori non lineari vale la seguente classificazione in base al tipo di ca-
ratteristica: induttori controllati in corrente, controllati nel flusso e controllati in corren-
te e flusso. Prendiamo in esame, in particolare, gli ultimi due:
ϕ
ϕ
ϕ ( t1 ) ϕ ( t1 )
ϕ = ϕ (i )
i = i (ϕ ) i = i (ϕ )
ϕ (t0 )
i ϕ (t 0 )
O
i
O
Fig. 2.23
Per tali induttori controllati in flusso la potenza istantanea può essere scritta come:
t1 t1 dϕ (t ) ϕ ( t1 )
wI (t 0 , t1 ) = ∫ i (t ) ⋅ v(t )dt = ∫ i(ϕ (t )) ⋅ dt = ∫ ϕ (t0 ) i(ϕ )dϕ (2.29)
t0 t0
dt
1 t1 1 2 L
wI (t 0 , t1 ) = ∫
L t0
ϕdϕ =
2L
[ 2
] [
ϕ (t1 ) − ϕ 2 (t 0 ) = i 2 (t1 ) − i 2 (t 0 ) ] (2.30)
wI (0, t1 ) 1 ϕ ( t1 )
p mI = lim
t1 →+∞ t1
= lim
t1 → +∞ t1 ∫ϕ (t0 )
i (ϕ )dϕ
no al resto del circuito. Per questo motivo sono detti anch'essi elementi conservativi.
Un discorso analogo vale anche per gli induttori controllati in corrente, ma essendo più
complesso non lo tratteremo.
dove il termine w( −∞, t 0 ) indica l’energia immagazzinata nel bipolo all’istante t0, sup-
ponendo che il bipolo sia inizialmente scarico, questo è rappresentato dal considerare
come istante iniziale per il calcolo dell’energia t = - ∞.
In altre parole, affinché un bipolo sia passivo deve accadere che, comunque si scelga
l’istante di tempo t1, l’energia complessivamente immagazzinata in esso deve essere
maggiore o al più uguale a zero. La distinzione fra l’energia immagazzinata nel bipolo
fino all’istante t0 e quella immagazzinata da questo istante in poi ci fa comprendere che
può accadere che ci sia un intervallo di tempo nel quale il bipolo considerato può forni-
re energia, ma questa non potrà essere superiore a quella che gli è stata fornita
dall’esterno in altro intervallo di tempo, che nel nostro caso è fissato tra ]- ∞, t0], un e-
sempio di un tale comportamento si può avere con i condensatori che possono assorbi-
re energia, ma che possono anche fornirla al resto del circuito, essi sono comunque e-
lementi passivi poiché non possono mai fornire un’energia superiore a quella che han-
no ricevuto in precedenza. Ovviamente per la definizione di passività di un elemento
la (2.31) deve valere qualsiasi sia l’istante di tempo t0.
Un elemento circuitale si dice attivo se esso non è passivo. Perciò sarà attivo un
elemento per il quale accade che non è verficata la (2.31) anche per un solo istante o per
una sola coppia tensione corrente ai suoi morsetti. Infine un bipolo si dice strettamente
passivo se per tutte le possibili coppie tensione-corrente v(t), i(t) non nulle ai suoi ter-
minali, l’energia in esso immagazzinata è sempre maggiore di zero.
1 q (t1 ) 1 2 C
wC (t 0 , t1 ) =
C ∫ q ( t 0 )
qdq =
2C
[ 2
] [
q (t1 ) − q 2 (t 0 ) = v 2 (t1 ) − v 2 (t 0 ) ]
e considerando che la (2.31) può essere scritta come:
Notiamo, infine, come un resistore non-lineare possa essere attivo. Consideriamo il re-
sistore non lineare la cui caratteristica è data da: v(t) = i(t) + i2(t) e calcoliamo l’energia
da esso assorbita tra due generici istanti di tempo t0 e t1, attraverso la (2.31) essa è data
da:
considerando che w(−∞, t 0 ) =0 si nota che per t1 >ln (1.5) e t0 ≤ ln (1.5) otteniamo
w(−∞, t1 ) < 0. Viene così confermato il risultato già esposto a pagina 36 per cui un resi-
store lineare o no è passivo se e solo se la sua caratteristica giace tutta nel primo e nel
terzo quadrante del piano v − i includendo anche gli assi.
CAPITOLO 3
Essi si diranno equivalenti se, istante per istante, le loro variabili terminali assumono
rispettivamente lo stesso valore, cioè si ha:
v 1 (t) = v 2 (t), ∀t
i 1 (t) = i 2 (t), ∀t
Osservo che nella definizione data non c'è nessun riferimento alla natura dei bipoli: si
parla, infatti, di equivalenza agli effetti esterni. Quanto detto per i bipoli può essere este-
so anche ai circuiti. Consideriamo, per il momento, circuiti nei quali gli scambi energe-
tici con l'esterno avvengono mediante due terminali che rappresentano la 'porta' del
circuito: la tensione e la corrente su tali terminali prendono il nome di variabili di por-
ta.
Tali circuiti si diranno equivalenti se, istante per istante, le variabili di porta corrispon-
denti assumono lo stesso valore, cioè:
Nei prossimi paragrafi vedremo come ricavare la caratteristica d'ingresso di circuiti co-
stituiti da resistori a due terminali collegati in serie o in parallelo o in serie-parallelo: tali
circuiti vengono definiti brevemente circuiti monoporta resistivi.
Si consideri il circuito di fig.3.3 in cui due resistori non lineari sono collegati al nodo 2; i
nodi 1 e 3 sono connessi al resto del circuito denotato con N.
Guardando verso destra dai nodi 1 e 3 si ha un circuito formato dal collegamento in se-
rie di due resistori non lineari; ai fini presenti, la natura del circuito N è irrilevante. Si
vuole ottenere la caratteristica d'ingresso del circuito con tensione di porta v e corrente
di porta i. Si supponga che entrambi i resistori siano controllati in corrente, cioè:
1) i − i 1 = 0 ⇔ i = i 1
2) i 1 − i 2 = 0 ⇔ i 1 = i 2 da cui segue : i = i = i (3.2)
1 2
48 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v1 + v2 − v = 0 ⇔ v = v1 + v2 (3.3)
che rappresenta la caratteristica v-i del circuito in esame. Essa definisce la caratteristica
d'ingresso di un resistore controllato in corrente di caratteristica:
v = v(i) (3.5a)
in cui risulta:
In definitiva il circuito resistivo monoporta costituito da due resistori non lineari con-
trollati in corrente e collegati in serie è equivalente ad un resistore non lineare con ca-
ratteristica data dalle equazioni (3.5a) e (3.5b). Un esempio particolare del caso appena
discusso si ha collegando in serie un resistore lineare ed un generatore ideale di tensio-
ne continua, che possono entrambi essere considerati come resistori controllati in cor-
rente.
49
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v 1 = E e v 2 = Ri 2 (3.6)
i = i1 = i2 (3.7a)
v = v1 + v2 (3.7b)
Il monoporta appena esaminato è il modello di una batteria reale con resistenza inter-
na R. Consideriamo ora una batteria collegata in serie ad un diodo ideale: poiché un
diodo ideale non è un resistore controllato in corrente, non possiamo sommare diret-
tamente le tensioni come nei due casi precedenti.
v1 = E + Ri1.
1) v 2 = 0 con i 2 > 0
2) i 2 = 0 con v 2 < 0
51
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1) ponendo i2>0 la tensione ai morsetti del diodo ideale è nulla; quindi possiamo scri-
vere quanto segue:
L.K.C. i = i1 = i2
L.K.T. v = v 1 + v 2 ⇒ v = v 1 = E + Ri 1 ⇒ v = E + Ri (*)
così rappresentata:
2) Ponendo, invece, v2<0 si ha una corrente nulla ai morsetti del diodo e si può scrivere
quanto segue:
L.K.C. i = i1 = i 2 = 0
L.K.T. v = v1 + v 2 = E + v 2
(Nota: essendo v2<0 allora v è sicuramente minore di E). In questo caso la caratteristica
52 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Mettendo insieme le figure 3.7 e 3.8 si ottiene la caratteristica d'ingresso del bipolo in
esame:
Consideriamo ora il caso di n generatori ideali di tensione collegati in serie come in fi-
gura:
n
v = v 1 + v 2 + ... + v n ⇔ v = v s1 + v s2 + ... + v sn ⇔ v = v s con v s = ∑v
k =1
sk (3.8)
Questa relazione mostra che gli n generatori indipendenti di corrente devono avere tut-
ti la stessa corrente, cioè il collegamento in serie di tali generatori ha senso solo se le
correnti sono tutte uguali (altrimenti verrebbe violata la LKC) e quindi il bipolo equi-
valente è un generatore di corrente con caratteristica i=is.
54 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L.K.C. i = i1 = i 2 = ... = i n
L.K.T. v = v1 + v 2 + ... + v n (3.10)
Rk R
vk = Rki k = Rki = v = v n k , K = 1..n (3.12)
R
∑
Rp
p =1
Poiché non è possibile risolvere il problema analiticamente, come nei casi precedenti, in
quanto il secondo resistore non è controllato in corrente posso pensare di risolverlo
graficamente sommando punto per punto le due tensioni v1 e v2, come in figura:
Ottengo così la caratteristica d'ingresso del circuito in esame nel piano v-i. Osserviamo
che la caratteristica risultante non è controllata né in tensione né in corrente.
57
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Riepilogo del collegamento in serie. I concetti chiave impiegati per ottenere la caratte-
ristica d'ingresso di un bipolo formato dal collegamento in serie di resistori a due ter-
minali sono:
1) la LKC impone che tutte le correnti che attraversano i componenti siano uguali alla
corrente di porta;
Si consideri il circuito di fig.3.15 in cui due resistori non lineari sono collegati in paral-
lelo nei nodi 1 e 2 al resto del circuito denotato con N:
Esse costituiscono le caratteristiche. Applicando la LKT alla coppia di nodi 1-2 si ha:
58 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v = v1 = v2 (3.14)
i – i1 – i2 = 0 ⇔ i = i1 + i2 (3.15)
che rappresenta la caratteristica v-i del circuito in esame. Essa afferma che la caratteri-
stica d'ingresso del circuito è ancora quella di un resistore controllato in tensione:
i = i(v). (3.16a)
in cui risulta:
tensione.
i1 = I s e i 2 = Gv 2 (3.17)
Come nel caso precedente, applicando la LKT alla coppia di nodi 1-2 si ottiene:
v = v1 = v 2 (3.17a)
i = i1 + i 2 (3.17b)
i = I s + Gv (*)
Tale equazione può essere rappresentata dal collegamento in serie di un resistore linea-
re di resistenza R' con un generatore indipendente di tensione E' disposti come in figu-
ra:
Si noti che la caratteristica del diodo ideale nella figura di sopra con il diodo invertito è
l'immagine speculare rispetto all'origine di quella rappresentata in fig.3.6.
1) i d = 0 con v d > 0
2) v d = 0 con i d < 0
1) ponendo vd>0 la corrente ai morsetti del diodo ideale è nulla; quindi possiamo scri-
vere quanto segue:
L.K.T. v = v 1 = v 2 = vd
L.K.C. i = i 1 + i 2 + i d = i 1 + i 2 ⇒ i = Gv 1 + i s ⇒ i = Gv + i s (*)
2) Ponendo, invece, id < 0 si ha una tensione nulla ai morsetti del diodo e si può scrive-
re quanto segue:
62 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L.K.T. v = v1 = v2 = vd = 0
(Nota: essendo id < 0 allora i è sicuramente minore di is). In questo caso la caratteristica
Mettendo insieme le figure 3.19 e 3.20 si ottiene la caratteristica d'ingresso del circuito
in esame:
(Nota: confrontando tale figura con fig.3.9 si osserva che le due caratteristiche sono
simmetriche rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante se si conviene di porre
E=is e R=G ).
63
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
figura:
Da ciò segue che per collegare in parallelo n generatori indipendenti di tensione è ne-
cessario che essi abbiano tutti la stessa tensione, altrimenti si violerebbe la LKT. Il cir-
cuito in esame e' equivalente ad un generatore di tensione di caratteristica v = vs.
mostrato in figura:
n
i = i 1 + i 2 + ... + i n ⇔ i = i s1 + i s2 + ... + i sn ⇔ i = i s con i s = ∑i
k =1
sk (3.20)
L.K.T. v = v1 = v2 =...= vn
n
i = i 1 + i 2 + .. + i n = (G 1 + G 2 + .. + G n )v ⇔ i = Gv con G = ∑G
k =1
k (3.22)
Gk G
i k = Gk vk = Gk v = i = i n k , K = 1..n (3.23)
G
∑ Gp
p=1
Riepilogo del collegamento in parallelo. I concetti chiave impiegati per ottenere la ca-
ratteristica d'ingresso di un bipolo formato dal collegamento in parallelo di resistori a
due terminali sono:
2) la LKC richiede che la corrente di porta i sia uguale alla somma delle correnti che
attraversano i resistori;
Due circuiti N e N' sono definiti duali l'uno rispetto all'altro se le equazioni che descrivono il
circuito N sono identiche a quelle che descrivono il circuito N', dopo aver sostituito per N ogni
termine in S col corrispondente termine duale in S'.
Successivamente si estenderà l'insieme dei termini duali, man mano che ci si addentre-
rà nei dettagli della teoria dei circuiti.
67
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
S S’
Resistenza Conduttanza
LKT LKC
Tabella 1
Si può, infine, facilmente verificare che se due circuiti sono duali le loro caratteristiche
d'ingresso nel piano v-i sono simmetriche rispetto alla bisettrice del primo e terzo qua-
drante: si confrontino, ad esempio, la figura (3.5) con la figura (3.17) e la figura (3.9) con
la figura (3.21).
Estendiamo ora i concetti introdotti nei precedenti due paragrafi ai collegamenti serie-
parallelo di resistori a due terminali. Prendiamo in esame due esempi:
68 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1) si consideri il seguente circuito in cui due resistori non lineari in parallelo sono col-
legati in serie ad un terzo resistore non lineare, come mostrato in figura:
i 1 = i 1 (v 1 ) e i 2 = i 2 (v 2 )
L.K.T. : v p = v 1 = v 2 (3.24)
L.K.C. : i p = i 1 + i 2 = i 1 (v 1 ) + i 2 (v 2 ) = i 1 (v p ) + i 2 (v p )
Dunque i due resistori in parallelo sono equivalenti ad un unico resistore non lineare
ancora controllato in tensione definito da:
Il passo successivo è l'ottenimento del collegamento in serie dei due resistori rimasti. Si
assuma che la caratteristica di R3 sia controllata in corrente e specificata da:
v 3 = v 3 (i 3 ) (*)
Per poter procedere al collegamento in serie occorre che anche l'altro resistore sia con-
trollato in corrente (altrimenti sarà necessario ricorrere al metodo grafico): ciò richiede
di calcolare la seguente funzione inversa:
v p = i p −1 (i p ) = v p (i p ) (**)
L.K.C. : i = i 3 = i p (3.25)
L.K.T. : v = v 3 + v p = v 3 (i 3 ) + v p (i p ) = v 3 (i) + v p (i)
i = i p (v p )
v = v 3 (i) + v p
Come nel caso precedente, occorre determinare il bipolo equivalente al circuito asse-
gnato e per far ciò inizieremo a ridurre tale circuito a partire dall'estremità destra, come
mostrato nella figura di sopra. I due resistori di conduttanze, rispettivamente, G1 e G2
sono collegati in parallelo e quindi si può scrivere per essi:
i 1 = G1v1 e i 2 = G2 v2 con G 1 = 1 R 1 , G 2 = 1 R 2
L.K.T. : vp = v1 = v2
L.K.C. : i p = i 1 + i 2 = G 1 v 1 + G 2 v 2 = (G 1 + G 2 )v p
Di conseguenza possiamo sostituire tali due resistori con un unico resistore definito da:
i p = Gpvp con G p = G 1 + G 2
71
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il circuito diventa:
Considero ora i due resistori collegati in serie nel nodo 3. Per essi si può scrivere:
v3 = R3i 3 e vp = R pi p con R p = 1 G p
L.K.C. : i s = i 3 = i p
L.K.T. : v s = v 3 + v p = R 3 i 3 + R p i p = (R 3 + R p )i s
Dunque i due resistori collegati in serie possono essere sostituiti da un solo resistore
definito da:
vs = Rsi s con R s = R 3 + R p
Tali due resistori possono quindi essere sostituiti da un solo resistore definito da:
i q = Gq vq con G q = G 4 + G s
Possiamo quindi concludere che il bipolo equivalente del circuito monoporta di par-
tenza è costituito da un unico resistore lineare definito dalla caratteristica:
v = R⋅i con R = R 5 + R q
73
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1) P (R 12 , (R 13 + R 23 )) = R 10 + R 20
2) P (R 23 , (R 13 + R 12 )) = R 20 + R 30
74 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
3) P (R 13 , (R 12 + R 23 )) = R 30 + R 10
1 1 1 R (R + R 23 )
+ = ⇔ 12 13 = R 10 + R 20 (1)
R 12 R 13 + R 23 R 10 + R 20 R 12 + R 13 + R 23
1 1 1 R (R + R 12 )
+ = ⇔ 23 13 = R 20 + R 30 (2) 3.27
R 23 R 13 + R 12 R 20 + R 30 R 12 + R 13 + R 23
1 1 1 R (R + R 23 )
+ = ⇔ 13 12 = R 30 + R 10 (3)
R 13 R 12 + R 23 R 30 + R 10 R 12 + R 13 + R 23
Questo rappresenta un sistema di tre equazioni nelle tre incognite R10, R20, R30.
R 12 R 13 − R 23 R 13
R 10 − R 30 = (*)
R 12 + R 13 + R 23
2R 12 R 13 R 12 R 13
2R 10 = ⇔ R 10 = (**)
R 12 + R 13 + R 23 R 12 + R 13 + R 23
R 13 R 23
R 30 = (* * *)
R 12 + R 13 + R 23
R 12 R 23
R 20 = (* * **)
R 12 + R 13 + R 23
R 12 R 13 R 12 R 23 R 13 R 23
R 10 = R 20 = R 30 =
R 12 + R 13 + R 23 R 12 + R 13 + R 23 R 12 + R 13 + R 23
Come si può osservare da quest'ultima relazione, la resistenza del raggio della stella
che converge in un certo nodo n è pari al prodotto delle resistenze nel triangolo che
convergono nello stesso nodo n diviso la somma di tutte le resistenze del triangolo.
G 10 G 20 G 20 G 30 G 10 G 30
G 12 = G 23 = G 13 =
G 10 + G 20 + G 30 G 10 + G 20 + G 30 G 10 + G 20 + G 30
dv k (t )
i k (t ) = C k , con k = 1,2,..., n (*)
dt
t 0 t t
1 1 1
v k (t ) =
Ck ∫
−∞
i k (τ )d τ =
Ck ∫
−∞
i k (τ )d τ +
Ck ∫i
0
k ∫
(τ )d τ = v k ( 0) + S k i k (τ )d τ ,
0
con k = 1,2,..., n (Nota : S k = 1 C k ) (**)
n
v (0) = ∑ v k (0) e quindi, tenendo presente la LKC, la (3.28) diventa :
k =1
t n
v (t ) = v (0) + S ∫ i (τ )dτ , dove si è posto S = ∑ S k (3.29)
0 k =1
77
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
n n
v(0) = ∑v
k =1
k (0) e S= ∑S
k =1
k
parallelo:
Anche in questo caso per ciascun condensatore valgono le relazioni (*) e (**) scritte alla
pagina precedente. D'altra parte risulta quanto segue:
Da ciò si conclude che se gli n condensatori lineari sono collegati in parallelo, le loro
tensioni iniziali devono essere necessariamente uguali altrimenti sarebbe violata la
LKT. Se tale condizione è soddisfatta si può ancora scrivere, tenendo conto della LKT:
n n n
dv k (t) dv(t) dv(t)
L.K.C. : i(t) = ∑
k =1
i k (t) = ∑
k =1
Ck
dt
= ∑C
k =1
k
dt
=C
dt
,
n
con C = ∑C
k =1
k (*).
Questa relazione esprime il fatto che, nell'ipotesi che le tensioni iniziali dei condensato-
ri siano tutte uguali tra loro e pari ad un certo valore vo, il circuito iniziale sarà allora
equivalente ad un solo condensatore lineare con tensione iniziale sempre pari a vo e
capacità data dalla (*).
78 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si vuole determinare la sua D.P.C.. Per ciascun induttore valgono le seguenti relazioni:
dik (t )
vk (t ) = Lk , con k = 1,2,..., n (*)
dt
t 0 t t
1 1 1
i k (t ) =
Lk ∫ vk (τ )dτ =
−∞
Lk ∫ vk (τ )dτ +
−∞
Lk ∫0
vk (τ )dτ = ik (0) + Γk ∫ vk (τ )dτ ,
0
L .K .T . : v (t ) = v 1 (t ) = v 2 (t ) = ... = v n (t )
n n n t
L .K .C . : i (t ) = ∑
k =1
i k (t ) ⇒ i (t ) = ∑
k =1
i k ( 0) + ∑ ∫
k =1
Γk v k (τ )d τ , (3.30)
0
t n
i (t ) = i (0) + Γ ∫v (τ )d τ , dove si è posto Γ = ∑ Γk (3.31)
0 k =1
n n
i(0) = ∑
k =1
i k (0) e Γ = ∑Γ
k =1
k
Consideriamo ora il seguente circuito in cui ci sono n induttori lineari collegati in serie:
Anche in questo caso per ciascun induttore valgono le relazioni (*) e (**) scritte prece-
dentemente per il collegamento in parallelo. D'altra parte risulta quanto segue:
Da ciò si conclude che se gli n induttori lineari sono collegati in serie, le loro correnti i-
niziali devono essere necessariamente uguali altrimenti sarebbe violata la LKC. Se tale
condizione è soddisfatta si può ancora scrivere, tenendo conto della LKC:
80 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
n n n
di k (t) di(t) di(t)
L.K.T. : v(t) = ∑
k =1
v k (t) = ∑
k =1
Lk
dt
=∑k =1
Lk
dt
=L
dt
,
n
con L = ∑L
k =1
k (*).
Questa relazione esprime il fatto che, nell'ipotesi che le correnti iniziali degli induttori
siano tutte uguali tra loro e pari ad un certo valore i0, il circuito iniziale sarà allora e-
quivalente ad un solo induttore lineare con corrente iniziale sempre pari a i0 ed indut-
tanza data dalla (*).
dv (t )
i (t ) = C (3.32)
dt
t t
1 1
v (t ) =
C ∫
−∞
i (τ )d τ = v c (0) +
C ∫ i (τ )d τ
0
(3.33)
Il primo addendo della (3.32) rappresenta, come sappiamo, la tensione iniziale nel con-
densatore ed essendo un termine costante possiamo indicarlo con Vo. Mentre il secon-
do addendo della (3.33) può essere interpretato come la tensione che si avrebbe ai mor-
setti del condensatore se esso fosse inizialmente scarico, cioè con tensione iniziale nul-
la; se indico tale termine con vc(t) la (3.33) diventa:
t
1
v g = V0 e vc (t ) = ∫ ic (τ )dτ
C0
L.K .C. : i (t ) = ig (t ) = ic (t )
t
1
L.K .T . : v(t ) = v g (t ) + vc (t ) = V0 +v c (t ) = V0 + ∫ i(τ )dτ (*)
C0
ra:
di (t )
v (t ) = L (3.35)
dt
t t
1 1
i (t ) =
L −∞∫
v (τ )d τ = i L ( 0) +
L 0∫v (τ )d τ (3.36)
Il primo addendo della (3.36) rappresenta, come sappiamo, la corrente iniziale nell'in-
duttore ed essendo un termine costante possiamo indicarlo con Io. Mentre il secondo
addendo della (3.36) può essere interpretato come la corrente che si avrebbe ai morsetti
dell'induttore se esso fosse inizialmente scarico, cioè con corrente iniziale nulla; se in-
dico tale termine con iL(t) la (3.36) diventa:
83
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t
1
L ∫0
ip = I0 e iL (t ) = v L (τ )dτ
L.K .T . : v(t ) = v p (t ) = vL (t )
t
1
L ∫0
L.K .C. : i (t ) = i p (t ) + iL (t ) = I 0 +i L (t ) = I 0 + v(τ ) dτ (*)
Confrontando la relazione (*) con la (3.37) possiamo concludere che un induttore linea-
re di induttanza L e con corrente iniziale diversa da zero è equivalente ad un circuito
monoporta costituito dal collegamento in parallelo di un generatore di corrente costan-
te pari alla corrente iniziale dell'induttore con un induttore lineare avente la stessa in-
duttanza L ma con corrente iniziale nulla.
84 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 4
DI CARICO 68
circuiti con componenti non lineari. Le soluzioni si possono ricavare con metodi anali-
tici, numerici e grafici. Precisiamo che un circuito sarà definito lineare se contiene solo
elementi circuitali lineari e generatori indipendenti. E' importante capire il ruolo svolto
da tali generatori: essi sono considerati come ingressi per il circuito e di conseguenza la
soluzione è considerata come risposta a tali ingressi. Le soluzioni per un circuito con in-
gressi in continua (cioè con generatori indipendenti costanti) sono definite punti di la-
voro: il termine analisi in continua si riferisce alla determinazione dei punti di lavoro.
Un metodo frequentemente utilizzato per l'analisi in continua di circuiti resistivi è det-
to metodo della caratteristica di carico o LOAD LINE. Per applicarlo occorre che:
2) sia possibile individuare due sezioni del circuito con una porta in comune
figura:
fa (v a , i a ) = 0 e fb (v b , i b ) = 0 (4.1)
Occorre ora scrivere soltanto le equazioni relative alle leggi di Kirchhoff per definire l'in-
terconnessione di porta ai due nodi 1 e 2:
87
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L.K.T. va = vb (4.2)
L.K.C. ib = - ia (4.3)
Posto ora:
i = i b = −i a e v = va = v b (4.4)
fa (v,− i) = 0
(4.5)
fb (v, i) = 0
ia = −J e i b = Gv b (*)
L.K.T. : v = v a = v b
L.K.C. : i = i b = − i a (**)
Si ottiene allora il sistema di due equazioni nelle incognite i e v che risolto fornisce la
soluzione del circuito:
i = J
⇒ P , J
J
(* * *)
i = Gv G
Il circuito ammette quindi un unico punto di lavoro,che abbiamo indicato con P, che
fornisce la corrente e la tensione alla porta 1-2 mediante le quali è facile poi ricavare le
correnti e le tensioni di lato sfruttando le relazioni (*) e (**): il circuito è quindi comple-
tamente risolto. Graficamente si ha:
(Si noti che la 'load line' è simmetrica della caratteristica d'ingresso del carico rispetto
all'asse delle tensioni.)
89
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Riportando nel piano v-i la caratteristica del diodo tunnel e quella del generatore di
corrente ribaltata rispetto all'asse delle tensioni (come previsto dal sistema 4.5) si ha:
Dal grafico si osserva che se il generatore ha una corrente il cui valore è compreso tra J1
e J2 il circuito in esame avrà tre punti di lavoro distinti.
Riportando nel piano v-i la caratteristica del diodo reale polarizzato inversamente e
quella del generatore di corrente ribaltata rispetto all'asse delle tensioni (come previsto
Dal grafico si osserva che se il generatore ha una corrente il cui valore è superiore a Js il
circuito in esame non avrà alcun punto di lavoro.
v a = Ri a + E : D . P . C . del carico
fb (v b , i b ) = 0 : D . P . C . del bipolo collegato al carico .
v = −Ri + E
(*)
fb (v, i) = 0
Supponendo di conoscere la rappresentazione grafica nel piano v-i del diodo reale po-
larizzato direttamente, il punto di lavoro del circuito in esame viene ricavato come in-
tersezione di tale curva con la retta di carico la cui equazione è la prima nel sistema (*)
appena scritto:
(Nota: per comodità non sono state scritte le tensioni di lato, che comunque in seguito
si indicheranno con la lettera v seguita dallo stesso pedice della corrente di lato corri-
spondente.)
92 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
va = R7 i a + E (*)
La caratteristica d'ingresso del monoporta collegato al carico si ricava dopo aver effet-
tuato le seguenti sostituzioni equivalenti:
93
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
vb = Rei b (**)
v = − R 7 i + E ReE E
⇒ P , ≡ P (v, i )
v = R e i R
e + R 7 R e + R7
Quindi il circuito ha un solo punto di lavoro P le cui coordinate (v,i) sono state ricava-
te: ora, in funzione di tali valori, è possibile ottenere tutte le correnti e tensioni di lato.
In particolare per i resistori che si trovano nel bipolo collegato al carico valgono le se-
guenti relazioni:
v
(Dal circuito di fig. 4.14 si ha : v5 = v ⇒ i5 = (4.6)
R5
G2
i 2 = G + G i 3 ⇒ v 2 = R 2 i 2 partitore di corrente al parallelo
1 2
i 1 = G 1
i 3 ⇒ v 1 = R 1i 1 tra R 1 e R 2
G1 + G2
94 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il metodo della linearizzazione a tratti è molto utile nello studio di circuiti con resistori
non lineari. Caratteristiche nel piano v-i non lineari possono essere approssimate con
segmenti in modo tale da poterne facilmente determinare la rappresentazione analitica.
Verranno ora presentati due modelli ideali 'lineari a tratti' utilizzati come elementi base
per la sintesi di modelli più complessi.
Sussiste, in generale, la seguente definizione: una funzione f(x) si dice concava se co-
munque si fissino due valori della variabile indipendente x e un numero reale a
f [ax 1 + (1 − a )x 2 ] ≤ af (x 1 ) + (1 − a )f (x 2 ) , ∀x 1 , x 2 ∈ ℜ e 0 ≤ a ≤ 1
In altri termini, il tratto di curva relativo alla funzione f(x) nell'intervallo [x1,x2] deve
trovarsi al di sotto della secante la curva nei punti di ascissa x1 e x2.
Si definisce resistore concavo un bipolo la cui caratteristica nel piano v-i è mostrata in
figura insieme alla sua rappresentazione circuitale:
95
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
G
i= [(v − E) + v − E ] (*)
2
Infatti, consideriamo la seguente figura dove è diagrammata, nel caso (a), la funzione
i=(G/2)(v-E) e, nel caso (b), la stessa funzione ma considerata nel suo valore assoluto;
fissando il valore di tensione e sommando i valori di corrente corrispondenti per le due
funzioni si ottiene proprio la caratteristica di un resistore concavo con tensione di
break pari ad E e conduttanza pari a G:
Si può inoltre facilmente verificare che un circuito equivalente a tale resistore concavo
96 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Tale equivalenza sussiste, però, solo nel caso in cui sia G>0. Infatti se risulta G<0 la ca-
ratteristica del resistore concavo diventa:
e come si osserva tale caratteristica, oltre ad essere diversa da quella di fig. 4.18, non è
neanche controllata in tensione.
Si definisce, invece, resistore convesso un bipolo la cui caratteristica nel piano v-i è
mostrata in figura insieme alla sua rappresentazione circuitale:
97
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
R
v= [(i − J ) + i − J ] (**)
2
Infatti, consideriamo la seguente figura dove è diagrammata, nel caso (a), la funzione
v=(R/2)(i-J) e, nel caso (b), la stessa funzione ma considerata nel suo valore assoluto;
fissando il valore di corrente e sommando i valori di tensione corrispondenti per le due
funzioni si ottiene proprio la caratteristica di un resistore convesso con corrente di
break pari ad J e resistenza pari a R:
Tale equivalenza sussiste, però, solo nel caso in cui sia R>0. Infatti se risulta R<0 la ca-
ratteristica del resistore convesso diventa:
e come possiamo osservare è ancora controllata in corrente. Se invece nel circuito di fig.
4.21 il resistore ha una resistenza R<0 allora la sua caratteristica d'ingresso sarà la se-
guente:
e come si osserva tale caratteristica, oltre ad essere diversa da quella di fig. 4.22, non è
neanche controllata in corrente.
99
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalla figura si osserva che è possibile individuare tre campi, o regioni, di funziona-
mento, ciascuno caratterizzato dalla pendenza del segmento di approssimazione, che
sarà nota a priori insieme alle due tensioni E1 e E2:
regione 1 : G = G a per v ≤ E 1
regione 2 : G = G b per E 1 ≤ v ≤ E 2
regione 3 : G = G c per v > E 2
100 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In tal modo possiamo affermare che un circuito avente una D.P.C. simile alla caratteri-
Perché esso corrisponda esattamente alla caratteristica linearizzata del diodo tunnel, i
parametri devono evidentemente soddisfare le seguenti relazioni:
regione 1 : G 0 = G a
regione 2 : G 0 + G 1 = G b
regione 3 : G 0 + G 1 + G 2 = G c
G0 = Ga
G1 = G b − Ga
G2 = Gc − Gb
101
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Possiamo, inoltre, facilmente ricavare la rappresentazione analitica della D.P.C. del cir-
cuito di fig. 4.26 (uguale a quella della caratteristica linearizzata del diodo tunnel) os-
servando che i tre resistori sono collegati in parallelo e quindi è sufficiente sommare le
tre correnti come previsto dalla L.K.C. :
G1
i 0 = G0 v , i 1 = [(v − E 1 ) + v − E 1 ] , i 2 = G 2 [(v − E 2 ) + v − E 2 ]
2 2
da cui si ottiene :
G1E 1 G 2 E 2
+ G 0 + 1 + 2 v + 1 v − E 1 + 2 v − E 2 (*)
G G G G
i = i0 + i1 + i2 = − −
2 2 2 2 2 2
i = a 0 + a 1 v + (b 1 v − E 1 + b 2 v − E 2 ) (**)
n
i = a + bv + ∑c
i =1
i v − Ei
L’analisi di circuiti nei quali siano inseriti elementi non lineari è piuttosto complessa.
Una tecnica particolare, di grande importanza nel campo dell’ingegneria, che consente
di risolvere questo tipo di circuiti, è l’analisi per piccoli segnali di un sistema non linea-
re. Questa è un’analisi di variazione del punto di lavoro in seguito all’applicazione di un
nuovo segnale. Per illustrare i concetti dell’analisi per piccoli segnali facciamo riferi-
mento ad un semplice circuito.
102 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si supponga che esso sia progettato in modo tale da avere un unico punto di lavoro P e
precisamente esso si trovi nel tratto di curva in cui la pendenza è negativa, come mo-
strato di seguito:
Il circuito di fig. 4.27 è detto circuito di polarizzazione perché porta il diodo tunnel a
funzionare in uno specifico punto di lavoro. Alla tensione costante E di polarizzazione
si può sovrapporre una tensione tempo-variante vs(t), che nel circuito di fig. 4.29 è for-
nita dal generatore di tensione vs(t), e che soddisfi la condizione v s (t ) << E per qua-
lunque t, ossia stiamo supponendo che la tensione tempo variante sia in valore assolu-
to molto più piccola della tensione di polarizzazione E in ogni istante di tempo.
103
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Ad esempio vs(t) può essere una sinusoide la cui ampiezza è molto più piccola del va-
lore E della tensione di polarizzazione. In altre parole la tensione vs(t) rappresenta il
segnale processato dal circuito quando il diodo è portato nella condizione di funzio-
namento individuata dal punto P. In conseguenza dell’applicazione del segnale vs(t) si
hanno degli scostamenti dal punto di lavoro iniziale, il problema che vogliamo risolve-
re è valutare la tensione vd(t) e la corrente id(t) per il diodo in questa condizione.
E' interessante, quindi, vedere come possa essere calcolato il nuovo punto di lavoro in
cui si porta il sistema.
Al variare della forma d'onda vs(t) nel tempo, possiamo pensare che la load line si spo-
sti parallelamente a sé stessa, poiché adesso la tensione che determina la load-line è
data da E+vs(t). In questo modo il nuovo punto di lavoro può essere ottenuto grafica-
mente come intersezione della caratteristica del diodo tunnel con la linea di carico 'mo-
bile', individuando il punto Q come nuovo punto di lavoro:
Si può procedere analiticamente come segue. Supponiamo che la caratteristica del dio-
do tunnel sia esprimibile in questo modo:
i d = g(v d ) (4.14)
v d − E − Ri R = 0 ⇒ v d = E + Ri R ⇒ v d = E − Ri d (4.15)
essendo : i d = − i R
104 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per definizione di punto di lavoro, e precisamente essendo questo un punto comune al-
la caratteristica del diodo tunnel ed alla retta di carico, si ha che le sue coordinate de-
vono essere tali da soddisfare entrambe le relazioni (4.14) e (4.15), cioè:
v d = v p
Posto : P(v p , i p ) si ha : ⇒
i d = i p = −i R
i p = g (v p ) (4.16)
v p = E − Ri p (4.17)
Ora, in seguito all'inserimento del generatore vs(t) che viene detto generatore di picco-
lo segnale, si avrà uno scostamento dal punto di lavoro iniziale P tale da portare il si-
stema in un nuovo punto di lavoro Q le cui coordinate possono essere così scritte:
V = v p + v 1
Q(V, I ) con (4.18)
I = i p + i 1
i d = g (v d ) (4.19)
v d − E − Ri R − v s (t) = 0 ⇒ v d = E + Ri R + v s (t) ⇒ v d = E + v s (t) − Ri d (4.20)
essendo : i d = − i R
Per quanto detto prima, il nuovo punto di lavoro deve soddisfare entrambe le relazioni
(4.19) e (4.20):
v d = V
Posto : Q(V, I ) si ha : ⇒
i d = I = − i R
( ) ( )
I = g (V ) ⇒ i p + i 1 = g v p + v 1 (4.21)
V = E + v (t) − RI ⇒ (v + v ) = E + v (t) − R (i
s p 1 s p + i1 ) (4.22)
Effettuando ora lo sviluppo in serie di Taylor della funzione g(.) di punto iniziale vp e
fermandosi ai primi due termini essendo i successivi trascurabili (infatti, per l'ipotesi di
piccolo segnale, lo scostamento v1 della tensione dalla tensione del punto di lavoro P è
piccolo e diventa trascurabile per potenze maggiori o uguali alla seconda), la relazione
(4.21) diventa:
105
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
∂g
( )
I = (i p + i 1 ) = g v p + v 1 = g(v p ) + v 1
∂v v p
(4.23)
∂g 1
i 1 = v1 = g' v 1 ⇒ v 1 = r' i 1 con r' = (4.24)
∂v v p g'
La quantità determinata dalla derivata calcolata nel punto di lavoro vP ed indicata con
g' è detta conduttanza per piccoli segnali del diodo nell'intorno del punto di lavoro P, mentre
il suo inverso r' è detta resistenza per piccoli segnali del diodo nell'intorno del punto di lavoro
P.
A questo punto, tenendo presente le relazioni (4.17) e (4.24), possiamo scrivere la rela-
zione (4.22) come segue:
( )
v p + v 1 = E + v s (t) − R i p + i 1 ⇒ v 1 = v s (t) − Ri 1 ⇒
v s (t) = r' i 1 + Ri 1 (**)
Tale equazione può essere considerata rappresentativa del seguente circuito detto cir-
cuito equivalente per piccoli segnali intorno al punto di lavoro P; si tratta di un circuito linea-
re poiché i due resistori sono lineari, infatti r' ha valore costante come R:
Evidentemente, si ricava:
106 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v s (t) v (t)
i1 = e v 1 = r' i 1 = r' s
R + r' R + r'
e, quindi, le coordinate del nuovo punto di lavoro Q sono :
v s (t) v (t)
V = v p + v 1 = v p + r' e I = ip + i1 = ip + s
R + r' R + r'
Si noti che la resistenza r', nel caso particolare in esame, è negativa cosicché nel circuito
di fig. 4.31 è presente un resistore lineare attivo.
Quindi, attraverso il circuito di fig. 4.31 si può ricavare molto facilmente il valore delle
variazioni di tensione e corrente introdotte dal generatore di piccolo segnale rispetto al
punto di lavoro originario e poi, attraverso queste, valutare la tensione vd(t) e la corren-
te id(t) per il diodo in questa nuova condizione di funzionamento.
