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Universit degli Studi dellInsubria - Facolt di Giurisprudenza Corso di laurea in Scienze Giuridiche

CARRARA E CHIAVARIO: UN CONFRONTO SUI DIRITTI FONDAMENTALI NEL PROCESSO PENALE

STUDENTE: Pirovano Luca NMatr.: 701397

RELATORE:

Prof.ssa Francesca Ruggieri


Ordinaria di Diritto Processuale Penale

Anno Accademico 2008/2009

SOMMARIO

Introduzione4

CAPITOLO I I modelli processuali ......6 1. Il processo accusatorio ..6 2. Il processo inquisitorio ......7 3. Il processo misto ............8

CAPITOLO II La difesa del reo ...11 1. La centralit della figura del difensore nel processo penale ...11 2. I principi di completezza e tempestivit quali corollari del diritto di difesa..17 3. Parit delle armi e favore della difesa ...23

CAPITOLO III Diritto alla libert personale e misure limitative 30 1. Limitazioni alla libert personale ..30 1.1 - La custodia cautelare in carcere .30 1.2 - Limiti temporali alla custodia cautelare in carcere .34 2. Status del detenuto ..37 2.1 - La condizione del detenuto 37 2.2 - I temperamenti alla custodia cautelare in carcere ...40 2.3 - La riparazione per ingiusta detenzione ...............42

CAPITOLO IV Le prove 45 1. Disciplina delle prove ..46 1.1 - Diritto alla prova .46 1.2 - Le prove illecite ..51 1.3 - Obbligo di motivazione per il giudice 54

2. La testimonianza .............57
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2.1 La partecipazione del testimone al procedimento ..57 2.2 La testimonianza indiretta ..62

CAPITOLO V Conclusioni ..65

BIBLIOGRAFIA ..69

Introduzione Il presente lavoro ha, come scopo principale, quello di individuare e confrontare analogie e differenze tra i diritti fondamentali garantiti dal diritto processuale penale vigente alla fine del 1800 e la procedura penale applicata nellordinamento italiano degli ultimi anni, modificato in rapporto sia allevoluzione storico-sociale del nostro Paese, sia alla riflessione giuridica contemporanea. Per riuscire nella comparazione, si analizzata lopera di Francesco Carrara Programma del corso di diritto criminale Del giudizio criminale (1859-1870), mettendola in relazione con lo scritto di Mario Chiavario Processo e garanzie della persona (1984). Francesco Carrara (Lucca, 18 settembre 1805 Lucca, 15 gennaio 1888) stato un giurista e politico italiano di ispirazione liberale, nonch uno fra i primi studiosi di Diritto Criminale a voler abolire la pena di morte in Europa. Fu professore di Diritto criminale presso lUniversit di Pisa. I nove volumi del Programma del corso di diritto criminale raccolgono il suo pensiero. Lopera di Carrara nasce in una situazione storica molto importante e travagliata: sono gli anni dellunificazione italiana, periodo in cui si susseguirono codici preunitari, leggi francesi, austriache e, quindi, del regno unificato. In questi anni di aspri dibattiti dottrinali, si pot assistere allo scontro tra Scuola positiva e Scuola classica1, di cui Carrara era uno dei pi illustri sostenitori. Mario Chiavario professore ordinario di diritto processuale penale nellUniversit di Torino. Autore di circa 200 pubblicazioni (in larga parte dedicate ai diritti umani e alle libert fondamentali), stato relatore in numerosi convegni e incontri scientifici nazionali e internazionali, tra i quali il XVIII Congresso dellAssociation internationale de droit pnal di cui socio. Lopera Processo e garanzie della persona viene pubblicata pochi anni prima dellentrata in vigore del nuovo codice di procedura penale2, che sostitu il codice Rocco del 1930.
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La prima esaltava lordinamento liberale e dichiarava superata la funzione storica della presunzione dinnocenza, la quale non aveva pi alcuna ragion dessere in un sistema processuale che garantiva tutti i diritti dellimputato; la seconda attaccava duramente lincongruenza e gli arbitrii del processo inquisitorio e propugnava un giudizio penale fondato sulla presunzione dinnocenza e sullesigenza di legalit della sanzione. Le teorie della Scuola classica ebbero unimportanza fondamentale, in quanto misero in moto un processo di revisione della normativa allora vigente, che sfoci nella riforma del 1876 in tema di libert personale.

La disciplina del processo penale a cui si riferisce Mario Chiavario quella contenuta nel Rocco del 1930. Tale codice, indubbiamente pregevole sotto il profilo tecnico, aveva non poche connotazioni liberali, dovute alla cultura dei giuristi del periodo prefascista, che in gran parte avevano collaborato alla sua redazione. L'impronta politica del regime autoritario, per, si rivelava in molte altre sue disposizioni e, soprattutto, nella scelta di una istruzione segreta e scritta, di evidente stampo inquisitorio, in cui veniva lasciato poco spazio al diritto di difesa e ai diritti di libert del cittadino. Nelle proprie riflessioni entrambi gli autori, dunque, prendono in esame la disciplina del processo penale italiano differente da quella introdotta dal codice del 1989, attualmente vigente. Le due opere considerate, bench distanti luna dallaltra circa un secolo, contengono numerosi spunti di comparazione e discussione che tratter nelle seguenti pagine.

Approvato il 22 Settembre 1988, stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 Ottobre 1988 (con D.P.R. n. 447) ed entrato in vigore un anno dopo tale data.

CAPITOLO I I modelli processuali

Tanto Carrara, quanto Chiavario, pongono lattenzione sullesistenza di diversi tipi di processo, pi o meno diffusi in tutta Europa, nelle varie epoche storiche. A questa materia riservato uno spazio decisamente maggiore allinterno del Programma, in cui il giurista ottocentesco descrive le maggiori caratteristiche dei vari sistemi processuali senza esimersi da critiche; nellopera pi attuale, invece, ne troviamo una descrizione piuttosto succinta. Da entrambe le opere emergono tre tipi di processo: accusatorio, inquisitorio e misto, i quali non hanno caratteristiche molto distanti dai sistemi processuali attuali. Di grande importanza, invece, sottolineare come il passare del tempo e la riflessione giuridica, abbiano portato lordinamento italiano ad adottare sistemi processuali diversi allalba dellunificazione, nel periodo post-fascista ed in quello odierno.

1. Il processo accusatorio

Il processo accusatorio il modello processuale ritenuto migliore da Carrara dal punto di vista della tutela delle libert del cittadino. Sottolinea il giurista lucchese come, nel periodo in cui il diritto privato primeggiava nel delitto e nella pena, era lunica forma processuale possibile, in quanto esso ha come principio base che nessuno possa tradursi a giudizio senza unaccusa che altri sostenga contro di lui appo le autorit competenti3. Inizialmente la facolt di accusare spettava soltanto alloffeso e ai suoi congiunti, ma levoluzione della societ e il riconoscimento della cosiddetta offesa sociale4 port lestensione di tale facolt a tutta la popolazione, salvo lesclusione di casi particolari (incapaci fisici o morali). Il processo accusatorio caratterizzato da: pubblicit di tutto il procedimento, libert personale dellaccusato fino alla definitiva condanna, parit assoluta di diritti e di poteri
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CARRARA , Programma del corso di diritto criminale Del giudizio criminale, 1859-1870, il Mulino, p. 91 Il concetto di offesa sociale deriva dalla competenza ad accusare delloffeso: ravvisata nel delitto una offesa alla societ era logico che tutti i cittadini potessero costituire laccusa, in quanto membri della societ stessa.

tra accusa e difesa, raccolta delle prove (pro e contro laccusato) che spetta alle parti e non al giudice, sintesi di tutto il procedimento. Si tratta, per lautore, di un sistema che da una parte, d assolute garanzie e diritti civili agli accusatori, ma, dallaltra, non tutela allo stesso modo il diritto dei consociati, cosa inaccettabile in un sistema corretto e giusto5. a partire da questo concetto, evidenzia Carrara, che si svilupp lidea del processo misto; esso, per, non ebbe conseguenze favorevoli data linclinazione inquisitoria degli uomini che tendeva a sopprimere le garanzie del processo accusatorio6. In Italia, il sistema adottato fino all'approvazione del nuovo codice di procedura penale nel 1989 era di tipo misto, derivante cio dalla combinazione di alcune caratteristiche del sistema inquisitorio con altre del sistema accusatorio. Oggi, in accordo con quanto previsto dalla Costituzione e da convenzioni e trattati internazionali, il sistema di tipo accusatorio; sopravvivono tuttavia al suo interno alcune fasi di ispirazione squisitamente inquisitoria7 ed per questo motivo che pu essere considerato di tipo prevalentemente accusatorio.

2. Il processo inquisitorio

Per quanto riguarda il processo inquisitorio, Carrara e Chiavario ne danno una descrizione pressoch identica. Il primo, dopo una piccola digressione storica volta a descrivere lambito e i luoghi di applicazione di questa tipologia processuale8, ne elenca le caratteristiche, tra le quali ne emergono alcune che il giurista del 1900 non riprende nella sua opera. Queste sono: lesistenza di pubblici ufficiali (procuratori del fisco), che hanno il compito e il potere di individuare e perseguire i delitti, e la distinzione tra inquisizione detta

CARRARA, op. cit., p.92 Ivi, p.93 7 SIRACUSANO, GALATI, TRANCHINA, ZAPPALA, Diritto processuale penale, 2006, Giuffr Editore p.41-43. D.L. 306/1992 ha previsto lutilizzabilit, come prove in dibattimento, delle dichiarazioni rese da testi o dallindagato al P.M. o alla P.G. nel corso delle indagini preliminari; inoltre, ha previsto la lettura di atti in dibattimento. D.L. 292/91 ha previsto la reintroduzione di ipotesi di cattura obbligatoria. 8 CARRARA, op. cit., p.95. Le prime basi furono dettate da Diocleziano, poi prevalso presso gli imperatori dOriente, in Francia fu inaugurato nel 1439, in Germania fu introdotto con la costituzione Carolina.
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generale, volta alla ricerca degli indizi e del probabile reo, e quella detta speciale, volta contro un determinato soggetto gi individuato. Caratteri comuni individuati dai due giuristi e tuttoggi presenti sono: la segretezza del processo (anche per lo stesso soggetto inquisito), una sorta di immedesimazione, in un unico soggetto, delle funzioni di accusatore e di giudice, piena libert di direzione della raccolta delle prove da parte dellorgano giudicante, utilizzo della scrittura per tutta la durata dellistruttoria al fine della raccolta degli elementi di giudizio e carcerazione preventiva dellaccusato9. Facile risulta comprendere come questo tipo di processo sia totalmente a favore dellaccusa rispetto allimputato. Il processo di stampo inquisitorio riduce, fino quasi ad eliminare, le garanzie del reo, che rimane affidato alla merc di un soggetto con veste ibrida, il giudice-accusatore, che non potr mai essere in condizione di valutare obiettivamente e serenamente la posizione del soggetto giudicato.

3. Il processo misto.

Negli anni in cui Chiavario scrive la sua opera, in Italia ancora vigente il codice Rocco del 1930, caratterizzato dalladozione di uno schema di processo di tipo misto, il quale, fortemente influenzato dal regime fascista, rivelava una struttura pressoch inquisitoria10. Anche nellItalia ottocentesca, periodo in cui visse Carrara, siamo in presenza di un sistema misto e arretrato, le cui punte pi innovative sono di origine napoleonica. Confrontando le caratteristiche attuali di questa tipologia processuale e la descrizione che ne fa il giurista lucchese, non si riscontrano differenze di rilievo. Il processo misto viene descritto dal Carrara come una forma a met tra il processo accusatorio e quello inquisitorio; risulta, per, impossibile stabilirne tassativamente le

CARRARA, op. cit., pp.97-98 SIRACUSANO, op. cit., p.41. Era presente una fase istruttoria di tipo inquisitorio ed un fase dibattimentale di stampo accusatorio. La prima era articolata nei due momenti dellistruzione sommaria affidata al pubblico ministero e dellistruzione formale affidata al giudice istruttore; era destinata allinvestigazione e alla raccolta delle prove. La seconda, pur caratterizzata da oralit e pubblicit, in realt, era sempre fortemente condizionata dalle risultanze probatorie acquisite in istruzione, finendo con ladempiere unicamente ad una funzione di mero riscontro degli elementi raccolti precedentemente.
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caratteristiche poich la natura mista ne varia le peculiarit a seconda della prevalenza di una forma sullaltra, potendo, dunque, dare vita ad una infinit di combinazioni. Nel Programma di diritto criminale viene anche sottolineato come la struttura mista non sia una fusione del sistema accusatorio con quello inquisitorio, ma piuttosto un appaiamento dei due (dove uno pu prevalere sullaltro). Ci porta allindividuazione di due periodi: uno tutto inquisitorio (la prima parte, in cui listruzione scritta e segreta, vi carcerazione preventiva, procedimento analitico, ricerca delle prove svolta dal giudice istruttore11 e decisione segreta); uno tutto accusatorio (la seconda parte del processo che pubblica e orale, linquisito diventa accusato, il procedimento sintetico)12. Carrara molto critico nei confronti di questa tipologia processuale. Il giurista lucchese, infatti, sottolinea come la fase orale del processo, anzich prevalere, sia completamente sommersa da quella scritta. Tutto ci pone in evidenza come il processo misto nellottocento non fosse altro che un processo inquisitorio malamente mascherato e numerosi sono i caratteri che permettono a Carrara di affermarlo. In particolare, lattenzione si focalizza sulle testimonianze: erano infatti previste dure sanzioni per il testimone che, nella fase orale, mutasse quanto detto in quella scritta, e ci andasse a favore dellaccusato. Il giurista ottocentesco scrive: Ma guardasi bene il testimone dal mutare anche una sillaba in giovamento dello accusato. Egli fatto segno di acri rimproveri, un tostano sdegno agita il Pubblico Ministero; gli si minaccia il carcere immediato, n si tarda ad inviarvelo, quantunque della supposta sua falsit non abbiasi altro documento tranne la differenziale fra ci che dice e ci che fu scritto13.

La figura del giudice istruttore era presente nel processo penale italiano disciplinato dai codici di procedura che hanno preceduto quello vigente. Nella disciplina del codice attuale, entrato il vigore il 24 ottobre 1989, la figura del giudice istruttore stata soppressa. Al posto del giudice istruttore stato introdotto il giudice per le indagini preliminari, senza autonomi poteri di iniziativa probatoria, con funzioni preordinate a garantire l'indagato nella fase delle indagini preliminari. Prima della loro soppressione i giudici istruttori operavano presso i tribunali, di cui costituivano l'ufficio di istruzione. 12 CARRARA, op. cit., pp.101-106 13 CARRARA , Programma del corso di diritto criminale - Del giudizio criminale, tratto da Opuscoli di diritto criminale, 1859-1870, il Mulino, p. 407

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La fase orale, che dovrebbe servire a rettificare e correggere le erroneit incorse nella procedura scritta, diventa pressoch inutile nella realt dei fatti, non essendo altro che una mera riaffermazione delle deposizioni scritte, senza possibilit di errore14. proprio in base a ci che il giurista lucchese afferma che sia compito della generazione del tempo epurare queste forme ibride e pericolose, con lobiettivo di riavvicinare il pi possibile il processo misto a quello accusatorio15.

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Ibidem CARRARA, Programma del corso di diritto criminale - Del giudizio criminale, 1859-1870, il Mulino, p. 93

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CAPITOLO II La difesa del reo

La difesa del reo una tematica che ha avuto, ed ha tuttora, primaria importanza allinterno dellordinamento italiano ed internazionale. Al fine di garantire una protezione efficace e piena del soggetto accusato durante tutto il corso del procedimento, la giurisprudenza si evoluta notevolmente nel corso degli anni. In particolare, con la legge 1 marzo 2001 n.63, stata introdotta nel codice la disciplina del giusto processo16, volta ad accentuare il carattere accusatorio del nostro processo e ad armonizzare lordinamento italiano con quello dei paesi europei pi evoluti. In particolare lesigenza della celebrazione di un giusto processo presente nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo (1950), la quale, tra le numerose garanzie, impone la presenza di tribunali imparziali, la notifica allaccusato del processo a suo carico nel minor tempo possibile e la tutela del diritto di difesa.

1. La centralit della figura del difensore nel processo penale

La difesa del reo una delle questioni maggiormente rilevanti nellambito delle garanzie fondamentali del processo, tanto civile, quanto penale. Attualmente, il diritto di difesa una garanzia che viene fatta rientrare nel vasto concetto di correttezza processuale, anche in campo internazionale, direttamente dalla Convenzione europea dei diritti delluomo17, nonch dalla nostra costituzione, che allart. 24, c. 2, recita che la difesa un diritto inviolabile in ogni stato e grado del processo18. Carrara sottolinea la distanza semantica tra luso nel linguaggio comune del termine reo, e laccezione tecnica con la quale reo va ad indicare il soggetto nei cui confronti viene diretta unaccusa: tale soggetto si trova in uno stato intermedio tra linnocenza e la

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La disciplina del giusto processo garantita da numerose norme di ragno costituzionale, in particolare dallart.111. In esso viene affermata limparzialit del giudice, la garanzia del contraddittorio tra le parti su un piano di parit (anche nella formazione delle prove), la ragionevole durata del processo, la necessit di informare limputato della pendenza del processo a suo carico, la possibilit di interrogare le persone che accusano o discolpano il reo, lausilio di un interprete per lo straniero. 17 Art. 6 n.3 Conv. eur. 18 Art. 24 c.2 Cost. It.

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colpevolezza, cio nella situazione in cui si ritiene che egli sia colpevole di un fatto illecito, ma ci non stato ancora provato. La tutela di persone che si trovano in questa posizione affidata a soggetti qualificati che, grazie alle loro conoscenze e studi, sono in grado di difendere in modo adeguato coloro che vengono tacciati di aver commesso un reato, promuovendo le loro ragioni: gli avvocati19. Carrara definisce il diritto alla difesa come una, se non la pi importante, delle garanzie processuali; esso si traduce in un vero e proprio obbligo, riconosciuto sin da tempi remoti: la difesa non un privilegio, una concessione voluta dallumanit, un vero diritto originario delluomo, e perci inalienabile.20 Possiamo perci ampiamente riconoscere come la riflessione giuridica operata dai due illustri giuristi italiani concorda nel definire fondamentale il diritto alla difesa. Per Carrara, la funzione del diritto di difesa quella, non solo di proteggere il reo dallaccusa, ma anche di consentire alla societ di individuare il vero autore del reato, in modo tale che la pena ricada sul soggetto realmente autore dellillecito. Da tali argomenti deriva che ciascun cittadino pu essere qualificato come reo, cos come consegue che il reo non pu in alcun caso rinunciare alla propria difesa: compito dello Stato di difendere senza distinzioni il diritto di tutti, sia degli innocenti dalle accuse infondate rivolte nei loro confronti, sia dei colpevoli da pene troppo gravose rispetto al reato da essi commesso21. Il reo, afferma Carrara, non ha soltanto un diritto alla difesa, ma anche un vero e proprio obbligo: non ha, cio, la possibilit di rinunciare alla stessa, n tacitamente, n espressamente, anche nel caso in cui si tratti di un soggetto che abbia confessato la propria colpa. Diverse sono le ragione addotte dal giurista lucchese per sottolineare la obbligatoriet del diritto alla difesa del reo, non solo in quanto principio primario di ordine pubblico, ma anche perch il reo stesso potrebbe essere vittima di un errore, potrebbe confessare per proteggere il vero colpevole, potrebbero intervenire in suo favore una serie di circostanze tali da diminuire o addirittura eliminare la pena22.
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CARRARA, Programma del corso di diritto criminale Del giudizio criminale, 1859-1870, il Mulino, p.135

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CARRARA fa riferimento a HELIE, Trait de linstruction criminelle, 1845, C. Hingrary (Paris). Ivi, p.135
CARRARA , op. cit.,p.15 CARRARA, op. cit., p. 233

