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11 Ottobre 2003

LA NATURA MORTA

La prima comunicazione sociale che abbiamo è con il cibo: ad esempio, con il seno della madre.
Anoressia, bulimia, sono malattie causate dalla forte dimensione simbolica del cibo.
Il cibo inteso come prodotto elaborato ha maggiore importanza per la società.
Esso è il carburante della vita, pertanto ha una posizione di tutto rilievo ed è una spia delle diverse
realtà culturali.
Il cibo non solo inteso come elemento di soddisfazione, è un elemento in primo piano anche nelle
arti figurative fin dall’antichità.
Anche la cucina oggi ha una dimensione estetica, infatti è importantissima la presentazione visiva
di un piatto. Nella pittura c’è una “volontà di saziare estetica”. Gli antichi ponevano cibo sulle
tombe dei defunti per confortarli ed accompagnarli nel loro lungo viaggio.

OPERE:

- Pavimenti a mosaico “asapotos”( non spazzati)  vengono raffigurati i resti del cibo
caduti per terra, persino un topolino che va a raccoglierne alcuni. Sono utili per capire cosa
si mangiava ai banchetti.

- Sarcofago in porfido di Costanza  sul sarcofago sono rappresentati tralci di vite, a


significare il rito della vendemmia, un agnello, che simboleggia Gesù, e alcuni pavoni.

- L’ultima cena  nella mensa, oltre al pane e al vino (rosso e bianco), sono raffigurate le
castagne, cibo povero per eccellenza. I fichi rappresentano i semi della vita.

- Chiostro dei mesi (S. Lorenzo, Chiesa dei Canonici. Genova)  nel ciclo dei mesi e delle
stagioni c’è un riferimento al cibo, alle culture alimentari. A marzo è raffigurata una rete
piena di pesci, ad aprile un banchetto con 3 persone. Secondo alcuni, i due mesi insieme
rappresentano la pasqua, ovvero la nascita di cristo e l’ultima cena.

- Madonna col bambino  Il bambino pilucca l’uva, simbolo del sangue di cristo. La
Madonna ha in mano un melograno, simbolo della resurrezione.

Nel Cinquecento l’arte inizia a rappresentare i nuovi frutti e le nuove verdure provenienti dalle
Americhe, come la patata e l’ananas.
Tra l’Itala e i Paesi Bassi ci sono interscambi culturali, grazie a Vincenzo Campi, dove si
espongono i prodotti naturali. Da questa cultura prende spunto Caravaggio: da lui la natura morta
diventa dignitosa, acquista un grande valore artistico.

- La canestra ambrosiana di Caravaggio  opera di incomparabile eccellenza. La mela


rappresenta il peccato originale, la pera la forza procreatrice femminile, il ,limone la
purezza, la vite il sacrificio di Cristo. In questo quadro tutto è simbolo.

La natura diventa un genere molto richiesto.

- La cuoca di Bernardo Strozzi  una vera figura femminile, come in un’istantanea, spenna
i polli. Presente il tema della morte. La collana di corallo indica invece la salvezza, ma
anche l’unico prezioso dei poveri. Il fondo è scuro per risaltare i colori e rendere tangibile il
mistero della morte.

- Il fanciullo bianco  alla natura morta è affiancato il tema classico del ritratto.

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- Bambina comediana

L’Ottocento:

- Colazione sull’erba di Edouard Manet  il cibo è rappresentato ma è in posizione


marginale.

Il cibo tornerà a troneggiare con il distacco di Cezanne dagli impressionisti:

- Le mele di Paul Cezanne  é l’emblema delle radici solide della natura e dell’immortalità
dell’arte. La natura è il soggetto ricorrente di Cezanne. Evidenzia la spazialità.

Il Novecento:

- Cocomero di Boccioni  futurista. Nel quadro c’è uno spiccato senso dinamico e delle
energie interiori delle cose.

- Coppa d’arance di Matisse  il cibo diventa solo narrativo. Denomina inquietudine.

- Uova sul cassettone di Casorat

- Barattolo di zuppa Campbell di Andy Warhol  rappresenta il consumismo di una civiltà


che corre, dove la serialità dell’arte fa sì che anche un barattolo sia arte.

- In Italia, nello stesso periodo di Warhol, Piero Manzoni propone la sua Merda d’artista.

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17 Ottobre 2003

LA STORIA NELL’ARTE

Premessa
Per comunicazione si intende la trasmissione di informazioni tramite opportuni canali o media.
L’informazione, qualunque sia il mezzo usato deve essere decodificata per poter essere fruita. Per
interpretarla occorre conoscere la chiave di decodifica, vale a dire quell’insieme di metodologie
che consentono di estrarre dai segni esteriori del messaggio il suo originario contenuto
informativo. Le informazioni sono gli elementi di tipo storico che possiamo trarre dal quadro e la
chiave è il metodo che usiamo per fare ciò.

Problema
Stabilito questo poniamo il caso concreto dell’uso dell’opera d’arte come mezzo di conoscenza del
passato. Vale a dire, usare l’opera d’arte come fonte storica.
Consideriamo allora questi due sottoinsiemi: le fonti e l’ ambiente.

Chiunque si occupi di storia dispone di tre tipi di fonti:


1. le fonti narrative. Per fonti narrative si intendono i diari, le cronache, gli epistolari che
possono conservarsi sia negli archivi di stato o in quelli privati, oppure nelle biblioteche di
stato, comunali o private;
2. le fonti documentarie. Sono per lo più i documenti considerati negli archivi: leggi e decreti
del governo, atti legislativi, lettere di ambasciatori e ministri, atti pubblici di qualsiasi natura.
3. I reperti. Tutte le testimonianze del passato rappresentate da oggetti e strumenti che
documentano la vita quotidiana:sono conservati nei musei, nelle pinacoteche, nelle case
private aperte al pubblico. I quadri fanno parte di quest’ultimo tipo di fonte.