CAPITOLO 5
Gli elementi circuitali che rappresentano modelli astratti di dispositivi fisici a più ter-
minali sono chiamati, in generale, multipoli. Un elemento ad n morsetti si chiamerà n-
polo e quindi si avranno dei tripoli, quadripoli etc. a seconda che i terminali accessibili
siano tre, quattro etc. Anche per i dispositivi a più terminali, così come abbiamo fatto
per quelli a due terminali, non ci interesserà analizzare da un punto di vista fisico o co-
struttivo la loro struttura interna bensì ci interesserà conoscere il comportamento elet-
trico di tali dispositivi con l'esterno, ossia il loro comportamento ai morsetti. A tal fine
è più comodo sostituire il dispositivo fisico multiterminale con un suo modello astrat-
109
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
to, cioè un multipolo, avente ai morsetti lo stesso comportamento elettrico del disposi-
tivo in esame. A questo punto, così come nel caso dei bipoli, occorre definire le variabi-
li terminali mediante le quali sia possibile descrivere il comportamento ai morsetti di
un multipolo e determinare una relazione funzionale che le leghi tra loro e che, se raf-
figurata nello spazio individuato da tali variabili, determini il luogo geometrico conte-
nente tutti i punti di funzionamento del multipolo: tale relazione funzionale è detta ca-
ratteristica del multipolo. Per quanto riguarda la scelta delle variabili terminali, esse
devono soddisfare le seguenti due proprietà:
v 12 + v 23 + v 31 = 0 (5.1)
Questo significa che solo due tensioni sono fra loro indipendenti perché, note queste
due, l'altra può essere ricavata dalla relazione (5.1). Analogamente se applichiamo la
LKC alla superficie gaussiana tratteggiata si ha:
i1 + i2 + i 3 = 0 (5.2)
110 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Questo significa che solo due correnti sono fra loro indipendenti perché, note queste
due, l'altra può essere ricavata dalla relazione (5.2). In definitiva occorreranno solo due
tensioni e due correnti (o, come vedremo fra poco, due coppie di variabili terminali
opportune) per descrivere il comportamento ai morsetti del tripolo considerato. Gene-
ralizzando, per un n-poli, serviranno n-1 coppie di variabili terminali. Se assumiamo
un morsetto come riferimento, possiamo individuare come (n-1) correnti indipendenti
quelle associate (entranti) agli altri morsetti. Allo scopo di rappresentare in modo con-
ciso solo le correnti indipendenti conviene introdurre un vettore i ad n-1 componenti,
definito come segue:
vjl = vj – vl
dove con vk (k = 1,2,...,n-1) si é indicata la tensione del nodo k rispetto al nodo di rife-
rimento. Tutte le possibili tensioni fra coppie di morsetti possono essere quindi espres-
se in termini delle tensioni vk, fra il k-esimo morsetto ed il morsetto di riferimento. Per
un n-polo, queste tensioni sono n-1 e definiscono il vettore v "tensione del multipolo":
dove vT indica un vettore riga. Con le stesse convezioni di segno utilizzate per il calcolo
111
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
delle precedenti quantità, la quantità -vTi si chiamerà potenza uscente dal multipolo.
Oltre a tensione e corrente che definiscono un n-polo resistivo, si possono scegliere co-
me variabili terminali anche tensione e carica oppure corrente e flusso, in tal modo si ot-
terranno n-poli capacitivi o induttivi, rispettivamente. Un gran numero di multipoli
hanno un numero pari di morsetti organizzati a coppie in modo tale che la corrente en-
trante in un morsetto é uguale alla corrente uscente dall'altro. Ogni coppia di morsetti
per le quali é valida tale proprietà costituisce una "porta".
in
n
vn
n'
.
.
.
.
i2
2
v2
2'
i1
1
v1
1'
In fig. 5.1 bis é riportata un generico multiporta con n porte. Su ogni porta si possono
definire una tensione ed una corrente. Se non indicato diversamente, le convenzioni di
segno che si utilizzano sulle porte sono quelle degli utilizzatori. Le correnti di porta in-
dividuano anche tutte le correnti ai morsetti del multipolo. Si presti, però, attenzione al
fatto che le tensioni di porta non consentono di determinare le tensioni presenti tra un
morsetto di una porta ed un morsetto di un'altra porta. Tuttavia, poiché nella pratica
queste tensioni non interessano, si può ritenere che le variabili di porta individuino tut-
te le grandezze elettriche relative al multiporta. Si noti che non é detto che un N-polo
(anche se N é pari) possa essere ricondotto ad un n-porta (n = N/2), mentre è sicura-
mente vero il contrario. In realtà, quando tutti gli N morsetti (N pari) sono, a coppie,
chiusi su bipoli, i morsetti del multipolo si presentano organizzati in porte. In questo
caso si parla di n-porta non intrinseco, in quanto il funzionamento da multiporta é ga-
rantito solo dalla particolare configurazione dei collegamenti con l'esterno (se le con-
nessioni cambiano, non è detto che il multipolo si comporti ancora da multiporta). Si
definiscono, invece, multiporta intrinseci quei multipoli che sempre funzionano come
112 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
multiporta, comunque i morsetti siano collegati con l'esterno (od eventualmente tra di
loro). Si noti, infine, che, come già detto, in alcuni casi é possibile considerare per un
multipolo un morsetto come riferimento. Quando tale dispositivo é connesso all'ester-
no attraverso bipoli collegati tra ciascun morsetto e quello di riferimento, si ottengono
comunque delle porte, ciascuna definita dalla tensione tra la coppia di morsetti e la
corrente entrante nel morsetto. In tal caso si parlerà di multiporta con terminale comu-
ne (o grounded). Per esempio, possiamo considerare nel tripolo di fig. 5.1 un nodo co-
me riferimento (per esempio il nodo 3) e disegnare quindi il tripolo in questo modo:
Questa rappresentazione chiarisce per quale motivo un tripolo può anche essere defini-
to come elemento biporta o doppio bipolo. Si dimostra, infine, che per definire com-
pletamente il comportamento elettrico di un multipolo ai suoi morsetti occorrono N-
1relazioni funzionali tra le N-1 coppie di variabili terminali scelte:
113
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Nota: con x e y indichiamo le due variabili terminali che possono essere scelte tra le
seguenti coppie:
- tensione, corrente;
- tensione, carica;
- corrente, flusso ).
Per un doppio bipolo o biporta saranno sufficienti solo due relazioni funzionali tra le
due coppie di variabili terminali scelte:
f1 (x 1 , x 2 , y 1 , y 2 ) = 0
(5.4)
f2 (x 1 , x 2 , y 1 , y 2 ) = 0
y 1 = f1 (x 1 , x 2 )
(5.4 bis)
y 2 = f2 (x 1 , x 2 )
f1 (v 1 , v 2 , i 1 , i 2 ) = 0
(5.5)
f2 (v 1 , v 2 , i 1 , i 2 ) = 0
f1 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0
(5.6)
f2 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0
f 1 (ϕ1 , ϕ 2 , i 1 , i 2 ) = 0
(5.7)
f 2 (ϕ1 , ϕ 2 , i 1 , i 2 ) = 0
allora si parlerà di induttore biporta. Prima di passare all'esame dei resistori biporta
osserviamo che, quando ci si occupa di doppi bipoli, spesso è necessario distinguere le
porte, per cui una di esse è definita 'porta 1' mentre l'altra 'porta 2' come mostrato in
fig. 5.4: per tradizione, con 'porta 1' ci si riferisce spesso alla porta d'ingresso e con 'porta
2' alla porta di uscita.
115
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si consideri un doppio bipolo resistivo costituito da tre resistori lineari come mostrato
in fig. 5.5; si applichino al doppio bipolo due generatori indipendenti di corrente come
indicato:
Relazioni di lato :
v R1 = R 1 i R1 v R2 = R 2 i R2 v R3 = R 3 i R3
L.K.C. :
nodo 1 : i 1 = i R1
nodo 2 : i 2 = i R2
nodo 3 : i R3 = i R1 + i R2
L.K.T. :
sequenza chiusa di nodi 1 - 3 - 4 - 1 : v 1 = v R1 + v R3
sequenza chiusa di nodi 2 - 3 - 4 - 2 : v 2 = v R2 + v R3
v 1 = R 1i R1 + R 3 i R3 = R 1 i 1 + R 3 (i 1 + i 2 )
v 2 = R 2 i R2 + R 3 i R3 = R 2 i 2 + R 3 (i 1 + i 2 )
v 1 = (R 1 + R 3 )i 1 + R 3 i 2
(*)
v 2 = R 3 i 1 + (R 2 + R 3 )i 2
Per quanto detto nel paragrafo precedente, la (*) rappresenta la caratteristica del resi-
store biporta in esame.
In termini del vettore tensione di porta e del vettore corrente di porta possiamo porre
le equazioni precedenti in forma matriciale come:
v1 R 1 + R 3 R 3 i 1
v = = R⋅i = ⋅ (5.8)
v
2 R3 R 2 + R 3 i 2
in cui:
R 1 + R 3 R3
R= (5.8a)
R3 R 2 + R 3
è definita matrice di resistenza del doppio bipolo resistivo lineare. Il resistore è lineare
in quanto il vettore delle tensioni è espresso come funzione lineare del vettore delle
correnti. L'equazione (5.8) fornisce la rappresentazione controllata in corrente del resistore
biporta lineare poiché le tensioni sono espresse come funzioni delle correnti, ossia le
correnti sono le variabili indipendenti mentre le tensioni sono quelle dipendenti. Natu-
ralmente esiste anche la rappresentazione controllata in tensione:
i = G⋅v (5.9)
1 R 2 + R 3 − R3
con G = R −1 = ⋅ (5.9a)
det(R) − R 3 R 1 + R 3
Oltre alle due rappresentazioni appena introdotte, ne esistono altre quattro che caratte-
117
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
rizzano il doppio bipolo resistivo tramite quattro variabili scalari v1,v2,i1,i2 e due equa-
zioni. Le sei possibili rappresentazioni di un resistore biporta sono di seguito riassunte:
v1 i1
Equazione vettoriale : i = H ⋅ v
2 2
118 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Analogamente a quanto accade per le prime due rappresentazioni si ha, nell'ipotesi che
H e T siano non singolari:
H' = H −1 e T' = T −1
H e H' sono definite matrici ibride, essendo le variabili dipendenti una tensione ed una
corrente e così pure le variabili indipendenti. Gli stessi parametri hanno natura diversa:
h11 è dimensionalmente un resistenza, h22 una conduttanza, h12 ed h21 sono parametri
adimensionali. T e T' sono definite matrici di trasmissione poiché mettono in relazione le
variabili corrispondenti ad una porta con quelle corrispondenti all'altra ed il doppio
bipolo si comporta da mezzo di trasmissione. E' facile ricavare le relazioni che consen-
tono di passare da un tipo di rappresentazione ad un altro fra i 6 possibili. A titolo d'e-
sempio, vediamo come passare alla rappresentazione ibrida 1 nota la rappresentazione
controllata in corrente: si tratta cioè di esprimere la matrice H in funzione degli elementi
della matrice R. Come si può osservare dalle relazioni scritte precedentemente, la rap-
presentazione ibrida 1 richiede di esprimere v1 e i2 in funzione di i1 e v2; allora è suffi-
ciente, nella seconda equazione della rappresentazione controllata in corrente, ricavare
i2 in funzione di i1 e v2, e sostituire nella prima equazione come segue:
119
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
r 1
v 1 = r11 i 1 + r12 − 21 i 1 + v 2
v 1 = r11 i 1 + r12 i 2 r22 r22 ⇒
⇒
v 2 = r21 i 1 + r22 i 2 r
i = − 21 i + 1
v2
2 r22
1
r22
r21 r r − r21 r r12
v 1 = r11 − r12 i 1 + 12 v 2
11 r 12
r r r22
22 22
⇒ 1
22
H =
r21
r
i = − 21 i + 1
v2 −
2 r22
1
r22 r22 r22
Osserviamo, infine, che non é detto che un resistore biporta lineare ammetta tutte e sei
le rappresentazioni precedentemente considerate. Vedremo in seguito che vi sono resi-
stori che ne ammettono solo alcune.
v 1 = r11 i 1 + r12 i 2
(5.10)
v 2 = r21i 1 + r22 i 2
Queste due equazioni individuano una superficie bidimensionale nello spazio a quat-
tro dimensioni individuato dalle quattro variabili i1,v1,i2,v2. Naturalmente ciò è difficile
da visualizzare. Comunque se si considera un'equazione per volta è possibile fornire
una rappresentazione tramite due famiglie di rette negli appropriati piani v-i. Si consi-
deri il tracciamento, nel piano v1-i1 delle linee rette:
dove i2 è considerato come parametro variabile a cui sono assegnati successivamente più
valori:
i2 = 0,±1,±2,...
Il risultato è una famiglia di linee rette con pendenza uguale a 1/r11 come mostrato in
figura a):
in cui si è impiegato i1 come parametro. Queste due famiglie di linee rette parallele de-
finiscono la rappresentazione controllata in corrente del doppio bipolo resistivo lineare
descritto dalle (5.10). Dalla prima delle equazioni (5.10), si possono dare le seguenti in-
terpretazioni fisiche:
v1 v1
r11 = e r12 = (5.11)
i 1 i =0 i 2 i =0
2 1
121
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
r11 è definita resistenza d'ingresso alla porta 1 quando la porta 2 è mantenuta nella condizione
di circuito aperto, mentre r12 è definita resistenza di trasferimento inversa quando la porta 1 è
mantenuta nella condizione di circuito aperto. In figura sono mostrate le interpretazioni fi-
siche di questi due parametri:
Il primo dei due parametri rappresenta la resistenza alla porta 1 quando questa viene
alimentata da un generatore di corrente pari a i1 mantenendo la porta 2 in circuito a-
perto, mentre il secondo parametro è il rapporto tra la tensione alla porta 1, mantenuta
in circuito aperto, e la corrente alla porta 2 alimentata da un generatore di corrente pari
a i2 ( da quanto detto, si osserva che nelle espressioni 5.11 il denominatore dei due rap-
porti indica l'alimentazione ad una delle due porte ). In modo analogo, dalla seconda
equazione delle (5.10) si ha:
v2 v2
r21 = e r22 = (5.12)
i 1 i =0 i 2 i =0
2 1
Il primo parametro nella relazione (5.12) prende il nome di resistenza di trasferimento di-
retta quando la porta 2 è mantenuta nella condizione di circuito aperto, mentre il secondo pa-
rametro è detto resistenza d'ingresso alla porta 2 quando la porta 1 è mantenuta nella condi-
zione di circuito aperto. Le interpretazioni fisiche di questi due parametri sono le seguen-
ti:
(Nota: dalle definizioni date possiamo concludere che si parla di resistenza di trasferi-
mento diretta o inversa a seconda che sia alimentata la porta 1 o la porta 2).
122 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i 1 = g 11 v 1 + g 12 v 2
(5.13)
i 2 = g 21 v 1 + g 22 v 2
i1 i1
g 11 = e g 12 = (5.14)
v 1 v =0 v 2 v =0
2 1
Il primo parametro nella relazione (5.14) prende il nome di conduttanza d'ingresso alla
porta 1 quando la porta 2 è mantenuta in cortocircuito, mentre il secondo parametro è detto
conduttanza di trasferimento inversa quando la porta 1 è mantenuta in cortocircuito. Analo-
gamente dalla seconda equazione delle (5.13) si ha:
i2 i2
g 21 = e g 22 = (5.15)
v 1 v =0 v 2 v =0
2 1
Come si osserva dalla figura, le conduttanze di ingresso ad una porta sono il rapporto
tra la corrente e la tensione relative a quella porta quando l'altra porta è mantenuta in
cortocircuito; mentre si parla di conduttanza di trasferimento diretta o inversa a secon-
da che sia alimentata la porta 1 o la porta 2 ( in questo caso l'alimentazione è rappre-
sentata da un generatore di tensione).
v 1 = h 11 i 1 + h 12 v 2
(5.16)
i 2 = h 21 i 1 + h 22 v 2
v1 v1
h 11 = e h 12 = (5.17)
i 1 v =0 v 2 i =0
2 1
i2 i2
h 21 = e h 22 = (5.18)
i 1 v =0 v 2 i =0
2 1
Nella relazione (5.17) il primo parametro prende il nome di resistenza d'ingresso alla por-
ta 1 quando la porta 2 è in cortocircuito, mentre il secondo parametro è detto rapporto di
trasferimento di tensione inverso quando la porta 1 è mantenuta nella condizione di circuito a-
perto. Nella relazione (5.18) il primo parametro prende il nome di rapporto di trasferimen-
to di corrente diretto quando la porta 2 è in cortocircuito, mentre il secondo parametro è det-
to conduttanza d'ingresso alla porta 2 quando la porta 1 è mantenuta nella condizione di circui-
to aperto. Seguono ora, per ciascuno dei quattro parametri, le interpretazioni fisiche:
124 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1 sono:
v 1 = t 11 v 2 − t 12 i 2
(5.19)
i 1 = t 21 v 2 − t 22 i 2
v1
t 11 = (5.20)
v 2 i =0
2
Tale interpretazione, tuttavia, non ha senso da un punto di vista fisico perché, sebbene
un generatore di tensione ammette, in generale, qualsiasi valore di corrente e quindi
anche quella nulla (si tenga presente, infatti, la sua caratteristica nel piano v-i), ciò ri-
mane vero solo se si considera il generatore come un elemento circuitale a sé stante
cioè non collegato ad un qualsiasi altro elemento: in tal caso il generatore non può esse-
re attraversato da una corrente nulla. Le stesse conclusioni valgono per tutti gli altri
parametri della rappresentazione trasmissione 1 e anche per quelli della rappresenta-
zione trasmissione 2.
Essi sono il generatore di tensione pilotato in corrente (CCVS), il generatore di corrente pilota-
to in tensione (VCCS), il generatore di corrente pilotato in corrente (CCCS), il generatore di
tensione pilotato in tensione (VCVS). Si noti che i generatori pilotati sono denotati con un
simbolo a forma di rombo per distinguerli dai generatori indipendenti. Essendo dei re-
sistori biporta, ciascun generatore pilotato è caratterizzato da due equazioni lineari:
127
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v = 0 v 0 0 i 1
1) CCVS : 1 ⇔ 1 = ⋅
v 2 = rm i1 v 2 rm 0 i 2
i = 0 i 0 0 v 1
2) VCCS : 1 ⇔ 1 = ⋅
i 2 = g m v 1 i 2 g m 0 v 2
v = 0 v 0 0 i 1
3) CCCS : 1 ⇔ 1 = ⋅
i 2 = αi1 i 2 α 0 v 2
i = 0 i 0 0 v 1
4) VCVS : 1 ⇔ 1= ⋅
v 2 = µv 1 v 2 µ 0 i 2
Come si osserva dalle relazioni appena scritte, la prima è una rappresentazione con-
trollata in corrente, la seconda controllata in tensione, la terza è una rappresentazione
ibrida 1 mentre la quarta è una rappresentazione ibrida 2. Valgono inoltre le seguenti
definizioni:
rm = transresistenza
g m = transconduttanza
α = rapporto di trasferimento di corrente
µ = rapporto di trasferimento di tensione
Tali grandezze sono tutte costanti, quindi i quattro generatori pilotati costituiscono
doppi bipoli resistivi lineari tempo-invarianti. Si osservi, infine, quanto segue: la rap-
presentazione che caratterizza il generatore CCVS, come già detto, è controllata in cor-
rente ma la matrice di resistenza è singolare e perciò la sua inversa non esiste; è anche
facile dimostrare che non esiste alcuna delle rappresentazioni ibride. Si possono fare
analoghe considerazioni per gli altri tre generatori pilotati. Analogamente si può dimo-
strare che anche gli altri tre generatori pilotati non ammettono tutte le rappresentazioni
dei biporta resistivi.
L'equazione (*) esprime un equilibrio di tensioni, quindi può essere interpretata come il
Supponiamo ora che del resistore biporta sia nota la rappresentazione controllata in
tensione:
i 1 = g 11 v 1 + g 12 v 2 (*)
i 2 = g 21 v 1 + g 22 v 2 (**)
L'equazione (*) esprime un equilibrio di correnti, quindi può essere interpretata come il
collegamento in parallelo di un resistore lineare di conduttanza g11 con un generatore
di corrente pilotato dalla tensione v2 alla porta 2; analogamente l'equazione (**) può es-
sere interpretata come il collegamento in parallelo di un resistore lineare di conduttan-
za g22 con un generatore di corrente pilotato dalla tensione v1 alla porta 1. Quindi il
doppio bipolo in esame può essere rappresentato con il seguente circuito equivalente:
129
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v 1 = h 11 i 1 + h 12 v 2 (*)
i 2 = h 21i 1 + h 22 v 2 (**)
L'equazione (*) esprime un equilibrio di tensioni, quindi può essere interpretata come il
collegamento in serie di un resistore lineare di resistenza h11 con un generatore di ten-
sione pilotato dalla tensione v2 alla porta 2. L'equazione (**) esprime, invece, un equili-
brio di correnti e quindi può essere interpretata come il collegamento in parallelo di un
resistore lineare di conduttanza h22 con un generatore di corrente pilotato dalla corren-
te i1 alla porta 1. Quindi il doppio bipolo in esame può essere rappresentato con il se-
guente circuito equivalente:
5.5 GIRATORI
i 1 = Gv 2 (5.21)
i 2 = −Gv 1 (5.22)
130 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i 1 0 G v 1
i = − G 0 ⋅ v (5.23)
2 2
i 1 (t)
p(t) = v 1 (t)i 1 (t) + v 2 (t)i 2 (t) = v 1 (t)i 1 (t) + (− Gv 1 (t)) = 0
G
GL 1
2
con G L =
G RL
131
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i 2 i L GL G G i G
v1 = − = = v L = L v 2 = L 1 = L2 i 1
G G G G G G G
C
dove G è il rapporto di girazione.
G2
i 2 i C C dv C C dv 2 C di
v1 = − = = = = 2 1
G G G dt G dt G dt
il che conferma quanto detto sopra. Altrettanto facilmente si può dimostrare che se col-
lega alla porta 2 un induttore di induttanza L [H], la porta 1 si comporta come un con-
densatore di capacità G2L [F]. Se G=1 avrò in ingresso un induttore di induttanza C [H]
ovvero un condensatore di capacità L [F].
Ponendo, per comodità, G=1S e tenendo conto delle relazioni (5.21) e (5.22)
si può scrivere:
il che conferma quanto detto sopra. Altrettanto facilmente si può dimostrare che se si
collega alla porta 2 di un giratore un resistore non lineare controllato in tensione, la
porta 1 si comporta come un resistore non lineare controllato in corrente.
fa (i 1 , i 2 ,ϕ 1 ,ϕ 2 ) = 0
fb (i 1 , i 2 ,ϕ 1 ,ϕ 2 ) = 0
Cercheremo ora di ricavare i legami funzionali tra le due coppie di correnti e flussi par-
tendo da un particolare caso fisico. A tale scopo consideriamo un toroide intorno a cui
sia disposto un avvolgimento costituito da N1 spire di materiale conduttore, come mo-
strato in figura:
d2 − d1 ≈ 0
Tutte queste ipotesi garantiscono che le linee di flusso del campo magnetico generato
dalla corrente che viene fatta scorrere nell'avvolgimento siano contenute all'interno del
toroide; tale campo magnetico sarà diretto tangenzialmente ad ogni circonferenza con
centro in O e con diametro compreso tra d1 e d2 (il verso del vettore campo magnetico
134 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dipenderà dal verso di scorrimento della corrente e può essere determinato con la rego-
la della mano destra) ed inoltre sarà costante in modulo lungo tutto il toroide, avendo
supposto che quest'ultimo abbia una struttura filiforme. Considero, allora, un cammino
medio C (come mostrato in figura) di diametro:
d1 + d2
d=
2
N 1i 1
∫H
C
1 ⋅ dl = N 1 i 1 ⇔ H 1πd = N 1 i 1 ⇒ H 1 =
πd
(5.24)
µN 1
B 1 = µH 1 = i1 (5.25)
πd
e quindi l'espressione del flusso del campo magnetico generato dalla corrente i1 e con-
catenato ad una generica spira dell'avvolgimento di sezione S. Tale flusso, nella generi-
ca sezione S del toro, varrà:
µS
ϕ 1 = ∫ B1 ⋅ d s = B 1 S = N 1i 1
S
πd
1 µS
ϕ 1 = ΛN 1i1 con Λ =
= (5.26)
ℜ πd
( Λ è detta permeanza mentre ℜ è la riluttanza magnetica )
Poniamo ora un secondo avvolgimento sul toroide ( in figura è disegnato separato dal
135
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In maniera analoga a quanto fatto per il primo avvolgimento, otterremo che il flusso
del campo magnetico generato dalla corrente i2 attraverso una generica sezione S del
toroide è pari a:
ϕ 2 = ΛN 2 i 2 (5.27)
Immaginiamo ora di far passare una corrente i1 diversa da zero nel primo avvolgimen-
to e di mantenere il secondo avvolgimento in condizione di circuito aperto; possiamo
così ricavare il flusso del campo magnetico generato dalla corrente i1 e concatenato, ri-
spettivamente, al primo e al secondo avvolgimento come segue:
i 1 ≠ 0 Φ = N 1ϕ 1 = ΛN 12 i 1
⇒ 11 (5.28)
i 2 = 0 Φ 21 = N 2ϕ 1 = ΛN 1 N 2 i 1
Immaginiamo ora di far passare una corrente i2 diversa da zero nel secondo avvolgi-
mento e di mantenere il primo avvolgimento in condizione di circuito aperto; possiamo
così ricavare il flusso del campo magnetico generato dalla corrente i2 e concatenato, ri-
spettivamente, al primo e al secondo avvolgimento come segue:
i 1 = 0 Φ 12 = N 1ϕ 2 = ΛN 1 N 2 i 2
⇒ 2
(5.29)
i 2 ≠ 0 Φ 22 = N 2ϕ 2 = ΛN 2 i 2
Immaginiamo ora di far passare una corrente i1 diversa da zero nel primo avvolgimen-
to ed una corrente i2 diversa da zero nel secondo avvolgimento; possiamo così ricavare
136 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
il flusso del campo magnetico generato dalla corrente i1 e dalla corrente i2 concatenato,
rispettivamente, al primo e al secondo avvolgimento come segue:
i 1 ≠ 0 Φ 1 = Φ 11 + Φ 12 = ΛN 1 i 1 + ΛN 1 N 2 i 2
2
⇒ (5.30)
i 2 ≠ 0 Φ 2 = Φ 21 + Φ 22 = ΛN 1 N 2 i 1 + ΛN 2 i 2
2
Φ 1 = L 11 i 1 + Mi 2
(5.31), e in forma matriciale :
Φ 2 = Mi 1 + L 22 i 2
Φ 1 L 11 M i 1
Φ= = ⋅ = L⋅i
Φ 2 M L 22 i 2
dΦ 1 di di
v = = L 11 1 + M 2
1 dt dt dt
v 2 = d Φ 2 di 1 di
=M + L 22 2
dt dt dt
Oppure, supponendo che i due induttori accoppiati siano inizialmente scarichi (cioè
con corrente iniziale nulla), si può scrivere:
t t
i1 L22 − M 0 ∫ v1 (τ )dτ ∫ v1 (τ )dτ
1 = Γ11 Γ0 0
i = det( L) ⋅ − M ⋅ t
L11 Γ0
⋅
Γ22 t
2
∫ 2v (τ ) dτ ∫ v2 (τ )dτ
0 0
dove si è posto:
Γ11 Γ0 L 22 L 11 M
Γ = L−1 = , con Γ11 = Γ22 = Γ0 = −
Γ0 Γ22 det(L) det(L) det(L)
138 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i 1 (0) = 0 e i 2 (0) = 0
Φ 1 (0) = 0 e Φ 2 (0) = 0
Essendo nulli i flussi, assumiamo questa condizione come quella cui corrisponde ener-
gia magnetica immagazzinata dal biporta (all'istante t=0) uguale a zero.
Integrando quest'ultima relazione tra gli estremi 0 e t e tenendo presente che, per ipo-
139
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
w(t) = L 11 i 12 + Mi 1 i 2 + L 22 i 22
1 1
(5.32)
2 2
1 L 11 M i 1 1 T
W= [i i 2 ]⋅ ⋅ = i Li ≥ 0
2 1 M L 22 i 2 2
L11 ≥ 0
L 22 ≥ 0 (5.33)
Det (L ) = L11L 22 − M 2 ≥ 0 ⇒ M 2 ≤ L11L 22
Dall'ultima relazione, si osserva che la mutua induttanza M può assumere anche valori
negativi e quindi sorge il problema di determinare il segno di M. Prima di far ciò, è op-
portuno introdurre il seguente parametro:
M
k= ⇒ M = k L 11 L 22 con 0 ≤ k ≤ 1 (5.34)
L 11 L 22
140 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Come si può verificare applicando la regola della mano destra, il flusso del campo ma-
gnetico generato dalla corrente del primo avvolgimento è diretto in senso orario e poi-
ché anche il flusso del campo magnetico generato dalla corrente nel secondo avvolgi-
mento ha la stessa direzione, possiamo concludere che quest'ultimo rafforza il primo.
Se invece invertiamo il verso della corrente sul secondo avvolgimento, cioè conside-
riamo una corrente sempre entrante ma pari a -I2, il flusso del campo magnetico gene-
rato da tale corrente sarà diretto in senso antiorario e quindi si oppone al flusso del
campo magnetico generato dalla corrente nel primo avvolgimento. Si può allora ritene-
re che l'energia magnetica nel primo caso sarà maggiore di quella nel secondo caso,
cioè:
1 1
1)W(I 1 , I 2 ) = L 11 I 12 + MI 1 I 2 + L 22 I 22
2 2
1 1
2)W(I 1 , − I 2 ) = L 11 I 1 − MI 1 I 2 + L 22 I 22
2
2 2
W(I 1 , I 2 ) > W(I 1 , − I 2 ) ⇒ MI 1 I 2 > − MI 1 I 2
Come si può verificare applicando la regola della mano destra, il flusso del campo ma-
gnetico generato dalla corrente del primo avvolgimento è diretto in senso orario men-
tre il flusso del campo magnetico generato dalla corrente nel secondo avvolgimento è
diretto in senso antiorario; possiamo, quindi, concludere che quest'ultimo si oppone al
primo. Se invece invertiamo il verso della corrente sul secondo avvolgimento, cioè con-
sideriamo una corrente sempre entrante ma pari a -I2, il flusso del campo magnetico
generato da tale corrente sarà diretto in senso orario e perciò rafforza il flusso del cam-
po magnetico generato dalla corrente nel primo avvolgimento. Si può allora ritenere
che l'energia magnetica nel secondo caso sarà maggiore di quella nel primo caso, cioè:
1 1 1 1
1)W(I 1 , I 2 ) = L 11 I 21 + MI 1I 2 + L 22 I 22 2)W(I 1 ,− I 2 ) = L 11 I 12 − MI 1 I 2 + L 22 I 22
2 2 2 2
W(I 1 ,− I 2 ) > W(I 1 , I 2 ) ⇒ - MI 1 I 2 > MI 1 I 2
Se invece la corrente in un induttore entra (esce) e la corrente del secondo induttore ac-
coppiato esce (entra) dal contrassegno, sarà M<0:
142 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Φ 1 L 11 M 12 M 13 i 1
Φ = M L 22 M 23 ⋅ i 2 (5.35)
2 12
Φ 3 M 13 M 23 L 33 i 3
In questo caso per determinare il segno dei tre coefficienti di mutua induttanza biso-
gnerà osservare l'andamento delle correnti sulle tre porte prese due a due, ossia appli-
care la suddetta convenzione alle porte 1 e 2 per trovare il segno di M12, alle porte 2 e 3
per trovare il segno di M23 e alle porte 1 e 3 per trovare il segno di M13.
143
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
2) non ci sono perdite ( in particolare, non ci sono correnti parassite né perdite per iste-
resi ed inoltre i due avvolgimenti avranno resistenza nulla);
Per le ipotesi fatte, possiamo ritenere che le linee di flusso del campo magnetico gene-
rato dalle correnti nei due avvolgimenti siano contenute tutte all'interno della struttura
e che tale campo sia costante lungo ogni cammino chiuso scelto all'interno di tale strut-
tura. Inoltre, non essendoci flussi dispersi, possiamo ritenere che il flusso del campo
magnetico risultante attraverso una generica sezione S del trasformatore ideale sia co-
stante per ogni sezione. Si può scrivere allora:
Tenendo poi presente che le resistenze dei due avvolgimenti sono nulle (e quindi non
si hanno su di essi cadute di tensione) si ottiene:
144 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dΦ 1 dϕ
v = = N1
1 dt dt v N
⇒ 1 = 1 =n (5.36)
v 2 = dΦ 2 = N 2 dϕ v2 N2
dt dt
∫ H ⋅ dl = N i
1 1 + N 2 i 2 ⇒ HL = N 1i 1 + N 2 i 2 , che posso scrivere come :
µS BS L
HL = N 1 i 1 + N 2 i 2 ⇒ L = N 1i 1 + N 2 i 2 ⇒ ϕ = N 1i 1 + N 2 i 2 ⇒
µS µS µS
L
ℜϕ = N 1 i 1 + N 2 i 2 (5.37) , con ℜ = riluttanza magnetica.
µS
i2 N
N 1i 1 + N 2 i 2 = 0 ⇒ = − 1 = −n (5.38)
i1 N2
v 1 = nv 2 v 1 0 n i 1
⇔ = ⋅ (5.39)
i 2 = − ni 1 i 2 − n 0 v 2
i1 i2
+ +
nv2 –n i 1
v1 + v2
–
– –
1) così come il giratore, è un elemento non energetico ovvero e' trasparente rispetto alla
potenza; infatti si ha:
v 1 (t)
p(t) = v 1 (t)i 1 (t) + v 2 (t)i 2 (t) = v 1 (t)i 1 (t) + (− ni 1 (t)) = 0
n
Infatti, tenendo conto delle (5.39) e delle relazioni scritte sopra, si ha:
146 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v 1 = nv 2 = nv R = nRi R = nR (− i 2 ) = nR(ni 1 ) = n 2 Ri 1
R
dove n è il rapporto di trasformazione
n2
Infatti, tenendo conto delle (5.39) e delle relazioni scritte sopra, si ha:
v 1 v R Ri R R(− i 1 ) R i 2 R
v2 = = = = = = 2 i2
n n n n nn n
Sono elementi ideali a tre terminali la cui caratteristica è esprimibile mediante le se-
guenti due equazioni:
f1 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0
f2 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0
147
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 6
Consideriamo un qualsiasi circuito lineare (nel quale cioè siano presenti elementi lineari e gene-
ratori indipendenti), tempo-invariante e dinamico (in cui, cioè, sia presente almeno un conden-
satore o un induttore). Supponiamo, per comodità (ma tale ipotesi non è restrittiva), che ci sia
un solo ingresso, ad esempio un generatore di tensione o di corrente, la cui forma d'onda, sup-
posta limitata con le sue derivate, sarà indicata con x(t), mentre indichiamo con y(t) una qual-
siasi risposta del circuito all'ingresso considerato (sono risposte del circuito, ad es., tutte le cor-
renti e tensioni di lato). Se il circuito soddisfa le suddette caratteristiche, ossia è un circuito di-
150 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
namico, lineare e tempo-invariante, allora tra l'ingresso x(t) scelto e la risposta y(t) considerata
sussiste una relazione di questo tipo:
L’ordine dell’equazione differenziale (6.1) dipende dall’ordine del circuito per cui essa
è scritta. Infatti, se il circuito è di ordine n anche l’equazione (6.1) sarà di ordine n.
Per fissare le idee se si considera un condensatore esso sarà indipendente se la sua ten-
sione non può essere espressa da una combinazione lineare delle tensioni di tutti o di
alcuni degli altri condensatori presenti nel circuito in esame. E’ facile comprendere che
ciò avviene se esiste una maglia fatta tutta di condensatori oppure di condensatori e
generatori di tensione (maglia capacitiva). In modo duale un induttore sarà indipen-
dente se la sua corrente non può essere espressa da una combinazione lineare delle
correnti di tutti o di alcuni degli altri induttori presenti nel circuito in esame. Anche in
questo caso si comprende subito che la condizione perché più induttori siano dipen-
denti è che ci sia una equazione che leghi le correnti degli induttori, questo accade se
nel circuito esiste un insieme di taglio (vedi cap. VI par. 7.2) costituito solo da induttori
e/o generatori di corrente (insieme di taglio induttivo). In altre parole si può dire che
se nel circuito è possibile individuare una gaussiana che tagli solo lati del circuito costi-
tuiti da induttori ed al più generatori di corrente, la legge di equilibrio delle correnti
che si può scrivere a questa gaussiana costituisce un vincolo per le correnti degli indut-
tori, implicando che ciascuno di essi può essere considerato non indipendente rispetto
agli altri.
Ad esempio l’ordine del circuito seguente è 3, infatti, il numero degli elementi con-
servativi è c = 5, il numero di maglie costituite da condensatori e generatori di ten-
sione è mc = 1 (si può scrivere l’equazione vc2 = vc3, in questo caso la maglia è costi-
tuita da soli condensatori ed è priva di generatori di tensione), mentre il numero di
insiemi di taglio costituiti da generatori di corrente ed induttori è it = 1 (si può scri-
vere l’equazione J = iL1 + iL2).
Le costanti ki possono essere determinate una volta note le n condizioni iniziali del cir-
cuito in esame. Per quanto riguarda l'integrale particolare ys(t) (che può essere deter-
minato, ad esempio, con il metodo dei 'coefficienti indeterminati') è possibile dimostra-
re che, essendo l'equazione differenziale lineare e a coefficienti costanti, tale funzione
152 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ys(t) sarà dello stesso tipo dell'ingresso x(t), cioè se l'ingresso è una funzione costante
tale sarà anche la funzione ys(t); se l'ingresso è una funzione sinusoidale tale sarà anche
la funzione ys(t), ecc. Diamo ora la seguente definizione: un circuito dinamico lineare e
tempo-invariante è detto asintoticamente stabile se tutte le sue frequenze naturali hanno una
parte reale negativa (ossia giacciono nel semipiano sinistro aperto del piano complesso). In tal
caso si verifica che:
Per tale motivo yh (t) è detta risposta transitoria mentre ys (t) è detta risposta a regime
(steady state). Da quanto detto appare evidente che fisicamente la risposta è effetto di
due cause: le condizioni iniziali e l'ingresso. Nei circuiti lineari tempo-invarianti e asin-
toticamente stabili al trascorrere del tempo il transitorio si esaurisce e rimane solo la ri-
sposta a regime. Tale risposta avrà una forma d'onda strettamente legata a quella del-
l'ingresso. Se l'ingresso non è presente e sono presenti le condizioni iniziali, allora y(t)
coincide con yh(t) e la risposta è detta a ingresso zero.
regime:
v R = Ri R
Relazioni di lato : di L (6.4)
v L = L dt
L.K.C. : i R = i L (6.5)
L.K.T. : v R + v L = 0 (6.6)
Posto:
R
L⋅s + R = 0 ⇒ s = − (6.8)
L
Si noti che R/L ha dimensioni pari a [s-1] cioè ha le dimensioni della frequenza. Da qui
deriva l'uso della denominazione di frequenza naturale. Il circuito ha, dunque, una sola
frequenza naturale data dalla (6.8) e, come si osserva, si tratta di un valore reale e nega-
tivo: conseguentemente il circuito in esame è asintoticamente stabile. In conclusione:
−Rt
i(t) = i h (t) = k e L (6.9)
Per determinare il valore della costante K occorre trovare una condizione iniziale e
precisamente il valore della corrente i(t) nell'istante 0+ ossia nell'istante immediatamen-
te successivo a t=0. Per far ciò cominceremo analizzando il circuito negli istanti prece-
denti a t=0 ed in particolare cercheremo di calcolare il valore della corrente i(t) nell'i-
154 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Tenendo presente quanto detto alla pagina precedente, essendo il circuito asintotica-
mente stabile avremo che, a regime, le correnti di lato (ma pure tutte le tensioni di lato)
devono seguire l'ingresso e poiché il generatore di tensione è costante anch'esse saran-
no tali, cioè costanti. Otteniamo, allora, quanto segue:
L.K.C. : i R = i L = I (6.10)
L.K.T. : v R + v L = v g ⇒ v R + v L = E (6.11)
v R = Ri R = RI (6.12)
di L dI
vL = L =L = 0 , essendo I costante. (6.13)
dt dt
E
RI = E ⇒ I = (6.14)
R
E
i L (0_) = i R (0_) = i(0_) = I = (6.15)
R
E
i(0_) = i(0 + ) = i(0) = I = (6.16)
R
−Rt
i(t) = i (t) = k e L
h −Rt
⇒ i(t) = E e L (6.17)
E R
i(0) =
R
La relazione (6.17) rappresenta l'andamento nel tempo della corrente ai capi dell'induttore (ed
anche di quella ai capi del resistore visto che sono uguali per la L.K.C.); possiamo ora facilmente
ricavare le tensioni di lato che sono date da:
−Rt
v R (t) = Ri(t) = E e L (6.18)
di(t) −Rt
v L (t) = L = − v R (t) = −E e L (6.19)
dt
E' facile verificare che il punto P ottenuto dall'intersezione con l'asse dei tempi delle
tangenti alle tre curve rispettivamente nei punti di coordinate (0,E/R) , (0,E) e (0,-E) ha
un'ascissa esattamente pari alla costante di tempo Ts=L/R. Osserviamo, inoltre, quanto
segue: sino a quando t<0, cioè prima che l'interruttore passi nella posizione 2, l'indutto-
re ha immagazzinato un'energia magnetica pari a:
2
LI = L[i(0 − )]2 = L
1 2 1 1 E
2 2 2 R
156 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
la quale, nel momento in cui l'interruttore viene chiuso portandolo nella posizione 2,
sarà a poco a poco dissipata nel resistore: tale scambio energetico si manifesta con la
presenza di una corrente. La velocità di dissipazione dell'energia magnetica è regolata
proprio dalla costante di tempo: se L aumenta allora l'energia immagazzinata nell'in-
duttore aumenterà (a parità di R) e quindi viene impiegato più tempo affinché essa si
dissipi completamente nel resistore (infatti Ts=L/R sarà maggiore). Viceversa, se L di-
minuisce sempre a parità di R diminuirà l'energia immagazzinata nell'induttore e
quindi anche il tempo necessario affinché essa si dissipi completamente nel resistore.