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Il concetto ribadito anche da Chiavario: la presenza dei difensori, cio soggetti esercenti una professione legale, assolutamente necessaria allinterno di un processo, in quanto nella maggior parte dei casi il reo non ha le conoscenze di legge cos come non pu riferirsi ad una esperienza processuale tale da potersi difendere appieno; infatti necessaria la potest effettiva dellassistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga meno ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti23. Inoltre il reo potrebbe essere ostacolato dalla componente emotiva24, che entra sicuramente in gioco quando un soggetto direttamente interessato al caso. Sempre Chiavario nota come sarebbe contrario al concetto di parit delle armi concedere allo Stato una difesa tecnica (che quella che sostanzialmente svolge il pubblico ministero) e impedirla alle altre parti25. Attestato il carattere universale e basilare del diritto alla difesa, Carrara afferma che laccusato debba avere libert di scelta nel nominare il proprio difensore. Infatti dovendo tra i due instaurarsi un rapporto di fiducia, implicito il fatto che sia lo stesso reo a scegliere il soggetto che ritiene maggiormente adatto a difenderlo in giudizio; tra i due deve esserci piena libert di comunicazione esauriti gli interrogatori. Qualsiasi tipo di restrizione (essere presenti o origliare un colloquio da parte di un carceriere) comporta una violazione del diritto di difesa26. Chiavario conferma tale principio, asserendo che la nomina di fiducia, presente nella nostro ordinamento ribadita anche in campo internazionale, dove si stabilisce che laccusato ha diritto ad avere un difensore di sua scelta (cos come previsto il diritto opposto, cio quello di revocare il difensore gi nominato nel caso in cui la fiducia inizialmente data venga meno)27. Il giurista contemporaneo sottolinea come non vi sia, comunque, totale libert nella scelta del difensore: non tutti posso difendere laccusato nel processo, ma solo chi iscritto in appositi albi. Altri tipi di costrizioni estranei alla tutela dellinteressato non possono esser
Corte cost., 18 marzo 1957. Cit. da CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona Le garanzie fondamentali, 1984, Giuffr Editore , p.136 24 Con componente emotiva si intende tutto linsieme di turbative psicologiche che possono manifestarsi in capo allaccusato nello svolgimento del processo, che potrebbero confonderlo e renderlo poco lucido nello svolgimento della propria attivit difensiva. Tale fattore non si produce, invece, nellavvocato, soggetto estraneo ai fatti. 25 CHIAVARIO, op.cit., p. 136 26 CARRARA, op. cit., p. 239-240 27 CHIAVARIO, op. cit., pp.135-137
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apposti, a meno che essi non perseguano scopi degni di tutela riconosciuti a livello costituzionale e di carte dei diritti28. Questione maggiormente controversa riguarda, invece, la possibilit, per gli organi giudiziari, di rifiutare od escludere un difensore scelto dal reo; la Commissione europea ha dichiarato che si tratta di una misura che pu intimidire altri difensori potenziali o gettare il discredito sulla difesa in generale [] e il succedersi dei difensori pu essere nocivo alla prospettazione della causa e rendere pi aleatorio il ruolo di vigile testimone della regolarit del processo che spetta allavvocato29. La stessa Commissione europea ha per ritenuto di considerare giustificata questa misura nel caso in cui i difensori vengano meno ai propri principi deontologici (per esempio, nel caso in cui siano direttamente coinvolti nel reato imputato ai soggetti che stanno patrocinando)30. Minori problemi emergono dalle disposizioni che affermano una sorta di incompatibilit tra difensore ed accusato31, come nel caso di rapporti familiari, o da quelle che impongono un limite quantitativo relativo al numero di avvocati che un reo pu avere contemporaneamente32. Chiavario, nel trattare il diritto di difesa, entra nel merito della questione affrontando una tutela particolare, il cosiddetto diritto di difendersi da s o di autodifesa, istituto di cui Carrara fa un breve accenno allinterno degli Opuscoli di diritto criminale33. Il giurista contemporaneo non nega lobbligo dellaccusato di difendersi, ma si sofferma sulle possibilit che il reo ha di intervenire nel processo, sia rinunciando ad un
Ivi, pp.142-143 Comm. eur., 8 luglio 1978. Cit. da CHIAVARIO, op.cit., p.142 30 Chiavario richiama a questo proposito il processo alla tedesca Rote Armee Fraktion. CHIAVARIO, op. cit., p.144. 31 Attualmente, in base allart 37 del codice deontologico degli avvocati, il difensore ha l'obbligo di astenersi dal prestare attivit professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale. 1. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l'espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un nuovo assistito, ovvero quando lo svolgimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico. 2. L'avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari deve astenersi dal prestare la propria assistenza in controversie successive tra i medesimi in favore di uno di essi. 3. L'obbligo di astensione opera altres se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati partecipi di una stessa societ di avvocati o associazione professionale. 32 Ivi, p. 145-146. In base alart.96 c.1 c.p.p il numero massimo di difensori che limputato ha diritto di nominare limitato a due. 33 Nel confronto tra il sistema processuale toscano e quello del regno unificato, Carrara sottolinea come Le leggi del 1815 tollerarono che nelle cause correzionali il reo non avesse patrono, quando egli non ne sentisse il bisogno[]. Le leggi attuali prescrivono la necessit del patrono.
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patrocinante, per agire direttamente, sia agendo in maniera complementare al difensore. Ci facendo il Chiavario illustra le innovazioni determinate dalla riflessione giuridica internazionale. Il concetto di autodifesa, non testualmente considerato nellart.24 c.2 della nostra Costituzione, ma risulta espressamente dallart.6 n.3 della Convenzione europea dei diritti delluomo e dallart.14 n.3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, sia relativamente allalternativa tra difesa da s e difesa tecnica, sia per quanto riguarda la presenza nel processo dellaccusato34. Quando lautodifesa opera in modo complementare alla difesa tecnica non appaiono particolari problemi. La Corte costituzionale, infatti, ha ribadito la rilevanza della facolt di intervento riconosciuto allimputato in tutto il corso del dibattimento ed a conclusione di esso35 (sempre che tali espressioni siano pertinenti alloggetto del processo e rispettose dei criteri posti alla libert di manifestazione del pensiero). La compenetrazione tra difensore e difeso, inoltre, permette di preparare una linea difensiva pi completa possibile, soprattutto per il contributo che limputato pu offrire nellindividuazione ed elaborazione di fatti e situazioni36. Questione pi problematica si ha, invece, quando il reo esercita la possibilit di autodifesa in modo alternativo rispetto alla difesa tecnica, cio rifiutando, allinterno di un processo a suo carico, il patrocinio per potersi difendere senza lausilio di un avvocato. Questo tipo di atteggiamento pu derivare da diverse situazioni: come tattica ostruzionistica, per motivi economici (cio quando un soggetto, che non pu avvalersi del patrocinio gratuito, preferisce difendersi autonomamente, perch la tutela da parte di un avvocato troppo onerosa), perch lo stesso reo esercita una professione legale. In campo internazionale la situazione complessa: si possono infatti trovare alcune pronunce della Commissione europea in base alle quali limputato, se ritenuto capace di difendersi da solo, pu restare privo di un difensore tecnico. Altre pronunce invece affermano che non si possa rifiutare un avvocato, nel caso in cui si ritiene che il processo con esito sfavorevole per il reo, vada ad mettere in pericolo i suoi beni primari (quindi la difesa tecnica potrebbe esser esclusa solo nei processi di minima rilevanza).
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CHIAVARIO, op. cit., p.164 Corte cost., 10 ottobre 1979. Cit. da CHIAVARIO, op. cit., p.164 36 CHIAVARIO, op. cit., p.164-165

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La Corte costituzionale italiana, per risolvere le controversie legate allesercizio del diritto di difesa, ha stabilito lobbligo di presenza del difensore, non solo per garantire quanto detto, ma anche per assicurare la regolarit del processo, in particolare nel caso in cui limputato sia volontariamente assente al dibattimento37, poich il diritto alla difesa nel processo penale preordinato a tutelare i beni e valori fondamentali delluomo [] e a garantire losservanza dei principi dellordinamento costituzionale, che attengono specificamente alla disciplina del processo penale medesimo38. Il concetto ribadito anche dallart.125 c.p.p.39, in base al quale nella fase di giudizio (ad esclusione dei processi de minimis) limputato deve sempre essere assistito dal difensore40. Chiavario sottolinea come, a prescindere da quanto detto, un principio fondamentale del nostro ordinamento (ma valevole anche in ambito europeo), statuisca che nessuno sia costretto a difendersi da s, in quanto il riconoscimento di un diritto di autodifesa non sufficiente a soddisfare necessit difensive ed escludere la difesa tecnica: un accusato che non vuole difendersi da s deve poter ricorrere ai servizi di un difensore di sua scelta41. Diverso il discorso relativo ai concetti di difesa dufficio e di patrocinio gratuito. Si tratta di istituti che hanno notevole importanza nella riflessione giuridica contemporanea, come ci testimonia Chiavario, ma che appaiono assenti nelle analisi di Carrara sulla difesa nel processo penale42. Per quanto riguarda la difesa dufficio, si tratta di uno strumento che viene adottato dallautorit procedente quando sia necessaria la presenza del difensore nel dibattimento, ma il reo non abbia potuto o voluto nominarne uno43. Accade spesso, infatti, che un imputato, per le proprie condizioni economiche, o perch non sia capace di carpire limportanza del processo, oppure per ostacolarne lo
Ivi, pp. 157 - 161 Corte cost., 10 ottobre 1979. Cit. da CHIAVARIO, op. cit., p.159 39 Ci si riferisce al Codice rocco del 1930, in quanto il codice attuale verr creato nel 1989, cio cinque anni dopo la stesura dellopera di Chiavario presa qui in analisi. 40 CHIAVARIO, op. cit., p.160 41 Corte eur., 13 maggio 1980. Cit. da CHIAVARIO, op. cit., p.160 42 possibile che tali istituti fossero presenti al tempo di Carrara, ma non vengono presi in considerazione probabilmente per la scarsit di applicazione. 43 Nel codice attuale, la difesa dufficio disciplinata dallart.97 c.p.p. che statuisce: Limputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne rimasto privo assistito da un difensore dufficio.
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svolgimento, non nomini un proprio difensore di fiducia; in questi casi, in base ai principi di diritto e di obbligo di difesa, interviene listituto della nomina dufficio, che permette al reo privo di avvocato, di essere patrocinato da un soggetto scelto dellautorit procedente. La difesa dufficio, evidenzia Chiavario, non da confondere con il patrocinio gratuito. Nel primo caso laccusato ha lobbligo giuridico di remunerare il difensore dufficio, bench da lui non nominato; nel secondo caso il difensore dufficio opera gratuitamente44. Il patrocinio gratuito, infatti, un istituto garantito dallart.24 c.3 Cost. a quei soggetti che, per la propria condizione economica, non possono avvalersi di un difensore45. Per usufruirne, per, il cittadino deve trovarsi in un vero e proprio stato di povert, che non coincide con la nullatenenza, ma con limpossibilit di sopperire alle spese della lite46 (di conseguenza colui che non si trova in questa situazione dovr retribuire il patrocinante messo a disposizione dallautorit procedente)47.

2. I principi di completezza e tempestivit quali corollari del diritto di difesa

Allinterno del processo penale, la difesa possiede una serie di diritti ed obblighi, volti a garantire, da una parte, un trattamento giusto per il reo e, dallaltra, lo svolgimento regolare e funzionale del procedimento stesso. Carrara, nel suo scritto, evidenzia limportanza dei caratteri di tempestivit e completezza, in particolare relativamente alla contestazione dellaccusa.
CHIAVARIO, op. cit., pp.146-148 Nel codice attuale il patrocinio gratuito garantito anche dallart.98 c.p.p.: Limputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che intende costituirsi parte civile, e il responsabile civile possono chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello stato, secondo le norme della legge sul patrocinio dei non abbienti. 46 Attualmente stato fissato un limite di reddito, sotto il quale si pu beneficiare dell'agevolazione. Tale limite dato da un reddito imponibile ai fine dell'imposta IRPEF, risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi, non superiore a euro 10.628,16. Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito costituito dalla somma dei redditi dei componenti la famiglia dell'istante: al reddito dell'istante viene quindi sommato quello dei famigliari conviventi. (Nel solo ambito dei procedimenti penali, questa regola contemperata dalla previsione di un aumento del limite di reddito, che viene levato ad euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi). Si tiene conto del solo reddito dell'interessato, quando gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri famigliari oppure nel caso in cui oggetto della causa siano diritti della persona. Il reddito imponibile cui fare riferimento per beneficiare del patrocinio gratuito quello al netto degli oneri deducibili (risoluzione n.15/E dd. 21.01.2008 dell'Agenzia delle Entrate) 47 CHIAVARIO, op. cit., p.380
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Non sufficiente, infatti, che unaccusa sia esistente, ma assolutamente necessario che di essa ne venga a conoscenza il soggetto nei cui confronti rivolta, soprattutto affinch il reo possa preparare le proprie difese, e il giudizio finale sia rispondente alla verit, interesse che riguarda lintera societ. Il concetto ribadito anche dal Chiavario, il quale richiama due norme di notevole importanza a livello internazionale, che regolano specifici diritti dellaccusato: lart.6 n.3 Convenzione europea dei diritti delluomo e lart.14 n.3 Patto internazionale sui diritti civili e politici. I due articoli pongono come principio base del processo penale quello dellinformazione del reo, il quale deve avere adeguata e tempestiva conoscenza dei dati e di tutte le questioni che sono necessarie per potersi difendere appieno, nonch di tutte le loro eventuali modificazioni (in modo da evitare che ogni iniziativa di parte possa avere esito negativo sin dallinizio)48. Il giurista ottocentesco chiarisce, in seguito, i concetti di completezza e tempestivit, evidenziando come essi siano necessari, indipendentemente dal modo in cui la contestazione sia effettuata49. La completezza consiste nellobbligo per laccusatore di comunicare allimputato tutti i dati e le informazioni necessarie affinch questultimo possa provvedere a contrastare ogni accusa, dimostrandosi innocente. Per raggiungere tale scopo la contestazione dellaccusa deve contenere , oltre ad una copia del libello accusatorio, il quale deve obiettare al reo il fatto e il titolo con tutte le sue particolarit e circostanze,[] anche la comunicazione di tutti gli atti, i documenti e riscontri raccolti nella istruzione scritta, nonch lindicazione degli elementi di prova che si produrranno al dibattimento orale50. Un tratto di spiccata modernit si pu ravvisare, nellopera del giurista lucchese, parlando degli elementi probatori. In particolare, viene sottolineato come debba essere presente la lista dei testimoni, non limitata a nomi, ma contenente unindicazione sommaria dei fatti

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CHIAVARIO, op. cit., p.179 CARRARA, op. cit., p.151 50 Ivi, p. 159

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sui quali saranno chiamati a deporre51. La mancanza degli elementi rende la contestazione incompleta e il giudizio viziato52. Chiavario afferma, cos come il Carrara, che le informazioni che laccusato deve conoscere devono riguardare sia loggetto del processo (quindi, in ambito processualpenalistico, i capi dimputazione), sia tutti gli argomenti e le prove che verranno poi portate nel processo per sostenere laccusa in giudizio53. Inoltre, aggiunge il giurista contemporaneo, la Commissione europea ha definito linformazione circa le indagini come un elemento primario di una successione di garanzie processuali che trova i suoi essenziali complementi nella possibilit di presenza dellimputato nel processo e nella sua difesa da parte di un tecnico54. La riflessione giuridica ha portato Chiavario ad analizzare un problema che Carrara non considera, cio quello del possibile conflitto tra informazione e segreto istruttorio55. Se da una lato, infatti, vi sono degli atti che, per la loro natura particolare, devono rimanere segreti fino al momento della loro esecuzione (come i provvedimenti di cattura, sequestro, perquisizione, ispezione), dallaltro vi sono gli atti di assunzione o di acquisizione probatoria di cui i soggetti processuali devono essere informati, ma sui quali vige, nel nostro ordinamento, un principio di differenziazione tra le parti. Il pubblico ministero, infatti, ha la possibilit di conoscere direttamente i risultati relativi ai vari atti, nel momento stesso in cui hanno esecuzione; le parti private, invece, possono apprendere ci solo al termine della fase istruttoria56, tramite il deposito degli atti stessi presso lufficio procedente57.

Quanto detto equivale allart.468 c.p.p. Attualmente vigente: le parti che intendono chiedere lesame di testimoni []devono, a pena di inammissibilit, depositare in cancelleria [] la lista con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere lesame. 52 CARRARA, op. cit., p.159 53 CHIAVARIO,op. cit., p.179 54 Comm. eur., 15 maggio 1983. Cit. da CHIAVARIO, op. cit., p.180 55 Carrara non tratta largomento poich, nel sistema misto vigente al suo tempo, la fase scritta e segreta prevaleva sulla fase orale e pubblica, conferendo allintero processo uno stampo inquisitorio, nel quale linformazione sugli atti non era necessaria. Il sistema misto, nel quale si trova ad operare Chiavario, invece, attribuisce la giusta importanza alla fase orale del processo, il che porta necessariamente ad affrontare il problema tra segreto istruttorio ed informazione. 56 La fase istruttoria la fase di un procedimento processuale in cui si svolgono indagini o acquisiscono prove e informazioni utili ai fini del giudizio, per potere arrivare ad una fase successiva dibattimentale o decisoria. 57 CARRARA,op. cit., pp.186-187

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La Commissione europea per andata a mitigare la rigidit dellordinamento italiano degli anni ottanta, affermando che, in certe circostanze, laccusato od il suo avvocato possano avere una ragionevole aspettativa alla consultazione del fascicolo58. Lart.6 n.3 della Convenzione europea dei diritti delluomo aggiunge che se si tratta di un documento [] laccesso al medesimo una facilitazione necessaria a far tempo dal momento in cui il documento fa stato [] dei fatti addebitati allaccusato, della credibilit che si pu attribuire ad una deposizione testimoniale, ecc.59. Il concetto di tempestivit, scrive il giurista lucchese, riguarda il dovere dellaccusatore di contestare laccusa al reo entro tempi tali da permettere allimputato di preparare la propria strategia difensiva; un comportamento contrario comporterebbe una coartazione illegittima del diritto alla difesa. Il concetto di tempestivit affermato dal giurista ottocentesco, sottolineato anche da Chiavario, il quale riporta gli art.6 n.3 della Convenzione europea dei diritti delluomo e lart.14 n.3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici: essi, infatti, si fanno eco nellaffermare, come garanzia primaria del reo, quella di essere informato, nel pi breve tempo possibile, [] dellaccusa elevata a suo carico60. Lart. 6 n.3 della Convenzione europea dei diritti delluomo, precisa il concetto affermando che laccusato deve disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per la preparazione delle difesa61. I cosiddetti termini a difesa, evidenzia Chiavario, vengono posti appositamente dal nostro ordinamento a tutela dellaccusato, per bilanciare loggettiva situazione di inferiorit nella quale si pu trovare la difesa in certe situazioni, cos come sottolineato anche da Carrara nella sua opera62. Nel Programma del corso di diritto criminale il requisito della tempestivit si compone di due termini: il termine ad quem ed il termine a quo.

