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L'ora della decisione?

I problemi della "teologia decisionista"

Per "teologia decisionista" si intende le persuasioni teologiche che stanno


alla base della prassi evangelistica in auge presso molte moderne chiese e
movimenti evangelicali, in cui tipicamente, dopo aver sommariamente
presentata l'opera di Cristo, si fa appello a che la persona decida
consapevolmente di accogliere Cristo nella propria vita (spesso dopo aver
ripetuto una preghiera standard) e che ciò risulti nella sua salvezza. Tutto
questo presuppone che una persona, dopo aver valutato favorevolmente il
messaggio evangelico, abbia di fatto la capacità di effettuare liberamente
scelte tali da determinare il destino eterno della propria anima.

L'approccio decisionista all'evangelizzazione è stato popolarizzato dalle


campagne evangelistiche di Billy Graham come risulta dal titolo stesso
dato ai suoi programmi radio-televisivi e pubblicazioni, vale a dire "L'ora
della decisione".

Così, ad esempio, viene presentato il libro dallo stesso titolo (Edizioni


Centro Biblico, Napoli): "Nel corso della nostra vita prendiamo delle
decisioni importanti che sono determinanti per il nostro futuro, per la
nostra vita lavorativa, per il nostro matrimonio, ed anche per quelli
che ci stanno vicino. Non potremmo, però prendere decisione più
importante di quella che determina il nostro rapporto con Dio, il
cambiamento della nostra personalità, e principalmente il nostro
futuro eterno".

Vi sono diversi problemi a cui vanno incontro coloro che sostengono la


"teologia decisionista" di certo evangelicalismo moderno. Il principale è
che ...non c'è nulla nella Bibbia che assomigli minimamente ad "invitare
qualcuno a prendere una decisione per Gesù".

Questo approccio all'evangelizzazione è generalmente considerato dalla


maggior parte dei teologi protestanti come una forma semplificata, e
spesso troppo semplificata, di teologia arminiana, la quale postula,
nell'ambito della salvezza, la cooperazione fra libera volontà umana e la
grazia di Dio. Questi presupposti, infatti, sono contestati dalla teologia
riformata che, al contrario, afferma come l'essere umano, così com'è, sia
tanto corrotto dal peccato e legato ad esso, da non essere in grado di
liberarsene e di "decidersi" in qualsiasi modo "per Dio" e che anzi, tali
"decisioni" siano spesso illusorie e comunque inadeguate per farne un
autentico discepolo di Cristo. La teologia riformata, pur ammettendo la
necessità dell'esplicito annuncio dell'Evangelo, afferma che soltanto
l'opera efficace dello Spirito di Dio possa condurre, attraverso di esso, gli
eletti al ravvedimento ed alla fede in Gesù Cristo.

Il problema di fondo della teologia decisionista è che minimizza l'effetto


del peccato sulla natura umana, appellandosi ad una presunta capacità
umana di giudicare rettamente la portata dell'Evangelo e, dopo averlo
valutato favorevolmente, di "sceglierlo".

Di fatto, però, nessuno trova "attraente" la croce di Cristo, che sta al


centro dell'Evangelo, perché per natura tutti noi siamo avversi a Dio (al
Dio vero e vivente). La natura umana considera la croce di Cristo, e tutto
ciò che essa rappresenta, piuttosto ripugnante, "incomprensibile",
inaccettabile. "La predicazione della croce è pazzia per quelli che
periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio" (1 Corinzi
1:8), dice l'Apostolo. Ecco allora che chiese ed evangelisti moderni
"studiano il modo" per rendere desiderabile l'Evangelo perché sia più
facilmente "accettato" dai peccatori. Questi ultimi, infatti, potrebbero
magari accettare un "Evangelo" che ci parlasse dell'amore di Dio in modo
edulcorato e sentimentale e non tanto sentire del peccato, della sua
gravità e della condanna che comporta. La predicazione dell'Evangelo che
annunziavano gli apostoli, però, era scandalosa per il loro uditorio. "Noi
predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli
stranieri pazzia" (1 Corinzi 1:23). I moderni esperti di pubblicistica la
considererebbero "rozza" e "controproducente" e sarebbero pronti a dare
loro "validi consigli" per avere più successo nella loro opera evangelistica.
Sarebbe, però, ancora l'Evangelo biblico? No, corrisponderebbe proprio a
certe sue versioni moderne che si sentono oggi spesso, quelle che
portano oggi certo a "riempire le chiese". Tanti, oggi, infatti, "molto
pragmatici" direbbero che l'importante è di fatto "riempire le chiese" e
...le cassette delle offerte, non la fedeltà all'Evangelo biblico, suggerendo
che su alcuni suoi aspetti, sia meglio "glissare".

