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Universit della Calabria Facolt di Lettere e Filosofia Corso di laurea in DAMS

Dispensa del corso di

Storia della musica dallantichit al rinascimento


Prof. Massimo Privitera a.a. 2005-2006

Fascicolo I
a cura di Daniela Capogreco e Massimo Privitera

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Indice

I. II. III IV V VI VII VIII IX

Le Muse Pitagora Aristosseno Platone Cicerone Censorino Marziano Capella Agostino Boezio

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Le Muse

1. Esiodo
[Dalla Teogonia di Esiodo, in ESIODO, Opere, a cura di Aristide Colonna, Torino, UTET, 1983, rist. Milano, TEA, 1993, pp. 61-67] Dalle Muse Eliconie prendiamo l'inizio del nostro canto: da esse che abitano il grande e sacro monte dell'Elicona, e danzano coi piedi delicati attorno alla fonte dall'acqua color di viola e dell'onnipotente Cronide; quindi, dopo aver lavato il loro corpo soave nel Permesso o nell'Ippocrene o nel sacro Olmio, son solite intrecciare belle ed incantevoli danze sulla cima dell'Elicona, guizzando con agili piedi. E di l dipartendosi, avvolte da fitta nebbia, vanno di notte facendo udire la loro splendida voce, inneggiando [] alla stirpe sacrosanta degli [] di immortali, che vivono in eterno. Son esse, le Muse, che ad Esiodo un giorno insegnarono uno splendido canto, mentre pascolava gli agnelli ai piedi del sacro Elicona. Ed ecco le prime parole, che le de mi rivolsero, le Muse dell'Olimpo, figlie dell'egioco Zeus: O pastori che avete dimora nei campi, triste oggetto di vituperio, voi che siete solo ventre e nient'altro! Noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero; noi sappiamo, quando vogliamo, proferire le parole veraci. Cos parlarono le figlie del grande Zeus, abili nella parola, e come scettro mi diedero uno splendido ramo, staccandolo da un alloro rigoglioso; ispirarono in me una voce divina, perch io cantassi le cose che saranno e le cose che furono. Esse mi ordinarono di celebrare la stirpe degli immortali sempiterni, e di cantarli sempre, all'inizio e alla fine dei miei canti. Ma a che mi servono ormai questi accenni alla quercia e alla rupe? Ors, prendiamo l'inizio dalle Muse, le quali levando un inno al padre Zeus fanno gioire il suo grande cuore nella sede dell'Olimpo, quando svelano le cose presenti, le cose future e quelle passate, con il concento delle loro voci; la dolce favella sgorga instancabile dalle loro bocche; ridono le case del loro genitore Zeus dal forte tuono, quando si diffonde la voce delle de, delicata come un giglio []. Queste nella Pieria gener Mnemosine (Memoria), signora dei colli di Eleutere, essendosi unita al padre Cronide, perch fossero l'oblio dei mali ed il sollievo degli affanni. Nove notti difatti con lei si un il saggio Zeus, salendo sul talamo sacro, in disparte dagli altri immortali; ma allorch trascorse il periodo dell'anno, e tornarono le stagioni col passare dei mesi, e molti giorni sorsero e tramontarono, ella gener nove figlie, eguali nell'animo e nella mente, cui il canto sta a cuore; hanno un animo scevro di affanni, ed abitano poco lontano dalla cima eccelsa dell'Olimpo nevoso. Quivi hanno gli splendidi cori e le belle dimore; accanto ad esse le Grazie ed Hmeros (Desiderio) tengono la loro dimora, sempre in festa; e facendo dalle labbra sgorgare una affascinante melodia esse cantano, celebrando i privilegi ed i costumi di tutti gli immortali, facendo udire la loro voce deliziosa. Esse quindi prendon la via dell'Olimpo, fiere del loro canto bellissimo, con un concento divino; e la nera terra riecheggia tutt'intorno, quando esse intonano il canto, ed un amabile suono si leva sotto i loro passi, mentre si avviano verso il padre loro []. Tali cose invero cantavan le Muse che hanno la dimora sull'Olimpo, le nove figlie generate dal grande Zeus: Clio ed Euterpe, Talia e Melpomene, Tersicore, Erato e Polinnia, ed Urania, e Calliope che fra tutte la pi prestante; ella infatti si accompagna ai sovrani venerandi. Colui che

Pagina 4 di 31 intendono onorare le figlie del grande Zeus, e tengono, alla sua nascita, sotto il loro sguardo fra quanti sono i sovrani alunni di Zeus, a costui versano sulla lingua una soave rugiada, e dalla sua bocca scorrono parole dolci come il miele. Le genti tutte hanno gli occhi su di lui, quando egli amministra la giustizia con rette sentenze; lui che parlando in pubblico, con fermezza, riesce subito a risolvere saggiamente anche una grossa contesa, dacch alle genti che hanno ricevuto un torto essi sappiano dare nell'agor la giusta retribuzione, agevolmente, persuadendo con dolci parole. E quando costui si avanza nell'assemblea, lo riveriscono come un dio, con reverenza soave, ed egli spicca in mezzo agli uomini raccolti. Tale il dono sacrosanto delle Muse agli uomini! Difatti proprio dalle Muse e da Apollo lungisaettante vengon sulla terra gli uomini cantori e suonatori di cetra, mentre invece i sovrani vengon da Zeus; felice colui, che le Muse hanno caro, ch dalla sua bocca, soave, scorre la voce! Ed infatti, se taluno avendo angoscia nell'animo trafitto da recente affanno si rattrista con il cuore in ambascia, allora l'aedo ministro delle Muse prende a celebrare le gloriose gesta degli uomini d'un tempo, ed innalza un inno agli di beati che abitano l'Olimpo; ed ecco che a un tratto costui si dimentica delle sue ambasce, n conserva pi ricordo delle sue pene, dacch i doni delle de lo hanno subito allontanato dagli affanni. Salute, o figlie di Zeus, concedete un canto pieno di fascino!

2. Le nove Muse Clio


presiedeva alla storia e si rappresentava coronata di alloro, con un rotolo di carta in mano. Per la leggenda, Clio si innamor di Pierio, re di Macedonia, e con lui avrebbe generato Giacinto [SM] Forse il suo nome deriva da Cleos, che significa gloria; e indicherebbe la gloria, onde fregiati sono coloro che l'Istoria rende immortali. Fassi anche venire da Clea, che significa lode, a motivo degli elogi che la Storia d alle belle azioni. Clio presiede dunque alla Storia; ed rappresentata in sembianze di una giovane coronata di alloro; ha in mano un fascio di carte, ed uno stilo per segnarvi le memorabili gesta, e i fatti storici. La Clio di Ercolano ha presso di s uno scrigno pieno di manoscritti. Si attribuisce a Clio la nascita del poeta Lino, che pretendesi avesse ella avuto da Apolline, altri dicono da Magnete [Chompr] Si rappresenta con una tromba in mano [Ripa]

Euterpe
presiedeva alla lirica, al canto [e agli strumenti]. Il nome significa colei che alletta. Invent il flauto e altri strumenti musicali. Unitasi con Ioneo, gener Reso, che divenne re della Tracia [SM] Il suo nome significa rallegratrice, colei che molto diverte. Alcuni le attribuiscono l'invenzione della tibia, o flauto; altri quella della dialettica; altri quella delle scienze in generale. Taluni dicono che Strimone la rese madre di Reso []. Sul bassorilievo dell'apoteosi di Omero e su quello della Villa Mattei ella ha un doppio flauto []. Su i denari della famiglia Pomponia, Euterpe quella che tiene i flauti doppi, e che ha un doppio flauto sopra la testa. Secondo Orazio (lib. I Ode I.) presiedeva all poesia lirica [Chompr] Si rappresenta con due tibie - o con un flauto in mano, & con molti altri stromenti da fiato alli piedi [Ripa]

Talia
presiedeva alla commedia e alla satira. Il suo nome significa fiorente. Veniva rappresentata cinta di edera, con in mano una maschera comica e una verga pastorale [SM] Si rappresenta con una maschera, percioch a detta Musa vogliono che fosse la Comedia dedicata, ha ne i piedi i socchi - o con un volume [Ripa]

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Melpomene
presiedeva alla tragedia. Il nome significa dal bel canto. I suoi simboli erano la corona, il pugnale e una maschera tragica [SM] Si rappresenta con un mascherone in segno della Tragedia, ha ne i piedi i coturni [Ripa]

Tersicore
presiedeva alla danza e alla lirica corale. Secondo la leggenda Tersicore si un con Ares e gener Bistone, che fond una citt nella Tracia cui diede il suo nome. Effigiata col capo coronato d'alloro e con un flauto in mano, oppure nell'atto di suonare la cetra [SM] Tiene questa Musa una citara - o un'arpa [Ripa]

Erato
presiedeva alla mimica amorosa e alla poesia erotica. veniva rappresentata da una giovinetta con una veste fluttuante e una cetra in mano, il capo cinto di mirto e di rose [SM] Il suo nome significa amabile, o amante. Non si distingue molto da Tersicore, mentre ha i medesimi attributi ed il medesimo abito; tiene in mano al par di quella una lira, ma Erato pi specialmente dedita agli amorosi versi galanti. Tersicore ha in generale i movimenti pi vivi di Erato, la quale sembra che canti in una maniera meno animata. Apollonio invoca Erato prima di raccontare gli amori di Giasone e di Medea. Nelle pitture di Ercolano Erato in piedi, ed ha la cetra. Sul bassorilievo dell'apoteosi di Omero si considera per l'ordinario come Erato quella che sul pendio dell'Elicona. Pare peraltro che sia piuttosto quella che vedesi accanto ad Urania. Sul bassorilievo Capitolino, ora nel Museo delle arti a Parigi, nel secondo luogo; ha le mani avviluppate nel manto e pensa: non questa Erato che canti e danzi, ma Erato amante e filosofessa. Sul bassorilievo della Villa Mattei in Roma la prima, ed ha una grande cetra []. Sulle medaglie di Pomponio Musa appoggia la sua lira sovra una colonna, ed ha dietro il plettro [Chompr] Si rappresenta con la lira & capelli longhi, come datrice dell'Elegia - o con uno squadro [Ripa]

Polinnia
presiedeva agli inni, al canto sacro ed eroico e alla danza. Era rappresentata da una giovane con in capo una corona di perle [SM] Si rappresenta con il barbito da una mano, & la penna dall'altro - o con un'aria presso alla bocca in segno della voce, & una mano alzata per li gesti de' quali si serve l'Oratore [Ripa]

Urania
presiedeva alla poesia didascalica e astronomica. Fu amata da Apollo e da Dioniso; col primo gener Lino e col secondo Imeneo. Suoi attributi furono il globo terrestre ed il compasso [SM] Si rappresenta con la sesta facendo un cerchio; ma molto meglio che tenghi una sfera poich a lei si attribuisce l'Astrologia [Ripa]

Calliope
[che fra tutte la pi prestante; ella infatti si accompagna ai sovrani venerandi: Esiodo] presiedeva alla poesia epica e all'eloquenza [per Platone alla filosofia]. Amata da Eagro o da Apollo, gener Orfeo e Imene (secondo un'altra versione, invece, ebbe Orfeo e Lino da Eagro). Dal fiume Acheloo ebbe le famose Sirene. Veniva effigiata con una corona di alloro e con lo stilo in mano, nell'atto di scrivere su tavolette cerate [SM] Secondo Diodoro di Sicilia era la pi dotta di tutte le Muse. Orazio la chiam Regina. Il suo nome, che annunzia una bella voce, indica una tale superiorit. Quando Ovidio (nel V lib. delle Metam.) vuol che sieno vittoriose le Muse nella gara con le figlie di Piero, fa cantare in nome di tutte le altre la sola Calliope. Alcuni eruditi l'hanno detta presiedere all'eloquenza ad un tempo, alla rettorica ed alla poesia eroica. Altri la ristringono all'epica: perloch Esiodo la dipinge siccome

Pagina 6 di 31 quella che vive accanto ai re, giacch i Sovrani e gli Eroi sono per lo pi l'argomento dei poemi epici. Orazio per altro l'invoc nell'Ode IV del LIbro III ove dopo averla detta Regina la invita a verseggiare colla tibia o con l'acuta sua voce, o colla lira, o colla cetra di Febo []. Si attribuiscono a Calliope molti figli. Da Oeagro ebbe Lino e Cimotoo; da Strimone reso; da Apolline Ialemo, Orfeo ed Imeneo; e finalmente da Acheloo le Sirene. Non si accordano gli eruditi intorno agli attributi di Calliope. Quelli che hanno spiegato le antichit di Ercolano le danno un fascio di carte. Il Sig. Visconti con maggior ragione, fondato su una bella statua del Museo Pio Clementino, le d le tavolette. Questa statua ha un'aria seria e studiosa; ha appoggiate alle ginocchia le tavolette incerate; tiene nella destra lo stilo; ha le chiome divise ed ondeggianti; e la sua lunga tonaca stretta da una cintura. Questo atteggiamento conviene perfettamente a Calliope Dea della Poesia. E' sua propria quell'aria di meditazione, e le tavolette sono un attributo de' poeti [Chompr]. Si rappresenta con un volume, per scriver i fatti de gl'huomini illustri [Ripa] Legenda Camilloni Maria Teresa Camilloni, Le Muse, Roma, Editori riuniti, 1998 Chompr Dizionario portatile delle favole [] compilato da Chompr e considerevolmente accresciuto da A.L. Millin [] traduzione dal francese [] di Celestino Masuccio, Bassano, Tipografia Remondiniana, 1804 Ripa Cesare Ripa, Iconologia, edizione pratica a cura di Piero Buscaroli, Milano TEA, 1992 SM Giuseppina Sechi Mestica, Dizionario universale di mitologia, Milano, Rusconi, 1990

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II Pitagora
[Dal Manuale di Armonica di Nicomaco di Gerasa (ca. fra met I sec.-met II sec. d.C.) [in Luisa ZANONCELLI, La manualistica musicale greca: [Euclide], Cleonide, Nicomaco, Excerpta Nicomachi, Bacchio il Vecchio, Gaudenzio, Alipio, Excerpta Neapolitana, Milano, Guerini e Associati, 1990].

