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PROPOSTE PER UNA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA

2012-2014

Giugno 2011

SOMMARIO

INDICE Le proposte di finanza pubblica dellIdV in sintesi La manovra correttiva e la tabella sintetica La manovra straordinaria e la tabella sintetica Due premesse 1 premessa: fare pagare la crisi agli speculatori 2 premessa: un Piano per le liberalizzazioni La riforma fiscale Togliere dallimponibile Irap il costo del lavoro Introdurre il fattore famiglia aumentando la No Tax Area per i carichi familiari La manovra correttiva La riduzione dei costi della politica La riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni Misure fiscali La manovra straordinaria La manovra straordinaria

PAGINA

3 6

7 11

14 15

18 35 53

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PROPOSTE DI FINANZA PUBBLICA MANOVRA CORRETTIVA Proponiamo tre settori dintervento per ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni e per recuperare i finanziamenti necessari al fine di ridurre il carico fiscale che grava sulle imprese e sulle famiglie: 1) riduzione dei costi della politica; 2) riduzione delle spese ordinarie delle PP.AA.; 3) misure fiscali; Per azzerare il nostro deficit entro lanno 2014, con i seguenti importi: 2012: - 20.000 milioni; 2013: - 26.000 milioni; 2014: - 40.000 milioni; 2015: - 40.000 milioni. e per ridurre i carichi fiscali che pesano sulle imprese e sulle famiglie, per un totale di: 2012: - 8.285 milioni; 2013: - 12.274 milioni; 2014: - 13.204 milioni; 2015: - 18.054 milioni. Intendiamo utilizzare queste somme in due direzioni: - sopprimere dallimponibile Irap il costo del lavoro - e introdurre il fattore famiglia per elevare la No Tax Area per i contribuenti che hanno coniuge e figli a carico prevedendo inoltre un incremento degli assegni familiari per i contribuenti con carichi familiari ma fiscalmente incapienti

MANOVRA CORRETTIVA TABELLA SINTETICA Milioni di euro MISURE/ANNI A-Riduzione dei costi della politica 1-Eliminazione vitalizio parlamentari naz.li e regionali e riduzione costi politica 2-Dimezzamento del n dei parlamentari (legge costituzionale) 3-Eliminazione rimborsi elettorali ai partiti 4-Eliminazione contributi alleditoria 5-Abolizione Province (legge costituzionale) 6-Razionalizzazione dei bilanci delle Authority 7-Abolizione del CNEL (legge costituzionale) 8-Riduzione auto e voli blu 9-Riduzione livelli istituzionali (Comunit montane, Consorzi bonifica, circoscrizioni, ecc.) 10-Soppressione enti inutili 11-Blocco delle consulenze 12-Amministratore unico per le societ e gli enti partecipati dagli enti territoriali 13-Soppressione delle rappresentanze delle Regioni allestero- Istituzione di Palazzo Italia a Bruxelles Totale costi PP.AA. B-Riduzione delle spese delle PP.AA. 1-Riduzione dei consumi intermedi e delle spese delle PP.AA. Anche riportando il budget di Palazzo Chigi al Tesoro 2-Razionalizzazione spesa sanitaria 3-Razionalizzazione dei trasferimenti alle imprese 4-Soppressione dei finanziamenti Ponte sullo Stretto di Messina 5-Riduzione spese militari (esercito europeo) 6-Riduzione delle spese per le missioni 7-Riduzione spese per sistemi darma 8-Intensificazione dei controlli in materia di invalidit 9-Recupero dellefficienza dirigenziale pubblica ed divieto di assunzioni di dirigenti esterni alla PA 10-Utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni del software a codice sorgente aperto 11-Unificazione degli enti previdenziali 12-Obbligo unione tra comuni (20.000 ab.) 2012 2013 2014 2015

1.100 100 (100^) 15 3.000 100 500 500 1.000 50

1.100 1.125 100 (100^) 1.200 15 20 4.000 100 650 1.500 1.000 50

1.100 1.125 100 (100^) 2.000 15 20 5.000 100 750 3.000 2.000 50

1.100 1.125 100 (100^) 2.000 15 20 5.000 100 750 3.000 2.000 50

6.365

10.860

15.260

15.260

5.000

6.000

7.000

8.000

500 2.000 1.250 400 400 100 120 100

1.000 2.500

3.000 3.000

3.000 3.000

400 600 300 200 200

400 800 600 400 200

500 1.000 1.000 500 200

250

250

300

300

200 700

350 1.800

1.000 2.500

2.000 3.000 4

13-Risparmi su interessi debito pubblico derivanti dal Piano di misure straordinarie per la riduzione dello stock del debito (*) Totale risparmi PP.AA. C-Misure fiscali 1-Ulteriori norme per il contrasto evasione e norme contro elusione/evasione societ 2-Nuovo redditometro 3-Sanatoria immigrati 4-Rendite finanziarie al 20% (escl. titoli di Stato) 5-Riduzione deducibilit per banche 6-Aumento dei canoni di concessione 7-Aliquota unica per il PREU pari a 15% 8- Riduzione delle agevolazioni fiscali con lesclusione di quelle relative a casa, famiglia, lavoro e pensioni Totale maggiori entrate

664

1.594

2.144

11.020

14.264

20.794

24.644

1.600 500 800 1.000 250 250 1.500 5.000

2.600 1.000 800 1.000 250 1.000 1.500 5.000

3.600 3.000 800 1.000 250 2.000 1.500 5.000

4.600 3.000 800 1.000 250 2.000 1.500 5.000

10.900

13.150

17.150

18.150

TOTALE PERMANENTE

28.285

38.274

53.204

58.054

Note: (^) non conteggiato perch lo stanziamento previsto solo per lanno 2011 (anche se andrebbe conteggiato per gli anni successivi nel bilancio a politiche invariate). (*) se le entrate straordinarie venissero utilizzate per abbattere lo stock del debito si otterrebbe leffetto di ridurre il servizio del medesimo per un valore pari a circa il 4% delle riduzioni apportate al debito accumulato. Ad esempio, 45 miliardi di maggiore incasso dai ruoli esattoriali, producono una riduzione permanente della spesa per interessi pari a 1,8 miliardi di interessi in meno da pagare.

PIANO QUADRIENNALE STRAORDINARIO PER RIDURRE LO STOCK DEL DEBITO Misure straordinarie per riduzione dello stock del debito 1-Cartolarizzazione dei ruoli esattoriali non riscossi 2-Dismissioni di partecipazioni statali 3-Dismissioni di partecipazioni degli enti territoriali 4-Dismissioni di immobili 5-Contributo di solidariet dello 7,5% sui capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale 6-Recupero condono 2003 Totale misure straordinarie Totale risparmi permanenti aggiuntivi 2012 5.000 1.000 100 1.000 7.500 3.000 17.600 2013 10.000 + 200* 2.000 + 40* 500 + 4* 5.000 + 40* 300* 120* 17.500 + 664 2014 15.000 + 800* 5.000 + 120* 1.000 + 24* 8.000 + 240* 300* 120* 29.000 + 1.594 2015 15.000 + 1.200* 5.000 + 320* 1.000 + 64* 10.000 + 260* 300* 120* 31.000 + 2. 144

Il piano ridurr lo stock del debito in quattro anni di : 95 miliardi di euro. Per abbassare lo stock del debito per complessivi 95 miliardi (ad aprile 2011 lo stock del debito aveva raggiunto 1.890,6 miliardi di euro. Si prevede che esso sar pari per lanno 2011 al 120,2% del Pil). Tali misure ricondurrebbero tale percentuale ad un valore pari al 114,1 % del Pil. Questa manovra consente inoltre di abbattere in maniera stabile il deficit di pi di 3,8 miliardi annui; (*) se le entrate straordinarie venissero utilizzate per abbattere lo stock del debito si otterrebbe leffetto di ridurre il servizio del medesimo per un valore pari a circa il 4% delle riduzioni apportate al debito accumulato. Ad esempio, 45 miliardi di maggiore incasso dai ruoli esattoriali, producono una riduzione permanente della spesa per interessi pari a 1,8 miliardi di interessi in meno da pagare.

CONTROMANOVRA DUE PREMESSE PRIMA PREMESSA: FACCIAMO PAGARE AGLI SPECULATORI LA CRISI DEI DEBITI SOVRANI 1a La nuova governance europea non sufficiente ad evitare altre crisi ed a risolvere la crisi dei debiti sovrani Il debito stato lo strumento principe che ha permesso, dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, di continuare a crescere superando i limiti strutturali delle crisi economiche. stato grazie al processo generale di indebitamento - degli Stati,delle famiglie e delle imprese- se i paesi occidentali (ad eccezione del Giappone) hanno potuto sostenere la crisi da sovraproduzione e la conseguente, inevitabile stagnazione economica. I paesi del Sud Europa appartenenti all'area Euro, insieme ad Irlanda e Belgio, rischiano il default se non decideranno drastiche misure di tagli alla spesa pubblica, abbassamento dei salari, licenziamento dipendenti pubblici,ecc. Nell'interpretazione prevalente1 a livello istituzionale europeo si ritiene, infatti, che siano stati i deficit e la finanza pubblica in disordine di alcuni paesi ad avere determinato la crisi dell'Eurozona. La pi coerente esposizione di questa tesi probabilmente quella del ministro delle Finanze tedesco Schuble che ha sostenuto che: non vi (stata) nessuna crisi dell'euro, che anzi si dimostrato moneta forte a stabile; che i problemi che esistono riguardano singoli paesi e non la Ue nel suo complesso; che quindi la soluzione consiste nel far s che i paesi pi deboli dell'Eurozona correggano i propri squilibri mediante l'adozione di politiche restrittive di bilancio e di riforme strutturali adeguate; che un intervento di sostegno europeo pu aver luogo solo in caso di necessit e subordinato a misure di correzione incisive e concordate. In altre parole, bene che i Pigs (ma pi probabilmente ci si riferisce ai Piigs, Italia compresa) espiino interamente i loro peccati. 1 - Questo approccio evidentemente errato in quanto scambia la causa con gli effetti. Non sono state le difficolt delle finanze pubbliche dei Paesi pi fragili dell'Europa a determinare la crisi; al contrario stata la crisi finanziaria a creare i disavanzi eccessivi e l'aumento dei debiti pubblici: valga in proposito l'esempio dell'Italia, che non ha operato nessun intervento di sostegno dell'economia e non dovuta intervenire a salvare le banche, eppure ha visto salire il disavanzo di bilancio sopra il 5%, e aumentare il debito pubblico di oltre 10 punti. 2 - Inoltre assume implicitamente che i paesi pi deboli dell'Eurozona sono quelli che maggiormente hanno beneficiato della creazione della moneta unica, e che quelli pi forti hanno dovuto sostenere i costi dell'operazione. Ci vero per quanto riguarda i tassi d'interesse (e i fondi strutturali) ma non certo per quanto riguarda i tassi di cambio. In assenza dell'euro, infatti, il marco tedesco con ogni probabilit quoterebbe oggi 2-2,5 rispetto al dollaro; con quale impatto sulle esportazioni tedesche facile intuire. Ora si d il caso che la Germania esporti circa il 50% del suo Pil e di questo circa il 60% nell'Eurozona. Il surplus della bilancia dei pagamenti tedesca, pari al 6,1% del Pil, il pi alto del mondo (salvo il Lussemburgo): la Cina si ferma infatti al 4,7. 3 - Contrariamente a quanto stato fatto credere, il miglioramento della governance europea ha poco o nulla a che vedere con le attuali difficolt della moneta unica e con le crisi dei debiti sovrani.

V. Visco 26 febbraio 201

E giusto che i Paesi con disavanzi nei bilanci pubblici riportino in equilibrio i loro conti strutturali; e che i Paesi pi indebitati seguano un sentiero di costante riduzione del debito pubblico. Ma se anche le regole del Patto di stabilit fossero state introdotte a tempo debito (vale a dire pi o meno quando nel 2003 Francia e Germania, con il sostegno dell'Italia, decisero di far saltare il Patto di stabilit) difficilmente la grande crisi finanziaria del 2007-10 avrebbe lasciato l'Europa e la moneta unica indenni da gravi conseguenze. E in ogni caso il nuovo Patto non serve a risolvere i problemi attuali, al contrario pu rischiare di aggravarli. La Commissione Europea si riunir il 2 luglio per decidere se concedere una ulteriore tranche dei 110 miliardi di euro per salvare il paese dal default. In cambio Bce e Fondo monetario internazionale chiedono una sostanziale cura dimagrante allo stato greco, la vendita del patrimonio naturale e storico, tagli pesanti alla spesa sociale, riduzione dei dipendenti pubblici, ecc2. Probabilmente la Grecia non potr mai restituire questo prestito, visto che per piazzare i suoi Bot arrivata a pagare un tasso di quasi il 30% a due anni , e visto che con queste misure draconiane il suo Pil si stima che cadr del 4-5% annuo nei prossimi tre anni. In breve, con queste ricette avvelenate la Grecia si trover con un rapporto Debito/Pil ancora pi alto di quanto non sia oggi. Per farvi fronte dovr mettere all'asta un intero paese, dalle sue isole sull'Egeo al porto del Pireo (in parte gi comprato dai cinesi), a quello che resta della sua struttura produttiva. E non baster. Di contro, se non accetta queste misure/ricatto imposte dalla UE e dal FMI dovr uscire dall'Euro, ritornare ad una dracma che sar fortemente svalutata e produrr una spirale inflazionistica. Stessa sorte potrebbe toccare agli altri paesi Ue del sud Europa, nell'ordine: Portogallo, Spagna ed Italia. Ma la Germania non vede di buon occhio questa possibile uscita dall'Euro dei paesi sud-europei, sia per una concorrenza sui prezzi di monete svalutate, sia perch come ha scritto Romano Prodi la Germania troppo grande per l'Europa, ma troppo piccola per l'economia-mondo. Inoltre, se la Grecia fallisce sono proprio le banche tedesche le prime a pagare lo scotto. In ogni caso andrebbe valutata anche la possibilit di una ristrutturazione guidata del debito greco. 1b un Fondo per i debiti sovrani dei Paesi europei in difficolt e per ricapitalizzare le banche europee Dallinizio della crisi autorevoli economisti (per lItalia, Luigi Spaventa) hanno sostenuto la necessit di emettere dei titoli speciali, garantiti dallintera UE e di offrirli alle banche in sostituzione dei titoli a rischio come avevano fatto gli USA dopo la crisi del debito sovrano degli anni ottanta. Altri hanno avanzato la proposta di collocare una parte del debito sovrano in un Fondo3 che dovrebbe essere finanziato da un'imposta dedicata sulle transazioni finanziarie decisa a livello europeo, in modo da renderlo autosufficiente. Il Fondo dovrebbe operare secondo logiche di mercato, il cui servizio, incluso il rimborso alla scadenza, dovrebbe essere garantito da un'imposta sulle transazioni finanziarie decisa a livello europeo.

T. Perna 26 giugno 2011 V. Visco 18 aprile 2011

Un intervento di dimensioni minime potrebbe porsi esclusivamente l'obiettivo di risolvere l'attuale crisi dell'euro e quindi limitarsi a collocare nel Fondo (sempre finanziato con unimposta sulle transazioni finanziarie) una quota dei debiti dei piccoli paesi in crisi che potrebbe essere pari a tutto il debito che eccede il 60% del Pil di ciascuno o una percentuale pi elevata, ma tale comunque da rassicurare definitivamente i mercati circa la solvibilit di questi paesi, in modo da far rientrare gli spread attuali (si tratterebbe di 3-400 miliardi di euro, meno di quanto previsto per l'European Stability Mechanism). Al Fondo dovrebbe essere assegnato anche il compito di ricapitalizzare le banche europee, come deciso in Corea, paese in cui a tal fine stato recentemente introdotto un prelievo sull'ingresso di capitali nel paese. Questa soluzione potrebbe interessare anche la Germania, le cui banche, oltre ad essere fortemente indebolite sono esposte nei confronti dei debiti dei Pigs (esclusa l'Italia) di qualcosa come il 13% del Pil tedesco.

