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Federico Paolini

Firenze e le sue acque (1945-1980)


pubblicato in

Ricerche Storiche, n. 3, settembre-dicembre 2007, pp. 703-714

Federico Paolini Firenze e le sue acque (1945-1980)1


Fra ricostruzione e sviluppo (1945-1965)

La gestione delle risorse idriche La citt di Firenze convive, da sempre, con i corsi dacqua che la percorrono. Il principale lArno lottavo fiume italiano per importanza (241 km) che, attraversandola da sud a nord, la divide in due parti. Dalle colline circostanti scendono, per gettarsi in Arno, i torrenti Mugnone, Terzolle, Mensola e Affrico (oggi coperto nel suo tratto terminale). Vi sono, poi, una serie di fossi (Santa Cristina, S. Gervasio, Piagentina, Anconella, Ricorboli) che sono stati canalizzati in conseguenza dello sviluppo urbanistico. La parte occidentale della citt percorsa, inoltre, dal Fosso Macinante: originariamente ( citato gi nella prima met del Trecento) la sua funzione era quella di raccogliere le acque dellArno in caso di piena per deviarle nelle campagne, mentre dalla seconda met del Cinquecento fu utilizzato per azionare una serie di mulini. Nel corso dei secoli, Firenze ubicata su un territorio pianeggiante posto al centro di una conca intermontana ha subito numerose inondazioni, spesso dai risvolti disastrosi. Le pi rovinose, prima di quella del 1966, avvennero nel 1269 (ottobre), nel 1333 (novembre), nel 1547 (agosto) e nel 1844 (novembre). I frequenti eventi alluvionali sono sempre stati favoriti dai diffusi fenomeni di instabilit idrogeologica che caratterizzano il bacino dellArno, dovuti essenzialmente alla natura dei terreni, erodibili e impermeabili. A partire dalla prima met del Novecento, a queste cause oggettive di dissesto se ne sono aggiunte altre prodotte dal modello di sviluppo fondato sul binomio urbanizzazione-industrializzazione che ha profondamente modificato gli usi delle risorse. Firenze e gli altri comuni della sua provincia rappresentano, infatti, un tipico esempio di territorio profondamente modificato da quei fattori tecnologici e sociali (fordismo, affermazione dellindustria, espansione edilizia,

Questo articolo, la versione italiana di un intervento (Florence and its waters, 1945-1980) presentato al Fourth International Round Table on Urban Environmental History of the 19th and 20th Century, Milieu, Material and Materiality of European Cities in the 19th and 20th Century, Paris, 16-18 novembre 2006.

largo impiego di oli combustibili e di energia elettrica, sviluppo della motorizzazione privata) che McNeill identifica con il grappolo della citt a motore2. Le conseguenze dellaccelerazione dei processi di inurbamento e di industrializzazione avvenuta dopo il 1950 sono state la radicale trasformazione del territorio e la comparsa di significativi fenomeni di degrado ambientale. Leffetto principale fu il repentino aggravarsi del dissesto idrogeologico provocato dallabbandono dellagricoltura montana e collinare che fece venire meno la capillare opera di regimazione connessa alle coltivazioni; dallescavazione degli alvei dei corpi idrici per ricavare materiale inerte da destinare alle attivit edilizie; dal consistente incremento di opere (scavi, sbancamenti, fossati) indispensabili per la costruzione delle infrastrutture che innescarono una serie di processi degenerativi dei terreni; dalla progressiva occupazione delle aree di stretta pertinenza fluviale ovvero di quelle porzioni di territorio che da secoli svolgevano la funzione di casse naturali despansione in caso di portate eccezionali dei corsi dacqua che furono destinate ad usi abitativi e industriali3. Fra il 1945 e il 1965, gli amministratori locali le cui priorit erano la riduzione dellalto tasso di disoccupazione e il problema della carenza degli alloggi rinunciarono, nonostante la gravit della situazione, ad occuparsi del problema per il timore di frenare lo sviluppo economico. Evidentemente, il problema della regimazione delle acque e quello della difesa del suolo apparivano loro subordinati alle necessit dello sviluppo. I principali atti amministrativi furono, cos, lo studio di un piano organico per i fiumi che, previsto da una legge del 1952, non pass mai alla fase progettuale e una ricerca sulle condizioni idrogeologiche del bacino dellArno promossa dagli assessori allagricoltura delle Province toscane nel maggio 1965. Non si pens neppure ad ammodernare il sistema di segnalazione delle piene, ancora costituito da idrometri e pluviometri di vecchia concezione non collegati fra loro poich non esisteva un centro di controllo in grado di monitorare lintero corso dellArno. Quanto al comune di Firenze, la sua politica idrica fu rivolta essenzialmente ai problemi fognari e acquedottistici. Fino agli anni 50 del Novecento, il sistema fognario fiorentino rimaneva ancora quello concepito negli anni 60 e 70 dellOttocento, composto da tre emissari (centrale,