1. Modo in cui furono scoperti i rapporti numerici tra i suoni La tradizione dice che Pitagora ha scoperto la quantit numericamente espressa dagli intervalli di quarta, quinta e ottava, che la loro unione, nonch il tono disposto tra i due tetracordi, e che la scoperta sia avvenuta cos. Un giorno, mentre fissava il suo pensiero sulla possibilit di trovare un qualche mezzo strumentale che soccorresse l'udito, sicuro e inoppugnabile, come quelli di cui con il compasso, il regolo o anche la diottra dispone la vista, o il tatto con la bilancia e le sue misure, pass accanto a una fucina, per un caso del destino, ud martelli che battevano il ferro sull'incudine producendo insieme suoni pienamente consonanti tra loro, ad eccezione di due. Riconobbe tra di essi le consonanze di ottava, quinta e quarta; cap che l'intervallo tra quinta e quarta, in s dissonante, era parte integrante del maggiore dei due. Felice quasi un dio lo avesse guidato nella sua ricerca, entr di corsa nella fucina e con esperimenti diversi scopr che la differenza tra i suoni dipendeva non dalla forma dei martelli, n dalla forza di chi li vibrava o dalla deformazione del ferro percosso, ma dalla loro mole; rilevati accuratamente pesi e contrappesi esattamente uguali a quelli dei martelli, torn a casa. Qui, a un'unica barra metallica conficcata attraverso l'angolo formato dalla congiunzione di due muri (perch non ne risultasse qualche alterazione e non si potesse sospettare una differenza conseguente alla diversa natura delle barre) appese quattro corde uguali per materiale, numero di capi, spessore e torsione, e poi attacc un peso alla loro estremit inferiore. Colp quindi le corde, predisposte di una lunghezza assolutamente identica, a due a due per volta, alternativamente, ritrovando le suddette consonanze, e cio per ogni coppia di corde una diversa. Rilev che quella posta in tensione dal peso maggiore risuonava in ottava rispetto a quella con il peso minore; l'una sosteneva un peso di 12 misure, l'altro di sei: dimostr cos che l'ottava era in rapporto doppio, come i pesi stessi indicavano. Sempre la corda reggente il peso maggiore, percossa assieme alla penultima che sosteneva un peso pari ad otto, produceva una consonanza di quinta, dimostrando in tal modo che tra i rispettivi pesi esisteva un rapporto sesquialtero; la seconda corda, con peso uguale a nove, percossa con la maggiore, faceva risultare una quarta, in corrispondenza al rapporto dei pesi. Trov cio che essa era in rapporto sesquiterzo, ma anche in rapporto sesquialtero rispetto a quella che sosteneva il peso minore (come nove a sei) nello stesso modo per cui la corda pari a otto (la penultima) prima si trovava in rapporto sesquiterzo rispetto alla corda di sei, e sesquialtero rispetto a quella di dodici. Stabil infine che l'intervallo tra i rapporti sesquialtero e sesquiterzo, corrispondente alla differenza tra quinta e quarta, era espresso dal rapporto sesquiottavo, cio nove a otto. Dimostr che il diapason un sistema formato dagli altri due (quinta e quarta) uniti per congiunzione, che il rapporto doppio risulta dall'unione di sesquialtero e sesquiterzo, come dodici, otto, sei, o, inversamente, da quarta e quinta; verific che il rapporto doppio pu risultare anche dall'unione di sesquiterzo e sesquialtero, posti in questo altro ordine: dodici, nove, sei.

Pagina 8 di 31 Dopo essersi addestrato ad una sensibilit manuale ed uditiva esercitandosi con i pesi sorretti dalle corde, e visto confermato rispetto ad essi il valore dei rapporti, trasfer con adatto meccanismo il sistema di fissaggio comune delle corde dalla barra diagonale alla base (cui diede il nome di cordotono) di tensione di uno strumento e applic sulla torsione delle chiavi poste sulla parte superiore i valori di tensione corrispondenti a quelli dei pesi. Utilizzando poi questo strumento base come un mezzo infallibile di verifica, estese l'esperimento a vari strumenti musicali: percussione di vasi, auloi, flauti di Pan, monocordi, trigoni e simili, e sempre gli si ripropose uguale e senza eccezioni ci che la sua mente guidata dal numero aveva saldamente afferrato. Definendo ipate il suono corrispondente al valore di sei, mese quello di otto in rapporto sesquiterzo, paramese quello di nove, un tono sopra la mese e perci in rapporto sesquiottavo, nete quello di dodici, integr gli intervalli mancanti del genere diatonico con suoni risultati da proporzioni, subordinando l'ottocordo ai valori numerici consonanti: doppio, sesquiterzo, e alla loro differenza, il sesquiottavo. 2. Esegesi dei passaggi contenuti nel Timeo Giunti a questo punto opportuno spiegare il passo di Platone sulla psicogonia [Tim., 36 a], in cui egli si esprime in questi termini: in modo tale che in ogni intervallo ci fossero due mediet. La prima [armonica] maggiore e rispettivamente minore nella misura della medesima frazione degli estremi. La seconda [aritmetica] maggiore del primo nella stessa quantit numerica di cui minore rispetto al secondo. Integr la distanza fra i rapporti sesquialteri e sesquiterzi con la differenza del sesquiottavo. Infatti un intervallo in rapporto di 2:1, come 12:6, ha due medi proporzionali, il nove e l'otto. L'otto il medio armonico tra sei e dodici, risultando superiore a sei di un terzo dello stesso sei, e inferiore a dodici di un terzo appunto di dodici. Perci il medio otto maggiore e rispettivamente minore nei due estremi per una stessa frazione rispetto all'uno e all'altro, come richiede la proporzione armonica. Infatti l'estremo maggiore doppio del minore, e anche la differenza tra maggiore e medio (quattro) doppia della differenza tra medio e minore (due), e anche queste differenze si trovano in rapporto doppio. Particolarit di questa mediet : il prodotto della somma degli estremi moltiplicato per il medio uguale al doppio prodotto degli estremi [corrispondente a: x= 2ab:a+b]. Se infatti si moltiplica per otto la somma degli estremi (diciotto), si ottiene 144, doppio prodotto degli estremi, cio 72. L'altra mediet (il nove che corrisponde alla paramese) rappresenta la mediet aritemtica rispetto agli estremi: minore rispetto a dodici e maggiore rispetto a sei dello stesso valore numerico (tre). Questo medio proporzionale ha la seguente propriet: la somma degli estremi il doppio del termine medio [corrispondente a: a+b:2], e il quadrato del medio (81) maggiore rispetto al prodotto degli estremi (72) del quadrato della loro differenza; e in questo caso la differenza nove, che tre al quadrato. Si potrebbe anche spiegare una terza mediet [geometrica], quella che viene chiamata proporzione per eccellenza, considerando tutti e due i termini medi, l'otto e il nove; infatti tra 12 e 8 e tra 9 e 6 c' lo stesso rapporto, sesquialtero in tutti e due i casi, e il prodotto degli estremi uguale a quello dei medi. [] 4. La correlazione tra suoni e rapporti numerici Ma torniamo indietro e colleghiamo l'argomento che stavamo discutendo prima con il seguente: affermiamo che in opposto alla correlazione riguardante la tensione, per cui a maggiori valori di tensione corrisponde una maggiore altezza dei suoni e a valori inferiori un'altezza inferiore, per quanto concerne lunghezza e spessore di corde e lunghezza e diametro di auloi si stabilisce una proporzionalit inversa; in questo caso infatti una quantit minore produce un suono pi acuto, e una quantit maggiore produce un suono pi grave. Se infatti si confronta il suono di una corda lunga - fissata con una data tensione ad una barra graduata in modo che non la tocchi e

Pagina 9 di 31 resti sollevata - fatta vibrare in tutta la sua lunghezza, con il suono prodotto dalla sua met avendo avuto l'accortezza di isolare l'altra met con un ponticello mobile o un dispositivo analogo nel punto centrale e senza che le vibrazioni prodotte dal colpo si propaghino all'altra met della corda, si trover che il suono prodotto dalla met della corda un'ottava pi acuto rispetto a quello della corda intera, maggiore, che appunto il doppio, cio con le grandezze inversamente proporzionali. Se si limita la vibrazione di un terzo esattamente misurato, il suono prodotto dai due terzi sar necessariamente in rapporto d'altezza sesquialtero rispetto alla corda intera, in correlazione inversa alla lunghezza. Divisa la corda per quattro, percuotendo i tre quarti (badando sempre che la vibrazione non si propaghi) si avr un suono sesquiterzo rispetto a quello della corda intera, in correlazione inversa alla lunghezza. Analogamente, se anche in un aulos con la lunghezza divisa in quattro parti uguali mediante tre fori li si chiudono tutti etre appoggiandovi sopra le dita, e se si confronta il suno prodotto dall'aulos in tutta la sua lunghezza con il suno emesso dal foro centrale, quando si solleva il dito, si trover che esso suono in rapporto doppio, e che quello prodotto dall'aulos in tutta la sua lunghezza a distanza d'ottava rispetto a quello prodotto con il foro centrale. E quest'ultimo a sua volta si trova in rapporto sesquialtero rispetto a quello prodotto con il foro situato pi sotto, cio quello pi basso di tutti, vicino all'apertura esterna, mentre questo stesso suono in rapporto sesquiterzo rispetto al suono dell'aulos in tutta la sua lunghezza. Il suno prodotto dal foro pi vicino all'imboccatura in rapporto doppio rispetto a quello del suono centrale e qudruplo rispetto a quello dell'aulos intero, in proporzionalit inversa alle lunghezze. Per quanto riguarda i flauti di Pan, lunghezze e diametri delle canne producono un effetto analogo a quello dello spessore delle corde, in quanto se esse sono a due capi rendono un suono doppio di quelle a quattro.

Pagina 10 di 31 III

Aristosseno
[Da: Aristosseno, L'armonica, a cura di Rosetta Da Rios, Roma, 1954] 1. Le specie del movimento topico (I, 8; Da Rios, II,17-19). [Considerando singolarmente le pari dell'Armonica] si deve cercare di vedere quali siano le specie del movimento topico. Ogni voce pu muoversi secondo il detto movimento topico, ma due sono le specie di esso: movimento continuo e movimento discontinuo. Nel movimento continuo, sembra ai sensi che la voce percorra un certo spazio in modo da non fermarsi in nessun punto, neppure sulle estremit (del suo percorso), almeno secondo la impressione dei sensi, ma si muova senza interruzione fino al silenzio. Nell'altro movimento, che chiamiamo discontinuo, sembra che la voce si muova in modo contrario. Durante il suo percorso, essa si ferma su un grado, poi di nuovo su un altro e, cos facendo senza interruzione - intendendo senza interruzione rispetto al tempo -, salta gli spazi intermedi ai gradi, non fermandosi che sui gradi stessi e questi soltanto facendo intendere; si dice allora che essa canta e si muove di un movimento discontinuo. Ognuno di questi due movimenti si deve riguardare secondo l'impressione dei sensi: se possibile o impossibile che la voce si muova e poi si fermi su un solo grado oggetto di un'altra indagine [cio della teoria fisica del suono] e non necessario per la nostra trattazione (sapere) in che consista ciascuno dei due movimenti; perch, in qualsiasi dei due modi si produca il movimento della voce, non importa per distinguere il movimento melodico della voce dagli altri movimenti. Per dirla semplicemente, quando la voce si muove in modo che sembra all'udito non si fermi in nessun posto, chiamiamo questo movimento continuo, quando invece sembra si fermi in qualche punto e poi salti uno spazio e, dopo questo movimento, di nuovo si fermi su un altro grado e mostri di continuare questo alternato processo senza interruzione fino alla fine, chiamiamo un tale movimento discontinuo. Chiamiamo dunque continuo il movimento del parlare, perch, quando parliamo, la voce si muove spazialmente in modo che sembra non si fermi in nessun punto. Nell'altro movimento, che chiamiamo discontinuo, avviene il contrario, perch sembra che la voce si fermi e tutti dicono che chi si vede far cos non parla, ma canta. Per questo appunto, nel discorrere, evitiamo di fermare la voce se non siamo costretti accidentalmente a venire ad un tale movimento. Nel cantare facciamo il contrario, perch evitiamo la continuit e cerchiamo invece, quanto pi possibile, di fermare la voce. Infatti, quanto pi noi renderemo ciascuna emissione vocale una, fissa e uniforme, tanto pi la melodia sembrer chiara alla nostra percezione. Concludendo, abbastanza chiaro, da quanto stato detto, che, dei due movimenti topici della voce, uno il movimento continuo, proprio del parlare, l'altro il movimento discontinuo, proprio del cantare. 2. Critica dei predecessori (II, 31-33, Da Rios, II, 46-48) Gli uni ritengono che l'armonica sia qualcosa di grande, alcuni, perfino, che lo studio di essa non solo li renda musicisti, ma migliori il loro carattere []; gli altri poi ritengono che l'armonica non abbia nessuna importanza, ma che sia qualcosa di insignificante, pur volendo non esser ignari di ci in cui essa consiste. Nessuno di questi due modi di vedere nel vero: l'armonica n merita il disprezzo di un uomo intelligente [], n ha importanza cos grande da bastare a tutto, come pretendono alcuni,

