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Lo sviluppo della stampa periodica dalle origini al

grande terremoto

A cura di Pizzi Anna Maria


Sommario
Il periodo preunitario......................................................................................................................................... 3
Gli anni dall’Unità al 1908 ................................................................................................................................. 6
L’importanza e l’utilizzo della stampa commerciale nella città a cavallo dei due secoli .................................... 12
Messina: città dalle molteplici attività commerciali finanziarie e marittime attraverso la stampa................... 12
Le testate nel loro aspetto di denuncia dei “mali” della vita economica e sociale cittadina ............................... 16
I gruppi di pressione delle testate ..................................................................................................................... 21
La stampa come strumento di diffusione delle idee dei diversi gruppi ......................................................... 21
La propaganda politica attraverso i giornali ...................................................................................................... 27
Il periodo preunitario

La produzione, notevolmente ricca, della stampa periodica occupa un posto di grande rilievo nella
storia della cultura messinese. L’interesse è suscitato dal suo porsi nelle vicende cittadine come
specchio fedele degli avvenimenti politici e civili, delle tensioni sociali e della specifica vocazione
marittima e commerciale di Messina, “città mediterranea”. E’ anche testimone, in taluni momenti
sorprendente, dei desideri di mutamento dei numerosi aspetti dolorosi di una realtà che emerge
come dimenticata dal governo piemontese; di un malcontento espresso talora come forte
autocritica diretta a colpire alcuni atteggiamenti dei concittadini nei confronti della bistrattata
patria.

In Sicilia, le origini della stampa e quindi della stampa periodica, sono piuttosto precoci. Già nel
1471 giunge a Messina uno dei maggiori tipografi appartenenti alle maestranze delle botteghe di
Gutemberg: Enrico Alding di Colonia, che unitamente ad altri stampatori, dà vita ad un intensa
attività tipografica.

Circa la “storica” contesa fra Palermo e Messina del primato in questione, ne scriveva verso l’anno
1755 l’abate Giuseppe Vinci.

Questa notizia fu l’anno seguente pubblicata nelle Memorie per servire la storia letteraria di Sicilia,
“….e così fu ritenuto da tutti essere stata Messina la prima città di Sicilia in cui siasi introdotta
l’arte tipografica......di cui raggiunge nel XVIII sec. non solo il monopolio in Sicilia ma ......perfino
l’invidiabile intento di eseguire anche la stampa dè libri della maggior parte degli autori messinesi,
tuttochè in Messina, il numero delle tipografie fosse ....superiore ai locali bisogni”1.

1
Oliva Gaetano, L’arte della stampa in Sicilia nei sec. XV e XVI, ricerche storico-bibliografiche e note di archivio estratto
dall’archivio storico per la Sicilia orientale, Catania, 1911, cit. pag. 7
In una terra come la Sicilia....costretta per la sua
posizione geografica a mantenersi segregata dal
resto del mondo…”le manifestazioni
giornalistiche a mezzo di fogli a stampa hanno
fatto la loro apparizione nel primo ‘600. E’ pure
risaputo che la Sicilia non mancò di scambiare
informazioni con avvisi manoscritti prima , e poi
con fogli a stampa, come ne fanno testo i
cronisti del tempo.

La città di Messina può vantare un vero e proprio giornale politico uscito dalle sue mura sin dal
sec. XVII. E’ una regolare pubblicazione mensile, a fogli numerati dal titolo GIORNALE DI MESSINA, che
esce ininterrottamente per tutto il periodo dei rivolgimenti contro la Spagna, dal 29 ottobre 1675
al 24 aprile 1677. Ciò rende non dubbio essere stata questa città, la prima che in Sicilia avesse il
vanto di introdurre queste genere di pubblicazioni popolari”2.

Dopo il fallimento della rivolta di Messina del 1674-1678, si devono attendere più di cento anni
prima che vengano messi in circolazione altri giornali. Il secolo XVIII è attraversato da eventi come
l’epidemia di peste del 1743 e il terremoto del 1783, a cui si aggiungono i profondi mutamenti dei
sistemi commerciali e marittimi nei paesi dell’area mediterranea. Non è certamente un caso che
l’inattività giornalistica coincida con un periodo segnato da fattori che avrebbero potuto
determinare una crisi irreversibile della città e che invece non ne frenano la rinascita economica,
avviatosi con il riconoscimento nel 1728 delle prerogative di “porto franco”.

La ripresa della produzione dei periodici si svolge secondo una direzione ben precisa; le testate
erano volte, dopo i fermenti prodotti dalla rivoluzione francese, a bloccare ogni istanza di
rinnovamento sostenendo apertamente e incondizionatamente il trono dei Borboni.

Nel contempo, non mancavano di manifestare continua simpatia verso la Gran Bretagna che in
Messina trovava un punto strategico privilegiato da cui contrastare le azioni del Bonaparte e
soprattutto del Murat, che dalla vicina Napoli costituiva costante motivo di preoccupazione. Nel
leggere gli articoli che decantano le virtù dei sovrani borbonici e i vantaggi del protettorato
inglese, è evidente che la funzione della stampa sia unicamente quella di asservire il potere
dominante, che la utilizza come uno degli strumenti ideali per rassicurare i cittadini sulla bontà dei

2
Saitta Antonio, La stampa periodica a Messina,, Messina, 1967, cit. pag. 10
propri ordinamenti. Ciò porta come conseguenza una caratteristica comune a questi fogli: l’essere
privi di notizie di cronaca e di dibattiti con l’amministrazione comunale.

Annoveriamo fra i tanti il COMPENDIO DELLE NOTIZIE PIÙ RECENTI del 1793 ed il CORRIERE DI MESSINA che
vede la luce lo stesso anno, che si fondono poi nel COMPENDIO DELLE NOTIZIE PIÙ RECENTI DEL CORRIERE DI
MESSINA; LA PORTATA, del 1796 che si rivela particolarmente utile nel raccogliere i dati riguardanti il
movimento del “porto franco” di Messina; l’OSSERVATORE PELORITANO, del 1797 e la GAZZETTA
BRITANNICA, che il 18 giugno 1814 diventa la GAZZETTA DI MESSINA.

I fogli che vengono alla luce dagli anni venuti in poi rappresentano una fase gloriosa nella storia
della produzione periodica, allineandosi subito a fianco del nascente movimento risorgimentale
nazionale, rivelano l’importanza delle cause che prepararono la caduta del governo borbonico
nell’isola; il giornalismo periodico, sia pure frenato dentro gli angusti limiti e le strettoie impostagli
dalla censura, riuscì gradatamente a portare l’eco di quelle idee maturate durante la fine del ‘700
ed i primi anni del secolo successivo.

Nell’ambito della produzione messinese, dopo il NUNZIO PACIFICO del 1820 ed il MERCURIO MESSINESE
del 1829 non si può tralasciare di menzionare l’importantissimo MAUROLICO, giornale del Gabinetto
Letterario, fondato il 5 ottobre 1833 da un gruppo di giovani intellettuali animati da fervido spirito
patriottico contro il trono dei Borboni. Diedero vita al MAUROLICO nomi come: Giuseppe La Farina,
Felice Bisazza, Raffaele Villari3, Riccardo Mitchell, collaboratori in futuro di diversi periodici, e altri
fra i migliori ingegni di Messina.

Annoveriamo ancora LO SPETTATORE ZANCLEO (1831), pubblicato fino al 1847, anch’esso al servizio
della causa rivoluzionaria, e costretto ad assumere un nuovo titolo, IL FARO, dal 1836 al 1839,
essendo stato colpito dai rigori della censura; IL MONITORE ECONOMICO TECNOLOGICO AGRARIO, organo
della Società Economica della Valle di Messina; L’AMICO DELLE DONNE, stampato per otto numeri dal
20 gennaio 1835 e L’INNOMINATO, giornale di scienze, lettere ed arti apparso fra il 1835 ed il 1839
ed anch’esso facente capo, come L’AMICO DELLE DONNE alla scapigliatura messinese.

Nella messe dei fogli apparsi in quel periodo (....si vuole siano stati 528 in tutta la Sicilia ...), la
stampa messinese è presente col suo valido contributo di circa 60 giornali, ma più ancora che il
numero conta la qualità degli scritti apparsi ed i servizi resi alla causa nazionale, anche se

3
Raffaele Villari, come ci da notizia il Saitta, venne segnalato dalle autorità, “Fra quegli scellerati che travagliano il real governo
turbando la pace degli onesti cittadini e meritevoli quindi di essere immediatamente arrestati”
fondatamente ispirati all’ideale dell’indipendenza”4. Troviamo ancora: IL POSTIGLIONE DI SICILIA
(periodico commerciale), L’AGENTE DOGANALE DEL COMMERCIO e LA TRINACRIA, tutti del 1836; il GIORNALE
DI LEGISLAZIONE E GIURISPRUDENZA, del 1838; LA SENTINELLA DEL PELORO del 1839, con il motto “Avanti”;

SCILLA E CARIDDI (1843), che costa al suo fondatore, l’abate Carmelo Allegra, la persecuzione da
parte della polizia.

