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ANTONIO RAGONE

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LA VITA: VIAGGIO VERSO LISOLA NASCOSTA PREFAZIONE di Antonio Fiorito

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01/03/2009

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Enea o Ulisse? Chi siamo? A chi dei due assomiglia la nostra vita? Crollate tutte le ideologie, sparite le utopie, ammainate o strappate tutte le bandiere, sembra che la scelta decisiva per lumanit sia quella di fronte a questa alternativa: o il viaggio di Ulisse, luomo greco, leroe vittorioso, che vince con il braccio e la testa e viaggia attraverso il mare per riprendersi Itaca, la sua isola, e ridiventare re, sposo e padre; o il viaggio di Enea, luomo romano, leroe che ha perso, che non ha pi patria, che rinuncia alla sua comoda, ma piccola, angusta Itaca, la Cartagine di Didone che gli offriva se stessa e un trono, e, guidato dallo spirito del padre, va per obbedire agli dei verso qualcosa che non sa nemmeno lui bene cosa sia, perch si sente chiamato, avverte cio tutta la vita letteralmente come vocazione. un fatto che luomo greco ha poi fondato tante piccole Itaca, tante pleis, mentre luomo romano ha fondato un impero che non stato tranquillo finch non ha coinciso quasi con i confini del mondo. La poesia di Antonio Ragone ci aiuta a scegliere il viaggio, cio il destino di Enea. Per Ragone (Ouverture) siamo tutti inconsapevoli marinai, ma la nostra antica meta, lisola nascosta, non Itaca, non lorizzonte ristretto della terrestrit, non una dimensione umana chiusa in s, conclusa in se stessa: la strada stretta porta al mare, allinfinito, allelemento arcano, si slarga nellazzurro golfo, sino allestremo irraggiungibile orizzonte (Passaggio Costiero) Lampia distesa di mare fatica e riposo, affascinante paura, ma soprattutto per noi esuli, nel misterioso spazio dun istante, speranza di porti pi lontani dellorizzonte (La Donna con le Vesti Nere) Come Enea, anche Ragone non ha sempre un rapporto idilliaco con il mare, con il viaggio per mare, cio con lesperienza della vita. Nel rapporto col reale egli non si nasconde difficolt e problemi. A cominciare dal dato di fatto iniziale nellesperienza umana: esistiamo e non sappiamo perch. Come lagave nata sulla roccia / che costeggia lasfalto cocente / dellestate (Terra e Mari Lontani) ci sentiamo fuori posto, fatti per un luogo altro, per qualcosa di pi grande di noi stessi e quindi incommensurabile. E infatti il mare invernale, lultima frontiera della terra ci rammenta i sensi racchiusi nellantica corteccia della storia, giacch quel vento che ci chiama oltre lorizzonte, vola pi lontano di noi (Esodo verso il Mare) Linconsapevole / marinaio si sente esiliato e solo e a volte sagita la barca per pietrosi scogli; non c la luna che sia da lume, n luci seppur distanti duna proda di sale (Sul Mare di Cartone) Ma non siamo soli: siamo circondati dai segni della Presenza che salva, segni che ci accompagnano verso lantica meta e ce ne indicano la strada. Un cuore di poeta non pu non coglierli: tu, nei miei viaggi irrequieti e senza fine, con me, su questo mare, come chiaro faro, sempre mi sei accanto (Dedica Marina alla Moglie) Ma, da lontano, un faro si culla sui flutti, luce certa dun porto che protegge dalle insidie delle urla marine; verso quel faro, dentro quel porto mai abbandonato, sulla barca che ondeggia

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sullonde amabili dun mare che vive, dorme azzurro il marinaio (Sul Mare di Cartone) E a pro-vocare, a chiamare letteralmente in avanti il pascaliano cuore delluomo, ancora una volta il mare-realt, il dantesco gran mar dellessere della vita trepidante fascino (Mmesi) Anche se i remi abbandonati nei flutti tremano, il viaggio dellungarettiano superstite / lupo di mare riprende: avanti, forti, col sole e la tempesta verso un mare spalancato al mistero (Luca Cupiello) La torre misteriosa / baluardo antico contro i saraceni, altra potente metafora di Ragone, incorporata alla scogliera dinerpicanti / agavi e carrubi e fichidindia (Notte dOttobre 54), ha resistito ai marosi, che lhanno flagellata, ai venti contrari, alle illusioni delle sirene. E il viaggio riprende, sempre il viaggio riprese, / lo stanco marinaio, e ancora oggi! (La Sera Inquieta), un viaggio che passa attraverso loceano, il deserto, la fatica, per approdare alla terra promessa, alla pienezza, per scoprire un luogo in cui si stia bene, una dimora, un thos, come dicevano i greci. A questo thos Ragone d il nome di isola nascosta, quella che Gozzano definisce La pi bella perch lIsola non-Trovata: la segnano le carte antiche dei corsari, sannuncia col profumo, Ma, se il piloto avanza, rapida si dilegua come parvenza vana, si tinge dellazzurro color di lontananza Lisola si nasconde, ma esiste. Non lIsola-che-non-c. nascosta, deve essere cercata, ma c. Lo ha capito alla fine anche Ulisse, a cui Dante (che non a caso comincia la Divina Commedia con la parola cammino perch anche per lui la vita viaggio) rivolge nel Canto XXVI dellInferno una domanda interessantissima. Dante accetta tutta la storia dellUlisse omerico, non inventa un altro Ulisse, perch luomo cristiano non deve negar nulla, non deve dire che era uno sciocco lUlisse di Omero, no, lo accetta tutto, ma gli fa la domanda che luomo cristiano fa alluomo greco: Ulisse, dove sei andato a morire?. Questa la domanda con cui inizia il dialogo perch Dante sa che Ulisse, cio luomo, non pu fermarsi, accontentarsi di Itaca. Dante conosce la misura del cuore di Ulisse meglio di Omero e perci lUlisse di Dante non il contrario di quello di Omero, ma il suo compi-mento: inizia dove quello di Omero era finito. Infatti Ulisse risponde a Dante: vero, non mi sono fermato a Itaca, ho ripreso il mare. Anche Ulisse, sembra commentare Ragone, mentre il giorno gi declina nella sera celeste e silenziosa, con LUltima Vela torna ad immergersi in mare, senza posa, sallontana dagli azzurri massi di Itaca e si affida al vento fuori dai (suoi) rumori. quello che cantava lo sconosciuto / che vendeva more di gelso su foglie di fico e che la Madre nel suo tenerissimo Colloquio con il figlio ri-corda, riporta cio letteralmente al suo cuore: La barca solitaria in mezzo la mare, cerca riparo in darsena il fanciullo; poi, pur nella tempesta il suo viaggio riprende, ch il mare il suo colore ha messo negli occhi suoi

