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Il Rischio di Credito

Università Federico II
Corso di Teoria del rischio 2010
Misurazione e Gestione
Rischio di Credito
Margine di Interesse
Costo della raccolta
Costi operativi
p
Perdite su crediti
Immobilizzi Patrimonio

Titoli

Crediti Crediti in bonis


Raccolta Incagli
cagli
Liquidità Sofferenze

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L’esigenza di misurare il rischio di credito

Spr e a d bassi
Verso lla disinterrmediazioone

O ggi

R isc hio/R e ndim e nto


SISTE M I D I
A nni
M ISU R A ZIO N E D E L
'9 0
R ISC H IO D I
E s p erien za
Q ua lità de l c r e dito C R E D ITO

A nni
'7 0
Spr e a d e le va ti

L a g e stio ne de l c r e dito

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Impianto metodologico
Misurazione del Rischio
di Credito
Scoring/Rating
Perdita Attesa
P dit Inattesa
Perdita I tt
Recovery Utilizzo del
VAR
Trasferimento
e mitigazione
del rischio
di Credito
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• I concetti chiave del Credit Risk Management
• La regolamentazione e gli sviluppi in atto: la funzione
del capitale
• Basilea II ed i modelli interni
• Rating e scoring: definizioni ed aree critiche
• Le tecniche di scoring
• Il modello di Altman
• Le reti neurali e gli algoritmi genetici
• Rating interni ed esterni
I concetti chiave del Credit Risk Management

a. Definizione di rischio di credito


b. Esposizione e rischio
c
c. Perdita attesa
d. Perdita inattesa
e. Matrici di transizione
f
f. C
Correlazione
l i e diversificazione
di ifi i
gg. Il VaR del credito
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D fi i i
Definizione di rischio
i hi di credito
di

Possibilità che una variazione del


merito creditizio di una
controparte, nei confronti della
q ale esiste un’esposizione,
quale n’esposi ione generi
una corrispondente variazione
inattesa del valore di mercato della
posizione creditoria.
p
Altri concetti sul rischio di credito
• Per controllo del rischio di credito, si intende il
monitoraggio del rischio che una variazione
inattesa del merito creditizio di una controparte
comporti una corrispondente variazione inattesa
d ll posizione
della i i creditizia.
diti i
• Affinché si possa parlare di rischio, occorre che
la variazione del merito creditizio sia inattesa.
inattesa
Eventuali variazione attese in fase di
affidamento, infatti, saranno state
opportunamente già i considerate
id e dunque
d
contenute nel prezzo praticato.
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Altri concetti sul rischio di credito
• Il rischio di credito non è legato al solo rischio di
inadempimento, ma anche di peggioramento della qualità
creditizia della controparte. Il valore del credito, difatti,
diminuisce all’aumentare della rischiosità della controparte
poiché il valore attuale dei flussi di cassa attesi, scontati ad un
tasso che, per effetto della maggiore rischiosità deve risentire
di un premioi all rischio
i hi maggiore,
i risulta
i lt piùiù basso.
b
• Tale rischio potrebbe non tradursi in una perdita effettiva per
la banca laddove, come in Italia, non esiste un mercato
secondario
d i liquido
li id nell qualel negoziare
i i prestiti;
titi tuttavia,
t tt i il
peggioramento della qualità creditizia deve rappresentare un
elemento di riferimento nella determinazione del pricing,
almeno nelle operazioni a breve ed a revoca nelle quali il
tasso potrebbe essere rinegoziato, al fine di fissare uno
spread sui tassi effettivamente remunerativo tenuto conto
della mutata rischiosità dell
dell’operazione
operazione.
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Da qualche anno è emersa la necessità delle
banche di attivare una funzione di credit
g
risk management, , sia pper effetto del
mutato contesto competitivo che per le
necessità legate al nuovo ambito
normativo nei quali le banche operano.

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2010
Mutato contesto competitivo

- Maggiore
M i concorrenza, frutto
f d ll’i
dell’introduzione
d i del
d l
Testo Unico in materia bancaria e finanziaria del
1992
- Maggiore stabilità economica con la sua spinta verso
il basso dei tassi d’interesse

hanno entrambe inevitabilmente ridotto il mark-up


applicabile sui tassi di raccolta, e dunque aumentato
la vulnerabilità delle banche al rischio di credito
rendendo evidente la necessita di misurarlo,
monitorarlo e controllarlo.

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I tre concetti compresi nella
definizione di rischio sono
dunque:
• Ha rilevanza il deterioramento del merito
di credito;;
• La variazione del merito creditizio della
controparte deve essere “inattesa”;
inattesa ;
• Grado di estensione del concetto di
esposizione creditizia.

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Esposizione e Rischio
• Da non considerare sinonimi;
• L’esposizione rappresenta l’utilizzo al
momento dell dell’insolvenza
insolvenza o in un dato
istante di valutazione;
• Ill rischio rappresenta la
l potenziale
i l perdita
di
realizzabile ed è quindi influenzato da
elementi probabilistici (P.A. e LGD);

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Occorre quindi
O i di tentare
t t di determinare
d t i
l’esposizione al momento del default o in una
qualunque fase del ciclo di vita del credito.

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L’esposizione
(AE, Adjusted Exposure)
AE = DP + UP * UGD
DP = Drawn Portion: la quota utilizzata;
UP = Undrawn Portion: la quota inutilizzata;
UGD = Usage Given Default:la quota utilizzata
in co
corrispondenza
spo de dell’insolvenza;
de so ve ;

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Perdita Attesa
E’ un espressione del rischio e riflette i valori
attesi (secondo un certo intervallo di
confidenza)) della p
probabilità di insolvenza del
debitore (operazione) e della quota non
recuperabile dell
dell’esposizione
esposizione in caso di
insolvenza.

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Definizione di insolvenza
• Inadempienza
p di una qqualsiasi obbligazione
g finanziaria
(Standard & Poor’s);
• Ogni mancato o ritardato rimborso di interessi e/o di
capitale, la bancarotta, la liquidazione coatta e la
ristrutturazione del debito (Moody
(Moody’s);s);
• Classificazione adottata dalla Banca d’Italia tra:
• incaglio;
i li
• credito ristrutturato/in corso di ristrutturazione;
• sofferenza
sofferenza;;

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Tasso di perdita atteso
• Il tasso di perdita
di atteso è rappresentato
dal valore medio della distribuzione dei
tassi di perdita.
• Il tasso di perdita atteso viene stimato ex
ante, e quindi nella prezzatura del credito
sii tiene
ti già
ià conto
t della
d ll copertura
t di tale
t l
rischio.

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Tasso di perdita atteso: una prima
formulazione
PA = E(ins)*[1
E(ins)*[1--E(rec)]

PA Tasso di perdita atteso


PA=
E(ins)= Tasso di insolvenza atteso
E(ins)
E(rec)= Tasso di recupero in caso di
E(rec)
insolvenza

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Tasso di insolvenza atteso E(ins)
che dipende da:
Merito creditizio del debitore e quindi da:
• condizioni economiche-finanziarie attuali e
prospettiche dell’impresa;
• dati economico-finanziari;
economico finanziari;
• dati andamentali (interni ed esterni);
• settore/territorio;
• management;
• posizione competitiva;
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Tasso atteso di recupero in caso di
insolvenza E(rec) che dipende da:
• Natura del finanziamento ed eventuali
garanzie che assistono lo stesso.
stesso
• Gravità dello stato di insolvenza;
• Tipologia delle attività detenute
dall’impresa e gap fra valore attività e
passività;
• Andamento generale delldell’economia;
economia;
• Tempi di recupero;
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Tasso atteso di recupero in caso di
insolvenza E(rec)
( )
Le variabili dipendenti:
• Gravità dello stato di insolvenza -
ampiezza della differenza tra attività e
passività del debitore;
• Gradod di liquidità
li idi d ll
delle attività
i i
dell’impresa;

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Perdita Attesa e Inattesa
Le perdite attese determinano rettifiche del
valore di libro dei prestiti (forfettarie per
qquelli in bonis,, analitiche p per qquelli in
sofferenza, forfet/anal per quelli incagliati)
Le perdite inattese devono trovare copertura
nel capitale di rischio (logiche di risk
management e di Vigilanza)

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Tasso di perdita inattesa

• E’ rappresentato dalla variabilità della


perdita attesa intorno al suo valore medio;
• Il tasso di perdita inatteso evidenzia la
possibilità che, a posteriori, la perdita
attesa sia superiore a quella inizialmente
stimata;

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Tasso di perdita inattesa
Le variabili dipendenti:
• Possibilità che il tasso di insolvenza risulti
a posteriori superiore a quello
originariamente stimato;
• Possibilità che il tasso di recupero in caso
di insolvenza risulti a pposteriori inferiore
f
a quello originariamente stimato.

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L’importanza
L importanza della perdita inattesa
Funzione di densità delle perdite

03
0,3

0,25

0,2
Frequenze relative
e

0,15
F

0,1

0 05
0,05

Tassi di Perdita
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Perdita inattesa e deviazione standard

Su un dato set di osservazioni storiche è pari


alla radice quadrata del prodotto tra 1/(n-1) e
la somma di tutte le differenze ((al q quadrato))
tra i singoli tassi di perdita e il tasso medio di
perdita.
perdita

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Il Valore a Rischio
• Esprime il livello di perdite inattese sui
crediti, cui si è esposti in un dato
p
intervallo temporale ((hp
p holding
gpperiod);
);
• E’ la differenza tra il valore massimo delle
perdite ed il valore della perdita attesa;

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Valore a Rischio

0,3

0 25
0,25

0,2

VAR
obabilità

0,15
Pro

0,1 Tasso di perdita


massima
corrispondente
0,05
al 99° percentile

Tasso di p
perdita
attesa (Media)
0

T
Tassi
i di P
Perdita
dit

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Matrici di Transizione
• Il deterioramento del merito creditizio può
essere considerato
id un terzo profilo
fil del
d l rischio
i hi di
credito;
• Si prende in esame ogni fase del ciclo di vita del
credito;
• Sempre più nei contratti di finanziamento viene
ppresa in considerazione la c.d. Basle Clause
(modifica dello spread in corrispondenza di un
down-grading
g g o up-grading);
pg g);
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Ri hi di spreadd
Rischio
Operazioni Rischio di Motivazione
Spread
M/L Termine Alto Spread
p non modificabile sino a
scadenza
M/L Termine con Basso Rischio connesso alle clausole
i di i
indicizzazione
i all contrattuali
t tt li
rischio di credito
B/T Molto Basso Rischio connesso alla
frequenza di revisione
A Revoca Minimo Spread celermente modificabile

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Tassi di migrazione
g - matrici di
transizione
Matrice di transizione ad 1 anno - Standard & Poor’s
RATING a FINE ANNO (%)
AAA AA A BBB BB B CCC Default
Rating
iniziale
AAA 90,81 8,33 0,68 0,06 0,12 0,00 0,00 0,00

AA 0,70
0 70 90 65
90,65 7,79
7 79 0,64
0 64 0,06
0 06 0,14
0 14 0,02
0 02 0,00
0 00

A 0,09 2,27 91,05 5,52 0,74 0,26 0,01 0,06

BBB 0,02 0,33 5,95 86,93 5,30 1,17 0,12 0,18

BB 0,03 0,14 0,67 7,73 80,53 8,84 1,00 1,06

B 0,00 0,11 0,24 0,43 6,48 83,46 4,07 5,20

CCC 0,22
0 22 0,00
0 00 0,22
0 22 1,30
1 30 2,38
2 38 11 24
11,24 64 86
64,86 19 79
19,79
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Correlazione e Diversificazione
• Il rischio di un portafoglio crediti è influenzato rispetto
ai rischi individuali delle posizioni che lo
compongono;
• Aggiungere ad un portafoglio una posizione
caratterizzata da perdite attese superiori a quelle medie
di pportafoglio
g non ppuò che accrescere le pperdite attese
complessive;
• Viceversa aggiungere
gg g ad un pportafoglio
g un impiego
p g
caratterizzato da perdite inattese superiori a quelle di
portafoglio può non accrescere o addirittura ridurre la
variabilità complessiva delle perdite e questo grazie
agli effetti di portafoglio (correlazione o
di
diversificazione).
ifi i )
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Una misura della correlazione è rappresenta dalla covarianza

σ AB
= ∑ ( LR Ai − PA A) * ( LR Bi − PAB ) * ρAiBi
i =1

Dove:
LR= Loss
LR L Rate
R (Tasso
(T di perdita
di ex post di
ogni posizione;
PA= Perdita Attesa ex ante

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Mentre la perdita inattesa di un portafoglio di due impieghi
(A e B) può indicarsi come:

σ = EAD Aσ A EAD Bσ B 2 EAD A 2 EAD B σ AB


2 2 + 2 2 +

Dove:
EAD esposizione
EAD= i i all default;
d f l

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Effetto diversificazione
• L’effetto
L’ ff di
diversificazione
ifi i d
determina
i una
diminuzione del tasso di perdita inatteso in
conseguenza della composizione del
portafoglio
po og o impieghi
p eg ove ssiano o inseriti
se
crediti caratterizzati da una correlazione
imperfetta o non correlati.
correlati

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La regolamentazione e gli sviluppi in atto

a. L’accordo di Basilea del 1988


b Basilea 2: implicazioni nella misurazione
b.
e gestione del rischio di credito
c. Basilea 3

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LA FUNZIONE DEL CAPITALE
Funzione regolamentare
•Tutela dei terzi creditori (depositanti) dal rischio riduzione degli attivi;
•Requisiti patrimoniali minimi (Basilea e Istruzioni di vigilanza):
- Patrimonio di Vigilanza;
- Coefficiente
C ffi i t di solvibilità
l ibilità (per
( rischio
i hi di credito;
dit PV / RWA);
RWA)
- Requisiti patrimoniali per rischio di mercato.;
q
- Requisiti p
patrimoniali p
per i rischi operativi
p

Presidio dei rischi


•Assorbimento delle perdite.
p

Fattore produttivo
Finanziamento asset non liquidi;
•Finanziamento
•Funzione reputazionale e di “controllo”;

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LA STRUTTURA DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA
Basilea (esigenza di armonizzare e uniformare regole sul patrimonio di vigilanza nei diversi
paesi)
Patrimonio di base o Tier I Upper Tier I:
-capitale versato; riserve palesi;FRBG.
Lower Tier I (max 15% Tier I):
strumenti innovativi di capitale
-strumenti capitale.

Patrimonio supplementare o Tier II Upper Tier II:


(max 100% Tier I) -riserve
i iimplicite;
li i riserve
i di
rivalutazione;strumenti ibridi di
patrimonializzazione.

Lower Tier II (max 50% Tier I):


-prestiti subordinati.

Tier III

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LA STRUTTURA DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA
C f
Confronto
t ttra i diversi
di i strumenti
t ti di capitalizzazione
it li i
Caratteristiche Strumenti innovativi di capitale Strumenti ibridi di patrimonializzazione Prestiti subordinati ordinari
(Lower Tier I) (Upper Tier II) (Lower Tier II)
Durata Natura permanente
permanente. Rimborso Non possono essere rimborsati su iniziativa Pari o superiore ai 5 anni
anticipato possibile solo dopo il del sottoscrittore né senza l'autorizzazione
quinto anno dall'emissione. dell'autorità di vigilanza.
Grado di Subordinati, in caso di liquidazione Subordinati a tutti i crediti dell'emittente con Subordinati ai creditori ordinari e
d a o e della Banca a tutti i creditori
subordinazione
subo un livello di subordinazione non superiore. privilegiati.
subordinati e quindi a quelli
ordinari e privilegiati.

Tipologia di Remunerazione può essere Remunerazione predeterminata analoga ai Remunerazione predeterminata


remunerazione variabile e legata agli utili (come titoli di debito. analoga ai titoli di debito.
per le azioni) oppure
predeterminata (come per i titoli di
debito).
Assorbimento Utilizzabili per la copertura delle Utilizzabili per la copertura delle perdite Non possono essere utilizzati per
perdite
dit correntiti della
d ll banca,
b correntiti d
della
ll bbanca, permettendo
tt d lla la copertura di perdite correnti
delle perdite
della Banca.
permettendo la continuità continuità dell'operatività.
dell'operatività.

Cumulabilità Non cumulabilità. Possibile sia la cumulabilità che la non Non applicabile in quanto non è
cumulabilità. prevista la possibilità di
della
sospendere il pagamento degli
remunerazione Interessi.

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LA STRUTTURA DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA
E’ necessario decidere non solo il livello ottimale di capitale, ma anche effettuare una
scelta qualitativa all’interno delle diverse tipologie di mezzi propri disponibili.

Vincoli:
-obblighi regolamentari;
-valutazione interna sui rischi assunti;
-politiche di sviluppo;
aspettative società di rating;
-aspettative
-attese di rendimento degli azionisti.

E’ necessario considerare forme alternative di capitalizzazione per ottimizzare il costo del


capitale.

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I RISCHI FRONTEGGIATI

RISCHIO
( l tilità dei
(volatilità d i
risultati)

RISCHIO DI RISCHIO DI RISCHIO DI RISCHIO


CREDITO MERCATO LIQUIDITÀ OPERATIVO
4Possibilità che si 4Possibilità che si 4Possibilità che si 4Possibilità che si
verifichi un verifichino verifichi una crisi verifichino eventi
numero di variazioni inattese di liquidità non previsti
insolvenze di variabili di (errore umano,
superiore a quello mercato che blocco delle
previsto comportino una procedure
riduzione
id i nell i f
informatiche,
ti h .....))
valore di poste in causa di perdite
bilancio e fuori per la Banca
bilancio

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I RISCHI FRONTEGGIATI: DOVE SI GENERA IL RISCHIO
NELLO STATO PATRIMONIALE DI UNA BANCA
Rischio di
credito Rischio
liquidità

A breve

A breve
Crediti Debiti

A M/L

A M/L

Fondi con destinazione


Titoli
specifica
Rischio
di Immobilizzazioni Patrimonio netto

mercato
ATTIVO PASSIVO

Rischio
operativo
p

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I RISCHI FRONTEGGIATI - I REQUISITI IMPOSTI DALLE
AUTORITÀ DI VIGILANZA
Negli anni ’9090 è stata posta particolare attenzione da parte dei Governi e delle
Banche Centrali al problema di una regolamentazione sul controllo del rischio cui
sono sottoposte le Istituzioni Finanziarie. La normativa di riferimento si è sviluppata
ed affinata fino a ricomprendere e regolare l’assunzione, da parte delle Banche, delle
principali tipologie di rischio

’88
88 ’96
96 ’06
06
BASEL CAPITAL AMENDAMENT NEW BASLE CAPITAL
ACCORD (BCA) TO BCA ACCORD (NBCA)

4 Solo rischio di credito 4 Ampliamento


p al 4 Ampliamento
p al
(approccio a blocchi) rischio di mercato rischio operativo
(per la misurazione 4 Consentiti modelli
del quale è consentito interni per tutte le
l’utilizzo di modelli tipologie di rischio
interni)

L obiettivo della regolamentazione imposta dalle Autorità di Vigilanza è garantire


L’obiettivo
che la patrimonializzazione delle Banche sia sufficiente a coprire i rischi finanziari
che pesano sulle attività detenute

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OBIETTIVI DEI REQUISITI PATRIMONIALI RICHIESTI
Le Autorità di Vigilanza impongono dei requisiti patrimoniali minimi alle
Banche tali da garantire la copertura di eventuali perdite dovute alla variabilità
(rischio) del valore delle poste dell’attivo e del passivo

125

100 Rischi finanziari

Patrimonio Valore atteso


75

50

Probabilità di
25 “fallimento” ritenuta
accettabile dalle
0 Autorità di Vigilanza
ATTIVO NETTO t0 ATTIVO NETTO t1

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Accordo di Basilea 1988
• Al fine di garantire la stabilità del sistema
bancario si impone il rispetto di
ff
coefficienti patrimoniali di vigilanza
p g

• Tali coefficienti patrimoniali di vigilanza


definiscono il livello minimo di patrimonio
a fronte dei rischi assunti dall’azienda di
credito.
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1 Su quale logica riposano?
1.