Fallita la rivoluzione del 1848-49 ebbe luogo una feroce censura che rese impossibile il normale
sviluppo dell’attività giornalistica. Ma neanche la rigida vigilanza e i relativi divieti di pubblicazione,
le confische dei beni o addirittura gli esili, le condanne a morte e le continue persecuzioni che
colpivano anche i familiari e gli amici di quanti si servivano della stampa per manifestare le proprie
opinioni, valsero a sedare l’indomito animo dei patrioti. Si possono così annoverare diversi
periodici, a cui nella maggior parte dei casi viene inflitto il divieto di pubblicazione dopo appena
qualche numero. Sorte che colpisce, tra il 1850 ed il 1851, LA LUCCIOLA, L’EMPEDOCLE, diretto da
Padre Domenico Celesti dei Minimi Conventuali e LA PROVA, che non pubblicava le firme del
direttore e dei redattori. Maggiore fortuna hanno: L’ALBO GIUDIZIARIO, pubblicato dal 1851 al 1854 ;
l’ECO PELORITANO, nato nel 1853 e particolarmente rilevante ai fini della lotta cospirativa; il satirico IL
TREMACOLDO e l’EDUCATORE DEI GIOVINETTI, del 1858.

Segnano la fine della lotta risorgimentale: IL PATRIOTA, giornale del Comitato di Messina, avente il
compito di allarmare tramite false notizie, le truppe borboniche rinchiuse nel castello di Milazzo,
in cui veniva introdotto da falsi amici della monarchia, IL TELEGRAFO, l’umoristico LA TRAPPOLA ed IL
GARIBALDI.

Gli anni dall’Unità al 1908

All’indomani dell’unificazione assistiamo ad una straordinaria fioritura della stampa periodica nelle
sue più varie tipologie: dalla testata politico-amministrativa al numero unico diffuso per il dibattito
di una particolare questione, dalla rivista scientifica ai giornaletti satirici e letterario-artistici5: LA

STELLA POLARE; IL DON MARZIO, che va a formare con l’ABBICI e L’AQUILA LATINA, una forte opposizione
al partito cavouriano; IL MARCHESINO; POLITICA E COMMERCIO; LA CODA DEL DIAVOLO; CAMERA DI

4
Saitta Antonio, più volte citato, cit. pag. 37
5
La ricchezza della produzione della stampa periodica lungo l’Ottocento ed in particolare negli anni successivi all’Unità, è
documentata pure da Chibbaro L. in Storia del giornalismo in Sicilia, Roma, 1957, il quale afferma che: “dal 1880 al 1900 vedono
la luce a Messina non meno di 116 fra settimanali e quotidiani di varo carattere”.
COMMMERCIO ED ARTI DI MESSINA; IL MEFISTOFELE; L’INDICATORE SICILIANO; la GAZZETTA DI MESSINA;
L’IMPARZIALE; IL PENSIERO DI MESSINA; IL DICEARCO; IL NUOVO IMPARZIALE; L’ORDINE; LA SENTINELLA; IL FIGARO;
LA CRONACA SICILIANA. Questi e molti altri fanno parte di una produzione giornalistica che “si
inserisce nel quadro dello stato unitario con problemi di carattere contingente e di interesse
locale, con punte a volte elevate di personalismo politico. Questa caratteristica, tipica della città di
provincia, contribuisce al diffondersi di una stampa spesso confusa, a volte politicamente
indecifrabile, e tuttavia raramente scialba, dotata di un suo gustoso particolare mordente ...
caratteristica dominante ... in tutti i giornali messinesi ...”6.

Il nuovo clima politico ed il cambiamento costituzionale, si riflettono nella diversità


dell’impostazione dei periodici e dei temi in essi trattati; diversità che non manca di caratterizzare
le testate nate anche in precedenza.

I giornali sono indirizzati quasi esclusivamente ad un’élite urbana notevolmente moderna dal
punto di vista economico e sociale, ed estremamente diversificata in gruppi e partiti fra cui si apre
una lotta per un maggiore potere nella gestione della cosa pubblica. Il periodico viene utilizzato
per diffondere le idee proprie di ciascun gruppo e formare i vari orientamenti nell’opinione
pubblica, in un periodo in cui cominciano ad apparire le prime organizzazioni politiche di massa.

Inoltre, uno studio delle testate rende evidente l’importanza che le organizzazioni massoniche e
cattoliche assumono nel corso della seconda metà dell’Ottocento ed il crescente peso dei gruppi
socialisti7.

In particolare, la lettura dei periodici commerciali è di grande utilità al fine di ricostruire il


conflittuale tessuto sociale di Messina. E’ facilmente intuibile che in una città in cui il commercio
ha un ruolo assolutamente preminente, proprio in tali testate emergano le istanze delle varie
élites sulle scelte economiche più importanti; da ciò deriva la forte connotazione politica dei
periodici commerciali, i quali affiancano le diverse posizioni nei momenti cruciali della vita
cittadina e nazionale.

Uno degli esempi più eclatanti è costituito da “L’IMPARZIALE”, fondato nel 1879 e stampato dalla
tipografia Del Foro, fino al 1886. Molte pagine del giornale, sono dedicate alla diffusione degli
scopi del “partito radicale” a cui fa capo.

6
Salvo Carmen, I Giornali della provincia di Messina, Palermo, 1985
7
Per quanto riguarda la produzione della stampa di orientamento socialista dopo l’Unità, notevolmente ricca, si rinvia a Cerrito Gino,
I periodici di Messina, Milano, 1959
Oggetto di forti critiche da parte della stampa locale, è ad esempio, la legge del maggio 1865
riguardante la soppressione delle franchigie doganali nelle città di Livorno, Ancona e Messina;

Si può intuire la gravità delle conseguenze derivanti dalla soppressione di tali franchigie, leggendo
il periodico “POLITICA E COMMERCIO” (1856-1933), stampato inizialmente dalla tipografia Del
Commercio (sostituita dal 1878 al 1897 dalla tipografia Del giornale).

Il giornale interviene ripetutamente sul problema del “porto franco” a Messina e delle ingiuste
tariffe ferroviarie, come nel seguente articolo pubblicato nel 1879, anno della definitiva perdita
delle franchigie doganali: “.....non è colpa dei messinesi se si impiegò tutto quel tempo nella
costruzione della ferrovia......affermare che le franchigie doganali non inceppino affatto il
traffico....invero, sarebbe mentire, ma dall’ammettere questo fatto vero, al concludere che il
danno ecceda il vantaggio, è per lo meno inesatto e contrario al vero. A me corre il debito di
dimostrare quali ne siano i vantaggi; dimostri pure chi à contrario interesse quale e quanta sia la
somma del danno che le franchigie producono, per contraddire l’assunto per me qui sopra
nettamente formulato. Messina dentro le mura alberga 80.000 cittadini. Supponiamo che di questi
solamente un quarto consumi il sale dei ricchi - lo zucchero - col suo inseparabile compagno - il
caffè; e che ciascuno di essi - comprendendo gli usi della farmacia e della dolceria - per soddisfare
gl’inerenti fittizi o reali bisogni, godendo delle franchigie come al presente, spenda in media 10
cents al giorno. Colla cessazione delle medesime gravando sul consumo il dazio doganale, ne
spenderà indubbiamente quindici, cioè 5 di più, ossia....si avrà un’aggravio annuo di Lire 365,000.
Fate proporzionalmente lo stesso calcolo per gli altri coloniali e per il petrolio; ripetetelo per i
tessuti di che si veste l’intera popolazione, e che greggi o manufatti ritiransi qui dall’estero, e
avrete altro che mezzo milione, per lo meno un milione rotondo.....una nuova tassa di famiglia....a
cui noi non siamo abituati, e niente affatto preparati nei tempi miserevoli che corrono per il nostro
commercio. Il decantato, il problematico vantaggio che si avrà quando il commercio sarà
svincolato dalle strettoie delle franchigie, è tale e tanto da compensare il cennato, reale ed
imminente danno? Finchè non lo si dimostri con cifre alla mano, noi retrogadi abbiamo il diritto di
dire no.....Si cessi una volta dal trattarci come minorenni in tutela; si cessi dal fingere di credere
che dalle franchigie derivino gl’inciampi del nostro commercio; e si abbia la franchezza, l’onesta
franchezza di confessare che il nostro commercio è barbaramente strozzato da un regionale
sistema di tariffe ferroviarie indegno di un paese libero come l’Italia; d’un sistema di tariffe ch’è un
attentato contro la stessa unità della patria. In Italia, viva Iddio e il volere della Nazione, tutto si è
unificato o tende a unificarsi: Monarchia e popolo sono due fattori d’uno stesso tutto, uno è
l’esercito, un solo codice già racchiude le leggi civili, unificate le leggi punitive e le disposizioni di
commercio, pareggiati i politici diritti, e a Roma come a Susa e a Trapani, è la stessa
amministrazione. Si! Tutto ci unisce: le sole tariffe ferroviarie, come la repubblica stimmatizzata
dal Turr e dal Crispi, c’infondono il rancore e ci dividono!” Rosario Pomara.8

