Autore: redazione. Data: giovedì, 29 aprile 2010Commenti (0)
Parla Gaetano de Luca, sismologo e responsabile del sistema di monitoraggio antisismico in Abruzzo. Un articolo per ‘Tu Inviato’.
Gaetano de Luca è il responsabile delle rete di monitoraggio sismico abruzzese. Dopo
lunghe ricerche, nel 1995 ha scoperto che il sottosuolo della città dell’Aquila è composto da circa 250 metri di detriti sedimentari di tipo lacustre ed alluvionale che come un’immensa cassa di risonanza producono un notevole effetto di amplificazione delle scosse di terremoto. Concretamente, qualsiasi sia la potenza del sisma che si propaga nell’area essa verrà aumentata e amplificata, secondo una quantità costante. Il sismologo, ignorato dalle autorità locali, aveva richiesto la messa in sicurezza degli edifici storici pubblicando uno studio all’estero nel 2005. Professor de Luca dal 6 aprile a questa parte la mole del suo lavoro è aumentata? Si, l’impegno è forte ed è soprattutto legato a tenere alta l’efficienza di tre reti di strumentazioni. Il mio lavoro è in effetti triplicato. Ho la responsabilità della precedente rete, ossia quella gestita dal Centro nazionale terremoti, che fa parte dell’Istituto Nazionale di geofisica e di vulcanologia (Ingv) ed anche del sistema radio-satellitare creato dalle due istituzioni e installata poche ore dopo l’ultimo sisma. Poi mi debbo occupare anche del monitoraggio regionale attivo dalla fine del 2005, in tutto si tratta di oltre 40 stazioni sismiche digitali. Dove opera adesso? Attualmente sono ospite dei laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di fisica nucleare. Prima del sisma la sede del laboratorio e dell’Ingv si trovava nel Castello Cinquecentesco dell’Aquila, ma le scosse lo hanno praticamente polverizzate ed ora è inagibile e lo sarà per anni. Comunque l’Istituto per il quale lavoro ha intenzione di aprire in tempi rapidissimi, si spera entro l’anno, una nuova sede in zona rossa in una struttura già individuata vicinissimo piazza Duomo, perciò non lontano da quella precedente. Beppe Grillo sul suo blog ha pubblicato un video dal quale sembra di capire che le è stato impedito di approfondire la sua ricerca sulla ‘amplificazione’ delle onde sismiche dovuta alla natura del sottosuolo. E’ così? In realtà non mi hanno impedito direttamente la ricerca, come potevano, ma mi hanno “promosso” funzionario e si sono liberati della mia presenza, spostandomi all’ex Servizio sismico nazionale a Roma. Nè il Comune dell’Aquila, nè la Regione avevano ascoltato i miei appelli sulla necessità di mettere in sicurezza la città. Solo la Provincia è sembrata sensibile, ma forse perché non avevano bene capito di cosa si trattasse. All’epoca del mio trasferimento nella capitale non vi erano attività di ricerca, chiamiamole pure istituzionali vere e proprie. Dopo la mia partenza hanno smantellato l’intera rete di monitoraggio sismico in Abruzzo, tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003. Lei ha pagato personalmente le sue scelte del passato. Adesso la situazione è cambiata? Ha più libertà d’azione? Nel 2004 circa sono riuscito a ‘scappare’ dall’ex Servizio sismico nazionale, che è adesso incluso nel Dipartimento della Protezione Civile. Ora sono in comando presso il Centro Nazionale terremoti dell’Ingv. Non ho molta libertà d’azione, anche se andrebbe definito cosa vuol dire libertà d’azione? Di fatto sono un tecnico che non può prendere iniziative personali, ho del lavoro da svolgere quasi come un impiegato, tutto qui. Non mi voglio lamentare anche, perché adesso è oro rispetto al periodo passato all’ex Servizio sismico. Che cosa ne pensa delle proiezioni sul rischio sismico pubblicate sull’Espresso da Fabrizio Gatti? Non ho letto l’articolo e non ho nessuna intenzione di leggerlo. Le proiezioni si basano di fatto sulla statistica e sulla storia sismica del nostro Paese. Io non sono un esperto né dell’una né dell’altra, la mia professionalità è focalizzata sulla tecnica del rilevamento, cioè su sistemi di monitoraggio sismico ed ambientale (progettazione, realizzazione e gestione) e sull’analisi dei dati tecnici che ne derivano. Io sono un fisico che si occupa di sismologia quantitativa. Perdoni l’ignoranza. L’Italia è molto sismica, ci sono dei siti ad alta densità di popolazione che rischiano come L’Aquila? Se si, quali? Tutta la penisola italiana ed in particolare tutto l’arco appenninico ha una elevata pericolosità sismica, quindi direi che è inutile fare un elenco di città. A questo va aggiunta la vulnerabilità degli edifici. L’appennino, poi, è ricco di città storiche con patrimoni architettonici invidiati da tutto il mondo