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Università Oggi il voto all’Iuav per l’elezioni del rettore dei prossimi
4anni
VENEZIA - Il governo Berlusconi promuove tutti e quattro gli atenei veneti. Infatti, tra le 54 uni-
versità italiane definite «virtuose» dal ministero della Pubblica istruzione, figurano la veneziana
Ca’ Foscari, Padova, Verona e l’Istituto universitario di architettura di Venezia. Un riconoscimento,
quello pubblicato ieri sul sito del dicastero retto da Mariastella Gelmini, forse scontato. Ma da non
sottovalutare. Dato che la gratificazione ministeriale, in termini di prestigio e soprattutto monetari,
riguarda «soltanto» poco più della metà degli atenei del nostro Paese. Appunto, 54 su 91. Ancor più
nello specifico, i tecnici governativi riconoscono il «virtuosismo », e di conseguenza una sorta di
«bonus qualità» di alcuni milioni di euro, a 21 università del nord Italia e a 33 del centro- sud.
Però, i criteri adottati per selezionare gli atenei, per cominciare in base all’«efficienza e l’ef-
ficacia dell’attività didattica», alle «strutture», alla «qualità e risultati dei progetti di ricerca» e
all’«acquisizione di finanziamenti esterni, rapporti di collaborazione e scambi con soggetti pubblici
e privati», non sono molto chiari. E, cosa non trascurabile, scorrendo la «classifica» diffusa ieri
su www.miur.it, si scopre che l’ammontare dei «premi» milionari assegnati alle diverse università
più meritevoli verrà ufficializzato soltanto mercoledì prossimo, 29 luglio. La classifica, secondo una
graduatoria difficile da interpretare, sostenuta da valori percentuali frutto di calcoli molto complicati,
attribuisce all’Università degli studi di Trento (+10.69%) la palma di miglior ateneo italiano, nel rap-
porto tra la qualità dell’insegnamento, le strutture offerte agli studenti e i risultati ottenuti dai propri
ricercatori. Sul podio, salgono poi il Politecnico di Torino (+5.22%) e quello di Milano (+4.14%).
Mentre, davvero a sorpresa, tra le prime dieci università classificate, non ce ne è alcuna della nostra
regione. Venezia Ca’ Foscari (+1.65%), infatti, la prima tra le venete, si piazza dodicesima, Padova
quattordicesima (+1.37%), Verona ventiseiesima (+0.31%) e lo Iuav, addirittura, trentacinquesimo
(-1.34%). «Adoperando un pizzico di immaginazione - spiega la professoressa Bettina Campedelli,
prorettore dell’Università di Verona - quella pubblicata dal ministero non è una classifica, ma una
specie di pagella di fine anno in una classe di ‘secchioni’. Affermare che quello di Trento è l’ateneo
migliore d’Italia non corrisponde al vero. E’ più esatto, invece, dire che, nel periodo di tempo preso in
esame dalla Gelmini, l’università di Trento si è maggiormente distinta rispetto alle altre e, per questo
motivo, merita una sorta di ‘premio qualità’ sommato al finanziamento base che le spetta, tenendo
conto delle sue dimensioni, del numero di studenti ospitati e di molti altri parametri... Insomma, il
ventiseiesimo posto di Verona in questa singolare classifica non mi preoccupa ». Sulla stessa linea,
il prossimo rettore dell’Università di Padova, Giuseppe Zaccaria: «Secondo quanto leggo sul sito del
ministero - sorride - a noi dovrebbero spettare 4 milioni di euro come bonus, ma prima di fare qual-
siasi tipo di commento, vorrei capire bene il meccanisimo utilizzato». Peraltro, proprio ieri, il Bo è
stato riconosciuto il miglior ateneo italiano dal mensile specializzato «Campus», che ha incrociato i
dati del Censis e del Sole 24 Ore con i ranking internazionali di valutazione. Da Venezia, nonostante
il saldo «negativo» attribuitogli dal governo, il rettore dello Iuav si dice comunque «soddisfatto»:
«Una cultura della valutazione deve esserci - afferma Carlo Magnani - finalmente stiamo andando
nella direzione giusta, anche se i dati presi in considerazione dal ministero sono distanti di anni (si
riferirebbero, infatti, al trienno 2000-2003, ndr)».
Paola Vescovi Davide D’Attino
Il Corriere del Veneto
Venerdì 24 luglio 2009
GLI ATENEI
Questa la classifica delle università italiane comparsa nel sito del ministero
dell’Istruzione. La percentuale si riferisce ai finanziamenti in più o in meno
ricevuti quest’anno in base ai nuovi criteri.
