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Di qualche tecnica di raccolta delle virgole per fare il punto sugli scritti di Gianni-Emilio Simonetti 1.

1. "Dalla causa alla cosa della rivoluzione" Gianni-Emilio Simonetti ha accompagnato questi ultimi decenni con una ricca e va riegata produzione poligrafica non facilmente classificabile. Non ha mai nascost o l'ambizione di imporsi come teorico di "matrice" situazionista, sebbene propri o dai situazionisti (ma non soltanto) sia stato minacciato a causa di tali velle it. Tuttavia questa non stata l'unica sua ambizione, dato che Simonetti era stato , ed attivo tuttora in altri e svariati ambiti e progetti "intellettuali": da qu ello artistico (Fluxus), a quello editoriale, dalla musica contemporanea alla mo da, dalla gastrosofia alla clinica psichiatrica, prescindendo dai diversi altri che inevitabilmente ci saranno stati e che non mi sono noti. In questa breve rassegna, non essendo in grado di ripercorrere sistematicamente la cronologia e le tappe di una cos multiforme attivit tuttora non conclusa, prove r a rileggere alcuni testi, probabilmente tra i pi significativi, del poliedrico a utore, ponendone in rilievo qualche aspetto pi suggestivo, perch, il pi possibile, essi parlino e si commentino da s. Gianni-Emilio Simonetti stato, in una delle sue molteplici imprese, direttore ed itoriale di "Arcana Editrice". Per queste edizioni, nel 1971, cur la pubblicazion e del volume "... ma l'amor mio non muore", che gli valse una certa notoriet. In quell'occasione, organizzando quel collage parecchio composito di materiali dive rsissimi, se gli era riuscito di confezionare un plateale oltraggio al "senso co mune" dell'epoca, minori erano state le preoccupazioni di ordine "teorico". Esse trovarono sfogo, due anni dopo (nel 1973), nel volume (edito da "Arcana", nella collana "Nuova critica") intitolato "Dalla causa alla cosa della rivoluzione". Il sottotitolo recitava: "Soggettivit della cultura alternativa giovanile e movim ento reale del proletariato". * Lo scritto prende le mosse, apparentemente in medias res, con queste parole: "Quell'identit fra produzione e consumo, che Marx lega con l'immediatamente anche , e la sua reciprocit: il consumo produzione, salva nella sua unit immediata la lo ro immediata dualit. Ecco perch l dove pi nulla sfugge al mercato il tema dialettico non pi la produzione, ma innanzi tutto la distruzione materiale." In questo esordio si richiamano in nota due passaggi di "Per la critica dell'eco nomia politica" di Marx. Il testo continua cos: "Infatti, in un momento come quello che attraversiamo, caratterizzato dallo scon tro violento di classe, la teoria diventa 'produttiva' nella misura in cui criti ca e non affermativa, capace d'inceppare la logica totale dello sviluppo e di pr odurre un'azione pratica ad essa conforme: un'azione, cio, radicale nel senso del la separazione definitiva dalla societ della separazione." Attraverso questo passaggio il lettore, posto di fronte a una fuorviante "appare nte ingenuit", si render conto che necessario essere "circospetti, pedanti di fron te a quello che sembra il destino storico del pensiero". Lo scritto dunque, in poche righe, pone gi delle fatali questioni. Ma, per nostra fortuna, "il fatto che Marx ci mostri i frutti dei processi di reificazione com e un dato assolutamente reale, non vuol dire che essi siano, solo per questo, ir reversibili". Infatti, "non siamo di fronte ad una realt naturale, ma ad una real t 'storica' del dominio di classe, dunque ad una realt transitoria". Questo passo segnato da una nota che rimanda alla tesi n. 78 di "La societ dello spettacolo" d i Guy Debord in cui si dice che tutte le correnti teoriche del movimento operaio rivoluzionario sono uscite da un confronto critico con il pensiero hegeliano. L 'accenno ad Hegel si spiega anche con la citazione dalla "Fenomenologia dello sp irito" che introduce il primo capitolo dello scritto di Simonetti, citazione che afferma: "Similmente, la diversit piuttosto il limite della cosa; essa l dove la

cosa cessa, o ci che questa non ". Lo scopo che si propone Simonetti subito individuato nella seconda tesi dove aff erma che "la negazione del mondo della merce (...) ha condotto l'universo spetta colare della cosiddetta cultura alternativa giovanile a sottovalutare la truffa che persa la coscienza di classe, la percezione storica del reale, l'esistenza d ella classe venga di fatto confutata, dimenticando che essa resta l, come limite, dove la intransigenza del mondo materiale borghese riafferma la ferrea logica d ei rapporti di produzione." Da qui si evince il compito che si d il teorico: "Da qui il nostro compito di mis urare il peso che la soggettivit della cultura giovanile ha nella realt di quel mo vimento esecutore testamentario pi che semplice 'erede della filosofia tedesca', in altre parole denunciare lo scaltrito conformismo giovanile cos come esso appar e di fronte allo spettacolo del generale collasso della societ borghese". Il teorico ha dunque individuato nella cultura giovanile underground una falsa o pposizione alla societ borghese. La cultura giovanile un Kulturalgebeite ("un fru tto tipico dell'avanguardia borghese", qualcosa come delle "baruffe ideologiche con la societ borghese"). "Il generale collasso della societ borghese" per, nella tesi n. 5 del primo capito lo, si manifesta, "con le parole di Lukcs" e "ad un esame pi preciso", come "un me ro potenziamento della quantit e dell'intensit della vita quotidiana della societ b orghese". Non solo: "di fronte al trionfo dello scambio, alla degradazione di og ni rapporto a merce noi sappiamo che l'apologia dell'immediatezza diventa essa s tessa menzogna, ideologia". Peccato, perch le prime parole dello scritto di Simon etti invocano, proprio con una simile "immediatezza", la "distruzione materiale" , che rientra verso la fine del volume come apologia del gesto. "Il progetto non sono le barricate della cultura, ma la 'cultura' delle barricat e, tale da incidersi profondamente nella coscienza di tutti come la definitiva s eparazione dal mondo della separazione. Altrimenti ha buon gioco perfino l'ironi a di Adorno per le aspirazioni festaiole dell'SDS quando ricordava agli studenti tedeschi come 'contro coloro che detengono e amministrano le bombe i barricamen ti sono inutili'. La nostra ironia non stupisca (...)". "La 'cultura' delle barricate", scrive Simonetti, deve giungere a tutti, altrime nti l'ironia di Adorno, e per mezzo di essa l'ironia dello stesso Simonetti, avr anno buon gioco... Troppa ironia, decisamente. "I giovani sono l'avanguardia priva di coscienza di una nuova coscienza", cio "no n si pu colpire l'alienazione sotto forme alienate a loro volta o surrogatizie". Quindi bisogner dare ai giovani ci che non possiedono. Inoltre Simonetti scrive ch e "dobbiamo rilevare un rapporto dialettico molto stretto fra l'aspirazione alla libert dei giovani e il carattere puramente formale di questa libert". "Per colmo d'ironia" aggiunge l'autore "la difficolt di cogliere il presunto rapp orto fra questo status giovanile e il movimento reale del proletariato proprio n ell'immediatezza", e il distacco "metafora di quell'amaro distacco dal business che solo il business rende possibile". A queste considerazioni seguono delle ded uzioni che vorrebbero suggerire l'analisi della trasformazione della societ primi tiva in "Per la critica dell'economia politica" di Marx al commercio delle softdrugs e di magazines e posters. "L'aridit del nostro discorso non sorprenda" ripe te Simonetti, evidentemente preoccupato (e pi che mai desideroso) di stupire il l ettore. Simonetti giostra fra Hegel, Marx, Lukcs, Adorno ed altri ancora, seguendo un mov imento ternario che procede in questo modo: a) prima un richiamo all'autore ed al testo, come in questo esempio: "Vale la pe na, a questo punto, ricordare il Marx della Critica l dove ha cura di sottolinear e come la produzione non produce solo l'oggetto del consumo, ma anche il modo di consumo, essa produce non solo oggettivamente, ma anche soggettivamente con la conseguenza che la produzione fornisce non solo un materiale al bisogno, ma anch e un bisogno al materiale"; b) poi la giustapposizione creativa delle fonti in un nuovo ordine: "(...) Infat ti, noi sappiamo che l'unicit del sistema borghese fittizia e che solo arretrando all'autoconoscenza di s come merce si pu mettere in crisi la sua apparente contra ddizione per la quale la coscienza di s come un 'essere in s' generatrice di quell

a convinzione che intensifica la produttivit e il consumo e che sembra reagire di aletticamente al reale livellamento autoritario dello scambio"; c) infine il rientro, con la citazione di un altro maestro: "E questo anche il s enso morale di quell'aforisma adorniano che recita: nella fungibilit universale l a felicit e legata - senza eccezioni - a ci che non fungibile". Il procedimento si ripete, con qualche variante, per tutto il libro: a) Se Hegel poteva ancora dire di fronte ad una ipotesi di storicit che l'idea co me tale la realt (Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia) a noi, oggi, non r esta che sottolineare l'ironia di una realt che come tale soltanto un'idea; b) infatti di fronte alla storicit che s'allontana, il quotidiano diventa il faci le terreno delle istituzioni che concatenano e stratificano il reale fino a live llo di spettacolo, uno spettacolo che poggia su un edificio che non ha pi nulla a che fare con la storia. c) Sarebbe come paragonare Palazzo Pitti ad un grattacielo di New York (H. Lefeb vre, La fine della storia). Il rituale delle citazioni assume le sembianze di un gioco piuttosto sfacciato, ed infinitamente replicato: "Con le parole di Lukcs ...". "Glossando il Marx dei Manoscritti noi possiamo dire ...". "Con quella cautela che qualche anno fa Fortini descriveva come l'astuzia della colomba, il candore della serpe". "Nell'ambito strumentale che Adorno acutamente ha intravisto quando scriveva ... ". "Perfino l'apologia del furtarello nel supermercato, cantata da Abbie Hoffman .. .". "Di nuovo dobbiamo fare ricorso ad Hegel". "Come emerge in modo straordinariamente chiaro dall'ultimo Hegel". "Facciamo nostre le supposizioni del Korsch". "Ancora pi decisa la presa di posizione del Gombin". "Gi il Marx dell'Ideologia tedesca se la prende con simili boutades". "Alla luce dell'avviso contenuto nell'Ideologia tedesca ...". "Gi nell'intuizione marxiana dell'hegelismo appare ...". "Cadere nell'equivoco significa abdicare alla logica di quel processo che fa dir e a Marx ...". "Quella intuizione geniale che Hegel fa risalire a Lessing di una educazione del genere umano ...". "Con le parole di Hyppolite che glossa Hegel attraverso Marx ...". "La chance di raggiungere la verit (Fenomenologia dello spirito) gi modello di que l barrage che in Lukcs perfeziona le 'armi spirituali' della propria lotta". Come scrive Lukcs, i problemi della legalit e dell'illegalit sono soltanto mere acc identalit nel progetto rivoluzionario dei comunisti". Nel libro capita che Vaneigem ed Hegel spieghino simultaneamente il leninismo: "Di nuovo, il leninismo non altro che 'la rvolution explique coups de fusil aux ma rins de Cronstadt et aux partisans de Makhno. Une idologie' (Trait de savoir-vivre l'usage des jeunes gnrations). O con Hegel: 'ci che lo spirito vuole raggiungere i l suo proprio concetto, ma esso stesso se lo oscura, si inorgoglisce e gode di q uesto estraniarsi a se stesso' (Lezioni sulla filosofia della storia)". Nel libro ricorrono svariate puntualizzazioni (come quelle gi riportate in cui si invita il lettore a non stupirsi), tra le quali ne scelgo alcune che cominciano con lo stesso avverbio: "Qui non si sta facendo l'apologia della deduzione; di fatto il problema si rial laccia, sia pure nell'ottica particolare della condizione di marginalit, al tema generale di quel 'progresso' che rischia di diventare una chimera se soltanto si perde di vista il carattere contradditorio che questo progresso pu prendere, anc he l dove, l'individualit, pu riuscire menomata dal fatto che qualcuno prenda parti to per se stesso". "Qui sotto accusa quella soggettivit che per quieto vivere si lasciata trascinare nella logica di regole di gioco che si vorrebbero arbitrarie solo per poter gov ernare con una prassi che gi routine della storia borghese". "Come dice Lacan, qui non stiamo riprendendo il commercio della paccottiglia, sm

erciata per nietzscheana, della menzogna della vita, in questa condizione - cond izione in cui principi e lacch concorrono uniti - la menzogna intenzionale non vi ene sbattuta fuori dalla porta della storia semplicemente volendolo". "Qui si invoca la capacit del lettore di non rimanere vittima della propria debol ezza: la narrazione di ci che la vita deve smettere di risolversi in un falso cic lo d'avventure!" Nel libro sono presenti tuttavia alcune fiammeggianti e concise espressioni (si tratta perlopi di citazioni altrui, come questa di Adorno: "scaltrezza ed oscuran tismo sono ancor sempre la stessa cosa"), ma ce ne sono alcune senza virgolette, come le seguenti: "La finzione della libert la massima ingiuria a cui siamo sottoposti". "Di nuovo il tema il salto qualitativo, nel quale solo il proletariato sa ricono scersi ...". "Il proletariato che reclama onorari esagerati: la vita ...". La rabbia proletaria, che si va generalizzando, addita la prigionia come il rove scio della sua debolezza". "Dunque, che fare? (...) diventare bandito! Quest'ultima frase (il botto finale) arriva a conclusione del libro, che aveva a cquisito una sua fisionomia pi marcata della semplice denuncia dell'ideologia gio vanilista, proprio rincorrendo l'apologia della delinquenza, ma sempre in compag nia di Hegel e di Lukcs : "Il teppismo e in specie il teppismo giovanile, sia esso di recupero o nuovo, la trincea violenta e soggettiva di quell'avanguardia giovanile che vede nel propr io vandalismo creativo le condizioni attuali per contrastare la liquidazione for zata dell'individuo sotto la spinta prepotente dell'oggettivit dello sviluppo sto rico borghese e delle condizioni infami che esso detta universalmente". "Come l'operaio il prodotto del capitale cos la criminalit l'operaio che si sottra e al capitale". "La rivoluzione proletaria , invece, la rivoluzione brutta, scomposta, selvaggia, 'perch al posto della frase subentrata la mostruosit della cosa' (Internazionale Situazionista n. 1)". "Bisogna saper leggere con attenzione dietro la sete di rapina del proletariato perch se da una parte essa esprime l'immediatezza radicale del 'ad ognuno secondo i suoi bisogni', dall'altra parte specifica criticamente 'la soluzione che Marx indica nelle sue tesi su Feuerbach: la conversione della filosofia nella pratic it' (Lukcs, Storia e coscienza di classe)". "Qui siamo, allora, proprio nell'occhio del tifone, siamo di fronte al riconosci mento di una nuova caratteristica della lotta contro il capitale: la spontaneit c riminale". "Contrariamente ai piccoli-borghesi che scambiano la rivoluzione con quella beat itudine che sottrae le forze alla realizzazione, i proletari sanno bene che la c osa 'sporca' che essi producono con il loro 'lavoro' sulla storia di per s la vio lenza che non lascia spazio agli ideali; osserva acutamente Hegel: l'unit stessa degli individui violenza, violenza sul mondo borghese". "La cosa della rivoluzione ' il passaggio da questa (moderazione) nella opposta d eterminatezza, ed infine un'effettualit la quale data per coscienza' (Hegel, Feno menologia dello spirito)". "Lo zelo con il quale abbiamo difeso la 'causa' non l'entusiasmo disinteressato di colui che prende le parti di quanti stanno andando in rovina e allo stesso te mpo nasconde - forte del suo ruolo tecnico di intellettuale, per quello che pu va lere, poi, una tale miserabile condizione! - dietro la costante esortazione all' insurrezione 'il tacito richiamo alla strapotenza dei collettivi e dei gruppi co n cui nessuno ha interesse di guastarsi' (Adorno, Minima Moralia)". "Possiamo valutare il rischio e assumerlo personalmente nell'indicarlo ai 'polli cini' della storia, perch fino a quando la realt del mondo borghese sussiste ci che la nega parla anche per la verit, e di fronte alla menzogna generale dell'ideolo gia diventa un correttivo la menzogna che la denuncia, nella misura in cui, oggi , il funzionamento dell'apparato economico esige anche una direzione delle masse che non sia in alcun modo disturbata dall'individuazione. La Volante Rossa; le rappresaglie contro la Fiat del partigiano Danilo, figlio della barriera industr

