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Geografia dello sviluppo.

Spazi economie e culture fra XX secolo e III millennio, 2008


Per definire lo sviluppo e la sua geografia bisogna stabilire a che grado intermedio di complessit/semplificazione si vuole rappresentare la realt. La nostra geografia sar quindi quella che riteniamo pi efficace per realizzare un tipo di sviluppo desiderabile, ovvero di sviluppo sostenibile, cio in grado di assicurare buone condizioni di vita agli attuali abitanti del pianeta e ai discendenti. La rete delleconomia globale ordinata in maglie di diversa ampiezza ed composta da nodi, trame e orditi. I nodi sono le citt globali (x es. Londra, Francoforte, Singapore, ecc..) e i distretti scientifico-industriali con alta specializzazione (x es. la Silicon Valley); le trame e gli orditi sono le connessioni tra i nodi e sono rappresentati dalla complessit delle relazioni (politiche, produttive, di risorse umane, ecc..). Il paradigma centro-periferia oggi ormai superato; per Akio Morita, uno dei fondatori della Sony, occorre pensare globale, agire locale, da cui nasce il termine glocale.

CAPITOLO 1 - Scenari,approcci,concetti
Paradigma della globalizzazione
La globalizzazione ha portato lopacizzazione dello stato nazione agli effetti delleconomia e della politica globale ora risulta pi accettata nella rete del globale lefficacia dei livelli regionali, minori ma meglio attrezzati per relazionarsi con il globale. Stato-Nazione: il concetto di nazione si riferisce alle eredit storiche,linguistiche,di cultura e di origine. Ora gli attuali stati sono delle realt pluri-nazionali (x es. Italia con Sardegna e sud-tirolesi, Spagna con catalani e baschi, ecc..). Si definiscono quindi stato-nazione solo con riferimento alla loro unitariet politica. Critiche alla globalizzazione: Amin (interessato al problema dei monopoli tecnologici, finanziari, dei media, ecc.. nel Terzo Mondo), Joseph Stiglizz (interpretazione simile a quella di Amin), Ohmae (Globalizzazione in Russia, Gorbacev ha tolto delle barriere e ha permesso di arrivare ad uneconomia veramente globale).

Geografie della globalizzazione


Citt Globali: Il funzionamento delleconomia globale si basa su un articolazione di rapporti di centralit,perifericit e marginalit diversa dalla distinzione fra Nord e Sud. Vi un continuo riposizionamento dei luoghi di comando. Il motore dello sviluppo capitalistico e i nodi cruciali dellorganizzazione economica mondiale sono le citt globali,la cui influenza si estende allintero pianeta (Londra,Tokyo,New York, e altre con un ruolo circoscritto come Parigi, Francoforte, Amsterdam, Sydney, Los Angeles,Hong Kong, o altre ancora che erano considerate periferia come San Paolo,Buenos Aires,Citt del Messico, ecc..).Da questo quadro possiamo parlare di geografia multi centrica e non stato-centrica,dove spesso la citt acquista pi importanza rispetto allo stato,il quale sta cambiando la propria missione,diventando un sito strategico dinterconnessione e relazione tra una molteplicit di scale geografiche politiche. Ci non significa per che lo stato-nazione smetta di svolgere un ruolo fondamentale nel mondo globalizzato: tra locale e globale infatti non c discontinuit, ma una serie di relazioni dove lo stato nazionale svolge ancora un ruolo fondamentale, anche se trasformato in termini di qualit. Rapporti centralit/perifericit: si intravedono anche nelle dimensioni locali,e in particolare in quella urbana,dove gli spazi sono segnati da fenomeni che marcano la disuguaglianza fra gruppi so-

ciali ed etnici e fra i quartieri di appartenenza,e sono diventati luoghi dove si riscontrano fenomeni di accresciuta ingiustizia socio-spaziale. Laumento dei flussi di immigrazione ha fornito alle imprese transnazionali una manodopera a basso costo, cos le citt globali diventando spazi duali con lite di manager sempre pi ricchi a discapito di classi lavoratrici sempre pi povere. Non si tratta per solo di disuguaglianze fra strati sociali, ma anche a livello territoriale con la segregazione residenziale dei gruppi svantaggiati. Gentrification: limborghesimento degli spazi, ovvero un processo non naturale,a cura delle amministrazioni locali, attraverso cui i quartieri un tempo sedi di attivit manifatturiere o portuali,vengono ristrutturati radicalmente e resi dei quartieri residenziali con crescenti prezzi immobiliari. E un fenomeno di imprenditorializzazione,in quanto dimostra che le amministrazioni rispondono pi alle regole di tipo imprenditoriale che allinteresse pubblico: gli abitanti sono infatti costretti a lasciare i quartieri storici di residenza. La Gentrification pu avvenire in diversi modi : 1. Creazione di zone defiscalizzate che incentivano linvestimento privato 2. Riqualificazione urbanistica,realizzata solitamente per grandi eventi (Olimpiadi, vertici internazionali, designazione di citt come capitali della cultura, ecc..) 3. Demolizione di interi lotti perch considerati non pi profittevoli

Lascesa delle citt globali asiatiche


A inizio secolo lAsia ha rafforzato sempre di pi il suo grande ruolo nelle relazioni economiche e geopolitiche globali; negli ultimi decenni ha vissuto un ampio processo di mutamento e di sviluppo, rallentato in parte solo dalla pesante crisi finanziaria del 1998. Negli anni Ottanta il centro economico dellAsia orientale era rappresentato dal Giappone (tanto che numerosi studiosi ne prevedevano un ruolo di leadership economica mondiale in grado di superare gli Stati Uniti), ma negli ultimi anni il centro propulsivo della regione si spostato sempre di pi verso la parte centro-meridionale giun gendo in Cina, questo per 3 motivi: 1. Forte incremento del PIL 2. Le imprese esportatrici,protagoniste di questa ascesa hanno una crescente capacit di penetrazione nei mercati internazionali 3. Ruolo delle citt globali (da una parte Hong Kong e Singapore, due citt-stato, che da anni rappresentano centri affermati di organizzazione delle reti economiche e finanziarie globali; dallaltra parte la megalopoli di Shanghai, citt storicamente dinamica dal punto di vista economico che, anche se per molto tempo stata condizionata dalla chiusura imposta dal regime socialista, negli ultimi anni riuscita a progredire diventando citt globale). Queste tre citt devono la loro ascesa alladozione di strategie di governo imprenditoriale dello sviluppo urbano; esse hanno tutte le caratteristiche dellet della globalizzazione. Shangai: (13 milioni di residenti) specializzata nel settore manifatturiero e in quello finanziario,ha una capacit produttiva (PIL) doppia rispetto a Pechino. Grazie agli interventi di politica economica Shangai riuscita a ritagliare una posizione di primo piano nelleconomia nazionale della Cina. Nel 1990 il governo ha deciso di sostenere con grandi finanziamenti il programma di sviluppo dellarea di Pudong,che ha permesso per la prima volta ad alcune banche straniere autorizzate di operare in territorio cinese. Negli anni successivi lapertura del mercato azionario ha dato liberta alliniziativa privata. E stata valorizzata la sua posizione geografica,infatti si trova nella direttrice costiera in cui il governo cinese ha scelto di concentrare le strategie di sviluppo economico. Questa scelta data dallimprenditorialismo urbano che in Cina affidato al governo,a differenza degli USA dove affidato alla camera di commercio, e dellEuropa dove affidato alle amministrazioni locali. Hong Kong: Negli anni 80 molte imprese si trasferirono nelle regioni meridionali per godere dei costi di manodopera e materie prime pi bassi. Alla fine degli anni 90 ci fu la grande recessione provocata dalla crisi finanziaria asiatica del 1998, ma gi nel 2000 ci fu un risolleva mento delleco-

nomia e di nuovo dei soddisfacenti tassi di crescita. La crescita e la trasformazione delleconomia di Hong Kong sono state rese possibili dalle strategie di glob-urbanizzazione degli attori economici e politici locali. La glob-urbanizzazione era un misto di cosiddette nel dialetto mandarino Guanxi (pratiche socio-culturali di relazione con agenzie e organizzazioni pubbliche e private) + Think Tank internazionali (trasformazione della citt in nodo cruciale delle reti globali, capace di stimolare lavanzamento economico e tecnologico dellintera regione). Singapore: Negli anni 90 stata attivata una strategia (in qualche modo aggressiva dal punto di vista culturale) basata sulla meritocrazia e lindividualismo competitivo, dove la citt veniva promossa come isola mondiale dellintelligenza (una sorta di imitazione della Silicon Valley californiana, dove ci sono le principali aziende ad alta tecnologia come Apple, eBay, Google, HP, Intel, Yahoo, ecc..). Lo sviluppo delleconomia di Singapore si diversificato in una variet di settori produttivi accomunati dallelevata propensione allinnovazione tecnologica (prodotti petroliferi, chimici, meccanici, biomedici, ecc..) e quindi non solo nellelettronica. Conclusioni: Sviluppo e sottosviluppo non sono pi in opposizione tra loro e non si escludono pi a vicenda. Il paradigma della modernizzazione (che poneva in conflitto lo sviluppo come stato [dei paesi ricchi] e lo sviluppo come processo [di tutti gli altri]) viene sostituito con il paradigma della globalizzazione (che riesce a catturare la complessit delle trasformazioni). Inoltre va evidenziato il distacco definitivo dalle logiche del paradigma centro-periferia.

CAPITOLO 2 -Teoria dello Sviluppo e della crescita:concetti e strumenti


Crescita o Sviluppo
Il concetto di crescita ricercato sin dal 18-19 secolo (in relazione con la Rivoluzione industriale), quando gli economisti si resero conto che la ricchezza poteva in crescere in maniera esponenziale allaumentare e al diversificarsi delle produzioni, e che quindi una maggiore quantit di ricchezza offre migliori condizioni di vita in termini politici, sociali, di dominio e di benessere. Si parla di crescita estensiva quando risulta dallaumento proporzionale delle quantit di fattori produttivi (terra, capitale e lavoro) necessari per ottenerla. Si parla invece di crescita intensiva quando risulta dallaumento pi che proporzionale di tali quantit; essa quindi favorita dallinnovazione del processo produttivo o dal miglioramento dellorganizzazione del lavoro. Un sistema economico cresce quando produce un aumento delle sue quantit di ricchezza, e nel momento in cui tale incremento riesce a riorganizzare (in termini di maggiore produttivit) il rapporto tra PIL e fattori produttivi. A una pi alta flessibilit corrisponder un maggiore sfruttamento dei vantaggi comparati di sistema (costo del lavoro); a significative deregolamentazioni corrisponder una maggiore libert per le posizioni dominanti. La concezione occidentale di sviluppo implica che esso sia fortemente legato al compito della crescita della produzione assieme a quello del progresso sociale, per equiparare il livello della ricchezza al grado civilizzazione misurato in comportamenti, pratiche, relazioni e usi. La crescita economica non si lega allequit del processo di distribuzione della ricchezza, n alla sua trasformazione effettiva in benessere diffuso, che invece sono compito del mercato e della politica (pur nel presupposto di renderla sempre rinnovabile). Le societ sviluppate appaiono e sanno di essere evolute e mature, ma in realt sono soprattutto in grado di riprodurre la loro crescita. Parallelamente, per tutte le altre, ancora immature, invece il contrario: la parola sviluppo implica sempre un cambio favorevole, una scala dal semplice al complesso, dallinferiore al superiore, dal peggiore al migliore. La crescita rappresenta un processo che si traduce nellaumento, nel lungo periodo, di un indicatore rappresentativo della produzione di ricchezza di un paese. Si assegna definitivamente allo sviluppo il compito di modificare profondamen-

te le societ: a queste non basta crescere, bisogna che al loro progresso economico corrisponda unevoluzione in termini di redditi reali, di condizioni di vita, di benessere, di qualit culturali, di libert individuali e collettive, di formazione, di sanit, ecc.. Occorre infine considerare che il mito della crescita non corrisponde automaticamente al miglioramento delle condizioni economiche, e che inoltre non sempre la crescita quantitativa delleconomia non sempre comporta un pari miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, igieniche, sanitarie, relazionali, ecc.. VALORE AGGIUNTO E PIL: Il Valore Aggiunto: la differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti (output) da unazienda e il valore dei beni e servizi che detta azienda acquista allesterno (input). pari alla differenza tra ci che paga lutiliz zatore di un determinato bene o servizio e ci che il produttore dello stesso bene o servizio ha pagato per acquisire linput. Il Valore Aggiunto pu essere calcolato: Per sottrazione, deducendo dal valore della produzione complessiva il valore di tutti i fattori acquistati dallesterno ed effettivamente utilizzati nel processo produttivo; Per somma, addizionando i seguenti costi: retribuzioni del lavoro e oneri sociali, interessi passivi (in dottrina vi dubbio se appartengano al VA o allinput, anche se non muta il VA aggregato), ammortamenti, utile netto dimpresa, imposte dirette. Il metodo della determinazione del VA per somma consente di conoscere la destinazione del VA stesso tra le diverse componenti dimpresa e la distribuzione della ricchezza che ne deriva. Il totale dei VA prodotti da tutte le imprese del sistema economico di un paese corrisponde al suo Prodotto Interno Lordo. Il PIL: considerato la misura della ricchezza prodotta in un paese e corrisponde al valore della produzione totale complessiva di tutti i beni e i servizi finali prodotti da un paese in un certo intervallo di tempo (lanno). Dal totale va sottratto il valore dei consumi intermedi inter-industriali (parte della produzione riutilizzata e scambiata tra le imprese stesse). Tale ammontare di ricchezza calcolato in base ai prezzi di mercato e, per questo, ad esso vanno sommati il totale dellIVA e quello delle imposte indirette sulle importazioni che intervengono, aumentandoli, nella formazione dei prezzi stessi. Il prodotto si definisce interno perch relativo a tutta la produzione di un determinato territoriopaese e non del complesso dei suoi abitanti, che possono produrre valore anche allestero; lordo in quanto il suo ammontare non tiene conto dellammortamento dei beni strumentali impiegati nella produzione. Il calcolo del PIL pu prodursi, cos, in ragione dei Valori Aggiunti (valore della produzione al netto del valore dei beni intermedi); oppure in ragione dei redditi (la differenza tra il valore della produzione e quello dei beni intermedi si suppone pari al reddito distribuito in salari e profitti). Per riassumere la ricchezza di un paese possibile, infine, calcolare il PIL anche attraverso la somma della spesa complessiva per consumi, presupponendo che il valore totale dei beni e dei servizi finali corrisponda alla spesa per consumi delle famiglie. In realt, a questo valore andrebbe aggiunta la spesa in macchinari, impianti e immobili sostenuta dalle imprese.

Linvenzione del sottosviluppo


Dagli anni 50 lo sviluppo diventa il termine per rilevare il suo contrario, in altre parole il sottosviluppo. Per molti anni c stata lidea dellesportazione della civilt, trasformandosi progressivamente in una concessione dello sviluppo ai paesi considerati immaturi, con la convinzione di garantire il benessere che gli mancava (come se la logica occidentale componesse il metro giusto per poter valu-

tare il resto del mondo: il cosiddetto mito occidentale dello sviluppo). Il primo a parlare di sottosviluppo fu Thurman, il quale riconobbe lesistenza di squilibri fra mondi diversi e lesigenza di definire un programma in grado di rendere disponibili i benefici dei perfezionamenti tecnologici e del progresso industriale per il miglioramento e la crescita delle aree sottosviluppate, individuando cos per la prima volta un compito umanitario e universale della riduzione delle disparit. Successivamente furono elaborate le teorie della dipendenza che interpretavano lo sviluppo e il sottosviluppo come due facce della stessa medaglia (richiamando cos il paradigma centro-periferia: spazi evoluti=centralit, territori sottosviluppati=perifericit). Linsieme delle teorie della modernizzazione si basava su 2 concezioni particolari: Lo sviluppo era possibile solo nellapplicazione delle leggi che hanno fatto gi avanzare i paesi occidentali; Il sottosviluppo era determinato da limiti strutturali dei paesi del Sud: classi sociali oligarchiche al potere, eccesso di statalismo e lentezze burocratiche, ridotto sviluppo tecnologico, scarso livello nelle esportazioni,ecc.. Di conseguenza, per consolidare la convinzione della crescita, elemento discriminante per una sua riuscita, era necessario ridurre la presenza dello Stato in economia (liberalismo), sostenere le produzioni di beni a massima attrattivit estera (soprattutto beni primari e libero scambio), ridurre le im portazioni e attirare capitali esteri (far crescere le rendite e il debito pubblico). La configurazione del sottosviluppo come qualcosa da disciplinare attraverso la modernizzazione e ladozione delle tecniche del capitalismo fu fortemente messa in discussione dal modello dello scambio ineguale elaborato da Emmanuel e ripreso poi da Amin. Anche tale paradigma si concentrava sulle differenze tra centro e periferia. Lo slittamento delle ragioni di scambio tra i prodotti dei paesi sviluppati e quelli dei paesi sottosviluppati (a favore dei primi), collegato alla diversit quantitativa di Valore Aggiunto incorporato nei prodotti stessi, costituisce il meccanismo di sottrazione di ricchezza. Risulta impossibile invertire (nonostante le politiche di sostituzione delle importazioni) il dominio dei sistemi avanzati sugli altri: i livelli di produttivit pi elevati, i salari pi alti e, soprattutto, il controllo della tecnologia di punta, favoriscono il trasferimento di valore dalle periferie verso il centro che supera lammontare degli aiuti pubblici e degli investimenti privati che la periferia riceve. Negli anni 70 nacque la teoria della dipendenza che propugnava per i paesi del sottosviluppo la massima occupazione della forza lavoro come ricetta per promuovere lintegrazione sociale e, da questa, la pratica democratica e di partecipazione al potere con il conseguente rovesciamento delle oligarchie filo-occidentali. Questa teoria aveva due diverse correnti, quella dei rivoluzionari che volevano la distruzione del sistema capitalistico in tutte le forme adottate nei Sud del mondo, e quella dei riformisti, che volevano rifiutare i modelli libero-scambisti e rompere con lOccidente.

CRITICHE AL MITO DELLO SVILUPPO: Per Golub e Bairoch, le considerazioni riguardano 3 elementi: tale meta-racconto ignora tutto ci che avvenuto nel mondo prima della Rivoluzione industriale europea, come se la storia moderna fosse cominciata soltanto con lascesa dellOccidente e la sua irruzione sulla scena mondiale. Invece opportuno ricordare che, prima della Rivoluzione industriale, il mondo non era verticale, gerarchico ed accentrato, ma orizzontale, decentrato e policentrico. Va ricordato che fino alla fine del XVIII secolo non cerano un sistema e un mondo al singolare, ma sistemi e mondi. Soprattutto, non esisteva uneconomia mondiale, ma una molteplicit di economie mondo (lEuropa, la Cina, lIndia, lImpero ottomano, ecc..), per cui leconomia di una parte soltanto del pianeta forma un tutto economico. Le economie mondo comprendevano al proprio interno lorganizzazione e la divisione del lavoro, le conoscenze scientifiche e le capacit tecnologiche; tra le diverse economie mondo cerano interrelazioni, scambi e fusioni, ma senza una vera e propria dimensione glo-

bale. In particolare, il racconto mitico occulta il fatto che le economie mondo che prosperavano in Asia avevano strutture economiche, produttive e commerciali di livello equivalente o persino superiore alle economie mondo europee. Il meta-racconto ignora il ruolo della violenza e della coercizione nellespansionismo europeo in Asia (e altrove) nel corso del XIX secolo. Sebbene i fattori esogeni non possono spiegare interamente il declino relativo dellAsia nellOttocento, limperialismo resta comunque una variabile esplicativa determinante. Il meta-racconto ignora il carattere per nulla liberale dellespansione capitalista che ha avuto luogo, alla fine del XIX secolo, in Europa e negli Stati Uniti, dove il liberalismo era fortemente limitato sia nello spazio sia nel tempo.

Teorie e pratiche del contro sviluppo:


Si tratta di criteri che hanno portato gli osservatori progressisti a promuovere la conoscenza critica delle concezioni del benessere, dellaccumulazione, dello scambio. Il contesto in cui maturano tali evoluzioni concettuali risponde, a considerazioni inerenti limpatto della crescita economica nellambiente naturale. Si tratta di posizioni teoriche ambientaliste o ecologiste che partono dalla considerazione che lo sfruttamento incontrollato delle risorse arrivi a inficiare lo stesso effettivo svolgimento. In questo clima matura il concetto di decrescita in seguito alla valutazione delle conseguenze che la crescita ha portato: basti pensare alle modificazioni ambientali che si determinano a monte e a valle del sistema produttivo del capitalismo attuale (spreco frenetico di risorse, cambiamenti climatici globali, guerre per il petrolio e per lacqua, ecc..). La crescita economica ha prodotto il saccheggio senza limiti della natura, loccidentalizzazione del mondo, la scomparsa di comunit e minoranze indigene. La decrescita non definita come un processo oppositivo alla crescita, quanto una pratica atea. Partendo dalla Rottura (prima fase) dei legami tra il Nord (ricco) e il Sud (povero), lavvio di un processo generale di rigenerazione si compone delle pratiche del rivalutare, ridefinire, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare, tutti obiettivi interdipendenti tra loro e in grado di avviare il circolo virtuoso di una decrescita serena (Processo delle 8 R). Il grande limite di tale teoria emerge nella premessa che il Nord si dimostri disponibile a restituire il maltolto al Sud negli anni di colonizzazione, dipendenza e dominio. Non si tratta di un processo esclusivamente economico, strategico ed evolutivo, quanto finalizzato alla cancellazione del sottosviluppo intesa nel superamento della crescita. Secondo Max Weber il capitalismo coincide con la razionalizzazione dellattivit economica e la separazione della sfera familiare da quella produttiva. Per alcuni filoni delleconomia, lespansione del Terzo Mondo potrebbe rappresentare una minaccia allo sviluppo del centro: lo sviluppo dei pi poveri rappresenta un rischio per la crescita dei pi ricchi, le condizioni di sottosviluppo dei primi garantiscono lo sviluppo dei secondi. Bisogna analizzare i meccanismi che sostanziano le politiche del finanziamento del debito e di cooperazione allo sviluppo e, le strutture internazionali che se ne fanno portatrici: la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, lOrganizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, la Banca Interamericana di Sviluppo, ecc.. Si riproduce un meccanismo di esclusione collegato al grado di rappresentanza politica ed economica dei paesi meno potenti (ineguaglianze); non sarebbe corretto pensare che gli interessi e legoismo dei pi ricchi rappresentino la sola categoria interpretativa per la comprensione e la valutazione delle relazioni tra il Nord ricco e il Sud povero. Infatti, i paesi industrializzati collaborano con i pi arretrati tramite aiuti e progetti di collaborazione allo sviluppo. Una forma corrente di cooperazione quella in cui i progetti di aiuto prevedono lobbligo, per i paesi beneficiari, di utilizzare le somme ricevute acquistando beni e servizi presso imprese del paese donatore.