GLI ATENEI
VENEZIA —Sos esami all’Iuav. A lanciarlo sono gli studenti della facoltà di Design e arti, i
cui docenti—una quindicina— non hanno ancora ottenuto il rinnovo del contratto. «Molti con-
tratti dei docenti non sono stati rinnovati dopo i primi tre mesi per mancanza di fondi—dice
Leonardo Cabiddu, rappresentante degli studenti in facoltà—i finanziamenti erano sufficienti
soltanto per attivare il primo trimestre di didattica. I docenti hanno insegnato anche nel sec-
ondo periodo, ma ora che si avvicinano gli esami come faranno a verbalizzarli visto che for-
malmente hanno titolo?». La preoccupazione degli studenti è che possa saltare la sessione
d’esami, visto che qualche docente potrebbe temere di commettere una sorta di falso regist-
rando un esame senza averne formalmente il compito.
Il problema riguarderebbe una quindicina di insegnanti, ma il presidente della facoltà getta
acqua sul fuoco. «La soluzione è stata trovata, è stato analizzato il bilancio e si è pensato a
possibili trasferimenti di fondi. Ora la valutazione finale sarà del consiglio d’amministrazione
dell’Ateneo ma io sono ottimista — dice Medardo Chiapponi — nei mesi scorsi per lungo tempo
ho condiviso le preoccupazioni degli studentima ora, grazie ad uno sforzo molto responsabile
e significativo del rettore e di tutto l’ateneo le cose sembrano essere in via di soluzione. La
sessione d’esame è imminente (l’apertura avviene solitamente in aprile) e capisco perciò le
preoccupazioni dei ragazzi, ma stiamo chiudendo in questi giorni le riflessioni sull’argomento
e spero che potrà partire regolarmente ». E intanto a margine della seduta di ieri di senato
accademico è stata annunciata anche un’ulteriore rivoluzione all’interno di Iuav: la fusione
dei corsi di laurea magistrale in «Progettazione e produzione delle arti visive» e «Scienze e
tecniche del teatro», che dal prossimo anno accademico, partiranno unite.
«Non si tratta di un vero e proprio accorpamento, piuttosto di un progetto nuovo che sarà
una commistione delle due anime dell’arte—spiega Angela Vettese, direttore del Corso di lau-
rea Magistrale in Progettazione e produzione delle arti visive—i due curricula rimarranno co-
munque ma si offrirà agli studenti maggiore possibilità di spaziare nella scelta dei laboratori.
Certamente alcuni cambiamenti sono legati a doppio filo con l’esistenza di difficoltà economi-
che ma quello proposto non sarà un ripensamento al ribasso dei corsi,ma un cambiamento con
novità positive per gli studenti». Rimandate invece ai prossimi mesi le decisioni per la sede
di Cà Tron che hanno originato oggi una piccola manifestazione davanti ai Tolentini durante
il senato accademico. «Gli studenti chiedono un’accelerazione sui tempi ma l’università sta
cercando di definire i bisogni complessivi per rifunzionalizzare il patrimonio edilizio di Iuav—
spiega Roberto Sordina prorettore agli spazi — Ca’ Tron sarà il primo e principale intervento,
ma i bisogni sono molti e diffusi nelle varie sedi».
Alice D’Este
Il Corriere del Veneto
Venerdì 30 aprile 2010
VENEZIA — A Venezia i laureati trovano lavoro più dei loro colleghi italiani, an-
che se guadagnano meno. IuaV e Ca’ Foscari sono in testa alle classifiche italiane
di placement. I dati, diffusi da Alma Laurea e contenuti nel rapporto 2010 rivolto
ai laureati del 2008, indagano infatti la situazione degli studenti ad un anno dal
conseguimento della laurea delineando una situazione nazionale particolarmente
preoccupante, che registra un aumento sensibile della disoccupazione giovanile
rispetto allo scorso anno (dal 14 al 21%) con una contrazione ulteriore della quota
di lavoro stabile e del livello delle retribuzioni. In questo panorama a tinte fosche,
però, i dati delle università veneziane registrano livelli occupazionali che superano
in quasi tutti i casi la media nazionale.
Considerando in particolare la fine della laurea specialistica Iuav registra ad un
anno dalla fine il 72% dei laureati occupati (solo il 31% con un lavoro stabile), men-
tre per Ca’ Foscari la media è intorno al 66,4% (31% con lavoro stabile), di gran lun-
ga superiore a quella nazionale (57%). «I nostri ragazzi sono molto richiesti dalle
aziende — spiega Michela Villa, responsabile del placement per Iuav — i settori più
fecondi sono quello del design del prodotto e della comunicazione visiva, ma anche
la nuova specialistica dedicata alla sostenibilità sta aprendo molte opportunità di
collaborazioni ». «I dati sono diversi a seconda delle Facoltà — spiega Adalberto
Perulli, delegato del rettore al placement per l’università di Ca’ Foscari — quelle che
hanno meno difficoltà sono soprattutto Economia e Scienze matematiche, fisiche e
naturali, seguiti da Lettere e Lingue dove il tasso di disoccupazione arriva anche al
12%».