iale; la banda Cavallero, con il delirio lucido e intelligente del suo leader, l e Brigate Rosse, la banda XXII Ottobre e Mario Rossi, l'Arancia Meccanica, sono solo i punti di passaggio che testimoniano dell'irrazionalit dell'adattamento soc iale e assiduo alla realt, che diventa - nel suo stupore - agli occhi degli uomin i, se non combattuto, pi ragionevole della ragione". Quest'ultima sequela doppiata da una nota esplicativa piuttosto ampia. Le note, a pi di pagina, sono molto numerose, ed in molte delle quali si trovano degli spu nti suggestivi, come nella nota sulla "Gemeinwesen": "La Gemeinwesen marxiana la comunit che si realizza nel fatto pratico della distruzione della 'comunit fittiz ia' del capitale e del suo modo di manifestarsi: l'economia". Ma ce ne sono cos t ante altre che non possibile soffermarvisi, senza finire per riscriverne tutta l a costellazione nell'opera di Simonetti. Ancora una, la nota su Comontismo: "L'e stremismo radicale dei Comontisti, spesso sfociato in quelle che si chiamano azi oni esemplari, ha di recente sollevato la velenosa critica di alcuni scellerati autodefinitisi 'marxisti-leninisti' che, incapaci di operare dei distinguo al di l delle miserabili categorie ideologiche della politica, li hanno accusati di av venturismo e d'infamie varie, alcune delle quali, tutto sommato, tornano ad onor e e vanto di questo come di ogni estremismo coerente". Sulla "cultura" si sofferma Simonetti in un capitolo dell'opera, e per spiegarsi bene egli cita Adorno esplicitamente (la stessa citazione compare senza virgole tte altrove nel testo, e l'ho gi riportata): "Per dissolvere l'eventuale dubbio di un'abitudine retorica nell'uso di questa p arola diciamo che ogni eventuale utilizzazione in senso riflessivo, cio verso noi che scriviamo, pu essere intesa - nei limiti di una discreta approssimazione - n ell'ambito strumentale che Adorno ha intravisto quando scriveva: 'se chiamiamo r ealt materiale il mondo del valore di scambio e cultura tutto ci che rifiuta di ac cettare il suo dominio, questo rifiuto senza dubbio apparente finch quella realt s ussiste: ma poich il libero ed equo scambio di per s menzogna, ci che lo nega parla anche per la verit: e di fronte alla menzogna del mondo delle merci diventa un c orrettivo la menzogna che lo denuncia' (Minima Moralia)". singolare che un testo del genere non abbia ricevuto una risposta adeguata al su o sforzo di provocazione? Non credo. Si pu pensare che l'ingombrante e sferraglia nte massa di citazioni e l'aggrovigliata matassa dell'esposizione siano riuscite a distrarre o a stordire il lettore, anche il pi malevolo. 2. "Contro l'ideologia del politico" Attribuir i testi firmati con lo pseudonimo "Bernard Rosenthal" a Gianni-Emilio S imonetti, e a lui soltanto. Mi di conforto l'introduzione di Carlo Romano ad "Ag guati", una breve raccolta di articoli pubblicata da Graphos di Genova. Carlo Ro mano afferma che i testi firmati con lo pseudonimo Bernard Rosenthal sono del so lo Simonetti, anche se attorno a Simonetti gravitava un gruppo (tra cui lo stess o Carlo Romano e Pinni Galante e Pasquale Alferj ed altri ancora) che costituiva il polo italiano della rivista francese "Errata", e sempre con Simonetti questo gruppo collaborava per alcuni testi pubblicati per "Arcana Editrice", e questo gruppo fece pubblicare qualche libro all'editore La Pietra. Bernard Rosenthal risulta come l'autore di una raccolta di pamphlet usciti "all' insegna di una 'fronda' che ha stormito fra l'autunno del 1974 e la tarda primav era del 1976"; cos scritto nell'introduzione a "Miseria della politica", il volum e edito da "La Pietra" nel 1978, che raccoglie questi pamphlet. Di seguito si trova scritto che i testi sono "purgati dalle polemiche". Vi era s tata polemica perch Gianni-Emilio Simonetti aveva aperto il primo di questi pamph let ("Contro l'ideologia del politico") "giustapponendo una frase del delatore G irotto, detto 'fratello mitra', a un passo" di "Cronaca di un ballo mascherato" di Giorgio Cesarano, Piero Coppo e Joe Fallisi. Cesarano scriveva (in una nota d el gennaio 1975 a "Ci che non si pu tacere" scritto con Paolo Faccioli) che, in qu esto modo, "Simonetti vorrebbe schiacciare la critica sul terreno della delazion e" e inoltre "la medesima vocazione alla politica della calunnia spinge impudent emente Simonetti ad esquiparare il concetto di specie (Gattung) con quello di ra

zza (mai sfiorato, ovviamente, in alcuno dei nostri scritti se non nella congrua denotazione negativa". Si pu notare che Cesarano non si riferisce mai allo pseud onimo Bernard Rosenthal. Bernard Rosenthal universalmente noto come personaggio de "La cospirazione" di P aul Nizan, ma per non tralasciare un effimero indizio bisognerebbe interpretare cosa suggeriscono le iniziali, ammesso che qualcosa vogliano suggerire. Sempre nell'introduzione alla raccolta edita da La Pietra, Simonetti accenna a u n "nonnulla di entusiasmo" che conforta l'autore ("chi li ha scritti"), "per i l oro effetti pratici, o se si preferisce, per la loro veggenza". Tuttavia questi non sono la stessa cosa. L'autore si smarca dall'obiezione di "scrittura difficile", giustificandosi con queste parole: "Noi ci rivolgiamo contro un dominio capitale con le sole armi della ragione dia lettica, anche per conto di coloro che non possono scrivere, senza pretendere ne ssun mandato. Allora che ognuno si ritrovi! Perch questa apparente difficolt di le ttura misura la profondit di una offensiva (oppure, ridete, di una sconfitta) che non deve mettere a disagio - anche se poco c'importa - il 'movimento', quanto l 'avversario con il quale ci fronteggiamo". Chi scrive contro il dominio non scrive "per conto di coloro che non possono scr ivere" senza voler porre la propria candidatura alla loro guida, e non fa ricors o alla retorica della preterizione. E poi, perch mai un'apparente difficolt di let tura dovrebbe misurare la profondit di un'offensiva? E perch mai l'avversario sare bbe messo a disagio da quest'apparente difficolt di lettura? Perch non ne capirebb e le intenzioni o gli obbiettivi? Inoltre B. Rosenthal giustifica (giustificazione "non necessaria") la pena che s i dato di cavalcare i due secoli fra la furia giacobina e la fenomenologia hegel iana, ecco perch "la storia francese, pi di altre storie civili, e la filosofia te desca s'affacciano ad ogni pagina". Questo incessante affacciarsi va inteso dunq ue "contro quelli che temono la violenza della ragione pi dell'astuzia armata del la piazza: gli sbirri e i loro mandanti". Osserviamo un eroico Bernard Rosenthal misurarsi con le armi della ragione dialettica contro il dominio capitale: "Sap piamo bene che il sogno di ogni ministro di polizia di schiaffare all'Asinara ch i legge!" Per il resto, a conclusione dell'introduzione, Rosenthal scrive, con gusto del p aradosso, che "la nostra debolezza fa ridere perch sorprende l'avversario per il suo rigore", si tratta di "lasciare dei segnali perch qualcun altro si ritrovi ri conoscendoci". Ma dice anche di saper bene che "l'altro non c'", e che quest'asse nza briller fino a quando non sar l'atto a brillare, cio fino a quando la critica " non diventa atto esemplare". "Cos, la critica tesse la sua tela, e questa la sua autonomia". Intanto, "le cron ache poliziesche non si nutrono che delle disavventure di reclute ubriache". Ecc o che B. Rosenthal trasfigura gli ingenui! Stravolta la loro ingenuit dall'essere nient'altro che "reclute ubriache"; perduti in disavventure, perch reclute, perc h ubriache! Cesarano, nel passo citato in precedenza, scriveva invece di "epigoni , votati, dall'ingenuit stessa della loro passione catturata, a un dramma che non cessa di incrementare l'atrocit" e di un Simonetti che giustifica "l'apologia de i terroristi". In nota all'introduzione alla raccolta dei pamphlet, Simonetti scrive: "L'anonim ato (che il protagonista della 'Cospirazione' di Nizan ci ha assicurato e che qu i conserviamo in virt della sua trasparenza) ci salv dalle vendette dell'apparato" . * "Contro l'ideologia del politico" (datato ottobre 1974) comincia stabilendo che la critica "tace sulla rivoluzione come su ci di cui non si pu parlare". La critic a non "speranza progettuale di alcunch". "La condizione umana non ha un progetto di specie o di razza" (qui si deve cogliere l'allusione alla razza nel passo di Cesarano). "La critica insegna che nulla pu durare (sulla carta o nella realt fa lo stesso) p

er cui dobbiamo abbandonare l'idea di poter mettere al riparo delle verifiche le asserzioni critiche che essa produce". Immediatamente falsa l'illusione di una 'certezza senza precedenti storici' come indicavano Cesarano-Coppo-Fallisi; immediatamente falsa dunque, nella "cartogra fia ideologica", "l'autogestione generalizzata". "Estremo sogno di cui s'invoca il topos, ma si spara sulle tendenze rivoluzionarie dei suoi abitanti, giacch le Brigate Rosse altro non rappresentano!" Immediatamente dopo la frase sopra menzionata sugli "abitanti" del "topos", segu e una battuta di Tot, tratta da "Fifa e Arena", che accompagna un deturnamento de l celebre stratega prussiano: "la guerra non finita, sospesa". Proseguo, collezionando una serie di passi del pamphlet: "Il furto solo la risposta sommaria e disarmata alla meccanica dello scambio. La sua naturalezza non ci tragga in inganno: di fatto, se non altro, poco pratico! " Di questo giudizio, mi incuriosisce la particella pronominale proclitica, cio i l "non ci tragga in inganno". Nei due libri esaminati finora, Simonetti usa cost antemente la prima persona plurale, il "noi". Dunque lui ad essere tratto in ing anno? Rammentava a se stesso di non farsi pi ingannare da questa "naturalezza"? D a questa naturalezza "poco pratica"? "Esiste, a tutt'oggi, una vistosa coupure fra lo sviluppo critico dell'investiga zione sul reale e le sue conclusioni. Come abbiamo compreso, esse non possono es sere che provvisorie". Nella stessa tesi, Rosenthal cita di R. Garaudy, "L'itinra ire d'Aragon", questa frase: "Tutte le volte che il proletariato si volge a cons iderare criticamente il passato, immediatamente egli anticipa nella sua quotidia nit le speranze dell'89: il terrore subito!" "Che senso ha rappresentare la forma raggiunta del comunismo ancora come consegu enza di un 'fatto' che la rivoluzione? pu la critica anticipare nel 'dire' ci che non si ancora manifestato nel fatto? Chi garantisce la qualit di questa rappresen tazione?" "Lo ripetiamo, ieri, la critica delle armi delle Brigate Rosse o della Rote Arme e Fraktion esprimeva il meglio dello strumento del politico come conclusione del la politica e lo esprimeva proprio l dove il terrorismo interpreta la qualit negat iva dell'universo spettacolarizzato, oggi la complessit del reale ha concluso con questi residui, la critica restituisce la lotta ai soggetti che si riconoscono in essa, e questo manifestarsi della critica, qui, non altro che un fare i conti con il senso dei modelli antropometrici finiti della societ borghese e con il lo ro uso". In questa frase Cesarano ravvisava la pericolosa volont di Simonetti di compiacere "a tutti i clienti" ("l'infamia gli si ritorce contro"), l'impazienza o semplicemente la volont di non fare i conti con il terribile disastro che si a ndava profilando, con "la potenzialit pi tossica del terrorismo quale modello oper ativo generalizzabile" (Cesarano, "Ci che non si pu tacere"). "Compito della critica quello di spezzare questa conseguenzialit fra il fatto del la rivoluzione e il manifestarsi del comunismo come avveramento del fatto stesso , in un certo modo. Ci era contenuto anche nell'analisi marxiana prima che divent asse marxismo. Cos come nell'Ideologia tedesca, anche qui il metodo della critica negativo, meglio, apagogico". "Questa qualit, nella fattispecie dell'accadere della lotta in atto intorno a noi , la violenza". "Infatti la violenza esprime in modo empirico nel fittizio ci che nel reale realm ente nega". "Le teorie sull'autogestione postulano un mondo migliorato, la critica afferma s oltanto che sar diverso (un altro)". "La nostra critica qui la critica di questo esito come di qualcosa che possa ess ere pre-visto nelle intenzioni che la lotta manifesta accadendo (forma di mistic ismo diffusa fra gli anarchici), e critica della forma di questo esito come un r iflesso condizionato, una forma d'invarianza, proiezione irrigidita della coscie nza degli individui, eccetera, o al limite risposta in cui sono sospese tutte le questioni che albeggiano all'orizzonte della metafisica". "Insomma. Ci che la mano sinistra ha voluto affermare in queste pagine la raggiun ta presunzione che la critica non deve nulla ai suoi modelli anteriori". Allora, che cosa avr voluto affermare la mano destra?

