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IL CANTASTORIE IN BIANCO E NERO1 Lorenzo Denicolai

Quando la piazza era luogo privilegiato della vita quotidiana della collettivit e spazio dominante della festa, poteva capitare di imbattersi in figure fuori dal comune, un po cantori, un po parolieri, simili a giocolieri misti ad acrobati. Erano coloro che raccontavano a chiunque volesse ascoltarli una storia, quasi sempre tramandata da generazioni e ricamata dalleffetto istantaneo dellistinto, dallimprovvisazione stimolata dalle circostanze. Il cantastorie, cos come i suoi predecessori illustri (aedi, giullari, menestrelli, trovatori, cantori di gesta) ha alimentato la fantasia di grandi e piccini attraverso le sue abilit attoriche oltre che autoriali, di mezzo cantante e mezzo interprete di bagagli culturali appartenenti alla tradizione popolare da cui egli stesso proviene. Il fondamento della sua arte per la capacit di ammaliare lo spettatore con il racconto, con tecniche sopraffine messe al servizio della favola. Procedimento non nuovo agli occhi e soprattutto agli orecchi del popolo, che fino a un periodo paradossalmente e quasi incredibilmente molto vicino ai nostri giorni ha goduto di questo sistema di trasmissione culturale prima di imbattersi nellevoluzione tecnologica attuale, che ha portato unaccelerazione notevole anche ai tempi di sviluppo e di propulsione di forme di tecnologia che quotidianamente ci circondano. Gli Anni Cinquanta e linizio dei Sessanta sono testimoni di una nuova piazza, che cresce nei salotti delle case, nelle salette-bar opportunamente preparate per ricevere la nuova forma di messaggio mediatico (e medianico?), addirittura nei cinema. Tutti luoghi modificati dallarrivo della televisione, che si impossessata delle strutture narrative gi conosciute e le ha indirizzate a una nuova medialit. Prima ancora di analizzare questa piazza rinnovata, forse utile provare ad accennare agli elementi strutturali del racconto.

Nelle societ in cui era dominante il pensiero selvaggio, il movimento collettivo basato su una riproposizione continuativa di istanze narrative orali era lunica possibilit di diffusione della cultura, metodo coinvolgente e garante della funzione costruttiva di unidentit. La narrazione di episodi mitici o affioranti dal bagaglio culturale tradizionale di una popolazione era a tutti gli
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Questo intervento stato presentato al Seminario di Studi del Saturno Film Festival, VI Edizione (Frosinone, 8-13 novembre 2010), dal titolo Il ruolo della televisione nella costruzione dellidentit nazionale e successivamente, con le dovute modificazioni, al XXXI AAIS (Pittsburgh, PA, 7-9 aprile 2011).