L’ OLANDA

Nacque come stato indipendente nel 1648. Fra i vari punti che gli stati europei concordarono
nella pace di Westfalia vi fu anche il riconoscimento dell’Olanda come stato autonomo dalla
Spagna. La lotta per l’autonomia era iniziata circa un secolo prima, allorché i Paesi Bassi
spagnoli, allora sotto l’egemonia del re di Spagna, Filippo II, si ribellarono al loro sovrano. La
lotta, capeggiata dalla famiglia dei principi d’Orange, dopo varie vicissitudini portò , come
conseguenza alla nascita della repubblica delle sette province unite. Questo nuovo stato ebbe
origine dall’unione delle province del nord, di fede calvinista, che nel 1609 ottennero dal
successore di Filippo II, Filippo III, una tregua di dodici anni e, di fatto, l’autonomia. Da quel
momento la Repubblica delle sette province unite, poi Olanda, iniziò una fase di espansione
economica dovuta in primo luogo all’intraprendenza del ceto mercantile che, con i suoi ricchi
traffici verso le indie orientali e occidentali, fu l’artefice del successo commerciale della futura
Olanda. La ricchezza della classe imprenditoriale olandese favorì la nascita di una pittura
borghese e realistica, tutta da “leggere” e pertanto da usare come fonte documentaria.

Perché analizziamo proprio la pittura olandese del XVII secolo?


Perché per le sue prerogative può costituire per lo storico dell’età moderna un documento, cioè
una testimonianza del passato, dal momento che essa esprime con grande realismo e
immediatezza la realtà politica, sociale ed economica dell’occidente in quel particolare periodo:
vale a dire di uno stato retto da una oligarchia mercantile (commercianti, mercanti, borghesi)
ricca e potente riunita in associazioni di mestiere (corporazioni).
Tutti ricoprivano un ruolo di primo piano nell’organo politico che reggeva lo stato: gli stati
generali. Gli stessi erano anche i massimi dirigenti della compagnia delle indie orientali e di
quella delle indie occidentali. L’economia si fondava principalmente sulle attività mercantili e
sulla pesca.
L’organizzazione dello stato e soprattutto la struttura sociale dello stato olandese del XVII secolo
erano chiaramente espressi dalla sua pittura. Essa privilegiava :
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- i soggetti profani, negando valore a quelli sacri, come prescriveva la dottrina protestante;
- i ritratti, espressione dello spirito individualistico e dei valori della società;
- interni domestici
Si ritrovano dunque nelle pitture olandesi del Seicento:
- la camera del borgomastro
- l’avvocato e il pastore
- i sindaci delle convenzioni
...

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31 Ottobre 2003

STORIA DELLA PUBBLICITA’

Non è possibile dare una definizione di pubblicità vera e propria. È una disciplina molto recente,
ma come attività è molto antica in quanto spinta da motivi economici.
Alla base di un messaggio pubblicitario c’è infatti un discorso prettamente economico.

Ritrovati tecnologici/ritrovati tecnici

Più che fare una storia della pubblicità si possono evidenziare “fasi della pubblicità” che spesso si
sovrappongono cronologicamente.
La prima fase in cui si riconosce l’attività della pubblicità è rappresentata da:
- graffiti
- incisioni su tavolette
- banditori
Già dai banditori infatti è presente la pubblicità su una base economica.

La pubblicità conosce una seconda fase con la nascita della stampa e della radio e con la
rivoluzione industriale (nuove fonti di energia); la pubblicità vera e propria nasce in questo periodo.

La terza fase si ha nel periodo della rivoluzione francese, con cui nasce la reclame, ovvero il
messaggio pubblicitario.

Intorno al 1880 in America nascono le agenzie pubblicitarie con due scopi:


- guadagni, di natura economica
- volontà di unire tutti i servizi che la pubblicità può offrire
Il 29 luglio 1881 viene approvata la legge che regolarizza la pubblicità in Europa; ci stiamo così
avvicinando alla pubblicità moderna, che prende il via con la prima ma soprattutto con la seconda
guerra mondiale.

Intorno agli anni Sessanta nasce quindi la pubblicità moderna, che viene associata al concetto di
marketing, secondo il quale per vendere dei prodotti si fanno:
- ricerche di mercato adatte ad analizzare il gusto del mercato rispetto al prodotto, per
trasformarlo in simbolo; dietro a questo tipo di ricerche stanno psicologi, sociologi ed
economisti;
- ricerca motivazionale, ovvero come applicare i metodi della psichiatria al prodotto e quindi
alla ricerca di marcato; questo tipo di ricerca nasce dalla richiesta degli industriali, quindi la
pubblicità è vista in funzione dell’economia.

La pubblicità deve comunicare le caratteristiche del prodotto:


- deve dare delle informazioni persuasive, che non si possono definire spontanee perché in
vista di una vendita; hanno quindi lo scopo di convincere e influenzare il pubblico;
- comunica attraverso un messaggio.

Il messaggio pubblicitario può trovarsi in diverse forme:


- manifesto
- cartelloni pubblicitari
- insegne
- mass media (televisione, radio, stampa, cinema)
Un messaggio pubblicitario vincente deve avere determinate caratteristiche, ovvero deve colpire
l’attenzione tramite alcuni punti di forza:
- il colore, che viene esaltato per armonia o per contrasto ed è direttamente relazionato al
prodotto:
 rosso = passione, gioia
 giallo = brillantezza, allegria
 verde = natura, rilassatezza
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 azzurro = mare, freschezza, distanza
 bianco e nero dal punto di vista pubblicitario non sono considerati colori
- le dimensioni, che sono di fondamentale importanza per i messaggi su carta stampata;
- la collocazione, per quanto riguarda la pubblicità esterna, come le insegne;
- la memoria: l’annuncio deve contenere un qualcosa di forte per farsi notare (ad esempio un
nome o una rappresentazione grafica particolare);
- la percezione intellettuale, ovvero il rapporto che si stabilisce tra il produttore e il
consumatore;
- l’immaginazione (ad esempio i caratteri del nome del prodotto, la realizzazione grafica).

Parlando di annuncio e messaggio pubblicitario esce il concetto di linguaggio. È un unico


linguaggio pubblicitario, organizzato secondo determinati fattori:
- lo slogan è il fattore fondamentale, poiché fa riconoscere immediatamente il prodotto;
- utilizzo dell’imperativo;
- utilizzo del suffisso “super”;
- uso di termini come “realissimi”;
- utilizzo delle lingue straniere, anche delle lingue morte come il latino, che dà prestigio;
- utilizzo dell’arte, sia come supporto che come mezzo. Come supporto si intende il sostegno
(ad esempio la tela); come mezzo ad esempio la Ferrarelle ha usato la Gioconda per
promuovere l’acqua.