"Se si vuole, facciamo nostre le parole di Saint-Just: la rivoluzione raggelata. Tutti i suoi principi sono indeboliti, non rimangono che berretti rossi portati dall'intrigo. Da questo momento tutto ancora da giocare". "Nell'abbandonare l'autogestione rivendichiamo l'autonomia". Ecco indicata quell 'autonomia, gi menzionata nell'introduzione alla raccolta dei pamphlet pubblicata da La Pietra. Ma questa autonomia, era solo compiacenza verso la pi celebre, coe va, "Autonomia" operaista? "Noi affermiamo solamente la complessit della cosa del mondo giacch vogliamo prend ere l'abitudine - qui, ora - a tessere la lingua dei fatti che realmente sappiam o far av-venire". Di quali fatti parla l'autore che non cessa di dire "noi"? Diversi sono i riferimenti in "Contro l'ideologia del politico" a Toni Arno, pri ncipale estensore della rivista "Errata": 1) "Sottolinea Arno" che "la tentazione di parlare del proletariato con gli stru menti che indicano la compiutezza classista della borghesia forte". 2) ... "il significato deliberativo dell'evidenza che Arno pone all'uscita della trappola sulla debolezza presente che intorno a noi". 3) "Questa evidenza indicata nelle 'Linee Generali' della rivista 'Errata' come l'autonomia finalmente raggiunta dalla questione sociale dopo essere stata a lun go prigioniera dell'economia e della politica". 4) ... "usando le parole di Toni Arno" ... 5) "Questo bisogno di comunismo, ha scritto Arno, si conosce l, come comprensione della situazione, dove la storia lo permette, e provoca in modo insistente la s coperta del vero". 6) "Alla Lip - ha scritto 'Errata' - le trombette dell'autogestione hanno coabit ato senza imbarazzo con le rivendicazioni del lavoro salariato sotto gli occhi d el padrone compiaciuto di questi operai capaci di sbrogliarsela con le proprie m ani". * Gi nel precedente "Dalla causa alla cosa della rivoluzione" si poteva leggere, in una nota, un passo di Toni Arno, tratto da un "testo manoscritto" del 1972, dal titolo "Que sont les amants devenus". Sempre in una nota allo stesso volume (le note raddoppiano il volume, e si pu praticare una sorta di deriva tra di esse) s i trova una citazione dalla "Sacra Famiglia" di Marx. Un passo interessante: "Ag li occhi della quiete del conoscere, l'amore una passione astratta; si intende s econdo l'uso del linguaggio speculativo, per il quale il concreto si chiama astr atto e l'astratto concreto. Per l'astrazione, l'amore la fanciulla straniera, se nza passaporto dialettico, e viene perci espulsa dalla polizia critica del paese" . In "Contro le ideologie del politico", tra le frequenti note retoriche che inf rammezzano gli scritti di Simonetti, si legge: "Ci sia dato atto: noi non sottov alutiamo le anfibolie ...". 3. "La critica, ein anderer schauplatz" Il secondo pamphlet inserito nella raccolta "Miseria della politica", porta ques to titolo: "La critica, ein anderer schauplatz" (datato novembre 1974, gennaio 1 975). Con questo testo la prosopopea di Simonetti raggiunge nuovi traguardi. Fin dalle prime righe: "Torniamo al nostro manuale dei nodi, ai gorghi della vit a corrente. Un garbuglio sciolto dalla critica sul quale inciampata la teoria qu ello che fa di questa maskara un atteggiamento vissuto ...". Ma poco oltre si trova un piccolo capolavoro sui generis: "O per dirla col gergo dei liceali: il limite di f(x) per x che tende a c - dove c la teoria e x la so cialit in quanto argomento della funzione. Vediamo che solo assegnando a x un par ticolare valore noi verifichiamo la legge di corrispondenza di cui la critica ri conosce la sua proponibilit, ma non garantisce la sua rigorosit". Un altro cameo il passo dedicato alla storpiatura del cognome Vaneigem in "Vanei gam" dalla casa editrice De Donato, quando pubblic le "Banalit di base": " ... Su

questa copertina il desiderio di castrazione supera lo stesso desiderio omosessu ale dei suoi redattori (la pluralit che diventa singolare femminile), infatti la 'e' della copula (e si tenga a mente quell'accento che c' ma non si vede) divenut a forma del complemento di moto a luogo dice della distanza dal talamo della cri tica che costoro non hanno mai avuto il coraggio di coprire. Fuori di metafora, e una volta tanto ci conforti il linguaggio dei militari che la chiamano cos, la copertina la coperta sulla quale costoro, non osando accopularsi nella passione, hanno fatto nella regressione come il bambino del racconto freudiano che nel ta gliare un rametto si era tagliato il dito e con esso, fino al giorno dell'analis i, i coglioni. Non ci sono altre parole per dire di quel tacere che subentrato ammettiamolo - al refuso tipografico ...". Altri exploits, qualcuno tra i tanti: "Perch se vero che la prima met della mela morsa dalla scienza dei positivisti, la seconda met la manna della metafisica". "Qui siamo andati paro-paro con Adorno, ma la mano che scrive saltella per lo sg hignazzo sull'imprvu". "Intanto sia chiaro come il soggetto che ha liquidato in s le ideologie del vissu to fittizio fa di questa liquidazione (ideologica) il supporto dei propri fantas mi, supporto che fa maturare l'ontologismo come un bisogno, il morto nel transfe rt del bridge lacaniano che rende legittime alcune strategie, ma che irrigidisce mortalmente ogni tattica. L'impotenza della vecchia guardia radicale oramai fa da proverbio alle scatole di cioccolatini". "La prova engelsiana del budino (rinviata sine die) ...". "... questo seme il Kant che s'accapiglia con Platone: gli opposti reali e posit ivi che riaffermano il loro maggiorasco agli opposti negativi della dialettica p latoniana, che gi li vide irreali (Undinge)". "Per dirla come si canta, sulla scia della negazione Marx pose la classe operaia nei Grundrisse, un 'non' la cui natura il tutto capitalistico". "Con furbizie da scientologhi, pasticciando coll'analisi matematica, risolvono c on il tratto di penna del 'pi' e del 'meno' avanti e indietro le lettere dell'alf abeto il galop dell'opposizione ...". "Intanto crollano le impalcature della ridondanza". In mezzo a questi (ed altri) exploits (con le stesse parole di B. Rosenthal: "ne l suo parlar-lapsus il giudizio come conclusione addivenuta a un senso finale"), si possono leggere alcune affermazioni pi nette ("La scrittura parla pi del dovut o"): "Tanto per raccapezzarci, che cosa produce la critica? Il bisogno di comunismo, la socialit". "L'oro della critica l'eredit dei diseredati". "La critica, nella trama, si rinnova (l dove le teorie si sviluppano) per propria forza e (a dispetto di quelle) per attrito con ci con cui si misura. Ecco il per ch dei suoi bagliori che incendiano le citt a tratti. Qui il piombo non il tema, m a il tessuto". "Ecco perch lo spirito (o in famiglia: il proletariato) guadagna la sua verit solo a patto di ritrovare s nell'assoluta devastazione". "La critica vive del rischio che rifiuto della stasi, della passivit diplomatica della politica e si pone realmente come la chiarezza nella quale si produce il c rollo della realt spettacolarizzata". "L'eccesso - valga come denuncia fino all'estrema conseguenza del teppismo: la p olitica - il primato dell'avvenire su ci che sta intorno a noi con il predicato d i corrente, il quotidiano inteso nella sua forma storica. In ci il tradimento con creto della vita come fondo inalienabile della questione per il comunismo". "La critica evacua le antiche promesse ...". "La critica si sviluppa nella sua epifania, appare divenendo, diviene dentro la vita corrente, fa brillare la socialit". Le ultime parole del pamphlet sono queste: "... l'assioma della critica la viole nza, anche". Queste parole ripetono un messaggio che compariva gi all'inizio dell o scritto, e che richiama un contenuto espresso altrove e in precedenza da Simon etti: "Abbiamo gi visto come l'epifania della critica - nelle condizioni attuali - anche immediatamente offensivit".

* Un pizzico di romanticismo eroicizzante rosenthaliano: "L'aurea (il colore lo ha gi deciso il coltello) che accompagna la solitudine dei radicali significa che d i reale nel suo processo la critica non incontra che l'impossibile". E comunque "la realt, di per s, assente", e la critica ha spaccato "il fenomeno del mondo" in due parti: "realt e reale". Ma nell'introduzione alla raccolta dei pamphlet Rosenthal aveva scritto: "noi am iamo l'incontro perch questo - valga ai duri d'orecchio - proprio il secondo fine della critica". Ma forse soltanto il terzo, il quarto, o il decimo: "Essere ign orati da tutti gli altri il nostro sogno di enrags". Sarebbe stato semplice esaud ire il desiderio - bastava non sognare di pubblicare pamphlet. * La polemica con Cesarano, Coppo e Fallisi si ripropone anche in questo pamphlet. Di seguito eccone due accenni, ma ce ne sono altri: - la "sventura dei teorici", "quelli dalla tendenza icariana a volare nel futuro della qualit delle proprie proiezioni paranoiche: la specie da farsi (in questo caso il volo il nuotare del feto), l'autogestione, la passione, la vita quotidia na ridotta a isterica ideologia del sedicente vissuto". - nota n. 9: "Si allude alla perla ciclostilata di un quidam autore del testo 'P reliminari ad una psicopatologia del non vissuto quotidiano', e in particolare a lle pagine 10 e 11". Il "quidam" Piero Coppo. 4. "Le mani di Karl Radek" Una questione di vocali marca una ripetizione tra il terzo pamphlet ("Le mani di Karl Radek", datato aprile 1975) della raccolta edita da La Pietra e il secondo ("La critica, ein anderer schauplatz"). In "Le mani di Karl Radek" si legge: "Diversamente dalla differance, dove la 'a' si scrive ma non si pronuncia, nel penis di Adamo c' tutta la poena (chi ci asco lta la immagini nella grafia latina) per quella 'o' che non si pronuncia ma si l egge: la prima vocale di ogni sovversione, l'Opposizione ...". Nel precedente pamphlet si leggeva invece: "(Noti il culturame borghese, come la 'differanza' di Jacques Derrida proprio questa differenza pratica che chiamiamo vita, giacch nell'apposizione dei termini noi abbiamo fatto diventare la 'a' una 'o': un'opposizione reale)". Il "penis di Adamo" richiama un'impressione visiva nell'osservare la volta della Cappella Sistina: "ci pare di poter dire che Eva sedotta dai consigli della don na-serpente a cui tende la mano sinistra s'appresta a fellicare il pene di Adamo ". D'altronde con una specie di fantasma si apre il testo di Simonetti, quel fan tasma di Radek, di cui si vedono solo le mani, rievocato da Franco Fortini in un suo saggio: "Come per le mani di Radek anche la fellatio di Eva cancellata dall e pagine del significato facendosi sintomo di un clivaggio tra l'esprimibile e c i che appare". "Queste mani parlano: sono il supporto del sintomo dentro il quale la furia del negativo - con infantile crudelt - il diverso che l'opposizione mostra nel suo di venire". Il problema il rapporto tra la critica e la scrittura. L'astuzia del dominio, di ce Simonetti, trasforma il dire della critica in "una trama artificiale che vana mente anela all'opposizione e a fatica diviene antipatia". "Nella trama della scrittura il rerale si condensa". "Presa alla lettera, l'opposizione deve essere difesa nella sua esperienza contr o l'esperienza del mondo che l'ha preceduta". "Rischiamo di finire alla tavola dei freudo-marxisti dove ogni rimosso rimesso. Vomitato". Gi negli altri pamphlet si poteva cogliere, in alcune scelte lessicali, e nelle c itazioni stesse, l'importanza della lettura di Lacan, che traspare da queste rig

he, scelte come esempio e che non esauriscono di certo i numerosissimi rimandi a Lacan e alla psicoanalisi presenti nel pamphlet (e pensare che Simonetti scrive che la critica deve colpire "l'aurea" della psicanalisi, quando di quest'aurea impregnata ogni frase del suo testo!): 1) "Siamo ancora lontani, dunque, dalla lacaniana promessa di poter intendere la formula dell'inconscio che il discorso dell'Altro". 2) "La psicanalisi oggi rilancia la politica". 3) "Invece, le mandrie di pseudolacaniani che da Bari a Padova s'accapigliano su l verbo del padre, recuperano nell'immondezzaio dell'ideologia, nel processo, il soggetto e i suoi precedenti biografici come l'oggetto privilegiato, una chinca glieria sul banco del negozio di scambio". 4) "... alla golosit dei giovani psicanalisti ...". 5) "Qui psicanalisi e critica imboccano strade differenti: per la psicanalisi il luogo della Spaltung, per la critica questo il ritorno della vita corrente nell 'alveo della socialit". 6) "... l'aneddoto che vuole prima del maggio '68 Lacan dire a bassa voce che 'i l reale l'impossibile', ma dopo il maggio costringe uno dei suoi favoriti, il Le claire, a rivendicarglielo come uno slogan". 7) "Ancora, che cosa vuol dire che una certa psicanalisi si spaccia come politic a? Niente altro che ora essa si sente matura come ideologia". 8) "... quella limpida argomentazione che vuole simboliche le strutture del real e dentro le quali l'individuo cosiddetto normale trova conforto alle condotte re ali". 9) "Qui s'invera il pactum sceleris con la psicanalisi". 10) "Invece, restituendo il protagonista alla politica la psicanalisi ne avvalor a la funzione e si rende complice di quel tacere che l'altra faccia del dire". 11) "Dalla biologia alla furbizia lacaniana della latenza pulsionale, stallo del l'io ...". 12) "Ricordiamo ai pedanti che applicando il principio d'identit diremo contro Fr eud e con le parole di Lacan che la misura del suo genio nell'aver riconosciuto sotto il nome di 'istinto di morte' la pulsione dell'io". 13) " in questo senso che la critica si muove contro la psicanalisi e s'ingegna a colpire, prima ancora che le sue terapie, la sua aurea". 14) "Il contenuto rimosso di una rappresentazione o di un pensiero, scrive Freud nel suo saggio sulla Verneinung, pu penetrare nella coscienza a condizione di fa rsi negare". 15) "La formula che conclude, nello spazio in esame, che la differenza il discor so dell'altro spezza, per dirla con un lacanismo, il panne dell'opposizione che condivide la menzogna dello stallo del sociale". 16) "Questo mostrarsi del puro altro dell'A si mostra solo per dileguarsi". 17) "Lo stesso Freud ha sottolineato come una rimozione qualcosa d'altro di un g iudizio che rigetta e sceglie". 18) "Il protagonista, insomma, l'oggetto finalmente in questione". 19) "Questo mutare della sostanza individuale, metafora militare della metafora del diventar altro lacaniano dell'avversario". 20) "Nel cerchio dell'ideologia (lo abbiamo sperimentato sulla pelle, sia nella politicit che dentro i meandri del weberismo) il soggetto fittizio spinto dalla c ivilt a vivere al di sopra dei suoi mezzi. Questi, ben inteso, nota Lacan, sono m entali". 21) "Al congresso di Bonneval Lacan disse, a questo proposito: lo sviluppo della psicologia (e, noi, aggiungiamo, anche di certo psicanalismo) illustra il suo p rogresso". In questa orgia lacaniana si salvano, in quanto autori citabili, i soliti Hegel e Adorno. Come testimonianza sulla retorica di Simonetti si pu segnalare questo passo: "In questo boudoir, ma solo qui, si pu sostenere l'astuzia dell'opposizione che risch ia i peccati di gola della contraddizione. Come se l'ideologia non avesse, di fa tto, da tempo, falsificato il principio di contraddizione. 'A' 'B' e 'A' non 'B' diventano entrambi veri. inutilmente la dialettica ha messo in guardia su quest o affaire. La contraddizione il non-identico sotto l'aspetto dell'identit, dice A