effetti una forma di atto comunicativo che prevedeva il coinvolgimento diretto di performer e di spettatori, collegati tra loro da uno scambio diretto di interazione, perch entrambi i soggetti comunicanti (potremmo dire mittente e destinatario) erano legati allidentico tessuto culturale. Naturalmente si trattava di operazioni collettive miranti al rafforzamento di uno spirito di identit comune che basava la propria esistenza su una reiterazione di istanze e concetti narrativi sempre uguali a se stessi e di volta in volta modellati dal narratore in base alla propria capacit dimprovvisazione. I racconti dellaedo greco, del giullare, del menestrello e infine del cantastorie (non pi necessariamente quindi figure di realt sociali semplici, ma sempre pi orientate alla complessit) sono frutto di materiale precostituito che ogni volta viene riorganizzato durante la performance, con larricchimento di situazioni dettate dal momentaneo, segno dellarte del narratore, che attinge totalmente dal bagaglio tecnico della recitazione: il gesto e luso preciso e sapiente della voce. Il bravo narratore colui che con abilit sempre pi raffinate organizza il proprio racconto, ri-costruendolo di volta in volta in base alle esigenze e alle risposte emotive e vocali del pubblico, compartecipante allevento creativo. Il narratore trascina lo spettatore orale allimmedesimazione e al coinvolgimento emotivo del suo atto performativo, grazie alle tecniche attoriche e a un elemento fondamentale per la performance, cio la musica. Musica in senso ampio del termine, poich in molti casi si dovrebbe parlare anche soltanto di ritmo, di accento: tutte le composizioni poetiche della Grecia pre-letteraria, cos come le canzoni di gesta medievali, le opere giullaresche e le fiabe dei cantastorie hanno una base ritmica dominante che facilita la memorizzazione delle formule (specularmente tra esecutori e uditori), la loro sintassi e limmedesimazione collettiva con il pubblico. Un esempio moderno. Se i componenti di un gruppo amante della musica latinoamericana ascoltano Smooth di Carlos Santana, molto probabilmente potranno avere almeno una di queste reazioni: tenere il tempo con il piede, muoversi, sorridere, canticchiare mentalmente il brano, citare alcune parti del testo, volerla riascoltare e cos via. In pratica, gli ascoltatori, da passivi diventano attivi e emotivamente compartecipi alla forma artistica che stanno vivendo. Se lesecuzione del medesimo brano avviene dal vivo, il musicista pu avere la possibilit di esasperare alcuni passaggi della melodia con abbellimenti espressivi e tecnici non previsti dalla partitura originale, potr cio improvvisare sulla base di un momento di esaltazione in cui si trova e in cui trascinato sia dalla musica e dal ritmo, sia dalla carica emotiva che deriva dal pubblico, che quindi ricopre anche una funzione creativa allinterno dellatto performativo. Ma non tutto. Bisogna analizzare bene questo fenomeno: il pubblico, che un gruppo di 2

appassionati di musica latinoamericana, sicuramente conosce gi gli elementi basilari di questo genere musicale, cos come lo stile chitarristico di Santana, le sue sonorit tipiche e luso del ritmo; in una parola conosce le formule che il chitarrista messicano richiama alla memoria. Santana e spettatori sono a conoscenza degli stessi elementi formulari. A questo punto labilit dellesecutore e la risposta emotiva del pubblico che fa il resto, creando levento artistico. Lesempio concentrato su un musicista. Ma se il performer un attore in grado di improvvisare ogni sera, raccontando le origini mitiche della societ di cui egli stesso fa parte, il risultato lo stesso. Al posto della chitarra ci sar magari uno strumento ritmico, o la lira, o, ancora, lorganetto a manovella e la metrica nei versi; se alla narrazione il pubblico risponde, quindi allazione del performer fa seguito la reazione della collettivit e il gioco fatto.

Ho accennato poco prima alla memoria. elemento fondamentale, al pari del ritmo e, come vedremo, dellazione, per il corretto funzionamento del meccanismo immedesimativo che rende possibile la creazione collettiva e la fruizione del racconto. Il narratore recupera e richiama dalla propria memoria le strutture formulari, cio il materiale mitico o favolistico gi pronto e lo organizza nel racconto istantaneo. La memoria consente al singolo spettatore di fondersi con le altre individualit presenti nellatto performativo e di ristabilire un contatto diretto con le radici sociali e culturali a cui appartiene. Il ritmo, poi, facilita la memorizzazione delle formule, elemento strutturale dei versi da cantare. Infine, lazione. Per coinvolgere gli spettatori, il narratore solito ricorrere al racconto di vicende appartenenti a miti fondativi della societ di cui parte, vicende in cui i protagonisti siano eroi in grado di compiere delle imprese. Le pagine dei fumetti, daltra parte, non sono abitate da personaggi diversi: gli eroi mascherati (Batman, Superman), i cowboys (Tex), cos come Achille e Ulisse stanno compiendo azioni. Questo perch per un pubblico non in grado di leggere e scrivere e dunque di allenare la memoria se non con lascolto attraverso lazione delleroe mitico pu partecipare emotivamente al racconto, assorbendo gli insegnamenti valoriali contenuti nella narrazione. Se ascolto la fiaba dei Tre Piccoli Porcellini, inconsciamente ricevo delle informazioni riguardanti alcune esperienze comportamentali da tenere in considerazione di fronte al possibile pericolo (il lupo) e su come posso difendermi (la casa di mattoni migliore perch pi resistente rispetto alle altre di paglia e di legno). La societ orale aveva nel racconto formulare lunico mezzo potremmo dire istituzionalizzato di trasmissione di conoscenza e di valore sociale e identitario di appartenenza a una particolare cultura. Gli spettatori dellatto comunicativo erano a tutti gli effetti ignari e inconsapevoli studenti di 3