Una situazione nel complesso positiva, quella della ricerca di lavoro degli studenti
veneziani, per la quale emerge però un dato negativo: nonostante la maggiore oc-
cupazione il guadagno medio dei neo-lavoratori veneziani è inferiore a quello me-
dio nazionale: 875 euro mensili netti è la media di Iuav, 1058 quella di Ca’ Foscari
(1216 per la Facoltà di Economia, 1110 per la Facoltà di Scienze, 946 per la Facoltà
di Lingue e letterature straniere e 882 per la Facoltà di Lettere e Filosofia) contro la
media nazionale di 1115 euro netti mensili. «I contratti ci sono, ma s o n o q u a s i t u
t t i co.co.pro. e arrivano dopo un periodo di stage gratis in azienda — spiega Miche-
la Villa—purtroppo sono pagati molto poco e durano al massimo dai 3 ai 6 mesi».
«Le offerte di lavoro per i primi quattro mesi del 2010 sono 63 (prevalentemente
per laureati di Economia e in ambito commerciale), mentre nello stesso periodo
del 2009 il numero era di 39 offerte e anche la presenza delle aziende ai “recluting
days” della facoltà è più massiccia—spiega però Perulli di Ca’ Foscari — da questi
ultimi dati, forse, si può rilevare una ripresa di dinamicità del mercato che fa ben
sperare per il futuro».
Alice D’Este
Il Corriere del Veneto
Mercoledì 2 giugno 2010
Formazione e lavoro
Univeneto, Fondazione pronta
«Sì a Regione e Confindustria»
Summit dei rettori, il progetto di ateneo unico avanza
A Palazzo Balbi
Ateneo del Veneto, rettori a rapporto
da Zaia
Primo incontro e via ufficiale alla Fondazione. Apertura per futuri
accordi con partner pubblici e privati
VENEZIA — Un primo incontro a Palazzo Balbi per siglare il patto definitivo con la Re-
gione ma per l’università veneta del futuro i partner saranno molteplici. Le intenzioni dei
rettori sono state chiare fin da subito: è prevista una partnership ampia e ora le carte sono
in tavola. Fondazioni bancarie, Camere di Commercio ma anche Confindustria e Fondazioni
private, questa la direzione verso la quale si sta muovendo il nuovo Ateneo del Veneto anche
e soprattutto nell’ottica di una raccolta sempre maggiore di finanziamenti. Di ieri il primo
incontro a Palazzo Balbi dei quattro rettori (Carlo Carraro, rettore di Ca’ Foscari, Amerigo
Restucci, rettore Iuav, Alessandro Mazzucco, rettore dell’Università di Verona, e Giuseppe
Zaccaria, rettore dell’Università di Padova) e il Presidente Regionale Luca Zaia in cui sono
state definite in modo ufficiale le linee guida tra l’istituzione regionale e il futuro Ateneo
del Veneto: «C’è stata grande intesa con il presidente della Regione sugli obiettivi da per-
seguire per il futuro — ha spiegato Carraro — la Regione Veneto sarà una parte importante
del progetto e a breve concretizzeremo un piano operativo per il funzionamento della nuova
università».
Il progetto, annunciato lo scorso 8 maggio, è ambizioso e racconta della nascita di un Ateneo
unico, in cui verranno proposte attività formative comuni, attività integrate di ricerca
nell’ambito delle nanotecnologie, delle biotecnologie, nel settore dell’energia e in quello dei
beni culturali, e una nuova circuitazione di docenti e studenti con scuole di dottorato inter-
ateneo ed Erasmus veneti. In pratica collaborazioni in aumento e «doppioni» formativi in
diminuzione, con il potenziamento, in ogni singolo polo, delle aree disciplinari chiave delle
singole università e la centralizzazione della gestione amministrativa attraverso la nascita
della Fondazione Univeneto. «La Fondazione Univeneto, cui abbiamo dato il via oggi, si oc-
cuperà in modo unitario della gestione amministrativa (e non solo) della nuova università
ma con il tempo le partnership possibili saranno anche molte altre - spiega Carraro - ci sono
stati già alcuni contatti con enti interessati (da Cassamarca a Confindustria) ma è ancora
troppo presto per dare vita a degli accordi effettivi. Prima sarà necessario stilare un piano
operativo che dovrà decidere la gestione delle risorse esistenti, poi si inizieranno a valutare
gli eventuali accordi futuri».
L’auspicio comune, però, sembra essere proprio quello di aprire il progetto, oltre ai quattro
atenei coinvolti e alla Regione anche alle Fondazioni bancarie, alle forze economiche, sociali
ed imprenditoriali oltre alle Camere di commercio del Veneto, per creare un tavolo di lavoro
comune nella prospettiva di accrescere la competitività e l’efficacia nel sistema universitario
veneto nel suo complesso. Grande condivisione degli obiettivi dei quattro rettori è arrivata
anche dal presidente Luca Zaia: «Il presidente della Regione ha ribadito la sua volontà, che
è anche la nostra, di migliorare il legame con il territorio - ha spiegato Carraro -. L’università
in particolare in questi momenti di crisi dev’essere per le imprese il bacino dal quale attin-
gere per risolvere i problemi».