dorno, il primato del principio di contraddizione nella dialettica misura l'eter ogeneo rispetto al pensiero basato sull'unit". Ma c' anche dell'altro, che si fa interessante (come denegazione): "Il sogno che un rebus, ha scritto Freud, bisogna prenderlo alla lettera, propri o come la rivoluzione che non la notte in cui tutte la vacche sono grigie" "La dialettica aveva mostrato alla critica la struttura aporetica del soggetto". "La vita corrente vuole troppo perch ha lasciato dietro di s tutte le manque". "Che dedurne? Che l'impossibile e dunque il reale, invece, soltanto il prodotto giorno per giorno, atto per atto, dentro la vita corrente". "Nella defezione della vita corrente la socialit non migliora, anzi, di fatto sva nisce". "La cultura, per esempio, come la confrontiamo nella tradizione della modernit fi no ai nostri giorni sempre stata omogenea con il dominio. Essa sopravvissuta com e ideologia dentro la Kultur e come Kultur dentro le ideologie". "... non c' pi nessun 'io' da difendere". * Una "metafora da giardiniere": "Con il lavoro del negativo, infatti, vengono ann ullati soltanto il contenuto riflesso dell'opposizione dialettica, le sue scorie , le ridondanze, la gramigna (se si vuole una metafora da giardiniere), non cert o - allora - le platonacee difese dall'anticrittogamico della critica". Ma le "p latonacee" (che ritornano anche in seguito, nellespressione figurata: la tenacia f ilosofica delle platonacee), naturalmente, sono state scelte come esempio perch ne l testo compare anche il filosofo greco: a) "Per dirla con Platone ...". b) "... come apprendiamo da Platone ...". 5. "Bannalit di base" Di questo pamphlet, il quarto della raccolta (datato dicembre 1975), il titolo s tato oggetto di un refuso di stampa. Appare scritto, nel volume, "Banalit" invece del corretto "Bannalit", sia nell indice che a pagina 65, come titolo del saggio . Nell Errata corrige si legge: "Una banalit: nel titolo a pag. 65 si legga bann alit che tutt altra cosa". Ma vi una dimenticanza: l indice. "Tenga conto il lettore dei nodi che l analisi taglia per arrivare a conclusione ...". Questo avviso richiama alla mente il "nostro manuale dei nodi" che apre " La critica, ein anderer schauplatz". "L espandersi rapidissimo dell ideologia politica ha depistato le spinte insurre zionali fuori dal loro alveo storico, dalla loro conclusione: la rivoluzione soc iale". "Un osservazione sul 48. A Parigi gl insorti impararono a proprie spese cosa vu ol dire passare da eroi a barbari nel giro di una notte". "L emergere della bannalit, il diventare politico della rivoluzione sociale sconv olge le attese insurrezionali del cuore degli uomini. Delira il reale, fantasma la societ". "La farsa dentro le lacrime". "Ma la critica insegna che la rivoluzione non soltanto il souper fraternel delle dolci notti del maggio, la realizzazione fittizia di un cambiamento qualsiasi, bens lo sbocco del processo radicale della storia che non si compie al di l degli uomini e dei loro desideri, ma a partire da questi e fra gli uomini. In tal sens o la critica il terrore all ordine del giorno, la lanterna che illumina la strad a e al tempo stesso serve da forca a chi si oppone al cambiamento radicale". * Spigolatura: Un lungo passo, recintato da un altrettanto lunga parentesi, che co mincia con questo pseudo-avvertimento: "Non occorre cadere nella trappola dell e stremismo", termina con queste parole: "Nel cozzo, le scintille incendiano i cov oni dell immaginazione: sotto il Terrore un popolano di Parigi si confezion un pa io di baffi con i peli della fica della principessa di Lamballe. Forse doveva l

ispirazione all invito di Diderot d impiccare la nobilt con le budella degli eccl esiastici. Eccesso d immaginazione, si dir, o di terrore? Basterebbe un giorno a Wall Street o a Las Vegas per fare baffi e barbe di tal genere per un intera com pagnia d attori". * La presunzione di B. Rosenthal: "Le nostre idee nella testa di tutti: i sacchegg i di massa che accompagnano la nascita dell economia della penuria non sono una fuga dalla realt, ma una fuga nella realt". Nella prima proposizione il verbo impl icito (cos crede di intendere il lettore), ma effettivamente non c (ed una misura di protezione individuale); nel periodo che segue il lettore deve pensare che l e "idee" (entrate) "nella testa di tutti" siano i "saccheggi di massa", ma in re alt ci che si legge una questione che riguarda soltanto delle diverse ipotesi, se la "fuga" avvenga "dalla" o "nella realt". "Quale socialit? Nel Kunsthistorisches Museum di Vienna conservata la tempera su tavola di Pieter Brueghel, Giochi di fanciulli. ottantaquattro giochi diversi, c i avviciniamo ...". ("Ci avviciniamo" era uno slogan di The Angry Brigade). "La politica chiama ciechi e irresponsabili i gesti (spontanei) di rivolta, le i nsurrezioni disperate, perch deve negare la chiaroveggenza della vita corrente". "La politica si fa avanti a colmare il vuoto della socialit". "Ai caduti il nostro canto d amore con il sangue agli occhi. Da Rosa a Margherit a, onore a la fleur recisa per il comunismo". "La critica pu cominciare come una psico-analisi del dominio. Questo sogno divent a leggibile nella scrittura. Rimuovere il rimosso, delirare il dominio, in-scriv erlo, dargli un corpo. Assaggiarlo, infine. Giustiziarlo". "La critica rifiuta tutta l eredit delle passate teorie della politica, anche se considera aurorali alcune esperienze: in primis, alle nostre spalle, quella dell I.S.". "La critica, da parte sua, contro tutte le interpretazioni e le neutralit della v ita corrente, in cui (af)fonda, non naufraga". "Ma nell epoca dello spettacolo generalizzato che cos la festa? (Fargli la festa ?)". Rileggendo i pamphlet di "Miseria della politica" non sembra del tutto fantasios o riconoscere, in controluce, nella "vita corrente", nella "socialit", nella "cri tica" e nelle "conclusioni" le generalit estreme di un apologia sotterranea, ma n on del tutto nascosta ed occulta, del terrorismo, quando contemporaneamente la c ritica radicale situazionista (Guy Debord, Gianfranco Sanguinetti) invece ricono sceva, nella cosiddetta "lotta armata", la riuscita manipolazione del nemico, la spettacolarizzazione del confronto, l irreggimentamento delle sensibilit, l inca rcerazione delle passioni, l annientamento delle differenze. B. Rosenthal si dipinge come la Sibilla, mal ripagata dalla canaglia rissosa: "N on a caso il moltiplicarsi delle teorie rivoluzionarie indica a chiare lettere l horror vacui che si nasconde dietro la politica ridotta a rappresentazione dell a differenza. La rissosit canagliesca a cui siamo fatti costantemente cenno che d a tempo la critica non d neppure il soldino bucato per il ramo d oro della Sibill a". "Rovesciare l astratto: (Le teorie incitano all imitazione, la pi fedele possibil e, dei loro modelli di sviluppo. La critica incita semplicemente all invenzione) . La critica oltre la variet delle forme insurrezionali, ma non le rinnega". Tante idee confuse: il compito della critica. Ecco la rivelazione: "La scrittura critica, del resto, difficile da comprendere dal punto di vista della politica, nonostante, come dice Alice, riempia la testa di idee. Non riesco a capire qual i siano, comunque, qualcuno ha ucciso qualcosa, questo chiaro". Lo spettacolo corrente: "Cos, si constata, davanti agli emblemi dello spettacolo l unica immagine che per reazione si consolida quella della vita corrente". "Chi esita a colpire (per capovolgere) i rapporti di produzione denuncia la sua fedelt alle ideologie che lo ritengono impossibile". "Da nessuna parte dimostrato che la critica debba trovarsi in armonia con il rea le, anzi, l attrito aumenta con l accentuarsi della sua complessit".

"Una vita appassionata non ha nulla a che vedere con la passione della vita". Si dovrebbe dedurne che una vita "appassionante" sia prerogativa dello spettacolo, versione popolare. Bernard Rosenthal, il post-censore: "Quando la critica afferma la propria contra riet al terrorismo, di fatto riafferma la qualitas del negativo: il terrore". Nel la pagina precedente B. Rosenthal scriveva che "censori e brigatisti" stanno di lato alla "pietra angolare dell unica utopia possibile: il comunismo", ed essi s ono "il suo passato prossimo". Ecco come Bernard Rosenthal avrebbe voluto liquid are "Censor", e in quale compagnia. * "... il materialismo dialettico sorregge l umanit con una premessa morale: la soc ialit. La prossima volta sar peggio!" I primati dell arte (non solo le scimmie dipingono ...) "Il caso dell arte moderna paradossale, pi facile farla che scriverne, ma tutti s i ostinano ad affermare il contrario". Cos si legge nell Esergo de "L arte modern a dopo le avanguardie storiche" di Gianni-Emilio Simonetti (testo datato dicembr e 1994). Nella tesi n. 54 si legge inoltre che "oggi gli artisti sono dappertutt o, ma non ci sono pi gli uomini per portare a compimento il destino dell arte". D i quest autore, artista e poligrafo, prover a presentare qualche passaggio (pochi ) tratto da alcuni testi dedicati all arte e ad alcuni suoi facitori marginali ( non artisti, dunque).

1. L insensato Nell opera citata si sommano e si accumulano, sovrapponendosi, numerose asserzio ni sull insensato che, se nelle fiabe i sassolini, le molliche, i fili di lana c onsentono di ripercorrere un tracciato labirintico, qui l insieme delle affermaz ione costituisce, , il labirinto, ed esse conducono ad un altro effetto, a cercar lo tra le figure retoriche, come d iperbole, risonante come un fragore martellan te, di certo eccessivo. Elencher buona parte di queste asserzioni, ma non tutte! Si deve dire che, spesso, esse si presentano nelle forme elementari di soggetto (l insensato, of course), copula e nome del predicato, oppure predicato verbale e complemento oggetto: "L insensato, questa percezione soggettiva che il senso comune ha dell arte mode rna, non di per s astratto". "L insensato appare veritiero nelle sue parti nello stesso movimento per il qual e falso di per s". "L insensato accentua la distanza dell arte moderna da quella antica". "Per il fatto di apparire per ci che l insensato , l arte moderna ha un senso che esclude ogni risvolto dialettico". "La degradazione dell esperienza da parte dell insensato deprime da un lato la r iflessione, dall altro la sensazione con il risultato d impoverire il linguaggio e la percezione cosciente del mondo". "Uno degli aspetti propri dell azione dell insensato sulle arti costituito dalla banalizzazione delle contraddizioni della sensibilit individuale". "All arte moderna riservato il compito di sottomettere gli individui all insensa to nello stesso modo con il quale l economia politica falsifica i loro desideri e li sottomette all imperio delle sue merci".

"L insensato pu apparire un carattere arcaico dell arte se lo consideriamo come u n espressione tesa a sormontare il reale, di fatto il pi moderno nel suo servile adattamento agli stilemi della forma spettacolo". "L insensato tende ad accumularsi, come le merci". "L insensato si legittima sempre pi a misura in cui cresce ci che lo spettacolo es ige per la sua liturgia". "L insensato l astrazione che si fa concretezza per ricomporre l unit del reale s otto il segno dello spettacolo". "L insensato fiorisce sulla disintegrazione delle forme anteriori della socialit e del vissuto e si rafforza con il collasso di ci che un tempo appariva sensato a ll esperienza del mondo". "L arte moderna, sotto l apparenza compiuta dell insensato, sembra restituire ag li individui pi di quanto essi abbiano investito in essa". "L insensato, di per s, non che dettaglio e accumulo di dettagli che si fanno imm agine". "Con l insensato l arte, dopo le avanguardie storiche, ha mostrato - senza pudor i - il mondo com ". L oppio dell insensato nutre i consumatori di merci astratte nello stesso tempo in cui si acuiscono tutte le loro privazioni reali". "L insensato molto di pi di un riflesso della banalizzazione del mondo reale". "L insensato concorre a gerarchizzare i consumi culturali". "Come l analfabetismo stato superato azzerando la cultura sui nuovi standard del la conoscenza mediale, cos il gusto stato svaporato azzerandolo sull insensato, b en sapendo che conoscenza e gusto si deteriorano insieme". "Dell arte, di cui si perso da tempo il senso, il consumo che basta a se stesso, in un contesto nel quale la massa delle merci in circolazione, diventando sempr e pi insensata, fa s che ci che gi di per s insensato diventi una merce privilegiata . "Mediante il consumo dell insensato si attua un immaginario consenso che sospend e ogni divisione reale tra realt e arte moderna". "L impostura del godimento estetico ci che rende impudente l insensato". "L insensato si perpetua riproducendosi, senza contraddirsi". "Nell incessante movimento dell insensato si sgretola ogni ordine statico ed ogn i illusione di un tempo vissuto, esso non sopravvive alle credenze che l hanno s uscitato, di conseguenza deve essere continuamente riciclato". "L insensato, come sovrastruttura della glaciazione storica, irride ogni ricerca di un senso dell essere e di un suo compimento per suo tramite". "L insensato un enunciato dichiarativo che non pu essere ricondotto che a se stes so, ostile ad ogni pensiero che vuole diventare prassi". "L insensato anche il sembiante visibile di una utopia che pretende che l arte s ia separata dalla storia e al di sopra del movimento del tempo". "C da osservare che da qualche tempo i veri poteri non si disperano pi dei loro c attivi risultati, piuttosto, s indispettiscono del fatto che essi possono divent are visibili. L insensato concorre a rimediare a questo fastidio". "Con l insensato nulla pi memorabile. Nulla ha pi n mensura, n spessore". "La natura di merce dell arte moderna consente all insensato di essere contempor aneamente prodotto e materia prima di nuove opere d arte che s impongono a loro volta sul mercato come sua espressione. Una produzione di merci a mezzo di merci sempre pi scadenti". "C , tuttavia, qualcosa che la cultura dell insensato non riesce a realizzare a d ispetto di quello che molti pretenderebbero da essa: una nuova monumentalit in gr ado di commemorare le sue tragiche vittorie sul passato che essi hanno distrutto ". "L insensato non una espressione particolare del consumo dell arte, ma del consu mo in tutta la sua estensione". "L insensato appare come una paralisi storica della memoria che orienta la cosci enza del tempo vissuto, una sua banalizzazione che fa regredire questo tempo ad uno stadio prelogico, simile a quello geometrizzante della schizofrenia". "Nel contesto urbano della modernit i musei sono divenuti luoghi di consumo conce ntrato di non-senso".

"Pi l insensato diventa una espressione della coscienza reificata pi squillanti di ventano i colori dell arte moderna, pi grande la distanza dalla vita corrente, pi inutile il suo povero linguaggio". "L insensato, espressione di una societ che non ha una storia vissuta, non ha bar riere assiologiche". "Il consumo dell insensato facilitato dalle abitudini che lo spettatore ha contr atto nell ambito pi generale dei consumi della societ dello spettacolo". "La critica d arte moderna , nel migliore dei casi, una apologia dell eccedenza d escrittiva del negativo. prolifera parassitariamente sull insensato e sa mostrar si indignata di ogni buon senso che la deplora con ci che essa difende". "Il segreto dell insensato condiviso da tutti". "La pretesa onest dell insensato sostenta l illusione dell arte moderna di poter essere considerata razionale in s". "Il concetto di non-senso che racchiude l arte moderna nell ambito della forma s pettacolo va ben oltre la banale constatazione di una crisi delle arti". "Per svuotare di senso il concetto critico d insensato basta volgarizzarlo in un a qualsivoglia poetica nella quale esso appare come una astrazione che spiega tu tto". "Nell insensato svaniscono tutti i nomi e i generi che sopravvivono soltanto com e etichetta mercantile". "Da una parte le ideologie, come volont astratta dell universale, si materializza no nell insensato. Dall altra, l evidenza, fa svanire dall insensato ogni tracci a particolare di esse". "L evidenza dell insensato nell arte moderna - che fa della rappresentazione una illusione nell illusione - non pu farci dimenticare che esso domina dappertutto la cultura e la unifica nella forma spettacolo". * L insensato, che pare la cifra dominante ovunque su tutto e tutti, si presenta in effetti non soltanto come un concetto eccessivo, ma eccessivamente, nel testo c itato. Nelle "Glosse a l arte moderna dopo le avanguardie storiche" (datato agos to 1995), dopo il tuonare fragoroso delle citazioni precedenti, e sebbene il fra casso si faccia appena meno ossessivo, del cosiddetto concetto d insensato, si p u dire che, se non si manifesta come buco nero, non meno torbido e vischioso di p rima. Ecco ancora alcune (non tutte!) delle citazioni dell insensato: * "L insensato il risultato di questo processo in cui l espressione come effetto d ella sensazione - lungi dall inverare la rappresentazione - viene mutilata in mo do da rendere evanescente ogni autonomia del soggetto per suo tramite e volgersi in fatalismo". "L insensato agisce sull espressione riducendo la sua adeguatezza e la sua resis tenza all abisso dell immediatezza". "Il tutto e il contrario di tutto sono la stessa cosa". "Molti alibi favoriscono l insensato". "L insensato non solo ha eliminato i generi, le tecniche e la filogenesi dell op era, ma anche le categorie. Dissolvendo il vero nel falso, sull esempio dello sp ettacolo, l insensato ha determinato la scomparsa di ogni ragione estetica". "Non si deve credere che l insensato sia una negazione dell arte". "La povert espressiva dell insensato non pu essere valutata qualitativamente n esse re considerata una crisi". "Per lo storicismo hegeliano l insensato un esito contraddittorio del romanticis mo". "La pedagogia dell insensato si comprende appieno se si considera che l dove la s ociet non ancora totalmente integrata alla forma spettacolo l idea sola di questa libert spaventa". "L insensato si manifesta sempre come un eccedere perch costituisce una risposta ad un bisogno fittizio". "L insensato, infatti, confonde deliberatamente il vero nel falso affinch l illus ione raggiunga il suo colmo, capovolgendo il reale".