Per pubblicità esterna si intende tutto il messaggio pubblicitario che si trova nell’ambiente urbano,
nel territorio:
- manifesto
- insegne luminose fisse e mobili
- cartelloni
- orologi pubblicitari
- striscioni
La pubblicità esterna è collocata in luoghi strategici dell’ambiente, in zone ben visibili al passaggio.

I mezzi classici sono diversi dalla pubblicità esterna e sono:


- la stampa comprende giornali, riviste, tutto lo “stampato” (come volantini pubblicitari,
cataloghi,…);
- la radio fa sì che il messaggio si diffonda velocemente per mezzo della ripetizione;
- il cinema diffonde un messaggio pubblicitario particolare per diverse caratteristiche:
 nitidezza dell’immagine
 grossa dimensione
 durata da uno a tre minuti e mezzo
 usufruisce di un tipo di pubblico selezionato (per sale e per programmi)
- la televisione. La prima forma di pubblicità televisiva è il carosello, che dura dal 5 febbraio
1957 per una ventina d’anni fino alla nascita delle televisioni private e libere, che hanno
come sostegno proprio la pubblicità.

La pubblicità esterna può essere di due tipi:


1. statica: manifesto, cartello, insegna luminosa fissa
2. di movimento: insegna luminosa intermittente o animata oppure cartello che ha come
supporto un autobus  dal 1991 questo tipo di pubblicità si chiama pubblicità dinamica.
La pubblicità dinamica nasce a Milano nello studio Marconi, che ha pensato di promuovere le
opere di quattro artisti con il supporto degli autobus. La pubblicità dinamica può raggiungere molte
più persone. Può essere interna, ad esempio posta all’interno di pullman o treni, il mezzo diventa
quindi un supporto per il messaggio pubblicitario.

La pubblicità luminosa è rappresentata da insegne luminose animate o fisse  pubblicità data


dalla luce, rivoluzionata dalla nascita della luce elettrica (fine XIX secolo). Parigi, città in cui è stato
inventato il neon, era detta ville lumiere proprio perché illuminata di giorno oltre che dalle luci
anche dalle insegne pubblicitarie. A Londra viene inventato il giornale elettrico luminoso.
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L’insegna può essere:
- a cassetta, riprendono le figure architettoniche dei palazzi (ad esempio ad architrave o ad
archivolto);
- a scatola
L’insegna deve adattarsi agli ambienti circostanti.

I cartelloni pubblicitari stradali per legge non vanno posti in prossimità di cartelli stradali; devono
essere lunghi al massimo sei metri ed essere posizionati almeno a tre metri dalla carreggiata.

Lo striscione è bifacciale, il che dà una maggiore possibilità di utenza. Viene usato più che altro
per promuovere fiere o mercati, non tanto per prodotti.

Gli orologi possono diventare supporto o mezzo della pubblicità: se guardo l’ora vedo anche il
messaggio pubblicitario che promuove un prodotto.

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14 Novembre 2003

IL MANIFESTO

Il manifesto pubblicitario appartiene alla categoria della pubblicità esterna. Copre la maggior parte
degli investimenti annui di una campagna pubblicitaria.
Il messaggio televisivo è diverso dal manifesto. Entrambi danno un’importanza basilare
all’immagine, ma in maniera diversa. Il manifesto ad esempio è caratterizzato da:
- molti elementi;
- una o più figure
- scritte e slogan
- segni grafici che ci raccontano una storia
Il fine ultimo è la vendita del prodotto.
Il genere dei manifesti viene collegato direttamente al genere del prodotto, che viene
rappresentato tramite immagini: teatrali, cinematografici, commerciali,…

La storia delle origini è direttamente legata alla distinzione in genere; ad esempio: campagna
elettorale  il manifesto vende un prodotto, in questo caso il politico. Il sistema di comunicazione
di un manifesto è sempre lo stesso, indipendentemente dal genere, cioè indipendente dal
soggetto, dal prodotto.

Ci sono diverse ipotesi sulla storia delle origini:


1. i manifesti nascono con la Rivoluzione Francese e si chiamano affiches; il genere era
quindi politico/rivoluzionario;
2. il manifesto adotta la tecnica di stampa litografica, che si sviluppa intorno al 1830;
3. metà Ottocento  manifesti del circo, che hanno una funzione pubblica, più legata al
popolo, all’arte popolare;
4. fine Ottocento  Toulouse-Lautrec e Chenet.
In un manifesto si ritrovano tutte queste ipotesi.

Il manifesto si distingue da un’opera d’arte per:


- utilizzo di un supporto cartaceo
- formato
- immagine che racconta
Il manifesto va inteso come una macchina narrativa; è un racconto fatto per immagini, supportato
da segni grafici. Si può definire come un’illustrazione.

Un manifesto pubblicitario è diverso da un manifesto artistico. Da Toulouse-Lautrec in poi il


manifesto pubblicitario perde il suo significato originario di manifesto commerciale e si comincia a
dargli un significato artistico e inoltre diventa un oggetto di collezionismo. Questo perché i
manifesti pubblicitari cominciano a venire realizzati da artisti, per primi proprio Lautrec e Chenet.
Pur avendo lo stesso supporto del manifesto, questi diventano opere d’arte. Chenet realizza
centinaia di manifesti pubblicitari, mentre Lautrec sicuramente meno, anche perché si dedicava
molto alla pittura.
Il manifesto diventa oggetto di collezionismo, in quanto legato a motivi economici e sociali.

JULIAN CHENET

Realizza centinaia di manifesti pubblicitari artistici. Pubblicizza la vita parigina, il divertimento, i


locali. Protagonista è la figura femminile, dalle forme allungate, la linea ondulata, i contorni neri e i
colori chiari; la figura guida al racconto che il manifesto vuole proporre. Queste figure vengono
chiamate chenette. Oltre alla figura femminile nei manifesti di Chenet c’è una scritta, di solito
posta in alto a sinistra, con il nome del locale (ad esempio Les Folies Bergère).