Un appello: Una Tobin tax pu limitare la speculazione sui mercati Il Consiglio europeo di oggi (23 giugn0 2011 - NdR) prender decisioni importanti sulla possibile tassazione del sistema finanziario. I capi di Stato e di Governo potrebbero contribuire a cambiare il modo in cui la finanza moderna funziona e, allo stesso tempo, decidere come garantire che la finanza contribuisca a pagare i costi generati dalla crisi. Nonostante la vasta letteratura che dimostra come una tassa sulle transazioni finanziarie sia il modo pi efficace di procedere, alcuni Governi, la Commissione europea e, ovviamente, il settore finanziario stesso, continuano a contestare la proposta. D'altra parte, altri Governi, il presidente della Commissione europea e una crescente maggioranza di parlamentari europei la sostengono con forza. Gli oppositori della tassa proteggono oltremisura il settore finanziario affermando che la tassa sarebbe impossibile da mettere in pratica. Respingiamo queste scuse perch irragionevoli: una tassa sulle transazioni finanziarie pu e deve essere introdotta. Gli oppositori dicono che il mercato degli strumenti derivati scambiati fuori dai mercati regolamentati non potrebbe essere tassato perch, come la crisi ha sorprendentemente mostrato, questo tipo di transazioni sono in pratica invisibili ai regolatori e alle autorit di vigilanza. Questo ragionamento non tiene conto del fatto che la Ue sta lavorando su leggi che daranno ai regolatori e alle autorit di vigilanza gli strumenti per accedere a queste informazioni. Un'altra critica si riferisce alla possibilit che una tassa applicata solo in Europa provocherebbe un esodo delle attivit finanziarie. Questo assurdo. L'Europa un potere economico importante. Tasse sulle transazioni finanziarie a livello nazionale, come nel Regno Unito, mostrano che gli investitori non fuggono. Una tassa molto ridotta, per esempio dello 0,05% come proposto da alcuni, non danneggerebbe la competitivit europea. Una tassa globale sarebbe la soluzione migliore ma l'Europa, implementandola per prima, darebbe ad altri Paesi un forte segnale politico per seguire lo stesso percorso. Una tassa sulle transazioni finanziarie garantirebbe introiti rilevanti e obbligherebbe il settore finanziario a prendersi la propria parte di responsabilit. Nessun'altra tassa attualmente in discussione potrebbe produrre le stesse entrate. Secondo alcuni studi4 una tassa dello 0,05% garantirebbe entrate pari a 200 miliardi di euro l'anno. Una tassa sulle transazioni finanziarie colpirebbe la speculazione tesa a creare e sfruttare l'eccesso di liquidit. In questa situazione difficile per il Consiglio e la Commissione giustificare la loro inattivit. Nessun'altra tassa creerebbe gli stessi profitti e ridurrebbe la speculazione in maniera cos efficace. La grande maggioranza degli europei vuole vedere il settore finanziario assumersi le proprie responsabilit. Queste persone non possono essere deluse. 23 giugno 2011 Vincenzo Visco (Italia), Hans Eichel (Germania), Henri Emmanuelli (Francia), Robert Goebbels (Lussemburgo), Eero Heinluoma (Finlandia), Grzegorz W. Kolodko (Polonia), Ivari Padar (Estonia), Ruairi Quinn (Irlanda), Michel Sapin (Francia), Christian Sautter (Francia), Bohuslav Sobotka (Repubblica Ceca)
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Vedi, ad esempio, lo studio coordinato da Leonardo Becchetti (Universit Roma 2).

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SECONDA PREMESSA: UN PIANO PER LE LIBERALIZZAZIONI La Relazione annuale di Catrical, Presidente dellAntitrust, del 31 marzo scorso, ha messo in luce come nessuna liberalizzazione sia stata fatta in questa legislatura. Non stata mai presentata la legge annuale sulla concorrenza come il Governo obbligato per legge a fare. Anzi su molti punti si sono compiuti passi indietro. Scrive lAntitrust: Il rilancio dei processi di liberalizzazione , dunque, tassello cruciale di una vigorosa politica per la crescita. Lattuale situazione deve, in particolare, essere loccasione per incidere sulle cause strutturali del deficit di produttivit del Paese: prioritario aumentare la produttivit e il modo migliore, perch duraturo, per garantire il raggiungimento di tale obiettivo consentire ai meccanismi di mercato di operare pienamente, adottando quegli interventi di riforma degli assetti regolatori la cui urgenza, in tempi normali, non viene avvertita con la necessaria intensit. Si assistito al prevalere di una linea controriformistica che ha indotto il Parlamento a discutere e in taluni casi ad approvare - leliminazione di alcuni dei positivi risultati gi conseguiti e la restaurazione di anacronistici privilegi. Emblematiche, in tal senso, sono state: i)lattuazione tiepida data nellordinamento nazionale alla c.d. direttiva Servizi a fronte delle incisive potenzialit liberalizzatici dellatto comunitario; ii) lispirazione protezionistica delle nuove norme sullOpa; iii) alcune riforme in discussione in Parlamento volte a restaurare antichi privilegi in capo agli avvocati e a restringere lattivit delle para-farmacie; iv) il freno alla liberalizzazione del trasporto ferroviario regionale con il rinvio delle gare e il prolungamento dei contratti di servizio con loperatore storico; v) le nuove restrizioni in materia di autotrasporto, autoscuole, noleggio con conducente. N minor valore segnaletico del trend pi generale deve attribuirsi, infine, a recenti iniziative che, nel recepire direttive comunitarie di liberalizzazione, si prestano ad attenuarne considerevolmente limpatto, ad es. nel settore postale. 9 Riteniamo indispensabile riavviare il processo riformatore con un vero e proprio Piano delle liberalizzazioni ispirandoci anche a ci che propone lAutorit garante della concorrenza PROPOSTE: Ordini professionali trasformati in associazioni per la tutela della professione senza obbligo di iscrizione e senza controllo diretto del Ministero Giustizia. Partendo da notai e giornalisti. LItalia il Paese degli ordini e delle corporazioni, con riserve di legge a loro favore, barriere allentrata, tariffe e protezione del Ministero della Giustizia. La stessa Unione Europea ha da tempo un dossier aperto contro lItalia per la mancanza di concorrenza nelle professioni liberali. Privatizzazione Camere di Commercio con adesione volontaria. Pagamento servizi secondo tariffa per le attivit obbligatorie per legge come certificati e registro imprese. Tariffe libere per gli altri servizi. Fine dellobbligo di iscrizione alle Camere di Commercio. Anche in questo caso siamo in presenza di una tassa alla quale non sempre corrisponde un servizio qualitativamente adeguato. 11

Lo dimostrano i confronti fra Camere di realt diverse dove a parit di livello di attivit si registra anche il doppio dei dipendenti. Le Camere potrebbero continuare a svolgere compiti pubblici (come la tenuta del Registro delle imprese) a pagamento e dare servizi aggiuntivi a coloro che si associano, ma l'adesione deve essere volontaria e non pi obbligata. La liberalizzazione dei servizi postali. Laspetto di criticit pi grave ha riguardato, in particolare, la prevista scelta di istituire unagenzia quale soggetto deputato a vigilare sul non facile processo di apertura e sulla successiva evoluzione del settore. Listituzione di un organismo regolatore con siffatte caratteristiche rappresenterebbe un grave vulnus al processo di apertura del settore. lAntitrust ha censurato altre scelte non meno gravi e penalizzanti per il processo di liberalizzazione, in particolare la mancata previsione di misure fondamentali per assicurare la realizzazione di una concorrenza effettiva nel settore postale quali: i) lindividuazione del fornitore designato del servizio postale universale con procedure ad evidenza pubblica, adatte anche a minimizzare il costo netto del servizio stesso; ii) unopportuna revisione del perimetro del servizio universale che escluda, ad es., gli invii di corrispondenza della clientela business; iii) lassenza di disposizioni puntuali sullaccesso alla rete. Lapertura del trasporto ferroviario passeggeri Anche nel settore dei trasporti ferroviari le difficolt incontrate dal processo di liberalizzazione si riverberano in condizioni di offerta ancora insoddisfacenti soprattutto per quanto riguarda la qualit dei servizi. Gestioni autostradali e servizi aeroportuali Problemi del tutto analoghi a quelli evidenziati per il trasporto ferroviario, sotto il profilo della inadeguatezza del quadro regolatorio, della pressoch inesistente dinamica concorrenziale nellaffidamento delle gestioni e del conseguente scadimento della qualit dei servizi offerti agli utenti, presentano i mercati autostradali e aeroportuali. In entrambi casi, si tratta di monopoli naturali per i quali lunica forma di concorrenza immaginabile la procedura di gara attraverso la quale selezionare i gestori, sotto il controllo di un organismo tecnicamente qualificato e indipendente. I servizi bancari e finanziari e la persistente esigenza di una nuova fase della regolazione Nel settore del credito il processo di modernizzazione iniziato negli anni 90 con il passaggio da una gestione integralmente pubblicistica al sistema delle fondazioni ha prodotto risultati importanti. Le banche italiane si sono dimostrate pi solide di quelle di altri paesi, non sono state sedotte dagli eccessi che hanno gravemente indebolito altri sistemi e, per questo, hanno conseguito performance migliori durante la crisi. Tuttavia, alla solidit del nostro sistema bancario non corrispondono livelli altrettanto elevati di efficienza sul piano dellofferta di servizi. Una perdurante debolezza degli stimoli competitivi continua a caratterizzare il settore.

Il ripristino della piena contendibilit del mercato del controllo societario Un efficace mercato dei capitali e la sussistenza di condizioni di contendibilit delle imprese rivestono una valenza prioritaria in unottica di sviluppo del Paese. Nel difficile sforzo di riavviare un percorso virtuoso di crescita fondamentale, dunque, evitare che lirrigidimento degli assetti proprietari e la loro mancata esposizione a unaperta concorrenza possano configurare ulteriori ostacoli alla competitivit del nostro sistema economico. 12

La distribuzione dei carburanti Il settore della distribuzione dei carburanti caratterizzato, in Italia, da un grado molto elevato di inefficienza: in particolare, il confronto con altri Stati membri mostra il sovradimensionamento di una rete costituita, per la gran parte, da una grande molteplicit di impianti di dimensione molto ridotta. Tale inefficiente struttura distributiva condiziona negativamente la qualit del servizio e il livello dei prezzi del carburante, e trova in parte spiegazione storica in una regolamentazione dellaccesso che ha limitato la possibilit di sfruttare economie di scala e di scopo, attraverso vincoli allapertura di impianti multiprodotto di maggiori dimensioni. La riforma dellautotrasporto Da pi di dieci anni a questa parte, lo Stato paga cifre esorbitanti per sostenere il settore dellAutotrasporto. Solo nel decennio 2000-2009 sono stati spesi 3,5 miliardi di euro in favore della categoria degli autotrasportatori. Ciononostante il settore dellautotrasporto in Italia continua a rivelarsi molto poco competitivo nellambito sistema economico europeo per crescita dimensionale, organizzativa e tecnologica, anche e soprattutto a causa dellassenza di una strategia complessiva della politica nazionale in materia che dia il quadro di riferimento all'interno del quale si possano individuare finalit, priorit e risorse per il rilancio del settore, con precisi impegni dello Stato e dei diversi livelli di articolazione della Repubblica, al fine di orientare le strategie dei diversi soggetti imprenditoriali coinvolti. Con la PdL dellOn. Borghesi in corso di presentazione vogliamo offrire un contributo normativo volto a rilanciare concretamente un asset strategico della nostra economia come quello dellautotrasporto attraverso il perseguimento di alcuni specifici obiettivi, quali, in primo luogo, la definitiva liberalizzazione del mercato dellautotrasporto attraverso il superamento del meccanismo basato sui c.d. costi minimi di esercizio.

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LE MISURE PER LA RIDUZIONE DEL CARICO FISCALE A. PER QUANTO CONCERNE LIRAP Su un gettito totale di circa 37 miliardi di Euro, la quota dellIRAP derivante dalla tassazione del costo del lavoro stimata intorno a circa 12,5 miliardi (di cui 4,5 miliardi quella derivante dalla tassazione degli oneri contributivi). Ma bisogna ricordare che il gettito dellIrap finanzia circa il 40% della spesa sanitaria italiana. Il gettito dellIRAP nel 2009 stato di circa 36,8 miliardi di euro a fronte di 440 miliardi di euro di entrate tributarie previste dalla manovra di Bilancio dello Stato per il 2010. LIRAP un tributo proprio regionale che, fino a questanno, incassato dallo Stato e poi trasferito alle Regioni per finanziare la spesa sanitaria regionale. Il 33,7% della Spesa della Sanit nelle Regioni, che per lanno 2009 ammonta, secondo le previsioni ad oltre 109,3 miliardi di euro, finanziata dal gettito dellIRAP. I restanti 72,5 Miliardi di euro di spesa per la sanit sono, quindi, a carico della fiscalit generale sia nazionale, che regionale. L'eventuale abolizione dell'imposta metterebbe a rischio la tenuta del sistema sanitario pubblico. LIRAP, dati alla mano, rappresenta una voce importante per le casse delle Regioni in quanto, da sola, rappresenta il 17% del totale delle entrate delle stesse (216 miliardi di euro) e il 72,3% del gettito derivante dai tributi. Secondo i dati raccolti dai Bollettini statistici del dipartimento finanze del Ministero dellEconomia, nel 2007 il gettito dellIRAP stato pari a 40,9 miliardi, poi a seguito della crisi nel 2008 stato pari a 38,1 miliardi. Si potrebbe detrarre totalmente la quota di IRAP dovuta al costo del lavoro da IVA, IRPEF e IRES: il taglio dellIRAP con la detrazione da tasse nazionali come IVA, IRPEF e IRE, non modificherebbe le condizioni finanziarie delle Regioni che con la tassa alimentano la Sanit. Si potrebbe procedere in maniera graduale: Il primo anno le imprese (emendamento Baldassari alla Finanziaria 2010) - sotto i 50 dipendenti potrebbero detrarre la quota di IRAP dovuta al costo del lavoro da IVA, IRPEF e IRES; - le imprese sopra i 50 dipendenti potranno invece detrarre la quota di IRAP dovuta al costo del lavoro in misura pari alla percentuale tra il loro numero di dipendenti e i 50 addetti. Le risorse necessarie sono circa pari a circa 4 miliardi. Lanno successivo si potrebbe sopprimere totalmente il costo del lavoro per tutte le imprese private: dovrebbero bastare 9-10 miliardi di euro.

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B. OLTRE IL QUOZIENTE, DUE PROPOSTE5: IL FATTORE FAMILIARE LA PROPOSTA DEL LIBRO BIANCO ELABORATO DAL GOVERNO PRODI

In ogni caso si tratta di spendere a favore delle famiglie 10 miliardi fin dal 2012. Si potrebbe conferire al riguardo una delega al Governo con criteri e principi precisi. 1. Il fattore famiglia la nuova proposta di fisco equo spinta dal mondo cattolico attraverso il Forum delle associazioni familiari. Viene superata la proposta del quoziente familiare promesso nel programma elettorale del governo. L'imposta unica alla francese sull'insieme dei redditi del nucleo familiare avrebbe: 1) disincentivato il lavoro del coniuge pi debole (la donna, tipicamente); 2) determinerebbe dei cospicui vantaggi per i redditi alti mentre lascerebbe inalterato o peggiorerebbe il trattamento fiscale dei redditi medi e bassi. Il fattore famiglia di ispirazione tedesca, che introduce una no-tax area al di sotto del livello minimo di vita decente tassando solo il reddito superiore, sta guadagnando larghissimo consenso. Questa misura costerebbe 16 miliardi, leggermente in pi del quoziente, ma avrebbe il vantaggio di poter essere introdotta gradualmente. Uno studio di Luigi Campiglio (universit Cattolica di Milano) svolto sulle serie Inps ha evidenziato come gli aiuti destinati alle famiglie sul versante previdenza tra il '96 e il 2008 siano diminuiti di 11,4 miliardi di euro: risultato di scelte che hanno privilegiato i pensionati rispetto a giovani e famiglie. In particolare stato stimato che si sono avuti 4,6 miliardi di euro di assegni familiari in meno. La nuova proposta, denominata Fattore famiglia (FF), determina un risparmio dimposta indipendente dal reddito e crescente con la numerosit del nucleo familiare. Questo risultato viene ottenuto introducendo un livello di reddito non imponibile oltre il quale limposta viene calcolata partendo dallaliquota dello scaglione cui comunque appartiene il reddito dichiarato. Qualora il livello di reddito non imponibile superi il reddito dichiarato, si d luogo a unimposta negativa sotto forma di assegno o di credito dimposta. Il livello della no tax area - ossia il minimo imponibile differenziato in base alla composizione del nucleo - parametrato a una scala di equivalenza, pi generosa rispetto allattuale scala Isee. Le attuali detrazioni da lavoro e pensione scompaiono, sostituite da un reddito non imponibile che spetta anche al contribuente single indipendentemente dalla tipologia di reddito: rispetto agli attuali minimi imponibili da lavoro e pensione, il livello di questo nuovo minimo risulta inferiore per dipendenti e pensionati e superiore per gli autonomi. La formula di calcolo dellimposta piuttosto complessa, in quanto nel caso il reddito non imponibile cada oltre il primo scaglione, lo sconto dimposta va calcolato in funzione dei limiti
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C. De Vincenti, R. Paladini nelMerito.com 2 novembre 2010.