Considerazioni analoghe si possono fare aumentando o diminuendo R a parità di L. Se
R'> R avremo che Ts diminuisce con conseguente diminuzione del tempo impiegato
perché l'energia accumulata nell'induttore si dissipi sul resistore, mentre se R''< R a-
vremo che Ts aumenta con conseguente aumento del tempo impiegato perché l'energia
accumulata nell'induttore si dissipi sul resistore. Facciamo un'ultima considerazione:
posto I=E/R calcoliamo il valore della corrente i(t) in un istante t pari proprio alla co-
stante di tempo Ts; si ottiene, ricordando che e=2,718:
− R Ts
( )
i(Ts ) = I e L = I e −1 ≈ 0.37I
cioè dopo una costante di tempo la corrente i(t) si riduce a circa il 37% della corrente i-
niziale I. Vediamo cosa succede dopo quattro costanti di tempo:
− R 4Ts
( )
i(4Ts ) = I e L = I e − 4 ≈ 0.02I
cioè dopo quattro costanti di tempo la corrente i(t) si riduce al 2% circa della corrente
iniziale I. Tenendo presente, però, che con un comune strumento di misura si commet-
te un errore di circa il 2% sulla rilevazione del valore esatto, si può concludere che, an-
che se teoricamente il regime transitorio ha durata infinita (perché, in teoria, la corrente
i(t) si esaurisce completamente solo per t che tende ad infinito), in realtà dopo t=4Ts
non si è più in grado di apprezzare in maniera attendibile il valore della grandezza.
Pertanto, si può ritenere che il transitorio abbia una durata di circa quattro costanti di
tempo.
Ts, nella pratica, può assumere valori che vanno da qualche µs alle frazioni di secondo.
157
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v R = Ri R
Relazioni di lato : dv C (6.20)
i C = C dt
L.K.C. : i R = i C (6.21)
L.K.T. : v R + v C = 0 (6.22)
Posto:
1 1
C⋅s + =0 ⇒ s=− (6.24)
R RC
158 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il circuito ha, dunque, una sola frequenza naturale data dalla (6.24) e, come si osserva,
si tratta di un valore reale e negativo: ciò consente di affermare che il circuito in esame
è asintoticamente stabile. In conclusione:
− 1 t
v(t) = v h (t) = k e RC (6.25)
Per determinare il valore della costante K occorre trovare una condizione iniziale e
precisamente il valore della tensione v(t) nell'istante 0+ ossia nell'istante immediata-
mente successivo a t=0. Per far ciò cominceremo analizzando il circuito negli istanti
precedenti a t=0 ed in particolare cercheremo di calcolare il valore della tensione v(t)
Posto v C = V = cost. si ha :
L.K.C. : i R = i C (6.26)
L.K.T. : v R + v C = v g ⇒ v R + v C = E (6.27)
dv C dV
v R = Ri R = Ri C = RC = RC = 0 , essendo V costante (6.28)
dt dt
e quindi I=0 (vR=RI), il condensatore si comporta in questo caso come un circuito aper-
to.
vC = E ⇒ V = E (6.29)
A questo punto, poiché nell'istante t=0 si ha ai capi del condensatore una variazione di
corrente istantanea ma comunque limitata (essendo il generatore di tensione costante),
sfruttando il principio della continuità della tensione su un condensatore lineare e
tempo invariante (vedi paragrafo 2.2) possiamo affermare che:
− 1 t
v(t) = v h (t) = k e RC − 1 t
⇒ v(t) = E e RC (6.32)
v(0) = V = E
− 1 t
v R (t) = − v C (t) = − v(t) = − E e RC (6.33)
E − t
1
dv(t) v (t)
i C (t) = C = i R (t) = R = − e RC (6.34)
dt R R
E' facile verificare che il punto P ottenuto dall'intersezione con l'asse dei tempi delle
tangenti alle tre curve rispettivamente nei punti di coordinate (0,-E/R) , (0,E) e (0,-E) ha
un'ascissa esattamente pari alla costante di tempo Ts=RC.
Osserviamo, inoltre, quanto segue: sino a quando t<0, cioè prima che l'interruttore pas-
si nella posizione 2, il condensatore ha immagazzinato un'energia elettrica pari a:
1 1 1
CV 2 = C[v(0 − )]2 = CE 2
2 2 2
la quale, nel momento in cui l'interruttore viene chiuso portandolo nella posizione 2,
sarà a poco a poco dissipata nel resistore: tale scambio energetico avviene mediante
passaggio di corrente. La velocità di dissipazione dell'energia elettrica è regolata pro-
prio dalla costante di tempo: se C aumenta allora l'energia immagazzinata nel conden-
satore aumenterà (a parità di R) e quindi viene impiegato più tempo affinché essa si
dissipi completamente nel resistore (infatti Ts=CR sarà maggiore). Viceversa, se C di-
minuisce, sempre a parità di R, diminuirà l'energia immagazzinata nel condensatore e
quindi anche il tempo necessario affinché essa si dissipi completamente nel resistore.
Valgono anche le stesse considerazioni fatte nel caso della scarica di un induttore a
proposito della durata reale del regime transitorio.
3) Carica di un induttore.
Dai grafici che riportano l'andamento nel tempo delle correnti e tensioni di lato, sia nel
caso della scarica di un induttore sia in quello della scarica di un condensatore, si os-
serva che, per t tendente ad infinito, tali grandezze tendono tutte a zero: questo è in ac-
cordo col fatto che, essendo i due circuiti esaminati asintoticamente stabili, a regime
(cioè per t che tende ad infinito), tutte le uscite del circuito (ossia correnti e tensioni di
lato) devono seguire l'ingresso e poiché questo è nullo (infatti il generatore di tensione
viene escluso, in entrambi i processi di scarica, dal resto del circuito all'istante t=0) si
avrà che anche le uscite saranno tutte nulle. Inoltre nei due casi precedenti, essendo
161
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
nullo l'ingresso, la causa di una evoluzione dinamica delle tensioni e delle correnti era
rappresentata esclusivamente dalle condizioni iniziali, rispettivamente, sull'induttore e
sul condensatore. Considereremo ora un caso in cui nel circuito sia presente un ingres-
i L (0− ) = 0 (*)
D'altra parte, nell'istante t=0 quando il tasto del commutatore viene portato nella posi-
zione 1, il circuito diventa sede di corrente grazie all'inserimento del generatore di ten-
sione costante. In particolare, ai capi dell'induttore si avrà una variazione istantanea
ma comunque limitata della tensione: sfruttando, allora, il principio di continuità della
corrente su un induttore (vedi par. 2.3) possiamo scrivere:
i L (0 − ) = i L (0 + ) = i L (0) = 0 (**)
v g = E
Relazioni di lato : v R = Ri R (6.36)
di
v L = L L
dt
L.K.C. : i R = i L (6.37)
L.K.T. : v R + v L = v g (6.38)
Posto ora:
L'integrale particolare is(t) deve seguire l'ingresso (essendo il circuito lineare e tempo-
invariante) e poiché quest'ultimo è costante tale sarà anche is(t). Posso porre allora:
is(t)=A e per determinare il valore di A è sufficiente sostituire is(t) nell'equazione (6.39):
dA E
RA + L = E ⇒ RA = E ⇒ A = (6.41)
dt R
Quindi ottengo: is(t)=E/R. Per trovare poi ih(t) devo risolvere l'equazione omogenea as-
sociata all'equazione (6.39) che è data da:
di
Ri + L =0 (6.42)
dt
163
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
−Rt
i h (t) = k e L (6.43)
Per ricavare il valore della costante k sfrutteremo la condizione iniziale (**) come se-
gue:
−Rt E
i(t) = i h (t) + i s (t) = k e L + E E
R ⇒ i(0) = 0 = k + R ⇒ k = − R (6.44)
i(0 + ) = i L (0 + ) = 0
E − t
R
i(t) = 1 − e L = i L (t) = i R (t) (6.45)
R
Possiamo facilmente ricavare anche l'andamento nel tempo della tensione ai capi del-
l'induttore e del resistore come segue:
− t
R
v R (t) = Ri R (t) = Ri(t) = E 1 − e L (6.46)
di L (t) di(t) −Rt
v L (t) = L =L = E e L (6.47)
dt dt
Riportiamo ora su opportuni diagrammi le funzioni espresse dalle relazioni (6.45), (6.46) e
(6.47) come segue:
Dal primo grafico si osserva l'andamento della corrente i(t) nel tempo: per t tendente
ad infinito essa tende al valore costante E/R in accordo col fatto che, essendo il circuito
asintoticamente stabile, a regime ogni uscita deve seguire l'ingresso che in questo caso
è proprio un generatore di tensione costante. Considerazioni analoghe valgono per gli
altri due grafici: in particolare, dal terzo grafico notiamo, che per t tendente ad infinito,
la tensione ai capi dell'induttore tende a zero: questo risultato è in perfetto accordo con
quanto accadeva nel processo di scarica di un induttore, una volta raggiunta una con-
dizione di regime stazionario per t<0 (l'induttore si comporta come un cortocircuito).
4) Carica di un condensatore.
165
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per t<0, quando l'interruttore si trova nella posizione 2, il circuito è completamente inerte: in-
fatti, essendo escluso il generatore di tensione dal resto del circuito, non si ha alcuna circolazio-
ne di corrente. Di conseguenza è lecito supporre che:
v C (0 − ) = 0 (*)
D'altra parte, nell'istante t=0 quando l'interruttore viene portato nella posizione 1, il
circuito diventa sede di corrente grazie all'inserimento del generatore di tensione co-
stante. In particolare, ai capi del condensatore si avrà una variazione istantanea ma
comunque limitata della corrente: sfruttando, allora, il principio di continuità della ten-
sione su un condensatore (vedi par. 2.2) possiamo scrivere:
v C (0 − ) = v C (0 + ) = v C (0) = 0 (**)
Proponiamoci ora di determinare l'andamento della tensione sul condensatore per t>0.
Valgono le seguenti relazioni:
166 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v g = E
Relazioni di lato : v R = Ri R (6.48)
dv
i C = C C
dt
L.K.C. : i R = i C (6.49)
L.K.T. : v R + v C = v g (6.50)
Posto ora:
L'integrale particolare vs(t) deve seguire l'ingresso (essendo il circuito lineare e tempo-
invariante) e poichè quest'ultimo è costante tale sarà anche vs(t). Posso porre allora:
vs(t)=A e per determinare il valore di A è sufficiente sostituire vs(t) nell'equazione
(6.51):
dA
RC +A =E⇒A =E (6.53)
dt
Quindi ottengo: vs(t)=E. Per trovare poi vh(t) devo risolvere l'equazione omogenea
dv dv 1
RC +v=0⇒ + v=0 (6.54)
dt dt RC
− 1 t
v h (t) = k e RC (6.55)
Per ricavare il valore della costante k sfrutteremo la condizione iniziale (**) come segue:
− 1 t
v(t) = v h (t) + v s (t) = k e RC + E
⇒ v(0) = 0 = k + E ⇒ k = − E (6.56)
v(0 + ) = v C (0 + ) = 0
−
1
t
v(t) = E 1 − e RC = v C (t) (6.57)
Possiamo facilmente ricavare anche l'andamento nel tempo della tensione ai capi del
resistore e della corrente ai capi del condensatore e del resistore come segue:
dv(t) E − RC t
1
dv C (t)
i C (t) = C =C = e = i R (t)
(6.58)
dt dt R
− 1 t
v R (t) = Ri R (t) = Ri C (t) = E e RC (6.59)
Dal primo grafico si osserva l'andamento della corrente sul condensatore (uguale a
quella sul resistore) nel tempo: per t tendente ad infinito essa tende a zero in accordo
con quanto accadeva nel processo di scarica di un condensatore, una volta raggiunta
una condizione di regime stazionario per t<0. Mentre dal terzo grafico si osserva l'an-
damento nel tempo della tensione ai capi del condensatore e si nota che essa tende al
valore costante E per t tendente ad infinito: questo è in accordo col fatto che, essendo il
circuito asintoticamente stabile, a regime ogni uscita deve seguire l'ingresso che in que-
sto caso è proprio un generatore di tensione costante. Negli esempi considerati sinora
abbiamo visto che inserendo o disinserendo all'istante t=0 il generatore di tensione dal
resto del circuito si viene a creare un regime dinamico. Vedremo ora come questo stes-
so risultato può essere ottenuto modificando i parametri strutturali di un circuito e
mantenendo, però, invariata la sorgente. Si faccia riferimento al circuito mostrato in fi-
169
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
gura:
Per t<0, quando l'interruttore è sollevato, il resistore con resistenza R2 è collegato al re-
sto del circuito nel quale si instaura, sino all'istante immediatamente precedente a t=0,
un regime stazionario in cui ogni corrente o tensione di lato assume un valore costante,
in accordo col fatto che, essendo il circuito asintoticamente stabile (come verificheremo
fra poco), ogni uscita deve seguire l'ingresso (che in questo caso è rappresentato pro-
prio da un generatore di tensione costante). All'istante t=0 l'interruttore viene abbassa-
to escludendo, in tal modo, il secondo resistore dal resto del circuito: questa variazione
strutturale del circuito produce, come ora osserveremo, un regime dinamico. Propo-
niamoci di determinare come risposta del circuito l'andamento nel tempo della corren-
te ai capi dell'induttore: per far ciò ricaviamo prima la condizione iniziale, ossia il valo-
re della corrente sull'induttore nell'istante t=0-. Possiamo scrivere le seguenti relazioni:
v g = E
v 1 = R 1i 1
Relazioni di lato : v 2 = R 2 i 2 (6.60)
v L = L di L
dt
L.K.C. : i L = i 1 = i 2 = − i g (6.61)
L.K.T. : v L + v 1 + v 2 = v g (6.62)
Tenendo presente quanto detto prima e cioè che per t<0 il circuito raggiunge un regime
stazionario, possiamo porre:
dI
i L = cost. = I da cui segue : v L = L =0 (6.63)
dt
E
R 1i 1 + R 2 i 2 = E ⇒ R 1I + R 2 I = E ⇒ I = (6.64)
R1 + R 2
E
i L (0 − ) = I = (*)
R1 + R2
Abbassando l'interruttore nell'istante t=0 si avrà una variazione istantanea di tensione ai capi
dell'induttore ma comunque limitata (essendo limitato il generatore di tensione); invocando, al-
lora, il principio di continuità della corrente su un induttore (vedi pag. 29) possiamo scrivere:
E
i L (0 + ) = i L (0 − ) = I = (**)
R1 + R2
Esaminando ora il circuito per t>0 e tenendo presente che il secondo resistore viene so-
stituito da un corto circuito (quindi: v2 = 0 ), applicando la LKT si ha:
di
vL + v1 = vg ⇒ L + R 1i = E (6.65)
dt
dove si è posto : i L = i 1 = i
dA E
L + R 1A = E ⇒ R 1A = E ⇒ A =
dt R1
Per quanto riguarda, invece, l'integrale generale dell'equazione omogenea associata al-
l'equazione (6.65) esso si ricava in modo analogo a quanto fatto nei casi precedenti una
171
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
volta calcolata l'unica frequenza naturale del circuito pari a: s = - R1/L (Il fatto che sia
negativa ci garantisce che il circuito in esame è asintoticamente stabile):
− R1 t
i h (t) = k e L
Il valore della costante k si ricava sfruttando la condizione iniziale (**) ed ottenendo co-
sì:
− R1 t E
i(t) = k e L +
R E E − ER 2
1
⇒ i(0) = =k+ ⇒k=
i(0 ) = E R1 + R2 R1 R 1 (R 1 + R 2 )
+ R1 + R2
− 1t
R
i(t) =
E 1 − R2 e L (6.66)
R1 R1 + R2
Poiché la corrente varia nel tempo possiamo affermare che effettivamente nel circuito si
viene a creare un regime dinamico in seguito alla variazione parametrica apportata. In
generale, comunque, non è detto che ciò debba accadere: infatti se nel circuito prece-
dente sostituiamo l'induttore con un condensatore è facile verificare che la variazione
parametrica apportata sul secondo resistore non crea nessun regime dinamico e la ten-
sione ai capi del condensatore rimane costante nel tempo e pari ad E, cioè alla tensione
172 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
del generatore.
Supponiamo che la forma d'onda del generatore di corrente sia di questo tipo:
v C (0 − ) = v C (0 + ) = 0 (*)
vR
i R = R
dv
Relazioni di lato : i C = C C (6.68)
dt
g i = i 0
L.K.T. : v C = v R = − v g (6.69)
L.K.C. : i g = i C + i R (6.70)
Posto ora : v = v C la (6.70) si scrive come :
dv v dv v
C + = i 0 (t) ⇒ C + = I 0 cos(ωt + ϕ 0 ) (6.71)
dt R dt R
v s (t) = Vs cos(ωt + ϕ s )
Per determinare i valori dell'ampiezza e della costante di fase occorre sostituire vs(t)
nell'equazione (6.71), ottenendo:
dv s (t) v s (t)
C + = I 0 cos(ωt + ϕ 0 ) , da cui si ottiene :
dt R
V
− CVsωsen (ωt + ϕ s ) + s cos(ωt + ϕ s ) = I 0 cos(ωt + ϕ 0 ) ⇒
R
V
− CVsω [sen (ωt )cosϕ s + cos(ωt )senϕ s ] + s [cos(ωt )cosϕ s − sen (ωt )senϕ s ] =
R
= I 0 [cos(ωt )cosϕ 0 − sen (ωt )senϕ 0 ] (6.72)
Vs
− CVsωsenϕ s + R cosϕ s = I 0 cosϕ 0
(6.73)
CVsωcosϕ s + Vs senϕ s = I 0 senϕ 0
R
Vs2 I0
C 2 Vs2ω 2 + = I o2 ⇒ Vs = (6.74)
R2 2 21
C ω + 2
R
Per ricavare, invece, l'angolo di fase basta dividere membro a membro le due equazioni
del sistema (6.73) ottenendo:
senϕ s
Cωcosϕ s +
R CωR + tanϕ s
= tanϕ 0 ⇔ = tanϕ 0 ⇔
cosϕ s − Cω Rtan ϕ + 1
− Cωsenϕ s + s
R
tanϕ 0 − tanϕ s
CωR + tanϕ s = − CωRtanϕ s tanϕ 0 + tanϕ 0 ⇔ CωR = ⇔
(1 + tanϕ s tanϕ 0 )
CωR = tan (ϕ 0 − ϕ s ) ⇔ ϕ 0 − ϕ s = arctg (CωR ) ⇔
ϕ s = ϕ 0 − arctg (CωR ) (6.75)
− 1 t
v h (t) = k e RC
175
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per determinare il valore della costante k utilizziamo la condizione iniziale vista alla pagina
precedente, ottenendo:
− 1 t
v(t) = k e RC + Vs cos(ωt + ϕ s )
⇒ v(0) = 0 = k + Vs cosϕ s ⇒ k = − Vs cosϕ s
v(0) = 0
− 1 t
v(t) = − Vs cosϕ s e RC + Vs cos(ωt + ϕ s ) (6.76)
Come si può osservare dal grafico, a regime la risposta v(t) tende all'integrale partico-
lare vs(t), essendo il circuito asintoticamente stabile. Osserviamo, infine, quanto segue:
sinora, negli esempi fatti, per inserire o disinserire delle sorgenti come generatori di
tensione o di corrente costanti sono stati utilizzati degli interruttori che venivano ab-
bassati o sollevati all'istante t=0. Gli stessi risultati, però, possono essere ottenuti usan-
do dei generatori permanentemente inseriti nel circuito ma che si basano su forme
176 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Risulta, inoltre:
0 , t < 0
v s (t) = Eu(t) =
E , t > 0
Eu(t) − t
R
i(t) = i L (t) = 1 − e L
R
0 , t < t 0
v s (t) = Eu(t − t 0 ) =
E , t > t 0
Eu(t − t 0 ) − (t − t 0 )
R
i(t) = i L (t) = 1 − e L
R
Ci sono molte ragioni che giustificano il nostro studio delle condizioni iniziali. La più
importante, a questo punto, è che le condizioni iniziali devono essere note per poter
valutare le costanti arbitrarie che compaiono nell'integrale generale di un'equazione
177
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
E' possibile stabilire un'equivalenza tra alcuni elementi circuitali in termini di condi-
zioni iniziali; vediamo come:
Se nell'istante t=0, quando viene abbassato l'interruttore, alimentiamo con una sorgente
di tensione limitata l'induttore allora, come abbiamo già visto negli esempi precedenti,
si può affermare che:
i L (0 + ) = 0
circuito aperto:
Se l'induttore, nell'istante t=0-, è carico ossia è percorso da una corrente costante I0,
possiamo applicare quanto detto per l'induttore scarico nel seguente modo:
Se nell'istante t=0, quando viene sollevato l'interruttore, alimentiamo con una sorgente
di corrente limitata il condensatore allora, come abbiamo già visto negli esempi prece-
denti, si può affermare che:
v C (0 + ) = 0
Se il condensatore, nell'istante t=0-, è carico ossia ha ai suoi capi una tensione costante
Vo, possiamo applicare quanto detto per il condensatore scarico nel seguente modo:
Vogliamo valutare, ad esempio, i1 (0+) ed i2 (0+). Supponiamo, per comodità, che il con-
densatore e l'induttore siano inizialmente scarichi, cioè:
v C (0 − ) = 0 e i L (0 − ) = 0
Possiamo facilmente ricavare il circuito equivalente a quello di fig. 6.17 per t=0+ come
segue:
i 2 (0 + ) = 0 ⇒ v 2 (0 + ) = 0
E
v 1 (0 + ) = E ⇒ i 1 (0 + ) =
R1
181
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Se dovessimo applicare le equivalenze per t=0+ viste alla pagina precedente dovremmo
sostituire i due condensatori inizialmente scarichi con due cortocircuiti e ciò significa
supporre che:
v 1 (0 + ) = 0 e v 2 (0 + ) = 0
Ma è facile verificare che questo non è in accordo con la L.K.T. Infatti posso scrivere:
v 1 (0 + ) ≠ v 1 (0 − ) e v 2 (0 + ) ≠ v 2 (0 − )
182 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
0+
∫
q = i(t)dt con i(t) = i 1 (t) = i 2 (t).
0−
Si può scrivere dunque :
q q
v 1 (0 + ) = e v 2 (0 + ) =
C1 C2
Questa carica non può assumere valori arbitrari ma solo quello per cui è soddisfatta la
L.K.T. e cioè tale che:
q q E
+ =E⇒q =
C1 C 2 1 1
+
C1 C2
1 E 1 E
v 1 (0 + ) = e v 2 (0 + ) =
C1 1 + 1 C2 1 + 1
C1 C2 C1 C2
Una situazione analoga si viene a creare anche nel caso in cui i due condensatori (o an-
183
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
che uno solo di essi) siano inizialmente carichi, come mostrato in figura:
(Nota: si immagini che la tensione iniziale sui condensatori sia determinata da eventuali sor-
genti collegate ai due condensatori sino all'istante t=0 le quali non sono state tracciate per non
appesantire troppo il disegno). Applicando le equivalenze per t=0+ bisognerà sostituire i due
condensatori carichi con due generatori di tensione costanti e pari, rispettivamente, alle tensioni
iniziali sui due condensatori, per cui il circuito di fig. 6.20 diventa:
Dalla figura si osserva che, applicando la L.K.T. relativamente all'istante t=0+ si ha: V01
+ V02 = E, la quale relazione non è soddisfatta in generale essendo arbitrarie le tensioni
iniziali sui due condensatori. Allora bisogna concludere che:
v 1 (0 + ) ≠ v 1 (0 − ) e v 2 (0 + ) ≠ v 2 (0 − )
e queste variazioni istantanee di tensione ai capi di ciascun condensatore possono essere giustifi-
cate dal fatto che nel momento in cui viene abbassato l'interruttore, nell'istante t=0, si genera
un impulso di corrente: essendo tale corrente illimitata non è più possibile ricorrere alle equiva-
lenze mostrate in fig. 6.16 in quanto esse valgono solo nel caso in cui ci sia ai capi del condensa-
tore una corrente limitata. D'altra parte, tale impulso di corrente, che è lo stesso su entrambi i
condensatori, essendo questi ultimi collegati in serie, farà accumulare sulle armature di ciascun
condensatore una stessa carica q pari a:
0+
∫
q = i(t)dt con i(t) = i 1 (t) = i 2 (t).
0−
Si può scrivere dunque :
0+
1
v 1 (0 + ) = v 1 (0 − ) +
C1 ∫ i(t)dt
0−
ovvero :
q q
v 1 (0 + ) = v 1 (0 − ) + = V01 +
C1 C1
q q
e analogamente v 2 (0 + ) = v 2 (0 − ) + = V02 +
C2 C2
184 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si noti che in questo caso, l'impulso di corrente sarà dovuto alla presenza dei tre gene-
ratori di tensione. Questa carica non può assumere valori arbitrari ma solo quello per
cui è soddisfatta la L.K.T. relativamente all'istante t=0+ e cioè tale che:
q q E − V01 − V02
v 1 (0 + ) + v 2 (0 + ) = V01 + + V02 + =E⇒q =
C1 C2 1 1
+
C1 C2
Osserviamo, infine, che per evitare l'impulso di corrente è sufficiente collegare in serie ai con-
densatori un resistore in modo da limitare la corrente. Consideriamo ora il secondo caso e cioè
quello in cui esista un nodo nel quale convergono induttori e generatori di corrente. Ad esempio,
si prenda in esame il seguente circuito:
Se dovessimo applicare le equivalenze per t=0+ mostrate in fig. 6.13 dovremmo sosti-
tuire i due induttori inizialmente scarichi con due circuiti aperti e ciò significa supporre
che:
i 1 (0 + ) = 0 e i 2 (0 + ) = 0
Ma è facile verificare che questo non è in accordo con la L.K.C. Infatti posso scrivere:
185
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i 1 (0 + ) ≠ i 1 (0 − ) e i 2 (0 + ) ≠ i 2 (0 − )
Tale variazione istantanea di corrente ai capi di ciascun induttore può essere giustificata dal fat-
to che nel momento in cui viene sollevato l'interruttore, nell'istante t=0, si genera un impulso
di tensione: essendo tale tensione illimitata non è più possibile ricorrere alle equivalenze mostra-
te in fig. 6.13 in quanto esse valgono solo nel caso in cui ci sia ai capi dell'induttore una tensio-
ne limitata. D'altra parte, tale impulso di tensione, che è lo stesso su entrambi gli induttori es-
sendo questi ultimi collegati in parallelo, originerà su ciascun induttore uno stesso flusso ϕ pari
a:
0+
ϕ ϕ
i 1 (0 + ) = e i 2 (0 + ) =
L1 L2
Questo flusso non può assumere valori arbitrari ma solo quello per cui è soddisfatta la
L.K.C. e cioè tale che:
ϕ ϕ J
+ = J ⇒ϕ =
L1 L2 1 1
+
L1 L2
1 J 1 J
i 1 (0 + ) = e i 2 (0 + ) =
L1 1 + 1 L2 1 + 1
L1 L2 L1 L2
186 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Una situazione analoga si viene a creare anche nel caso in cui i due induttori (o anche
uno solo di essi) siano inizialmente carichi, come mostrato in figura:
(Nota: si immagini che la corrente iniziale sugli induttori sia determinata da eventuali
sorgenti collegate ai due induttori sino all'istante t=0 le quali non sono state tracciate
per non appesantire troppo il disegno).
Applicando le equivalenze per t=0+ bisognerà sostituire i due induttori carichi con due
generatori di corrente costanti e pari, rispettivamente, alle correnti iniziali sui due in-
Dalla figura si osserva che, applicando la L.K.C. relativamente all'istante t=0+ si ha: J01
+ J02 = J, la quale relazione non è vera in generale essendo arbitrarie le correnti iniziali
sui due induttori. Allora bisogna concludere che:
i 1 (0 + ) ≠ i 1 (0 − ) e i 2 (0 + ) ≠ i 2 (0 − )
e queste variazioni istantanee di corrente ai capi di ciascun induttore possono essere giustificate
dal fatto che nel momento in cui viene sollevato l'interruttore, nell'istante t=0, si genera un im-
187
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
pulso di tensione: essendo tale tensione illimitata non è più possibile ricorrere alle equivalenze
mostrate in fig. 6.14 in quanto esse valgono solo nel caso in cui ci sia ai capi dell'induttore una
tensione limitata. D'altra parte, tale impulso di tensione, che è lo stesso su entrambi gli indutto-
ri, essendo questi ultimi collegati in parallelo, darà origine su ciascun induttore ad uno stesso
flusso ϕ pari a:
0+
ϕ ϕ ϕ ϕ
i 1 (0 + ) = i 1 (0 − ) + = J 01 + e i 2 (0 + ) = i 2 (0 − ) + = J 02 +
L1 L1 L2 L2
ϕ ϕ J − J 01 − J 02
i 1 (0 + ) + i 2 (0 + ) = J 01 + + J 02 + = J ⇒ϕ =
L1 L2 1 1
+
L1 L2
1 J − J 01 − J 02 1 J − J 01 − J 02
i 1 (0 + ) = J 01 + e i 2 (0 + ) = J 02 +
L1 1 1 L2 1 + 1
+
L1 L2 L1 L2
Osserviamo, infine, che per evitare l'impulso di tensione è sufficiente collegare in pa-
rallelo agli induttori un resistore in modo da limitare la tensione.
188 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Anche per determinare le condizioni finali negli elementi, ossia quelle corrispondenti
ad un istante t infinito quando cioè viene raggiunta una condizione di regime staziona-
rio, è possibile sfruttare le seguenti equivalenze le quali si basano tutte sull'ipotesi che
le correnti e le tensioni siano costanti:
189
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Queste equivalenze possono essere sfruttate, per esempio, per determinare i valori di
tensione e corrente nell'istante t=0- purché nel circuito si instauri, per t<0, un regime
stazionario.
Si noti che non ci sono ingressi e le condizioni iniziali sono assegnate come dati del
problema. Si vuole determinare:
i L (t) , ∀t ≥ 0.
i R = Gv R , con G = 1 R
dv
Relazioni di lato : i C = C C (6.77)
dt
di L
v L = L dt
L.K.T. : v R = v C = v L (6.78)
L.K.C. : i R + i C + i L = 0 (6.79)
dv C dv
Gv R + C + i L = 0 ⇒ Gv L + C L + i L = 0 ⇒
dt dt
di L d2iL d 2 i L G di L 1
GL + CL 2 + i L = 0 ⇒ 2
+ + iL = 0 (6.80)
dt dt dt C dt CL
La (6.80) rappresenta l'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti del secondo ordine
relativa al circuito in esame: si osserva che essa è omogenea in accordo col fatto che gli ingressi
sono nulli. Poniamo ora:
G
α= : fattore di smorzamento
2C
1
ω0 = : pulsazione di risonanza
LC
Vedremo che questi due parametri caratterizzano il comportamento dinamico del circuito, ovve-
ro il tipo di risposta. L'equazione (6.80) si può riscrivere come:
191
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
d2i L di
2
+ 2α L + ω o2 i L = 0 (6.81)
dt dt
Per risolvere tale equazione differenziale ci serviranno due condizioni iniziali relative
alla corrente sull'induttore; la prima è assegnata:
i L (0 + ) = J 0 (*)
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e distinte ed inoltre sono
entrambe negative per cui il circuito è asintoticamente stabile. L'integrale generale dell'equa-
zione (6.81) sarà:
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali (*) e (**) otte-
nendo:
i L (0 + ) = J 0 = k 1 + k 2
di L (0 + ) V0 , che risolto dà :
dt = L = k 1 s 1 + k 2 s 2
1 V0 1 V0
k1 = − s2 J0 e k 2 = − + s1 J 0
s1 − s2 L s1 − s2 L
Sostituendo tali valori nella (6.82) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un anda-
mento di questo tipo:
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e coincidenti nel
valore -α; poiché, inoltre, tale valore è negativo avremo che il circuito è asintoticamente
stabile. L'integrale generale dell'equazione (6.81) è dato da:
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali (*) e (**) ottenendo:
i L (0 + ) = J 0 = k 1
di L (0 + ) V0 , che risolto dà :
dt = L = −αk 1 + k 2
V
k 1 = J 0 e k 2 = 0 + αJ 0
L
Sostituendo tali valori nella (6.83) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un
andamento che è simile a quello del caso precedente ma lo smorzamento avviene in
modo più lento.
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono complesse e coniugate (poiché la
loro parte reale è negativa il circuito è asintoticamente stabile). Si pone:
ω d = ω o2 − α 2 e quindi : s 1 2 = −α ± jω d
194 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Im
k1 = a + jb
k2 = a – jb
k1
x
ρ
b
ϕ
a
0 Re
fig. 6.28a
x
k2
Pertanto si avrà:
ρcosϕ
k1 + k2 = 2a = 2ρ ϕ
ρsenϕ
k1 – k2 = 2jb = 2jρ ϕ
conseguentemente si ottiene:
195
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
iL(t) = 2ρ αt(cosϕ
ρe-α ϕcosω
ωdt - senϕ
ϕsenω
ωdt)
ovvero:
αt cos(ω
iL(t) = ke-α ωdt + ϕ) (6.84)
i L (0 + ) = J 0 = kcosϕ
di L (0 + ) V0 che risolto dà :
dt = L = −αkcosϕ − kω d senϕ
V0 α J J0
ϕ = − arctg + e k = 0 =
LJ ω
0 d ω d cosϕ V0 α
cos arctg +
LJ 0ω d ω d
Sostituendo tali valori nella (6.84) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un
andamento oscillatorio con ampiezza decrescente. I minimi e i massimi giacciono sulle
due esponenziali che costituiscono l'inviluppo della risposta (vedi fig. 6.29):
196 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ωd = ω0 e s 1 2 = ± jω 0
Come si osserva le due frequenze naturali sono complesse e coniugate ma la loro parte
reale è nulla, cioè sono disposte sull'asse immaginario del piano complesso: ne segue
che il circuito non è asintoticamente stabile. L'andamento nel tempo della corrente sul-
l'induttore si ricava dalle relazioni ottenute nel caso precedente ponendo α=0 e ωd=ω0:
con:
V0 J J0
ϕ = −arctg e k = 0 =
LJ 0ω 0 cosϕ V0
cos arctg
LJ 0ω 0
197
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per t<0 il generatore di corrente è escluso dal resto del circuito e perciò si può scrivere:
i L (0 − ) = 0 e v C (0 − ) = 0
i L (0 + ) = i L (0 − ) = 0 e v C (0 + ) = v C (0 − ) = 0 (*)
i R = Gv R , con G = 1 R
dv
i C = C C
dt
Relazioni di lato : (6.86)
v L = L L di
dt
i g = − J 0
L.K.T. : v R = v C = v L = v g (6.87)
L.K.C. : i R + i C + i L = J 0 (6.88)
198 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dv C dv
Gv R + C + i L = J 0 ⇒ Gv L + C L + i L = J 0 ⇒
dt dt
di L d2i L d 2 i L G di L 1 J
GL + CL 2 + i L = J 0 ⇒ 2
+ + iL = 0 (6.89)
dt dt dt C dt CL CL
La (6.89) rappresenta l'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti del secondo ordine
relativa al circuito in esame: si osserva che essa ha un termine noto costante in accordo col fatto
che è presente in ingresso un generatore di corrente costante. Poniamo ora:
G
α= : fattore di smorzamento
2C
1
ω0 = : pulsazione di risonanza
LC
d2i L di
2
+ 2α L + ω o2 i L = ω o2 J 0 (6.90)
dt dt
Per risolvere tale equazione differenziale ci serviranno due condizioni iniziali relative
alla corrente sull'induttore; la prima è assegnata:
i L (0 + ) = 0
i Ls (t) = cost. = A
ω o2 A = ω o2 J 0 ⇒ A = J 0
Ora per ricavare l'integrale generale dell'equazione (6.90) bisogna prima calcolare l'in-
tegrale generale dell'equazione omogenea ad essa associata che coincide, come si può
osservare, con quella esaminata nel caso precedente relativamente al circuito con in-
gresso nullo. L'equazione caratteristica è la seguente:
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e distinte ed inoltre sono
entrambe negative per cui il circuito è asintoticamente stabile. L'integrale generale dell'equa-
zione (6.90) sarà:
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali già ricavate ot-
tenendo:
i L (0 + ) = 0 = k 1 + k 2 + J 0
di L (0 + ) , che risolto dà :
dt = 0 = k 1 s 1 + k 2 s 2
s J − s1 J 0
k1 = 2 0 e k2 =
s1 − s2 s1 − s2
Sostituendo tali valori nella (6.92) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un
andamento di questo tipo:
Come si osserva dal grafico, a regime, la corrente sull'induttore tende al valore costante
J0 in accordo col fatto che, essendo il circuito lineare, tempo-invariante e asintoticamen-
te stabile, ogni risposta deve seguire l'ingresso che in questo caso è un generatore di
corrente costante. Ciò vale anche per tutte le correnti e tensioni di lato il cui andamento
201
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e coincidenti nel valore -α;
poiché, inoltre, tale valore è negativo avremo che il circuito è asintoticamente stabile. L'integrale
generale dell'equazione (6.81) è dato da:
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali già ricavate ottenendo:
i L (0 + ) = 0 = k 1 + J 0
di L (0 + ) , che risolto dà :
dt = 0 = −αk 1 + k 2
k 1 = − J 0 e k 2 = −αJ 0
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono complesse e coniugate (poiché la loro parte
reale è negativa il circuito è asintoticamente stabile). Si pone:
ω d = ω o2 − α 2 e quindi : s 1 2 = −α ± jω d
Tali valori possono essere rappresentati nel piano complesso come segue:
202 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
di L (t )
= − kαe −αt cos(ω d t + ϕ ) − ke −αtω d sen (ω d t + ϕ )
dt
otterremo:
ϕ +J0 = 0
iL(0+) = kcosϕ
di L (0 + )
= −kαcosϕ − kω d senϕ
dt
ovvero:
α -J 0 -J 0
ϕ = −arctg e k= =
ωd cosϕ α
cos arctg
ω d
203
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ωd = ω0 e s 1 2 = ± jω 0
Come si osserva le due frequenze naturali del circuito sono complesse e coniugate e
hanno una parte reale nulla, cioè sono disposte sull'asse immaginario del piano com-
plesso: quindi il circuito non è asintoticamente stabile. L'andamento nel tempo della
corrente sull'induttore si ricava dalla relazione trovata nel caso precedente ponendo
però ωd=ω0,α=0 e ϕ=0:
ω0
Q= : fattore di qualitá o di risonanza parallelo
2α
Nei due circuiti appena esaminati Q è detto fattore di qualità parallelo e vale:
204 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1
ω 1 C
Q = 0 = LC =
2α 2 G G L
2C
1
Q< : condizione di sovrasmorzamento.