“IL NUOVO IMPARZIALE”, quotidiano fondato nel 1890 e che va in stampa per la tipografia Nicotra, si
occupa sovente del medesimo problema. Nel 1891, anno a cui risale la seguente citazione, è
diretto da Salvatore Arcidiacono: “Da molti si è attribuito il decadimento commerciale di Messina
all’abolizione del porto - franco; da altri si attribuisce ai balzelli e ai gravami che lo Stato ha posto e
che sono intollerabili; da altri alle vessazioni che le industrie, quando tentano di sorgere offrono
agli agenti fiscali, in luogo di ricevere aiuti e incoraggiamenti. Non si può negare che queste cause
non abbiano contribuito in gran parte al decadimento commerciale ed industriale di Messina; ma
più che queste cause ha contribuito a far decadere Messina, il porto-franco stesso, il quale, per
lunga consuetudine, offrendo un mezzo di facile guadagno, e aiutando il commercio di
contrabbando, distolse gli abitanti da quell’utile iniziativa che pel sorgere delle industrie è

8
POLITICA E COMMERCIO, “Le Franchigie doganali”, num. 110, 10 maggio 1879
indispensabile. - (tale opinione viene largamente contrastata da altre testate) - Sono già più di
dieci anni che il portofranco da noi è abolito, e per la mancanza di quello spirito d’intrapresa che
da noi si sperimenta, molte case commerciali ch’erano per l’innanzi floridissime, sono venute
meno; la concorrenza che l’estero fa in numerosi generi d’industria e di commerci, con cui Messina
non può sfortunatamente gareggiare, la fa rimanere sempre indietro. E’ vero che spesso la nostra
città non ha ottenuto dal potere centrale quelle facilitazioni che altre città più attive e più
previggenti hanno saputo conquistarsi; ma ciò non è una scusa, anzi è una colpa che prova
l’indifferentismo e l’apatia con cui da noi si vive. Orbene, nella nostra città e nella nostra provincia
vi sono tante materie prime che potrebbero assai bene essere usufruite per l’industria. Anziché
mandarle quale madre natura le ha fatte, all’estero, e ripigliarsele poi per pagarle trasformate dal
lavoro industriale a caro prezzo; potremmo, ove gli aiuti, gli addestramenti, lo spirito di iniziativa
non difettasse, invertire le parti, e farci pagare noi dall’estero, non la materia prima solamente, ma
i prodotti industriali in cui essa è stata dal lavoro nostro trasformata. Qui, a questo non si pensa;
quei congressi che più di ogni altro avrebbero il dovere di dischiudere con incitazioni,
incoraggiamenti e premi, le nostre vie per la prosperità cittadina, sonnecchiano; quelli che hanno
denari e che potrebbero con i loro mezzi favorire l’impianto di industrie, il movimento di traffici,
speculano invece con l’usura, il solo genere di commercio fiorente in paese;.......e tutto quindi
viene dall’ingordigia di lenti guadagni senza rischi; e se qualcuno sorge, a cui arrida il pensiero di
tentare qualche utile impresa, incontra tanti ostacoli, trova tante gelosie, tanti fastidi, che,
fortunato lui se può superarli, ove non abbia a soccombere prima di arrivare alla meta. Noi
vediamo intanto ai nostri fianchi, sorgere rigogliose d’industrie piccole città, incamminarsi a nobile
avvenire, e vediamo invece da noi farsi più accentuato il decadimento senile, e tutte le parvenze di
una fibra stanca e spossata. In verità Messina ha il diritto di avere un nobile posto fra le città
commerciali; il suo passato illustre non dovrebbe nei suoi figli, generare la sfiducia e la stanchezza.
Gli uomini competenti studiano il modo di riattivare i commerci, di far sorgere principalmente le
industrie, perché, onde Messina vegga fiorire il suo commercio, è necessario che sorgano
industrie; e i vini e gli agrumi, di cui i territorio abbonda, possono porgere materia prima di ricchi e
rimuneratori prodotti industriali. Abbiamo detta la nostra parola come il cuore e la convinzione ci
detta; ma vorremmo che venisse coltivata da chi meglio di noi sa e può in simili faccende. Lo
speriamo pel bene di Messina”9

9
IL NUOVO IMPARZIALE, “Pro Messina”, num. 19, 24 gennaio 1891
Il giornale, piuttosto che attardarsi nel lamento generale riguardante la scomparsa delle franchigie
doganali, insiste in numerosi articoli sulla necessità di rafforzare determinati settori industriali e
incoraggiare tanto l’iniziativa privata quanto la cooperazione.

Largo spazio hanno il problema delle tariffe ferroviarie, la delusione per la linea ferroviaria
Messina – Caltanissetta, in particolare il problema dei Magazzini Generali, “...quei magazzini che in
un momento di sconforto furono deliberati e costarono al Municipio un occhio, per sopperire in
certo modo ai danni provenienti dall’abolizione del porto-franco, rimangono addetti a ben altri usi
che quelli per i quali erano stati edificati.....per non parlare del bacino di carenaggio..... dopo
averlo avuto, interessi particolari hanno posto ostacolo al suo sviluppo.... ”10

Tuttavia, nonostante l’aumento dei ceti legati alle attività armatoriali, all’esercizio del credito e
all’intermediazione finanziaria; nonostante anche l’industria degli agrumi vada a compensare
parzialmente il decadimento dell’industria tessile, anche a inizio Novecento si moltiplicano le voci
a favore del ripristino dei privilegi riguardanti il porto.

Nnascono difatti, testate come “LO STATUTO” (1901) , Organo dell’Associazione Monarchica
Liberale, dedicato in gran parte ai problemi del “Porto franco” e “PRO PORTO” (1907), numero unico
diffuso per l’analoga questione.

Lo sviluppo della produzione giornalistica dopo il 1860 è tanto più ragguardevole se lo si paragona
ai forti limiti entro cui si muoveva la stampa messinese e nazionale tutta:

Più forti capitali, è vero, erano intervenuti a garantire il rafforzamento dei quadri relazionali e
amministrativi dei giornali e ad apportare un certo ammodernamento dei sistemi tecnici e di
distribuzione”11.

A queste si aggiungevano le difficoltà date dall’azione della censura.

La legislazione sulla stampa nazionale è data dall’estensione dell’editto emanato da Carlo Alberto
nel 1848 in un clima di moderata apertura alle esigenze di una pubblica informazione. L’articolo 28
dello Statuto Albertino

In sostanza, la stampa era dichiarata libera, ma comunque soggetta a leggi repressive12. Questo
ne permetteva negli anni la possibile interpretazione da parte di magistratura e polizia in senso

10
IL NUOVO IMPARZIALE, “Interessi del paese”, num. 186, 13 agosto 1892
11
Castronovo Valerio, La stampa italiana dall’Unità al Fascismo, Bari, 1970
ulteriormente restrittivo, colpendo non solo il gerente responsabile, che deve personalmente
rispondere di tutto ciò che è scritto nella testata, ma anche il direttore o l’articolista spesso
perseguiti penalmente per complicità (Non a caso, è frequente che un articolista ometta la propria
firma o ponga uno pseudonimo a conclusione di un articolo particolarmente scottante).

Innumerevoli furono comunque gli interventi delle testate a salvaguardia di un’attività giornalistica
che esercitava, per i molteplici motivi descritti, un ruolo vitale nella città dello Stretto.