Pagina 11 di 31 perch, come si sempre insistito, per essere musicista occorre acquistare molte altre conoscenze oltre quella dell'armonica, che , come la ritmica, la metrica, l'organica, solo una parte della scienza che costituisce il musico []. E di questo noi cercheremo di dare dimostrazioni che si accordino con i fenomeni, a differenza dei nostri predecessori. Perch alcuni dicono delle assurdit, sdegnando di riportarsi alla sensazione, per la sua inesattezza, ed inventando delle cause puramente astratte, parlando di rapporti numerici e di velocit relative, da cui risultano l'acuto ed il grave, esponendo cos teorie le pi estranee e le pi contrarie ai fenomeni; altri, senza ragionamento e senza dimostrazione, dando per degli oracoli ciascuna delle loro dichiarazioni e non sapendo ben enumerare i fenomeni stessi. Noi, al contrario, cerchiamo di raccogliere tutti i principi che sono evidenti a quelli che conoscono la musica e, con dimostrazione, di trarre da questi conclusioni. La nostra scienza concerne in generale tutta la melodia musicale, vocale e strumentale. La nostra trattazione si riferisce a due facolt: l'orecchio e l'intelletto. Per mezzo dell'orecchio noi giudichiamo le grandezze degli intervalli, per mezzo dell'intelletto ci rendiamo conto del loro valore. Bisogna abituarsi a giudicare con precisione i particolari. Perch non si possono adoperare le frasi che si soliti adoperare per le figure geometriche, come sia questa una linea retta, quando si parla degli intervalli. Il geometra, infatti, non si serve delle sue facolt sensibili, egli non esercita la sua vista a giudicare n bene n male la terra, il cerchio o qualche altra figura, questo essendo piuttosto compito del falegname, del tornitore o di altri artigiani. Ma per [] [il musico] fondamentale, invece, l'esattezza della percezione sensibile, perch non possibile che chi ha una percezione sensibile deficiente possa spiegare convenientemente dei fenomeni, che non ha in nessun modo percepito [] E non bisogna ignorare che la comprensione della musica consiste nella simultanea comprensione di elementi stabili e mobili e che questo carattere si estende a quasi tutta la musica ed, in una parola, ad ognuna delle sue parti. [] Ma n gli auloi, n nessuno degli altri strumenti servir mai a fissare la natura della melodia armonizzata, perch ognuno degli strumenti partecipa, per quanto possibile, del meraviglioso ordine che, in generale, proprio della melodia armonizzata, sotto la sorveglianza della percezione sensibile, dalla quale dipendono essi ed ogni altra cosa in musica.

Pagina 12 di 31 IV

Platone
1. Il mondo creato con proporzioni musicali [da Timeo, VIII, 34,35, trad. Cesare Giarratano, Bari, Laterza, 1966] Tutte queste ragioni medit il dio, che sempre , intorno al dio, che doveva essere un giorno, e fece un corpo liscio e uniforme ed eguale dal centro in ogni direzione e intero e perfetto e composto di corpi perfetti. E messa lanima nel mezzo di esso, la distese per tutte le sue parti, e con questa stessa linvolse tuttintorno di fuori, e cos fece un cielo circolare, che si muove circolarmente, unico e solitario, ma atto per sua virt ad accompagnarsi seco stesso e di nessun altro bisognoso e bastevolmente conoscitore e amante di se stesso. E per tutte queste cagioni gener felice questo dio. Lanima poi dio non la fece dopo il corpo, come noi che ora prendiamo a parlare in ultimo , perch, dopo averli congiunti, non avrebbe lasciato che il pi vecchio fosse governato dal pi giovine. Ma noi che molto dipendiamo dalla sorte e dal caso, cos anche a caso parliamo. Egli invero form lanima anteriore e pi antica del corpo per generazione e per virt, in quanto che essa doveva governare il corpo, e questo obbedirle, e la form di tali elementi e in tal guisa. Dellessenza indivisibile e che sempre nello stesso modo e di quella divisibile che si genera nei corpi, di tutte e due form, mescolandole insieme, una terza specie di essenza intermedia, che partecipa della natura del medesimo e di quella dellaltro, e cos la stabil nel mezzo di quella indivisibile e di quella divisibile per i corpi. E presele tutte e tre, le mescol in una sola specie, congiungendo a forza col medesimo la natura dellaltro che ricusava di mescolarsi. E mescolando queste due nature con lessenza, e di tre fatto di nuovo un solo intero, divise questo in quante parti conveniva, ciascuna delle quali era mescolata del medesimo, dellaltro e dellessenza. Cominci poi a dividere cos: prima tolse dal tutto una parte [1], dopo di questa ne tolse una doppia di essa [2], e poi una terza che era una volta e mezza la seconda e tre volte la prima [3], una quarta doppia della seconda [4], una quinta tripla della terza [9], una sesta ottupla della prima [8], una settima ventisette volte maggiore della prima [27]. Dopo di ci riemp glintervalli doppi [= la sequenza 1, 2, 4, 8] e tripli [= la sequenza 1, 3, 9, 27], tagliando ancora di l altre parti e ponendole nei loro intervalli, di modo che in ciascuno intervallo ci fossero due medii, e luno avanzasse un estremo e fosse avanzato dallaltro della stessa frazione di ciascuno di essi [= medio armonico], e laltro avanzasse e fosse avanzato dallo stesso numero [= medio aritmetico]. E derivando da questi legami nei precedenti intervalli nuovi intervalli, cio duno e mezzo [= 3/2, quinta], duno e un terzo [= 4/3, quarta] e duno e un ottavo [= 9/8, tono], riemp con lintervallo di uno e un ottavo [= tono] tutti gli intervalli duno e un terzo [= quarta], e lasci una particella di ciascuno di essi, di modo che lintervallo lasciato da questa particella avesse i suoi termini nello stesso rapporto numerico fra loro come 256 e 243 [= semitono]. E cos impieg tutta quella mescolanza, donde tagliava queste parti. Pertanto, divisa in due nel senso della lunghezza tutta questa composizione e adattata luna parte sullaltra nella loro met in forma di una X, le pieg in giro nello stesso punto, collegando ciascuna con se stessa e con laltra dirimpetto alla loro intersezione, e vimpresse un movimento di rotazione uniforme nel medesimo spazio, e luno dei circoli lo fece esteriore e laltro interiore. E il movimento del circolo esteriore lo destin come movimento della natura del medesimo, e quello del circolo interiore come movimento della natura dellaltro. E quello che ha la natura del medesimo lo rivolse secondo il lato a destra, e quello della natura dellaltro, secondo la diagonale a sinistra. Ma di la signoria al movimento del medesimo e simile, e lo lasci uno e indiviso, mentre divise sei volte linteriore, facendone sette circoli diseguali secondo glintervalli del doppio [= 2, 4, 8] e del triplo [= 3, 9, 27], cherano tre per ciascuna parte. E a questi circoli ordin che si movessero in senso contrario gli uni agli altri, e che

Pagina 13 di 31 tre fossero eguali per velocit e quattro diseguali fra loro e rispetto agli altri tre, ma tutti girassero secondo ragione. 2. La vista, ludito, le origini della filosofia e la terapia dellanima [da Timeo, XVI, 47, 48] [] La vista, a mio parere, divenuta per noi causa di grandissima utilit, perch nessuno di questi discorsi, che diciamo intorno alluniverso, sarebbe stato detto, se non avessimo veduto n gli astri, n il sole, n il cielo. Ora losservazione del giorno e della notte, dei mesi e dei periodi degli anni hanno fornito il numero e procurato la nozione del tempo e la ricerca intorno alla natura delluniverso. Di qui abbiamo acquistato il genere della filosofia, della quale non venne nessun bene maggiore, n mai verr, al genere mortale, come dono largito dagli di. Io dico che questo il pi grande benefizio degli occhi: e tutti gli altri che sono minori, a che scopo celebrarli? E se chi non filosofo si lamentasse desserne privo per la cecit, si lamenterebbe a torto. Ma noi di questo affermiamo questa cagione, che dio ha trovato e ci ha donato la vista, affinch, contemplando nel cielo i giri dellintelligenza, ce ne giovassimo per i giri della nostra mente, che sono affini a quelli, sebbene essi siano disordinati e quelli ordinati, e cos ammaestrati e fatti partecipi dei ragionamenti veri secondo natura, imitando i giri della divinit che sono regolari, potessimo correggere lirregolarit dei nostri. Intorno poi alla voce e alludito di nuovo lo stesso discorso, che ci sono stati donati dagli di per lo stesso scopo e per la stessa cagione. Perch anche la parola stata ordinata per lo stesso fine, ed essa vi concorre moltissimo, e cos quanto v di utile nel suono musicale stato dato alludito per causa dellarmonia. E larmonia, che ha movimenti affini ai giri dellanima, che sono in noi, a che con intelletto si giovi delle Muse non sembra utile, come si crede ora, a stolti piaceri, ma essa stata data dalle Muse per comporre e rendere consono a se stesso il giro dellanima che fosse divenuto discorde in noi: e cos il ritmo, per il costume che nella pi parte di noi privo di misura e di grazia, fu dato da quelle come ausiliario allo stesso fine. 3. Larmonia divina in movimenti mortali
[da Timeo, XXXVII, 80]

Quando i movimenti dei suoni mossi prima e pi rapidi son per cessare e per farsi simili ai suoni pi lenti, questi li raggiungono e venendo dopo li muovono nuovamente, e raggiungendoli non li turbano, perch non provocano un movimento diverso, ma il movimento pi lento che comincia, adattandosi uniformemente col pi rapido che finisce, forma dalla mescolanza del suono grave e dellacuto una sola impressione: e cos procura sollazzo aglinsipienti e letizia ai savi, perch rappresenta larmonia divina in movimenti mortali. 4. Ogni armonia ha il suo ethos
[da La Repubblica, III, x, traduzione di Franco Sartori, Bari, Laterza, 1966 ]

E ora, ripresi, non ci resta da trattare del modo del canto e della melodia? Evidentemente. Ebbene, se vogliamo essere coerenti con le nostre parole di prima, non potrebbero ormai tutti trovare da s quello che dobbiamo dire del modo e della melodia, quali cio devono essere? E Glaucone sorridendo disse: - Allora, Socrate, io rischio di non venire compreso tra questi tutti. Sul momento non sono proprio in grado di dichiarare che cosa dobbiamo dire, anche se posso sospettarlo. Sicuramente, feci io, tu sei in grado di riconoscere questo primo punto: la melodia si compone di tre elementi, parole, armonia e ritmo.