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degli scaglioni inferiori al livello non imponibile e in funzione del differenziale di aliquote per essi previste. La proposta del Forum ottiene cos, in modo un po contorto, un risultato risparmio dimposta indipendente dal reddito che si pu ottenere pi semplicemente con un sistema di detrazioni in cifra fissa anchesse parametrate alla composizione del nucleo familiare. Lo stesso discorso vale per limposta negativa ove le detrazioni siano rimborsabili come assegno o credito dimposta. Vi sono peraltro due differenze importanti: (i) mentre lammontare della detrazione resta, per definizione, indipendente da modifiche della struttura dellimposta, ovvero delle aliquote e degli scaglioni, il beneficio fiscale del FF cambia ogni volta che vengono modificati le aliquote o i limiti di reddito degli scaglioni, creando un discutibile meccanismo di feed-back; (ii) lo sconto dimposta fornito dal FF non rispetta la scala di equivalenza sottesa alla no tax area, oscurando cos la trasparenza del meccanismo, laddove detrazioni in cifra fissa parametrate alla scala di equivalenza assicurano un beneficio fiscale sempre corrispondente alla scala stessa. Infine, il Forum propone di mantenere, a fianco del FF, il sistema degli Assegni al nucleo familiare (Anf), resi linearmente decrescenti oggi seguono ancora una spezzata - in funzione del reddito familiare (o meglio di un Isee migliorato) e generalizzati anche agli autonomi. Lidea di rendere il risparmio dimposta indipendente dal reddito e rimborsabile agli incapienti e di combinarlo con Anf universalizzati e con decrescenza lineare riprende, senza peraltro segnalarlo, una impostazione gi formulata nel Libro Bianco su Irpef e sostegno alle famiglie elaborato nellinverno 2007-08 da una Commissione di studio MEF. 2. Nella proposta del Libro bianco del Governo Prodi viene introdotta limposta negativa e le attuali detrazioni da lavoro, pensione e carichi familiari vengono riformulate in cifra fissa, queste ultime combinate con gli assegni in un nuovo istituto di sostegno alle famiglie che il Libro Bianco aveva chiamato Dote fiscale per i figli. La svolta operata dal Forum abbandonando il quoziente familiare sicuramente positiva: mentre il quoziente implica che la nascita di un figlio produce un risparmio dimposta tanto maggiore quanto pi alto il reddito col corollario paradossale di un risparmio dimposta nullo per i redditi bassi lapproccio del risparmio dimposta costante implica, come con la proposta del Libro bianco, che lobiettivo sia quello di garantire a tutte le famiglie un uguale sostegno alle spese di mantenimento ed educazione dei figli. Peraltro, tra la proposta del Forum e la linea indicata nel Libro Bianco, vi sono differenze importanti su aspetti di rilievo: - semplicit, - struttura dellimposta, - effetti redistributivi. a) circa il primo aspetto, evidente che un sistema a detrazione in cifra fissa molto pi semplice rispetto alla complessa procedura di calcolo del risparmio dimposta proposta dal Forum, con effetti rilevanti sulla controllabilit e sulla trasparenza del sistema. b) con riferimento alla struttura dellimposta, due le questioni pi importanti. 16

La prima, cui abbiamo gi accennato, riguarda il discutibile feed-back che, nella proposta del Forum, provoca cambiamenti nel risparmio di imposta ogni volta che cambiano aliquote o scaglioni. La detrazione invece assicura un risparmio indipendente da variazioni nel profilo dellimposta, offrendo cos la possibilit di manovrare in modo indipendente i due strumenti con, ancora una volta, un guadagno di semplicit, trasparenza e controllabilit degli effetti distributivi. La seconda differenza dal punto di vista della struttura dellimposta forse anche pi importante. La proposta del Libro bianco mantiene una caratteristica che lIrpef, come limposta personale di gran parte dei paesi avanzati, ha avuto fin dalla sua nascita: un trattamento in termini di detrazione pi favorevole ai percettori di redditi da lavoro rispetto ai rentier e, tra i lavoratori di diverso tipo, pi favorevole ai dipendenti che non hanno modo di dedurre i costi di produzione del reddito rispetto agli autonomi che invece deducono i costi a monte della dichiarazione dei redditi. La sostituzione proposta dal Forum delle detrazioni per tipologie di reddito con un minimo esente uguale per tutti viola questo principio, con effetti negativi dal punto di vista dellequit ma anche dal punto di vista degli incentivi al lavoro. c) riguardo agli effetti redistributivi, infine, le due proposte differiscono in misura molto significativa. Sintetizzando al massimo: rispetto alla proposta del Forum, quella Libro Bianco avvantaggia i lavoratori dipendenti e i pensionati in genere nonch le famiglie, anche numerose, in cui ambedue i genitori lavorano; quella del Forum avvantaggia i lavoratori autonomi e i rentier, nonch tra i dipendenti le famiglie monoreddito con figli o altri familiari a carico (non i dipendenti senza figli, per i quali pi vantaggiosa la proposta del Libro bianco. Questi risultati dipendono principalmente dal fatto che il minimo esente uguale per tutti collocato a 7.000 euro, un livello pi basso dellattuale minimo esente da lavoro dipendente (8.000) e pensione (7.500) e pi alto dellattuale minimo esente degli autonomi (4.800) e dei rentier (per questi ultimi il minimo oggi zero). In questo modo, rispetto alla proposta del Libro bianco, il Forum ricava risorse da lavoratori dipendenti, famiglie in cui ambedue i genitori lavorano e pensionati, per sostenere di pi le famiglie monoreddito, in particolare adottando una scala di equivalenza generosa, nonch autonomi e rentier. La proposta del Libro bianco invece premia maggiormente il lavoro, in particolare quello femminile. Due ultime notazioni sugli effetti redistributivi. In primo luogo, rileva il fatto che, con la proposta del Forum, dipendenti e pensionati che si collocano tra 7.000 e 11.000 euro di reddito si troverebbero addirittura a pagare una maggiore imposta rispetto a quella attuale. In secondo luogo, lascia perplessi il fatto che nella proposta del Forum vengano messi sullo stesso piano, in termini di sostegno, i figli e gli altri componenti del nucleo familiare (a parit ovviamente di condizioni specifiche, come inabilit, ecc.): i costi di mantenimento ed educazione dei figli sono maggiori di quelli di adulti a carico, come pure le rispettive potenzialit di procurarsi reddito autonomamente. In conclusione, limpianto della proposta del Libro bianco appare pi generale in termini di semplicit, struttura dellimposta e ricadute redistributive - di quello della proposta del Forum, in quanto guarda alla riforma dellIrpef in unottica pi ampia, sia dal punto di vista dellequit che dellefficienza, entro la quale va collocato anche il problema, pur importante, del sostegno alle famiglie.

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LE MISURE DI RISPARMIO E DI MAGGIORI ENTRATE PROPOSTE

A - RIDUZIONE DEI COSTI DELLA POLITICA

BOX: I COSTI DELLA POLITICA - UNA RICERCA DELLA UIL Secondo le nostre stime, sono oltre 1,3 milioni le persone che vivono direttamente, o indirettamente, di politica. Un esercito composto da oltre 145 mila tra Parlamentari, Ministri, Amministratori Locali di cui 1.032 Parlamentari nazionali ed europei, Ministri e Sottosegretari; 1.366 Presidenti, Assessori e Consiglieri regionali; 4.258 Presidenti, Assessori e Consiglieri provinciali; 138.619 Sindaci, Assessori e Consiglieri comunali. A questi vanno aggiunti gli oltre 12 mila consiglieri circoscrizionali (8.845 nelle sole Citt Capoluogo); 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione delle 7 mila societ, Enti, Consorzi, Autorit di Ambito partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni; quasi 318 mila persone che hanno un incarico o una consulenza elargita dalla Pubblica Amministrazione; la massa del personale di supporto politico addetto agli uffici di gabinetto dei Ministri, Sottosegretari, Presidenti di Regione, Provincia, Sindaci, Assessori Regionali, Provinciali e Comunali; i Direttori Generali, Amministrativi e Sanitari delle ASL; la moltitudine dei componenti dei consigli di amministrazione degli ATER e degli Enti Pubblici. Ogni anno i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 18,3 miliardi di euro, a cui occorre aggiungere i costi derivanti da un sovrabbondante sistema istituzionale quantificabili in circa 6,4 miliardi di euro, arrivando cos alla cifra di 24,7 miliardi di euro. Una somma che equivale al 12,6% del gettito Irpef (comprese le Addizionali locali), pari a 646 euro medi annui per contribuente. Vediamo di seguito il dettaglio: Per il funzionamento degli Organi dello Stato centrale (Presidenza della Repubblica, Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Corte Costituzionale, Presidenza del Consiglio, Indirizzo politico dei Ministeri) secondo il Bilancio preventivo dello Stato, questanno i costi saranno di oltre 3,2 miliardi di euro (82 euro medi per contribuente). Per gli Organi di Regioni, Province e Comuni (funzionamento Giunte e Consigli) i costi ammontano a 3,3 miliardi di euro (85 euro medi per contribuente). Per il funzionamento della Presidenza della Repubblica, Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Corte Costituzionale, per il 2011, sono previste spese per quasi 2 miliardi di euro. Per il funzionamento della Corte dei Conti, Consiglio di Stato, CNEL, CSM, Consiglio Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, nel Bilancio dello Stato sono stati stanziati 529 milioni di euro. Per il solo funzionamento della Presidenza del Consiglio, per il 2011, sono previste spese per 477 milioni di euro. I costi per lindirizzo politico dei Ministeri (che comprendono esclusivamente i costi di 18

funzionamento dei Centri di responsabilit amministrativa quali il Gabinetto e gli uffici di diretta collaborazione allopera del Ministro) ammontano nel 2011 a 226 milioni di euro. Nel 2010 il solo costo per il funzionamento dei Consigli e Giunte Regionali stato di circa 1,2 miliardi di euro, pari al 14,1% del gettito derivante dallAddizionale Regionale IRPEF. Per le Province il costo per il funzionamento dei rispettivi Consigli e Giunte, come si ricava dai certificati consuntivi del 2008 (ultimo dato omogeneo pubblicato dal sito del Ministero degli Interni) stato di circa 455 milioni di euro. Per i Comuni, comprese le Comunit Montane e le Unioni dei Comuni, nel 2008 (vale lo stesso discorso delle Province) il costo per il funzionamento delle Giunte e Consigli stato di oltre 1,6 miliardi di euro, che equivale al 55,8% del gettito delle Addizionali Comunali IRPEF. Per le consulenze, gli incarichi, le collaborazioni e le spese per i comitati e varie commissioni la spesa nel 2009 stata di 3 miliardi di euro. Per i compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione, organi collegiali, delle Societ pubbliche o partecipate ed Enti, locali e nazionali, si sono spesi nel 2010 2,5 miliardi di euro. I costi di gestione del parco auto della Pubblica Amministrazione (auto blu e grigie), secondo una stima molto prudente, ammontano a circa 4,4 miliardi di euro lanno. Il costo per la direzione delle 255 Aziende sanitarie e ospedaliere di oltre 350 milioni di euro; mentre il costo dei Consigli di Amministrazione degli Ater/Aler di circa 40 milioni di euro. I costi per il personale contrattualizzato, di nomina politica, per le Segreterie di Presidenti, Sindaci e Assessori, secondo nostre stime, si aggirano intorno a 1,5 miliardi di euro lanno. Fin qui i costi diretti e indiretti della politica per un importo come gi sopra precisato - pari a 18,3 miliardi di euro. Si possono, inoltre, ottenere risparmi di spesa, quantificabili in almeno 6,4 miliardi di euro, approntando una riforma per ammodernare e rendere efficiente il nostro sistema istituzionale. Basti pensare, ad esempio, che se le Province si limitassero a spendere risorse, soltanto per i propri compiti attribuiti dalla Legge, il risparmio sarebbe quantificabile in 1,2 miliardi di euro annui. Inoltre, se si accorpassero gli oltre 7.400 Comuni al di sotto dei 15 mila abitanti, il risparmio ammonterebbe a circa 3,2 miliardi di euro. Senza contare che con una pi sobria gestione del funzionamento degli uffici regionali, si potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di euro. Oltre 500 milioni di euro lanno potrebbero arrivare da una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale e degli uffici periferici, anche a seguito del decentramento amministrativo avvenuto in questi anni (come nel caso dei Ministeri del Turismo, dei Giovani, degli Affari regionali e di vari dipartimenti affidati a diversi sottosegretari). del tutto evidente che sarebbe impossibile una riduzione tout court dei costi analizzati. Riteniamo, tuttavia, che senza ridurre minimamente il servizio ai cittadini e senza intaccare i processi democratici, alla base delle Istituzioni, si possa determinare una riduzione del 20% dei 19

costi diretti e indiretti della politica (18,3 miliardi di euro). Si potrebbero cos ottenere 3,7 miliardi di euro a cui aggiungere i risparmi per lefficientamento delle Istituzioni pubbliche (6,4 miliardi di euro). Si tratterebbe complessivamente di 10,1 miliardi di euro lanno a disposizione per politiche fiscali e/o sociali a vantaggio di tutti i cittadini. significativo sottolineare che questa cifra sarebbe sufficiente per azzerare del tutto le addizionali regionali e comunali Irpef. Se poi questa cifra dovesse essere dirottata esclusivamente a favore dei lavoratori dipendenti e pensionati si potrebbe, ad esempio, ottenere una permanente detassazione della tredicesima con un vantaggio economico pari a circa 400 euro in busta paga. Roma, Marzo 2011

1. Abolizione del vitalizio per i parlamentari nazionali ed i consiglieri regionali e di altri costi Nonostante la democrazia e le istituzioni rappresentative abbiano un "costo funzionale intrinseco", in esse si annidano talvolta vetusti ed inaccettabili privilegi che fanno della "classe dei politici" una riprovevole "casta degli eletti". Per questo, con il presente articolo, si disciplina la soppressione di ogni forma di assegno vitalizio per i deputati e per i senatori, nonch per i Consiglieri regionali. Essendo, tuttavia, le Regioni a detenere la potest legislativa e regolamentare in materia, un comma dellarticolo determina una riduzione - pari ai mancati risparmi - dei trasferimenti ordinari StatoRegioni nel caso in cui non provvedano ad abolire i vitalizi. Si prevede, altres, la soppressione immediata di ogni forma di rimborso delle spese di viaggio e di trasporto per i parlamentari cessati dal mandato: retaggi di casta, senza alcun senso cogente. 2. Dimezzamento del numero dei parlamentari Riportiamo il calcolo pubblicato sul blog di Grillo: il dimezzamento fa risparmiare circa 125 milioni lanno PARLAMENTO MIO QUANTO MI COSTI! Ogni anno spendiamo oltre 255 milioni di euro per gli stipendi e le indennit di onorevoli e senatori.

Trattamento economico dei Parlamentari italiani (Fonti: http://www.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp http://www.senato.it/composizione/21593/132051/genpagina.htm)

VOCI COMPRESE NEL TRATTAMENTO ECONOMICO: 20

1. Indennit parlamentare (quella che nel linguaggio comune definita "stipendio). L'indennit, prevista dalla Costituzione all'art. 69, determinata in base alla legge n. 1261 del 31 ottobre 1965. fissata in misura non superiore al trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate. Per effetto delle disposizioni contenute nella legge finanziaria 2006, l'importo lordo dell'indennit ha subito una riduzione pari al 10 per cento. Lindennit corrisposta per 12 mensilit. L'importo mensile pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali e assistenziali, della quota contributiva per lassegno vitalizio e delle ritenute fiscali. 2. Diaria (viene riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma). La diaria ammonta a 3.503,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per i Deputati, (e di 258,23 euro per i Senatori) per ogni giorno di assenza da quelle sedute dell'Assemblea in cui si svolgono votazioni. considerato presente il Parlamentare che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell'arco della giornata. 3. Rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori (attribuito a titolo di rimborso forfetario). Al Deputato la somma del rimborso (3.690 euro) viene erogata tramite il gruppo parlamentare di appartenenza; al Senatore viene erogata (4.178,36 euro) in parte (35% ) direttamente ed in parte (65%) al Gruppo parlamentare di appartenenza. 4. Spese di trasporto e spese di viaggio I Parlamentari usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza a Roma, previsto un rimborso spese annuo pari a 13.293,60 euro, per il Parlamentare che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l'aeroporto o la stazione ferroviaria pi vicina al luogo di residenza, ed a 15.979,18 euro se la distanza da percorrere superiore a 100 km. Ad ogni Senatore corrisposta, a titolo di rimborso, una somma forfettaria annua di 3.100 euro, a fronte delle spese sostenute per viaggi internazionali di aggiornamento. Anche i Deputati, qualora si rechino allestero per ragioni di studio o connesse allattivit parlamentare, possono richiedere un rimborso per le spese sostenute entro un limite massimo annuo di 3.100,00 euro. 5. Spese telefoniche I Senatori dispongono di una somma annua di 4.150 euro per le spese telefoniche; i deputati invece di una somma annua di 3.098,74 euro. 6. Assistenza sanitaria integrativa Il Parlamentare versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennit lorda, destinata al sistema di assistenza sanitaria integrativa che eroga rimborsi secondo quanto previsto da un tariffario. 7. Trattenuta per lassegno di solidariet (o di fine mandato) Il Parlamentare versa mensilmente, in un apposito Fondo, una quota pari al 6,7 per cento della propria indennit lorda. Al termine del mandato, il Parlamentare riceve l'assegno di solidariet (anche denominato "di fine mandato"), che pari all'80 per cento dell'importo mensile lordo dell'indennit, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi). 8. Trattenuta per l'assegno vitalizio Il Parlamentare versa mensilmente una quota della propria indennit lorda, che viene accantonata per il pagamento degli assegni vitalizi, come previsto da un apposito Regolamento. In base alle 21

norme contenute in tale Regolamento, il Parlamentare riceve il vitalizio a partire dal 65 anno di et. Il limite di et ridotto al 60 anno ove siano state svolte pi legislature. L'importo dell'assegno vitalizio varia da un minimo del 25 % ad un massimo dell'80 % dell'indennit parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare.