Cfr. J. McNeill, Qualcosa di nuovo sotto il sole. Storia dellambiente nel XX secolo, Torino, Einaudi, 2002, p. 377. 3 Una nuova politica del suolo e delle acque, in La Regione, n. 19-21, settembre-novembre 1970, pp. 12-30.

settentrionale e meridionale), dal collettore detto della Goricina che sboccava nel Fosso Macinante (divenuto, a suo volta, un collettore) e da antiche fogne preesistenti (i cosiddetti fognoni di Ripoli e di Gusciana)4. La necessit di ammodernare lintera rete fognaria, adeguandola alle nuove necessit di una citt in continua espansione, venne discussa in Consiglio comunale il 6 novembre 1950 (la giunta cittadina era guidata dal comunista Mario Fabiani) quando, per la prima volta, fu proposta la realizzazione di un sistema a doppia fognatura (la prima, cosiddetta bianca, necessaria per smaltire lacqua piovana ed evitare gli allagamenti, la seconda per gli scarichi urbani) gi approvato da unapposita Commissione e dalla Direzione generale della Sanit negli anni 40. I tempi previsti per completare lopera, per la quale non esisteva copertura finanziaria, furono indicati in 10-15 anni. Il problema della fognatura torn di attualit solamente nel 1957, quando il Consiglio comunale (la giunta era guidata dal democristiano Giorgio La Pira) si occup della costruzione, in unarea a sud della citt denominata Sorgane, di un quartiere residenziale di edilizia popolare che prevedeva 6.000 alloggi. Era necessario, infatti, dotare la zona di una conduttura fognaria in grado di raccogliere gli scarichi del nuovo insediamento. Tuttavia, fra la fine degli anni 50 e la prima met dei 60, le amministrazioni che si succedettero rinunciarono ad elaborare un progetto di risistemazione generale, limitandosi a realizzare interventi di adeguamento della vecchia fognatura laddove si rendeva necessario. Nel marzo 1964, la giunta di centro-sinistra guidata da Giorgio La Pira approv una delibera in cui si denunciavano le carenze del sistema fognario cittadino, ma negli anni successivi caratterizzati, fra laltro, da una gestione commissariale conseguente una complessa crisi politica che i partiti non riuscirono a districare questa denuncia cadde nel vuoto e fu dimenticata fino a quando lalluvione del 1966 evidenzi le deficienze strutturali dellintera rete fognaria. Lacquedotto, del resto, non versava in condizioni migliori5. Dallepoca della fondazione della citt fino al primo decennio del Novecento, la principale risorsa idrica fu rappresentata dallacqua del sottosuolo. Quasi ogni abitazione, infatti, possedeva il proprio pozzo privato (se ne contavano oltre 10.000). Lo stesso acquedotto comunale venne alimentato principalmente dalla falda fino al 1912 quando fu deciso di iniziare lo sfruttamento delle acque superficiali dellArno attraverso un impianto da costruirsi in
Sul sistema fognario fiorentino esiste un libro di taglio essenzialmente divulgativo, ma ben documentato. Cfr. D. Ottati, Il ventre di Firenze. Storia della fognatura dallepoca romana a oggi, Firenze, Editoriale Olimpia, 1999. 5 Sullacquedotto fiorentino cfr. D. Ottati, Lacquedotto di Firenze dal 1860 ad oggi, Firenze, Vallecchi, 1983.
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localit Anconella, nellarea a sud della citt. Nel 1928, in epoca fascista, il Podest deliber la costruzione dellacquedotto di S. Maria a Mantignano. Allindomani della fine del conflitto bellico, nel 1946, i problemi inerenti lacquedotto erano essenzialmente tre: linadeguata capacit produttiva (circa 60.000 m3 al giorno) che non copriva lintero fabbisogno, stimato in 85.000 m3; le ricorrenti crisi idriche nei mesi estivi a causa del regime torrentizio dellArno che determinava portate di magra molto basse (anche al di sotto di 3 m3 al secondo) provocando, cos, una forzata sottoutilizzazione dellimpianto dellAnconella; la precaria situazione igienica poich una buona parte delle condutture dellacqua potabile era collocata nelle fogne. Solamente nel 1953, per, la giunta di centro guidata da Giorgio La Pira nomin una Commissione avente lo scopo di individuare alcune soluzioni per aumentare la produzione di acqua potabile. La relazione finale, consegnata nel 1954, suggeriva allamministrazione fiorentina di stabilire accordi con la societ elettrica Selt-Valdarno per lo sfruttamento a scopi idropotabili degli invasi di Levane e La Penna, di progettare lo sfruttamento delle acque dei torrenti Carza, Carzola e Terzollina (situati nella valle del Bisenzio) e di creare una bacino per imbrigliare le acque del Bisenzio (un corso dacqua che nasce nel versante meridionale dellAppennino tosco-emiliano ed attraversa la citt di Prato) da utilizzare per scopi potabili e di produzione di energia. Lipotesi dell utilizzazione del Bisenzio, per, origin un conflitto fra Firenze e Prato la cui amministrazione comunale vot, nellaprile 1956, un ordine del giorno in cui riaffermava lassoluta ed inderogabile necessit per la citt di Prato e per il suo territorio dellutilizzazione completa delle acque del Bisenzio. Conseguentemente, nel novembre 1958, il consiglio comunale di Firenze approv una delibera nella quale al fine di incrementare la produzione di 2.000 litri al secondo, in modo tale da alleviare la cronica scarsit di acqua si prevedeva la costruzione di due nuove impianti acquedottistici: un invaso artificiale sui torrenti Carza e Carzola e una diga a sbarramento sul torrente Pesa, rispettivamente della capacit di 7 e 17 milioni di m3. Sempre nel 1958 fu presentato un progetto, firmato dalling. Cambi, per la creazione di un bacino sul fiume Sieve per servire gli acquedotti di Firenze e Prato. La realizzazione proposta dalling. Cambi, per, fin per bloccare la costruzione degli altri due impianti e creare un lungo impasse decisionale che si protrasse quasi per tre decenni. Nel 1961, intanto, venne istituita una commissione (detta dei Sette) che aveva lo scopo di presentare al consiglio comunale la migliore alternativa per il nuovo acquedotto: la scelta cadde sulla Sieve e, secondariamente, su un ulteriore progetto che 5

