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Lu^ovi]o @ntonio Mur[tori

Della Milizia (1749)

Capitolo XXIII del trattato Della pubblica felicità oggetto de' buoni principi,
Lucca, 1749, in-8, pp. 435-445.
A cura di Cesare Mozzarelli. Roma, Donzelli, 1996.
Rist. del capitolo a cura di B. Danna in Marco Cerruti,
La guerra e i Lumi nel Settecento italiano, Torino, Thélème, 2000, pp. 39-45.
Ritratto: www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede-complete/3y010-00487/
Muratóri, Ludovico Antonio

Enciclopedie on line -
Muratóri, Ludovico Antonio. - Storico e letterato (Vignola 1672 - Modena 1750). Ecclesiastico, M. orientò tutta la sua opera di
storico entro un'intuizione e concezione del mondo adeguata alle esigenze della sua fede. Compilò la monumentale
raccolta Rerum italicarum scriptores (24 voll., 1723-38; 25º vol. di indici nel 1751) che, per la quantità delle fonti edite e per
l'organicità del piano di pubblicazione, sono la prima grande raccolta di fonti medievali della storiografia moderna.
VITA Di modesta famiglia, studiò a Modena, dove si laureò. Ordinato sacerdote, fu assunto come dottore all'Ambrosiana, in
contatto con la religiosità di C. M. Maggi, di cui curò l'edizione delle rime. Nel 1700 fu chiamato a dirigere la biblioteca
modenese del duca Rinaldo I d'Este. La corte estense gli offrì ogni comodità di studio: M. trovò a Modena le condizioni di
tranquillità necessarie al suo lavoro. Da allora la sua vita si svolse tra un'esemplare attività sacerdotale nella parrocchia di S. Maria
della Pomposa (tradottasi anche in scritti come Della carità cristiana, 1723, e Della regolata devozione dei cristiani, 1747) e la
produzione scientifica, straordinaria per continuità, per mole e per metodo.
OPERE Nella sua opera M. non venne mai meno a un preciso impegno di verità, che si esplicò soprattutto nel campo della storia,
alla quale lo indirizzavano la tradizione dei padri maurini e di Bacchini e un'istintiva tendenza, cui egli seppe procurare, attraverso
la sua lunga esperienza di ricercatore, la guida di una perfetta metodologia. La sua storia, essenzialmente politica, vuole essere la
ricostruzione, rigorosamente documentata, di come sono andate le cose, senza preoccupazioni apologetiche, distinguendo le cause
degli avvenimenti ricostruibili con indagine umana dalle vie della Provvidenza certe ma imperscrutabili, e con assoluta
indipendenza di giudizio, che lo portò a sottolineare anche i torti del papato. Lungo sarebbe ricordare tutti i risultati della sua
incessante attività, durata un cinquantennio. Dopo aver dato prova di sé con gli Anecdota (1697-98) nel campo degli studi
filologici, ai quali l'aveva guidato ancora a Modena l'erudito p. B. Bacchini, nei suoi Annali della storia d'Italia (12 voll., 1744-
49) tentò, sia pure su base annalistica e con attenzione soprattutto ai fatti politici, di ricostruire una storia d'Italia al di sopra del
frazionamento degli stati della penisola, dalla nascita di Cristo ai suoi tempi, indirizzo che sarà particolarmente apprezzato in
clima risorgimentale. Ma è soprattutto nelle Antiquitates italicae medii aevi (6 voll., 1738-42; altra ed., 17 voll., 1777-80) che egli
dà la misura della sua grandezza di storico: sono 76 dissertazioni sulle più svariate questioni della storia del costume, delle
istituzioni, dell'economia, della religione, della letteratura: M. vi profonde i tesori della sua esperienza unica di medievalista,
proponendo per alcuni problemi soluzioni ancora oggi valide. Postume furono pubblicate le Dissertazioni sopra le antichità
italiane (3 voll., 1751-55) e 14 voll. del suo epistolario (1901-22) che bene testimoniano il suo spirito enciclopedico, aperto con
sereno equilibrio ai problemi della cultura europea. Su questo piano si ricordano altresì l'opera Dei difetti della giurisprudenza
(1742), in cui è auspicata una semplificata codificazione delle leggi, e il saggio Della pubblica felicità (1749), dove è prospettato
l'ideale politico di un governo che, ispirato a ragione e virtù, moderato e legalitario, realizzi il benessere dei sudditi. Nel campo
più proprio delle lettere, oltre alle biografie di Petrarca, di A. Castelvetro, di L. Tassoni, di C. M. Maggi, lasciò dissertazioni
intorno alla poesia e all'arte (Della perfetta poesia italiana, 1706; Riflessioni sopra il buon gusto, 1708) che gli assicurano un
posto notevole tra gli studiosi di letteratura e di estetica del Settecento.

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