LA BANCA MONDIALE: La Banca Mondiale rappresenta la pi importante istituzione di credito internazionale insieme al Fondo Monetario Internazionale. La Banca Mondiale finanzia lo sviluppo, ovvero mette in pratica le indicazioni del Fondo Monetario, e presta denaro a tassi particolarmente favorevoli ai paesi del Terzo Mondo. Si tratta di unistituzione che garantisce il prestito e il debito dei paesi in via di sviluppo. In seno alla Banca Mondiale, ogni paese dispone di un numero di voti proporzionale al capitale versato alla Banca (un dollaro = un voto). Nel 2004 i 5 maggiori azionisti erano gli USA, il Giappone , la Germania, la Francia e la Gran Bretagna. La composizione del Consiglio dei 24 direttori esecutivi (organo che ha il compito, tra laltro, della concessione dei prestiti) corrisponde alla stessa logica: i 5 grandi donatori pi Cina, Arabia Saudita e Federazione Russa sono rappresentati da un loro membro permanente, mentre gli altri 16 rappresentano raggruppamenti di Stati (quello italiano svolge lo stesso ruolo anche per la Grecia, Malta, Portogallo, Albania e Timor Est). Le decisioni del Consiglio vengono assunte con maggioranze altamente qualificate (85%) e appare chiaro come gli USA da soli o pochi paesi europei compatti, possano facilmente esercitare un diritto di veto e ripetere cos la logica che protegge i donatori pi dei beneficiari. Anche la consuetudine consolidata di nominare alla presidenza della Banca un cittadino statunitense riprova la concentrazione del potere nelle mani dei paesi pi forti e conferma il sistema spartitorio di controbilanciare il peso internazionale con la presidenza del Fondo Monetario Internazionale sempre appannaggio di un europeo. Gli scopi della Banca sono: Contribuire alla ricostruzione ed allo sviluppo dei territori dei paesi membri favorendo linvestimento di capitali per scopi produttivi; Promuovere linvestimento privato straniero per mezzo della fornitura di garanzie o mediante la partecipazione a prestiti ed altri investimenti effettuati da investitori privati; Promuovere lo sviluppo bilanciato ed a lungo termine del commercio internazionale ed il mantenimento dellequilibrio nelle bilance dei pagamenti incoraggiando gli investimenti internazionali per lo sviluppo delle risorse produttive nei paesi membri; Organizzare i prestiti effettuati o le garanzie concesse in relazione a prestiti internazionali attraverso altri canali in maniera tale che i progetti pi utili ed urgenti vengano trattati per primi; Condurre le proprie operazioni con il dovuto riguardo agli effetti degli investimenti internazionali sulle condizioni degli affari nei territori dei paesi membri.

Strumenti e misurazione dello sviluppo: Limiti del PIL e nuovi indicatori


Lo sviluppo legato ai procedimenti tecnici adottati per misurarne i livelli, per individuare le cause dei possibili limiti e le misure da adottare per il loro superamento. La costruzione di tali strumenti (o procedimenti) presuppone la conoscenza di dati che spesso non sono comparabili a causa delle tecniche di rilevamento; tali indicatori soffrono inoltre di limiti concettuali. Il sottosviluppo era considerato solo in termini di consumo e di scambi, ora si valuta anche in base alla salute, allistruzione e alla speranza di vita: ci dimostra che non vengono considerate solo le variabili quantitative, ma anche quelle qualitative e relative al grado di benessere. Il livello di sviluppo economico di un paese quantificato attraverso una serie di indicatori, i pi significativi sono: PIL calcolato con riferimento allintera economia PIL pro capite inteso come dato medio per abitante Tasso di crescita media annua Tasso di crescita della popolazione Tasso di disoccupazione lavorativa

Tasso di utilizzazione degli impianti Variazione percentuale degli investimenti Tasso della concentrazione della ricchezza Il pi noto indicatore di ricchezza di un paese il PIL, in cui si sommano i Valori Aggiunti prodotti nellanno. Il PIL sommato alle rimesse degli emigrati e i profitti delle aziende nazionali operanti allestero e sottraendo i redditi da lavoro e da capitale degli stranieri presenti nel territorio, costituisce il PNL (Prodotto Nazionale Lordo). Si tratta di indici che consentono una comparazione tra differenti paesi e la costruzione di una gerarchia tra gli stessi. Difetti del PIL: 1. Nel suo montante rientrano tutti gli elementi che hanno valenza economica, ma anche gli elementi che il buonsenso e il vivere civile considerano negativi (x es. pendolarismo dei lavoratori). 2. Impossibile effettuare una stima contabile delle esternalit (x es. inquinamento) 3. Impossibile contabilizzare effettivamente tutta la ricchezza creata (x es. lavori domestici) 4. Presenza di errori dovuti al fatto che molti hanno linteresse di dimostrare un risultato positivo (x es. pratiche corruttive degli apparati amministrativi). Nuovi indicatori GPI: distingue nel suo procedimento la valutazione positiva (quelle in beni/servizi che aumenterebbero il benessere) o negativa (criminalit, catastrofi, inquinamento) delle spese virtuose. ISU (Indice di Sviluppo Umano): sintetizza attraverso quantit quelle che sono in realt qualit dello sviluppo; composto da 3 serie di dati essenziali: la longevit (calcolo dellindice di aspettativa di vita) , i risultati scolastici (calcolo dellindice di istruzione) e lo standard di vita (calcolo del PIL). LISU d un quadro chiaro della situazione dello sviluppo e del sottosviluppo. IPU (Indice di Povert Umana): distinto in IPU-1 e IPU-2 relativi ai paesi sottosviluppati e sviluppati ; determinano la qualit della vita individuando il livello delle privazioni ISG: considera le stesse componenti dellISU ma ponderandole nelle loro composizioni di genere (sesso) MEG: concentra i dati circa le opportunit di occupazione di ruoli dirigenziali delle donne, considerando 3 ambiti: la partecipazione politica ed economica al processo decisionale e il potere sulle risorse economiche. Lesame comparato degli indici consente una serie di considerazioni inerenti le condizioni di vita nei singoli paesi.

CAPITOLO 3 Dimensioni culturali e diversit nello sviluppo


Lo sviluppo strettamente legato a quello sulla diversit culturale. Il concetto di arretratezza stato formulato da civilt floride, imperi con un ruolo politico dominan te, per sottolineare le condizioni di minoranza e linferiorit dei valori e dei costumi rispetto ai propri (es. concezione dei barbari per greci (chi non parla),per romani (periferia),per cinesi (cultura diversa) ). Il perch di questa inferiorit/diversit stato un quesito di tipo culturale e politico per anni: spesso la risposta si attribuiva a combinazioni di fattori naturali che non permisero alluomo di dominarli, queste popolazioni potevano accedere al massimo ad un economia naturale fondata su risorse elementari ed estranee perci alle logiche delleconomia capitalista nonch alladeguamento delle risorse tecnologiche. Questinterpretazione spian la strada ai colonizzatori, i quali si sentirono in dovere , attraverso le loro tecniche evolute, di fronteggiare gli ostacoli di un ambiente inospitale per portare i valori occidentali visti come unica via per il progresso e valorizzazione delle risorse locali. Ma il rovescio di un cos nobile intento si rivela presto nella cancellazione delle popolazioni colonizzate o restringimento delle stesse in Riserve e sfruttamento delle risorse a discapito dei colonizzati.

La cultura delloppressione:
Lo sviluppo per una larga parte di mondo e per un lungo tempo stato associato ad una sudditanza politica ed uno stravolgimento culturale, perch gli spazi venivano sfruttati in maniera da soddisfare i bisogni delle economie colonizzatrici, diverse dalle abitudini locali senza che la popolazione guadagnasse nulla. Le vecchie abitudini delle popolazioni indigene e gli spazi occupati da secoli dagli antenati intralciavano i nuovi modi di lavorare perci vennero stravolti, facendoli sentire fuori posto (VD ESEMPIO ANDE E AFRICA). Non a caso gli stati che sono usciti dalla colonizzazione hanno ripreso le vecchie traduzioni che erano oscurate dal colonialismo,ma quello stravolgimento degli spazi ha reso difficile una rinascita. E difficile parlare di Sviluppo quando: i locali non controllano la base territoriale la colonizzazione stata breve e ha rispettato le forme di cultura (Marocco) dove in seguito a mescolanza di civilt ci sono forme di cultura creole (es. america iberica) regione di uno sviluppo sono rimaste sempre a margine (mezzogiorno). LINVENZIONE DEL MAROCCO UTILE Lesercito francese approd per la prima volta sulle coste Marocchine nel 1907 per una missione punitiva legata al massacro compiuto durante i lavori per l a realizzazione di uno scalo a Dar-el-Beida, una localit di alcuna migliaia di abitanti che fungeva da sbocco sullAtlantico. In quel periodo lattivit economica del Marocco era incentrata in altre regioni, che interpretavano al meglio la sua funzione di ponte tra lestremo Occidente arabo e le vaste contrade dei bacini del Niger e del Volta attraverso il Sahara. In queste zone si erano unite le fortune di mercanti e artigiani e gli splendori e i contrasti delle corti dei sultani, dando cos vita a centri di grande fascino culturale e di notevole influenza economica e politica, come Fs e Marrakech. Questo impianto territoriale era stato poco intaccato a partire dal 16 secolo con la realizzazione lungo l perimetro marittimo di alcune piazzeforti spagnole e portoghesi che avevano accompagnato lavanzata delle marinerie della penisola iberica lungo le rotte dellAtlantico sud-ovest e che avevano catturato parte dei traffici doro, avorio e schiavi attinti dallAfrica.

Nel 1912 la campagna militare e le manovre diplomatiche francesi arrivarono al riconoscimento di un protettorato che avr poi fine nel 1956: in soli 44 anni, per, loccupazione francese cambia la geografia del marocco e stravolge la sua storia, nonostante sia stata guidata dal Generale Lyautey ( lafricano ), profondamente convinto di rispettare la cultura e gli insediamenti indigeni. Mentre il potere politico sinsedia a Rabat, il porto di Dal-er-Beida (Casablanca) diventa il gigantesco emporio dellAfrica nord-ovest , avviando cos la crescita di una delle maggiori metropoli del continente ( proprio qui negli anni 20 inizier il fenomeno delle Bidonvilles, citt di cartone e latta , diffuso nelle citt del 3 mondo ). I francesi diffusero limmagine di un Marocco utile che penetrava nei libri di scuola e oscurava la cultura ed equilibri territoriali del passato.

La colonizzazione dei modelli:


I processi di decolonizzazione solitamente sono mirati al recupero del retaggio culturale e al controllo delle risorse territoriali. Questi non trovano efficacia in presenza di: mutamento del territorio condizionamenti imposte dalla banche penetrazione dei modelli occidentali formazione dei cittadini in luoghi gestiti dai colonizzatori (es. francesi),e spesso gli studi non sono applicabili in zona poco evolute lingua. Per lo sviluppo serve una sensibilit minuta e alcune teorie devono essere pensate per la specie, lambiente e la societ e per attribuirgli efficacia un ruolo centrale stato assunto dai fattori culturali, quindi la concezione di sviluppo cambia da un incremento di quantit di ricchezza, a un miglioramento delle condizioni di vita (espresse dallIndice di Sviluppo Umano). Si accolgono sempre pi tesi imperiate sul tramonto del mito dello sviluppo e sullemergere di una strategia di decrescita che trova significativi ascolti nelle economie avanzate ma parecchie diffidenze nei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati.

Cultura nella rete:


Cercare di distinguersi nella dimensione culturale divenuto sempre pi complesso, perch divenuto sempre + difficile discernere gli elementi culturali che formano dei luoghi e altri che mischiati formano non luoghi: cio porzioni di spazio estratte dal loro territorio e dalla loro cultura per es sere proiettate verso il globale( in riferimento a grandi spazi di vendita, dove una folla anonima si muove tra disposizione dei parcheggi, banchi, segnaletica largamente uniformata). Ovviamente un discorso relativo, anche la globalizzazione ha alcuni limiti: per ogni posto diversa la quantit di persone che possono accedere a certi consumi di modello occidentale globale; ed diverso laspetto qualitativo dei consumatori, perch cambia a seconda dei gusti locali; la produzione di massa conforma la gamma dei prodotti col potere dacquisto; un altro limite della globalizzazione consiste nellinformazione, dove i centri di produzione di flussi informativi corrispondono a regioni e poteri economici e politici consolidati e canali di circolazione selettivo retto da regole che la periferia non in grado di violare. Lavanzata del mercato e dei flussi informativi di valenza planetaria sincrociano con la messa a punto di risposte locali dando vita a nuove sequenze di ambienti culturali. LA CULTURA DELLINFORMALE: Le grandi citt del Terzo Mondo sono gli spazi principali in cui nasce una nuova cultura inedita, chiamata dellinformale. Spesso ci si imbatte in attivit marginali e illegali e diventa difficile effettuare quei calcoli che ossessionano gli economisti occidentali (su occupazione, salari, consumi, ecc..). In moltissime circo-

stanze non si conosce nemmeno il numero degli abitanti. in questi ambienti per che molti popoli dei paesi in via di sviluppo acquisiscono i pi consistenti contatti con i valori e le prospettive dello sviluppo che arrivano dalle altre regioni della Terra. Queste metropoli fungono da porta dellinnovazione, sia perch concentrano le infrastrutture di connessione con lesterno e molti degli investimenti affluiti dai paesi ricchi, sia perch riuniscono gran parte delle forze locali pi aperte alle esigenze dello sviluppo, sia, infine, sia perch la loro stessa grandezza li obbliga a trovare nuove soluzioni. In questi spazi dove si mescolano i disagi e le speranze dello sviluppo, la quotidianit ha introdotto una diffusa cultura della surroga senza la quale non sarebbe possibile sopravvivere ai vuoti delle dotazioni primarie e agli intoppi del mercato. Cos alla carenza dei trasporti pubblici e della benzina a LAvana si rimedia affittando a qualche pendolare un posto sulla propria motocicletta (e il pendolare potr anche essere una donna, violando rigorose tradizioni di distanza tra i sessi). Oppure a Santo Domingo, dove spesso vi linterruzione giornaliera dei flussi di energia elettrica, le massaie si abituano a stirare a notte fonda quando il rischio di interruzione minore. Avviene anche che dalle carenze nascano singole forme di attivit, come x es. la vendita (o rivendita) di acqua in molte citt nordafricane o il ripescaggio di materiali riciclabili tra i rifiuti in cui sono specializzati tantissimi bambini brasiliani. O persino che le persone si rifugiassero nei cimiteri, come accaduto al Cairo con lo stanziamento dei profughi della zona del Canale di Suez al tempo della guerra del 1973 contro Israele. Larte diffusa dellarrangiarsi costituisce una risposta di pratiche che si muovono dal basso e sono alimentate da reti di sostegno comunitarie, risposta mal tollerata dai poteri centrali perch non trova spazio nelle loro parole dordine e disegni, ma presenta margini di elasticit, creativit e resistenza che nessuna strategia ufficiale sarebbe in grado di assicurare date le condizioni in cui versano le masse diseredate di questi spazi.

Stimoli e freni culturali


Perch lItalia si sviluppata negli anni 70? Innanzitutto perch ci sono dei: soggetti con forte dinamismo, (Mezzadria: contratto agrario d'associazione con il quale un proprietario di terreni,concedente, e un coltivatore, mezzadro, si dividono, solitamente a met, i prodotti e gli utili di un'azienda agricola, podere. Nel contratto di mezzadria, il mezzadro rappresenta anche la sua famiglia), la persistenza di solidi legami familiari, linsieme di relazioni dei centri piccoli e medi, ecc..), decentramento di attivit dellarea industriale del Nord-Ovest, dotazioni infrastrutturali di un certo rilievo contenuta conflittualit del lavoro decentramento di attivit dellarea industriale La capacit di rischi, i solidi legami familiari, la fitta rette di relazione hanno dimostrato che lo sviluppo deve essere retto da matrici culturali . Analizzando poi il decollo della Terza Italia sono emersi elementi che sottolineavano chiaramente le caratteristiche culturali tipiche del suo ambiente. Perch il Sud Est Asiatico si sviluppato? Il processo di decentramento produttivo avviato dai grandi paesi industriali (soprattutto il Giappone) si riconosceva nella capacit attrattiva che derivava prevalentemente dai bassi costi di manodopera. Presto per si cap che la vera chiave del successo consisteva in pratiche di vita moderate, con un livello dei consumi interni relativamente contenuti, e in un sistema di comando efficiente sia allinterno che allesterno delle fabbriche, oltre che in una particolare sintonia di interessi nazionali e di iniziativa privata

CINA: vengono intravisti dei motivi ispirati dal confucianesimo, e con forte spinte individualistiche che sono: la capacit attrattiva derivante dai bassi costi (prima analisi) la vita morigerata dal sistema efficace e la sintonia fra linteresse nazionale e quella private INDIA: la centralit assunta dallinformatica che ha permesso di produrre masse notevoli di ingegneri con pretese economiche contenute. Se un paese vincolato da quadri sociali, vincoli religiosi, possibile arrivare allo sviluppo ma si rischia di diventare una cattedrale nel deserto. Esempi di questi vincoli sono i valori religiosi che in certi stati vengono dati alla terra,il valore che non viene dato agli scritti (Giordania), oppure ele menti che danno vita a distorsioni sociali, come il ruolo della donna che crea squilibrio della produzione, o i bambini e i vecchi non possono avere un ruolo importante nella conduzione familiare Gli ambiti dello sviluppo maggiormente influenzati dalle dinamiche culturali sono quelli degli atteggiamenti demografici e dellorganizzazione della famiglia. Fondamentale poi il ruolo riconosciuto alla donna nella societ: vi sono molti paesi, in particolare nel Vicino e Medio Oriente e nellAfrica sub sahariana, in cui si calcolano tuttora medie superiori alle sei gravidanze per donna e in cui, dunque, chiaro che si tratti di una mera funzione riproduttiva che incrementa la spirale demografica e contribuisce a scompensare gli equilibri generazionali e produttivi. La tradizionale distribuzione dei compiti allinterno delle famiglie integra poi abbastanza bene la produttivit marginale di vecchi e bambini finch la conduzione agricola fondata su tecniche elementari, su rese contenute e su pratiche di autoconsumo, ma diventa insostenibile quando si avviano colture moderne o quando ci si trasferisce nelle citt. Nascono cos gravi distorsioni sociali, come il dilagante abbandono degli anziani sui terreni meno produttivi (fenomeno dilagante nella Cina interna) o come la concentrazione della manodopera minorile nelle attivit con ridotti margini salariali (x es. la fabbricazione di palloni da calcio denunciata nel Bangladesh o di quella delle Barbie in Thailandia). In questi casi non tanto leccessivo peso delle impennate demografiche sullespansione del reddito e dei consumi pro capite, quanto il peso assunto dagli atteggiamenti demografici nel loro complesso: la concezione dei figli (maschi) come risorsa x es. in conflitto con le esigenze di qualificazione della manodopera (e quindi con i costi di formazione di un adolescente) che sono alla base di un processo non temporaneo di sviluppo. LA SCOMMESSA DELLISTRUZIONE Listruzione ha un ruolo strategico nello sviluppo, soprattutto per la progressiva elevazione delle competenze richieste dalla produzione, distribuzione e comunicazione. A volte gli sforzi dei governi per assicurare unadeguata formazione ai propri cittadini vengono ostacolati da caratteristiche ambientali o dellinsediamento: nelle aree montuose o sub-desertiche o in quelle con diffuse pratiche nomadi o da piccoli nuclei sparsi difficile predisporre unefficiente organizzazione scolastica, soprattutto se le risorse di bilancio e i mezzi tecnici disponibili sono contenuti. Ancora maggiori sono i costi che derivano molto spesso dallelevata incidenza della popolazione in et scolastica, che genera sovraffollamento e precariet soprattutto nei cicli dellistruzione primaria. Inoltre bisogna tener conto della diffusione dei lavori minorili e lostilit di alcune tradizioni nei confronti dellistruzione femminile, tanto che in molti paesi il livello medio di alfabetizzazione delle donne resta di oltre 10 punti inferiore a quello degli uomini. Non vero per che i livelli distruzione dipendono in gran parte anche dal reddito pro capite disponibile: i dati sulla frequenza scolastica e sullalfabetizzazione di base mostrano che un ruolo cruciale compete ai modelli organizzativi ereditati ed impiantati dallo Stato e alle scelte politiche di fondo che effettuano coloro che governano. X es. nello Sri Lanka e nelle Filippine ladozione di modelli occidentali efficienti ha sconfitto lanalfabetismo, mentre nel vicino Pakistan si contano ancora quasi 2/3 di adulti analfabeti, o in un paese popoloso come la Nigeria dove il quoziente di analfabetismo

sceso appena sotto il 50%, mentre nel poverissimo Madagascar ormai inferiore al 20% e nellaltrettanto misero Burkina Faso supera addirittura l80%. In alcuni casi i governi hanno puntato sullistruzione per dare al loro paese un ruolo che la mancanza di risorse o la precaria situazione politica non avrebbero potuto garantire: x es. la Giordania, anche grazie agli aiuti in favore dei rifugiati palestinesi, ha fortemente investito nella formazione, con tenendo sotto il 20% la quota di analfabeti (la met di quella dei paesi confinanti, Israele escluso) e preparando tecnici e laureati che hanno assicurato buoni quadri alleconomia locale e a quella dei paesi petroliferi del Golfo. Favorire listruzione quindi fondamentale per favorire lo sviluppo e alimentare una certa autonomia di controllo della propria economia, e lo ancor di pi investire nella ricerca scientifica: basta pensare alle potenzialit delleconomia sudcoreana (nonostante la crisi attuale) se si tiene conto che questa impiega oltre il 2% del proprio PIL nel campo della R&S (una quota che supera altamente quella italiana).