Alice D’Este
Il Corriere del Veneto
Lunedì 26 luglio 2010
L’EDITORIALE
No agli atenei «territoriali»
Federalismo, industria e ricerca
Le università venete per le industrie del Veneto. Un progetto cardine del programma
federalista della nostra Regione; un obbiettivo da condividere o affossare a seconda
dell’interpretazione che ne viene data. E tuttavia l’opzione peggiore, anche per risol-
vere i problemi del mondo industriale, cui la Regione si mostra particolarmente sen-
sibile, sarebbe ritenere che la formazione superiore e la ricerca scientifica siano final-
izzate in modo diretto alle esigenze dell’industria. Perché invece solo la ricaduta sul
territorio di risultati scientifici che la comunità internazionale considera validi potrà
fornire un contributo reale al trasferimento tecnologico e all’innovazione. E di conseg-
uenza le università potranno svolgere un ruolo utile al territorio solo se la loro attività
sarà rivolta al raggiungimento di risultati scientifici e di livelli formativi di validità
internazionale.
Per essere condiviso, il progetto federalista va pertanto interpretato come un percorso
che origina dalla ricerca scientifica (i cui risultati sono però difficilmente percepibili
da un vasto pubblico), e che ha come risultato finale quello, visibile, del trasferimento
tecnologico. I governi locali sono indotti, per ovvie ragioni politico- elettorali, a focal-
izzarsi unicamente sulla fase finale del processo, quella visibile e sono, di conseguenza,
poco propensi all’allocazione di risorse per la ricerca di base, lasciando questo compito
al Governo centrale. Del resto, questo è anche l’atteggiamento, nel nostro Paese, del
mondo industriale. Se le istituzioni locali nella nuova visione federalista continuasse-
ro ad adottare una politica rivolta solo alle esigenze immediate del territorio, finirebbe
per esaurirsi proprio la linfa vitale al percorso «le università venete per le industrie
del Veneto ». Le stesse università finirebbero per appiattirsi su logiche regionali con
il miraggio di ottenere nuove ed immediate risorse, ma con l’inevitabile eclissi dalla
scena internazionale. E le imprese saranno invece, paradossalmente costrette a rivol-
gersi ad università straniere per trovare quei risultati scientifici di cui hanno bisogno
per produrre un’innovazione reale e duratura.
Alcuni anni fa, durante una cerimonia celebrativa delle università di Parigi, il Presi-
dente dell’Associazione degli industriali dell’Ile de France dichiarò pubblicamente
l’impegno delle aziende della regione a fornire alle università le risorse perché nell’Ile
si potesse produrre il 2.5% della ricerca scientifica mondiale. Un obiettivo assai am-
bizioso che testimonia il tipo di impostazione adottata da una regione con un forte
insediamento industriale avanzato, che necessita di trasferimento tecnologico per es-
sere competitiva e che ha individuato nell’eccellenza della ricerca di base l’origine del
successo industriale. A confronto preoccupano non poco gli autorevoli interventi di
parte pubblica e privata apparsi recentemente sui mezzi di comunicazione locali che
inneggiano ad una formazione a tutti i livelli in stretto collegamento con l’impresa e
basata su corsi di tecnologia. Ma quale tecnologia? Un ulteriore passo indietro analo-
go a quello, drammatico, dell’esperienza delle lauree triennali richieste con forza dal
mondo industriale. Lo stesso mondo che oggi predilige assumere laureati che hanno
concluso un percorso di laurea quinquennale.
Giovanni Marchesini
Il Corriere del Veneto
Martedì 12 ottobre 2010
ATENEI VENETI
Zaia ai rettori: «Univeneto parta
subito o perderemo il primato»
Il governatore la vuole più vicina al lavoro: «Ma non influirò
sulla didattica». Verso l’aumento del «rating». Carraro:
«Arriverebbero nuovi finanziamenti»
VENEZIA — «La Fondazione Univeneto adesso deve partire, l’Università del Veneto è una grande
occasione a livello nazionale - dice Luca Zaia, governatore della Regione, - dagli accordi dei mesi
scorsi adesso dobbiamo passare ai fatti altrimenti c’è il rischio che quest’operazione di eccellenza
universitaria parta prima da qualche altra parte in Italia». Un’accelerata importante, quella richi-
esta dal governatore del Veneto ai rettori delle università coinvolte nel progetto (Carlo Carraro di
Ca’ Foscari, Giuseppe Zaccaria dell’Università di Padova, Alessandro Mazzucco dell’Università di
Verona e Amerigo Restucci di Iuav) che punta insomma a dare il via ai giochi al più presto, super-
ando in passo doppio i dubbi e le difficoltà espresse nei giorni scorsi dalla componente universitaria
veneziana di Iuav.