altrettanto inconsapevoli maestri, i narratori, depositari del sapere mitico-storico della realt quotidiana; attraverso il racconto, passano nozioni basilari per il mantenimento dellordine e del bagaglio culturale della societ. Dunque abbiamo visto come la performance del narratore (come anche del cantastorie di piazza) vive su uno scambio reciproco e di pari forza con il suo spettatore, in un continuo rapporto di azione-reazione, come nel normale bilanciamento di una reazione chimica. Daltra parte, agli arbori della televisione, McLuhan sottolineava gi che questo per lepoca nuovo medium, freddo, freddissimo, non fosse un medium di azione quanto di reazione2, quella del pubblico, che assisteva, totalmente preso, alle imprese dei protagonisti dello sceneggiato che veniva trasmesso, esattamente come nellantica Grecia, nellepoca del pensiero selvaggio, la collettivit compartecipava alle vicende delleroe filtrate dal medium narratore. Potremmo ipotizzare allora per la televisione, un primo periodo di televisione selvaggia, cui far seguito un secondo momento, di televisione addomesticata3 che , ancora per alcune sue parti, quella che stiamo vivendo negli ultimi trentanni. A noi, in questa sede, interessa evidentemente il primo periodo, cio quello in cui si assiste alla discesa in campo di questo cantastorie mediatico.

Ora, abbiamo capito che la parola parlata, risultato della narrazione orale , per dirla sempre con McLuhan, una tecnologia che riesce a coinvolgere drammaticamente tutti i sensi4: non soltanto ludito o la vista, ma con una partecipazione direi olistica degli aspetti sensibili delluno collettivo. E che la narrazione , come anche le favole e le fiabe dellinfanzia, costruita su una struttura fissa e formulare che consente la totale riconoscibilit e la continua sopravvivenza e trasmissibilit nel corso del tempo. La televisione riprende questi fondamenti, in realt gi mediati da tecnologie a lei precedenti (radio, cinema, fotografia) e li rimedia, cio li modifica rendendoli un nuovo messaggio, facendo di s il nuovo messaggio. La piazza, svuotata nelle ore di messa in onda dei primi clamorosi successi televisivi, si sposta allinterno delle abitazioni, nei luoghi un tempo adibiti per altri usi e poi riadattati, modificati dalla presenza della tv, nuovo medium

Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare. Mass media e societ moderna, Il Saggiatore Net, Milano 2002, p. 340. 3 Occorre fare una precisazione. Lutilizzo delle espressioni in corsivo riprendono i concetti espressi dalle teorie di Jack Goody sullevoluzione del pensiero analitico. Ora, con televisione selvaggia non intendo assenza di scrittura o mancanza di pensiero, quanto piuttosto il dominio di strutture morfologiche che nella televisione rimandano a forme di espressione orale. Cos, televisione addomesticata la tv che si specializzata in racconti funzionali, in serie televisive organizzate su pi piani narrativi. Oggi, forse, potremmo gi parlare di una nuova forma, ibrida, di televisione, selvaggiamente addomesticata, in cui il racconto nuovamente ricondotto a formulazioni dialettiche, che sfociano tendenzialmente nel talk show e nei reality. 4 Ivi, p. 87.