"Nell arte moderna l insensato occupa il posto di quello che una volta era defin ito il significato metafisico dell arte". "Lo spettacolo la Gestalt dell insensato". "L inconsistenza espressiva dell insensato - spesso in contrasto con la grandios it surrettizia dell opera d arte - una prova in negativo che la forma spettacolo tutt altro di un abuso del mondo visivo che deve rientrare nei suoi termini". "L esserci dell insensato non propriamente in ci che le opere d arte moderna rapp resentano, ma in quello che occultano". "Nella divulgazione dell insensato gli specialisti mantengono accuratamente lont ano da ogni discussione la circostanza che l arte moderna non pi di per s veridica e che ci che annuncia come evoluzioni fondamentali non sono di pi di una incessan te circolazione, senza storia, di pittoresche inezie mercantili sempre uguali". "L arte moderna favorita dalla velocit di riproduzione dell insensato non solo ha falsificato buona parte dei documenti che costituiscono le ragioni storiche del le avanguardie che hanno inaugurato il ventesimo secolo, ma riuscita a spacciars i come un progresso da queste". "L insensato un pensiero proiettivo che risulta estraneo al postulato della coer enza e quindi alla realt che in esso si riflette". "L insensato induce ad una comprensione astratta dei rapporti sociali concorrend o a far sparire la loro essenza nell arbitrio e a sconnetterne il fine pratico". "L insensato pu monopolizzare il significato in una societ in cui lo spettacolo mo nopolizza il reale". "L insensato gioca il ruolo di garante formale di ogni avanguardia avendo acquis ito il diritto di sussumere la creativit soggettiva come una propria essenza". "Le ideologie del nonsenso tendono a far collimare le esasperazioni della sogget tivit con le teorie estetiche del loro tempo". "Nella societ dello spettacolo l insensato anche una compensazione mercantile del l alienazione". "Proprio perch nello spettacolo si nasconde il nulla l insensato non nasconde nul la". "L insensato lusinga la condizione artistica e la inganna fino al punto di farle credere, per il fatto di sembrare d avanguardia, di essere rivoluzionaria". "L insensato induce alla convinzione di una soggettivit artistica espressa da un arte dalla quale l artista deduce il possesso di una totalit esclusiva". "Nell arte moderna l insensato ha tra le sue deleghe d impedire il formarsi di u na teoria capace di cogliere la totalit del suo stesso oggetto, cos che ogni suo p ossibile divenire lacerato sul nascere". "L insensato ingenera l illusione di poter comprendere i caratteri definitivi de l vero a livello della prassi derivandola dall ideologia delle scienze". "Negli spazi interiori della modernit il nonsenso ora diventato una fenomenologia del decoro". "L insensato divenuto una forma eccessiva dell evidenza che la necessit del senso obbliga a vedere come qualcosa d altro". "Nello spettacolo l insensato capovolge l impotenza formale dell arte in potenza dell immaginario, una impotenza forzosa che accentua la separazione reale tra s ignificato e realt". "Alla lunga l insensato tende ad essere costrittivo perch l arte moderna dominata sempre pi dall occasionalit che comprime le condizioni che la rendono credibile". "All insensato si chiede ora di giustificare sotto il profilo formale la perdita di peso dei generi e delle opere nella determinazione del valore di fronte alle risorse immateriali dello spettacolo". "L insensato lungi dall esiliare l arte moderna nell altrove dei privilegi di un lite un dispositivo che concorre alla globalizzazione dello spettacolo integrato ". "Gestire l insensato non significa solo gestire l ordine simbolico che struttura e somma i frammenti sparsi della vita corrente, ma gestire il loro movimento, l alterazione che li struttura in eventi ed episodi dominati dalla tautologia". 2. Le scimmie pittrici Se le scimmie dipingono (e bene), gli umani non sanno che farsene dei pastelli d

i cera (se non mangiarseli). L episodio avviene nel 1980 in una scuola elementar e di Harlem. Nel tempo impiegato dal maestro a distribuire i fogli ed a spiegare cosa dipingere, un terzo della classe aveva provato ad assaggiare i pastelli e cinque li avevano ingeriti. La grande stagione della pittura delle scimmie stata quella compresa tra il 1950 e il 1964 (il suo apogeo nel 1957 , con l esposizio ne a Londra, presso l Institute of Contemporary Art, di Paintings by Chimpanzees ), scrive Simonetti in "La pittura e le scimmie pittrici" (datato ottobre 1993). Forse fu colpa dell action painting o dell espressionismo astratto se una trent ina di scimmie conquistarono un posto nella storia dell arte. Simonetti riporta il giudizio di Dal, per il quale la mano di Jackson Pollock non era all altezza d i quella degli scimpanz. Nel decimo paragrafo dell articolo citato, Simonetti des crive i tre stadi in cui evolve la pittura degli scimpanz, ma se egli ne parla (" la loro pittura un affare che riguarda esclusivamente la nostra cultura"), sbrig ata la curiosit personale sull argomento, l obiettivo del discorso si presume che sia il deteriorarsi di "conoscenza e gusto" ("ogni pretesa di giudizio, che non sia quella degli esperti prezzolati, appare adesso come una stravaganza"), ovve ro la crisi dell arte moderna dove "il vero soltanto una fastidiosa tautologia d el niente". La cosiddetta arte pu solo educare al falso. 3. Il principio attivo Nello "Schizzo su un particolare progresso dell alienazione sociale" (1998), nel la tesi 5.1 si legge che la pratica di controllare lo stato della mente raggiung e il suo culmine nel 1952 con l introduzione in psichiatria della cloropromazina e qualche anno dopo delle benzodiazepine. "Le benzodiazepine rappresentano in a ssoluto il farmaco di cui pi si abusa nel mondo, tanto che la storia della follia non pu pi essere raccontata, n in teoria, n in pratica, senza queste sostanze che n e sono parte integrante. Con esse il controllo uscito dall istituzione totale e si diffuso nel territorio. Negli Stati Uniti nel 1955 gli internati nei manicomi erano circa seicentomila, vent anni dopo si erano ridotti a poco pi di centocinq uantamila, di contro, la popolazione che fa uso di psicofarmaci aumentata di ven ti volte e il suo tasso di crescita non tende a diminuire". 4. Trou Simonetti, in "Quando la scuola incontra l affezione mentale: il buco di Matisse " (1998), scrive che, davanti al fait pictural, i soggetti inconciliabili, e res i uguali da "un antropologia totalitaria", sono "il fanciullo, il folle e il pri mitivo". Egli riferisce che a Roma una bambina, alla mostra di Matisse, rivolgen dosi alla maestra chiedeva perch ci fosse un buco nel quadro. Ritrovare l oggetto perduto ritrovare la chose, das Ding ed essa rappresentata da un buco, da un vu oto. La totalit abita nel buco (Simonetti cita Lacan in francese: "si la totalit n est pas pensable, du moins ne serait-elle pas inimaginable et le trou serait so n lieu"). La bambina rimane senza risposta e Lacan perentorio dice: "Personne ne sait ce que c est, ce trou". Ma Simonetti forse lo sa. 2 giugno 2005 La vivibilit del negativo: Qualcosa su Riccardo D Este

Se si fosse mai costituito un Club degli Incorreggibili (vedi nota), Riccardo D Este ne avrebbe fatto parte, per quella parte tenuta con coerenza nelle file del l opposizione pi intransigente. Senza averlo mai frequentato, mi propongo, con qu esta nota, di presentare qualcosa di ci che scrisse a vantaggio della critica rad icale. Insieme con Gabriele Pagella, Riccardo D Este firm nel gennaio del 1993 un pamphl

et dal titolo Quel ramo dell ago di Narco (ed. 415). La tesi prima dell argoment azione era la seguente: La droga una merce al pi alto livello di concentrazione economica e spettacolare. Nel libello si affrontavano, tra gli altri, i temi del proibizionismo, della leg alizzazione e della liberalizzazione, ma infine: La droga palesemente una merce, come tutto palesemente una merce. L ipotesi savia a cui ci rifacciamo proprio questa: considerarla per ci che ed perci che, conside randola una merce, le si vuole togliere quell eccellenza specifica assegnatale d al proibizionismo, dagli interessi alla sua supervalorizzazione, dalle ideologie e dalle cosiddette morali. Sostenere, come sosteniamo, che le droghe andrebbero vendute, tutte, liberamente in drogherie ed affermare risolutamente che questo solo fatto risolverebbe molti dei problemi accessori determinati dal suo attuale status, e che abbiamo analizzato sopra, non significa affatto che noi amiamo il libero mercato, n il mercato tout court, n la societ del capitale che fonda il mer cato, n che ci siamo convertiti ad una qualche ideologia liberista. Significa sem plicemente dire le cose come stanno e porre i presunti riformatori di fronte all e loro responsabilit. Nessuna battaglia, almeno da parte nostra, per il trionfo della merce. Ma una ba ttaglia durissima contro tutti coloro che pretendono che la droga sia e continui ad essere una merce eccellente, con i guasti che tutti conosciamo. Se la libert reale sar la fuoriuscita dal mondo dominato dalla merce, pur vero che la schiavit reale sta nel non chiamare le cose con il loro nome. Comunque sia, l esito del pamphlet di Pagelle e D Este era gi stato espresso nell a Premessa, con queste parole chiarissime: Questo un pamphlet di battaglia, per la libert e per la liberazione. Continuando n el tracciato inesausto ed inesauribile del DIFENDERE E DIFFONDERE LA LIBERTA OV UNQUE. Sar forse superfluo, ma va ricordato che D Este non era nuovo all argomento citat o giacch, nel 1990, insieme con altri compagni, aveva curato per le edizioni Naut ilus, la pubblicazione di Intorno al Drago. La droga e il suo spettacolo sociale . Se, ovviamente, non ho la pretesa di svolgere un panegirico della libert che ne c omprenda e sciolga la variet dei significati - tanto meno da contrapporre ad un o pinione, altra e diversa (?), della libert, come quella, implicita ed esplicita, nel discorso di D Este -, non trovo tuttavia necessario condividere le sue concl usioni sul drago. Se a lui e a Pagella appariva conveniente che la merce-droga f osse desacralizzata - perch si svestisse di quell ipervalorizzazione ideologica c he soprattutto nel proibizionismo si rivela, perch diventi finalmente ci che , cio u na merce qualunque nel mercato delle merci -, dico ed affermo che questa storica impressa la compiano, da soli, i modernizzatori del capitale, ma non i suoi aff ossatori. D altronde non mi sogno di chiedere la liberalizzazione completa della vendita d elle armi da fuoco, per un altra desacralizzazione in nome della libert. In nome dell ovvio, invece, rimarr da farsi, secondo me, qualche distinzione, per ch ci sono sul mercato, legale o nero, merci e merci. Lo ripeto: la liberalizzazione del mercato un obiettivo che riguarda i gestori d ella decomposizione planetaria, ma la guerra contro l universalit della merce, co ntro l essere-merce delle cose, delle idee (e delle persone) e contro la nihilaz ione del pianeta pertiene alla critica radicale. In una societ liberata, saranno forse tutti liberi di fare qualunque cosa? Non lo penso proprio. Per questo non mancheranno dei futuri censori, e le antinomie de lla libert, prima o poi, si presenteranno, e presenteranno il conto a furbi e ing enui, e bisogner rifletterci sopra, per tempo. In un altro testo (Abolire il carcere, ovvero come sprigionarsi, Nautilus, Torin o, 1990) Riccardo D Este scriveva:

D altronde assai arduo, anche teoreticamente, ipotizzare una societ che sia del pa ri una a-societ, una comunit, quale che sia, che non si dia delle leggi o delle re gole per la convivenza dei molti e che, dunque, non presupponga, almeno concettu almente, dei trasgressori, ed assolutamente ridicolo costruire un castello ideol ogico fondato su idee del tutto improbabili come quello della bont intrinseca del l uomo (quando sappiamo che ogni uomo il precipitato di determinate composizioni sociali) o della forza della Natura e della sua capacit di autoregolamentarsi, q uando, se vogliamo essere onesti, manco sappiamo pi cosa voglia dire natura, al d i l delle elegie nostalgiche, per assai moderne ed amministrative, tinte di verdog nolo. In quel testo, sul carcere, D Este conclude scrivendo: Mai mi si sentir dire che, in Italia, la legge di riforma detta Gozzini sia giusta e bella, anzi sempre da me si sentiranno delle critiche radicali. Nello stesso tempo faccio quel poco che posso affinch tutti i detenuti ne usufruiscano il pi po ssibile e, se vi sono spazi effettivi, essa venga migliorata, il che vuol dire s /peggiorata. Mai nessuno mi vedr in campo a favore delle riforme, ma sempre mi si vedr in azione affinch le riforme gi promulgate vengano estese al massimo. Ma, secondo me, battersi per l abolizione del carcere non la stessa cosa che bat tersi per la liberalizzazione del drago. Da una parte ci sono delle vite imprigi onate e dall altra una merce da s/valorizzare e gettare sul mercato libero della concorrenza. Nel testo citato, D Este affermava anche: Credo che questa societ vada scossa dalle sue fondamenta - economiche, sociali, am bientali, mentali, strutturali - e che questa trasformazione radicale la si poss a metaforizzare come non il rovesciamento di un guanto (comunque protezione da q ualcosa, seppure con il segno rovesciato). Credo, peraltro, che un associazione societaria, come si storicamente determinata, non sia inevitabile, mentre imposs ibile prescindere, anche in via ipotetica, da comunit umane, di soggetti, in qual che modo in rapporto tra di loro o federate. Credo, infine, che queste comunit po ssano fare a meno di leggi nella misura in cui esprimono una effettiva dialettic a tra le diversit. Ma tutto questo di l da venire e la vecchia talpa sembra stanca di scavare. Il terreno sociale oltre le leggi tutto da inventare, perch l accenno a una effetti va dialettica tra le diversit fa pensare ad una individuazione coerente delle san zioni che sia altra cosa da quella somministrazione di pena in seguito a giudizi o e applicazione di leggi, che tutti conosciamo. Ma la talpa dovr ricominciare a scavare e i dominati a riflettere sull uscire dalla gabbia economica. In un altro testo, firmato, tra gli altri, anche da Riccardo D Este, ma preceden te quelli citati sopra, perch risale al 1983, si possono leggere queste frasi: Abbiamo gi detto che la liberazione per noi un percorso, un processo che va tentat o e praticato da subito. Aggiungiamo che non pu trattarsi di un percorso lineare, ma di una serie di salti, di rotture, anche di forzature: di pi che la possibile realizzazione futura di legami liberi di comunit passa necessariamente attravers o la forza di sperimentazione attuale, l intelligenza di sapersi situare fuori e contro i valori dominanti, addirittura oltre ad essi; nessun utopismo per, nessu na idea di falansterio (tanto meno nelle miserabili versioni moderne di volontar i ghetti che mai depassano la ragione codificata e l accettazione supina dell es istente) e quindi nessuna isola felice: se di isola si tratta, cerchiamo l isola non trovata, anzi pretendiamo di inventarla! Quello che si intende per sperimen tazione concreta di libert e di comunit tutto dentro la dinamica dell opposizione ostinata all esistente societario. La libert, infatti, pu essere sperimentata solo attraverso le forme di negazione materiale dell illibert sociale o comunque intr oiettata individualmente; la comunit reale pu essere pre-vissuta come comunit di in tenti, di tensioni, di agire. Ci non permesso. Per questo la trasgressione assume