prevedeva lo sfruttamento del torrente Ema. Lincarico di elaborare il progetto esecutivo dellinvaso sulla Sieve (lago di Bilancino) fu affidato allestensore (lingegnere Guadagni) solamente nel giugno del 1963. Altri due anni trascorsero prima che lamministrazione fiorentina approvasse la delibera (dicembre 1965) necessaria ad avviare lo studio della nuova rete idraulica della citt inserendovi anche il previsto acquedotto della Sieve. Alla vigilia dellalluvione del 4 novembre 1966, cos, i problemi idrici di Firenze restavano insoluti: la struttura fognaria e acquedottistica della citt continuava ad essere quella realizzata fra gli ultimi decenni dellOttocento e gli anni 30 del Novecento.

Linquinamento

Fin dallinizio degli anni 60, ai problemi strutturali si aggiunse quello dellinquinamento. La condizione dei corsi dacqua appariva preoccupante non solo a Firenze, ma nellintera conurbazione fiorentina6. Per quanto concerne lArno, la situazione iniziava a divenire compromessa alla periferia orientale di Firenze dove raccoglieva gli scarichi degli abitati di Compiobbi (lavorazioni galvaniche e di materie plastiche) e di Bagno a Ripoli (lavorazioni cartarie, galvaniche, chimiche, liquami urbani). Allestrema periferia occidentale della citt, la qualit delle acque peggiorava ulteriormente in seguito alla confluenza dei torrenti Mugnone e Terzolle, fortemente inquinati dai liquami cloacali, dagli scarti delle lavorazioni industriali dellarea di Rifredi e dai rifiuti liquidi dellospedale di Careggi. In prossimit di Signa dopo aver ricevuto le acque della Greve, del Vingone e del Bisenzio lo stato dellArno appariva assai critico. Alluscita di Firenze, infatti, il fiume trasportava carichi significativi di ammoniaca, nitriti, nitrati, tensioattivi anionici (detersivi), fosfati, cloruri, nonch tracce di cromo e di cianuri7. La situazione degli affluenti era maggiormente compromessa di quella dellArno, fatta eccezione per il Sieve e il Pesa, i due fiumi meno inquinati della provincia grazie ai modesti insediamenti industriali presenti lungo il loro corso e allassenza di centri abitati di grandi dimensioni8. La Greve risultava assai inquinata dai liquami cloacali e dai tensioattivi anionici che raggiungevano valori enormi tanto da essere responsabili
Cfr. Regione Toscana, Dipartimento sicurezza sociale, Mappa degli inquinamenti idrici della Toscana, Firenze, 1974. 7 Cfr. Regione Toscana, Mappa degli inquinamenti idrici della Toscana, cit., p.62. 8 Il Sieve confluisce in Arno a Pontassieve; il Pesa, invece, nei pressi di Montelupo dopo aver superato Sambuca, Ponte Nuovo e Cerbaia.
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dellinquinamento di un numero consistente di pozzi9. Il torrente Vingone raccoglieva e scaricava in Arno i rifiuti di due delle aree a pi alta densit industriale della provincia (Scandicci e Lastra a Signa) dove erano presenti fonderie, laboratori galvanici, argenterie, salumifici oltre a numerose lavorazioni di metalli, materie plastiche, saponi, cera, pongo (denominazione commerciale di un materiale plastico utilizzato per attivit creative) e pile elettriche10. Il Bisenzio trasportava un altissimo carico inquinante poich riceveva le acque reflue di Vernio, Vaiano e Prato; i liquami delle numerose industrie presenti nel territorio di Calenzano, Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio e Signa; gli scarichi urbani e industriali della zona nord-occidentale di Firenze. Le acque del fiume rilevavano unaltissima concentrazione di ammoniaca, nitriti, tensioattivi anionici, solfati, cloruri e fosfati; inoltre, i frammenti di fibre di lana scaricati dalle aziende tessili (circa 48 quintali al giorno) causavano una grave carenza di ossigeno (ogni mgr. di fibre consumava 1,19 mgr di ossigeno)11.