Stato Patrimoniale Banca

Attività Passività

Patrimonio
netto

Attività – Passività = Patrimonio netto


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Cosa avviene in una fase espansiva
dell’economia?
Stato Patrimoniale Banca

Gli impieghi
aumentano
Attività Passività
I fallimenti
diminuiscono
Patrimonio
Il valore
l ““netto”
tt ”
Il valore
dei titoli netto della Banca
aumenta
aumenta Nuovo
Nuovo
attivo patrimonio
netto
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Cosa avviene in una fase recessiva
dell’economia?
Stato Patrimoniale Banca

Gli impieghi
si riducono
Attività Passività
I fallimenti
aumentano
Patrimonio
Il valore
dei titoli si netto
riduce
Quando la situazione
Il valore “netto”
della Banca
diventa critica? diminuisce
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Cosa avviene in una fase recessiva
dell’economia?
Stato Patrimoniale Banca

Gli impieghi
si riducono
Attività Passività
I fallimenti
aumentano
Patrimonio
Il valore la Banca
dei titoli si netto
è insolvente
riduce
Quando il valore delle attività … ossia quando è
diviene minore di q quello delle “svanito” il
passività…
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patrimonio netto
S bili à del
Stabilità d l sistema
i bancario
b i

• Il Patrimonio netto di una banca assume il


ruolo di “cuscinetto” a fronte di
oscillazioni del valore dell’attivo

• Il Patrimonio netto assorbe i rischi assunti


dall’attività bancaria e riduce la probabilità
che eventuali perdite possano generare
situazioni di insolvenza
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Coefficiente patrimoniale minimo
obbligatorio
Stato Patrimoniale Banca

Attività Passività 92
Euro
?
Patrimonio
netto 8
Euro
100 Euro Il patrimonio
i i minimo
i i deve
d
essere pari ad almeno 8
Euro (ovvero ll’8%)
8%)
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Coefficiente patrimoniale minimo
obbligatorio (segue)

Stato Patrimoniale Banca Il patrimonio minimo


deve essere pari ad
almeno 8 Euro (ovvero
Attività Passività
ll’8%)

Patrimonio
Patrimonio netto
netto 8%
Attività

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Coefficiente patrimoniale minimo
obbligatorio (segue)
Per la vigilanza,
vigilanza ai fini del computo
Stato Patrimoniale Banca dell’8%, i vari componenti
dell’attivo devono pprima essere
“pesati” come segue:
Attività Passività
Esposizioni:
Governi, banche centrali, UE 0%
Patrimonio
a o o
Banche, enti pubblici 20%
netto
Crediti ipotecari
p 50%
Crediti, partecipazioni 100%
Atti ità iin sofferenza
Attività ff 200%
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Coefficiente patrimoniale minimo
obbligatorio (segue)
Stato Patrimoniale Banca
Governi € 20 Passività Attività ponderate:
Attività € 20
Banche € 20 x 0% = €0
92 Euro
Cred. ipot.€ 10 € 20 x20% = € 4
Prestiti € 40 € 10 x50% = € 5
Partec. in
Partec Patrimonio € 40 x100% = € 40
perdita € 10
netto 8 Euro € 10 x200% = € 20

Totale = € 69
100 Euro Coefficiente: 8 / 69 = 11,6%
11 6% (>8%)
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Coefficiente patrimoniale minimo
obbligatorio (segue)
Per la vigilanza,
vigilanza ai fini del computo
Stato Patrimoniale Banca dell’8%, il patrimonio netto deve
essere corretto p per quantificare
q il
c.d. patrimonio di vigilanza:
Attività Passività Patrimonio di vigilanza:
g
Patrimonio di Base: capitale
Patrim
a onio
o o versato, riserve e f.r.b.g., al netto
netto di azioni proprie, avviamento, imm.
immateriali, perdite esercizio
Patrimonio di Supplementare:
riserve rivalutazione, passività
subordinate, altri elementi, al netto
di minusvalenze su titoli imm.
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Riassumendo…
Riassumendo
Il capitale
it l proprioi rappresenta
s t lla “dif
“difesa”
s ”
contro possibili insolvenze della banca

Il capitale proprio minimo è dato dalla


seguente relazione:

Patr vigilanza
Patr.
Attività 8%
ponderate
p
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In conclusione…
Più alto è il livello di capitale proprio e meno
rischiosa è la banca per i creditori…..
creditori
….tuttavia, a parità di altre condizioni, più alto
è il capitale proprio e minore è il rendimento
per gli azionisti

reddito
ddi netto
R.O.E.=
capitale netto
molto capitale; molto
l capitale;
i l
basso© Università
rendimentoFederico II Teoria del rischio 2010
poco rischio
In conclusione…
Più alto è il livello di capitale proprio e meno
rischiosa è la banca per i creditori…..
creditori
….tuttavia, a parità di altre condizioni, più alto
è il capitale proprio e minore è il rendimento
per gli azionisti

reddito
ddi netto
R.O.E.=
capitale netto
p
poco capitale;
p ;
alto rendimento
© Università Federico II Teoria del rischio 2010 poco capitale;
alto rischio
Driver delle competizione
bancaria:

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


BASILEA 2
Quali sono i limiti della “regola
dell’8%”
1. Non differenzia il profilo di rischio dei crediti
2. Non differenzia il profilo di rischio a seconda del
ciclo economico

3. Non differenzia il profilo di rischio sulla base


della diversificazione di portafoglio

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Principali obiettivi da raggiungere

Incentivazioni per le Contemperare le esigenze regolamentari


Sensitività al rischio misurazioni sofisticate e di trasparenza con quelle di valorizzazione
del rischio delle forze di mercato

2° Pilastro 3° Pilastro
1° Pilastro Controllo prudenziale Trasparenza
Requisiti patrimoniale dell’adeguatezza delle informazioni
minimi patrimoniale

Basilea II

Capitale economico
Mancato riconoscimento
Misure di rischio slegate dal merito creditizio ≠ Vincoli e limiti
Rischio operativo
Capitale regolamentare

Stabilità e solidità del Sistema Finanziario Principale obiettivo


raggiunto

© Università Federico II Teoria del rischio 2010 Basilea I


Maggiore complessità di Basilea II
IL NUOVO ACCORDO SI BASA SU 3 PILASTRI:
PILASTRI:

 PILLAR 1: requisiti patrimoniali minimi obbligatori:


- rischi di credito, di mercato, operativi

 PILLAR 2: controllo prudenziale dell’adeguatezza patrimoniale


(
(monitoraggio
it i interno
i t di tutti
t tti i rischi
i hi e da
d parte
t della
d ll Vigilanza)
Vi il )

 PILLAR 3: impiego della disciplina di mercato per promuovere la


solidità e l’efficienza (obblighi di trasparenza e di disclosure su
rischi e capitalizzazione).

© Università Federico
II Teoria del rischio
2010
PILLAR 1
COEFF. PATRIMONIALE MINIMO

Patrimonio di vigilanza
≥8%
Attivita’ ponderate per rischio di credito +
attività pponderate pper rischio di mercato +
attività ponderate per rischi operativi

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


PILLAR 1 COEFF. PATRIMONIALE MINIMO

Patrimonio di vigilanza
g
≥8%
A i i ’ ponderate
Attivita’ d per rischio
i hi di credito
di +
attività ponderate per rischio di mercato +
attività ponderate per rischi operativi

Cambia il modo di misurarlo


nuovo
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Novità introdotte dal Basilea II
Le novità di maggiore impatto sull’aspetto
ggestionale delle banche si sintetizzano:
• nell’introduzione di una serie di cambiamenti sul
fronte della misurazione del rischio di
credito, richiedendo una maggiore correlazione tra
l’allocazione del capitale e l’effettiva qualità degli
i i hi
impieghi;
• nell’introduzione del rischio operativo, al fianco del
rischio di credito e di mercato,
mercato tra gli elementi base
del calcolo del requisito patrimoniale complessivo.

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Attività ponderate per il rischio di
credito
• Il Patrimonio di Vigilanza che deve essere
mantenuto a fronte
f d i Rischi
dei Ri hi di Credito
C di (PVRC)
è pari all’8% del totale attività ponderate per il
rischio
i hi di credito
di (RWARC).
(RWARC)
PVRC = 8% x RWARC
• Per determinare RWARC possono essere utilizzate due metodologie
diverse:
• L’approccio “standard”
• L’approccio basato su rating interni.

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Attività ponderate per il rischio di
credito
Attività ponderate per il Rischio di credito
(RWARC)

Metodo standard Internal Rating based

di base
avanzato
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Discrezionalità

IRB avanzato

IRB base

metodo standard
complessità

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Metodo standard
• Prevede che venga attribuito un diverso
coefficiente
ffi i t di ponderazione
d i aii debitori
d bit i
sulla base del merito creditizio assegnato
d società
da i à di rating
i indipendenti.
i di d i
• Per debitori p privi di rating, g, la
ponderazione è pari al 100%, con la
g
conseguenza di avere un risultato del tutto
simile a Basilea I.

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Ip
principali
p “rating”
g internazionali

• M d ’
Moody’s • S d d&P
Standard&Poors
• Aaa • AAA Investment
• A
Aa • AA grade
• A • A
• Baa • BBB
• Ba • BB
• B • B
• Caa • CCC High yield
• Ca • CC
• C • C

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


La ponderazione dell’attivo muta in funzione
d l ““rating”
del i ”
Esempio dei coefficienti di ponderazione applicati ai crediti verso imprese

da AAA a AA- peso 20% €.100 sono pesati €.20

da A+ ad A- peso 50% €.100 sono pesati €.50

da BBB+ a BB-
BB peso 100% €.100 sono pesati €.100

sotto BB- peso 150% €.100 sono pesati €.150

prive di rating peso 100% €.100 sono pesati €.100

Attuale
l Accordo:
d 100%, indipendentemente
d d
dalla qualità del credito
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Metodo dei rating interni di base
((Internal Ratingg Based base))
• La banca, attraverso l’utilizzo di rating interni
per ogni cliente
cliente, deve determinare alcuni
elementi fondamentali per il calcolo del
coefficiente di ponderazione o requisito
patrimoniale.
• In particolare
particolare, occorre stimare la PD di ciascun
debitore.
• La LGD,
LGD la EAD e la M sono fissi fissi, ad eccezione
nel caso delle esposizioni verso retail per le
qquali,, oltre alla PD,, occorre stimare anche LGD
ed EAD. © Università Federico II Teoria del rischio 2010
Metodo dei rating interni avanzato
((IRB avanzato))
• E’ richiesto che le banche stimino, per
tutte le tipologie di esposizioni:

PD
LGD
EAD M
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
• PD: Probabilità di default.
Indica la probabilità che il debitore vada in default entro un
anno dalla stima
stima.
• LGD: Loss Given Default.
Indica la percentuale del credito in default recuperata dopo
aver azionato i tentativi di recupero.
• EAD: Exposure at Default.
Indica l’ammontare del credito nel caso in cui dovesse
maturare lo stato di default.
• M Maturity.
M: M t it
Indica la vita residua dell’operazione.

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


…in sintesi…
• La novità introdotta dall’attuale accordo, dunque, risiede
nella individuazione degli approcci IRB.
IRB
• Le banche, utilizzando le funzioni di ponderazione K
fissate a livello regolamentare, possono trasformare le
componenti di rischio (PD, LGD, EAD, M) in attività
ponderate per il rischio e calcolare il requisito totale di
capitale a copertura della propria attività creditizia.
creditizia
• Nell’ambito dell’approccio basato sui rating interni il
capitale regolamentare varierà in funzione del merito
creditizio della controparte, così come è in uso nelle
istituzioni che misurano e monitorano l’allocazione del
capitale economico.
economico
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Quali conseguenze per le banche ?

• Le Banche con la migliore qualità dei


prestiti potranno ridurre il capitale ed
aumentare il ROE per gli azionisti.
• L Banche
Le B h con qualità li à dei
d i prestiti
i i scarsa
dovranno aumentare il capitale e ridurre il
ROE per gli azionisti.

© Università Federico
II Teoria del rischio
2010
Quali conseguenze per le banche?

Banca Alfa Banca Beta


Crediti Debiti Crediti D.
Debiti
€.88
A L. 92 CCC L.P 92
N
€. 100
€ 00 €.P.96
N €. 100
€ 00 €P.12
€. N
PNL.€.8 4 L.. 8

Reddito netto = €. 1 Reddito netto = €. 1

ROE= 1/8 = 12,5% ROE= 1/8 = 12,5%


ROE= 1/4 = 25% ROE= 1/12 = 8,3%
ROE
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Modelli interni di rating
(
(I.R.B. Internall Rating-based)
i b d)
• Il Comitato di Basilea si riserva di
esaminare la possibilità di concedere alle
banche più sofisticate il riconoscimento
dei modelli interni di ratings (IRBA:
internal rating-based approach)

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Requisiti “minimi”per
minimi per IRB
• Rilevazione insolvenze (default) per almeno 5
anni (insolvenza= ritardo pagamento 90 gg.)
• Rilevazione tassi di recupero (recovery rates)
per almeno 7 anni

• Test di robustezza delle analisi

• Stessa modellistica impiegata per valutazioni


bilancio, p
pricing,
g requisti
q di capitale
p

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R l Sistemi
Ruolo Si i IT
(par. VII, n.2, parte B, cap. 3, Nuovo Documento)

• “le banche devono raccogliere e catalogare le


d i i i relative
decisioni l i all rating,
i allall valutazione
l i dei
d i
debitori, alle migrazioni, alle operazioni…”

• “il sistema IT deve rafforzare la capacità


p della
banca di soddisfare i requisiti minimi previsti
pper l’IRB. Le banche debbono dimostrare la
robustezza e l’integrità del loro sistema”

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LE DIMENSIONI RILEVANTI DEL CAPITALE

CAPITALE 4Il capitale disponibile a fini di vigilanza, o Patrimonio


DISPONIBILE di Vigilanza, è l’ammontare dei Mezzi Propri e dei
Prestiti subordinati che la Banca ha a disposizione
come “cuscinetto” a copertura delle eventuali future
perdite

4Il capitale allocato riflette la propensione al rischio


CAPITALE della Banca e coincide con la massima perdita
ALLOCATO accettabile che la Banca, nel perseguimento di un
determinato obiettivo reddituale è disposta a
sostenere

CAPITALE 4Il capitale assorbito coincide con il capitale che è


necessario mantenere per poter far fronte, con un
ASSORBITO certo grado di confidenza, alla variabilità dei risultati
dovuta ai rischi assunti nella g
gestione della Banca

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DAL CAPITALE DISPONIBILE AL CAPITALE ASSORBITO

Misura della
propensione
al rischio Misura del grado
di efficienza delle
Aree di Business
nell’utilizzare il
capitale allocato

Tier 2

PVRM

Tier 1 PVRC

PVRO

CAPITALE CAPITALE CAPITALE EFFICIENZA CAPITALE


DISPONIBILE IN ECCESSO ALLOCATO FINANZIARIA ASSORBITO

Capitale a Quota del capitale Capitale


disposizione della disponibile assegnato effettivamente
Banca per svolgere le alle Aree di business utilizzato dalle diverse
attività finalizzate alla in funzione della Aree di business
massimizzazione del propensione al rischio
valore per gli azionisti della Banca

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IL CAPITALE DISPONIBILE

CAPITALE
DISPONIBILE
=
PATRIMONIO DI
VIGILANZA

TIER 1 TIER 2 PATRIMONIO


DI VIGILANZA*

4 Capitale 4 Passività
4 FRBG subordinata
4 Riserve 4 F.do rischi su
4 Utile/Perdita crediti
4 ......... 4 ...........

“Cuscinetto” a copertura di eventuali perdite future e non


previste di valore degli assets
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IL CAPITALE ALLOCATO

Il capitale allocato è il capitale che il management della


Banca decide di mettere a disposizione delle Aree di
B i
Business per llo svolgimento
l i t d
delle
ll proprie
i attività
tti ità
4Il capitale allocato costituisce pertanto un “tetto” al rischio
che ciascuna
Area di Business può assumere e, complessivamente,
coincide con la
Massima Perdita reputata accettabile dal management
della Banca
4Il capitale allocato riflette pertanto la propensione al rischio
della Banca

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IL CAPITALE ASSORBITO
4Il Capitale Assorbito può essere misurato
•A fini gestionali (con modelli interni)
•A fini di vigilanza (con modelli più “standardizzati” individuati dalle Autorità di Vigilanza)
4Con il NBCA si sta progressivamente consentendo alle Banche di utilizzare, anche a fini di
vigilanza, i modelli interni di misurazione del rischio

OBIETTIVI STRUMENTI

4Misurare l’effettiva
4 4
4Modelli interni di
A fini gestionali assunzione di rischio per: misurazione del
• Consentire il controllo rischio
dei limiti operativi
definiti per le diverse
aree d’affari
CAPITALE • Alimentare un sistema
ASSORBITO di budgeting e controllo
basato su misure di
redditività corretta per il
rischio

A fini di vigilanza
4Garantire la solidità 4Metodologie sufficien-
patrimoniale del sistema temente
bancario nel suo insieme standardizzate e
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
“rodate” per poter
essere adottate da
tutte le Banche
IL CAPITALE ASSORBITO – MISURE ALTERNATIVE DI CAR
Le Autorità di Vigilanza indicano metodi di misurazione del rischio con diversi gradi di
sofisticazione
fi i i e precisione.
i i Q
Questa diff
differenziazione
i i f
favorisce
i l Banche
le B h “meno
“ rischiose”
i hi ”e
“più sofisticate” che possono determinare l’ammontare complessivo di Patrimonio richiesto
allineandolo al rischio effettivamente assunto

BASSO LIVELLO DI SOFISTICAZIONE ALTO

Metodo Standard Modelli Interni


(approccio a blocchi) VaR
- metodo
Rischio di varianze/covarianze
Mercato - simulazione storica
(trading - simulazione Monte Carlo
book)) Approccio NOVITA’ INTRODOTTE DAL NBCA
NOVITA
Standard(Rating
esterni) Foundation
(scansione per livello Approach
di qualità creditizia)
CAPITALE Rischio di (rating interni +
Credito coefficienti
ffi i ti standard)
t d d)
ASSORBITO Approccio
(banking Advanced
Rating
book) (rating e
Interni
coefficienti
interni))

Rischio Approccio Approccio Approccio su Data


Operativo Semplificato Standard Base Interni
(a livello di Banca)(a livello di B. Unit)(a livello di Business
Unit per categorie di
rischio)

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MODALITÀ DI CALCOLO DEL RISCHIO DI MERCATO
Il patrimonio di vigilanza che deve essere mantenuto a fronte dei rischi di mercato generati
dal “trading book” (PVRM) può essere calcolato:
•Con il “metodo standard” in cui ciascuna posizione nel portafoglio viene moltiplicata
per un coefficiente variabile indicato dalle Autorità di Vigilanza
•Con
Con “modelli
modelli interni
interni” di stima del VaR complessivo del portafoglio il cui risultato
viene moltiplicato per un fattore prudenziale correttivo (K)

Rischio di interesse VALORE ASSET


(st menti a reddito
(strumenti eddito fisso) x
METODO + coefficienti variabili
Rischio su azioni di ponderazione
STANDARD PVRM (strumenti di capitale)
(“A BLOCCHI”) (per stimare il
= + rischio specifico e il
Rischio su cambi rischio generico)
(valute estere)

RISCHIO
DI
MERCATO Storici
MODELLI
NUMERICI
Montecarlo
MODELLI
INTERNI PVRM K x V R
VaR
=
Fattore di Intervallo di MODELLI Varianza e
moltiplicazione conf. 99% PARAMETRICI Covarianza
almeno pari a holding
3 period 10g.
lav.
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MODALITÀ DI CALCOLO DEL RISCHIO DI CREDITO
Il patrimonio di vigilanza che deve essere mantenuto a fronte dei rischi di credito
(PVRC) è pari all’8% del totale ponderato delle attività esposte al rischio di credito
(RWARC). Per determinare RWARC possono essere utilizzate due metodologie
diverse:
•L’approccio “standard”
•L’approccio basato su rating interni

approccio
standard

RISCHIO
DI PVRC = 8% x RWARC
CREDITO
approccio
basato su rating
interni

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


RISCHIO DI CREDITO – RWARC

Probability of Loss Given Exposure Granularity


Maturity
RWArc -- Default Default at Default
(M)
Adjustment
> (PD) (LGD) (EAD) (GA)

Approccio 4 Specifiche
standard ponderazioni
in base a 4 Stime standard
rating esterni delle Autorità di
4 On e Off Vigilanza dei
balance sheet fattori di
netting conversione
4 Garanzie e (credit
Credit conversion
Foundation Derivatives factors) 4 Maturity
pp oac
Approach 4 Pegni e t d d di 3
standard
garanzie su 4 Solo portafoglio
Approccio 4 Stimate anni (salvo
cespiti non retail -
basato su internamente eccezioni)
finanziari correzione ai
modelli dalla Banca RWA per tenere
interni (simple
(rating interni) approach / conto dell’effettivo
4 I credit 4 Correzione grado di
Advanced
Ad d comprehensive
conversion per la diversificazione
Apporach approach)
factors vengono maturity del portafoglio
stimati effettiva
internamente dell’esposizio
dalla Banca ne

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EVOLUZIONE DELLE METODOLOGIE DI CALCOLO
DEL RISCHIO DI CREDITO

APPROCCIO BASATO
APPROCCIO APPROCCIO BASATO
SU MODELLI DI
STANDARD SUI RATING
PORTAFOGLIO

4 Introdotto da BCA nell’88 4 Previsto dal NBCA 4 Rappresenta la frontiera


ha sostituito a dei rappresenta un grande dei modelli di misurazione
requisiti patrimoniali passo in avanti nella del rischio di credito
minimi imposti alle misurazione del rischio di
Banche, a prescindere credito 4 Consente una piena
dalla loro effettiva comprensione della
“ i hi ità” una prima,
“rischiosità”, i 4 Le
L controparti
t ti vengono rischiosità
i hi ità di un
seppur rudimentale, classificate in categorie di portafoglio di esposizioni,
misurazione del rischio di rating omogenee a cui valutandone anche la
credito sono associate probabilità diversificazione
di fallimento differenti, e
4 La misurazione non è quindi differenti requisiti 4 Misurare il rischio di
però molto precisa. patrimoniali (prestare 100 credito di un portafoglio
Prestare 100 lire ad una lire a un AAA o a un BB comporta numerose
controparte con rating assorbe un patrimonio difficoltà. Le principali
AAA o ad una con rating differente) Banche e le Autorità di
BB genera lo stesso Vigilanza stanno
assorbimento di 4 La diversificazione del lavorando sull’argomento,
patrimonio portafoglio di esposizioni ma per il momento
è valutata, seppur in (NBCA) l’utilizzo di
maniera piuttosto modelli di portafoglio a
rudimentale g
fini di vigilanza non è
consentito
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
APPROCCI DI PORTAFOGLIO – LE SFIDE IN CORSO
La moderna teoria di portafoglio ha fatto grossi passi in avanti nelle sue
applicazioni al rischio di mercato. Tuttavia, l’estensione di questi progressi al
campo del rischio di credito comporta la risoluzione di numerosi problemi; due
in particolare

Il primo è legato alla distribuzione dei tassi di rendimento. I tassi di


rendimento tipici
p del mercato azionario hanno una distribuzione relativamente
simmetrica, ben approssimata da una distribuzione normale. Quindi le due
misure statistiche – media e varianza – sono sufficienti per l’individuazione
della distribuzione del portafoglio. Diversamente, i tassi di rendimento delle
attività soggette al rischio di insolvenza hanno una distribuzione fortemente
asimmetrica. La conoscenza di media e varianza non è quindi sufficiente per
rappresentare l’intera distribuzione