valenza positiva, seppur degna di smitizzazione e soprattutto di non fissazione . La trasgressione in s non porta valori comunque umani, ma ne nega altri codific ati; se essa, per, si trasforma in riaffermazione differente di ci che prima ha ri fiutato non altro che forma recuperata, produttiva di comportamento sociale cont rollabile. La trasgressione cui noi ci riferiamo quella che contiene tanto la ne gazione del presente quanto l allusione al futuro. Non ci interessano certo i la dri che si fanno banchieri n i banchieri che diventano ladri! La trasgressivit qua nto, pur prodotto dalla societ, tende ad affermare caratteri diversi, antagonici, di comunit. Quando si contrappone il concetto di comunit reale a quello di societ - come che si sia storicamente manifestata - non certo per riprodurre una sorta di guerra di tutti contro tutti, l homo homini lupus di lontana memoria, n tanto meno per ricordare nostalgicamente le societ-comunit primitive (poich allora effett ivamente i due termini si confondevano tra di loro). L appartenenza reciproca, i l riconoscimento delle differenze e la loro corretta valutazione, il superamento di appiattimenti egualitarizzanti, la riscoperta dell originalit singola e colle ttiva contro il processo di identificazione: ecco i caratteri dell essere-vivere comunit, ecco quanto stato sottomesso e soggiogato dalla forma-societ. Perch, siam o chiari, la societ umana, se pu apparire concetto fascinoso, d altronde storicame nte e concettualmente falso. Societ patto, regolamentazione, insieme di diritti-d overi, accettazione s delle possibili diversit ma, nel contempo, loro codificazion e, sicch solo alienando parte di s e del proprio interesse l uomo pu addivenire all a convenzione societaria. L anticipazione dei caratteri di comunit non utopistica seppur, letteralmente, ap pare utopica, nel senso che oggi non esiste in alcun luogo. Ma anche questo solo parzialmente vero; non esiste in nessun luogo in modo codificato o istituzional izzato, proprio perch la sua natura ribelle al codice e alle istituzioni; esistit a invece sul filo del tempo, nei tentativi rivoluzionari della storia, ed esiste , ancorch sommersa, nelle esperienze di ri-aggregazione liberatoria che contengon o grossi elementi di disgregazione del gi-costituito, del gi formalizzato. L anticipazione di cui parliamo di natura duplice: da un lato si evidenzia come eccesso, come negazione di ci che esiste e disaffezione originale ad esso; dall a ltro si esprime come innovazione della qualit dei rapporti tra i soggetti implica ti in questa forma di ostilit all esistente. Le relazioni umane che si determinan o nella terra di nessuno sottratta al controllo possono divenire effettiva antic ipazione dei caratteri sopra detti. Attenzione per, questo possibile solo quando la trasgressione, l affermazione di s nuova e la capacit di comunicare il vissuto si intrecciano strettamente tra loro. (...) L anticipazione di cui parliamo presto definita: la pratica di agire libert dentr o le chiusure imposte. Ci avviene in modi volta a volta singolari dentro i territ ori del capitale - e tutti lo sono - e soprattutto quel potente veicolo di contr ollo sociale, ma nel contempo di sua possibile negazione, che la metropoli, la c itt che invade con i suoi nessi ed i suoi rapporti tutti gli spazi circostanti. ( ...) La soluzione sociale che vogliamo proporre tutta dentro questa pratica dell anti cipazione, questo prodursi di tensioni tra vari segmenti sociali e, soprattutto, riguardo la vettorialit rivoluzionaria che in molte lotte, ancorch limitate o sco mposte, visibile da lettori attenti. (le frasi citate sono tratte da Ogni uomo de ve avere delle buone ragioni per alzarsi al mattino, che inserito in Italia 1983 prigionieri politici, processi, progetti, Edizioni Cooperativa Apache - gli aut ori, che si trovavano a Fossombrone nel febbraio-marzo 1983, sono ANGELO MONACO, BRUNO PEIROLO, CESARE MAINO, CLAUDIO WACCHER, DARIO CORBELLA, ERMANNO COLLEDA, GRAZIANO ESPOSITO, JUAN SOTO PAILLACAR, LUCA FRASSINETI, MASSIMO DOMENICHINI, RI CCARDO D ESTE) Quello su cui dissento sostanzialmente il tono, perch fa riferimento ad un ideolo gia dell eccesso, e oltre a ci a una generale trasgressivit, ad un antagonismo bel licoso, che costituiscono pi un limite che un punto di forza per un reale progett o di superamento di questa societ, che si deve smettere di presentare come un aff are esclusivo di guerrieri. Quando Riccardo D Este concludeva il suo Qualcosa (il testo datato 3 novembre 19 94 in Italia stato pubblicato dal centro di documentazione porfido), dava queste

indicazioni: Che cosa fare, dunque, contro l iterazione del nulla, contro la dominazione dell inorganico, contro l assenza di un qualche centro (tutto necroticamente diffuso, anche se effettivamente ci sono soggetti specifici che si incaricano di diriger e e controllare la necrosi) contro cui scagliarsi? La domanda, in apparenza senz a possibilit di risposta, una qualche risposta invece ce l ha: la rivolta dell or ganico (dei corpi) in ogni situazione possibile, la massima resistenza, in ogni campo, al neomoderno e nessuna collaborazione con qualsivoglia espressione di es so, l attacco virulento al Nihil organizzato, costruendo senso e sua comunicazio ne. Non si possono fornire delle indicazioni pi precise. Ma alcune ipotesi sono g i fin d ora chiare: * rifiutarsi di assumere i termini della politica comunemente intesa e della dem ocrazia come costitutivi di una qualche azione sovvertente o trasformativa; * respingere ogni possibile lusinga della partecipazione alla cosiddetta societ c ivile: purtroppo ci siamo gi dentro quando lavoriamo, quando pensiamo di godere d el tempo libero, quando giocoforza sopportiamo il dominio; * cominciare, o continuare, a vivere smodatamente usando questa categoria come c riterio. Ritengo che queste indicazioni siano condivisibili, a parte quell avverbio (smoda tamente) perch il vivere la propria vita, sono affari miei, e tuoi: lettrice o let tore. 1 luglio 2006 Nota Il nome Club degli Incorreggibili era una delle firme pensate dal gruppo di dete nuti, autore del testo sopra citato, Ogni uomo deve avere delle buone ragioni pe r alzarsi al mattino, che cos ricorda la questione della firma collettiva, poi, a dire il vero, rifiutata per l estrema variet dei soggetti firmatari: Tra un bicchiere e l altro, ne avevamo trovate anche di buone. Da un irridente e sorridente club degli incorreggibili - incorreggibili nel tentare innovazioni e sperimentare intelligenza, a dispetto di tutto, art. 90 compreso - ad un pi enigm atico ma, svelato il mistero, simpaticissimo gli amici del solitone (chiamasi so litone un onda che, a differenza delle consorelle, non si infrange n si spezza o interrompe, continuando a riprodursi a lungo, quasi inesauribilmente, pur modifi candosi. Il fenomeno fu rilevato per la prima volta da un gentiluomo inglese del l 800 che, cavalcando lungo un canale, si accorse di questa onda curiosa, desuet a ed ostinata; oggi, per la miseria utilitaristica della scienza, le leggi del s olitone sono studiate da molti matematici e fisici e trovano implicazioni nelle onde elettromagnetiche nonch applicazioni nel campo delle fibre ottiche e del las er). Diciamo la verit: queste ed altre possibili sigle ci divertivano parecchio, e div ertirci per noi molto!

La tiepida sopravvivenza N apocalisse n rivoluzione Quasi un allegoria, cos da intendere la "figura" che d il titolo al presente artic olo, gi una storia quella che l allegoria raffigura (ma che non sar l oggetto di q uesto articolo). Mi riferisco qui al testo di Francesco "kuki" Santini, "Apocali sse e sopravvivenza", il cui sottotitolo recita: "Considerazioni sul libro Criti ca dell utopia capitale di Giorgio Cesarano e sull esperienza della corrente com unista radicale in Italia". Non so se altri testi affrontino con uguale intensit intrinseca la questione cruciale dell esperienza di organizzazioni, di gruppi, d i persone, in un rapporto direttamente bruciante con un autore ed i suoi libri. Il narratore di "Apocalisse e sopravvivenza" parla al plurale, il soggetto singo

lare-plurale dice noi; questo noi ha curato la pubblicazione della "Critica dell u topia capitale" di Giorgio Cesarano, questo noi ha fondato l Accademia dei Testa rdi e ha pubblicato tre numeri della rivista Maelstrm, questo noi appartiene al Cen tro d Iniziativa Luca Rossi; di questo noi viene tracciato un percorso, narrata una storia. In questo testo ci proponiamo dinquadrare lattivit di Cesarano nel suo periodo stori co, contribuendo a una delimitazione critica dellambiente collettivo di cui egli faceva parte. Ci al fine di collocare meglio noi stessi nel presente, chiarendo i l nostro rapporto con lesperienza rivoluzionaria del recente passato, arma teoric a necessaria per affrontare la situazione che ci circonda, che richiede la capac it di resistere e durare in condizioni complessivamente ostili, in un modo per al cuni aspetti simile a quello dei rivoluzionari dei primi anni Settanta. Ma quanto cambiata la situazione nel periodo in cui scrive Santini (luglio 1994)? Lorizzonte storico che abbiamo davanti talmente cambiato rispetto agli anni Sessan ta e Settanta, che lesperienza rivoluzionaria di allora ormai storica. E a chi scrive? Santini, parlando al plurale, dichiara di voler stabilire una di alettica con tutte le presenze rivoluzionarie (peraltro assai circoscritte) che c i circondano. Ma, infine perch scrivere, perch indirizzarsi a quelle presenze ormai assai circos critte? Perch,dice l autore, i contenuti che essa [la corrente comunista radicale] h a sviluppato nella sua breve storia vanno studiati, integrati e approfonditi, an che allo scopo di dare una delimitazione storica definitiva al suo apporto. Anch e se il bilancio di questa esperienza critica per noi, ora, largamente positivo, i conti col passato vanno chiusi. In questa breve citazione compaiono in corteo la storia (due volte, come sostantivo e come aggettivo), il passato e l esperien za. Questa insistenza marca in modo indelebile il testo con una connotazione, con un a marca affettiva che potrebbero ostacolare, intrecciandovisi, il progetto di st oricizzazione dell esperienza vissuta. Si tratta di provare a rispondere come po trebbe essere altrimenti. Qualcuno dovr provarci. Il momento da cui si diparte (da cui si il problema si annoda, verrebbe invece d a dire) l analisi di Santini individuato nel suicidio di Giorgio Cesarano: Allepoc a del suicidio, la sua attivit teorica era in pieno svolgimento. La sua ricerca e ra aperta e fu troncata di netto dalla morte, mentre si svolgevano dure polemich e ed erano ancora possibili fruttuose collaborazioni e nuovi incontri. A ribadire la percezione di un dramma (e, sottintesa, di una colpa) nella morte di Cesarano, serva questo breve passaggio: Gli anni Settanta sono spezzati in due dal suicidio di Giorgio Cesarano. Ma che accadeva in quel periodo? Nella primavera del 75, i giovani di Quarto Oggia ro erano gi impegnati nelle piazze (insieme alla nascente Autonomia Operaia); a M ilano riapparivano, anche se solo per pochi giorni, le barricate. Per tutto il 75 , e il 76, si manifestarono, in vari episodi, aggregazioni spontanee di radicali, che gi costituivano un punto di riferimento per numerosi giornalini apparsi in q uel periodo in varie citt dItalia. Ai reduci del lungo ciclo di lotte degli anni S essanta si sommava finalmente un buon numero di giovani; la corrente radicale to rnava a farsi sentire, attraeva inoltre parecchi scontenti dellAut. Op., nelle un iversit, nelle assemblee e nelle piazze; alla vigilia del 77 si apprestava a esser e nuovamente una presenza critica centrale che godeva di una diffusa rete di con tatti. In quella situazione, scrive Santini, la mancanza di Cesarano si fece sentire: al la crescita numerica non corrispose una crescita teorico-critica. Secondo Santini , il completamento e la pubblicazione della Critica dell utopia capitale (se il su o autore fosse rimasto in vita) avrebbero costituito un valido antidoto alla dif fusione dell ideologia francese che impervers nel 1977. Il discorso di Santini sa lda, come si notava programmaticamente gi a partire dal sottotitolo, degli eventi collettivi, in un certo modo epocali, al destino singolare di un individuo (Gio rgio Cesarano), ma quell intreccio e questa influenza erano effettivamente (corr ispondono ad un analisi realistica?) cos vincolanti nello svolgimento dei fatti p ropri di quell epoca? Che cosa fa ritenere all autore che quegli eventi avrebber o potuto svolgersi diversamente e produrre un altro esito? Il problema propriame