Il biennio dellalluvione (1966-1967)


Il 4 novembre 1966, sulla prima pagina del quotidiano La Nazione apparve un titolo dal tono allarmato: Drammatica situazione alle 6 di stamani. LARNO STRARIPA A FIRENZE. Ha invaso le officine dellacquedotto dellAnconella: molte zone della citt rischiano di rimanere senzacqua. Il fiume uscito dagli argini a Rovezzano e a Compiobbi. Allagate molte abitazioni. Gli orafi del Ponte Vecchio mettono in salvo i preziosi. Impressionante spettacolo notturno dai lungarni. Superate le spallette nel Lungarno Acciaioli. Molte famiglie lasciano le case. Interrotte la ferrovia e lautostrada Firenze-Roma. In realt, quella mattina ben pochi fiorentini ebbero la possibilit di leggere il giornale. Alle 7,20 alcune aree della citt erano gi state allagate e alle 9,35 lacqua aveva raggiunto, in molte zone del centro, unaltezza superiore ai due metri invadendo anche
Cfr. Regione Toscana, Mappa degli inquinamenti idrici della Toscana, cit., p. 84. La Greve, che si immette in Arno a nord di Mantignano, raccoglieva gli scarichi urbani degli abitati di Galluzzo, Grassina, Ponte a Ema, Poggio Imperiale, S. Gaggio, Due Strade, S. Felice a Ema, dellarea di Scandicci (capoluogo, Bagnese, S. Giusto a Signano, Casellina, Ponte a Greve) e di alcune popolose frazioni di Firenze (Sollicciano, S. Bartolo a Cintoia, Mantignano). 10 Cfr. P. Innocenti, Lindustria nellarea fiorentina, Firenze, 1979, p. 702. Il Vingone, che si getta in Arno nei pressi di Lastra a Signa, accoglieva i liquami di Lastra a Signa e dei nuclei abitati lungo la s.s. 67. 11 Cfr. Regione Toscana, Mappa degli inquinamenti idrici della Toscana, cit., pp. 102-105. Il Bisenzio si immette nellArno nei pressi di Signa.
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piazza del Duomo. Intorno alle 17,30, la sede Rai (lente radio-televisivo italiano) di Firenze riusc a mandare in onda un breve giornale radio:

Qui Firenze. Le notizie che possiamo dare, purtroppo, sono scarse e frammentate. Anche noi ci troviamo isolati: tutto il centro storico fiorentino invaso dallacqua. Dire acqua dare unidea appena approssimata: le strade sono autentici torrenti, impetuosi e pericolosi. Quello che sentite il rumore dellacqua che scorre sotto di noi: un torrente alla velocit di 40-50 chilometri orari. Abbiamo assistito ad alcuni interventi dei vigili del fuoco: natanti e mezzi anfibi rischiano di essere travolti per cui praticamente impossibile portare soccorso. Sotto le finestre della Rai, portate come fuscelli abbiamo visto preda dellimpeto dellacqua automobili, suppellettilitutti i negozi sono stati invasi dalle acque, saracinesche divelte, vetrine frantumate. uno spettacolo allucinante e doloroso. [] Ecco: riprendiamo il discorso. Limpeto dellalluvione tale che non si pu portare soccorso. Luce e acqua potabile mancano. Il prefetto ha disposto che i negozi di ogni genere, specialmente quelli alimentari, siano aperti nelle zone dove lalluvione non giunta. E lunica zona quella del Campo di Marte e del viale dei colli. Tutta la Toscana da ieri sotto lalluvione. LArno continua a crescere: tutte le zone da esso attraversate sono in stato di allarme12