L’importanza e l’utilizzo della stampa commerciale nella città a cavallo dei due secoli

Messina: città dalle molteplici attività commerciali finanziarie e marittime attraverso la stampa

La quantità dei periodici di orientamento economico che videro la luce a Messina , fra Otto e
Novecento, è di per sé un dato che ne attesta la specifica connotazione commerciale e marittima
13
. L’intensa vita economica della città, dovuta primariamente al suo porto e alle connesse
molteplicità di traffici e di professioni, è dedotta da un pullulare di fogli che ne documentano con
costanza e precisione, lo sviluppo, le problematiche e nel contempo i fattori che ne determinano la
decadenza. L’INDICATORE COMMERCIALE (1831-1883), POLITICA E COMMERCIO (1856- 1933), CAMERA DI

COMMERCIO ED ARTI DI MESSINA ( 1866-1876), L’AGRICOLTORE MESSINESE (1867-1902), L’IMPARZIALE (1879-


1923), PHILLOXERA E PROPRIETÀ FONDIARIA (1883), IL NUOVO IMPARZIALE (1890-1902), L’ORDINE (1897-
1920), LO STATUTO (1901-1903), P RO PORTO (1907), sono solo alcune delle testate.

Dalle pagine di questi giornali è possibile conoscere l’andamento dei traffici portuali anno per
anno, non solo attraverso il contenuto degli articoli, ma anche attraverso i vari prospetti che
riportano i movimenti della navigazione a vela e a vapore, di cui sono pubblicizzate le numerose
compagnie, nonchè i dati riguardanti le esportazioni, le importazioni e i prezzi dei principali
prodotti.

12
Lazzaro Giorgio, La libertà di stampa in Italia, Milano, 1969
13
Battaglia Rosario, Mercanti e imprenditori in una città marittima, il caso di Messina ( 1850-1900)
Anche gli inserti pubblicitari si
rivelano utili alla ricostruzione del
tessuto economico cittadino, in
quanto oltre a reclamizzare gli
articoli, i negozi più disparati, le
numerose tipografie e la varie ditte
di trasformazione dei prodotti, rileva-
no la crescita delle attività
speculative collegate al movimento
del porto.

Si può notare, difatti, la presenza accanto alle agenzie di navigazione, di numerose compagnie di
assicurazione, nonché il sorgere dei ceti emergenti facenti capo alle professioni liberali e
impiegatizie. Ancora, gli annunci della Camera di Commercio ed Arti, i dispacci delle agenzie con
le più importanti notizie da tutto il mondo, la registrazione puntuale della borsa italiana ed
estera, rendono i periodici commerciali una fonte eccezionale per lo studio dell’evoluzione della
struttura politica ed economica della città di Messina, del resto della regione e nazionale.

Tuttavia, nonostante la quantità dei dati riportati, la lettura delle testate di orientamento
economico messinesi, sembra offrire in apparenza, un quadro contraddittorio delle reali
condizioni economiche della città.

Se per certi versi, tali testate sono rivelatrici attraverso i numerosissimi articoli di protesta, della
profonda crisi provocata soprattutto dall’indirizzo protezionistico del governo, peraltro,
testimoniano l’esistenza di un traffico commerciale e marittimo ancora notevole fino al 1908, ed
addirittura in espansione, se si considerano determinati settori.
La contraddizione è spiegabile tenendo conto di alcuni fattori. Occorre osservare che i periodici
erano largamente utilizzati come strumento di pressione sull’azione di governo, ed in quanto tali,
erano maggiormente interessati a lasciar trasparire, negli interventi sulle varie problematiche, le
conseguenze negative delle direttive politiche ed economiche attuate dal governo, anzichè le
risorse di cui Messina ancora disponeva; per risorse vanno intese non appena le materie prime da
trasformare ed immettere sui mercati con un adeguato sviluppo industriale e il miglioramento
delle infrastrutture portuali, ma anche i tentativi e le capacità di ripresa dell’élite urbana
messinese, forte di un’antica tradizione marittima e commerciale propria di una città che ben
conosceva l’alternarsi di crisi e rinascite.

Fra gli anni immediatamente precedenti l’effettiva abolizione delle franchigie doganali (31
dicembre 1879) e l’ulteriore svolta protezionistica del governo nel 1887, i temi maggiormente
agitati dai periodici, si possono così riassumere: Anzitutto il generale coro di proteste volto contro
la cessazione del “porto franco” e la sua incidenza negativa sull’esportazione di numerosi prodotti
tipici della città, particolarmente dibattuta è la crisi vinicola che sopraggiunge anche in
conseguenza del parassita della fillossera che si abbatte sulle coltivazioni, i dibattiti intorno al
diritto di richiesta del “punto franco” (ne prevede la possibile concessione la legge del 7 agosto
1876), l’invocata realizzazione dei magazzini generali e degli altri necessari ammodernamenti
portuali, il problema posto dal miglioramento delle strade che collegano Messina alla provincia e
all’interno e dalla costruzione di nuove linee ferroviarie, nonchè la reclamata applicazione delle
tariffe differenziali; a proposito dei lavori di costruzione della linea Messina-Patti-Cerda, assume
grande rilievo la questione della “curvilinea” in alternativa alla “rettilinea”, vale a dire se la
ferrovia dovesse passare da Milazzo o se quest’ultima dovesse essere collegata alla rete ferroviaria
semplicemente con un troncone di strada rotabile, e che vede la stampa locale schierata
all’unanimità nel sostegno della seconda soluzione. Va aggiunto, che già intorno al 1878
incomincia a farsi strada l’intuizione che per il futuro dell’economia messinese, è indispensabile
appoggiare l’iniziativa privata nel campo dell’industria e favorire l’istruzione professionale.
Nonostante i numerosi fattori negativi, non si possono non notare dei segni positivi.

Notevolmente florido è il settore degli agrumi, che va a compensare negli anni compresi fra l’Unità
e il grande terremoto le attività che versano ormai in una crisi irreversibile, rendendo Messina la
più importante piazza agrumaria del Mediterraneo e limitando la disoccupazione causata in
particolare dal decadimento dell’industria tessile, grazie alla nascita di numerose case di
esportazione ed agli stabilimenti di trasformazione dei prodotti agrumari. Nel contempo, va
rilevata l’importanza e la crescita dei ceti legati alle attività di intermediazione finanziaria, che
operano spesso con la collaborazione di famiglie straniere, per lo più inglesi, ormai residenti a
Messina. Accanto all’incremento delle compagnie di navigazione e delle società di assicurazioni,
vanno menzionate a testimonianza della consistenza delle operazioni finanziarie e commerciali, la
costituzione della Banca Siciliana nel 1872 e la Banca Popolare di Messina, fondata nel 1878.

All’indomani del 1887, il protezionismo attuato dal governo provoca le reazioni contrarie delle
testate, che lamentano gli inevitabili contraccolpi negativi di tale politica sul mercato messinese.
Nel 1888, L’IMPARZIALE, denuncia la scarsità di affari nel commercio di prodotti quali l’olio d’oliva, le
mandorle, i pistacchi e le nocciuole, a causa della mancanza di fiducia nella speculazione. Si
moltiplicano gli interventi sulla guerra commerciale con la Francia e sulla crisi dell’industria
enologica, che preoccupa particolarmente gli operatori locali, in quanto l’esportazione dei vini
costituiva in passato uno dei punti forti della piazza messinese; nel contempo, si guarda con
apprensione alle difficoltà attraversate dal commercio degli zolfi, determinate in gran parte dalla
mancata attuazione delle tariffe differenziali sulle linee ferroviarie. L’intuizione che il futuro
economico di Messina risieda nelle capacità di crescita industriale, diviene assoluta certezza, e
testate quali il NUOVO IMPARZIALE, (dopo lo sviluppo dell’industria alimentare alla fine degli anni ’80),
si ergono a favore degli incoraggiamenti ai privati che vogliano intraprendere iniziative in tal senso
e sostengono la necessità della cooperazione per una piena ripresa economica.

Malgrado il generale rimpianto del “porto franco” e delle attività di esportazione, la decisa
reazione della borghesia armatoriale e il fiorente mercato degli agrumi, costituiscono due dei più
importanti fattori che permettono la ripresa dell’economia cittadina e impediscono che il
Mediterraneo possa diventare, così come teme IL NUOVO IMPARZIALE, un lago francese, mentre
l’Adriatico possa ridursi a un “lago austriaco”.