La croce non è cosa che un peccatore trovi attraente."...infatti ciò


che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla
legge di Dio e neppure può esserlo" (Romani 8:7-8). La predicazione
dell'Evangelo, quello autentico, è quella che fa prendere coscienza della
gravità del nostro peccato e della sua inappellabile e giusta condanna, del
nostro stato di irreparabile perdizione, cosa che può essere rimediata solo
dal ravvedimento e dalla fede nell'opera di Cristo. L'appello a "decidersi
per Cristo", a "lasciarlo entrare nel nostro cuore", "commossi" da tanto
amore (ma indisposti ad un autentico esame di coscienza e ad un serio
ravvedimento), è cosa che ha ben poco a che fare con l'Evangelo biblico.
E' la predicazione dell'Evangelo biblico nella sua completezza che porta il
dono della fede a coloro che devono essere salvati. "La fede viene da ciò
che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo" (Romani
10:17).

Uno dei testi biblici favoriti di coloro che sostengono la teologia


decisionista è Gioele 3:14: "Moltitudini, moltitudini nella Valle della
decisione. Poiché il giorno dell'Eterno è vicino, nella Valle della decisione"
(ND), tradotto, però, più comunemente con: "C'è una folla, una
moltitudine, nella valle del Giudizio! Perché il giorno del SIGNORE è
vicino, nella valle del Giudizio" (NR). In Gioele, la "valle della decisione" è
un avvenimento escatologico che riguarda Israele e le nazioni
circostanti che la vorrebbero distruggere. Il profeta vede le nazioni
assembrate attorno ad Israele, pronte ad attaccarla. In quella valle Dio
(non loro) prenderà la Sua decisione. Si tratta di una descrizione del
giudizio delle nazioni. Dio sta per intervenire e prendere al riguardo la Sua
decisione, emettere ed eseguire il Suo verdetto. In Gioele è chiara l'idea
dell'imminente e temibile manifestarsi dell'ira di Dio. Certamente anche
questo va predicato. L'imminente giudizio di Dio è ragione sufficiente per
salvarsi da esso attraverso il ravvedimento, fuggendo, cioè, dallo stile di
vita di questo mondo empio e maledetto. L'unica via d'uscita, però, è
attraverso l'Evangelo. Lungi dall'insegnare una "teologia decisionista"
questo testo parla dell'imminente ira di Dio e delle Sue decisioni. Solo
l'Evangelo offre una via d'uscita da questa temibile "valle della decisione",
cioè dal giudizio di Dio. Certi predicatori oggi fanno un uso pretestuoso di
questo versetto, estraendolo dal suo contesto e solo sfruttando il termine
"decisione" che quivi compare. Di fatto essi capovolgono quanto afferma
la Parola di Dio: l'essere umano diventa giudice e Dio quello da giudicare.
Giacomo, però, scrive: "Ecco, il giudice è alla porta" (Giacomo 5:9).
Secondo certi predicatori, saremmo noi, invece, che, se ci garba,
decidiamo se accogliere o meno la Sua signoria, se fare di Cristo il nostro
Signore e Salvatore oppure no, come se ne avessimo la facoltà.
Ravvederci, credere ed ubbidire a Lui, nella Bibbia, è un comando, non
una "proposta" che "rispettosamente" Dio ci farebbe, attento a non
ledere, a non offendere, la nostra sacrosanta libertà...