collettivo. Anche lei propone un coinvolgimento sensibile che comprende pi sensi, a differenza ad esempio della stampa e del racconto cartaceo, che sono semmai ultraintrospettivi. In questa fase di televisione selvaggia, la forza partecipativa degli spettatori enorme. Lelemento che faceva della narrazione orale una vera e propria performance, cio laspetto prettamente recitativo dellatto, con il gesto, la mimica, il ritmo, il canto e la musica, ora non pi estesa alla piazza architettonica, ma condensata nel medium: ci che un tempo era espressione di abilit tecniche acquisite con lesercizio, ora filtrato dalla tecnologia. Da questo punto di vista si assiste gi a un primo profondo cambiamento del messaggio comunicato: esso non pi veicolato attraverso luomo, in diretto contatto con il suo pubblico, ma filtrato o meglio mediato dallapparecchio tecnologico, allinterno del quale non solo contenuto luomo ma anche tutta la sua abilit. Il cantastorie non pi fisicamente in piazza, ma originato dal mezzo che ha sostituito lo spazio, che lo ha condensato. La reazione del pubblico alle invenzioni del cantastorie mediatico si configura nellimmedesimazione del telespettatore nella vicenda narrata e nello sforzo sensibile di completamento che deve compiere per ottimizzare ci a cui assiste. Rispetto ad altri media, la televisione degli Anni Cinquanta ancora poco evoluta tecnologicamente e lo spazio per limmaginazione del telespettatore molto: di che colore ha veramente i capelli Mike Bongiorno? Grigi? O forse castano chiaro? E perch non neri? Insomma, la reazione dello spettatore si verifica anche sul piano materiale-tecnico, oltre che naturalmente su quello emotivo che vedremo a breve.

La televisione diventa il catalizzatore di emozioni e di tensione allinterno dellambiente domestico, al punto di modificare le abitudini della famiglia. In unillustrazione di Walter Molino per La Domenica del Corriere5, la televisione al centro della stanza da pranzo, al posto forse un tempo occupato dal camino o dalla sedia a dondolo su cui il nonno era solito sedersi e raccontare una storia, di vita quotidiana o di fantasia. Tutti sono attratti dalle immagini del medium e tutti lasciano le attivit cui sono soliti dedicarsi: i giocattoli, la cucina, la lettura di un libro. E tutti compartecipano alla trasmissione di una partita di calcio, coinvolti emotivamente come se lintera famiglia fosse stata trasportata dal medium allo stadio. Una famiglia allargata, perch la televisione almeno inizialmente era privilegio di pochi. E i salotti diventano i luoghi di raccolta di persone che non hanno ancora la tv in casa ma che non possono perdersi la puntata settimanale di Lascia o Raddoppia? E proprio come in una normale piazza paesana, durante la festa del paese, era normale vedere gruppi di persone uscire dalle proprie case ed entrare in quelle dei vicini

Cfr. Aldo Grasso, Storia della televisione italiana. I 50 anni della televisione, Garzanti, Milano 2004, p. IX.

fortunati, portando con s una sedia, per poter assistere comodamente al racconto settimanale. Dunque, la prima grande funzione che la televisione selvaggia ha ricoperto stata quella di perpetuare abitudini e ritualit che partivano dallaggregazione e dallidentificazione della piazza come luogo di un unico essere collettivo, come tale in possesso di conoscenze, usi, riti e credenze comunitarie. Non si cerca pi il vecchio del gruppo per ascoltare le storie, ma si reagisce allo stimolo del medium domestico. E lo si fa in societ, modificando spazialit e tempistica per non perdere la funzione fondamentale della narrazione, cio la riconoscibilit collettiva in una storia appartenente alla tradizione di un posto. Semmai, la televisione ha avuto il pregio di ampliare tale bagaglio culturale e di sdoganare alla sensibilit (e alla memoria) dei telespettatori realt che apparivano nuove agli occhi di chi non si era mai allontanato dalle proprie terre.