Il secondo problema riguarda la difficoltà nella misurazione delle


correlazioni. Nel caso delle azioni, le correlazioni possono essere stimate
osservando l’andamento dei prezzi sul mercato. Nel caso della qualità
creditizia la mancanza di dati rende difficile la stima basata sulle osservazioni
creditizia,
storiche. È quindi necessario individuare dei modelli per stimare tale
correlazione da variabili osservabili

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


MODALITÀ DI CALCOLO DEL RISCHIO OPERATIVO

Moltiplicatore (α) da
APPROCCIO applicare al Margine di
SEMPLIFICATO Intermediazione della
Banca

Per ogni area di


business viene
RISCHIO APPROCCIO definito un fattore di
OPERATIVO STANDARD esposizione (PE) e
un relativo
moltiplicatore (α)

Ciascuna area di
business viene
MODELLI frazionata in categorie
INTERNI di rischio omogeneo e
per ciascun gruppo
viene calcolato il
rischio operativo

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


COMPOSIZIONE DEL PATRIMONIO DI VIGILANZA

Il Patrimonio di Vigilanza deve essere > PVRM + PVRC + PVRO

Il Patrimonio di Vigilanza minimo che deve essere


mantenuto dalla Banche è dato dalla somma dei requisiti
per le singole tipologie di rischio

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INDICATORI DI REDDITIVITÀ E DI CRAZIONE DI
VALORE

INDICATORI DI
CORRETTI PER IL INDICATORI DI
REDDITIVITÀ
RISCHIO VALORE
TRADIZIONALI

Utile Netto Return


ROA= RORAC= EVA=Utile Netto - Costo del
Totale Attivo Risk
Capitale
adjusted
capital
Utile Netto Risk adjusted
ROE= RAROC=
Mezzi Propri return
Capital

4 Non tengono conto del 4 Tengono conto del 4 Misura del valore
rischio rischio econo-mico aggiunto
(al rendi-mento
rendi mento atteso
4 Di facile calcolo 4 Richiedono la richiesto dall’azionista)
misurazione del rischio 4 Richiede la definizione
assunto del costo del capitale,
oltre che la
misurazione del rischio
assunto
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
ALBERO DEL VALORE AGGIUNTO

Margine di
interesse
MARGINE DI
INTERMEDIA-
ZIONE
Margine da
servizi

UTILE
NETTO
Diretti

COSTI

Ribaltati

EVA UTILE NETTO -


COSTO DEL
CAPITALE
COMPOSIZIONE
(MEZZI PROPRI/
MEZZI DI TERZI)
COSTO DEL Costo
CAPITALE dell’equity
COSTO DEL
CAPITALE
(WACC)
Costo delle
passività
subordinate

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TIPOLOGIE DI RISCHIO E STRUMENTI PER LA GESTIONE

STRUMENTI PER LA
TIPOLOGIA DI RISCHIO GESTIONE

4Rischio di mercato 4Derivati “tradizionali”


• Rischio di interesse • Derivati su tassi

• Rischio di cambio • Derivati su cambi

• Rischio su azioni • Derivati su azioni

• Rischio su merci • Derivati su merci

4Rischio di credito 4Derivati creditizi


• Rischio di default • Credit default derivatives

• Rischio di spread • Credit spread derivatives

4Rischi operativi 4Coperture assicurative

• Rischi di evento (errori, frodi, ......) • Coperture assicurative specifiche


(ove disponibili)
• Altri rischi

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CREDIT DERIVATIVES
In prima approssimazione i credit derivatives costituiscono una nuova
famiglia di contratti che hanno per oggetto l’assunzione del rischio di
credito, senza, peraltro, trasferire il credito sottostante

Operazioni caratterizzate da un elevato grado di personalizzazione


(negoziate su mercati OTC)

Il taglio medio delle operazioni risulta elevato (l’operazione media


oscilla tra i 25 e i 50 Mln di dollari)

Le parti coinvolte nelle operazioni sono costituite prevalentemente da


Banche, Investitori Istituzionali e, in minor misura, imprese di grandi
dimensioni

La parte che assume il rischio viene indicata come protection seller


(venditore di protezione), mentre l’altra come protection buyer
(
(compratore
t d ll protezione)
della t i )

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CREDIT DERIVATIVES – MACRO FAMIGLIE

TIPO DI RISCHIO CARATTERISTICHE

CREDIT 4 Rischio di default 4 Simili ad opzioni di tipo put


DEFAULT su attività sensibili al rischio
DERIVATIVES creditizio. Strutturati
generalmente come
strumenti che pagano un
ammontare predeterminato
nel caso si verifichi il
mancato pagamento del
debitore di riferimento

CREDIT CREDIT 4 Rischio di spread


SPREAD
DERIVATIVE DERIVATIVES 4 Generalmente forward,
S swaps o opzioni sullo
spread creditizio di
determinati asset
(tipicamente prestiti, ma
non solo)

TOTALE 4 Rischio di default +


RETURN Rischio di sp
spread
ead
SWAP 4 Adattamenti di swaps
tradizionali utilizzati per
creare sinteticamente un
prestito o per coprire una
esposizione creditizia

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CREDIT DEFAULT DERIVATIVE
Il Credit
C Default
f S
Swap (C S) è definito
(CDS) f come quel contratto in virtù del quale il
venditore di protezione, verso il pagamento di un premio, si impegna ad eseguire un
pagamento predeterminato in favore di un compratore di protezione, al verificarsi di
un evento futuro e incerto,
incerto che esprime il deterioramento del profilo creditizio di un
terzo

ACQUIRENTE X b.p.
bp VENDITORE
PROTEZIONE PROTEZIONE

FALLIMENTO DI
XYZ

ACQUIRENTE Valore nominale VENDITORE


PROTEZIONE - PROTEZIONE
Valore di mercato
dell’asset
dell asset di
riferimento (xyz)

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CREDIT SPREAD DERIVATIVE
Un Credit
U C dit Spread
S d Forward
F d (CSF) è definito
d fi it come quell contratto
t tt in i virtù
i tù del
d l quale
l il
compratore di protezione ad una data predeterminata paga al venditore di
protezione uno spread predefinito su un valore nominale predefinito e riceve dal
venditore di pprotezione lo spread
p futuro e incerto tra l’asset di riferimento ed il tasso
privo di rischio sul valore nominale predefinito.

Spread fisso
prestabilito
ACQUIRENTE VENDITORE
PROTEZIONE PROTEZIONE
Spreaddd dell’asset
ll’ d
di
riferimento sul
tasso privo di
rischio

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


LE CARTOLARIZZAZIONI
Schema: Cartolarizzazione classica

Banca Originator

Cassa

Crediti
SPV

Emissione

Titoli Investitori
Cash flow Crediti Cash flow
Equity

Tranche
Equity

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


LE CARTOLARIZZAZIONI

• Gli effetti sull’attivo della Banca sono funzione di:


qualità degli attivi ceduti;
correlazione tra attivi ceduti e attivi ancora nel
portafoglio della Banca;
ricorso implicito (effetti reputazionali);

• Non sempre esiste un miglioramento del profilo di rischio


della Banca
• Spesso sono utilizzate come strumento alternativo di
raccolta per rispondere ad esigenze di cassa
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Credit Risk Model
• Rating e scoring: definizioni ed aree critiche
• Le tecniche di scoring
• Il modello di Altman
• Le reti neurali
• Gli algoritmi genetici
• Rating interni
• Rating esterni

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Rating e Scoring: definizioni ed
aree critiche
• Spesso rating e scoring sono stati
considerati
id ti sinonimi;
i i i
• Il termine rating
g deve essere utilizzato per
p
individuare processi di valutazione che
danno un p peso rilevante ai fattori
qualitativi ed al giudizio del valutatore;
• Lo scoring individua soprattutto
metodologie di valutazione basate su
informazioni/dati oggettivi/quantitativi;
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Modelli analitici di natura
soggettiva
Basati sull’analisi tradizionale di fido
• strettamente quantitativa e quindi indirizzata
all’analisi delle condizioni economico-
finanziarie attuali ed eventualmente
pprospettiche
p dell’impresa;
p
• qualitativa, basata sull’analisi di variabili
quali la qualità del management, le
prospettive di evoluzione del settore e quelle
del quadro economico di riferimento;
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Modelli analitici di natura
soggettiva
Punti di forza Punti di debolezza
• Sono di tipo
S ti univariato:
i i t • Sono di natura
i principali indici soggettiva e quindi
economico-finanziari analisti diversi possono
vengono confrontati con
quelli medi di settore produrre giudizi diversi;
con ll’obiettivo
obiettivo di • Non consentono mai di
valutare il business risk pervenire alla perdita
ed il financial risk; inattesa;
• Ben si prestano ad
essere applicati per
small business
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Modelli di scoring
Si tratta di modelli di natura
statistica, multivariati
multivariati, che giungono alla
valutazione del merito creditizio
sintetizzandolo in un unico valore
numerico.
numerico
Uno dei modelli di scoring più noti è
quello di Altman che giunge a determinare
il c.d z-score.
score
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Classificazione dei modelli di
scoring
• Analisi discriminante lineare;
• Si basa sull
sull’identificazione
identificazione di variabili (indici contabili) che
consentano di discriminare tra imprese sane e imprese anomale.
• Analisi probit-logit;
• Mediante l’utilizzo di una trasformazione logaritmica fornisce
un risultato compreso tra zero ed uno e quindi consente di
attribuire al valore numerico un significato di probabilità di
insolvenza.
• Le reti neurali;
• Hanno di recente trovato applicazione per le decisioni di
affidamento relative a portafogli frazionati ed omogenei (cfr. ad
es. prestiti al consumo).

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Modelli di scoring
Punti di forza Punti di debolezza
• Procedura di • Non colgono variabili
valutazione oggettiva; qualitative;
• Spesso i coefficienti che
• Possibilità di ottenere
esprimono le
valutazioni consistenti ponderazioni attribuite
dalle quali ricavare una alle variabili
storia di tassi di indipendenti sono
i l
insolvenza; instabili e quindi
alterano il valore di
sintesi o variabile
dipendente;

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Mappatura dei sistemi
dii eteroggeneità della poopolaziione Modelli Predit-
Predit-
decisionali tivi basati su
logiche IA
Alto Sistema
Reti
Esperto
Neurali
Deduttivo
Grrado

La scelta del sistema di


rating dipende dal tipo di
Medio informazioni disponibili
Sistema
Modelli
basati su Modelli Predit-
Predit-
Matematici
Basso scoring tivi basati
su tecniche
t i h
statistiche
Basati su
logiche
g di Pochi Molti
valutazione
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del migliore Numerosità della popolazione
gestore
Sistema Esperto Deduttivo
Il sistema esperto
deduttivo riproduce le
Logiche
Dati logiche di valutazione
del ggestore Ratingg del merito creditizio
quantitativi applicate dal miglior
gestore della banca
sulla
ll base
b di dati
d ti e
informazioni
quali/quantitative
Informazioni Relazione producendo come
qualitative output un rating della
clientela con
eventuale relazione
sull cliente
li t
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Reti Neurali Le reti neurali
applicano tecniche di
intelligenza artificiale
Sistema per segmentare la
Dati clientela obiettivo e
Esperto
p Ratingg
quantitativi definiscono per ogni
segmento un albero
logico di valutazione
del merito di credito
basato su dati
Dati Relazione quali/quantitativi
producendo come
qualitativi
output un rating
clientela con
eventuale relazione
z
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DB sul cliente.
Sistemi di scoring
Il sistema
i bbasato sullo
ll
Sistema di
Dati scoring applica
scoring Ratingg metodi statistici per la
quantitativi
definizione di una o
più griglie di score
che alimentano
insieme con dati
Informazioni qualitativi
lit ti i alberi
lb i
decisionali elementari
qualitative che producono come
output un rating della
clientela
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Un modello di Scoring

Il Modello di Altman
Il Modello di Altman
• Caratteristiche del modello;
• La metodologia;
• Le variabili utilizzate;
• Le applicazioni;

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Caratteristiche del modello
• Si avvale della tecnica statistica dell’analisi
di i i
discriminatoria
i che
h consente di posizionare
i i l
le
imprese in due distinti gruppi. In tal senso
i di id uno o più
individua iù valori
l i discriminanti
di i i i in
i base
b
ai quali classificare l’impresa nell’uno o
nell’altro
ll’ l gruppo omogeneo.
• Il modello è basato su cinque parametri
economico finanziari sintetizzati in un unico
punteggio: Z SCORE
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La metodologia
• Altman si avvalse di un campione di 66 aziende,
prevalentemente
l manifatturiere
if i equamente
distribuito tra imprese sane e non.
• Per ciascuna impresa determinò 22 indici
ripartiti in 5 categorie: liquidità, redditività,
struttura del capitale investito e solvibilità.
L’analisi venne estesa a cinque esercizi
precedenti il fallimento.

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La funzione di Altman
Z = 1,2X1+1,4X2+3,3X3+0,6X4+0,999X
999X5

dove:

Z=ZSCORE
Xi=variabili discriminanti

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Le variabili utilizzate
X1 Capitale Circolante/Totale Attivo
(Di norma la liquidità tende ad assottigliarsi con il crescere
delle perdite operative dell’impresa)
X2 Utili non distribuiti/Totale Attivo
Considera l’età dell’impresa, la politica dei dividendi, la
profittabilità
X3 Utile operativo/Totale Attivo
Produttività degli asset dell’impresa
X4 Valore mercato capitale proprio/Valore
contabile dei debiti
Quanto può ridursi il valore di mercato prima che l’impresa
diventi insolvente
X5 Fatturato/Totale Attivo
Capacità del management di generare fatturato

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La funzione
u o e did Altman
Z Score

+5 +4,88 score modio


imprese sane
+4 3,61

2,60
+3 +2,89
2 44
2,44 area grigia
+2 +1,81

+1
0,86
0 -0,26 score medio
-1 i
imprese fallite
f lli
-1,2
-2

5°anno 4°anno 3°anno 2°anno 1°anno


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L’effetto distorsivo delle politiche W.D.O.
Rivalutazion Rivalutazion Merci Ammortamen
e magazzino e beni fatturate e ti ridotti su
patrimoniali non spedite beni
patrimoniali
ti i li
X1=Capitale ++ = ++ =
Circolante/Totale ---- = M ---- = P ---- = M ---- = P
Attivo + + + +
X2=Utili non ++ ++ ++ ++
distribuiti/Totale Attivo
---- = M ---- = M ---- = M ---- = M
+ + + +
X3=Utile ++ = ++ ++
operativo/Totale Attivo ---- = M ---- = M ---- = M ---- = M
+ + + +
X4 V l
X4=Valore di mercato
t
del capitale + + ++ +
proprio/Valore ---- = M ---- = M ---- = M ---- = M
Contabile Debito = = + =
X5=Fatturato/Totale = = + =
Attivo ---- = P ---- = P ---- = P ---- = P
+ + ++ ++
M=Miglioramento P=Peggioramento
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Un esemplificazione
Un’esemplificazione
Anteriorità rispetto al fallimento
2 anni 3 anni
Effetti in %
dell'attivo di
WDO 6% 10% 6% 10%
Z score senza
WDO 0,86 0,86 2,44 2,44
Z score con
WDO
-Rivalutazione
magazzino
1,2 1,42 2,72 2,89
-Rivalutazione
beni
patrimoniali
0,95 1,01 2,47 2,48
-Merci
fatturate ma
non spedite 1,25 1,46 2,67 2,81
-
Ammortament
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i ridotti 1,14 1,31 2,45 2,78
Presentation of the firms
• We have calculated the Z-score and Z”-score ratings of 9 major Italian
companies
p from December 2000 through g June 2003
Industry
• Cirio Finanziaria SpA Food
• Fiat SpA Automobiles
• Finmeccanica SpA Aerospace / Defense
• Luxottica Group SpA Healthcare
• Mediaset SpA Media
• Parmalat Finanziara SpA Food
• Seat Pagine Gialle SpA Media
• Telecom Italia SpA Telecommunications
• TIM SpA Telecommunications

Note: Cirio Finanziaria SpA was the first company to default in Italy (€1.12bn of debt)
when it missed €150 million of debt payment on November 8, 2002
Parmalat defaulted in December, 2003.
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Z and Z”-score Equivalent Bond Rating

Z-Score Rating Z''-Score Rating


<00.00
00 0 00
0.00 D <11.75
75 1 75
1.75 D
0.00 0.33 CCC- 1.75 2.50 CCC-
0.33 0.82 CCC 2.50 3.20 CCC
0.82 1.31 CCC+ 3.20 3.75 CCC+
1.31 1.80 B- 3.75 4.15 B-
1.80 1.99 B 4.15 4.50 B
1.99 2.19 B+ 4.50 4.75 B+
2.19 2.38 BB- 4.75 4.95 BB-
2.38 2.52 BB 4.95 5.25 BB
2 52
2.52 2 67
2.67 BB+ 5 25
5.25 5 65
5.65 BB+
2.67 2.81 BBB- 5.65 5.85 BBB-
2.81 3.12 BBB 5.85 6.25 BBB
3.12 3.43 BBB+ 6.25 6.40 BBB+
3.43 3.74 A- 6.40 6.65 A-
3.74 4.07 A 6.65 6.85 A
4.07 4.40 A+ 6.85 7.00 A+
4.40 4.73 AA- 7.00 7.30 AA-
4.73 5.46 AA 7.30 7.60 AA
5 47
5.47 6 20
6.20 AA+ 7 60
7.60 8 15
8.15 AA+
6.20 > 6.20 AAA 8.15 > 8.15 AAA

2.99 > 2.99 Safe 5.85 > 5.85 Safe


1.80 2.99 Grey 4.35 5.85 Grey
< 1.80 1.80 Distress < 4.35 4.35 Distress
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Z”-Score Classification Models and S&P Ratings
(Based on the latest available financial statements)

Z - Eq. Z" - Eq. S&P


Date
Rating Rating Rating
Cirio Finanziaria SpA 31/12/02 D D NA
N.A.
Fiat SpA 30/06/03 CCC+ B+ BB-
Finmeccanica SpA 30/06/03 CCC B N.A.
Luxottica Group SpA 30/06/03 BBB+ BBB NA
N.A.
Mediaset SpA 30/06/03 - AA N.A.
Parmalat Finanziara SpA 30/06/03 B- BBB- BBB-
Seat Pagine Gialle SpA 31/12/02 - BBB+ NA
N.A.
Telecom Italia SpA 31/12/02 - BB+ BBB+
TIM SpA 30/06/03 - BBB N.A.

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Cirio Finanziaria SpA
Z’’-Score Distress Model for Cirio Finanziaria Spa
p
1
8.0 AAA

A+
0.8
5.80 BBB+
6.0

06
0.6
B+
4.0 3.89
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002

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Fiat SpA
Z’’-Score Distress Model for Fiat Spa
p
1
8.0 AAA

A+
0.8
BBB+
6.0

4 50
4.50 06
0.6
4.72 4.63 B+
4.0
4.32
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002 June 2003

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Finmeccanica SpA
Z’’-Score Distress Model for Finmeccanica Spa
p
1
AAA
8.0

A+
A
0.8
BBB+
6.0
5.02 0.6
4 57
4.57
B+
4.0 4.55
4.39
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002 June 2003

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Luxottica Group SpA
Z’’-Score Distress Model for Luxottica Group Spa
p p
1
AAA
8.0

6 56
6.56 A+
6.68 0.8
5.87 BBB+
6.0

06
0.6
B+
4.0 4.29
0.4
CCC
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002 June 2003

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Mediaset SpA
Z’’-Score Distress Model for Mediaset Spa
p
1
AAA
8.0
7 31
7.31
6.78 A+
0.8
6.70 BBB+
6.0
5.98
06
0.6
B+
4.0
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002 June 2003

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Parmalat Finanziara SpA
Z’’-Score Distress Model for Parmalat Finanziara Spa

1
AAA
8.0

A+
08
0.8
5.93 BBB+
6.0 5.73

5.53 5.68 0.6


B+
4.0
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002 June 2003

Note: Information for Total


© Università Assets
Federico as of June
II Teoria 30, 2003
del rischio not available. Assumed to be constant from Dec 31, 2002
2010
Parmalat Finanziara SpA
Sensitivity Analysis of Z"-Score of Parmalat Finanziara SpA as of September 30, 2003

Rating
Impact of adjustmens on Parmalat's Z"-Score (*)
Z"-Score
equiv. 7.5
BBB
BBB-
Reported Financial Statements 5.73 BBB- 5.0

2.5
+ Cash Adjustment of (€ 4,200) (0.09) D
00
0.0
+ Debt Adjustment of € 12,500 (7.27) D D
(2.5)

+ EBIT Adjustment of (€ 530) (8.17) D


(5.0)

(7.5)
D
D
(10.0)
Reported Cash Debt EBIT

(*) As reported by PwC, Source New York Times, January 27, 2004

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Seat Pagine Gialle SpA
Z’’-Score Distress Model for Pagine Gialle Spa
g p
1
AAA
8.0

A+
0.8
6.40 BBB+
6.0
5.75 5.67 0.6
0 6
B+
4.0
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002

Note: Book Value of Equity


© Università was IIused
Federico to calculate
Teoria Z-score
del rischio 2010 instead of the Market Value of Equity
Telecom Italia SpA
Z’’-Score Distress Model for Telecom Italia Spa

1
AAA
8.0

A+
08
0.8
BBB+
6.0
5.30 0.6
4 95
4.95 5 27
5.27
B+
4.0
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D
0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


TIM SpA
Z’’-Score Distress Model for TIM Spa
p
1
AAA
8.0

A+
0.8
5.92 6.00
BBB+
6.0

5 52
5.52 0.6
0 6
4.84 B+
4.0
0.4
CCC+

2.0
0.2

- D0
Dec 2000 Dec 2001 Dec 2002 June 2003

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Definizione di rating
Un processo di rating ha l’obiettivo di
assegnare una controparte o una specifica
p
operazione di finanziamento a una o p più
classi di rischio predefinito in modo
contiguo o ordinale (indicate con lettere o
numeri) e a cui verranno collegati un
grado
d di rischio
i hi tipico
ti i e un prezzo
uniforme.
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Rating
Una classe di rating è costituita da un insieme di soggetti
che vengono considerati equivalenti in termini di rischiosità.
rischiosità

Moody's Standard & Poor's Rischio


1 Aaa AAA Minimo
2 Aa1 AA+
3 Aa2 AA Modesto
4 Aa3 AA- SOCIETA’ DI TIPO
RATING
5 A1 A+
MIGLIORI 6 A2 A Medio basso INVESTMENT GRADE
7 A3 A-
8 Baa1 BBB+
9 B 2
Baa2 BBB A
Accettabile
tt bil
10 Baa3 BBB-
11 Ba1 BB+ Accettabile
12 Ba2 BB con
13 Ba3 BB- attenzione
RATING SOCIETA’ DI TIPO
14 B1 B+ Attenzione specifica
PEGGIORI 15 B2 B e monitoraggio
16 B3 B- continuo HIGH YIELD
17 Caa CCC Sotto stretta
18 Ca CC osservazione/Dubbio
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19 D D esito
Sistemi di rating esterni
Le caratteristiche fondamentali sono:
• le classi rating rispecchiano attese qualitative
di affidabilità;;
• il processo si compone di analisi preliminari e
incontri con ll’impresa
impresa emittente;
• presentazione ad un rating
committee eventuale istruttoria suppletiva e
committee,
delibera del rating committee;

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Sistemi di rating interni
• Rappresenta una piccola rivoluzione: da
un giudizio binario (accettazione o rifiuto)
si va verso una p
pluralità di valori p
possibili.