Questi fattori, permettono invece che negli anni immediatamente precedenti al sisma, le attività
commerciali e marittime di Messina, mantengano dei valori stabili, in rapporto ai precedenti
periodi, così come è evidenziato dalla statistica del movimento complessivo della navigazione nei
maggiori porti italiani, fra il 1896 e il 1904; il paragone del numero di navi approdate e ripartite da
porto di Messina nel 1904, corrispondente a 7.303 per un totale di 486.250 tonnellate di merci
imbarcate e sbarcate, di contro alle 6.370 navi del 1896 per un totale di 379.623, rivela un
crescendo continuo di arrivi e partenze di piroscafi.
Nonostante diverse testate si attardino ancora sulla nostalgia delle antiche franchigie doganali,
PRO PORTO sostiene che è facile dimostrare, cifre alla mano, come il porto di Messina sia rimasto
uno dei più vitali porti del regno, e pertanto, la sua voce è una delle tante testimonianze del
consistente volume d’affari ancora esistente nella città alla vigilia del terremoto che opererà una
radicale trasformazione del tessuto economico e sociale.

Le testate nel loro aspetto di denuncia dei “mali” della vita economica e sociale
cittadina

L’aspetto più toccante dei periodici presi in esame è certamente quello di essere dolente denuncia
dei “mali” di una realtà economica e sociale, per molti aspetti in declino rispetto agli anni
precedenti. Suscita in noi una forte impressione leggere pagine da cui sembra levarsi un grido
antico e attuale al tempo stesso, quasi sempre inascoltato, diretto a chiedere l’attenzione di un
governo spesso sordo ai suoi appelli; ma diretto anche a colpire la passività e l’indifferenza con cui
i concittadini assistono alla rovina di una Messina, di cui si compiangono amaramente le glorie
passate.

Uno dei primi colpi inferti nella seconda metà dell’Ottocento al sistema commerciale messinese fu
la legislazione volta a eliminare gli antichi privilegi del “porto franco”; l’evento fu considerato dai
giornali dell’epoca, con rarissime eccezioni, come una vera e propria tragedia, proprio perché
andava a colpire il cuore di quel sistema. Forte era pure lo scetticismo sulla possibilità di
recuperare l’intensità dei traffici con la costruzione dei magazzini generali e col potenziamento del
sistema ferroviario, posto come condizione per l’attuazione delle nuove normative sulle franchigie
doganali.
Ciò che maggiormente esaspera non è appena una politica commerciale improntata ad un sempre
maggiore protezionismo , ma la disparità di trattamento e di mezzi che lo Stato impiega in altre
regioni e città;

Inoltre, nelle battagliere testate, accanto alle polemiche rivolte all’indirizzo del governo, non
mancano attenzione e critiche all’azione del governo locale. In una città dalla dimensione urbana
ormai moderna, in cui la gestione della cosa pubblica si ramifica in numerose branche (il cui
controllo diventa importante in termini economici e politici), intorno a quel grande centro di
interessi rappresentato dal Municipio, si svolgono lunghe e aspre battaglie che riempiono le
pagine dei giornali.

L’aspra polemica nei confronti del governo nazionale non risparmia certo l’amministrazione
comunale assumendo toni dolentemente sarcastici anche nel commentare la mentalità dei giovani
messinesi, così come riecheggia dalle pagine de L’INDICATORE SICILIANO, gestito analogamente al
CRONISTA da Giovanni Leggio e stampato anch’esso dalla tipografia Alighieri: “ ..... sarebbe
necessario l’impianto in Messina di un buon istituto nautico, che fosse il semenzaio di ottimi
capitani e quindi sprone potentissimo a rialzare la spenta industria marittima. Doveroso a dirsi!
Non si riuscì mai a rafforzare quest’idea con l’appoggio deliberato di parecchi consiglieri, di modo
che ottenesse almeno l’onore della discussione. E si che in altri tempi il nostro bilancio non
presentava, com’oggi un deficit di lire 342.000! E si che si trattava di cosa di una incontrastabile
utilità pratica! Ma se quando eravamo ricchi, in confronto dell’oggi non si trovarono sostenitori
alla proposta di fondare un istituto che, qual calamita avrebbe attirato a noi la maschia presenza di
tutti i migliori marinai delle provincie meridionali, in compenso si trovarono voti a josa per far
pagare al municipio e a molto caro prezzo, un immigrazione periodica di locuste umane, non meno
voraci e dannose delle terribili sterminatrici dei nostri campi. Non già che la morale ne venisse in
alcun modo offesa! Erano tutte oneste fanciulle di rango francese, di rango italiano e d’altri nobili
ranghi, le quali venivano a dettare lezioni d’etica e metafisica ai figli di famiglia e talvolta agli stessi
padri della patria! Se il danaro del povero era proffuso almeno il senso morale era salvo e la
castigatezza dei costumi se ne avvantaggiava! Perché mo si dovrebbe oggi rompere così brillanti
tradizioni? Per la bagattella di lire 342.000? Non val la pena di occuparcene. L’essenziale è di non
lasciar abbattere gli animi dei buoni cittadini di Messina, ma di infondere la vita, a furia di
spettacoli e di orgie, nelle nostre mura rese squallide dal deperimento commerciale ..... la nostra
gioventù passeggia oziosa per le vie di Messina o sdraiata nei caffè conta le spire voluttuose in cui
si aggira il fumo della sigaretta? E che perciò? In attesa di tempi migliori, di giorno, avrà campo di
esercitarsi nell’arte della contemplazione, di notte si dedicherà allo studio sperimentale della
storia naturale. È vero che accolta in un istituto nautico vi imparerebbe il modo di divenire utile a
se ed agli altri per le vie che resero Genova, sopra le altre città d’Italia ricca e potente. Ma questo
sarebbe ridicolo spirito di imitazione o gara di campanile. Lungi da noi tale obbrobrio. A noi le rati
gentili della musica, della danza e della pantomima. Alla rozza natura dei liguri lasciamo dunque la
cura di guidar navi e incallire le mani sul timone e sui remi .....”14.

Strettamente connesso all’abolizione delle franchigie doganali è il problema della rete ferroviaria,
che si poneva da lunghissimo tempo. Il governo borbonico aveva attribuito alle ferrovie “o una
funzione per così dire, di comodità, o uno scopo prettamente militare” e se “ben poco si pensò alla
costruzione delle ferrovie nel napoletano, tanto meno si sarebbe pensato dal governo d’introdurre
le ferrovie in Sicilia che, per il suo spirito inquieto e ribelle, era da quello considerata piuttosto una
appendice incomoda”15

Nel 1882, L’INDICATORE COMMERCIALE, che vede fra i suoi gerenti Vincenzo Miloro e Giovanni Lucà
Trombetta e fra le tipografie da cui è stampato, la Nicolò D’Amico e la Capra, sostiene nella
rubrica “Parole al vento”, che ancor prima che muti l’indirizzo del governo, è “ ..... più necessario
che i cittadini smettano una buona volta dall’egoismo, dall’apatia, dall’indifferenza nella quale
abitualmente stanno. Poiché bisogna pur confessarlo! È colpa dei cittadini stessi che se a Messina
si dovesse dare un nomignolo per distinguerla dalle altre città ci sarebbe da soprannominarla
l’indifferente. Si è da noi indifferenti su tutto; in fatto di religione come di politica; di istruzione
come di amor proprio. Allorquando si agitano le questioni più vitali pel paese una stretta nelle
spalle manifesta il vivo interesse che i cittadini tutti vi prendono; ciascuno dichiara che ha da
badare alla propria bottega e si restringe nel proprio guscio come la lumaca; la lumaca: ecco
l’emblema nostro .....”16.

Tuttavia, Grande interesse suscita sin dall’inizio degli anni ’80 la possibilità di sviluppo
dell’industria17 locale.

14
L’INDICATORE SICILIANO , “Prodigalità da Scapati” num.7, 29 marzo 1876
15
Giuffrida Romualdo, Lo stato e le ferrovie in Sicilia, Palermo 1967
16
L’INDICATORE COMMERCIALE, “Parole al vento”, num. 53 del 1882
17
Sabba Andrea e Sebastiano Solano, Lineamenti dell’evoluzione demografica ed economica della Sicilia dall’unificazione ad oggi,
in problemi dell’economia, Milano 1966
Nel 1882 il periodico POLITICA E COMMERCIO nonostante l’abolizione del portofranco segnala la
fioritura dell’industria della seta e dell’estrazione dell’olio d’oliva nella provincia messinese, così
indica un’altra industria che va prendendo piede: quella dei saponi. Il giornale, inoltre, da notizia,
con evidente soddisfazione, della medaglia d’oro conferita ai signori Nascio Aveline e C. di
Messina, per la loro fabbrica di acido citrico, acido tartarico e acido solforico18. Nello stesso anno
L’IMPARZIALE rileva la presenza all’Esposizione Industriale di luglio un prodotto che in altri tempi ha
formato una delle principali industrie del paese, vale a dire le comuni sedie, che fino al 1860
rappresentavano un attivissimo capo di commercio industriale.