Campanile sera esordisce nel 1959, dopo il successo di Lascia o Raddoppia? che ha gi indirizzato gli Italiani al climax emotivo del dubbio, del possibile raddoppiamento della somma vinta da parte del campione di turno. Un climax che dura una settimana (il concorrente durante la puntata, affronta alcune domande; se risponde esattamente accumula un montepremi che allinizio della puntata successiva pu tenere con s [Lascia] oppure tentare di raddoppiare [Raddoppia?]), creando nei telespettatori lattesa spasmodica per conoscere lesito del quiz. La passione per la sfida vitale presente in ogni struttura favolistica qui torna nel duello tra il narratore sapiente e leroe che lotta per raggiungere il premio. Con questo gioco televisivo, Mike Bongiorno (e con lui Renato Tagliani ed Enzo Tortora) introduce nella nuova piazza collettiva un metodo innovativo per conoscere e scoprire luoghi vicini o lontani, accomunati da ununica certezza, la Penisola. La televisione entra nei salotti e si mostra ai suoi neofiti in tutta la sua potenza, aggregante e unificante. Siamo immersi in unItalia che in gran parte si esprime ancora per dialetti, che non ha avuto la possibilit, il tempo o semplicemente non ha saputo imparare a leggere e a scrivere; lItalia che dai granai lentamente passata al salotto del vicino con la tv accesa. Grasso6 sottolinea che a insegnare la lingua nazionale non sia stato Dante con la sua Commedia ma Bongiorno con le sue gaffe. Ma questa formazione ideale alla lingua comune sarebbe stata pi faticosa per il Sommo Poeta, dallalto della sua illuminazione, piuttosto che per una personapersonaggio-narratore semplice e vicino alla normalit, in cui i telespettatori potessero immedesimarsi pi facilmente. Daltra parte, il cantastorie non era cos diverso dal popolo che lo

Ivi, p. XV.

ascoltava, ma aveva semplicemente sviluppato delle abilit tecniche adatte per la narrazione e per rendere la propria arte accattivante. Torniamo a Campanile sera. Ogni puntata basata sulla sfida tra due comuni di provincia, appartenenti, in linea teorica, a due zone distinte della Penisola. In realt la prima puntata (o la numero zero) vede il duello tra Giussano e Saronno. La particolarit del gioco che tutto il paese protagonista dellevento, sia grazie ai suoi rappresentanti in studio (i concorrenti eroi) sia per la

presenza in collegamento dalla piazza del paese di tutta la popolazione e di alcuni suoi rappresentanti (sindaco, preside della scuola, autorit cittadine gestito da Mike (conduttore gli aiutanti magici). Lo studio

narratore) che introduce e racconta la storia di ogni puntata: la

sifda-duello medievale, a colpi di domande di cultura generale, tra gli eroi dei due mondi presi in considerazione. Dislocati nelle piazze dei due paesi concorrenti, per interagire e creare un ponte con lo studio e con il conduttore-narratore ci sono due conduttori-aiutanti, il cui compito quello di sostenere la squadra di aiutanti magici, di assisterli anche per aspetti tecnici e soprattutto di contribuire al completamento delle funzioni del racconto e allo svelamento dei ruoli a tutti gli effetti attanziali presenti nella storia che ogni puntata narra. Ogni persona intervistata e/o introdotta davanti alle telecamere da parte di Enzo Tortora e Renato Tagliani in realt un personaggio (dunque in grado di ricoprire una funzione) che viene immediatamente riconosciuto sia dagli ospiti in studio sia dal pubblico a casa. Un esempio. Nella puntata, dalla piazza Tortora intervista il vecchio e barbuto calzolaio del paese e, dunque, delleroe in studio. Costui in un italiano imbarazzato promette in omaggio alleroe un paio di scarpe nuove (ricompensa) in caso di vittoria. Contemporaneamente, tutta la piazza e gli esperti sul posto (aiutanti magici) collaborano con lo studio per sostenere e aiutare leroe a superare la prova (domanda posta dal conduttore). Dunque si assiste a un racconto plurale, a un episodio di una saga teoricamente infinita che riguarda la collettivit di un paese e, attraverso il medium, la collettivit dei telespettatori. I protagonisti della storia narrata da Mike sono persone che diventano eroi del territorio, in una gara che, a detta dello stesso conduttore, non ha lobiettivo di stabilire quale paese sia pi forte e quale il migliore, ma semplicemente di creare una competizione che miri a far conoscere delle realt sociali teoricamente diverse e lontane fra loro. Il telespettatore, radunato in salotto con i vicini di casa, rilancia quelleffetto di compartecipazione emotiva allevento cos come la popolazione del paese protagonista ricrea in altra misura quel rapporto di stimolo e risposta che alla base del racconto orale. Attraverso il racconto di Campanile sera, il telespettatore assorbe inconsciamente basi della lingua comune e ha la possibilit di rendersi conto che province lontane 7