Comm. eur. 5 luglio 1977. Cit. da CHIAVARIO, op. cit., p.184 Comm. eur. 14 dicembre 1981. Cit. da CHIAVARIO, op.cit., p.185 60 CHIAVARIO, op. cit., p.180 61 Art. 6 n.3 Conv. eur. 62 Il giurista ottocentesco sottolinea come troppo spesso, in mancanza di termini adeguati, sia accaduto che laccusa abbia preparato le sue armi disponendo di un lasso di tempo anche di diversi anni, mentre nel frattempo laccusato non aveva potuto fare altro che piangere nel fondo di una segreta. Viene anche evidenziato come lavvocato difensore abbia raramente un solo caso di cui occuparsi, e quindi non possa dedicarsi totalmente alla nuova causa.
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Nello stimare i tempi necessari affinch la difesa si prepari adeguatamente, e si rispetti il canone di ragionevolezza relativo alla durata del processo, anche Chiavario analizza i cosiddetti dies ad quem e dies a quo. Il termine ad quem, definito da Carrara come lintervallo di tempo intercorrente tra il giorno della contestazione e quello del giudizio finale. Deve essere di durata tale da permettere al reo di preparare efficacemente la propria difesa, senza che questa sia limitata dalla troppa vicinanza delle due fasi processuali: raccogliere prove, indizi, dati, testimonianze unopera che necessita di tempo e sarebbe ingiusto per il reo non disporre di elementi favorevoli per una impossibilit a lui non dovuta. Generalmente il termine ad quem viene stabilito a priori dalle leggi procedurali, ma nel caso in cui la parte difensiva ritenga che tale lasso di tempo sia troppo breve per prepararsi adeguatamente al processo, potr fare richiesta di proroga del giudizio al Tribunale, il quale non potr negarli in caso di giuste ed argomentate motivazioni63. Chiavario relativamente al dies ad quem, sottolinea come Commissione e Corte europea abbiano affermato, in modo molto generale (lasciando quindi libert di definizione dei tempi processuali a seconda dei casi), che lesigenza di tempestivit soddisfatta solo quando, in un tempo ragionevole, si sia pervenuti ad una decisione di merito, a prescindere che sia di condanna o di assoluzione. Naturalmente, aggiunge il giurista contemporaneo (Carrara non ne fa menzione), in caso non sia possibile raggiungere una decisione nel merito per la presenza di cause impeditive di tipo processuale, la ragionevolezza dovr essere calcolata con riferimento al momento dellinterruzione. Vi sar la necessit di stabilire tempi ragionevoli64 anche in caso di successivi gradi di giudizio oltre la sentenza di primo grado65. Il termine a quo, afferma Carrara, viene posto per impedire che il passare del tempo renda impossibile, per laccusato, controbattere prove o situazioni portate in giudizio dallaccusa: la tempestivit consiste in questo: che la contestazione delle singole
CARRARA, op.cit., p.152 Il concetto di tempi ragionevoli presente anche nella Costituzione italiana allart.111: Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel pi breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa. 65 CARRARA,op. cit., pp. 259 - 260
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circostanze introdotte contro limputato si facciano prima che a lui sia reso impossibile dal tempo contrapporre le sue rettificazioni alle induzioni fiscali66. Carrara molto critico su questo argomento, poich ritiene che sia accaduto troppo spesso che laccusa agisse, allinsaputa del reo e del suo patrocinante, ad esaminare prove e circostanze (come un corpo del delitto, il materiale di un indizio, il luogo dellillecito), per poi contestare il tutto allindagato, quando ormai non era pi possibile compiere controanalisi e ribattere a quanto affermato dalla controparte. Il giurista si scaglia con forza contro questi metodi affermando: Pare impossibile che in mezzo alla civilt che oggi si vanta vedasi grosso sopra metodi cos illogici, cos parziali, cos ingiusti. Perch la contestazione fosse tempestiva nel rapporto del termine a quo, dovevate prima che loggetto fosse distrutto contestarmi che era vostra intenzione di cercare in quello un corpo di delitto o un materiale di indizio, ed invitarmi a contrapporre su quelli oggetti esistenti le osservazioni mie a quelle dei vostri e di voi67. Per Chiavario, invece, il dies a quo (che deve sempre soddisfare il requisito della ragionevolezza) il momento da cui calcolare la durata dellarco processuale,. Evidenzia il giurista contemporaneo come, al contrario del processo civile, in cui la questione non problematica poich il dies a quo viene calcolato dal momento in cui il convenuto prende liniziativa nei confronti dellintervento giurisdizionale, nel processo penale la questione pi complessa. Le difficolt derivano dal fatto che il reo non pu agire di propria iniziativa, ma deve subire liniziativa del Pubblico Ministero. Considerato ci, punto di partenza per il calcolo del dies a quo sar il momento dellimputazione, cio la trasmissione al giudice, da parte del P.M., dellatto contenente laccusa68. Chiavario, richiamando casi famosi69, pone in risalto come la Corte Europea, abbia individuato un criterio generale per calcolare quando effettivamente un processo iniziato: il diritto ad esser giudicati in tempo ragionevole ha corso dal momento in cui i sospetti contro una persona hanno ripercussioni importanti sulla sua posizione giuridica. Le ripercussioni importanti che vengono citate dalla Corte sono quelle
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Ivi, p.153 CARRARA, op. cit., p.154 68 CHIAVARIO, op.cit., p.262 69 Corte eur., 27 giugno 1968 (caso Neumeister), Corte eur., 15 luglio 1982 (caso Eckle), Corte eur., 10 dicembre 1982 (caso Foti). Cit. da CHIAVARIO, op.cit., p.263

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derivanti, per esempio, dalladozione di una misura limitativa della libert personale e dallinizio di formali indagini finalizzate alla formulazione di unaccusa contro uno specifico soggetto ( comunque chiaro come acquisisca la qualit di accusato chi abbia ricevuto notificazione ufficiale delladdebito, emanata da una autorit competente70)71. La Commissione europea ha stabilito, inoltre, che la valutazione dei termini processuali, non debbano avvenire in astratto, bens in concreto. Chiavario, a tal proposito, enuncia i criteri generali in base ai quali calcolare la ragionevolezza nella determinazione del dies ad quem e del dies a quo. necessario, infatti, tenere conto di tutte le circostanze che variano a seconda del tipo e della complessit del caso in analisi, nonch dellabituale volume di lavoro di un avvocato. comprensibile, infatti, come non si possa chiedere al patrocinante di modificare completamente il proprio programma lavorativo, per occuparsi a tempo pieno della causa in cui stato nominato difensore72; va, inoltre, considerato latteggiamento degli organi giudiziari73 e delle stesse parti74. Sembra, dunque, che il passare del tempo e la riflessione giuridica abbiano portato a due modi differenti di dare rilievo al dies a quo: infatti, se per Carrara tale momento riguarda lambito di raccolta delle prove e una sorta di obbligo di informazione delle attivit probatorie verso limputato, secondo Chiavario, invece, tale data rileva solo come punto di partenza per il calcolo della durata dellarco processuale.

3. Parit delle armi e favore della difesa.

Una delle maggiori tutele che lordinamento italiano ha cercato di garantire ai cittadini allinterno del processo penale, quella di dare vita ad un procedimento che si svolga in una situazione di parit tra le parti.

Comm. eur., 27 febbraio 1980 (caso Deweer), Corte eur., 10 dicembre 1982 (caso Foti). Cit. da CHIAVARIO, op.cit. p.262 71 CHIAVARIO, op. cit., pp.261 - 263 72 CHIAVARIO, op. cit., pp. 189 - 190 73 Chiavario si riferisce, in particolare, alla questione dei cosiddetti tempi morti fra una attivit e laltra (o tra una fase processuale ed unaltra), diretta conseguenza di uninerzia ingiustificata degli organi giudiziari. 74 Le parti, durate tutto il procedimento, infatti, dovrebbero mantenere un atteggiamento diligente nellesercizio dei propri poteri processuali, fornendo, inoltre, la propria collaborazione ai fini di un rapido svolgimento dellattivit demandata agli altri soggetti processuali.

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Si tratta del principio che viene oggi chiamato di parit delle armi, garanzia che permea tutto liter processuale e che permette al giudizio finale di non essere viziato dalle ingiustizie o delle discriminazioni che le parti potrebbero subire (soprattutto per quanto riguarda laccusato) in un processo parziale. Carrara, nel Programma del corso di diritto criminale, individua tre ambiti (termini processuali, di diritto alla prova, libert di discussione) in cui la difesa debba trovarsi, se non in una situazione di favore, almeno in una di parit con laccusa. Il giurista sostiene lestrema rilevanza del principio di parit darmi asserendo che se il pubblico ministero rappresenta la societ nello interesse della punizione della colpa, il difensore rappresenta la societ nello interesse della innocenza75. Carrara sottolinea anche come, nel processo di tipo misto utilizzato al tempo76, non debba assolutamente venire meno il diritto al processo defensionale77, tramite il quale la difesa pu sia integrare il processo scritto con unazione istruttoria di carattere difensivo, sia introdurre testimoni a s favorevoli allinterno del dibattito orale. Si tratta di una questione su cui lautore insiste notevolmente, affermando lassoluta necessit, in un ordinamento che garantisce il diritto alla difesa, di una uguaglianza tra le facolt dellaccusato e dellaccusatore in tutte la fasi della controversia, quindi non solo in quanto attiene alla facolt di discutere, ma anche in quanto riguarda la facolt di produrre giustificazioni78. Sarebbero inutili, infatti, tante garanzie per permettere allaccusato di usufruire di un difensore, se poi a questultimo fosse impedito di elaborare liberamente il processo defensionale79.

CARRARA, op. cit., p.240 Cap. I pp.7-9 77 Il processo defensionale era uno strumento posto nelle mani dellaccusato, per garantire la parit darmi tra le parti. Il reo, infatti, una volta avuta comunicazione degli atti, poteva richiedere una istruzione difensiva nel processo scritto. In caso di mancato esercizio del defensionale nella fase scritta, poteva usufruirne nella fase orale, presentando testimoni che ritiene utili a scagionarlo. Il processo defensionale viene detto ripetitivo quando il reo richiede un nuovo esame dei testimoni gi uditi (per avere rettificazioni e chiarimenti); viene detto ad repulsam quando laccusato presenta testimoni nuovi per contestare le prove a suo carico. Il processo defensionale non pi presente nel nostro ordinamento, in quanto, con ladozione di un sistema tendenzialmente accusatorio, non si ha pi listruttoria segreta ed entrambe le parti possono partecipare alla raccolta delle prove. Inoltre garantito il procedimento della cross examination, con il quale viene permesso alle parti di interrogare e controinterrogare ogni testimone del processo. 78 CARRARA, op. cit., p.241 79 Ibidem
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Carrara non esula dal menzionare anche punti di vista diversi dal suo: riporta, infatti, il pensiero minoritario, di chi riteneva che al processo defensionale dovesse essere posto un freno, da parte del giudice, in quanto dostacolo al corso della giustizia. La posizione del giurista contraria e molto chiara: la tema offensiva della dignit del difensore, facilmente frenabile in caso di abuso con misure disciplinari. E daltronde meglio rischiare un qualche spreco di tempo, che porre a repentaglio la sorte di un innocente per coartata difesa80. Oltre al rischio di condannare un innocente, altro valido motivo per non limitare lopera dei patrocinanti emerge dal fatto che il rifiuto del processo defensionale, da parte del magistrato, non solo suona aspro81, ma rivelerebbe facilmente uninclinazione del giudice (e quindi di tutto il processo) a favore di una parte, senza una giusta motivazione82. Il giurista lucchese, sottolinea una situazione, di spiccata modernit, in cui limputato ad avere un privilegio rispetto allaccusa, e in esso si manifesta il cosiddetto favore della difesa: il patrocinante deve avere per ultimo la parola allinterno del dibattimento. Si tratta di un principio di facile comprensione e di rilevante importanza: nel caso in cui il difensore non avesse il diritto di esprimersi dopo gli altri soggetti processuali, si troverebbe nellincapacit di controbattere alle accuse formulate dopo il suo intervento, e ci si tramuterebbe in una discriminazione nei confronti dellaccusato83. Chiavario, pone largomento del principio di eguaglianza delle armi tra la parti nel pi vasto concetto di correttezza processuale, caposaldo dellapparato di garanzie riconosciute fondamentali non solo dal nostro ordinamento ma anche dalla Convenzione europea dei diritti delluomo nonch dal Patto internazionale sui diritti civili e politici. Il giurista, per, premette che il principio di parit delle armi non comporta una assoluta uguaglianza di poteri tra le parti allinterno dello stesso processo, e neanche una perfetta identit di diritti e doveri. necessario e sufficiente che le eventuali diversit di
CARRARA, op. cit., p.242 Ibidem 82 Ibidem 83 CARRARA, op. cit., p.243. Tale principio tuttora presente nel nostro codice di procedura penale allart.523: Esaurita lassunzione delle prove, il pubblico ministero e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dellimputato formulano e illustrano le rispettive conclusioni []. In ogni caso limputato e il difensore devono avere, a pena di nullit, la parola per ultimi se la domandano.
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trattamento siano giustificabili razionalmente alla luce dei criteri di reciprocit, ed in modo da evitare comunque che vi sia un globale squilibrio a danno di una parte84. Si tratta di un concetto di notevole importanza, in quanto attenuazione del garantismo processuale sia rispetto a quanto affermato da Carrara, sia rispetto ai principi processuali costituzionalmente garantiti85. Chiavario, su tale argomento, pone a confronto processo civile e penale. Nel primo non si riscontrano gravi problemi di uguaglianza tra le parti poich, almeno teoricamente, tutte quante possono assumere la posizione di attore e di convenuto (a seguito di domanda riconvenzionale). Nel secondo, invece, si trovano maggiori ostacoli nel garantire la simmetria tra accusa e difesa, soprattutto per la presenza del Pubblico Ministero, attore fisso, costituzionalmente obbligato ad agire e non assoggettabile a domanda riconvenzionale. La situazione, quindi, risulta sbilanciata in partenza, anche se non si esclude che laccusato, grazie allabilit del proprio avvocato e alla disponibilit di mezzi, non possa poi ribaltare il tutto a suo favore. La presenza, comunque, di questa simmetria imperfetta non eliminabile nellambito processualpenalistico, ed messa in evidenza dalla presenza del fondamentale principio della presunzione dinnocenza86 e da tutta la serie di guarentigie poste a favore dellaccusato sia dalla Costituzione, sai dalle Carte internazionali87. Il giurista contemporaneo, a differenza di Carrara, esamina alcuni profili che pongono una serie di problemi in relazione al principio di parit delle armi: uno relativo ai poteri del Pubblico Ministero e uno concernente il pretore penale.
CHIAVARIO, op. cit., pp. 23-24 Quali il diritto alla difesa (art. 24 Cost.) e la necessit di un giusto processo (art. 111 Cost.) 86 La presunzione d'innocenza un principio del diritto penale secondo il quale un imputato innocente fino a prova contraria. L'onere della prova spetta alla pubblica accusa, rappresentata nel processo penale dal pubblico ministero. Non quindi l'imputato a dover dimostrare la sua innocenza, ma compito degli accusatori dimostrarne la colpa, almeno in linea di principio. Nel diritto penale, l'imputato innocente fino ad una sentenza di condanna che sia passata in giudicato: non potr essere, inoltre, inflitta alcuna pena superiore a quella che si pu infliggere nel momento in cui il reato stato effettuato, e non al momento della dimostrazione di colpevolezza. La presunzione d'innocenza sancita nella Costituzione Italiana, la quale recita all'art.27, c.2 che l'imputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva. 87 CHIAVARIO, op. cit., pp.26-28. Il principio di uguaglianza delle armi presente nellart.6 n.1 e 3 Conv. eur., che garantisce allaccusato le facilitazioni necessarie alla sua difesa. In particolare, oltre al principio di presunzione dinnocenza, si pone lattenzione sui tempi processuali a favore dellaccusato, sul suo diritto ad avere un difensore e ad essere informato dellaccusa a suo carico, esaminare testimoni a carico e discarico.
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Per quanto riguarda il P.M., le problematiche sorgono in relazione alle fasi del processo in cui lo stesso organo a dirigerlo, con la nascita di una possibile e pericolosa figura di parte-giudice. Il Pubblico Ministero, infatti, nellistruzione sommaria88, acquisisce poteri di limitazione della libert personale dellaccusato: egli ha la possibilit di emanare ordini aventi contenuti alla pari del mandato di cattura, comparizione e accompagnamento, oltre al fatto che al P.M. spettano gli stessi poteri del giudice nelladempimento delle proprie funzioni89.

Listruzione sommaria, fase processuale presente nel codice Rocco, venuta meno con la riforma del 1989. Listruzione sommaria faceva parte della cosiddetta fase istruttoria, condotta dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero o dal giudice istruttore. Ricevuta o acquisita la notizia di reato, la polizia svolgeva autonomamente le proprie indagini e raccoglieva le prove, senza alcun onere di comunicazione al pubblico ministero (salvo il caso di arresto): c.d. processo di polizia. Una volta ricevuti gli atti dellindagine preliminare, il pubblico ministero, se non riteneva la notizia di reato manifestamente infondata (nel qual caso la archiviava direttamente) esercitava lazione penale. Nei casi pi semplici, il pubblico ministero svolgeva personalmente la c.d. istruzione sommaria, nel corso della quale egli poteva assumere una veste quasi giurisdizionale, in quanto, oltre ad assumere le prove in assoluta segretezza, era titolare di ampi poteri di materia di restrizione della libert personale del soggetto. I provvedimenti conclusivi della fase erano emanati dal giudice istruttore in caso di proscioglimento o dal Presidente del Tribunale in caso di rinvio a giudizio. Nei casi pi complessi (c.d. istruzione formale) le indagini erano svolte dal giudice istruttore, tanto a carico quanto a favore dellimputato, in segreto e senza limiti temporali. Sulla base degli atti raccolti dal giudice, il pubblico ministero presentava per iscritto le proprie richieste, a seguito delle quali il giudice istruttore emanava una sentenza istruttoria di proscioglimento o la sentenza di rinvio a giudizio che dava avvio alla fase dibattimentale. Nella fase dibattimentale vi era unampia possibilit di recuperare gli atti compiuti nella fase istruttoria, attraverso la lettura dei verbali dei suddetti atti. 89 Oggi le attivit che pu compiere il pubblico ministero sono disciplinate dagli art.350 ss. c.p.p.. Il pubblico ministero pu procedere al compimento di accertamenti tecnici irripetibili secondo la disciplina posta dall'art.360 c.p.p.. In tal caso nominer un consulente che avr l'obbligo di rispondere ai quesiti formulati dal Pm. Quest'ultimo deve informare la persona offesa dal reato, l'indagato e il suo difensore affinch questi possano nominare a loro volta al massimo 2 consulenti tecnici. I difensori e gli eventuali consulenti tecnici hanno diritto ad assistere al conferimento dell'incarico e partecipare alle operazioni formulando osservazioni e pareri cui deve esser fatta menzione nel verbale. La difesa dell'indagato pu chiedere - prima del conferimento dell'incarico - che si proceda attraverso l'incidente probatorio. In questo caso il Pm potr procedere negli accertamenti tecnici solo se un loro rinvio comporti che questi non possano essere pi utilmente compiuti. Se questa condizione non rispettata e il Pm procede comunque al compimento degli accertamenti, questi sono inutilizzabili. Con lentrata in vigore del codice del 1989, stata introdotta la figura del giudice per le indagini preliminari (G.I.P.), con il compito di sostituire quella del giudice istruttore. Il giudice per le indagini preliminari non ha autonomi poteri di iniziativa probatoria (a differenza del giudice istruttore), ma provvede solo su istanza di parte; i suoi atti sono espressamente previsti dalla legge (vige infatti il principio di tassativit). Si tratta del giudice che, in tutta la fase delle indagini preliminari, esercita una funzione di garanzia, di controllo e di decisione, affiancando l'opera del pubblico ministero. Infatti, sta a lui convalidare il fermo e l'arresto, autorizzare le misure cautelari (come la custodia in carcere) e le intercettazioni. Pu disporre la proroga fino a due anni della durata delle indagini, che di norma non devono superare i sei mesi. Al termine delle indagini, decreta l'archiviazione, richiesta dal pubblico ministero, o dispone l'udienza preliminare, per controllare, in contraddittorio fra pubblico ministero e difesa, gli elementi raccolti. In questa udienza, dispone il giudizio (che avverr davanti ad un altro giudice) oppure emette la sentenza di non luogo a procedere.

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Chiavario non si ritrae dal menzionare le maggiori tendenze di riforma in questambito, le quali tendevano, da una parte, ad eliminare il carattere istruttorio di tale attivit, rendendola una operazione di mera indagine preliminare (con una incidenza processuale decisamente minore) e, dallaltra, a circoscrivere le misure limitative della libert personale in un ambito di eccezionalit e provvisoriet90. La Corte costituzionale, pur non ritenendo che tale attivit dellorgano accusatore fosse incostituzionale, fu propensa ad estendere allistruzione sommaria le garanzie partecipative riconosciute alla difesa nellistruzione formale91. Relativamente al pretore penale92, la problematica era pi complessa, poich quando il procedimento era ad esso attribuito, vi era una totale commistione tra le funzioni del giudice e quelle del soggetto promotore dellazione (il quale, oltretutto, conduce

CHIAVARIO, op. cit., pp.28-30. Nellordinamento italiano attuale, le indagini preliminari, introdotte nel codice di procedura penale dall'art. 326, sono una fase del procedimento penale precedente l'eventuale processo. Nelle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale: ne consegue che il p.m. e la polizia giudiziaria devono acquisire anche gli elementi a favore dell'indagato (art. 358) dato che le indagini preliminari servono esclusivamente a stabilire se ci sono i presupposti per l'esercizio dell'azione penale. Contrariamente a quanto avveniva prima della riforma del 1989, oggi le indagini preliminari non hanno valore probatorio, salvo quanto disposto per l'incidente probatorio: nel nuovo sistema, infatti, si dato risalto al principio del contraddittorio. Nelle indagini preliminari infatti si acquisiscono solo elementi di prova al solo fine di valutare l'esercizio o meno dell'azione penale. Nel fascicolo del dibattimento confluiscono - e quindi rilevano ai fini della prova - gli atti assunti con l'incidente probatorio e gli atti irripetibili compiuti dall'accusa e dalla difesa (accertamenti tecnici irripetibili, risultati di intercettazioni telefoniche e ambientali, risultati di perquisizioni, ispezioni, sequestri nonch risultati di eventuali mezzi di ricerca delle prova atipici come gli appostamenti). Tutti gli altri atti compiuti nelle indagini preliminari (ma anche nell'udienza preliminare) che non hanno la caratteristica dell'irripetibilit confluiscono nel fascicolo delle parti e quindi - almeno per il momento - non assumono alcun valore probatorio. 91 Corte cost. 19 febbraio 1965, Corte cost. 26 giugno 1965 92 Il pretore in Italia era un organo monocratico a cui era affidata la giurisdizione in materia civile e penale (oltre a secondari compiti di natura amministrativa e volontaria giurisdizione; come, per esempio, i giudizi in tema di opposizione avverso sanzioni amministrative, oppure i provvedimenti che il pretore doveva assumere in veste di giudice tutelare). Organo monocratico in quanto la giurisdizione era esercitata da un magistrato unico e non da un collegio. Il decreto legislativo 19 febbraio 1998 n. 51 ha disposto la soppressione di tale organo sostituendolo con il giudice di Tribunale (detto anche giudice unico di primo grado), a partire dal 2 giugno 1999 per tutti i processi civili e dal 2 gennaio 2000 per tutti i processi penali. Concepito originariamente come un "giudice minore", il pretore ha avuto anche in seguito ad alcune vicende e relative sentenze molto innovative una forte importanza nell'ultimo trentennio. La causa della sua soppressione sta nel fatto che era sprovvisto di pubblico ministero, agendo lui in prima persona contemporaneamente come Pubblico Ministero inquisitore, propulsore dell'azione penale e come giudice (seppur per le piccole cause). Questo contrastava irrimediabilmente con il principio - contenuto sia nella costituzione sia nel nuovo codice di procedura penale "Vassalli" - di parit tendenzialmente assoluta fra accusa e difesa (e l'antica figura del Pretore evidentemente non era compatibile). La riforma ha attribuito al giudice di pace, competente a giudicare reati bagatellari, molte funzioni che in passato appartenevano ai pretori.