Riepilogo Deputati Voce Indennit parlamentare netta Ritenute previdenziali Ritenute assistenziali Fondo per lassegno di fine mandato di cui percepir l80% Fondo per lassegno vitalizio (di cui percepir dal 25% all80%) Ritenuta fiscale Indennit lorda Diaria Rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori Spese di trasporto e spese di viaggio tessere per la libera circolazione (incalcolabile) trasferimenti dal luogo di residenza all'aeroporto pi vicino e tra l'aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, rimborso spese mensili da . 1.107,90 a . 1.331,70 e per ragioni di studio . 258,16 Spese telefoniche Per cui un Deputato ci costa minimo E siccome sono 630 DEPUTATI . . . . . . Importo 5.486,58 784,14 526,66 749,79 1.006,51 3.899,75 . 12.453,43 . 3.503,11 . 3.690,00 (media) . 1.477.96 salvo quanto incalcolabile . 258,16 . 21.382,66 al mese . 13.471.075,80 al mese

Riepilogo Senatori Voce Indennit parlamentare netta Ritenute assistenziali Fondo per lassegno di fine mandato (di cui percepir l80%) Fondo per lassegno vitalizio (di cui percepir dal 25% all80%) Ritenuta fiscale Indennit lorda Diaria Rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori Spese di trasporto e spese di viaggio tessere per la libera circolazione (incalcolabile) trasferimenti dal luogo di residenza all'aeroporto pi vicino e tra l'aeroporto di Roma-Fiumicino e Palazzo Madama, rimborso spese mensili di . 1.331,70 e per ragioni di studio . 258,33. I senatori del Collegio Roma percepiscono qualcosa in meno. Spese telefoniche . . . . Importo 5.486,58 526,66 784,14 1.006,51 3.899,75 . 11.703,64 . 3.503,11 . 4.178,36 (media) . 1.590,03 salvo quanto incalcolabile . 345,83 22

Per cui un Senatore ci costa minimo E siccome sono 322 SENATORI

. 21.320, 97 al mese . 6.865.352,34 al mese

Riepilogo generale spese per il Trattamento economico dei Parlamentari italiani Voce Importo N 630 DEPUTATI ci costano . 13.471.075,80 al mese N 322 SENATORI ci costano Il Costo mensile del Parlamento pari a Per cui, allanno, 952 Parlamentari ci costano . 6.865.352,34 al mese . 20.336.428,14al mese . 244.037.137,68 allanno

3. Rimborsi elettorali Si propone di abrogare i rimborsi elettorali. Si segnala che con lintroduzione della Circoscrizione Estero sono stati aumentati dell1,5% i rimborsi elettorali, al fine di ricomprendervi le spese per quella circoscrizione. La storia dei rimborsi elettorali: costi e supporti normativi Dal 1994 anno di entrata in vigore della nuova legge sul finanziamento ai partiti al 2010 i partiti hanno ingoiato 2 miliardi e 554 milioni di euro (calcolo della Corte dei Conti effettuato fino alle elezioni politiche del 2008, cui sono stati aggiunti 200 mln del 2009, per le elezioni europee e la tranche delle politiche nazionali, e 100 mln del 2010). Sono i soldi pubblici che i partiti italiani hanno incassato in sedici anni a titolo di rimborsi elettorali (sono esclusi da questa cifra, infatti, i contributi annuali ai quotidiani di partito e alle riviste). Secondo la legge in vigore dal 2006 (legge n. 51) i partiti percepiscono i rimborsi elettorali a prescindere dalla durata effettiva della legislatura: dal 2006 al 2010 ogni anno ci si dovuti sobbarcare la spesa di quasi 100 milioni di euro (99.929.149,14 ogni anno) per finanziare le strutture politiche rappresentate nella XV legislatura, dal 2008 e fino al 2012 si dovranno comunque pagare ai partiti che contano eletti in Parlamento i rimborsi elettorali della tornata politica che ha dato vita alla XVI: sono 100.618.876,18 euro lanno (503.094.380,90 quelli complessivi riconosciuti sui cinque anni), cui si sommano i rimborsi, sempre milionari, dovuti per le consultazioni regionali ed europee. Da quando iniziato il governo Berlusconi, solo per i rimborsi elettorali delle politiche, sono stati spesi 600 milioni di euro. Le elezioni del 1994 le prime con la rinnovata legge successiva al referendum che ha abrogato il finanziamento pubblico ai partiti - sono costate, tra Camera e Senato, lequivalente di 47 milioni di euro (da suddividere tra i partiti in cinque rate annuali). Nello stesso anno si sono tenute le elezioni europee, che sono costate altri 8 milioni di euro circa (15,5 mld di lire). Nel giugno 1999, viene emanata una nuova legge, che trasforma il finanziamento pubblico in rimborso elettorale: lammontare da erogare, per Camera e Senato, nel caso di legislatura completa ammonta a circa 194 milioni di euro (da erogare anche nel caso di elezioni europee). 23

Nel 2002, interviene una nuova legge e lammontare da erogare, per Camera e Senato, non lascia, ma raddoppia: da 194 a 469 milioni di euro (in rate annuali, questa laltra novit introdotta). Nel 2006, unaltra legge innova la disciplina e prevede che lerogazione pubblica dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura indipendentemente dalla sua durata effettiva. Con questultima modifica laumento esponenziale.

4. Finanziamenti editoria Il maxi emendamento della Finanziaria 2011 ha recuperato altri 40 milioni da destinare al comparto passando dai 60 milioni del 2010 a 100 milioni nel 2011 che, sommati a quelli gi previsti, fanno raggiungere quota 180 milioni di euro. A cui, naturalmente, vanno aggiunti anche i cosiddetti contributi indiretti, cio rimborsi e agevolazioni. Vista lannosit della problematica e lesigenza impellente di mettere fine al sovvenzionamento di giornali che da tempo immemore riscuotono denaro pubblico senza neppure transitare per ledicola, stato varato un nuovo Regolamento sui contributi diretti alleditoria, approvato in via definitiva il 18 novembre dal Consiglio dei Ministri. 5. Labolizione delle Province Su un costo complessivo annuo di 15-17 miliardi si possono risparmiare circa 2 miliardi. I costi (fonte Eurispes, 2007) 110 le province attuali 216 euro annui sulle spalle di ciascun cittadino Dati 2006: 13 mld euro la spesa complessiva (ora arrivata tra 16 e 17 mld, secondo le fonti) 11 mld euro i flussi in entrata 2 mld euro indebitamento Dei 13 mld euro: 18,3% spese per lavoro dipendente 28,4% consumi intermedi 22,3% investimenti fissi lordi 31% altre voci di spesa (fonte Corte dei Conti) lindebitamento crescente tra il 2000 ed il 2006 totalmente imputabile salvo che per il 2006 alle inefficienze nella gestione in conto capitale il maggior bisogno finanziario dato dai consumi finali (redditi di lavoro, consumi intermedi, ammortamenti), pari al 78% della spesa corrente 2006 Dal 2000 al 2005 la spesa totale gestita passata da 10 miliardi a 17. In conclusione, la soppressione delle province comporterebbe un risparmio di 17 miliardi, il personale potrebbe essere utilizzato diversamente e si farebbe a meno di una classe politica del tutto superflua. 24

I numeri (allottobre 2007) Amministratori ed eletti (aggiornati ad ottobre 2007): Circa 2.900 consiglieri 50 tra Presidenti e vice presidenti 100 Presidenti di giunta (ora 104) Circa 900 assessori Costo annuale delle sole indennit: oltre 50 milioni di euro E chiaro che labolizione delle province non comporterebbe un risparmio pari allentit dei trasferimenti che, attualmente, tra trasferimenti dello Stato e autonomia impositiva delle Province, ammontano a circa dodici miliardi. Ma da diverse analisi e studi (uno dellUniversit Statale di Milano) emerso che si potrebbero risparmiare da 1,7 a 2 miliardi di euro lanno (i costi legati ai consigli, alle giunte e costi di sostegno a queste strutture politiche). Anche in questo caso si pu procedere cin un primo momento con una legge ordinaria che riduca fortemente il numero delle Province incamerando un risparmio quesi immediato.

6. Razionalizzazione dei bilanci delle Autorit indipendenti Limitando lautonomia di spesa delle Autorit indipendenti Rivedere ci che previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249 Istituzione dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo 1. Autorit per le garanzie nelle comunicazioni. . 9. L'Autorit, entro novanta giorni dal primo insediamento, adotta un regolamento concernente l'organizzazione e il funzionamento, i bilanci, i rendiconti e la gestione delle spese, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilit generale dello Stato, nonch il trattamento giuridico ed economico del personale addetto, sulla base della disciplina contenuta nella legge 14 novembre 1995, n. 481, prevedendo le modalit di svolgimento dei concorsi e le procedure per l'immissione nel ruolo del personale assunto con contratto a tempo determinato ai sensi del comma 18. L'Autorit provvede all'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato ed iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro. L'Autorit adotta regolamenti sulle modalit operative e comportamentali del personale, dei dirigenti e dei componenti della Autorit attraverso l'emanazione di un documento denominato Codice etico dell'Autorit per le garanzie nelle comunicazioni. Tutte le delibere ed i regolamenti di cui al presente comma sono adottati dall'Autorit con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti. . 21. All'Autorit si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, non derogate dalle disposizioni della presente legge. Le disposizioni del comma 9, limitatamente alla deroga alle norme sulla contabilit generale dello Stato, nonch dei commi 16 e 19 del presente articolo si applicano anche alle altre Autorit istituite dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, senza oneri a carico dello Stato. 25

Su delle spese complessive che si agirono intorno ai 160-200 milioni si possono risparmiare almeno 15 milioni. Quanto costa agli italiani questa giungla di Authority, garanti e vigilanti, e tutti i loro dipendenti? In termini assoluti, la pi cara la Consob, che nel 2008 remunerava i suoi 578 dipendenti per un totale di 70,6 milioni di euro. Tuttavia, tarando il costo complessivo sul numero di dipendenti, il record di spesa va all' Agcom di Antonio Calabr, che paga stipendi per 39,4 milioni a 297 dipendenti: con una media di 132.794 euro. Al secondo posto troviamo l' Antitrust, guidata da Antonio Catrical, che valeva 36,1 milioni, per con un costo medio procapite di 130.121 euro. Segue la Consob, mentre l' Autorit per l' Energia - di Alessandro Ortis - 116.783 euro, e un costo totale di 19,6 milioni. Quinta, in questa speciale classifica, l' Autorit vigilante sui contratti pubblici che risulta ultima, tra quelle analizzate, anche per lo stipendio del presidente. Luigi Giampaolino guadagnava infatti 245 mila euro, contro i 512 mila di Antonio Catrical, i 477 mila di Alessandro Ortis e Antonio Calabr, e i 430 mila di Lamberto Cardia. 7. Il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro -CNEL - previsto dall'articolo 99 della Costituzione della Repubblica Italiana: Il CNEL stato istituito dalla legge n. 33 del 5 gennaio 1957. La composizione e le attribuzioni sono disciplinate dalla legge n. 936 del 30 dicembre 1986, dalla legge n. 383 del 7 dicembre 2000 e dalla legge 15 del 4 marzo 2009. Il Consiglio composto da centoventuno consiglieri:

Dodici esperti, scelti fra qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica di cui otto nominati dal Presidente della Repubblica e quattro, nominati dal Presidente della Repubblica, su proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Novantanove rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato, dei quali quarantaquattro in rappresentanza del lavoro dipendente, diciotto in rappresentanza del lavoro autonomo; trentasette in rappresentanza delle imprese, nominati con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Dieci in rappresentanza delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato, nominati con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

I membri del Consiglio durano in carica 5 anni e possono essere riconfermati. Un organo che incassa dallo Stato come dotazione ordinaria 18 milioni e 270.000 euro all'anno. i 121 membri del CNEL, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, ognuno dei quali si porta a casa 2.104,55 euro lordi al mese. Davvero pochi se lavorassero a tempo pieno; una bella cifra se si pensa invece che il loro unico compito quello di riunirsi una volta ogni trenta giorni per due o tre ore al massimo. Non bastasse, questa cifra sale a 2.540 euro per i dodici presidenti di commissione e a 3.409 per i due vicepresidenti. Senza poi dimenticare l'indennit di trasferta e i rimborsi delle spese di viaggio per i non residenti nella Capitale. E i gettoni di presenza? Un'altra voce importante, attestata a quota tre milioni e 326.000 euro.

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Si pu anche ottenere un risultato immediato con una legge ordinaria che riduca fortemente, nelle more dellapprovazione della legge costituzionale, il numero dei consiglieri e del personale addetto.

8. Il limite massimo del parco auto riguarda le amministrazioni centrale, regionale e locale Vedi la Proposta di legge dellOn. Borghesi ed altri - Disposizioni concernenti la limitazione della dotazione e l'uso di autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni Atto Camera n. 3946. Lauto blu da sempre vista come un simbolo della casta e se in qualche caso il suo uso potrebbe anche essere giustificato da ragioni oggettive (ma chi la utilizza dovrebbe almeno avere il pudore di farlo nel modo pi normale possibile) spesso si risolve in un vero e proprio spreco di denaro pubblico. La problematica del numero eccessivo delle auto blu in Italia ritorna spesso nel dibattito politico. Sono state eseguite differenti stime sul costo annuale di questo benefit del quale la classe politica e altri organi dello Stato usufruiscono. Nel nostro Paese, molto probabilmente, gli stessi vertici dello Stato non sanno quante automobili sono assegnate alla classe politica. Il tema delle autovetture in dotazione delle pubbliche amministrazioni stato affrontato nell'ultimo ventennio in diverse occasioni attraverso disposizioni di legge, regolamenti e con varie direttive ministeriali che hanno avuto costantemente lo scopo di razionalizzare il regime giuridico e le modalit di utilizzo delle autovetture e di ridurre i costi di gestione. Il primo intervento risale al 1991. La legge n. 412 del 1991 individuava le categorie dei funzionari con diritto all'assegnazione dell'auto di servizio in uso esclusivo, segnalava la necessit di una ricognizione del parco autovetture e ne prevedeva la riduzione di un terzo. La legge finanziaria 1997 (legge n. 662 del 1996) restringeva l'ambito degli aventi diritto all'auto di servizio in via esclusiva alle sole autorit politiche e prevedeva la dismissione della gestione diretta e l'affidamento dei servizi di trasporto a societ private. Veniva, inoltre, ribadita la necessit di procedere a un censimento degli autoveicoli in dotazione alle amministrazioni dello Stato. Con il decreto del Ministro del tesoro 29 gennaio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 1997, venivano definite le modalit per effettuare il censimento del parco autovetture. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 1997, venivano ulteriormente specificate, sempre con riferimento alle amministrazioni dello Stato, le categorie di aventi diritto all'auto in uso esclusivo e non esclusivo e individuate le modalit per consentire l'utilizzo intensivo delle auto e del personale di guida. Negli anni seguenti sono intervenute le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri (27 febbraio 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell'11 aprile 1998) e del Ministro per la funzione pubblica (30 ottobre 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2001), la prima per ribadire la necessit di passare alla gestione indiretta del parco autovetture e per porre in capo al Ministero del tesoro l'obbligo di informativa al Parlamento sui costi del servizio e, soprattutto, sulle riduzioni di spesa; la seconda per indicare princpi e modalit per la dismissione del parco autovetture e per definire termini e caratteristiche delle convenzioni della Concessionaria servizi informativi pubblici (CONSIP) Spa cui le amministrazioni dello Stato erano tenute ad aderire. Le leggi finanziarie 2005, 2006 e 2007 (leggi nn. 311 del 2004, 266 del 2005 e 296 del 2006) hanno previsto una progressiva riduzione fino al 50 per cento rispetto al 2004 della spesa sostenuta per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio delle autovetture e la legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007) ha introdotto un limite alla cilindrata dei veicoli (1.600 centimetri cubici) che le amministrazioni possono acquistare. Nel 2010 l'articolo 6, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha previsto una ulteriore riduzione della spesa per le autovetture a 27

disposizione delle amministrazioni dello Stato. E, contestualmente, la direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione n. 6 del 2010 emanata l'11 maggio 2010, ha inteso riprendere tutte le normative precedenti e in particolare: ha ribadito le disposizioni relative agli aventi diritto all'utilizzo (in uso esclusivo e non esclusivo) delle autovetture; ha coordinato le normative relative alle modalit di acquisizione e di gestione delle autovetture, individuando anche modalit innovative e misure incentivanti della mobilit collettiva; ha ridefinito l'ambito dei destinatari della normativa che, in quanto finalizzata al contenimento e alla razionalizzazione della spesa, deve intendersi come riferita al complesso delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato di cui all'elenco ISTAT; ha previsto l'avvio di un monitoraggio del parco autovetture delle amministrazioni interessate alla direttiva da avviare contestualmente all'emanazione della stessa direttiva. Secondo le rilevazioni del sito www.contribuenti.it si apprende che nel 2009 il parco delle auto blu sarebbe cresciuto del 3,1 per cento, passando da 607.918 a 626.760 unit. E nel primo trimestre del 2010 il trend positivo non si sarebbe fermato: +0,6 punti percentuali, 629.120 auto blu. In contrasto alla legge che fin dal 1991 limita l'uso esclusivo delle auto blu ai soli Ministri, Sottosegretari di Stato e ad alcuni direttori generali. Non sappiamo attraverso quali fonti il sito individui quei numeri ed difficile giudicare se sia realistico il calcolo che qualcuno ha fatto del costo di un tale apparato: 18,93 miliardi di euro l'anno. La cifra talmente elevata che il dubbio lecito. Qualche tecnico ha calcolato semplicemente un costo di gestione di ciascun auto in 30.000 euro l'anno, moltiplicandolo per il numero delle vetture pubbliche. possibile che questa cifra sia non rispondente alla realt. anche possibile che una parte delle 626.760 automobili siano ferme per vetust. infine possibile che non tutte abbiano un autista dedicato e che quindi il costo medio annuo sia inferiore. Anche solo ipotizzando che siano un quarto del numero citato ed il loro costo unitario sia correttamente calcolato (cio 30.000), ne risulterebbe comunque un costo complessivo di circa 5 miliardi di euro. dunque necessario intervenire in quest'ambito per ridurre le spese inutili. La cifra non dissimile da quella indicata dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta, il quale ha avviato uno specifico monitoraggio sulle autovetture di servizio i cui risultati sono stati dettagliatamente illustrati nell'ambito della relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione, il 20 ottobre ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Secondo i dati raccolti ed elaborati dal Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle pubbliche amministrazioni (FormezPA), il parco auto delle pubbliche amministrazioni risulta composto da circa 86.000 autovetture (escluse quelle con targhe speciali dedicate a finalit di sicurezza e di vigilanza). Di queste, 5.000 sono blu blu (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorit e di alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali); 10.000 blu (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e circa 71.000 grigie (senza autista, a disposizione degli uffici per attivit strettamente operative). Nella pubblica amministrazione centrale (Ministeri, agenzie, universit, enti pubblici) sono presenti circa 3.000 auto blu blu, 5.500 auto blu e un numero molto limitato di auto grigie (1.500). Nelle amministrazioni regionali e locali si concentra, al contrario, la quasi totalit delle auto grigie (oltre 70.000), circa 2.000 auto blu blu e 4.000 auto blu. Le autovetture risultano in larga misura di propriet: 81 per cento delle amministrazioni locali e 57 per cento delle 28