Fratture culturali:
Il contratto tra universi culturali non ha sempre la stessa valenza. Nella maggior parte dei casi e soprattutto in passato succedeva che la superiorit tecnica o militare portava a dominanza e condanna, anche ora in vari paesi ci sono tensioni legate alla coesistenza di diverse componenti etniche, religiose o linguistiche che si sono create al tempo della spartizione europea delle colonie, quando si erano ignorate queste componenti nelle aree di insediamenti. Esempi: Nigeria: 100 trib con 200 lingue diverse, 3 gruppi principali in continuo scontro per motivi religioso India vs Pakistan: uno scontro religioso (mussulmani vs induisti) Canada: quasi secessione del Quebec, una parte anglofona Belgio: trasformazione del 1993 dal Belgio Unitario ad un organismo federale diviso tra Fiandre, Vallonia e regione di Bruxelles Ci sono casi in cui per la fusione fra diverse culturale ha portato delle spinte positive e ha dato dinamismo come per esempio nel Sud Est Asiatico, che riuscito ad attingere manodopera da diversi stati. In altri invece c una paura delleccessiva immigrazione che porta a problemi culturali (es. limitazione della laicit della Francia a causa delluso del velo a scuola da parte di alcune allieve) o economiche ( limitazione del processo di sviluppo, nei paesi del Golfo ai lavoratori stranieri viene tenuta una distanza culturale che nn agevoli lintegrazione degli stessi per non condizionare il funzionamento delleconomia locale).

La societ dopo l11 Settembre:


Si sostenuto che la globalizzazione dei mercati avrebbe portato a ripolarizzare il mondo sulla base di 3 grandi insiemi geoeconomici incentrati uno sugli USA, uno sullUE uno, si diceva, sul Giappone (ma ora sempre pi sulla Cina [e lIndia?]). Rispetto a questi 3 gli altri sub sistemi Regionali sarebbero federati in via + o - subordinata o emarginati (vd Africa). Dall11 Settembre ci si resi conto che il mondo non pi tripartito ma che nata la cosiddetta geocultura, ovvero sette/otto grandi insiemi in competizione nel mondo. Da quellattentato sono nate due fratture. Una di natura teologica che vede gli USA che intendono eliminare i radicalismi islamici per esportare il modello democratico (sconfiggere i talebani, e attaccare qaedisti in Somalia).

Laltra frattura consiste nel fatto che sono fallite alcune politiche di multiculturalismo illuminate e si sono inasprititi alcuni scontri preesistenti. A vari decenni di politiche dintegrazione e accoglienza degli immigrati, subentrano diffidenza e paure per il potenziale eversivo espresso dalle altre genti. Lintervento degli USA viene visto come tentativo di diventare una potenza egemonica e un tentativo di prevaricare identit culturali. Lo sviluppo durevole non concepibile se non trova sostegno in risorse immateriali ben radicate nella cultura dei luoghi, ovvero valori culturali capaci di incoraggiare gli sforzi necessari per attivare o mantenere vivi i ritmi di sviluppo, cos come per fronteggiare le crisi e per resistere alla concorrenza. Nulla come la cultura destinato a circolare e diffondersi nel mondo attuale: la grande circolazione degli uomini e delle loro idee prospetta la nascita di spazi sempre pi ricchi di caratteri culturali di versi. Non ci si riferisce solo alla grande presenza di immigrati dalle varie regioni della Terra nelle metropoli dei paesi pi ricchi, ma anche della musica, delle arti, delle abitudini gastronomiche, delle correnti religiose, ecc.. Il passato e le sue economie si sono spesso alimentati di grandi prestiti culturali tra aree differenti, e anche oggi le prospettive sono quelle di una vasta societ multiculturale in cui gli spazi e le logiche dello sviluppo e sottosviluppo si intersecano strettamente.

CAPITOLO 4 La scala locale dello sviluppo


Linvenzione della dimensione locale
Dagli anni 70 la dimensione del locale dello sviluppo ha avuto un andamento crescente, sia per quanto il Sud,e i suoi problemi, sia per quanto riguarda le aree avanzate,in riferimento a quelle regioni in ritardo in situazione di marginalit e/o declino. Infatti sino a quegli anni, a partire dal dopo guerra, la dimensione del locale risultava ininfluente nelle scelte riguardanti lo sviluppo. I Fondi Strutturali, cio le risorse che lUE destina alla promozione dello sviluppo e della coesione dei diversi Paesi, in relazione alle diverse situazioni economico-territoriali che li caratterizzano, hanno ampiamente contribuito allaffermazione della dimensione locale. La centralit del locale si sviluppata anche in Italia con le PMI (Piccole e Media Imprese) che hanno dimostrato come leconomia periferica (periferica in senso geografico, perch trattasi di zone lontane dal centro sviluppo, ma anche in senso concettuale, perch sono imprese diverse da quelle grandi che governano leconomia) sia una valida alternativa al fordismo e al ruolo centrale del capitalismo. Questo caso dimostra che: un processo di sviluppo locale deve essere accompagnato dal dinamismo della realt locale, la quale sintuisce da alcuni fattori non economici (fiducia, cultura tradizionale) i processi globali hanno bisogno di ancorarsi al territorio. Queste motivazioni sono rafforzate dal re-scaling, ovvero il cambio delle scale territoriali, dove lo stato vede il suo ruolo diventare pi debole, me allo stesso momento vede crescere realt come quelle delle amministrazioni locali, degli organismi sovranazionali, decentramenti politici, comune e province. Non esiste pi quella relazione gerarchica fra i diversi livelli istituzionali, in quanto con la governance, la ripartizione dei poteri basata sui principi di sussidiariet e complementariet: prin cipi chiavi delle politiche europee

LESSICO DELLO SVILUPPO LOCALE: Sussidiariet: principio guida nella distribuzione delle funzioni fra diversi livelli, secondo il quale ogni funzione deve essere attribuita al livello pi basso allinterno del sistema gerarchico considerato: Regioni-Stati Nazionali-Comunit Sovranazionali. Sussidiariet Verticale: autonoma capacit decisionale e gestionale dellente di livello inferiore; Sussidiariet Orizzontale: riorganizzazione dei rapporti tra poteri pubblici e societ civile. Governance un cambiamento di politiche, obiettivi e interventi sia nella forma che nelle modalit di coordinamento delle dinamiche economiche, sociali e territoriali che si basa sul coinvolgimento e partecipazione volontaria di una molteplicit di attori . Lesempio di good governance stato assunto dalla Banca Mondiale per diffondere alcuni principi imprenditoriali e neo liberiste nel terzo mondo. Un altro esempio di good governance lo troviamo nel Libro Bianco promulgato dalla UE nel 2001, con il quale la Ue simpegna a rafforzare i principi basilari di proporzionalit e sussidiariet posti alla base dellintegrazione europea. Patrimonio territoriale: il territorio nel suo insieme, che tiene legata la societ attuale alle sue radici, come un deposito di memoria e identit; composto da beni culturali che normalmente assumono un valore patrimoniale, ma anche da elementi di valore storico, culturale, sociale, ambientale, identitario e simbolico, in relazione ai contesti sociali in cui sono inseriti. Capitale territoriale: ricchezze che si sono prodotte nel passato, ma che possono essere impiegate nella produzione di beni nel presente, ossia linsieme delle risorse immobiliari locali che producono valori duso e di mercato nei rapporti intersoggettivi attuali.

Scheda: Lo sviluppo locale nelle organizzazioni internazionali


Molti dei programmi e progetti sostenuti dalle principali org.ni internazionali (come lOCSE, la Banca Mondiale, lILO, lUNDP o la FAO) per promuovere lo sviluppo si richiamano alle centralit della dimensione locale, sottolineando gli aspetti economico-imprenditoriali (sostegno al lavoro e alle imprese), gli aspetti sociali (riduzione povert, equit di genere, sviluppo umano) o politici (ruolo della decentralizzazione politica, fiscale e amministrativa, importanza delle pratiche partecipative e della governance). OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro: svolge unimportante azione nella diffusione dello sviluppo locale, principalmente per quanto riguarda il miglioramento delle condizioni di lavoro e delle opportunit occupazionali. LOIL ha messo in atto una serie di programmi per intervenire in alcune aree del mondo uscite da situazioni di conflitto, e ha cos promosso la costituzione di LEDA, cio di agenzie di sviluppo, costituite da attori pubblici e privati, rivolte alla fornitura di servizi per le PMI e il lavoro (credito, formazione, consulenza, ecc..). OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico): ha impostato programmi per la promozione dello sviluppo locale, ed in particolare il programma LEED, in cui lo sviluppo locale assume unesplicita dimensione economica rivolta alla promozione delle PMI, allapertura internazionale dei mercati, alla competitivit territoriale, lattenzione verso il Terzo settore e la responsabilit sociale delle imprese. UNDP (United Nations development Programme): nei suoi programmi lo sviluppo locale soprattutto orientato verso la dimensione sociale e politica; in particolare il programma LIFE riguarda il miglioramento dellambiente urbano e la riduzione dellesclusione sociale attraverso ladozione di pratiche partecipative. Negli ultimi anni inoltre lUNDP ha definito e at-

tuato un approccio allo sviluppo (il DGD), in cui si combinano i processi di decentralizzazione, la promozione di azioni di governance, lo sviluppo urbano e rurale. Banca Mondiale: suddivide la propria azione sullo sviluppo locale in due filoni: il primo quello del LED, i cui obiettivi possono essere riassunti in 3 fasi (lattrazione di investimenti, le azioni rivolte allimprenditoria locale e la promozione della competitivit); il secondo quello del LD, rivolto prevalentemente alla riduzione della povert attraverso ladozione di approcci partecipativi e decentralizzati (CDD). Dalla fine degli anni 90, questi due filoni sono riuniti nellapproccio integrato, formula con cui la Banca Mondiale intende collegare le diverse dimensioni dello sviluppo locale e le diverse logiche di intervento attraverso cui promuoverlo (governance, empowerment, fornitura di infrastrutture collettive e di servizi pubblici).

Il Livello locale come attore dei processi di sviluppo


Per una politica di sviluppo, esistono fattori di diverso livello di mobilit: Mobilit transnazionale: (tecnologia, lavoro molto qualifica) Circuiti nazionali e regionali (servizi pubblici e privati) Fattori immobili (legati alla specificit del territorio introvabili fuori da esso) Nella societ globale i pi importanti sono questi ultimi, in quanto consentono alla dimensione locale di porsi come operatore attivo dei processi dello sviluppo solo se e quando gli attori locali definiscono azioni collettive rivolte alla valorizzazione delle specificit territoriale dei diversi luoghi. Per quanto concerne il discorso sullo sviluppo locale, questi aspetti sono riassunti come patrimonio territoriale, sottolineando i valori su cui puntare , riconoscendo infine le risorse di cui il territorio dotato: (insieme localizzato di beni comuni che producono vantaggi collettivi non visibili e condivisi da tutti, essi sono immobili cio stabilmente incorporati in certi luoghi, specifici cio difficilmente reperibili altrove con le stesse caratteristiche, patrimoniali cio non producibili nel breve periodo perch si accumulano e si sedimentano solo nel lungo ).

Le politiche di sviluppo locale


Ci sono stati due cambiamenti nella ridefinizione delle scale gerarchiche con le quali si concepisce lo sviluppo il riconoscimento del ruolo dei valori e delle risorse territoriali cambiamento del ruolo degli attori locali e la loro capacit di azione e autorganizzazione. Si passato da un approccio top down, mirato a erogare incentivi e sussidi diretti con procedure centralizzate ad un approccio con politica bottom up mirata a supportare le condizioni in grado di sostenere e promuovere lo sviluppo delle imprese ( di fornire le risorse immobili locali che procurano vantaggi competitivi alle imprese). Queste politiche bottom up superano lapproccio settoriale adottando un approccio territoriale, lo sviluppo pertanto non pi considerato come dinamismo economico di un aggregato di imprese ma come contenuto multidimensionale raggiunto solo attraverso valorizzazione e incremento delle capacit radicate nel territorio. Nello sviluppo locale, quindi la situazioni dei ruoli la tale: Livello Nazionale: lo Stato ha ruolo sostanziale in queste politiche perch deve dare un quadro di riferimento nazionale coerente; Livello Internazionale: ha il compito di trasferire con rete globale processi radicati nella specificit. Lingresso degli organismi internazionali nei processi di sviluppo locale diventano riferimento chiaro ed esplicito per il territorio in cui agiscono. Si pu dire che hanno un ruolo di riduttore della diversit, in maniera che lo sviluppo locale sia compatibile con le ideologie neo liberali. Gli organismi sopracitati sono lOIL (org internaz del lavoro), OCSE (org x la coop e lo svil econ), UNDP (dimensione sociale e politica) e la Banca Mondiale.

Un problema generale consiste nella riproducibilit dello sviluppo locale che per definizione specifico e differenziato, le organizz internaz hanno il compito impossibile di trasferire processi radicati nei diversi contesti e possono farlo solo attraverso la semplificazione degli aspetti procedurali, riprodurre riti e parole dordine qdi i dettami teorici x la ricostruzione di partenariati e messa in atto di meccanismi di partecipazione x valorizzare le specificit endogene.

Problemi dello sviluppo locale:


il locale si configura come uno specifico sguardo alle problematiche dello sviluppo, in contrapposizione alle logiche esogene e globali che considerano lo sviluppo locale come una semplice anomalia o come un processo da omologare alle dinamiche agenti a scala pi ampia. Il riconoscimento del ruolo attivo che la dimensione locale pu giocare allinterno dei processi dello sviluppo non deve nascondere la presenza di rischi e problemi irrisolti: Visione localistica che indica lo sviluppo locale come concezione chiusa del luogo, causa la convinzione che il locale il luogo della tradizione e solidariet oppure porta a una visione del tutto regressiva. Primo problema Istituzioni Necessario capire la divisione delle competenze e dei poteri fra Stati ed enti locali, in un processo di completa ridefinizione delle loro relazioni Coerente ripartizione delle risorse Adeguata semplificazione dellazione amministrativa Secondo problema Local Trap ( il locale sempre preferibile alle altre) Il locale non sempre la dimensione ottimale per promuovere lo sviluppo, anzi spesso fuorviante perch oscura altre possibilit. il locale, per la complessit del territorio una macchina complessa che produce diversit e innovazione culturale, in grado di agire come interfaccia con le reti dei flussi sovra locali, il depositario e il mezzo di trasmissione dei saperi contestuali relativi alle modalit insediative e produttive appropriate ai diversi ambiente: esso tende ad accrescere lautocontenimento dei flussi di materia di energia, riducendo limpronta ecologica e rispondendo alla crescente domanda di usi e consumi localmente diversificati.

CAPITOLO 5 Geografia Politica e sviluppo


Il lento declino del secolo lungo
Il 900(secolo breve) finito. Il secolo lungo(100 anni)ha registrato potenti cambiamenti e innescato processi che,in molti casi,sono ancora in corso. Poi un lungo periodo di pace o,se si vuole,la pi Grande Guerra:la Guerra Fredda tra USA,Unione Sovietica e i paesi appartenenti alle reciproche sfere dinfluenza . Una guerra che ha prodotto un equilibrio fondato sul terrore di un conflitto atomico e non priva di effetti sul piano dei rapporti,non solo politici,anche al di fuori dei due blocchi contrapposti. Lelemento introdotto dalla guerra fredda e dal bipolarismo sintetizzato dallossimoro sovranit limitatache caratterizzava la condizione politica degli stati appartenenti alluno quanto allaltro blocco di potere. Il numero delle guerre hanno lasciato dei processi ancora in corso: I paesi decolonizzati:stati liberi perch fondati su libere competizioni tra i diversi parlamentari o,che sotto la guida di un solo partito si definivano repubbliche democratiche,in realt libert e indipendenza erano affidate,in maniera diretta o indiretta,a regimi militari. Terzo Mondo:paesi poveri rispetto al mondo sviluppato capitalistico e comunista. Il concetto di terzo mondo veniva riferito a territori dalle dimensioni sub-continentali:Africa,Sud-Est,bel presto fin con lindividuare il Sud povero del pianeta rispetto al Nord ricco. Si andavano per a creare dei divari anche allinterno dello stesso Sud del mondo;vi erano infatti,tra i paesi del terzo mondo i produttori di petrolio e i promotori di processi industriali,in avanti rispetto agli altri e tutto questo impediva che il mondo venisse semplicemente diviso in due zone(il Sud povero e il Nord ricco).

Dal bipolarismo al riemergere dei conflitti regionali


La sconfitta-scomparsa degli URSS non ha portato automaticamente allunipolarismo americano e a un nuovo ordine basato sullegemonia incontrastata di questo paese (America) capaci di garantire sicurezza e pace. Sparita la maniaccia Sovietica,popoli e paesi (ex Jugoslavia ed ex URSS) hanno rispolverato antiche rancori e volont di affermazione alla scala regionale. Con la fine del duopolio,gli USA restano lunica potenza con interessi globali in grado di intervenire per difenderli,ma venuto meno il nemico,si sono moltiplicate le aree dove linterevento ritenuto necessario. Allo stato attuale,la leadership mondiale americana deve fare i conti con la possibilit di candidarsi come garante dellintero pianeta,ruolo troppo oneroso anche per il pi importante Stato della terra. Lintervento degli USA si focalizza sempre di pi su operazioni volte a garantire la sicurezza interna. Gli USA non possono pi fare affidamento,come nel passato,soltanto su un atteggiamento reattivo;non possono permettere ai nemici di attaccare per primi,perci il dipartimento della difesa statunitense india,di conseguenza,alcuni significativi mutamenti di strategia da attuare tra i quali il passaggio dal condurre la guerra contro nazioni a condurre la guerra in paesi con cui non siamo in guerra (porti sicuri); da una deterrenza standardizzata a una deterrenza su misura per le potenze canaglia (pi pronti ad assumersi rischi,mettendo in gioco le vite dei cittadini); dal rispondere dopo che una crisi comincia (approccio reattivo) ad azioni preventive tali da evitare che i problemi diventino crisi (approccio proattivo). NB deterrenza: provvedimento da parte dello stato nei confronti di un individuo per evitare che compia altri reati; insieme di comportamenti ed azioni tesi ad influenzare i comportamenti e le azioni di un soggetto in modo da minimizzare la possibilit che esso aggredisca un altro soggetto o metta in essere comportamenti od azioni ritenuti lesivi della convivenza civile, sia tra persone che tra Stati.

Lindebolimento del ruolo degli stati-nazione


La fine del bipolarismo non ha portato a una semplificazione dei rapporti internazionali,diretti da un unico soggetto e sorretti da processi di globalizzazione delleconomia;anzi per molti versi,le cose si sono complicate sia perch si sono moltiplicati i soggetto (stati) desiderosi di contare sulla scena mondiale,sia perch lo stesso ruolo degli Stati-nazione risulta pi debole. Questo indebolimento si coglie sia in quelle aree nelle quali listituzione delle stato un fatto recente(stati nuovi;post-coloniali),sia nei paesi sviluppati dove le istituzioni statutali sono il risultato di una tradizione storica consolidata(stati UE che hanno fatto rinunce della sovranit in campo economico e monetario). In definitiva il 900 stato soprattutto un secolo denso di avvenimento e processi in parte conclusi,ma contemporaneamente i complessi cambiamenti avvenuti non hanno risolto antiche problemi(divari sociali ed economici tra Nord e Sud)e ne hanno creati altri(nuove povert).

Nostalgia dellEuropa
La storia dellEuropa si compone cos: Fino al 1945:le potenze primarie combattevano in terreno di casa o neutro per conquistare territori Dopo la seconda guerra mondiale: parabola discendente delle potenze Futuro: la creazione dellUE per competere con gli USA e gli stati emergenti (Cina,India,Brasile) La formazione dellUnione Europea ha portato una forte rottura con il passato,perch essa sempre di meno un associazione temporanea di scopo,e sempre di pi un forte elemento politico,come dimostra il trattato di Schengen che prevede oltre che la libera circolazione nei territori dellEuropa,anche delle uniformi leggi anti-terrorismo per tutti gli stati Membri.

Lessenza culturale e politica della globalizzazione


Un significativo elemento che si coglie nelle nuove dinamiche il rapporto,ancora indefinito,che tende a stabilirsi tra leconomia globale e la politica. In passato le relazioni tra stati erano finalizzate soprattutto al raggiungimento di alleanze militari e intese commerciali;oggi si riscontra la necessit di pervenire a confronti alla scala globale pressoch continui,nel tentativo di governare processi di portata mondiale,dai quali nessuno pu chiamarsi fuori. Queste considerazioni inducono a riflettere su un aspetto talvolta trascurato della globalizzazione:la sua assenza culturale e politica. Aspetti,tra cui le differenze culturali,religiose,etniche,contribuiscono non poco a rendere lo scenario ancora pi complesso e ad allontanare lipotesi del raggiungimento di in ordine globale. Appare necessario perci fare un corpus di regole fondato non solo su valori economici,ma anche sulla politica che ha il compito di elaborare nuovi strumenti,per garantire il diritto allo sviluppo.

Tecnologia e luoghi
La consapevolezza delle straordinarie possibilit offerte dalla tecnologia possono indurre a immaginare un mondo in cui la tecnica abbia il sopravvento sulla politica. Il rischio dunque,quello di cre dere che la tecnologia possa sostituirsi alla politica come strumento per lindividuazione della soluzione migliore per tutti. Limiti: alla crescita complessiva dei sistemi tecnologici si accompagna spesso una maggiore vulnerabilit pi gli strumenti sono avanzati,meno risultano accessibili e ci comporta una crescita del divario tra le aree sviluppate e quelle eluse dai vantaggi connessi al processo delle tecnologie.

La questione non ,quella di porre limiti al progresso scientifico,ma di garantire governabilit e accesso alle conquiste realizzate dalluomo. Per quanto le nuove forme assunte dalleconomia si basino su flussi di informazione,va osservato che tali informazioni consono altro che materie prime:devono essere lavorate,trattate e trasmesse per poter diventare beni e risorse. La rappresentazione pi efficace degli attuali sistemi globalizzati la rete composta da nodi dotati di particolari caratteristiche, e tratti di collegamento, materiali e immateriali, lungo i quali si scambiano informazioni, ordini, capitali, conoscenze. Potrebbe essere considerata come mezzo per catturare,il progresso,la ricchezza presente nellambiente circostante ma anche un messo per incrementare la ricchezza e il progresso ed in questo senso che essa restituisce allambiente in cui si trova pi di quanto preleva da esso. La rete permette quindi,da un lato la comunicazione fra i nodi,dallaltro lirrigabilitdella superficie che copre;non sono omogenee,ovvero non si presentano ugualmente fitte dappertutto. Problema della tecnologia il digital divide,ovvero la differenza fra stati tecnologicamente avanzati e stati che hanno appena iniziato la rivoluzione tecnologica.