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listruttoria ed legittimato ad esprimersi sul proscioglimento o sulla citazione a giudizio senza che intervenga altro organo). Bench la Corte costituzionale, anche in questambito, abbia escluso una violazione di principi costituzionali, Chiavario evidenzia la presenza di un problema che deve essere risolto. Vi , infatti, la necessit di rispettare il principio della parit delle armi, che verrebbe violato qualora non vi fosse una separazione delle funzioni del giudice da quelle dellaccusa, soprattutto in relazione allaumento delle competenze penali che venivano affidate al pretore. Carrara e Chiavario ritengono il principio di parit delle armi fondamentale allinterno del nostro ordinamento, tanto allalba dellunificazione italiana, quanto nellarco di tutto il 900. Tra gli elementi comuni, spiccano per la loro modernit, istituti e procedure ancora oggi vigenti, come lelencazione sommaria dei temi su cui verter lintervento dei testimoni o il diritto, per la difesa, di avere lultima parola nel dibattimento. La presenza di queste innovazioni, assume maggiore importanza in considerazione dello stampo inquisitorio del processo di cui tratta il Carrara. La riflessione giuridica, per, ha portato lordinamento descritto dal Chiavario a distaccarsi da quello vigente nel 1800. Di particolare rilievo la consapevolezza, del giurista contemporaneo, di una simmetria imperfetta alla base del processo penale del tempo, in relazione alla quale tollerata una disparit tra diritti e doveri tra accusa e difesa (sempre che non comporti un total squilibrio a danno di una parte). A questo si aggiungono, inoltre, le diverse problematiche legate ai poteri del Pubblico ministero e del pretore penale, che non sembrano presenti al tempo del Carrara.

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CAPITOLO III Diritto alla libert personale e misure limitative

La libert personale un diritto a cui lordinamento italiano riserva unintensa tutela. La regola dellinviolabilit di tale diritto, sancita sia dallart. 13 della nostra Costituzione, sia, in campo internazionale, dallart. 5 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo e dallart. 9 del Patto internazionale dei diritti civili e politici. Queste disposizioni sono state poste, non per bandire qualsiasi restrizione della libert personale, ma per evitare di considerare la stessa come condizione ordinaria dellimputato ai fini dello svolgimento del processo. Guardando al nostro ordinamento, la tutela della libert personale coperta da una duplice riserva: di giurisdizione e di legge, ai sensi dellart.13 c.2 della Costituzione. La libert personale, infatti, pu essere limitata solo nei casi e nei modi previsti dalla legge e con provvedimento giurisdizionale motivato93.

1. Limitazioni alla libert personale

1.1 - La custodia cautelare in carcere Carrara e Chiavario pongono al centro della loro riflessione il tema della libert personale. Lautore ottocentesco sottolinea il grave errore di chi riteneva il termine reo sinonimo di colpevole. Per il giurista il reo pu essere innocente94 ed incappa in un grave errore chiunque ritenga colpevole un soggetto accusato, prima che venga emesso un giudizio definitivo, al termine di un regolare processo95. Chiavario condivide quanto affermato dal giurista lucchese, sottolineando la fondamentale importanza del principio per cui un soggetto accusato, non sia da ritenere

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SIRACUSANO, GALATI, TRANCHINA, ZAPPALA, Diritto processuale penale, 2006, Giuffr Editore, pp.415-417 CARRARA, Programma del corso di diritto criminale Del giudizio criminale, 1859-1870, Il Mulino, p.135 95 Ibidem

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ab initio colpevole, ma, al contrario, debba essere considerato innocente (seppur in forma presunta) o, quantomeno, non-colpevole. La Convenzione Europea dei Diritti dellUomo e il Patto internazionale sui diritti civili e politici, stabiliscono, infatti, che laccusato presunto innocente fino a che la sua colpevolezza non si stata legalmente provata96. Tale concetto ribadito, anche se in termini diversi, nel nostro ordinamento, dallart. 27 della Costituzione97. Una limitazione, senza valide motivazioni, della libert personale di un soggetto, da ritenersi illegittima, poich limputato deve considerarsi innocente fino a prova contraria98. Carrara, sottolinea come, per tutelare la collettivit e garantire lo svolgimento regolare dei processi, nei procedimenti penali divenne necessaria lapplicazione della custodia preventiva99, consistente nella carcerazione usata contro un cittadino pel sol sospetto della sua colpevolezza prima che egli sia convinto e condannato100.

Art.6 n.2 Conv. eur., Art.14 n.2 Patto internaz. La Costituzione italiana tende a non accostare la figura del reo a quella dellinnocente, ma, piuttosto, a quella di non-colpevole: limputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva. 98 CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona Le garanzie fondamentali, 1984, Giuffr Editore , pp.15-17 99 Nellordinamento attuale, in base al codice del 1989, la custodia cautelare in carcere (nuova denominazione data dalle legge 398/1987), fa parte dellinsieme delle misure cautelari personali coercitive (libro IV del codice di procedura penale art.272 e ss.), le quali comportano una limitazione o privazione della libert personale. Larticolo 280 c.p.p. determina le condizioni di applicabilit delle misure coercitive stabilendo che: "Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'art. 391 c.p.p., le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. La custodia cautelare in carcere pu essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare. Nel computo dei limiti temporali previsti non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, tranne che per una attenuante (l'avere, nei delitti contro il patrimonio cagionato un danno di speciale tenuit) e per una aggravante (l'avere ostacolato la pubblica o privata difesa)." La custodia cautelare in carcere la forma pi intensa di privazione della libert personale in tema di misure cautelari. La Costituzione del 1948 si preoccupa di rimandare alla legislazione penale processuale e sostanziale la fissazione perentoria dei limiti massimi della custodia cautelare nellambito di ogni stato e grado del giudizio in rapporto allentit della pena L'art. 275 c.p.p. prevede che si possa applicare la custodia cautelare in carcere solamente quando ogni altra misura risulti inadeguata (principio di extrema ratio della custodia cautelare). Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l'imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorit giudiziaria. Prima del trasferimento nell'istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non pu subire limitazione della libert, se non per il tempo e con le modalit strettamente necessarie alla sua traduzione. Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa come pena scontata, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell'art. 11 c.p. Lultimo comma dellarticolo 13 (libert personale) prevede che la legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.[137 c.p.;303 c.p.p.] Le misure cautelari sono disposte ex art 274 cpp: a) in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per lacquisizione o la genuinit della prova;
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Si tratta di uno strumento largamente usato al tempo del giurista lucchese, il quale, per, si manifesta apertamente contrario a questo tipo di pratica. Parlando dellintroduzione del codice del 1865, in una lettera allavvocato Gustavo Sangiorgi, infatti, Carrara scrive: Noi avevamo di pi da lunga stagione e con frutto buonissimo il principio, dettato come precetto legislativo, della eccezionalit del carcere preventivo. Non si poteva arrestare preventivamente un cittadino che fosse imputato di un delitto (salvo poche speciali eccezioni) il quale non potesse portare ad una pena superiore a due anni di prigionia: ed ogni arresto doveva eseguirsi per decreto del Magistrato e non per arbitrio di un birro. Lindipendenza della Nazione [] a noi toscani cost il sacrificio della libert individuale, giacch ci trovammo esposti per la nuova legge di procedura ad essere carcerati ad arbitrio di un uomo anche per il sospetto di lievissima colpa ed anche per una trasgressione di polizia101. Nel malcontento generale, non si faceva pi ricorso alla custodia preventiva solo nei limiti stabiliti dallordinamento giuridico, ma essa era applicata anche per i pi insignificanti reati, diventando un grave mezzo di abuso da parte dellautorit. Lunificazione italiana aveva portato ad un uno eccessivo e prolungato di tale istituto, che, invece, secondo il codice toscano, era un mezzo residuale da applicarsi solo in pochi casi di particolare gravit e per il minor tempo possibile. Dal punto di vista della procedura, la disciplina della custodia cautelare in carcere (chiamata da Carrara carcerazione preventiva) viene descritta accuratamente nel Programma. Tale istituto veniva utilizzato allo scopo di poter interrogare il reo, in modo da conoscere direttamente dallinteressato gli elementi necessari alla fase istruttoria. La carcerazione preventiva si giustificava, inoltre, quale unico mezzo a disposizione della giustizia per salvaguardare diverse necessit, nel caso di gravi delitti: la formazione del processo scritto (affinch il giudice potesse interrogare limputato in qualsiasi momento ne avesse bisogno), il raggiungimento della verit (per evitare che il reo potesse
b) quando limputato si dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione; c) quando sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti o della stessa specie di quello per il quale si procede; 100 CARRARA, op. cit., p.159 101 CARRARA , Programma del corso di diritto criminale - Del giudizio criminale, tratto da Opuscoli di diritto criminale, 1859-1870, il Mulino, p.381

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intimidire i testimoni o distruggere le prove), la sicurezza della collettivit (per evitare che laccusato perpetuasse i suoi delitti) e leffettivit della pena comminata (evitando che limputato fuggisse)102. Il problema dei presupposti che legittimavano lapplicazione di tale misura cautelare evidenziata anche dal Chiavario. Numerosi sono i casi in cui avviene la limitazione della libert personale: quando vi siano ragioni plausibili per sospettare che il soggetto abbia commesso un reato, per garantire la sicurezza sociale oppure per evitare la fuga dellaccusato103. La custodia preventiva era prevista anche per finalit istruttorie, dal codice di procedura penale del 1930, dalla Corte Europea dei Diritti dellUomo e dalla Commissione Europea dei Diritti dellUomo, ma con dei limiti. necessario evitare, infatti, che un effetto, quale la carcerazione, possa avere la sua unica base in accertamenti probatori che ancora non abbiano portato ad una sentenza di condanna passata in giudicato. Sono ammissibili, invece, quei meccanismi per cui lincarcerazione consegua s, alla constatazione di indizi a carico del reo, ma in forza del concorso di qualche indice aggiuntivo di pericolosit. La custodia cautelare per finalit istruttorie pu dipendere dalla necessit di reperire immediatamente laccusato per accertamenti probatori o dal pericolo di inquinamento delle prove oppure dalla possibilit di fuga dellimputato. pertanto da escludere, secondo Chiavario, lutilizzo della carcerazione come pena anticipata o con funzione preventiva extraprocessuale (cio per impedire la ripetizione dellillecito)104. La carcerazione preventiva poteva essere applicata non solo ad opera dellautorit giurisdizionale, ma anche di altre autorit (specialmente quella di polizia)105.

102 103

CARRARA, op.cit., pp.161-162 CHIAVARIO, op.cit., pp.299-300, in base a quanto disciplinato dallart. 5 n.1 lett. c della Conv. Eur. Nellordinamento italiano odierno, i presupposti generali di applicabilit delle misure cautelari sono previsti dagli articoli 273, 274 e 275 c.p.p. Le misure cautelari presuppongono: la gravit di indizi di colpevolezza; la mancanza di cause di giustificazione, di non punibilit, di estinzione del reato o della pena; la presenza di esigenze cautelari: per garantire la genuinit e acquisizione della prova; per evitare il pericolo di fuga; per impedire la reiterazione di reati. 104 Ivi, pp.325-327 105 Ivi, pp. 316-317

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Secondo il codice del 1930, la libert personale poteva essere limitata anche attraverso il mandato di cattura, in base al quale limputato condotto in carcere o rimandato altrove in stato di arresto a disposizione dellautorit che lo ha emesso106. Mentre competenti ad emettere il mandato di cattura erano il giudice istruttore, il pretore in funzione di organo istruttorio o il pubblico ministero nellistruzione sommaria, larresto era una misura adottabile direttamente dallautorit di polizia giudiziaria. A differenza di quanto afferma il Carrara, cio che i birri potevano incarcerare chiunque anche per lievi sospetti, il giurista contemporaneo sottolinea che il ricorso a tale strumento, per essere legittimo, poteva essere esperito anche nel caso in cui il soggetto fosse colto in flagranza di reato (cio quando un soggetto viene colto nel commettere latto delittuoso)107.

1.2 Limiti temporali alla custodia cautelare in carcere

Carrara e Chiavario trattano il tema della durata della custodia cautelare in carcere. Il giurista lucchese affermare come, in teoria, la custodia preventiva fosse esercitabile solo in presenza di certi presupposti108, mentre, in loro assenza, la privazione della libert
Art. 251 c.1 c.p.p. (Codice Rocco). Il mandato di cattura poteva essere obbligatorio o facoltativo. Obbligatorio nel caso di (art. 253 Codice Rocco): 1. delitto contro la personalit dello Stato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni nel minimo e dieci anni nel massimo o pena pi grave 2. omicidio volontario consumato o tentato, lesioni personali gravi, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione 3. per ogni altro delitto con pena non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni o a pena pi grave deve essere parimenti emesso il mandato di cattura contro limputato di delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione, quando limputato stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza o assegnato ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro o sottoposto a libert vigilata. Facoltativo nel caso di (art. 254 Codice Rocco): 1. delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore ad un anno nel minimo e tre anni nel massimo 2. delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione, quando limputato stato pi di due volte condannato per delitto non colposo o stato altra volta condannato per delitto della stessa indole, ovvero non ha residenza fissa nel territorio dello Stato o risulta che si dato o per darsi alla fuga 3. di delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni 4. di contravvenzione per la quale la legge stabilisce la pena dellarresto, quando limputato stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero contravventore abituale o professionale 107 CHIAVARIO, op.cit., pp.322-324 108 Vedi p.32
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personale

non

poteva

essere

tollerata;

se

legittimamente

applicata,

doveva

immediatamente venire meno, una volta soddisfatte le necessit che avevano legittimato tale istituto109. Carrara, sottolinea, inoltre, come si dovesse ricorrere per il minor tempo possibile alla segreta110, che corrisponde al carcere con impossibilit totale di comunicazione. Esaminando il tema della durata della carcerazione cautelare, emerge uno dei numerosi tratti di modernit del Carrara. Il giurista, infatti, criticando lordinamento del tempo, scrive: []ci trovammo esposti ad essere sostenuti in carcere per sei o dieci mesi per dar conto di un fallo che incontra dopo la sua verificazione appena un mese di carcere.
CARRARA, op.cit., p.401 Ramo della custodia preventiva, era utilizzata soprattutto per evitare che il reo potesse inquinare le prove o intimidire i testimoni tramite collaboratori. Si tratta di un istituto che poteva essere inflitto per mesi o anni, nonostante non si sapesse ancora della colpevolezza o dellinnocenza del detenuto. La segreta non pi presente nel nostro ordinamento. Esiste, attualmente ed anche al nel periodo in cui scrive Chiavario, un istituto che presenta delle somiglianze: lisolamento cellulare (consistente nella separazione coattiva di un recluso dalla comunit dei detenuti). La tematica particolarmente delicata, poich evidente come tale istituto confligga tanto con le regole del trattamento penitenziario (che prevedono la possibilit della vita in comune dei detenuti, quantomeno allinterno della stessa sezione del penitenziario: c.d. regime delle celle aperte), quanto soprattutto con le finalit del trattamento rieducativo, la cui efficacia risente inevitabilmente delle condizioni di detenzione dei soggetti nei cui confronti diretto. Ben consapevole di tali aspetti di attenzione, il legislatore della Riforma dellordinamento penitenziario ha dedicato un articolo della legge (art.33 O.P.) alla disciplina dei casi tassativi nei quali pu procedersi allisolamento di persone detenute. E, infatti, previsto che lisolamento ammesso: 1) quando prescritto per ragioni sanitarie:in particolare, lart.73 R.O.P. prevede che la misura sia disposta su prescrizione del medico dellistituto in caso di malattia contagiosa. Secondo unanime dottrina, la misura ha natura amministrativa, con ogni conseguenza, dunque, in tema di competenza giudiziaria ai fini di uneventuale impugnabilit; 2) per motivi disciplinari (esecuzione della sanzione disciplinare dellesclusione dalle attivit in comune): la legge prevede tuttavia particolari cautele per lesecuzione della sanzione e la sospensione di questa in casi particolari (art.39 O.P.); 3) per ragioni di giustizia: viene in particolare luce la figura della persona sottoposta a misura cautelare personale. In tale caso, la legge processuale impone tuttavia che lisolamento sia disposto espressamente dallautorit giudiziaria che dispone la misura, e che la cautela dellisolamento sia finalizzata alle esigenze cautelari del caso concreto (es. inquinamento delle prove). E senzaltro doveroso che il provvedimento dellautorit giudiziaria contenga espressamente tutte le indicazioni in tema di modalit, limiti, e durata dellisolamento. In difetto, la direzione dellistituto potr richiedere al giudice lintegrazione del provvedimento (art.22 commi 5 e 6 R.O.P.); Alle sopra citate ipotesi devono inoltre aggiungersi: 4) lisolamento previsto dagli artt.72 e 184 c.p. che prevedono lisolamento diurno del condannato allergastolo quale sanzione accessoria e aggravante della pena dellergastolo : evidente che tale sanzione accessoria difficilmente si sottrae a dubbi di costituzionalit, alla luce della disposizione dellart.27 comma 3 Cost., a mente della quale la finalit rieducativa (frustrata dalla sottoposizione allisolamento diurno) dovrebbe prevalere sulle esigenze retributive (appagate dallapplicazione al condannato allergastolo di modalit di espiazione della pena particolarmente afflittive); 5) lisolamento con funzioni di protezione del detenuto, per sottrarre il recluso ad aggressioni da parte degli altri compagni di detenzione: da ritenersi che, stante la tassativit delle ipotesi di isolamento contemplate dallordinamento, sia ipotizzabile soltanto una forma di isolamento attuata con il consenso dellinteressato potenziale vittima di atti aggressivi da parte di altri reclusi (c.d. isolamento volontario).
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Lo sfavore con cui il Carrara guardava a tale modo di procedere, manifestato oltre un secolo fa, troverebbe oggi fondamento nei principi di adeguatezza111 e di proporzionalit112 presenti nellordinamento italiano e nella disciplina dellart.5 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo. Tale articolo, infatti, premettendo lilliceit di imporre allaccusato nellinteresse dellordine pubblico, un sacrificio maggiore di quello che si pu ragionevolmente esigere da una persona presunta innocente, stabilisce delle limitazioni temporali allo status detentionis113. Il giurista contemporaneo, sottolinea la necessit di una ragionevole durata del carcere preventivo, non solo in relazione al calcolo globale dei tempi processuali, ma anche a fattori quali la complessit delle indagini, la diligenza degli organi processuali, il comportamento dellimputato114. comunque necessario, evidenzia Chiavario, non dimenticarsi quanto osservato dalla Corte costituzionale in questambito, la quale, ritenendo la privazione della libert personale un fatto di grande rilievo, quandanche ritenuto necessario, nei casi e nei modi previsti dalla legge, pone al legislatore lobbligo costituzionale di creare condizioni perch sia contenuto nei termini minimi indispensabili il sacrificio di questo bene fondamentale della vita delluomo115. In ambito nazionale, ai sensi allart.13 c.5 della Costituzione, il legislatore ha lobbligo di stabilire i limiti massimi della carcerazione preventiva (statuizione non presente nelle Carte internazionali). Si tratta di una norma posta principalmente a favore dei soggetti accusati, per evitare reclusioni a tempo indeterminato. Listituto destinato a dare specifica attuazione a questo principio costituzionale quello della scarcerazione automatica116: una volta superato il
Art. 275 c.1 c.p.p.. Il giudice deve tenere conto della specifica idoneit di ciascuna misura a soddisfare le esigenze evidenziate nel caso concreto. 112 Art. 275 c.2 c.p.p.. ogni misura deve essere proporzionata allentit del fatto e alla sanzione applicata o applicabile. Limputato non pu pagare un prezzo che non sarebbe probabilmente chiamato a sostenere neanche dopo la condanna. 113 Ogni persona arrestata o detenuta [], deve essere tradotta al pi presto dinanzi ad un giudice o ad un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libert durante la procedura. La scarcerazione pu essere subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione della persona all'udienza. 114 CHIAVARIO, op.cit., pp.333-337 115 Corte cost., 3 marzo 1982 116 Si tratta si un istituto presente anche a seguito della riforma del 1989. Al raggiungimento dellobiettivo di stabilire la caducazione automatica del titolo di custodia cautelare, sono preordinate le disposizioni degli artt. 303 e ss. c.p.p., che stabiliscono un articolato e complesso sistema di termini, sospensioni e proroghe. In forza dellart.
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termine posto dallautorit giudiziaria (che decorre dal dies a quo), deve essere ripristinato lo status di libero cittadino dellimputato. Entrambi gli autori sono concordi nel ritenere fondamentale il diritto alla libert personale, individuando presupposti pressoch analoghi per una sua limitazione, tramite la custodia cautelare in carcere. Quello delineato da Carrara , per, un sistema processuale che fa della carcerazione preventiva la normale situazione in cui si deve trovare un imputato (a prescindere dalla gravit del fatto commesso o anche per semplice sospetto), la cui reclusione rimessa allarbitrio di un pubblico ufficiale (organo di polizia) e non alla decisione di un magistrato (organo giurisdizionale)117. La situazione diversa nellordinamento giuridico descritto dal Chiavario: la limitazione della libert personale di un cittadino pu aver luogo soltanto in presenza dellorgano giurisdizionale e, in caso di applicazione di tale misura, deve comportare il minor sacrificio possibile per laccusato.