Fino al 1891 le figure sono legate al barocco, alla cultura accademica del mondo artistico,
all’influenza di Correggio; sono rappresentate in modo ironico, lo stile è del linguaggio

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pubblicitario: è accattivante, ironico. Le figure sono collocate con prospettiva aerea, rimangono
sospese in aria.
Dal 1891 in poi la produzione artistica di Chenet cambia. Conosce gli impressionisti e ne rimane
influenzato:
- copia le figure da Degas e Manet;
- abolisce il contorno nero, che diventa azzurro;
- rimangono le chenette ma subentrano anche nuovi soggetti;
- il fondo ha tinte colorate che vanno dall’azzurro al giallo, al verde e al rosso (dal rullo usato
per la stampa litografica questo sfondo viene sfumato, assumendo così una colorazione più
tenue).
Seurat copierà Chenet usando nelle sue opere le caratteristiche del manifesto pubblicitario per
formato, scritta,…

TOULOUSE-LAUTREC

Capisce com’è realmente il rapporto tra arte e pubblicità, mostrandone l’incontro, la fusione;
dall’altra parte però mette in evidenza la tensione tra questo rapporto.
Utilizza gli stessi soggetti sia in pittura che nei manifesti pubblicitari. Cambia l’uso dei colori e dà
una sola interpretazione personale dell’utilizzo della stampa litografica. I colori sono scuri e spesso
troviamo grandi macchie nere. La figura rappresentata non è più gioiosa e ci invita ad entrare nei
locali per vedere la realtà (ad esempio nel Moulin Rouge).

Abbiamo una stratificazione per piani:


- figura principale
- scritte
- sfondo
Nel manifesto di Lautrec non c’è prospettiva aerea, ma una stratificazione in vari piani, volendo
con questo rappresentare la differenza dei soggetti.

In Lautrec si ha il ritratto individuale: ad esempio Aliotide Braunt occupa l’intera composizione del
manifesto. Abolisce le scritte, tiene solo delle indicazioni, che non sono più in primo piano, ma
sono poste spesso sullo sfondo e con caratteri ridotti. L’elemento fondamentale è la figura.
Questo modo di realizzare i manifesti dipende dal suo particolare modo di vedere il rapporto tra
arte e pubblicità, che rimarrà per tutta la fine del secolo.

Tale rapporto però verrà poi interrotto nel Novecento con Cappiello, i cui manifesti hanno un tipo di
composizione totalmente diversa. Cappiello realizza il manifesto marchio: siamo dentro il mondo
vero della pubblicità. Lo stile è spoglio, le forme semplici, lo sfondo chiaro (di modo da poter
leggere senza problemi la scritta, lo slogan). Torniamo alla composizione originaria del manifesto
pubblicitario.

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21 Novembre 2003

IL GIOIELLO NELLA PITTURA GENOVESE DEL PRIMO SEICENTO

Il gioiello riveste un’importante funzione sociale. Nel primo Seicento infatti, Genova era una città
molto ricca, tanto che i banchieri genovesi prestavano soldi alla monarchia spagnola che in quel
periodo si trovava in difficoltà. Quella genovese era un’aristocrazia di censo, che voleva ostentare
la dimensione sociale raggiunta attraverso opere, palazzi e anche gioielli.
Il gioiello ha un ruolo di primo piano nella ritrattistica, basti pensare a pittori come Van Dick e
Rubens.
I ricchi genovesi differenziavano i loro investimenti per paura di possibili tracolli che li avrebbero
rovinati irrimediabilmente e il gioiello è proprio un esempio di investimento “alternativo”, che dura
nel tempo e che era facile convertire in moneta sonante.
Il gioiello ha un significato sociale esasperato.
Leggi sontuarie  vietavano l’utilizzo di particolari tessuti, materiali,…anche per quanto riguarda i
gioielli.
Il potere dei privati determina un particolare uso dei gioielli. Ad esempio nel primo Seicento erano
particolarmente di moda i gioielli funerari. Comunque i gioielli di carattere religioso erano in genere
sempre permessi perché era un periodo di religiosità molto rigida; nonostante tutto questo però,
venivano usati materiali molto preziosi per realizzare gioielli che invece proclamavano la rinuncia
ai beni materiali.
Gli aristocratici genovesi volevano uguagliare quelli europei, così si facevano ritrarre da artisti del
calibro di Rubens sfoggiando tutti i loro gioielli (ad esempio catene d’oro molto pesanti e preziose
che venivano importate dalla Spagna, ma lavorate da una manifattura cinese sfruttata). C’era poi
un gusto molto intellettuale di trovare una corrispondenza tra l’ornamento e la persona che lo
indossava.
Sul gioiello potevano essere incise iniziali, effigi di sovrani, messaggi segreti tra due persone
(comunque facilmente decodificabili); ad esempio sulle medaglie si potevano trovare delle
miniature.
Dal 1630 cambia la moda: Genova si apre alla monarchia francese a seguito della rottura con
quella spagnola, che non pagava i debiti contratti con i banchieri genovesi. Questo cambiamento è
riscontrabile anche nei ritratti di quel periodo: la Spagna era più cattolica e quindi più castigata,
così le donne ritratte erano sempre molto coperte e accollate; invece la Francia era più libertina,
come dimostrato ad esempio dalle maggiori scollature delle dame.

Nei dipinti di invenzione emerge una funzione comunicativa del gioiello, che assume un valore
simbolico, magico e anche curativo (es. cristalloterapia). L’aspetto curativo era incentivato anche
dalla Chiesa stessa, a differenza di quello magico.

Ogni gioiello aveva un suo significato:


- rubino  sangue di Cristo (presente nei martiri), Madonna per l’annunciazione;
- perle  Madonna;
- onice  gemma negativa perché scura (nera), veniva per questo usata per ornare
personaggi negativi;
- opale  virtù sovrannaturali, capacità di andare oltre; veniva usata per curare problemi alla
vista;

Così come i pittori utilizzano certi gioielli per le loro opere, con lo stesso intento li usano gli
aristocratici nella realtà.
Il gioiello ha un alto significato simbolico, che nella pittura è spesso negativo, poiché indica vanità,
carattere effimero,…(es. quadri che rappresentano gioielli lasciati ammucchiati in una ciotola su
un comodino).
Molto comune è la falsificazione (al posto di gioielli veri del vetro colorato oppure invece di perle
autentiche palline di vetro), che a volte viene usata come precauzione: l’originale viene utilizzato
per mostre o occasioni particolari, mentre la copia si può portare in viaggio.