Verso uno spazio politico globale?


Paradossalmente allunificazione mondiale e al consolidamento dei mercati ,si assiste allindebolimento del ruolo degli stati nel governo delle economia e alla frammentazione realizzata (Cecoslovacchia,ex Jugoslavia)o paventata(Padania),delle stesse compagini statali,si coglie un ulteriore elemento apportatore di caos insito nei processi economici che nei paesi sottosviluppati alimenta i flussi migratori e in quelli sviluppati contribuisce alla diffusione di un profondo senso di precariet e malessere. Tali problemi esigono che si adotti una prospettiva politica globale e che si creino nuove istituzioni politiche globali. Cominciano a venir fuori posizioni che non sono anti-globalizzazione ma che,viceversa,auspicano una globalizzazione vera(senza esclusi),un processo che,al contrario di quanto sta accadendo ,non genera omologazione,subordinazione di massa,ma reali opportunit per tutti. In un mondo fato di differenze geografiche,culturali e religiose,ci che pu tenere insieme lumanit unidea di globo inteso come il luogo dove si realizza lunione tra diversi. Occorrer immaginare perci una strategia globale per lo sviluppo,che potr far leva sullenorme patrimonio di conoscenze scientifiche e tecnologiche che il genere umano nel suo complesso ha accumulato.

Uno sguardo allItalia


Il nostro paese potrebbe essere rappresentato come un mosaico di differenze di carattere economico,culturale e forse anche politico. Lindebolimento dello stato-nazione costituito dallarticolato rapporto con lUE ;i meccanismi di allocazione delle risorse comunitari rivelano mutati equilibri fra stato,regioni e unione,in un quadro complesso nel quale il rapporto fra regione e unione sempre meno mediato dallo stato. Linterazione tra Italia e UE non si esaurisce nel confronto sulla migliore distribuzione possibile delle risorse comunitarie ma soprattutto in campo economico-finanziario per il raggiungimento di obiettivi di equilibrio macro-economico. Il consolidamento del rapporto con lUE comporta innegabili vantaggi ma anche la rinuncia a pi ampi margini di autonomia decisionale in ambiti economici e sociali un tempo governati solo a livello nazionale. In Italia la dialettica tra interesse nazionale,locale e globale diventa sempre pi complessa,per con questa entrata lItali pu conservare un sistema economico tale da assicurare risorse alla collettivit. Il caso italiano sembra confermare che,in termini economici i processi di globalizzazione non possono essere separati dalla valorizzazione della dimensione territoriale;anche sul piano politico e sociale appare sempre pi necessario sviluppare una coscienza democratica globale radicata in autentiche comunit locali.

LItalia ha colto limportanza di concentrare la propria attenzione su porzioni di territorio molto circoscritte;si tratta di una particolare forma disporre attuato attraverso il controllo territoriale della organizzazioni criminali(mafia,camorra)per tali soggetti la dimensione di quartiere rappresenta sia una possibilit di protezione in caso di fuga o latitanza sia un luogo di identificazione e legittimazione culturale del comportamento mafioso.

CAPITOLO 6 - Il post-sviluppo nel Sud globale:sfida possibile o nuova illusione?


Le prospettive critiche del post-sviluppo
Due filoni 1) elabora uninterpretazione critica dei presupposti socio-economici delle teorie e delle pratiche dominanti dello sviluppo:la filosofia sociale di riferimento e la dottrina economica che la ispira; 2) offre un lavoro di decostruzione,vale a dire di smontaggio dei meccanismi socio-culturali e ideologici che hanno permesso a queste stesse teorie e pratiche politiche di conseguire,per alcuni decenni,una posizione egemonica nelle reazione tra Nord e Sud del mondo.

Le alternative delleconomia solidale:la scuola anti-utilitaristica


Le critiche alle teorie economiche convenzionali,avevano posto particolare accento sul loro carattere de-socializzato,cio sulla scarsa considerazione rivolta ai fattori sociali e antropologici che presiedono ai processi di sviluppo. La riscoperta delle opere di Mauss e Polanyi giunge in soccorso dellesigenza di colmare tale lacuna teorico-interpretatitva. E proprio allopera di Mauss che si richiama la scuola anti-utilitarista che ha scelto di dare vita a un movimento intellettuale entro la cui fila spiccano esponenti di punta della scuola del post-sviluppo. Come Polanyi anche Mauss si dedic a elaborare una teoria dello scambio che fosse in grado di mettere in crisi il primato dellhomo economicus; egli noto per la sua teoria del dono come fatto sociale totale,secondo cui nellatto del donare possibile rinvenire alcuni gesti fondativi del legame sociale:il dare,il ricevere o il rifiutare un dono sono alla base della definizione di un rapporto di reciprocit,che al contempo volontario e obbligatorio per la valenza magica del dono stesso. Il razionalismo utilitarista trova sintesi nel principio secondo cui lazione umana in massima parte orientata al soddisfacimento dellinteresse individuale. Muovendo dalla prospettiva concettuale appena delineata,i nuovi anti-utilitaristi hanno spiegato come allorigine dellazione sociale non risiedano soltanto motivi di calcolo e interesse,ma anche di obbligo,spontaneit,amicizia,solidariet:ovvero qualit relazionali,che trovano esemplificazione nella potenza simbolica insita nellatto del donare. La ripresa del pensiero di Mauss permette a questi autori di pensare a un paradigma sociale che porsi in alternativa sia allindividualismo metodologico delle dottrine liberali sia allolismo,cos terzo paradigma degli anti-utilitaristi che arriva a proporre la fondazione di unantropologia relazionale e solidale nellintento di affermare il primato dellalleanza e dellassociazione solidale tre gli individui come pratiche sociali per loro natura disinteressate al perseguimento di obiettivi convenzionali di massimizzazione degli utili. Mentre nel Primo Mondo( il mondo occidentale) il discorso anti-utilitarista ha trovato ampio riscontro nella sfera delleconomia no profit e del volontariato laico,lapplicazione di tale prospettiva interpretativa alla realt di ci che un tempo si chiamava terzo mondo,ha indotto questi autori a

guardare con attenzione alle iniziative di auto organizzazione sociale e di esplicita o implicita resistenza alla occidentalizzazione sociale. Queste iniziative possono assumere la forma di reti diffuse di economia formale o di strategie di sopravvivenza,dedite non solo ad attivit di produzione e vendita ma anche a pratiche che afferiscono prevalentemente alla sfera extra economica della vita associata:lautocostruzione di abitazioni,lorganizzazione di feste popolari, ecc..

La critica dello sviluppo come razionalit di governo:il post-modernismo radicale


Altro principale filone interpretativo che anima la letteratura sul post-sviluppo:quello di formazione anglosassone impegnato nella decostruzione dello sviluppo come ordine del discorso e fonte di una nuova razionalit governamentale. Lobiettivo fondamentale consiste nel decostruire criticamente il tema dello sviluppo,guardando a esso come a un terreo discorsivo che ha alimentato la formazione di pratiche e azioni egemoniche di politica economica e sociale e di rappresentazione culturale. Secondo questi autori ,lo sviluppo ha funzionato da potente concetto organizzatore nellideazione e nella realizzazione pratica di programmi e strategie di governo che hanno interessato diverse sfere della vita associata nei paesi in via di sviluppo:leconomia,la condizione di esclusione sociale,lassetto territoriale. Lelemento distintivo di questo sistema di governo,risiede nel fatto di aver relativizzato la centralit dello Stato-nazione,demandando poteri,funzioni e responsabilit ad altri soggetti di natura pubblica,parzialmente pubblica o privata. La questione radicale e post-modernista del post-sviluppo che forse ha fatto pi discutere quella che riguarda l cosiddetta invenzione della povert nei paesi del Sud del mondo. Da un lato,questi autori,hanno ricostruito in modo efficace il processo che fu allorigine della scoperta del fenomeno dellindigenza materiale nei paesi in via di sviluppo allindomani della Seconda Guerra Mondiale. Da quel momento in poi la povert assume il ruolo di caposaldo indiscusso e ,per molti versi,vero e proprio pretesto del discorso dello sviluppo e delle connesse strategie politico-economiche promosse dalla Banche Mondiale e da altri organismi internazionali;in particolare sottolineano la funzione svolta dalla povert come stimolo alla formazione di nuove tecnologie politiche di governo della societ e alla conseguente organizzazione di un ceto di funzionari,esperti tecnici deputato alla formulazione e allimplementazione dei programmi di sviluppo. I programmi da essi gestiti hanno finito con il realizzare,secondo critici neo-faucaultiani dello sviluppo,unopera di lento quanto inesorabile disciplinamento socio-culturale delle popolazioni destinatarie delle politiche di cooperazione. Tale opera ha avuto unimportanza persino prioritaria rispetto allobiettivo dichiarato di riduzione della povert,che appunto giustifica ladozione delle politiche di sviluppo. Ci che interessa rilevare a questo punto come il post-sviluppo abbia funzionato non solo da prospettiva di partenza per la formulazione di istanze politiche e culturali che vogliono rompere con gli schemi e gli approcci del passato,ma in modo paradossale speculare allo sviluppo stesso ha funzionato anche da strumentario concettuale per lorganizzazione di pratiche e strategie concrete di governo e autogoverno delle societ nei paesi del Sud globale.

Tra autorganizzazione locale e reti internazionali: esperienze e pratiche del postsviluppo


Negli ultimi anni si diffusa la volont di esplorare alternative concrete allo sviluppo dominante. I sostenitori del post-sviluppo hanno evidenziato una spiccata sensibilit nei confronti delle esperienze di autorganizzazione della societ civile. Recentemente si invece diffusa lesigenza di andare oltre le prime formulazioni del discorso sul post-sviluppo, e di influire con maggiore incisivit sulle strategie e sulle esperienze concrete di sviluppo dal basso. Alcuni studiosi ritengono che occorra ri -

pensare, riformulare e rifondere lo sviluppo; altri, come le geografe Gibson e Graham, sostengono che la sfida del post-sviluppo non consiste nel rinunciare allo sviluppo n nel ritenerlo una pratica irrimediabilmente corrotta e fallimentare, ma che la sfida quella di immaginare e praticare lo sviluppo in maniera diversa. Le due geografe si sono dedicate alla discussione e alla produzione attiva della politica post-capitalista, ovvero una politica che ragiona e opera in modo concreto intorno allobiettivo immediato (e quindi non rinviabile al futuro) di costruire uneffettiva alternativa alla realt economica del capitalismo globale, promuovendo una vera e propria politica delleconomia possibile. Alcuni hanno sostenuto che tale approccio presupponga che tutto sia possibile in presenza della volont di perseguire lobiettivo prefissato, creando cos una sorta di illusioni e false speranze alle popolazioni dei paesi poveri. Tuttavia Gibson e Graham dimostrarono la propria tesi esponendo lesperienza di sviluppo economico comunitario di cui furono testimoni nelle Filippine. Lobiettivo di tale programma di cooperazione era quello di permettere che i filippini espatriati cessassero di avere una fruizione prevalentemente individuale, come solitamente accade nei paesi di emigrazione, e fossero invece utilizzate dalla comunit locale, con laiuto di organizzazioni non governative e altri soggetti associativi, nellintento di sostenere leconomia informale gi esistente. Per quanto riguarda il sostegno delle economie diverse, altri autori hanno sottolineato la necessit di guardare non tanto alle potenziali alternative non capitalistiche allo sviluppo (come propongono le due geografe), quanto alle strutture ibride di organizzazione economica, capaci di combinare in forme creative e sempre mutevoli la relazione con leconomia del mercato globale. Le forme ibride di cooperazione tra attori forti e attori deboli si generano sia nellattivit economica imprenditoriale sua nella governance dei processi di sviluppo comunitario. Nei paesi meno ricchi, infatti, sono sempre pi frequenti i contratti di collaborazione su specifici progetti umanitari e di sviluppo economico tra il governo locale e nazionale, e le associazioni non governative straniere e organizzazioni internazionali ufficiali(Banca Mondiale, Fao, UNESCO, ecc..). Le organizzazioni non governative di origine internazionale sono state costituite per drenare fondi per limplementazione dei programmi di sviluppo o di incoraggiare rapporti di cooperazione, scambio e solidariet tra soggetti alla pari.

Conclusioni
Nello scenario della globalizzazione si fa sempre pi instabile la distinzione tra Nord e Sud del mondo, tra mondo avanzato e mondo arretrato. I processi di innovazione economica, territoriale e organizzativa possono verificarsi nei paesi del Nord cos come in quelli del Sud del mondo; inutile ricercare le disuguaglianze e i ritardi solo nelle periferie geografiche del pianeta, poich sono ben presenti anche negli spazi centrali del capitalismo globale.

CAPITOLO 8 - Strumenti economici e politiche dellambiente e del clima


Il processo di creazione delle esternalit
Pearce Turner nel 1991 definiva le esternalit come lesistenza di interdipendenza tra impresa e societ, caratterizzata da una mancata compensazione degli effetti negativi che compromette lallocazione ottimale delle risorse. Linterdipendenza si manifesta quando lattivit di produzione o di consumo di un soggetto influenza (positivamente o negativamente) il benessere di un altro soggetto, senza che questo riceva una compensazione (se impatto negativo) o paghi un prezzo (se impatto positivo) pari al costo/beneficio sopportato/ricevuto. Esistono 2 elementi che caratterizzano le esternalit: linterdipendenza (delle attivit economiche individuali) lassenza di un mercato (assenza di uno scambio volontario e di prezzi regolatori degli scambi) Le esternalit possono essere negative o positive. Si parla di esternalit negative quando lattivit (di produzione e/o consumo) di un soggetto comporta effetti negativi per altri soggetti (imprese e/o consumatori) e il soggetto responsabile non corrisponde al danneggiato un prezzo pari al costo subito. Si parla di esternalit positive quando ci sono effetti positivi per altri soggetti e questi non pagano un prezzo pari ai benefici ricevuti. Inoltre si distinguono le esternalit di consumo da quelle di produzione, e anche queste possono essere positive o negative. Si parla di esternalit di consumo quando il consumo del bene da parte di un individuo influenza il livello di utilit o benessere di un altro individuo; sono positive se lutilit dellaltro individuo aumentano (x es. un bel ragazzo che passa per strada, un giardino condominiale, i profumi che arrivano in casa dal ristorante vicino, ecc..), sono molto diffuse ma chi le subisce raramente si lamenta; sono negative se lutilit diminuisce o se lattivit di consumo di un soggetto danneggia un altro (x es. vicini che ascoltano musica ad alto volume in tarda notte), si tratta di situazio ni in cui qualcuno trae utilit da un qualcosa che pu essere fastidioso per altri. Si parla di esternalit di produzione quando lattivit di produzione di un soggetto influenza il benessere di altri; possono essere positive (x es. lo scarico di acqua calda che permette la coltivazione di particolari colture o la vita di pesci tropicali) oppure negative (x es. linquinamento atmosferico di una fabbrica vicino ad un centro abitato).

Esternalit ambientali
Gli economisti sono riusciti a integrare lambiente nella teoria generale definendolo come effetto esterno e interpretandolo come difetto o fallimento del mercato. Pigou, riferendosi allinquinamento,fece notare come lambiente deve per forza tener conto delle esternalit. Quando A fornisce a B un servizio (per il quale viene pagato), incidentalmente determina anche servizi o disservizi nei confronti di C, D ed E, ma ci avviene in modo tale che impossibile che chi ne beneficia debba pagare o che chi viene danneggiato possa ottenere una compensazione. Esistono infatti dei costi non sostenuti che saranno a carico delle generazioni future e del pubblico privo di difesa organizzata (perci incapace di rivendicare giustizia senza dimostrare il grado del danno). Come sappiamo lambiente un bene pubblico,ovvero un bene che pu essere utilizzato da chiunque e il cui utilizzo non preclude luso ad altri. Da un punto di vista economico sono nati alcuni problemi con lesternalit in quanto: i danni a volte sono distanti dal luogo in cui vengono fatti,e hanno un immediatezza molto scarso manca un modello economico capace di valutare e prezzare il danno ambientale

non si possono internalizzare i costi,ovvero far pagare un prezzo per linquinamento subito o che si subir,perch ci che non ha un prezzo riconosciuto e scambiabile non ha un valore economico Anche per il futuro non si prevedono grandi miglioramenti,in quanto il progresso tecnico porta delle nuove esternalit.La soluzione migliore sarebbe uno sviluppo tecnologico parallelo che oltre ad innovare,riesca a riconoscere e ridurre le esternalit negative,ed uno sviluppo organizzativo-gestionale che lo adatti a modelli produttivi sostenibili

La Contabilit Ambientale:
Le azioni e le politiche per la sostenibilit svolte e promosse da ogni attore presente nel territorio costituiscono lambito su cui agisce la contabilit ambientale territoriale. Trattare di contabilit ambientale territoriale significa riconosce le modalit di rendicontazione tipiche delle organizzazioni pubbliche e private,capirne metodi,strumenti e strutture di raccolta,archiviazione e gestione dei dati ambientali ,sociali ed economici ,evidenziando le differenze determinate dalloggetto sociale,dalla finalit espressa e dal ruolo ricoperto dal territorio. Occorre conoscere in modo dettagliato lattivit dellorganizzazione. Il processo cos suddiviso: 1. Informazione:Disporre di informazioni complete ed aggiornate su tutti gli effetti che hanno sullambiente le fasi del processo produttivo per limpresa 2. Organizzazione informazioni tramite sistema di contabilit ambientale (monitoraggio inquinanti, riconoscimento spese sostenute per proteggere lambiente, ecc..) 3. Quantificazione:conteggio dati fisici per quantificare fisicamente limpatto fisico e i danni conseguenti 4. Monetizzazione danno: il costo che dovrebbe sostenere limpresa per non far ricadere il danno sui cittadini .Se manca questo passo,si ha il cosiddetto costo sociale o costo esterno,che si intende ricada interamente sul territorio e la comunit che abita l.

La contabilit ambientale nazionale e territoriale


Il termine contabilit pu essere distinta secondo loggetto in:nazionale,territoriale,dimpresa. Le sue finalit sono tre: rendicontazione:rilevazione,archiviazione,organizzazione,produzione e rappresentazione di dati ed informazioni ambientali di tipo fisico e monetario gestione: utilizzo dei dati fisici e monetari per fornire un supporto allattivit decisionale, di programmazione e di controllo comunicazione:rappresentazione in forma divulgativa dei dati,degli indicatori e dei risultati ottenuti (Stati, enti locali ed imprese) La contabilit ambientale nazionale ordina linsieme delle scritture e dei quadri contabili utilizzati per interpretare il quadro macro-economico e per disegnare misure e proposte La contabilit ambientale territoriale,ha come obbiettivo quello di individuare il valore economico della politica per la sostenibilit,e per valutare lefficacia della spesa sostenuta. Questo passa attraverso alcune fasi Fase 1:produzione dati e informazioni ambientali di tipo fisico Fase 2:associazione dei costi e le spese sostenute e preventivate alle attivit e politiche selezionate Il bilancio ambientale dimpresa invece uno strumento contabile in grado di fornire un quadro del rapporto fra impresa e ambiente con dati quantitativi e qualitativi economici. Ha la funzione di ottenere informazioni per gestire i rapporti con il mondo esterno. Il bilancio ambientali deve avere le seguenti caratteristiche: dati fisici esaustivi

dati monetari esaustivi consentire il collegamento fra dati fisici e monetari creazione di indici sintetici e indicatori di prestazione conformit rispetto a esigenze ISTAT Anche questo processo si articola in due fasi,una di raccolta informazioni e laltra di utilizzo di questi dati per valutazioni interne di efficacia e per un eventuale rapporto ambientale o di sostenibilit. Il rapporto ambientale un documento ufficiale che raccoglie le politiche dimpresa, le informazioni e gli indicatori ambientali. uno strumento di comunicazione che limpresa redige per rendicontare la propria relazione con lambiente. Informa dipendenti, cittadini e amministratori pubblici e locali sulle emissioni inquinanti, sui consumi di risorse e sugli effetti che lattivit dellimpresa ha avuto negli anni precedenti e pu avere sulle politiche e i programmi che limpresa ha effettuato per aumentare la sua compatibilit con lambiente. Tali rapporti sono volontari: non esiste alcuna regolamentazione in Italia e in Europa che obblighi organizzazioni pubbliche o provate a pubblicare tali resoconti.

Spese Ambientali e Costi esterni


Per spese ambientali prendiamo la definizione dellEUROSTAT del 1994 che definisce come spese ambientali le spese sostenute per la realizzazione di attivit il cui fine principale (diretto o indiretto) la gestione e la protezione dellambiente,vale a dire le attivit dirette deliberatamente e principalmente a prevenire,controllare,ridurre od eliminare linquinamento e il degrado ambientale provocati dagli atti di produzione e di consumo. Tali costi o spese possono essere divisi per: Ambito: gestione rifiuti,protezione dellaria,riduzione scarichi di acqua Tipologia dintervento: spese correnti o dinvestimento Esplicitazione: costi convenzionali,potenzialmente nascosti,collegate ad un evento. La contabilit monetaria assieme a quella fisica permetti di avere un quadro preciso delle attivit svolte dallorganizzazione per la protezione e il riprestino dellambiente. I costi che si possono manifestare possono essere costi ambientali interni allorganizzazione (costi privati) o costi ambientali esterni (costi sociali).La quantificazione dei costi esterni utile perch d vita alla quantificazione del danno,quindi al processo di internalizzazione che si conclude poi con la corresponsione della cifra equivalente. Per questa valutazione si pu scegliere fra due punti di vista: Per chi produce il danno ambientale: dove si mira allinvarianza quantitativa e qualitativa del capitale naturale,ovvero linsieme delle spese sostenute dallimpresa per rendere meno dannosi i cicli produttivi (si parla di manteinance cost approach) Per chi subisce il danno: mirata a definire le spese che la societ esterna allimpresa (la comunit e lambiente) sostiene per difendersi dai possibile danni associati al degrado ambientale o per curare danni gi causati (si parla di cost borned approach) La quantificazione monetaria del danno pu essere: alla salute (costo degenza in ospedale, assenza dal lavoro per malattia, ecc..) tipicamente ambientale (effetti dellinquinamento sulla riduzione del raccolto o aumento del prezzo di costo dei singoli prodotti) Il processo permette quindi di formare un prezzo (internalizzare) e poi si conclude con la corresponsione,che fa diventare il costo per i danni subito un costo vivo, e che rappresenta la compensazione per il danno subito,ovvero il risarcimento Quindi, riassumendo: la contabilit ambientale permette di formare un prezzo per lambiente, riconoscendo, calcolando e stimando i dati fisici relativi agli inquinanti,associando ad essi un valore pari al costo sostenuto per acquistarli,un prezzo per gestirli,un costo per rispettare i limiti,oppure as-

sociando una stima di costo a quegli effetti o danni che altrimenti non sarebbero monetizzabili; viene effettuata, come visto, attraverso uno dei metodi sopra iscritti.