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Finalità dei sistemi di rating
i t i
interni
Ridurre il costo Il credit rating permette di dare una valutazione
dal rischio di credito oggettiva del rischio, e di raggiungere un miglio-
Le banche sono ramento sostanziale nella stima del merito crediti-
diventate maggiormente zio.
sensibili ai temi del profitto
economico e della creazione
di valore per i propri Ridurre i costi operativi L’introduzione dei sistemi di credit rating permette
connessi con il credito di aumentare l’automazione dei processi, con un
azionisti.
minore coinvolgimento di risorse

Aumentare il margine L’introduzione di sistemi di credit rating permette


di intermediazione di definire il pricing sulla base del rischio effettivo

Migliorare
g la ggestione Il ratingg delle attività permette
p ottimizzare
zz il
L nuove regole
Le l
del portafoglio crediti portafoglio creditizio e, di conseguenza, di
elaborate dal Comitato strutturare correttamente le operazioni sul mercato
di Basilea richiederanno secondario.
la valutazione degli asset
creditizi
diti i secondo
d concrete
t Ottimizzare il costo Il credit rating è necessario per individuare
misure di rischiosità del capitale correttamente il capitale assorbito legato al rischio
del portafoglio creditizio.

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Scopi e modalità di
applicazione di un sistema di
rating

Decisioni
i i i di gestione
i strategica
i
• Scelte di portafoglio
p g
Decisioni di gestione operativa
• relazioni
l i i one to
t one

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Decisioni di gestione
strategica
Politica Definizione della composizione del
portafoglio
t f li crediti
diti
Creditizia - volumi - livello sofferenze
- mix prodotti/clienti

Gestione Decisioni
D i i i di gestione
i strategica
i del
d l
portafoglio:
Rischio di - cartolarizzazione - derivati -
Portafoglio assorbimento di capitale

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Decisioni di gestione operativa
Sottoscrizione Gestione
- Credito - Credito Recupero
- Prezzo - Prezzo

Decisioni di approvazione Decisioni gestionali su Decisioni gestionali su


posizioni creditizie dubbie
o rifiuto delle richieste di clienti esistenti:
(da incaglio a sofferenza)
ccredito,
ed to, scelte
sce te dei
de termini
te ev s o e
- revisione
del contratto - cross-selling,
(prezzi, durata
- autorizzazioni,
covenants…))
- supplemento
l t di garanzie
i

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Sistemi di rating: obiettivi e
definizione
OBIETTIVI DEFINIZIONI

Aumentare i profitti, Sistema di valutazione ex


ottimizzando:
tti i d ante
t del
d l grado
d di rischio
i hi di
un cliente su base statistica..
- ricavi (prezzo del credito)
- Costo del rischio (diminu-
(diminu- ..guida decisionale per le
zione delle perdite) scelte organizzative di ge-
ge-
- Costi operativi (moni-
(moni- stione commerciale e credi-
credi-
toring e screening) tizia nel tempo

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Sistemi di rating: componenti
Vl t i
Valutazione del
d l grado
d
Guida Decisionale
di rischio
Logiche e Cambiamenti
Componenti
Tecniche Organizzativi
Principali
p

- Tipologia delle - Decisioni strategiche


Decisioni
griglie di scoring comm li e creditizie
comm.li
- Qualità e reperi
reperi-- - Processi operativi di ge
ge--
bilità dei dati stione dei crediti e del
- Metodi Statistici pricing
- Sistemi Informativi - Deleghe di gestione
- Numerosità creditizia e pricing
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Classi di rischio - Scelte organizzative
Sistemi di rating: fonti
informative
Dati Credit Inf.ni
Bilancio
Lavoro Bureau Gen.li
Predittività
Alta Medio Medio Bassa
dei dati
Alta
lta Bassa
assa
Obi tti
Obiettivo
Stimare la
Probabilità
di insolvenza
In tempo 30/60 12/15 Varie
Età dei dati reale giorni mesi

E’ necessario distinguere tra clienti esistenti e clienti potenziali


© Università Federico II Teoria del rischio 2010

per ottimizzare al meglio le informazioni più rilevanti


E
Esempio i di variabili
i bili disponibili:
di ibili
Dati di lavoro corporate
p Bilancio
• Riduzione nr. e • Riduzione fatturato
ammontare effetti Centrale Rischi • Aumento rimanenze
assunti • A
Aumentot debiti
d biti
• Riduzione bancari
movimento • Aumento oneri
• Riduzione utilizzo • Riduzione utilizzo fi
finanziari
i i
SBF SBF e aumento
• Aumento utilizzo margine SBF
per cassa e medio • Aumento utilizzo
cassa e diminuzione • Riduzione entrate
complessivo
• Riduzione margine cassa
movimento
i t
• Riduzione • Sofferenze • Perdita
rotazione
• Sofferenze
Alta
© Università Federico II Teoria del rischio 2010 Medio alta Medio bassa
Modelli di rating
Principali criteri applicati
FACTOR UNITED CANADA ENGLAND SWITZER-
SWITZER SPAIN ITALY
STATES LAND

• Liquidity

• Capitalisation

• Profitability

• Interest Coverage

• Company size

• Working Capital Requirement

• Empl.Cap.
Empl Cap Change/Turn
Change/Turn. Change

• Equity/Employed Capital

• Cash flow/Employed Capital

• Qualitative Data

• Behavioural Data ?

Very important factor Important factor Minor factor

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Rating e Scoring

Esemplificazione di un sistema di
misurazione in una piccola banca
Assegnazione del rating Uso del rating

Fattori considerati
Finalità quantitative
nel rating
•Monitoraggio del portafoglio
•Analisi finanziaria Criteri di
ratings •Analisi di congruità delle riserve
•Analisi di settore
Proposte •Analisi dei business e di redditività
•Qualità dei dati •Elementi
formali •Allocazione interna del capitale e di
•Ratings esterni preliminari di
Processo di ritorno del capitale
•Dimensioni e •Elementi
Elementi
valore delle imprese soggettivi e rating per
culturali approvazione
•Valutazione del l’approvazione RATING
management
•Giudizi basati
•Ammontare e sull’esperienza Finalità qualitative
condizioni del
finanziamento •Amministrazione e monitoraggio dei
requisiti
•Altre
considerazioni
Strumenti e modelli analitici

REPORT

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Fattori considerati nel rating
g
Fattori
considerati nel
rating
•Analisi
finanziaria * Analisi dei bilanci dell’azienda
•Analisi di settore * Analisi del settore in cui opera
•Qualità dei dati
l’impresa
•Ratings esterni
•Dimensioni e * Di
Dimensione
i e valore
l dell’impresa
d ll’i
valore delle
imprese
(EVA)
•Valutazione del * Management
management
Ammontare e
•Ammontare * Condizioni del finanziamento
condizioni del
finanziamento * Andamento del rapporto
Altre
•Altre (interno/esterno)
considerazioni
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Criteri e variabili
Criteri di ratings Elementi formali Elementi
•Elementi formali  Indici di bilancio soggettivi
•Elementi  Dinamica del valore  Management
soggettivi e dell’impresa
culturali
 A d
Andamento t del
d l  Anzianità del
•Giudizi basati
rapporto rapporto
sull’esperienza
 Note pregiudizievoli  Valutazione
 Centrale dei rischi rapporti attivi
 Valore
V l ddelle
ll garanzie
i  Fidi concessii e
richiesti
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Bilanci

Centrale
dei Rischi

Rischio
Andamento settore/territorio
Rapporto
R ti
Rating
interno
Elementi
Garanzie Q lit ti i
Qualitativi

Giudizio
Congruità
Soggettivo
Richiesta

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La valutazione prospettica
dell’impresa

 Da un sistema
D i statico
i di valutazione
l i
dell’impresa

 ……….ad d un sistema
it di
dinamico
i di
valutazione dell’ impresa

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Tecnologia, Normativa, Concorrenza

Cassa e indebitamento Sistema Competitivo

Analisi di bilancio
Si t
Sistema C
Competitivo
titi
Centrale dei rischi
Formula Formula imprenditoriale
Budget finanziario
imprenditoriale Organizzazione
Valutazione garanzie
IMPRESA

Organizzazione

Equilibrio finanziario Struttura produttiva


Distribuzione
e patrimoniale
Gestione Magazzino Valutazione della
Valutazione Ruoli Organizzativi capacità di
Patrimoniale Tecnologia reddito
Meccanismi
di controllo
Marketing

Tasso di Probabilità
recupero di
default
RATING

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…………rating
P
Proposte
t
Processo di
preliminari di
RATING
rating per approvazione

l’approvazione

 Il sistema
it di rating
ti i t
interno d
deve
rappresentare in modo tangibile le
caratteristiche del cliente
 I criteri e le variabili verrano, verrano
eventualmente rimodulate nel tempo in
f i
funzione d l riesame
del i storico
t i d ll
delle
posizioni (back-testing)
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Implementazione di un sistema di
rating
a. Problematiche strategiche ed
implementazioni metodologiche
b Processo di rating: quantification
b.
c. Validazione del sistema di rating

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Problematiche Strategiche e
Metodologiche
• Scelta del processo di sintesi delle
informazioni;
• Scelta della metodologia di assegnazione
della classe di rischio e quindi della logica
prevalente;

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Processo di Rating Quantification
• Effettuata la classificazione dei debitori
(rating assignment) occorre quantificare il
g
livello di rischio racchiuso nelle singole
classi (rating quantification):
• Bisogna assegnare quindi ad ogni classe di
rating una probabilità di insolvenza;

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Assegnazione della Probabilità di default

• Priori Probabilities
Probabilities: dalla natura dell’evento
osservato sii deduce
d d quella
ll cheh dovrà
d à essere la l
frequenza relativa di accadimento dell’evento se
f
fosse effettuato
ff un numero sufficientemente
ffi i alto
l
di tentativi;
• Posteriori o empirical probabilities
probabilities: si utilizzano
tecniche di inferenza statistica per determinare la
frequenza relativa di accadimento dell’evento;

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Modelli basati sui giudizi delle
agenzie di rating
• Si basano su:
• Dati storici elaborati dalle agenzie di rating;
• Frequenze marginali e cumulate con cui le
imprese divengono insolventi (in pratica i
tassi di insolvenza marginali rappresentano
una proxy della probabilità di insolvenza);

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Due sono i metodi
D t di b
base utilizzati
tili ti per
trasformare i dati storici in PD
• Equity based method:
method approccio alla Merton
(
(e.g. KMV Corporation),
C i ) può ò essere utilizzato
ili
per stimare le PD delle imprese il cui capitale a
rischio
i hi siai quotato (ma
( anche
h per lel non quotate
con qualche aggiustamento);
• Actuarial based method
method: utilizza i dati storici di
insolvenza dei debitori collocati nelle diverse
classi di rating per definire i valori attesi;

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Modelli basati sul mercato dei
capitali (curva dei rendimenti)
• Sfruttano come input le informazioni che provengono
dall’analisi
dall analisi delle curve dei rendimenti relative a famiglie
di titoli omogenei dal punto di vista del rischio di
insolvenza dell emittente.
dell’emittente (I flussi cedolari o il rimborso in linea
capitale vengono attualizzati secondo un tasso che internalizza il premio al
rischio dell’emittente ed il premio a rischio di liquidità).
• Il confronto tra curve di rendimenti relative a diverse
classi di rating dovrebbe permettere di desumere gli
spread richiesti dagli investitori e per tale via la
probabilità di insolvenza implicita nello spread stesso.

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La costruzione della curva dei
rendimenti.
Si parte dalla condizione di equilibrio sul
mercato
t dei
d i prestiti
titi

1 + rf * (1 + k ) * p + (1 + k ) * (1 − p) * rr
Dove:
Rf=tasso risk free
rr=tasso di recupero
p
K=rendimento titolo rischioso
(1-p)=probabilità di insolvenza
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D ciò:
Da iò
1 + r
= − 1
f
k
p + rr + p * rr

Sottraendo ad entrambi i membri rf


1 + r
− = − (1 +
f
k r r )
+ +
f f
p rr p * rr

Dove: k-rf è lo spread


p richiesto

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La struttura a termine degli
spread

• La maggiorazione di rendimento richiesta


dal mercato ai titoli obbligazionari g
rischiosi rispetto ai titoli di scadenza
equivalenti privi di rischio riflette in modo
adeguato le aspettative del mercato circa
la probabilità di insolvenza
insol en a dell’emittente
i titoli rischiosi.
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I dati di input per ricavare i tassi
di insolvenza attesi dal mercato:

• La curva dei d i tassii di rendimento


di zero-
coupon dei titoli risk free, approssimati
dai tassi di rendimento z/c dei titoli di
Stato;
• La curva dei tassi di rendimento z/c dei
g
titoli obbligazionari rischiosi;;
• I tassi di recupero in caso di insolvenza;
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Le fasi per ricavare i tassi di
insolvenza attesi dal mercato:

• Determinazione dei tassi di rendimento a


termine per le due categorie di titoli;
• Determinazione dei tassi di perdita attesa sulla
base degli spread fra i tassi a termine delle due
categorie di titoli;
• Determinazione dei tassi di insolvenza sulla base
dei tassi di perdita attesa e dei tassi di recupero;

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Il tasso di rendimento a termine per
p
il periodo che va da t a t+1
(1+0Rt+1)t+1
tRt+1 = ------------------------ -1
(1+0Rt)
0Rt = tasso di rendimento z/c alla scadenza t
tRt+1 = tasso di rendimento a termine z/c
per il periodo che va da t a t+1
0Rt+1 = tasso di rendimento
di z/c
/ alla
ll
scadenza t+1
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Il tasso di pperdita attesa per
p il
periodo che va da t a t+1
(1+tTRFt+1)
tPAt+1 = 1 - -------------------
(1+tTRRt+1)
tPAt+1 = perdita attesa t a t+1
tTRFt+1 = tasso di rendimento a termine per
i titoli privi di rischio
tTRRt+1 = tasso di rendimento a termine
per i titoli rischiosi
p
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Il tasso di insolvenza marginale
g
relativo al periodo t
tPAt+1

tTIMt+1 = -------------
(1--TR)
(1
tTIMt+1 = probabilità che l’emittente il titolo
rischioso divenga
g insolvente nel
periodo t
tPAt+1 = perdita attesa in t : t+1
TR = tasso di recupero
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Il tasso di insolvenza cumulata alla
scadenza T

0TICt = 1-- Πt=1


1 t 1(t-1TIMt)

0TICt = tasso di insolvenza cumulata relativo


alla scadenza T, ossia la probabilità che
l’ itt t il titolo
l’emittente tit l rischioso
i hi
divenga insolvente

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Approccio basato sui tassi di insol-
insol-
venza del mercato obbligazionario

Tale approccio prevede di calcolare la


probabilità di insolvenza di un
un’impresa
impresa
sulla base:
• classe
l di rating
i dell’impresa;
d ll’i
• tasso di insolvenza storicamente registrato
dalle imprese della medesima categoria di
rating;
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Tassi di insolvenza
•Tassi di insolvenza marginali
•Tassi di insolvenza cumulati
•Tassi di insolvenza annualizzati
Tassi
T i di insolvenza
i l marginali
i li
• Indicano la frequenza con cui i soggetti
finanziati divengono insolventi nel corso
p
di uno specifico anno t;
• Rappresentano una proxy della probabilità
di insolvenza in uno specifico anno
successivo alla concessione del
finanziamento;

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Tassi di insolvenza cumulati
• Rappresentano la frequenza con cui i
soggettii finanziati
fi i i divengono
di i l
insolventi
i
dal momento della concessione del
finanziamento fino ad un certo numero di
anni T;
• Possono essere ricavati dai tassi marginali;
• Rappresentano una proxy della probabilità
di insolvenza dalla concessione del
finanziamento fino ad un certo anno
successivo;
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Tassi di insolvenza marginali e
cumulati
l ti
Deft
MDRt=-----
-----=1
=1--SRt =1--Πt=1 SRt
CDRT=1
Popt

MDRt=tasso insolvenza marginale anno t


Deft=insolvenze verificatesi nell
nell’anno
anno t
Popt=popolazione complessiva anno t
SRt=tasso di sopravvivenza anno t
CDRT=tasso
tasso di insolvenza cumulato anno T
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T i di insolvenza
Tassi i l annualizzati
li ti
• Si ricavano
i d i tassii di sopravvivenza
dai i
marginali;
• Rappresentano i tassi di insolvenza che
espressi su base annua,
annua si riferiscono a
periodi superiori all’anno;
• Consentono una stima corretta del premio
di rendimento p per scadenze superiori
p
all’anno;

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Tassi di insolvenza
z annualizzati
zz

Πt=1 SRt=(1
(1-ADRT)T
=(1-
da cui:
=1--(Πt=1 SRt)1/T
ADRt=1

ADRt=tasso
tasso insolvenza annualizzato
SRt=tasso di sopravviveza anno t

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Un’applicazione
Classe di ratingg BB
Anno Tasso Tasso di Tasso di Tasso di
I l
Insolvenza sopravvivenza
i i l
insolvenza i l
insolvenza
g
Marginale zz
cumulato annualizzato
1 0,00% 100,00% 0,00% 0,00%
2 0 91%
0,91% 99 09%
99,09% 0 91%
0,91% 0 46%
0,46%
3 3,66% 96,34% 4,54% 1,54%
4 1,93% 98,07% 6,38% 1,63%
5 2,78% 97,22% 8,98%
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1,86%
La misurazione del VAR di
un’esposizione
un esposizione creditizia
• Comporta la stima della distribuzione di
probabilità del tasso di perdita;
• Da essa può individuarsi il valore medio
ed il valore massimo che il tasso di perdita
può assumere in un certo p
p periodo,, definito
un certo livello di confidenza.

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Fasi comuni nella stima del
VAR di un portafoglio impieghi
Calcolo esposizione

Stima della probabilità di insol-


insol- Stima dei tassi di recupero per
venza per classi di merito creditizio tipologie di prodotto

Calcolo della perdita attesa per singola esposizione

Stimaa della possibile va


Sti variazione
iazio e della pprobabilità
obabilità
di insolvenza e del tasso di recupero

Calcolo del VAR della singola esposizione

Mapping
pp g delle esposizioni
p
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Stima del VAR del portafoglio


I modelli per la stima del VAR di
un’esposizione creditizia
differiscono
ff pper 3 elementi
principali:
• Variabile con cui viene stimata la distribuzione
di probabilità;
b bilità
• Ipotesi relative alla distribuzione di probabilità;
• Modalità con cui si ottiene una misura del VAR
con il livello di confidenza desiderato;

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Variabile con cui viene
stimata la distribuzione di
probabilità
• Modelli che si basano su una distribuzione
dei tassi di perdita

• Modelli che si basano su una distribuzione


dei valori di mercato

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Ipotesi relative alla distribuzione di
probabilità
Approcci basati su una distribuzione discreta
• Si adatta
d aii sistemi
i i di rating
i e quindi
i di alla
ll
classificazione dei debitori in classi di merito
creditizio,
di i i ini modo
d tale
l da
d determinare:
d i
• tassi di insolvenza legati alle singole classi;
• f
frequenze di migrazione
i i i altre
in l classi;
l i
• tassi di recupero in caso di insolvenza;
Approcci basati su una distribuzione continua
• Stima della volatilità dei tassi di insolvenza e quindi
q
dei tassi di perdita. Da ciò si ricava la distribuzione
di pprobabilità.
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Modalità con cui si ottiene
una misura del VAR con il
livello di confidenza
desiderato
• forma funzionale p
prestabilita
(binominiale, poissoniana, normale ecc.);
• taglio della distribuzione in
corrispondenza del percentile desiderato;

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L’orizzonte temporale di
riferimento
Date le
l finalità
fi li à della
d ll determinazione
d i i d l VAR di
del
un portafoglio impieghi (pricing, allocazione
del capitale, ecc.), la scelta dell’orizzonte
temporale di riferimento può ricadere su due
alternative:
• un orizzonte temporale
p costante e qquindi
uniforme per tutte le esposizioni;
• p
un orizzonte temporale variabile e diverso pper
ogni esposizione, pari alla vita residua di ognuna;

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La scelta dell’orizzonte
temporale
Finalità perseguite Fattori rilevanti per la scelta
dalla misura del VAR dell’O.T.R.
Controllo del rischio Liquidità delle posizioni;
(limiti) Tasso di rotazione media del
portafoglio;
Misurazione delle RAP Frequenza del processo di
budgeting;
Frequenza di rilevazione dei risultati
economici;;
Pricing Scadenza degli asset;
Frequenza di revisione delle
condizioni di tasso;
Allocazione del capitale Frequenza della riallocazione
periodica del capitale;
Liquidità del mercato del capitale di
rischio
h
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La maggior parte dei modelli VAR adottano quale
p
orizzonte temporale 1 anno, costante p
per tutte le
posizioni. Tale soluzione non consente di cogliere
pienamente la maggiorazione di rischio
incorporata in esposizioni di maggiore vita
residua.
residua
La sostituzione di una misura di VAR annuale con
una misura
i multiperiodale
l i i d l può, come per il rischio
i hi
di mercato, effettuarsi nel modo seguente:

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Ipotesi
p di distribuzione continua:

• σPT = σPt (Τ/τ


( /τ)1/2
(Τ/

Ipotesi di distribuzione discreta:

• moltiplicando matrice di transizione per se


stessa tante volte quanti sono gli anni
dell’orizzonte temporale di riferimento.