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Giovan Battista Pagi  genovese educato a Firenze; cambia l’arte locale per le influenze toscane.

Repetto  nelle sue opere i gioielli sono rappresentati in maniera non particolareggiata ed è un
fatto strano, perché per altri aspetti (ad esempio nella descrizione degli animali) risulta
estremamente accurato.

Giobernardo Carbone  ritrattista genovese degli anni Quaranta e Cinquanta; dipinge la donna
sempre in una postura piuttosto rigida.

Negli anni Venti e Trenta la forte dimensione economica genovese comincia a decadere a causa
del declino della Spagna, che non riesce più a far fronte ai pagamenti con i banchieri genovesi.
Inizialmente i diamanti erano importati dall’India, ma in seguito dal Sud America perché costavano
meno.
Il gioiello oggi rientra in una dimensione prettamente femminile, mentre in passato era anche
maschile, basti pensare alla ritrattistica di re, sovrani,…

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28 Novembre 2003

MUSEOLOGIA E DIDATTICA MUSEALE

Solitamente il rapporto con il museo si realizza nella breve descrizione di una o più opere d’arte,
ma comunque sempre poche. Spesso l’esperienza museale si risolve con l’annoiarsi.

L’allestimento può avere un forte influsso su quello che è il nostro modo di percepire ciò che
vediamo; pertanto dovrebbe colpire e coinvolgere il più possibile il fruitore, favorendo il rapporto
con le opere d’arte. Comunque l’allestimento dovrebbe essere calibrato: a volte gli artisti si
lasciano andare alla loro creatività, spesso dimenticando le cose pratiche indispensabili per
raggiungere lo scopo prefissato. Ad esempio oggi si gioca molto con la luce e con il calore (fibre
ottiche): ad esempio talvolta gli ambienti, i percorsi per la visita, sono in penombra, mentre l’opera
d’arte è illuminata da una luce calibrata. La suggestione che si ottiene è notevole, ma bisogna
anche chiedersi se l’opera in questione è adatta alle condizioni in cui l’architetto la propone. A
volte l’istinto creativo va messo da parte: è meglio avere a disposizione un buon comunicatore
piuttosto che un ottimo creativo che primeggia al posto dell’opera che espone al pubblico. Tale
pubblico peraltro dovrebbe essere il più eterogeneo possibile, ma in realtà non lo è per diversi
motivi, il più evidente dei quali è che il biglietto del museo costa troppo (in realtà dovrebbe essere
compreso nelle tasse che ogni cittadino paga). Questo perché:
- il museo deve mantenere un personale molto vasto;
- il museo deve mantenere la struttura museale (restauri,…);
- il museo deve mantenere intatte le attrezzature.
I danni alle opere d’arte sono spesso irreversibili e rappresentano anche un’inestimabile perdita
economica, poiché le opere d’arte sono la nostra fonte monetaria. Il governo ha perciò pensato di
mettere sul mercato le opere nei depositi, piuttosto che lasciarle marcire e questo ha sollevato
numerose polemiche.

All’interno del museo si è costretti a condividere lo spazio con sorveglianti spesso spocchiosi;
inoltre va mantenuto un rigoroso silenzio, che non favorisce assolutamente la concentrazione e la
comprensione. Anzi, dei supporti sonori sarebbero molto utili soprattutto se, ad esempio,
rimandassero al periodo storico a cui risalgono le opere esposte nelle diverse sale del museo.

I musei dovrebbero essere organizzati in modo da attirare il pubblico, ma non le masse: l’arte non
è per tutti, deve essere un’esigenza interiore. Queste condizioni si creano soltanto con un lungo
processo di abitudine, che noi ancora non abbiamo, nonostante l’Italia disponga del più grande
patrimonio artistico del mondo.

Nel nord dell’Europa la fruizione del museo è di norma già presente nell’età prescolare. Bisogna
far rapportare i bambini con il museo in modo corretto e per far questo esistono diversi modi:
- l’opera d’arte può essere raccontata, anche ad esempio attraverso una favola;
- il museo potrebbe organizzare una piccola recita sul tema del quadro;
- i musei più organizzati dispongono di un guardaroba a tema;
- si potrebbe organizzare una caccia al tesoro

Oggi si tende a favorire il rapporto intimo con il museo.

Il museo è una sorta di “ghettizzazione dell’opera d’arte”, perché spesso le opere vengono
sradicate dal loro ambiente per essere inserite a forza all’interno di un museo. Esso però ha
comunque un’importante funzione di salvaguardia delle opere.
Il museo dovrebbe essere considerato come una sorta di punto di arrivo di un percorso che si fa
all’interno della città. Ad esempio nel museo di Palazzo Rosso è esposto un bel dipinto di Andrea
D’Oria, ma prima di arrivare ad esso, bisognerebbe visitare Piazza San Matteo, osservare la
struttura ad insula e il Palazzo del Principe: solo a questo punto si può veramente apprezzare il
quadro, che è stato decorato da un allievo di Raffaello. Altrimenti l’opera rischia i disperdersi nella
memoria, mentre seguendo l’itinerario la visita diventa monografica e monotematica, che si vive
personalmente con la città che vediamo quotidianamente.

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Il museo dovrebbe poter essere visitato anche da chi ha handicap psichici e fisici. Negli istituti di
igiene mentale i laboratori di arte (arte terapia), che vengono usati soprattutto quando ci sono dei
problemi a rapportarsi con l’esterno. È un modo per abbattere le barriere con il mondo.

Il mondo dell’arte deve essere promosso, attraverso degli espedienti comunicativi: pubblicità,
semplice informazione cittadina,… La promozione può avvenire in tutti i campi: televisione, radio,
giornali, volantini,… Sarebbero anche utili informazioni che indichino come arrivare fisicamente al
luogo promozionato, l’indirizzo, i numeri di telefono e mail da contattare per avere ulteriori
informazioni; tutte cose che favoriscono la comunicazione con l’utente.