amministrazioni centrali. Da questi dati si evince che il costo totale stimato per il parco auto della pubblica amministrazione di circa 4 miliardi di euro per consumi, assicurazione e noleggio; di cui 2 miliardi di euro per il personale addetto al parco auto (di cui 1 miliardo di euro per gli autisti e 1 miliardo di euro per gli altri addetti) e di 1 miliardo di euro per le vetture dedicate ai servizi-targhe speciali e alla vigilanza urbana. Se a tale dato si aggiunge il costo di sostituzione delle autovetture (ogni 5 anni) si arriva nuovamente ad un costo complessivo di circa 5 miliardi. Nella classifica generale dei Paesi che utilizzano le auto blu l'Italia primeggia con circa 90.000 autovetture, seguita dagli Stati Uniti d'America con 72.000, dalla Francia con 63.000, dal Regno Unito con 56.000, dalla Germania con 55.000, dalla Turchia con 51.000, dalla Spagna con 42.000, dal Giappone con 30.000, dalla Grecia con 29.000 e dal Portogallo con 22.000. Alcuni di questi Paesi hanno, peraltro, una popolazione di molto superiore alla nostra. Vi un ulteriore studio fatto dal professor Andrea Giuricin dell'Universit Bicocca di Milano Istituto Bruno Leoni, il quale propone di effettuare una stima delle auto blu in servizio nel nostro Paese con un'analisi di benchmarking, partendo dai casi di altri Paesi sviluppati quali Spagna e Stati Uniti d'America, che mettono a disposizione dati aggiornati e pi trasparenti dell'Italia. In Italia, come gi detto, non vi sono stime aggiornate sul numero di auto blu; tuttavia un'analisi del quotidiano economico spagnolo El Economista mette l'Italia in seconda posizione, dietro gli Stati Uniti per numerosit di auto blu. Nessun altro Paese sviluppato ha una tale numero di auto blu, tanto che in terza posizione si trova la Francia con solo 72.000 auto dedicate alla classe politica ed alle amministrazioni dello Stato. Se si raffronta il dato con la popolazione di ogni Stato la particolarit italiana ancora pi evidente. Il livello raggiunto nel nostro Paese impressionante, tanto che vi sono oltre 10.000 auto blu per milione di abitante. Il dato italiano supera di 4 volte il dato americano e di quasi 10 volte quello francese. Se si prendono in esame gli altri tre grandi Stati europei, Gran Bretagna, Germania e Spagna, si registrano meno di mille auto blu per milione di abitanti. Il Giappone il paese pi sobrio al riguardo con un numero indice pari al 2,5 per cento di quello italiano. Se poniamo a 100 il valore italiano, in quasi tutti i casi analizzati si registra un valore inferiore a 10. In Italia vi dunque un eccesso di auto blu che evidentemente ha un costo elevato per la collettivit. Se il numero delle auto blu difficile da stimare, la stima ancora pi complicata per i costi. Anche in questo caso, i dati italiani non sono ufficiali, ma si possono fare stime partendo da casi stranieri di Paesi sviluppati. In questo studio il professor Giuricin ha evidenziato tre tipi di costi: i costi di manutenzione aumentano all'aumentare della numerosit del parco macchine. Nel caso spagnolo, ogni auto costa poco meno di 2.000 euro annuali. Nel caso degli Stati Uniti, il costo supera i 4.000 euro. Il dato molto elevato dipende sicuramente dalle tipologie di automobile. In Italia, il costo di manutenzione del parco macchine potrebbe superare il miliardo di euro nel caso di costo minimo, mentre supererebbe i 2,7 miliardi di euro, nel caso in cui i costi per auto superassero i 4.000 euro; il costo di acquisto annuale dovrebbe essere compreso tra 1 e 1,8 miliardi di euro annuali; il costo del personale, considerando il numero di auto blu presenti in Italia, potrebbe variare tra 3.145 e 5.503 milioni di euro annuali.

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Prendendo in esame queste tre voci possibile stimare un costo annuale per lo Stato in riferimento alle auto blu compreso tra 5,2 e 10 miliardi di euro. La crisi economica, che ha peggiorato il rapporto tra deficit e PIL, e il debito superiore al 120 per cento del PIL italiano, non lasciano il nostro Paese in una posizione di tranquillit. Gli attacchi speculativi nei confronti del debito sovrano di alcuni Stati europei potrebbero arrivare fino all'Italia. dunque necessario effettuare dei tagli della spesa pubblica e le auto blu, sono uno dei possibili esempi di risparmio immediato. Si intende razionalizzare il parco delle autovetture della pubblica amministrazione attraverso il blocco immediato delle auto blu, salvo dieci per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per ogni Ministero e per i comuni con pi di 1 milione di abitanti, cinque per i Ministri senza portafoglio, per i comuni con pi di 500.000 abitanti e per le regioni, due per i comuni con pi di 250.000 abitanti e per le province autonome, uno per i comuni con pi di 100.000 abitanti e per le province, come si evince dall'articolo 1, comma 1, con l'esclusione delle autovetture adibite ai servizi essenziali. Si obbliga a mettere in vendita con gara tutte le auto blu in esubero, e si dispone il divieto assoluto di noleggio di auto con autista da parte di ogni soggetto pubblico. In caso di non rispetto di tale divieto proponiamo che il responsabile risponda del relativo danno erariale. Si precisa, inoltre, che per le trasferte dei dipendenti pubblici previsto un rimborso pari per ogni chilometro a un quinto del costo di un litro di benzina. Si dispone, altres, una modifica al regio decreto n. 1814 del 1927, cancellando la possibilit che le amministrazioni civili siano esentate dall'obbligo di iscrizione al pubblico registro automobilistico (PRA) delle proprie autovetture. Si propone la limitazione, da adottare con atto autonomo delle regioni, della dotazione di autovetture a non pi di dieci autovetture per le regioni con pi di 1 milione di abitanti e a cinque autovetture per le altre regioni e per le province autonome. Nel caso in cui le regioni e le province autonome non prendano i necessari provvedimenti per l'attuazione delle disposizioni di cui sopra, una riduzione dei trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle stesse, corrispondente ai mancati risparmi. Si prevede l'estensione delle limitazioni per l'acquisto delle autovetture a quelle di cilindrata superiore a 1.400 centimetri cubici. Infine, prevediamo un piano per il reimpiego degli autisti dipendenti della pubblica amministrazione in esubero, in seguito all'applicazione delle disposizioni di limitazione delle auto blu. Escludiamo dal taglio soltanto le autovetture impiegate per i servizi di ordine pubblico comprese le scorte - e di emergenza. Meno voli blu: una sfida mica da ridere6, considerando landazzo. Nel 2005 gli aerei di Stato del 31 stormo dellAeronautica toccarono il record di 7.723 ore di volo. Due anni dopo, durante il governo Prodi, grazie a una direttiva draconiana del sottosegretario Enrico Micheli erano scesi a 3.902. Tornato Berlusconi, quella direttiva stata prontamente abrogata e nel 2009 le ore di volo per le sole esigenze di Stato sono arrivate a 5.931, ma con un governo ridotto a 61 elementi. Cio, 97 ore e 15 minuti a testa. Letteralmente stratosferico laumento procapite (cio per ogni componente del governo) rispetto a due anni prima: +154,2%. Ma anche il famoso record del 2005 delle 78 ore e 50 minuti a testa stato letteralmente polverizzato, con una crescita del 23,3%. Mentre il consumo del cherosene ministeriale, alla faccia della crisi, non si certamente arrestato. Nel 2009 gli aerei di Stato viaggiavano al ritmo di 494 ore al mese? Nel 2010 si saliti a 507. Ignoti, ovviamente, i costi.
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Sergio Rizzo - Corriere della Sera 18 giugno 2011

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9. Riduzione livelli istituzionali La democrazia una forma di governo costosa, ma giusto che questa realt sia nota, condivisa e sostenuta dalla collettivit; se non fosse cos, la politica sarebbe un'attivit riservata soltanto ai miliardari. Tuttavia, proprio per questa ragione, chi ama la democrazia deve chiedersi quanta parte dei soldi impiegati per il suo funzionamento necessaria e quanta, invece, costituisce un inaccettabile spreco di denaro, in grado di produrre corruzione e degenerazione nella vita pubblica e nella societ civile, attratta dal potere e dalle sue prebende. La classe politica, negli anni, cresciuta a dismisura e sono stati creati molti nuovi enti (province, comunit montane, autorit indipendenti, aziende municipalizzate eccetera). La proliferazione di questi enti e strutture politici ha, per, inevitabilmente creato uno spreco enorme e una complicazione burocratica nel funzionamento del sistema Paese (e ha fatto crescere i costi della politica). Poich molte famiglie oggi si trovano costrette a fare economia contenendo le loro spese, ci si chiede se non sia arrivato anche per la politica il momento di ridurre le spese connesse al suo funzionamento, in particolare per quanto riguarda incarichi molto costosi e spesso insignificanti ai fini dello sviluppo del territorio. necessario, cio, ridurre il costo complessivo della politica per destinare le risorse in tale modo recuperate al sostegno delle imprese, al fine di favorire lo sviluppo e l'occupazione, fermando, cos, le continue e attualmente inarrestabili disoccupazione e crisi economica. Da pi parti, infatti, si sollecita a gran voce una politica che si assuma la responsabilit di decidere, di compiere scelte, di elaborare progetti, di immaginare il futuro. Una politica che si riappropri del suo ruolo, che riscopra se stessa e i suoi compiti e, tra questi, il principale e il pi importante: quello di dirigere e, nello stesso tempo, di servire la societ. Pertanto la presente proposta ha come obiettivo di sopprimere una serie di enti territoriali, come le comunit montane, i consorzi di bonifica, i consorzi tra i comuni compresi nei bacini imbriferi montani e le autorit d'ambito territoriale, nonch di prevedere una forte riduzione delle circoscrizioni comunali. 10 - Soppressione di enti inutili 10a - Soppressione e riorganizzazione di enti operanti nel settore dellinternazionalizzazione delle imprese In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una vigorosa crescita del numero degli attori pubblici impegnati a vario titolo nellattivit di promozione allestero, con numerosi enti tra i quali, fra gli altri, lENIT (lAgenzia Nazionale del Turismo); lICE (lIstituto per il commercio con lestero); la SIMEST (Societ italiana per le imprese all'estero); lINFORMEST; la FINEST S.p.A; le Camere di Commercio italiane all'estero ed, infine, gli Istituti italiani di cultura. Questo fermento, tuttavia, ha causato la dispersione delle risorse pubbliche in una miriade di funzioni e competenze la cui utilit effettiva si rivelata non in linea con i risultati attesi e non ha certo contribuito a rafforzare adeguatamente limmagine dellItalia allestero. Per quanto riguarda il settore turistico, ad esempio, secondo quanto riportato nel documento conclusivo dellindagine conoscitiva sullo stato di attuazione della legge 29 marzo 2001, n. 135 concernente la riforma della legislazione nazionale del turismo (documento approvato il 27 febbraio 2008 dalla X Commissione Attivit produttive della Camera dei Deputati), lindustria turistica del nostro Paese registra vari punti di sofferenza, come dimostra il passaggio (nel giro di pochi anni) dal primo al quinto posto a livello mondiale per ingressi turistici. Tale perdita di posizioni rispetto 31

ai paesi competitori ha, a parere della Commissione, numerose spiegazioni, tra le quali, particolare la difficolt nella politica di promozione turistica.

in

Daltro canto, sul fronte della promozione economica e dellimmagine commerciale del nostro Paese allestero, nonostante lo sviluppo del tasso di internazionalizzazione del sistema produttivo e del volume delle esportazioni costituisca una priorit strategica nel nostro Paese, dove una forte propensione allexport si combina con una struttura produttiva di piccole e medie imprese spesso non sufficientemente attrezzate nellapproccio al mercato globale, sebbene qualche passo in avanti sia stato fatto grazie allistituzione -con la legge n. 35 del 2005- dei c.d. sportelli unici allestero (c.d. Sportelli Italia), appare quanto mai evidente la necessit di ampliarne e rilanciarne definitivamente la funzione in modo chiaro. Non a caso, recentemente il Parlamento ha approvato una norma -contenuta nellarticolo 12 della Legge 23 luglio 2009, n. 99 recante disposizioni per lo sviluppo e linternazionalizzazione delle imprese, nonch in materia di energia - in forza della quale si delega il Governo ad adottare uno o pi decreti legislativi ai fini della ridefinizione, de riordino e della razionalizzazione degli enti operanti nel settore dellinternazionalizzazione delle imprese che, come noto, svolgono per lo pi le medesime funzioni ovvero: 1) lICE (Istituto nazionale per il commercio estero) 2) la SIMEST Spa (Societ italiana per le imprese all'estero) 3) lINFORMEST 4) la FINEST Spa 5) le Camere di commercio italiane all'estero. Infine, per quanto attiene alla necessit di promuovere limmagine culturale dellItalia allestero e sopratutto la diffusione della cultura italiana stessa, sono anni ormai che si discute dellopportunit di utilizzare in modo rinnovato la diplomazia economico-culturale e gli Istituti Italiani di Cultura attraverso un nuovo assetto e nuovi rapporti fra le istituzioni che operano a livello nazionale. Diverse, infatti, sono state le iniziative prodotte in questi anni, in particolare, dal Ministero degli Affari Esteri finalizzate alla ricerca di chiarezza nel rapporto tra ICE, rete diplomatica consolare ed Istituti Italiani di Cultura. Con la presente iniziativa normativa si tenta dunque di dare una risposta concreta a questi problemi, proponendo in particolare: 1) la riunificazione in unico organismo pubblico delle funzioni e delle competenze attualmente attribuite a numerosi enti operanti nel settore della promozione economica e dellimmagine turistica, commerciale e culturale dellItalia, e segnatamente: lENIT (lAgenzia Nazionale del Turismo); lICE (lIstituto per il commercio con lestero); la SIMEST (Societ italiana per le imprese all'estero); lINFORMEST; la FINEST S.p.A; le Camere di Commercio italiane all'estero ed infine gli Istituti italiani di cultura; 2) listituzione, presso le rappresentanze diplomatiche e le sedi consolari, di sportelli unici allestero denominati Promo-Italia che subentrino sotto il profilo funzionale sia agli sportelli di cui allarticolo 1 della legge 31 marzo 2005, n. 56, sia alla rete delle unit operative allestero dellENIT, dellICE, di SIMEST, di INFORMEST, di FINEST S.p.A, delle Camere di Commercio e degli Istituti italiani di cultura, quali strutture in grado di consentire una pi efficace azione di soggetti pubblici e privati operanti nel settore del turismo, del commercio e della diffusione della cultura dellItalia allestero. 32

I Costi dell ENIT, dellICE e degli Istituti Italiani allEstero

Ministero affari esteri Assegni agli istituti italiani di cultura allestero

Anno finanziario 2009 14.115

Ministero dello Sviluppo Economico Contributo nelle spese di funzionamento dellICE Somma da assegnare allICE per il finanziamento dellattivit di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con lestero Totale ICE Contributo per le spese di funzionamento e per lo svolgimento dellAttivit istituzionale dellEnte nazionale Italiano per il turismo

Anno finanziario 2009 90.216

53.781 168.569

33.555

I risparmi sono pari a 250 milioni di euro 10b - Soppressione di enti inutili Larticolo volto a sopprimere i 101 enti inutili di cui si parla ormai da svariati anni ma che nessuno riesce, di fatto, a toccare. Difficile stimare con esattezza il loro numero preciso. Da i dati rilevabili da internet se ne ricava un risultato numerale assai variegato. Secondo il programma televisivo Report ce ne sono ben 300; per la Corte dei Conti ne rimangono 110 di quelli che fin del 1956 si sono iniziati a chiudere ufficialmente; per i Radicali e Libero ce ne sono 101. Negli ultimi anni sia a Destra che a Sinistra s parlato di eliminarli: a maggio 2007 Rutelli esortava alla cancellazione in una intervista sul Corriere della Sera. Lallora Ministro dellEconomia ne individu 130, ma ne chiuse solo 11: tra recuperi in extremis, problemi di liquidazione, ostacoli politici dogni genere, ben 119 rimangono in piedi. In compenso dal 98 stato fondato lIspettorato generale per la liquidazione di enti disciolti (IGED): un nuovo ente preposto alla liquidazione degli enti inutili, che per finora non ne ha liquidato neanche uno, dimostrandosi esso stesso un ente inutile. In buona sostanza in Italia facile costituire un nuovo ente, che macini denaro e che permetta ad uno sparuto gruppo di persone (generalmente dirigenti altolocati) di percepire stipendi ragguardevoli tratti dal denaro pubblico e fringe benefits. Il difficile poi liberarsi di questi polmoni inutili che alla collettivit non portano nulla. 33

La politica sfortunatamente ha labitudine di metter bocca un po da per tutto, e quindi, se da una parte si fatto sopravvivere un ente che si occupava di gestire la liquidazione delle Linee Aeree Littoree fino ad un paio danni fa, dallaltra si chiudono uffici od enti che sono utili ed utilizzati, ma che sono politicamente scomodi, per poi doverli riaprire pochi anni dopo. E lesempio del settore Moda della Camera di Commercio di Roma, che fino al 1981 si chiamava CRAMI e che, dopo una improvvida chiusura per spostare il centro dinteresse su Firenze (scelta che si dimostr non allaltezza degli interessi degli operatori che allepoca preferirono Milano), stata riaperta nel 1998 con un nuovo nome: Alta Roma, azienda autonoma con partecipazione CCIAA che svolge le medesime attivit dellufficio distaccato che lha preceduta. Dimostrazione che forse serviva davvero avere una struttura simile nella Capitale. Gli enti inutili sono come i pidocchi. Tanti, tantissimi, non si sa con precisione neppure quanti siano. Sono fastidiosi, costosi, non servono a nulla e per di pi sono difficilissimi da eliminare. Ogni governo dichiara guerra ai baracconi di Stato; ogni governo perde in partenza. Anche Prodi ci ha provato, ma inutilmente. Il ministro dellEconomia Padoa-Schioppa - come ha notato lEspresso - aveva stilato una lista di ben 130 enti da sopprimere. riuscito a cancellarne appena 11. Queste realt semi-immortali, insomma, sono come le croste: gratti, gratti ma impossibile mandarle via. Eppure mezzo secolo che si cerca di estirpare la gramigna degli enti inutili. La Corte dei conti, di recente, ne ha fatto la cronistoria. La prima legge sulla soppressione degli enti inutili del 1956. Allora ne censirono pi di 600. Il primo a essere cancellato fu il consorzio provinciale tra macellai per le carni di Napoli. Ci si accorti subito che eliminarli definitivamente impresa titanica. Per sbarazzarsi definitivamente delle Lati, linee aeree transcontinentali italiane fondate da Italo Balbo, ci sono voluti 49 anni! 11. Blocco delle consulenze Per le consulenze, gli incarichi, le collaborazioni e le spese per i comitati e varie commissioni la spesa nel 2009 stata di 3 miliardi di euro. Il costo per la direzione delle 255 Aziende sanitarie e ospedaliere di oltre 350 milioni di euro; mentre il costo dei Consigli di Amministrazione degli Ater/Aler di circa 40 milioni di euro. I costi per il personale contrattualizzato, di nomina politica, per le Segreterie di Presidenti, Sindaci e Assessori, secondo nostre stime, si aggirano intorno a 1,5 miliardi di euro lanno. Il totale ammonta a quasi 5 miliardi di euro. Proponiamo la soppressione dei contratti di consulenza salvo quelli strettamente indispensabili per il funzionamento delle amministrazioni. Ogni contratto dovr avere per le amministrazioni centrali e per le Regioni lautorizzazione del Ministero delleconomia e delle finanze e per gli enti territoriali della Regione. Si possono ottenere risparmi crescenti fino ad almeno due miliardi di euro.