2. Status del detenuto

2.1 La condizione del detenuto Carrara, in un intervento al Congresso Internazionale di Londra per la prevenzione e repressione del delitto del 1872, espose i motivi che lo inducevano a ritenere labuso della carcerazione preventiva quale fenomeno assolutamente deprecabile.

306 c.p.p., con la scadenza dei termini massimi (intermedi, complessivi o finali) di custodia cautelare limputato riacquista automaticamente il diritto alla rimessione in libert. Stabilisce, infatti, tale norma, che nel caso in cui il titolo di custodia per da efficacia, il giudice deve disporre Limmediata liberazione della persona sottoposta alla misura. irrilevante la fase o il grado in cui pervenuto il processo nel momento della pronuncia della ordinanza di liberazione. Una volta che si venuto meno il titolo di custodia per scadenza del termine massimo relativo ad un determinato stato o grado processuale, il passaggio ad uno stato o grado successivo non innesta il meccanismo del decorso del nuovo termine, ma lascia permanere la situazione di carenza di legittimazione della custodia e di dovere del giudice di rimettere in libert laccusato. 117 Nellordinamento odierno solo il giudice a poter ordinare il ricorso alla custodia cautelare in carcere. Il vincolo per il giudice di emettere un provvedimento restrittivo della libert personale (ex art.274 c.p.p.) non il risultato di una regola di automaticit assoluta, bens la naturale conseguenza dellesercizio di un potere discrezionale legalmente detenuto: valutata discrezionalmente lesistenza dei requisiti previsti dalla legge, il giudice deve decidere di conseguenza; resta cos esclusa dal codice del 1989 ogni ipotesi di automatica imposizione di tale misure restrittiva.

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Oltre al fattore economico118, viene posta particolare attenzione allo status del detenuto e alle conseguenze della custodia cautelare in vinculis sui soggetti innocenti, i quali uscivano dal carcere provati sia nel fisico che nello spirito. Allincarcerazione segue, infatti, leffetto stigmatizzante della persona del detenuto, che sente bene di essere decaduto nella opinione de suoi concittadini, perch la successiva liberazione non cancella nella mente di molti il torto del carcere patito119. Il giurista ottocentesco parla di una vera e propria demoralizzazione degli onesti, sia per la natura propria dellistituto, sia per il trattamento del detenuto durante la custodia cautelare in carcere. Nel primo caso, la natura della sanzione deprime ed abbatte il sentimento della personale dignit in colui che dopo avere condotto vita onesta ed innocente si trova colpito da una macchia immeritata120. Inoltre, il soggetto ingiustamente detenuto, perde fiducia e prova odio per la societ e la giustizia che lo hanno perseguitato. Laver condotto una vita retta ed onesta ed essere stato, comunque, incarcerato, spinge il cittadino a non temere pi la prigione e diminuisce la forza morale che lo ha portato a lottare contro le tentazioni del male121. Carrara affronta anche le problematiche connesse al trattamento sanzionatorio del tempo. I cittadini sottoposti a carcerazione preventiva, erano mischiati ai detenuti gi condannati, e non vi era una divisione tra uomini e donne (carcere promiscuo). Una persona onesta veniva strappata dalla propria famiglia soltanto per sospetti o lievi colpe e posta tra delinquenti, vagabondi e prostitute, bench non ancora ritenuta colpevole. Tutto questo per il giurista intollerabile, anche alla luce del fatto che il detenuto onesto impara pi male in quei tre o quattro mesi di nefando consorzio che non ne apprese forse in tutta la sua vita: e quando sar restituito al seno dei suoi cari, se costoro non lo

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Un utilizzo pi contenuto, infatti, della custodia preventiva in carcere, metterebbe a disposizione degli Stati una quantit enorme di locali che sono utilizzati per rinchiudere cittadini onesti, incarcerati per semplici sospetti; inoltre si risparmierebbero le spese relative ad una cos vasta applicazione della custodia cautelare in carcere. 119 CARRARA, op.cit., p.403 120 Ibidem 121 Ivi, p.404 38

ricevono ormai perduto e corrotto, lo ricevono indubbiamente deteriorato nella sua moralit122. Nel 1984 la tematica della condizione del detenuto era trattata dalla legislazione nazionale e internazionale; allora, cos come oggi, i precetti che regolano lo status detentionis, a livello nazionale sono dettati dallordinamento penitenziario123 che, permeato dal principio per cui gli accusati non sono da considerarsi colpevoli fino al giudizio finale, assicura la separazione tra imputati e condannati.124 Anche lart. 10 n.2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici stabilisce il principio in base al quale gli imputati, salvo circostanze eccezionali, devono essere separati dai condannati e sottoposti ad un trattamento diverso, consono alla loro condizione di persone non condannate, statuendo poi una ulteriore separazione tra imputati maggiorenni e minorenni125. Chiavario evidenzia anche i problemi relativi ai presupposti ed ai limiti delle comunicazioni del detenuto allinterno dei luoghi di reclusione. Se, da un lato, la possibilit di comunicare dellimputato detenuto essenziale per limpostazione della difesa, dallaltro pu comportare il rischio di contaminazione delle prove126.

Ibidem L'ordinamento penitenziario l'intero apparato normativo che regolamenta il momento della privazione della libert personale in esecuzione di una sanzione penale. In Italia, l'ordinamento penitenziario disciplinato dalla legge n. 354/75 di riforma dellordinamento penitenziario italiano. In particolare il trattamento dei detenuti regolata dallart.14 :Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento. L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilit di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell' articolo 42 . assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione. consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati ad attivit organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza. Le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di istituto. 124 CHIAVARIO, op.cit,. pp.364-365 125 Art 10. Patto internaz.:Gli imputati minorenni devono esser separati dagli adulti e il loro caso deve esser giudicato il pi rapidamente possibile. Il regime penitenziario deve comportare un trattamento dei detenuti che abbia per fine essenziale il loro ravvedimento e la loro riabilitazione sociale. I rei minorenni devono essere separati dagli adulti e deve esser loro accordato un trattamento adatto alla loro et e alloro stato giuridico. 126 Ivi, p. 366
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2.2 I temperamenti alla custodia cautelare in carcere Nelle opere prese in esame, Carrara e Chiavario trattano la disciplina degli istituti volti a mitigare la custodia cautelare in carcere. Con riferimento al tema della scarcerazione del soggetto in custodia cautelare, Carrara si sofferma, in particolare, sullistituto della scarcerazione provvisoria mediante cauzione. La contestazione del giurista lucchese forte e pungente: tale misura, adottata dal codice entrato in vigore dopo lunificazione italiana per temperare gli effetti della custodia preventiva, definita derisoria ed ipocrita. Il giurista ottocentesco sottolinea che, ad un uomo al quale ieri la legge diceva, tu non potrai essere carcerato se non a titolo di pena dopo una condanna definitiva; si detto, tu dovrai subito andare in prigione, ma io ti concedo il diritto di chiedere di essere scarcerato se piacer ai miei superiori, e previo il deposito di quella somma che ai medesimi piacer di ordinare127. Lunica possibilit per attenuare la misura limitativa della libert personale, dunque, si poteva avere attraverso listituto della scarcerazione provvisoria mediante cauzione, che comportava il pagamento di una somma di denaro, stabilita a discrezione del magistrato procedente. Non era prevista, infatti, la liberazione per decadenza dei termini di custodia; la scarcerazione del detenuto poteva avvenire solo a seguito della dichiarazione di infondatezza delle prove a suo carico. In base al codice del 1930, vigente ai tempi di Chiavario, oltre al ripristino dello status libertatis del detenuto, una volta scaduto il temine posto dallautorit giudiziaria (la cosiddetta scarcerazione automatica), vi erano altri meccanismi per restituire la libert allimputato. Laccusato prosciolto, anche con sentenza impugnata o impugnabile, e quindi ancora revocabile, doveva essere liberato. Veniva ripristinato lo status libertatis per carenza dei motivi che giustificavano la custodia preventiva (principio presente non solo nellordinamento italiano del tempo, ma anche nellart.5 n.3 della Convenzione europea

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CARRARA, op.cit., pp.381-382

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dei diritti delluomo e nellart.9 n.3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) e quando per il reato, di cui era accusato il reo, non era previsto lo status custodiae.128 Corrispondente alla scarcerazione provvisoria descritta da Carrara, la libert provvisoria129. Chiavario la descrive come un istituto caratterizzato dalla discrezionalit degli organi giudiziari, unici che possono concedere al recluso questo beneficio. In base allart.1 c.3 legge 152/1975 (norma abrogata dallart. 28 della legge 398/1984), questa concessione poteva essere attribuita nel caso in cui, in concreto, non ostino ragioni processuali, n sussista la probabilit, in relazione alla gravit del reato ed alla personalit dellimputato, che questi, lasciato libero, possa commettere nuovamente reati che pongono in pericolo le esigenze di tutela della collettivit130. Alla concessione di libert provvisoria poteva sempre accompagnarsi lobbligo di prestare una garanzia sostitutiva (cauzione), surrogabile, in certi casi, dall'obbligo di presentazione periodica ad un ufficio di polizia131; inoltre, poteva essere esercitata, sempre in funzione alternativa, la misura del divieto (od obbligo) di soggiorno in determinate localit132.

CHIAVARIO, op.cit., p.338. Nellordinamento post riforma del 1989, le disposizioni degli artt.300, 301 e 302 c.p.p. prevedono, rispettivamente, tre vicende estintive delle misure: 1) La pronuncia di una sentenza 2) La scadenza del termine posto per le esigenze probatorie 3) Lomesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare. 129 In campo penale definita come la condizione in cui viene a trovarsi un accusato di reati diversi dall'eversione (e che non prevedano la pena dell'ergastolo) che stato scarcerato mentre era sottoposto a custodia cautelare, a patto di tenersi a disposizione dell'autorit giudiziaria. Nel nuovo codice di procedura penale viene rinominata come rimessione in libert . La libert provvisoria non pu essere concessa se esiste la possibilit di inquinamento delle prove o reiterazione del reato. Le decisioni di concedere o negare la libert provvisoria possono essere appellate, rispettivamente, dal pubblico ministero o dall'imputato stesso e spetta al tribunale del capoluogo di provincia competente per giurisdizione territoriale ( tribunale della libert ) decidere sulla legittimit dell'appello. L'impugnazione del provvedimento di concessione della libert provvisoria da parte del pubblico ministero non ne sospende l'esecuzione. Nel caso non venisse pronunciata alcuna sentenza o alcun rinvio a giudizio, l'imputato deve essere rimesso in libert per decorrenza dei termini ; il tempo che deve intercorrere commisurato alla gravit del reato presunto. Se si ritiene di poter agevolare il reinserimento nella vita sociale di una persona condannata a una reclusione inferiore ai tre mesi, possibile applicare la cosiddetta libert vigilata o controllata , una manovra di sicurezza non detentiva che non pu avere durata inferiore al doppio della pena detentiva sostituita e che obbliga l'individuo a sottostare a impegni ben precisi: trovare un lavoro fisso, non frequentare pregiudicati e dormire al proprio domicilio; la pubblica sicurezza si premunir di far rispettare tali condizioni. 130 CHIAVARIO, op.cit., pp.339-340 131 Corrispondente allattuale obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ex art.282 c.p.p. 132 Corrispondente allattuale divieto o obbligo di dimora ex art.283 c.p.p.

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La libert provvisoria non poteva, invece, essere concessa per una serie di reati di particolare gravit, tranne nel caso in cui le condizioni di salute del soggetto in vinculis siano incompatibili con lo stato di detenzione133.

2.3 La riparazione per ingiusta detenzione Di grande importanza il tema della riparazione per ingiusta detenzione. Carrara, nel Programma del corso di diritto criminale, non fa menzione di tale istituto, nonostante lesigenza di riparare gli errori giudiziari, fosse risalente al periodo cinquecentesco. Essa infatti, nellambito del movimento riformatore, si svilupp concretamente durante lIlluminismo, venendo disciplinata per la prima volta dalla legge leopoldina del 1786 ai sensi del cui articolo XLVI avevano diritto ad essere indennizzati quelli individui, i quali per le circostanze dei casi o certe combinazioni fatali si saranno trovati senza dolo o colpa di alcuno sottoposti ad esser processati criminalmente e molte volte ritenuti in carcere, con pregiudizio del loro decoro e interesse e di quello della loro famiglia e saranno poi stati riconosciuti innocenti e come tali assoluti. A tale norma si ispirarono il codice penale del Regno delle due Sicilie e il codice dinstruction criminelle del 1810. Listituto venne accolto nel codice penale unitario, che contribu allaffermazione del principio secondo cui doveva essere garantito un indennizzo, in ogni caso in cui vi fosse stata lesione della libert personale e della dignit morale del condannato, commisurando la riparazione pecuniaria alla durata della condanna134. La problematica trattata dal Chiavario nel Processo e garanzie della persona: la vittima di una custodia preventiva illegalmente iniziata (o continuata), aveva diritto, in base alle carte internazionali, ad una riparazione. Si tratta di una diritto contemplato sia dallart.9 n.5 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, sia dallart.5 n.5 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo, i quali prevedono, appunto, una riparazione in ogni caso di detenzione illegale135.

CHIAVARIO, op. cit., pp.339-340 ASCHERI, Introduzione storica al diritto moderno e contemporaneo: lezioni e documenti, Torino, Giappichelli, 2003, pp.278.283 135 Oggi la materia disciplinata dallart.314 c.p.p.
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Secondo la Convenzione europea dei diritti delluomo, tale riparazione deve essere valutata in relazione ad ogni pregiudizio materiale o morale subito dal detenuto136. Lassoluzione del detenuto non dimostra, per, lillegalit della custodia preventiva: pu, infatti, accadere che, al momento della carcerazione, sussistano obiettivamente ragionevoli motivi di sospetto nei confronti del reo, venuti poi meno per infondatezza delle prove. Iniziata legalmente, la detenzione diventa illegale solo nel momento in cui gli indizi vengono meno 137. Chiavario distingue la detenzione ingiusta da quella illegale. La detenzione ingiusta si profila tutte le volte che il detenuto, costretto in vinculis per la presenza dei presupposti che rendono legittima la custodia cautelare in carcere, venga poi riconosciuto innocente. La riparazione per ingiusta detenzione era prevista solo per chi stato prosciolto con sentenza irrevocabile perch il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto pu chiedere una riparazione per la custodia provvisoria trascorsa in carcere, qualora non vi abbia dato o concorso a dare causa per dolo o colpa grave138. Tale diritto, per, non era previsto nel caso di esercizio di una facolt legittima o nelladempimento di un dovere139. I temi dello status custodiae e della scarcerazione del detenuto dimostrano chiaramente come lordinamento italiano si sia evoluto nel corso di un secolo. In particolare vi stata una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la condizione del soggetto sottoposto a custodia cautelare. Allalba dellunificazione italiana, infatti, il detenuto veniva posto in vinculis al pari dei condannati (uomini e donne) e, spesso, una tale vicinanza comportava una irreparabile rovina morale per individui che altrimenti sarebbero stati integerrimi per tutta la vita. Con la riforma dellordinamento penitenziario del 1975, invece, il detenuto protetto da una serie di norme che impediscono la commistione tra indagati e carcerati, tra uomini e donne, tra minori ed adulti, proprio per evitare che una tale situazione, gi gravosa per natura, possa comportare ulteriori, serie conseguenze per i soggetti innocenti.
136 137

Comm. eur., 5 luglio 1976 CHIAVARIO, op.cit., pp.362-364 138 Art.300 c.p.p. 1930 139 CHIAVARIO, op.cit., p.364

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Anche la disciplina della scarcerazione ha subito notevoli cambiamenti; si passati, infatti, dalla liberazione del detenuto soltanto per linfondatezza delle prove a suo carico (nel 1800), alla scarcerazione automatica, per sentenza e mancato interrogatorio nel codice Rocco. Di grande rilievo e modernit la critica del Carrara alla durata della custodia cautelare in carcere: gi nel 1800 egli si manifestava apertamente in contrasto con un ordinamento giuridico che costringeva cittadini, non ancora colpevoli, a subire una limitazione della propria libert per tempi superiori alle condanne eventualmente comminate per i reati commessi. Tali concetti andranno a consolidarsi nei principi di adeguatezza e proporzionalit presenti attualmente nellordinamento giuridico italiano e nelle Convenzioni

internazionali.

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CAPITOLO IV Le prove

Posto un thema probandum, le prove sono gli strumenti di cui si avvalgono le parti ed il giudice per rappresentare un episodio compreso in esso; sono le circostanze che verificano un fatto sostanziale utile ad una parte per dimostrare la fondatezza delle proprie affermazioni. In un sistema processuale di natura prevalentemente accusatoria, qual il nostro, che valorizza loralit e la dialettica tra le parti, la sede naturale di formazione della prova il dibattimento. La legge regola i tempi ed i modi di questa verifica. Essa disciplina il procedimento probatorio, dallammissione allutilizzazione del mezzo di prova, in una sequenza che annovera la necessaria posizione dell'iniziale tema di prova, costituito dai fatti principali, enunciati nell'imputazione e che comprende la possibile posizione di successivi temi di prova, con la specificazione dei fatti principali e con l'indicazione dei fatti secondari, non compresi fra quelli e enunciati nell'imputazione, o relativi all'attendibilit della persona sottoposta ad esame. Il codice adotta il termine prova anche in relazione ai risultati dell'elaborazione probatoria. prova, quindi, tanto il fatto rappresentativo o mezzo di prova, quanto il fatto rappresentato o risultato probatorio. Il mezzo di prova serve per la verifica del tema di prova, il risultato probatorio registra l'esito di questa verifica. Nellordinamento attuale, la disciplina delle prove contenuta nel libro III del codice di rito (artt. 187-217140)141.
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Nei primi articoli il codice detta delle disposizioni generali valevoli per tutti i tipi di prove: Lart. 187 disciplina loggetto della prova, che individua nei fatti che attengono allimputazione contestata, alla punibilit, alla determinazione della pena ed allapplicazione delle misure di sicurezza, alla responsabilit civile, nonch allapplicazione delle norme processuali. Lart. 188 sancisce il principio della libert morale della persona nellassunzione della prova. Non possono pertanto essere utilizzati metodi o tecniche idonei ad influire sulla libert di autodeterminazione della persona (es. ipnosi). Lart. 189 fissa il principio di non tassativit dei mezzi di prova nel rispetto del modello accusatorio, ove le part gestiscono il meccanismo probatorio. Lart. 190 sancisce il diritto alla prova, il quale ribadisce la facolt delle parti di richiedere lammissione delle prove nel processo e, dunque, lappartenenza del meccanismo probatorio alle parti. Lart. 191 fissa la regola della inutilizzabilit della prova illegittimamente acquisita: si tratta di una forma patologica della prova la quale incide sul profilo sostanziale dell'atto.