«Se Iuav o le altre università hanno qualche dubbio sullo statuto che ci siamo dati ci troveremo per
risolverli, l’importante adesso però è andare avanti - dice Zaia - questo è il vero futuro dell’istruzione
superiore. Un incrocio diretto tra domanda e offerta. Una risposta culturale alle esigenze vere del
territorio». Un gap da colmare, e in fretta, secondo il governatore, quello tra l’università e il mondo
del lavoro. Con una delle soluzioni possibili, ormai però a portata di mano. «L’entrata nella Fondazi-
one di una partnership ampia (dalle Fondazioni bancarie alle Camere di Commercio fino a Confin-
dustria stessa ndr) porterebbe a zero i passaggi intermedi tra domanda e offerta, permetterebbe alle
aziende di far capire quali sono le specializzazioni che servono veramente qui, formando allo stesso
tempo i ragazzi - aggiunge Zaia, - quanto alla Regione ci metteremo a totale disposizione dei rettori.
La didattica? No, su quella non ci esprimeremo. Sono i rettori ad avere le competenze necessarie per
decidere, e continueranno a farlo. La Regione sarà totalmente al servizio della cultura, e di chi da
sempre ne ha dettato i tempi».
E se l’intervento del governatore Zaia punta a fugare ogni dubbio di «ingerenza» culturale sollevato
a più riprese da docenti e studenti negli scorsi mesi, il riferimento alla matrice politica non sfugge.
«L’università del Veneto sarebbe un fiore all’occhiello del federalismo - dice Zaia - la nostra regione
è il posto giusto per partire. Dobbiamo dare un segnale forte, il Veneto così diventerebbe la culla
del federalismo a tutti i livelli». Timori, titubanze, insomma, addio. E il sodalizio, visto di buon oc-
chio dal governatore, alletta (e non poco, visti i tagli degli ultimi anni) anche i rettori, che vedono
profilarsi all’orizzonte un possibile aumento dei finanziamenti. «Unendoci il rating dell’Università
migliorerebbe sicuramente - spiega Carlo Carraro, rettore di Ca’ Foscari - i finanziamenti ministe-
riali quindi potrebbero aumentare, anche se esiste un tetto massimo del più 5%. Il beneficio da parte
del ministero insomma sarebbe minimo, la vera linfa vitale, economicamente parlando, arriverebbe
però dalle partnership. Camere di commercio, Confindustria etc, ma anche la Regione Veneto st-
essa, che si dice entusiasta del progetto, potrebbe contribuire». E intanto anche da Iuav arriva un
segnale di distensione. «Vogliamo esserci, questo è certo - spiega Amerigo Restucci, rettore di Iuav
- il Senato sta studiando lo statuto, ma non sono stati espressi, se non da qualche docente, giudizi
negativi. Se ne discuterà, si faranno variazioni, ma una cosa è sicura. Iuav ci sarà».
Alice D’Este
Il Corriere del Veneto
Mercoledì 13 ottobre 2010
UNIVERSITA’
IL COMMENTO
A proposito della riforma dell’università, è difficile dire qualcosa che non sia
stato già detto dai (molti) che l’hanno criticata o dai (pochi) che l’hanno difesa.
Eppure, specialmente se ci si sforza di descrivere la situazione con la maggiore
obbiettività possibile, qualche punto di fondo merita di essere chiarito.
Punto primo: indubbiamente, il sistema universitario italiano ha bisogno di una
riforma, e cioè - alla lettera - di una nuova «forma», di un nuovo assetto nor-
mativo, capace di correggere mali cronici e di avviare processi virtuosi, sia dal
punto di vista della struttura organizzativa degli atenei, che per quanto riguarda
la ridefinizione degli assi culturali.
Punto secondo: per poter realizzare questi obbiettivi generali, è preliminarmente
necessaria una diagnosi seria e circostanziata dello stato di salute del sistema
nel suo insieme, idonea a far emergere quali siano davvero gli aspetti sui quali è
necessario e improcrastinabile intervenire.
Terzo punto: l’università è una realtà articolata e complessa, irriducibile al mero
dato organizzativo-istituzionale. Essa è infatti il centro di un fascio complesso
di funzioni che vanno ben al di là, per estensione e rilevanza, dell’ambito stret-
tamente universitario, e intersecano altri settori strategici, quali il mercato del
lavoro, la produzione dell’innovazione tecnico-scientifica, la formazione e la ri-
produzione dei ceti professionali e delle classi dirigenti.
Quarto punto: per quanto si è ora detto, illudersi che una riforma della uni-
versità almeno accettabile possa essere realizzata dall’«esterno», senza un reale
coinvolgimento di tutte le componenti attive in quel mondo, dagli studenti ai
tecnici e ai docenti, è un errore capitale, non solo per un evidente difetto di
«democrazia», ma perché la complessità tecnica dei nodi coinvolti in un pro-
cesso di riforma implica il concorso delle competenze specifiche di coloro che
conoscono dall’interno i problemi connessi col funzionamento del sistema.