Pagina 14 di 31 Questo s, rispose. Ora, quello che in essa costituito dalle parole, non differisce affatto, nevvero?, dalle parole non cantate, visto che lo si deve esprimere secondo quei medesimi modelli che poco fa abbiamo stabiliti, e nella stessa maniera.. E vero, disse. E armonia e ritmo debbono accompagnare le parole. Come no? Eppure, dicevamo, nelle composizioni letterarie non c bisogno alcuno di lamenti e pianti. No davvero. Ebbene, quali sono le armonie lamentose? Dimmelo, tu che sei esperto di musica. La mixolidia, rispose, la sintonolidia e altre simili. E non si devono eliminare?, feci io. Non sono utili neanche alle donne, se devono essere donne dabbene, per non parlare degli uomini. Senza dubbio. Per i guardiani, poi, sono molto sconvenienti lubriachezza, la mollezza e lindolenza. Come no? E dunque, tra le armonie, quali sono molli e conviviali? La ionica, rispose, e la lidia: cos si chiamano certe armonie languide. E ti potranno servire in qualche modo, mio caro, con i guerrieri? No certo, rispose; forse per ti rimangono la dorica e la frigia. Io non mintendo di armonie, replicai; ma tu devi lasciare larmonia che imiter convenientemente parole e accenti di chi dimostra coraggio in guerra e in ogni azione violenta; e pur se sconfitto o ferito o in punto di morte o vittima di qualche altra sciagura, sempre reagisce alla sorte con fermezza e sopportazione. E lasciane anche unaltra, di chi attende a unazione pacifica e non violenta, ma spontanea, o persuade e chiede qualcosa a qualcuno, con la preghiera se si tratta di un dio, con linsegnamento e il monito se si tratta di un uomo; armonia che nel caso opposto imiter chi d retta a preghiere o insegnamenti o dissuasioni altrui, e quando con questi mezzi ha ottenuto il suo intento, non pecca dorgoglio, ma in tutti questi casi si comporta con saggezza e moderazione ed lieto di quello che succede. Dunque queste due armonie, la violenta e la spontanea, lasciale: esse offriranno la migliore imitazione degli accenti di gente sventurata e fortunata, temperante e coraggiosa. Ma, disse, le armonie che chiedi di lasciare, non sono altre che quelle or ora da me dette. Nel canto e nella melodia, ripresi, non avremo dunque bisogno di strumenti a molte corde n capaci di tutte le armonie. No, mi sembra evidente, disse. E allora non manterremo fabbricanti di tritoni, di pttidi e di ogni altro strumento a molte corde e capace di produrre varie armonie. No, evidentemente. E fabbricanti e suonatori di auls, li ammetterai nello stato? Non forse questo lo strumento pi ricco di suoni? E gli stessi strumenti capaci di produrre tutte le armonie non ne sono una imitazione? S, rispose, chiaro. Ti restano dunque, ripresi, lira e cetra, utili in citt; in campagna invece, per i mandriani, andrebbe bene una specie di siringa. S, disse, cos almeno ci porta a concludere il nostro discorso. Non siamo proprio originali, mio caro, dissi io, a giudicare Apollo e i suoi strumenti preferibili a Marsia e ai suoi. Per Zeus!, fece lui, evidentemente non lo siamo! Corpo dun cane, replicai, senzaccorgerci abbiamo nuovamente purificato lo stato che poco fa dicevamo gonfio di lusso. S, rispose, e saggiamente.

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5. Musica, ginnastica e filosofia [da La Repubblica, III, XVII] [XVII] Non dunque questo, ripresi, il giudice buono e sapiente che si deve cercare, ma quello di prima. La malvagit non potr mai conoscere e la virt e se stessa, mentre la virt, quando viene educata la natura, acquister col tempo simultanea conoscenza di s e della malvagit. E sapiente quindi, a mio avviso, luomo onesto, non il cattivo. E io, rispose, la penso come te. Allora, insieme con tale arte giudiziaria, codificherai tu nel nostro stato anche la medicina nella forma da noi detta? Cos, tra i tuoi cittadini, esse cureranno quelli che siano natural - mente sani di corpo e danima. Quanto a quelli che non lo siano, i medici lasceranno morire chi fisicamente malato, i giudici faranno uccidere chi ha lanima naturalmente cattiva e inguaribile. Questa evidentemente la migliore soluzione, disse, sia per questi stessi sciagurati sia per lo stato. Ed chiaro allora, ripresi, che i giovani ti si guarderanno bene dal ricorrere allarte giudiziaria, se praticano quella semplice musica che dicevamo generatrice di temperanza. S, certo, disse. E il musico, se coltiva la ginnastica su questa medesima traccia, non si trover, se vuole, a non avere bisogno alcuno della medicina, se non in caso di assoluta necessit? Mi sembra di s. Negli stessi esercizi ginnastici e nelle fatiche il suo sforzo si rivolger, risvegliandolo, allelemento animoso della natura piuttosto che al vigore fisico; ed egli non regoler alimentazione e fatiche in vista di acquistare forza, come invece fanno gli altri atleti. Giustissimo, ammise. Ora, Glaucone, ripresi, anche coloro che stabiliscono di educare con musica e con ginnastica non lo fanno per la ragione creduta da taluno, per curare con questa il corpo, con quella lanima: no? Ma perch allora? Forse, risposi, le stabiliscono ambedue soprattutto per lanima. Come? Non noti, dissi, in che disposizione spirituale sono coloro che durante la vita coltivano la ginnastica senza occuparsi della musica? o quelli che si trovano in condizione opposta? Ma di che cosa parli?, chiese. Della selvatichezza e della scontrosit, feci io, e, per contro, della mollezza e della mitezza. S, lo noto, rispose; coloro che praticano la pura ginnastica risultano troppo selvatici, quelli che praticano la pura musica diventano troppo molli. Ebbene, continuai, la selvatichezza potrebbe essere dovuta allelemento animoso della natura. Se fosse rettamente nutrita, sarebbe coraggio, ma, a tenderla oltre il giusto limite, diverrebbe, com ben naturale, intrattabile scontrosit. Mi sembra di s, ammise. Ancora: la mansuetudine non sar dote propria della natura filosofica? Se per essa viene troppo rilassata, non diventer troppo molle e, se ben alimentata, mansueta e ordinata? E cos. Noi per sosteniamo che i guardiani debbono avere tutte due queste nature. S, debbono averle. E queste nature non devono armonizzare fra loro? Come no? E lanima di chi presenta questa armonia non temperante e coraggiosa?

Pagina 16 di 31 Senza dubbio. E quella di chi non la presenta, non vile e villana? Certamente [XVIII] Ora, quando uno riconosce alla musica il potere dincantare con il suono dellauls e di riversare nellanima, attraverso le orecchie, come fossero un imbuto, quelle dolci molli lamentose armonie che or ora dicevamo, e passa tutta quanta la vita a canticchiare allegro beandosi del canto, costui anzitutto, se in s aveva qualcosa danimoso, lha temperato come ferro a da inutile e duro lha reso utile; quando per, persistendo, non smette, anzi prosegue lincanto, ecco allora che lo fa struggere e liquefare sino a esaurire del tutto il vigore dellanimo, sino a tagliare via, per cos dire, i nervi dellanima e a renderla un combattente smidollato. Senza dubbio, disse. E se, continuai, fin dal principio ha ricevuto unanima per natura priva di quel vigore, eccolo giungere ben presto a questo risultato; ma se ne ha ricevuto una animosa, indebolendo quel vigore, riduce lanimo eccitabile, pronto a scaldarsi e a spegnersi per futili motivi. E cos questa gente, anzich animosa, si fa irascibile, collerica, piena di cattivo umore. Precisamente. E che sar poi se uno pratica assiduamente la ginnastica e ama mangiare bene senza occuparsi di musica e di filosofia? Non si riempie dapprima di orgoglio e di baldanza per il suo perfetto stato fisico? E non diviene pi coraggioso di quello che era? S, certo. Ma che sar quando non faccia altro e non coltivi Musa alcuna? Se pure esisteva nellanima sua qualche voglia di apprendere, dal momento che questa resta estranea a ogni nozione e problema senza partecipare a discussioni n alle altre attivit culturali, non diventa debole, sorda e cieca, perch non risvegliata n nutrita n sono perfettamente purificate le sue sensazioni? E cos, disse. Perci una simile persona diventa, credo, nemica della discussione e incolta, e non cerca pi di persuadere discutendo, ma, come una belva, tratta chiunque con violenza e selvatichezza, e vive nellignoranza e nella grossolanit, senza regola e grazia alcuna. E assolutamente cos, ammise. Per questi due elementi, come sembra, animoso e filosofico, direi che un dio ha dato agli uomini due arti, la musica e la ginnastica. Non che le abbia date per lanima e per il corpo, se non in via secondaria, ma per quei due elementi, perch possano armonizzare luno con laltro quando ne siano regolate al giusto grado le tensioni e i rilassamenti. Sembra di s, ammise. Allora avremmo piena ragione di dire che chi meglio combina ginnastica e musica e le applica allanima nella misura pi giusta, il musico pi perfetto e armonioso, assai pi di chi accorda tra loro le corde. Naturalmente, Socrate, rispose. Ebbene, Glaucone, non occorrer anche nel nostro stato una sorveglianza permanente di un simile uomo, se si deve salvaguardare la costituzione? S che occorrer, quantaltre mai.

Pagina 17 di 31 6. Le parti, il tutto, ed il musico


[da Fedro, 268a-269, traduzione di Linda Untersteiner Candia, Milano, B. Mondadori, 1996]

Socrate: Ebbene dimmi: se qualcuno si accostasse al tuo amico Erissimaco o al padre suo Acumeno [che sono due eccellenti medici] e gli tenesse questo discorso: Io so porgere ai corpi certe sostanze che hanno, a mio piacimento, la capacit di riscaldare come di raffreddare [] poich, dunque, sono in possesso di questa scienza, mi ritengo esperto nellarte medica e capace di render tale ogni altro al quale io trasmetta la conoscenza di questi metodi, che cosa credi che direbbero alludirlo? Fedro: E che altro, fuorch chiedergli se egli possiede anche questa forma di conoscenza: chi richiede quelle cure e in quale circostanza ciascuna di esse deve trovare la sua applicazione e fino a che punto? Socrate: E se tale fosse la sua risposta: Non lo so affatto; ma ritengo che chi avr appreso da me questi procedimenti sar in grado di compiere da s quanto mi chiedi? Fedro: Risponderebbero, io penso, che quelluomo pazzo. In realt per aver inteso da qualche libro, chiss mai in quale passo, o per la casuale esperienza di qualche medicamento, si illude di essere divenuto medico, senza tuttavia possedere alcuna reale competenza dellarte. Socrate: Ammettiamo ora invece che qualcuno si rechi da Sofocle o da Euripide e gli vanti le sue capacit nel comporre lunghissimi discorsi intorno a un esiguo argomento, e intorno a uno grande discorsi assai poveri; poi, secondo il proprio intento, lamentevoli o al contrario terrificanti o minacciosi, e altre prodezze di questo genere. Infine, insegnando questi procedimenti, sillude di trasmettere larte di comporre una tragedia! Fedro: Anche questi, o Socrate, io penso che riderebbero di un uomo il quale ritiene che la tragedia sia qualcosa di diverso dallorganica sistemazione di questi elementi, nellarmoniosa corrispondenza delle singole parti fra loro e rispetto allopera nel suo complesso. Socrate: Ma almeno il loro biasimo non sarebbe aspro, io penso. Si comporterebbero, invece, come un musico il quale incontrasse un uomo illuso di essere esperto nellarte musicale per una casuale conoscenza della tecnica per trarre i suoni pi gravi e pi acuti da una corda. In questo caso, non lo assalirebbero aspramente con queste parole: Sciagurato, tu deliri! ma, nella sua qualit di musico, lo ammonirebbe pi dolcemente: Mio ottimo amico, necessario che anche queste cognizioni possegga colui che aspira a divenire esperto nellarte musicale; ci non toglie per che di armonia non abbia neppure la minima competenza che dotato di una capacit pari alla tua. La tua conoscenza, infatti, si limita alle nozioni indispensabili, che sono il presupposto dellarmonia, ma non raggiunge larmonia stessa. 7. La mania e le Muse
[da Fedro, 244b-245]

E in verit [] risulta che per noi i pi grandi beni sorgono per lintervento di una mania, naturalmente concessa per divina elargizione. Tant vero che la profetessa di Delfi e le sacerdotesse di Dodona, quanderano invasate dalla mania, furono per la Grecia artefici di numerosi e splendidi benefici [] mentre quanderano in senno, scarsi o inesistenti erano tali vantaggi []. La terza forma di invasamento e di mania quella ispirata dalla Muse: dopo aver afferrato linaccessibile purezza di unanima delicata, la risveglia, le infonde un furore bacchico, che tende a manifestarsi nella forma di odi e in poesie di ogni genere e, con la celebrazione di infinite imprese degli antichi, mira alleducazione dei posteri. Ma chiunque non ispirato dalla mania delle Muse si accosta alle porte della poesia, nella persuasione di potere raggiungere, per mezzo dellabilit tecnica, la perfetta espressione poetica, fallisce la meta, e cos pure la poesia di chi conserva il dominio di s oscurata da quella degli invasati dalla mania.