La "teologia decisionista" viene oggi proposta in vari modi. In comune,


però, tutti hanno il concetto che Dio attenda da parte nostra la nostra
decisione determinante. Molte volte ai peccatori vien detto: "Gesù sta alla
porta del tuo cuore e bussa. Devi decidere di lasciarlo entrare". Questa
immagine è basata su un testo dell'Apocalisse rappresentato anche da un
famoso quadro dove si vede Gesù che sta ad una porta in attesa di essere
fatto entrare. E' su di questo dipinto che, di fatto, si fonda un'intera
teologia! Essi dicono: "Guarda a quel dipinto. Vedi Gesù che sta di fronte
a quella porta? Nota come all'esterno non vi sia una maniglia per aprirla.
Di fatto può essere aperta solo dall'interno. Sei tu che devi lasciarlo
entrare". Si rendono conto questi predicatori che cosa stiano dicendo?
Essi immaginano un peccatore forte e decisivo ed un Gesù debole e
bisognoso. E' il peccatore che ha l'ultima parola. Gesù è fuori, "al freddo
ed al gelo": poverino, vorrebbe entrare, ma non può... Che triste e
patetica immagine in contrasto con quella di Pietro nel giorno della
Pentecoste: "Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio
ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso" (Atti
2:36).
Pietro ha appena detto che Gesù è risorto dai morti ed è seduto ora alla
destra di Dio Padre, in autorità e maestà e che dobbiamo rendergli conto
dei nostri peccati. Che differenza da quel "Gesù" che al freddo spera solo
che i peccatori siano gentili e Lo lascino entrare! In realtà il testo
dell'Apocalisse su Gesù che sta alla porta è una forte ed ironica
reprimenda per una chiesa. La chiesa di Laodicea era divenuta
compiacente e soddisfatta di sé stessa. Lì Gesù dice: "Tutti quelli che
amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti"
(Apocalisse 3:19). Essi devono ravvedersi e aprire la porta e così
ristabilire la loro comunione perduta con il Signore (Apocalisse 3:20).
Questo testo è stato scritto per una chiesa, non per i perduti. Abusarne
nel contesto dell'evangelizzazione oscura la vera natura dell'Evangelo e la
potenza di Dio. Quando Gesù salva Saulo in Atti 9, Egli non bussa alla sua
porta per vedere se Saulo decide di lasciarlo entrare oppure no...

Un altro presupposto che di fatto ostacola la predicazione dell'Evangelo in


molte chiese evangelicali riguarda la pratica di quello che si potrebbe
definire "il corteggiamento dei peccatori", il tentativo di accattivarseli.
Si presuppone che Dio stia facendo tutto quel che può, "rispettando la
libertà umana" per cercare di attirare a Sé la gente e che Egli ...abbia
bisogno del nostro aiuto. Dio è rappresentato come un innamorato che
desidera l'affetto di una potenziale Sua sposa che non si accorge di Lui e
del Suo amore e che, anzi, Lo respinge. Il problema di coloro che
respingoni Dio viene così identificato nel fatto che essi non avrebbero un
immagine adeguata di chi è Dio. Dicono: "La fede cristiana deve essere
resa più attraente se vogliamo che la gente 'accetti' Cristo". C'è
"qualcosa" di profondamente sbagliato con questo approccio. Perché mai
l'Essere il più perfettamente bello dell'universo dovrebbe essere "vestito
bene" per apparire attraente ai peccatori?

I problemi qui sono molti. (1) I peccatori per natura sono attratti dal
peccato, e Dio è perfettamente privo di peccato. (2) Un tale
"corteggiamento" esige che i bisogni e gli interessi degli irrigenerati siano
essi a determinare il messaggio della chiesa. Ecco così la necessità di
venire incontro ai "bisogni" che essi sentono di avere, ai loro gusti e
preferenze. (3) La Bibbia dice che il messaggio della croce è follia per i
Greci ed offensivo per i Giudei (1 Corinzi 1:23). Esso, inoltre, è
considerato follia da quelli che sono sulla via della perdizione (1 Corinzi
1:18). I perduti sono considerati l'obiettivo del corteggiamento di Dio. (4)
Dio scelse di portare salvezza dapprima ai Giudei attraverso un Messia
israelita. Il mondo ha sempre odiato gli ebrei sin dall'inizio della loro
storia. Un Messia ebreo difficilmente potrebbe "corteggiare" il mondo.