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NUMERO E SPESE PER INCARICHI E CONSULENZE, NUMERO COMPONENTI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DI SOCIETA PARTECIPATE E COSTI DI FUNZIONAMENTO ORGANI ENTI NUMERO COSTI DI FUNZIONAMENTO 2.471.300.000 COSTO PRO CAPITE PER CONTRIBUENTE 63

CdA DI ENTI e SOCIETA PUBBLICHE INCARICHI E CONSULENZE** TOTALE

24.310

317.693

3.072.445.000

78

342.003

5.543.745.000

141

Note: * i costi per il funzionamento dei cda, sono una stima UIL e tengono conto, oltre che dei compensi per gli amministratori, anche dei gettoni di presenza, spese il funzionamento degli organi, spese di missione, rappresentanza ecc. ** le consulenze sono riferite al 2009

12 Amministratore unico per le societ ed enti partecipati dagli enti territoriali Per i compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione, organi collegiali, delle Societ pubbliche o partecipate ed Enti, locali e nazionali, si sono spesi nel 2010 2,5 miliardi di euro. Con una serie di misure si pu gradualmente risparmiare due miliardi di euro. 13. Chiusura delle sedi di rappresentanza delle Regioni allestero ed istituzione di un Palazzo Italia a Bruxelles Le Regioni italiane secondo un dossier del Ministro delleconomia e delle finanze hanno allestero 157 uffici di rappresentanza, ai quali si aggiungono le 21 sedi a Bruxelles, per un totale di 178 ambasciateregionali. I costi di tale mastodontico apparato di rappresentanza non sono stati ancora accertati. Si sa solo ad esempio che la rappresentanza a New York della Regione Campania costa un milione 140mila euro lanno. Anche ipotizzando che i costi medi siano inferiori, la cifra complessiva potrebbe facilmente raggiungere i 50-100 milioni di euro lanno. Ritenendo comunque utile una rappresentanza regionale presso lUnione europea, proponiamo la costituzione, per abbattere i costi gestionali, di un Palazzo Italia nel quale fare confluire tutte le sedi delle nostre Regioni a Bruxelles.

B - RIDUZIONE DELLE SPESE ORDINARIE DELLE PP.AA. 1 Riduzione dei consumi intermedi e elle spese delle PP.AA. 35

1a - Riduzione dei costi degli apparati amministrativi Si prevede, al comma 1, la riduzione del 20 per cento del compenso dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale delle societ inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dallIstituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dellarticolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch delle societ possedute in misura totalitaria dalle predette amministrazioni pubbliche. Sono escluse dal campo di applicazione della disposizione le societ quotate. La disposizione di cui al comma 2 prevede ladeguamento degli statuti di tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalit giuridica di diritto privato, in modo da assicurare che gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non gi costituiti in forma monocratica, nonch il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti. Inoltre viene stabilito che le Amministrazioni vigilanti debbono comunque provvedere ad adeguare la relativa disciplina di organizzazione con riferimento a tutti gli enti ed organismi pubblici rispettivamente vigilati, al fine di apportare gli adeguamenti previsti dalla disposizione in esame. Infine si introduce il principio sanzionatorio per la mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dalla disposizione, prevedendo che tale inadempimento determina responsabilit erariale. La disposizione di cui al comma 3 prevede il contenimento della spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicit e di rappresentanza. In particolare si stabilisce che la citata spesa non pu essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nellanno 2009 per le medesime finalit. Nellambito del generale contenimento delle spese sostenute per le finalit in esame, rimessa inoltre al Ministro competente la preventiva autorizzazione per organizzare convegni, giornate e feste celebrative, nonch cerimonie di inaugurazione e altri eventi similari. La stessa autorizzazione per le magistrature e le autorit indipendenti, rilasciata, per le magistrature, dai rispettivi organi di autogoverno e, per le autorit indipendenti, dallorgano di vertice. Per le Forze armate e le Forze di polizia, lautorizzazione rilasciata dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente. Tale autorizzazione pu essere rilasciata solo ove non possibile limitarsi alla pubblicazione, sul sito internet istituzionale, di messaggi e discorsi ovvero non possibile lutilizzo, per le medesime finalit, di video/audio conferenze da remoto, anche attraverso il sito internet istituzionale. Qualora tali manifestazioni celebrative vengano autorizzate, la disposizione precisa che al personale che vi partecipa non dovuto nessun compenso per lavoro straordinario ovvero indennit a qualsiasi titolo, n il diritto a fruire di riposi compensativi. Infine si precisa che rimangono esclusi dal campo di applicazione delle disposizioni i convegni organizzati dalle universit e dagli enti di ricerca, nonch le mostre realizzate, nellambito dellattivit istituzionale, dagli enti vigilati dal Ministero per i beni e le attivit culturali e gli incontri istituzionali connessi allattivit di organismi internazionali o comunitari. 1b - Riduzione consumi intermedi delle Pubbliche amministrazioni Larticolo in oggetto volto a ridurre le spese per consumi intermedi sostenute dalle amministrazioni pubbliche. Proponiamo non il taglio alle spese per consumi intermedi tendenziali ma facciamo riferimento alle spese dellanno 2009. Il riferimento ai tendenziali in pratica implica un aumento delle spese. Facendo riferimento ai dati storici se pu decidere per davvero quali voci ridurre od incrementare, e di quanto in valore assoluto e/o percentuale. E daltronde la procedura seguita ma con tagli 36

lineari - dallarticolo 8, comma 5, dal DL n. 78 del 2010, il quale prevede che le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato elaborano piani di razionalizzazione che riducono la spesa annua per consumi intermedi del 3 per cento nel 2012 e del 5 per cento a decorrere dal 2013 rispetto alla spesa del 2009. A fronte dei 27 miliardi di spese per i consumi intermedi attribuiti alle Amministrazioni Centrali, sempre nel 2009 risultano spesi altri 107 miliardi (l80% del totale) da parte di tutte le amministrazioni locali. SPESE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI A lordo degli interessi passivi (milioni di euro) Anno 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fonte: Istat Pil valore a prezzi correnti % di crescita in valori assoluti a valori correnti: Crescita in valori 2010 Spesa 1990 Spesa 2010 651.596 milioni di euro 793.513 milioni di euro + 114 % PIL 701.352 765.806 805.682 829.758 877.708 947.339 1.003.778 1.048.766 1.091.361 1.127.091 1.191.057 1.248.648 1.295.226 1.335.354 1.390.539 1.423.048 1.475.401 1.546.177 1.567.851 1.520.870 1.548.816 Spese PP.AA. 371.015 413.535 445.542 465.232 464.060 490.719 519.618 520.598 527.285 536.477 537.239 587.278 594.026 638.923 666.676 690.258 744.797 747.795 774.636 797.479 793.513 spese/Pil % 52,9 54,0 55,3 57,6 54,3 53,2 52,9 50,7 49,4 48,4 46,5 48,2 47,4 49,1 48,5 48,5 50,7 48,4 49,4 52,5 51,2 Variazione % su anno prec.

1,2 1,8 8,4 1,1 5,8 2,9 3,5 7,9 2,4 3,6 3,0 - 0,5

% di crescita in valori assoluti a valori aggiornati al 2010: + 21,78 % La percentuale maggiore si raggiunta nel 1993 (57,6% del PIL)

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La percentuale minore si raggiunta nel 2000 (46,5% del PIL) Ad eccezione del periodo 1994-1996 (manovre Ciampi e Prodi), la spesa corrente primaria7 (al netto quindi degli interessi sul debito) ha un comportamento fortemente inerziale, espandendosi costantemente ad un ritmo prossimo al 2 per cento allanno in termini reali. Nellultimo decennio tra le componenti particolarmente dinamiche vi la spesa per prestazioni sociali in natura (essenzialmente Sanit). Il livello della spesa pubblica italiana continua a crescere in maniera molto sostenuta per tutti gli anni 80 e linizio degli anni 90, arrivando a superare il 55 per cento del prodotto intorno lordo. La forte crescita della spesa non pienamente controbilanciata dallaumento delle entrate e genera quindi un consistente disavanzo e la rapida crescita del debito pubblico. Dopo una fase di consolidamento, legata agli sforzi per lingresso dellItalia nellarea delleuro e alla discesa dei tassi di interesse, la spesa ricomincia a correre a partire dai primi anni duemila superando di nuovo la soglia del 50 per cento del PIL nel 2006.

1c Ricondurre i conti di palazzo Chigi sotto il controllo della Ragioneria Certo, se si potessero ricondurre i conti di palazzo Chigi sotto il controllo della Ragioneria, comera prima che nel 1999 il governo di centrosinistra li rendesse completamente autonomi, sarebbe unaltra storia. Si toglierebbero alla politica molti margini di manovra non soltanto sui 3 o 400 milioni lanno di spese vive della presidenza del Consiglio, ma, per esempio, anche sul miliardo e mezzo di budget della Protezione civile. Abolire larticolo 8 del DLgs n. 303 del 1999: D.Lgs. 30-7-1999 n. 303 Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. Pubblicato nella Gazz. Uff. 1 settembre 1999, n. 205, S.O. 8. Autonomia contabile e di bilancio. 1. A decorrere dall'esercizio finanziario successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto, la Presidenza provvede all'autonoma gestione delle spese nei limiti delle disponibilit iscritte in apposita unit previsionale di base dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Con propri decreti il Presidente stabilisce, in coerenza con i criteri di classificazione della spesa del bilancio statale, la struttura dei bilanci e la disciplina della gestione delle spese. I decreti, nell'ambito dei princpi generali della contabilit pubblica, tengono conto delle peculiari esigenze di funzionalit della Presidenza. Con detti decreti si provvede altres all'attuazione di disposizioni legislative recanti limiti per specifiche categorie di spesa in modo da assicurare, nel sistema dell'autonomia contabile e di bilancio della Presidenza e dandone adeguata evidenza, l'invarianza in termini di fabbisogno e di indebitamento netto dei risultati previsti
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Libro verde sulla spesa pubblica Ministero delleconomia e delle finanze - 2007

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dalle disposizioni legislative medesime (12) (13). 2. Gravano su un apposito fondo del bilancio della Presidenza, alimentato anche mediante storno di apposite disponibilit dagli stati di previsione della spesa dei Ministeri interessati, le spese relative a gestioni affidate a Commissari straordinari di Governo, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ovvero per il funzionamento di organi collegiali istituiti presso la Presidenza per disposizione di legge o con decreto emanato previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. 3. I decreti di cui al comma 1 sono comunicati ai Presidenti delle Camere, ai quali sono altres trasmessi i bilanci preventivi, annuale e pluriennale, e il rendiconto della gestione finanziaria della Presidenza. 2. Razionalizzazione spesa sanitaria La spesa sanitaria tra il 2006 ed il 2009 cresciuta del 2,9% contro un incremento del Pil dello 0,8%. Spicca la crescita del 14,1% della spesa per prodotti farmaceutici, e quella del 7,6% per lacquisto di beni e servizi. 3. Razionalizzazione dei trasferimenti alle imprese Nella RUEF del 6 maggio scorso8, il Ministero dellEconomia indica un totale di circa 44 miliardi di trasferimenti alle imprese a fondo perduto (15 miliardi di trasferimenti in conto corrente e 29in conto capitale). Circa 15 miliardi di euro sono relativi ai trasferimenti verso Ferrovie, ANAS e le societ di gestione dei trasporti pubblici locali. Restano 29 miliardi di euro che si possono ridurre lasciando 9 miliardi per un meccanismo suggerito dal Sen. Baldassari di credito dimposta ex-post a favore delle aziende che effettuano investimenti in determinati settori: innovazione, energie alternative, ecc Si potrebbe proporre dunque un risparmio di 3 miliardi (su 29) in relazione ai trasferimenti a fondo perduto alle imprese con lesclusione di Ferrovie, ANAS e i trasporti pubblici locali. I miliardi residui potrebbero essere dati alle imprese che investono tramite il meccanismo ex-post dei crediti dimposta relativi alle spese fatte dalle imprese stesse. Una proposta simile (in realt, molto pi drastica) era stata presentata dal Sen. Baldassarri alla manovra dellanno scorso. Alleghiamo il testo per una maggiore comprensione: Art. .. (Contributi in conto capitale alle imprese e fiscalit zero sui nuovi investimenti e disposizioni sulla base imponibile IRAP) 1. A decorrere dall'anno 2012 gli stanziamenti destinati ai trasferimenti alle imprese, di parte capitale e parte corrente sono soppressi, ad eccezione dei trasferimenti al settore del trasporto

Vedi il VI Rapporto sulleconomia italiana Giugno 2011 - Centro studi Economia reale del Sen. Baldassari

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pubblico locale e alle Ferrovie dello Stato spa, al fine di determinare un risparmio di spesa valutato a decorrere dal 2012 in 20 miliardi di euro. 2. Al fine di assicurare la continuit delle erogazioni gi deliberate, con decreti interministeriali di natura non regolamentare da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni transitorie. In caso di inadempienza provvede con proprio decreto il Presidente del Consiglio dei ministri. 3. Ai fini del concorso delle autonomie territoriali al rispetto degli obblighi comunitari per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al presente articolo costituiscono norme di principio e di coordinamento. Conseguentemente gli enti interessati provvedono ad adeguare i propri interventi alle disposizioni di cui al presente articolo. 4. A decorrere dall'anno di imposta in corso al 1 gennaio 2012, i soggetti che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi ovvero realizzano progetti produttivi secondo le modalit e le tipologie valide per gli incentivi previsti dalla legge 488 del 1992 per i quali previsto un finanziamento a fondo perduto fruiscono di un credito di imposta, utilizzabile in dieci anni, per un ammontare corrispondente ai contributi che sarebbero stati erogati in conto capitale e fino a concorrenza di tali somme, nel rispetto dei massimali previsti dalla disciplina degli aiuti di stato dell'Unione europea per le aree svantaggiate. La fruizione del credito di imposta automatica e avviene a compensazione dei debiti di imposta ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per l'anno di imposta in corso al 31 dicembre 2010 e per i successivi. All'onere derivante dal presente comma si provvede, nel limite di 9 miliardi, parzialmente utilizzando i risparmi di spesa derivanti dal comma 1.

4. Soppressione dei finanziamenti finalizzati alla realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina Larticolo volto: 1) a sopprimere le disposizioni introdotte dallattuale Governo Berlusconi che stanziano 1,3 miliardi di euro per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, nonch 470 milioni di euro per lanno 2012 quale contributo ad ANAS S.p.A. per la sottoscrizione e lesecuzione - a partire dal 2012 di aumenti di capitale della Stretto di Messina S.p.A. 2) a destinare le predette risorse finanziarie ad un apposito capitolo di spesa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per essere destinate a finanziare lacquisto di veicoli adibiti al miglioramento dei servizi offerti per il trasporto pubblico locale regionale e interregionale, in particolare nelle aree del Mezzogiorno. Si ricorda che il citato comma 4-quater dellarticolo 4 della legge 102/09 prevede che A valere sulle risorse del Fondo istituito ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera b), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, assegnato alla societ Stretto di Messina Spa un contributo in conto impianti di 1.300 milioni di euro. Il CIPE determina, con proprie deliberazioni, le quote annuali del contributo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e con le assegnazioni gi disposte. E' nominato un commissario straordinario delegato ai sensi dell'articolo 20 del citato decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, e successive modificazioni, per rimuovere gli ostacoli frapposti al riavvio delle attivit, anche mediante l'adeguamento dei contratti stipulati con il contraente generale e con la societ affidataria dei servizi di controllo e verifica della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione dell'opera, e la conseguente 40

approvazione delle eventuali modifiche del piano economico-finanziario Larticolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ai commi 203, 204 e 205 prevede invece che unautorizzazione di spesa di 470 milioni di euro per lanno 2012 quale contributo ad ANAS S.p.A. per la sottoscrizione e lesecuzione - a partire dal 2012 di aumenti di capitale della Stretto di Messina S.p.A. e novellano lart. 1, comma 1, della legge 1158/1971 (Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente) nella parte in cui prevede la partecipazione al capitale sociale della Stretto di Messina S.p.A. da parte dellANAS S.p.a., delle regioni Sicilia e Calabria, nonch di altre societ controllate dallo Stato, al fine di garantire la propriet pubblica della Stretto di Messina S.p.A. attraverso lintroduzione di una soglia minima - pari al 51% - per la partecipazione dei citati soggetti. Inoltre si prevede lapprovazione del II atto aggiuntivo alla Convenzione di concessione del 30 dicembre 2003 sottoscritto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con la Stretto di Messina S.p.A. ai sensi della legge 1158/1971. 5. Riduzione delle spese militari Proponiamo la costituzione di un esercito europeo di pronto intervento con la riduzione delle spese militari nazionali. Nelle more il nostro Paese pu cominciare a ridurre le proprie spese dovute al mantenimento di una macchina militare superata.