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V Cicerone
La musica delle sfere
[Da Il sogno di Scipione (De Republica VI 9-29)]

Quando arrivai in Africa [] la prima cosa che feci fu quella di andare a trovare Massinissa, un re che per giusti motivi era in stretti legami damicizia con la mia famiglia. Giunto al suo cospetto, il vegliardo mi abbracci, piangendo, e dopo un po lev gli occhi al cielo e disse:Ringrazio te, o sommo Sole, e voi, altre divinit celesti, per aver avuto la possibilit di vedere qui nel mio regno, sotto questo tetto e prima di lasciare questa vita, Publio Cornelio Scipione, il cui nome per me di per se stesso motivo di conforto. Mai, infatti, nella mia mente venuto meno il ricordo di quellottimo e valorosissimo personaggio. Io gli chiesi quindi notizie sul suo regno, e lui ne chiese a me sulla nostra repubblica, e insieme conversammo a lungo, finch arrivammo al termine di quella giornata. Successivamente, dopo aver goduto di unospitalit regale, continuammo a discorrere fino a notte inoltrata, e lanziano re non parlava daltro che dellAfricano, rievocandone non solo le imprese, ma anche i discorsi. Quando poi ci ritirammo, io mi addormentai pi profondamente del solito, per la stanchezza del viaggio e per lora tarda. Cos accadde (credo per il fatto che avevamo parlato di lui: succede spesso, infatti, che i discorsi e i pensieri si riproducono in sogni, del tipo di quello di cui ha scritto Ennio, su Omero, essendo questultimo continuamente al centro dei suoi pensieri e dei suoi discorsi, quando era sveglio), che mi apparve lAfricano, con quel volto che mi era famigliare dal ritratto, piuttosto che per averlo conosciuto di persona. Io inorridii, nel momento stesso in cui lo riconobbi, ma lui disse:Rinfrancati, Scipione, non aver paura, e tieni bene in mente quel che ti dir [] Fui preso da meraviglia allosservazione di tutte queste cose, e quando mi ripresi dallo stupore dissi:Che cos? Che musica questa, cos intensa e cos piacevole, che riempie le mie orecchie?. Egli rispose:E quella prodotta dallenergia che muove le sfere stesse, composta da note emesse ad intervalli ineguali, ma tuttavia distribuiti ciascuno sulla base di un rapporto razionale; ne deriva una precisa variet di armonie, nelle quali i toni alti si mescolano a quelli gravi. Non sarebbe possibile, del resto, che movimenti cos ampi si verifichino in silenzio, ed la natura che fa s che le sfere estreme producano le une suoni gravi, le altre suoni acuti. Per questa ragione il cerchio pi alto del cielo, quello delle stelle, essendo il suo movimento pi rapido, produce ruotando un suono alto e acuto; quello della Luna, invece, che il pi basso, emette il suono pi grave; la nona sfera, cio la Terra, resta infatti immobile ed sempre ferma nella posizione che occupa, al centro delluniverso. Le altre otto sfere, invece, avendo due di esse la stessa tonalit, emettono sette diversi suoni, a diversi intervalli ( questo il numero che sta per cos dire alla radice di tutte le cose). Uomini dotti, imitando questo meccanismo con gli strumenti a corda e con il canto, si garantirono cos il ritorno in questo luogo, e come loro hanno fatto coloro che nella loro vita terrena affrontarono, grazie alle loro straordinarie capacit, argomenti divini. Le orecchie degli uomini, riempite da questo suono, sono diventate sorde, e nessuno dei sensi in voi cos debole come questo; cos accade nella localit chiamata Catadupa, dove il Nilo precipita da montagne assai alte: la popolazione di quella localit, a causa del grande frastuono, ha perso il senso delludito. Anche il suono provocato dalla velocissima rotazione dellintero mondo, cos forte che le orecchie degli uomini non sono in grado di ascoltarlo; analogamente non potete fissare direttamente il Sole perch il vostro senso della vista vinto dai suoi raggi.

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VI

Censorino
La musica cara agli Dei
[da De die natali liber, X, XII, XIII]

[X] Sono per ora indispensabili alcune parole sulle regole della musica per rendere pi intellegibile tutta questa concezione tanto pi che esporr nozioni sconosciute agli stessi musici; perch il loro senso delludito tratt con perizia e dispose secondo una successione armonica i suoni, ma i matematici pi che i musici scoprirono il modo di formazione e la misura dei suoni in s, generati dal movimento. La musica dunque la scienza di ben modulare [scientia bene modulandi]; essa si trova nella voce: alle volte la voce pi grave, alle volte pi acuta; per tutte le voci semplici e comunque prodotte sono dette note; la differenza poi che rende una nota acuta e una nota grave viene detta intervallo. Tra il suono pi basso e quello pi acuto possono trovarsi molti e ordinati intervalli successivi, tra di loro maggiori o minori, come quello che chiamiamo tono, o quello, minore, che detto semitono, oppure lintervallo di due o tre e anche di alcuni toni. Ma non tutte le voci congiunte alla rinfusa con altre qualsiasi producono nel canto consonanze armoniche. Come le nostre lettere dellalfabeto spesso non convengono nel formare n parole n sillabe se sono unite tra di loro alla rinfusa e senza connessione, cos in musica solo alcuni determinati intervalli possono dare accordi. Accordo, poi, lunione di due voci diverse che danno una piacevole consonanza. Tre sono gli accordi semplici e fondamentali da cui derivano gli altri: il primo, con intervallo di due toni e di un semitono, viene detto di quarta; il secondo, di tre toni e di un semitono, si chiama di quinta; il terzo detto di ottava, il suo intervallo contiene i due precedenti, perch un intervallo di sei toni, come sostengono Aristosseno e i musicisti, o di cinque toni e di due semitoni, come sostengono Pitagora e i matematici, i quali dimostrano che due semitoni non possono riempire lintervallo di un tono. Perci Platone impropriamente chiama semitono anche un intervallo di questo tipo, con termine proprio lo chiama residuo. Ma ora, per far vedere con piena evidenza come i suoni, che non sono percepiti n dagli occhi n dal tatto, possono essere misurati, riferir la meravigliosa scoperta di Pitagora; egli, scrutando i segreti della natura, scopr che i suoni dei musici concordavano con la scienza dei numeri. E infatti tese con pesi differenti corde di spessore uguale e di pari lunghezza; se esse, fatte vibrare, non mandavano suoni in accordo, cambiava i pesi; dopo un grande numero di queste esperienze giunse alla scoperta che due corde vibravano secondo laccordo di quarta quando i pesi che le tendevano, posti a confronto, erano nel rapporto di tre a quattro, i matematici greci chiamano questo suono epitrito, i latini sequiterzo. Trov invece laccordo detto di quinta quando la differenza dei pesi era nella proporzione sequialtera, cio nel rapporto di due a tre, detto anche emiolio. Quando poi una corda veniva tesa con un peso doppio dellaltra, e il loro rapporto era del doppio, risuonava un accordo di ottava. Pitagora speriment se questo avveniva anche con i flauti, e ottenne gli stessi risultati. Prepar quattro flauti con diametro interno uguale, ma diversi in lunghezza: il primo, per esempio, lungo sei dita, il secondo pi lungo di un terzo, cio otto dita, il terzo di nove dita, lungo perci una volta e mezza il primo, il quarto poi di dodici dita, di lunghezza doppia rispetto al primo. Dato dunque fiato ai flauti e confrontato il suono di due alla volta, dimostr a tutti i musici in ascolto che il primo e il secondo, che sono nel rapporto superterzo, davano laccordo di quarta; che il primo e il terzo flauto, il cui rapporto di una volta e mezza, rendevano laccordo di quinta; e infine, che la differenza tra il primo e il quarto, tra i quali un rapporto del doppio, dava un intervallo di ottava. Ma tra i flauti e le corde c questa differenza: pi i flauti sono lunghi, pi grave il suono, con le

Pagina 20 di 31 corde invece, maggiore il peso applicato, pi acuto il suono; in entrambi i casi tuttavia il rapporto identico. [XII] E non certo incredibile che la musica sia in connessione con la nostra nascita. Sia che essa consista soltanto nella voce, come dice Socrate, o, come sostiene Aristosseno, nella voce e nel movimento del corpo, o anche, come pensa Teofrasto, in questi due e inoltre nel movimento dellanima, senza dubbio essa ha in s una grande divinit e una grande capacit di muovere gli animi. E invero, se non fosse gradita agli dei immortali, che sono costituiti di anima divina, per certo non sarebbero stati istituiti gli spettacoli scenici per placare gli dei, non si farebbe ricorso a un flautista per accompagnare tutte le supplicazioni negli edifici sacri, non sarebbe celebrato con un flautista il trionfo autunnale di Marte, non sarebbe stata attribuita ad Apollo la cetra, n alle Muse il flauto e gli altri strumenti di questo tipo, non sarebbe stato concesso ai flautisti, che rendono benevoli gli dei, di tenere pubblici spettacoli, di mangiare nel Campidoglio e di percorrere la citt mascherati come volevano e avvinazzati alle piccole Quinquatrie, cio alle idi di Giugno. Anche le anime degli uomini, pur esse divine malgrado lopinione opposta di Epicuro, riconoscono la propria natura per mezzo di canti. E infine, anche nel momento del pericolo il pilota si serve della musica perch i marinai sostengano pi facilmente la fatica; e pure quando le legioni schierate a battaglia combattono, con il suono della tromba scacciato persino il timore della morte. Perci Pitagora aveva labitudine, come tramandano, di suonare la cetra prima di abbandonarsi al sonno e appena era sveglio, per colmare sempre lanima della propria natura divina, e il medico Asclepiade per mezzo di accordi armoniosi spesso restitu alla calma naturale la mente dei pazzi sconvolta dalla malattia. Erofilo poi, che pratic la stessa arte, sostiene che le vene pulsano con ritmo musicale. Dunque, se armonia nei movimenti del corpo e in quelli dellanima, senza dubbio la musica in relazione con la nostra nascita. [XIII] Inoltre Pitagora rivel che tutto questo universo costituito secondo rapporti musicali e che le sette stelle vaganti tra il cielo e la Terra, che regolano la nascita dei mortali, hanno movimento armonico e distanze rispondenti agli intervalli musicali ed emettono, ognuna in rapporto allaltezza, suoni diversi tanto armonici da produrre una dolcissima melodia, che noi per non udiamo a causa della grandezza del suono che le nostre orecchie non riescono a contenere per la loro limitatezza. E in effetti, come Eratostene determin con calcoli geometrici che la massima circonferenza del globo terrestre era di 252.000 stadi, cos Pitagora rivel la distanza in stadi tra la Terra e ogni corpo celeste. Lo stadio da considerare in questa misurazione del cosmo in particolare quello detto italico, di 625 piedi; perch ce ne sono altri di lunghezza diversa, come lolimpico, di 600 piedi, e il pitico, di 1000 piedi. Dunque, secondo Pitagora, dalla Terra alla Luna ci sono circa 126.000 stadi, e questo un intervallo di un tono; dalla Luna alla stella di Mercurio, che detta Stilbonte, la met, come un semitono; da questa stella a Fosforo, la stella di Venere, circa altrettanto, cio un altro semitono; di qui poi al Sole, tre volte tanto, lequivalente di un tono e mezzo. E perci il Sole dista dalla Terra tre toni e mezzo, cio un intervallo di quarta. Dal Sole alla stella di Marte, detta Pirois, c tanta distanza quanta dalla Terra alla Luna, e la misura corrisponde a un tono; da Marte alla stella di Giove, detta Fetonte, la met, cio un semitono; altrettanto da Giove alla stella di Saturno, che ha nome Fainon, perci un altro semitono; di qui al sommo cielo, dove si trovano i segni dello Zodiaco, ancora un semitono. E pertanto dal sommo cielo al Sole c un intervallo di quarta, cio di due toni e mezzo, e sempre dal cielo al punto pi elevato della Terra ci sono sei toni, che formano laccordo di ottava. Pitagora us inoltre in riferimento alle altre stelle molte regole adoperate dai musici e mostr che tutto questo mondo armonico. Perci Dorilao scrisse che il mondo lo strumento musicale di Dio; altri aggiunsero che un eptacordo, perch sono sette le stelle vaganti che si muovono moltissimo. Ma non questo il luogo per trattare sottilmente di tutti questi argomenti, e anche se volessi raccoglierli separatamente in un libro, mi troverei tuttavia in difficolt; ma piuttosto, poich la dolcezza della musica mi ha tratto piuttosto lontano, ritorno al mio soggetto.