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1. Disciplina delle prove 1.1 Diritto alla prova Principio fondamentale che regola la disciplina delle prove il cosiddetto diritto alla prova142. Carrara, allinterno degli Opuscoli, ne sottolinea l'importanza, quale componente naturale della procedura, mostrandosi contrario agli ordinamenti che, limitando il diritto alla prova dellaccusato, realizzavano una situazione di disuguaglianza tra le parti. In Italia, nel 1800, il reo, non poteva provare la propria innocenza prima dell'udienza dibattimentale ed era costretto a rimanere in carcere fino a quel momento. Al contrario, l'accusa, poteva fare proprie indagini sin dall'inizio del procedimento, prolungandole per lunghi periodi, con l'unico scopo di aumentare le pene del soggetto costretto in vinculis143.

Lart. 192 sancisce il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione della prova e dellobbligo della motivazione da parte del giudice nel momento della valutazione della prova e della sua utilizzazione. Sono indicati anche alcuni criteri a cui diede a tenersi il giudice nella valutazione delle prove. Lart. 193 esclude l'applicabilit nel processo penale e dei limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, salvo che non riguardino lo stato di famiglia e di cittadinanza. 141 SIRACUSANO, GALATI, TRANCHINA, ZAPPALA, Diritto processuale penale, 2006, Giuffr Editore, pp.329-330 142 Disciplinato nellordinamento odierno dallart.190 c.p.p.: Le prove sono ammesse a richiesta di parte 143 Nellattuale ordinamento italiano, le indagini preliminari, introdotte nel codice di procedura penale dall'art.326, precedono l'eventuale processo. Nelle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le attivit necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale: ne consegue che il p.m. e la polizia giudiziaria devono acquisire anche gli elementi a favore dell'indagato (art. 358) dato che le indagini preliminari servono esclusivamente a stabilire se ci sono i presupposti per l'esercizio dell'azione penale. previsto il segreto per gli atti compiuti durante le indagini. Contrariamente a quanto avveniva prima della riforma del 1989, oggi le indagini preliminari non hanno valore probatorio, salvo quanto disposto per l'incidente probatorio: nel nuovo sistema, infatti, si dato risalto al principio del contraddittorio. Nelle indagini preliminari infatti si acquisiscono solo elementi di prova al solo fine di valutare l'esercizio o meno dell'azione penale. Nel fascicolo del dibattimento confluiscono (rilevando ai fini della prova) gli atti assunti con l'incidente probatorio e gli atti irripetibili compiuti dall'accusa e dalla difesa (accertamenti tecnici irripetibili, risultati di intercettazioni telefoniche e ambientali, risultati di perquisizioni, ispezioni, sequestri nonch risultati di eventuali mezzi di ricerca delle prova atipici come gli appostamenti). Tutti gli altri atti compiuti nelle indagini preliminari (ma anche nell'udienza preliminare) che non hanno la caratteristica dell'irripetibilit confluiscono nel fascicolo delle parti e quindi non assumono alcun valore probatorio. Le attivit che pu compiere il pubblico ministero sono disciplinate dagli art.350 e segg. c.p.p.. Il pubblico ministero pu procedere al compimento di accertamenti tecnici irripetibili secondo la disciplina posta dall'art.360 c.p.p.. In tal caso nominer un consulente che avr l'obbligo di rispondere ai quesiti formulati dal Pm. Quest'ultimo deve informare la persona offesa dal reato, l'indagato e il suo difensore affinch questi possano nominare a loro volta al massimo due consulenti tecnici. I difensori e gli eventuali consulenti tecnici hanno diritto ad assistere al conferimento dell'incarico e partecipare alle operazioni formulando osservazioni e pareri cui deve esser fatta menzione nel verbale. La difesa dell'indagato pu chiedere - prima del conferimento dell'incarico - che si proceda attraverso l'incidente probatorio. In questo caso il Pm potr procedere negli accertamenti tecnici solo se un loro rinvio comporti che questi non possano essere pi utilmente compiuti. Se questa condizione non rispettata e il Pm procede comunque al compimento degli accertamenti, questi sono inutilizzabili.

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Carrara, manifestando grande modernit, si oppone apertamente a tale modo di procedere. Esso impedisce, infatti, al reo costretto in carcere, di dimostrare la propria innocenza, precludendogli di assumere prove a suo discarico: un cittadino innocente, quando sia caduto nei sospetti di un inquisitore o contro lui si aguzzi il dardo velenoso della calunnia, non pu trarre profitto alcuno dei documenti e testimonianze che egli per
il codice di rito prevede che a controllare l'operato dei soggetti processuali, protagonisti delle indagini preliminari, intervengo un soggetto terzo, il giudice per le indagini preliminari (G.I.P.): questi non gestisce o coordina le indagini, ma interviene sporadicamente, nelle ipotesi previste dal codice di rito. Funzione del G.I.P. di controllo sull'attivit del p.m., nonch di garanzia dei diritti delle parti nella fase delle indagini. Altra fase processuale molto importante per quanto riguarda la raccolta delle prove quella dell'udienza preliminare. L'udienza preliminare si tiene dinanzi al GUP ed in essa il pubblico ministero presenta la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del soggetto indagato. L'Udienza preliminare anche il luogo di celebrazione di due dei cinque riti alternativi previsti dalla procedura penale italiana: il patteggiamento (art. 444 c.p.p.) e il rito abbreviato (art. 441), rito che prevede la riduzione di un terzo della pena e che si svolge sui soli atti del Pubblico Ministero (e del difensore). Dopo la costituzione delle parti, il GUP dichiara aperta la discussione. Il pubblico ministero, che deve intervenire per primo, espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova a giustificazione del rinvio a giudizio da lui richiesto. Dopo l'imputato pu rilasciare dichiarazioni spontanee o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli art. 64 e 65 c.p.p. In verit, su richiesta di parte, il giudice pu disporre che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli art. 498 e 499 c.p.p., col risultato che le dichiarazioni rese dall'imputato acquistano, in via del tutto eccezionale per la fase preliminare, i connotati di vera e propria prova. All'udienza preliminare sono state date diffusamente tre funzioni: quella di filtro, quella di garanzia e quella di scelta eventuale fra i vari riti alternativi. Dalla emanazione del codice di procedura ad oggi l'udienza preliminare ha subito importanti modifiche. Inizialmente configurata come un filtro a maglie larghe, che lasciava cio passare molte imputazioni al dibattimento, diventata un'udienza sempre pi selettiva, sulla scia di una giustizia penale sempre pi rallentata. Se il testo originario dell'art.425 prevedeva l'evidenza della cause liberatorie ai fini dell'emissione della sentenza di non luogo a procedere, le riforme del 1993 e del 1999 hanno in primo luogo soppresso la parola evidente, per poi consentire il non luogo a procedere nei casi di contraddittoriet degli elementi acquisiti, o quando questi non risultino idonei a sostenere l'accusa in sede dibattimentale. La prima funzione,disciplinata dall'art.425 c.p.p., risponde alle esigenze di filtrare imputazioni azzardate e lo sfociare in dibattimento di azioni penali esercitate erroneamente, grazie alla sentenza di non luogo a procedere. Proprio questa funzione, con l'introduzione dell'udienza preliminare nella riforma codicistica, aveva creato notevoli contrasti in dottrina per circa un decennio: si discostava infatti la sentenza di proscioglimento dell'udienza preliminare dall'archiviazione delle indagini preliminari, sia per il dettato, poi riformato nel '93, che disponeva l'evidenza della prova negativa, sia successivamente quando prevedeva per lo stesso proscioglimento la prova negativa e non quella contraddittoria, mancante o insufficiente. Le numerose critiche furono accolte dal legislatore nella legge n.479/1999, con la modifica del comma terzo dello stesso art.425 il quale prevede esplicitamente che il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio. Il secondo scopo dell'udienza appare evidente considerando l'ipotesi che nuove prove possano emergere dopo le indagini preliminari. Per limitare il riavvicinarsi di una fase istruttoria, tale udienza stata modellata come una fase allo stato degli atti nella quale possono essere acquisite eccezionalmente e in casi previsti alcune prove, efficaci per nella fase stessa e non in altre eventualmente successive. Ad accentuare lo scopo del diritto alla prova intervenuta anche la legge n.479/1999 inserendo l'art.421 bis, che prevede la possibilit per il giudice, qualora ritenga le indagini preliminari incomplete, di delegare il PM per nuove indagini. Inoltre lo stesso giudice pu richiedere l'assunzione di elementi di prova d'ufficio in caso non sia in grado di decidere ma non voglia nemmeno una integrazione completa delle indagini preliminari: aspetto molto importante della riforma atto a risolvere problemi in ordine a questo scopo, visto che la parte pu fare istanza al giudice per ottenere l'ordinanza di assunzione di determinati elementi di prova.

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avventura avrebbe prontissima e a mettere in chiaro la insussistenza dell'accusa, o la onest della sua condotta, o la legittimit del fatto suo 144. Il giurista lucchese propugnava, quindi, la possibilit di rompere il segreto dellistruzione preparatoria, senza mettere in pericolo il processo e la pubblica sicurezza: noi vorremmo ristabilire il diritto della difesa in tutto il corso dell'inquisizione145. Chiavario concorda col Carrara nel ritenere il diritto alla prova un elemento fondamentale all'interno del diritto processuale penale, la cui importanza dimostrata dall'attenzione ad esso dedicata negli ordinamenti di pi collaudata civilt giuridica, alla ricerca di equilibri fra esigenze di efficienza ed esigenze di garanzia146. Per garantire la parit darmi tra le parti in ambito probatorio, era necessario che le modalit di assunzione ed ammissione delle prove non privilegiassero laccusa, rispetto alla difesa147; allo scopo di evitare ci, era riconosciuto, ai sensi dellart.304-bis c.p.p.148, il diritto del difensore ad assistere al compimento di tutta una serie di atti, nonch il diritto di ricevere avviso circo il giorno, lora ed il luogo delle operazioni (salvo che si tratti di atti a sorpresa)149. Il giurista contemporaneo, affronta anche il tema dell'assunzione delle prove e, in particolare, se al giudice possa essere riconosciuta piena libert nella ricerca delle stesse, secondo una linea inquisitoria, o se, invece, l'iniziativa probatoria debba essere rimessa alle parti, seguendo il modello accusatorio. Le norme contenute nel codice Rocco, fanno prevalere nettamente il metodo inquisitorio: nella fase istruttoria, il giudice ha l'obbligo di compiere prontamente tutti quegli atti che in base agli elementi raccolti e allo svolgimento dell'istruzione appaiono necessari all'accertamento della verit150; l'assunzione e l'acquisizione d'ufficio, anche di prove nuove rispetto a quelle gi emerse nell'istruzione e a quelle indicate dalle parti nella fase predibattimentale, sono previste espressamente anche per il giudice del dibattimento151.
CARRARA , Programma del corso di diritto criminale - Del giudizio criminale, tratto da Opuscoli di diritto criminale, 1859-1870, il Mulino, pp. 377-379,392,479 145 Ivi p. 484 146 CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona Le garanzie fondamentali, 1984, Giuffr Editore , p. 98 147 Ivi, p.99 148 Codice Rocco. 149 Art. 304-ter c.p.p. codice Rocco. Oggi disciplinato dallart.369 c.p.p. 150 Art. 299 codice Rocco 151 Art. 457 codice Rocco. Nell'ordinamento attuale al giudice dibattimentale riservata di norma la sola valutazione delle prove introdotte dalle parti, non essendo confacente al suo ruolo di terziet una funzione di
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La Costituzione e le Carte internazionali non fissano precise direttive sul metodo da adottare, limitandosi a stabilire che alle parti non venga disconosciuto totalmente il diritto alla prova, affinch, entro certi limiti e condizioni, le stesse possano pretendere che alcuni mezzi di prova da loro raccolti, facciano parte del materiale probatorio a disposizione del giudice. La Corte costituzionale, infatti, ha individuato nel diritto alla prova una delle componenti essenziali del diritto di difesa garantito dall'art. 24 c.2 della Costituzione; anche in ambito internazionale stato riconosciuto che l'ingiustificato rifiuto, da parte del giudice, di esaminare determinati materiali probatori pu comportare una lesione dei diritti difensivi. Chiavario distingue l'assunzione di prove in dibattimento, davanti allo stesso organo giudicante, da quella della fase istruttoria. L'assunzione dibattimentale prevedeva la partecipazione delle parti, sia pure in veste di non protagonisti ma di comprimari, su un piano di parit; tale assunto era ricavabile dall'accostamento dell'art.440 c.p.p.152 con l'art. 467 c.p.p.153, i quali rispettivamente prevedevano che fosse il presidente o il pretore a procedere agli interrogatori ed all'assunzione delle prove, e che il pubblico ministero, le parti private e difensori possono, per mezzo del presidente del pretore, fare domanda all'imputato, alla persona civilmente obbligata per l'ammenda, alla responsabile civile, alla parte civile, ai testimoni, ai periti e ai consulenti tecnici. Non c'era, dunque, una possibilit di esame diretto e di cross-examination alla maniera dei processi inglese e statunitense, ma vi era pur sempre una partecipazione, per quanto indiretta, all'attivit di assunzione della prova154.

stimolo o impulso nella formazione delle prove. Ha natura eccezionale lingerenza del giudice nella formazione della prova, sia per rivolgere domande (dopo l'esame ed il controesame), sia per indicare alle parti temi di prova nuovi o pi ampi, da esse trascurati (art.506 c.p.p.), sia per disporre d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, se assolutamente necessario (art.507 c.p.p.). 152 Codice Rocco 153 Codice Rocco 154 Si tratta di un istituto processuale che consiste nell'esame delle parti e dei testimoni direttamente sia da parte del pubblico ministero che del difensore che ha chiesto l'esame. L'esame deve svolgersi mediante domande su fatti specifici e sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerit delle risposte o quelle che tendono a suggerire le risposte. Durante l'esame, il giudice cura che questo sia condotto senza ledere il rispetto della persona ed interviene per assicurare la pertinenza della domanda, la genuinit della risposta, la lealt dell'esame e la correttezza delle contestazioni. Quando viene sottoposto all'esame un minore, le domande sono fatte dal presidente su proposta delle parti.

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L'assunzione delle prove nella fase istruttoria155, era condotta direttamente dal pubblico ministero mentre, nellistruttoria formale condotta al giudice istruttore, egli poteva fare richieste, assistere agli atti dell'istruzione e prenderne visione in ogni stato del procedimento156. Le riflessioni del Chiavario, vertono anche sullammissibilit delle prove. Lordinamento italiano del tempo (cos come lattuale) permetteva, infatti, un controllo giudiziale sull'ammissibilit delle prove, sulla loro rilevanza o pertinenza, sulla loro quantit. Tale verificazione, di regola, poteva essere svolta appieno soltanto a posteriori, ovvero nel contesto dell'intero ambito probatorio: non bisognava escludere a priori delle prove soltanto perch potevano apparire verosimilmente non pertinenti o non rilevanti; dovevano, invece, essere eliminati gli elementi manifestamente estranei rispetto ai temi da provare o quelli meramente dilatatori del processo (come, ad esempio, decine di testimonianze identiche)157. Esistevano, per, casi in cui era il legislatore ad escludere la possibilit di ammettere un determinato tipo di prova, in rapporto a certe situazioni. Vigevano, infatti, il divieto di
Tale cautela mira ad evitare al minore il trauma di domande poste con troppa aggressivit e cinismo dalle parti. In tali casi, se vi richiesta di parte, pu farsi luogo all'audizione protetta, con le modalit previste dall'art. 398, co. 5bis, c.p.p. L'art. 496 c.p.p. prevede una precisa scansione per lo svolgimento dell'esame incrociato: dapprima vengono esaminati i testi a carico (ed in tale ambito prima i testimoni del P.M. e poi quelli della parte civile) e di seguito i testimoni a discarico (del rappresentante civile, del civilmente obbligato alla pena pecuniaria e dell'imputato)4. Tale ordine, peraltro, pu essere modificato sull'accordo delle parti. All'interno di ciascuna lista, invece, la parte richiedente che stabilisce la successione degli esaminandi. Le modalit di assunzione della prova testimoniale sono scandite negli artt. 498 e 499 c.p.p. Le domande proponibili trovano, innanzitutto, la loro fonte nelle circostanze enunciate nella lista testimoniale (art. 468, comma 1, c.p.p.). L'art. 498 c.p.p. ci indica la sequenza, i tempi ed i modi in cui si deve svolgere l'esame incrociato. L'esame articolato in tre momenti fondamentali: - esame diretto; - controesame; - riesame. Le domande nell'esame diretto sono poste dalla parte che ha chiesto di interrogare il testimone. Il controesame eventuale ed condotto da chi non ha chiesto l'esame. Il riesame, doppiamente eventuale, riservato a chi ha chiesto l'esame al fine di proporre nuove domande. 155 L'attivit istruttoria quella attivit con la quale il giudice individua la realt dei fatti, precede l'attivit di trattazione la quale viene posta in essere per l'individuazione della disciplina giuridica applicabile. La fase istruttoria la fase di un procedimento processuale in cui si svolgono indagini o acquisiscono prove e informazioni utili ai fini del giudizio, per potere arrivare ad una fase successiva dibattimentale o decisoria. In Italia la fase istruttoria prevista solo per il diritto processuale civile, dato che in quello penale la figura del giudice istruttore stata soppressa nel 1988 in favore del Giudice per le indagini preliminari e del Giudice dell'udienza preliminare: pi corretto , quindi, parlare di indagini preliminari ed udienza preliminare. 156 Art. 303 c.p.p. codice Rocco. CHIAVARIO, op.cit., pp. 196-198 157 CHIAVARIO, op.cit., pp 102-103

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servirsi di dati mezzi probatori per ragioni inerenti alla posizione della persona che dovrebbe esserne veicolo158 e quello di avvalersi di strumenti probatori che potevano rivelare materie coperte da segreto159.

1.2 Le prove illecite Problematica relativa alla non utilizzabilit delle prove, presa in esame da entrambi giuristi, quella delle prove illecite160.