Mercato ed istituzione per lambiente


Il degrado ambientale linsieme delle esternalit ambientali generate dal processo economico che, a loro volta, sono la conseguenza di un fallimento del mercato. Le istituzioni e le norme, affiancate al mercato, possono avviare nuove soluzioni; si parla di strumenti di comando e controllo, cio leggi e regolamentazioni che impongono limiti, richiedono comportamenti e avviano procedure in caso di mancato rispetto. X es. le politiche attuate negli anni 90 per ridurre gli effetti dei cambia menti climatici; tali azioni sono strumenti economici a supporto di regolamentazioni internazionali e nazionali per ridurre le esternalit negative causate dai cambiamenti climatici.

I Cambiamenti climatici:
I gas ad effetto serra hanno portato ad un aumento significativo delle temperature medie globali. Gli effetti di tale riscaldamento sono e saranno importanti per la vita di molte specie che dovranno adattarsi a mutate condizioni climatiche,se non migrare in zone pi adatte alle proprie caratteristiche. I cambiamenti climatici sono quindi un evidente esempio di esternalit ambientale. rGli avvenimenti pi importanti degli ultimi anni sono: 1990: LAssemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito un comitato intergovernativo di negoziazione per la UNFCC (Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici) 1992: La Convenzione viene firmata dagli stati membri; il suo obiettivo quello di stabilizzare le concentrazione di gas ad effetto serra nellatmosfera ad un livello tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza delle attivit umane sul sistema climatico. La convenzione non prevede riferimenti temporali n fornisce indicazioni sui comportamenti da adottare per gli altri. 1995:il rapporto dellIPCC (InterGovernmental Panel on Climate Change) fornisce ulteriori prove dellattivit umana sul cambiamento climatico e viene firmato il Mandato di Berlino che evidenziava la necessit di stabilire i limiti temporali e obiettivi precisi di riduzione delle emissioni di gas serra. 1998: Viene prevista ladozione di un protocollo che poneva come obiettivo per i paesi industrializzati la riduzione delle loro emissioni di gas serra almeno del 5% tra il 2008 e il 2012 ri spetto alle emissioni del 1990. Sempre nel 1998 viene aperto alla firma il protocollo di Kyoto, con la prospettiva di entrare in vigore il 90 giorno dopo la data in cui almeno 55 Stati (che rappresentavano il 55% della quantit totale di gas emessa nel 1990) lo avessero7 accettato. 2005: Dal 16 Febbraio entra in vigore il protocollo di Kyoto. Il Protocollo di Kyoto che consiste in politiche e misure nazionali (x es. miglioramento dellefficacia energetica, promozione di metodi sostenibili di gestione forestale e per lagricoltura, adozione di misure volte a limitare e/o ridurre le emissioni nel settore dei trasporti e in altri settori industriali, ecc..) e in meccanismi flessibili. I meccanismi flessibili sono strumenti basati sul mercato che hanno lo scopo di aiutare i paesi industrializzati a diminuire i costi di adempimento agli obblighi di riduzione delle emissioni previsti dal Protocollo. Si basano sul principio secondo cui i costi dei progetti che comportano una riduzione delle emissioni di gas serra sono differenziati in base al luogo in cui vengono realizzati, ma il beneficio ambientale che se ne ricava globale, in conseguenza della natura del fenomeno del cambiamento climatico. Esistono 3 meccanismi flessibili: International Emission Trading: uno stato o unimpresa pu scambiare i permessi di emissione con altri stati o imprese con lo scopo di raggiungere la quantit di permessi necessari per coprire le proprie emissioni di gas serra.

Joint Implementation: permette ad un paese di ottenere crediti di emissione tramite la realizzazione in altri paesi di progetti che diminuiscono le emissioni di gas serra, in misura tale che essere risultino inferiori di quanto sarebbero state se il progetto non fosse stato realizzato. Clean Development Mechanisms: sono simili al Joint Implementation e sono rivolti ai paesi industrializzati, con la precisazione che i progetti devono contribuire allo sviluppo sostenibile del paese ospitante.

I limiti del Protocollo di Kyoto


Lobiettivo di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra del 5% per il primo periodo del Protocollo di Kyoto ben lontano dallo stabilizzare le concentrazioni di tali gas in atmosfera. Inoltre gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici sono caratterizzati da un numero insufficiente di partecipanti, con impegni troppo limitati e distribuiti in modo scorretto: gli USA x es. ritengono che il protocollo comporti costi eccessivi rispetto ai limitati risultati ottenibili e preferiscono una strategia di riduzione delle emissioni basata su programmi volontari interni e accordi bilaterali tra paesi. In assenza dellaccettazione degli USA i costi della mitigazione vengono quindi sopportati principalmente dai Paesi Europei (ex comparto sovietico escluso), dal canada e dal Giappone. La ripartizione dei costi fra questi Paesi non risponde ad una logica economica, ma solo politica: lUE ha accettato un impegno di riduzione dell8% mentre il Giappone e il Canada del 6%. Va poi considerata lincertezza sulle regole dei periodi successivi al primo, cio dopo il 2012.

CAPITOLO 9 - Transizioni demografiche e Mercato internazionale del lavoro: gli spazi contemporanei della multietnicit
La distribuzione geografica della popolazione mondiale
Lesercizio della sovranit dello Stato nei riguardi della popolazione ne sancisce lo status di nazione entro un territorio definito e ne situa il numero. Dati i circa 6 miliardi di abitanti (nel 2000) e la superficie di terre emerse, la densit media dovrebbe essere di almeno 40 ab/km2, ma basta pensare che 1/6 della popolazione del mondo insediata solo allinterno della Cina per capire che questa condizione non rispettata. Ci che conta realmente infatti la densit reale, cio il rapporto fisico fra popolazione e spazio vissuto: dalle tabelle pubblicate dallONU nellambito dei rapporti sulla World Popolation emerge che oltre la met della popolazione totale contenuta nei 10 pesi massimi demografici ed 1/3 in Cina ed India.

Lo spazio ecumenico
Lecumene, ovvero linsieme delle terre abitabili, si sta ampliando in quanto gli uomini sono sempre pi capaci di interagire con i fattori naturali e di creare condizioni artificiali per rendere alcune zone del pianeta ospitali. Unaltra utile considerazione per valutare gli squilibri della distribuzione sul pianeta, la contrapposizione fra fasce costiere e aree interne e fra montagna e pianura: infatti dalla seconda met del 900, in seguito allespansione spettacolare degli scambi internazionali, ben 4 prodotti su 5 prendono la via degli oceani (non a caso pi di 2 miliardi di persone abitano lungo strisce di terra profonde non pi di 50km dalle rive dei mari e fra le prime 10 metropoli solo Citt di Messico non sorge sulla costa).

La Transizione Demografica
Boom Demografico (0 AC: 250.000 1900: 1 miliardo 1929: 2 miliardi 1950: 3miliardi 1965: 4miliardi 1987: 5 miliardi 2000: 6 miliardi) Il ritmo di crescita attuale ha sfiorato i 100 milioni di persone lanno; di questi circa 90 milioni sono cittadini dei paesi poveri, in ragione del pi alto indice di fertilit: 3,6 figli per donna contro l1,9 registrato nei paesi avanzati nel periodo 1990-1995. Ovviamente si tratta di medie, perch in Africa orientale e centrale si supera anche la cifra di 6 figli per donna, mentre in America Latina si oscilla intorno al 3. Per capire questi numeri stata senzaltro utile la pratica del censimento e soprattutto la demografia, nuova disciplina nata nel 900. Gli studiosi della popolazione chiamano transizione demografica linsieme dei mutamenti che si sono verificati a partire dal secolo scorso (o che, a seconda dei diversi paesi, si stanno attualmente verificando) nellandamento della popolazione. Questa teoria aiuta a capire i meccanismi di regolazione demografica alle diverse scale. Prima della transizione demografica la popolazione cresce lentamente: la natalit elevata, perch il tasso di fecondit, il numero dei figli vivi, ossia che una donna mette al mondo nel corso della sua vita, molto alto (in media da 6 a 8). La crescita della popolazione lenta perch anche la mortalit elevata: la durata media della vita si aggira sui 40 anni. Dallinizio della transizione demografica si succedono 3 fasi: 1. La mortalit si abbassa: perch migliorano le condizioni di vita, grazie ad una migliore base alimentare e alla diffusione di norme igieniche e sanitarie che permettono di vincere o di limitare alcune malattie. Questa fase, avvenuta nel secolo scorso in Europa (dove la popolazione raddoppiata nel giro di un secolo), tuttora in atto nei paesi del Nord Africa e dellAsia Occidentale, nei paesi a Sud del Sahara e in America Centrale e Meridionale.

2. La Natalit diminuisce: mentre la mortalit continua a diminuire, la natalit inizia a declinare; il tasso di crescita annuo della popolazione diminuisce e si attesta intorno all1,5-2%. Questa fase attualmente presente in India, Cina e in alcuni paesi latinoamericani, mentre in Europa stata attraversata e superata a met 900. 3. Ulteriore diminuzione di mortalit e natalit: landamento decrescente riguarda sia la mortalit che la natalit, il tasso di crescita della popolazione non supera l1,5% e i valori della fecondit possono attestarsi sull1,3%, come in Italia e in Germania.Questa fase completa la transizione demografica. La teoria della transizione demografica descrive il passaggio graduale da una demografia preindustriale ad una demografia moderna, caratterizzata da una crescita limitata e controllata della popolazione.

Le migrazioni internazionali: dallo spazio migratorio euro-americano a quello euro-maghrebino


Nel corso della storia si sono succedute grandi migrazioni di popoli,sia a scala regionale che continentale, in seguito a guerre, spedizioni coloniali o eventi naturali, come carestie e terremoti. Negli ultimi quattro secoli il pi importante movimento migratorio stato quello dellEuropa verso le Americhe: attualmente le popolazioni di questi due spazi sono allincirca equivalenti e buona parte delle famiglie americane sono di discendenza europea. Attualmente le leggi statunitensi in materia dimmigrazione fissano a circa 750.000 nuovi residenti permanenti allanno,2/3 dei quali sono familiari di immigrati. Le cause dei movimenti migratori e gli effetti nei paesi di accoglienza e in quelli di origine sono diversi: movimenti di molte persone possono avere ragioni puramente economiche, nonostante profonde differenze linguistiche e culturali, quindi tali flussi tendono a ridursi appena la disponibilit del lavoro diminuisce. I precedenti canali migratori sono un fattore daiuto e di sollecitazione, ma in caso di crescita della domanda di lavoro si aprono rapidamente nuovi canali. A determinare il comportamento migratorio il confronto tra le condizioni materiali di vita nel proprio paese e quelle attese allestero (non si tratta solo di costi materiali, ma anche psicologici, valutabili in termini di separazione dalla propria cultura di riferimento).

Il movimento Euro-Maghrebino
Oltre due milioni di immigrati di origine maghrebina si sono mossi verso lEuropa, senza considerare quelli che hanno acquisito la cittadinanza del paese di accoglienza. Questi numeri assegnano di fatto a questo movimento migratorio il titolo di campo migratorio transcontinentale pi rappresentativo dellattuale stagione dei movimenti migratori internazionali. Il motivo principale di questa migrazione,lo troviamo nel fatto che Tunisia,Marocco e Algeria hanno accettato negli anni 80 le misure di aggiustamento strutturale del Fondo Monetario Internazionale,per modernizzare il loro sistema economico e ridurre il peso del settore pubblico sulleconomia e sui costi della pubblica amministrazione. Ci ha comportato una riduzione del numero di impieghi sia nel settore pubblico che privato, causando queste dinamiche migratorie. Tuttavia esse non sono la soluzione migliore per riequilibrare il mercato del lavoro,il quale deve assorbire la manodopera che c in eccesso. I mutamenti economici possono indurre la diminuzione della pressione migratoria solo a lungo termine, mentre nel breve possono agire come fattore di spinta, proprio in funzione del maggior grado di apertura verso lesterno delle economie nazionali indotte dai processi di globalizzazione. I paesi del Maghreb (paesi in via di sviluppo) sono caratterizzati da un livello intermedio,ancora insufficiente per assicurare il pieno reclutamento della popolazione attiva,ma in grado, in compenso, di agire come stimolo alla partenza.

Storia del movimento maghrebino:la prima fase dellimmigrazione maghrebina, dal dopoguerra alla crisi del mercato dei prodotti petroliferi del 1973, ha interessato soprattutto il territorio francese. Nel periodo successivo limmigrazione maghrebina ha vissuto soprattutto la stagione dei ricongiungimenti familiari, si insediata in maniera stabile e ha sperimentato una crescita naturale molto vivace. Con linizio del tempo della politica negli scenari migratori,ci sono stati numerosi stop agli ingressi dettati in Francia,Germania e Regno Unito e hanno suscitato lapertura di paesi come la Spagna e, soprattutto, lItalia ai flussi. Attualmente sono distribuiti fra Francia (900.000),Italia (250.000) Spagna,Belgio,Paesi Bassi e Germania (125.000/250.000 ciascuno).

Espansione,ramificazione e riarticolazione
Negli ultimi 30 anni i movimenti migratori hanno delineato una scena internazionale decisamente pi ramificata e complessa rispetto al passato. Allorigine di questa evoluzione, che ritiene come cause principali del fenomeno migratorio contemporaneo le crescenti differenze di sviluppo tra paesi ricchi e paesi poveri e i conflitti nazionalistici, c la decolonizzazione. Laccesso allindipendenza politica delle ex colonie dellAsia e dellAfrica ha fatto emergere la loro condizione di arretratezza economica. Oggi lemigrazione internazionale interessa la quasi totalit dei paesi e si stima che ogni anno vi sia circa un milione e mezzo di immigrati diretti nei paesi industriali, senza considerare i clandestini e gli stagionali. I campi migratori che si possono individuare sono 3: 1. I flussi che dal Messico si spostano verso la California e gli stati del Sud-Ovest, e dal Centro America e dalle isole caraibiche verso lEst Atlantico,la regione del Quebec e lOntario. Oppure gli spostamenti di popolazione interni allo spazio sudamericano, soprattutto quelli dalla Colombia verso il Venezuela. 2. In Europa c uno spazio euro-africano (direttrice Sud, soprattutto flussi provenienti dal Maghreb), uno spazio euro-asiatico (direttrice Sud-Est, movimenti dai Balcani e dal Medio Oriente), e uno spazio continentale (direttrice Est, spostamenti dai paesi dellEuropa centro-orientale, dalla Federazione Russia e dalle Repubbliche Asiatiche della CSI verso lOccidente). 3. I territori dellAsia dove i paesi petroliferi del Golfo restano un terminale darrivo importante per milioni di asiatici, dalla Palestina all Indonesia; da qui flussi importanti si muovono anche verso lAustralia e la Nuova Zelanda. Un ultimo flusso migratorio,sviluppatosi pi recentemente, quello dellemigrazione tecnologica,ovvero quel movimento che interessa tecnici qualificati (e quindi provenienti dai paesi pi sviluppati) che si spostano da un paese allaltro al seguito di imprese per realizzare centrali energetiche,impianto industriali,aziende agricole, grandi infrastrutture per un certo periodo di tempo, con periodi di lavoro alternati a fasi di riposo in patria.

Categorie di migranti
In base al loro statuto legale e amministrativo nei paesi di accoglienza possiamo individuare 5 categorie di migranti: immigranti ammessi legalmente dai quali ci si attende linsediamento permanente nei paesi daccoglienza: negli ultimi anni si avuta una media di circa 1 milione di migranti permanenti nei tradizionali bacini di accoglienza (USA, Canada, Australia e Nuova Zelanda); la maggior parte di queste persone provengono da paesi in via di sviluppo o in fase di transizione come lAsia e lEuropa orientale. migranti temporanei legalmente ammessi: si tratta di migranti stagionali, lavoratori con contratto non stagionale, migranti temporanei i cui contratti sono rinnovati nei paesi daccoglienza e componenti del nucleo familiare che hanno il permesso di ricongiungersi ai capifamiglia; (i lavoratori stranieri legalmente occupati sono circa 20 milioni in tutto il mondo).

migranti illegali (clandestini privi di documenti): le cifre dei lavoratori che emigrano clandestinamente cambiano molto spesso ed impossibile effettuare un calcolo accurato (sono circa 30-40 milioni in tutto il mondo). profughi: si tratta di individui in attesa di accedere allo stato di rifugiato in un paese straniero, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sul diritto dasilo e riconosciuta nei paesi industrializzati (sono almeno 1 milione) rifugiati: sempre secondo la Convenzione i rifugiati sono le persone che vivono fuori dal loro paese per fondati timori di persecuzione per motivi razziali,di religione,di nazionalit o perch membri di un particolare gruppo sociale o rappresentanti di una certa opinione politica (sono circa 17 milioni in tutto il mondo). I numeri comunque sono indicativi perch impossibile stimare la durata delle permanenze nei paesi stranieri (basta pensare ad alcuni rifugiati politici che vivono allestero per pi di 20 anni). In generale il numero dei migranti non supera l1,5% del totale della popolazione mondiale, ma la loro presenza significativa soprattutto in alcune zone come lEuropa occidentale, dove la massa di immigrati evidenzia una condizione di malessere sociale.

Direttrici dei principali movimenti di persone


La direttrice prevalente quella Sud-Nord, come mostra lesempio italiano. Allinterno di questa direttrice ci sono soprattutto lavoratori che dai PVS, sovrappopolati e con forte disoccupazione o bassi redditi, emigrano verso lEuropa occidentale, gli USA e lAustralia. In Europa gli extra-comunitari sono molto numerosi soprattutto in Germania, Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Italia, paesi a bassa natalit e dove gli immigrati stanno diventando insostituibili in molte mansioni sgradite ai lavoratori dei paesi ricchi. Altro flusso quello delle ex colonie francesi e britanniche dellAfrica occidentale che si muove verso i paesi metropolitani: si tratta di immigrati senegalesi, nigeriani, ghanesi, ecc.. che preferiscono queste destinazioni per i vecchi legami di natura coloniale e quindi la familiarit con la lingua. Altra direttrice importante quella relativa agli spostamenti dalla Turchia verso i paesi europei di lingue tedesca, le Fiandre, la Vallonia e la Francia settentrionale; in Germania vivono oltre 2 milioni di turchi, altri invece negli ultimi tempi si sono indirizzati verso le aree petrolifere del Medio Oriente, ed in particolare in Arabia Saudita. Per quanto riguarda il contesto europeo, attualmente ci sono 3 grandi correnti migratorie: quelle provenienti dal bacino mediterraneo, quelle provenienti dai paesi dellEst (Russia compresa) e quelle allinterno dellEuropa orientale e delle Repubbliche Asiatiche dellex URSS. Un altro tipo di migrazioni riguarda, infine, i profughi e i rifugiati per motivi politici: negli ultimi 30 anni lEuropa ha accolto migliaia di persone in fuga dai loro continenti dorigine (America Latina, Asia e Africa) perch privati delle libert fondamentali (x es. regimi dittatoriali, lotte interne, ecc..).

La percezione delle migrazioni internazionali


Esistono quindi due gruppi di motivazioni principali che spingono gli uomini a trasferirsi altrove: uno di natura demografica-economica e uno di natura politico-legale. In entrambi i casi i movimenti migratori vengono innescati dallesistenza di notevoli squilibri. Nella seconda met del 900 questo fenomeno ha conosciuto unevoluzione molto variegata,dovuta alla facile mobilit e comunicazione e alla diffusione di dinamiche globalizzanti che hanno reso alcune lunghe distanze pi agevoli rispetto al passato, creando le condizioni per incontri e contatti inaspettati fra persone appartenenti a culture molto distanti. Per quanto riguarda la storia delle migrazioni si pu dire che negli anni 70 ha interessato la fuga dei cervelli, negli anni 80 c stata le-

splosione dellimmigrazione clandestina e gli anni 90 le migrazioni hanno posto in risalto temi come il diritto dasilo e la convivenza multi razziale. Attualmente invece possiamo leggere questondata migratoria: In maniera strategica: come la fine del confronto politico militare Est-Ovest In maniera geopolitico: come lemergere di tre poli nelleconomia mondiale e nel sistema delle relazioni internazioni (USA, EU e Giappone) In maniera economica: come laccentuazione delle disparit fra Nord e Sud In maniera culturale: come il rinnovato dinamismo delle logiche identitarie In maniera demografica: come lo scarto crescente fra Sud e Nord in termini di crescita della popolazione

CAPITOLO 10 - Spazi rurali,mercati globali


Agricoltura e ambiente
Una prima questione concerne le pratiche agricole moderne in relazione con le gestione ambientale. Oggi si parla infatti di una rivoluzione verde attraverso una rivoluzione genetica,ovvero attraverso lapplicazione delle biotecnologie del trasferimento genetico per costruire organismi vegetali transgenici,comunemente detti Organismi Geneticamente Modificati(OGM),che sarebbero in grado di meglio resistere ai parassiti,alle siccit,alla salinit dei terreni e di aumentare quindi ancora la produttivit,nel frattempo consentendo una diminuzione degli input agronomici. Vi sono posizioni,a riguardo,fortemente contrastanti:da una lato i sostenitori di tali nuove possibilit sono convinti che le innovazioni non sono solo dannose per lambiente,ma consentiranno di diminuire alcuni impatti ecologici dellagricoltura moderna intensiva,dallaltro c chi nutre un forte sospetto e ritieni indispensabile applicare un principio di cautela che di fatto impedisca al momento la coltivazione degli OGM. La rapida diffusione delle colture transgeniche,che assicurano un grande vantaggio competitivo a chi le impiega,porta a dire che la scelta appare ormai compiuta nei fatti. La gran parte della ricerca condotta da imprese Multinazionali,che detengono brevetti esclusivi sulle sementi transgeniche. Tali imprese sono concentrate sui mercati pi appetibili:le aziende agricole delle zone temperate. Sono invece trascurate colture come il sorgo o il miglio,essenziali per lalimentazione umana ad esempio nellAfrica subsahariana. Lartificializzazione progressiva dellagricoltura arriva a concepire il campo non diversamente dalla fabbrica:si assiste al tentativo di creare un controllo totale della produzione agricola attraverso la meccanizzazione sempre pi perforante,le biotecnologie,puntando cos alleliminazione o alla riduzione estrema della complessit originaria contenuta nella campagna. Oggi lagricoltura interpretata in positivo,soprattutto nei paesi sviluppati,come strumento di manutenzione del territorio e di conservazione del paesaggio. Le pratiche agricole sono valorizzate anche per le funzionalit esterne che possono generare,se ben condotte. Vi sempre maggiore consapevolezza dei tempi lunghi di formazione del paesaggio agrario e dellimportanza di costruire statuti dei luoghi che permettono di preservare le invarianti strutturali,icaratteri fondativi delle identit dei luoghi e tra essi appunto i caratteri del paesaggio agrario.