Largo spazio è dato, insieme all’antipatia dimostrata alla Francia per la difficoltà dei trattati
commerciali, al problema della “Fillossera”, che angustia il già travagliato settore del commercio
dei vini. La gravità del problema è testimoniata dalla nascita di un periodico che vi si dedica
interamente, PHILLOXERA E PROPRIETÀ FONDIARIA, fondato nel 1883; anche per questo giornale, il
gerente è Giovanni Leggio, mentre la stampa è affidata alla tipografia dei Fratelli Messina. Uno dei
dati più significativi che emerge dalla lettura di periodici come PHILLOXERA, è la funzione di protesta
sulle varie problematiche che caratterizza, nella quasi totalità dei casi, anche il più piccolo
bollettino agricolo. Così descrive la PHILLOXERA, il dramma rappresentato dalla malattia delle viti:
“..... e pare che in tutto ciò che di fillossera odora il diavolo vi metta il corno. Vuoi delegati, vuoi
assistenti, vuoi caporali tutti si somigliano, si ripetono nel mistificarci, nell’ingannarci, nel farci
disperare .....” 19.

Il giornale attacca aspramente l’atteggiamento del governo e degli addetti ai lavori: “ ..... sino ad
ora il governo ed i proprietari sono stati lo zimbello degli agenti della fillossera .... invece di fare il
possibile per debellare l’insetto .... ne hanno allargato il suo regno, per non vedere cessare una
cuccagna .... quando assaporarono i danari del governo, alcuni arrivarono alla frode, a portare
l’insetto nei vigneti immuni .... baldanzosi e simili ai soldati di Attila entrano nella proprietà altrui,
distruggendo , pestando, rovinando le piante, e qualche volta, come ci hanno raccontato alcuni
proprietari rubando frutta o piante da ortaggio .....”20

18
POLITICA E COMMERCIO, “Consorzio agrario di Messina di talune industrie”, num. 216, 11 settembre 1882
19
PHILLOXERA E PROPRIETÀ FONDIARIA, “Questione fillosserica”, num. 4, 28 agosto 1883
20
Philloxera ..., “Il metodo distruttivo vero ed il falso”, num. 3, 22 agosto 1883. L’argomento è ampiamente trattato dalle testate; per
POLITICA E COMMERCIO si rinvia a: “La fillossera in Italia”, num. 215, 13 settembre 1879; “Istruzione sulla fillossera”, num. 130,
5 giugno 1880; “La fillossera”, num. 222, 21 settembre 1880; “La fillossera”, num. 224, 23 settembre 1880; “La fillossera”,
num. 225, 24 settembre 1880; “Per la fillossera”, num. 208, 29 agosto 1881; “La discussione sulla fillossera alla Camera”, num.
286, 28 novembre 1881; “Inchiesta per la fillossera”, num. 255, 2 novembre 1883; “La fillossera”, num. 260, 8 novembre 1883;
Dopo il 1887, definito da Pietro Longo come il “canto del cigno”21 del commercio messinese,
L’IMPARZIALE è fra quei periodici che maggiormente insistono sugli effetti deleteri prodotti dalla
politica protezionistica: “......Oggi il protezionismo ha preso il sopravvento in molti stati di Europa e
minaccia di invadere anche il nostro paese che finora si era tenuto lontano e aveva seguito nella
sua legislazione la teoria del libero scambio. Questo insorgere del protezionismo obbliga anche
noi, senza volere, a diventare a nostra volta protezionisti, per tutelare gli interessi delle nostre
industrie, sì agricole che manifatturiere. Però questo forzato protezionismo non deve accecarci, e
non deve spingerci troppo oltre per rinunziare al nostro passato economico informato ai più ampi
principi di libertà.......Per noi di Sicilia, è vitale il commercio dei vini, degli agrumi e degli
zolfi.......Noi non sappiamo raccomandarlo abbastanza”22.

Ma vi è da dire che le ragioni di crisi, sono da ricercare pure, come considerano L’IMPARZIALE, ed IL
NUOVO IMPARZIALE, nella mancanza di credito razionalmente elargito ed amministrato, nella
deficienza assoluta dello spirito di associazione e cooperazione23 - danno non meno grave - del
malgoverno comunale e nazionale. “Lo spirito di associazione difetta, e le leggi stesse non sono
atte a verificarlo. Non appena dei capitali si uniscono per creare un’industria viene il fisco e ne
inaridisce le fonti” ….“Il mondo dell’infinitamente piccolo, la micromania, trionfano nel mondo
non solamente fisico”24

Alti si levano i cori di protesta contro la temuta soppressione delle facoltà minori dell’Università
messinese. Nell’ultimo ventennio del secolo la stampa locale condanna all’unanimità la minaccia
del ridimensionamento, a causa degli elevati costi, di un’istituzione che vanta una gloriosa
tradizione, esprimendo l’impossibilità a rassegnarsi di fronte all’ennesima umiliazione patita25, e
proponendo riforme basate sull’autonomia degli istituti. L’unico vantaggio riconosciuto a questa

per L’IMPARZIALE si rinvia a: “La fillossera”, num. 3, 16 gennaio 1881; “Fillossera”, num. 35, 30 settembre 1882; “La fillossera e
i nostri deputati”, num. 6, 3 febbraio 1884; “Pel fillossera”, num. 233, 1888
21
Longo Pietro, “Il porto di Messina e la sua aderenza alla vita della città”, Messina 1932
22
L’IMPARZIALE, “I negoziati pel trattato di commerci”, 5 gennaio 1888
23
IL NUOVO IMPARZIALE, “Cooperazione”, num. 110, 11 ottobre 1890; “Cooperazione”, num. 111, 12 ottobre 1890; “Cooperazione”,
num. 114, 16 ottobre 1890; “La cooperazione nell’agricoltura”, num. 250, 28 ottobre 1893
24
L’IMPARZIALE, dicembre 1891; vd. anche i seguenti art. pubblicati da IL NUOVO IMPARZIALE: “Tema doloroso”, num. 87, 15
settembre 1890; “La voce del paese”, num. 132, 6 novembre 1890; “j”, num. 110, 11 ottobre 1890;
25
Si rinvia, ai seguenti art. di POLITICA E COMMERCIO che ha dibattuto in maniera particolare la questione: “La nostra Università”,
num. 188, 12 agosto 1879; “Cose universitarie”, num. 143, 21 giugno 1880; “La nostra Università”, num. 259, 2 novembre 1886;
“La nostra Università”, num. 260, 4 novembre 1886; “La nostra Università”, num. 261, 6 novembre 1886; “La nostra
Università”, num. 266, 12 novembre 1886; “La nostra Università”, num. 271, 18 novembre 1886; “La nostra Università”, num.
274, 22 novembre 1886; “La nostra Università”, num. 276, 24 novembre 1886; “Gli studenti calabresi e la nostra Università”,
num. 288, 9 dicembre 1886; “L’insegnamento industriale nella nostra Università”, num. 10, 14 gennaio 1887; “La questione
dell’acqua e l’Università”, num. 294, 15 dicembre 1887
minaccia, è “......di avere finalmente - anche per l’avvenire - svegliata la cittadinanza e scosso
saltuariamente i nostri deputati e senatori per ricordarsi che Messina ancora esiste e che ad essa
bisogna pensare davvero e che alle camere e negli uffici del potere esecutivo, la loro voce e i diritti
dei rappresentanti devono avere tutto quel peso che meritano; io ne sarei grandemente lieto, e
con me tutti coloro che vorrebbero veder tornare allo antico splendore la bella ed ormai infelice
città del faro.....”26

Una delle ultime voci che precedono la calamità sismica è costituita da LO STATUTO, Organo
dell’Associazione Monarchica Liberale (1901), stampato dalla tipografia D’Amico e gestito da
Gaetano Testa, che ancora a inizio secolo, rievoca il glorioso passato di Messina “emporio del
Mediterraneo”; partendo dalle origini del portofranco, “LO STATUTO” afferma che: “Il risveglio
destato in altre città italiane dalla quistione dei portofranchi, in esito alla probabile concessione
che il governo della Francia farà di tal prerogativa a favore di Marsiglia, deve giustamente
preoccupare i nostri enti costituiti, la stampa locale, la cittadinanza tutta perché adottandosi in
Italia simili provvedimenti, oramai confortati da recenti tendenze economiche e da misure di
opportunità sia ridato a Messina ciò che per nove secoli fu parte della sua vita attiva e feconda, e
sorgente di prosperità e di grandezza”27.