2
1
Q = : condizione di smorzamento critico.
2
1
Q > : condizione di sottosmorzamento.
2
Q = +∞ : condizione di perdite nulle.
Considereremo ora altri due esempi di risposta in ingresso nullo e risposta con ingres-
so diverso da zero nel caso però di un collegamento di tipo serie. Verranno riportate
solo le relazioni fondamentali senza illustrare il procedimento di calcolo essendo que-
sto simile a quello svolto nei casi precedenti. Si prenda in esame il seguente circuito:
Vogliamo determinare l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore.
Combinando le seguenti relazioni:
205
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v R = Ri R
dv C
i C = C
dt
di L
v L = L dt
L.K.C. i R = i L = i C
L.K.T. v L + v C + v R = 0
d2vC dv C R 1
+ 2α + ω o2 v C = 0 con α = e ω0 =
dt 2 dt 2L LC
v C (0 + ) = E
dv C (0 + ) i C (0 + ) i L (0 + )
dt = = =0
C C
Le frequenze naturali del circuito sono le due radici dell'equazione caratteristica e cioè:
s 1 2 = −α ± α 2 − ω o2
v g = E
v R = Ri R
dv
i C = C C
dt
di L
v L = L
dt
L.K.C. i R = i L = i C
L.K.T. v L + v C + v R = E
d2vC dv C R 1
2
+ 2α + ω o2 v C = ω o2 E con α = e ω0 =
dt dt 2L LC
v C (0 + ) = 0
dv C (0 + ) i C (0 + ) i L (0 + )
dt = = =0
C C
Le frequenze naturali del circuito sono le due radici dell'equazione caratteristica e cioè:
s 1 2 = −α ± α 2 − ω o2
Per i due circuiti appena esaminati possiamo definire un fattore di qualità o fattore di
208 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
risonanza serie:
1
ω0 LC 1 L
Q= = =
2α R R C
2
2L
Consideriamo il seguente circuito del secondo ordine di cui siano già assegnate le con-
dizioni iniziali:
Dalla conoscenza della corrente iniziale sull'induttore e della tensione iniziale sul con-
densatore cioè, in altri termini, dalla conoscenza del contenuto energetico immagazzi-
nato nell'induttore e nel condensatore sino all'istante t=0, è stato possibile ricavare (ve-
di paragrafo 6.4) l'andamento di tutte le tensioni e correnti di lato, ossia qualsiasi rispo-
sta del circuito, non solo nell'istante iniziale t=0 ma anche in quelli successivi, cioè per
t>0. Possiamo allora, sulla base di questa osservazione, generalizzare la procedura co-
me segue: supponiamo che in un circuito dinamico siano presenti p accumulatori (con-
densatori o induttori, ossia elementi in grado di immagazzinare energia) e che sia pos-
sibile individuare p variabili (una per ogni accumulatore) le quali ci consentano di co-
noscere il contenuto energetico dell'accumulatore a cui sono rispettivamente associate
in ogni istante t>0. Tali variabili sono dette variabili di stato e le indicheremo con:
209
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Nota: in generale le variabili di stato "fisiche" conviene che siano scelte in modo tale
che il loro quadrato sia proporzionale al contenuto energetico dell'accumulatore a cui
sono associate: per questo motivo si sceglie la tensione per i condensatori e la corrente
per gli induttori). Possiamo a questo punto dare la definizione di stato di un circuito:
in assenza di ingressi, esso rappresenta il numero minimo di variabili di stato (ossia le variabili
scelte devono essere fra loro indipendenti) la cui conoscenza in un istante iniziale t0 mi permette
di ricavare le stesse variabili anche in quelli successivi a quello iniziale; se nel circuito sono pre-
senti degli ingressi, lo stato del circuito viene definito allo stesso modo aggiungendo, però, che è
necessario conoscere gli ingressi non solo nell'istante iniziale ma anche in quelli relativi all'in-
tervallo di osservazione considerato.
Mostreremo con l'aiuto di esempi che mediante l'uso delle variabili di stato si perviene alla
scrittura di un sistema di equazioni differenziali del primo ordine la cui soluzione porta alla co-
noscenza dell'andamento nel tempo delle stesse variabili di stato che consente di ricavare, suc-
cessivamente, l'andamento nel tempo di tutte le correnti e tensioni di lato come combinazioni
lineari delle variabili di stato. Il metodo delle variabili di stato viene frequentemente utilizzato
perché consente una facile implementazione al calcolatore e si presta, in particolare, per l'analisi
di quei circuiti la cui soluzione porterebbe alla scrittura di un'equazione differenziale di ordine
elevato: con il metodo delle variabili di stato, invece, si perviene ad un sistema di n equazioni
differenziali tutte del primo ordine. Il metodo è poi particolarmente utile per la soluzione dei cir-
cuiti non lineari. Vediamo ora di applicare il metodo delle variabili di stato al circuito di fig.
6.34: scegliamo come variabili di stato la corrente sull'induttore e la tensione sul condensatore;
si tratta di ricavare due equazioni differenziali del primo ordine che coinvolgano tali variabili.
Sussistono le seguenti relazioni:
i R = Gv R con G = 1 R (6.97)
dv
Relazioni di lato : i C = C C (6.98)
dt
di L
v L = L dt (6.99)
L.K.T. : v R = v L = v C (6.100)
L.K.C. : i R + i L + i C = 0 (6.101)
210 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
di L v C
= (*)
dt L
dv C dv
i R + i L + i C = 0 ⇒ Gv R + i L + C = 0 ⇒ Gv C + i L + C C = 0 ⇒
dt dt
dv C i G
= − L − vC (**)
dt C C
Si ottiene allora il seguente sistema di due equazioni differenziali del primo ordine:
di L v C
=
dt L
(6.102)
dv C = − 1 i L − G v C
dt C C
1
x 1 0 L x1
x = 1 ⇔ x = Ax (6.103)
2 − G x 2
−
C C
x x
con x = 1 vettore delle derivate prime e x = 1 vettore di stato.
x 2 x 2
211
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
x 1 (0 + ) J 0 J0
x (0 ) = V ⇔ x(0 + ) = x 0 con x 0 = (6.104)
2 + 0 V0
Tale soluzione è detta risposta libera del circuito perché non ci sono ingressi e, come si
può osservare, essa dipende esclusivamente dalle condizioni iniziali nel circuito. Pos-
siamo esprimere la soluzione del sistema (6.102) senza ricorrere alla matrice di transi-
zione di stato ma servendosi degli autovalori della matrice A. In generale, gli autovalo-
ri di una matrice A, che indicheremo col simbolo s, si ottengono come soluzione della
seguente equazione: det[A-sI]=0 , dove I è la matrice identica. Nel nostro caso si ha:
−s 1
L
det[A − sI] = det
1 G
− − − s
C C
Nota.
E' facile verificare che gli autovalori della matrice A coincidono con le frequenze natu-
rali precedentemente calcolate (vedi par. 6.4). Infatti:
G 1
det[A − sI] = s 2 + s+ =0
C LC
G 1
posto α = e ω0 = si ha: s2+2αs+ ω 02 = 0
2C LC
212 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
che coincidono con le frequenze naturali del circuito. Supponiamo che i due autovalori
ottenuti siano tra loro distinti. Una volta determinati gli autovalori della matrice A, bi-
sogna calcolare gli autovettori ad essi associati. Nel nostro caso, se indichiamo tali au-
tovettori con:
η 11 η 12
η1 = e η2 =
η 21 η 22
essi sono i vettori non nulli che soddisfano la seguente equazione matriciale:
1
− s 1η 11 + η 21 = 0
L
1
− η 11 − + s 1 η 21 = 0
G
C C
Tenendo presente che bisogna escludere la soluzione banale di tale sistema omogeneo
di due equazioni in quanto gli autovettori sono sempre diversi dal vettore nullo ed os-
servando che il sistema ammette infinite soluzioni, possiamo scrivere dalla prima e-
quazione:
1
η11 = η 21 , da cui segue che le soluzioni del sistema sono tutte
Ls1
del tipo : (β , Ls1 β ). Posto allora β = 1 ottengo come soluzione :
η 1
η 1 = 11 =
η 21 Ls1
213
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
η 12 1
η2 = =
η 22 Ls 2
A questo punto, avendo supposto che gli autovalori siano distinti, si può scrivere la so-
luzione del sistema (6.103), cioè il vettore di stato, come segue:
(
x(t) = k 1 e
s1t
)η + (k e )η
1 2
s2 t
2 (6.105)
Il valore delle costanti k1 e k2 si ricava utilizzando lo stato iniziale; si può poi verificare
la perfetta corrispondenza tra queste risposte (ossia la corrente sull'induttore e la ten-
sione sul condensatore) ricavate con il metodo delle variabili di stato e le stesse ricavate
in precedenza. Consideriamo ora il caso in cui l'ingresso non sia nullo (supporremo,
comunque, che esso sia noto in tutto l'intervallo di osservazione e non solo nell'istante
iniziale). Si prenda in esame il seguente circuito:
Si tenga presente che ciascuno dei due interruttori disposti in parallelo, quando è ab-
bassato, serve per escludere completamente dal resto del circuito il generatore di cor-
rente ad esso corrispondente. Le condizioni iniziali si ricavano osservando il circuito
equivalente a t=0- in condizioni di regime stazionario e tenendo presente che nell'istan-
te t=0 si ha una variazione istantanea ma limitata di corrente sul condensatore e di ten-
sione sull'induttore:
214 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i g = J s (6.106)
i R = Gv R (6.107)
Relazioni di lato : i = C dv C (6.108)
C
dt
di L
v L = L (6.109)
dt
L.K.C. : i R + i C + i L = J s (6.110)
L.K.T. : v R = v C = v L (6.111)
Tenendo conto della (6.111) si possono scrivere la (6.109) e la (6.110) come segue:
di L 1
dt = L v C
(6.112)
dv C = − 1 i L − G v C + J s
dt C C C
Posto ora:
1
x 1 0 0
L x1 + 1 J
=
x 1 ⇔ x = Ax + Bu (6.113)
G x s
2 − − 2 C
C C
x x
con x = 1 vettore delle derivate prime e x = 1 vettore di stato.
x 2 x 2
0
Inoltre B = 1 mentre u é scalare e pari a J s
C
x 1 (0 + ) J 0 J0
x (0 ) = 0 ⇔ x(0 + ) = x 0 con x 0 = (6.114)
2 + 0
v g = E (6.116)
v R = Ri R (6.117)
Relazioni di lato : i = C dv C (6.118)
C
dt
di L
v L = L (6.119)
dt
L.K.T. : v R + v C + v L = E (6.120)
L.K.C. : i R = i C = i L (6.121)
Tenendo conto della (6.121) si possono scrivere la (6.118) e la (6.120) come segue:
217
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
di L R 1 1
= − i L − vC + E
dt L L L
(6.122)
dv C = 1 i L
dt C
Posto ora:
R 1
x 1 − L − 1
L x1 + E x = Ax + Bu (6.123)
x = 1 x L ⇔
2 0 2 0
C
x 1 x1
con x = vettore delle derivate prime e x = vettore di stato.
x 2 x 2
1
Inoltre B = L mentre u é scalare e pari a E
0
x 1 (0 + ) 0
x (0 ) = 0 ⇔ x(0 + ) = 0 (6.124)
2 +
Il circuito presenterà allora solo la risposta forzata (cioè quella dipendente dall'ingresso
essendo nulle le condizioni iniziali) che è esprimibile come (vedi pagina precedente):
218 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t
x(t) = ∫ e A (t −τ ) Bu(τ )dτ (6.125)
0
Consideriamo, infine, un ultimo esempio dal quale sarà evidente come sia difficile, per
circuiti leggermente più complessi di quelli esaminati finora, determinare le equazioni
differenziali che coinvolgono le variabili di stato. Si faccia riferimento al circuito mo-
strato in figura:
vg = E (6.126)
v =R i (6.127)
1 1 1
v 2 = R 2 i 2 (6.128)
di L
vL = L (6.129)
dt
i C = C dv C (6.130)
dt
i1 + i2 + iC = 0 (6.131)
i2 = iL (6.132)
v1 − vC = E (6.133)
v2 + vL − vC = E (6.134)
219
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v 1 = R 1 i 1 = −R 1 (i C + i L ) (6.135)
dv
− R1 C C + i L − vC = E (*)
dt
di L
R2i L + L − vC = E (**)
dt
Riordinando le relazioni (*) e (**) si ottiene il sistema di due equazioni differenziali del
primo ordine avente come incognite le variabili di stato scelte:
di L R2 1 E
dt = − L i L + L v C + L
dv 1 1 E
(6.136)
C = − iL − vC −
dt C CR 1 CR 1
Posto ora:
220 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
R2 1 1
−
x 1 L L x 1 L
x = 1 1 x
+
1
E ⇔ x = Ax + Bu (6.137)
2 − − 2 −
C CR 1 R 1C
x 1 x
con x = vettore delle derivate prime e x = 1 vettore di stato.
x 2 x 2
1
Inoltre B = L1 mentre u é scalare e pari a E
−
R 1C
x 1 (0 + ) 0
x (0 ) = 0 ⇔ x (0 + ) = 0 (6.138)
2 +
Il circuito presenterà allora solo la risposta forzata (cioè quella dipendente dall'ingresso
essendo nulle le condizioni iniziali) che è esprimibile come:
∫
x(t) = e A (t −τ ) Bu(τ )dτ
0
(6.139)
Nota: abbiamo visto finora due metodi che ci consentono di descrivere la dinamica di
un circuito, il primo mediante una sola equazione differenziale scalare di ordine n (ge-
neralmente n è uguale a 2) il secondo mediante un sistema di n equazioni differenziali
del primo ordine. I due metodi sono comunque equivalenti ed è sempre possibile pas-
sare dal sistema di equazioni differenziali all'equazione differenziale scalare ad esso
associata (il passaggio inverso è possibile ma richiede l'introduzione delle cosiddette
variabili di fase). Ad esempio, nel caso in cui n=2 si ha:
221
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
x 1 = a 11 x 1 + a 12 x 2 + u 1 (*)
x 2 = a 21 x 1 + a 22 x 2 + u 2 (**)
x1 = a 11 x 1 + a 12 x 2 + x 1
x1 = a 11 (a 11 x 1 + a 12 x 2 + u 1 ) + a 12 (a 21 x 1 + a 22 x 2 + u 2 ) + u 1 (* * *)
( )
2 + a a x + a x (a + a ) + a u + a u + u
x1 = a 11 12 21 1 12 2 11 22 11 1 12 2 1
a 12 x 2 = x 1 − a 11 x 1 − u 1
x1 = (a 11
2
+ a 12 a 21 ) x 1 + (x 1 − a 11 x 1 − u 1 )(a 11 + a 22 ) + a 11 u 1 + a 12 u 2 + u 1 ⇒
x1 − (a 11 + a 22 ) x 1 − (a 12 a 21 − a 11a 22 ) x 1 + a 22 u 1 − a 12 u 2 − u 1 = 0
222 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Nel seguente paragrafo analizzeremo tre metodi attraverso i quali sarà possibile de-
terminare la risposta di un circuito ad un ingresso rappresentato da una corrente o ten-
sione impulsiva; per comodità, considereremo solo circuiti dinamici del primo ordine,
ovviamente lineari e tempo-invarianti. Ad esempio, si prenda in esame il circuito mo-
223
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
strato in figura:
Da un punto di vista qualitativo possiamo affermare quanto segue: per t<0 l'ingresso è
nullo, la tensione iniziale sul condensatore è nulla e quindi il circuito è completamente
inerte. Nell'istante t=0+ si ha una variazione istantanea, ma comunque limitata, di cor-
rente ai capi del condensatore la cui tensione rimane, quindi, costante e pari al valore
che aveva nell'istante t=0- cioè zero; in altri termini, nell'istante t=0+ il condensatore si
comporta come un cortocircuito. Di conseguenza, la corrente del generatore scorre e-
sclusivamente nel condensatore provocando, gradualmente, l'instaurarsi di una certa
carica sulle sue armature; questo a sua volta, determina un progressivo aumento della
tensione sul condensatore e quindi anche sul resistore, visto che i due elementi sono in
parallelo. In tal modo, però, la corrente fornita dal generatore passa anche attraverso il
resistore e perciò la tensione sul condensatore aumenterà sempre più lentamente. Infi-
ne, a partire dall'istante t = ∆, viene escluso il generatore di corrente e quindi comincia
il processo di scarica del condensatore: cioè avremo circolazione di corrente sino a
quando si esaurisce l'energia elettrica immagazzinata nel condensatore sino all'istante t
= ∆. Intuitivamente, l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore può
essere così schematizzato:
224 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v R (t) dv (t)
i R (t) + i C (t) = i s (t) ⇔ + C C = p ∆ (t) ⇔
R dt
v C (t) dv C (t) dv C (t) v C (t) 1
+C = p ∆ (t) ⇔ + = p ∆ (t) (6.140)
R dt dt CR C
dv C1 v C1 1
per t ∈ ]0, ∆[ la (6.140) diventa : + = (*)
dt RC C∆
L'integrale particolare è costante, essendo tale l'ingresso, e può essere ricavato nel se-
guente modo:
R R
v C1 (0 + ) = 0 = k + ⇔ k=−
∆ ∆
In definitiva si ottiene:
R
t
−
v C1 (t) = 1 − e RC per t ∈ ]0, ∆[ (**)
∆
Tenendo presente che per ricavare la risposta all'impulso dovremo far tendere ∆ a zero,
è lecito considerare ∆ molto piccolo e quindi, essendo anche t < ∆, è possibile sviluppa-
re in serie la seguente quantità:
t 2 3
+
− t 1 t 1 t t
e RC =1− − + .... ≈ 1 −
RC 2 RC 6 RC RC
Di conseguenza si ottiene:
R t t
v C1 (t) = 1 − 1 + = , per t ∈ ]0, ∆[ (6.141)
∆ RC C∆
Questo può essere interpretato come il contributo alla tensione sul condensatore nel ca-
so di ingresso diverso da zero e stato nullo. Si noti che la pendenza dell'andamento del-
la tensione sul condensatore, nell'intervallo ]0,∆[, è 1/∆C: tale valore è molto grande
poiché ∆ è molto piccolo. Se ora consideriamo, invece, gli istanti di tempo per t>∆ pos-
siamo ricavare il contributo alla tensione sul condensatore nel caso di ingresso nullo e
stato diverso da zero come integrale generale della seguente equazione differenziale:
dv C2 v C2
+ = 0 (*) , per t > ∆
dt RC
226 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Tenendo conto che la precedente equazione vale solo per istanti di tempo successivi al-
l'istante t=∆, il suo integrale generale sarà esprimibile mediante una relazione di questo
tipo:
(t − ∆ )
−
v C2 (t) = v C2h (t) = ke RC u(t − ∆)
R
∆
−
v C2 ( ∆ + ) = v C2 ( ∆ − ) = v C1 ( ∆ ) = 1 − e RC
∆
La prima uguaglianza deriva dal fatto che la tensione sul condensatore non presenta
discontinuità istantanee poiché la corrente rimane sempre limitata. Sviluppiamo in se-
rie la seguente quantità:
∆ 2 3
+
− ∆ 1 ∆ 1 ∆ ∆
e RC = 1− − + .... ≈ 1 −
RC 2 RC 6 RC RC
Di conseguenza si ottiene:
R ∆ 1 1
v C 2 (∆ + ) ≈ 1 − 1 + = , e quindi si ha :v C 2 ( ∆ + ) = = k
∆ RC C C
(t − ∆ )
1 −
v C2 (t) = v C2h (t) = e RC
u(t − ∆) (6.142)
C
t
∆C per t ∈ [0, ∆ ]
v C (t) = (t − ∆ ) ( 6.143)
1 e − RC per t > ∆
C
Osservando che la prima di queste due relazioni corrisponde esattamente al valore che
la seconda di esse assume per t=0 si ha che:
t
1 − RC
v C (t) = e u(t) (6.144)
C
2) Metodo di derivazione: esso consiste nel calcolare la risposta del circuito (in questo
caso la tensione sul condensatore) quando in ingresso è presente un gradino unitario;
una volta calcolata tale risposta, diciamola s(t), sarà sufficiente derivarla rispetto al
tempo per ottenere la stessa risposta del circuito ma con un ingresso rappresentato da
una corrente impulsiva (ciò è vero se si tiene presente che l'impulso è ricavabile deri-
vando rispetto al tempo il gradino e che il circuito è lineare e tempo-invariante). Allora,
supponendo che l'ingresso sia un gradino, l'equazione differenziale associata al circuito
è la seguente:
228 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dv c v c 1
+ = u(t) (6.145)
dt RC C
t
−
v c (t) = ke RC u(t) + v Cs (t)
v C S (t) = A = cost
A u(t)
= ⇒ v C S (t) = A = R
RC C
Per ricavare poi il valore della costante k occorre imporre la condizione iniziale e cioè:
v C (0 + ) = 0 = k + Ru(t) ⇔ k = − R
−
t
v C (t) = s(t) = R 1 − e RC u(t)
Da quanto detto, la risposta del circuito all'impulso, diciamola h(t), sarà espressa come:
229
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ds(t) −
t
1 − t
h(t) = = R 1 − e RC δ (t) + R e RC u(t) (6.147)
dt RC
Il primo addendo a secondo membro della (6.147) è nullo in quanto, per t diverso da
zero, si annulla l'impulso mentre, per t=0, si annulla la quantità tra parentesi. In con-
clusione, la risposta del circuito all'impulso è data da:
t
1 − RC
h(t) = e u(t) (6.148)
C
dv C v C 1
+ = δ (t) (6.149)
dt RC C
Poiché il secondo membro di tale equazione differenziale è sempre nullo per t diverso
da zero, l'integrale generale della (6.149) coincide con quello dell'equazione omogenea
associata, cioè:
t
−
v C (t) = ke RC u(t) (*)
Per determinare il valore della costante k basta sostituire la (*) nella relazione (6.149)
come segue:
t t t
k − RC − k − RC 1
− e u(t) + ke RC δ (t) + e u(t) = δ (t) ⇔
RC RC C
t
− 1
ke RC δ (t) = δ (t) (**)
C
230 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Osservando ora che il primo membro della (**) ha valore non nullo solo per t uguale a
zero (in quanto per t diverso da zero l'impulso si annulla), possiamo scrivere la suddet-
ta relazione come segue:
1 1
kδ (t) = δ (t) ⇔ k =
C C
1
1 − RC t
e quindi : v C (t) = e u(t)
C
Si nota che tale risultato coincide con quelli determinati nei due casi precedenti. Si con-
Si vuole determinare l'andamento nel tempo della corrente i(t). Analizziamo prima il
circuito da un punto di vista qualitativo: per t<0 il circuito è completamente inerte in
quanto sia l'ingresso sia la tensione iniziale sul condensatore sono nulle. Nell'istante
t=0 viene applicato l'impulso di tensione: intuitivamente tale impulso può stabilirsi ai
capi del resistore o ai capi del condensatore o di entrambi. In realtà, è facile dimostrare
che l'impulso di tensione agisce solo ai capi del resistore perché nell'istante t=0 il con-
densatore continua a comportarsi come un cortocircuito: infatti, la tensione sul conden-
satore può subire una variazione istantanea solo se su di esso agisce un impulso di cor-
rente e non di tensione come in questo caso. D'altra parte, se ai capi del resistore, nell'i-
stante t=0, si stabilisce un impulso di tensione questo determinerà una corrente impul-
siva pari a: i(t)=δ(t)/R. Questa corrente è la stessa che scorre anche nel condensatore de-
terminando così una variazione istantanea di tensione data da:
0 0
1 + 1 + 1
v C (0 + ) = v C (0 − ) + ∫
C0
i(t)dt = ∫
CR 0
δ (t)dt =
CR
(*)
− −
231
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Essendo tale tensione positiva, in t=0+, le armature del condensatore saranno polarizza-
te come indicato in fig. 6.43 e quindi ci sarà una corrente i1(t) che scorre in verso antio-
rario, cioè in verso opposto alla corrente i(t); allora, per t>0 il circuito diventa:
Evidentemente la corrente i1(t) può essere ricavata come segue (basta risolvere l'equa-
zione differenziale associata al circuito per t>0):
t
−
i 1 (t) = ke RC u(t)
t
v R (0 + ) v C (0 + ) 1 1 −
i 1 (0 + ) = k = = = 2 ⇒ i 1 (t) = 2 e RC u(t)
R R R C R C
t
δ (t) δ (t) 1 −
e quindi : i(t) = − i 1 (t) = − 2 e RC u(t) (*)
R R R C
Il primo addendo a secondo membro della (*) rappresenta il contributo alla risposta i(t)
a stato nullo ed ingresso diverso da zero mentre il secondo addendo rappresenta il con-
tributo alla risposta i(t) ad ingresso nullo e stato diverso da zero (si tenga presente che
quest'ultimo vale solo per t>0). Vediamo ora di ricavare lo stesso risultato per via anali-
tica usando il metodo dell'equilibrio delle funzioni singolari. Applicando la L.K.T. al
circuito di fig. 6.42 si ottiene:
1t
Ri(t) + ∫ i(τ )dτ = δ (t) (6.150) , da cui derivando si ottiene :
C0
di(t) 1 δ ' (t)
+ i(t) = (6.151)
dt CR R
232 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Note:
• nella relazione (6.150) si tenga presente che la tensione iniziale sul condensatore è
stata supposta nulla;
• nella relazione (6.151) compare, a secondo membro, la derivata prima dell'impulso
che, generalmente, prende il nome di doppietto.
ε
δ ' (t) = 0 ∀t ≠ 0 e ∫ε δ ' (t)dt = δ (t) ∀ε > 0
−
Da quanto detto si deduce che il secondo membro dell'equazione (6.151) è sempre nul-
lo per t diverso da zero e, quindi, l'integrale generale della (6.151) coincide con quello
dell'equazione omogenea associata, cioè:
t
−
i(t) = ke RC u(t)
In realtà, la risposta appena determinata non è completa e questo lo si deduce dal fatto
che sostituendo tale espressione nell'equazione (6.151) non è possibile equilibrare il
doppietto che compare a secondo membro. Quando si presentano situazioni di questo
genere basta semplicemente aggiungere alla risposta dell'equazione omogenea associa-
ta tanti termini di tipo impulsivo quanti sono necessari per equilibrare la derivata del-
l'impulso (eventualmente anche di ordine superiore al primo) che compare nell'equa-
zione differenziale completa. Nel caso in esame, allora, la risposta i(t) sarà scritta come:
t
−
i(t) = ke RC u(t) + A δ (t)
Per ricavare il valore delle costanti k e A basta sostituire la precedente espressione nel-
l'equazione (6.151) ottenendo:
233
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t t t
k − RC − k − RC A 1
− e u(t) + ke RC δ (t) + Aδ '(t) + e u(t) + δ (t) = δ '(t) ⇔
RC RC RC R
t
− A 1
ke RC δ (t) + Aδ '(t) + δ (t) = δ '(t) (**)
RC R
Osservando ora che il primo addendo nel primo membro della (**) ha valore non nullo
solo per t uguale a zero (in quanto per t diverso da zero l'impulso si annulla), possiamo
scrivere la suddetta relazione come segue:
A 1
kδ (t) + Aδ '(t) + δ (t) = δ '(t) , da cui si ricava :
RC R
A 1
k+ = 0 k = − 2
RC R C
⇒
A = 1 A = 1
R R
In definitiva, si ottiene:
t
1 − RC 1
i(t) = − 2
e u(t) + δ (t)
R C R
Osserviamo, infine, quanto segue: l'analisi qualitativa del circuito di fig. 6.42 può essere
svolta anche in modo differente da quello seguito precedentemente e cioè basandosi
sul cosiddetto principio di non amplificazione della tensione e della corrente: esso
afferma che:
Allora, tenendo presente ciò e prendendo in esame il circuito di fig. 6.42, possiamo af-
fermare che l'impulso di tensione in ingresso non può applicarsi ai capi del condensa-
234 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
tore perché, in tal caso, si avrebbe sul condensatore un doppietto di corrente che, a sua
volta, si stabilirebbe ai capi del resistore originando un doppietto di tensione: questo,
però, è in contrasto col suddetto principio di non amplificazione e quindi possiamo
concludere che l'impulso di tensione in ingresso si applica ai capi del resistore. L'analisi
qualitativa procede poi in modo analogo a quanto fatto in precedenza.
Dai vari esempi trattati nei paragrafi precedenti possiamo concludere che, in generale,
le variabili di stato di un circuito, ossia le tensioni sui condensatori e le correnti sugli
induttori, possono subire variazioni istantanee in t=0 se si verificano le seguenti due
condizioni: nel circuito sono presenti generatori indipendenti con forme d'onda impul-
sive oppure nel circuito stesso si originano correnti impulsive (sostenute da generatori
di tensione) o tensioni impulsive (sostenute da generatori di corrente). E' facile verifica-
re che condizione necessaria affinché ciò avvenga è che si formino nel circuito, a partire
dall'istante t=0+, maglie costituite solo da generatori di tensione e condensatori o in-
siemi di taglio costituiti solo da generatori di corrente ed induttori.
t=0- :
Esaminiamo ora il circuito di fig. 6.44 con lo scopo di stabilire se può crearsi un impulso di cor-
rente: se ciò fosse vero ai capi di ciascun induttore si avrebbe un doppietto di tensione ma questo
sarebbe in contrasto col principio di non amplificazione enunciato nel paragrafo precedente; i-
noltre, se circolasse un impulso di corrente, ai capi di ogni resistore avremmo un impulso di
tensione e ciò sarebbe ancora in contrasto col suddetto principio. In definitiva, ai fini dell'impul-
so di corrente, sia gli induttori sia i resistori si comportano come circuiti aperti (naturalmente
questo vale anche per i generatori indipendenti di corrente costanti) mentre rimangono inaltera-
ti solo i generatori indipendenti di tensione ed i condensatori. Però, affinché tale impulso di cor-
rente possa scorrere nel circuito è necessario che i condensatori ed i generatori di tensione for-
mino una maglia: questa è, quindi, condizione necessaria affinché nel circuito si formi un im-
pulso di corrente; diventa anche condizione sufficiente se la somma algebrica delle tensioni dei
generatori indipendenti e delle tensioni iniziali sui condensatori è diversa da zero. In tal caso,
infatti, bisogna ammettere l'esistenza di un impulso di corrente che faccia variare istantanea-
mente in t=0 le tensioni iniziali sui condensatori in modo che sia sempre soddisfatta la L.K.T.
applicata alla maglia (vedi pag. 136-137). Ad esempio, il circuito equivalente a quello di fig.
6.44 ai fini dell'impulso di corrente è il seguente:
236 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Nota: i due condensatori in fig. a sono entrambi scarichi e quindi si comportano come
cortocircuiti). Essendo la tensione vs diversa da zero, si avrà un impulso di corrente so-
stenuto da tale tensione e diretto come mostrato in fig. b), e cioè dal morsetto positivo a
quello negativo, che farà depositare una stessa carica q sulle armature dei due conden-
satori in modo tale che:
q q 0+ CE
vδ 1 + vδ 2 = E ⇔
C C
+ =E ⇒q = ∫
0_
i δ (t)dt =
2
q E
Quindi : vδ 1 = vδ 2 = =
C 2
E
v C1 (0 + ) = v C1 (0 − ) − v δ 1 = − vδ 1 = −
2
E E
v C2 (0 + ) = v C2 (0 − ) − vδ 2 = E− =
2 2
Sono state così ricavate le tensioni iniziali sui due condensatori nel circuito in esame. E'
possibile ora svolgere un discorso duale per quanto riguarda la determinazione delle
correnti iniziali sui due induttori presenti nel circuito. Esaminiamo il circuito di fig.6.44
con lo scopo di stabilire se può crearsi un impulso di tensione: se ciò fosse vero ai capi
di ciascun condensatore si avrebbe un doppietto di corrente che circolerebbe anche nei
resistori determinando, ai loro capi, dei doppietti di tensione; ma questo sarebbe in
contrasto col principio di non amplificazione enunciato nel paragrafo precedente. In
definitiva, ai fini dell'impulso di tensione, sia i condensatori sia i resistori si comporta-
no come cortocircuiti (naturalmente questo vale anche per i generatori
pendenti di corrente e gli induttori. Però, affinché tale impulso di tensione possa sussi-
stere nel circuito è necessario che gli induttori ed i generatori di corrente formino un
insieme di taglio, ossia convergano in un unico nodo: questa è, quindi, condizione ne-
cessaria affinché nel circuito si formi un impulso di tensione; diventa anche condizione
sufficiente se la somma algebrica delle correnti dei generatori indipendenti e delle cor-
renti iniziali sugli induttori è diversa da zero. In tal caso, infatti, bisogna ammettere l'e-
sistenza di un impulso di tensione che faccia variare istantaneamente in t=0 le correnti
iniziali sugli induttori in modo che sia sempre soddisfatta la L.K.C. applicata all'insie-
me di taglio. Ad esempio, il circuito equivalente a quello di fig. 6.44 ai fini dell'impulso
di tensione è il seguente:
(Nota: i due induttori in fig. a sono entrambi scarichi e quindi si comportano come cir-
cuiti aperti; in fig. b essi sono stati collegati a massa in quanto la tensione ai nodi 1 e 2 è
la stessa). Essendo la corrente E/R diversa da zero, si avrà un impulso di tensione so-
stenuto da tale corrente e diretto come mostrato in fig. b) che originerà uno stesso flus-
so ϕ sui due induttori in modo tale che:
E ϕ ϕ E 0+ LE
iδ 1 + iδ 2 =
R
⇔ + =
L L R
⇒ϕ = ∫0_
v δ (t)dt =
2R
ϕ E
Quindi : i δ 1 = i δ 2 = =
L 2R
238 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
E E E
i L1 (0 + ) = i L1 (0 − ) − i δ 1 = − =
R 2R 2R
E
i L2 (0 + ) = i L2 (0 − ) + i δ 2 = iδ 2 =
2R
Sono state così ricavate le correnti iniziali sui due induttori nel circuito in esame.
239
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 7
La freccia sul lato k denota il verso della corrente nel bipolo ad esso associato mentre si
conviene che il nodo, nel lato k, posto dalla parte della coda della freccia corrisponde al
nodo nel bipolo a tensione maggiore. Se ogni elemento a due terminali è sostituito da
un segmento orientato, l'insieme di segmenti così ottenuti, connessi allo stesso modo in
cui sono collegati gli elementi del circuito di partenza, costituiscono il grafo orientato o,
semplicemente, il digrafo associato al circuito in esame.
Si noti che i segmenti orientati sono stati numerati per stabilire la corrispondenza con
gli elementi del circuito cui si riferiscono. I vertici del grafo corrispondono ai nodi del
circuito con identica numerazione. La cosa interessante è che si possono applicare le
leggi di Kirchhoff direttamente sulla base del grafo orientato. Applicando, infatti, la
L.K.C. ai quattro nodi del grafo orientato (considerando positive le correnti uscenti) si
ha:
nodo 1 : i 1 + i 3 − i 6 = 0
nodo 2 : − i 1 + i 2 + i 4 = 0
nodo 3 : − i 2 + i 5 + i 6 = 0
nodo 4 : − i 3 − i 4 − i 5 = 0
E' possibile verificare immediatamente che queste quattro equazioni non sono fra loro
indipendenti. La loro somma è, infatti, nulla. Analogamente, applichiamo la L.K.T. ad
alcune maglie del grafo (considerando come verso di percorrenza delle maglie quello
orario) e si ha:
maglia 1 - 4 - 3 : v 1 + v 4 − v 3 = 0
maglia 2 - 5 - 4 : v 2 + v 5 − v 4 = 0
maglia 1 - 6 - 2 : − v 6 − v 2 − v 1 = 0
maglia 6 - 5 - 3 : v 5 − v 3 − v 6 = 0
maglia 1 - 2 - 5 - 3 : v 1 + v 2 + v 5 − v 3 = 0
242 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Anche queste equazioni non sono tutte indipendenti come si può verificare osservando
che la quarta di esse è ottenuta dalla somma delle prime tre e la quinta è combinazione
delle prime due. Gli esempi considerati evidenziano la necessità di mettere a punto
una procedura sistematica che consenta di conoscere quante e quali sono, tra le equa-
zioni di equilibrio delle correnti e delle tensioni, quelle indipendenti. Risulta essere di
grande aiuto a tale scopo l'introduzione di alcune nozioni relative alla teoria dei grafi
orientati. Nel seguito ometteremo, per semplicità, la parola orientato e parleremo sem-
plicemente di grafo.
Un grafo si dice connesso se, comunque si scelga una coppia di nodi, esiste almeno un
cammino lungo i lati del grafo che congiunga i due nodi (per convenzione un nodo iso-
lato è un grafo connesso). Se un grafo non è connesso esso sarà costituito da almeno
due parti separate. Inoltre, un grafo connesso si dirà completo se comunque si scelga
un nodo questo è collegato a tutti gli altri nodi del grafo mediante un solo lato (ovvia-
mente un grafo completo è anche connesso): un esempio di grafo completo è quello
mostrato in fig. a).
I lati di un albero sono detti rami mentre i lati del grafo di partenza che non fanno par-
te dell'albero sono detti corde e formano il coalbero (nella figura precedente le corde so-
no tratteggiate). Nel caso in cui il grafo di partenza sia completo in esso si possono in-
dividuare nn-2 alberi, dove n indica il numero di nodi del grafo. Sussiste il seguente:
Teorema
Dato un grafo connesso con n nodi e b lati, ogni albero del grafo avrà esattamente n-1 rami e
quindi ogni coalbero avrà b-n+1 corde.
(a) la rimozione dal grafo iniziale di tutti i lati dell'insieme di taglio conduce ad un su-
bgrafo costituito da esattamente due parti separate (cioè non connesso);
(b) la rimozione dal grafo iniziale di tutti i lati dell'insieme di taglio tranne uno qual-
siasi conduce ad un subgrafo ancora connesso.
Per individuare gli insiemi di taglio si possono utilizzare le superfici gaussiane: i lati
del grafo tagliati dalla superficie una sola volta costituiscono un insieme di taglio. Se,
ad esempio, consideriamo nuovamente il grafo di fig. a), quello che si ottiene rimuo-
vendo i lati attraversati rispettivamente dalle due superfici gaussiane indicate è mo-
strato di seguito:
244 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Poiché in entrambi i casi sono soddisfatte le condizioni imposte nella definizione data
alla pagina precedente possiamo concludere che gli insiemi di lati {6,2,5} e {6,1,4,5}
formano due insiemi di taglio. Osserviamo ancora che l'insieme di lati {6,2,5,3} non
rappresenta un insieme di taglio perché non è soddisfatta la condizione (b) nella defi-
nizione data: infatti rimuovendo tutti i lati dell'insieme tranne il lato 3 non si ottiene un
grafo connesso. E' ovvio che i lati che incidono un nodo costituiscono un insieme di ta-
glio. Basta considerare, infatti, la gaussiana che circonda il nodo.
Teorema 1
Dato un circuito a cui sia associato un grafo connesso con n nodi e b lati, il numero delle equa-
zioni di equilibrio delle correnti fra loro indipendenti è pari a n-1.