Lagricoltura strategica:cibo e biocarburi


La seconda grande questione agraria concerne luso del cibo e delle produzioni agricole come arma politica. La produzione di derrate alimentari riveste un valore strategico notevole,come leva di creazione di consenso interno nei Paesi in via di sviluppo e come strumento di pressione internazionale da parte dei principali produttori. La dipendenza di un Paese dalle importazioni un fattore di debolezza e di esposizione a pressioni esterne. Lobiettivo dellautosufficienza alimentare stato,ed considerato importante anche per la valenza strategica che esso implica:lo ancora per tutti quei Paesi che aspirano a conquistare una maggiore autonomia o a consolidare il loro ruolo sullo scacchiere delle relazioni internazionali. Le recenti proposte francesi sulle politiche agricole comunitarie orientate proprio a tutelare lindipendenza alimentare dellEuropa,sono significative dellattualit del rilievo geopolitica delle produzioni di cibo. Laumento del prezzo di petrolio e gas,sta impattando fortemente con il mondo agricolo per lespansione attuale e ancor pi futura delle colture destinate a produrre biocombustibili. Questa scelta pu avviare un conflitto tra produzione di colture per biocombustibili e per alimenti,scontro preannunciato dalla crescita tendenziale del prezzo delle commodities alimentari,ad esempio il mais. Nella categoria dei biocarburanti necessario distinguere letanolo(per cui distillazione si possono usare mais,barbabietola,grano,canna da zucchero) e il biodiesel(per la cui produzione si utilizzano colza,girasole,olio di palma). Lemissione di gas ad effetto serra ridotta del 50% rispetto ai combustibili fossili questo ne giustifica la patente di combustibili verdi puliti. USA e Brasile sono i massimi produttori di etanolo,mentre lEuropa piuttosto orientata al biodiesel. Le alleanze internazionali gi riflettono le nuove priorit strategiche:tra Bush e Lula nella primavera del 2007 stato stipulato un patto energetico per lo sviluppo della produzione di etanolo. Il rendimento energetico complessivo delletanolo da mas molto basso e il suo valore ecologico risulta minore di quanto appaia a prima vista;i biocaruri di seconda generazione dovrebbero consentire un elevato rendimento energetico,ma serviranno parecchi anni per svilupparli e giungere alla loro produzione su larga scala. La conversione ai biocarburi di terreni dedicati precedentemente alla produzione di cibo alza il prezzo delle derrate alimentari,in concomitanza con laumento progressivo delle richieste di commodities da parte dei giganti asiatici.

Agricoltura,sicurezza degli alimenti e qualit della vita: dalla monofunzionalit alla multifunzionalit
Ultima grande questione agraria la transizione tra una concezione dellagricoltura orientata essenzialmente alla produzione quantitativa ad una che vede nellagricoltura i passaggi chiave nella direzione di uno sviluppo orientato alla qualit della vita. E un tema di estrema attualit nei paesi avanzati ,che presenta molte sfaccettature:produzioni biologiche,certificazioni di qualit,tracciabilit dei prodotti e rintracciabilit dei soggetti responsabili delle diverse fasi,denominazione di origine controllata,tutela delle produzioni tipiche. Il segno pi evidente di questa nuova sensibilit lo si pu osservare nellevoluzione della PAC(Politica Agricola Comunitaria):insieme di norme e meccanismi comunitari che governa la produzione,la lavorazione e il commercio dei prodotti agricoli e che gestisce le iniziative di sviluppo rurale, tra gli ambiti dazione pi significativi della UE;le finalit:accrescere la produttivit dellagricoltura,stabilizzare i mercati,tutelare un giusto tenore di vita per la popolazione rurale,assicurare gli utenti finali lapprovvigionamento alimentare a prezzi equi. Una nuova concezione d agricoltura si sta cos delineando. Laccento non pi sulla produzione,piuttosto sulle esigenze della domanda,dei consumatori,dei cittadini e del territorio.

La nuova agricoltura orientata alla multifunzionalit(ovvero valorizzazione delle esternalit ambientali/territoriali/sociali dellagricoltura,anche attraverso lo sviluppo di filiere agroalimentari che mirino alla qualit e territorialit delle produzioni)a differenza della monofunzionalit dellagricoltura orientata alla riduzione della maggior quantit possibile di commodities per le grandi compagnie internazionali di produzione e di distribuzione alimentare. Questo nuovo disegno agrario punta al mantenimento di un tessuto sociale vitale nelle zone rurali e ad un nuova alleanza tra campagna e societ,tra agricoltori e consumatori/cittadini. In direzione contraria a quella ora descritta sembrano invece andare gli avvenimenti nei PECO( Paesi dellEuropa Centrale e Orientale),recentemente uniti alla UE;in essi si assiste piuttosto ad un accaparramento di terre,ad un processo di acquisizione di aziende dallesterno e allo sviluppo di un gigantismo aziendale,perch da parte di imprenditori occidentali facile mangiare agricolture deboli e arretrate tecnologicamente. Si pu affermare che passa anche attraverso lagricoltura e lalimentazione la ridefinizione della relazione tra globalizzazione e identit locali. Molta della popolazione nei PVS vive ancor oggi di agricoltura,la campagne infatti ancora lambito di vita di una grande moltitudine di persone,la povert rurale quindi condizione diffusa e appare purtroppo tuttaltro che avviata a rapida soluzione. Oggi la condizione delle masse rurali una delle maggiori preoccupazioni per il consolidamento dello sviluppo cinese. Il riequilibrio regionale essenziale innanzi tutto per evitare lo svuotamento rurale e limmigrazione nelle citt;ma strategico anche per la creazione di un forte mercato interno in grado di trainare la crescita economica;per questo sono previsti notevoli investimenti nello sviluppo rurale. E necessario segnalare i paradossi della transizione alimentare che sta portando settori consistenti di popolazioni dalla denutrizione allipernutrizione. Si registra infatti un progressivo ingrassamento della popolazione anche nei PVS a seguito di diete fondate su cibo ad alta densit energetica;lobesit risulta un problema sanitario potenzialmente pi diffuso della denutrizione ed legata anchessa alla povert. Certo ai giorno nostri gli esiti delle peggiori carestie sono fortunatamente meglio gestibili grazie alle possibilit logistiche moderne di trasferire i un tempo relativamente rapido genere alimentari di emergenza: la differenza sostanziale con le epoche storiche in cui le difficolt di trasporto delle merci e di circolazione dellinformazione rendevano ogni crisi locale potenzialmente drammatica.

Terra,agricoltura e progetti
In una geografia dello sviluppo la terra,la sua appropriazione e luso che ne viene fatto,non pu che essere centrale. Grandi risorse e sforzi sono stati rivolti allo sviluppo rurale del Paesi pi poveri,vedendo giustamente in esso un canale essenziale di crescita economica e umana. Ma come sono state spese queste risorse,quali siti ne sono sorti,che implicazioni possiamo ricavarne per il futuro? Le strategie e i sistemi di azione dei progetti di sviluppo rurale hanno previsto interventi a prevalente materialit(costruzioni di rete irrigue,stazioni di pompaggio,magazzini). Tali conoscenze e competenze per sono rimaste,nel loro contenuto strategico,patrimonio degli attori territorializzanti esogeni. Le strategie forti non possono prescindere completamente dalladeguatezza tra i loro obiettivi e gli interessi degli altri attori coinvolti nel progetto in atto. Non vi infatti unipotetica ed unica risposta valida poich questa sempre condizionata da problematiche e interventi che si intersecano nel territorio o lo dominano,orientando gli attori e le loro pratiche particolari. Il destino di ogni strategia e sistema di azione che intendano costruire territorio si compie nelle mani dei destinatari. Se essi credono nel progetto territoriale proposto,questo si rafforza;il non credere in una strategia territoriale significa indebolirne la causa,anche se non necessariamente gli attori che vi si oppongono sono in grado di interromperne la realizzazione.

Aspettative e bisogni sono stati invece individuati a priori,imponendo agli attori destinatari dei progetti solo ladattamento rispetto alle strategie elaborate in loro assenza. Progetti e contadini sembrano avere gli stessi obiettivi:disponibilit di terra utile,agricoltura produttiva e ridefinizione della propriet. Ma ogni attore pensa alla posta in gioco secondo il proprio punto di vista e interesse. E gli obiettivi non diventano comuni. La prospettiva a partire degli anni 90 stata quella di un aiuto al territorio e non pi di unassi stenza onnicomprensiva. Le condizioni dello sviluppo dei territori locali sono impartite ancora una volta dallesterno. Le comunit locali intanto sono diventate sempre pi dichiaratamente critiche e sospettose nei confronti dei progetti. Ma le opposizioni espresse in modi poco formalizzati non hanno scosso in maniera efficace le strutture forti presenti sul territorio che hanno continuato a decidere per il territorio stesso. Se le strategie sociali cambiano a fatica lo stesso vale per quelle territoriali. Il passaggio dal disagio come incapacit di reazione,al disagio come opposizione tuttaltro che rapido e facile soprattutto per gli attori locali ai quali mancano sempre le risorse economiche,il riconoscimento di uno status sociale accettabile e sono molto frammentati fra loro.

Mercato globale e indebitamento contadino


Di fronte alla crisi dei grandi progetti di modernizzazione agricola e alla riduzione degli aiuti internazionale per i PVS,si punta alla privatizzazione e alla crescita delle esportazioni agricole. La spinta di questa prospettiva viene dalle politiche di abbattimento delle barriere doganali imposte dalle grandi agenzie coma la WTO,la Banca Mondiale e il FMI. La tenaglia che si stringe sui piccoli coltivatori dei PVS rappresentata da un lato dalla liberalizzazione di input agronomici e di servizi,dallaltro dalla contrazione dei redditi per effetto delle concorrenza globale. La terra non appartiene generalmente a chi lavora ma alla borghesia rurale;la mezzadria comporta il pagamento della met del raccolto al proprietario,per la sola concessione del nudo terreno,senza costruzioni o investimenti di capitale. Le banche sono sempre meno disponibili a praticare crediti agli agricoltori. E se lo fanno impongono interessi ben pi alti rispetto ai crediti concessi alla classe media urbana. Il vuoto lasciato prima di tutto dallo stato e poi dalle banche,per il rifiuto di concedere finanziamenti ai contadini poveri, colmato dallemergere di nuove figure di prestatori di denaro,ad esempio i commercianti di fertilizzanti e di prodotti per lagricoltura,o dal riproporsi di figure tradizionali,i notai locali. Lindebitamento di contadini pu avere risvolti drammatici,come si verifica in India con la diffusione del suicidio in ambito rurale, ultima soluzione rispetto allimpossibilit di corrispondere il denaro. La gestione del rischio finanziario un elemento essenziale per sfuggire alla povert estrema. La lenta e declinata costruzione di iniziative di credito rurale,attivata da ONG esterne e affidata progressivamente alla responsabilit degli attori locali, per insidiata,in alcune situazioni,dai piani di grandi agenzie internazionali di sviluppo. Esse,su programmi specifici relativi ad esempio al rafforzamento della piccola imprenditoria privata,rilasciano crediti senza interessi o addirittura senza obbligo di rimborso di capitale nella sua interezza. Esistono in alcuni paesi programmi di sostegno del credito rurale:il governo Indiano di centro sinistra ha previsto laumento del 47% delle dotazioni per lo sviluppo rurale. In particolare le forze di governo hanno sottoscritto limpegno a garantire almeno 100 giorni di lavoro per famiglia rurale. La sua formulazione finale avrebbe previsto un salario minimo di almeno 60 rupie al giorno per ciascun nucleo familiare contadino e obbligherebbe il governo ad estendere il programma insieme allIndia rurale in 5 anni.

Forme di autorganizzazione rurale e prospettive future


Assume particolare rilievo la crescita dellassociazionismo contadino,sia esso formale,spesso su stimolo o quanto meno con il supporto di ONG esterne,o informale,con lirrobustirsi delle relazioni endogene favorite anche dalla diffusione della telefonia cellulare,delle radio rurali,come dai collegamenti con i migranti e dallaiuto che le loro rimesse garantiscono. Le associazioni/cooperative sorgono come raggruppamenti di contadini,di donne,di giovani che si uniscono per poter accedere al credito agrario o per poter chiedere finanziamenti ai donatori;in alcune situazione riescono a compiere un salto di scala,alleandosi tra loro a scala regionale o nazionale e persino costituendo reti internazionali. Lespansione di questo associazionismo ha favorito tra laltro il protagonismo degli attori rurali deboli nel dibattito sui temi dello sviluppo,alle diverse scale,da quella nazionale a quella globale. La dipendenza dallestero genera insicurezza alimentare,rende fragile la produzione alimentare interna,provocando un alto tasso di disoccupazione rurale,e comporta lo schiacciamento su cibi globali :per tutti questi motivi uno tra i primi obiettivi della sovranit alimentare la tutela dei mercati interni,degli attori locali e delle reti corte di commercializzazione. Diventa essenziale la capacit di contrazione dei PVS nei confronti dei paesi che dominano i mercati internazionali,in particolare USA ed UE. La sovranit alimentare non potr consolidarsi senza accesso dei contadini alla terra,alle tecnologie e ai mezzi di produzione e in particolare al credito,cos come pu risultare essenziale laffermarsi dei diritti di propriet sugli organismi vegetali attraverso brevetti biotecnologici. La telefonia cellulare in molte situazione permette di rompere la condizione di chiusura del mondo rurale e consente quindi luscita di tanta parte delle immense campagne terzomondiali dellisolamento;permette di connettersi direttamente con i mercati e di gestire in prima persona la commercializzazione. Anche le radio rurali svolgono un importante ruolo di comunicazione,ma anche di formazione del mondo rurale:le trasmissioni di divulgazione negli idiomi locali consentono laccesso diffuso ad informazioni anche di natura tecnica che prima erano nella disponibilit solo delllite secolarizzate.

CAPITOLO 11 - Industrie e globalizzazione delle filiere produttive


Il concetto di sviluppo stato spesso associato allidea di industrializzazione,perch la crescita di quegli anni corrispondeva allaffermazione e al consolidamento dellindustria meccanica,chimica, elettronica. Non a caso nel processo di decolonizzazione molti stati hanno puntato sullindustria per fare una strategia di sostituzione delle importazioni,ovvero per promuovere lautosufficienza per quei paesi che hanno sempre importato prodotti manifatturieri ed esportavano beni semplici a basso valore(zucchero,banane,caff,te o cotone).Tranne alcune eccezioni come Taiwan e India,questo progetto ha miseramente fallito,in quanto lo sviluppo industriale,in particolare dellindustria pesante,richiedeva il sostenimento di una domanda di mercato che era assente nella maggior parte delle economie del Sud del mondo. Inoltre,problemi legati a carenze infrastrutturali,tecnologiche e manageriali,unite ad una forte concorrenza dai paesi sviluppati e con consolidata tradizione industriale. Dal 1960 si provato unaltro progetto per unire industria e sviluppo:industrializzazione su invito,ovvero lattrazione di imprese straniere con incentivi fiscali in particolari zone daffari dette export-processing zones;ha rappresentato il primo consapevole tentativo di utilizzare la crescente internazionalizzazione delle filiere produttive come strumento di sviluppo.

Lindustria fra internazionalizzazione e globalizzazione


Il processo di globalizzazione delleconomia pu essere inteso come la progressiva estensione delle prospettive e degli orizzonti geografici delle imprese,sia manifatturiere,che finanziarie e di servizio. Quindi possiamo dire che nel corso degli anni 70 c stato un passaggio da un economia internazionalizzata ad un economia globale. Occorre quindi introdurre una distinzione fra aspetti quantitativi e qualitativi. Aspetti Quantitativi: riferiti alla crescente estensione geografica e intensificazione dei flussi economici,definiscono sostanzialmente il concetto di internazionalizzazione. Aspetti Qualitativi: lintegrazione funzionali di attivit economiche distribuite a livello internazionale (un processi di produzione pu coinvolgere numerosi paesi) e lemergere di nuovi attori politici e di regolamenti internazionale di portata tendenzialmente planetaria (Organizzazione Mondiale per il Commercio). Negli anni 80 questi elementi hanno portato laffermazione di filiere internazionali e ad una formidabile intensificazione degli scambi di beni e servizi (terziaria),e della produzione de localizzata .La crescita degli investimenti esteri nel settore terziario spiega la formazione di grandi imprese multinazionali nei settori della finanza e dei trasporti. Ragion per cui possiamo parlare ora della globalizzazione economica come una forma di produzione internazionalizzata, in cui le attivit generatrice del valore,possedute,controllate e gestite dallimpresa si distribuiscono su una pluralit di mercati,per cui una quota crescente del valore e della ricchezza prodotta e distribuita tramite un complesso ventaglio di processi e di relazioni che integrano le diverse economie nazionali. Leconomia globale non pi come fenomeno omogeneo,ma comporta spesso laffermazione di modelli di produzione e di consumo specifici,caratterizzati da diverse forme di complessit. Accompagnandosi alla destandardizzazione della produzione,la globalizzazione rende infatti le specificit nazionali (regionali,locali) il fondamento di una concorrenza fra diversi,dove le differenze sono allorigine della produzione di ricchezza e dei vantaggi competitivi.

Limpresa Multinazionale:linee evolutive


In generale la globalizzazione con la sue dinamiche ha portato 3 effetti: la diminuzione del potere economico la rapida crescita dimportanza dei mercati finanziari diffusa sensibilit ecologico-ambientale Per capire bene queste dinamiche bisogna vedere i comportamenti e le strategie delle grandi imprese multinazionali,soggetti chiave nel funzionamento del sistema economico mondiale. Non c oggi una definizione di impresa multinazionale,ma in generale si tratta di una societ che ha il potere di coordinare e controllare operazioni in pi di un paese e che ha sostanzialmente queste tre caratteristiche: il coordinamento e il controllo di varie fasi della catena di produzione localizzate in diversi paesi (multinazionale); capacit di trarre vantaggio dalle differenze geografiche nella distribuzione dei fattori di produzioni (risorse naturali,costo del lavoro) e nelle politiche nazionali (tasse,barriere doganali); potenziale flessibilit,cio capacita di mutare o intercambiare forniture e operazioni fra le varie localit geografiche. La loro storia cos articolata: Fine 1800: Appaiono,e alla fine della prima guerra mondiale erano gi le istituzione di governo delleconomia pi influenti in Europa e negli USA,impegnate in settori che permettevano di lavorare in ampi settori geografici.

Primi sviluppi portano le imprese nazionali alla scelta strategica di mirare al reperimento e al controllo delle fonti primarie,e cos le principali imprese europee investono in quei paesi dove cerano relazioni coloniali pre-esistenti. 1945-1973: forti investimenti sulleconomie industrializzate e quindi crescita senza precedenti negli anni 50-Anni 60 per diversi motivi: Condizioni Istituzionali: (es. accordo di Bretton consente agli USA di entrare dal 1944 nel mercato europeo). Innovazioni tecnologiche per standardizzare il processo e rendere inferiori i costi della mano dopera. Sviluppo delle infrastrutture di trasporto e di comunicazioni Omogeneizzazione dei mercati. Eliminazioni delle barriere commerciali,politiche di promozione dellesportazione e fallimento elle strage di importazioni. Attualmente c una differenza fra vecchie imprese multinazionali e quelle nate successivamente alla forte crescita (intorno agli anni 80). Le vecchie imprese presentano una struttura estremamente gerarchica,con stabilimenti esteri con funzioni limitate e poco qualificate. Le nuove imprese presentano invece una flessibilit organizzativa che rimette in discussione le gerarchie verticali di comando e di organizzazione della produzione. Le sue attivit non sono pi limitate ma si estendono a rete in tutti i continenti e coprono tanti settori produttivi,con giri daffari talvolta superiori al prodotto lordo di intere economie nazionali. Tutto questo perch hanno usufruito di tutte le trasformazioni tecnologiche che hanno consentito: o ampliamento dei settori dellattivit o ulteriore differenziazione del prodotto (per accedere a nuovi mercati) o accordi di cooperazione con altre imprese per specifici progetti di ricerca. Ne consegue una nuova forma di comportamento dimpresa,fondata sulla ricerca di alleanze e la stipulazione di accordi per favorire la circolarizzazione dei prodotti. Limpresa impegnata contestualmente nella produzione di beni altamente specializzati e prodotti standardizzati a consumo di massa,per cui le diverse unit perseguono strategie localizzative differenti. La geografia delle sedi continua a rivelare come le strutture centrali rimangano essenzialmente radicate nei paesi a economia avanzata.

Divari e Dinamiche del sistema economico mondiale


Il Boom senza precedenti degli anni 50 e 60 ha fatto si che leconomia mondiale si sviluppasse a tassi spettacolari e senza precedenti,sia dal punto di vista della produzione sia dal punto di vista del commercio. Dal 1973 ci fu una brusca interruzione perch lOPEC decise di quadruplicare il prezzo del greggio,che fu la prima di una serie di decisioni che rallentarono leconomia. Seguirono infatti il costante aumento del prezzo dei manufatti,la crescita del costo del lavoro,e linstabilit del settore monetario. Negli ultimi decenni infatti ci sono stati alcuni profondi cambiamenti: USA,Regno Unito e Germania (dopo unificazione),ovvero paesi con vocazione manifatturiera hanno avuto una riduzione della base industriale. La crescente perdita di centralit statunitense ed europea nel panorama industriale mondiale si sovrapposta al crescente peso di altre economie. Giappone: cresciuto molto negli anni 90,arrivando ad essere oggi,al terzo posto fra i paesi industrializzati. Crescita Malaysia,Indonesia,Tailandia e quattro tigri asiatiche(Corea del Sud,Taiwan,Singapore e Hong Kong);affermando la centralit del Sud-Est asiatico nella geografia della produzione industriale.