Ivi, p. 104 Ivi, pp. 104-105. Nel primo caso ci si riferisce il divieto di assumere come testimone l'imputato, un coimputato o il prossimo congiunto dell'imputato. Nel secondo caso verranno esclusi dalla testimonianza soggetti venuti a conoscenza dei fatti del processo per ragioni professionali o per fatti coperti dal segreto di Stato o da quello di polizia (sempre previa valutazione della fondatezza dell'eccezione da parte del giudice. Con la sentenza n.24 del 1992 della Corte costituzionale, il segreto di polizia venuto meno, in quanto gli appartenenti alla polizia giudiziaria hanno capacit di testimoniare come ogni persona e nei loro confronti non prevista alcuna incompatibilit. Il divieto ora permane per le sole dichiarazioni acquisite con le modalit documentate in un verbale; non funziona in ordine alle altre dichiarazioni). Nell'attuale ordinamento italiano si parla di incompatibilit con l'ufficio di testimone (art. 197 c.p.p.). Vi divieto di assunzione dell'ufficio di testimone per il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria: tali soggetti, in quanto parti, potranno essere esaminati, ma non essere sentiti come testimoni imparziali, in quanto non indifferenti rispetto ai fatti oggetto del processo. Per quanto riguarda la parte civile, essa pu assumere la veste di testimone, ma il giudice chiamato a valutare le sue dichiarazioni con particolare rigore, tenuto conto che ha in gioco nel processo un personale interesse risarcitorio. Incompatibilit a deporre sussiste anche per le persone che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto funzione di giudice, pubblico ministero o di loro ausiliario, nonch il difensore che abbia svolto investigazioni difensive, documentati ai sensi dell'art. 391ter. La recente legge 63/2001 sul giusto processo ha modificato la disciplina della incompatibilit a deporre prevista dall'art.197 c.p.p.; attualmente possono assumere l'ufficio di testimone anche: l'imputato quando riferisce sulla responsabilit di altri i coimputati di un medesimo reato a condizione che sia intervenuta sentenza irrevocabile di proscioglimento o di condanna o di patteggiamento gli imputati in un procedimento connesso ai sensi dell'art.12 lett. c (reati commessi per eseguire od occultarne altri) o ai sensi dell'art.371 lett. b (era reati commessi in occasione di altri, per conseguire il profitto o l'impunit di altro reato, in danno reciproco, quando vi un vincolo probatorio) a condizione che gli sia stato fatto l'avviso previsto dall'articolo 64 c.3 lett. c. gli imputati in altro procedimento per cui non vi sia vincolo di connessione Hanno facolt di astensione (art.199 c.p.p.) i prossimi congiunti dell'imputato(identificati sensi dell'art.307 c.4 c.p.) ed i soggetti tenuti al segreto professionale (art.200 c.p.p.), di ufficio (art.201 c.p.p.) o di Stato (art.202 c.p.p.). I prossimi congiunti hanno facolt e non obbligo di assumere la veste testimone; a pena di nullit, tali soggetti devono essere preavvertiti dal giudice della facolt di non deporre. La facolt di non deporre spetta ai soggetti portatori di segreto professionale per ragioni del proprio ministero, ufficio o professione, quali i ministri di confessioni religiose, gli esercenti la professione forense, gli esercenti la professione sanitaria e notarile. Per i detentori del segreto di ufficio, il divieto di testimoniare subordinato alla condizione che i fatti debbano, per legge, rimanere segreti anche verso l'autorit giudiziaria; il giudice pu per sindacare e disattendere l'opposizione di tale segreto, ordinando di deporre. Per il segreto di Stato, la particolare delicatezza intrinseca di esso comporta che il giudice non ha potere di valutare e disattendere l'assunto della persona chiamata a testimoniare; per egli pu provocare il controllo sul segreto da parte dell'autorit politica (Presidente del Consiglio dei ministri) e, in caso di silenzio di essa, ordinare al testimone di deporre.
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Per prova illecita si intende una prova assunta in violazione delle norme che ne disciplinano lammissibilit o delle regole processuali dettate per la materiale acquisizione. Per Carrara, che ancora una volta manifesta una spiccata modernit, le prove illecite non potevano assolutamente rientrare fra i legali elementi probatori: sarebbe stato contraddittorio punire per legge intimidazioni, vessazioni, abusi e torture161, ricavando, per, da esse, elementi probatori utilizzabili nel processo. Dovevano essere eliminata dagli elementi probatori tutte le prove acquisite tramite un'azione criminosa: pare alla mia tenuit che dal momento in cui la legge qualifica in modo assoluto come delitto il fatto della estorta dichiarazione, sia un contenuto necessario di quella qualifica lo annullamento della dichiarazione estorta. Simili acquisizioni conoscitive devono cessare dal far parte dei documenti del processo e dei materiali di convinzione, perch non pu essere un atto proceduralmente legittimo quello che il prodotto di un'azione criminosa162. Il giurista ottocentesco aggiunge, inoltre, che, quando la difesa non si opponeva o non aveva la possibilit di opporsi a prove ritenute illecite, spettava alla discrezionalit del giudice valutare gli elementi di prova, anche nel caso di silenzio della legge163. Chiavario si associa a quanto affermato dal Carrara: le prove illecite non sono utilizzabili all'interno del processo. L'illiceit della prova, evidenzia il giurista contemporaneo, poteva derivare da una lesione del diritto di difesa oppure dalla violazione di libert individuali di grande rilievo (personale, di domicilio, di comunicazione,); problemi maggiori emergevano quando l'assunzione delle prove, o la loro acquisizione, avveniva con modalit illecite. Di grande importanza, da questo punto di vista, lart.3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che vieta luso della tortura e di trattamenti inumani degradanti per ottenere elementi di prova.

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Attualmente la materia disciplinata dall'art.191 c.p.p.: Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. L'inutilizzabilit rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. 161 Carrara stato uno dei primi e maggiori sostenitori dell'abolizione della tortura in Italia. 162 CARRARA, op.cit., p.493 163 Ivi, pp.492-495

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Chiavario prende in considerazione la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Irlanda contro Regno Unito) del 18 gennaio 1978. Con tale pronuncia la Corte europea aveva limitato il campo di applicazione dell'art.3 C.E.D.U., stabilendo che, nei confronti delle persone sottoposte a restrizioni di libert, per ottenere elementi di prova, era ammesso luso della violenza. Tale trattamento, per essere vietato, doveva raggiungere un determinato livello di gravit, che dipendeva dalla durata del trattamento, dalle sue conseguenze fisiche e mentali, dal sesso, dall'et, dallo stato di salute della vittima. La possibilit di ammettere o meno certi tipi di prove, sottolinea Chiavario, da valutare soltanto sul piano gravit dei mezzi con cui sono state assunte164. Tematica su cui si soffermano le riflessioni di entrambi i giuristi, quella della prova legale165. Carrara pone quest'elemento a fondamento del principio della certezza morale della legge, in base al quale la legge doveva definire a priori quali condizioni erano necessarie affinch si avesse la prova piena. In base a tale sistema, il giudice, anche se non convinto della reit, doveva condannare il reo in presenza di prova legale, purch indicasse, nella sentenza, delle fonti da cui aveva ricavato tale grado di prova. Per avere prova piena, unica che poteva dar luogo alla pena ordinaria era richiesta la confessione legittima o i documenti oppure le deposizioni di due testimoni ineccezionabili166. Chiavario tratta il tema succintamente, limitandosi ad affermare come i meccanismi di prova legale pongano preclusioni alla normale libert di ricerca della prova ed al connesso diritto alla prova delle parti, in quanto da tali elementi probatori deriva un

CHIAVARIO, op. cit., p.112 definita prova legale la prova vincolante per il giudice, il quale non pu che prenderne atto, utilizzando l'effetto previsto dalla legge. Il sistema della prova legale non pi in vigore nellattuale codice di procedura penale, in cui vige il sistema del libero convincimento del giudice. La disciplina della prova legale attualmente presento solo nel codice di procedura civile, allart. 116: il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti (). Leccezione contemplata dalla parola altrimenti risiede nelle regole di prova legale, valide solo ed esclusivamente nell'ambito del processo civile. Le prove legali impongono la verit legale della prova; esse sono, ad esempio: l'atto pubblico la confessione come dichiarazione di fatti a s sfavorevoli la scrittura privata il giuramento 166 CARRARA, op.cit., pp.173-174
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vincolo assoluto, per il giudice, a ritenere provato un determinato fatto in conseguenza della prestazione di un determinato mezzo167.

1.3 Obbligo di motivazione per il giudice Carrara distingue il principio della certezza morale della legge da quello della certezza morale dell'uomo, metodo alternativo per la valutazione della prova e cardine del sistema della cosiddetta intima convinzione del giudice168. In base a tale sistema, la legge non doveva occuparsi degli elementi di prova, affidando tale compito ad una valutazione discrezionale del giudice; tale modo di procedere diede allorgano giudicante la possibilit di assolvere alcuni soggetti anche di fronte a prove piene e, viceversa, di condannarne altri in mancanza di materiale probatorio, senza doverne dare motivazione169. Il giurista ottocentesco, in contrasto con tale sistema, riteneva assolutamente necessario che i giudici motivassero le loro scelte170, in modo da evitare che la condanna avvenisse in base a decisioni meramente discrezionali, delle quali le parti rimanevano alloscuro: La loro convinzione doveva essere figlia di un calcolo razionale, e non del sentimento; doveva essere la convinzione del giurista, e non quella dell'homo volgare: che non dovevano essere giurati, ma giudici giureconsulti. Con siffatto metodo difficile che un giudice si avventuri condannare un cittadino senza processo171. Carrara vedeva nella motivazione una regola capace di sprigionare effetti (e perci un'esigenza da soddisfare) prima ancora che il giudice avesse deliberato: Sa ognuno infatti come avvenga sovente che ci troviamo persuasi di un'opinione e poscia ci
CHIAVARIO, op.cit., p.121 Il sistema della intima convinzione storicamente pi antico (e utilizzato, infatti se nell'antica Grecia sia durante l'impero romano); il sistema delle prove legali nacque solo nel tredicesimo secolo con la nascita del processo inquisitorio. Quest'ultimo sistema prevalse in Europa (regno unito escluso poich strenuo sostenitore della giuria) fino al 1800. Con la nascita del processo misto, risorse la pubblicit dei giudizi penali e il principio della intima convinzione. Nell'ordinamento italiano odierno si parla di libero convincimento del giudice, sistema obbligatorio per la valutazione delle prove nel processo penale; la garanzia contro il mero arbitrio e data dall'obbligo di motivazione. L'art. 192 c.p.p. disciplina: il giudice valuta la prova dando conto della motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. L'esistenza di un fatto non pu essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti. 169 CARRARA, op.cit., p.175 170 Nell'ordinamento attuale la motivazione delle sentenze disciplinata dall'articolo 125 c.p.p.:Le sentenze () sono motivate a pena di nullit e dallart. 192 c.p.p.: Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. 171 CARRARA, op. cit., pp. 350-351
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sentiamo noi stessi costretti a respingerla se, richiamati a porle in carta le ragioni, l'analisi ci appalesa la loro debolezza172. Il giurista afferma che il principio della intima convinzione pu raggiungere la massima razionalit solo con l'istituzione dei giurati: con la giuria173, infatti, il verdetto sul fatto pronunciato dai giudici popolari, mentre la valutazione di diritto, dalla Corte interamente composta da magistrati. La giuria, secondo Carrara, guardata politicamente, una deduzione logica di ogni libero Stato: escluso il popolo dal potere legislativo, incoerente negargli anche l'esercizio (seppur in parte) del potere giudiziario; sotto il profilo morale, inoltre, la giuria un utile mezzo per educare il popolo, affezionarlo alla cosa pubblica e rendere pi

Ibidem Una giuria in senso proprio un gruppo di persone, legate da un giuramento, incaricato di svolgere un certo compito. Nell'accezione pi nota per giuria s'intende un organo collegiale utilizzato in diversi ordinamenti, soprattutto di common law, con funzioni di giudice, per lo pi penale, formato da cittadini che non svolgono tale attivit in modo professionale (sono, in altri termini, giudici laici). I membri di una giuria sono detti giurati. Il ruolo e la composizione delle giurie variano notevolmente da un ordinamento all'altro ed esistono anche ordinamenti che non le prevedono affatto. Un tratto comune che i membri della giuria sono persone senza particolare formazione giuridica, che non svolgono l'attivit di giudice a titolo professionale, estratti a sorte tra i cittadini che possiedono determinati requisiti (maggiore et, un certo livello di studio o almeno la capacit di leggere e scrivere ecc.). Di solito la partecipazione alla giuria da parte di coloro che sono stati selezionati obbligatoria. In genere i giurati operano a fianco di giudici togati, ma il ruolo degli uni e degli altri varia, sicch si possono individuare vari modelli di giuria. Nelle giurie interamente popolari, o giurie in senso stretto, i giurati costituiscono un collegio a s e decidono con un verdetto non motivato sulle questioni di fatto, mentre le questioni di diritto sono decise dai giudici togati con la sentenza. questo la forma di giuria tipica dei paesi di common law, diffusasi per anche nell'area di civil law dopo la Rivoluzione francese; viene utilizzata soprattutto in ambito penale, nel qual caso i giurati decidono, sulla base delle prove addotte, sulla colpevolezza dell'accusato, mentre il giudice togato decide sulla pena da applicare al colpevole. La giuria anglosassone si compone tipicamente di 12 giurati (ma in Scozia sono 15) nei processi penali, mentre nei processi civili sono in molti casi solo 6. In alcuni ordinamenti di common law esiste anche una particolare giuria, pi ampia e perci detta grand jury, chiamata a stabilire se le prove raccolte sono sufficienti per iniziare un processo penale nei confronti di una persona. Una diverso modello quello che va sotto il nome di scabinato: in questo caso i giudici laici siedono assieme ai giudici togati in un unico collegio, che decide tanto sulle questioni di fatto quanto su quelle di diritto. Il sistema dello scabinato, introdotto in Germania nel 1924, utilizzato anche in Italia nella corte d'assise, dove accanto a due giudici togati siedono sei giudici popolari, nonch in Francia, Svezia, Portogallo, Svizzera e Grecia. Esiste anche un sistema intermedio in cui i giurati decidono, in un collegio a s, sulla colpevolezza, per poi riunirsi in un unico collegio con i giudici togati e decidere sulla pena: stato introdotto in Francia nel 1932 ma poi abbandonato, mentre tuttora utilizzato in Belgio, Austria e Norvegia. In Europa un solo ordinamento non utilizza alcuna forma di giuria, i Paesi Bassi, mentre negli altri il sistema dello scabinato e quello intermedio hanno nel tempo soppiantato la giuria di tipo anglosassone, che era stata introdotta in Francia con legge del 16 settembre 1791, poi imitata da altri stati, ed ora rimasta, oltre che nei paesi di common law, in Spagna e in Russia; in Italia il passaggio dalla giuria di tipo anglosassone allo scabinato avvenuto nel 1931.
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simpatiche per efficace la penalit, con gran incremento della sua forza morale oggettiva174. La tematica dellobbligo di motivazione per il giudice descritto anche dal Chiavario; da tale analisi si pu notare come le idee riformatrici espresse dal Carrara (quale l'obbligo per i giudici di motivare le proprie decisioni in ambito probatorio) abbiano trovato, quasi cent'anni dopo, reale applicazione nell'ordinamento italiano. Il giurista contemporaneo evidenzia come sia inaccettabile lasciare al giudice libert assoluta nelle proprie pronunce, in quanto ci porterebbe al rifiuto di qualsiasi regola da parte del magistrato, tanto in rapporto all'individuazione del materiale probatorio da cui trarre elementi di giudizio, quanto alla valutazione bilanciata degli elementi stessi175. Per evitare ci, stato fissato, a livello costituzionale, un obbligo di motivazione per lorgano giudicante: tutti provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati 176. Nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, manca un analogo principio per quanto concerne le decisioni dei giudici in materia civile o penale177; per quanto riguarda, invece, le sentenze che devono essere emesse dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, la stessa Convenzione europea a prevedere lobbligo di motivazione178. Nellordinamento italiano, sottolinea Chiavario, soggiacciono a questo obbligo le sentenze, in quanto tipici provvedimenti decisori del giudice. La materia disciplinata dagli artt.474 e 475 c.p.p.179, in base ai quali, rispettivamente, la sentenza deve contenere la concisa esposizione dei motivi di fatti e di diritto, su cui la sentenza fondata ed prevista nullit nei casi in cui manca o contraddittoria la motivazione.

CARRARA, op.cit., pp.178-181 CHIAVARIO, op. cit., p.93. Al tempo di Chiavario, come oggi, era vigente lart. 101 Cost., in base al quale i giudici sono soggetti (solo) alla legge. 176 Art.111 c.1 Cost.. A seguito della modifica dell'art.111 nel 1999, il principio del libero convincimento oggi disciplinato dal sesto comma del medesimo articolo. 177 In quanto, nella redazione delle clausole riguardanti le garanzie minime del giusto processo, si tenuto conto anche di quei sistemi nei quali una pi intensa e sentita pubblicit dello svolgimento processuale ed una maggiore possibilit di controllo diretto dell'osservanza delle regole, sembrano rendere superflua una garanzia di questo tipo. 178 CHIAVARIO, op. cit., p.94 179 Codice Rocco. Nell'ordinamento attuale la motivazione delle sentenze disciplinata dall'articolo 125 c.p.p.:Le sentenze () sono motivate a pena di nullit e dallart. 192 c.p.p.: Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati
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La motivazione, specifica il giurista contemporaneo, deve rispettare una regola di ragionevole completezza, da intendersi non tanto con riferimento ad una esigenza di sviscerare ogni possibile risvolto degli argomenti a sostegno dei tesi accolte, quanto, piuttosto, nel dare risposta a tutte le questioni specificamente sollevate dalle parti in corso di causa180. Per quanto concerne le norme giuridiche che costituiscono i parametri di valutazione dei fatti da giudicare, vige una regola-chiave, cio quella espressa dalla formula iura novit curia (il giudice conosce il diritto). Tale principio va inteso quale riconoscimento, per i giudici, di determinare, senza condizionamenti esterni, gli strumenti normativi destinati a disciplinare il caso concreto; la regola, comunque, non esclude iniziative e contributi di parte, rivolte a persuadere il giudice affinch prenda in considerazione (e/o interpreti in un dato modo) una certa norma giuridica.

2. La testimonianza

2.1 La partecipazione del testimone al procedimento Con riferimento alla testimonianza, tematica esaminata da entrambi gli autori quella della partecipazione del testimone al processo. Carrara distingue i testimoni in istrumentali181 ed ordinari; solo questi ultimi sono rilevanti all'interno del processo e definiti come soggetti che accidentalmente informati di qualche fatto si chiamano a narrare ci che ne sanno182. I testimoni ordinari vengono a loro volta suddivisi in idonei ed eccezionabili. Se il teste era certo di quanto riferito ( i sensi non devono aver ingannato il testimone183) e le sue affermazioni erano essere veritiere (egli non voglia ingannare184), egli era considerato idoneo e le sue deposizioni formavano prova; quando queste presunzioni, invece, erano assenti, i testi venivano definiti

CHIAVARIO, op. cit., p. 95-96 I testimoni istrumentali sono soggetti chiamati appositamente ad assistere ad un atto solenne per certificarne e completarne la forza probatoria. 182 CARRARA, op.cit., p.205. I testimoni istrumentali sono soggetti chiamati appositamente ad assistere ad un atto solenne per certificarne e completarne la forza probatoria. 183 Ivi, p.206 184 Ibidem
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eccezionabili185, e le loro dichiarazioni non rientravano nel materiale probatorio . Le eccezioni contro un testimone riguardavano o le sue capacit intellettive (cio la possibilit chei si inganni) o la sua volont (quando si riteneva che il teste dicesse il falso). Le cause intellettuali potevano essere assolute o relative, a seconda che il testimone fosse del tutto incapace di riconoscere la verit per le sue limitate capacit intellettive, oppure fosse solo in parte limitato nell'uso dei propri sensi (cerco, sordo, ). Le cause che influiscono sulla volont, invece, sono quelle che fanno dubitare la verit di quanto affermato dal testimone, poich spinto a mentire per raggiungere un interesse diverso, a lui maggiormente favorevole. Queste cause a loro volta erano suddivise in due classi di difetti: nella persona e nel detto. Le prime sono quelle che si appalesano considerando le condizioni personali del testimone, prima ancora che parli; le seconde sono quelle che emergono dalla sua deposizione186.
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Ibidem. Nell'ordinamento attuale l'art.196 c.p.p. disciplina la capacit di testimoniare: Ogni persona ha la capacit di testimoniare. Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneit fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche d'ufficio pu ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge. I principali difetti della persona del testimone derivavano da diverse cause: 1. dal pubblico disprezzo, per cui erano inidonei prostitute e mendicanti, per la facilit ad essere corrotti 2. dal delitto, se il testimone era stato inquisito o condannato per delitti che avevano dimostrato abitudine a mentire o ingannare 3. dai rapporti con processo, quando il teste aveva un interesse nell'esito dello stesso 4. dai rapporti con la persona del reo o dell'accusatore 5. dalla natura della prova, se, nelle prove legali, il testimone era unico Nel codice odierno la materia disciplinata dall'art.197 (incompatibilit con l'ufficio di testimone). Vedi nota 21. Erano, invece, eccezionabili nel detto i testimoni: 1. che narravano cose impossibili o inverosimili 2. che si esprimevano in modo incerto e dubbioso 3. le cui deposizioni erano contraddittorie 4. che risultavano falsi in una parte della loro testimonianza 5. che deponevano con animosit 6. che erano discordanti con altre deposizioni 7. che avevano deposto senza prestare giuramento 186 I principali difetti della persona del testimone derivavano da diverse cause: 1. dal pubblico disprezzo, per cui erano inidonei prostitute e mendicanti, per la facilit ad essere corrotti 2. dal delitto, se il testimone era stato inquisito o condannato per delitti che avevano dimostrato abitudine a mentire o ingannare 3. dai rapporti con processo, quando il teste aveva un interesse nell'esito dello stesso 4. dai rapporti con la persona del reo o dell'accusatore 5. dalla natura della prova, se, nelle prove legali, il testimone era unico Nel codice odierno la materia disciplinata dall'art.197 (incompatibilit con l'ufficio di testimone). Vedi nota 21. Erano, invece, eccezionabili nel detto i testimoni: 1. che narravano cose impossibili o inverosimili