Quinto punto: non esiste la possibilità di una riforma decente in questo settore
senza un significativo investimento di nuove risorse economiche. Il ddl elaborato
dalla Gelmini procede nella direzione esattamente opposta, rispetto alle esigen-
ze ora descritte. Sul primo punto, infatti, pur denunciando con grande efficacia
demagogica alcuni mali passati e recenti (la proliferazione, talora immotivata,
di insegnamenti e corsi di studio; la persistenza di nepotismi e clientelismi; la
qualità tuttora insoddisfacente della didattica e della ricerca; l’inefficienza della
governance), il provvedimento ora all’esame del Parlamento non prevede alcuno
strumento concreto per la correzione di queste storture, mentre per quanto ri-
guarda gli assi culturali di riferimento,ribadisce, in maniera esasperata, l’idiozia
pseudo liberista delle tre «i» - inglese, informatica, internet - che ha già fatto
scempi nella scuola secondaria italiana. Manca totalmente, quanto al secondo
punto, una analisi rigorosa di ciò che davvero non funziona, poiché si preferisce
puntare su alcuni slogan ad effetto - come quelli della valutazione e della meri-
tocrazia - senza dire una sola parola sui modi concreti con i quali si intende
evitare che la generalizzazione delle valutazioni finisca per estendere e generaliz-
zare gli abusi che sussistono nelle molte valutazioni già in atto. Sul terzo punto,
se non fosse pericolosa, sarebbe perfino patetica l’incapacità di mettere a fuoco la
complessità e gli intrecci del sistema della formazione universitaria, che la min-
istra riduce al semplice dato istituzionale, senza alcuna considerazione delle fun-
zioni concrete da essa svolte. Inutilmente provocatoria, oltre che alla fine autole-
sionistica, la pretesa di scaraventare dall’esterno un provvedimento legislativo
di tale rilievo, infischiandosene bellamente non solo dei pareri, ma soprattutto
delle competenze di coloro che questa realtà vivono dall’interno. Dovrebbe essere
infine intuitivo, per chiudere col quinto punto, che una riforma di un settore così
importante e strategico non può essere fatta riducendo le già magrissime risorse
disponibili (l’Italia continuerebbe ad essere al penultimo posto in Europa per la
percentuale del Pil riservato alla ricerca), agendo tra l’altro non con strumenti
chirurgici mirati e circoscritti, ma con la falce dei tagli orizzontali. Nel suo in-
sieme, il testo approvato dalla Camera fotografa efficacemente una sconfitta cul-
turale di grandi proporzioni e di effetti ancora oggi inesplorati. La sconfitta della
cultura democratica e progressista che in tutti questi anni non è stata capace di
avviare alcun reale processo di riforma, e che ora deve fronteggiare la vittoria,
forse ineluttabile, di un pessimo provvedimento legislativo, destinato a distrug-
gere quel poco di buono che ancora vi è nell’assetto universitario attuale.
Umberto Curi
Il Corriere del Veneto
Giovedì 09 dicembre 2010
IL CASO
Fenice, gli studenti sul palco
Pennac: «Hanno ragione»
Prova generale del «Killer di parole», musica di Ambrosini
e testo dello scrittore francese (in sala): sotto i riflettori
uno striscione contro i tagli
UNIVERSITA’
I rettori firmano, Univeneto è una
realtà Subito due scuole di dottorato
regionali
Accelerazione improvvisa dopo le polemiche: ok allo statuto
da Padova, Venezia e Verona. Manca lo Iuav
PADOVA — Univeneto, la prima fondazione degli atenei della Regione, è realtà. Venerdì la svol-
ta, dopo mesi di tentennamenti. I rettori di Padova, Verona e Venezia si sono incontrati nel tardo
pomeriggio nella sede dell’università scaligera e hanno deciso di partire. Da soli, senza aspettare
eventuali finanziamenti di Palazzo Balbi o di privati. Unico contrattempo: lo Iuav - presente alla
riunione, al posto del magnifico Amerigo Restucci, la vice Donatella Calabi - che, alle prese ancora
con ritardi interni, per il momento non prenderà parte all’iniziativa. Lo statuto dunque è stato sot-
toscritto dagli atenei di Padova, Verona e di Venezia Ca’Foscari e inviato per l’approvazione sia al
Miur, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sia alla prefettura.
Mentre sono state subito gettate le basi per la prima iniziativa comune: un doppio corso di dottorato,
in Scienze storiche e Scienze economiche, che verrà fatto mettendo assieme personale, professori e
studenti (al via a settembre, ma il bando sarà disponibile a breve). La sferzata decisiva l’aveva data
solo tre giorni fa il rettore di Ca’ Foscari, Carlo Carraro. Che, dopo i tentennamenti degli ultimi
tempi, rivolgendosi ai colleghi, aveva affermato: «Non possiamo rimanere immobili ad aspettare».
E così è stato. Dopo l’incontro i tre magnifici coinvolti nel progetto hanno firmato un comunicato. «I
rettori hanno condiviso la decisione di dare immediatamente avvio a tutte le procedure amministra-
tive per la costituzione della Fondazione Univeneto - vi si legge -. Inoltre hanno approvato la prima
nuova iniziativa comune, rappresentata dall’istituzione in via sperimentale di due scuole di dottora-
to regionali inter-ateneo in Scienze storiche e in Scienze economiche. Queste iniziative e quelle che
sono state previste a breve confermano la coesione delle Università del Veneto e la comune volontà
di creare sinergie e nuove collaborazioni».