Fortissima Crescita di Cina e India,che hanno assunto un ruolo centrale nelleconomia mondiale nelle prospettive delle imprese multinazionali. Tutto questo per diversi motivi: o Crescita del 10% del PIL negli ultimi anni. o Espansione della classe media,ovvero quella che compra i beni durevoli. o Attrazione numerose imprese multi nazionalit. o Elevata dimensione demografica. o Basso costo mano dopera. o Disponibilit di personale qualificato. o Legislazione favorevole. La differenza principale fra Cina e India,sta nel fatto che mentre la prima ha dato un forte incentivo alle esportazione di prodotti manifatturieri e di attrazione del capital straniero,la seconda ne ha fondamentalmente adottata una di sostituzione delle importazioni,ossia di realizzazione di beni per il mercato interno,limitando di fatto lattrazione di investimenti esteri solamente al settore dellalta tecnologia. Anche in America Latina si registrato un boom negli anni 50-60,a cui seguito un periodo di regolare alternanza,e una forte crescita a partire dal 2003 in aeree come Brasile Messico e Argentina. Il Brasile rappresenta un caso particolarmente significativo dindustrializzazione e di inserimento nel sistema economico mondiale. La sua storia articolata cos: o 1900-1950: politica di sostituzione delle importazioni per beni di consumo,nella forma di politiche protezionistiche tese a incentivare la produzione locale di manufatti. o 1950-1960: multinazionali straniere erano interessate a penetrare questo vasto mercato aprendo filiali,aggirando cos barriere alla importazioni. o 1960-2009:il governo pass dalla politica di sostituzione delle importazioni allespansione delle esportazioni,incentivando lindustrializzazione e la produzione di beni destinati ai mercati internazionali. Il risultato fu altalenante,con periodi di forte crescita seguiti da profonde crisi economiche. Oggi il Brasile rappresenta un gigante della produzione industriale,e in particolare delle industria automobilistica,dellacciaio e dei metalli. I suoi punti forti su cui ha fatto leva per arrivare a questi livelli sono il basso costo del lavoro,la dotazione di risorse nazionali,che tuttavia si contrappongono al grosso limite della scarsa capacit tecnologica Questo quadro dimostra come i flussi commerciali non siano pi concentrati allinterno della Triade,e come la differenza fra Nord e Sud stia diventando pi labile,grazie alla presenza di alcune nuove realt,che venivano considerate in via di sviluppo come Cina (terzo esportatore al mondo),Hong Kong,Corea,Singapore,Messico,Taiwan (queste ultime compaiono per la presenza di semilavorati perch il ciclo produttivo viene scomposto),Malaysia e alcune realt legate al mondo del petrolio. Per capire la crescente internazionalizzazione delleconomia servono quindi i seguenti elementi Produzione Internazionale. Commercio Internazionale. Investimenti Internazionali. In tutti questi casi si pu capire che sempre meno netta la distinzione fra paesi investitori e quelli destinatari dei flussi dinvestimento. Gli ultimi decenni ci permettono inoltre di fare alcune considerazioni: leconomia europea capace di attrarre; il Giappone non riesce ad attirare capitale estero; un ristretto numero di paesi di nuova industrializzazione stanno crescendo molto economicamente (sud-est asiatico);

Imprese Multinazionali e organizzazione gerarchica dello spazio


Agli inizi del 900 cera lipotesi che la superiore capacit tecnologica e finanziaria di cui dispongono alcune impresa era la condizione che permetteva di operare con successo sullo scenario mondiale e dinsediarsi proficuamente su nuovi mercati Il percorso di sviluppo di un territorio avrebbe previsto la progressiva sostituzione di produzioni agricole con industriali,e successivamente il passaggio a funzioni industriali progressivamente pi specializzate e al terziario avanzato. Una simile interpretazione,piuttosto semplicistica e meccanicistica,prevede una sorta di correlazione fra territorio e universo delle multinazionali:la corporation rappresenterebbe lelemento strutturante dello spazio,e le funzioni dimpresa. Questimmagine oggi mutata, sostituendovi una realt abitata da incertezze e instabilit. Da un lato le nuove tecnologie informatiche hanno mutato la societ nel suo insieme,accrescendo la flessibilit organizzativa della produzione,dei consumi,della gestione funzionale,generando unintima alleanza fra conoscenza scientifica,cultura e sviluppo delle forze produttive. Le tecnologie dellinformazione sono alla base dellaffermazione di nuove forme organizzative flessibili delleconomia e della societ. Dallaltro lato,progressive modificazioni delle relazioni fra domanda e offerta hanno trovato espressione in una crescente autonomia e segmentazione dei mercati. Se lobiettivo delle prime corporation era quello di ampliare il pi possibile il mercato dei beni e dei servizi prodotti,la globalizzazione dei mercati ha frantumato una logica di omogeneizzazione dellofferta. Le multinazionali si trovano oggi a operare in mercati con caratteristiche molto differenti,trovandosi a fronteggiare strategie di diversificazione dellofferta nello spazio estremamente complesse. Per rispondere alle esigenze di questo mercato,limpresa deve cambiare dei criteri di gestione e di organizzazione,e usare tecniche modulari di organizzazione della produzione come per esempio il just in time. Bisogna inoltre entrare nellordine di idee,che non tanto importante la velocit dello sviluppo,quanto spingere le nuove tecnologie in modo pluralistico e diffusivo (in pi paesi e in pi centri di ricerca),anche tramite accordi di cooperazione,alleanze strategiche e joint venture (sistemi dimpresa flessibili e decentralizzati pi rapidi ad accedere a nuove conoscenze e servizi). Le configurazione a rete rappresentano la modalit organizzativa privilegiata dallimpresa globale caratterizzata da interdipendenza fra imprese volta ad assottigliare realt tipologiche differenti.

Reti,Gerarchie,Sviluppo nello scenario mondiale


Il fenomeno della globalizzazione va perci inteso come un fenomeno complesso,che si fonda in larga misura sulle diversit,sulle specificit e sulle traiettorie dei percorsi di sviluppo di un territorio;essa rende infatti le specificit nazionali e regionali dei prodotti di una concorrenza fra diversi,dove le differenze sono allorigine della produzione di ricchezza e dei vantaggi competitivi. Si tratta di una rivoluzione silenziosa,cominciata negli anni Novanta,che ha permesso a un numero molto maggiore di persone,in molto luoghi del pianeta,di progettare,mostrare,gestire e accedere a dati che prima erano trattati manualmente:il lavoro ha cominciato a scorrere allinterno e fra le aziende a una velocit e con unintensit sorprendenti. Il costo del lavoro non pi lunica determinante,oggi i protagonisti della crescita economica sono paesi come Cina e India,che uniscono al costo del lavoro contenuto anche qualit,professionalit e specializzazione. Le citt globali sono caratterizzate da una elevata concentrazione di capitale internazionale e servizi finanziari,rappresentano i nodi del sistema di comunicazione e dinformazione mondiale. In estrema sintesi,la geografia industriale rimane quindi ben lontana dalla situazione in cui possibile produrre qualsiasi cosa in qualsiasi luogo. Allimmagine di un mondo articolato fra sviluppo e sottosviluppo,fra paesi industrializzati e non industrializzati,sembra progressivamente sostituirsi quella di un mondo liquido,complesso,tuttaltro che omogeneo,ma allinterno del quale flussi e categorie tendono a mischiarsi,a perdere,confini,rendendo sempre pi difficile il ruolo della geografia economica nellinterpretare le trasformazioni del sistema-mondo.

CAP. 12 Leconomia globale e le geografie ineguali della terziarizzazione


La terziarizzazione delleconomia stato (ed ) un processo assai presente nella vita delle societ umane che incide nei sistemi produttivi del pianeta. Il paradigma industriale dimostrava come la tecnologia che tendeva ad eliminare la maggior parte del lavoro dal processo produttivo,per paradosso dava luogo ad una crescente incorporazione nel lavoro della stessa conoscenza (capitale cognitivo),che veniva richiesta dalla modernizzazione della produzione. Il paradigma post-industriale metteva in opposizione il capitale cognitivo con quello monetario. Nonostante ci il fenomeno della terziarizzazione rimasto relativamente circoscritto,e viene ignorato quanto le imprese del terziario abbiano colmato i vuoti delle citt (medie e grandi), quanto queste imprese siano connesse fra loro,e quanto queste siano utili in un processo di valorizzazione del locale per la loro natura molto specializzata che attrae attivit operative,gestionali e progettuali delle imprese transnazionali. Gi negli anni 30 Fisher aveva intuito limportanza del settore terziario,e spiegava la vastissima eterogeneit di atteggiamenti culturali e processi produttivi,che non potevano essere indirizzati ad un solo settore (infatti il PIL italiano cos composto:2% da agricoltura, 26% da industria e 72% da settore terziario).

Globalizzazione e trasformazioni del terziario


Gli studiosi hanno rivolto una crescente attenzione alle trasformazioni indotte dalla globalizzazione nelle relazioni economiche,sociali e culturali che attraversano il mondo contemporanei. Le analisi sullinternazionalizzazione delleconomia si sono concentrate soprattutto sulle catene globali della produzione e della merce, di cui sono protagoniste le grandi imprese transnazionali. Tali analisi hanno permesso di individuare le complesse relazioni che si creano tra le transnazionali detentrici dei marchi finali (interessate alle funzioni terminali del ciclo produttivo di design, marketing e di commercializzazione dei prodotti) e le imprese fornitrici spesso piccole (impegnate nella produzione e nella confezione dei prodotti manifatturieri). Questa divisione del lavoro mette in luce i persistenti rapporti di scambio ineguale che vede i paesi avanzati ospitare le imprese che sono a capo dei processi globali di produzione,e i paesi di periferia (paesi in via di sviluppo, del cosiddetto Sud globale) ospitare le imprese che materialmente realizzano i prodotto beneficiando di fattori di costo pi favorevoli (manodopera e materie prime). Limportanza dellaffermazione del terziario si manifesta in maniera che: nel settore della produzione permette allindustria manifatturiera di riprodursi in un epoca dove grazie alla commercializzazione e alla logistica,la rete globale su cui agire molto pi ampia nel settore del commercio,perch ora permesso alle imprese di collocarsi in posizione pi o meno dominante nella geografia delleconomia mondiale, grazie alla possibilit di accedere a diversi luoghi (grandi e medi centri urbani) Oggi tutti i servizi del terziario (assicurazione,contabilit,tutela legale, pubblicit, commercializzazione) hanno sempre pi importanza nel mondo globalizzato,e in particolare nelle citt globali e nelle tre grandi arene della globalizzazione (Europa Occidentale,America Settentrionale e Asia Pacifica). Il fatto che sia presente soprattutto in queste zone non deve rappresentare un mondo globalizzato statico che riproduce i soliti rapporti di disuguaglianza ma vuole rappresentare un mondo in forte movimento,dove alla contrapposizione fra sviluppo e sotto sviluppo si sostituita solo la grande rappresentazione fenomenica dello sviluppo che vede nuove regioni e macro-regioni che

emergono e cercano di lasciare il loro segno sul funzionamento delleconomia mondiale,dove leconomia dei servizi gioca un ruolo rilevante e crescente.

Geografie della finanza globale


Fra i diversi aspetti che rendono notevole laffermazione delleconomia globale si sta imponendo la forza con cui procede linternazionalizzazione dei mercati finanziari. Tale aspetto pu avere due punti di vista: da una parte si pu vedere il campo finanziario da una prospettiva tradizionale x es. per quanto riguardagli investimenti indiretti (il commercio delle partecipazioni azionarie che rappresentano quote di propriet di aziende) o lintermediazione (lacquisto di grandi fondi-pensione aziendali di quote di fondi di investimenti immobiliari, cio proprietari di patrimoni immobiliari). Dallaltra parte si pu considerare la finanza come una delle forze topiche delleconomia globale, un po per necessit (il capitale in eccesso dei paesi sviluppati, se investito bene, pu fruttare), un po per opportunit (crescita di strumenti finanziari di diverso tipo), un po perch il mondo degli affari tende sempre a trovare sbocchi nei percorsi finanziari.

Linternazionalizzazione del turismo: rischi e opportunit


Anche i servizi rivolti al consumo nel settore del turismo stanno attraversando un processo di costante internazionalizzazione. Oggi il turismo ha conquistato uno dei ruoli chiave come fattore di dipendenza,e,pur con qualche problema,dintegrazione fra il Nord e il Sud del mondo nellinternazionalizzazione dei servizi alle persone. Attualmente il primo settore dei servizi per quanto riguarda la ricchezza prodotta ed inoltre offre un grosso contributo alla crescita economica dei paesi in via di sviluppo, soprattutto (anche se questo motivo di discussione) alla valorizzazione del loro capitale umano, che inizia ad essere un elemento fondamentale dintegrazione economica e funzionale delle economie pi povere del pianeta con le pi ricche. Linternazionalizzazione del turismo ha avuto conseguenze particolarmente rilevanti non solo per le economie del Sud globale, ma anche per quelle dei paesi avanzati dellOccidente. Le loro imprese transnazionali risultano dominanti nel settore alberghiero, del trasporto aereo, delle agenzie di viaggio e dei tour operator e, in certa misura, anche della ristorazione. Eppure i paesi dellUE continuano ad attirare una quota decisamente maggiore di turisti internazionali, rispetto a quanto riescono a fare quelli in via di sviluppo (nel 1996 lEuropa richiamava il 59% di turisti internazionali, lAsia orientale e la costa pacifica il 14,5%, gli Usa e il Canada il 10,5% e lAfrica solo il 3,5%). Lespansione del turismo internazionale porta dei vantaggi socio-culturali e ha un effetto positivo nellintegrazione del mondo contemporaneo. Tuttavia sul piano ambientale la situazione decisamente pi preoccupante: la crescita del turismo internazionale genera effetti dannosi a causa dei carichi ambientali che gravano sul pianeta (come x es. i trasporti, le edificazioni o le modificazioni dei caratteri naturali dei luoghi,nonostante siano stati proprio questi gli attrattori).

Il turismo come strategia di sviluppo nel Sud - Globale


Al di l delle sue implicazioni per la sostenibilit ambientale a livello globale opportuno analizzare il controverso ruolo del turismo allinterno dello sviluppo economico e sociale dei paesi poveri del pianeta che, seppur di indiscussa utilit, presenta numerosi limiti: Sul piano economico e sociale il turismo genera effetti occupazionali limitati quantitativamente ma anche qualitativamente in quanto danno vita spesso a lavori stagionali, precari o irregolari. Inoltre crea dipendenza dai capitali stranieri ed raro che dia invece un impatto significativo alleconomia locale, poich una buona parte del reddito locale che si origina dal turismo internazionale viene speso poi al di fuori delleconomia locale sotto forma di consumo di prodotti importati o retribuzioni destinate a impiegati e dirigenti stranieri. Sul piano ambientale lintensificazione del turismo genera un forte rischio di sfruttamento incontrollato delle risorse ambientali, generato in particolare dallaumento dellofferta di infrastrutture turistiche (alberghi, attrezzature sportive, dotazioni portuali, ecc..)

Sul piano simbolico-culturale la valorizzazione intensiva del patrimonio locale pu dare origine a fenomeni di mercificazione e banalizzazione delle identit territoriali. Sul piano politico spesso i governi locali tendono a favorire gli interessi delle grandi multinazionali straniere, anche se in accordo con investitori locali. Si vede cos nel turismo unoccasione di arricchimento per i grandi attori economici internazionali, piuttosto che unopportunit di sviluppo economico e sociale per le popolazioni dei paesi poveri. Per fronteggiare i rischi e i limiti relativi al processo di crescita e internazionalizzazione del turi smo, sono state proposte delle strategie alternative di valorizzazione turistica delle localit pi bisognose, basate sul rispetto della sostenibilit ambientale, sul coinvolgimento delle comunit locali e sullo sviluppo economico endogeno a favore delle piccole imprese. Alcuni ritengono che tali obiettivi possono essere perseguiti solo in presenza di una regolazione istituzionale del settore turistico, e quindi un ruolo rinnovato e rafforzato dello Stato o delle amministrazioni territoriali. Lintervento pubblico potrebbe x es. provare a integrare maggiormente leconomia turistica con quella locale, diffondere territorialmente i benefici acquisiti e sollecitare ladozione di modalit di valorizzazione turistica ecologicamente sostenibili (x es. edilizia a basso impatto ambientale, sostegno allagricoltura e allartigianato locale, ecc..). Il turismo sostenibile difficile da realizzare perch richiede lapplicazione di strumenti e meccanismi di governance istituzionale che raramente esistono nelle regioni pi povere e periferiche del pianeta. La vera sfida quindi quella di convincere, con opportuni incentivi economici e con opere di sensibilizzazione nellopinione pubblica, le grandi imprese transnazionali impegnate nel settore a rispettare rigorosamente i criteri fondamentali di sostenibilit ambientale e sociale.

CAPITOLO 13 - I trasporti e la logistica come componenti dello sviluppo


Trasporti, territorio e sviluppo
Lo scambio di beni allesterno di un contesto di villaggio e la crescita delleconomia mercantile e industriale sono state possibili solo grazie al parallelo sviluppo dei trasporti. Il ruolo dei trasporti diventato quindi ancora pi strategico essendo, insieme alle telecomunicazioni, il mezzo per effettuare questi collegamenti, e pi in generale un fattore fondante del processo di globalizzazione. I miglioramenti tecnologici nelle telecomunicazioni hanno ulteriormente ridotto lostacolo che la distanza oppone alle comunicazioni e agli scambi, avvicinando molte aree del mondo, producendo cos il fenomeno che venne definito da Harvey compressione spazio-temporale e successivamente convergenza spazio-temporale, che permette unaccelerazione nei tempi di produzione e di consumo e di scambio e un collegamento spaziale tra mercati e zone di produzione anche molto distanti tra loro. Tuttavia, esistono varie regioni del Sud del mondo che non hanno affatto ridotto la distanza e hanno anzi subito un processo di ulteriore marginalizzazione, andando a formare il cosiddetto Quarto Mondo (paesi pi poveri). Parlando di distanza non ci si riferisce tanto alla distanza fisica, quanto a quella funzionale, ovvero a variabili tecniche ed economiche (x es. velocit del mezzo), politiche (x es. confini politici chiusi, accordi internazionali, ecc..), naturali (x es. vincoli fisici come ghiaccio o nebbia) e pi in generale lorganizzazione economica e sociale di una regione, che pu facilitare o meno le relazioni tra luoghi. Le vie di trasporto sono quindi il tramite attraverso cui si effettuano le relazioni tra localit,soggetti e imprese insediati in aree diverse, e proprio per tale motivo viene considerato un elemento essen ziale dellorganizzazione del territorio, in quanto ne forma le maglie connettive. La distribuzione delle strutture di trasporto nel territorio costituita da una rete nella quale vi sono i nodi; nella rete

circolano i flussi di traffico di diversa intensit, che determinano limportanza del nodo. X es. nel caso delle ferrovie, la rete si sviluppa su porzioni pi o meno vaste del territorio e ha come nodi una serie di stazioni ferroviarie; le stazioni hanno diversa importanza in base ai flussi di treni che controllano e alla quantit di linee di trasporto (ferroviarie e non) che incontrano; nel territorio la rete ferroviaria si configura quindi con maglie pi o meno larghe nelle varie regioni. Le principali strutture elementari delle reti di trasporto sono 3 e sono definite dal grado di accessibilit dei diversi nodi: Centralizzata: un centro ha laccessibilit privilegiata e quindi rappresenta lelemento dominante (x es. la rete dellalta velocit ferroviaria francese convergente su Parigi); Decentrata (o polarizzata): la rete modellata in modo che alcuni nodi abbiano significativi livelli di accessibilit (x es. rete dei trasporti autostradali tedeschi dove ci sono numerosi nodi ad elevata accessibilit); Distribuita (o equilibrata): nessun centro ha un livello di accessibilit significativamente diverso dagli altri, si tratta di un modello quasi esclusivamente teorico (simile x es. alla rete autostradale dei Paesi Bassi dove tutte le citt principali del Paese sono accessibili in un modo ugualmente elevato). Dal punto di vista economico il sistema dei trasporti rappresenta una grande filiera di attivit (costruzione dei mezzi e delle reti, distribuzione e manutenzione dei mezzi,utilizzo e gestione dei nodi [porti, aeroporti, ecc..] e dei flussi [le attivit di logistica]), che diventa un vero e proprio motore delleconomia, tanto che oggi questa catena di attivit rappresenta circa il 10% del PIL mondiale e in alcuni stati arriva al 15%.

Le politiche dei trasporti


Dallinizio della Rivoluzione industriale fino alla seconda met dell800 i trasporti furono gestiti per la maggior parte da compagnie private che operavano in funzione di un immediato profitto dimpresa (le reti venivano costruite dove era pi conveniente e quindi le reti di trasporto erano squilibrate, cio pi dense nelle aree sviluppate e rare o incomplete nelle altre). Nel 900 invece in Europa il trasporto inizi ad essere visto come servizio collettivo, di interesse pubblico e di utilit generale; lin tervento dello Stato si intensific in modo rapido attraverso la nazionalizzazione delle compagnie private (in particolare quelle ferroviarie) e, pi recentemente, con la politica delle infrastrutture, cio la costruzione di vie di comunicazione in determinate aree per favorire lo sviluppo economico e attenuare gli squilibri territoriali (x es. nel Sud Italia). La politica delle infrastrutture di trasporto per non rivolta solo alle aree in ritardo, a partire dagli anni 90 infatti nei paesi sviluppati la politica dei trasporti ha cambiato rotta. Da un parte ha cercato di sfruttare lintegrazione tra reti di trasporto diverse e tra reti internazionali e locali; x es. lUE incentiva la costruzione di reti transnazionali ma anche il collegamento tra reti di trasporto ad alta velocit ed altre infrastrutture di scala regionale. Dallaltra parte in molti paesi sviluppati in atto un processo di deregolamentazione, caratterizzata da una minore presenza dello Stato nella gestione e nella propriet dei nodi nazionali. In questo modo sono emerse le imprese multinazionali che disciplinano il flusso globale dei trasporti aerei, marittimi e terrestri del commercio e della gestione di aeroporti, porti e anche reti ferroviarie. Occorre inoltre considerare gli aspetti politico-militari e geo-strategici: lo Stato infatti esercita un potere sul proprio territorio anche attraverso il controllo delle vie di comunicazione e dei nodi che hanno un alto valore strategico, come gli aeroporti o gli scali marittimi internazionali. Tale controllo non viene applicato solo nella politica interna, ma anche in quella estera: le infrastrutture di trasporto (porti, aeroporti e canali internazionali) sono state anche oggetto di considerazioni geopolitiche poich in grado di fornire laccesso a risorse strategiche o mercati chiave (x es. petrolio mediorientale). In questo senso esistono ancora dei gangli strategici il cui libero accesso (e controllo) ne-

cessario per la realizzazione di gran parte dei trasporti marittimi mondiali, come x es. i canali interoceanici di Panama e Suez.