Consideriamo, ad es., il seguente grafo connesso (il discorso ha comunque validità ge-
nerale):
Applico la L.K.C. a ciascun nodo del grafo ottenendo così n equazioni (nel caso partico-
lare n=4) di equilibrio che esprimono dei vincoli tra le correnti di lato. E' facile però ve-
rificare che tali n equazioni sono fra loro dipendenti: basta, infatti, sommarle membro a
membro per ottenere un'identità del tipo: 0=0. Ciò si può dedurre dal fatto che, consi-
derando una generica coppia di nodi del grafo, come quella mostrata in fig. b alla pa-
gina precedente, la corrente di lato ik risulta essere uscente dal nodo i ed entrante nel
nodo j: di conseguenza, nelle due equazioni di Kirchhoff delle correnti, una relativa al
nodo i e l'altra relativa al nodo j, tale corrente di lato comparirà con segni opposti e
quindi si annullerà quando le due equazioni verranno sommate; considerazioni analo-
ghe valgono per tutte le correnti di lato e ciò conferma quanto appena detto. Tuttavia,
in generale, è possibile scrivere equazioni di equilibrio per le correnti considerando
delle superfici gaussiane che attraversano il grafo in esame: anche in questo caso, però,
le equazioni che si ottengono risultano essere fra loro dipendenti per il fatto che una
qualsiasi equazione di equilibrio per le correnti ricavata facendo riferimento ad una
superficie gaussiana si può sempre ottenere come somma delle equazioni derivanti
dall'applicazione della L.K.C. ai nodi racchiusi nella gaussiana in esame.
246 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Ad esempio, per il grafo di fig. a alla pagina precedente, possiamo applicare la L.K.C.
alla superficie gaussiana tracciata e ai nodi 2 e 3 ottenendo:
Σ : i1 − i4 − i5 − i6 = 0
(2 ) : i 1 − i 2 − i 4 = 0
(3 ) : i 2 − i 5 − i 6 = 0
( Nota : si sono scelte positive le correnti entranti )
Si osserva allora che la prima delle equazioni precedenti è ottenibile dalla somma delle
ultime due in accordo con quanto appena detto. Da tutto ciò si può concludere che il
numero di equazioni di equilibrio per le correnti fra loro indipendenti è al massimo n-1
(perché n di queste equazioni sono sicuramente fra loro dipendenti). La prima affer-
mazione è così dimostrata; per dimostrare la seconda, basta osservare che, scelto un
qualsiasi albero nel grafo in esame, ed individuato in esso gli insiemi di taglio fonda-
mentali (che sono in numero pari a n-1) mediante opportune superfici gaussiane, le
equazioni di equilibrio per le correnti che si ottengono applicando la L.K.C. a tali su-
perfici sono sicuramente fra loro indipendenti (infatti, ricordando la definizione di in-
sieme di taglio fondamentale, in ciascuna di tali equazioni di equilibrio comparirà una
corrente di lato, corrispondente al ramo d'albero che individua l'insieme di taglio fon-
damentale in esame, che non è presente nelle altre equazioni: quindi, sommando tali
equazioni di equilibrio, non si annullano tutte le correnti, come invece accadeva nel ca-
so precedente). Poiché le equazioni di equilibrio per le correnti che si possono scrivere
facendo riferimento agli insiemi di taglio fondamentali sono proprio n-1, possiamo
concludere che le equazioni di equilibrio per le correnti fra loro indipendenti sono al
minimo n-1. La seconda affermazione è così dimostrata e quindi la tesi è vera. Il teore-
ma appena dimostrato non solo ci indica il numero di equazioni di equilibrio per le
correnti fra loro indipendenti che si possono scrivere in un qualsiasi circuito ma ci dà
anche informazioni su come ottenerle e cioè applicando la L.K.C. alle superfici gaus-
siane che individuano gli insiemi di taglio fondamentali relativi ad un certo albero nel
grafo orientato associato al circuito in esame.
Teorema 2
Dato un circuito a cui sia associato un grafo connesso con n nodi e b lati, il numero delle equa-
zioni di equilibrio delle tensioni fra loro indipendenti è pari a b-n+1.
Diamo per vera la prima affermazione e verifichiamo che è vera anche la seconda af-
fermazione. Ciò si deduce osservando che, scelto un qualsiasi albero nel grafo in esa-
me, ed individuato in esso le maglie fondamentali (che sono in numero pari a b-n+1), le
equazioni di equilibrio per le tensioni che si ottengono applicando la L.K.T. a tali ma-
glie sono sicuramente fra loro indipendenti (infatti, ricordando la definizione di maglia
247
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
• b equazioni di lato;
• n-1 equazioni di equilibrio per le correnti (ricavate facendo riferimento agli in-
siemi di taglio fondamentali);
Vediamo ora alcuni esempi. Si consideri il circuito resistivo lineare mostrato in figura:
Applichiamo la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano i tre insiemi di taglio
fondamentali relativi all'albero scelto (scegliamo positive le correnti uscenti):
Σ1 : i 1 − i 2 − i 6 = 0
Σ2 : i 2 + i 4 − i 5 = 0
Σ3 : − i1 − i 3 + i 5 = 0
Applichiamo ora la L.K.T. alle tre maglie fondamentali relative all'albero scelto (se-
guendo i versi di percorrenza indicati):
1 − 3 − 6 : v1 − v3 + v6 = 0
2 − 4 − 6 : v2 − v6 − v 4 = 0
5 − 4 − 3 : v3 + v4 + v5 = 0
Mettendo insieme le sei equazioni di lato e le sei equazioni appena ottenute applicando
la L.K.C. e la L.K.T. si ottiene un sistema di dodici equazioni in dodici incognite che ri-
solto fornisce tutte le tensioni e correnti di lato: in questo caso il sistema è sicuramente
determinato, cioè ammette un'unica soluzione, in accordo con quanto detto nel para-
grafo 4.1. Consideriamo ora un circuito resistivo non lineare:
Applichiamo la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano i due insiemi di taglio
fondamentali relativi all'albero scelto (scegliamo positive le correnti uscenti):
Σ1 : i 1 + i 3 = 0
Σ2 : − i1 + i 2 + i 4 = 0
Applichiamo ora la L.K.T. alle due maglie fondamentali relative all'albero scelto (se-
guendo i versi di percorrenza indicati):
1 − 2 − 3 : − v1 − v2 + v 3 = 0
4 − 2 : v2 − v 4 = 0
di 1 di 2 di 3
v1 = L1 v2 = L2 v3 = L3
dt dt dt
t
1
v4 = R 4i 4 v5 = E5 v6 =
C6 ∫ i (τ )dτ
−∞
6
v7 = R7 i 7 v8 = R8i 8
Applichiamo ora la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano i cinque insiemi di
taglio fondamentali relativi all'albero scelto:
Σ1 : i 3 − i 5 − i 7 = 0
Σ2 : − i 4 + i 5 + i 8 = 0
Σ3 : i 1 − i 7 = 0
Σ4 : − i6 + i7 − i8 = 0
Σ5 : − i 2 + i 8 = 0
7 − 1 − 3 − 6 : v1 + v 3 + v6 + v7 = 0
8 − 2 − 4 − 6 : v2 + v 4 − v6 + v8 = 0
5 − 3 − 4 : v3 + v4 + v5 = 0
Mettendo insieme le otto equazioni appena ricavate con le otto relazioni di lato si ottie-
ne un sistema di tipo integro-differenziale con sedici equazioni in sedici incognite (cioè
tutte le correnti e tensioni di lato) che può essere risolto con opportuni metodi numerici
tra cui quello di Eulero. La rappresentazione tramite grafi orientati che abbiamo sinora
visto per circuiti con elementi a due terminali può essere facilmente estesa anche al ca-
so in cui siano presenti nel circuito elementi multiterminali. Come è stato già messo in
evidenza in precedenza, in un elemento a tre terminali è possibile, una volta fissato un
nodo di riferimento, individuare una coppia di tensioni ed una coppia di correnti fra
loro indipendenti. Di conseguenza, il grafo orientato associato ad un elemento a tre
terminali sarà sempre costituito da due lati e tre nodi, come mostrato in figura, con frec-
251
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Nota: il nodo 3 è stato scelto come riferimento). In tal modo potremo continuare a par-
lare di tensioni e correnti di lato anche con elementi a tre terminali. Ovviamente, per
un elemento a tre terminali esistono contemporaneamente tre possibili grafi orientati
associati a seconda del nodo di riferimento scelto. La generalizzazione di quanto detto
ad un elemento ad n terminali è banale; infatti, il grafo orientato associato a tale ele-
mento avrà n-1 lati ed n nodi come mostrato in figura (si è scelto il nodo n come riferi-
mento), con frecce entranti nel nodo comune:
in figura:
Si osserva allora che il grafo associato ad un doppio bipolo è costituito da quattro nodi
e due lati ed è diverso dal grafo associato ad un generico elemento a quattro terminali
che, invece, avrà, per quanto detto prima, quattro nodi e tre lati (in quanto ci sono tre
tensioni e tre correnti di lato, mentre nel doppio bipolo avremo due tensioni e due cor-
renti di lato corrispondenti alle tensioni e correnti di porta). Si può estendere il concetto
di biporta a quello di multiporta; per esempio, il grafo orientato associato ad un triplo
biporta è mostrato di seguito:
252 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Osserviamo ora quanto segue: il grafo orientato associato ad un doppio bipolo consta
di due lati non connessi. Ciò comporta che le tensioni e le correnti di porta sulle varie
coppie di terminali non sono correlate tra loro per motivi di connessione (cioè topolo-
gici) ma sono accoppiate a causa dei fenomeni fisici interni all'elemento. Di conseguen-
za, circuiti che contengono doppi bipoli o, in generale, multiporta, possono avere grafi
orientati associati non connessi. Per evitare tale problema è possibile collegare le due
parti separate del grafo tramite un lato: in tal modo non si altera nessuna tensione o
corrente di lato nel circuito originale. Ciò si può verificare semplicemente applicando
la L.K.C. ad una superficie gaussiana che avvolga una delle due parti separate nel gra-
Ad esempio, nel caso della figura precedente si ottiene il seguente grafo articolato sce-
gliendo i nodi 3 e 5 come nodi di riferimento per ciascuna parte separata:
v3 = R 3i 3 v4 = R 4i 4 v 5 = E v6 = R6i 6
Per quanto detto nelle pagine precedenti, il grafo orientato associato al circuito è il se-
guente:
Possiamo allora scrivere le altre equazioni che insieme alle relazioni di lato consentono
di determinare tutte le correnti e tensioni di lato:
254 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Σ1 : i 3 + i 5 = 0
Σ2 : i1 − i 3 = 0
Σ3 : i 2 + i 4 − i 6 = 0
3 − 1 − 5 : - v1 − v 3 + v5 = 0
4 − 2 : v2 − v 4 = 0
6 − 2 : v2 + v6 = 0
(Nota: per la L.K.T. il verso di percorrenza delle maglie fondamentali è quello antiora-
rio).
Applichiamo ora la L.K.C. a ciascuno dei quattro nodi con l'ipotesi di considerare posi-
tive le correnti uscenti da un nodo:
nodo 1 : i 1 + i 2 − i 6 = 0
nodo 2 : - i 1 − i 3 + i 4 = 0
nodo 3 : - i 2 + i 3 + i 5 = 0
nodo 4 : - i 4 − i 5 + i 6 = 0
i1
1 1 0 0 0 − 1 i 2
− 1 0 − 1 1 0 0 i 3
⋅ = 0 ⇔ Aa ⋅ i = 0 (7.1)
0 −1 1 0 1 0 i 4
0 0 0 − 1 − 1 1 i 5
i6
stata scritta con l'ipotesi di considerare positive le correnti uscenti da ogni nodo. Se il
grafo è connesso, si può facilmente ricavare la matrice d'incidenza ispezionando il gra-
fo in esame, senza cioè dover scrivere le equazioni di equilibrio delle correnti appli-
cando la L.K.C. ad ogni nodo del circuito. Infatti, il generico elemento aik della matrice
di incidenza è così definito:
i 1
i
2
1 1 0 0 0 − 1
− 1 0 − 1 1 0 0 ⋅ 3 = 0 ⇔ A ⋅ i = 0
i
(7.2)
i
0 − 1 1 0 1 0 4
i 5
i 6
Inoltre, avendo scelto il nodo 4 come riferimento, possiamo esprimere le tensioni di la-
to in funzione delle tre tensioni nodali come segue (si faccia sempre riferimento al gra-
fo di fig. 7.3 alla pagina precedente):
v 1 = e 1 − e 2 v1 1 − 1 0
v = e − e v 1 0 − 1
2 1 3 2 e
v 3 = e 3 − e 2 v 3 0 − 1 1 1
⇔ = ⋅ e ⇔ v = M ⋅ e (7.3)
v 4 = e 2 v 4 0 1 0 2
e
v 5 = e 3 v 5 0 0 1 3
v 6 = − e 1 v 6 − 1 0 0
(Nota: il vettore v è il vettore delle tensioni di lato mentre il vettore e è il vettore delle
tensioni nodali).
A ⋅ i = 0 (*)
T
v − A e = 0 (**)
(
i = i 1 , i 2 ,..., i b )T
un qualsiasi insieme di correnti di lato che soddisfino tutti i vincoli imposti dalla L.K.C.
per G e con:
v = (v 1 , v 2 ,...., v b )T
un qualsiasi insieme di tensioni di lato che soddisfino tutti i vincoli imposti dalla L.K.T.
per G.
b
Allora risulta che: ∑v
k =1
kik = 0 ⇔ vT ⋅ i = 0 (7.5)
Dim.: si fissi nel circuito in esame un nodo qualsiasi come riferimento e si costruisca la
matrice di incidenza ridotta A corrispondente. Poiché, per ipotesi, si è supposto che il
vettore i e il vettore v sopra indicati soddisfino entrambi i vincoli imposti dalla L.K.C. e
dalla L.K.T. rispettivamente, possiamo scrivere (per quanto detto nel paragrafo prece-
dente):
A ⋅ i = 0
T
v = A e
(
vT ⋅ i = ATe )T
⋅ i = e T ⋅ (A ⋅ i) = 0 (C.V.D.)
257
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Osservazioni:
• si supponga che i' e i'', v' e v'' siano vettori, rispettivamente, di correnti e tensioni
valutati in istanti di tempo differenti che soddisfino le ipotesi del teorema di Telle-
gen con riferimento ad uno stesso grafo. Poiché il suddetto teorema non impone al-
cuna condizione sull'istante di tempo in cui si valutano i due vettori di tensione e
corrente, possiamo scrivere:
• si fissi un certo istante t e si misurino tutte le tensioni di lato vk(t) e le correnti di la-
to ik(t), con K=1,2,...,b. Ovviamente, i vettori v(t) e i(t) soddisfano rispettivamente la
L.K.T. e la L.K.C. e quindi per il teorema di Tellegen si ha:
∑v
k =1
k (t)i k (t) = 0 ⇔ v(t) T ⋅ i(t) = 0 (*)
α b
− ∑
k =1
v sk (t) i sk (t) = ∑v
k =α + 1
k (t) i k (t) (**)
Possiamo allora affermare che la somma delle potenze fornite dai generatori indipen-
denti é uguale alla somma delle potenze entranti in tutti gli altri lati della rete. Questo
vale per ogni t. Poiché la (*) e la (**) sono vere per qualsiasi istante t, possiamo conclu-
dere che la suddetta relazione esprime la conservazione dell'energia per circuiti concentrati
(essa è quindi, in ultima analisi, una conseguenza delle leggi di Kirchhoff).
In generale, i passi da seguire per una facile ricerca delle equazioni in termini di varia-
bili di stato sono i seguenti:
2. individuare un albero i cui rami corrispondano ai lati nel circuito contenenti i con-
densatori; se ci sono altri rami questi devono corrispondere ai lati del circuito che
contengono, nell'ordine, generatori indipendenti o dipendenti di tensione e resisto-
ri, non devono, comunque, essere presi come rami dell'albero i lati del circuito con-
tenenti induttori o generatori indipendenti o dipendenti di corrente. Un albero sif-
fatto è detto albero proprio;
4. applicazione della L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano gli insiemi di ta-
glio fondamentali i cui rami caratteristici corrispondono ai lati nel circuito conte-
nenti i condensatori
Vediamo di applicare questi passi nel caso del circuito precedente; il grafo orientato ad esso asso-
ciato è il seguente:
sui due condensatori e la corrente sull'induttore, cioè: v1(t),v2(t) e i3(t). Applico ora la
L.K.C. alle due superfici gaussiane indicate in figura, come previsto dal passo 4):
Σ1 : i 3 + i 2 + i 6 = 0 (7.6)
Σ2 : i1 + i 3 + i 4 = 0 (7.7)
Il nostro scopo è quello di scrivere un sistema di tre equazioni differenziali del primo
ordine in cui le incognite siano proprio le variabili di stato scelte. Posso allora scrivere
la (7.6) come segue:
dv 2 dv 2 i i
i 3 + C2 + i s6 = 0 ⇔ = − 3 − s6 (*)
dt dt C2 C2
Abbiamo così ottenuto una delle tre equazioni differenziali che stiamo cercando. Per
ottenere la seconda scriviamo la (7.7) come segue:
dv 1 dv 1
C1 + i3 + i4 = 0 ⇔ C1 = −i 3 − i 4 (7.8)
dt dt
Per ricavare la corrente i4 applico la L.K.T. alla maglia fondamentale basata sulla corda
4 che contiene il resistore (il verso di percorrenza è quello antiorario):
v 1 v s5
4 −1− 5: v 4 + v 5 − v 1 = 0 ⇔ R 4 i 4 + v s5 − v 1 = 0 ⇔ i 4 = − (7.9)
R4 R4
dv 1 v v dv 1 1 i v
C1 = − i 3 − 1 − s5 ⇔ =− v 1 − 3 + s5 (**)
dt R
4 R 4 dt C R
1 4 C 1 C 1R 4
di 3
3 − 2 − 5 − 1 : v 3 − v 2 + v 5 − v1 = 0 ⇔ L 3 − v 2 + v s5 − v 1 = 0
dt
di 3 v 1 v 2 v s5
= + − (* * *)
dt L 3 L 3 L 3
Il sistema di tre equazioni differenziali del primo ordine avente come incognite le va-
riabili di stato scelte è allora il seguente:
dv 1 v i v
= − 1 − 3 + s5
dt R C
4 1 C 1 R 4C1
dv 2 i i
= − 3 − s6
dt C2 C2
di 3 v 1 v 2 v s5
= + −
dt L 3 L 3 L 3
dv 1 − 1
0 −
1 1
0
dt R 4 C1 C 1 v 1 R 4 C 1
dv 1
1 v s5
2= 0 0 − ⋅ v2 + 0 − ⋅
dt C2 C 2 i s6
di 3 3 1
1 1 i
dt L3 L3
0
−
L 3
0
A tale sistema vanno poi aggiunte le condizioni iniziali sui due condensatori e sull'in-
duttore che abbiamo supposto essere note. E' possibile dimostrare che condizione ne-
cessaria e sufficiente affinché esista un albero proprio è che non ci siano maglie di soli
condensatori o insiemi di taglio di soli induttori.
261
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 8
3. scrittura in forma matriciale delle equazioni di equilibrio delle correnti e delle ten-
sioni mediante la matrice di incidenza ridotta relativa al nodo di riferimento scelto;
Una volta svolti tali passi si perviene ad un'equazione in forma matriciale, detta equa-
zione di tableau, che risolta mediante opportuni metodi matematici consente di ricava-
re tutte le correnti di lato, le tensioni di lato e le tensioni nodali. Vediamo subito un e-
sempio considerando un circuito resistivo lineare e tempo-invariante:
263
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il nodo scelto come riferimento è il nodo 4; il grafo orientato associato al circuito è mo-
strato di seguito:
1 1 0 0 0
A = 0 − 1 1 1 0 da cui si ottengono le due equazioni di
0 0 0 −1 − 1
equilibrio per le correnti e le tensioni in forma matriciale :
A ⋅i = 0 (*) con i = [i 1 , i 2 , i 3 , i 4 , i 5 ]T
v − A T e = 0 (**) con v = [v 1 , v 2 , v 3 , v 4 , v 5 ]T e e = [e 1 , e 2 , e 3 ]T
v1 = vs1
v2 – R2 i2 = 0
v3 – R3 i3 = 0
v4 – R4 i4 = 0
i 5 – g5 v2 = 0
• tutte le altre equazioni di lato devono essere poste in forma omogenea e nel caso di
circuiti dinamici si deve evitare di far comparire degli integrali o delle frazioni(e'
preferibile).
Le relazioni di lato sopra scritte possono allora essere poste in forma matriciale come
segue:
264 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1 0 0 0 0 v 1 0 0 0 0 0 i 1 v s1
0 1
0 0 0 v2 0 − R2 0 0 0 i 2 0
0 0 1 0 0 ⋅ v 3 + 0 0 − R3 0 0 ⋅ i 3 = 0
0 0
0 1 0 v 4 0 0 0 − R4 0 i 4 0
0 − g 5 0 0 0 v 5 0 0 0 0 1 i 5 0
Si osservi che nel caso appena esaminato il vettore degli ingressi è stato indicato con
us(t). Per quanto riguarda le matrici M e N esse non dipendono dal tempo solo nel caso
di circuiti tempo-invarianti, mentre per circuiti tempo-varianti la relazione (***) deve
essere scritta più esattamente come segue:
A ⋅ i = 0 0 0 A e(t) 0
T
v − A ⋅ e = 0 ⇔ − A T
I 0 ⋅ v(t) = 0 ⇔
M ⋅ v + N ⋅ i = u 0 M N i(t) u s
s
T è detta matrice di tableau ed è una matrice quadrata di ordine pari a [(n-1)+2b]. Nel
caso di circuiti tempo-varianti l'equazione (8.1) diventa:
Un circuito resistivo lineare tempo-invariante ammette un'unica soluzione se, e solo se:
det[T]≠0
Un circuito resistivo lineare tempo-variante ammette un'unica soluzione in ogni istante se, e
solo se:
Vediamo ora l'applicazione del metodo di tableau per un circuito dinamico quale quel-
lo mostrato in figura insieme al grafo orientato ad esso associato:
Il nodo scelto come riferimento è il nodo 4; la matrice di incidenza ridotta relativa a tale
nodo è la seguente:
− 1 1 0 0 0
A = 0 − 1 1 1 0 da cui si ottengono le due equazioni di
0 0 0 − 1 1
equilibrio per le correnti e le tensioni in forma matriciale :
A⋅i = 0 (*) con i = [i 1 , i 2 , i 3 , i 4 , i 5 ]T
v − A T e = 0 (**) con v = [v 1 , v 2 , v 3 , v 4 , v 5 ]T e e = [e 1 , e 2 , e 3 ]T
-v1 = vs1
v2 -L *Di2 = 0
v3 -R i3 = 0
i4 - C *Dv4 = 0
i5 + α5 i2 = 0
0 0 0 0 0 v 1 − 1 0 00 v1
0
0
0 0 0 0 v 2 0 1 00 v 2
0
0 0 0 0 0 ⋅ v 3 + 0 0 10 ⋅ v 3 +
0
0 0 0 −C 0 v 4 0 0 00 v 4
0
0 0 0 0 0 v 5 0 0 0 0 0 v 5
266 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
0 0 0 0 0 i 1 0 0 00 0 i 1 v s1
0 − L
0 0 0 i 2 0 0 00 0 i 2 0
+ 0 0 0 0 0 ⋅ i 3 + 0 0 − R 0 0 ⋅ i 3 = 0
0 0 0 0 0 i 4 0 0 0 1 0 i 4 0
0 0 0 0 0 i 5 0 α 5 0 0 1 i 5 0
(M 0 D + M 1 )v + (N 0 D + N 1 )i = u s (* * *)
In definitiva, abbiamo ottenuto le seguenti tre equazioni in forma matriciale alle quali,
ovviamente, vanno aggiunte le condizioni iniziali, che abbiamo supposto note, e cioè le
tensioni iniziali dei condensatori e la corrente iniziale dell'induttore:
A ⋅ i = 0
T
v − A ⋅ e = 0 ⇔
(M D + M ) ⋅ v + (N D + N ) ⋅ i = u
0 1 0 1 s
0 0 A e(t) 0
⇔ − A T I 0 ⋅ v(t) = 0 ⇔ T ⋅ W(t) = u(t)
0 M 0D + M 1 N 0 D + N 1 i(t) u s
NOTA : nei paragrafi seguenti saranno enunciati e dimostrati alcuni teoremi generali
sui circuiti resistivi lineari ( si ricordi che un circuito lineare resistivo può contenere, oltre a
resistori lineari a due terminali e generatori indipendenti di tensione o corrente, qualsiasi resi-
store lineare multiterminale o multiporta come, ad esempio, trasformatori ideali, giratori e tutti
i quattro tipi di generatori pilotati lineari). Tali teoremi risultano validi se, e solo se, come
vedremo, il circuito in esame è univocamente risolubile o, in altri termini, se, e solo se, la
matrice di tableau T associata al circuito è non singolare (cioè il suo determinante deve
essere non nullo). Sebbene enunciati, per semplicità, solo per circuiti tempo-invarianti
essi rimangono validi anche per circuiti tempo-varianti, supponendo semplicemente che
tutti i parametri varino nel tempo.
In queste ipotesi, qualsiasi risposta del circuito, cioè una tensione di lato o una corrente
di lato o una tensione nodale, può essere espressa come segue:
y j (t) = H 1 v s1 (t) + H 2 v s2 (t) + ... + Hα v sα (t) + K 1 i s1 (t) + K 2 i s2 (t) + ... + K β i sβ (t) (8.3)
dove i coefficienti Hi e Ki sono costanti che dipendono solo dai parametri circuitali rela-
tivi al circuito in esame e dalla scelta della variabile d'uscita, ma non dagli ingressi, cioè
dalle forme d'onda dei generatori indipendenti.
Osservazione: gli addendi che compaiono nel secondo membro della relazione (8.3)
sono suscettibili di questa interpretazione:
i termini del tipo yvk(t) = Hkvsk (t) possono essere considerati come la risposta del circuito
quando tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito sono esclusi tranne quello la cui
forma d'onda è vsk(t); analogamente i termini del tipo yik(t)=Kkisk (t) possono essere conside-
rati come la risposta del circuito quando tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito so-
no esclusi tranne quello la cui forma d'onda è isk(t).
Allora la relazione (8.3) afferma che la risposta del circuito dovuta a tutti i generatori
indipendenti presenti nel circuito può essere pensata come la somma di α+β contributi
ognuno dei quali rappresenta la risposta del circuito dovuta a ciascun generatore indi-
pendente agente da solo, cioè con tutti gli altri generatori indipendenti di tensione so-
stituiti da cortocircuiti, e tutti gli altri generatori indipendenti di corrente sostituiti da
circuiti aperti. In altri termini, possiamo scrivere:
α β α β
y j (t) = ∑
k =1
y vk (t) + ∑
k =1
y ik (t) = ∑
k =1
H k v sk (t) + ∑K
k =1
k i sk (t) (8.4)
T*W(t)=u(t)
gener.indip.
268 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Nella scrittura di tale vettore u(t) si è assunto, senza perdita di generalità, che tutti i
generatori indipendenti presenti nel circuito siano indicati per ultimi, nell'ordine sopra
specificato (per maggiore chiarezza si può fare riferimento ai due circuiti esaminati nel
paragrafo precedente ed osservare, in particolare, come, tra le relazioni di lato, quelle
che non comportano la presenza di un termine nullo nel vettore u(t) sono soltanto le re-
lazioni che si riferiscono ai generatori indipendenti). Ora, poichè ciascun componente
di w(t) si ottiene, come mostra la precedente relazione (*), moltiplicando la corrispon-
dente riga della matrice inversa di T con il vettore u(t), segue che ciascuna risposta del
circuito (ossia, in altri termini, ciascun elemento del vettore w(t)) è data da un'espres-
sione della forma dell'equazione (8.3). Inoltre, essendo la matrice inversa di T una ma-
trice costante non comprendente alcun termine relativo ai generatori indipendenti pre-
senti nel circuito, tali risultano anche i coefficienti Hk e Kk. Vediamo ora alcune applica-
zioni del teorema di sovrapposizione. Si consideri, ad esempio, il seguente circuito:
G2 J
i i2 = J e quindi : v i2 = R 2 i i2 = (*)
G1 + G2 G1 + G2
1 1
con : G 2 = e G1 =
R2 R1
Allora posso applicare un partitore di tensione alla serie tra R1 e R2 ottenendo quanto
segue:
R2 v E
v v2 = E e quindi : i v2 = v2 = (**)
R1 + R2 R2 R1 + R2
G2 E
i 2 = i i2 + i v2 = J +
G1 + G2 R1 + R 2
J R2
v 2 = v i2 + v v2 = +E
G1 + G2 R1 + R2
Anzitutto si ha:
i v2 = i v1 (8.5) , essendo : i 3 = 0 .
E
v v1 + rm1 i 3 + rm2 i v1 = E ⇔ Ri v1 + rm2 i v1 = E ⇔ i v1 = (8.6)
R + rm2
E
e quindi dalla (1) : i v2 = (8.7)
R + rm2
i i1 + i 3 − i i2 = 0 ⇔ i i2 = i i1 + J (8.8)
rm1J
v i1 + rm1i 3 + rm2 i i1 = 0 ⇔ Ri i1 + rm1J + rm2 i i1 = 0 ⇔ i i1 = − (8.9)
R + rm2
Infine, sostituendo la (8.9) nella (8.8) si ha :
r R + rm2 − rm1
i i2 = i i1 + J = J1 − m1 = J (8.10)
R + rm2 R + rm2
1 R + rm2 − rm1
i 2 = i v2 + i i2 = E + J (8.11)
R + rm2 R + rm2
(Nota: nei due esempi appena trattati si è supposto implicitamente che fosse soddisfat-
ta l'ipotesi prevista dal teorema di sovrapposizione e cioè che sia unica la soluzione del
circuito: in generale, bisognerebbe verificare ciò calcolando il determinante della matri-
ce di tableau associata al circuito in esame e constatando che sia diverso da zero).
DIM.: occorre dimostrare che i due circuiti rappresentati nella figura seguente sono e-
quivalenti:
273
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per far ciò verificheremo che hanno la stessa caratteristica d'ingresso o D.P.C. Per il se-
condo circuito mostrato in fig. 8.2 la D.P.C. si ricava facilmente ed è data da:
Il primo circuito mostrato in fig. 8.2 rappresenta, invece, il circuito assegnato che, per
ipotesi, deve essere resistivo, lineare, tempo-invariante e ben definito: in particolare,
per la prima affermazione, esso potrà contenere, oltre che ad elementi resistivi lineari a
due o più terminali, anche generatori indipendenti di tensione e corrente.
Poiché sono soddisfatte tutte le ipotesi del teorema di sovrapposizione posso esprimere
la risposta v(t) del circuito in fig. 8.3 (cioè la tensione ai morsetti 1-2) come combina-
zione lineare degli ingressi presenti nel circuito, ossia:
β α
v(t) = K 0 i(t) + ∑
k =1
K k i sk (t) + ∑H
k =1
k v sk (t) (8.12)
Supponiamo ora che: i(t)=0 , per ogni t (condizione di circuito aperto ai morsetti 1-2). Dal-
la (8.12) segue dunque:
274 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
β α
v ' (t) = v TH = ∑
k =1
K k i sk (t) + ∑H
k =1
k v sk (t) (8.13)
Per ricavare, invece, il contributo alla tensione v(t) dovuto al solo generatore di corren-
te con forma d'onda i(t) occorre passivare il circuito iniziale sostituendo i generatori di
tensione in esso presenti con dei cortocircuiti ed i generatori di corrente con dei circuiti
aperti; allora, dalla (8.12), si ottiene:
v ′′(t)
v′′(t) = K 0 i(t) da cui segue K0 = = R TH (8.14)
i(t)
Di conseguenza, confrontando la (*) con la (**), possiamo concludere che i due circuiti
di fig. 8.2 alla pagina precedente hanno la stessa D.P.C. e quindi il teorema è dimostra-
to.
Sia assegnato un circuito monoporta resistivo lineare tempo-invariante che sia anche
ben definito intendendo con ciò che tale circuito non deve contenere alcun elemento
accoppiato, elettricamente o non elettricamente, con qualche variabile fisica esterna al
circuito in esame (al massimo possono riferirsi alle variabili di porta). Inoltre, si sup-
ponga che sia soddisfatta la seguente condizione di unicità della soluzione: il circuito che
si ottiene collegando un generatore di tensione con forma d'onda v(t) alla porta del cir-
cuito iniziale deve ammettere un'unica soluzione per ogni valore di tensione v(t). In tali
ipotesi, si ha che il circuito monoporta assegnato è equivalente al seguente circuito mo-
strato in figura:
IN = corrente di porta diretta dal morsetto 1 al morsetto 2 nel circuito iniziale quando
questi due morsetti vengono posti in cortocircuito.
DIM.: occorre dimostrare che i due circuiti rappresentati nella figura seguente sono e-
quivalenti:
Per far ciò verificheremo che hanno la stessa caratteristica d'ingresso o D.P.C. Per il se-
condo circuito mostrato in fig. 8.5 la D.P.C. si ricava facilmente ed è data da:
276 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il primo circuito mostrato in fig. 8.5 rappresenta, invece, il circuito assegnato che, per
ipotesi, deve essere resistivo, lineare, tempo-invariante e ben definito: in particolare,
per la prima affermazione, esso potrà contenere, oltre che ad elementi resistivi lineari a
due o più terminali, anche generatori indipendenti di tensione e corrente. Allora indi-
cheremo con α il numero di generatori indipendenti di tensione e con β il numero di
generatori indipendenti di corrente presenti nel circuito, come mostrato in fig. 8.5.
Suppongo ora di collegare alla porta del circuito in esame un generatore di tensione
con forma d'onda v(t), ottenendo il seguente circuito:
Poiché sono soddisfatte tutte le ipotesi del teorema di sovrapposizione posso esprimere
la risposta i(t) del circuito in fig. 8.6 (cioè la corrente entrante nel morsetto 1) come
combinazione lineare degli ingressi presenti nel circuito, ossia:
β α
i(t) = H 0 v(t) + ∑ K k i sk (t) + ∑ H k v sk (t) (8.15)
k =1 k =1
Nota : v sk (t) è la forma d' onda del generatore di tensione k - esimo
mentre i sk (t) è la forma d' onda del generatore di corrente k - esimo.
Supponiamo ora che: v(t)=0 , per ogni t (condizione di cortocircuito ai morsetti 1-2). Dalla
(8.15) segue dunque:
β α
i ′(t) = −i N = ∑ K k i sk (t) + ∑ H k v sk (t) (8.16)
k =1 k =1
Per ricavare, invece, il contributo alla corrente i(t) dovuto al solo generatore di tensione
con forma d'onda v(t) occorre passivare il circuito iniziale sostituendo i generatori di
tensione in esso presenti con dei cortocircuiti ed i generatori di corrente con dei circuiti
aperti; allora, dalla (8.15), si ottiene:
i ′′(t)
i ′′(t) = H 0 v(t) da cui segue: H0 = = GN (8.17)
v(t)
Di conseguenza, confrontando la (*) con la (**), possiamo concludere che i due circuiti
di fig.4 alla pagina precedente hanno la stessa D.P.C. e quindi il teorema è dimostrato.
E' possibile individuare delle relazioni tra i parametri caratteristici del circuito equiva-
lente di Thevenin e quelli del circuito equivalente di Norton. Infatti dal circuito di fig.
b) si ha:
1 v TH
GN = (8.18) e iN = (8.19)
R TH R TH
Da ciò possiamo concludere, tenendo presente quanto detto nel paragrafo precedente,
che condizione necessaria e sufficiente affinché esistano entrambi i circuiti equivalenti
di Thevenin e Norton è che la resistenza di Thevenin oppure, analogamente, la condut-
tanza di Norton, abbiano valore finito e diverso da zero; se, invece, la resistenza di
Thevenin fosse uguale a zero esisterebbe il circuito equivalente di Thevenin (costituito
dal solo generatore di tensione) ma non esisterebbe il circuito equivalente di Norton
278 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
R2
v TH (t) = v(t) = v 2 (t) = E
R1 + R2
i(t) 1 1 1 R + R2
G TH = = = G1 + G2 = + = 1
v(t) circuito R TH R1 R2 R1R 2
passivo
R 1R 2
e quindi : R TH =
R1 + R2
Per quanto riguarda, invece, il circuito equivalente di Norton, facendo sempre riferi-
mento al circuito di fig. 8.8, si ricava:
279
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i(t) 1 1 R1 + R2
GN = = G1 + G2 = + =
v(t) circuito R1 R2 R 1R 2
passivo
Si ha allora:
v2 = 0 ⇒ i 2 = 0
E E
L.K.T. : v 1 + E = 0 ⇔ R 1 i 1 + E = 0 ⇔ i 1 = − , da cui : i N = −i 1 =
R1 R1
Cominciamo col valutare la resistenza equivalente di Thevenin; per far ciò occorre pas-
sivare il circuito sostituendo il generatore di tensione con un cortocircuito:
280 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Possiamo scrivere:
v(t)
R TH = (*)
i(t) circuito
passivo
i 2 (t) = 0 ⇒ v 2 (t) = 0
E
L.K.T. : v1 + µv 1 = E ⇔ v1 =
1+ µ
µ
E quindi : v TH (t) = v(t) = µv1 (t) = E
1+ µ
i − i0 + i0 = 0 ⇔ i = 0 (*)
R 1i + v 0 − v 0 = v ⇔ v = v 0 − v 0 = 0 (**)
linea retta, ne consegue che l'annullatore non ammette né il bipolo equivalente di The-
venin nè quello di Norton. Infatti, per tale bipolo, sono violate in entrambi i casi le
condizioni di unicità della soluzione previste, rispettivamente, dai teoremi di Thevenin
e Norton. Si osservi che l'annullatore può essere pilotato unicamente da un generatore
di tensione da 0[V] o da un generatore di corrente da 0[A].
Indicata con y(t) una generica risposta del circuito (cioè una corrente o tensione di lato
od una tensione nodale) e nell'ipotesi che siano nulle tutte le condizioni iniziali, si ha
che tale risposta può essere scritta come somma di α+β termini ognuno dei quali rap-
presenta il contributo alla risposta y(t) dovuto ad ogni singolo generatore indipendente
agente da solo nel circuito, cioè dopo che siano stati azzerati tutti gli altri generatori
indipendenti (ovvero, i generatori di tensione sostituiti con cortocircuiti ed i generatori
di corrente sostituiti con circuiti aperti):
α β
y(t) = ∑
k=1
yvk(t) + ∑y
k=1
ik (t) (*)
dove:
yvk(t) rappresenta la risposta del circuito con condizioni iniziali nulle, osservata all'i-
stante t, quando tutti i generatori indipendenti, tranne quello con forma d'onda vsk(t),
sono azzerati; yih(t) rappresenta la risposta del circuito con condizioni iniziali nulle, os-
servata all'istante t, quando tutti i generatori indipendenti, tranne quello con forma
d'onda isk(t), sono azzerati.
COROLLARIO:
nelle stesse ipotesi del teorema precedente, supponendo però che le condizioni iniziali
siano diverse da zero, una qualsiasi risposta y(t) del circuito può essere scritta come:
dove:
yg(t) rappresenta la risposta del circuito con condizioni iniziali nulle, osservata all'i-
stante t, dovuta ai soli generatori indipendenti presenti nel circuito; y0(t) rappresenta la
risposta del circuito dovuta alla sola presenza delle condizioni iniziali (escludendo,
cioè, tutti i generatori indipendenti).
Tale corollario è facilmente dimostrabile se si tiene presente che una condizione iniziale
non nulla su un condensatore equivale ad un generatore di tensione in serie allo stesso
condensatore ma scarico (cioè con tensione iniziale nulla) così come una condizione i-
niziale non nulla su un induttore equivale ad un generatore di corrente in parallelo allo
stesso induttore ma scarico, cioè con corrente iniziale nulla.
283
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 9
DI UN CIRCUITO 297
Nell'analisi dei circuiti dinamici lineari tempo-invarianti con ingressi limitati è stato e-
videnziato come una qualsiasi risposta del circuito, cioè una corrente o tensione di lato,
può essere espressa, in generale, come somma di due termini nel seguente modo:
• regime stazionario: tutte le correnti e tensioni di lato sono costanti nel tempo (si
verifica se gli ingressi sono costanti);
• regime sinusoidale: tutte le correnti e tensioni di lato hanno un andamento nel
tempo sinusoidale ed isofrequenziale con l'ingresso (se ci sono più ingressi sinu-
soidali, questi devono avere tutti la stessa frequenza angolare);
• regime periodico: tutte le correnti e tensioni di lato hanno un andamento periodico
con lo stesso periodo dell'ingresso (se ci sono più ingressi, questi devono avere tutti
lo stesso periodo):y(t)=y(t+nT) , dove T è il periodo ed n è un numero intero;
• regime variabile: quando non si verifica una delle precedenti condizioni di regime
(ad esempio, nel caso in cui si abbiano ingressi di tipo sinusoidale ma con diverse
pulsazioni).