La cosa promossa deve comunque essere adeguata al territorio: ad esempio in primavera i musei
di Via Garibaldi rimangono aperti la sera e al loro interno si fanno concerti, rappresentazioni,…
Il museo dovrebbe avere situazioni di vita al suo interno (bar, ristoranti, sale di lettura, cinema,…)
per riuscire ad attirare i giovani, altrimenti morirà.

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10 Dicembre 2003

ARTE E PUBBLICITA’

Il Cubismo nasce a Parigi.


Picasso non ha bisogno della pubblicità per promuovere se stesso, ma ne intuisce l’importanza
utilizzandola, nel suo periodo sintetico, in relazione all’arte (ad esempio l’uso di lettere ritagliate dal
giornale).

Se il manifesto è unico può essere definito un’opera d’arte.

Nel 1909 a Milano nasce il Futurismo, per opera di F.T. Marinetti, autore del manifesto futurista.
Questo movimento si fa promotore del progresso scientifico e della bellezza della velocità della
vita moderna  automobile, che viene promossa dalla pubblicità. Si predilige tutto ciò che è
dinamico alla staticità. La pubblicità entra nel Futurismo con Severini, che trascorre molto tempo in
Francia. Esponenti del mondo artistico futurista, oltre a Severini, sono Boccioni, Balla, De Pero,
Carrà.
Marinetti individua nella pubblicità alcuni elementi comuni al Futurismo:
- la pubblicità è autopubblicità perché è aggressione, narcisismo, esibizionismo, provocazione;
- la velocità per l’immediatezza del messaggio (insegne pubblicitarie = parole in libertà).
De Pero realizza manifesti pubblicitari per le mostre futuriste e per la ditta “Campari”. Dal 1928 al
1931 si trasferisce a New York, la città che meglio esprime l’ideologia futurista al mondo. Torna in
Italia e realizza un manifesto per la Campari, dove afferma che l’arte fin dall’antichità ha sempre
avuto scopi pubblicitari. L’arte pubblicitaria rappresenta l’estetica del mondo moderno.

Il Dadaismo nasce a Zurigo nel 1916/17. Un gruppo di artisti si riunisce per opporsi alla società e
soprattutto all’arte tradizionale. Si danno una denominazione che non ha significato e si prefiggono
l’obiettivo di provocare e scioccare il pubblico, proprio come fa anche la pubblicità. Si utilizza il
linguaggio pubblicitario perché con esso si raggiunge un pubblico più vasto, non perché se ne
condividono gli schemi (vedi Duchamp). Il Dadaismo vuole dissacrare l’arte classica e quella
tradizionale per provocare. Duchamp innalza ad opera d’arte oggetti di uso comune, come
l’orinatoio e la ruota di una bicicletta. Anche il manifesto pubblicitario è un oggetto di uso comune
perché contiene un’immagine che rimanda ad un oggetto.

Nel 1919 in Germania nasce la scuola della Bauhaus, fondata ad Ezdra da W. Grojius. L’ideologia
della scuola era democratica:
- gli insegnanti non erano professori ma maestri;
- si cercava di abolire la distanza tra alunno e insegnante (gli alunni diventavano insegnanti);
- la struttura della scuola era ad L;
- abolizione differenza tra arte e artigianato;
- non c’erano materie minori e materie più importanti;
- nei suoi laboratori Bayer rivoluziona la tecnica del manifesto pubblicitario:
 riduzione dei colori a quelli primari;
 le lettere vanno scomposte e intervallate da spazi bianchi;
 utilizzo della forma geometrica
 introduce la fotografia nell’ambito pubblicitario, fatto che non viene accettato perché la
fotografia, essendo oggettiva, smaschera il meccanismo interno della pubblicità stessa.

Il rapporto tra arte e pubblicità è condizionato dalla situazione storico – politica della Germania.

Il Surrealismo nasce nel 1923 e i suoi principali esponenti sono Magritte, Mirò e Dalì. Il
movimento si propone di rappresentare l’io interiore senza i vincoli della ragione, perché essa
condiziona i nostri comportamenti. L’artista vive in completa libertà, guidato dall’inconscio come
nella dimensione onirica: nel sonno l’io è svincolato dalla ragione. La pubblicità promuove sogni.
Magritte è artista e pubblicista in senso moderno, in quanto le due dimensioni si influenzano a
vicenda. Magritte si ispira ai cataloghi per realizzare opere d’arte.
Idee pubblicitarie portate in pittura:
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- l’oggetto è isolato;
- l’oggetto ha un nome;
- velocità e fruizione del catalogo, del messaggio pubblicitario rispetto all’opera d’arte: questa
deve poter essere velocemente fruita come la pubblicità.
Idee pittoriche portate in pubblicità:
- il quadro nel quadro;
- dà personalità al manichino che diventa personaggio pubblicitario.
Magritte vuole svelare l’ambiguità della pubblicità e propone una pubblicità della pubblicità, che
riveli tutti i meccanismi che stanno dietro la vendita di un prodotto o oggetto.

15
12 Dicembre 2003

RAPPORTO TRA ARTE E PUBBLICITA’ DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Alla fine del secondo conflitto mondiale, il ruolo della pubblicità è soprattutto quello di rilanciare
l’economia: deve per questo rinnovare le strategie, perché la società è cambiata. La pubblicità
diventa al servizio del pubblico per la ricostruzione.
Il ruolo dell’arte invece non è di partecipazione attiva, ma si chiude in una riflessione interna.
Nascono così movimenti come l’espressionismo astratto e l’arte informale.
Tutte le regole usate fino ad allora per la pubblicità non valgono più. Cambiano anche le
campagne pubblicitarie, che diventano più selettive, più mirate a una determinata categoria di
pubblico. Nasce la pubblicità progresso: non si vende più un prodotto, ma un servizio sociale 
l’obiettivo è quello di rinnovare le idee, la cultura.
La pubblicità diventa anche al servizio dell’arte.
L’arte che nasce dopo la seconda guerra mondiale è ad esempio quella di Pollock, esponente
dell’espressionismo astratto, che bandisce la forma, così come l’arte informale bandisce tutto ciò
che è riconoscibile. La pubblicità entra in contatto con questi movimenti e arriva addirittura a
pubblicizzare gli artisti, con biografie, interviste,…; si crea così il personaggio artista.
Sul ruolo della pubblicità si discute in una conferenza tenuta a Londra negli anni Cinquanta. Gli
artisti temono la pubblicità e decidono di conoscerla meglio per poter arrivare al suo stesso livello
e conquistare così il pubblico. Gli artisti cominciano ad usare gli spazi esterni dell’arredo urbano,
entrando così in competizione con la pubblicità. Questa necessità viene ripresa da Hamilton, le cui
opere diventano pubblicità della pubblicità.