dalla sua hanno in realt dei fondamenti culturali e valoriali, oltre che eventuali bagagli mitici, molto simili a quella di appartenenza. Quindi sarebbe da ampliare il discorso, prendendo in considerazione gli studi strutturalisti di Lvi-Strauss, sullesistenza di noccioli di identico bagaglio mitico nei canti di popolazioni sudamericane geograficamente distanti tra loro. Insomma, il telespettatore scopre inconsciamente una radice comune che lo lega alla realt italiana e non soltanto a quella strettamente privata del paese in cui vive e lavora. Cos come nei versi dellarte poetica del pensiero selvaggio, anche nella televisione selvaggia, lazione dominante per consentire il riconoscimento e la familiarit con levento a cui si sta assistendo. Tutti i protagonisti dei racconti del cantastorie in bianco e nero, infatti, compiono azioni: il vecchio barbuto calzolaio presentato con il ruolo specifico di lavoratore e non di persona in quanto tale, cos come quello dellesperto, che ha una professione che gli permette di essere considerato tale: il maestro, il preside Questo modello si affina in trasmissioni successive, con naturali evoluzioni e modifiche del formato. Ne esempio Controfagotto, che, escluso lelemento quiz, comunque e ormai una ricerca attenta di racconti quotidiani, di persone che immediatamente diventano personaggi, di figure dellimmaginario collettivo. I protagonisti sono persone comuni che raccontano la propria singolare storia, si dicono inventori di macchine per volare, di nuovi sistemi per controllare il traffico, fino allestrema comicit di chi vorrebbe trovare in loro i novelli Petrolini con innovative macchine per tagliare il burro. Tutti personaggi vicini alla realt in cui vive il telespettatore: in ogni paese, infatti, facile trovare il calzolaio, come facile trovare il matto inventore (Dietro ogni scemo c un villaggio, Fabrizio De Andr).

La ripetitivit tipica della narrazione orale e del cantastorie si manifesta anche nellutilizzo liturgico di formule di presentazione che sono equivalenti al Cera una volta: Cari amici ascoltatori, Cari amici vicini e lontani, Allegria!, nuovi sistemi precostituiti e soprattutto immediatamente riconoscibili, che trascinano con s il telespettatore allinterno dei nuovi mondi incantati del racconto. Solo dopo questa fase di passaggio rivoluzionaria tra un medium fisico reale che inonda la piazza del paese e un medium che modifica lo spazio circostante e ingloba in s la struttura del cantastorie, diventando esso stesso il narratore, sar possibile pensare a programmi pi attenti e pi mirati alleducazione non soltanto inconscia, valoriale e di conoscenza culturale della tradizione ma esplicitamente ideati per lintroduzione di concetti anche astratti ma elementari 8

quali la grammatica italiana, con Non mai troppo tardi. Con il programma di Alberto Manzi siamo in una situazione diversa, paradossalmente pi vicina alla cultura del libro, necessariamente successiva al primo addomesticamento del pensiero selvaggio da parte della televisione selvaggia che con gradualit diventa a sua volta addomesticata.

Questo coinvolgimento collettivo della popolazione che subisce la modificazione in telepopolazione, mantenendo tutte le capacit e le possibilit di compartecipazione emotiva e sensibile (cio legata ai sensi) tipica della piazza e del cantastorie parte dunque dalla dicotomia azione-reazione (o stimolo-risposta) che consente la costruzione e il mantenimento di una mente sociale, cio, per dirla secondo le teorie di George Herbert Mead, di un processo che entra a far parte, nel suo insieme, dellesperienza di ognuno dei vari individui che sono coinvolti in esso. Quando ci avviene, lindividuo diventa cosciente di s e acquista una mente; egli diviene consapevole dei suoi rapporti con quel processo nel suo insieme e con gli altri individui che vi hanno preso parte insieme a lui. Lindividuo apprende quindi una valenza sociale e lidea di unidentit nel momento in cui si confronta con le persone circostanti che come lui sono assorbite in un processo di identificazione comune con ci che stanno vivendo, nella fattispecie lincontro mediato con una realt che non discordante da quella gi conosciuta e insita in ognuno di loro e che dunque facilita linteriorizzazione e la messa a fuoco di questidentit comunitaria.

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