Nei paragrafi successivi sarà affrontato lo studio dei soli circuiti in regime sinusoidale:
tale scelta è stata dettata, oltre che dalla notevole frequenza con cui è possibile incon-
trare questo tipo di circuiti nelle varie applicazioni pratiche, anche dal fatto che l'analisi
di un circuito in regime stazionario o periodico (e talvolta anche variabile) può essere
sempre ricondotta all'analisi di un circuito in regime sinusoidale. Infatti, nel primo ca-
so, un circuito in regime stazionario può sempre essere considerato come un circuito in
regime sinusoidale con ingressi aventi tutti frequenza angolare nulla; nel caso, invece,
di un circuito in regime periodico ci si può ricondurre ad un regime sinusoidale utiliz-
zando il principio di sovrapposizione. A titolo d'esempio, supponiamo che il circuito
abbia un solo ingresso di tipo periodico di periodo T e che questo soddisfi le seguenti
condizioni (di Dirichlet):
t0 +T
1
x0 =
T ∫ x(t)dt < M
t0
In tali ipotesi, l'ingresso si può espandere in serie di Fourier nel seguente modo:
2π
x(t) = x 0 + x 1 cos(ωt + ϕ 1 ) + x 2 cos(2ωt + ϕ 2 ) + x 3 cos(3ωt + ϕ 3 ) + ... con ω =
T
dove x0 è il valore medio nel periodo, il secondo addendo prende il nome di armonica
fondamentale e i rimanenti prendono il nome di armoniche superiori. A questo punto è
sufficiente calcolare le risposte del circuito ai singoli ingressi rappresentati dalle armo-
niche che compaiono a secondo membro della precedente espressione (che come si può
osservare sono funzioni sinusoidali tranne la prima che è costante) e ricavare la rispo-
sta finale del circuito all'ingresso periodico come somma delle suddette risposte secon-
do quanto previsto dal teorema di sovrapposizione. Prima di intraprendere lo studio
dei circuiti in regime sinusoidale seguono alcuni paragrafi introduttivi e di riepilogo di
alcune definizioni e concetti utili relativi ai numeri complessi e alle grandezze sinusoi-
dali.
Si dice che una generica grandezza y(t) ha un andamento periodico nel tempo se risul-
ta: y(t)=y(t+nT), dove T è il periodo ed n è un numero intero; una grandezza periodica
si dice poi alternata se il suo valor medio in un periodo è nullo, cioè:
t0 +T
1
y0 =
T ∫ y(t)dt = 0
t0
y(t) = y M cos(ωt + α )
Per una grandezza periodica alternata si definisce valor medio in un semiperiodo riferito
287
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
T
t0 +
2
2
Ym =
T ∫ y(t)dt
t0
(9.1)
Nel caso di una funzione sinusoidale con fase nulla (α=0) si ha:
T T 5
t0 + t0 + T
2 2 4
2 2 2 4y M 2y M
Ym =
T ∫ y(t)dt = T ∫ y
t0 t0
ωt)dt =
M cos(
T ∫y
3
ωt)dt =
M cos(
ωT
=
π
= 0,636y M
T
4
3π 3πT 3
cos(ωt ) = 0 ⇔ t0 = = = T
2ω 4π 4
si ricordi che si fa riferimento alla semionda positiva (in modo da ottenere un valore
diverso da zero) come mostrato nella seguente figura:
Si definisce, inoltre, valor efficace di una grandezza periodica alternata y(t) la quantità:
288 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t 0 +T
1
∫y
2
Y= (t)dt (**) , dove l’istante t0 è del tutto arbitrario data la supposta perio-
T t0
y 2M y 2M
y 2 (t) = y 2M cos 2 (ωt + α ) = + cos2(ωt + α ) (9.2)
2 2
Si osserva, allora, che il valor medio in un periodo del secondo addendo della (9.2) è
nullo trattandosi di una funzione sinusoidale con pulsazione doppia rispetto a quella
assegnata e quindi sostituendo la (9.2) nella (**) si ottiene:
1 t0 + T
y 2M yM yM
Y = ∫ dt = ⇔ Y = = 0,707 y M (9.3)
T t0 2 2 2
Si definisce, infine, fattore di forma il rapporto tra il valore efficace e il valor medio in
un semiperiodo riferito alla semionda positiva di una grandezza periodica alternata.
Nel caso delle grandezze sinusoidali vale:
Y
Kf = = 1.11 (9.4)
Ym
Saranno ora ripresi alcuni utili concetti relativi ai numeri complessi. Esistono diverse
rappresentazioni per un numero complesso z. Nella notazione cartesiana o rettangolare
esso viene espresso come: z = x + jy ,dove x è detta parte reale di z e si indica con Re(z),
y è detta parte immaginaria di z e si indica con Im(z), mentre j è l'unità immaginaria. Ta-
le notazione è detta cartesiana in quanto suggerisce di associare al numero complesso z
il punto di coordinate (x,y) nel piano complesso:
x = ρcosθ
⇒ z = x + jy = ρcosθ + jρsenθ = ρ (cosθ + jsenθ ) (9.5)
y = ρsenθ
Nota : ρ = x 2 + y 2 è detto modulo di z
y
θ = arctg è detto argomento di z (si ricordi di considerare y e x col loro segno).
x
(Nota: sia nella rappresentazione polare che in quella trigonometrica l'argomento deve
essere espresso in radianti).
z = ρ∠θ
290 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
z 1 = ρ 1∠θ 1 z ρ
Dati : ⇒ z 1 ⋅ z 2 = ρ 1 ρ 2 ∠θ 1 + θ 2 e 1 = 1 ∠θ 1 − θ 2
z
2 = ρ 2 ∠θ 2 z 2 ρ 2
π π
j −j
z= j=e 2 = 1∠90° z = −j = e 2 = 1∠ − 90°
π π
j −j
z = 1 + j = 2e 4 = 2∠ 45° z = 1 − j = 2e 4 = 2 ∠ − 45°
3 3
j π −j π
z = −1 + j = 2e 4 = 2 ∠135° z = −1 − j = 2 e 4 = 2 ∠ − 135°
Dimostriamo, infine, una proprietà che sarà utilizzata in seguito secondo la quale, as-
segnato un numero complesso z, risulta che:
Allora una qualsiasi grandezza sinusoidale può essere posta nella forma:
[ ] [ ]
y(t) = y M cos(ωt + α ) = y M Re e j(ωt +α ) = Re y M e j(ωt +α ) ⇔
[ ] [
y(t) = Re 2Ye jα ⋅ e jωt = Re 2 Ye jωt ] (9.8), dove si è posto :
jα
Y = Ye = Y∠α (9.9)
Il numero complesso definito dalla (9.9) prende il nome di fasore associato alla funzio-
ne sinusoidale y(t) e, come si osserva, ha il modulo pari al valore efficace di y(t) e l'ar-
gomento pari alla fase della funzione y(t). Da quanto detto si deduce che il fasore è l'e-
lemento che distingue una generica grandezza sinusoidale da tutte le altre aventi la
stessa pulsazione ω. Possiamo dunque affermare, e lo dimostreremo in seguito, che in
un insieme di grandezze sinusoidali isofrequenziali (nella generica pulsazione ω) esiste
una corrispondenza biunivoca tra ogni elemento dell'insieme, cioè una funzione sinu-
soidale, e il corrispondente fasore definito dalla (9.9):
y(t) ↔ Y
Inoltre, tenendo presente che derivando rispetto al tempo, un numero qualsiasi di volte, una
funzione sinusoidale si ottengono ancora funzioni sinusoidali isofrequenziali con quella di par-
tenza, si conclude che le derivate successive di una grandezza sinusoidale possono essere rappre-
sentate anch'esse con fasori la cui determinazione è abbastanza immediata. Osserviamo, infine,
che un fasore, così come un qualsiasi altro numero complesso, può essere rappresentato nel pia-
no di Gauss mediante un vettore, come mostrato in figura:
292 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si noti che l'asse reale funge da riferimento per le fasi. Enunciamo ora, e dimostriamo, i
seguenti tre lemmi:
Lemma 1 (Linearità)
Per dimostrare ciò basta verificare che tale operatore soddisfa le proprietà di additività
ed omogeneità, ossia:
Lemma 2 (Commutatività)
L'operatore parte reale Re[.] è commutativo rispetto all'operazione di derivazione nel tempo.
In particolare, assegnata una certa funzione sinusoidale y(t) posta nella forma:
[
y (t ) = Re 2Y e jωt
]= y M cos(ωt + α ) deve risultare :
d
[
Re 2Y e jωt
] = Redtd ( 2Y e jωt
)
dt
d jωt d
Re 2Y e = ( y M cos(ωt + α )) = ωy M (− sen(ωt + α )) = ωy M cos(ωt + α + (π /2))
dt dt
jα jωt jπ /2
= Re 2Yωe e = Re 2Y e
jα jωt jωt d jωt
e = Re jω 2Ye e = Re 2 jωY e
dt
y ′(t) =
d
dt
[
Re 2Y e
jωt
] = Re dtd ( 2Ye jωt ) = Re[ 2 jωYe jωt ]
cioè la derivata prima di y(t) è ancora una grandezza sinusoidale rappresentata dal fa-
sore jω Y . In pratica il fasore rappresentativo di y' si ottiene moltiplicando per jω il fa-
sore rappresentativo di y(t). E' facile dimostrare che il fasore rappresentativo di y'' si ot-
terrà moltiplicando per jω il fasore rappresentativo di y'. Cioè derivare, nell'ambito dei
fasori, equivale a moltiplicare per jω. Avremo perciò:
y(t) ↔ Y
y ′(t) ↔ jω Y
y ′′ (t) ↔ (jω ) 2 Y = −ω 2 Y
y ′′′(t) ↔ (jω ) 3 Y = − jω 3 Y
294 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
e così di seguito.
E' facile dimostrare che integrare, nell'ambito dei fasori, equivale a dividere per jω.
Lemma 3 (Unicità)
Due funzioni sinusoidali isofrequenziali sono uguali se, e solo se, sono uguali i fasori che le rap-
presentano.
cioè posto:
[
y 1(t ) = Re 2Y1e jωt ]
si ha : y 1(t ) = y 2 (t ) , ∀t ⇔ Y1 = Y 2
[
y 2 (t ) = Re 2Y 2e jωt ]
Dalla (*) e (**) si deduce che i due fasori sono uguali avendo la stessa parte reale e la
stessa parte immaginaria.
jωt jωt
dim. ⇐) Y1 = Y2 ⇔ 2Y1e = 2Y2e ⇔
⇔ Re 2Y1e [ jωt
] = Re[ 2Y2e jωt
]⇔ y (t ) = y (t )
1 2
Teorema principale
Una funzione ottenuta come combinazione lineare di funzioni sinusoidali isofrequenziali (even-
tualmente, comprendente anche le loro derivate) è ancora una funzione sinusoidale isofrequen-
ziale con quelle di partenza.
Ad esempio, posto:
[
x (t ) = Re 2 Xe
jω t
] y(t ) = Re[ 2Y e jωt ] z(t ) = Re[ 2Z e jωt ], si ha :
s (t ) = x (t ) − y (t ) + z ' (t ) = Re [ 2 Xe ]− Re[ 2Ye jωt ]+ Re[ 2 jωZ e jωt ] =
jω t
Ritorniamo ora all'argomento principale di questo capitolo e cioè lo studio dei circuiti
in regime sinusoidale. Riprendendo quanto detto nel primo paragrafo, nell'ipotesi di
linearità, tempo-invarianza ed asintotica stabilità del circuito in esame e nell'ipotesi che
le sorgenti presenti nel circuito siano sinusoidali ed isofrequenziali tra loro, si può rite-
nere che, a regime, tutte le tensioni e correnti di lato avranno un andamento sinusoida-
le nel tempo con la stessa frequenza angolare degli ingressi. Di conseguenza, la ricerca
delle risposte del circuito in esame (ossia correnti e tensioni di lato), delle quali si cono-
sce già il tipo di funzione (sinusoidale) e la pulsazione (ω), si riduce alla determinazio-
ne dei corrispondenti valori efficaci e delle fasi cioè, in altri termini, dei fasori che rap-
presentano tali grandezze. E' chiaro che un tale tipo di ricerca, avendo come obiettivo
la determinazione di incognite numeriche e non di funzioni, deve potersi effettuare at-
traverso la soluzione di equazioni algebriche e non differenziali. Il metodo dei fasori
permette, appunto, di ricavare un sistema di equazioni algebriche aventi come incogni-
te i fasori rappresentativi delle varie grandezze di lato, risolto il quale sono noti valori
efficaci e fasi di ciascuna di queste grandezze e, quindi, nel complesso, tutte le correnti
296 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Vedremo fra poco alcune applicazioni di questo metodo; per il momento, limitiamoci
ad esporre qualche osservazione di carattere generale. Per quanto riguarda la fase di
'trasformazione', essa serve per dare al problema matematico un carattere puramente
algebrico anziché differenziale. Infatti, tale processo consente di dedurre dalle equa-
zioni differenziali di Kirchhoff un sistema di equazioni algebriche lineari e a coefficien-
ti complessi in cui le incognite sono ora i fasori rappresentativi delle correnti e tensioni
di lato. La linearità di tale sistema rende la sua soluzione (passo 2 del procedimento)
priva di difficoltà, a parte il maggior onere di calcolo (rispetto a sistemi lineari nel
campo reale) derivante dalla presenza di grandezze complesse. Infine, la fase di 'anti-
trasformazione' è immediata, a tal punto che spesso, restando sottintesa, non viene
neppure effettuata: essa consiste, infatti, nella banale sostituzione dell'ampiezza e della
297
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
fase (ormai note in seguito alla soluzione del suddetto sistema) di ciascuna corrente e
tensione di lato nell'espressione generica al fine di esplicitare, in forma definitiva, que-
ste stesse grandezze. L'analisi ora effettuata del metodo simbolico può far pensare che
si tratti di un metodo alquanto laborioso; in realtà, vedremo che la fase di 'trasforma-
zione' conduce ad un sistema di equazioni formalmente coincidenti con quelle di Kir-
chhoff discusse in regime stazionario, salvo la presenza di grandezze complesse in
luogo di quelle reali. Ciò semplifica notevolmente la tecnica operativa in quanto con-
sente di scrivere direttamente le equazioni di Kirchhoff simboliche senza doverle de-
durre ogni volta per 'trasformazione' dalle equazioni ai valori istantanei. In tal modo si
evita di fatto la prima fase del procedimento e poiché, come si è detto, anche la terza
può essere omessa, in pratica l'applicazione del metodo si riduce alla scrittura delle e-
quazioni simboliche di lato e di Kirchhoff ed alla loro soluzione, in modo del tutto ana-
logo a quello seguito per i circuiti in regime stazionario.
Vedremo ora come applicare il metodo dei fasori ad un caso abbastanza semplice che ci
consentirà, tuttavia, di introdurre delle definizioni del tutto generali e che, una volta
discusso, renderà immediata la generalizzazione ad un caso qualsiasi. Consideriamo,
dunque, il seguente circuito monoporta alimentato, attraverso i morsetti A e B, da una
Dalle considerazioni fatte nei paragrafi precedenti, si può affermare che a regime, ossia
una volta esaurita la fase transitoria, tutte le variabili di lato avranno un andamento di
tipo sinusoidale ed anche isofrequenziale con la tensione di alimentazione. Proponia-
moci, allora, di determinare l'andamento nel tempo, a regime, della corrente i(t): per
quanto detto nel paragrafo precedente ciò equivale a calcolare il valore efficace e la fase
298 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
di tale forma d'onda ossia, in altri termini, il fasore associato alla corrente i(t). Anzitut-
to, riportiamo le equazioni differenziali che descrivono la dinamica del circuito:
v R (t) = Ri R (t)
di (t)
Relazioni di lato : v L (t) = L L
dt
1
t
v C (t) =
C −∞
∫
i C (τ )dτ
Ricordiamo che siamo interessati a valutare la corrente a regime. Si tratta di ricavare un inte-
grale particolare dell'equazione (9.10), che rappresenta la soluzione del nostro problema. Piutto-
sto che risolverla direttamente utilizziamo il metodo dei fasori. Il primo passo consiste nella fase
di trasformazione. Possiamo scrivere:
vM
v(t) = v M cos(ωt + α V ) = Re 2 Ve jωt [ ] con V =
2
∠α V = V∠α V
IM
[
i(t) = I M cos(ωt + α i ) = Re 2 Ie jωt ] con I =
2
∠α i = I∠α i
[
L Re 2 ( jω )2 Ie jωt
]+ RRe[ 2 jωIe jωt
]+ C1 Re[ 2I e jωt
] = Re[ 2 jωV e jωt
],
da cui sfruttando il lemma di linearità si ottiene :
1
Re 2 − ω 2L + jωR + Ie jωt
[
= Re 2 jωV e
jωt
] (9.11)
C
299
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per il teorema principale il primo ed il secondo membro della relazione (9.11) sono due
funzioni sinusoidali isofrequenziali e dovendo essere uguali, per il lemma 3 saranno
uguali anche i fasori che le rappresentano (per il lemma di unicità); si ottiene dunque:
2 1 j
( jω ) L + jωR + C ⋅ I = jωV ⇔ V = jωL + R − ωC ⋅ I ⇔
1
V = R + j ωL − ⋅ I = zI (9.12) ,
ωC
1
dove : z = R + j ωL − è detta impedenza in ingresso del circuito .
ωC
z = R + jX , dove :
1
X = ωL − rappresenta la reattanza sopra definita .
ωC
Infine definiamo ammettenza del monoporta considerato il reciproco della sua impe-
denza, e quindi:
1 1 R − jX R X
y = = = = −j = G + jB , dove :
z R + jX 2
R +X 2 2
R +X 2 R + X2
2
R
G= è detta conduttanza
R + X2
2
X
B=− è detta suscettanza .
R + X2
2
( Si noti che G ≠ 1 R ).
300 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
V V∠α v V
V = z I ⇔ I = = = ∠(α v − θ ) ,
z z∠θ z
1
2 ωL −
1 ωC
con z = R 2 + ωL − e θ = arctg
ωC R
[
i (t ) = Re 2Ie jωt
] = Re 2
V
z
e j (αv −θ )
e jωt = v M cos(ωt + α − θ )
z
v
Si osservi, per concludere, che l'equazione (9.12) è analoga alla legge di Ohm in regime
stazionario salvo il fatto che essa mette in relazione non direttamente la tensione e la
corrente ma i fasori rappresentativi di tali grandezze; oltre a ciò la costante di propor-
zionalità è ora l'impedenza che corrisponde, nell'analogia citata, alla resistenza. Quanto
si è detto giustifica la denominazione della (9.12) come legge di Ohm simbolica relativa
ad un generico ramo di circuito. Applicazioni di tale legge saranno illustrate nel segui-
to, dopo l'estensione del metodo simbolico a circuiti comunque complessi (vedi para-
grafo seguente).
regime sinusoidale:
[
Re 2I 1e jωt
]+ Re[ 2 I 2e jωt
]− Re[ 2 I 4e jωt
]= 0
[
Re 2 (I 1 + I 2 − I 4 )e jωt
]= 0 ⇒ I 1 +I2 −I4 =0,
dove I , I e I sono i fasori corrispondenti, rispettivamente, alle correnti i (t), i (t) e i (t).
1 2 4 1 2 4
A ⋅ I = 0 , dove I è il vettore colonna i cui elementi sono i fasori I1 , I 2 ,..., I b che rappresen -
tano, rispettivamente, le correnti di lato sinusoidali i1 (t), i 2 (t),...i b (t).
Sfruttando ancora una volta il lemma di linearità e quello di unicità si ottiene quanto
segue:
[
Re 2V 2e jωt
]+ Re[ 2V 3e jωt
]− Re[ 2V 1e jωt
]= 0 ⇒
Re[ 2 (V 2 +V 3 −V 1 )e jωt
] = 0 ⇒V 2 +V 3 −V 1 = 0 ,
dove V1 , V2 e V3 sono i fasori corrispondenti, rispettivamente, alle tensioni v 1 (t), v 2 (t) e v 3 (t).
v(t) − A T e(t) = 0 ∀t
V − AT E = 0
L.K.C. : I = I1 = I 2 = ... = I n
L.K.T. : V = V1 + V2 + ... + Vn = z 1 I1 + z 2 I 2 + ... + z n I n = (z 1 + z 2 + ... + z n )I ⇒
n
V = z I , con : z = ∑ z k
k =1
z i
Vale anche la regola del partitore di tensione : Vi = V n
i = 1,.., n
∑ z k
k =1
L.K.T. : V = V1 = V2 = ... = Vn
L.K.C. : I = I1 + I 2 + ... + I n = y 1 V1 + y 2 V2 + ... + y n Vn = (y 1 + y 2 + ... + y n )V ⇒
n
I = y V , con : y = ∑ y k
k =1
y i
Vale anche la regola del partitore di corrente : I i = V n
i = 1,.., n
∑ y k
k =1
304 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Come si può osservare dall'espressione di v(t) si è supposta nulla la fase della tensione
305
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i (t ) = I M cos(ωt + α i ) , cha sarà completamente nota una volta calcolata l' ampiezza I M e la
I
fase α i , cioè, in altri termini, il fasore ad essa associato : I = I ∠α i = M ∠α i
2
Per far ciò basta semplicemente esprimere in termini fasoriali l'unica relazione di lato a
disposizione e cioè:
V = z r I , con z r = R ∠ 0 ° = R
sformazione, sia dall'espressione generale tenendo conto che si tratta di un ramo pu-
ramente resistivo).
V V∠0° V IM V
I= = = ∠0° ⇒ I = = e αi = 0 (9.13)
z r R∠0° R 2 R
Si osserva allora che per un circuito puramente resistivo la corrente è in fase con la
tensione. In figura sono stati riportati i vettori della tensione e della corrente:
Si noti che la corrente risulta in fase con la tensione. Per ricavare, infine, l'andamento
nel tempo della corrente basta effettuare un'operazione di antitrasformazione come se-
gue:
V V
i (t ) = Re 2I e [ jωt
]= 2
R
cos(ωt ) = M cos(ωt )
R
(9.14)
di (t )
v (t ) = L ⇒ V = jωLI = z l I , con z l = ωLj = ωL∠90°
dt
V V∠0° V
Si ricava allora : I = = = ∠ − 90° (9.15), da cui segue che :
z l ωL∠90° ωL
I V π
I= M = e αi = −
2 ωL 2
Si osserva allora che per un circuito puramente induttivo la corrente è sfasata di 90°
in ritardo rispetto alla tensione. Nella figura successiva è mostrata la rappresentazione
vettoriale dei fasori associati:
Per ricavare, infine, l'andamento nel tempo della corrente basta effettuare un'operazio-
ne di antitrasformazione come segue:
V π V π
[
i (t ) = Re 2I e jωt
]= 2
ωL
cos(ωt − ) = M cos(ωt − )
2 ωL 2
(9.16)
In pratica la corrente raggiunge il massimo con T/4 di ritardo rispetto alla tensione.
dv (t ) 1 1 j 1
i (t ) = C ⇒ I = jωCV = y cV , con z c = = =− = ∠ − 90°
dt y c jω C ωC ωC
V V∠0°
Si ricava allora : I = = = ωCV∠90° (9.17), da cui segue :
z c 1 ωC ∠ − 90°
IM π
I= = ωCV e α i =
2 2
Si osserva allora che per un circuito puramente capacitivo la corrente è sfasata di 90°
in anticipo rispetto alla tensione. Nella figura successiva è mostrata la rappresenta-
zione vettoriale dei fasori associati:
309
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per ricavare, infine, l'andamento nel tempo della corrente basta effettuare un'operazio-
ne di antitrasformazione come segue:
π π
i (t ) = 2ωCV cos(ωt + ) = ωCV M cos(ωt + ) (9.18)
2 2
VR = z r I r , con z r = R
Relazioni di lato :
VL = z l I L , con z l = jωL
L.K.C. : I = I R = I L
L.K.T. : V = VR + VL = (z r + z l )I = (R + jωL)I = z I , con z = R + jωL
2 2
V V∠0° V z = R + (ωL )
Si ottiene allora : I = = = ∠ − θ con
z z∠θ z ωL
θ = arctg
R
V V
i (t ) = 2 cos(ωt − θ ) = M cos(ωt − θ ) (9.19)
z z
(Nota : θ deve essere espresso in radianti).
Negli esempi sinora trattati si è assunto come fasore di riferimento quello della tensio-
ne; tuttavia data l'arbitrarietà con cui possiamo scegliere l'origine dei tempi t=0 pos-
siamo fare in modo che essa coincida con l'istante in cui la corrente raggiunge il suo va-
lore massimo: in tal modo avremo che la fase della corrente sarà nulla e quindi potre-
mo considerare come fasore di riferimento non più quello della tensione bensì quello
della corrente. Il vantaggio offerto da tale scelta consiste nella possibilità di tracciare il
cosiddetto diagramma delle tensioni. Esso si ottiene semplicemente esprimendo i fa-
sori delle varie tensioni di lato in funzione della corrente di porta (che ha fase nulla per
ipotesi) ed applicando poi la L.K.T. per ricavare la tensione di porta; ad esempio, per
quanto riguarda il circuito in esame si ha:
VR = z r I r , con z r = R
Relazioni di lato : j
VC = z c I C , con z c = − ωC
L.K.C. : I = I R = I L
j j
L.K.T. : V = VR + VL = (z r + z c )I = (R − )I = z I , con z = R −
ωC ωC
2
z = R 2 + 1
V V∠0° V ωC
Si ottiene allora : I = = = ∠ − θ con
z z∠θ z 1
θ = arctg − ωCR < 0
V V
i (t ) = 2 cos(ωt − θ ) = M cos(ωt − θ ) (9.19)
z z
(Nota : θ deve essere espresso in radianti e, in questo caso, è intrinsecamente negativo).
1 I
VR = z r I R = z r I = RI∠0° e VC = z c I C = z c I = ∠ − 90°I∠0° = ∠ − 90°
ωC ωC
avendo posto : I = I∠0°
V R = z r I r , con z r = R
Relazioni di lato : V L = z l I L , con z l = jωL
V = z I , con z = − j ωC
C c C c
L.K.C. : I = I R = I L = I C
1
L.K.T. : V = VR + V L + VC = ( z r + z l + z c ) I = R + j ωL − I = zI ,
ωC
2
z = R 2 + ωL − 1
ωC
con z = z∠θ e con
1
ωL −
θ = arctg ωC
R
V V∠0° V
Si ottiene allora : I = = = ∠ −θ (9.20)
z z∠θ z
Escludendo, per il momento, il caso in cui la reattanza induttiva sia pari a quella capa-
citiva (è la condizione di risonanza che vedremo in seguito) gli altri due casi possibili
sono:
1
1) ωL > ⇒θ > 0
ωC
314 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalla (9.20) segue che la corrente è in ritardo sulla tensione di θ° cioè nel circuito preva-
le il fenomeno induttivo su quello capacitivo.
1
2) ωL < ⇒θ < 0
ωC
Dalla (9.20) segue che la corrente è in anticipo sulla tensione di θ° cioè nel circuito pre-
vale il fenomeno capacitivo su quello induttivo.
Questi due risultati possono anche essere evidenziati attraverso il diagramma delle
tensioni:
VR = z r I R = z r I = RI∠0°
1 I
VC = z c I C = z c I = ∠ − 90°I∠0° =∠ − 90°
ωC ωC
VL = z l I L = z l I = ωL∠90°I∠0° = ωLI∠90°
avendo posto : I = I∠0°
315
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si ottiene allora:
Definiamo angolo di sfasamento tra tensione e corrente la differenza tra la fase della
tensione e quella della corrente, cioè:
ϕ = αv −αi (9.21)
Nell' ipotesi di fase nulla per la tensione : α v = 0 (ipotesi che non è restrittiva per quanto
detto nel paragrafo precedente ) si ha che :
ϕ = −α i (9.22)
316 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
V∠α v V V V
z = z∠θ = = ∠(α v − α i ) = ∠ϕ = ∠ − α i (9.24)
I∠α i I I I
Il primo addendo nell'espressione (9.25) prende il nome di componente attiva della cor-
rente istantanea mentre il secondo addendo prende il nome di componente reattiva della
corrente istantanea: si osserva che la componente attiva è in fase con la tensione istanta-
nea mentre la componente reattiva è sfasata di 90° in ritardo rispetto alla tensione i-
stantanea. La potenza istantanea si esprime sempre come prodotto della tensione e del-
la corrente istantanea e quindi:
Dalla relazione (9.26) si osserva che anche la potenza istantanea si può scrivere come
somma di due termini: il primo di essi, a cui si dà il nome di potenza istantanea attiva
è, per definizione, il prodotto della tensione per la componente attiva della corrente i-
stantanea, mentre il secondo, a cui si dà il nome di potenza istantanea reattiva è, per
definizione, il prodotto della tensione per la componente reattiva della corrente istan-
tanea. Le loro espressioni si deducono facilmente dalla (9.25) e (9.26) come segue:
Nell'ipotesi che - π/2 < ϕ < π/2 avremo che cosϕ> 0 e Pa(t)≥ 0. In figura è riportato
l'andamento nel tempo della potenza istantanea attiva e reattiva che può dedursi ri-
spettivamente come prodotto delle curve della tensione e della componente attiva della
corrente e come prodotto delle curve della tensione e della componente reattiva della
corrente:
318 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalla fig. 9.10 si osserva chiaramente che la potenza istantanea attiva si mantiene sem-
pre non negativa. Ciò si interpreta fisicamente affermando che essa corrisponde ad un
flusso unidirezionale di energia ossia che, in ogni istante, l'energia associata alla poten-
za istantanea attiva è fornita al circuito senza mai 'rifluire' dal circuito verso la rete e-
sterna; in altri termini, tale energia, una volta assorbita dal circuito non può essere più
restituita. Dalla fig. 9.11 si osserva, invece, che la potenza istantanea reattiva è una fun-
zione sinusoidale del tempo con pulsazione doppia rispetto a quella di alimentazione:
si deduce da ciò che essa alterna ad intervalli in cui è positiva, intervalli uguali in cui è
negativa e che, pertanto, l'energia ad essa associata (corrispondente alle aree colorate in
fig. 9.11) fluisce alternativamente dal circuito verso la rete esterna e viceversa, in ugual
misura nei due sensi, cosicché al termine di un qualsiasi numero intero di semiperiodi
(riferiti alla frequenza di alimentazione) risulta nulla l'energia complessivamente
scambiata dal circuito attraverso la porta in esame.
Per la valutazione dei fenomeni energetici associati a circuiti in regime sinusoidale e re-
lativi ad intervalli di tempo sufficientemente lunghi rispetto al periodo T, occorrerà in-
trodurre altre potenze ovviamente non più istantanee.
T T T T
1 1 1 1
P=
T0 ∫
p(t)dt =
T0 ∫
p a (t)dt +
T0 ∫
p r (t)dt =
T0 ∫
p a (t)dt (9.29)
(Nota: l'integrale relativo alla potenza istantanea reattiva è nullo in quanto si tratta del
valor medio in un periodo di una funzione sinusoidale; lo si può verificare sostituendo
la relazione (9.28) nell'espressione del suddetto integrale). Dalla relazione (9.29) si os-
serva, dunque, che la potenza attiva può intendersi anche come valor medio in un pe-
riodo della potenza istantanea attiva. Sostituendo ora la relazione (9.27) nella (9.29) si
ottiene:
V M I M cos ϕ dt
T T T T
1 1 cos( 2ωt )dt =
∫ ∫ ∫ ∫
2
P = p a (t )dt = V M I M cos ϕ cos (ωt )dt = +
T 0
T 0 T 0 2 0 2
T
V M I M cos ϕ dt V M I M cos ϕ
=
T ∫0
2
=
2
⇒ P =VI cos ϕ (9.30)
In definitiva, quindi, la potenza attiva si può valutare come prodotto del valore efficace
della tensione, del valore efficace della corrente e del coseno dell'angolo di sfasamento
tra tensione e corrente; quest'ultimo fattore del prodotto è di solito indicato come fattore
di potenza. Sotto il profilo tecnico l'importanza della potenza attiva appena definita è
319
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
VM I M
Q= senϕ = VIsenϕ (9.31)
2
Sotto il profilo tecnico l'importanza della potenza reattiva Q deve ricercarsi nel fatto
che essa è un indice atto a rappresentare l'entità degli scambi energetici associati alla
potenza istantanea reattiva, scambi che pur non implicando un flusso di energia defini-
tivamente assorbita (o ceduta) dal circuito, devono tuttavia essere considerati per alcu-
ne loro conseguenze che esamineremo in seguito (vedi rifasamento). La potenza reatti-
va si misura in VAR.
Avendo supposto nulla la fase della tensione, la potenza complessa può anche scriversi
come segue:
da cui si osserva che la parte reale della potenza complessa è proprio la potenza attiva
mentre la parte immaginaria è la potenza reattiva (l'unità di misura è VA).
320 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si definisce, infine, potenza apparente il modulo della potenza complessa ed è espressa da:
N = P 2 + Q 2 = VI (9.33)
N = V I * = z I ⋅ I * = z I 2 = RI 2 + jxI 2
Dalla prima relazione nella (9.34) si deduce che la potenza attiva assorbita da un'impe-
denza dipende, per una data corrente, dalla resistenza ossia dall'unico componente in
grado di assorbire definitivamente l'energia senza doverla poi restituire attraverso i
morsetti di alimentazione; dalla seconda relazione nella (9.34) si osserva, invece, che la
potenza reattiva, in quanto indice di un fenomeno di 'flusso' e 'riflusso' di energia, ri-
sulta dipendente dalla reattanza, ossia dal componente del circuito che è in grado di
immagazzinare energia sotto forma conservativa (elettrica nei condensatori, magnetica
negli induttori) e che, di conseguenza, è in grado di restituirla seguendo le alternanze
della corrente. Sempre facendo riferimento all'impedenza mostrata nella figura prece-
321
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dente nell'ipotesi che - π/2 < ϕ < π/2, osserviamo che se l'angolo di sfasamento ϕ tra
tensione e corrente risulta essere maggiore di zero, ossia l'impedenza è di tipo ohmico-
induttivo (infatti la corrente è in ritardo sulla tensione) allora la reattanza x dell'impe-
denza è positiva (infatti essa è pari a: x = ωL ) e tale sarà anche la potenza reattiva; se
invece l'angolo di sfasamento ϕ tra tensione e corrente è minore di zero, ossia l'impe-
denza è di tipo ohmico-capacitivo (infatti la corrente è in anticipo sulla tensione) allora
la reattanza x dell'impedenza è negativa (infatti essa è pari a: X = -1/ωC ) e tale sarà
anche la potenza reattiva. Possiamo, allora, tracciare per i due casi appena esaminati i
seguenti triangoli delle potenze:
Teorema di Boucherot
La somma geometrica delle potenze complesse fornite da ciascun generatore indipendente al cir-
cuito è pari alla somma geometrica delle potenze complesse assorbite da tutti gli altri elementi
del circuito stesso.
322 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dim. Per semplicità supporremo che nel circuito in esame sia presente un solo genera-
tore indipendente e, precisamente, un generatore di corrente come mostrato in figura
nella quale abbiamo numerato prima il lato contenente il generatore:
Sono state assegnate le direzioni di riferimento associate a tutti i lati del circuito e si
sono indicati i fasori delle tensioni e correnti di lato: naturalmente i primi soddisfano i
vincoli imposti dalla L.K.T. e i secondi i vincoli imposti dalla L.K.C.; in particolare si
può scrivere A I = 0. Poiché gli elementi della matrice di incidenza ridotta A sono reali,
se si considera il complesso coniugato della precedente equazione si ottiene:
A I∗ = 0 (9.35)
Da questa relazione si deduce che anche i fasori coniugati delle correnti soddisfano la
L.K.C. e quindi, sfruttando il teorema di Tellegen, si può scrivere:
∑V I
k =1
∗
k k = 0 ( b è il numero di lati nel circuito), da cui segue:
b
− V I = ∑Vk I∗k
∗
1 1 (9.36)
k =2
Nella relazione (9.36) il termine che compare nel membro di sinistra è la potenza com-
plessa fornita dal generatore di corrente al circuito, mentre la somma nel membro di
destra rappresenta la somma delle potenze complesse assorbite da ciascun lato del cir-
cuito. L'estensione al caso in cui esistano più generatori indipendenti è immediata.
323
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
La porzione di circuito alla sinistra dei morsetti è costituita da un'impedenza nota e da un gene-
ratore di tensione sinusoidale di cui, per comodità, si suppone nulla la fase (tale porzione di cir-
cuito può essere pensata come l'equivalente di Thevenin di un circuito comunque complesso): si
dimostra che l'impedenza da collegare ai morsetti A-B affinché il generatore possa trasferire ad
essa la massima potenza attiva è data da
. .
zu = zs*
della corrente che attraversa l'impedenza zu si ha che la potenza attiva da essa assorbita
vale P = RuI2 (9.37)
324 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Vs Vs Vs
I= = ⇒I=
z s + z u (R s + R u ) + j(x s + x u ) (R s + R u ) 2 + (x s + x u ) 2
R u Vs2
da cui si ottiene : P = R u I 2 = (9.38)
(R s + R u ) 2 + (x s + x u ) 2
Da questa relazione si evince che la potenza attiva è funzione delle due variabili Ru e
xu: per determinare i valori di tali variabili affinché la potenza attiva assuma il suo va-
lore massimo possiamo osservare che ponendo: xu=-xs(*) il denominatore nella relazio-
ne (9.38) diminuisce e quindi la potenza attiva si avvicina al suo valore massimo. Così
facendo, inoltre, la potenza attiva diventa funzione della sola variabile Ru e quindi è
possibile risolvere il nostro problema di massimo imponendo che la derivata della po-
tenza attiva rispetto a tale variabile sia nulla:
dP Vs2 (R u + R s ) 2 − 2R u Vs2 (R u + R s )
=0 ⇔ =0 ⇔
dR u (R u + R s ) 4
R 2u + R s2 − 2R 2u = 0 ⇔ Ru = Rs
abbiamo quindi trovato :
Ru = Rs
⇒ z u = z *s
x u = − x s
R s Vs2 Vs2
Pmax = R u I 2 = =
4R 2s 4R s
Volendo, invece, calcolare la potenza attiva fornita dal generatore, possiamo sfruttare il
teorema di Boucherot ottenendo:
325
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Vs2 V2
Pg = (R s + R u )I 2 = 2R s I 2 = 2R s 2
= s
4R s 2R s
Pmax
η= = 0,5
Pg
Ciò significa che, in condizioni di adattamento cioè quando il generatore trasferisce sul
carico la massima potenza attiva, il 50% di essa viene dissipata.
9.11 RIFASAMENTO
Si è visto, trattando della potenza reattiva, che essa è indice di un flusso di energia di-
retto alternativamente dall'alimentatore al circuito e viceversa: a prima vista si potreb-
be pensare che il suddetto indice non abbia alcun interesse tecnico in quanto ad esso
non è associato alcun trasferimento di energia definitivo; in realtà non è così, come a-
desso dimostreremo facendo riferimento ad una situazione pratica molto frequente. In
figura è rappresentato, in modo molto semplificato, lo schema del sistema attraverso il
N = VI = P 2 + Q 2 e Q = P ⋅ tgϕ
(Nota: la precedente relazione si ricava dal triangolo delle potenze, con ϕ angolo di sfa-
samento tra la tensione e corrente ai terminali dell’utilizzatore).
Possiamo osservare, dunque, che riducendo il valore efficace della corrente di linea a
parità di V e P si ha una riduzione della potenza apparente associata ad ogni sezione
della linea ed, in particolare, alla generazione (e ciò comporta un risparmio economico
essendo la potenza apparente un parametro di progettazione e dimensionamento) e
una riduzione della potenza attiva dissipata dall'eventuale impedenza di linea. Se vo-
gliamo diminuire la I di linea, a parità di P e V, occorrerà agire su Q, cioè diminuire Q.