LA POP ART

Si ha il rovesciamento del rapporto: non più arte/pubblicità ma pubblicità/arte. La pop art nasce in
Inghilterra per poi diffondersi in America, dove Andy Wharol è il maggiore esponente. Wharol
capisce l’importanza della pubblicità; individua nel manifesto l’importanza del segno e
dell’immagine che diventano quasi un’icona: l’immagine assume una certa sacralità. L’artista
individua una cosa fondamentale in un manifesto: la riconoscibilità dell’oggetto. Le persone che
osservano il manifesto riconoscono l’oggetto per tre motivi:
- ripetitività
- simulazione
- riconoscibilità
Wharol era un grafico pubblicitario e per questo si definì “artista dell’arte commerciale”.
Dal 1960 in poi tratta soggetti, oggetti, prodotti tratti dalla pubblicità: es. coca-cola, personaggi del
cinema, della politica,… Li tratta tutti allo stesso modo, con lo stesso procedimento,
indipendentemente dal fatto che siano cose o persone, perché sono tutti prodotti. Si tratta di arte
serigrafia: seleziona l’immagine, la stampa da sola o ripetuta, realizza il fondo (rimanda ai colori
delle icone orientali, soprattutto russe, come in Marylin) e riprende i contorni della figura. I colori
dell’artista sono pubblicitari: brillanti, a volte anche provocatori, che devono attirare il consumatore.
Il soggetto dell’opera assume sempre il punto di vista dell’osservatore.
In Italia la pop art nasce a Roma attraverso Mimmo Rotella, il quale puntualizza che l’oggetto della
sua arte è solo la pubblicità. La sua è arte gestuale: strappa i manifesti (decollage) in modo però
che rimangano aderenti a quelli che erano stati incollati in precedenza, attacca poi il decollage su
un supporto, rompendo così la lettura univoca dell’opera. La figura umana rimane in ogni caso.
Nei manifesti di Rotella troviamo vari elementi, ma mai un messaggio. Il gesto dello strappo ha per
l’artista una doppia valenza: da una parte rancore nei confronti della società che si manifesta nella
pubblicità, dall’altro però ne è affascinato, perché attraverso lo strappo può creare l’immagine che
si era proposto.
Le opere di Rotella a differenza di quelle di Wharol non sono riproducibili.

Come tutti i movimenti che hanno in sé una provocazione, la pop art scatena movimenti anti –
pop: negli anni Settanta emergono così il Minimalismo e l’arte concettuale, che rifiutano la
pubblicità, anche se il rapporto con essa indirettamente rimane: non si coglie il prodotto, ma ci

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sono tutti i meccanismi interni. C’è l’uso della forma geometrica e manca un’articolazione interna.
Ad esempio Morris, esponente del minimalismo, realizza dei cubi, che non si prestano ad alcuna
interpretazione, non vogliono far riflettere.

L’ARTE CONCETTUALE

Agli esponenti dell’arte concettuale non interessa il prodotto, l’oggetto ma l’idea, il concetto; non è
importante la concretizzazione. Si concentrano soprattutto sul linguaggio dell’arte: l’immagine è
realizzata attraverso la parola, l’idea.

Secondo Kosuth il concetto che ognuno si fa di un’opera d’arte in un museo è diversa da quella
che ci si potrebbe fare se l’opera fosse esposta all’esterno: l’idea cambia a seconda del contesto
perché viene fruita diversamente. Per le sue opere Kosuth usa le campagne pubblicitarie.
Realizza la prima nel 1968/69 e i manifesti hanno come soggetto cataloghi delle opere d’arte;
un’altra campagna ha come titolo “Testo contesto”, ad indicare che il testo tradizionale è inserito in
un contesto pubblicitario.

Holzer realizza nel 1977 due campagne pubblicitarie, i cui manifesti riprendono attraverso delle
affermazioni opinioni pubbliche di quel periodo con:
- frasi dirette  slogan
- frasi fatte  truismi
Nel 1982 trasferisce i truismi nei pannelli luminosi delle città americane, che si susseguono così
con il colore, il neon,…

IL GRAFFITISMO

È un fenomeno figurativo della fine degli anni Settanta inizio anni Ottanta. Nasce ad opera di
giovani afroamericani delle periferie più povere e degradate d’America, riuniti a volte in bande e
armati di bombolette, che iniziano a figurare le loro ideologie nell’ambiente urbano: rivendicano la
propria identità e il proprio territorio. Ognuno di loro ha uno stile, una grafia, ma il messaggio è
sempre lo stesso. Lasciano il cosiddetto tag, ovvero la loro firma accompagnata dal numero della
strada dove abitano (quasi una sorta di carta d’identità).
Haring usa la pubblicità perché ne accetta la superficialità: parte dall’ambiente metropolitano di
New York per arrivare agli spazi istituzionali dell’arte, i musei.

INTERNET

Nella rete arte e musei diventano, attraverso la creazione di siti, un archivio fruibile in qualsiasi
momento e da chiunque. L’opera stessa diventa un sito perché si può interagire con essa. Internet
dà l’idea della collezione, anche se virtuale.
La pubblicità su internet si rivoluziona:
- è fruita in modo più diretto e personale;
- è più selettiva;
- non mira alla vendita immediata.

17
15 Dicembre 2003

ARCHITETTURA E ARTE

Ci sono due elementi che differenziano l’architettura dalle altre forme di arte e sono:
- il contesto
- la funzione, ovvero come le persone ne usufruiranno (le opere d’arte in senso stretto non
hanno una vera e propria funzione).
L’architettura infatti ha un senso collettivo come opera d’arte; l’architetto deve pertanto farsi carico
delle idee della società in cui vive, per poter realizzare un’opera che sia accettata da tutti. Più le
opere architettoniche sono creative, più difficile sarà il loro utilizzo.