L’eco di queste denunce ci raggiunge con forza ancora oggi e ci consente di cogliere le premesse di
decadenza, non solo economica ma anche culturale, di cui il grande terremoto fu un fattore
potentissimo di accelerazione.

I gruppi di pressione delle testate


La stampa come strumento di diffusione delle idee dei diversi gruppi

I periodici di orientamento economico non assolvono solo alle funzioni d’informazione


dell’andamento dei traffici commerciali o di denuncia delle gravi inadempienze governative su
una realtà attraversata da forte crisi, ma spesso esse sono accompagnate dall’indicazione dei
mezzi atti a porvi rimedio. Come già accennato in precedenza, in una città dai caratteri socio-
economici estremamente moderni, ed in cui il commercio aveva un ruolo preminente, la gestione

26
L’IMPARZIALE, 31 GENNAIO 1893
27
LO STATUTO, “Per il portofranco”, num. 3, 18 settembre 1901
dei giornali era appannaggio delle diverse élites cittadine che se ne servivano per raggiungere una
maggiore influenza e potere intorno alle questioni decisive, non solo di ordine economico. Nello
svolgere tale compito, le testate appoggiavano determinati candidati in periodo di campagna
elettorale, annunciavano apertamente la propria posizione e il proprio schieramento accanto a un
determinato gruppo, attaccando altri personaggi pubblici e partiti avversi.

Va però precisato, che non è sempre possibile risalire al “partito” cui fa capo la testata. Le
difficoltà maggiori di identificazione del gruppo di appartenenza sono date essenzialmente da due
ordini di motivi: per preciso intento del giornale o, più spesso, per la scarsezza dei numeri ancora
esistenti nelle biblioteche pubbliche o nelle raccolte dei privati. Il compito si rivela assai più
agevole laddove la quantità del materiale reperito è tuttora notevole; e’ il caso di importanti
periodici di lunga durata quali: POLITICA E COMMERCIO (1856), L’IMPARZIALE (1879) e IL NUOVO IMPARZIALE
(1890), la cui lettura è risultata particolarmente significativa ai fini di una conoscenza, almeno
parziale, della diversificazione delle varie élites e dell’entità delle loro lotte.

Al di là della diversità delle posizioni assunte, tali testate erano accomunate da un’acceso
anticlericalismo, che si esprimeva talvolta attraverso polemiche con i giornali cattolici quali la LUCE
o L’UNITÀ CATTOLICA , talvolta con le battaglie riguardanti i temi più importanti e controversi come
quello della pubblica istruzione a Messina, appannaggio del “partito nero”; oppure, si
caratterizzavano per l’ostilità verso un certo tipo di socialismo che si andava diffondendo o per
una aperta simpatia, come nel caso de L’IMPARZIALE e de IL NUOVO IMPARZIALE, nei confronti delle
società massoniche; così come osserva la Salvo: “.....Un peso crescente acquista nella vita
economica e politica della città la Massoneria, la quale é presente con giornali specifici quali
L’AURORA e L’ORIENTE, ma anche con giornali di notevole incidenza e ampio respiro cittadino...”28

POLITICA E COMMERCIO, AD ES., indicando nel rafforzamento del partito moderato29 il massimo bene
del paese, si mostra fortemente scettica circa la bontà dello “sciopero” nella risoluzione dei
conflitti fra capitale e lavoro o l’utilità di determinate innovazioni in materia elettorale; “....In
parecchie città d’Italia hanno avuto luogo in questi tempi dei comizi di operai con intendimenti un
poco politici, un poco sociali. Lo scopo cui si mira è il sublime miraggio della rigenerazione degli
operai, alla quale si vorrebbe giungere col suffragio universale e con provvedimenti regolanti ed
accrescenti il lavoro. Del suffragio universale, per un momento fatto intravedere alle masse, esiste

28
Salvo Carmen, I giornali della provincia....., Palermo 1985
29
POLITICA E COMMERCIO, “I partiti”, num. 153, 12 luglio 1876
sempre una tal quale ed ambiziosa speranza, cui il governo però, non ha fin qui con espressione
manifesta incoraggiato. Le domande sollevate dai comizi riguardo al lavoro, non sono meno
temerarie per alcuni punti ..... Rispetto alle ore di lavoro è molto confuso il concetto degli oratori e
qui pure conviene distinguere. Gli operai maggiorenni sono liberi di contrattare coi loro padroni la
misura del salario e delle ore di lavoro. Qualunque ingerenza delle pubbliche autorità in questa
materia sacra alla libertà sarebbe fatale .... Biasimiamo quelle recenti legislazioni svizzere e
americane che regolano e limitano le ore di lavoro dei maggiorenni. Avviene diversamente pei
minorenni, i quali, per un cumulo di ragioni civili, economiche, morali, igieniche, militari, devono
essere tutelati dallo stato”30.

Riguardo le agitazioni sorte per il raggiungimento del suffragio universale, viene affermato che “ è
proprio cieco chi non vede che, sotto la parvenza della estensione del suffragio, si nascondono i
più radicali propositi, gli intenti velati, ma franchi, di rovesciare le istituzioni monarchiche.....Non
sono veraci amanti della patria, coloro i quali, pur di disfarsi del partito liberale moderato, fanno
alleanza col partito radicale.....”31

Politica e Commercio, testata tipicamente patriottico – moderata, ritiene che l’autentico


liberalismo, non coincida certo con l’assecondare ciecamente l’opinione della maggioranza, anche
se erronea o con larghe concessioni nei confronti dei partiti avversari. Al contrario, considera il
suffragio universale come una tipica arma dei governi dispotici o demagogici.32

Il periodico non smette di sperare, negli anni, che i clericali si decidano presto o tardi ad
abbandonare ogni velleità circa il potere temporale33 e continua ad affermare che deve essere
consentito nelle scuole pubbliche l’insegnamento religioso ai giovani le cui famiglie lo richiedano
espressamente.34

Pure, il periodico si mostra fortemente preoccupato, nel 1892, dell’ingerenza che la Massoneria
assume nelle elezioni politiche; si attribuisce, inoltre, ai gruppi clericali35 ed in generale ai cattolici,

30
POLITICA E COMMERCIO, “Gli operai”, num. 126, 7 giugno 1876
31
POLITICA E COMMERCIO, “L’agitazione per il suffragio universale”, num. 150, 29 giugno 1880 . A tal proposito si rinvia, nello
stesso periodico, a: “Il suffragio universale”, num. 169, 21 luglio 1880
32
POLITICA E COMMERCIO, “Il vero liberalismo”, num. 62, 14 marzo 1881
33
POLITICA E COMMERCIO, “Il partito clericale”, num. 217, 14 dicembre 1888.
34
POLITICA E COMMERCIO, “L’insegnamento religioso nelle scuole”, num. 23, 29 gennaio 1889
35
POLITICA E COMMERCIO, “I clericali e le prossime elezioni amministrative”, num. 154, 3 luglio 1890
la colpa di essere stati una delle maggiori cause della preponderanza acquistata dai gruppi
massonici.

Ben diversi per vari aspetti gli orientamenti de L’IMPARZIALE, appartenente al “partito radicale”,
tanto inviso dal periodico POLITICA E COMMERCIO.