Come altre perversioni dell'Evangelo, quelli che promuovono l'idea del


"corteggiamento" hanno il loro testo biblico che li giustificherebbe: "...e
io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me" (Giovanni
12:32). Essi lo interpretano così: "tutti" significa universalmente ogni
essere umano, e "attirare" significa "tirare a sé, invogliare, allettare,
affascinare". Ecco così che "innalzare Cristo" significa attirare la gente a
Lui, nel senso di corteggiarla. Questo versetto, nel suo contesto, giustifica
questa concezione? No. In primo luogo "innalzare" qui significa
"crocifiggere". E' così perché il versetto seguente dice: "Così diceva per
indicare di qual morte doveva morire" (Giovanni 12:33). La pretesa, così,
di questa interpretazione è che la crocifissione di Cristo attirerebbe a Gesù
tutti gli abitanti della terra, universalmente. Questo, però, è in diretta
contraddizione a ciò che l'Apostolo scrive in 1 Corinzi 1:23: "...ma noi
predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli
stranieri pazzia". Il messaggio di un Messia ebreo crocifisso non è
attraente né per i colti Greci né per gli ebrei che vorrebbero vedere
"effetti speciali". Inoltre, è chiaro dai fatti della storia stessa che la croce
non attrae tutti a Cristo, per quanto tentino di fare, per esempio i
produttori di film sulla passione di Gesù... In secondo luogo, il verbi
"attirare", non significa "tirare a sé", "affascinare" o "sedurre", ma
"trascinare". L'idea è che la croce sia il mezzo che Dio sceglie per attirare
a Cristo chi per natura la troverebbe solo repulsiva. Dato che "trascinare"
è un verbo attivo ed efficace, quel "tutti" non può significare "tutti gli
esseri umani", dato che questo, di fatto, non accade. Non tutti vengono a
Cristo. Il contesto di Giovanni 12 mostra come l'apparire di certi greci che
vorrebbero vedere Gesù in occasione del Suo ingresso trionfale a
Gerusalemme, fa sì che Gesù impartisca questo insegnamento sulla Sua
porte che porta "tutti" a Lui, cioè sia gente d'estrazione israelita, sia gente
d'estrazione pagana. Giovanni 12:32, quindi, non insegna la necessità del
"corteggiamento". Insegna piuttosto che la grazia di Dio attraverso la
croce è in grado di trascinare a Lui peccatori ostinati e ribelli. L'ironia è
che nel tentativo di "attirare a Cristo" la nostra generazione di peccatori,
molte chiese e movimenti hanno rimosso dalla vista la croce per proporre
"cose più attraenti". Se essi credessero che la croce fosse tale da
"corteggiare" la gente attirandola a Gesù, essi predicherebbero la croce
con grande audacia e chiarezza. Se lo facessero, Dio salverebbe molta
gente attraverso l'Evangelo nonostante la loro errata interpretazione di
questo versetto. La predicazione della croce è efficace a salvare chi è
destinato, nei sovrani ed eterni propositi di Dio, alla salvezza. Questo
accade non a causa del loro "corteggiamento", ma perché Dio ha ordinato
quei mezzi mediante i quali Egli efficacemente chiama i Suoi eletti ad
uscire dalla massa dei perduti.

Che fare?

Dobbiamo aver fiducia che i mezzi che Dio ha stabilito per portare i Suoi
eletti al ravvedimento ed alla fede, sono efficaci. La pressione oggi di
accantonare la predicazione "tradizionale" dell'Evangelo è molto forte.
Siamo bombardati da tutto meno che dalla predicazione dell'Evangelo.
Dio, però, ha ordinato sovranamente i mezzi mediante i quali Egli salverà
chi deve essere salvato. In Romani 1:14-17 vediamo l'appello ad inviare
predicatori dell'Evangelo cosicché uomini e donne invochino il nome del
Signore e siano salvati per fede. Forze insidiose fuori e dentro le chiese
fanno pressione affinché noi si abbandoni la predicazione dell'Evangelo in
favore di "metodi più efficaci". Ad esse dobbiamo resistere ad ogni
costo. Non dobbiamo essere intimiditi dal mondo e cogliere i suoi
suggerimenti come "migliori". Certo vogliamo essere accettati dalla gente:
è naturale che si abbia difficoltà a predicare ciò che la gente per natura
non vorrebbe sentire. Eppure, nonostante il rifiuto, la non accettazione da
parte del mondo, Paolo dice: "Infatti non mi vergogno del vangelo; perché
esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima
e poi del Greco" (Romani 1:16).

L'Evangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede: dobbiamo


quindi predicarlo con fervore. La gente deve udire che ha offeso, con il
proprio peccato, il Giudice santo, che ha infranto la Legge di Dio, che ha
disperatamente bisogno del Salvatore Gesù Cristo. Essi devono sapere chi
è Gesù, che cosa Egli ha compiuto, e come la Sua morte sulla croce
distoglie da chi crede l'ira di Dio. Essi devono sapere che Dio ha
risuscitato Cristo dai morti. Queste sono parole forti, "antiquate",
impopolari, ma sono l'Evangelo.

Credendo alla sovranità di Dio, abbiamo piena certezza che se


predichiamo fedelmente ed accuratamente l'Evangelo, Dio lo userà per
salvare tutti quelli che devono essere salvati. Non è affar nostro sapere
quanti saranno. E' "affar nostro" essere fedeli. Dio salverà tutti coloro che
Egli ha scelto attraverso l'Evangelo, non indipendentemente dall'Evangelo.
Possa Iddio darci l'ardire e la grazia nel proclamare l'unico modo
attraverso il quale dobbiamo essere salvati.

Paolo Castellina, 16 ottobre 2008.

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