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La definizione dell
dell’intervallo
intervallo
di confidenza
Sol ione
Soluzione

• ignorare l’intervallo di confidenza;


• correzioni degli scalari (solo per distribuzione
normale) come per il rischio di mercato;
• di t ib i i diverse
distribuzioni di ( Beta
(es. B t o poissoniana);
i i )

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La segmentazione del
portafoglio delle esposizioni
• La determinazione delle classi di
esposizioni,
i i i e quindi
i di l
la l
loro
segmentazione, consente di individuare gli
input informativi più consoni alla
determinazione del VAR.
• Una possibile nomenclatura è la seguente:

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Esposizioni e input informativi
• Derivati OTC • Volatilità fattori di mercato;
• Rating esterni;
• Rating interni;
• Titoli • Dati prodotti da agenzie di rating
Obbligaziona esterne;
ri
• Prestiti con • Dati prodotti da agenzie di rating
rating
i esterne;
t
• Corporate • Dati prodotti da sistema interno di
rating;
senza rating
• Dati aggregati relativi a tassi di
• Retail insolvenza e recupero
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Modelli pper la misurazione
z
della perdita inattesa

• Distribuzione
Di ib i binomiale
bi i l dei
d i tassii di
perdita;
• Distribuzione discreta dei tassi di perdita;
• Di t ib i
Distribuzione continua
ti dei
d i tassi
t i di perdita;
dit
• Distribuzione discreta dei valori di
mercato;

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Distribuzione binomiale dei
tassi di perdita
Input
Tasso di insolvenza
i l atteso;
Tasso di recupero;

Punti di forza Punti di debolezza


Semplicità; Incapacità di cogliere
Poche informazioni di input; il rischio di migrazione

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Distribuzione discreta dei
tassi di perdita
Input
Tassi di insolvenza per classi;
Matrici di transizione;
Tassi di recupero;

Punti di forza Punti di debolezza


Capacità di cogliere il rischio Necessità di informazioni
ddi migrazione;
g a o e; sstoriche
o c e accurate;
accu a e;
Prescinde dalla forma fun-
zionale della distribuzione;
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Fasi:
• Definizione di un sistema di classi di
merito creditizio (sistema di rating);
• A ib i
Attribuzione d l tasso di insolvenza
del i l atteso
ad ogni classe di merito creditizio;
• Matrice di transizione che indichi la
probabilità con cui un impiego
p p g
appartenente ad una certa classe resti nella
g verso altre classi di
stessa classe o migri
rating;
• Stima della perdita inattesa;
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T i di migrazione
Tassi i i - matrici
t i i di
transizione
Matrice di transizione ad 1 anno - Standard & Poor’s
RATING a FINE ANNO (%)
AAA AA A BBB BB B Default
Rating iniziale
AAA 88,77 7,80 0,68 0,05 0,10 0,00 0,00

AA 0,68 88,28 7,42 0,55 0,05 0,15 0,00

A 0 07
0,07 2 25
2,25 87,88
87 88 4 88
4,88 4 88
4,88 0 25
0,25 0 05
0,05

BBB 0,03 0,28 5,33 83,01 83,01 0,99 0,18

BB 0,02 0,10 0,53 7,07 7,07 7,27 0,91

B 0,00 0,08 0,25 0,41 0,41 73,03 4,74


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T i di migrazione
Tassi i i - matrici
t i i di
transizione
Matrice di transizione a 10 anni - Standard & Poor’s
RATING a FINE ANNO (%)
AAA AA A BBB BB B Default
Rating iniziale
AAA 31,05 25,13 11,58 5,66 0,66 0,00 1,05

AA 3,08 30,48 29,45 6,29 1,33 0,39 1,54

A 0 42
0,42 7 15
7,15 34,65
34 65 15,79
15 79 3 76
3,76 1 54
1,54 2 34
2,34

BBB 0,28 1,54 14,84 24,98 6,20 1,78 4,99

BB 0,17 0,17 3,63 11,24 7,50 3,46 19,48

B 0 00
0,00 0 11
0,11 0 58
0,58 3 08
3,08 4 56
4,56 2 49
2,49 28,31
28 31
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Stima della perdita inattesa
Si basa sul calcolo della deviazione standard
del tasso di perdita attesa.
Un primo approccio necessita dei seguenti
strumenti:
• matrice
i di transizione
i i add un anno;
• matrice di transizione a n. anni (e.g. 10 anni);
• probabilità di insolvenza cumulate;

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Una possibile formulazione

PNAj,t= Σ jPMi,t*(Pa
( i,t
i,t--1-Paj,t
j,t--1 )2

PNA= Perdita inattesa;


PM=probabilità di migrazione;
Pa
Pa= perdita attesa ii=11 ad n
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Distribuzione continua dei
tassi di perdita
Input
Valore
l atteso e volatilità
l ili à del
d l tasso di in-
i
solvenza per classi di merito;
Tassi di recupero;

Punti di forza Punti di debolezza


Migliore rappresentazione Non coglie il rischio di
del rischio di insolvenza; migrazione;
Ipotesi relative alla
forma della distribuzione;

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Distribuzione discreta dei
valori di mercato
Input
Tasso di insolvenza per classi di merito;
Tasso di recupero e matrici di transizione;
Curva degli spread relativi alle singole classi di merito;

Punti
Punti di
di forza
forza Punti di debolezza
Capacità Semplicità;
di cogliere il rischio Richiede struttura a termine
Poche informazioni
ddi migrazione;
g a o e;di input; degli spread per classi
Prescinde dalla forma fun- di merito creditizio;
zionale della distribuzione;
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La diversificazione
f z del
portafoglio

Due tipologie di diversificazione del


portafoglio
f li impieghi:
i i hi
• Incremento del numero di impieghi in
portafoglio con l’obiettivo di stabilizzare il
tasso di perdita del portafoglio;
• Selezione degli impieghi in base al loro
livello di correlazione;
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L’incremento
L incremento del numero di
impieghi
• Viene effettuato con ll’obiettivo
obiettivo di
stabilizzare il tasso di perdita del
portafoglio attorno ad un valore
corrispondente a quello della popolazione
complessiva da cui i singoli prestiti sono
estratti.

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La formulazione
Rischio di selezione
ΤΙPOP avversa
Rischio specifico
σP = σ2POP + −−−−− singole imprese
Ν fi
finanziate
i t

V i bilità tasso
Variabilità t di insolvenza
i l
medio della popolazione
σP=Volatilità tasso insolvenza portafoglio banca
ΤΙPOP ; σPOP = Livello e volatilità del tasso insolvenza
della popolazione da cui è estratto il portafoglio banca
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Selezione degli impieghi in base al
loro livello di correlazione
z
• Le variazioni dei tassi di insolvenza sono
tra loro correlate in base alla loro
dipendenza da fattori di rischio
sistematico quali l’appartenenza a settori
produttivi o aree geografiche omogenee.
• Gli impieghi sono selezionati in base alla
sensibilità ai fattori sistematici.
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Altre definizioni -”Agenda”
• I rischi di un’esposizione creditizia
• Il mapping delle esposizioni creditizie

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I rischi di un esposizione
creditizia

• Rischio sistematico
• Rischio specifico
• Rischio semi-specifico
semi specifico

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Rischio sistematico
Deriva da fattori non strettamente controllabili
dal management aziendale:
• andamento
d generale
l della
d ll congiuntura
i macro-
economica e ciclo dei profitti delle imprese
produttive
d i nell loro
l complesso
l

Fase di recessione Solitamente ad una recessione si


Riduzione dell’am- accompagna una politica mone
mone--
taria espansiva,
p con uno sposta-
sposta
p -
montare
t complessivo
l i mento verso il basso
b della
d ll curva
dei fidi accordati dei tassi.

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Alcuni leading indicators
• Andamento
A d ddeii tassii di cambio;
bi
• Esportazioni;
p ;
• Consumi interni;
• Ciclo delle scorte e degli investimenti;

Finalità:

Anticipare,
A ti i neii limiti
li iti del
d l possibile,
ibil i
punti di svolta del ciclo economico.

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Rischio specifico
• Dipende dal grado di affidabilità delle
singole controparti.

Basato sull’analisi L’analisi deve essere effettuata


del merito di credito in sede di concessione, di gestione
del rapporto ed in occasione dei
delle controparti rinnovi successivi

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Rischio semi
semi--specifico
• Caratteristica connessa alle caratteristiche
strutturali del settore produttivo e dell
dell’area
area
geografica cui appartiene l’impresa da
finan iare
finanziare.
Tutte le imprese appartenenti
ad uno stesso segmento geo-geo-
grafico-
ggrafico
f - settoriale ppresenta-
presenta-
no caratteristiche relativa-
relativa-
mente simili.
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Il mapping delle esposizioni
creditizie
Viene effettuato identificando l’eventuale
dipendenza da fattori comuni in modo da
stimare il grado di correlazione fra:
• variazioni inattese dei tassi di insolvenza degli
impieghi in portafoglio;
• variazioni inattese dei tassi di recupero degli
impieghi
p g in pportafoglio;
g
• variazioni inattese dei tassi di migrazione degli
impieghi in portafoglio;
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Stima delle correlazioni tra tassi
di insolvenza (1)
• La probabilità di insolvenza è stimata sulla base
d i dati
dei d i relativi
l i i agli
li spreadd fra
f rendimenti
di i dei
d i titoli
i li
obbligazionari emessi da imprese e quelli dei titoli
risk
i k free.
f Dii conseguenza…..
• La struttura a termine degli spread può essere
utilizzata per stimare la probabilità di insolvenza.
La correlazione viene studiata calcolando la
correlazione fra le variazioni degli spread tra due
soggetti o gruppi di soggetti.
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Stima delle correlazioni tra tassi
di insolvenza (2)
• Basata sul modello option pricing.
• La probabilità di insolvenza congiunta di due
imprese è stimata in funzione del grado di
correlazione fra le variazioni dei valori di
mercato delle attività delle due imprese,
quest’ultimo
li stimato
i sulla
ll base
b d l grado
del d di
correlazione fra i rendimenti dei titoli azionari
d ll due
delle d imprese.
i

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Stima delle correlazioni tra tassi
di insolvenza (3)
• Basata sul concetto di rischio semi-specifico
• Utilizza le correlazioni fra le variazioni dei tassi
di insolvenza mediamente registrati
g dai diversi
settori/aree per stimare il rischio di un
pportafoglio
g di impieghi
p g creditizi.

• Le fasi sono le seguenti:

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2 - Fasi
• Ricondurre i singoli impieghi ai relativi
settori/aree ((mapping
pp g di ogni g singola
g
esposizione);
• Stimare le correlazioni
correla ioni fra le variazioni
aria ioni dei
tassi di insolvenza medi di ogni
settore/area;

• Il rischio del portafoglio sarà:


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Rischio del portafoglio

σP = Σi Σj Εi Εj σ i σ j ρi,j
ij

Quota del portafoglio impieghi


ricondotta al settore i-esimo
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Stima delle correlazioni tra tassi
di migrazione
• Considera oltre al solo evento insolvenza
anche
h la
l possibile
ibil migrazione
i i tra classi
l i
diverse;
• La correlazione tra tassi di migrazione è
calcolata con riferimento ai parametri che
rappresentano lo stato dell’economia
(
(matrici
i i di transizione
i i condizionali);
di i li)

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•Applicazioni
A li i i dei d i modelli
d lli di credit
dit risk
ik
management
g

• La misurazione della redditività corretta


per il rischio
• L’imposizione di limiti di VAR
• La costruzione di portafogli efficienti

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L misurazione
La i i della
d ll redditività
dditi ità corretta
tt
pper il rischio

• Occorre confrontare il margine economico


((al netto delle p perdite attese)) associabile
ad una certa combinazione produttiva con
il capitale a rischio ad esso connesso.
connesso
• Ciò può essere realizzato tipicamente in
d modi:
due di

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Determinando il RAROC

Utile Utile
RAROC = ------------------- = --------------------------
Perdita inattesa Capitale
p a rischio

L’utile si intende calcolato al netto delle perdite attese;


La pperdita inattesa coincide con il capitale
p a rischio;;
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RAROC

(i-TIF)
(i-TIF)*C-
TIF)*C C-PA*C
C- PA C
RAROC = ---------------- ------------------- + rf
pi*C
p

rf=tasso privo di rischio; pi=perdita inattesa


C=ammontare dell’impiego;
i=tasso di interesse richiesto;
PA
PA=perdita
dit attesa
tt stimata
ti t add un anno
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Determinando il VAA o EVA
VAA = Utile - ke* Perdita inattesa

oppure

VAA= Utile - ke*Capitale a rischio

L’utile si intende calcolato al netto delle perdite attese;


L perdita
La dit inattesa
i tt coincide
i id con il capitale
it l a rischio;
i hi
ke=costo del capitale
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VAA oppure EVA

VAA = (i-
(i-TIF-
TIF-PA)*C-
PA)*C-(ke-rf)*CAR

rf=tasso privo di rischio; CAR=Capitale a rischio


C=ammontare dell’impiego; ke=costo del capitale
i=tasso di interesse richiesto;
PA
PA=perdita
dit attesa
tt stimata
ti t add un anno
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Confronto tra RAROC e VAA
RAROC VAA
• In presenza di redditività bassa, • Spinge ad adottare come soglia di
un obiettivo di RAROC rendimento minimo non il
crescente può consentire di rendimento corrente (che
Pregi spingere a modificare potrebbe essere troppo elevato o
gradualmente e senza strappi la troppo basso) ma il costo del
politica di assunzione del capitale o l’obiettivo di redditività
rischio;;
rischio deciso dall’alta direzione;
direzione;

• In ppresenza di RAROC correnti • Se tale obiettivo è troppopp alto


Difetti molto elevati può spingere a rispetto alla redditività corrente,
una eccessiva selettività
selettività;; può spingere a una brusca
crescita della selettività delle
operazione con la conseguente
eccessiva distruzione di relazioni
di clientela
clientela;;

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L’imposizione di limiti di VAR
Una volta sviluppato ed introdotto un sistema di
misurazione del rischio di credito è possibile
attribuire alle singole unità un grado di autonomia
operativa in termini di rischio complessivo che tali
unità
i à possono assumere.
In tal senso le singole g unità di risk taking
g
potrebbero costruire il proprio portafoglio in
funzione dei vari mix di rischiosità.
rischiosità

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La costruzione di portafogli
efficienti

• Viene effettuata perseguendo obiettivi di


contenimento del rischio di
concentrazione e sfruttando al massimo le
possibilità
ibili à di diversificazione
di ifi i offerte
ff d l
dal
mercato.

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Il modello KMV per le società quotate
(public firm)
ASPETTI GENERALI

Presupposti:
L’obiettivo di un modello di rating deve essere la stima
b bili à di default
di una probabilità d f l

Nella filosofia di KMV tale stima deve poter essere


frequentemente
q aggiornata
gg (scadenze
( settimanali e/o
/
mensili), incorporando le aspettative future circa il merito
creditizio della controparte.

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ASPETTI GENERALI: il default
Nel modello KMV la probabilità di default della controparte
è espressa dal c.d. E.D.F., Expected default frequency
(frequenza attesa di default).
L’EDF rappresenta la probabilità che una società entri in
default entro un determinato periodo di tempo
(
(generalmente
l t un anno),) dove
d per default
d f lt sii intende:
i t d

Default

valore di mercato dell’attivo < valore di libro passività

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ASPETTI GENERALI: il default
In altre parole, nel modello KMV una società va in default
nel momento in cui tecnicamente fallisce,, ovvero quando
q
il valore dell’attivo raggiunge il valore di libro dei debiti.
realtà il default point (D.P.,
In realtà, (D P il valore dell
dell’attivo
attivo in
corrispondenza del quale la società fallisce) è compreso
tra il valore delle passività consolidate e il valore delle
passività totali.

VALORE DI MERCATO ATTIVO 110


VALORE PASSIVITA’ CONSOLIDATE 80
Default Point: 90
VALORE PASSIVITA’ CORRENTI 20
VALORE PASSIVITA’ TOTALI 100

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Il modello: gli elementi costitutivi (driver)

Il modello
d ll KMV sii basa
b suii seguenti t driver
ti tre di :
Il valore di mercato dell’attivo

La volatilità dell
dell’attivo
attivo

Default Point

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I driver del modello

1) IL VALORE DI MERCATO DELL’ATTIVO


Il valore di mercato dell’attivo di una società rappresenta
le aspettative
p g azionisti circa i futuri cash flows
degli
derivanti dall’attività d’impresa.
Il valore di mercato non è direttamente osservabile; risulta
determinabile utilizzando la teoria delle opzioni e
sfruttando i prezzi azionari e il valore delle passività
aziendali (dal valore dell’equity si deriva il valore di
mercato dell’attivo).
Un modello basato sui valori di mercato è un modello
dinamico e prospettico.
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Le opzioni: definizioni

L opzione è un contratto che conferisce il diritto, ma non


L’opzione
l’obbligo, per l’acquirente di acquistare (opzione call)
ovvero di vendere (opzione put), alla (opzione “europea”)
o entro (opzione “americana”) la data di scadenza una
determinata attività finanziaria o reale ad un prezzo
esercizio strike price).
stabilito (prezzo di esercizio, )

Il diritto è rilasciato dal venditore (writer) all’acquirente


(holder) contro pagamento di un premio che costituisce il
prezzo (valore) dell’opzione.

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Le opzioni: definizioni

Le opzioni più diffuse sono :


- Security option (relative a titoli)
- Currency option (relative a valute)
- Commodity option (relative a merci)
- Interest rate option (relative ai tassi di interesse)

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DEFINIZIONI
Indichiamo con:
PE il prezzo di esercizio (Strike Price)
PM il prezzo corrente dell’attività sottostante
OPZIONE CALL OPZIONE PUT
(facoltà di acquisto) (facoltà di vendita)
PE > PM OUT OF THE PE < PM
(l’holder non acquista MONEY (l’holder non vende
dal writer qualcosa al writer qualcosa
che sul mercato ha un che sul mercato ha
valore minore) un valore maggiore)

PE = PM AT THE MONEY PE = PM

PE < PM IN THE MONEY PE > PM


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DEFINIZIONI
Un’opzione call verrà esercitata se:
prezzo corrente > prezzo di esercizio
Una put option verrà esercitata se:
prezzo corrente < strike price
Il p p gg (break even p
punto di pareggio point) in corrispondenza
p
del quale per l’acquirente è indifferente esercitare o no
l’opzione risulta pari a:
Opzione call
prezzo corrente = prezzo d’esercizio
d esercizio + premio
Opzione put
prezzo corrente = prezzo d’esercizio - premio
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Il rischio ed il rendimento
IL RENDIMENTO DI UN’OPZIONE CALL

Rendimento netto di una call

Prezzo di
esercizio

Prezzo corrente attività sottostante

Se PM < PE Se PM > PE
Il rendimento netto è negativo (pari al premio) Il rendimento lordo = PM-PE
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Il rischio ed il rendimento
IL RENDIMENTO DI UN’OPZIONE PUT

Prezzo di
esercizio

P
Prezzo corrente
t attività
tti ità sottostante
tt t t

Se PM < PE Se PM > PE
Il rendimento lordo = PE-PM Il rendimento netto è negativo (pari al premio)

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Il rischio ed il rendimento

Le opzioni sono caratterizzate da una forte asimmetria


della distribuzione dei rischi assunti

L’acquirente di un’opzione ha la possibilità di realizzare


profitti illimitati,
illimitati mentre è esposto a un rischio massimo
pari al premio pagato.

Il venditore dell’opzione ha un reddito massimo pari al


premio mentre risulta esposto ad una perdita illimitata.

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Il valore (prezzo) di un
un’opzione
opzione
Il valore di un’opzione dipende dall’attività sottostante:
variazioni
i i i del
d l valore
l dell’attività
d ll’ i i à sottostante influenzano
i fl il
valore della relativa opzione.
Maggiore è la varianza del valore dell’attività
sottostante, maggiore risulta il valore dell’opzione. Il motivo
della suddetta relazione dipende dal fatto che il possessore
di un’opzione non può mai perdere una somma superiore al
premio pagato: una maggiore volatilità del prezzo corrente
accresce la possibilità di ottenere rendimenti elevati.
Il valore di un
un’opzione
opzione cresce al crescere della durata:
tanto più lunga è la durata tanto più può variare il valore
dell’attività sottostante.
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Il valore di un
un’opzione
opzione
Nel caso delle opzioni call (diritto di acquistare ad un
prezzo determinato) il valore dell’opzione diminuirà al
crescere del prezzo di esercizio, nel caso della put (diritto
di vendere ad un prezzo determinato) il valore dell’opzione
aumenterà al crescere del prezzo di esercizio.
A parità
i à di condizioni
di i i un’opzione
’ i americana
i vale
l di più
iù di
un’opzione europea.