nte radicale, nel senso che investe dall interno la prospettiva individuata dall autore, il punto di vista del narratore. Il punto di vista adottato da Santini quello di una piccola, circoscritta, comun it (la corrente comunista radicale), in nome della quale egli parla, e dalla qual e egli non manca mai di ricordare che Cesarano (per quanto una singola molecola) era riconosciuto come l esponente teorico principale. Secondo questa prospettiva, si deve dare per scontato che la presenza di Cesaran o fosse decisiva. Ma cos diventa altrettanto decisivo (e fatale) il gesto del sui cidio, che priva una generazione di rivoluzionari del suo leader (la qual cosa p er una corrente che non dovrebbe avere n padri n maestri in materia di rivolte ris ulta essere probabilmente una contraddizione). Si finisce per colpevolizzare la scelta estrema di Cesarano, per toglierle quella libert che il gesto in s orgoglio samente rivendicava pur nella innegabile sconfitta che, al tempo stesso, denunci ava. Santini cos inquadra la questione: Al di l della sua vicenda individuale, ques to atto disperato radicato nei limiti di una corrente che poco tempo dopo avrebb e dimostrato la propria crisi. Ma sono gli stessi giudizi presenti nella riflessi one di Santini a mostrare come gli interni e profondi limiti del milieu radicale vengano raddoppiati allo specchio della fragilit del suo matre--penser e quindi a rivelare come quella vicenda individuale non sia stata affatto superata (come d altronde i diversi numerosi accenni muti a varie altre vicende personali, soltan to implicite nel discorso, indicano che esse pure non siano state affatto supera te). La crisi della corrente radicale sembra essere inscritta dall autore in una biolo gica (oggi si direbbe genetica) inadeguatezza a vivere secondo i tempi e i ritmi de lla vita quotidiana, e quella intima (quella pi interiore propriet che contraddist ingue il milieu) fragilit non consente di riuscire a vivere nell epoca della cont rorivoluzione (del riflusso). In questo lungo passo espressa quell impossibilit a durare: Nel suo insieme, ponendo al centro dei suoi interessi la critica della vita quoti diana e la sperimentazione di possibilit che conducessero in modo diretto allestas i, la corrente radicale ha dovuto pagare un prezzo altissimo alla controrivoluzi one, subendo inesorabilmente lautodistruzione degli individui pi appassionati, che pi autenticamente avevano assaporato la vita e meno potevano adeguarsi al grigio re senza speranza della quotidianit del capitale. A differenza di altre correnti coeve, e allora nostre nemiche, la tendenza comunista radicale non stata massacrat a dalla repressione, n ha annoverato nelle sue file infami e dissociati, nel comp lesso non ha rinnegato se stessa. A parte pochissimi che hanno tradito, passando a nche formalmente a collaborare con le ideologie e le organizzazioni politiche de l capitale, la maggior parte di noi ha abbandonato la prospettiva rivoluzionaria per inerzia e conformismo, o per risentimento accumulato (verso il proletariato che non vuole diventare rivoluzionario o verso i compagni pi brillanti e ammirat i in cui si riponeva fiducia e che troppo spesso non hanno saputo far seguire al la propria critica intransigente, a volte spietata, dellesistente, fatti adeguati ad armare di efficacia la loro rabbia). Ma tutti coloro per i quali la passione rivoluzionaria era una forza biologica, unenergia radicata profondamente nel loro essere, hanno continuato a tessere la tela di Penelope della teoria, e a sperime ntare le precarie soluzioni che consentissero di sopravvivere e sottrarsi comunq ue allinvadenza del presente, appiattito e mistificante. Alcuni si sono buttati i n romantiche peripezie in Paesi esotici anche l tallonati dallideologia dellavventur turistica altri hanno soddisfatto la propria nostalgia col crimine. Molti sono morti, altri in carcere, quasi tutti comunque finiti male, come doveva succedere a individui non dotati di ricchezze patrimoniali n di saper vivere accumulato, e com unque mai interessati ad aver successo in questo mondo. Per la corrente radicale il peso della repressione diretta stato relativamente secondario, rispetto allau tentico massacro causato dallautodistruzione o da forme poco appariscenti di liqu idazione sociale (routine poliziesca e terapeutica; regolamenti di conti in seno alla famiglia; emarginazione coatta e omologazione alla malavita; assassinio de lla passione). Da questa vicenda c una lezione di vitale importanza da estrarre, t anto pi in unepoca spietatamente cinica e nichilista come lattuale, che esalta in m odo brutale e diretto i valori del capitale, in cui i rivoluzionari sono sottopo

sti a un martellamento ideologico ossessivo che li spinge a considerare con amar ezza e pessimismo la propria inattualit. C un tocco di romanticismo (e di qualche suo addentellato meno fascinoso) in que sta diagnosi, giacch non ci sono da una parte i rivoluzionari e dall altra i norma li (cio i mediocri) esseri umani (loro s capaci di adattarsi al nichilismo e al cin ismo correnti); e gli errori, o comunque li si voglia chiamare, e l erranza, com e possono toccare questi e quelli, quelli e questi ne subiranno le conseguenze c on analoga imperturbabilit somministrate. Quella che si sconta vivendo la stessa vita di tutti, come si dovrebbe ricordare sempre, altrimenti ricompare, al bivio , l homunculus. Riannodando in una digressione vari episodi della storia recente del movimento r ivoluzionario, Santini scrive: Il punto centrale nel quale si possono identificare i contenuti caratteristici de lla corrente comunista radicale la convinzione di essere entrati in unepoca in cu i lo sviluppo delle forze produttive tale da consentire unaffermazione diretta de l comunismo, finalmente al di l dei problemi della transizione e del socialismo: lo sviluppo della scienza, della tecnica, del macchinismo e dellautomazione sono tali da consentire una radicale liberazione dal lavoro. La ricchezza accumulata dal capitale rende possibile una realizzazione immediata del comunismo. Questo contenuto centrale ben corrisponde al senso generale del movimento che riv oluziona i rivoluzionari, scuote i limiti della loro vita e li apre a una prassi che non segue pi in alcun punto gli schemi tradizionali di tattica/strategia, lot ta economica/lotta politica, sindacato/partito. La questione dell affermazione diretta del comunismo, nei tempi attuali, o verit iera o non lo . Se fosse vera sarebbe stata verificata dalla prassi, oppure dalla prassi sarebbe stata verificata la sua falsit. Santini non differenzia sempre az ione sociale e vita quotidiana rivoluzionata, ma se non impossibile bypassare al cune mediazioni organizzative, ufficiose e no, almeno per un certo periodo, le a marezza della vita quotidiana non consentono salti qualitativi che prevedano l e stasi nei rapporti umani (la sperimentazione di possibilit che conducessero in mod o diretto allestasi, scrive Santini), durevolmente, intendo dire. L autore scrive che, ad un certo punto, all inizio degli anni 70: Solo la prossi ma ripresa del movimento avrebbe riproposto le questioni dinamicamente nella lor o reale dimensione. Nel frattempo si trattava dinvestire con la critica linteriori t che tendeva a essere colonizzata dal capitale, e tutte le sfere discrete e priv ate, sequestrate dal capitale totale che si stava impossessando degli individui. Di fronte al prossimo riapparire della rivoluzione, era necessario essere pront i avendo forgiato le armi teoriche non pi della negativit, ma dellaffermazione e de lla fondazione teorica del comunismo. La possibilit concreta era quella di arricc hire immensamente le nostre armi con lapporto della tradizione marxiana e bordigh iana. Ma da una parte la tendenza immediatista si sarebbe ostinata nella sua uto pia, creando Comontismo; dallaltra Cesarano avrebbe prodotto lo sforzo teorico pi intenso, assumendo su di s, vivendole nel suo percorso teorico-pratico, le contra ddizioni di tutta la corrente. In queste parole mi pare di avvertire non soltanto una certa sopravvalutazione d el compito della teoria, come se la realt attendesse di essere descritta da qualc he teorico prima di svelare le forme originali del cambiamento, oppure che, per essere percepita come novit, qualcuno (il teoreta) ne debba descrivere quegli abi ti nuovi che altrimenti nessun altro avrebbe potuto distinguere, ma anche la sen sazione di una sventurata provvidenzialit nell ultima incarnazione di questa teor ia. Santini cos scrive: La forza e i limiti di Cesarano stanno nellaver prodotto una sintesi potente e uni taria della teoria di tutta unepoca, creando una complessa macchina critica, cont enente per anche le contraddizioni di fondo del movimento di cui era espressione. Egli stesso rimase profondamente coinvolto nellimpasse generale. Bruciandosi tut ti i ponti alle spalle abbandon anche la prospettiva collettiva che sarebbe stata

necessaria proprio in quel momento. Rinviando a un movimento futuro impregiudic ato la soluzione dei problemi incombenti bench Critica dellutopia capitale fosse i l prodotto e il rispecchiamento di quella situazione , Cesarano non si pose in mo do esplicito e dichiarato il problema dellattraversamento di una fase di riflusso . Lastrattezza di certe conclusioni di Cesarano dunque da ricercarsi nella crisi dei comunisti radicali di fronte alla nuova fase di arretramento. La stessa prof ondit e ricchezza, per contro, del suo pensiero possono offrire gli elementi per spiegare e demistificare il crollo di tutta la corrente, di fronte alle possibil it e alle prove del ciclo di lotte successivo. Nel rispecchiamento reciproco delle rispettive mancanze, sembra che, non avendo Cesarano affrontato il tema dell attraversamento della fase di riflusso, questo inevitabile riflusso abbia travolto molti radicali, trascinando nel crollo tutta la corrente. Parlando dell organizzazione, in uno dei paragrafi pi interessanti di Apocalisse e sopravvivenza, vengono confrontati, come modelli opposti, Comontismo ed Invariance. Le conclusioni di Santini appaiono nette: Abbiamo qui esposto due modi di vedere lorganizzazione tipici dellinizio degli anni Settanta, che possono essere respinti senza rimpianti, a maggior ragione senza alcuna mitizzazione da parte di elementi pi giovani. Il primo, quello comontista, il modello della comunit umana-partito storico-banda di delinquenti. Bench stimabile su di un piano umano (come lo il suo attuale epi gono: il gruppo francese Os Cangaceiros), e sovente interessante per le soluzion i pratico-organizzative-abitative che propose (i rivoluzionari devono vivere come se il comunismo fosse gi realizzato e possono affrontare solidalmente la terribil e lotta per la sopravvivenza, per loro doppiamente dura) fondato sul risentiment o: il proletariato non rivoluzionario, perci noi (piccolo gruppetto) siamo il prole tariato; siamo la comunit umana gi realizzata. Ci porta a valutare dogmaticamente e ideologicamente il proprio operato di setta e a offrire gli sbocchi pi disastros i: dal terrorismo sempre incombente dellautocritica imposta a ogni gesto e parola , al feticcio della coerenza; dalla sempre possibile regressione politica, causa ta soprattutto dal fascino dellazione, alla trasformazione pura e semplice in ban da di delinquenti. Il tutto fondato sul ricattatorio feticcio-totem della pratica, sul disprezzo ideologico per la teoria e lazione lucida. Laltro, quello invariantista, estesosi poi a gran parte della corrente radicale, il modello dei rapporti tra teorici. In questo caso lenorme feticcio-totem della te oria nasconde lunilateralit di rapporti limitati a una ridottissima lite di critici. Questo atteggiamento, ora che sono scomparse le illusioni sulla rapida e abbonda nte produzione dei rivoluzionari, sarebbe puro e semplice individualismo. In compe nso non farebbe altro che appiattirsi sulla realt in cui i rivoluzionari sono gi i solati. Aumentare ancor pi la loro attuale impotenza con una tale presa di posizi one contro lorganizzazione non avrebbe senso. Il possibile sbocco di chi continua sse ancor oggi, in piena e angosciante atomizzazione dei rivoluzionari, a insist ere nella fobia anti-rackettistica o nella esclusivit dei rapporti tra pochi elet ti (sempre che riuscisse ancora a trovare qualcuno) al livello pi alto (e poi: pi alto di che?) della teoria, non sarebbe particolarmente stimabile. Mentre oggi palese che ogni rinascenza dellattivismo e del militantismo conduce d i volata al ritorno nella politica, daltra parte deve essere chiaro che il feticc io della teoria separata dallefficacia e dalla pratica collettiva, se possibile o rganizzata, non offre una prospettiva per niente allettante. I princpi comunisti, unitamente a una teoria critica vivificata dal confronto con la produzione teor ica dellultimo ventennio e al principale risultato del recente passato e cio listan za di una rivoluzione della e per la vita, la messa in discussione dei limiti de llEgo e dellidentit personale (di cui lopera di Cesarano costituisce unesauriente ed entusiasmante denuncia), lesperienza vissuta della rivoluzione nella rivoluzione , sono le uniche garanzie contro la degenerazione rackettistica, cui non si sfugg e con lisolamento autovalorizzante e tantomeno attraverso vie originali e persona li a una presunta creativit. Le conclusioni a cui giunge l autore, nella loro invariata amarezza, conducono s empre allo stesso quadro, alla medesima scena, in cui l identico eroe raffigurat

o solitario (o quasi), sviando lo sguardo per, all ultimo momento, da quelle manc hevolezze che contribuivano (anche esse!) a farne un punto di riferimento esempl are di una fase storica della teoria radicale, di una corrente rivoluzionaria e dunque lo specchio per gli tutti gli altri: Cesarano fu lunico a muoversi davvero al pi alto livello, producendo una teoria chi ara ed esplicita del tutto anti-esoterica, cercando vanamente uno sbocco umano i n questo ambiente pseudo-intellettuale, contraddistinto da una fragilit assoluta e da una formidabile incoerenza (se si escludono Piero Coppo e Joe Fallisi, gli unici tra i suoi collaboratori ad aver mantenuto la coerenza rivoluzionaria, sen za peraltro aver mai nutrito pretese di superiorit derivanti dal possesso della t eoria). Ma se questo frammento di comunit umana (i cosiddetti radicali, comunisti, rivolu zionari), se questa provvisoria Gemeinwesen, frammentata, asfittica e circoscrit ta com era, risulta cos tanto deludente, perch allora si deve continuare guardare solo ad essa, e solo ad essa rivolgere parola? Infatti Santini riferendosi ad un a precisa fase storica del movimento di un ambiente rivoluzionario che in quanto tale troppo asfittico, scrive che appare come una parodia nostalgica di quello che fu. Al tempo stesso, come le cause della delusione si mostrano irrisolte se non irrisolvibili, neppure l ipotesi di una fuoriuscita dalla segregazione della pro spettiva in un ambiente fallimentare appare se non risolutiva nemmeno concepibil e, se poi l autore, imperterrito, come se nulla avesse affermato prima, prosegue a narrare le vicende successive di quel milieu, e di quello soltanto. Quando parla della rivoluzione biologica di Cesarano e Collu (cio di Apocalisse o rivoluzione), l autore di Apocalisse e sopravvivenza cos conclude: Nei primi anni Settanta, la consapevolezza che la catastrofe del capitale minacci a realmente la sopravvivenza dellumanit e del pianeta, e la scommessa disperata e passionale sulla vitalit della specie che ha dato gi prova di s nel ciclo di lotte appena conclusosi, una caratteristica forte, di fondo, che pu giustamente costitu ire una sintesi delle posizioni, pur diversificate, di tutta la corrente radical e allalba della nuova epoca. La forza dellalternativa, la vita contro la morte, in vece che proletariato contro capitale, segno della relativa vitalit teorica, ma a nche segno di difficolt a fondare le proprie ragioni nella contraddizione specifi camente sociale. Nel disconoscimento del dato di fatto che a produrla stato un b en preciso movimento sociale, si annuncia anche linsterilirsi di tutta la corrent e, che, illusoriamente, allucinatoriamente, alza la posta delle proprie affermazio ni, ma si appresta a vivere il proprio declino e tramonto nel giro di pochi anni . Su questo punto ci sarebbe un che da dire, e cio che l indicazione immediata e pr ospettica di una rivoluzione biologica non poteva essere lanciata altrimenti che per abbandonare definitivamente l orizzonte politico-sociale delle concezioni r ivoluzionarie precedenti, e che, con quelle, questa non aveva pi niente a che spa rtire, nessuna eredit e nessun debito. Ma una prospettiva di liberazione della sp ecie umana, quindi non pi politica n sociale, non la si rafforzava attardandosi a contare i morti sul terreno disprezzato e abbandonato della politica, non si ela borava una strategia globale unendo il proprio destino alle disavventure degli u ltimi soldati dispersi delle concezioni burocratico-militari del passato, svento lando ancora le lacere bandiere di quelle feroci illusioni. Quella che Cesarano e Collu avevano cominciato ad elaborare non era una parata nostalgica di vecchie glorie (ed orribili misfatti) e da quell intuizione poco pi che germinale e che stentava a muovere i primi passi doveva seguire un lavoro collettivo di grande i mpegno e di pi vasta diffusione. Questo non fu fatto. Sostanzialmente, le novit ch e provenivano da Cesarano e Collu non ebbero alcun seguito. Santini rievoca le piste (di cui rimanda il racconto, la storia) di una sperimen tazione collettiva: Nei primi anni Settanta vi fu un grande allargamento della prospettiva e delle fo nti teoriche dei rivoluzionari, corrispondente anche a una notevole ricchezza es istenziale e alla sperimentazione di nuove dimensioni. La volont di realizzazione pratica immediata non trovava pi sbocco nelle lotte sociali, e vi era il tentati vo di mantenere una dimensione radicale nella vita quotidiana. Le teorie immedia

tiste trovavano un vasto terreno di applicazione: criminalit, follia, sperimentaz ioni sessuali corrispondevano alla verit pratica di molti di noi. Sotto forme com unitarie o come avventure individuali, esclusa ormai totalmente dai nostri inter essi la politica, si cerc di passare a una dimensione creativa, affermativa, che co rrispondesse alla esigenza teorica prevalente: quella di fondare il comunismo. L a ricchezza di queste esperienze sfugge in gran parte alla ricostruzione a poste riori, giacch si tratterebbe di discutere peripezie individuali che non sono stat e mai raccontate. Un notevole peso ebbero anche i movimenti di liberazione sessu ale, femministi, omosessuali. Nellinsieme, malgrado i rischi, e le cadute, la por tata dellesperienza complessiva di quegli anni ci pare molto ricca e nel compless o degna del movimento che lha preceduta, tanto da meritare, alloccasione, una trat tazione a parte. Forse quei tentativi (e la ricchezza di quelle esperienze) furono pi velleitari c he fruttuosi, e quella presunzione che incarnavano - di cui l immediatismo era l a conseguenza -, di travolgere decine di secoli di addomesticamento in un batter di ciglia, avrebbe dovuto essere il primo degli obiettivi di una critica radica le conseguente. In questo senso un inciso di Santini (autobiografico ed autocritico) sul senso e sullo scopo della teoria , in qualche modo, illuminante: Poich la teoria previsione o non ha ragione di essere, le profezie, fondate su cal coli accurati dei cicli di crisi, formulate da Bordiga negli anni Cinquanta, div ennero spontaneamente tra di noi un articolo di fede semiserio, in quanto risolvev ano tutti i dubbi teorici: una profezia faceva riferimento al 75, unaltra, maggior mente precisa e specifica, indicava nel 77 la data di una crisi e di una violenta convulsione del capitalismo: per noi, tout court, la data della rivoluzione.