Alle 19,30, sempre la sede Rai di Firenze annunci che lacqua iniziava a defluire dopo aver superato i 4 metri in molti punti della citt (in alcune aree del centro storico sfior i 5 metri). Lalluvione provoc ingenti danni al patrimonio edilizio (le famiglie costrette ad abbandonare le proprie abitazioni furono 13.493), industriale (oltre 12.000 lavoratori posti in cassa integrazione dalle aziende e 3.997 dipendenti dellartigianato e del commercio sospesi o licenziati), ricettivo (il 47% delle strutture alberghiere fu danneggiato) e artistico-culturale (oltre 1.400 opere darte, quasi due milioni di libri conservati nelle biblioteche della citt)13. Nei mesi successivi allinondazione, fu un continuo susseguirsi di allagamenti provocati dalle rotture delle tubature

acquedottistiche e fognarie, mentre lacqua alluvionale che, per capillarit, risaliva le

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L. Giannelli (a cura di), Lalba vinse la notte. 4 novembre 1966, lalluvione a Firenze, Firenze, Scramasax, 1996, p. 59. 13 Lalluvione lunga un anno e Alluvione, rendiconti e preventivi in La Regione, n. 16-18, dicembre 1967.

pareti degli edifici seguitava, satura di nafta e di sali (nitrati di potassio e sodio), a provocare danni ai monumenti e alle abitazioni. Lintero corso del 1967 fu punteggiato dalle polemiche volte ad individuare i responsabili dellalluvione. Sotto accusa furono poste, in primo luogo, le amministrazioni succedutesi nel secondo dopoguerra che, come abbiamo visto, non erano state in grado di provvedere alla costruzione di un efficiente impianto acquedottistico-fognario e di un adeguato sistema di regimazione dellArno e dei suoi affluenti. Linadeguatezza del sistema fognario contribu, senza dubbio, ad aggravare la situazione: londata di piena che dilag nella citt ad una velocit di 60 km orari e con una portata di 4.200 m3 al secondo fece letteralmente esplodere le fogne. Vi era, poi, la questione del mancato allarme che coinvolgeva anche il questore e il prefetto: in un colloquio svoltosi nelle prime ore dellalba fra il 3 e il 4 novembre, infatti, le due autorit scartarono lidea allertare lintera citt perch il pericolo non sembrava giustificare lallarme e per il timore che la gente si riversasse disordinatamente in auto nelle strade cercando di raggiungere lautostrada o le colline14. Il dibattito, inoltre, si concentr sul ruolo avuto dalle dighe di La Penna e di Levane (costruite negli anni 50 dalla Societ Elettrica Selt-Valdarno per la produzione di energia idroelettrica), situate nella provincia di Arezzo e distanti da Firenze circa 80 chilometri. Secondo una nutrita pubblicistica, londa di piena che raggiunse Firenze fu originata dal sommarsi del colpo donda dellaffluente Sieve con lacqua scaricata dalle due dighe (circa 2.000 m3/sec dalle 3 alle 6 del 4 novembre 1966). La polemica assunse toni assai duri quando la magistratura scopr, nel febbraio 1967, che la Societ Valdarno aveva costruito limpianto di Levane senza i necessari permessi15. Tuttavia, una perizia commissionata dalla Procura della Repubblica evidenzi le pessime condizioni in cui si trovavano, al momento dellinondazione, le opere di difesa e gli alvei dei corpi idrici e scagion le dighe di Levane e La Penna che, a detta dei periti, avevano fatto innalzare solamente di pochi centimetri il livello delle acque dellArno. Nellacceso, quanto sterile dibattito, uno dei pochi interventi costruttivi fu quello del professore Livio Zoli, titolare della cattedra di sistemazioni idraulico-forestali presso la Facolt di agraria dellUniversit fiorentina. Egli propose un articolato piano di regimazione dellArno imperniato sulleliminazione delle due pescaie esistenti lungo il suo percorso urbano (ci, per, avrebbe significato la rifondazione di tutti i ponti e il
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F. Nencini, Firenze, i giorni del diluvio, Firenze, Sansoni, 1966, pp. 31-32. Cfr. F. Nencini, Firenze, i giorni del diluvio, cit., pp. 39-42, Lalluvione lunga un anno, cit., G. De Angelis, Le acque dellArno, Lanciano, 1969.