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(Colloquio con la perduta Madre) Ed questultima la grande verit, leredit della madre che Ragone accetta di condividere con noi, suoi lettori: il viaggio riprende perch il mare il suo colore / ha messo negli occhi di ogni uomo, che si ritrova per questo pieno di desiderio (dalle stelle!), di una strana nostalgia non lenita mai da niente, da nessuna piccola Itaca e che quindi nostalgia di un Infinito. Il viaggio riprende perch, rivela la madre, noi siamo il mare: perch quellInfinito la profondit del finito, lorigi-ne e il sostegno di tutto quello che esiste. Non riconoscerlo porta al dis-astro, al fallimento di Ulisse, il cui errore non fu di voler oltrepassare le Colonne dErcole, ma di voler misurare lOceano come aveva misurato il Mediterraneo, di voler cio ridurre prometeicamente lInfinito al finito, di conquistare la falsa felicit di un paradiso terrestre, invece di colmare LAssenza e compiere LAttesa, varcando la soglia dei silenzi, ove non si smarrisce la ragione e non si tirano per ogni dubbio i dadi, l dove LUltima Vela conduce a trovare la pace / nella sua bianca veste. Noi siamo il mare, questo spazio immenso, eppure troppo breve per la nostra eternit, questo scrigno aperto pieno di mistero, questa incessante pro-vocazione a intraprendere e ripren-dere il viaggio verso LIsola Nascosta.

Antonio Fiorito, critico letterario, Docente di Lettere e Filosofia Presso il Liceo-Ginnasio statale Claudio Eliano di Palestrina (Roma) Antonio Ragone nato a Vietri sul mare il 14 novembre del 1946: il padre, pescatore salernitano, la madre, donna costiera dun borgo dAmalfi. Dalla casa, a ottanta metri sulla roccia del mare, nella quale nato e vissuto fino allet di sedici anni, gli appariva lo spazioso golfo di Salerno, con lorizzonte lontano, ora cupo, ora luminoso, crescendo e sperimentando le sue prime esperienze di vita insieme al mare. Forse, per questa simbiosi, che, gi da allora, ha considerato e considera il mare come una misteriosa metafora della vita. Ha sempre avuto passione per la letteratura, in particolare per la poesia, che tale solo quando riesce a sublimarsi; ed essenziale per lumanit, se questa riuscisse a coglierne la profonda essenza e la dovuta valutazione. Anche in lui si avverato lapparente paradosso che spesso si compie per i poeti: infatti, diplomato in ragioneria ed funzionario presso il centro meccanografico dun ente di ricerca. Dopo il diploma, la vita lo ha condotto prima a Taranto, poi a Roma, come marinaio di leva al ministero della marina, e, per motivi di lavoro, a Como. Alfine, ormai da trentanni, vive in una provincia della capitale con la moglie e i due figli, entrambi laureati in lettere. In questa provincia di Roma, Zagarolo, anni fa, con alcuni amici, fond un circolo culturale, che si interessava, tra laltro, duna pubblicazione periodica di una rivista, Incontro. Di questo circolo culturale ha il ricordo duna sua conferenza su Giuseppe Ungaretti e lermetismo, ed un primo premio ad un concorso di poesia religiosa. Gli sono stati conferiti alcuni premi letterari, tra cui un primo premio al Concorso nazionale Luigi Parchetti, e una segnalazione donore dallAssociazione prenestina del Cimento. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste. Anni fa, ha scritto quattro racconti metafisici,

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tuttora inediti. presente con una sua poesia nellAntologia della poesia contemporanea, edita da Antonio Lalli editore nel 1982; nel 2004 ha pubblicato una raccolta di poesie Viaggi verso il porto, edito da Gabrieli, Roma. Attualmente sta lavorando ad un commento poetico del Vangelo di san Luca, a partire dallorto degli ulivi fino ad Emmaus: un cammino mistico e tragico visto con gli occhi (e il cuore) degli apostoli. Edizione 2005 Associazione Akkuaria www.akkuaria.org Richiedi libro a mailto:info@akkuaria.org

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