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Il valore di un
un’opzione:
opzione: modello di calcolo
BLACK & SCHOLES
Il primo modello moderno per il pricing delle opzioni risale
p
al 1973 ad opera di Fischer Black e Myrony Scholes
(modello Black&Scholes) e la sua applicazione era rivolta
essenzialmente alla valutazione dei premi su valori
mobiliari.
bili i In
I seguito,
it altri
lt i studi
t di sii sono rivolti
i lti allo
ll sviluppo
il
di un modello per la valutazione delle opzioni in valuta:
abbiamo così il secondo modello di Black&Scholes del
1976, quello di Cox&Rubinstein per la valutazione delle
p
opzioni di tipo
p americano ed,, infine,, il più
p recente modello
di Garman&Kohlhagen del 1982.

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Il valore di un
un’opzione:
opzione: il modello B&S

Call = Pc*e ( )− rf (T − t )
N d 1 − S*e
− r (T − t )
N (d 2 )
Put = −Pc − rf (T − t )
Pc*ee ( )
N − d 1 + SS*ee
− r (T − t )
N (− d 2 )
⎛ Pc ⎞ ⎛ 1 2 ⎞
ln ⎜ ⎟ + ⎜ r − rf + σ ⎟ (T − t )
= ⎝S ⎠ ⎝ 2 ⎠
d1
σ T −t
⎛ Pc ⎞ ⎛ 1 2 ⎞
ln ⎜ ⎟ + ⎜ r − rf − σ ⎟ (T − t )
= ⎝S ⎠ ⎝ 2 ⎠
d2
σ T −t
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I driver del modello

IL VALORE DI MERCATO DELLATTIVO


DELL’ATTIVO e la teoria delle
opzioni:

l’equity (capitalizzazione di borsa) rappresenta il valore di


una call option sull’attivo (sottostante dell’opzione) della
i tà con strike
società t ik price
i uguale l all valore
l di libro
lib delle
d ll
passività.

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L’equity
L equity come una call option

Esempio:
• Consideriamo una società il cui attivo è rappresentato da
100 milioni
ili i di euro investiti
i titi in
i oro
• L’azienda si finanzia attraverso 20 milioni di capitale
proprio e 80 milioni di indebitamento bancario che deve
essere rimborsato in 5 anni
• Dopo 5 anni l’oro verrà venduto ed il debito restituito

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L’equity
L equity come una call option

ATTIVO PASSIVO
1) Investiamo 100 milioni di euro in
oro.

Debiti 2) Finanziamo
Fi i l’ tti
l’attivo con 20 milioni
ili i
Oro di euro di capitale proprio e 80 di
80
100 debito bancario.

3) Per semplicità trascuriamo


Equity interessi, costi di transizione e di
magazzinaggio.
20
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L’equity
q y come una call option
p

Supponiamo che 5 anni dopo l’oro valga sul mercato


110 milioni
ili i di euro.
Vendiamo l’oro a 110
Qual è il valore dell’equity ? Restituiamo il debito (80)
Valore dell’Equity 30
100
Valore
dell’equity
dopo 5 anni
50
30

0 50 100 110 150


Valore dell’Attivo (oro) dopo 5 anni
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L’equity come una call option

Supponiamo che 5 anni dopo l’oro valga 90 milioni di


euro.
Vendiamo l’oro a 90
Qual è il valore dell’equity?
q y Restituiamo il debito ((80))
Valore dell’Equity 10

100

Valore
dell’equity
50
dopo 5 anni

10

0 50 90 100 150
Valore dell’Attivo (oro) dopo 5 anni
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L’equity
q y come una call option
p

Supponiamo che 5 anni dopo l’oro valga 80 milioni di


euro.
Vendiamo l’oro a 80
Qual è il valore dell’equity?
q y Restituiamo il debito ((80))
Valore dell’Equity 0

100

Valore
dell’equity
50
dopo 5 anni

0 50 80 100 150
Valore dell’Attivo (oro) dopo 5 anni
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L’equity come una call option

Supponiamo che 5 anni dopo l’oro valga 70 milioni di


euro.
Vendiamo l’oro a 70
Qual è il valore dell’equity?
q y Restituiamo il debito ((80))
Valore dell’Equity 0

100

Valore
dell’equity
dopo 5 anni 50

0 50 70 100 150
Valore dell’Attivo (oro) dopo 5 anni
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L’equity come una call option

L’Equity come una call option

100

Valore
dell’equity
50
dopo 5 anni

0 50 80 100 150
Valore di libro Valore dell’attivo (oro)
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del debito alla fine dei 5 anni
Nella realtà le cose si complicano …
Supponiamo di essere interessati a valutare l’equity
prima della scadenza e, precisamente, al secondo anno
di vita della società.
L’oro vale sul mercato 70 (rispetto ad un valore di
bilancio di 100).

Qual è il valore dell’equity?

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Nella realtà le cose si complicano …

100

Valore
dell’equity
dopo 5 anni

50

Perchè il valore
dell’equity non è zero?
?
0 50 70 100 150
Valore dell’attivo
dell attivo (oro)
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alla fine dei 5 anni
Nella realtà le cose si complicano …
Il valore dell’equity risulta maggiore di zero visto che
mancano ancora tre anni alla scadenza ed esiste pertanto
una probabilità
b bilità che
h il valore
l d li assett (oro)
degli ( ) superii 80.
80
Equity
Value

70

0 Asset (Gold) Value

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Distribuzione Probabilità (Valore Oro)
Nella realtà le cose si complicano
p …

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Riepilogando

1) Il valore di mercato dell


dell’attivo
attivo non è direttamente
osservabile

2) Il valore di mercato dell’attivo si deriva dal valore


dell’equity
q y che è osservabile sul mercato
(capitalizzazione di borsa)

3) Pensando all’equity come ad una opzione siamo in


grado di usare i valori osservabili dell’equity per
derivare il valore di mercato dell’attivo

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I driver del modello

2) LA VOLATILITA’ DELL’ATTIVO

Esprime
p l’incertezza del valore di mercato del business
e può essere “estratta” dal valore dell’equity (volatilità
implicita)

Riflette la difficoltà di prevedere i futuri cash flow

Quantifica il rischio di business: società dello stesso


settore e dimensioni tendono ad avere simile volatilità
degli asset.

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I driver del modello

3) IL DEFAULT POINT
Rappresenta l’ammontare delle passività dovute in caso
p
di default della controparte

Il default p
point è una funzione della struttura del p
passivo

E’ il “punto”
p in corrispondenza
p del q
quale una società
tendenzialmente fallisce: sopra il livello delle passività
correnti ma sotto le passività totali

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Il modello KMV: g
gli elementi che lo compongono
p g
Distance to Default (DD)
Si tratta di una misura del rischio di default
La sua quantificazione dipende dai tre drivers del modello:
Market Value of Assets, Asset Volatility, Default Point
La DD misura la distanza tra il valore di mercato dell
dell’attivo
attivo
e il Default Point

DD = Asset Market Value – Default Point


A
Assett Market
M k t Value
V l * Volatility
V l tilit

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Il calcolo
l l dell’EDF
d ll’EDF

Una volta
U lt determinato
d t i t il valore
l di DD occorre rispondere
i d alla
ll
domanda:
“qual è la probabilitàà che un’azienda con un dato valore di
DD vada in default?”

KMV fornisce una risposta a tale domanda mediante il


calcolo dell EDF (expected default frequency)
dell’EDF

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Società A vs Società B
Società A Società B

AVL- Mkt.Value of Assets 13.6 9.2

DPT-Default Point 5.2 7.4

ASG-Asset Volatility 15.2% 9.8%

DD - Distance to Default 4.0 2.0

Quale società ha un EDF maggiore?

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Il calcolo dell’EDF
KMV utilizza le frequenze di default che si sono verificate nel
tempo relativamente ad aziende con analoghe
caratteristiche in termini di DD. Il data base di aziende di
riferimento risulta molto numeroso (28 anni di dati; 200.000
società per ogni anno; 3.300
3 300 default)
90

80

• 28 years of data
70
• Approx 3,300 public company defaults
• Over 200,000 company-years
60 • North American companies
aults

•Over
O 40,000
40 000 private
i t company d
defaults
f lt iin a separate
t global
l b lddatabase
t b
Number of Defa

50

40

30

20

10

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Il calcolo dell’EDF
In pratica si tratta di associare ad ogni livello di DD una
percentuale che esprime appunto, la probabilità di default
esprime, appunto

Frequenza
attesa di
default
(EDF)

EDF™

DD Distance to Default
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Il calcolo dell
dell’EDF
EDF

p calcolare l’EDF occorre q


Riassumendo,, per quindi:
• Stimare il valore e la volatilità dell’attivo (attraverso il
valore di mercato, il valore di libro delle passività, la
volatilità dell’equity)
• Calcolare la Distance to Default (viene calcolata
attraverso una formula utilizzando il valore e la volatilità
dell’attivo))
• Calcolare l’EDF (viene calcolata in funzione del valore
DD)

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Test di “acuratezza”
Predicted and Actual Default Rates
Cohorts Reformed

16,63%

18,00%

15,21%
16 00%
16,00% EDF (Predicted)
(P di t d)
14,00%

Observed Default History


12 00%
12,00%

10,00%

8,00%

3,82% 3,57%
6,00%

4,00% 1,25% 1,05%


0,42% 0,44%
0,09% 0,07%
2,00%

0,00%
.02%-.20%
02%- 20% .21%-.70%
21%- 70% .71%-2.0%
71%-2 0% 2 01%-7 0%
2.01%-7.0% 7 01%-20%
7.01%-20%

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Il modello KMV per le società non
quotate (private firm)
LA LOGICA DEL MODELLO

Analogamente al modello relativo alle società quotate, la


stima della probabilità di default si ottiene attraverso i
seguenti passi:

1) Stima del valore dell’attivo, della sua volatilità e del


d f lt point
default i t

2) Calcolo d ll Distance
C l l della Di t t default
to d f lt

3) Calcolo della EDF

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LA LOGICA DEL MODELLO
Il Private Firm Model (PFM), per stimare l’EDF di una
società non quotata, utilizza le informazioni di bilancio
della società e le informazioni relative ai prezzi azionari di
società simili (teoria dei comparables).
)

Le informazioni di mercato vengono segmentate per paese


e ramo di attività economica e sono aggiornate
mensilmente.

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I DRIVER DEL MODELLO

1) Il valore dell
dell’attivo
attivo e la sua volatilità
Visto che il mercato non prezza le azioni di società non
quotate il modello si basa sul confronto con aziende
quotate,
quotate simili.
L EBITDA può essere interpretato come una proxy dei cash
L’EBITDA
flow che la società può generare.
Il valore
l dell’attivo
d ll’ tti viene,
i quindi,
i di determinato
d t i t a partire
ti dal
d l
valore dell’EBITDA attraverso un multiplo.

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I DRIVER DEL MODELLO

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I DRIVER DEL MODELLO

Il valore del moltiplicatore dipende dalle prospettive future


di ogni settore e si modifica al variare di tali prospettive.

Per stimare il valore dell’attivo di una società non


quotata,
t t PFM utilizza
tili il valor
l mediodi degli
d li assets
t di società
i tà
relative alla stessa regione e settore e con analoghi cash
flow.
flow

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I DRIVER DEL MODELLO
2) La volatilità degli asset
A l
Analogamente t a quantot avviene
i per la
l stima
ti dell valore
d l
dell’attivo, anche per la stima della volatilità si utilizza
approccio dei comparable.
ll’approccio

La volatilità del valore dell


dell’attivo
attivo è chiaramente dipendente
dal settore industriale, dalla dimensione del fatturato e dal
paese in cui opera
p p la società.

E’ stato osservato che società con valori particolarmente


p
contenuti di fatturato (size), tendono ad avere risultati più
variabili.
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I DRIVER DEL MODELLO
3) Il default point
Il calcolo del Default Point non differisce da quello
descritto nel modello public.
Il valore dell’attivo, il rischio del settore e il default point
possono essere riassunti in una singola misura di
rischio: la distance to default

DD = Asset Market Value – Default Point


Asset Market Value * Volatility

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Il calcolo dell’EDF
In pratica si tratta di associare ad ogni livello di DD una
percentuale che esprime appunto, la probabilità di default
esprime, appunto

Frequenza
attesa di
default
(EDF)

EDF™

DD Distance to Default
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Actuarial based method
Vi sono almeno tre diversi approcci
riconducibili
i d ibili a questo
t metodo:
t d
• Metodo attuariale diretto – richiede
consistenti
i i casii di default
d f l e debitori
d bi i ratedd ;
• Mapping delle classi del sistema di rating
i
interno alle
ll classi
l i previstei d ll agenzie
dalle i di
rating;
• Si
Sistemi i di scoring i a base
b statistica
i i (es.
( Z
score);
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Validazione del Sistema di
Rating
L’esigenza della validazione del sistema di rating
nasce da una duplice esigenza:
• Numerose applicazioni gestionali che vengono ad
essere montate sul sistema di rating (per ora Basilea è
prescrittiva solo con le esigenze di capital regulation
rinviando ad un secondo momento l’applicazione
d ll tecniche
delle t i h di portafoglio);
t f li )
• Notevole differenziazione delle tecniche di analisi
introdotte rispetto a quelle che tradizionalmente
hanno consentito una gestione del rischio
sufficientemente prudente (occasione di
reingegnerizzazione
i i i d l processo del
del d l credito);
dit )
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Prime riflessioni (Marullo Reedtz)
• Determinazione di best pratices alle quali
le procedure aziendali dovrebbero ispirarsi
per corrispondere
p p a pprincipi
p di sana e
prudente gestione;
• Svolgimento di test empirici diretti ad
assicurare l’affidabilità delle tecniche
utilizzate per definire la probabilità di
insolvenza e dei tassi di recupero;
p
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Prime riflessioni (FED)
• Funzionamento e design del sistema: non
sempre consente di distinguere tra i diversi
livelli di rischio dei crediti in bonis;;
• Assegnazione e validazione dei grade: può
sovente non garantire rigorosità e
indipendenza;

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Validazione: Proposta di Basilea 2
• Definizione del rating del debitore con
riferimento alla numerosità delle classi di
g ((6/9 p
rating performingg – 2 non
performing);
• Rating dell’operazione con riferimento
alla determinazione della LGD (necessario
per adottare l’Advanced IRB Approach)

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Il riconoscimento del sistema.
Esso è parte integrante dell’operatività della banca e
del suo app
de approccio
occ o aallaa ges
gestione
o e de
dei rischi;
sc ;
Il sistema di rating deve:
• supportare le delibere di fido e la fissazione di limiti;
• supportare il pricing dei prestiti;
• essere oggetto di reporting al Cda o Alta Direzione;
• Avere funzione di analisi adeguatezza
patrimoniale redditività ed accantonamenti;
patrimoniale,

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Criteri di rating: scenario internazionale
Fattore USA Canada GB CHF E Italia
Liquidità
Li idi à
Capit.ne
Redditività
Copert.O.F.
Dimensioni
WCR
Var.At/
Var.At
Va . t/
t/Fat
Fat.
at..
at
MP/CI
MP/ CI
CFlow/At.
CFlow/At.
Dati Qual.
Dati And.

= ©molto
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importante = fattore importante = fattore secondario
Classificazione dei modelli di
misurazione del rischio di credito
Classificazione dei modelli di
misurazione del rischio di credito
la tipologia di rischio considerata
• solo rischio di insolvenza (default risk);
• anche rischio di deterioramento della qualità
dell’affidato (migration risk);
la modalità di valutazione delle esposizioni
creditizie (a valori contabili o a valore di
mercato);

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• i fattori determinanti la probabilità di
migrazione o di insolvenza (es. classe di
rating;
ti classe
l di rating
ti +settore;
+ tt di t
distanza d l
dal
default);
• la classificazione (per classi discrete o nel
continuo) del livello di rischio della singola
controparte;

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l’approccio metodologico adottato per la
d t
determinazione
i i della
d ll probabilità
b bilità di
insolvenza e del tasso di perdita:
• alla Merton (CreditMetrics, KMV)
• attuariale (CreditRisk+ di Credit Suisse
First Boston))
• macroeconomico (CreditPortfolioView
di McKinsey)
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CreditMetrics
Il calcolo
l l del
d l VaR
V R per una singola
i l posizione
ii
• Considera sia il rischio di default che migration
risk;
• Valutazione a valori di mercato: il VM di un
prestito è la somma dei valori attuali dei flussi
futuri scontati a un tasso espressivo del rischio
di default;
• Il livello di rischio di insolvenza è identificato
dalla classe di rating: il rischio di credito è
identificato dalla diminuzione del VM della
posizione conseguente al peggioramento della
classe di rating;
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Tre “ingredienti”
ingredienti chiave:
• Matrice di transizione: rappresenta la
probabilità che un affidato con rating X a inizio
anno abbia rating Y a fine anno;
• Curva dei tassi forward a 1 anno per ogni
classe
l di rating:
ti consente
t di calcolare
l l il valore
l
attuale fra un anno dei flussi futuri del
prestito/titolo
tit /tit l ini ognii ipotesi
i t i di rating
ti f t
futuro.
Essa è ricostruita per ogni classe di rating;
• Recovery rate atteso;

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Matrice di transizione a 1 anno (media 1920
1920-
1996) - Dati in percentuale
RATING A FINE ANNO
Aaa Aa A Baa Ba B Caa-C Def.
Aaa 88,32 6,15 0,99 0,23 0,02 0,00 0,00 0,00
RATING Aa 1 21
1,21 86 76 5,76
86,76 5 76 0,66
0 66 0,16
0 16 0,02
0 02 0,00
0 00 0,06
0 06
A A 0,07 2,30 86,09 4,67 0,63 0,10 0,02 0,12
INIZIO Baa 0,03 0,24 3,87 82,52 4,68 0,61 0,06 0,28
ANNO Ba 0,01 0,08 0,39 4,61 79,03 4,96 0,41 1,11
B 0,00 0,04 0,13 0,60 5,79 76,30 3,08 3,49
Caa-C 0,00
, 0,02
, 0,04
, 0,34
, 1,26
, 5,29
, 71,87
, 12,41
,
Fonte: Moody’s Investor s Service
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• Dato il possibile rating a 1 anno, occorre poi
ricavare il VM del pprestito a tale data. Cioè
determinare (per ogni classe) a quale tasso i
flussi futuri saranno scontati ffra 1 anno ((tassi
forward).
• I tassi forward si ricavano dalla relazione
(1+i0,1)(
)(11+i1.1)=(
)=(11+i0.2)2

dove i1,1 è il tasso forward fra 1 anno per 1 anno.

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Curva dei tassi forward zero coupon a 1 anno
C la sse d i T a sso ze ro T a sso ze ro T a sso ze ro T a sso ze ro
r a ting c o u po n a 1 c o u po n a 2 a n n i c o u po n a 3 a n n i c o u po n a 4 a n n i
anno
AAA 3 ,6 0 % 4 ,1 7 % 4 ,7 3 % 5 ,1 2 %
AA 3 ,6 5 % 4 ,2 2 % 4 ,7 8 % 5 ,1 7 %
A 3 ,7
72 % 4 ,3
32 % 4 ,9
93 % 5 ,3
32 %
BBB 4 ,1 0 % 4 ,6 7 % 5 ,2 5 % 5 ,6 3 %
BB 5 ,5 5 % 6 ,0 2 % 6 ,7 8 % 7 ,2 7 %
B 6 ,0
05 % 7 ,0
02 % 8 ,0
03 % 8 ,5 2 %
CCC 1 5,05 % 1 5,02 % 1 4,03 % 1 3,5 2 %

Titolo in classe A, 4 anni, cedola 5%, declassato a BB


5 5 5+100
VMBB,t+1anno
BB t+1anno=5+
=5+--------------
5 --------------+
+--------------
--------------+
+--------------=100,43
--------------=100,43
100,43
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(1+5,55)1 (1+6,02)2 (1+6,78)3
• Tale formulazione consente di calcolare il
valore a 1 anno del prestito per ogni rating
(default escluso).
• Il calcolo del valore in caso di default
richiede infatti un’ipotesi
p circa il valore
del recovery rate: il valore del prestito in
caso di default sarà pari al capitale per il
recovery rate (stimato su base storica o
i t
interna).
)

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Di t ib i
Distribuzione dei
d i valori
l i di mercato
t a 1 anno
R a t in g a P r o b a b i l it à ( V M t+ 1 VM D iffe r e n z a D if fe r e n z e
fin e a n n o d a ti S & P ) (in c lu s o p o n d e r a to r is p e t to a l al
c e d o la ) p rezzo q u a d r a to
m e d io p o n d e r a te
AAA 0 ,,0 9 % 1 0 5 ,,8 4 0 ,,1 0 0 ,,6 8 0 ,,0 0 0 4
AA 2 ,2 7 % 1 0 5 ,7 0 2 ,4 0 0 ,5 4 0 ,0 0 6 7
A 9 1 ,0 5 % 1 0 5 ,3 0 9 5 ,8 8 0 ,1 4 0 ,0 1 8 1
BBB 5 ,,5 2 % 1 0 4 ,,4 3 5 ,,7 6 - 0 ,,7 3 0 ,,0 2 9 7
BB 0 ,7 4 % 1 0 0 ,4 3 0 ,7 4 - 4 ,7 3 0 ,1 6 5 6
B 0 ,2 6 % 9 7 ,3 6 0 ,2 5 - 7 ,8 0 0 ,1 5 8 0
CCC 0 ,0 1 % 8 3 ,9 4 0 ,0 1 - 2 1 ,2 2 0 ,0 4 5 0
In s o lv e n z a 0 ,0 6 % 3 2 ,7 4 0 ,0 2 - 7 2 ,4 2 3 ,1 4 6 7
M e d ia 1 0 5 ,1 6 V a r ia n z a 3 ,5 7 0 3
D e v ia z io n e s t d 1 ,8 9

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Dalla tabella precedente è possibile
ricavare:
• il valore medio del titolo a un anno;
• la deviazione standard della sua
distribuzione;
• il valore del titolo a un percentile
d id
desiderato ( il minor
(es. i valore
l possibile
ibil
nel 99% dei casi).