rifacimento delle spallette e dei muraglioni dei lungarni), sulla costruzione di almeno dieci serbatoi a esclusivo scopo di difesa dislocati lungo il bacino del fiume e sullescavazione di un canale sotterraneo in grado di scolmare almeno 1000 metri/secondo di acqua nel tratto cittadino16. Dal canto loro, le istituzioni si inserirono nella discussione con una disordinata serie di iniziative, fra cui una lunga successione di tavole rotonde e una singolare proposta: la candidatura di Firenze (promossa dal quotidiano La Nazione allo scopo di accelerare la rinascita della citt) per i Giochi Olimpici del 1976 che, fortunatamente, non ebbe seguito. Nel marzo 1967, lUnione regionale delle province toscane promosse una tavola rotonda per discutere leventuale realizzazione di un sistema per la razionale gestione delle risorse idriche e il controllo dei bacini fluviali. Nel settembre, i sindaci di Fiesole, Pontassieve, Rufina e Pelago invitarono lamministrazione comunale di Firenze a convocare unassemblea dei comuni alluvionati allo scopo di evitare la ricerca di soluzioni municipalistiche. Nellottobre, si incontrarono i rappresentanti dei comuni alluvionati e della Provincia di Firenze che decisero di procedere rapidamente ad una ricognizione dei danni sofferti dalle difese idrauliche di tutto il territorio provinciale, a un censimento delle opere di riparazione progettate e finanziate, a una rilevazione dello stato di avanzamento dei lavori17. Alla fine del 1967, cos, il cronico deficit di decisionalit messo in mostra dagli amministratori fiorentini impegnati a convocare riunioni e convegni che non produssero neppure un qualunque progetto di massima per la regimazione dei bacini fluviali aveva trasformato linondazione del 1966 nellennesima occasione sprecata per individuare le cause del dissesto del suolo e del disordine dei fiumi nonch per avviare un programma di riassetto idrogeologico globale e definitivo, collocato nel quadro di un pi generale disegno di sviluppo del territorio. C di pi: diverse indagini indicano proprio il 1967 come lanno nel quale furono gettate le basi per la ripresa dellespansione edilizia nelle aree di pertinenza fluviale, ovvero proprio quelle maggiormente esposte agli eventi alluvionali. Ci fu dovuto allemanazione di una legge urbanistica (n. 765/1967, conosciuta come legge ponte) che con lo scopo dichiarato di rilanciare leconomia consent ledificazione in qualsiasi area del territorio. Il risultato fu la saturazione edilizia del bacino dellArno18.

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F. Nencini, Firenze, i giorni del diluvio, cit., pp. 36-37. Lalluvione lunga un anno, cit. 18 Autorit di Bacino del Fiume Arno, Trasformazioni del territorio e sviluppo delledificato lungo il corso dellArno e degli affluenti (1954-1993 e 1995), Firenze, 1987.

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Lincerto avvio del risanamento (1968-1980)


Negli anni successivi allinondazione, la crisi delle risorse idriche divenne laspetto maggiormente evidente (e dibattuto) dellemergenza ambientale che stava vivendo Firenze. Il fenomeno pi vistoso era quello dellinquinamento delle acque superficiali, evidenziato dallabbondante schiuma biancastra fluttuante sullArno e dalle stravaganti colorazioni che, di volta in volta, assumevano i corsi dacqua dove le aziende tessili scaricavano i loro liquami. Nel tentativo di arrestare il degrado, la Giunta comunale di Firenze approv unordinanza che vietava luso dei detersivi non biodegradabili a partire dal 20 gennaio 1971. Il provvedimento come spieg il sindaco Luciano Bausi in un convegno organizzato per illustrare liniziativa si era reso necessario per cercare di arginare la contaminazione delle acque da tensioattivi anionici, il cui livello aveva raggiunto valori assai superiori a quelli stabiliti dallOrganizzazione mondiale della sanit (500 gamma/litro): nel dicembre del 1970, infatti, le analisi condotte dallUfficio Igiene e Profilassi della Provincia avevano evidenziato valori compresi fra 1.900 e 3.800 gamma/litro19. Sebbene avesse un significato poco pi che simbolico poich ignorava gli scarichi fognari e i liquami riversati in Arno dalle industrie, contenenti sostanze (cromo, cianuri) ancora pi tossiche dei detersivi lordinanza fiorentina innesc un dibattito che assunse dimensioni nazionali in quanto precedette lapprovazione di un disegno di legge in materia di biodegrabilit dei detergenti sintetici presentato dal ministro della Sanit Mariotti20. Nel 1972, il Consiglio regionale approv una risoluzione con la quale invitava gli enti locali ad omologare gli standard qualitativi degli effluenti domestici ed industriali ad alcuni valori suggeriti dalla Regione21. Due anni dopo fu pubblicata una prima Mappa degli inquinamenti idrici e venne varata una legge regionale (27 maggio 1974, n. 22) che finanziava un programma di opere per il reperimento e lutilizzazione di risorse idriche nonch per lo smaltimento e la depurazione delle acque di rifiuto. Si trattava di provvedimenti volti essenzialmente a risolvere il problema della potabilit considerato prioritario poich lacquedotto fiorentino era alimentato in massima parte dallacqua dellArno che non erano in grado, per, di arginare la crisi in cui versava lintero
Comune di Firenze, Linquinamento delle acque. Atti ufficiali del convegno, Firenze, 29 gennaio 1971. Legge 3 marzo 1971, n. 125. Il provvedimento vietava la produzione, il commercio, limportazione e limpiego di prodotti non biodegradabili all80%. 21 Proposti valori standard unici per gli effluenti domestici e industriali, in Toscana Consiglio Regionale, a. II, 1972, pp. 53-55.
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sistema idrico fiorentino, afflitto da altre due criticit ormai divenute endemiche: la scarsit delle risorse idriche e il grave dissesto idrogeologico, rivelato in tutta la sua gravit dallalluvione del 1966. Dal 1959 al 1969, il consumo idrico medio giornaliero era pi che raddoppiato: nel 1969 il fabbisogno medio pro-capite era di 372 litri. Nel 1970 il vetusto acquedotto fiorentino produceva complessivamente 172.000 m3/g. di acqua: limpianto