Il periodico, dedicando sovente le sua pagine alla divulgazione degli intenti e del programma del
suddetto partito, fa osservare all’inizio degli anni ottanta, che, nel momento in cui i radicali,
abbandonando il terreno delle speculazioni, scesero nell’agone politico propugnando con
entusiasmo il suffragio allargato e lo scrutinio di lista, si levò il clamore dei gruppi moderati e
progressisti, per combattere quelle riforme politiche. Tuttavia, quando la coscienza politica ed i
veri desideri della nazione si rivelarono nei comizi, negli scritti dei dotti, nelle discussioni
parlamentari, molti moderati e progressisti inneggiarono all’allargamento del suffragio; ci fu una
prima vittoria per i radicali: che numerosissimi cittadini privati dell’esercizio d’un diritto politico,
potessero finalmente presentarsi all’urna. Il giornale, afferma inoltre, che il “partito radicale”
serio, dal momento che il progresso umano non ha mai limiti né confini, si presenta propugnatore
di determinate idee: lo Stato laico, così come era stato pensato dall’ultramontano Montalabert e
da Cavour; l’indennità ai deputati, sostenuta dai più dotti cultori del diritto costituzionale in Italia,
come trionfo dell’ingegno sull’ignoranza; l’imposta progressiva, che toglie “la vergogna della tassa
sulla miseria”, avanzata dal moderato Garnier in Francia ed in Italia dal senatore Pescatore,
procuratore generale presso la Cassazione romana; l’abolizione del giuramento politico. La
differenza, su questi temi, fra radicali da un lato e moderati e progressisti dall’altro, consiste
nell’atteggiamento di questi ultimi che accettano tali idee, solo per farne accademia. 36

Profondamente avverso al clericalismo e ad ogni trasformismo politico, afferma, in occasione delle


elezioni amministrative del 1881, che si possono distinguere tre tipi di politici: “il liberale, il
clericale e il camaleonte. Il più pericoloso è il tipo camaleonte, che ha dieci coccarde e venti
programmi. L’elettore scarti questo tipo, che qualcuno si ostina chiamarlo scaltro e che noi
chiamiamo addirittura disonesto. L’elettore onesto non può scegliere che fra questi due tipi, il
liberale ed il clericale. Ecco i tipi che possono discutersi......il camaleonte non merita che
disprezzo!....”37

36
L’IMPARZIALE, “L’Idra Radicale”, num. 40, 1 ottobre 1882
37
L’IMPARZIALE, “All’urna!”, num. 28, 30 giugno 1881. Si rimanda pure a: “Il partito nuovo in Italia”, già cit., num. 18, 30 aprile
1882; “Il partito nuovo in Italia”., num. 19, 7 maggio 1882
Con toni altrettanto forti, denuncia il trasformismo nazionale: “I trasformisti trovansi oggi in
confusione grandissima. Schierati all’ombra di una bandiera, che ha per motto una parola barbara,
che implica un fatto antinazionale - trasformismo - essi fanno oggi la lotta politica e si chiariscono -
diremo con l’illustre Cavallotti - un assortimento di marionette con tutti i personaggi della
commedia dell’arte, in più o meno esemplari, al completo: qualche Pantalone, qualche dottor
38
Balanzone, parecchi Pulcinella, Arlecchini moltissimi e un numero infinito di sbarbatelli Florindi…

Grande rilievo, per quanto riguarda le battaglie con il “partito clericale” è data al problema
dell’istruzione pubblica in Messina. L’IMPARZIALE ritiene ingenui e superficiali quanti non
comprendono appieno il peso che l’educazione scolastica assuma per il “partito nero” nell’opera di
indottrinamento dei fanciulli di cui sviano i cuori e le coscienze, compromettendo la formazione di
una futura classe dirigente sana, animata dall’amor di patria e dagli autentici valori dei buoni
cittadini. La scuola clericale è invece un’officina dove si plasmano le menti, sotto l’influsso di idee
reazionarie e di cui i Gesuiti approfittano per rafforzare l’autorità del Papa.

Pur avendo a cuore i problemi delle classi lavoratrici al punto da affermare che “quando un
contadino stramazza al suolo per la fatica del lavoro, il borghese lo usa per concimare il suolo”, il
periodico ammonisce dai pericoli provenienti dalla corrente socialista.

Nel 1886, ne L’IMPARZIALE vi è un avvicinamento ai progressisti con la dichiarazione che le passate


inimicizie potevano essere dimenticate in virtù delle battaglie combattute in nome di eguali ideali,
con la dichiarazione che all’urna, radicali e progressisti avranno un intento comune: quello di
pronunziare nella città di Messina, la condanna al trasformismo depretino ; tale avvicinamento
coincide con la fusione fra L’IMPARZIALE e L’INDICATORE COMMERCIALE (1831), giornale dichiaratamente
progressista.39

Il giornale, denuncia inoltre nella vita politica cittadina, fenomeni estremamente dannosi quali
l’astensionismo elettorale e l’indifferentismo politico, derivanti da una scarsa coscienza civile.
Afferma pure, che disgraziatamente, la lotta elettorale in Messina, non si agita in nome delle idee

38
Discorso di Cavallotti in occasione dell’inaugurazione della bandiera della Società di Mutuo soccorso dei lavoranti d legno in
Brescia.
39
L’IMPARZIALE, “Progressisti e Radicali”, num. 108, 9 maggio 1886; “Progressisti e radicali”, num. 109, 11 maggio 1886; sui
programmi del partito radicale: “I nostri candidati”, num. 113, 15 maggio 1886
politiche né tantomeno in nome di un programma amministrativo; è lotta di persone e di aderenze
domestiche.40

Il feroce anticlericalismo del periodico si rafforza nell’ultimo decennio del secolo, tanto da
proporre, nel 1888, l’abolizione del catechismo nelle scuole come una soluzione auspicabile e
benefica.41

Nel panorama dei periodici commerciali messinesi non può mancare il portavoce del “partito
monarchico” che ritiene un “dovere stringersi intorno al trono ed andare compatto e ardito contro
i partiti popolari, contro coloro che si giovano per instaurare sotto il mentito nome di libertà la più
sfrenata licenza, e per iniziare la fase preparatoria della rivoluzione, che oggi la moderna
fraseologia sociale chiama diritto legale allo sciopero”. La citazione è tratta da LO STATUTO (1901) il
cui nome stesso suggerisce la fedeltà a quella che è considerata la pietra miliare della Monarchia
italiana. Polemizzando talvolta con IL PROLETARIO, il periodico tenta di attrarre a sé le masse
sottraendole all’influenza della corrente socialista.

Le testate menzionate a testimonianza della vivacità culturale delle élites messinesi,


rappresentano solo alcune delle voci di una produzione giornalistica in cui la caratterizzazione
politica si pone come una costante comune anche ai periodici minori.

40
L’IMPARZIALE, “MESSINA”, num. 150, 1 luglio 1886; “Messina”, num. 152, 3 luglio 1886. Vd. anche: “le elezioni comunali”, num.
207, 1 settembre 1887
41
L’IMPARZIALE, “L’abolizione del Catechismo”, num. 3, 4 gennaio 1888
La propaganda politica attraverso i giornali

In mancanza degli odierni mass-media, i periodici non si limitano all’espressione generica dei
propri orientamenti, bensì sostengono apertamente nelle proprie pagine i vari candidati con delle
vere e proprie campagne elettorali, in cui si divulgano gli ideali del partito di appartenenza ma
anche i meriti personali di quanti aspirano al raggiungimento di cariche comunali o provinciali.

Il periodico POLITICA E COMMERCIO, nel proporre i candidati esprime di comprendere bene il clima di
malcontento in cui si andranno a svolgere le imminenti elezioni comunali: “ ..... Più che come un
atto dal quale si abbia la certezza che scaturisca il bene del paese, si presentano come un ingrato
dovere, al quale si obbedisce con ripugnanza, poiché non è dato esimersi. Abbiamo la convinzione
che come per il passato poco ebbe a lodarsi il paese dall’opera dei suoi rappresentanti cittadini,
poco se ne avrà a lodare per l’avvenire! Andiamo dunque a queste elezioni tutt’altro che con
entusiasmo. E, come potrebbe essere altrimenti? Vi è in cima ai propositi dei partiti il pubblico
bene, l’aspirazione di promuoverlo, la volontà ferma di conseguirlo? Se così alta e nobile fosse la
loro meta, così saldi i loro propositi, il compito della ricostituzione della rappresentanza non ci
sembrerebbe tanto poco attraente.”42 Tuttavia, pur interpretando il sentimento dei cittadini, il
giornale condanna fermamente il fenomeno dell’astensionismo elettorale ponendo l’esercizio del
voto come l’importante dovere di indicare la via migliore in mezzo ad un panorama politico spesso
confuso.

Singolare è nell’ambito di periodici con forti connotazioni politiche il settimanale L’ELETTORE (1886),
la cui redazione dichiara: “Siamo eclettici, e quindi non apparteniamo a nessun partito.”
Nell’intento di dotare l’elettore di una maggiore consapevolezza di voto in tempi in cui “si sente
ripetere spesso e non a torto che quando si stava peggio si stava meglio”, pubblica una sorta di
genealogia dell’amministrazione comunale di Messina, contenente le indicazioni di quanto svolto
dai vari amministratori in carica. Da rilevare che si tratta di una genealogia piuttosto sarcastica in
quanto le lettere messe in evidenza lungo la catena che congiunge i nomi, vanno a formare la
parola CAMORRA......

42
POLITICA E COMMERCIO, “Le elezioni comunali”, num. 207, 1 settembre 1887

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