Le innovazioni tecnico-organizzative e la scelta del mezzo di trasporto


Oggi si ha a disposizione una vasta gamma di modi di trasporto, ma in alcuni paesi non cos: man mano che dalle zone pi sviluppate della Triade (Nord America, UE e Asia orientale) ci si sposta verso territori meno sviluppati o addirittura economicamente marginali (x es. Quarto Mondo) ci sono sempre meno possibilit di scelta. In generale, i vantaggi che offrono i diversi modi di traspor to possono riguardare la rapidit, leconomicit, la sicurezza e la portata. La convenienza varia in relazione alla distanza da percorrere e a seconda che il trasporto riguardi passeggeri o merci e dei tipi di merci: 1. Strada: il trasporto organizzato con infrastrutture fortemente consumatrici di spazio ed ha il pi alto livello di flessibilit, ma comporta elevati costi di manutenzione, vincoli fisici (nebbia, ghiaccio) e vincoli dovuti alla congestione del traffico. 2. Ferrovia: il trasporto opera su percorsi rigidi, meno vincolato da limiti fisici (a parte la pendenza) ed offre la pi alta capacit e velocit tra tutti i mezzi di trasporto. 3. Mare: il modo pi efficace per spostare grandi quantit di merci in modo lento e poco costoso. 4. Aereo: comporta elevati costi che limitano lutilizzano a pochi tipi di merci e ai passeggeri. Da alcuni decenni i singoli modi di trasporto competono tra loro e si completano a vicenda dando vita a sistemi di trasporto integrati; si parla x es. di trasporti intermodali come i container, ovvero dei moduli di carico di dimensioni standardizzate che permettono lintegrazione tra i mezzi di trasporto, poich possibile trasferirli su treni, navi, autocarri e aerei con costi e tempi di carico e sca rico molto ridotti e con un impiego di manodopera contenuto. Oltre allintermodalit esiste poi il trasporto combinato, come x es. il roll-on/roll-off che permette di trasferire direttamente un mezzo di trasporto, con o senza motrice (x es. tutto lautocarro o solo il rimorchio) su un altro per poi scaricarlo a destinazione. Quindi, la diminuzione dei costi di trasporto e dei tempi di viaggio, la riorganizzazione del sistema e le innovazioni tecnologiche hanno avuto profonde ripercussioni sullorganizzazione del territorio, provocando lintensificazione delle relazioni spaziali, soprattutto a scala mondiale, ma spesso anche regionale. Si per verificata una pi elevata differenziazione economica tra le regioni, poich alcuni assi di trasporto acquistano importanza, valorizzando certe aree, mentre altri diventano marginali, con le relative conseguenze negative sul territorio. I Gateway Portuali I porti sono gateway (punti di entrata e di uscita) di regioni pi o meno vaste che rappresentano punti di collegamento tra mare e terraferma. Negli anni 50 ci fu una vera e propria rivoluzione dei trasporti marittimi, ovvero una modificazione tecnologica e organizzativa che ha permesso alle strutture portuali di accogliere maggiori quantit e tipi di merci e di assumere nuovi funzioni. Tale evoluzione ha fatto s che il gran numero di porti polivalenti del passato si sia ridotto attualmente ad una decina; questi porti polifunzionali sono adibiti al traffico di diversi tipi di merce, per ognuno dei quali operano specifiche banchine e sistemi di movimentazione specializzati. In alcuni casi la polifunzionalit stata raggiunta con la creazione di sistemi portuali, cio con lintegrazione tra pi porti di una stessa fascia litoranea, ognuno specializzato in una o pi funzioni. Gli altri porti invece si sono specializzati concentrandosi nel trasporto di uno o pochi prodotti. Tra questi hanno un ruolo particolare i porti di trasbordo che si occupano di traffico mare-mare (transhipment): non hanno intensi collegamenti con il sistema di trasporto terrestre, ma hanno il ruolo di smistare i container

dalle grandi navi interoceaniche a navi di minore portata che operano su rotte regionali (x es. in Ita lia Gioia Tauro, che diventato il principale porto di trasbordo del Mediterraneo). A livello europeo il trasporto via mare sta ulteriormente aumentando grazie alla crescita dei commerci con lAmerica e soprattutto con le potenze asiatiche: il 95% delle merci intercontinentali movimentato via mare. Esiste poi un altro elemento fondamentale per tutti i porti moderni, cio il bisogno di spazio: x es. il porto di Genova non pu espandersi per via dellintensa urbanizzazione costiera e della presenza degli Appennini alle spalle, mentre x es. il nuovo porto di Rotterdam ha invece avuto una grande disponibilit di spazio, tanto da avere unestensione tale da accogliere una citt di un milione di abitanti. Le esigenze di spazio dei porti possono essere soddisfatte anche espandendosi in mare, attraverso la costruzione nellacqua (offshore) di nuove strutture, come avvenuto per i pi importanti porti giapponesi. Un altro aspetto fondamentale per la fortuna economica dei porti il retroterra economico, che permette al porto e alla regione retrostante di diventare uno stimolo alla crescita economica. In generale, i porti dei paesi industrializzati gestiscono circa il 60% del traffico mondiale, mentre quelli dei paesi del Sud del mondo riguardano circa il 30% e, a differenza dei primi, sono quasi sempre specializzati nellimbarco di uno solo o di pochi tipi di merce (x es. Dubai ha un traffico importante ma limitato al petrolio). Solo alcuni porti di paesi in via di sviluppo hanno un traffico ben diversificato, che pu dipendere dalla crescita industriale del paese (Rio de Janeiro, Buenos Aires, Mumbai), e/o dal fatto che sono anche porti di trasbordo (Singapore e Hong Kong).

La logistica e lorganizzazione territoriale hub&spoke


La logistica lattivit che gestisce e controlla la circolazione delle merci legata a tutte le fasi del processo produttivo (dal reperimento di materie prime e semilavorati alla distribuzione commerciale finale) e delle informazioni ad esso connesse. Lefficacia dellattivit logistica comporta minori costi di produzione e pi flessibilit ed inoltre risponde alle esigenze del just-in-time,che richiede un approvvigionamento elastico e tempestivo e che allo stesso tempo ha portato alla riduzione di capitale investito in depositi e capannoni. La logistica ha avuto molta importanza anche nella distribuzione commerciale perch consente di riorganizzare facilmente i magazzini,riducendo notevolmente tempi e punti di giacenza. I paesi sedi di grandi porti puntano su un nuovo vantaggio competitivo attraverso linstallazione di grandi piattaforme logistiche per la distribuzione europea che offrono ai propri clienti servizi di trasformazione,etichettatura,smistamento ecc.. (x es. nelle Fiandre dov localizzato il primo centro di Distribuzione Europeo). Le esigenze di logistica hanno inoltre prodotto una nuova organizzazione territoriale nella rete dei trasporti di vaste aree. Per quanto riguarda x es. il traffico merci per via aerea, i maggiori aeroporti mondiali fungono da nodi centrali (hub) per lo smistamento verso destinazioni pi periferiche (spoke). Questo sistema chiamato appunto hub&spoke, abbandona il sistema point-to-point e struttura in maniera gerarchica i flussi aerei: x es. in Europa aeroporti come Amsterdam, Londra, Parigi e Francoforte svolgono la funzione di hub nei confronti delle altre destinazioni continentali. In generale tutto il trasporto rapido di passeggeri ha seguito lo stesso tipo di organizzazione territoriale: la rete dei trasporti veloci ha alcuni nodi centrali cio le piattaforme di interconnessione (hub) che, grazie alla contemporanea presenza di terminal aerei, stradali e ferroviari fungono da nodo per tutta la rete mondiale dei trasporti. Le nuove piattaforme logistiche e di interconnessione, insieme ai pi importanti nodi di traffico tradizionali, stanno accelerando una tendenza alla polarizzazione e alla gerarchizzazione nellorganizzazione del territorio (x es. in Europa si creato da un punto di vista geografico il triangolo europeo per il traffico aereo merci tra Amsterdam, Parigi e Francoforte).

Le grandi direttrici del traffico


Le principali direttrici sono quelle che intercorrono tra paesi sviluppati (anche se ci sono importanti eccezioni) e sono 4: Europa Occidentale - America Settentrionale: il principale flusso di traffico, dove molto diffuso sia il trasporto marittimo che unisce le due coste per il traffico di merci, sia il traffico aereo,con le rotte pi frequentate del mondo. America Settentrionale - Asia Pacifica (in particolare Giappone e Cina): anche qui il trasporto marittimo (attraverso il canale di Panama) si combina con quello terrestre o aereo. Europa Occidentale - Medio Oriente e Asia Meridionale: una direttrice caratterizzata dal trasporto marittimo (in massima parte per il petrolio) e quello aereo. Giappone - Europa Occidentale (passando per Russia ed Europa Orientale): caratterizzata sia da rotte aeree che da linee di trasporto terrestri.

Le reti di trasporto nel Sud del mondo e nelle regioni poco abitate
Nel mondo esistono aree dove le reti di trasporto sono assenti e altre dove sono molto labili,come nei territori poco abitati del pianeta ma anche in molte aree del Sud del Mondo. Nel Sud c un sistema ferroviario e stradale inferiore dieci volte a quello dei paesi sviluppati,e i pochi trasporti che esistono sono concentrati soprattutto nellarea costiera,che avuto un effetto polarizzante per lo sviluppo economico del paese. Spesso aree interne sono raggiungibili solo con laereo o percorrendo strade sterrate, quindi evidente come in queste zone esista un forte dualismo tra alcune aree costiere e il resto del territorio. Una situazione di difficolt o lentezza nei collegamenti compare, in forma pi sfumata, anche nelle regioni meno sviluppate del Nord del mondo,come nel caso dellalta velocit ferroviaria, la cui diffusione procede a rilento in alcune regioni dei paesi sviluppati. In ogni caso si tratta di un processo evolutivo continuo che in alcune regioni in via di sviluppo servito proprio ad accelerare la crescita economica. Levoluzione della forma delle reti di trasporto nei paesi sottosviluppati pu essere descritta attraverso un modello interpretativo composto da 4 fasi: Le fasi 1 e 2 evidenziano la dipendenza dallesterno, mentre le fasi 3 e 4 rappresentano una maggiore attenzione alla crescita interna del paese (pur non abbandonando totalmente il vecchio modello di sviluppo. Ci sono molti piccoli centri portuali privi di interdipendenze reciproche ma legati ognuno al territorio circostante attraverso connessioni di breve raggio. Si avvia lintegrazione dei territori interni nel sistema economico e commerciale delle grandi potenze economiche. Si sviluppano le prime interconnessioni laterali, accompagnate dallulteriore crescita dei terminali costieri e dalla formazione di una rete di centri intermedi localizzati lungo le principali vie di comunicazione. Si consolida e si differenzia la rete preesistente, le strade originarie sono asfaltate e si creano nuovi collegamenti (soprattutto ferroviari e aerei) in maniera simile a quella di alcuni paesi sviluppati.

CAPITOLO 15 - Dalla citt del terzo Mondo alla citt del Sud globale lo sviluppo come questione urbana
Eventi come quello dello Tsunami Asiatico,con le sue circa 200.000 vittime,e delluragano Katrina,che ha sconvolto il New Orleans, rappresentano eventi catastrofici che influiscono fortemente su realt sociali nellera della Globalizzazione. Questi fenomeni mettono in evidenza: inadeguatezze strutturali mancanza di una politica di prevenzione improvvisazione di piani di evacuazione della citt In tali situazioni pressoch impossibile trovare il divario che c fra Nord e Sud del mondo. Le Bidonville: Sono forme dinsediamento urbano precarie e insalubri,spesso edificate con materiali di recupero,che nascono dalloccupazione abusiva di siti inadatti alledificazione. Sono un fenomeno esteso oltre il sud del mondo,e sono frutto,pi che di inaspettate esplosioni demografiche,di governance urbanistiche sbagliate o inesistenti.

La crescita dellurbanizzazione
La crescita demografica mostra i suoi effetti prevalentemente nelle grandi metropoli dei PVS. Ad un incremento della popolazione dei paesi in via di sviluppo,corrisponde un ritmo meno sostenuto o addirittura arrestato per i paesi pi avanzati. Il grado di urbanizzazione cambia invece a seconda dei continenti: abbastanza uniforme in Usa,Europa e America Latina,dove si attesta fra il 70% e l80% .Nettamente inferiore invece lAsia,dove ancora al 40%,dato che lurbanizzazione in quelle zona un fenomeno recente e la maggior parte della popolazione vive nelle aree rurali. Nel Sud la popolazione si concentra in poche sovradimensionate citt,creando la cosiddetta primacy o supremazia delle citt-capitali nei sistemi urbani nazional, rappresenta oggi uno dei fattori che maggiormente differenziano le trame urbane di paesi poveri da quelle dei paesi pi ricchi (numero di abitanti di una citt superiore al doppio della seconda del paese). Al Nord invece troviamo una distribuzione territoriale della popolazione pi equilibrata e un maggiore decentramento della funzione strategica delleconomia,in quanto la crescita dei centri maggiori si accompagna allincremento dei ceti medi. E cambiata anche la concezione di centralit per le metropoli,ora non pi dovuta alla presenza di grandi agglomerati urbani,ma dovuta a dotazioni funzionali pi leggere e invisibili:controllo strategico degli scambi e dei flussi finanziari internazionali,produzioni innovative.Per questo motivo ora le metropoli non devono pi far fronte a grandi crescite demografiche,ma devono rispondere alle esigenze derivate dalle trasformazioni che ha portato lo scenario della globalizzazione America Latina:il rapporto tra popolazione urbana e rurale simile a quello dei paesi pi ricchi,il modello di urbanizzazione incentrato su citt di grandi dimensioni,che attirano una quota prevalente della popolazione urbana(effetto primacy). America Centrale:ha una quota di popolazione urbana al di sotto della media continentale. Il problema prevalente nelle citt latinoamericane quello della povert. Medio Oriente:situazione contraddittoria:da un lato guerre e conflitti nei centri di grande tradizione urbana come Baghdad e Beirut,dallaltro lemergere di alcune capitali,come Dubai che per le sue caratteristiche arriva a rappresentare quasi un modello della citt globale periferica. Africa: il 38% risiede nelle aree urbane;in questo continente i tassi di crescita sono fra i pi sostenuti al mondo. E caratterizzata dalla presenza i paesi ancora profondamente rurali(Uganda) e altri invece che dispongono di centri urbani ormai ampiamente occidentalizzati(Sud

Africa).A motivare questa lentezza,c il fatto che sia un paese giovane,dove appena conclusa la decolonizzazione,ed inoltre un paese caratterizzato da marginalit economica. I problemi socio-ambientali dei paesi del Sud del mondo non sono tanto la conseguenza di pressioni eccessive della popolazione,quanto di fattori riconducibili alla sfera del governo dello sviluppo economico e territoriale.

La sfida della governance (= cambiamento)


Il fenomeno che pi caratterizza attualmente lo scenario mondiale dellurbanizzazione il gigantismo urbano,ovvero il fenomeno di quelle metropoli capace di attirare a loro molta gente con opportunit di sviluppo,di risorse materiali e immateriali e di infrastrutture. Tali realt nel Sud del mondo appaiono come un ammasso disordinato nel quale si sovrappongono diverse tipologie urbane e urbanistiche,ovvero legali e illegali (razionalizzazione urbana e abusivismo). La struttura di governance delle grandi metropoli dei paesi poveri si basa sullintegrazione tra le politiche promosse dai governi nazionali e le iniziative messe in campo dalle organizzazioni internazionali ufficiali. Dagli anni 80 le forme dintervento delle organizzazioni internazionali si sono ispirate largamente allapproccio del self-reliance,nellobiettivo di stimolare le capacit istituzionali di sviluppo dal basso presenti nelle societ locali,contribuendo cos al superamento delle politiche di sviluppo guidate dallalto. Il nuovo ruolo del territorio e dei sistemi locali si traduce in una rivendicazione da parte delle istituzioni regionali e municipali di pi ampie autonomie del governo urbano. Le istituzioni locali,le organizzazioni non governative e con esse le forme associative dei cittadini,appaiono in grado di mobilitare risorse dal basso e di raccordarle ai livelli superiori dei governi nazionali,la cui capacit dintervento si venuta drasticamente a ridurre con laffermarsi del regime politico neo-liberista a livello internazionale. Alcune megalopoli dei paesi poveri rivestono un ruolo strategico nella nuova rete mondiale. Lemergere di questi centri urbani mina legemonia delle citt globali:Londra,NY,LA,Tokyo,Francoforte,Parigi. In tale prospettiva diventa fondamentale la sperimentazione di politiche urbane e di forme maggiormente dinamiche di governance della citt,in grado di garantire al tempo stesso competitivit e spazio dazione per i soggetti interessati alle relazioni economiche con lestero e alla stabilit e coesione sociale allinterno. Limportanza della sfida della governance trova riscontro nelle raccomandazioni continuamente ribadite dalle organizzazioni internazionali di impegnarsi nellelaborazione delle cosiddette good (o best) practices,vale a dire pratiche e condotte di governo che si scaturiscono dalla capacit intorno a un progetto di politica sociale o del territorio un ampio coinvolgimento della popolazione e degli attori locali. Lesigenza di promuovere una pi effettiva proiezione nei flussi economici internazionali,richiede alle politiche urbane di puntare al potenziamento infrastrutturale,azioni di mktg territoriale e di promozione dellimmagine che perseguono un miglioramento della qualit ambientale,il raggiungimento di uno sviluppo urbano sostenibile diventa obiettivo imprescindibile per ogni citt del pianeta.

La questione abitativa e il governo dellemergenza


Lantropologo indiano-statunitense descrive uno scenario di Mumbai caratterizzato da drammatici contrasti sociali ed etnici. In un contesto segnato dalle forze della globalizzazione e dallesacerbarsi dei conflitti etnici,lo spazio urbano si caratterizza per la peculiare ibridazione fra ambiti diversi della vita associata,quelli deputati alle funzioni dellabitare e quelli dedicati alla vita pubblica. La citt ha il poterei compiere una trasformazione di s da parte dei suoi abitanti meno abbienti:persone che risiedono in quartieri poveri e disagiati modificano il proprio aspetto nel trasferimento quotidiano verso il luogo di lavoro,urbanizzando il proprio corpo e la sua rappresentazione. Linurbamento della popolazione rurale si realizza,nella maggioranza dei casi,in maniera spontanea e ci si riflette nelle forme dinsediamento:fenomeni di abusivismo edilizio e di autocostruzione delle

abitazioni originano la formazione di grandi baraccopoli,che sorgono in maniera illegale,prendendo nomi diversi a seconda dei contesti geografici: slums, favelas, ecc..

Incentivare il mercato,garantire i residenti:la ricostruzione degli slums a Mumbai


Alcuni studiosi hanno mostrato come operazioni di demolizione e successiva ricostruzione degli insediamenti possano produrre benefici per gli abitanti degli slums,anche se non sono esenti da rischi dinsuccesso. Parte dei lotto ricostruiti sono stati poi offerti a prezzi di mercato a nuovi compratori,mentre il resto stato concesso agli abitanti gi residenti mediante un meccanismo di incentivazione reso possibile finanziariamente dallaccresciuto sfruttamento del suolo ottenuto con le pi elevate densit residenziali.;soltanto una parte minoritaria dei piani di ricostruzione stata portata a compimento. Ci accaduto perch il mercato immobiliare di Mumbai ha perso di effervescenza provocando un abbassamento dei valori delle propriet e rendendo cos pi difficile finanziare loperazione di ricostruzione e incentivazione con i proventi dalle vendite degli immobili. Per scongiurare lespulsione degli abitanti degli slums dalle proprio aree di residenza,si scelto di offrire loro ampi incentivi:gli abitanti meno abbienti hanno ricevuto a titolo gratuito in propriet le nuove abitazioni,usufruendo anche di una riduzione fiscale sulla casa e di un sostegno finanziario per affrontare le spese di mantenimento degli immobili. Un ruolo maggiormente protagonista dello Stato sarebbe in grado di limitare le distorsioni che possono presentarsi nellesecuzione di simili progetti.

Imparare dal Sud :New Orleans dopo Latrina


New Orleans ha vissuto drammaticamente i mesi successivi al disastro socio-ambientale dellagosto 2005(luragano Katrina). Si dovuto attendere almeno 10 mesi perch le autorit locali,con il timido sostegno del governo federale,mettessero in campo un piano finalmente organico di riqualificazione urbanistica e residenziale delle arre colpite dal disastro. Ma persino da quel momento,il processo il risanamento urbano proceduto molto lentamente,impedendo cos a circa met della popolazione ella citt di far ritorno alle proprie case. In tale situazione di disagio materiale e di sfiducia verso il ruolo delle istituzioni,sono proliferate iniziative di organizzazione e mobilitazione dal basso d parte delle comunit di quartiere,che hanno redatto piani autogestiti di sviluppo urbano,realizzato interventi essenziali di riqualificazione degli spazi e delle abitazioni e ricreato i legami comunitari che a seguito del disastro erano andati distrutti. Si assistito a un movimento di segno opposto:una pratica sociale urbana come quella delle mobili tazioni popolari per la riqualificazione dei quartieri disagiati stata sperimentata nel contesto di una citt dellOccidente,riecheggiando da vicino modelli di azione collettiva che abitualmente prendono forma nelle citt del Sud.

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