Pagina 21 di 31 VII

Marziano Capella
[da De nuptiis philologiae et mercurii, liber IX, a cura di Lucio Cristante, Padova, Antenore, 1987] [930 sgg.] [Armonia]: Ma ora che io passi a trattare i precetti della mia arte []. E siccome mio compito la cura della retta modulazione [bene modulandi sollertia] e, questa, si realizza nelle costruzioni ritmiche e melodiche, anzitutto tratter di quelle melodiche [de melicis]. [1. De Melica] Affermo che quanto risuona secondo regola o tono o semitono o quarto di tono, detto questo diesis []. Il tono, propriamente, viene detto per lo pi anche suono: i suoni, a loro volta, sono, in ciascun tropo preso singolarmente e in tutti, diciotto. Il primo , per i Greci, il proslambanomenos, per i Romani, tono aggiunto [adquisitus] []; il secondo ypte ypton, corda principale delle principali; il terzo parypte ypton, subprincipale delle principali; il quarto ypton ditonon, estesa delle principali; il quinto, ypte mson, principale delle medie; il sesto, parypte mson, subprincipale delle medie; il settimo, mson ditonon, estesa delle medie; lottavo, mse, media; il nono, trte synemmnon, terza delle congiunte; il decimo, synemmnon ditonon, estesa delle congiunte; lundicesimo, nte synemmnon, ultima delle congiunte; il dodicesimo, parmesos, vicina alla media; il tredicesimo, trte diezeugmnon, terza delle disgiunte; il quattordicesimo, diezeugmnon ditonos, estesa delle disgiunte; il quindicesimo, vte diezeugmnon, ultima delle disgiunte; il sedicesimo, trte yperbolaon, terza delle acute; il diciassettesimo, yperbolaon ditonos, estesa delle acute; il diciottesimo, vte yperbolaon, ultima delle acute. Questi sono dunque i suoni che compongono, convenientemente e secondo regola, la melodia; ogni melodia risulta dalla gravit e dalla acutezza di un suono [constat autem omnis modulatio ex gravitate soni vel acumine]. La gravit quella che si viene addolcendo per un allentamento delle corde che costituiscono la scala; lacutezza quella che si estende a formare la punta assottigliata, propria di una melodia esile e alta. E cos, dai suoni sopraddetti che si adattano secondo regola a tutti i tropi, sia presi singolarmente sia nel loro insieme, si formano tre sinfonie: la prima quella dia tessaron, in latino ex quatuor [quarta], e comprende quattro suoni, tre intervalli, due prolungamenti e mezzo ho designato il tono con la parola prolungamento [nam sonum id est tonum productionem vocavit], ed formato da cinque semitoni che valgono met rispetto a prolungamenti pieni; formato da dieci diesis; il valore da dare a diesis quello di un quarto di tono, come ho detto sopra. Ora, questa sinfonia si trova nel raccordo epitrito, e si dice rapporto epitrito quello formato dal numero tre e dalla terza parte del tre, cio uno, come per esempio quattro in rapporto a tre [4/3]. La seconda sinfonia quella quinaria [di quinta] ed chiamata dia pente; composta di cinque suoni, fra loro divisi da quattro intervali; ha tre toni e mezzo, oppure sette semitoni, oppure quattordici diesis; possiede il rapporto del numero emiolio, forma che, per quanto riguarda i termini del rapporto, contiene sia lo stesso numero intero sia la sua met, come nel rapporto di tre a due [3/2]. La terza la sinfonia dia pason che in latino si dice ex omnibus (ottava): comprende otto suoni, sette intervalli, sei prolungamenti, dodici semitoni, ventiquattro diesis, e risulta dal rapporto diplasio, cio del doppio []. Allinizio, in verit, quando Laso, della citt di Ermione, mi divulgava fra gli uomini mortali, si credeva che le mie parti fossero soltanto tre: ylikn, apergastikn, exangheltikn, detta anche ermeneutikn. Lyulikn lunit da essi rilevata di elementi continui e omogenei, cio suono, ritmi e parole [sono, numeris atque verbis]: propriamente quelli di essi che hanno relazione con la melodia, si chiamano elementi armonici; quelli che hanno relazione con i ritmi , elementi ritmici, e quelli riferentisi alle parole, elementi metrici. Lapergatikn una specie di derivazione dalla materia teorica e consiste nellesercizio pratico di essa; ha anchesso tre parti: melopoia, rythmopoia, poesis. Lexangheltikn evidentemente legato alla esecuzione e ha tre parti:

Pagina 22 di 31 lorganikn, lodikn, lypokritikn, argomenti che lordine della trattazione richiede che siano svolti pi avanti. Ora parler della voce per prima, perch come la madre di tutto il complesso di suoni. In generale la voce ha due specie, una continua e una divisa. La specie continua come un colloquio senza interruzione; quella divisa la voce che manteniamo nel canto. C pure una specie intermedia: essa si trova mescolata in entrambe le altre specie, e non mantiene n le caratteristiche di continuit della prima specie n si interrompe con la frequente divisione della seconda, come accade per tutti i versi che vengono recitati secondo il modo della dizione poetica [ut pronuntiandi modo carmina cuncta recitantur]. Quella specie che eseguiamo in parti disgiunte e definite detta diastematica e va connessa a quella parte che si chiama armonica. [2. De Harmonica]. La trattazione dellarmonica ha sette parti: [i] suoni [de sonis], [ii] intervalli [de spatiis], [iii] sistemi [de systematis], [iv] genere [de genere], [v] toni [de tonis], [vi] mutazioni [de commutationis], [vii], modulazione [de modulatione], che chiamo melopea []. [i] Il suono ha per me tanta importanza quanta ne hanno il punto in geometria e lunit in aritmetica. Chiamo i suoni ftongoi []. I suoni dunque sono innumerevoli: in particolare per potranno rientrare nei singoli tropi soltanto in numero di ventotto; i loro nomi li ho ricordati pi sopra. Il primo di essi il tono aggiunto, chiamato proprio con questo nome perch non si accorda assolutamente con nessuno di quelli che prendono il nome di tetracordi []. Il tono aggiunto separato rispetto alla principale delle principali dallintervallo di un solo tono, e questa corda ha preso il nome di principale come se fosse una specie di principe perch nel tetracordo al primo posto. Quindi subprincipale detta la corda che congiunta alla principale, in quanto ne sottoposta. Appartengono poi alle principali anche le corde enarmnios e chromatik per questultima, a malapena noi conserviamo coscienza del suo vero significato di colorata; e ha preso questo nome proprio perch qualunque colore intermedio tra i principali, bianco e nero, chiamato con una parola greca che significa colorato -; perci parlare di corda enarmonica, cromatica e cos pure diatonica (io la dico estesa) significa parlare del genere della melodia: proprio cos si garantisce la molteplice disposizione dei tetracordi. La principale delle medie ha preso questo nome perch la prima nota del tetracordo di mezzo; quella che le sta immediatamente sotto detta subprincipale delle medie; e infine le altre tre corde si regolano, per la loro denominazione, sulle loro simili: questo il tetracordo delle medie ed chiamato cos perch posto in mezzo fra il tetracordo delle principali e il tetracordo delle congiunte. La corda che segue queste denominate sopra, si chiama media: detta media perch sia termine della scala grave sia inizio, in tutti i tropi, dei successivi gradi acuti e, proprio per quella specie di legame da essa stabilito, vengono uniti insieme lambito melodico grave e quello acuto []. Daltra parte per, dopo la media, con laggiunta di un semitono, ci sar la terza delle congiunte []. Dopo questa seguono quelle tre corde che abbiamo chiamato pi sopra: evarmnion, chromatik e ditonon, detta anche parante, che io chiamo, in latino, paenultima; dopo di essa si aggiunge lultima, chiamata ultima delle congiunte perch in questo tetracordo occupa lultimo posto. Ogni tetracordo delle congiunte chiamato cos perch si unisce, appunto, alla media che per prima conclude una sinfonia perfetta, e, se la media aggiunge di sguito un tono, il suono che segue chiamato paramsos, perch il suono della gamma contigua lo toccherebbe appunto perch molto vicino. Subito dopo viene la terza delle disgiunte: essa conclude il sistema perfetto dellottava, donde il nome di terza delle disgiunte. Dopo questa si susseguono tutti gli altri suoni: il tetracordo delle note disgiunte prende questo nome proprio perch separato dalla fine della corda media da un tono e mezzo. Il posto successivo a questo tetracordo occupato da quello delle acute e prende il nome di tetracordo acuto perch nei singoli tropi si innalza fino a raggiungere lacme e nelle singole frasi musicali si trova nellapice []. Di questi [suoni] [] alcuni si armonizzano a vicenda fra loro, altri sono dissonanti e discordi. I primi sono detti symfonoi, perch si accordano vicendevolmente; difonoi, cio dissonanti, sono quelli che, quando sono fatti vibrare, sono discordanti luno con laltro; omfonoi sono quelli che hanno una differente designazione di tono ma conservano il medesimo slancio [].

Pagina 23 di 31 [ii] Lintervallo uno spazio di voce da cui circoscritta una corda acuta e una pi grave. Tra gli intervalli alcuni sono piccoli, e sono quelli costituiti dalla diesis enarmonica; pi grandi sono quelli che, in ogni tropo, formano la doppia ottava: nei tropi non possiamo trovare niente pi grande di questo intervallo. Alcuni intervalli sono composti, altri disgiunti e senza legame. Gli intervalli non composti sono quelli che si succedono in ordine, composti invece quelli che risultano dallunione di intervalli tra loro diversi. Cos pure, alcuni si dicono razionali, altri irrazionali: razionali sono quelli il cui accordo pu essere rappresentato con un rapporto numerico, gli irrazionali non si reggono su un rapporto. Alcuni intervalli sono consonanti, altri dissonanti; e ancora, enarmonici, cromatici e diatonici; e similmente, alcuni sono artia, altri perissa: per i primi li chiamer pari, e secondi dispari. Sono pari (artia) quelli che si possono dividere in parti uguali, come il tono in due semitoni; perissa quelli che si dividono in tre semitoni. Poi, alcuni intervalli sono stretti, altri sono pi ampi: sono stretti quelli collegati da toni; e di essi alcuni sono consonanti, altri dissonanti: per il numero degli intervalli dissonanti eccessivamente grande []. [iii] Il sistema unampia gamma di suoni costituita da molti intervalli []. I sistemi assoluti e perfetti sono otto. Il primo quello che si realizza completamente a partire dal tono aggiunto, che chiamiamo proslambanmenos, alla corda media che abbiamo chiamato mse; il secondo si estende dalla principale delle principali fino alla parmesos; il terzo risulta dalla congiunzione della subprincipale delle principali e della terza delle disgiunte; il quarto si protrae dalla estesa delle principali fino alla diatonos delle disgiunte; il quinto si estende dalla principale delle medie fino alla nete delle disgiunte; il sesto si prolunga dalla subprincipale delle medie fino alla terza delle acute; il settimo dalla estesa delle medie arriva alla diatonos delle acute; lottavo va dalla media allultima delle acute. [iv] Finita la rassegna di questi argomenti, inizier quella dei generi dei tetracordi e dei generi melodici. Il tetracordo un complesso di quattro corde, distinte fra loro da una qualit determinata. I generi melodici sono tre: [en]armona, chroma, ditonon. Si dice genere enarmonico perch diviso da pi intervalli e da proporzioni piuttosto piccole; genere diatonico, perch ricco di toni; cromatico, perch costituito da semitoni []. Il genere enarmonico, poich circoscritto da suoni immutabili, verso lacuto obbedir a una modulazione costituita da una diesis, da unaltra diesis e da un ditono composto; scendendo verso la nota grave, tutta questa modulazione viene capovolta. Il genere cromatico verso lacuto comprende un melos costituito nella maniera seguente: semitono, un altro semitono e tre semitoni che risulteranno non composti; verso il grave avverr il contrario. Daltra parte il genere diatonico, formato proprio da toni, verso lacuto ammetter una modulazione tale da formare completamente lintervallo nella sua interezza rispettivamente con un semitono, un tono e un altro tono; e invece otterr la modulazione grave con al disposizione contraria: noi oggi per usiamo soprattutto il genere diatonico []. [v] Il tono unestensione di spazio, chiamata appunto tono perch la prima voce fra tutte che viene emessa, si estende in questo spazio; cio, il tono lo spazio che intercorre fra una nota qualsiasi e la successiva, per esempio dalla media alla pramese []. Ma [] ora diserter dei tetracordi []. Il tetracordo ovviamente un accordo coerente e stabile di quattro suoni posti in ordine. Vi sono tetracordi delle principali, delle medie, delle congiunte, delle disgiunte, delle acute. Il primo tetracordo, che il pi grave, comincia dalla principale delle principali e termina con la principale delle medie []; quello chiamato tetracordo delle congiunte sar il tetracordo che si estende dalla media alla nete delle congiunte; il quarto, diviso e molto separato da questi, risulta dalla congiunzione della submedia e della nete delle disgiunte; e quello che risulta dalla congiunzione delle disgiunte con un suono pi acuto detto anche quinto delle acute. [vi] Il transito una trasformazione della voce in una diversa immagine di suono. Il cambiamento avviene in quattro modi: primo, per mezzo del genere, quando per esempiom passiamo dal genere enarmonico al genere cromatico o al diatonico; secondo, per mezzo del sistema, come per esempio quando spostiamo la melodia dalla principale delle principali alla subprincipale o eventualmente in un altro dei sistemi, o quando facciamo il passaggio dalle corde congiunte alle corde disgiunte; terzo, per mezzo della tonalit, quando la melodia del tropo lidio