D'altra parte questo comporta una riduzione dell'angolo di sfasamento ϕ e quindi un
aumento del fattore di potenza cosϕ dello stesso utilizzatore. Si definisce allora rifasa-
mento una qualsiasi operazione atta a diminuire l'angolo di sfasamento tra tensione e
corrente di linea a parità di V e P, e quindi a ridurre il valore efficace della corrente di
linea. Nel caso più frequente in cui l'utilizzatore sia di tipo ohmico-induttivo (ϕ>0), il
rifasamento si realizza disponendo in parallelo all'utilizzatore un condensatore di op-
portuna capacità C (nel caso in cui ϕ<0 si dispone in parallelo un induttore). Esami-
niamo le conseguenze di tale operazione.
Nella figura seguente è mostrato il diagramma vettoriale dei fasori rappresentativi del-
327
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
La presenza di un nuovo ramo induce a considerare ora tre correnti in luogo di una so-
la tra le quali sussiste la seguente relazione:
IL = IC + I (*)
Dalla fig. b) si osserva, inoltre, che essendo la corrente nel condensatore sfasata di 90°
in anticipo sulla tensione, il valore efficace della corrente di linea può essere notevol-
mente ridotto (e con esso gli effetti negativi precedentemente descritti) con un'oppor-
tuna scelta della capacità del condensatore di rifasamento. Si noti che, oltre alla ridu-
zione del valore efficace della corrente di linea, diminuisce anche il suo angolo di sfa-
samento ϕ' rispetto alla tensione, angolo il cui coseno rappresenta il fattore di potenza
della porzione di circuito costituita dal complesso utilizzatore-condensatore di rifasa-
mento. Si pone allora il seguente problema: dato un utilizzatore di cui si conoscono V,P
e ϕ cioè tensione, potenza attiva ed angolo di sfasamento, calcolare il valore della capa-
cità di rifasamento C tale che l'angolo di sfasamento della corrente di linea passi dal va-
lore ϕ (quale si avrebbe in assenza del condensatore) ad un prefissato valore ϕ'. Per ri-
solvere tale problema si osserva, anzitutto, che l'utilizzatore da solo assorbe una poten-
za reattiva Q data dall'espressione:
Q = Ptgϕ (9.39).
Q’=Q+Qc (9.40)
Anche per le potenze P e Q' sussiste un legame analogo alla relazione (9.39) della pagi-
na precedente e pertanto si ha:
che fornisce il valore di capacità richiesto. Si parla di rifasamento completo quando il va-
lore efficace della corrente di linea assume il suo valore minimo; ciò si realizza, in cor-
rispondenza di una certa tensione V, quando la corrente nel condensatore è tale per cui
ϕ'=0. In tal caso la capacità del condensatore di rifasamento vale:
Ptgϕ
C0 = (9.42)
ωV 2
Si vuole ricavare l'espressione del valore efficace I della corrente di porta e dell'angolo
di sfasamento ϕ tra tensione e corrente in funzione della pulsazione di alimentazione
ω. Tenendo presente che l'impedenza in ingresso è data dall'espressione:
2
z = R 2 + ωL − 1
1 ωC
z = R + j ωL − = z∠θ con
ωC 1
ωL −
θ = arctg ωC
R
si ottiene che:
330 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
V V
I(ω) = = (*)
z 2
2 + ωL − 1
V V∠0° V R
I= = = ∠ − θ = I∠αi ⇒ ωC
z z∠θ z 1
ωL −
ϕ(ω) = −α = θ = arctg ωC (**)
i R
1 1 1
ωL − = 0 ⇔ ω 2 LC − 1 = 0 ⇔ ω 2 = ⇔ ω0 = (9.43)
ωC LC LC
Si noti che la curva, partendo da zero per ω=0, ritorna a zero per ω tendente ad infinito
attraverso un massimo in corrispondenza della pulsazione di risonanza. Inoltre è evi-
dente che diminuendo progressivamente la resistenza R il valore efficace della corrente
aumenta e nel caso limite in cui R=0 diventa infinito. Nella figura seguente è mostrato,
invece, l'andamento in funzione di ω dell'angolo di sfasamento ϕ e della reattanza in
331
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ingresso:
Per ω <ω0 risulta quindi ϕ < 0 (ossia la corrente in anticipo sulla tensione: circuito o-
hmico-capacitivo) mentre per ω >ω0 si ha ϕ > 0 (ossia la corrente in ritardo sulla tensio-
ne: circuito ohmico-induttivo).
Sempre dalla fig. 9.14 si osserva che per ω < ω0 la reattanza capacitiva prevale su quella
induttiva (ciò giustifica l'anticipo della corrente sulla tensione); per ω=ω0 le due reat-
tanze si compensano e quindi, elidendosi, rendono l'impedenza z coincidente con la so-
la resistenza R; infine, per ω > ω0 la reattanza induttiva prevale su quella capacitiva (ciò
giustifica il ritardo della corrente sulla tensione).
VL ω 0 LI 1 L 1 L V
= = = =Q= C
V RI LC R R C V
dove Q é il cosiddetto fattore di qualità del circuito risonante serie che abbiamo già
incontrato (par. 6.4)
332 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
y c = jωC
1
j ⇒ y = y c + y l = j ωC − , da cui si ottiene :
y
l = − ω L
ωL
1
I = y V ⇒ I(ω ) = ωC − V (9.44)
ωL
Anche in tal caso è facile verificare che esiste un valore di ω che annulla la suscettanza
dell'ammettenza di ingresso e precisamente esso è pari a:
1
ω0 = : pulsazione di antirisonanza .
LC
j C
I L = y l V = − V = − jV
ω0L L
⇒ I L = −IC
C
I C = y c V = jω 0 CV = jV L
Poiché tali correnti sono uguali ed opposte, si può affermare che esiste, in antirisonan-
za, una corrente di circolazione confinata all'interno della maglia costituita dall'indut-
tore e dal condensatore. L'esistenza di questa corrente che fluisce permanentemente
senza alcun apporto energetico dall'esterno è compatibile con il principio di conserva-
zione dell'energia solo in quanto si suppongono ideali (ossia privi di resistenza e quin-
di di fenomeni dissipativi) il ramo induttivo e quello capacitivo del circuito. In tale ipo-
tesi, la corrente all'interno del parallelo trova la sua giustificazione nello scambio ener-
getico (che perdura indefinitamente dando origine ad un fenomeno periodico) fra il
condensatore (dove l'energia si conserva sotto forma di energia elettrica) e l'induttore
(dove l'energia si immagazzina sotto forma di energia magnetica). Supponiamo ora che
siano presenti nel circuito fenomeni dissipativi dovuti ad un resistore collegato in pa-
rallelo al condensatore e all'induttore come mostrato in figura:
y c = jωC
j 1
y l = − ⇒ y = y r + y c + y l = G + jϖC − , da cui si ottiene :
ϖL ϖL
y r = G = 1 R
1
I = y V = G + jϖC − V (9.45)
ϖL
334 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Risulta evidente, allora, che il valore della pulsazione di antirisonanza rimane lo stesso
di prima ma stavolta la corrente di porta, in condizioni di antirisonanza, non è nulla
bensì vale:
I C ω 0 CV 1 C C I
= = =R =Q= L
I GV G L L I
dove Q é il cosiddetto fattore di qualitá parallelo (par. 6.4). A titolo d'esempio calco-
1 R L − jωL
z l = R L + jωL ⇒ y l = z = R 2 + ω 2 L2
l L
j
RC + , da cui si ottiene :
z = R − j 1 ωC
⇒ y c = =
c C
ωC z c 1
R C2 + 2 2
ω C
1
RL RC
− ωL
y = y l + y c = 2 + + j 2 + ωC
R L + ω 2 L2 2 1 R L + ω 2 L2 2 1
RC + 2 2 RC + 2 2
ω C ω C
1
ωL ωC ωL ωC
2 2 2
= ⇔ 2 2 2
= ⇔
RL + ω L 1
R 2C + 2 2 RL + ω L 1 + R 2Cω 2 C 2
ω C
L + LR Cω C = CR 2L + Cω 2 L2 ⇔ ω 2 LC (L − R 2C C ) = L − CR 2L ⇔
2 2 2
1 L − CR 2L
ω0 =
LC L − R 2C C
Si fissi come verso di percorrenza delle maglie fondamentali quello antiorario e si con-
siderino positive le correnti uscenti dalle superfici gaussiane che individuano gli in-
siemi di taglio fondamentali. Possiamo scrivere le seguenti relazioni:
337
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1 : V1 + V2 = 0
Σ 1 : − I 1 + I 2 + I 3 = 0 3 : − V2 + V3 + V5 = 0
L.K.C. : Σ 2 : − I 3 + I 4 + I 5 = 0 L.K.T. : 4 : V4 − V5 + V6 = 0
Σ 3 : − I 4 + I 6 + I 7 − I 8 = 0 7 : − V6 + V7 = 0
8 : − V6 − V8 = 0
A questo punto per determinare tutti i fasori delle correnti e tensioni di lato (e quindi,
mediante antitrasformazione, tutte le correnti e tensioni di lato) occorre utilizzare altre
otto equazioni che sono fornite dalle relazioni di lato (in tal modo si ottiene un sistema
di sedici equazioni in sedici incognite che, risolto, fornisce la risposta del circuito):
I 1 = I s1 V 2 = R 2I 2
V 3 = jωL 3I 3 V 4 = R 4I 4
V 5 = R 5I 5 I 6 = jωC 6V 6
V 7 = R 7I 7 I 8 = I s8
E' facile anche calcolare, sfruttando il teorema di Boucherot, la potenza attiva e reattiva
fornita dai due generatori di corrente:
1 2
P = R 2 I 22 + R 4 I 24 + R 5 I 25 + R 7 I 72 e Q = ωL 3 I 23 − I
ωC 6 6
Si tenga presente, infine, quanto segue: se nel circuito sono presenti generatori indi-
pendenti non isofrequenziali allora il circuito è in regime variabile. In tal caso, per de-
terminare l'andamento nel tempo di una corrente o tensione di lato occorre sfruttare il
principio di sovrapposizione nel seguente modo: bisogna prima calcolare i fasori corri-
spondenti a tale variabile di lato ciascuno dei quali ottenuto considerando nel circuito,
singolarmente, i vari generatori indipendenti (è possibile, dunque, utilizzare le regole
viste sinora essendo il circuito in regime sinusoidale). Abbiamo così ricavato un certo
numero di fasori (pari al numero dei generatori presenti nel circuito) tutti associati alla
variabile di lato di cui vogliamo determinare l'andamento nel tempo ma ognuno dei
quali è stato ottenuto facendo agire nel circuito un solo generatore alla volta: di conse-
guenza, poiché ciascuno di questi fasori dipende dalla pulsazione del singolo generato-
re indipendente a cui è associato e poiché i generatori non hanno tutti la stessa pulsa-
zione, ne segue che per calcolare l'andamento nel tempo della variabile di lato scelta è
necessario prima antitrasformare tali fasori e poi sommare le varie correnti così ottenu-
te (sarebbe sbagliato, invece, sommare prima i fasori e poi antitrasformare in quanto ta-
li fasori non si riferiscono allo stesso insieme di grandezze sinusoidali isofrequenziali).
Sempre nell'ipotesi in cui nel circuito siano presenti generatori indipendenti sinusoidali
e non isofrequenziali è possibile dimostrare che:
338 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
la potenza attiva fornita da tali generatori è pari alla somma delle potenze attive che ogni singo-
lo generatore fornirebbe se agisse da solo nel circuito. La stessa cosa non è vera se il circuito è in
regime sinusoidale ovvero quando nel circuito sono presenti generatori isofrequenziali.
1 1 1 1 1 0
A= e quindi si può scrivere :
0 − 1 0 0 0 1
A ⋅ I = 0 , con I = I , I ,...., I T
[ ]
1 2 6
V − A E = 0 , con V = V1 , V2 ,...., V6 T e E = E1 , E2 T
T [ ] [ ]
dove I è il vettore dei fasori delle correnti di lato, V è il vettore dei fasori delle tensio-
ni di lato e E è il vettore dei fasori delle tensioni nodali. Rimangono ora da scrivere le
relazioni di lato:
M ( jω )V + N ( jω )I = U s . Si ottiene, in definitiva :
A ⋅ I = 0 0 0 A E 0
T
V − A E = 0 ⇔ − A T
I 0 ⋅ V = 0
0 M ( jω ) N ( jω ) I U s
M ( jω ) ⋅V + N ( jω ) ⋅ I = U s
che possiamo scrivere come : T ( jω ) ⋅W = U (*)
dove le matrici M0, M1, N0, ed N1 hanno elementi reali. Osservate che in luogo dell'ope-
340 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ratore D, relativo al caso generale dei circuiti dinamici, qui compare l'operatore jω. L'e-
quazione (*) rappresenta il modello in termini di sparse tableau del circuito in esame:
risolta, tale equazione consente di ottenere i fasori di tutte le correnti e tensioni di lato
oltre che i fasori delle tensioni nodali; poi, per antitrasformazione, si ricava l'andamen-
to nel tempo di tali variabili.Possiamo enunciare anche la seguente
dato un circuito dinamico in regime sinusoidale pilotato da generatori indipendenti fra loro iso-
frequenziali con pulsazione ω si ha che tale circuito ammette un'unica soluzione se e solo se ri-
sulta:
det[T ( jω )] ≠ 0
I teoremi di Thevenin e Norton visti per circuiti resistivi lineari con ingressi in continua
si possono estendere in maniera ovvia anche ai circuiti in regime sinusoidale:
341
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L'unica sostanziale differenza consiste nel fatto che, indicando con A il circuito mono-
porta da sostituire con un circuito equivalente secondo Thevenin o Norton ed indican-
do con B un qualsiasi circuito collegato ad A mediante la porta 1-2, si ha che, mentre
nel caso di circuiti resistivi non è stata fatta alcuna ipotesi sul circuito B, in questo caso,
essendo il circuito A in regime sinusoidale, tale deve essere anche il circuito B e ciò
comporta che questo circuito sia lineare, tempo-invariante ed asintoticamente stabile.
Supponendo, quindi, che tale ipotesi sia soddisfatta possiamo enunciare il seguente te-
orema:
un circuito C monoporta in regime sinusoidale, ben definito ed univocamente risolubile, può es-
sere sostituito dal circuito equivalente secondo Thevenin costituito da un'impedenza collegata
in serie ad un generatore di tensione sinusoidale, isofrequenziale con le forme d'onda dei genera-
tori presenti in C, in cui:
Lasciando inalterate tutte le ipotesi precedenti, possiamo sostituire tale circuito con l'equivalen-
te secondo Norton costituito da un'ammettenza collegata in parallelo ad un generatore di cor-
rente sinusoidale, isofrequenziale con le forme d'onda dei generatori presenti in C, in cui:
discorso: tale scelta è stata fatta solo per comodità ma avremmo potuto, in generale,
collegare un qualsiasi circuito, anche molto complesso, purché in regime sinusoidale),
come mostrato in figura:
Occorre, dunque, dimostrare che sostituendo il circuito C con il circuito equivalente se-
condo Thevenin il regime di correnti e tensioni ai capi dell'impedenza rimane invaria-
to, cioè ai capi dell'impedenza ci sarà sempre la stessa corrente e la stessa tensione che
si hanno in presenza del circuito C. Supponiamo, allora, di collegare in serie all'impe-
denza un generatore di tensione sinusoidale, isofrequenziale con le forme d'onda dei
generatori presenti in C, e di scegliere opportunatamente la fase ed il valore efficace
della forma d'onda di tale generatore in modo che sia nullo il fasore della corrente che
attraversa l'impedenza, come mostrato in figura:
343
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Naturalmente, essendo variata la corrente che attraversa l'impedenza sarà diversa an-
*
che la tensione ai suoi capi: in particolare, essendo nulla la corrente si avrà: V = 0. Di
conseguenza applicando la L.K.T. alla sequenza chiusa di nodi 3-1-2-4-3 si ottiene:
V s = V 0 . D’altra parte risulta: V 0 = V TH per come è stata definita la tensione equiva-
lente di Thevenin. In definitiva abbiamo trovato: V s = V TH (*). Facendo ora riferimento
al circuito di fig. 9.23, esprimiamo la corrente nell'impedenza applicando il principio di
sovrapposizione:
*
I = I '+ I
*
il primo termine I ' rappresenta il contributo alla corrente I quando nel circuito agi-
sce il solo generatore di tensione V s , cioè quando nel circuito iniziale C è passivato;
*
mentre I è il contributo alla corrente I quando il solo generatore di tensione V s è
posto a zero (si osservi che I è proprio la corrente che attraversa l’impedenza nella
condizione iniziale di fig. 9.22).
In fig.b) è stata invertita la polarità del generatore di tensione in modo che l’impedenza
.
z sia attraversata proprio dalla corrente I e la tensione ai suoi capi sia pari a V : cioè il
regime di corrente e tensione ai capi dell’impedenza è rimasto invariato rispetto alla
condizione iniziale mostrata in fig.9.22.Agli effetti dell'impedenza z il circuito ricavato
lascia invariate le grandezze di porta ed é quindi equivalente al circuito di partenza.
Osserviamo, infine, che il circuito iniziale passivato sarà comunque costituito da un
certo numero di impedenze collegate in vario modo: per cui è sempre possibile, me-
diante operazioni di equivalenza, sostituire tale circuito passivato con una sola impe-
344 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
denza che, per come è stata definita, coincide proprio con l'impedenza equivalente di
Thevenin. In definitiva, il circuito di fig.b) diventa:
due cortocircuiti:
345
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
z 3 z 4 z 4 z 5 z 3 z 5
Stella : z 30 = ; z 40 = ; z 50 =
z 3 + z 4 + z 5 z 3 + z 4 + z 5 z 3 + z 4 + z 5
Serie : {z 1s = z 1 + z 30 z 2s = z 2 + z 50
z 1s z 2s
Parallelo : z p =
z 1s + z 2s
In definitiva, si ricava : z TH = z p + z 40
z 2s
V1 = Vs1 (*)
z 1s + z 2s
z 1s
V2 = Vs2 (**)
z 1s + z 2s
Dunque, possiamo scrivere : VTH = V1 + V2
347
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Considereremo solo strumenti di misura elettrodinamici sia per la loro importanza sot-
to il profilo tecnico sia perché questi strumenti possono essere usati sia in corrente con-
tinua sia in corrente alternata. Un apparecchio elettrodinamico è sostanzialmente costi-
tuito, qualunque ne sia la funzione, da due bobine (una fissa ed una mobile) e da una
molla che contrasta il movimento di quella mobile. Si facciano percorrere le due bobine
da due correnti, nel funzionamento di tale strumento, interverranno due coppie: la
prima, elettromagnetica, è proporzionale al prodotto delle correnti che scorrono nelle
due bobine; la seconda, elastica, è proporzionale alla deformazione della molla e quin-
di all'angolo α di deviazione dalla posizione di riposo della bobina mobile. Nell'ipotesi
che le correnti nelle due bobine siano costanti, si avrà che la bobina mobile (e con essa
l'indice dell'apparecchio che le è solidale) si muove sotto l'effetto della coppia elettro-
magnetica fino ad assumere quella particolare posizione angolare per la quale si realiz-
za l'equilibrio tra la coppia elettromagnetica stessa e quella elastica ad essa opposta. In
condizioni di equilibrio varrà la relazione:
1T
α = k (i 1 (t) ⋅ i 2 (t) )medio = k
∫ i 1 (t) ⋅ i 2 (t)dt = KI 1 I 2 cos θ (**)
T 0
dove I 1 e I 2 sono i valori efficaci delle due correnti e θ è l' angolo
di sfasamento dell' una rispetto all' altra : θ = α i − α i
2 1
Le (*) e (**) sono le formule fondamentali su cui si basa il funzionamento degli stru-
348 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
menti elettrodinamici; a partire da esse mostreremo ora come sia possibile, mediante
opportuna disposizione delle bobine, far sì che l'apparecchio misuri una corrente, una
tensione o una potenza attiva.
suratore di corrente:
Evidentemente, risulta:
I = I1 = I 2
I = I1 = I 2 ⇒
ϑ = 0
di conseguenza la (**) diventa α=kI2 che mostra come la posizione dell'indice fornisca,
su una scala quadratica, il valore efficace della corrente da misurare. In corrente conti-
nua, la posizione dell'indice fornisce direttamente il valore della corrente. Si osservi, in
conclusione, che un amperometro deve avere, come requisito fondamentale, un'impe-
denza interna molto piccola in modo tale da non alterare il regime delle correnti preesi-
stente nel circuito falsando così la misura.
Dalla legge di Ohm simbolica si ha che la corrente Iv=V/Zv è proporzionale alla tensio-
ne V e perciò la precedente relazione diventa: α=k’V2 dove la nuova costante k’ tiene
conto dell’impedenza del ramo voltmetrico.
La bobina 1 disposta in serie con U è detta bobina amperometrica mentre la bobina 2 di-
sposta in parallelo ad U è detta bobina voltmetrica. Anche in questo caso l'inserzione del-
lo strumento non deve introdurre una sensibile perturbazione nel circuito e pertanto la
bobina amperometrica deve essere di bassa impedenza mentre il ramo voltmetrico de-
ve presentare un'elevata impedenza. Valgono, inoltre, le seguenti relazioni:
tensione V ai capi del ramo voltmetrico e, quindi, la relazione (**) si scrive come:
α = k 'VI cosθ (* * *) , dove la nuova costante k' tiene conto anche dell' impedenza del
ramo voltmetrico .
α iv = α v ⇒ θ = α i2 − α i1 = α i − α i = α v − α i = ϕ
v
In definitiva, la (* * *) diventa :
α = k 'VI cos ϕ = k ' P
Si ricordi, infine, che nel wattmetro, la resistenza Rv deve avere valore elevato non solo
per limitare la corrente nel ramo voltmetrico ma anche per poter trascurare la reattanza
induttiva di questo stesso ramo in modo da poterlo considerare come un ramo pura-
mente resistivo con le conseguenze prima descritte.
352 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 10
Tale metodo viene frequentemente utilizzato per la soluzione di circuiti resistivi lineari
e non lineari, tempo-invarianti e tempo-varianti ma può anche essere generalizzato a
circuiti dinamici o a circuiti in regime sinusoidale. Tuttavia l'analisi di nodo è applica-
bile ad una più ristretta gamma di circuiti rispetto al metodo dello sparse tableau che
invece è molto generale e può essere utilizzato per qualsiasi tipo di circuito: infatti l'a-
nalisi di nodo non consente lo studio di circuiti che contengano anche un solo elemento
non controllabile in tensione. D'altra parte l'analisi di nodo rientra nei cosiddetti meto-
di ridotti che consentono, cioè, di risolvere un circuito basandosi su un sistema di e-
quazioni di ordine inferiore rispetto al numero di variabili di rete. Infatti per un circui-
to con n+1 nodi e b lati occorrerebbe un sistema di 2b equazioni che consentisse di de-
terminare tutte le incognite del circuito e cioè le correnti e tensioni di lato (in numero
pari proprio a 2b); per di più, nel metodo dello sparse tableau, a fronte di una maggio-
re generalità nell'applicazione del metodo ai vari circuiti, si ha anche lo svantaggio di
scrivere un numero di equazioni ancora più alto, pari cioè a (2b+n), dove n è il numero
di nodi indipendenti nel circuito, in quanto le variabili da determinare non sono soltan-
to le correnti e tensioni di lato ma anche le tensioni nodali. L'analisi di nodo consiste,
invece, nella formulazione di un sistema di n equazioni che può essere posto nella se-
guente forma:
dove [Yn ] è una matrice quadrata di ordine n ed è detta matrice delle ammettenze no-
dali; [e] è il vettore delle tensioni nodali, ovviamente di dimensione n; [i s ] è detto vet-
tore delle sollecitazioni equivalenti in corrente i cui elementi sono, dimensionalmen-
te, delle correnti (anche questo vettore è di ordine n). Una volta determinate le tensioni
nodali mediante la soluzione del suddetto sistema bisogna poi ricondursi alle tensioni
di lato sfruttando la relazione:
semplici, 'per ispezione': in entrambi i casi si deve giungere alla formulazione dell'e-
quazione matriciale (10.1) vista prima solo che, nel metodo sistematico, per fare ciò, si
ricorrerà alla scrittura di tutte le equazioni di lato, delle L.K.C. e L.K.T. riferite ai cosid-
detti lati classici del circuito che definiremo fra poco, mentre nel metodo 'per ispezione'
si arriverà direttamente alla scrittura della (10.1) mediante una semplice 'ispezione' del
circuito secondo opportune convenzioni.
Cominciamo col descrivere l'analisi nodale per via sistematica. Occorre a tale scopo de-
finire il lato tipico di un circuito:
te le tensioni e le correnti nei lati della rete (fatta eccezione per il lato attivo preso in
considerazione). Si supponga, ad esempio, di considerare il tratto di circuito mostrato
in fig. 10.2a:
Come si osserva, il generatore di tensione non ha in serie alcun elemento passivo: oc-
corre, allora, spostarlo opportunatamente in modo tale, però, che il nuovo circuito sia
equivalente a quello iniziale. Inoltre, tenendo presente che un generatore di tensione
non impone vincoli sulla corrente, effettuando lo shift del generatore di tensione biso-
gna fare in modo che le relazioni imposte dalle L.K.T. nel circuito equivalente siano
uguali a quelle nel circuito iniziale. Si procede, dunque, sostituendo il generatore di
tensione con un cortocircuito; dopo di che, scelto uno dei due nodi tra i quali è collega-
to il generatore di tensione, per esempio il nodo A, si 'spinge' il generatore di tensione
nei lati che convergono in tale nodo, mantenendo invariata la sua polarità, come mo-
strato in fig. 10.2b. Sembrerebbe in tal modo di perdere informazioni sulla corrente nel
lato A-B: in realtà non è così perché, una volta risolto il circuito equivalente, posso
sempre determinare tale corrente applicando la L.K.C. al nodo B. Si supponga ora di
considerare il tratto di circuito mostrato in fig. 10.3a:
particolari quali:
Precisato ciò, vediamo come sia possibile ricavare l'equazione matriciale (10.1) su cui si
basa il metodo nodale. Anzitutto, supponiamo, per comodità, che il circuito sia resisti-
vo e lineare, quindi, il lato tipico diventa:
i k = J sk + G k (v k − E sk ) , con G k = 1 R k (10.2)
Estendendo questa relazione a tutti i lati del circuito, che supponiamo siano in numero
pari a b, si ottiene:
358 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
[i ] = [G b ]⋅ ([v] − [E s ]) + [J s ] (10.3)
Si osserva, in particolare, che il vettore [is] può essere considerato come somma di due
vettori e cioè:
[A] ⋅ [J s ]
i cui termini sono ancora delle correnti e rappresentano, per ogni nodo, la
somma delle correnti dei generatori di corrente eventualmente presenti nei lati del cir-
cuito che convergono nel nodo in esame.
Per maggiore chiarezza, facendo riferimento al generico lato tipico, proviamo a deter-
minare l'equivalente secondo Norton del generatore di tensione in serie al resistore
come mostrato in figura:
359
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i k = G k v k + J sk − G k E sk (10.8)
Gli ultimi due addendi nella (10.8) rappresentano, rispettivamente, la forma d'onda del
generatore di corrente presente nel lato k e la forma d'onda del generatore di corrente
equivalente secondo Norton alla serie costituita dal generatore di tensione e dal resi-
store (di resistenza Rk) presenti nel lato classico. Estendendo questa osservazione a tutti
i lati del circuito in esame si comprende quanto detto prima a proposito dei due vettori
dalla cui somma si ottiene il vettore [is]. Per quanto riguarda, infine, i segni delle cor-
renti che compaiono nel vettore [is] essi si deducono dalla relazione (10.6) e dalle con-
venzioni adottate nel lato tipico (perché è in base a queste che si è ottenuta l'equazione
matriciale (10.1)): ne segue che il generico elemento k-esimo del vettore [is] si ottiene
come somma algebrica delle correnti entranti nel nodo k ed intendendo come positive
proprio le correnti entranti. Quanto detto sinora può essere facilmente esteso anche a
circuiti con andamento dinamico nel tempo ed a circuiti in regime sinusoidale per i
quali l'equazione del modello nodale si scrive, rispettivamente, come:
La relazione (10.9) mette in evidenza che nel caso di circuiti dinamici alcuni elementi
della matrice delle ammettenze di nodo potranno dipendere dal simbolo D che è l'ope-
ratore di derivazione rispetto al tempo. Se, infatti, immaginiamo di sostituire il resisto-
re nel lato di fig. 10.4 con un condensatore o con un induttore potremo esprimere la
corrente che attraversa tale lato come:
360 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Se, invece, il circuito è in regime sinusoidale la matrice [Yn] avrà come elementi delle
ammettenze che, in generale, sono espresse in funzione di jω (a meno che non siano
puramente resistive) ed al posto delle tensioni nodali e delle varie correnti ci saranno i
corrispondenti fasori. Consideriamo, ora, a titolo d'esempio il seguente circuito resisti-
Abbiamo così ottenuto un circuito equivalente a quello iniziale ma più adatto per l'ap-
plicazione del metodo nodale. Su tale circuito (cioè quello di fig. 10.7) si sceglie un no-
do come riferimento (generalmente quello di grado maggiore) e si fissano dei versi per
le correnti su ogni lato classico. Si osserva che sono presenti n=3 nodi indipendenti
(cioè i nodi 1,2 e 3) e b=6 lati. Cominciamo col scrivere la matrice di incidenza ridotta
associata al circuito in esame (ci riferiamo al grafo associato, fig. 10.7bis):
1 0 1 0 1 0
[A] = 0 0 0 − 1 − 1 1
0 − 1 0 0 0 − 1
G 1 0 0 0 0 0
0 G2 0 0 0 0
0 0 G3 0 0 0
[G b ] =
0 0 0 G4 0 0
0 0 0 0 G5 0
0 0 0 0 0 G6
G 1 + G 3 + G 5 − G5 0
[Yn ] = [A] ⋅ [G b ] ⋅ [A]
T
= − G5 G 4 + G 5 + G6 − G 6 (*)
0 − G6 G 2 + G 6
362 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
E 0
− E 0
0 0
[E s ] = e [J s ] =
0 J
0 0
0 J
G 1E G 1 E
[i s ] = [A] ⋅ [G b ] ⋅ [E s ] − [A] ⋅ [J s ] = J − J = 0 (**)
G 2 E + J G 2 E + J
Per come è fatta la matrice [Yn ] e il vettore [i s ] possiamo ricavare la seguente regola
generale che ci consente di ottenere l’equazione su base nodo di un certo circuito me-
diante una semplice “ispezione” del circuito stesso:
• l'elemento diagonale di indice i nella matrice [Yn] è pari alla somma di tutte le con-
duttanze che convergono nel nodo i;
• l'elemento extradiagonale di indici i e j nella matrice [Yn] è pari all'opposto della
somma delle conduttanze comprese tra i nodi i e j del circuito in esame;
• l'elemento i-esimo del vettore [is] è pari alla somma algebrica delle correnti di tutti i
generatori che convergono nel nodo i (prendendo positive le correnti entranti), sia
che si tratti di generatori di corrente indipendenti presenti nel circuito sia che si
tratti di generatori di corrente ottenuti da equivalenze secondo Norton.
363
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per poter, quindi, applicare il metodo nodale 'per ispezione' è necessario effettuare prima le e-
quivalenze secondo Norton di tutti i generatori di tensione in serie a resistori; nel caso appena
esaminato si farà, dunque, riferimento al seguente circuito equivalente a quello di fig. 10.7:
dove iy è la corrente che attraversa il lato y il quale, per comodità, supporremo sia co-
stituito da un solo resistore con conduttanza Gy tale che: iy=Gyvy. Possiamo scrivere,
dunque:
v x = R x i x − ki y = R x i x − kG y v y , da cui si ottiene :
vx kG y
= ix − v y ⇔ i x = G x v x + kG x G y v y , con G x = 1 R x
Rx Rx
Quest'ultima relazione contribuirà alla scrittura della matrice Gb con due termini: la
conduttanza Gx nel posto di riga x e colonna x e la conduttanza Gy nel posto di riga x e
colonna y: per questo motivo, in presenza di generatori pilotati la matrice Gb non può
essere diagonale. Poiché il metodo 'per ispezione' sarà quello che useremo più frequen-
temente vediamo come devono essere trattati, con tale metodo, i generatori pilotati fa-
cendo riferimento allo stesso circuito dell'esempio precedente a cui, però, è stato ag-
giunto un generatore di corrente pilotato dalla tensione ai capi del resistore di resisten-
za R2 come mostrato in figura:
Poiché le variabili del modello nodale sono le tensioni di nodo bisogna esprimere la
forma d'onda del generatore pilotato in funzione di esse (si ricordi, comunque, che per
l'applicazione del metodo nodale tali generatori devono essere controllabili in tensio-
ne). Nel caso in esame possiamo scrivere:
G1 + G 3 + G 5 − G5 0 e 1 G 1 E + i 7
[Yn ] ⋅ [e] = [i s ] ⇔ − G 5 G 4 + G5 + G6 − G 6 ⋅ e 2 = − i 7
0 − G6 G 2 + G 6 e 3 G 2 E + J
Si osservi come a secondo membro compaiono termini funzione delle variabili del mo-
dello (la tensione nodale e3). Riportando a primo membro tali espressioni si ottiene:
G 1 + G3 + G5 − G5 0 e 1 G 1 E + g(e 3 − E)
⇔ − G5 G 4 + G5 + G6 − G 6 ⋅ e 2 = − g(e 3 − E) ⇔
0 − G6 G 2 + G 6 e 3 G2 E + J
G 1 + G3 + G5 − G5 − g e 1 G 1 E − gE
⇔ − G5 G 4 + G5 + G6 − G 6 + g ⋅ e 2 = gE
0 − G6 G 2 + G 6 e 3 G 2 E + J
i7=ki5
avremmo dovuto esprimere la corrente del lato 5 in funzione delle tensioni nodali co-
me:
i7=ki5=kG5v5=kG5(e1-e2)
G 1 + G 3 + G 5 − kG 5 − G 5 + kG 5 0 e 1 G1E
⇔ − G 5 + kG 5 G 4 + G 5 + G 6 − kG 5 − G 6 ⋅ e 2 = 0
0 − G6 G 2 + G 6 e 3 G 2 E + J
Se nel circuito iniziale fossero presenti generatori pilotati di tensione si procede in ma-
niera analoga al caso precedente: si tenga presente, comunque, che essi devono sempre
trovarsi, nel circuito iniziale, in serie ad un resistore (o, in generale, ad un elemento
passivo) in modo tale da poter essere trattati allo stesso modo dei generatori indipen-
denti di tensione, cioè in modo tale da poter sostituire a questa serie il generatore di
corrente equivalente secondo Norton in parallelo allo stesso resistore. Vediamo ora u-
n'applicazione del metodo nodale ad un circuito con andamento dinamico nel tempo:
circuito:
v 3 = R 3 i 3
⇒ v'3 = v 3 + v' = (R 3 + kR 3 )i 3
v' = kv 3 = kR 3 i 3
da cui segue che la serie costituita dal resistore e generatore pilotato di tensione è equi-
valente ad un solo resistore di resistenza pari a:
R3+kR3
Come mostrato in fig. 10.12b. Il passo successivo consiste nella determinazione della
rappresentazione controllata in tensione dell'induttore biporta che è data, analitica-
mente, dalle seguenti relazioni (vedi pagg. 92-93):
Tenendo presente, infine, quanto detto a pag. 56, possiamo sostituire la serie costituita
dal generatore di tensione con forma d'onda e(t) e dal condensatore (che supponiamo
inizialmente scarico) con il seguente circuito equivalente:
(Si noti che è stato scelto il nodo 5 come riferimento; i valori delle correnti dei vari ge-
neratori sono stati già ricavati e non sono stati riportati in fig. 10.15 per comodità). Co-
me ultima operazione esprimiamo le seguenti variabili in funzione delle tensioni nodali:
i 4 = C 4 Dv 4 = C 4 De 3
v 2 = e 2
v = e − e
1 1 2
A questo punto possiamo applicare il metodo nodale 'per ispezione' ottenendo, come si
369
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
può verificare, la seguente equazione matriciale che rappresenta il modello su base no-
do del circuito in esame:
1
R + kR + − C 2 D − Γ1 D −1 + Γ0 D −1 0
3 3
+ Γ1D −1 + C 2 D
− C D − Γ D −1 + Γ2 D −1 + Γ1 D −1 + e 1 C 2 De(t)
2 1
0 ⋅ e 2 = − C 2 De(t)
+ Γ0 D −1 + C 2 D − 2 Γ0 D −1
G 5 + C 4 D + 3
e 0
0 0
+ kC 4 D
Per concludere cerchiamo di dare un'interpretazione fisica agli elementi che costitui-
scono la matrice delle ammettenze nodali. Scriviamo in forma estesa l'equazione matri-
ciale del modello nodale:
y 11 e 1 + y 12 e 2 + ... + y 1n e n = i 1
y e + y e + ... + y e = i
[Yn ] ⋅ [e] = [i s ] ⇔ 21 1 22 2 2n n 2
(*)
.......................................
y n1 e 1 + y n2 e 2 + ... + y nn e n = i n
Anzitutto, osserviamo che gli elementi della matrice [Yn] si riferiscono alla rete passiva.
Inoltre, si può scrivere:
ii
y ij =
e j
e =0 , k ≠ j
k
rapporto tra la variabile di nodo corrente entrante nel nodo i e la variabile di nodo ten-
sione ej quando tutti gli altri nodi nel circuito tranne il nodo j, sono mantenuti a tensio-
ne nulla.
370 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si ha dunque:
e1 e1 e1
i 1 = i R1 + i R3 + i R5 = + + = (G 1 + G 3 + G 5 )e 1 , e quindi :
R1 R3 R5
i1
y 11 = = G1 + G 3 + G 5
e 1 e =e =0
2 3
che coincide col valore trovato in precedenza. Un discorso analogo può essere fatto per
tutti gli altri elementi della matrice [Yn ] Per esempio:
i2
y 21 =
e 1 e =e =0
2 3
y21=(-e1G5/e1)= -G5.
371
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si noti, infine, come in realtà lo shift di un generatore di corrente non sia strettamente
necessario nel metodo nodale in quanto esso stesso è un elemento controllato in ten-
sione. A tutti gli effetti lo si può considerare come un lato in più, di conduttanza nulla.
Pertanto, nulla cambia sia nel metodo sistematico che in quello per ispezione.
Il metodo delle maglie o delle correnti di coalbero è un metodo ridotto come quello
nodale e, quindi, come tale presenta gli stessi vantaggi e svantaggi di quest'ultimo:
cioè, da una parte non può essere applicato a qualsiasi tipo di circuito in quanto richie-
de che tutti gli elementi presenti nel circuito siano controllabili in corrente: infatti, e-
ventuali generatori di corrente presenti nel circuito devono essere necessariamente col-
legati in parallelo ad un elemento passivo (intendendo con ciò un elemento che non è
un generatore, come, ad esempio, un resistore se il circuito è resistivo, oppure un con-
densatore od un induttore se il circuito è dinamico oppure, in generale, un'impedenza
se il circuito è in regime sinusoidale) in modo tale che sia possibile sostituire tale paral-
lelo con un generatore di tensione equivalente secondo Thevenin in serie allo stesso e-
lemento passivo. D'altra parte, così come l'analisi nodale, anche il metodo delle maglie
rientra nei cosiddetti metodi ridotti in quanto si basa sulla formulazione di un sistema
di (b-n) equazioni (dove b è il numero di lati ed n è il numero di nodi indipendenti) che
può essere posto nella forma:
[z m ]⋅ [ j] = [e s ] (**)
dove [z m ] è detta matrice delle impedenze di maglia ed è una matrice quadrata di or-
dine pari a m=b-n; [j] è il vettore delle correnti di coalbero mentre [e s ] è il vettore
delle sollecitazioni equivalenti in tensione e sono entrambi di ordine m=b-n. Gli ele-
menti del vettore [e s ] sono dimensionalmente delle tensioni. Vediamo ora come sia
possibile ricavare l'equazione (**) sia per via sistematica, utilizzando cioè tutte le equa-
zioni di lato e quelle derivanti dall'applicazione delle L.K.T. e L.K.C., sia per 'ispezione'
del circuito in esame. Naturalmente quando si utilizza il metodo sistematico bisognerà
sempre fare riferimento al lato tipico già definito nell'analisi nodale. Supponiamo, allo-
372 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ra, che il circuito in esame, dopo esser stato trasformato in uno equivalente mediante
operazioni di shift (se necessarie) abbia un grafo orientato ad esso associato di questo
tipo:
E' stato fissato un albero qualsiasi: i lati dell'albero sono pari a n e quindi quelli del co-
albero sono pari a m = b-n: nel nostro caso, le corde sono tre (quelle tratteggiate) e cia-
scuna di esse individua una maglia fondamentale. Si osservi, inoltre, che per comodità
numeriamo prima le corde e poi i lati dell'albero. Fatto ciò, si scrive la cosiddetta ma-
trice delle maglie, che denoteremo con [B]: essa ha un numero di righe pari al numero
dei lati di coalbero (m = b-n) ed un numero di colonne pari al numero dei lati (b). I suoi
elementi sono -1,0,1 e si determinano in base alla seguente regola:
anzitutto, per ogni maglia fondamentale si fissa un verso di percorrenza che è impo-
sto da quello scelto sul lato di coalbero che individua la maglia stessa; dopodiché,
fissata una maglia (cioè una riga della matrice [B]) si attribuirà +1 a quei lati (cioè co-
lonne di [B]) che si trovano nella maglia in esame e sono attraversati in senso con-
corde a quello di percorrenza della maglia, -1 a quei lati della maglia che sono attra-
versati in senso discorde a quello di percorrenza della maglia e 0 a quei lati che non
appartengono alla maglia in esame.