e quindi questo porta ad aumentare il rischio sismico, che non è altro che il prodotto tra pericolosità e vulnerabilità. Cosa si compie già a livello nazionale e cosa si potrebbe fare di più con il monitoraggio? Per quanto riguarda il monitoraggio diciamo che è stato fatto negli ultimi otto anni un salto quantitativo e qualitativo straordinario. Siamo praticamente competitivi con i migliori istituti mondiali del settore. In alcune aree abbiamo densità di strumentazione sismica estremamente elevata. Nel prossimo futuro il monitoraggio continuerà a migliorare, soprattutto nella quantità di strumenti distribuiti nel territorio. In generale il monitoraggio fornisce il ‘polso’ della situazione. Credo, anzi sono convinto che il monitoraggio spinto, cioè sia con una maggior quantità di strumenti, 5 o 10 dieci volte di più di quello ora in dotazione, si possano ottenere informazioni vitali per studiare l’evoluzione di uno sciame sismico. Poi ci sarà l’utilizzazione massiccia di accelerometri e della sensoristica avanzata come i dilatometri da pozzo, per cui le cose si stanno facendo. Mi scusi che cosa sono un accelerometro, e cosa è un dilatometro da pozzo? L’accelerometro è un sensore che rileva un segnale proporzionale alla accelerazione del terreno. Le reti di monitoraggio sismico nel mondo utilizzano velocimetri, cioè dei sensori che rilevano un segnale proporzionale alla velocità del terreno. Attualmente si cerca di istallare su ogni sito entrambe le tipologie strumentali. Perché? Un velocimetro è molto più sensibile di un accelerometro e quindi in caso di un evento sismico locale di magnitudo superiore a 4.5 gran parte delle stazioni sismiche in area epicentrale, cioè troppo vicine alla sorgente stessa del terremoto saturano, ovvero i dati non sono più affidabili. Spiego meglio: la stazione sismica della rete nazionale dell’Ingv che non ha saturato, ovvero sballato il rilevamento del sisma del 6 aprile, è stata quella sita a una distanza superiore a 150 km, mentre tutta la rete di monitoraggio sismico regionale in Abruzzo ha segnato segnali saturi, perciò inutili. Anche se gli accelerometri non sono in grado di rilevare eventi di magnitudo inferiore 1.5, cioé per eventi sismici meno imponenti, hanno il vantaggio di non saturare, perciò offrono sempre una registrazione dei dati affidabile e quindi in termini più tecnici hanno un “fondo scala” che in genere viene fissato tra 1g. e 2.5g, dove per g si intende l’accelerazione di gravità terrestre. Per questo motivo essi sono molto utilizzati sia dall’ingegneria sismica per studiare le dinamiche di edifici durante eventi di magnitudo elevato, sia dalla sismologia qualitativa, la mia branca cioè, per studiare ed individuare la sorgente sismica di terremoti con la magnitudo superiore a 5. Il dilatometro da pozzo è stato utilizzato sia dagli americani che dai giapponesi per misurare i”carichi” e gli “scarichi” di accumulo di una faglia. Se fossero stati utilizzati nei mesi precedenti il sisma del 6 aprile avremmo potuto capire la dinamica degli spostamenti degli sforzi in tutte le direzioni della faglia, quali strutture esterne avrebbero accumulato maggior maggiore stress, ecc. e perciò sono molto importanti per localizzare un sisma. Cosa si dovrebbe fare, affinché la distruzione di un centro storico bello com’era la città de L’Aquila possa servire da monito per altri centri abitati? La domanda è molto complessa e la risposta dovrebbe darla un pool di esperti (architetti, urbanisti, geologi, ingegneri strutturisti, geotecnici, ecc. ecc.) non un singolo sismologo sperimentale come me. La mia idea è che probabilmente verrà persa un’occasione d’oro per un rilancio a livello internazionale della città, un po’ come sta succedendo a Venezia. Credo che commetteremo con la tecnologia del XXI secolo gli stessi errori del precedente sisma che nel 1703 investì la città. Comunque spero tanto avvenga il contrario. Secondo lei tra quanti anni o generazioni sarà ricostruita quella che era una bellissima città? Una mia previsione? Credo che 10 anni potrebbero essere un tempo ragionevolmente rapido, ma è pur vero che poi di fatto siamo in Italia, dove ancora nelle finanziarie di pochi anni fa vi erano fondi per il dopo terremoto Irpinia del 1980. Queste le parole di De Luca. Intanto nel capoluogo abruzzese il dibattito sulla situazione reale dopo il terremoto non riesce a coinvolgere per quanto sarebbe necessario i cittadini, mentre la ripresa economica del territorio è troppo lenta e gli aiuti da parte delle istituzioni sono del tutto inefficaci. Una quantità di problemi che neppure la storiella delle ‘casette’ è in grado di nascondere