Con l’inizio del Novecento, le città diventano una fonte di ispirazione per gli artisti: la città stava
cambiando a livello concettuale (come luogo politico).
L’architettura può essere di diversi tipi:
- architettura che canta  colpisce ed attira l’attenzione (es. Sagrada Familia);
- architettura muta  non comunica nulla, è insignificante, non colpisce nemmeno per
un’eccessiva bruttezza: es. palazzi di periferia (“i palazzi delle città sono colonne senza
niente sopra” Fluxus).

Come fa l’architettura a comunicare?


Nella storia la concezione dell’arte si è evoluta:
- nell’antichità e nel Medioevo, l’arte era tutto ciò che era un’attività manuale, dal lavoro dei
contadini alla scultura;
- dal Rinascimento, l’arte viene intesa come imitazione della natura;
- la concezione moderna e contemporanea dell’arte è molto diversa: l’arte è tutto ciò che è
espressione del singolo individuo. Quindi il soggetto non è più la natura ma l’uomo.
Qualunque cosa, basta che dietro abbia un pensiero, può essere arte.

SIGNIFICATO  VALORE  IDENTITA’

Abbiamo diverse concezioni del termine significato:


- come idea o motivazione forte; è una necessità dell’architetto. Il compito dell’architetto è
quello di creare luoghi significativi per aiutare l’uomo ad abitare;
- richiesta o bisogno sociale: l’architetto si deve fare interprete del pensiero della collettività
(es. centro sociale: i giovani hanno bisogno di luoghi dove incontrarsi per discutere, ascoltare
musica,…);
- progettazione partecipata (promotore Gets): gli architetti decidono con l’aiuto dei cittadini il
destino di un quartiere (abitazioni, servizi,…), ma non è sempre facile.

L’architettura deve avere un linguaggio. Regole del buon progettare:


- rapporto con il contesto, non solo per quanto riguarda le caratteristiche fisiche;
- tessuto sociale;
- spazi collettivi;
- conoscenza storica;
- caratteri tipologici, ovvero capire i caratteri architettonici del contesto in cui verrà inserita
l’opera, per non snaturarlo;
- standard urbanistici.

Assume un valore simbolico l’opera riconosciuta da tutta una collettività, legata a un fatto storico di
rilievo (es. muro di Berlino, Torri gemelle).

Spazio esistenziale = spazio architettonico  l’uomo deve sapersi orientare nello spazio
architettonico, altrimenti si sente smarrito; se si sente a suo agio, arriva ad identificarsi con tale

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spazio. Ma poiché lo spazio esistenziale non è lo stesso per tutti, l’architetto deve trovare una via
di mezzo tra i diversi spazi delle persone che usufruiranno della sua opera.

Lo spazio è una dimensione senza significato: è creato dalle cose che sono state costruite intorno
ad esso. Se invece penso questo spazio e gli attribuisco un valore, esso diventa un luogo,
usufruibile e vivibile. Si definisce un non luogo ad esempio un posto in cui la persona è
considerata solo come un potenziale consumatore, come un centro commerciale; diversa è la
rilevanza che si dà alla persona in un luogo come un centro sociale.

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19 Dicembre 2003

ARTE CONTEMPORANEA: DISCUSSIONE E CONFRONTO CON ARTISTI


CONTEMPORANEI E LORO OPERE

PRIMO ARTISTA: crea opere fatte con materiale di recupero industriale, lavorato con martello,
flessibili...
Il materiale utilizzato è tra i più vari: radiatori di automobili, frigoriferi…
Realizza anche opere di design.
All’artista in questione piace sperimentare diversi materiali, comunque tutti di recupero (una
costante nel mondo artistico è la ricerca di nuovi materiali da sperimentare).
Nelle sue opere dalle forme evocative “vede” potenza ed energia.
Le opere presentate possono sembrare dei totem.

SECONDO ARTISTA (Sig. Annone): preferisce non parlare delle sue opere perché pensa che si
esprimano già da sole; la parola, secondo lui, le limita.
Opere presentate: “Tempesta sulla laguna” (opera realizzata in vetro) , “Tempesta e macchina” ,
“La collina”.
Sono opere figurative ma per lui fuori dal contesto; anche per lui sono di difficile comprensione,
frutto della sua interiorità.
Qualsiasi opera in generale, per l’ artista in questione, deve essere guardata più volte per essere
compresa a pieno, e così si deve fare per le sue creazioni.
Per l’artista la composizione deve partire dalla riflessione, dalla meditazione; bisogna stare ore
davanti all’opera per capirla.
La chiave di lettura dell’opera sta nell’opera stessa.
Attraverso le sue opere questo artista identifica l’arte come espressione di un’altra realtà
mistificata; di un’altra realtà posta su un piedistallo, allora indiscutibile.

TERZO ARTISTA: lavora su legno.


“I suoi legni sono semplici pezzi di legno” – così li definisce.
Anche qui non c’è nulla da dire, l’opera è da sentire.
L’ opera sembra esprimere tenerezza perché l’ artista cura i suoi legni; li lavora, li restaura, vi pone
sopra una garza, vi fa un buco (di solito in basso).
La garza è spesso sporca di sangue, vino, colorata…
Il gioco di colori si basa sull’ alternanza e l’ utilizzo del giallo e del viola.
Buco  può essere considerato come il vuoto. C’è in tutte le sue opere, quindi si tratta
dell’essenza dell’opera. Piace all’ artista.
Questo artista cerca di fare le cose il più semplice possibile.
L’opera per l’artista è la cosa creata in sé e non deve per forza avere un significato specifico.
Le scelte estetiche del colore, anche se inconsce, sono comunque il frutto del suo bagaglio
culturale.
In principio dice di aver dipinto dei paesaggi, poi, come lui stesso afferma, la sua opera è
degenerata nei “legni”,

QUARTA ARTISTA (Guenna): Opera presentata  “ Spirale”.


La Guenna, come il primo artista, dice di trovare il suo materiale, non di cercarlo; le loro opere
nascono sul momento.
Spesso sono forme evocative che lasciano molto spazio alla libera interpretazione.

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