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Esempio::
Esempio

• Probabilità cumulata di un declassamento a B o


inferiore: 0,06%+0,01%+0,26% = 0,33%
Probabilità cumulata di un declassamento a BB o
inferiore: 0,06%+0,01%+0,26%+0,74% = 1,07%

Il primo percentile corrisponde a un declassamento
a BB e qquindi a un valore del titolo ppari a 100,43.
,
Allo 0,1% dei casi più sfavorevoli corrisponde un
declassamento a B (valore del titolo 97,36). 97 36)

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Si ricavano q
quindi due p
possibili misure di
rischio:
• la deviazione standard dei valori a un anno;
• il VaR del titolo, pari alla differenza fra
valore medio del titolo e valore nel percentile
obiettivo;

Esempio: VaR al 99,9%:

VaR99
99,,9% = E(VMtt+ 1) - VMtt+
t+1 t+11,wcs
,wcs99
99,,9%
= 105,
105,16 - 97
97,,36 = 7,80

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Il modello KMV
Il calcolo
l l del
d l VaR
V R per una singola
i l posizione
ii

• Considera sia default che migration risk;


• Può essere utilizzato sia in una logica
contabile che a valori di mercato;
• Il rischio è identificato dalla expected
default frequency (EDF) che può essere
calcolata in modo individuale per ogni
controparte (anche se può essere aggregata
in classi discrete);
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• Il modello KMV si basa sull’approccio
pp di
Merton (1974). I passaggi chiave sono:
• il fallimento avviene quando il valore delle
attività di un’impresa scende sotto una certa
soglia critica (default point).
point) Es.:
Es : valore delle
passività;
• l probabilità
la b bilità di attraversare
tt t l soglia
tale li è
funzione:
• del valore di mercato delle attività (-);
• della volatilità del VM delle attività (+)
• sulla base di tali elementi si può determinare
la probabilità di attraversare la soglia (ovvero
l’EDF);
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La logica dell
dell’approccio
approccio di Merton
• Il fallimento è un evento che si realizza
quando il valore delle attività dell’impresa
g
scende al di sotto di una certa soglia. Si
può ipotizzare ad esempio che essa sia
data dalle passività dell
dell’impresa
impresa.
• KMV: media fra passività a breve e
passività a breve+lungo. Questo livello
identifica il default
f point ((DP).
p )

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• La probabilità che il valore delle attività scenda
sotto tale soglia
g è:
• tanto più bassa quanto maggiore è la distanza fra
valore delle attività e default point;
• tanto più
i alta
l quanto maggiore i è la
l volatilità
l ili deld l
valore delle attività;
• E quindi possibile calcolare la distanza dal
E’
punto di default in termini di “numero di
deviazioni standard di distanza
distanza”. Tale valore è
detto default distance (DD).
• Su base storica,
storica si può quindi ricavare la
relazione fra default distance e probabilità di
insolvenza (EDF).
(EDF) A ogni DD si abbina quindi
una EDF.

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Problemi
P bl i metodologici
t d l i i

• La fissazione del punto di default (il


valore delle passività è derivato dal
bilancio e p
potenzialmente non aggiornato);
gg );
• La stima della volatilità e del valore delle
attività Tale stima si ricava partendo dal
attività.
valore e dalla volatilità delle azioni. Le
azioni sono quindi considerate come
un’opzione
p call sul valore delle attività;
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• Il modello di KMV descritto consente di
determinare un valore di EDF,, che
corrisponde alla probabilità di perdita
attesa.
attesa
• Tale valore, combinato con una stima di
esposizione e di recovery rate, può portare
a determinare la p perdita attesa,, ma non
quella inattesa (e quindi il rischio).

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• La perdita inattesa può essere
determinata, con una logica analoga a
CreditMetrics, analizzando una matrice di
transizione basata sulle “classi di EDF”
invece che sulle classi di rating.
rating
• Conoscendo la possibilità di migrare verso
classi
l i di EDF più iù rischiose
i hi sii può
ò stimare:
i
la variazione inattesa del tasso di perdita;
la variazione inattesa del VM del titolo o
prestito (se si associa a ogni classe di EDF
una term structure dei credit spread).
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CreditRisk+
Il calcolo del VaR per una singola
posizione
Si concentra solo sul rischio di default, e non
considera affatto il migration risk; Il
rischio di credito è valutato in termini
attuariali (probabilità dell’evento dannoso
× gravità attesa dell
dell’evento);
evento);
Consente di valutare il rischio di credito solo
in termini di valori contabili (analisi dei
tassi di p
perdita inattesi);
)
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Punta a ridurre al minimo g gli input
p
richiesti, con lo scopo dichiarato di ridurre
gli errori di stima:
• esposizione;
• probabilità di perdita attesa (per classi di
controparti);
• volatilità del tasso di perdita medio;
• recovery rate.
Il VaR
V R deld l portafoglio
t f li è determinato
d t i t
analiticamente e non con l’adozione di una
simulazione
i l i di Montecarlo;
M l

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Nella versione più semplice,
semplice se si ipotizza che
in una data classe di rating l’insolvenza
delle N diverse controparti sia
indipendente, e la probabilità media che
erifichi è pari a μ/N
ciò si verifichi /N, allora la
probabilità di avere n casi di insolvenza è
d t da:
data d

e- μ μn
p(n) = --------------
n!
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Ad esempio,
p , la possibilità
p di non avere
insolvenze è:

p( ) ( -440))/0!=e-4=1,83%
p(0)=(e ,

La distribuzione del numero di insolvenze


è una Poissoniana con media μ.

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Se si ipotizza invece che la probabilità media
di insolvenza non sia certa ma abbia una
sua volatilità, allora la distribuzione della
probabilità di perdita è più schiacciata e
assume la forma della distribuzione
binomiale negativa.
Ciò produce risultati più coerenti con
q
l’effettiva volatilità della frequenza delle
insolvenze (più elevata di quanto
deriverebbe dalla Poissoniana).
Poissoniana)

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Tassi medi di insolvenza e deviazione standard
1970-1996.

C la sse d i ra ting M edia D ev ia zio ne sta nda rd


Aaa 0 ,0 0 % 0 ,0 0 %
Aa 0 ,0 2 % 0 ,1 1 %

A 0 ,,0 1 % 0 ,,0 5 %
B aa 0 ,1 4 % 0 ,2 9 %
Ba 1 ,2
20% 1 ,33 3 %
B 6 ,4 5 % 5 ,1 2 %
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Fonte: Carty e Lieberman, 1998
Id
dati
ti storici
t i i debbono
d bb essere integrati
i t ti con un
giudizio soggettivo;
Dalla distribuzione del numero/della
frequenza di casi di insolvenza è possibile
ricostruire la distribuzione delle perdite
del portafoglio;
Ciò richiede di dividere le controparti in
funzione delle dimensioni
dell’esposizione,
dell esposizione, o, più correttamente, di
loss given default (LGD), data da:
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LGD = esposizione × (1- recovery rate)

Nel modello di CreditRisk+ è possibile ipotizzare un


recovery rate che può essere anche diverso per ogni
controparte, ma poi viene mantenuto fisso e
considerato deterministico.
Aggregando le possibili perdite dei crediti riferibili
alle diverse “bande LGD” e alle diverse classi di
bande di LGD
rischio, nell’ipotesi di indipendenza fra l’insolvenza
delle diverse classi, è possibile ricostruire la
distribuzione dei tassi di perdita del portafoglio.

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CreditPortfolioView
Il calcolo del VaR per una singola
posizione
• Approccio macroeconomico: lo stato di
alcune variabili economiche chiave incide
sul livello del rischio di credito;
• Considera sia default che migration risk;
• Può essere utilizzato sia valutando a valori
di mercato (con ( l i
logica analoga
l a
CreditMetrics) che a valori contabili;
• La classificazione delle controparti è per
g p
classe di rating/settore/paese; ;
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IIn generale,
l per un settore/paese
/ j all tempo t la
l
probabilità di insolvenza assume la forma:
1
pj,t= --------------
1+eyj,t
dove Y è un indice specifico di “stato di
salute” dato da:
salute

Yj,t= βj,j,00+ βj,j,11Xj,j,11,t+ βj,j,22Xj,j,22,t+ βj,j,33Xj,j,33,t+ υj,t

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βj = (βj,0
j 0, βj,1
j 1, βj,2
j 2, βj,3
j 3)

è il vettore
tt d i coefficienti
dei ffi i ti di regressione i
rispetto al vettore Xj = (Xj,j,11,t, Xj,j,22,t, Xj,j,33,t) delle
variabili
i bili macroeconomiche
i h prescelte lt come più iù
significative per il settore j (es. crescita reale
d l PIL,
del PIL tasso di disoccupazione,
di i li ll tassii
livello
di interesse, livello spesa pubblica)..

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Ogni
g variabile macroeconomica segue g a sua
volta un processo autoregressivo:

Xi,j,t=ki,i,00+ki,i,11Xj,i,t
j,i,t--1+ki, j,i,t--2+ εj,i,t
2Xj,i,t
i,2

I fattori υ (nella funzione del “superindice”


superindice Y)
ed ε (nella funzione della variabile macro)
rappresentano
t f tt i di disturbo
fattori di t b casuali li (che
( h
possono essere correlati fra loro).

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


• Calcolando la probabilità di insolvenza
condizionata al livello di Y è possibile
comprendere in quale direzione
“deformare” la matrice di transizione
media di lungo termine.
termine
• Il punto di riferimento è la probabilità di
d f lt delle
default d ll controparti
t ti speculative
l ti grade d
(speculative default probability, SDP):

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


se SDP/SDPmedia > 1 (ciclo economico
sfavorevole) ⇒

si aumentano le probabilità di downgrade e si


diminuiscono quelle di upgrade;

se SDP/SDPmedia < 1 (ciclo economico


favorevole)
f l ) ⇒

si diminuiscono le probabilità di downgrade e


si aumentano q
quelle di upgrade;
pg
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
La matrice di transizione dipende
p così dallo
stato dell’economia / del singolo settore.

Pregio: la stima del VaR dipende dal ciclo


Dif tt
Difetto: altissimo
lti i rischio
i hi nella
ll stima
ti d i
dei
parametri

Sono p
possibili analisi multiperiodali
p ((matrici
autocorrelate)

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Il problema della valutazione delle perdite
a livello di portafoglio;
• Uno dei problemi più complessi nella
definizione del VaR per il rischio credito è la
modalità con la quale si può giungere alla
definizione del VaR di portafoglio;
• Ciò richiede di modellare le correlazioni fra
l’andamento del rischio di credito delle diverse
controparti;
p ;

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Particolarità:
- correlazione nelle migrazioni vs.correlazione nel
default;
- identificazione del driver delle correlazioni;

CreditMetrics,KMV→VM attività/equity (Merton)


(Merton);;
CreditRisk+ →indipendenza / settori
settori;;
CreditPortfolioView →fattori macroeconomici;
macroeconomici;

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


L’analisi a livello di portafoglio in
CreditMetrics
• Per
P simulare
i l l’ d
l’andamentot d l
del
portafoglio, CreditMetrics adotta un approccio
alla
ll Merton
M t analogo l a quello
ll utilizzato
tili t dad KMV;
KMV
• L’idea è quella di simulare diversi possibili
valori delle attività; in funzione del valore si può
determinare se l’impresa va in default (coda
sinistra della distribuzione) oppure a quale
classe di rating sia attribuibile;

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Esempio: rating iniziale BB
0,45

0,4

0,35

0,3
Z-B Z-BB
0 25
0,25
f(x)

0,2 Z-BBB

0,15
Z-CCC
Z-A
0,1
Z-def Z-AA
0,05

0
-4© Università Federico
-3 II Teoria del rischio
-2 2010 -1 0 1 2 3 4
L’analisi
L analisi a livello di portafoglio in
CreditMetrics

La perdita al 95% o 99% si ottiene simulando


l’andamento del portafoglio, mediante
l’estrazione da una funzione normale
multivariata (con tante variabili quanti sono i
settori/classi di rating)

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Quale correlazione utilizzare?

(a) correlazione fra classi di rating ;


(b) correlazione
l i f
fra prezzii azionari
i i
(come proxy del VM delle attività)
attraverso l’utilizzo di un modello
multifattoriale;

© Università Federico II Teoria del rischio 2010


Utilizzo di un modello multifattoriale di
scomposizione
i i d i
dei rendimenti
di ti (i
(imprese
considerate A e B):
rA=w1,AI1+w2,AI2+w3,Ar’A
rB=w
w1,B
1 BI3+ww2,B
2 Br’B
dove:
I1,II2,II3 → indici
i di i di settore/paese;
tt /
r’A, r’B → componente di rischio specifico;
L correlazione
La l i è data
d t da:
d
ρA,B=w1,Aw1,BρI1,I3+w2,Aw1,B ρI1,I3

w=peso
p attribuito ad ogni
g singola
g componente
p
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L’analisi a livello di portafoglio in KMV

• KMV adotta
d tt un approccioi simile
i il a quelloll
appena descritto (alla
Merton), analogamente a quanto accade
anche pper determinare la p
perdita attesa.

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• In linea di massima, la simulazione è utilizzata
solo per determinare il livello di perdite in termini
contabili; in qquesto caso ciò che conta è solo il
fatto che si verifichi o no il default (se c’è
attraversamento del default point);
• E’ possibile anche valutare l’andamento del VM
del portafoglio crediti, utilizzando al posto delle
classi
l i di rating
i lel “classi
“ l i di EDF” e abbinando
bbi d a
ciascuna di esse una term structure dei credit
spread;

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• L’analisi delle correlazioni fra due
controparti, anche qui basata sulla
correlazione tra titoli azionari,, è ricostruita
in modo simile ma ancora più articolato;

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L’analisi a livello di pportafoglio
f g in
CreditRisk+
• Nella versione base di CreditRisk+ si
adotta ll’ipotesi
ipotesi di assenza di correlazione.
correlazione
• Le correlazioni fra default sono comunque
empiricamente
ii t abbastanza
bb t contenute.
t t
• La modalità per introdurre il fenomeno
della correlazione è quella di scindere
l’esposizione (o meglio la LGD) per
settore.

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Si ipotizza
i ti che:
h
•all’interno del settore vi sia un andamento
omogeneo (perfetta correlazione fra le
p
componenti riferite al medesimo settore);
)
•fra settori diversi vi sia indipendenza;

La correlazione fra i tassi di default fra due


i
imprese sii ha
h solo
l se queste hanno
h almeno
l un
settore in comune; in caso contrario sono
i di d i
indipendenti.

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L’analisi
L analisi di portafoglio in
CreditPortfolioView
• Nell’approccio di CreditPortfolioView il valore
d l portafoglio
del f li puòò essere ricostruito,
i i come per
KMV e CreditMetrics, mediante una
simulazione
i l i M
Monte C l
Carlo.
• Si simula in questo caso l’andamento
(correlato):
• delle variabili macroeconomiche Xi;
• dei “superindici” Yj, dipendenti dalle Xi.

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In conseguenza è possibile determinare:

• le probabilità di default condizionate, se si


pp
considera un approccio a valori contabili;;
• la matrice di transizione condizionata, se
si considera un approccio a valori di
mercato;

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Un confronto tra i diversi modelli
M o d e llo C r e d it M e t r ic s KMV C r e d itR isk + C r e d it P o r tf o lio
™ V ie w
R is
i c h iio S ia d e fa u lt c h e D e fa u lt r is k , m a S o lo d e fa u lt S ia d e fa u lt c h e
c o n s id e r a t o m ig r a tio n r is k è a d a tta b ile m ig r a tio n r is k
a n c h e p e r il
m ig r a tio n r is k
V a lu ta z io n e A v a lo r i d i P r e v a le n te m e n te A v a lo r i A d a tta b ile a
d e lle p o s iz io n i m e rc a to a v a lo r i c o n ta b ili c o n ta b ili e n tr a m b i
C la s s e d i r a tin g /
F a t to r i D is ta n z a d a l C la s s e d i r a tin g s e tto re /a re a
d e t e r m in a n t i C la s s e d i r a tin g p u n to d i d e fa u lt o p p u r e s e tto r e g e o g r a fic a
la p r o b a b ilità ↓ ↓ ↓ ↓
d i m ig r a z io n e m a tr ic e d i E x p e c te d p ro b a b ilità d i m a tr ic e d i
o d i d e fa u lt tr a n s iz io n e D e fa u lt p e rd ita tr a n s iz io n e
in d iv id u a le Freq u ency c o n d iz io n a ta
(m a p p in g ) (E D F)
F a t to r i C o r re la z io n e fr a C o r re la z io n e fr a A p p a r te n e n z a a V a r ia b ili
d e t e r m in a n t i a s s e t v o la tilit y a s s e t v o la tilit y s e tto r i c o m u n i m a c r o e c o n o m ic
la ( p r o x yy: a z io n i)) ( p r o x y:
y a z io n i)) he
c o r r e la z io n e a
liv e llo d i
p o r ta f o g lio
R eco very ra te C a s u a le C a s u a le F is s o C a s u a le
C a lc o lo P e r s im u la z io n e P e r s im u la z io n e A n a lit ic a m e n te P e r s im u la z io n e
r is
©c h io d Federico
Università el II Teoria del rischio 2010
p o r ta f o g lio
Modello CreditMetrics KMV CreditRisk+ CreditPortfolioView

Tipologia
p g di rischio Sia migration ris k che Ris chio di Solo ris chio di Sia migration ris k che
considerata ris chio di ins olvenza ins olvenza, ma è ins olvenza ris chio di ins olvenza
adattabile anche per
il migration ris k
Valutazione delle A valori di mercato Prevalentemente a A valori contabili Adattabile a entrambi
posizioni valori contabili (anche in
combinazione)
Fattori Clas s e di rating Dis tanza dal punto di Clas s e di rating Clas s e di
determinanti la => default oppure s ettore rating/Settore/Area
probabilità di Matrice di trans izione => => Geografica
migrazione o di Expected Default Probabilità di perdita =>
default individuale Frequency (EDF) Matrice di trans izione
(mapping) condizionata

Classificazione del Dis creta Continua (dis creta s e Dis creta Dis creta
rischio dei singoli li s i aggrega in clas s i
soggetti EDF)
Fattori Correlazione fra Correlazione fra A un primo livello, la Set di variabili
determinanti la l'as s et volatily delle l'as s et volatily delle volatilità del tas s o di macroeconomiche
correlazione a controparti s timata controparti s timata default. In una che determinano
li
livello
ll di s ulla bas e della s ulla bas e della vers ione più congiuntamente le
portafoglio correlazione fra i correlazione fra i comples s a, è probabilità di default
rendimenti dei titoli rendimenti dei titoli pos s ibile mappare le di s egmenti divers i.
azionari (modello azionari (modello es pos izioni per Si può inoltre
multifattoriale) multifattoriale) s ettori (ipotizzati ipotizzare
indipendenti) correlazione negli
s hock s ia macro che
s pecifici di s ettore.

Sensibilità delle No. Le matrici di Si, nella mis ura in cui No. Il tas s o di default Si. L'andamento del
stime al ciclo trans izione s ono i prezzi azionari delle è volatile, ma ciclo è decis ivo nel
economico s timate s u dati di impres e valutate indipendente dal determinare tas s i di
lungo periodo anticipano il ciclo ciclo economico. perdita e di
economico migrazione.
g
Definizione del Cas uale Cas uale Fis s o Cas uale
recovery rate (dis tribuzione beta)
Output disponibili Probabilità di Probabilità di default Dis tribuzione dei Probabilità di default
analiticamente default/Deviazione tas s i di default.
s tandard dei VM Dis tribuzione delle
della pos izione perdite del
portafoglio
portafoglio.
Output disponibili Dis tribuzione delle Dis tribuzione delle Nes s uno, non s i Dis tribuzione delle
per simulazione perdite del perdite del ricorre a s imulazioni perdite del
© Università Federico II Teoria portafoglio
del rischio 2010 portafoglio portafoglio

Fonte: SAITA, 1999


Applicazioni dei sistemi di rating:
dall’approccio metodologico
all’approccio
all approccio gestionale
a. G
Gestione
ti degli
d li impieghi
i i hi creditizi
diti i
b. Revisione e ggestione delle singole
g
posizioni
c Pricing degli affidamenti
c.
d. Ottimizzazione del portafoglio crediti

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Le finalità………..
• Sviluppo e mantenimento di una stringente ed
efficace disciplina creditizia;
• Attivazione di processi di revisione (anche
automatici) e/o di azioni cautelative;
• Perseguimento delle condizioni di redditività e
pricing;
• Definizione di limiti per le funzioni istruttorie e
deliberanti;
• Incentivazione del management (budget in
funzione di rischio/rendimento);
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Gestione degli Impieghi Creditizi
• Scelta del livello complessivo di rischio;
• Scelta ed allocazione del capitale per
segmenti di portafoglio sulla base del
rendimento di ogni singolo segmento;

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Revisione e Gestione delle
Singole Posizioni
• Mentre il sistema tradizionale genera
allarmi in caso di migrazioni nelle classi
p
di merito corrispondenti alle ppartite
anomale;
• L’uso del rating consente di focalizzare
l’attenzione anche sui casi di migrazione

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Pricing degli Affidamenti
• Modello di pricing risk neutral;
• Modello risk adverse;
• RAROC

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Modello di pricing risk neutral

i + PA
=
rf
i p
1 − PA

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Modello risk adverse

i + PA + Var
V % * (k e − i rf )
=
rf
i p
1 − PA

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RAROC

i * (1 − PA) − i * (1 − V
VaR
R%) − PA
RAROC=
p rf

VAR%

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Ottimizzazione del Portafoglio
Crediti
• Sulla base dell’individuazione delle
diverse aratteristiche dei segmenti in cui
viene suddiviso il pportafoglio,
g , si ricorre ai
mercati secondari (anche operazioni di
cartolarizzazione) e/o ai derivati per
ricondurre il rischio complessivo del
portafoglio
t f li all livello
li ll desiderato.
d id t

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L’ottica
L ottica gestionale

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Per poter efficacemente gestire il rischio
di credito
credito, occorre approfondire le sue
componenti.