Santini, nel passo seguente, piuttosto esteso, durante il panegirico dell autore di Critica dell utopia capitale, si scopre a parlare in realt dell impazienza di Cesarano, mentre scorre l ampiezza del suo scontro con le invasive e concorrent i ideologie del dominio sull uomo: Al rifiuto netto e reciso di continuare la lotta nei modi della politica rivoluzio naria, che inevitabilmente ci avrebbe integrati allessere del capitale, non corris pondeva alcun cedimento sul piano individuale. La critica dellideologia quotidian ista, dellideologia della critica della vita quotidiana, non deve trarre in inganno . Essa non corrispondeva affatto a un ripiegamento nel privato o nella dimensione dimessa del teorico rivoluzionario. La tensione individuale restava fortissima. An zi. La pratica dellisolamento costitu una radicalizzazione estrema della dimensione rivoluzionaria, che si sottraeva a ogni compromesso. E continuava a sperimentare lavventura della passione individuale, del sovvertimento dei rapporti familiari e borghesi, dellampliamento in ogni direzione e con ogni mezzo della coscienza. D i questa dimensione Critica dellutopia capitale costituisce unesemplificazione cri stallina. Nellopera di Cesarano assolutamente evidente la tensione cui si sottopo ne lindividualit stessa del rivoluzionario: il tono drammatico esprime come non si tratti certo solo di teoria. Lattacco contro lidentit fittizia portato a fondo. L tica mette in discussione lEgo rivoluzionario stesso, le sue maschere autovalorizza nti, e i diversi ruoli che deve forzatamente interpretare nella dimensione irrea le della sopravvivenza. La vera guerra una dimensione di cui, sottolineando la n atura biologica della rivoluzione, si chiarisce, al di l di ogni possibile equivoco , la materialit. guerra damore: di carne, sangue, sofferenza ed estasi. Ci che, di questa dimensione soggettiva specifica, pu, dopo tanti anni, e tante di sfatte, sfuggire al rivoluzionario che legga oggi Critica dellutopia capitale lesi genza, quasi preliminare, di Cesarano di sfuggire a ogni nuova ideologia. Infatt i, mentre lottava a fondo contro la riconciliazione, sotto qualsiasi forma, con la societ del capitale, egli doveva mantenere una critica intransigente di quella neo-precettistica rivoluzionaria, di quei nuovi modelli di stile di vita, che pro prio in quegli anni erano ben presenti nellambiente a lui pi vicino. Ricapitolando, la lotta di Cesarano doveva svolgersi simultaneamente su vari pia ni: da una parte la critica concreta, la vera guerra, laffermazione della dimensi

one pi profonda del comunismo, risoluzione di tutte le contraddizioni dello svilu ppo della preistoria, affermazione della specie umana, della vera Gemeinwesen dellu omo, affermazione a titolo umano, ma che non prescinde assolutamente dalla contrad dizione vivente che la sostanzia: lindividuo rivoluzionario, sospeso sullignoto, ma in movimento con una direzione ben precisa verso lestasi, lavventura, la passione, messo alla frusta dalla sua fame di nuovo e di autentico: armato solo di capaci t critiche e di creativit, privo di esperienze storiche prefabbricate, incontrava sul suo cammino trappole sempre pi numerose. Per cui Cesarano doveva evitare ogni possibile ricaduta in una precettistica della radicalit, in quellintransigenza fo rmalizzata di cui aveva gi potuto constatare gli effetti. Nello stesso tempo avev a ben presente lo stemperarsi del movimento rivoluzionario nella sua dimensione pi ampia, mondiale, nelle nuove ideologie fornite dal recupero dello stile dei Six ties. Se, per esempio, fino al 67, lesperienza degli hippies statunitensi aveva cos tituito un aspetto nuovo e autentico del movimento rivoluzionario, gi allinizio de gli anni Settanta il capitale aveva fatto saldamente propria lideologia trasgressi va degli alternativi californiani, e la stava diffondendo su tutti i mercati dellide ologia. Cesarano affermava il profondo contenuto individuale della rivoluzione, la critica implacabile di tutte le forme della quotidianit alienata incorporata definitivam ente dalla rivoluzione a partire dagli anni Sessanta; negava lautonomizzarsi dell a teoria in dogmatismo terroristico, in quella sorta di falloforia del negativo che aveva preso, attorno a lui, la forma di ideologia dellillegalit, di elogio del t eppismo e del furto; e attaccava la diffusione ormai generalizzata di frammenti di critica della vita quotidiana da parte delle centrali culturali direttamente sottoposte al capitale, che coinvolgeva ampi settori di movimento giovanile gi co ntestatari. Un aspetto del panegirico di Santini riguarda il rapporto tra la teoria di Cesar ano e l uso dell LSD. A partire da questo passo: La partenza non pu essere che lintuizione folgorante, e in questo senso concretamen te e vitalmente iniziatica, del punto di vista della totalit. Questa frase sorpre ndente balza fuori dalle pagine del libro e d la dimensione dellesperienza di Cesa rano. Se nelle restanti pagine di questo nostro scritto, per scelta, non si parl a di lui se non come singola molecola di un movimento storico e, allinterno di qu estultimo, come esponente della corrente pi radicale e portatrice del pi ricco e in novativo apporto teorico, per un momento vogliamo sottolineare la singolarit di C esarano. Intuizione folgorante [] del punto di vista della totalit! Come non pensare , immediatamente allLSD? Varie volte [Cesarano] rimanda allesperienza-prova dellacido lisergico, scrive Santi ni, che afferma (non pare ironicamente) che Cesarano si temprava con lacido liserg ico. Uno dei riferimenti chiarissimi allLSD il seguente, citato dallo stesso Santini (il passo tratto da Critica dell utopia capitale, pag.31): Per denaro si vive morendo asserragliati nelle case, per vivere si spende sangue su i marciapiedi del denaro. Di stupefacenti sarebbero, secondo i sapienti, avvelen ati i selvaggi. Infatti, la droga guadagna spazio, mentre sulla droga guadagna i l capitale. Ma la droga allucinogena, quella per intenderci che libera dallalluci nazione della vita, con labbassare la soglia che filtra cio economizza le percezioni , attacca direttamente leconomia che impoverisce ciascuno inchiodandolo alla sche da perforata delle percezioni programmate per lui dalle gerarchie del sapere, e, con il consentirgli finalmente di vedere ci che non aveva mai visto prima, lo di schioda dal reale, gli restituisce la verit che gli pertiene. Non pu essere, tale ve rit, che atroce: umiliante e terrifica. Ma definitiva, indimenticabile. Lo strapp o non reversibile, si lamentano i sapienti. Terrorizza, sgomenta, inselvatichisc e. Ci che terrorizza, ci che sgomenta e ci che, nei migliori dei casi, inselvatichi sce non , al contrario, che la visione della loro verit, di colpo denudata. Santini ha contrapposto l apologia dell eroina da parte dei Comontisti a quella dell LSD da parte di Cesarano (ma per farne che, di questa polarizzazione?).

Su questa china si pu notare anche il ricorrere terminologico dell estasi (e della ricerca dell esperienza estatica) nell autore di Apocalisse e sopravvivenza. Qua ndo, per esempio, esaltando la rivoluzione biologica, scrive che essa guerra damore: di carne, sangue, sofferenza ed estasi. Quanti dubbi possono scaturire da una so la parola, quando si legge che la rivoluzione moderna si affaccia sullabisso degli istinti, dellinconscio, del rimosso, per spiccare il volo alla ricerca dellestasi (!) . Quando Santini squarcia i veli del significato da questa espressione (inquietant e) ecco che ne salta fuori: Il decennio 67-77 ha modificato irreversibilmente la soggettivit rivoluzionaria e il suo modo di percepirsi. In questo senso torna sul cammino delle tradizioni reli giose e della magia, per svelare conoscenze che nei secoli sono state sequestrat e dallesoterismo delle caste dominanti precapitaliste. Infine, secondo Santini, che cosa stato recepito della teoria di Cesarano? E in che modo? Non molto e male. Gi il titolo del diciassettesimo paragrafo: Esaurimento della co rrente radicale nel periodo di riflusso non brilla per ottimismo. La citazione che segue tratta da quel paragrafo: Si potrebbero ripercorrere tante vicende individuali, ma sostanzialmente quel che importa sottolineare lindebolimento generale della corrente rivoluzionaria. In q uesto senso fu possibile fare un uso controrivoluzionario dello stesso Cesarano. T ipica fu la cantonata di coloro che pervennero alla critica della politica proprio nel momento in cui dal 75 in poi la situazione sociale cominciava a riaprirsi. I l sabotaggio di Puzz fa parte di questo percorso (cfr. i due numeri pubblicati di P rovocazione). In parte anche come reazione al cripto-gruppo comontista che collab orava con Puzz (Comontismo, bench sciolto, continu a esistere informalmente fino al 1977), alcuni degli animatori della rivista imitarono latteggiamento dInvariance: di struzione di ogni forma organizzativa, ancorch informale, nonch di ogni espression e collettiva, per non parlare di azione pratica o dintervento a fianco dei movime nti sociali di pi ampia portata che cominciavano a manifestarsi. Proprio quel rin ascere delleffervescenza sociale che aveva tanto appassionato Cesarano alla fine della sua vita, fu liquidato in quanto politica o nichilismo, una tipica scoperta de i neofiti della teoria radicale. Nel diciottesimo paragrafo, Santini accenna al 77 , al riaccendersi della prote sta giovanile e alla complessiva debolezza degli elementi radicali al suo intern o: Si dovette constatare che lesperienza collettiva di cui avevamo fatto parte, si er a esaurita, non aveva retto al logoramento del quinquennio precedente. In alcuni aveva prevalso un atteggiamento risentito verso la classe che non avev a voluto essere rivoluzionaria. Da cui lanalisi che rinnegava totalmente la concezi one della lotta di classe, considerava il proletariato come controrivoluzionario , ed elogiava limmediatismo, purch aggressivo, violento, folle. Grosso modo questo atteggiamento psicologico-teorico che avrebbe dato il via al nichilismo attivo, armato. La sfiducia nella classe rivoluzionaria non pi tradita ma traditrice pro dusse la sostituzione del proletariato da parte dellavanguardia rivoluzionaria st essa, che provvedeva a prendere direttamente le armi in prima persona. Questa te ndenza prov a ricattare tutti col senso di colpa verso le vittime che ben presto la repressione statale fece nelle sue fila, diffondendosi nelle metropoli dove l o scontro era pi duro. Ma ebbe breve durata, dato il suo scarso respiro organizza tivo. Pi che altro brill di luce riflessa delle imprese degli stalinisti delle Bri gate Rosse. In altri, invece, il ruolo privilegiato assunto dalla teoria gener lequivoco dident ificare la rivoluzione con la produzione di qualche pamphlet in cui criticare tu tto e tutti. Questa tendenza, che aveva i suoi precedenti nel nichilismo passivo gi descritto prima, ebbe leffetto pi disastroso: alla passione rivoluzionaria si s ostituirono grottesche ambizioni intellettualistiche. Tale atteggiamento ebbe la

sua pi tipica diffusione in paciose realt di provincia, dove un certo atteggiamen to saputo poteva produrre risultati autovalorizzanti. Oppure in altre realt, al p rimo affievolirsi del movimento, mancando le occasioni per criticare il gauchism e degli autonomi, la teoria dei radicali fin con listerilirsi da sola per mancanza d i oggetto, e la pratica con lesaurirsi nel solito isolamento compiaciuto dalla re alt della volgare plebaglia rossa. Entrambe queste tendenze avrebbero potuto trovare il loro antidoto nelle opere d i Cesarano, se lo avessero capito. Tra laltro egli aveva fornito tutti i dati per una critica dei processi di autovalorizzazione dellEgo e per il rifiuto senza ap pello delle putride piste dellarte e della cultura, e in Cronaca di un ballo masc herato testo scritto insieme a Piero Coppo e Joe Fallisi aveva prodotto per temp o una critica esauriente dello sviluppo e del destino del lottarmatismo. Una voce isolata (come quella di Cesarano) non poteva essere un antidoto ad alcu nch (come analogamente, in quello stesso periodo, non furono ascoltati Debord, Sa nguinetti o Capa). Come prima di loro non furono ascoltati Bordiga (i mitici Bord iga e Vercesi - Ottorino Perrone -) o Pannekoek o molti altri ancora. Delle due tendenze isolate da Santini, la prima, quella affascinata dal lottarma tismo, era la pi frastornata e debole, la meno avvertita riguardo alla falsa posi zione in cui veniva a trovarsi, quella che pi superficialmente aveva orecchiato i discorsi di Cesarano o di Invariance o di Puzz-Provocazione. Della seconda, il minimo che si pu dire che non ebbe sufficienti capacit per far a vanzare di un passo le intuizioni di Cesarano e per iniziare ad inserirle in que l puzzle (sterminato) che l autore di Critica dell utopia capitale aveva in ment e (per averne un idea, basta scorrere l elenco delle letture e le note, gli appu nti che compongono quel libro). Eppure, che nella distruzione delle forme ideologiche e organizzative del passat o si conservasse il cuore di un embrionale comprensione della posta in gioco off erta dalla teoria di Cesarano non pu essere escluso senza barare con essa. Propri o in quel rifiuto e non altrove. Ma questo non significava certamente che ci si dovesse fermare a quel punto. Inoltre ci voleva grande pazienza, e ce ne vorr anc ora tanta, affinch prosegua il duro lavoro del negativo e ci si avvicini all obbi ettivo che Cesarano credeva di avere davanti agli occhi, come se fosse a portata di mano. 25 luglio 2007

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