dellAnconella ormai tecnologicamente inadeguato, scarsamente sicuro e dai costi di gestione elevati ne forniva 135.000; quello delle Cascine (alimentato da 25 pozzi, costantemente minacciati dallinquinamento indotto dagli scarichi urbani) 25.000; quello di Mantignano 12.000, poich il costante abbassamento della falda aveva causato una riduzione dellerogazione di oltre 8.000 m3/g. Il problema della depressione della falda acquifera era particolarmente serio, poich impediva lulteriore sfruttamento dei pozzi sotterranei che assicuravano circa il 20% del fabbisogno. A frenare lutilizzo dei pozzi contribuiva, inoltre, il costante peggioramente della qualit delle loro acque: un numero consistente, infatti, risultava inquinato da ammoniaca e da clorurati organici. Ci significava che a Firenze restava una sola fonte certa di approvvigionamento idrico, lArno22. Per fronteggiare la scarsit di acqua che affliggeva la citt, lamministrazione comunale fiorentina present, nellottobre 1970, un piano di intervento incentrato sul potenziamento dellimpianto dellAnconella (entro un arco di dieci anni era previsto il raddoppio della portata, fino a 3.000 litri/secondo) e sulla rapida realizzazione dellinvaso di Bilancino e dellacquedotto della Sieve che avrebbe garantito lapprovvigionamento idropotabile almeno fino al 2000. Nel frattempo erano stati avviati i lavori per la progressiva eliminazione delle condutture dellacquedotto dalle fogne. Quanto al dissesto idrogeologico, nel 1967, i ministeri dei Lavori pubblici e dellAgricoltura avevano istituito una Commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo. Nelle riunioni del 17 febbraio e del 29 dicembre 1968, la sottocommissione per lArno elabor un piano per la sistemazione dellintero bacino del fiume suggerendo un sistema di 23 invasi, la cui funzione era quella di decapitare londa di piena prima che raggiungesse Firenze. Nella prima met degli anni 70 il dibattito politico continuava ancora a languire intorno alle proposte avanzate dalla commissione che, nel 1970, furono pesantemente criticate nel corso del
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Comune di Firenze, Firenzecologia, Roma, Il Ventaglio, 1987, pp. 20-32.