Per Carraro il via libera alla nuova Fondazione, preludio di una vera e propria federazione degli
atenei veneti sullo stampo del modello californiano, è una soddisfazione personale. «Finalmente
parte Univeneto - dice il numero di Ca’ Foscari -. Dovevamo dare un segnale concreto a tutti gli scet-
tici e i critici. Ma alla fine lo abbiamo fatto: abbiamo dimostrato che le intenzioni le avevamo sempre
avute». Carraro non nasconde l’orgoglio. «Il nostro rappresenta il primo caso in Italia - sostiene
-. I soldi? Per il momento siamo in grado di provvedere da soli: ci basteranno per questi obiettivi.
Dopo si vedrà, il progetto è bello e quindi sono sicuro che anche la Regione e i privati potranno dare
il loro contributo». Neanche il forfait dello Iuav, dunque, sembra impensierire i fondatori. «Sono
in ritardo - sottolinea Carraro -, ma il testo dello statuto verrò presentato al Senato Accademico in
breve tempo, così che in un momento successivo potranno figurare anche loro tra i fondatori». Dopo
l’atto di costituzione di Univeneto, ora dovrà riunirsi il primo consiglio di amministrazione, in cui
figura anche il governatore Luca Zaia. All’ordine del giorno la nomina del presidente e le prossime
iniziative comuni.
Giovanni Viafora
Il Corriere del Veneto
Mercoledì 09 marzo 2011
IL RAPPORTO
Atenei, più disoccupati
a un anno dalla laurea
I rettori: «Ma nel lungo periodo l’università rende e porta
redditi migliori»
PADOVA — La crisi dell’università non risparmia gli atenei del Veneto. La foto-
grafia che emerge dall’annuale rilevazione di AlmaLaurea, il consorzio degli atenei
italiani che si occupa di raccogliere le informazioni sui neolaureati, dice infatti che
anche nelle quattro accademie della Regione (Padova, Verona, Ca’ Foscari e Iuav) la
situazione non è rosea. Sebbene i dati veneti si collochino, nella maggior parte dei
casi, al di sopra di quelli della media nazionale, evidenziano ugualmente un quadro
di generale difficoltà. L’analisi, che prende in considerazione i 187mila giovani lau-
reati in Veneto nel 2009, afferma che ad un anno dal conseguimento del titolo solo il
62,35% di loro ha un posto di lavoro. Il tasso di occupazione più basso è quello dello
Iuav di Venezia, dove la percentuale degli occupati ad un anno dalla laurea è del
54%; ma male sono messe anche l’università Ca’Foscari (60,3%), Padova (62,4%) e
Verona (72,7%). La negatività delle cifre risalta ancora di più se la si confronta con
quella dell’anno precedente. In 12 mesi il tasso di occupazione è diminuito in tutti
gli atenei: -5,5% a Ca’Foscari; -4,3% a Verona; -3,6% allo Iuav; -1,8% al Bo. Non va
meglio nemmeno se si considera il tasso di disoccupazione, cioè il valore che indica
la percentuale dei giovani in cerca di lavoro (esclusi quelli che decidono di proseguire
gli studi o che non sono sul mercato). Qui il dato regionale segna un incremento del
3,8% rispetto al 2008, che porta la disoccupazione ad un anno dalla laurea all’11,85%.
La media nazionale è del 16,5%: una magra consolazione.
La disoccupazione più alta è quella di Ca’ Foscari: 15,2%; a ruota seguono lo Iuav
(12,6%), Padova (11%), Verona (8,6%). Un altro elemento sconfortante è quello che
concerne il guadagno mensile netto dei giovani laureati con un’occupazione. La me-
dia regionale è di 985 euro, ben al di sotto di quella nazionale, che è di 1081 euro. Ris-
petto a questo parametro di salva solo l’Università di Verona, i cui neolaureati pos-
sono contare su uno stipendio medio di 1092 euro mensili. Sotto invece Padova: 1018
euro al mese; Ca’ Foscari: 939 euro; lo Iuav: solo 829 euro. Di fronte a questo quadro
la risposta che viene dagli atenei è unica: studiare all’università rappresenta ancora
un valore aggiunto, anche se forse è necessario ripensare il sistema di orientamento e
i servizi agli studenti. Così il rettore di Ca’ Foscari, Carlo Carraro. «Sarebbe un grosso
errore non iscriversi all’università - afferma il professore -. Sul lungo periodo rende
di più. Anche gli studi sul differenziale del reddito lo dimostrano. E ad un giovane che
dovesse scegliere il proprio percorso di studi, direi guardare al futuro ma anche di
fare le cose per passione. Alla fine così facendo si lavora meglio ». Carraro evidenzia
alcune criticità. «Il problema sono alcune lauree tradizionali - dice - come Lettere o
Lingue. C’è bisogno di competenze ulteriori che in una laurea tradizionale mancano.
