CONTRIBUTI DELLA PSICOLOGIA DEL PROFONDO ALLA RICERCA
METAPSICHICA
Emilio Servadio
Questa comunicazione vuole essere non tanto un
contributo scientifico, quanto una rapida rassegna dei progressi e dello status quo degli studi e ricerche in argomento. Il problema dei contributi della psicologia del profondo, e in particolar modo della psicoanalisi, alle ricerche metapsichiche, sorto piuttosto tardi, e ciò per due ragioni. Da parte degli psicologi e degli psichiatri ortodossi, c'era da superare un doppio ordine di resistenze: una, nei riguardi dei più moderni indirizzi di psicologia dinamica, orientati dalla psicoanalisi freudiana; l'altra, verso una classe di manifestazioni - i fenomeni metapsichici - che essi erano abituati in genere a considerare come un conglomerato di superstizioni, o come prodotti e fantasie di menti alterate. Questo spiega perché scienziati illustri, ad es. Pierre Janet, si siano fermati alle soglie del paranormale, astenendosi non solo dall'indagarlo con gli strumenti affinati dalla psicologia del profondo, ma anche, dopo un primo superficiale avvicinamento, dall'occuparsene sia pure in sede puramente accertativa. Da parte degli psicologi e psichiatri più aperti e meglio orientati - quelli che hanno compreso e assimilato i nuovi concetti dinamici in psicologia - la resistenza, salvo poche eccezioni, è stata invece su un solo piano. Sin troppo edotti della persistenza, anche nella psiche adulta normale, di elementi di pensiero animistico e magico, essi hanno avuto in genere la tendenza a interpretare da tale esclusivo punto di vista l'atteggiamento di chi dichiarava di credere, p. es., alla telepatia o ai sogni premonitori, considerando simili credenze, appunto, come sopravvivenze di un arcaico e primitivo funzionamento del pensiero. Superfluo aggiungere che in Italia le anzidette resistenze e difficoltà si sono fatte sentire quanto e più che altrove. Bisogna giungere al 1923 per trovare finalmente prese di posizione come quella dichiarata nelle poche righe che seguono: “Forse, psicoanalisi e metapsichica sono due sorelle germane ...; e sono convinto che un grande avvenire può essere serbato ad una stretta intesa fra quelle due sorelle .... Occorre che l'ultima venuta, la metapsichica, cresca e si sviluppi ancora .... ; e allora si farà quell'intesa, e la valutazione psicoanalitica dei fatti medianici aprirà orizzonti forse assolutamente insospettati...”. Queste parole, che - ripeto - furono pubblicate nel già lontano 1923, sono di un pioniere a cui tutti rendiamo onore: esse si trovano nell'ultima parte dell'opera Metapsichica moderna di William Mackenzie, presidente della Società Italiana di Metapsichica (1). E proprio nell'epoca in cui Mackenzie manifestava le sue giuste intuizioni e le sue fondate speranze, Freud forgiava, quasi en passant, il primo anello dell'auspicata intesa. Usciva infatti nel 1922 il lavoro Traum und Telepathie (2), il quale reca, come tanti altri, il tocco del genio. Freud non era, allora, pienamente convinto della realtà della telepatia, realtà