Pagina 24 di 31 trasformata o in quello frigio o in un altro tropo; quarto, per mezzo della modulazione, quando saltiamo da una specie di melodia ad unaltra o quando avviene il passaggio da un canto virile a scale modali femminili. [vii] Di seguito tratter gli stili delle modulazione. La melopea il tipo di modulazione prodotta; il melos, in particolare, la produzione di un suono acuto e di uno pi grave. La melodia espressione di un suono molteplice. La melopea ha tre specie: ypatoeides, mesoeides, netoeides. La ypatoeides quella che chiamata traghik ed formata da suoni gravi; la mesoeides chiamata anche dithyrambik e mantiene suoni uniformi appartenenti alla gamma centrale; la netoeides, che siamo soliti chiamare anche nomik, ammette pi suoni della serie acuta []. Le melopoai per se stesse si differenziano fra loro in parecchi modi, non solo nel genere, cos che una enarmonica, unaltra cromatica, unaltra diatonica, ma anche nello stile perch una ypatoeides, unaltra mesoeides, unaltra netoeidesper i tropi, per esempio il dorico, il lidio e tutti gli altri. Tuttavia, chiunque cominci una melodia, deve, prima di tutto, fare attenzione al sistema, quindi mescolare i suoni e comporre []. [3. De Rhythmica]. Il ritmo [] una particolare composizione formata di tempi percepibili dai sensi e si collega in forma e ordine certi. Viene ancora definito cos: il ritmo una catena ordinata di durate diverse, in funzione del tempo e in rapporto al movimento ritmico, ottenuto per mezzo dei necessari slanci e delle necessarie pose della voce, ed tale che ci costringe da cadenze arbitrarie alle regole di unarte disciplinata. C differenza fra ritmo e ritmabile, perch il ritmabile la materia dei ritmi, il ritmo invece si unisce alla materia come se fosse lartefice oppure la forma della melodia. Il ritmo in tutte le sue manifestazioni si individua in tre modi: con la vista, con ludito e perfino con il tatto; si individua con la vista, per esempio, nel caso di quelle figure che si ricavano dal movimento del corpo; con ludito, quando ci proponiamo di cogliere il ritmo di una melodia; con il tatto, quando, per esempio, con le dita cerchiamo i battiti delle vene; ma in realt a noi dato di percepire il ritmo soprattutto con ludito e con la vista. Ma la ritmica unarte basata completamente sui ritmi ed tale che ammette determinati ritmi connessi alla propria possibilit di variazione e seleziona variazioni regolate da leggi []. Poich si detto che la vista e ludito colgono il ritmo, anche questi si divideranno a loro volta in tre categorie: il movimento del corpo, il rapporto dei suoni e della melodia e le parole collegate tra loro da un rapporto stabilito fra le durate; tutti quanti questi elementi uniti formano un canto perfetto. certo che il ritmo, nel parlato, si suddivide in sillabe; nel movimento ritmico in arsi e tesi; nel gesto si realizza completamente in figure precise e schemi. Ma le parti del ritmo sono sette: la prima riguarda i tempi, la seconda lenumerazione dei tempi che possono rientrare nel ritmo e sono sentiti come ritmoidi, cio simili ai ritmi, e sono anche distinti con tre nomi: tempo ritmico, aritmico, ritmoide; la terza riguarda i piedi; la quarta il loro genere; la quinta ci che io chiamo agoghe ritmica, cio la maniera in cui vengono eseguiti il ritmo e le durate; la sesta riguarda le variazioni ritmiche; lultima parte la ritmopea, cio il modo in cui il ritmo possa prodursi. [i] Dunque il tempo primo quello che, come latomo, non ammette n parti n momenti di divisione, cos come il punto nella geometria, e la monade nella aritmetica, ente assolutamente singolo e autonomo. Il tempo primo, nelle parole, si trova per mezzo della sillaba; nella melodia per mezzo del moto iniziale del corpo, che ho chiamato schema: questo sar il tempo pi breve che, come ho ricordato, indivisibile; tempo composto poi quello che si pu dividere e che, in rapporto al tempo primo, doppio o triplo o quadruplo perch ogni tempo ritmico pu arrivare fino a tale multiplo e il termine ultimo quello che anche il termine del rapporto massimo: riguardo a questo, si trova che il ritmo simile in tutto al tono perch, come quello diviso in quattro grandezze, o diesis, cos anchesso si mantiene in un ambito che si estende fino al limite massimo di un rapporto quadruplo di tempi. [ii] Ma dei tempi che possono essere congiunti ai ritmi alcuni sono i cosiddetti tempi ritmici, altri i cosiddetti aritmici, altri i cosiddetti ritmoidi. E precisamente ritmici sono quelli che conservano lordine con una proporzione definita, come quelli che si trovano nel rapporto del

Pagina 25 di 31 doppio o nel rapporto emiolio o in altri rapporti congiunti da unaltra proporzione; aritmici sono quei tempi che si accordano assolutamente senza alcuna legge, e sono congiunti senza una proporzione definita; i ritmoidi, poi, osservano, il ritmo in alcuni tempi, in altri lo escludono []. [iii] Il piede la prima progressione di ritmo, congiunta per mezzo di suoni regolati da leggi, e quindi necessari. Le sue parti sono due, arsi e tesi: arsi elevazione, tesi abbassamento e rilassamento della voce []. [iv] I generi ritmici sono tre, e sono detti o dattilici, giambici, peonici, o equivalenti, emiolici, doppi; infine, a questi si aggiunge anche il piede eptrito: perch ogni volta che a uno si accosta uno, si stabilisce un rapporto di equivalenza; il due messo in rapporto con luno, mantiene una proporzione doppia sia nelle sillabe sia nei tempi; il tre in rapporto a due un numero emiolio; e il quattro in rapporto altre forma il rapporto epitrito. Ora, quei piedi che abbiamo chiamati equivalenti, li chiameremo anche dattilici; dunque, nel genere dattilico le quantit dei piedi sono tra loro in rapporto equivalente e cio uno a uno o due a due oppure ogni volta che si abbia un andamento ritmico fondato sullequivalenza. Segue il genere giambico, che sopra ho chiamato doppio: in questo genere i tempi dei piedi conservano reciprocamente fra di loro una proporzione del doppio, e cio sia uno a due sia due a quattro, o qualsiasi grandezza che procede in base al rapporto doppio. Quando i tempi dei piedi seguono il rapporto e la legge del numero emiolio, allora si tratta, senzaltro, del genere emiolio, che stato nominato peonico: per esempio il rapporto di tre a due []. [v e vi sono andate perdute] [vii] La ritmopea la capacit di comporre ritmi e la conoscenza di tutte le figure. Si divide nello stesso numero di parti della melopea, cio le seguenti: lepsis, cio percezione, per mezzo della quale noi sappiamo quanto uso dobbiamo fare di un certo ritmo; chresis, uso, per mezzo della quale disponiamo convenientemente in rapporto le arsi e le tesi; mixis, mescolanza, per mezzo della quale adattiamo con arte i ritmi gli uni agli altri quando loccasione lo richiede []. Ci dovrebbe essere noto che il ritmo maschio e la melodia femmina. E appunto la melodia una materia di cui non si conosce la forma, mentre il ritmo, poich esercita una virile attivit, procura ai suoni sia la forma sia differenti effetti.

Pagina 26 di 31 VIII

Agostino
[Da De musica, I, trad. di Maria Bettetini, Milano, Rusconi, 1997] 1. MAESTRO: Definisci [] la musica. ALUNNO: Non mi azzardo. M: Puoi almeno accettare la mia definizione? A: Ci prover se la esprimerai. M: La musica la scienza del modulare bene [Musica est scientia bene modulandi]. O non sei daccordo? A: Forse potrei essere daccordo, se mi fosse chiaro che cos questa modulazione. M: Non hai mai udito la parola modulare, oppure lhai udita qualche volta, ma non a proposito del canto e della danza? A: Proprio cos, ma poich noto che modulare deriva da modus, misura, dato che la misura si deve osservare in tutto ci che ben fatto e invece molte opere di canto e danza, sebbene possano piacere, sono volgari, voglio comprendere appieno che cosa sia questa modulazione, che con una sola parola esprime la definizione di una disciplina tanto grande. Infatti non cosa da imparare tale quale lhanno appresa i vari cantori e mimi. M: Non ti deve preoccupare ci che abbiamo detto prima: in ogni azione, e non solo nella musica, deve essere conservato il modus, e per proprio nella musica si parla di modulazione. A meno che tu forse ignori che il discorso si attribuisce propriamente alloratore. A: Non lo ignoro, ma perch lo dici? M: Perch anche il tuo schiavo, per quanto rozzo e villano, discorre di qualcosa quando risponde, anche con una sola parola, a una tua domanda: lo ammetti? A: Lo ammetto. M: Allora anche lui un oratore? A: No. M: Dunque nel discorrere di qualcosa non ha utilizzato un discorso, sebbene noi riconosciamo che discorso deriva da discorrere. A: Te lo concedo, ma cerco di spiegarmi con che cosa abbia a che fare anche questo elemento. M: Col fatto che tu appunto capisca che la modulazione di competenza della sola musica, sebbene la misura, da cui deriva la parola, si possa trovare anche da altre parti: allo stesso modo il discorso si attribuisce propriamente agli oratori, nonostante chiunque parli discorra di qualcosa e il discorso prenda il nome dal discorrere. A: Ora capisco. 2. MAESTRO: Hai detto poi che esistono molti aspetti volgari nel canto e nella danza, e se per essi utilizziamo il nome di modulazione, questa disciplina quasi divina diventerebbe volgare. Hai fatto unosservazione molto prudente. Esaminiamo dunque per prima cosa che significhi modulare, e poi che significhi modulare bene: infatti non stato aggiunto invano alla definizione. Infine non si deve trascurare il perch qui si sia parlato di scienza. Se non sbaglio, difatti, la definizione risulta completa con questi tre elementi. ALUNNO: Daccordo. M: Allora, poich ammettiamo che la modulazione prende nome dalla misura, non ti sembra sia da temere che solo nelle azioni prodotte da un movimento si possa superare la misura, o addirittura non raggiungerla? O possiamo invece preoccuparci che si dia qualcosa fuori misura se nulla si muove?

Pagina 27 di 31 A: Assolutamente no. M: Quindi la modulazione opportunamente definita come abilit nel muovere, o almeno unabilit attraverso la quale si ottiene che qualcosa sia mossa bene. Non possiamo infatti dire che qualcosa sia mosso bene se non mantiene la misura. A: Certamente non possiamo: ma allora sar necessario riconoscere questa modulazione in tutto ci che ben fatto. Mi pare che davvero nulla sia fatto bene, se non col muovere bene. M: E se tutte queste cose ben fatte si dessero grazie alla musica, sebbene il termine di modulazione sia pi usato, e a ragione, per i vari strumenti musicali? Credo infatti che ti appaia chiara la distinzione tra un oggetto tornito, di legno o argento o qualunque materia, e il movimento stesso dellartigiano che lo tornia. A: Convengo che sia una bella differenza. M: E il movimento non ricercato per se stesso, ma per loggetto che si vuole sia tornito? A: evidente. M: E allora, se lartigiano muovesse le membra solo perch siano mosse con bellezza ed eleganza, diremmo che non fa altro che danzare? A: Cos sembra. M: In qual caso dunque reputi che una cosa sia importante e in un certo senso predomini: quando la si ricerca per s o quando la si ricerca per altro? A: Quando la si ricerca per se stessa, che potrebbe negarlo? M: Ritorna ora a ci che abbiamo detto prima sulla modulazione: labbiamo definita come una certa abilit nel muovere [quasi quamdam movendi esse peritiam]. Considera a cosa questo nome sia pi adeguato: al movimento per cos dire libero, che cio ricercato per se stesso e per se stesso provoca piacere? O al movimento che per cos dire asservito? Infatti sono come servi tutte le cose che non sono per s, ma si riferiscono a qualcosa daltro. A: Naturalmente al movimento che ricercato per se stesso. 3. MAESTRO: Perch dunque stato aggiunto bene, quando la stessa modulazione non pu esistere se non c movimento ben costruito? ALUNNO: Non lo so e ignoro anche come mi sia sfuggito: infatti era strettamente unito allintenzione della ricerca. M: Si sarebbe potuto anche non discutere su questa parola: eliminato bene, che era stato aggiunto, potevamo definire la musica solo come scienza del modulare. A: Chi ti sopporter, se vuoi svolgere cos lintera discussione? M: La musica scienza del muovere bene [scientia bene movendi]. Ma poich si pu dire che mosso bene tutto ci che mosso secondo leggi numeriche nellosservanza delle misure dei tempi e delle lunghezze (infatti provoca piacere e gi questa giustamente si considera modulazione), pu tuttavia accadere che questa presenza dei numeri e questa misurazione generino piacere quando non opportuno. Ad esempio quando un cantante dalla voce dolcissima, che danza pure con garbo, si lascia pure andare mollemente, mentre invece largomento richiede austerit, non usa bene la modulazione secondo i numeri. Usa male, cio in modo inadatto, quel movimento che si pu definire buono solo perch fondato sui numeri. Quindi una cosa modulare, e unaltra ben modulare. Si pu dire che la modulazione sia di pertinenza di qualunque cantore, purch non sbagli nelle misure delle voci e dei suoni, ma la buona modulazione di pertinenza di questa disciplina liberale, ossia della musica. Perci se un movimento non ti sembra buono, perch non adeguato, devi tuttavia ammettere che costruito con arte secondo le leggi dei numeri; ma seguiamo il nostro criterio, che da osservare in ogni caso: che non ci affligga nessuna disputa intorno alla parola quando la cosa appare abbastanza chiara. E non preoccupiamoci proprio se la musica viene definita scienza del modulare o scienza del ben modulare. A: Amo tralasciare e disprezzare le contese intorno alle parole, tuttavia non mi dispiace questa distinzione.