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convegno Un piano per lArno poich, secondo i suoi detrattori, affrontavano il problema della difesa dalle alluvioni nel modo pi tradizionale e angusto, nel senso di vera e propria guerra allacqua senza prevedere n una valutazione dei fabbisogni idropotabili, irrigui e industriali, n una equilibrata distribuzione delle risorse23. Si venne cos a creare unimpasse difficile da superare. In primo luogo per una sorta di conflitto latente fra lente regionale apparso, fin dalla sua creazione, disponibile ad affrontare la questione ambientale e i comuni, assai pi tiepidi verso i problemi ecologici. Le amministrazioni dei comuni industriali dellarea, infatti, erano fermamente contrarie a qualsiasi provvedimento volto a limitare lespansione degli insediamenti residenziali e produttivi: il disordinato sviluppo industriale e urbanistico era da loro tollerato poich considerato necessario per alleviare le tensioni sociali alimentate dalla disoccupazione e dalla carenza di alloggi. In secondo luogo per le pressioni esercitate dagli industriali che nonostante si dichiarassero favorevoli, in linea di principio, ad un progetto per la sistemazione del bacino dellArno si mostravano assolutamente contrari ad un ridimensionamento dei piani urbanistici e scarsamente propensi a sobbarcarsi gli oneri del disinquinamento24. In terzo luogo per la creazione, nel 1974, del Consorzio delle risorse idriche Schema 23 che riuniva i comuni di Bagno a Ripoli, Barberino del Mugello, Calenzano, Campi Bisenzio, Firenze, Fiesole, Impruneta, Lastra a Signa, Montemurlo, Prato, Scandicci, Sesto Fiorentino e Vaiano. La costituzione del consorzio intercomunale fin per bloccare gli interventi, volti principalmente alla depurazione delle acque, deliberati dal comune di Firenze fra il 1974 e il 1975: la costruzione di un digestore di liquami civili a S.Mauro a Signa e di due depuratori, rispettivamente a Settignano e nella zona dei Manderi. Nel 1976, lo Schema 23 inizi ad ipotizzare lapprontamento di un impianto di depurazione in grado di servire una popolazione di 700.000 abitanti, ma ci vollero quasi dieci anni prima che si trovasse un accordo sulla collocazione del depuratore in unarea (S. Colombano) a cavallo fra i comuni di Lastra a Signa e Scandicci. Solamente nel 1978 si giunse, cos, alla definizione di un Progetto pilota per la sistemazione del bacino dellArno che si proponeva la difesa dalle piene della citt di Firenze e la regolazione del fiume Arno secondo un programma integrato di utilizzazione dellacqua e di difesa della sua qualit. La stesura finale del Progetto

Una nuova politica del suolo e delle acque per lo sviluppo economico-sociale del bacino dellArno, in La Regione, n.19-21, novembre 1970. 24 Osservazioni su Le linee del programma regionale di sviluppo economico, in Toscana Domani, novembre-dicembre 1973.

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pilota prevedeva la costruzione di invasi ad uso promiscuo (regolazione e contenimento piene) o a solo uso di regolazione, la realizzazione di opere locali di difesa dalle piene e lestensione di impianti di trattamento al fine di abbattere del 90% linquinamento causato dagli effluenti civili e industriali. Il documento evidenziava la cronica carenza di acqua potabile e affermava che la costruzione di nuovi acquedotti aveva carattere di assoluta urgenza ed era pregiudiziale a qualsiasi programma di sviluppo. Quanto agli usi industriali, stabiliva due priorit: garantire lapprovvigionamento alle imprese in modo particolare a quelle dellarea tessile pratese e rendere compatibile il processo di industrializzazione con la reale disponibilit di risorse idriche25. Nonostante questo quadro sconfortante, gli interventi anche quelli indicati come prioritari erano ancora fermi alla fase progettuale: fra questi vi erano un serbatoio per la difesa delle piene, linvaso di Bilancino e lacquedotto della Sieve (che Firenze attendeva dal 1963), il canale scolmatore dellArno, quattro impianti di trattamento nellarea fiorentino-pratese. Nel 1980, in ottemperanza alle disposizioni delle leggi n. 319/1976 e n. 650/1979, la Regione Toscana approv il primo programma biennale (1980-1982) del Piano regionale di risanamento delle acque. Anche questo documento era, in realt, poco pi di una dichiarazione di intenti che riproponeva le linee di intervento gi incluse nel Progetto pilota. Per larea fiorentina il documento parlava di schemi di intervento ad un notevole livello di definizione ed approfondimento ed elencava una serie di interventi tutti pressoch al primo stadio di progettazione26. Insomma, tredici anni di discussioni avevano prodotto una significativa mole documentaria che non si era tradotta, per, nella realizzazione di opere in grado di avviare un concreto risanamento del sistema idrico: Firenze continuava a restare in attesa di un impianto di depurazione efficiente (i lavori dellimpianto di S. Colombano sono iniziati il 18 giugno 1994) nonch delle opere di difesa dalle piene e di un nuovo acquedotto (linvaso di Bilancino stato terminato nel 1995 ed entrato in esercizio nel 2002).

Cfr. Regione Toscana, Progetto pilota per la sistemazione del bacino dellArno. Rapporto finale. II: Organizzazione del progetto, Firenze, 1978. 26 Cfr. Regione Toscana, Piano regionale di risanamento delle acque. Primo programma di intervento 1980-1982, Firenze, 1980.

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