5a - Soppressione di Difesa Spa Proponiamo di sopprimere la Difesa Servizi S.p.A. Le entrate che si possono ricavare a seguito di tale intervento sono pari a 1 milione di euro per lanno 2012. Durante lesame del disegno di legge finanziaria 2010, in seconda lettura alla Camera, stata disposta su emendamento del Governo la costituzione della societ Difesa Servizi Spa, una societ per azioni avente per oggetto la prestazione di servizi e lo svolgimento di attivit strumentali e di supporto in favore dellamministrazione della difesa. Ad essa sono infatti affidate attivit che vanno dalla negoziazione in funzione di centrale di committenza per lacquisto di beni mobili, servizi e prestazioni correlate allo svolgimento dei compiti istituzionali dellamministrazione della difesa, alla valorizzazione e gestione degli immobili militari, fino alla concessione in uso temporaneo, a titolo oneroso, dei mezzi e materiali prodotti dallindustria nazionale e acquisiti dalle Forze armate. La decisione del Governo di introdurre comunque la nuova disciplina, in una sede e con modalit che hanno di fatto esautorato il Parlamento, precludendo ogni possibilit di discussione nelle Commissioni di merito, si rivelata non solo lesiva delle prerogative costituzionali delle Camere, ma perfino umiliante per la sua stessa maggioranza che stava conducendo, nelle forme proprie, un approfondimento in sede parlamentare, rilevando peraltro orientamenti critici anche allinterno del Governo. La costituzione della societ Difesa Servizi Spa candidata a svolgere una funzione di pubblica committenza in un settore particolarmente delicato, per la natura e lentit degli interessi coinvolti. Numerose sono le criticit che sono state osservate sulla Difesa spa e che hanno messo alla luce un sistema che consentirebbe di fatto un sistema di amplissimo potere integralmente sottratto ai controlli di legalit e legittimit tipici dellazione amministrativa. In particolare, lasciano forti dubbi, lo spostamento di parte della spesa pubblica al di fuori del controllo del conto economico della P.A., alcune sovrapposizioni di competenze, e non da ultimo, la gestione privatistica del personale dipendente su base discrezionale. 41

Quindi, fermare questo progetto di privatizzazione sicuramente un primo passo in direzione dei lavoratori civili del Ministero Difesa. Le perplessit che Italia dei valori ha sempre avanzato rispetto a contenuti e norme, inserite in Finanziaria (durante la quale stata presentata un'unica proposta emendativa, volta a sopprimere appunto la Difesa Servizi Spa, perch forte era il rischio di veder assorbite le poche risorse a disposizione del Ministero della difesa) riguardavano soprattutto il fatto che non sia mai stato precisato con chiarezza quali fossero le funzioni della suddetta societ. Italia dei valori chiede che si fermi questo progetto di privatizzazione, cos come avvenuto per la Protezione Civile Spa, perch la nuova societ avrebbe un potere enorme, da gestire in regime privatistico, senza i consueti controlli normalmente previsti dalle strutture statali, mentre invece la manovra finanziaria e di bilancio avrebbe dovuto perseguire l'esigenza di una migliore qualit e di una razionalizzazione della spesa militare, accentuando la dimensione interforze dello strumento militare a livello nazionale e realizzando le migliori sinergie nel settore industriale e negli asset operativi a livello europeo; superare alcune rigidit delle norme di contabilit pubblica affidando la capacit di operare scelte strategiche a chi, all'interno delle Forze armate, assume incarichi istituzionali con l'attribuzione della funzione di Centro di responsabilit amministrativa; recuperare una significativa capacit di produzione di beni e servizi in economia, senza continuare a disattendere la necessit di corrispondere in tempi brevi alle piccole e medie imprese che forniscono beni e servizi essenziali alla Difesa quanto ad esse dovuto a fronte delle prestazioni rese; adottare misure finanziarie adeguate, anzich assumere la difficile situazione finanziaria della Difesa quale base di partenza, non tanto per razionalizzare il modello di difesa esistente, quanto per ridimensionarlo drasticamente negli organici senza tener conto delle conseguenze operative. 6. Riduzione delle spese per le missioni allestero Dobbiamo ridurre in tempi molto brevi limpegno economico riferibile alla presenza italiana nella missione deliberata nellambito della risoluzione 1973/2011 dellOnu, e la partecipazione attiva del nostro Paese ai bombardamenti contro obiettivi sul suolo libico. E dobbiamo, altres, porre, senza indugi, nelle sedi internazionali, l'esigenza di un riesame e di una modifica dei tempi e della strategia d'intervento di ristabilimento della pace e della democrazia in Afghanistan, avviando un percorso di riduzione progressiva e in tempi rapidi e certi del nostro contingente militare. Le commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato hanno approvato il 18 marzo scorso una risoluzione che ha dato mandato al governo ad agire in base alla risoluzione 1973 dell'Onu sulla Libia autorizzandolo a mettere in campo le misure necessarie a proteggere i civili e la concessione dell'uso delle basi militari in territorio italiano. Il nostro governo aveva sempre espresso di volta in volta posizioni diverse su come agire e che tipo di presenza garantire per consentire il passaggio della Libia verso istituzioni democratiche; infine, preso atto che quella determinatasi era con le parole del ministro Frattini - "una situazione difficile sul terreno ed ecco perch occorre andare fino in fondo. Esclusa l'azione di terra, o colpiamo con singole azioni aeree i carri armati di Gheddafi o lasciamo consapevolmente e volontariamente uccidere civili a centinaia e a migliaia. Per questo non possiamo tirarci indietro la nostra leale collaborazione con gli alleati porter un contributo decisivo", il Governo con propria iniziativa ha deciso di ampliare la natura stessa della risoluzione di maggioranza approvata lo scorso 24 marzo alla Camera dei deputati travalicando i limiti della stessa verso un deciso coinvolgimento militare. Comunque, alle 17,45 del 20 marzo, in Libia scattata loperazione Odissey Dawn (Odissea all'alba) alla quale partecipano Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia, Spagna e Canada; in 42

diretta applicazione delle decisioni di cui sopra sono partiti i primi bombardamenti dagli aerei francesi Rafale sul Paese, poi a seguire sono entrati in azione i missili Cruise statunitensi e i bombardieri inglesi. Da una prima stima dei costi finora sostenuti, si apprende che in 80 giorni di operazioni la guerra in Libia costata alla Francia 87 milioni di euro secondo fonti ufficiali della Dfense, somma che comprende tanto il costo del personale sul posto che il consumo delle munizioni: un missile di ultima generazione Scalp (missile da crociera aviolanciabile a lungo raggio) costa, per esempio, tra i 500mila e gli 800mila euro, mentre un'ora di volo di un Rafale stimato in circa 13mila euro; un giorno medio di guerra degli Stati Uniti si calcola costi intorno ai 130 milioni di dollari ma il Pentagono ha prontamente annunciato la riduzione delle attivit americane che consentiranno di ridurre la partecipazione dei propri aerei da combattimento nei bombardamenti e nel pattugliamento aereo sino a un terzo delle incursioni e di ridurre la loro spesa a 40 milioni di dollari al mese; a partire dal 31 marzo, infatti, la NATO ha assunto ufficialmente il comando delloperazione militare in Libia dalla mano degli Stati Uniti, con una cessione effettiva dal 4 aprile. Naturalmente, di fronte alla riduzione della partecipazione americana alle operazioni, lEuropa sar obbligata ad aumentare la propria. Per quanto riguarda il nostro Paese, invece, cifre certe non ne circolano ma limpiego di aerei e navi nel primo mese di guerra avrebbe raggiunto quasi 50 milioni di euro, la maggior parte dei quali per laviazione: i Tornado hanno eseguito infatti circa 1200 ore di volo e svariate sortite ciascuna del costo di 300 mila euro escluso leventuale lancio di missili anti-radar AGM-88 HARM (che costano circa 200.000/300.000 euro al pezzo); i restanti milioni sono stati spesi in carburante per le navi impiegate: la portaerei Garibaldi (che da sola potrebbe costare 130 mila euro al giorno), una fregata, il cacciatorpediniere Andrea Doria, il pattugliatore Borsini e la rifornitrice Etna, che consumano 350 mila euro al giorno di gasolio. Tra laltro, lo stesso ministro della difesa La Russa, in una recente intervista, ha dichiarato che gi sono stati spesi circa 500 milioni di euro (e dunque, entro la fine dellanno si arriverebbe a 1 miliardo) per il nostro impegno in Libia. Ovviamente, sul costo finale della missione libica influiranno due fattori: la durata delle operazioni e il consumo di bombe e missili i cui costi variano dai 30/40 mila euro per le bombe guidate a quasi un milione di euro per un modernissimo missile da crociera Storm Shadow. Non ancora chiaro se il decreto legge che dovr assicurare il prossimo finanziamento semestrale per le missioni allestero dovr coprire anche le spese per la missione in Libia o se si tratter di un provvedimento ad hoc; in ogni caso si tratta di spese non pi sostenibili. Dal 20 marzo al 7 giugno, i morti civili finora accertati a causa dei raid Nato sarebbero nellordine di centinaia (secondo fonti governative libiche 856 morti e oltre 4000 feriti); proprio nel corso di un raid aereo compiuto nella notte tra sabato 18 e domenica 19 giugno a Tripoli la Nato ha ammesso di aver ucciso per errore dei civili (pare 15 di cui tre bambini). In un comunicato, l'Alleanza Atlantica ha precisato che obiettivo dell'attacco era un "sito militare di missili", ma "sembra che una delle nostri armi non abbia funzionato come previsto e abbia causato vittime civili", a riprova, ove mai ce ne fosse bisogno, che non esistono missili intelligenti. Secondo lo stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, la Nato non pu correre il rischio di uccidere i civili in Libia perch questo mette a rischio la sua credibilit, e ha anche dichiarato che "il limite per la missione settembre, ma aldil dei bombardamenti credo che una soluzione debba trovarsi molto prima. 43

Anche un fondamentale alleato dellattuale maggioranza che sostiene il governo ha da tempo dichiarato, confermando e rafforzando recentemente tale posizione, che dalla Libia occorre andare via in tempi certi e rapidi. Occorrer, inoltre, riaprire ancora una volta una riflessione sulla vicenda Afghanistan, sulla necessit di concludere un'avventura spericolata e sbagliata, nata come 'missione di pace' ma che si e' trasformata in una operazione di contro guerriglia, di guerra guerreggiata, di lotta contro fazioni con impiego di mezzi altamente aggressivi che hanno gi ucciso indiscriminatamente troppe vittime civili. Da tempo, ci chiediamo quale sia lo scopo di questa missione, chi stiamo difendendo, qual il reale scenario politico dellAfghanistan in questo momento, che ci facciamo ancora in un posto dove i nostri soldati sono esposti al rischio della morte un giorno s e l'altro pure e, soprattutto, fino a quando dobbiamo restarci e con quali costi economici ( giusto ricordare che sono oltre 700 i milioni annui che questa sola missione assorbe dellintero ammontare riguardante il rifinanziamento delle missioni internazionali). La Conferenza internazionale di Londra, tenutasi lo scorso anno, aveva abbozzato una strategia di progressivo, lento ritiro da quel Paese, che dovrebbe concludersi nel giro di circa 5 anni (le truppe americane, secondo il Presidente Obama, dovrebbero cominciare a essere ridotte a partire dallestate del 2011 ma sempre pi realistico che si tratti in realt del 2014). 7. Riduzione delle spese per i sistemi darma 7a - Riduzione finanziamenti per i caccia bombardieri Eurofighter ed altri sistemi darma In guerra nonostante la crisi. Le spese militari aumentano del 6% rispetto al 2008. Complici le missioni in Iraq e in Afghanistan. Lanno scorso, nel mondo, sborsati 1.254 miliardi di euro. LItalia decima con quasi trenta miliardi. Lo rivela unindagine dellIstituto internazionale per le ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri). Fuori dai ministeri, tra gli statali che da qui ai prossimi tre anni dovranno sacrificare i loro stipendi per versare allo Stato 5 miliardi di euro contro la crisi, lo slogan si gi fatto largo: Vendessero i cacciabombardieri di La Russa. In realt, pi che di vendere si tratterebbe di non acquistarne di nuovi. Idea tuttaltro che peregrina. quello che sta decidendo di fare la Germania in queste ore, per dire. Si stima che si potrebbero risparmiare almeno 2 miliardi lanno. Ovvero sei miliardi nei tre anni su cui opera la manovra. Una stima prudenziale, visto che la spesa in armamenti si aggira intorno ai 3,5 miliardi lanno. Nella manovra finanziaria di Tremonti, per, di tagli agli armamenti non ne troverete traccia. E s che in programma il governo italiano non ha solo lacquisto di nuovi cacciabombardieri. Sul bilancio dello stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi darma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026. Tutti passati inosservati sotto lo sguardo vigile del ministro dellEconomia. Cifre astronomiche Eppure parliamo di cifre astronomiche, che il governo si impegnato a versare allindustria bellica per acquistare una variet incredibile di nuove armi. La lista lunga. Prendiamo solo qualche esempio. 44

Partiamo proprio dai cacciabombardieri. Programma di ammodernamento numero 65. Un piano faraonico, che impegna lItalia a comprare dagli Usa 131 cacciabombardieri F-35. Aerei progettati per essere invisibili ai radar (solo che nel frattempo i radar si sono evoluti). Roba da guerra fredda. Solo nel triennio interessato dalla manovra appena varata lacquisto programmato sulle casse dello stato per circa 2,5 miliardi di euro. Totale della spesa prevista da qui al 2026: 15 miliardi. Che si sovrappone per altro alla spesa per lacquisto, gi programmato, di 121 Eurofighter (80 sono stati gi comprati e c ancora unultima tranche). Ma andiamo oltre. Al programma numero 67, per esempio. Si chiama Forza Nec: serve a dotare le forze armate di terra e da sbarco di un sistema assai sofisticato di digitalizzazione. Roba da Vietnam, ovvero da conflitti ad alta intensit - la guerra in Iraq era considerata a media intensit. Per ora siamo alla fase di progettazione, che da sola costa circa 650 milioni di euro. Lesborso finale, non ancora formalizzato, si aggirer intorno agli 11-12 miliardi. Passiamo ai sommergibili. Difficile prevedere una battaglia navale nel Mediterraneo che li richieda, eppure nella lista dei futuri armamenti non mancano due sommergibili di nuova generazione. Costo stimato: circa 915 milioni. Pi della met da versare gi nei tre anni della manovra. Una cifra minore ma non per questo pi sensata sar spesa invece per comprare nuovi sistemi di contracarro di terza generazione: 120 milioni di euro. Cifre da capogiro. Tanto che lo stato italiano fa fatica a stare dietro agli impegni presi. E lindustria bellica costretta a ricorrere alle banche. Con il risultato che lindebitamento fa lievitare ulteriormente i costi. Negli ultimi tre anni, lItalia ha speso in armamenti circa 3,5 miliardi di euro lanno. Una cifra destinata a lievitare, tanto pi che nemmeno la manovra prova a scalfirla. Una cifra molto opaca che i 71 fatidici programmi continuano a sottrarre al bilancio dello Stato. Sono tutti cos indispensabili? di verificarne utilit, tempi dattuazione e costi. E di adottare quella che definisce una moratoria ragionata. Obiettivo: ottenere risparmi consistenti. E costringere il governo ad adeguare la spesa ai costi della crisi. E al modello di difesa adottato alla luce della Costituzione. LItalia ripudia la guerra, appunto. E per continua a buttare miliardi in armi, oltretutto (per fortuna) inutili. Negli ultimi 15 anni infatti le forze armate italiane sono state impegnate in 35 missioni di peacekeeping. Ma se dobbiamo portare la pace, che ce ne facciamo dei bombardieri F-35? Lo stesso rapporto difesa-industria va cambiato, ci sono costi e appetiti che lo rendono non ottimale, lindustria non pu imporre ci che vuole. 8 - Intensificazione dei controlli in materia di invalidit Prevediamo lestensione agli ambiti dellinvalidit gestita dallINPS dei principi che disciplinano listituto della rettifica in ambito INAIL. Infatti, nella normativa assistenziale relativa allinvalidit civile, alla cecit, alla sordit, allhandicap e alla disabilit nonch in quella dellassicurazione generale obbligatoria per la vecchiaia, linvalidit ed i superstiti, gestite dallINPS, disciplinata la sola fattispecie relativa agli accertamenti di revisione. Lestensione del meccanismo della rettifica anche alle invalidit gestite dallINPS consentir di svolgere in maniera pi efficace le attivit di verifica. Si prevede inoltre, fermo restando quanto previsto in materia dal codice penale, lestensione delle disposizioni in tema di false attestazioni o certificazioni alla fattispecie degli esercenti una 45

professione sanitaria che intenzionalmente attestano falsamente uno stato di malattia o di handicap, cui consegua il pagamento di trattamenti economici di invalidit civile, cecit civile, sordit civile, handicap e disabilit, successivamente revocati per accertata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari. Una altra disposizione diretta a prorogare e potenziare il programma di verifiche aggiuntive allattivit ordinaria di controllo gi stabilito per lanno 2010 nel numero di 100.000, prevedendo 200.000 verifiche aggiuntive annue per gli anni 2012 e 2013.