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Vi era poi la possibilit, sottolinea il giurista lucchese, che alcuni soggetti non venissero ammessi a testimoniare a priori. L'esclusione poteva essere assoluta o relativa, a seconda che l'impossibilit di deporre riguardasse tutti gli argomenti del processo o solo determinate circostanze. Erano assolutamente esclusi coloro che avevano con il reo rapporti tali da rendere immorale il costringimento verso di loro: l'ascendente, il discendente, il coniuge, il fratello dellimputato erano esentati dal deporre contro di lui, tranne nel caso in cui, offesi dal delitto, ne avessero fatto denuncia oppure quando era lo stesso reo a volerne la testimonianza. Si tratta di una previsione di grande importanza e di manifesta modernit, tanto che la stessa era contenuta anche nel codice di procedura penale del 1930, nonch nel codice di procedura penale del 1989 attualmente vigente187. Chiavario, evidenzia come, il codice del 1930, vietasse di servirsi di determinati mezzi probatori per ragioni inerenti alla posizione del soggetto tenuto a deporre: gli artt. 348 e 350 c.p.p.188 negavano la possibilit di testimoniare all'imputato, al coimputato e al prossimo congiunto dell'imputato. Quest'ultimo, per, era titolare di un diritto di astenersi dal deporre, a cui poteva rinunciare; in tal caso la testimonianza era legittima e doverosa189. I soggetti relativamente esclusi, invece, specifica Carrara, erano coloro che potevano assumere il ruolo di testimoni, ma non potevano fare dichiarazioni su particolari notizie o
2. che si esprimevano in modo incerto e dubbioso 3. le cui deposizioni erano contraddittorie 4. che risultavano falsi in una parte della loro testimonianza 5. che deponevano con animosit 6. che erano discordanti con altre deposizioni 7. che avevano deposto senza prestare giuramento 187 Art.199 c.p.p., facolt di astensione dei prossimi congiunti: 1. I prossimi congiunti dellimputato non sono obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno presentato denuncia, querela o istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato 2. Il giudice, a pena di nullit, avvisa le persone predette della facolt di astenersi chiedendo loro se intendono avvalersene. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche a chi legato allimputato da vincolo di adozione. Si applicano inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dallimputato durante la convivenza coniugale: a chi, pur non essendo coniuge dellimputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso; al coniuge separato dellimputato; alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con limputato 188 Codice Rocco 189 CHIAVARIO, op.cit., p.105

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circostanze, delle quali erano venuti a conoscenza attraverso la propria professione. Sacerdoti ed avvocati potevano, infatti, essere esaminati come testimoni, ma non sulle informazioni che il reo aveva rivelato al primo come confessore o al secondo come difensore190. Tale concetto, chiamato eccettuazione relativa ob segretum, corrisponde al segreto professionale191, presente nel codice del 1930 ed in quello successivo alla riforma del 1989. Chiavario evidenzia il limite derivante dai divieti di servirsi di istrumenti probatori, che rivelino materie coperte da segreto. In base all'art. 351 c.p.p.192, una persona chiamata a testimoniare nel processo penale poteva eccepire di non essere esaminata su fatti che era venuta ad apprendere per ragioni professionali; era il giudice a stabilire se l'eccezione era fondata o meno: nel primo caso, il testimone non era costretto a deporre mentre era obbligato nel secondo. Eccezione non prevista dal Carrara, ma presente nel codice Rocco, era quella relativa a materie coperte dal segreto di Stato193. L'art. 352 c.p.p.194, prevedeva un'area di notizie
CARRARA, op. cit., pp.219-221 Art.200 c.p.p., segreto professionale: Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno lobbligo di riferirne allautorit giudiziaria: i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con lordinamento giuridico italiano; gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai; i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facolt di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale. 192 Codice Rocco 193 Art. 202 c.p.p., segreto di Stato: 1. I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato. 2. Se il testimone oppone un segreto di Stato, l'autorit giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini dell'eventuale conferma, sospendendo ogni iniziativa volta ad acquisire la notizia oggetto del segreto. 3. Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti essenziale la conoscenza di quanto coperto dal segreto di Stato, il giudice dichiara di non doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato. 4. Se entro 30 giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei ministri non d conferma del segreto, l'autorit giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l'ulteriore corso del procedimento. 5. L'opposizione del segreto di Stato, confermata con atto motivato dal Presidente del Consiglio dei ministri, inibisce all'autorit giudiziaria l'acquisizione e l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte da segreto. 6. Non , in ogni caso, precluso all'autorit giudiziaria di procedere in base a elementi autonomi ed indipendenti dagli atti, documenti e cose coperti da segreto. 7. Quando sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, qualora il conflitto sia risolto nel senso dell'insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri non pu pi opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, lautorit giudiziaria non pu n acquisire n utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali stato opposto il segreto di Stato.
191 190

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destinate a rimanere segrete nei casi in cui si trattava di agire per la salvaguardia di supremi ed imprescindibili interessi dello Stato (quali la difesa e la sicurezza nazionale); nel caso in cui, per, il giudice non fosse convinto dell'attendibilit dell'eccezione, ne doveva chiedere conferma allautorit governativa e solo in presenza di convalida, si doveva rinunciare all'assunzione della prova195. Chiavario, inoltre, prende in esame due istituti diretti a disciplinare i fenomeni di mancata presenza dell'imputato al dibattimento: l'assenza volontaria196 e la contumacia197. La prima era data dal rifiuto dell'imputato di presenziare al dibattimento (o ad una sua parte), la seconda consisteva nella mancata comparizione dell'imputato all'udienza di apertura del dibattimento, caratterizzata, per, sia dallassenza di manifestazioni di volont che esprimevano il rifiuto di presenziare, sia dalla mancata dimostrazione di un'assoluta impossibilit di comparire, giustificata da un legittimo impedimento. Conseguenza fondamentale dell'assenza volontaria era il conferimento ex lege, al difensore, di una rappresentanza generale dell'imputato per tutti gli effetti (artt. 427 e

8. In nessun caso il segreto di Stato opponibile alla corte costituzionale. La corte adotta le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento. 194 Codice Rocco 195 CHIAVARIO, op. cit., pp.106-110 196 Art.420-quinquies c.p.p., assenza e allontanamento volontario dell'imputato: 1. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi rappresentato dal difensore. 2. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza considerato presente ed rappresentato dal difensore. 197 Art.420-quater, contumacia dell'imputato: 1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420 comma 2, 420-bis e 420-ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia. 2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, rappresentato dal suo difensore. 3. Se l'imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato pu rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. 4. L'ordinanza dichiarativa di contumacia nulla se al momento della pronuncia vi la prova che l'assenza dell'imputato dovuta a mancata conoscenza dell'avviso a norma dell'articolo 420-bis ovvero ad assoluta impossibilit di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento. 5. Se la prova dell'assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non comparso, rinvia anche d'ufficio l'udienza. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424. 6. Quando si procede a carico di pi imputati, si applicano le disposizioni dell'articolo 18, comma 1, lettere c) e d). 7. L'ordinanza dichiarativa della contumacia allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto in ogni caso indicato se l'imputato contumace o assente

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497 c.p.p198); quanto alla contumacia, essa aveva come conseguenza, oltre la rappresentanza per legge conferita al patrocinante, un particolare regime di notificazione della sentenza dibattimentale, secondo il quale il contumace disponeva di una decorrenza speciale dei termini per impugnare la sentenza, che scattava soltanto dal momento in cui l'interessato ne riceveva la notifica. Esulavano dal regime dell'assenza e della contumacia le ipotesi in cui risultavano irregolarit nella citazione a giudizio o nella sua notificazione, nonch quelle in cui si forniva prova di un'assoluta impossibilit di comparire all'udienza, per legittimo impedimento dell'imputato199. Tutela alla possibilit di non collaborare era data, all'interno del codice Rocco, dal riconoscimento del cosiddetto diritto al silenzio di fronte alle domande dirette ad ottenere elementi di prova dallo stesso accusato; tale statuizione disciplinata dall'art.14 n.3 lettera g del Patto internazionale sui diritti civili e politici, secondo cui il reo non deve essere costretto a deporre contro se stesso o a confessarsi colpevole200.

2.2 La testimonianza indiretta. I due giuristi trattano la problematica della testimonianza indiretta201. Carrara parla di testimoni de auditu, sottolineando l'errore di chi li riteneva eccezionabili: tali soggetti potevano, infatti, essere idonei o non idonei, a seconda delle peculiarit della loro persona e delle proprie deposizioni.
Codice Rocco CHIAVARIO, op.cit., pp.205-209 200 Ivi, pp.210-211 201 Art.195 c.p.p, testimonianza indiretta: 1. Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre. 2. Il giudice pu disporre anche di ufficio lesame delle persone indicate nel comma 1. 3. Linosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che lesame di queste risulti impossibile per morte, infermit o irreperibilit. 4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalit di cui agli articoli 351 e 357, comma 2 lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo. 5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche quando il testimone abbia avuto comunicazione del fatto in forma diversa da quella orale. 6. I testimoni non possono essere esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli artt. 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati. 7. Non pu essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dellesame.
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Il giurista ottocentesco distingue due ipotesi: se nella testimonianza indiretta i testimoni de auditu si dimostravano vaghi o lacunosi senza designare come, dove e da chi udirono quanto affermato, le loro deposizioni avevano pura valenza di indizio, non sufficiente a dare piena prova. Nel caso in cui, invece, nella testimonianza indiretta venivano citati i nomi delle fonti, era necessaria la citazione di tali persone, affinch confermassero la verit della dichiarazione; se la deposizione veniva avvalorata, essa era considerata prova, nell'ipotesi contraria era dichiarata inaccettabile202. Il problema della hearsay evidence203 era attuale anche ai tempi del Chiavario. I maggiori inconvenienti sorgevano quando la fonte della notizia non compariva davanti al giudice, rendendo impossibile la verifica della testimonianza indiretta, nel contraddittorio tra le parti. La Commissione europea dei diritti dell'uomo, sottolinea il giurista contemporaneo, ha cercato di risolvere la questione, affermando che i principi della Convenzione non escludano che l'organo giudicante, al fine di stabilire tutta la verit, faccia riferimento a testimonianze indirette, in quanto il ricorso a tale prova non sia, n le circostanze concrete, scorretto204. Il codice del 1930, inoltre, escludeva espressamente un tipo particolare di testimonianza indiretta, in virt della disposizione per cui il giudice non pu obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria a rivelare i nomi delle persone che hanno ad essi fornito notizie, e non pu ricevere, a pena di nullit, dagli ufficiali od agenti predetti notizie avute da persone i cui nomi essi non ritengono di dover manifestare205. Una previsione simile, indice di una rilevante modernit, evidenziata anche dal Carrara: un testimone de auditu poteva rifiutarsi di rendere noti i nomi delle proprie fonti alla giustizia sotto il pretesto di un obbligo di segreto, che doveva, comunque, essere certificato dal giudice206. La partecipazione del testimone e la testimonianza indiretta sono, dunque, due problematiche scrupolosamente disciplinate sia nel 1800, sia dal codice del 1930.
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CARRARA, op. cit., p.222 Termine inglese che corrisponde a testimonianza per sentito dire ovvero testimonianza indiretta. 204 CHIAVARIO, op.cit., p.202 205 Art. 349 codice Rocco 206 CARRARA, op. cit., p.222

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evidente come lattenzione riservata ai due istituti, gi allalba dellunificazione italiana, abbia portato certi caratteri a consolidarsi nel tempo: il diritto alla prova per laccusato, il segreto professionale, la facolt di astenersi dal testimoniare per i prossimi congiunti, la testimonianza indiretta, presenti ai tempi del Carrara, seppur con qualche modifica, furono ribaditi nel codice Rocco e sono tuttoggi vigenti in base al codice di procedura penale del 1989.

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CAPITOLO V Conclusioni

Dal confronto tra l'opera di Carrara Programma del corso di diritto criminale e lo scritto di Chiavario Processo e garanzie della persona, emerso come il passare del tempo e l'evolversi della societ hanno apportato significativi cambiamenti alla disciplina dei diritti fondamentali nel processuale penale, nonostante elementi di grande modernit fossero gi presenti nel sistema processuale del 1800. LOrdinamento del 1800 era caratterizzato da un processo di tipo misto. Ad esso Carrara preferisce il modello accusatorio che attribuiva assolute garanzie processuali e diritti civili allimputato; nel sistema misto, invece, l'inclinazione inquisitoria degli uomini tendeva a sopprimere le garanzie della fase accusatoria. Il modello processuale misto era in uso anche nel periodo in cui scrive Chiavario ma, proprio come un secolo prima, rivelava una struttura pressoch inquisitoria, derivante dalla forte influenza del regime fascista. Entrambi i giuristi sono concordi nel ritenere fondamentale il diritto alla difesa, quale diritto indisponibile: nessuno vi pu rinunciare n tacitamente, n espressamente. Fondamentale , quindi, la figura del difensore, poich nella maggior parte dei casi il reo non ha le conoscenze di legge per potersi difendere appieno. assente, nel Programma, listituto dell'autodifesa, che viene invece disciplinato dal codice del 1930. Mentre nel 1800 la legge imponeva la presenza del difensore al processo, nel periodo in cui scrive il Chiavario il reo ha la possibilit di intervento, sia rinunciando ad un patrocinante, per agire direttamente, sia agendo in maniera complementare al difensore. Non vengono citati dal Carrara gli istituti della difesa d'ufficio e del patrocinio gratuito, aventi grande importanza, invece, sia nel codice Rocco, sia nel codice italiano attualmente vigente. Basilari per entrambi gli autori sono i principi di tempestivit e completezza, in particolare per quanto riguarda la contestazione dell'accusa: non sufficiente, infatti, che unaccusa sia esistente, ma il reo deve averne adeguata e tempestiva conoscenza.

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Emerge in questo ambito, parlando degli elementi probatori, uno dei molteplici tratti di modernit dellopera del giurista lucchese: necessaria una lista dei testimoni, non limitata a nomi, ma contenente unindicazione sommaria dei fatti sui quali saranno chiamati a deporre. La mancanza degli elementi rende la contestazione incompleta e il giudizio viziato. Per quanto riguarda i cosiddetti termini a difesa ambedue i giuristi individuano il dies ad quem ed il dies a quo, anche se quest'ultimo ha subito una modificazione con il passare degli anni: se per Carrara tale momento riguarda lambito di raccolta delle prove, secondo Chiavario, invece, tale data rileva solo come punto di partenza per il calcolo dei tempi processuali. Rilevante, inoltre, il principio di parit delle armi. Su questa problematica sono ravvisabili delle differenze tra le opere a confronto. Carrara afferma che l'accusato deve trovarsi in una situazione di parit con l'accusa, sia per mezzo del processo defensionale, sia attraverso la possibilit, per il patrocinante, di avere per ultimo la parola allinterno del dibattimento. Chiavario, invece, ritiene che vi sia una simmetria imperfetta alla base del processo penale, la quale comporta uninevitabile disparit tra accusa e difesa: a differenza del processo civile, in cui tutte le parti possono assumere la posizione di attore e di convenuto, nel processo penale esiste la figura del Pubblico Ministero, attore fisso, costituzionalmente obbligato ad agire e non assoggettabile a domanda riconvenzionale. Per quanto riguarda la problematica della libert personale, entrambi i giuristi sono consapevoli di come, nonostante un cittadino non debba essere considerato colpevole fino la condanna definitiva, per tutelare la collettivit e garantire un regolare svolgimento dei processi, sia in alcuni casi necessario ricorrere alla custodia cautelare in carcere. Le discipline descritte nelle due opere affrontano listituto della custodia cautelare in modo molto diverso. Il codice di procedura penale del 1930 autorizzava il ricorso a tale misura limitativa della libert solo in presenza di tassativi presupposti; inoltre, dovevano essere stabiliti i limiti massimi di durata, la carcerazione doveva comportare il minimo sacrificio al reo e doveva essere ragionevole (in base alla complessit delle indagini e alla diligenza degli organi giurisdizionali e dell'imputato).

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Nel 1800, invece, la custodia preventiva era diventata un vero e proprio strumento di abuso in mano all'autorit giudiziaria: da strumento residuale si era trasformata nella condizione normale in cui si trovava il reo durante il processo. Carrara, dimostrando grande modernit, si oppone fortemente a tale modo di procedere, soprattutto perch spesso lo status detentionis si prolungava per un periodo di tempo superiore alla pena che sarebbe stata eventualmente comminata per il reato commesso. Ulteriori differenze sono riscontrabili analizzando le condizioni dei detenuti in carcere, descritte nelle due opere. All'alba dell'unit d'Italia gli imputati, bench non ancora dichiarati colpevoli, venivano reclusi insieme a soggetti gi condannati, donne e minori. Effetto di tale situazione quello che il Carrara chiama la demoralizzazione degli onesti. L'ordinamento penitenziario, vigente ai tempi di Chiavario, invece, prevedeva una divisione tra imputati e condannati, uomini e donne, maggiorenni e minorenni. Per quanto concerne la problematica della scarcerazione, a differenza del periodo in cui scrive Carrara, dove l'unico temperamento alla custodia cautelare in carcere consisteva nella scarcerazione mediante cauzione, il codice del 1930 prevedeva il ripristino dello status libertatis per carenza dei motivi che giustificavano la custodia preventiva, per decadenza dei termini di custodia e quando per il reato, di cui era accusato il reo, non era previsto lo status custodiae. Vigente ai tempi di entrambi i giuristi , invece, l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione: la vittima di una custodia preventiva illegalmente iniziata (o continuata), aveva diritto ad una riparazione. Tale riparazione doveva essere valutata in relazione ad ogni pregiudizio materiale o morale subito dal detenuto. Carrara e Chiavario ritengono fondamentale il cosiddetto diritto alla prova. L'arretratezza dell'ordinamento del 1800 si appalesa anche in questa tematica: il reo non poteva provare la propria innocenza prima dell'udienza, dovendo restare, nel frattempo, costretto in vinculis. Il codice Rocco, invece, per garantire parit darmi tra le parti in ambito probatorio, prevedeva che le modalit di assunzione ed ammissione delle prove non privilegiassero laccusa, rispetto alla difesa. Per evitare ci, era riconosciuto il diritto del difensore ad assistere al compimento di tutta una serie di atti, nonch il diritto di ricevere avviso circa il giorno, lora ed il luogo delle operazioni.
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La problematica delle prove illecite trova concordi entrambi i giuristi: esse non sono utilizzabili nel processo, in quanto sarebbe inconcepibile ritenere legittime prove ottenute in violazione della legge. La spiccata modernit del Carrara emerge anche nella problematica dell'obbligo di motivazione del giudice. Per il giurista ottocentesco, cos come per il Chiavario, per garantire processi equi e imparziali, l'organo giurisdizionale non poteva prendere decisioni meramente discrezionali, ma era sempre necessaria una motivazione per le scelte effettuate. La mancanza di tale previsione, infatti, avrebbe portato il magistrato al rifiuto di qualsiasi regola, tanto in rapporto all'individuazione del materiale probatorio da cui trarre elementi di giudizio, quanto alla valutazione bilanciata degli elementi stessi. In ambito testimoniale emerge, in particolare, la tematica dell'esclusione dei testimoni: ambedue gli autori sottolineano come potessero astenersi dalla testimonianza i parenti prossimi dell'imputato e i soggetti venuti a conoscenza di notizie o circostanze attraverso la propria professione. Si tratta di eccezioni corrispondenti alla facolt di astensione dei prossimi congiunti e al segreto professionale, presenti nell'odierno ordinamento italiano. Anche la testimonianza indiretta vede concordi Carrara e Chiavario. Entrambi, infatti, ritenevano che tale testimonianza fosse idonea a formare prova piena, a condizione che la fonte delle notizie si presentasse al processo, altrimenti era ritenuta prova indiziale; era comunque escluso che, tramite la testimonianza indiretta, si violasse l'obbligo di segreto professionale. La comparazione tra i due libri dimostra come il diritto processuale penale e, pi in generale, lintero ordinamento italiano, sia in continua evoluzione. Dallunificazione dItalia ad oggi, infatti, la maggior parte degli istituti confrontati in questa tesi sono stati modificati, in maniera pi o meno radicale. doveroso, per, rimarcare come, gi nel 1800, fossero presenti illuminati giuristi, quali il Carrara, pronti, non solo ad opporsi apertamente ad istituti ritenuti ingiusti ed oppressivi, ma anche a proporne modificazioni, al fine di renderli pi rispettosi dei diritti fondamentali della persona.

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BIBLIOGRAFIA CARRARA , Programma del corso di diritto criminale Del giudizio criminale, 18591870, il Mulino. CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona Le garanzie fondamentali, 1984, Giuffr Editore. CARRARA , Programma del corso di diritto criminale - Del giudizio criminale, Opuscoli di diritto criminale, 1859-1870, il Mulino. SIRACUSANO, GALATI, TRANCHINA, ZAPPALA, Diritto processuale penale, 2006, Giuffr Editore. ASCHERI, Introduzione storica al diritto moderno e contemporaneo: lezioni e

documenti, Torino, 2003, Giappichelli.

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