Pagina 28 di 31 4. MAESTRO: Rimane da indagare perch nella definizione sia presente la scienza. ALUNNO: cos, del resto ricordo che il procedimento lo richiede. M: Rispondi dunque: ti sembra che lusignolo moduli bene la voce in primavera? Quel canto segue le leggi dei numeri, molto dolce e, se non sbaglio, adatto alla stagione. A: Mi pare chiaro. M: Forse lusignolo esperto in questa disciplina liberale? A: No M: Vedi dunque che il nome di scienza necessario alla definizione. A: Lo vedo bene. M: Dunque dimmi, per favore: non ti sembra che, come lusignolo, cos tutti coloro che cantano bene siano condotti da una certa sensibilit, ossia coloro che cantano soavemente e seguendo le leggi dei numeri, ma che interrogati sugli stessi numeri o sugli intervalli dei suoni acuti e gravi, non sono in grado di rispondere? A: Li considero molto simili. M: E dunque coloro che li ascoltano volentieri senza avere questa scienza non sono forse da paragonare alle bestie? Vediamo elefanti, orsi e alcune specie di animali che si muovono secondo il canto e gli stessi uccelli che si dilettano (non lo farebbero infatti con tanto impegno e senza unintenzione interessata, se non provassero qualche piacere). A: Sono daccordo, ma investi con questa offesa quasi tutto il genere umano. M: Non come tu pensi. Infatti grandi uomini, che pure non conoscono la musica, o si vogliono adattare alla folla, che non molto diversa dalle bestie ed una moltitudine, lo fanno in modo assai moderato e prudente (ma ora non il momento di discuterne); oppure dopo le grandi preoccupazioni, per rilassare e rinfrancare lo spirito, accettano un po di piacere con grande moderazione. Prenderlo in questo modo e di quando in quando proprio di un animo morigerato; invece farsi prendere, anche solo qualche volta, vergognoso e indegno. 5: MAESTRO: Allora, che te ne pare? Coloro che suonano il flauto o la cetra e strumenti di questo tipo forse si possono paragonare allusignolo? ALUNNO: No M: In che cosa dunque sono differenti? A: Nel fatto che in costoro scorgo una certa arte, nellusignolo invece solo natura. M: Dici qualcosa di verosimile; ma ti sembra che si debba chiamare arte anche se la ottengo attraverso limitazione? A: Perch no? Mi pare che limitazione nelle arti valga cos tanto che se fosse eliminata quasi tutte sarebbero distrutte. Sono i maestri che si offrono per essere imitati, e proprio questo quel che si chiama insegnare. M: Ti sembra che larte sia come un ragionamento e che coloro che si valgono dellarte si valgano della ragione, o la pensi diversamente? A: No, sono daccordo. M: Pertanto chi non pu valersi della ragione, non pu valersi dellarte. A: Concedo anche questo. M: E ritieni che gli animali privi di parola, che sono detti anche irrazionali, possano valersi della ragione? A: Assolutamente no. M: Allora, o stai per definire razionali le gazze, i pappagalli e i corvi, oppure senza riflettere hai dato allimitazione il nome di arte. Osserviamo infatti questi uccelli cantare e fischiare molti motivi alla maniera degli uomini e lo fanno soltanto per imitazione: non credi? A: Non capisco ancora chiaramente in che modo hai elaborato questo pensiero e quanto contrasti con la mia risposta. M: Ti avevo chiesto se tu riconoscevi larte ai citaristi, ai flautisti e agli altri suonatori, anche se hanno raggiunto tramite limitazione ci che eseguono nel cantare. Hai detto che si tratta

Pagina 29 di 31 di arte e hai affermato che limitazione vale tanto che ti sembra che eliminandola quasi tutte le arti sarebbero distrutte. Da questo si pu dedurre che chiunque raggiunge un effetto con limitazione, fa dellarte, anche se forse non chiunque fa dellarte lha raggiunta con limitazione. Ma se ogni imitazione arte e ogni arte ragione, ogni imitazione ragione. Tuttavia lanimale irrazionale non si vale della ragione, quindi non possiede larte, bens limitazione: quindi larte non imitazione. A: Io ho detto che molte arti si basano sullimitazione, non ho chiamato arte limitazione di per s. M: E dunque le arti che si basano sullimitazione non reputi che si fondino anche sulla ragione? A: Anzi, penso che si fondino su entrambe. M: Quindi concederai la scienza agli uccelli, ai quali neghi limitazione. A: Non la conceder, ho detto che la scienza in entrambe, tanto che non la si pu trovare nella sola imitazione. M: Come? Ti sembra che si possa trovare nella sola ragione? A: S. M: Quindi pensi che arte e scienza siano due cose diverse, poich la scienza si pu trovare nella sola ragione, larte invece unisce la ragione allimitazione. A: Non mi sembra che il ragionamento sia conseguente. Io avevo detto che non tutte, ma molte arti sono costituite da ragione e imitazione insieme. M: E considererai scienza anche quella che si fonda su entrambe o le attribuirai solo la parte della ragione? A: Che cosa mi impedisce di chiamarla scienza, quando alla ragione si aggiunge limitazione? 5. MAESTRO: Poich ora stiamo trattando del citarista e del suonatore di tibia, cio di questioni musicali, desidero che tu mi dica se sia da attribuire al corpo, anzi a una sottomissione del corpo, quanto costoro eseguono per imitazione. ALUNNO: Penso che sia da attribuire tanto al corpo quanto allo spirito: eppure questa parola, quando hai parlato di sottomissione del corpo, stata da te usata direi con propriet: il corpo non pu essere sottomesso che allo spirito. M: Noto che con grande cautela hai voluto concedere limitazione non al solo corpo. Ma forse negherai che la scienza appartiene al solo spirito? A: E chi lo negherebbe? M: Dunque non ti puoi assolutamente permettere di attribuire sia alla ragione che allimitazione la scienza a proposito dei suoni degli strumenti a corde e delle tibie. Come hai ammesso, limitazione non sussiste senza il corpo; hai detto inoltre che la scienza del solo spirito. A: Riconosco che questo deriva da ci che ti ho concesso: ma che me ne importa? Anche il flautista avr la sua scienza nello spirito. Infatti quando a essa si aggiunger limitazione, che senza il corpo non si pu dare, quella non gli sottrarr ci che egli racchiude nello spirito. M: Daccordo, non lo sottrarr: e io non affermo che coloro che suonano questi strumenti siano tutti privi di scienza, ma dico che non tutti ce lhanno. Stiamo svolgendo questo argomento per capire, se ci riusciamo, quanto sia giusto aver inserito la scienza in quella definizione di musica. Se la posseggono tutti i flautisti e i citaristi e gli altri appartenenti a questo genere di personaggi, non penso che ci sarebbe niente di pi spregevole e abietto di questa disciplina [].

Pagina 30 di 31 IX

Boezio
[Da De institutione musica, trad. di Giovanni Marzi, Roma, Istituto italiano per la storia della musica, 1990] [Tre specie di musica] Per prima cosa, chi si pone a parlare di musica deve dire intanto quante siano le specie di musica nelle definizioni date dagli studiosi. Esse sono tre. La prima appunto la musica del mondo [mundana], la seconda quella pertinente alluomo [humana], e la terza quella che si realizza al suono di strumenti [in quibusdam costituta est instrumentis], come cetre, tibie ed altri, posti al servizio del canto. Vediamo dapprima quella che la musica del mondo: essa deve essere colta soprattutto in quei fenomeni che si osservano nel cielo stesso, nellinsieme degli elementi o nelle variet delle stagioni. Come possibile che la cos veloce macchina del cielo si muova con tacito e silenzioso corso? Sebbene non giunga al nostro udito quel suono, ci che necessariamente deve dipendere da molte cause, non potr tuttavia un movimento cos veloce di corpi tanto grandi non eccitare suono alcuno quando si tenga conto che i corsi degli astri, in modo particolare, sono tra loro connessi con tale armonia che nulla si possa intendere ugualmente organizzato, nulla che sia allo stesso modo intimamente ordinato. Infatti comunemente si sostiene che alcuni (corsi) sono pi alti, altri pi bassi, e inoltre tutti sono posti in giro da qualche sollecitazione in modo che, pur attraverso disuguaglianze diverse, lordine dei corsi sia condotto a valida stabilit. Ne deriva che lordine stabile della modulazione non pu essere disgiunto da questo celeste rivolgimento. E se una segreta armonia non coordinasse le diverse e contrarie potenze dei quattro elementi, come potrebbero essi fondersi in un unico armonico organismo? Ora, tutta questa diversit genera variet di stagioni e di frutti, tale tuttavia da configurare un unico complesso, quello dellanno; per cui, se tu eliminassi con lanimo e col pensiero qualcuno di questi elementi che dispensano alle cose una cos grande variet, tutto perirebbe e non conserverebbe, per cos dire, alcunch di armonico []. La musica umana, poi, la percepisce chiunque discenda in se stesso. Che cosa infatti che associa al corpo quella incorporea vivacit del pensiero se non una certa combinazione, un equilibrato rapporto tra voci gravi e acute a realizzare una consonanza? Che altro c che congiunge tra loro le parti di una stessa anima, la quale, come vuole Aristotele, informata da razionale e irrazionale? E che cosa che mischia gli elementi del corpo o che congiunge le sue parti con valido adattamento? [] Terza la musica che si dice strumentale. Questa si realizza per effetto di tensione, come negli strumenti a corde, o per mezzo dellaria, come nelle tibie o in quelli che sfruttano il movimento dellacqua, o per mezzo di una percussione []. [Chi il musico?] Ora bisogna bene tener presente il fatto che ogni arte e ogni ramo del sapere hanno naturalmente una ragione pi profonda e pi nobile della semplice pratica, pura attivit manuale dellesecutore. Infatti molto pi importante sapere quello che si fa piuttosto che fare quello che si sa; la pratica manuale sempre su un piano servile, mentre la ragione domina e signoreggia tutto. E se la mano non opera secondo le direttive della ragione, riesce vano il suo agire. Quanto dunque pi nobile la scienza musicale nella sua sistematica razionale che non nella sua pratica attivit esecutiva! Tanto, sintende, quanto la materia superata dallo spirito, poich dove non c razionalit c schiavit. La sola guida della ragione conduce a giusto fine. Se non si obbedisce al suo comando, lopera, privata dellapporto razionale, vaciller nellincertezza. Ne deriva che

Pagina 31 di 31 lattenta indagine mossa dalla ragione non richiede latto materiale dellazione, mentre invece le opere manuali sono nulle ove non siano sostenute dalla ragione. E anzi, quanta sia la nobilt e quanto il merito della ragione si pu ben capire dal fatto che tutti gli esecutori materiali, per cos dire, hanno preso il nome non dalla disciplina, ma piuttosto dagli strumenti stessi []. Il vero musico colui che acquisito la scienza della musica non per esercizio manuale, ma attraverso una valutazione razionale sotto la guida dellintelletto []. Tre sono dunque le categorie di persone che gravitano intorno allarte musicale: una quella degli strumentisti [unum genus est quod instrumentis agitur], laltra dei compositori [aliud fingit carmina] e la terza dei critici, che giudicano esecuzione e composizione [tertium quod instrumentorum opus carmenque diiudicat]. La prima categoria, che esaurisce tutta la propria attivit intorno agli strumenti, come i citaredi, gli organisti e gli altri strumentisti in genere, ben lontano dalla comprensione scientifica della musica, poich si tratta di servi, come s detto: non portano alcun contributo razionale, privi come sono di ogni dote speculativa. La seconda categoria, poi, quella dei poeti che fanno musica, i quali sono portati alla poesia cantata non tanto da razionale speculazione, quanto da un istinto per cos dire naturale. Quindi anche questa categoria deve essere tenuta discosta dalla musica intesa sul piano concettuale. La terza la categoria di coloro che, particolarmente esperti nella critica, possono valutare i ritmi, le melodie e la composizione nel suo complesso. Ed questa, naturalmente, poich si basa tutta sulla ragione speculativa, la categoria che sar considerata di stretta pertinenza della musica. Vero musico pertanto colui che possiede la facolt di giudicare, sulla base della citata speculazione razionale conveniente alla musica, i modi, i ritmi, e i generi delle melodie, le loro combinazioni e ogni altro argomento che tratteremo in seguito, nonch i carmi dei poeti. [Il medio aritmetico, geometrico e armonico] Per rapporto si intende la comparazione, per cos dire, di due termini tra loro; e per termini intendo linsieme dei numeri, tutti i numeri. La combinazione di due rapporti uguali si chiama proporzione, alla quale necessitano almeno tre termini. Quando il primo sta al secondo come il secondo al terzo, si dice essere questa una proporzione, e fra i tre termini il medio quello che occupa il secondo posto. Detto termine medio, che serve a congiungere due rapporti, pu essere di tre specie: 1) o si ha una differenza costante tra il termine minore e il medio e tra il medio ed il maggiore come nei numeri 1-2-3 (allora per il rapporto non uguale: tra 1 e 2, tra 2 e 3 intercorre certo la stessa differenza di ununit, ma il rapporto non lo stesso: 2 a 1 doppio, 3 a 2 sesquialtero); 2) o si ha un rapporto uguale tra i termini, pur con differenze diverse, come nei numeri 1-2-4 (infatti 2:1 sono in rapporto doppio allo stesso modo che 4:2, tenendo per conto che tra 4 e 2 la differenza 2, mentre tra 2 e 1 1); 3) oppure non sussiste n luguaglianza dei rapporti, n la differenza costante, ma nello stesso rapporto in cui sono tra loro il termine maggiore col minore, stanno tra loro anche le differenze tra il maggiore e il medio, e tra il medio e il minore, come nei numeri 3-4-6. Infatti 6:3 rapporto doppio; la differenza tra 6 e 4 2, tra 4 e 3 1: ora, il 2 comparato con lunit determina un rapporto pure doppio. Dunque: il termine maggiore sta al minore come la differenza del maggiore col medio sta a quella del medio col minore. Pertanto il primo medio trovato, l dove uguali erano le differenze, si chiama aritmetico; quellaltro, dove uguali erano i rapporti, geometrico; il terzo infine armonico. ARITMETICO 1-2-3 GEOMETRICO 1-2-4 ARMONICO 3-4-6.

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