1 0 0 − 1 − 1 0 0 0
[B] = 0 1 0 0 − 1 0 1 − 1
0 0 1 − 1 0 1 − 1 0
Questa matrice ci consente, dunque, di stabilire quali sono i lati che compongono le
maglie fondamentali ed il verso con cui vengono percorsi. Si osservi, inoltre, che tale
matrice [B] si può sempre suddividere in due sub-matrici, una associata al coalbero,
che è sempre unitaria, e l'altra associata all'albero.
che rappresenta proprio, in forma matriciale, la L.K.T. applicata alle maglie fondamen-
tali. Considero ora la matrice trasposta di [B]: evidentemente, leggendo le righe di tale
matrice (ossia le colonne di [B]) posso stabilire, per ciascun lato del circuito, a quale
373
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
e con
Evidentemente si ha:
i 1 = j1 i 2 = j2 i 3 = j3 (10.12)
D'altra parte osservo che ciascun ramo d'albero individua un insieme di taglio fonda-
mentale: considerando, ad esempio, il ramo 4 nel grafo di fig. 10.17 esso individua l'in-
sieme di taglio fondamentale formato dai lati (4-1-3). Applicando ora la L.K.C. alla su-
perficie gaussiana che individua tale insieme di taglio ed attribuendo un segno positivo
alla corrente del ramo d'albero ed a quelle correnti di corda concordi con essa, si può
scrivere:
i 1 + i 3 + i 4 = 0 ⇔ j1 + j 3 + i 4 = 0 ⇔ i 4 = − j1 − j 3 (10.13)
Tenendo presente la (10.12) ed estendendo quanto detto per la (10.13) a tutti i lati del-
l'albero si verifica che:
In pratica la matrice trasposta di [B] consente di esprimere le correnti di lato come combinazio-
ne lineare delle correnti di coalbero. Consideriamo, infine, il lato tipico (vedi fig. 10.1) e ne dia-
mo la rappresentazione controllata in corrente:
In maniera analoga a quanto visto per il metodo nodale, il vettore delle sollecitazioni
equivalenti si ottiene come somma di due termini e cioè il vettore: [B] ⋅ [Z b ] ⋅ [J s ] i cui e-
lementi rappresentano, per ogni maglia fondamenetale, la somma delle forme d’onda
dei generatori di tensione equivalenti secondo Thevenin presenti nella maglia stessa e
il vettore [B] ⋅ [E s ] i cui elementi rappresentano, per ogni maglia fondamentale, la
somma dei generatori di tensione indipendenti presenti nella maglia stessa.
Nel metodo per 'ispezione' l'equazione matriciale del modello su base maglia si ricava
seguendo questa semplice regola (nel caso di un circuito resistivo senza generatori pi-
lotati):
• l'elemento diagonale di indice i della matrice delle impedenze di maglia è pari alla
somma di tutte le resistenze presenti nella maglia fondamentale i-esima;
• l'elemento extradiagonale della matrice delle impedenze di maglia di indici i e j è
pari alla somma algebrica delle resistenze comuni alle maglie i-esima e j-esima (sa-
ranno considerate positive quelle resistenze che vengono percorse nello stesso ver-
so dalle correnti delle due maglie in esame);
• l'elemento i-esimo del vettore delle sollecitazioni equivalenti è pari alla somma del-
le tensioni dei generatori di tensione presenti nella maglia i-esima, facendo riferi-
mento non solo ai generatori di tensione effettivamente presenti nella maglia ma
anche a quelli che si ottengono sostituendo ad un resistore in parallelo ad un gene-
ratore di corrente l'equivalente secondo Thevenin costituito dallo stesso resistore e
da un generatore di tensione. Per quanto riguarda i segni delle tensioni di tali gene-
ratori essi saranno positivi se spingono corrente (dal polo positivo a quello negati-
vo) in verso concorde a quello di percorrenza della maglia fondamentale in cui si
trovano (cioè in verso concorde alla corrente della corda che individua la suddetta
maglia); altrimenti saranno negativi.
375
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Supponendo, allora, che il circuito a cui è associato il grafo di fig. 10.17 sia il seguente:
R 1 + R 4 + R 5 R5 R4 j1 − E 1
R5 R2 + R8 + R5 + R7 − R7 ⋅ j = 0
2
R4 − R7 R 3 + R 7 + R 4 + R 6 j 3 − E 6
Se nel circuito sono presenti generatori pilotati allora la matrice delle impedenze di
maglia non sarà più simmetrica e si procede in maniera analoga a quanto visto per l'a-
nalisi nodale; è ovvio, comunque, che tali generatori pilotati devono essere controllabili
in corrente in modo che sia sempre possibile esprimere le loro forme d'onda in funzio-
ne delle correnti di coalbero. Se, ad esempio, al posto del generatore di tensione E1 in
fig. 10.18 ci fosse un generatore pilotato con forma d’onda pari a kv8, occorrerà prima
esprimere tale forma d’onda in funzione delle correnti di coalbero come segue:
kv8=kR8i8=-kR8i2
R 1 + R 4 + R 5 R 5 + kR 8 R4 j1 0
R5 R2 + R8 + R5 + R7 − R7 ⋅ j = 0
2
R4 − R7 R 3 + R 7 + R 4 + R 6 j 3 − E 6
376 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Quanto detto per i circuiti resistivi si può anche estendere ai circuiti dinamici ed a
quelli in regime sinusoidale apportando le stesse modifiche viste nel caso dell'analisi
nodale. Come ultima osservazione, cerchiamo di dare un'interpretazione fisica agli e-
lementi della matrice delle impedenze di maglia e per far ciò scriviamo l'equazione ma-
triciale (**) alla base del modello delle correnti di coalbero in forma estesa:
z 11 j1 + z 12 j 2 + ... + z 1m j m = e 1
z j + z j + ... + z j = e
21 1
[z m ] ⋅ [j] = [e s ] ⇔
22 2 2m m 2
, con m = b - n .
......................................
z m1 j 1 + z m2 j 2 + ... + z mm j m = e m
Notiamo, anzitutto, che gli elementi della matrice delle impedenze di maglia si riferi-
scono al circuito passivo e ciascuno di essi può essere ricavato come:
ei
z ij = .
jj
i k =0 , k ≠ j
cioè come rapporto tra ei, ossia la somma delle cadute di tensione lungo la maglia fon-
damentale i-esima (da non confondere con la tensione del nodo i), e jj ossia la corrente
che attraversa il lato di coalbero j-esimo.
che coincide con il valore trovato in precedenza; lo stesso procedimento può essere ri-
petuto per tutti gli altri elementi della matrice delle impedenze di maglia.
378 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 11
11.5 MISURA DELLA POTENZA NEI SISTEMI TRIFASE. INSERZIONE ARON 400
cipio di una linea trifase che collega un complesso di generazione G ad un carico (costi-
tuito da un circuito comunque complesso) indicato con U:
Le correnti i1(t),i2(t),i3(t) sono dette correnti di linea e sono tali da soddisfare, in un ge-
nerico istante t, la seguente relazione ottenuta applicando la L.K.C. alla superficie
gaussiana S:
i1(t)+i2(t)+i3(t)=0 (11.1)
Consideriamo ora una generica 'sezione' della linea (in figura è quella individuata da S)
intesa come intersezione fra un piano perpendicolare alla linea e la linea stessa. Pos-
siamo definire la cosiddetta terna di tensioni concatenate come:
dove v A1 (t), v A2 (t) e v A 3 (t) indicano le tensioni corrispondenti ai tre punti della linea
appartenenti alla sezione S.
In altri termini, ciascuna tensione concatenata rappresenta la tensione fra due condut-
tori di linea in corrispondenza della sezione considerata. Naturalmente variando la se-
zione in esame, la terna delle tensioni concatenate cambia e ciò a causa delle cadute di
tensione sulla linea stessa; in seguito, però, supporremo di considerare nulle tali cadute
di tensione sulla linea in modo da poter ritenere costante la terna di tensioni concatena-
te su tutta la linea indipendentemente dalla sezione in esame. Sommando membro a
381
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Sia la (11.1) sia la (11.3) sono equazioni ai valori istantanei nelle quali compaiono gran-
dezze sinusoidali isofrequenziali; come tali, ad esse si può applicare il procedimento di
trasformazione tipico del metodo simbolico (vedi cap.9) giungendo così alle seguenti
relazioni in termini fasoriali:
I 1 + I 2 + I 3 = 0
(11.4)
V12 + V23 + V31 = 0
Si parla, allora, di triangolo delle tensioni concatenate. E' possibile anche, mantenendo fis-
so uno dei tre vettori e traslando parallelamente a se stessi gli altri due, ottenere la co-
siddetta stella delle tensioni concatenate (che è mostrata in scala ridotta in fig. 11.2b). E' di
particolare interesse il caso in cui i valori efficaci delle tre tensioni concatenate siano
uguali fra loro, cioè:
equilatero e, con riferimento alla rappresentazione a stella, si avrà che ciascun vettore
sarà sfasato l'uno rispetto all'altro di 120°, come mostrato in figura:
Quando si verifica questa condizione, cioè quando i valori efficaci delle tensioni conca-
tenate sono uguali fra loro, si dice che la terna di tensioni concatenate è simmetrica; nel
383
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
caso appena esaminato si dice anche che è una terna di tensioni concatenate di sequen-
za diretta, questo perché se considero un qualsiasi vettore della terna nella stessa se-
quenza con cui è scritta nella relazione (*), tale vettore per sovrapporsi a quello che lo
precede deve ruotare di 120° in senso positivo (cioè antiorario). Esiste anche una terna
di tensioni concatenate simmetrica di sequenza inversa riportata in figura:
da cui segue che la terna di tensioni concatenate può essere scritta come:
Si osserva che, in questo caso, se considero un qualsiasi vettore della terna nella stessa
sequenza con cui è scritta nella relazione (**), tale vettore per sovrapporsi a quello che
lo precede deve ruotare di 120° in senso negativo (cioè orario).
( )
v 12 = Eg1 − Eg2 = Eg1 − α 2 Eg1 = 1 − α 2 Eg1
2
(2
v 23 = Eg2 − Eg3 = α Eg1 − αEg1 = α − α Eg1 )
v 31 = Eg3 − Eg1 = αEg1 − Eg1 = (α − 1)Eg1
Tenendo presente queste relazioni e tenendo conto del fatto che E g1 , E g2 , E g3 formano
una terna simmetrica in sequenza diretta, è facile verificare che anche le tensioni conca-
386 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalla figura precedente si osserva anche che le tensioni concatenate sono in anticipo di
30° sulle tensioni dei tre generatori e, quindi scegliendo E g1 come fasore di riferimento,
cioè ponendo: E g1 = E g ∠0° possiamo scrivere le tensioni concatenate come segue:
In entrambi i casi sopra considerati si è visto come ad una terna simmetrica di tensioni
del generatore trifase corrisponda (a meno delle cadute interne) una terna simmetrica
di tensioni concatenate ai morsetti del generatore stesso e, quindi (a meno delle cadute
sulla linea), una terna simmetrica di tensioni concatenate in qualsiasi altra sezione di
linea. Si conclude che la simmetria e la sequenza delle tensioni concatenate dipende es-
senzialmente dalla simmetria e dalla sequenza delle forme d'onda del generatore trifa-
se (essendo di solito modesta l'influenza delle cadute di tensione) e, poiché quest'ulti-
ma è di norma realizzata, faremo d'ora in poi l'ipotesi che i sistemi trifase siano alimen-
tati, salvo precisazione contraria, con tensioni concatenate simmetriche di sequenza di-
retta.
Gli utilizzatori (o, come si suol dire, i 'carichi') di una linea trifase possono essere costi-
tuiti da porzioni di circuito comunque complesse; in relazione a ciò il calcolo delle cor-
renti relative ad essi si può effettuare, note che siano le tensioni concatenate di alimen-
tazione, con i metodi generali illustrati nel capitolo 9 inerente allo studio dei circuiti in
regime sinusoidale. E' tuttavia opportuno soffermarsi su due particolari utilizzatori di
uso assai frequente, costituiti entrambi da tre impedenze collegate, però, in modo di-
verso.
Evidentemente risulta:
V V
I 12 = . 12 = ∠ −ϕ1
z 12 z 12
V23 V
I 23 = . = ∠ − 120 o − ϕ 2 (11.7)
z 23 z 23
V31 V
I 31 = . = ∠ − 240 o − ϕ 3
z
z 31 31
389
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Note le correnti interne al triangolo, quelle assorbite dalla linea si determinano facil-
mente facendo ricorso alla L.K.C. applicata ai nodi del triangolo:
I 1 = I 12 − I 31
I 2 = I 23 − I 12 (11.8)
I 3 = I 31 − I 23
{I1 + I 2 + I 3 = 0
ciò, in generale, non è vero per le correnti nei lati del triangolo.
E' di particolare interesse il caso in cui le impedenze che costituiscono il triangolo siano
tra loro uguali, cioè si abbia:
. . . .
z 12 = z 23 = z 31 = z = z∠ϕ
In tal caso diremo che il carico è equilibrato. In particolare, ricordando che le tensioni
concatenate formano una terna simmetrica in sequenza diretta, si deduce, dalle rela-
zioni (11.7), che anche le correnti interne al triangolo formano una terna simmetrica in
sequenza diretta il cui valore efficace è pari a:
V
I Ω = I 12 = I 23 = I 31 = (11.9)
z
In figura è indicata, nel piano complesso, la terna delle correnti interne al triangolo (si
suppone che sia ϕ>0) :
390 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalla figura si osserva, tramite le relazioni (11.8), che anche la terna delle correnti di li-
nea è simmetrica ed in sequenza diretta.
Sempre dalla fig.8 si nota che le correnti interne al triangolo sono sfasate di ϕ° in ritar-
do (avendo supposto ϕ > 0) rispetto alle tensioni concatenate mentre le correnti di linea
sono sfasate di 30° in ritardo rispetto alle correnti interne al triangolo delle impedenze.
Per quanto riguarda la valutazione energetica, calcoliamo la potenza complessa assorbita dal ca-
rico nel caso generale in cui esso sia squilibrato, cioè le impedenze che costituiscono il triangolo
non sono tutte uguali fra loro; per il teorema di Boucherot, tale potenza può essere ricavata come
somma delle potenze complesse assorbite da ciascuna impedenza del triangolo:
391
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
* * *
N = N 12 + N 23 + N 31 = V12 I 12 + V23 I 23 + V31 I 31 = (nota : V12 = V∠0°)
= V∠0°I 12 ∠ϕ 1 + V∠( −120°)I 23 ∠(120° + ϕ 2 ) + V∠( −240°)I 31∠(240° + ϕ 3 ) ⇒
N = VI 12 ∠ϕ 1 + VI 23 ∠ϕ 2 + VI 31∠ϕ 3 (11.12) , da cui si ottiene anche :
P = VI 12 cosϕ 1 + VI 23 cosϕ 2 + VI 31 cosϕ 3 (11.13)
Q = VI 12 senϕ 1 + VI 23 senϕ 2 + VI 31 senϕ 3 (11.14)
(Nota: si tenga presente che ϕ è sempre l'angolo di sfasamento tra la terna delle tensio-
ni concatenate e quella delle correnti interne al triangolo delle impedenze; in altri ter-
mini, ϕ è l'argomento comune delle tre impedenze che formano il triangolo in esame).
V = z. I − z. I
12 1 1 2 2
. .
V23 = z 2 I 2 − z 3 I 3 (11.17)
I 1 + I 2 + I 3 = 0
(Nota : non sarebbe stato corretto utilizzare come terza equazione la seguente :
. .
V31 = z 3 I 3 − z 1 I 1 , perchè è combinazione lineare delle prime due equazioni) .
Si osserva, allora, che il sistema (11.17) fornisce le correnti incognite note che siano le
tensioni concatenate e le impedenze che costituiscono la stella. Tuttavia, conviene, so-
prattutto in vista di considerazioni future, determinare le correnti di linea per altra
strada. Si procede, allora, in questo modo; supponiamo sia assegnata la terna di tensio-
ni concatenate simmetrica in sequenza diretta e la stella di impedenze:
Si introduce una nuova terna di tensioni, dette tensioni di fase, che coincidono con le
tensioni ai capi di ciascuna impedenza che costituisce la stella:
E = V − V = z. I
1 A O 1 1
.
E2 = VB − VO = z 2 I 2 (11.18)
.
E 3 = VC − VO = z 3 I 3
dove VA , VB , VC sono le tensioni dei morsetti tramite i quali la stella è collegata alla linea
e VO è la tensione del punto O .
V = z. I − z. I = E − E
12 1 1 2 2 1 2
. .
V23 = z 2 I 2 − z 3 I 3 = E 2 − E 3 (11.19)
. .
V31 = z 3 I 3 − z 1 I 1 = E 3 − E1
Dalle (11.19) si deduce l'esistenza di un punto C del piano complesso, tale che i vettori
che congiungono C con i vertici del triangolo delle tensioni concatenate sono proprio le
tensioni di fase della stella di impedenze considerata.
E 1 = E'1 −E 0
E 2 = E'2 −E 0 (11.20)
E 3 = E' −E 0
3
dove E 0 è il vettore spostamento del centro stella e dove E'1 , E'2 , E' 3 è una particolare
terna di tensioni di fase, dette anche tensioni principali. Dalla fig.11.10 si osserva che
la terna delle tensioni principali è simmetrica ed in sequenza diretta (come la terna del-
le tensioni concatenate) ed è facile ricavare la terna delle tensioni principali noto che sia
il valore efficace V delle tensioni concatenate; infatti, si può scrivere:
V 3
= E' cos30° = E' ⇔ V = 3 E' (11.21) , dove E' è il valore efficace delle tensioni principali :
2 2
E'1 = E'2 = E'3 = E' .
Inoltre, sempre dalla fig.11.10, si nota che la terna delle tensioni principali è sfasata di
30° in ritardo rispetto a quella delle tensioni concatenate; dunque, tenendo conto della
394 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
V
E '1 = E' ∠ − 30° = ∠ − 30° E ' 2 = α 2 E '1 E ' 3 = α E '1 (11.22)
3
. .
I = E1 = y (E ' − E ) , con
.
y1 = 1 z1
1 . 1 1 0
z1
E2 . . .
I 2 = . = y 2 (E'2 − E0 ) , con y2 = 1 z2 (11.23)
z2
E3 . . .
I 3 = . = y 3 (E' 3 − E0 ) , con y3 = 1 z3
z3
. . .
I1 + I2 + I3 = 0 ⇔ y1 (E'1 −E0 ) + y2 (E'2 −E0 ) + y3 (E'3 −E0 ) = 0 ⇔
. . .
y1 E'1 + y2 E'2 +y3 E'3
E0 = (11.24)
. . .
y1 + y2 + y3
In definitiva, noto il valore efficace delle tensioni concatenate e noti i valori delle am-
mettenze che costituiscono la stella, è possibile calcolare, attraverso la formula (11.24),
il vettore spostamento del centro stella e, quindi, determinare le correnti di linea sfrut-
tando le relazioni (11.23).
. . . . . . . . 1
z 1 = z 2 = z 3 = z = z∠ϕ ° ⇔ y 1 = y 2 = y 3 = y =
.
z
allora è facile verificare che il vettore spostamento del centro stella è nullo; infatti, ri-
cordando che le tensioni principali formano una terna simmetrica in sequenza diretta e,
quindi, la loro somma è nulla si ha:
E0 =
(
y E'1 + E'2 + E' 3 )=0
⋅
3y
Di conseguenza, dalle relazioni (11.20) si deduce che le tensioni di fase vengono a coin-
395
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
cidere con le tensioni principali (cioè il centro stella C coincide proprio col baricentro G
del triangolo delle tensioni concatenate) e, perciò, le correnti di linea formano una terna
simmetrica in sequenza diretta e si possono ricavare direttamente come:
E ' 1 E' ∠ − 30 ° V
I1 = = = ∠( − 30 ° − ϕ )
. z∠ ϕ 3z
z
V
I2 = α 2 I1 = ∠( − 150 ° − ϕ ) (11.25)
3z
V
I 3 = αI1 = ∠( − 270 ° − ϕ )
3z
(Nota: si ricordi che le tensioni principali sono sfasate di 30° in ritardo rispetto alle ten-
sioni concatenate).
Per quanto riguarda le considerazioni di tipo energetico, poniamoci nel caso di carico
squilibrato e valutiamo la potenza complessa fornita al carico, sfruttando il teorema di
Boucherot, come potenza assorbita dalle tre impedenze che costituiscono la stella:
N = N 1 + N 2 + N 3 = E1 I 1* + E 2 I 2* + E 3 I 3* = E 1 I 1 ∠ϕ 1 + E 2 I 2 ∠ϕ 2 + E 3 I 3 ∠ϕ 3 (*),
dove ϕ 1 ,ϕ 2 , ϕ 3 sono, rispettivamente, gli argomenti delle tre impedenze che formano la stella
di impedenze in esame . Di conseguenza, si ottiene :
P = E 1 I 1 cosϕ 1 + E 2 I 2 cosϕ 2 + E 3 I 3 cosϕ 3 (11.26)
Q = E 1 I 1 senϕ 1 + E 2 I 2 senϕ 2 + E 3 I 3 senϕ 3 (11.27)
D'altra parte, tenendo conto delle relazioni (11.18), la (*) si può anche scrivere come:
. . .
N = N 1 + N 2 + N 3 = E1 I 1* + E 2 I 2* + E 3 I 3* = z 1 I 1 I 1* + z 2 I 2 I 2* + z 3 I 3 I 3* ⇔
. . .
N = z 1 I 21 + z 2 I 22 + z 3 I 23 (**)
Di conseguenza, si ottiene :
. . .
P = Rez 1 I 12 + Re z 2 I 22 + Re z 3 I 23 (11.28)
. . .
Q = Im z 1 I 12 + Im z 2 I 22 + Im z 3 I 23 (11.29)
E' V
ϕ 1 = ϕ 2 = ϕ 3 = ϕ E 1 = E 2 = E 3 = E' I1 = I2 = I 3 = I = =
z 3z
V
(Nota: si ricordi che E’= e che ϕ rappresenta l’angolo di sfasamento tra tensioni
3
principali, e non quelle concatenate, e correnti assorbite dalla linea cioè, in altri termini,
è l’argomento comune delle tre impedenze che formano la stella in esame).
dove abbiamo indicato con ej (t) ed ij(t) (j=1,2,3) la tensione e la corrente istantanea per
ogni fase. Se il carico è equilibrato si ha:
2π 2π 4π 4π
p(t) = E M I M [cosωt ⋅ cos(ωt - ϕ ) + cos(ωt - ) ⋅ cos(ωt - - ϕ ) + cos(ωt - ) ⋅ cos(ωt - - ϕ )]
3 3 3 3
dove Pf(t) è la somma di tre grandezze di pulsazione doppia, ma sfasate di 120o tra lo-
397
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
. .
V12 = z 1 I 1 − z 2 I 2
. .
V23 = z 2 I 2 − z 3 I 3
. .
V = z 3 I − z 1 I
31 3 1
D'altra parte, come già detto nel paragrafo precedente, l'ultima equazione di tale siste-
ma si ottiene come combinazione delle prime due e, quindi, non va considerata. Essen-
do le incognite in numero superiore alle equazioni, il sistema ammette infinite soluzio-
ni, una generica delle quali può essere ricavata fissando arbitrariamente un'incognita,
⋅
ad esempio z1 , e ricavando le altre due in funzione di essa. Si osservi che, essendo l'in-
cognita che si sceglie arbitraria nel modulo e nell'argomento, vi sono due gradi di liber-
tà nella scelta iniziale e pertanto le stelle di impedenze equivalenti ad U, nel senso so-
pra precisato, costituiscono una duplice infinità.
Per individuare una fra le stelle equivalenti ad U si può procedere anche in modo leg-
⋅
germente diverso, dopo aver osservato che la scelta di un’impedenza, ad esempio z1 ,
equivale, essendo data la corrente, alla scelta della corrispondente tensione di fase
⋅
E 1 = z 1 I 1 e, quindi, del centro C del sistema di tensioni di fase relativo alla stella equi-
valente. Possiamo, perciò, affermare che ad ogni punto del piano é associata una stella
di impedenze equivalente ad U. In definitiva, la scelta arbitraria di C (che può farsi an-
ch'essa con una duplice infinità di modi, trattandosi di un punto del piano complesso)
conduce a determinare un sistema di tensioni di fase, dal quale, dividendo ciascuna
tensione per la corrispondente corrente (nota), si deducono le impedenze costituenti
una stella equivalente ad U. La provata esistenza di una duplice infinità di stelle di im-
pedenze equivalenti ad U, per una data situazione di funzionamento, è il contenuto del
cosiddetto teorema di equivalenza per i sistemi trifase. Si osservi che una stella di impe-
denze che sia equivalente ad un carico U nel senso appena chiarito, lo è certamente an-
che sotto il profilo energetico, vale a dire essa assorbe dalla linea trifase le stesse poten-
ze di U. In conseguenza di ciò è possibile esprimere la potenza complessa richiesta da
U come somma delle potenze complesse assorbite dalle singole impedenze che forma-
no una qualunque tra le infinite stelle equivalenti ad U. Si ha quindi:
N = E1 I 1* + E2 I 2* + E 3 I 3*
dove E 1 , E 2 , E 3 sono le tensioni ai capi di una generica stella equivalente e, per quanto
detto precedentemente, possono intendersi come le componenti di un qualsiasi sistema
di tensioni di fase corrispondente ad un centro C, scelto in modo del tutto arbitrario.
Possiamo, allora, concludere affermando che:
399
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Benché tale invarianza sia conseguenza ovvia del teorema di equivalenza, può essere
opportuno verificarla direttamente. A tal fine si considerino sul piano complesso due
generici centri C e C' e le corrispondenti terne di tensioni di fase, come mostrato in fi-
gura:
Dunque, la potenza complessa valutata facendo riferimento al centro C' è data da:
* * *
N' = E'1 I 1 + E'2 I 2 + E' 3 I 3 ( 1 )
* * *
N = E1 I 1 + E2 I 2 + E3 I 3 (2)
400 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Si noti che le correnti sono le stesse perché l’equivalenza vale solo in corrispondenza
di una certa condizione di funzionamento e, quindi in corrispondenza di un determi-
nato sistema di tensioni concatenate e di correnti di linea). Sostituendo ora le relazioni
(*) nella (1) e ricordando che la somma delle correnti di linea è nulla si ha:
Abbiamo visto nel paragrafo precedente che, per il teorema di equivalenza, possiamo
valutare la potenza complessa assorbita da un certo utilizzatore come la potenza com-
plessa assorbita da una qualsiasi fra le stelle di impedenze equivalenti all'utilizzatore in
esame per una determinata condizione di funzionamento. Quanto detto per la potenza
complessa vale anche per quella attiva e per quella reattiva. Perciò, scelta una stella di
impedenze equivalente all'utilizzatore in esame, cioè fissato arbitrariamente un centro
C del piano complesso, possiamo calcolare la potenza attiva come:
Dove ϕ1,ϕ2,ϕ3 sono gli angoli di sfasamento delle tensioni E 1 , E 2 , E 3 costituenti la terna
di tensioni di fase relativa al centro C scelto rispetto alle corrispondenti correnti
I1 , I2 , I3 .
401
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
La relazione (11.32) ci suggerisce, allora, il seguente schema per la misura della potenza attiva
assorbita da un utilizzatore U:
E' facile osservare che il primo wattmetro misura proprio il primo addendo della rela-
zione (11.32); infatti la sua bobina amperometrica è percorsa dalla corrente di linea I1
(a meno della corrente che scorre nella bobina voltmetrica che è trascurabile in quanto
supponiamo la resistenza R di valore elevato) e la tensione ai capi della bobina voltme-
trica è pari proprio alla tensione di fase E 1 essendo inserita tra la linea 1 ed il centro
stella. Di conseguenza, ricordando che la lettura di un wattmetro è pari al prodotto sca-
lare tra la corrente che scorre nella bobina amperometrica e la tensione ai capi della bo-
bina voltmetrica si ha:
In altri termini, è possibile misurare la potenza attiva assorbita da U come somma delle
letture dei tre wattmetri. Osserviamo che, nello schema di fig.11.13, la funzione della
stella di centro O è quella di rendere disponibile un sistema di tensioni di fase da ap-
plicare alle bobine voltmetriche dei wattmetri, sistema che può essere qualsiasi e che
pertanto non pone vincoli particolari alla stella suddetta. Approfittando dell'arbitrarie-
tà del sistema di tensioni di fase che compare nella relazione (11.32), possiamo scegliere
tale sistema con il centro C coincidente con un vertice, ad esempio il vertice 2, del
triangolo delle tensioni concatenate, come mostrato in fig. 11.14a:
402 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(dove si è fatto uso del prodotto scalare per indicare il prodotto dei moduli dei vettori
per il coseno dell'angolo di sfasamento tra i vettori stessi). La relazione (11.35) suggeri-
sce un metodo di misura della potenza attiva fondato sull'impiego di due soli wattme-
tri inseriti come in fig. 11.14b; Infatti si riconosce immediatamente (considerando quali
correnti interessano le bobine amperometriche e quali tensioni sono applicate alle bo-
bine voltmetriche) che le letture indicate dai due wattmetri coincidono, rispettivamen-
te, con il primo ed il secondo addendo della relazione (11.35), cosicché risulta:
P = Wa + Wb (11.36)
In altri termini, con lo schema di misura adottato (noto come inserzione Aron) la po-
tenza attiva assorbita da U si deduce come somma delle letture di due soli wattmetri.
403
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si osserva che l' angolo di sfasamento tra V12 e I 1 è pari a (30° + ϕ ) mentre l' angolo di
sfasamento tra V32 e I 3 è pari a (30° - ϕ ); in conseguenza di ciò risulta che :
3 1
Wa = V12 ⋅ I 1 = VIcos(30° + ϕ ) = VIcosϕ − VIsenϕ (*)
2 2
3 1
Wb = V32 ⋅ I 3 = VIcos(30° − ϕ ) = VIcosϕ + VIsenϕ (**)
2 2
dove V è il valore efficace delle tensioni concatenate ed I è il valore efficace delle cor-
renti di linea. Sommando membro a membro la (*) e la (**) si ottiene:
Wa + Wb = 3VIcosϕ = P
D' altra parte sottraendo la (*) dalla (**) si ricava :
Q
Wb − Wa = VIsenϕ = ⇔ Q = 3 (Wb − Wa ) ,
3
che consente di ottenere la potenza reattiva assorbita da U moltiplicando per 3 la
differenza fra le letture dei due wattmetri .
404 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
I1 + I2 + I 3 + In = 0 (11.37)
Per quanto riguarda, invece, le tensioni si ha a disposizione sia la terna delle tensioni
concatenate (definite sempre allo stesso modo: vedi paragrafo 11.1) che è simmetrica ed
in sequenza diretta (essendo tale la terna delle tensioni dei generatori) sia la terna delle
tensioni esistenti fra ciascuno dei tre conduttori di linea ed il neutro.
Dalla figura si osserva, però, che queste tensioni si identificano, a meno delle cadute,
con la terna simmetrica delle tensioni del generatore trifase ed il valore efficace di cia-
scuna di esse risulta espresso da:
V
Eg = .
3
E1 = E g1 E 2 = E g2 E 3 = E g3 (11.38)
Poichè E g1 , E g2 , E g3 formano una terna simmetrica in sequenza diretta tale sarà anche la
terna delle tensioni di fase che, quindi, viene a coincidere con la terna delle tensioni principali .
In altri termini, qualunque siano le impedenze della stella, il centro C del sistema delle
tensioni di fase coincide col baricentro del triangolo delle tensioni concatenate.
E1 E g1 E E g2 E E g3
I1 = = I2 = 2 = I3 = 3 = (11.39)
. . . . . .
z1 z1 z2 z2 z3 z3
(Si osservi che le correnti di linea non formano una terna simmetrica essendo, in generale,
le impedenze diverse tra loro) . La corrente nel neutro si ricava dalla (1) :
I n = −(I1 + I 2 + I 3 ) (11.40)
poichè Eg1 , Eg2 , Eg3 formano una terna simmetrica in sequenza diretta .
Da quanto esposto emerge che la funzione del neutro, nel caso dell'utilizzatore a stella,
è quella di stabilizzare il centro C del sistema di tensioni di fase nel baricentro del
triangolo delle tensioni concatenate; si evita in tal modo che, a causa del diverso valore
delle impedenze, si possano avere valori anche molto diversi (rispetto alle tensioni di
alimentazione) delle tensioni sulle impedenze stesse, ciò che potrebbe compromettere il
corretto funzionamento dell'utilizzatore. La sezione del neutro, secondo le norme CEI
64-8/5, viene scelta in questo modo: se la sezione del conduttore di fase è in rame ed è
Scu<=16 mm2, se il conduttore di fase è in alluminio ed è Sal<=25 mm2 allora, corrispon-
dentemente, la sezione del neutro Sn deve essere uguale a quella del conduttore di fase.
Se Scu>16 mm2 o Sal>25 mm2 allora la sezione del neutro Sn può essere inferiore a quella
del conduttore di fase purché il conduttore scelto abbia una portata maggiore o uguale
al valore efficace della corrente del neutro (la portata è uguale al massimo valore am-
missibile di corrente di un conduttore). In questo caso, però, la Sn non deve essere mai
inferiore a 16 mm2 o 25 mm2, rispettivamente.
407
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
CAPITOLO 12
Si definisce circuito magnetico una zona di spazio costituita da un tubo di flusso del vet-
tore induzione magnetica. Vale la seguente legge della circuitazione magnetica: si
409
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
∫ H ⋅d l = ∑ N i I i ⇔ H ⋅ l m = ∑ N i I i (12.1) ,
Γ i i
dove Φ è il flusso del campo magnetico costante in ogni sezione del tubo. Mettendo in-
sieme le relazioni (12.1) e (12.2) si ottiene:
∑N i
iIi = H ⋅ l m = ℜΦ (legge di Rowland) (*)
410 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si osserva, inoltre, che sussiste un'analogia (puramente formale) tra la relazione (12.2) e
la legge di Ohm per circuiti elettrici che può essere così generalizzata:
NI = ∑H l
i
i mi = ∑ℜ Φ
i
i i (**)
dove la sommatoria è estesa a ciascuno dei tronchi magnetici presenti nel circuito in
esame. Diamo, infine, le seguenti definizioni: un tronco magnetico si dice passivo quan-
do non è sede di una forza magneto-motrice, altrimenti si dice attivo.
Si osservino i segni associati alla forza magneto-motrice e al flusso, dove il verso della
forza magneto-motrice è dato dalla "regola del cavatappi" ed il verso del flusso è scelto
Da quanto detto ne consegue che i circuiti magnetici possono essere considerati come
vere e proprie reti magnetiche in cui possono esserci tronchi in parallelo, caratterizzati
da una stessa tensione magnetica e da flussi distinti, o tronchi in serie, caratterizzati
dallo stesso flusso ma da tensioni magnetiche diverse: ha senso, allora, parlare di nodo
come punto di confluenza di almeno tre tronchi e di maglia come poligono chiuso costi-
tuito da tronchi del circuito. Possiamo, inoltre, estendere ai circuiti magnetici le leggi di
Kirchhoff come segue:
∑Φ i
i =0 (12.5)
2. la somma algebrica delle forze magneto-motrici agenti nei lati di una maglia ugua-
glia la somma delle cadute di tensione magnetiche:
∑N I = ∑H l
i
i i
i
i mi = ∑ℜ Φ
i
i i (12.6)
Abbiamo, in questo modo, stabilito un'analogia formale tra reti elettriche e reti magne-
tiche estendendo le leggi valide per le prime alle seconde. Vi è, tuttavia, una differenza
sostanziale di comportamento tra i due tipi di rete in quanto, mentre le reti elettriche
sono costituite da elementi lineari, i circuiti magnetici sono costituiti da elementi non
lineari (in realtà si tratta di una generalizzazione puramente teorica poiché negli im-
pianti elettrici si trovano frequentemente esempi di elementi non lineari così come è
possibile trovare circuiti magnetici con elementi lineari, costituiti cioè da materiale con
permeabilità magnetica costante). Questa differenza, in pratica, si traduce nel fatto che
le resistenze dei circuiti elettrici sono costanti ed indipendenti dalle correnti che vi si
stabiliscono (e quindi sono note anche quando le correnti sono incognite) mentre le ri-
luttanze dei tronchi di circuito magnetico dipendono, ed in modo non lineare, dai valo-
ri dei flussi che vi si stabiliscono (e quindi sono incognite quando i flussi non sono no-
413
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ti). Nelle strutture magnetiche semplici i problemi che si presentano sono sostanzial-
mente di due tipi:
µ 0 = 4π ⋅ 10 −7 [H m ] .
lt
B = µ0H e θ t = H t l t = ℜt Φ t = Φ
µ0 S t t
Si osservi, inoltre, che in generale la permeabilità magnetica del vuoto è molto minore
della permeabilità magnetica di un qualsiasi materiale e, perciò, la caduta di tensione
nel traferro sarà molto maggiore rispetto alla caduta di tensione in un tronco magneti-
co costituito da un certo materiale.
414 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Calcoliamo subito le riluttanze magnetiche dei tre tronchi in cui può essere diviso il
circuito magnetico di fig.2.2 che sono date da:
3l l
R1 = R 3 = e R2 =
µS µS
Nel circuito di fig.12.2, Φ1 rappresenta il flusso del campo magnetico totale (cioè dovu-
to alle correnti che scorrono nei tre avvolgimenti, le quali correnti, tra l’altro, sono u-
guali fra loro essendo le tre bobine collegate in serie) concatenato ad una sola spira del
primo avvolgimento; le stesse considerazioni valgono per Φ2 e Φ3. I valori di questi
flussi possono essere determinati risolvendo il seguente sistema le cui equazioni si ot-
tengono semplicemente applicando le leggi di Kirchhoff magnetiche al circuito di
fig.2.2:
N 1 I 1 + N 2 I 2 = R 1 Φ 1 + R 2 Φ 2
N I − N I = R Φ − R Φ Φ 1 = aI
3 3 2 2 3 3 2 2
che risolto dà : Φ 2 = bI
Φ
1 = Φ 2 + Φ 3 Φ = cI
I 1 = I 2 = I 3 = I 3
Si ricava allora:
416 Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Φ 1T
L 1 = I = aN 1
Φ 1T = N 1Φ 1
Φ
Φ 2T = N 2 Φ 2 ⇒ L 2 = 2T = bN 2
Φ I
3T = N 3Φ 3
Φ 3T
L 3 = I = cN 3
Otteniamo, dunque, l'induttanza equivalente alle tre bobine collegate in serie come:
L=L1+L2+L3
Di conseguenza, il circuito di fig. 12.1 si riduce ad un semplice circuito RLC serie la cui
frequenza di risonanza è pari a:
1
ω0=
LC