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Approfondimenti sugli elementi del CRM

- Probabilità di default (PD)


- Loss Given Default (LGD)
- Exposure at default (EAD)
- Maturity (M)
- Expected Loss (EL)
- Unexpected Loss (UL)
- C i
Capitale a rischio
i i (CaR)
(C )

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Probabilità di default
• Probabilità che il debitore in bonis, nell’arco di uno anno dalla effettuazione
della stima, versi in uno stato di inadempienza.
• Secondo l’accordo
l accordo di Basilea II
II, sia nell’approccio
nell approccio IRB base che avanzato,
avanzato le
banche dovranno stimare la PD di tutte le categorie di debitori.

Default
In linea con Basilea II,, si intende un concetto più
p ampio
p di q
quello in uso nella p
prassi
bancaria nazionale, in quanto esso comprende lo stato di

Past due incaglio sofferenza


sofferenza

nuovo
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Past due
Past due
• Per past due si intendono quelle posizioni per le quali l’obbligato
presenta verso il gruppo bancario crediti scaduti rilevanti da oltre 90
giorni.
i i
• Gli sconfinamenti di conto sono considerati alla stregua di crediti
scaduti dal momento in cui l’obbligato ha superato l’importo
accordato o ha ricevuto notifica di un accordato inferiore al saldo
corrente in essere.
• Inoltre, nel caso di esposizioni verso Enti del Settore Pubblico o
cclientela
e e a aal de
dettaglio,
ag o, l’Autorità
uo à d di V
Vigilanza
g a a può – ove lo o ritenga
e ga
opportuno in base alle “condizioni locali” – innalzare il limite di 90
giorni a 180 giorni per alcuni strumenti. In un paese membro, le
“condizioni locali” possono rendere opportuno l’innalzamento del
limite a 180 giorni anche per i crediti verso erso imprese; questa
q esta
prescrizione si applica per un periodo transitorio di 5 anni.

Condizione applicata in Italia


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Concetto di incaglio
• Nella categoria “incaglio” va ricondotta l’intera
esposizione
i i per cassa neii confronti
f i di soggettii in
i stato di
momentanea difficoltà.
L posizioni
Le i i i in
i “incaglio”
“i li ” possono ritornare
it “in
“i
bonis”, oppure, permanendo lo stato di difficoltà, essere
volturate tra i crediti in “sofferenza”.
sofferenza .

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Concetto di sofferenza
e sofferenza rettificata
• Nella categoria “sofferenze” va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti
di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato in sede giudiziaria, o in
situazioni
it i i sostanzialmente
t i l t equiparabili.
i bili Sono
S escluse
l le
l posizioni
i i i la
l cuii situazione
it i di
anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio-paese.
• È considerato “sofferenza rettificata” l’indebitamento complessivo (utilizzato per
cassa) verso il sistema di un affidato segnalato in sofferenza da almeno un
intermediario qualora:
• l’unico intermediario che segnala il cliente a sofferenza (uno su N; N > 2) sia
esposto per almeno il 70% dell’indebitamento complessivo del cliente o, se non si
raggiunge
i tale
l percentuale,
l vii siano
i sconfinamenti
fi i per almeno
l il 10%
dell’indebitamento complessivo;
• vi siano almeno due intermediari che segnalano a sofferenza il cliente (due o più
su N) per importi pari o superiori al 10% dell
dell’indebitamento
indebitamento complessivo;
• sia segnalato in sofferenza da un intermediario e tra gli sconfinamenti dell’unico
altro intermediario esposto (caso del cliente biaffidato);
• sia in sofferenza ppresso l’unico intermediario che ha erogatog credito ((caso del
cliente monoaffidato).
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La probabilità di default

• Il merito creditizio del debitore dipende da:


condizioni economiche-finanziarie attuali e
prospettiche dell’impresa;
dati economico
economico-finanziari;
finanziari;
dati andamentali (interni ed esterni);
settore/territorio;
tt /t it i
management;
posizione competitiva

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Loss Given Default (LGD)
• La Loss Given Default rappresenta la
perdita sostenuta dalla banca in caso di
default di un debitore.
• Sintetizza le capacità della banca di
recuperare (in termini sia quantitativi che
temporali) l’esposizione al momento del
default.

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Loss Given Default (LGD)
• Calcolo della LGD:

Recuperi
p attualizzati - spese
p attualizzate

1-
Esposizione iniziale al momento del default

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Loss Given Default (LGD)

La LGD dipende dai seguenti fattori:


• natura del finanziamento ed eventuali garanzie
che assistono lo stesso;
• ggravità dello stato di insolvenza;;
• tipologia delle attività detenute dall’impresa e
gap fra valore attività e passività;
• andamento generale dell’economia
(apprezzamento o deprezzamento dei beni
immobiliari);
• tempi di recupero.

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Loss Given Default (LGD)
• Nell’ambito Basilea II, nell’approccio IRB
Foundation i valori di LGD vengono definiti dal
regolatore, ad eccezione che per le esposizioni
retail.
retail
• Nell’ambito dell’approccio IRB Advanced le
Banche devono provvedere ad effettuare delle
stime interne relativamente all’LGD per tutte le
esposizioni.
p
• E’ richiesta una serie storica dei tassi di recupero
((recoveryy rates)) per
p almeno 7 anni (ridotti
( a5
per le esposizioni retail).
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Esposizione e Rischio
• Non sono sinonimi !!!
• L’esposizione rappresenta l’utilizzo al
momento delldell’insolvenza
insolvenza o in un dato
istante di valutazione.
• Ill rischio
i hi rappresenta lal massima
i perdita
di
realizzabile ed è quindi influenzato da
elementi probabilistici (PA e LGD).

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Expected Loss (EL)
- E’ un espressione del rischio e riflette i
valori attesi (secondo un certo intervallo di
confidenza)) della pprobabilità di insolvenza
del debitore (operazione) e della quota non
recuperabile dell
dell’esposizione
esposizione in caso di
insolvenza.

EL = PD x LGD x EAD
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Expected Loss (EL)
0,3

0,25

0,2
Frequenze relative

0,15

0,1

0,05

EL
0

Tassi di Perdita
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Expected Loss (EL)
• I valori medi dei tassi di perdita rilevati ex post
sui dati storici possono essere una possibile
indicazione dei valori attesi, in grado di
caratterizzare ex ante il livello di rischio delle
operazioni
i i componentii l’insieme
l’i i e l’orizzonte
l’ i
temporale considerato.
• Il tasso atteso di perdita deve essere
considerato, in quanto atteso, come una
componente
p di costo da coprire
p con i ricavi delle
operazioni cui si riferisce. Esso è, quindi, da
includere nella definizione dello spread minimo
accettabile sull
sull’operazione
operazione.
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La Perdita attesa

TASSI DI
MERCATO

CASI DI PERDITA
(
(PD)
)

QUANTO? Perdita
(LGD) Attesa PREZZO
SU CHE
IMPORTO? (EAD)

COSTI BANCA
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La perdita inattesa (Unexpected Loss)

• La perdita inattesa può essere sintetizzata


dalla variabilità delle perdite intorno al
loro valore medio.
• La perdita inattesa viene rappresentata
dalla deviazione standard delle perdite
attese.

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La perdita inattesa (Unexpected Loss)
È influenzata dalla

• Possibilità che il tasso di insolvenza risulti a


pposteriori superiore
p a qquello originariamente
g
stimato;
• Possibilità che il tasso di recupero in caso di
insolvenza risulti a posteriori inferiore a quello
originariamente stimato.
stimato

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Il Capitale
p a Rischio ((CaR))

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Capitale a rischio (CaR)
• Esprime il livello di perdite inattese sui crediti
cuii la
l banca
b è esposta in
i un certo livello
li ll
temporale tale da confinare al di sotto di un dato
li ll / bi i parii all 99,9%
livello/obiettivo, 99 9% dei
d i casi,
i la
l
probabilità di subire perdite superiori.
• Esso è approssimato dalla differenza tra la
massima perdita cui la banca può incorrere con
un certo livello di probabilità in un determinato
orizzonte temporale, e il valore della perdita
attesa.
© Università Federico II Teoria del rischio 2010
Capitale a rischio (CaR)
0,3

0,25

0,2
Frequenze relattive

0,15
CaR
0,1

0 05
0,05

EL
0

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Tassi di Perdita
99,9° percentile
• Secondo la determinazione dell’accordo di
Basilea II, il Capitale a Rischio a copertura del
rischio di credito che la Banca deve disporre
p è
pari all’8% delle attività pesate per il rischio.
• È equivalente alla sommatoria dei prodotti tra i
requisiti di capitale per unità di esposizione di
ciascun credito e l’ammontare dei rispettivi
p
crediti.

CaR = 8% x RWARC = ∑ Ki x EADi


d
dove i = singola
i l esposizione
i i creditizia
diti i

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Capitale a rischio (CaR)
• Ha la funzione di coprire le perdite inattese cui si può
incorrere con un certo livello di probabilità
probabilità.
• Rappresenta la quantità di rischio assorbita dal singolo
prestito e deve trovare copertura nel patrimonio degli
azionisti della banca.
• Prima dell’introduzione dell’accordo di Basilea II, tale
dato che rappresenta il cosiddetto ’”economic
dato, economic
capital”, poteva anche discostarsi significativamente dal
“regulatory capital” richiesto dalla normativa poiché
quest’ultima non prendeva in considerazione il merito
creditizio della controparte, così come
avviene invece,
avviene, invece secondo i metodi IRB dell dell’accordo
accordo di
Basilea II nonché per la determinazione dell’“economic
capital”. © Università Federico II Teoria del rischio 2010
Il CaR nelle scelte gestionali
• È un indicatore di fondamentale importanza
perchè determinando il costo complessivo di ciascuna
perchè,
operazione in termini di capitale
economico/regolamentare assorbito a fronte
d ll’ ffid
dell’affidamento,
t gioca
i un ruolo
l chiave
hi nelle
ll scelte
lt di
allocazione delle risorse.
• Posizioni creditizie
creditizie, infatti,
infatti caratterizzate da un rapporto
CaR/Utilizzato più alto avranno una rischiosità
complessiva, effetto della stima della PD, della LGD e
d ll EAD,
della EAD più iù alta.
lt
• Il monitoraggio di questo dato consente di controllare il
mutamento della rischiosità complessiva di singole
operazioni.
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Obiettivi del controllo del rischio di credito (1)

Passare da un giudizio dicotomico sull’affidabilità delle controparti ad


un giudizio graduato (classi di PD)
Valutare coerentemente il merito creditizio della controparte senza
lasciarsi condizionare dalle caratteristiche dei rapporti, come la presenza
o meno delle garanzie.
Monitorare prontamente eventuali peggioramenti della qualità creditizia
della controparte, senza attendere il conclamarsi di stati di default.
Determinare il “pricing”
pricing in base alla rischiosità della singola operazione
per coprire i rischi individuali e di portafoglio assunti, ossia le perdite in
cui la banca potrà incorrere sulla quota di portafoglio di prestiti che
evolverà in maniera patologica.

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Obiettivi del controllo del rischio di credito (2)
Ottimizzare la gestione del portafoglio valutando,
valutando laddove
opportuno, eventuali operazioni di cartolarizzazioni o di
credit derivatives che si fondano sulla determinazione del
fair value dei crediti: essenziale,
essenziale in tal senso,
senso è il
monitoraggio del merito creditizio in senso lato, ossia non
limitato alla valutazione dello stato della controparte
(b i insolvenza).
(bonis, i l )

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Obiettivi del controllo del rischio di credito (3)
Ottimizzare le scelte di portafoglio in termini di frazionamento e
diversificazione, mediante la correlazione tra i tassi di perdita
inattesi dei prenditori in rapporto al
settore ramo
settore, ramo, localizzazione,
localizzazione dimensione,
dimensione etc.
etc
Evitare il fenomeno della selezione avversa: l’applicazione di
condizioni uniformi che non tengano conto della specifica PD ed
LGD infatti,
LGD, infatti ha come conseguenza che la banca subirà una fuga
dei clienti migliori, attratti da condizioni più competitive offerte
da banche in grado di differenziare l’offerta, e acquisirà clienti
ppeggiori
gg in fuga
g da altre banche che,, proponendo
p p condizioni
differenziate, proporranno condizioni meno competitive.
Evitare il peggioramento della qualità del proprio portafoglio
(aumento delle sofferenze per ll’acquisizione
acquisizione di clienti con alte
PD) con la conseguenze di essere sempre meno competitiva sul
mercato (necessità di caricare il prezzo praticato di un costo delle
sofferenze crescente).)

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Obiettivi del controllo del rischio di credito (4)

Monitorare il CaR tra subportafogli


(retail imprese,
(retail, imprese Pmi,
Pmi consumatori) per verificare il
contributo al rischio dei singoli segmenti
Distribuire il CaR totale tra le singole unità organizzative
per verificare il contributo al rischio delle filiali,
filiali al fine di
misurare il patrimonio effettivamente drenato dalle diverse
funzioni della banca e rendicontarne i risultati in termini di
rendimento
di t sull capitale
it l assorbito,
bit ossiai di performance
f
corretta per il rischio.
Adempiere
p agli
g obblighig imposti
p dall’Autorità di Vigilanza
g
che prevede uno stretto collegamento tra classe di rating e
requisiti di capitale.

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Scoring Input
andamentale

Centrale Comportamento
dei con la
Rischi banca

In Bonis (BO)

Classificazione
mensile Sotto osservazione (OS)
proposta

A Rischio (AR)

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I modelli di scoring

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Rating e Scoring: definizioni ed
aree critiche
• Spesso rating e scoring sono stati
considerati
id ti sinonimi;
i i i
• Il termine rating
g deve essere utilizzato per
p
individuare processi di valutazione che
danno un p peso rilevante ai fattori
qualitativi ed al giudizio del valutatore;
• Lo scoring individua processi di
valutazione oggettivi/quantitativi;

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Il rating
Con il termine rating ss’intende intende generalmente la
valutazione del merito creditizio, ovvero della solvibilità di
una controparte, basata su un giudizio globale derivante da
una serie di informazioni, qualitative o
quantitative, omogenee e confrontabili, utili per
quantificare
tifi il suo grado
d di rischio.
i hi In I sostanza,
t esso sii
basa su una classificazione di un prenditore di fondi, o di
una specifica operazione,
operazione in una tra tante classi di rischio
predefinite, in modo contiguo ed ordinale (di norma
indicate da lettere e/o numeri) e a cui sono vengono
associati tassi attesi di insolvenza o di perdite diversi.
Modelli di scoring
Si tratta di modelli di natura
statistica, multivariati
multivariati, che giungono alla
valutazione del merito creditizio
sintetizzandolo in un unico valore
numerico.
numerico

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Cosa sono i modelli di scoring
• Gli strumenti finalizzati alla analisi
statistica dei dati dei clienti si definiscono
MODELLI DI SCORING
• I modelli di previsione delle insolvenze
basati su metodologie di carattere
statistico rientrano nella fase quantitativa
del processo di valutazione del merito
creditizio.
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L’obiettivo dei modelli di scoring
• L’obiettivo è quello di ottenere una
p
valutazione automatica delle controparti
attraverso l’assegnazione di uno score che ne
individua lo stato di salute.
salute
Analisi
andamentale
• Dati di lavoro
interni
• Centrale
C t l dei
Rischi
d i
Score
andamentale
d t l PD
• ………….

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L’obiettivo
L obiettivo dei modelli di scoring
D un punto
Da t di vista
i t strettamente
t tt t gestionale,
ti l l’obiettivo
l’ bi tti è quello
ll di
fornire uno strumento che consenta di:

- svolgere una costante azione di sorveglianza del


portafoglio
- discriminare, con predittività di un anno, le relazioni che
manifesteranno il deterioramento del profilo di rischio

T=-12 data di
T=0 data di
primo segnale
classificazione
di rischio
“non
derivante
performing”
dallo score

Tempo (mesi)

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Gli elementi di valutazione vengono integrati secondo questo
schema concettuale di riferimento
Analisi
Analisi Analisi
settoriale/
Qualitativa Eco-finanziaria
PROFILO AZIENDALE
ambientale

Score Rating di Score


qualitativo Bilancio ambientale

Rating di
Impresa

RATING INTERNO COMPLESSIVO


COMPORTAMEN

Score
andamentale
PROFILO

Score Score andamentale


andamentale di CR interno
NTALE

Analisi dati Analisi


Centrale Rischi Rapporto B/I

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26
Profilo comportamentale

• Per analisi andamentale si intende


l’
l’osservazione
i del
d l comportamento
t t che
h il
Cliente ha nei confronti della Banca e del
Sistema.
Si
• La valutazione si basa su due fonti di
informazione:
• Dati desumibili dalla Centrale dei Rischi della
BdI
• appo in co
Rapporti corso
so co
con laa Banca
a ca
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I dati della Centrale dei Rischi
• I dati della Centrale Rischi Banca d’Italia
consentono di monitorare
i l’andamento
l’ d dei
d i
rapporti detenuti dal debitore presso il
Si
Sistema, in
i termini
i i di:
di
- segnali di anomalie gravi nei rapporti
(eventuali presenze di sofferenze)
p
- livello di utilizzo rispetto ai fidi accordati
- tipologie di forme tecniche utilizzate dal
cliente
- numero di soggetti affidanti
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I dati interni
• L’analisi dei rapporti con la Banca permette di
comprendere le necessità finanziarie e lo stato di
salute della relazione mediante l’osservazione
di:
- presenza di segnali di tensione (sconfinamenti
frequenti/perduranti e presenza di assegni
sospesi)
- livello della movimentazione, sintomatica del
grado di inserimento commerciale del cliente
- ritorno di insoluti, sintomatico della qualità
della rispettiva
p clientela
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Analisi
Analisi Analisi
settoriale/
Qualitativa Eco-finanziaria
PROFILO AZIENDALE
ambientale

Score Rating di Score


qualitativo Bilancio ambientale

Rating di
Impresa

RATING INTERNO COMPLESSIVO


COMPORTAMEN

Area di Score
andamentale
PROFILO

analisi del
Score Score andamentale
Ratingg Andamentaleandamentale di CR interno
NTALE

Analisi dati Analisi


Centrale Rischi Rapporto B/I

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Total Credit Quality
• Il modello TCQ è uno strumento di
scoring andamentale che consente di
g una costante azione di
svolgere
sorveglianza del portafoglio e di
monitoraggio del rischio associato
associato.

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• TCQ analizza mensilmente le informazioni
relative
l i agli li aspettii andamentali
d li interni
i i edd
esterni ed assegna uno score a ciascun
cliente,
li articolato
i l su 12 classil i (dalla
(d ll AAA alla ll
D+).
• Sulla base delle valutazioni ricevute da eventuali
soggetti collegati e della presenza di note
negative anagrafiche, TCQ determina la
valutazione conclusiva del singolo cliente:
Bonis, Osservazione, A Rischio.
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1 AAA
2 AA
Aspetti Note
3 A anagrafiche
andamental BONIS
i interni 4 BBB negative
5 BB
6 B OSSERVAZIONE
Aspetti
A tti 7 CCC Valutazione
andamentali 8 CC dei collegati A RISCHIO
esterni 9 C
10 DDD
11 DD
12 D
D+

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• Il Sistema Andamentale prende in
considerazione
id i tuttii i soggettii (persona
(
fisica, giuridica o cointestazione)
i
intestatari,
i presso la
l banca,
b di almeno
l un
rapporto di Conto Corrente, Carte di Credito
(R l i ) o Finanziamento
(Revolving) Fi i con pagamento
rateale.
• Vengono, quindi, esclusi dal monitoraggio i
clienti che hanno solo prodotti di deposito
ovvero privi di rischio quali libretti di
risparmio, titoli, ecc.... © Università Federico II Teoria del rischio 2010
I soggetti monitorati sono ripartiti

TIPO
CLIENTE

PRIVATI AZIENDE

• Solo persone fisiche e


cointestazioni

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Scoring
Comportamento
andamentale
Dati con la
anagrafici banca In Bonis (BO)

Classificazione
mensile Sotto osservazione (IO)
proposta
Centrale
dei Bilancio
Rischi A Rischio (AR)

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Sistema di Gestione del Rischio

Il gestore delle posizioni interagisce con


SGR accettando/modificando la
classificazione proposta in automatico da
TCQ.
TCQ

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CLASSIFICAZIONE
PROPOSTA CLASSIFICAZIONE
GESTORE
MENSILMENTE

Si
AR AR
SCORE IO IO
BO BO
No

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• La valutazione oggettiva dell’algoritmo è
i t
integrata
t dalle
d ll informazioni
i f i i qualitative
lit ti
conosciute dal gestore.

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• Usando lo stesso sistema, l’intera filiera
d l credito,
del di dalle
d ll unità
i à di controllo
ll interno
i
sino alla rete periferica, gestisce il trend
delle classificazioni proposte e le attuali
classificazioni. Inoltre il sistema controlla
se le regole sono state applicate e se il
tempo massimo di permanenza concesso
in ogni classe di rischio è stato rispettato.

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SGR consente di monitorare la qualità del portafoglio crediti di competenza
mediante la visione della classificazione automatica attribuita alle singole
g
relazioni.

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II Teoria del rischio
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Esempio di scheda cliente: valutazione finale attribuita sia in termini di classi
di rating
g ((AAA,, BBB,, ecc)) che in termini di classificazione automatica
proposta (BO/OS/AR).

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II Teoria del rischio
2010
• La valutazione del cliente deriva da due
steps:
• Valutazione singoli rapporti
• Valutazione variabili “cliente”

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1° step: Esempio di scheda cliente: valutazione attribuita ai singoli rapporti da
cui dipende la valutazione finale attribuita al cliente.
cliente

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II Teoria del rischio
2010
2° step: Esempio di scheda cliente: valutazione attribuita alle variabili di tipo
cliente (CR,
(CR riepilogo rapporti,
rapporti ecc).
ecc)

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II Teoria del rischio
2010
La valutazione automatica di TCQ può essere modificata indicando, oltre alla
classificazione da attribuire alla relazione,, anche proprie
p p
motivazioni, obiettivi, azioni o decisioni.

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II Teoria del rischio
2010

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