Come quelle economiche ad esempio. Per questo abbiamo creato otto nuove scuole
interdipartimentali, per mescolare più saperi».
E pensa positivo anche il rettore del Bo Giuseppe Zaccaria. «A differenza del resto
d’Italia Padova ha trend positivo delle iscrizioni - sostiene -. E sull’orientamento
dai giovani mi sento di dire: fate quello che vi detta il cuore». Diversa l’analisi del
professor Luigi Fabbris, coordinatore del progetto del Bo «Agorà», che da due anni
monitora la qualità dell’occupazione dei giovani laureati di Padova. «Anch’io sos-
tengo che non bisogna lasciarsi impressionare da questi dati, perché l’università
è ancora un valore aggiunto straordinario - sottolinea il docente -. Dico, però, che
bisognerebbe concentrarsi su altri due fattori: il dato di abbandono dei giovani a tre
anni dall’iscrizione, che in Veneto è pari al 35%; il secondo: la necessità di fornire
un’informazione vera e trasparente alle matricole al momento dell’iscrizione. Da
un lato infatti mancano le vocazioni, dall’altro ci sono alcune Facoltà, come quel-
la di Lettere e Filosofia, che danno una formazione troppo generica ». A questo
proposito, va segnalata l’interessante elaborazione fatta dallo statistico Giampiero
Dalla Zuanna, che ha individuato l’indice di efficacia della formazione universitaria
di una facoltà. Tale valore, frutto del rapporto occupati e tasso di soddisfazione,
quantifica gli studenti che, ad un anno dalla laurea, fanno un lavoro coerente con
i propri studi. Emerge che al top ci sono facoltà come Ingegneria ed Economia, in
fondo Lettere e Filosofia. Ecco allora la proposta di Mattia Gusella, rappresentante
degli studenti nel Senato accademico del Bo. «L’ateneo renda noto al momento
dell’immatricolazione i dati sulla percentuale degli occupati e la coerenza tra il per-
corso di studi e l’occupazione raggiunta». Potrebbe essere il primo passo per uscire
dall’impasse.
Giovanni Viafora
Alice D’este
Il Corriere del Veneto
Giovedì 17 marzo 2011
UNIVERSITA’ IN SENATO
Iuav non vota su Univeneto ma
salva Design
VENEZIA - Nuovi accordi e Nuove distribuzioni dei piani didattici.
Iuav discute la riforma ma non vota l’entrata in Univeneto.
Il Senato Accademico di ieri di cambiamenti ne ha stabiliti molti, ma
per ora, il voto per l’ingresso in Univeneto, ancora non si è visto.
“Si da per scontata la nostra presenza e ormai non ci sono dubbi - spiega
Giancarlo Carnevale, preside di Architettura - ci saremo di sicuro ma
non l’abbiamo ancora votato formalmente.
L’incontro ufficiale con le varie componenti universitarie sarà a breve.
Intanto oggi abbiamo tentato di salvare Design e Arti”.
E quando parla di salvataggio, Carnevale, non lo dice metaforica-
mente.
La Facoltà di Design e Arti di Iuav, ha infatti una particolarità: conta
molti docenti a contratto, esterni all’università. Professionisti di grande
fama, che, però, percepiscono un pagamento diverso rispetto ai docenti
strutturati.
“La situazione è paradossale - spiega Carnevale - i docenti da noi ven-
gono pagati 3-4 mila euro, da loro anche 25-30mila. Non può esserci
tutto questo divario. Si passa da 70 euro l’ora anche a 400. Oggi il diret-
tore amministrativo l’ha spiegato chiaramente, tutte queste differenze
all’interno della stessa università non possono esserci. Nelle prossime
settimane farà un piano progettuale indicando un tetto massimo di
pagamento per tutti”.
In più ci si è messa anche la riforma.
Per rispettarla i docenti a contratto dovranno essere ridotti drastica-
mente anche nella Facoltà di Architettura, che già ne aveva di meno ris-
petto a quella di Design e Arti: “Noi passeremo da 44 mila ore a 16 mila
- spiega Carnevale - figuriamoci loro che ne avevano molte di più”.
“Stiamo tentando di capire come convertire questi contratti in contratti
da ricercatori a tempo determinato - spiega Medardo Chiapponi, pre-
side di Design e Arti - la differenza di costi? Si, C’era ma erano contratti
d’eccellenza, relativi ai personaggi di altissima levatura. L’anno pros-
simo però, vista la riforma, saranno molti di meno”.
E intanto, per “salvare” per il prossimo anno accademico i corsi di Design
e Arti, Architettura e Pianificazione dovranno cedere qualche docente.
Saranno cinque in tutto a spostarsi. Qualcuno manterrà l’insegnamento
in entrambe le facoltà, qualcun’altro si sposterà completamente. Con il
risultato di mantenere a Design e Arti la stessa offerta formativa dello
scorso anno con un’unica variazione: la confluenza del Corso di laurea
in Arti Visive e dello spettacolo in quello di Design della moda in uno
stesso corso, con due indirizzi diversi.
Alice D’Este