9. Recupero dellefficienza dirigenziale pubblica Ciascuna amministrazione pubblica, al fine di pervenire ad una progressiva riduzione della spesa corrente primaria in rapporto al prodotto interno lordo, tenuta ad adeguare le proprie attivit agli indirizzi, ai requisiti e ai criteri formulati dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e lintegrit delle amministrazioni pubbliche di cui allarticolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, di seguito denominata Commissione. In mancanza di una valutazione corrispondente agli indirizzi, requisiti e criteri di efficienza definiti dalla Commissione possono essere applicate le misure in materia di responsabilit dirigenziale previste dallarticolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ed fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di corrispondere ai propri dirigenti la componente della retribuzione legata al risultato. Il dirigente che contravvenga ai suddetti indirizzi, requisiti e criteri per dolo o colpa grave risponde per il maggior onere conseguente. E fatto divieto di corrispondere il trattamento economico accessorio al dirigente che, senza adeguata giustificazione, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti in esubero che rifiutino la mobilit, la riqualificazione professionale o la destinazione ad altra pubblica amministrazione, entro un ambito territoriale definito e nel rispetto della qualificazione professionale. E fatto divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o strutture che siano stati individuati dalla Commissione per grave inefficienza, improduttivit, o sovradimensionamento dellorganico. Dallattuazione di queste disposizioni devono derivare risparmi di spesa non inferiori a 100 milioni di euro per lanno 2012 e a 200 milioni di euro a decorrere dallanno 2013. I risparmi devono essere conseguiti da ciascuna amministrazione secondo un rapporto di diretta proporzionalit rispetto alla consistenza delle rispettive dotazioni di bilancio. In caso di accertamento di minori risparmi, si provvede alla corrispondente riduzione, per ciascuna amministrazione inadempiente, delle dotazioni di bilancio relative a spese non obbligatorie, fino alla totale copertura dellobiettivo di risparmio ad essa assegnato. Proponiamo anche il divieto di assumere dirigenti esterni alla Pubblica amministrazione. 10 - Passaggio delle pubbliche amministrazioni allOpen source Free software e open source vogliono dire, prima di tutto, solidariet di culture, capacit cooperativa, possibilit di collaborazione oltre la semplice voglia di immediato profitto. Free software e open source vogliono dire, prima di tutto, incentivare una pratica di scambio e di 46

diffusione di esperienze e di contenuti informatici tra singoli, tra pubbliche amministrazioni, tra realt associative e culturali. A partire da questi stessi principi e valori e proprio a conferma dell'affidabilit e dell'efficienza dei free software che le principali pubbliche amministrazioni della Francia e della Germania hanno adottato questa nuova politica di gestione e di utilizzo dei sistemi operativi e dei software liberi. Questalternativa gi esistente da alcuni anni e la punta pi avanzata rappresentata dal sistema operativo Linux e dalle applicazione che girano su di esso. Lopen source liberer risorse che favoriranno la formazione, labbattimento del digital divide e linnovazione, garantendo quei principi di economicit, trasparenza e sicurezza alla base di ogni moderna pubblica amministrazione. L'assunzione di questo sistema operativo pi economico, pi efficace e pi sicuro nell'ambito della pubblica amministrazione non una scelta amministrativa, ma una scelta eminentemente politica, capace di modificare la dinamica dello sviluppo del nostro Paese. La prima ricaduta legislativa, esito diretto dell'indagine conoscitiva sui programmi informatici a codice sorgente aperto, la cosiddetta Direttiva Stanca: il 19 dicembre 2003 l'allora Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, On. Stanca, adottava la direttiva Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni il cui contenuto sostanziale veniva successivamente trasfuso nel D. Lgs. 82/05 (Codice dell'amministrazione digitale) con l'intenzione di comportare vantaggi nella scelta dei programmi pi efficienti e convenienti, ma anche risparmi derivanti dalla condivisione conseguente al riuso all'interno delle amministrazioni pubbliche. I principali contenuti della "Direttiva Stanca sono i seguenti (in particolare derivanti dagli articoli 3, 4 e 7):

analisi comparativa delle soluzioni. La direttiva dispone che le Pubbliche Amministrazioni acquisiscano programmi informatici sulla base di una valutazione comparativa tecnica ed economica tra le diverse soluzioni disponibili sul mercato, tenendo conto della rispondenza alle proprie esigenze. Criteri tecnici di comparazione. Le Pubbliche Amministrazioni nell'acquisto dei programmi informatici devono privilegiare le soluzioni che assicurino l'interoperabilit e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della Pubblica Amministrazione, salvo che ricorrano peculiari ed eccezionali esigenze di sicurezza e di segreto. Rendere i sistemi informatici non dipendenti da un unico fornitore o da un'unica tecnologia proprietaria. Garantire la disponibilit del codice sorgente per l'ispezione e la tracciabilit da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Esportare dati e documenti in pi formati, di cui almeno uno di tipo aperto.

Oltre alla Direttiva menzionata, altri sono gli interventi legislativi che considerano l'Open Source come meritevole di attenzione economica e tecnica come, ad esempio, il gi citato Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, art. 68, comma 1, lettera d, Codice dell'amministrazione digitale e le successive integrazioni e modificazioni. La Legge 27 dicembre 2006, n.296 (legge finanziaria 2007) ha istituito un Fondo di 10 milioni di Euro (comma 892) al fine di sostenere la realizzazione di progetti per la societ dell'informazione, la cui destinazione prioritaria era rivolta a progetti che "utilizzano o sviluppano applicazioni software a codice aperto". Pertanto, anche alla luce di esperienze straniere, ormai irrinunciabile avviare una politica specifica per incentivare l'utilizzo e la diffusione del free software, favorendo la cessione gratuita del software libero come definito dal comma 1 e 2 del presente articolo. Vengono poi definiti la diffusione di sistemi operativi liberi, da sostenere attraverso obblighi precisi per la pubblica 47

amministrazione, sottolineando che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la pubblica amministrazione e innovazione, di concerto con i Ministri competenti, adotti i relativi regolamenti di attuazione. Il risparmio ipotizzabile pari ad almeno 250 milioni di euro lanno. 11. LUnificazione degli enti previdenziali Tale unificazione rappresenta un intervento rilevante che, mediante una razionalizzazione della spesa, pu far reperire risorse utili per il miglioramento del sistema previdenziale italiano. Non si tratta solo di reperire risorse esclusivamente per fare cassa. Si individua, infatti, nella possibile unificazione degli enti previdenziali un provvedimento che pu anche produrre effetti finanziari importanti, il che non significa che essi siano l'unico obiettivo dell'eventuale unificazione. Dal nostro punto di vista, infatti, la necessit di riordinare e di razionalizzare gli enti che gestiscono la previdenza in Italia, anche con processi di unificazione, risponde innanzitutto a un obiettivo di grande spessore, un obiettivo ineludibile, quello cio di mettere in linea, nel nostro Paese, l'assetto e il funzionamento delle grandi istituzioni dello Stato sociale con le necessit dell'evoluzione del sistema del welfare. Si pone cio in modo concreto la necessit di pensare al modo in cui i grandi istituti esistenti oggi possano assolvere al ruolo di grandi tecnostrutture del nuovo sistema del welfare che vogliamo costruire. Non si tratta, quindi, solo di rispondere alla pur giusta esigenza di governare con strumenti unificati i sistemi previdenziali e pensionistici che si vanno unificando. Per tutti coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995 esiste di fatto un sistema unico, con regole uguali. Non v dubbio che non sarebbe naturale avere, da un lato, un sistema pensionistico che si va unificando nelle regole e nei diritti e, dall'altro, istituti che cristallizzano in eterno le ormai anacronistiche divisioni del passato. evidente che la legge Dini n. 335 del 1995 sul sistema previdenziale trova nell'unificazione del sistema pubblico e privato uno dei suoi punti pi rilevanti di innovazione. La necessit di cambiamento emerge tuttavia con forza se solo pensiamo alle modifiche profonde che caratterizzeranno la societ nei prossimi decenni, sia in relazione a un cambiamento demografico che porter gli anziani a rappresentare una quota di popolazione con un peso quantitativo mai avuto in passato, sia per l'emergere di bisogni e necessit nuovi delle giovani e delle vecchie generazioni. infatti gi cambiato negli anni il cosiddetto mestiere dell'ente previdenziale, che ha assunto aree di intervento sempre pi ampie e diversificate. Questo processo continuer e si avvertir quindi la necessit di avere enti in grado di coprire sempre maggiori e diversificate esigenze. Per questo complesso di ragioni, si pone il problema della riorganizzazione del sistema degli enti, che deve essere ammodernato per riuscire a fornire un servizio pi efficace ed efficiente ai cittadini. Questo per noi il punto centrale, che non pu essere disgiunto da tutti quegli elementi di razionalizzazione del risparmio che ne possono derivare: esso tanto pi importante perch le risorse impiegate per il finanziamento di queste strutture sono ingenti. Le sole spese correnti che l'insieme degli enti previdenziali e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) necessitano per il funzionamento del sistema sono valutabili in almeno 6 miliardi di euro l'anno, ma vi sono spazi di risparmio (si veda al riguardo l'audizione del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 31 maggio 2007 presso la Commissione parlamentare di controllo sull'attivit degli enti gestori di forme obbligatorie di 48

previdenza e assistenza sociale). Nella situazione attuale vi dunque un margine rilevante sia per riorganizzare assetti e funzioni, al fine di conseguire una maggiore efficacia da consolidare nel tempo e a regime, sia per razionalizzare le risorse, mediante l'abolizione di funzioni duplicate e lo sviluppo di sinergie. Le aree sulle quali operare un processo di unificazione possono essere ampie: pensiamo alla logistica, ai servizi informativi, alla vigilanza, ai servizi professionali, agli acquisti, alla gestione degli immobili strumentali e alla gestione di immobili di pregio. Necessariamente, tale obiettivo da considerare valutando con attenzione il tragitto da seguire, la variabile tempo e i successivi step, valorizzando il dialogo con gli stessi enti gestori e con le parti sociali. Razionalizzare l'organizzazione delle istituzioni e semplificare la pubblica amministrazione significa anche questo: riordinare funzioni e strutture degli enti previdenziali, alleggerirne, per quanto possibile, il peso dei costi e rendere immediatamente percepibile all'opinione pubblica i compiti spettanti a ciascuno. Ci, infatti, rende pi efficaci e veloci i servizi erogati, con un maggior grado di soddisfazione dell'utenza e con una riduzione dei costi a carico della collettivit. Non vi dubbio che prospettive di risparmio possono, ad esempio, derivare dall'eliminazione delle duplicazioni di funzioni e di prestazioni oggi presenti. Punti di partenza potrebbero quindi essere: l'unificazione dei servizi informativi attraverso l'interoperabilit e la messa in comune delle banche dati e degli archivi; la razionalizzazione della logistica, a partire dalla rete territoriale dei singoli istituti; un uso comune del patrimonio immobiliare; la centralizzazione degli acquisti e delle strategie di approvvigionamento; la riorganizzazione dei servizi professionali e delle competenze in materia di vigilanza. Solo gli organi dell'INPS, dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico (ENPALS) costano circa 23 milioni di euro l'anno. Il costo per il personale e per la dirigenza, invece, si aggira sui 44 milioni di euro. Se a queste voci si aggiungono i potenziali risparmi derivanti dalla razionalizzazione delle spese per i canoni di locazione e per l'acquisto di beni e di servizi, nonch per le spese di rappresentanza, il risparmio complessivo potrebbe oscillare, nella fase di avvio, fra i 60 e i 70 milioni di euro e, a regime, verosimilmente, il risparmio potrebbe ammontare a 220-270 milioni di euro l'anno. tuttavia indispensabile accompagnare tutto ci con una riformulazione delle piante organiche, condivisa e concertata con le parti sociali. Occorrer, pertanto, lavorare a un vero e proprio piano per la ricollocazione del personale degli enti che saranno soppressi, coinvolgendo nel disegno di riforma anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze. Di pari passo, sar necessario procedere a individuare una nuova governance dell'ente unico di previdenza, agendo in parallelo, quindi, sul livello dirigenziale e manageriale, e ispirandosi a princpi di efficienza, snellimento delle procedure e trasparenza nelle scelte. In conclusione, una riunificazione di carattere esclusivamente politico, priva di un progetto di qualunque respiro, che riguardi il complesso della normativa e delle regole previdenziali per le diverse categorie interessate, rischia di diventare, se non ben orientata, un'operazione caotica, di cui difficilmente sarebbero quantificabili economie, risparmi, vantaggi per gli utenti ed efficacia della politica di welfare. Fermo restando l'obiettivo politico di fondo siamo consapevoli che i processi di unificazione sono

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operazioni certamente complesse. Una versione minimale Un tentativo molto pi blando di razionalizzazione degli istituti previdenziali era stato disposto dall'articolo 1, commi da 7 a 11, della legge n. 247 del 2007 (successivamente il comma 10 stato abrogato), nonch dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che ha trasferito all'INPS le competenze e dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e dell'Istituto postelegrafonici (IPOST). La legge n. 247 del 2007 prevedeva per gli enti previdenziali pubblici la possibilit di predisporre, al fine di risparmiare, modelli organizzativi volti a realizzare sinergie e a conseguire risparmi di spesa anche attraverso gestioni unitarie, uniche o in comune di attivit strumentali. Il Governo doveva presentare, entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge n. 247 del 2007, un piano industriale (che non risulta mai essere stato presentato) volto a razionalizzare il sistema degli enti previdenziali e assicurativi e a conseguire, nell'arco del decennio, risparmi finanziari per 3,5 miliardi di euro, ossia 350 milioni di euro annui. Ad onor del vero, va anche ricordato che il rappresentante della Ragioneria generale dello Stato (RGS) rilev che, trattandosi di un procedimento molto complesso, la realizzazione di risparmi avrebbe potuto essere valutata solo a consuntivo. In particolare, in una prima fase, al contrario sarebbero potuti emergere maggiori costi derivanti dalla necessit di reperire sedi pi grandi, da fenomeni di allineamento verso l'alto dei trattamenti economici del personale e, in generale, dall'aumento delle spese per consumi intermedi. Gli eventuali risparmi, la cui effettiva consistenza avrebbe potuto essere valutata solo al termine di tale processo di razionalizzazione, secondo il rappresentante della RGS, non potevano essere programmaticamente scontati e utilizzati per la copertura di spese correnti relative al riconoscimento di diritti soggettivi sottostanti. 12 Obbligo dellUnione tra comuni (20.000 abitanti) Vedi la PdL Borghesi in via di presentazione. Il sistema di governo locale, pur facendo perno sui Comuni e sulle Province, si presenta oggi assai pi articolato di quanto emerga dalla lettura delloriginario dettato costituzionale, non solo perch il legislatore ordinario ha istituito nuovi enti locali territoriali quali la comunit montana e la citt metropolitana (questultima ora costituzionalizzata), ma anche perch ha incentivato in vari modi la cooperazione e lassociazione tra gli enti locali. Per lungo tempo lItalia rimasta sostanzialmente estranea ad ogni operazione di semplificazione del reticolo del governo locale, pur essendo il problema di tutta evidenza. Il regime fascista, stando ai dati del 1921, eredit 9.144 comuni. Successivamente, con il R.D. 29 luglio 1927 n. 1564, si tent una politica di accorpamento di comuni che, nel breve volgere di qualche anno, li fece calare a 7.310 (nel 1931). In seguito questa tendenza si invert evidenziando un aumento delle istituzioni locali di base: 7.681 nel 1946, 8.021 nel 1960, 8.056 nel 1971, 8.103 nel 1997. Il dato interessante che anche dopo listituzione delle Regioni, il numero dei Comuni non accenna a diminuire. Ad oggi, abbiamo 8.101 comuni.

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Lunione dei Comuni uno strumento amministrativo per la prima volta introdotto con la Legge n. 142 del 1990, successivamente corretto con la riforma attuata dalla legge n. 265 del 1999 e poi trasferito, con modifiche, nel Testo Unico degli Enti locali, DLgs n. 267 del 2000. Le modifiche hanno principalmente riguardato i vincoli demografici per i comuni che desiderano partecipare ad un Unione, rimuovendo il tetto dei 5.000 abitanti (inizialmente listituto era stato pensato per i piccoli comuni) e lobbligo di fusione. Nel nostro Paese le Unioni sono 313 e vi aderiscono in tutto 1.561 Comuni, per un totale di 5.758.607 abitanti. Le 313 Unioni di Comuni sono distribuite in 17 regioni italiane (non ne esistono in Valle dAosta, Liguria e Basilicata, probabilmente anche a causa della conformazione del territorio delle stesse e della storica presenza di Comunit Montane. Le Unioni italiane sono composte in media da 5 Comuni, con un range di variabilit ampio, andando da un minimo di 2 Comuni ad un massimo di 20. I dati nazionali testimoniano comunque una prevalenza di Unioni composte da pochi Comuni. Questo comporta che sul piano nazionale, ogni Unione abitata in media da 18.398 abitanti, raggiungendo quindi agglomerati di una certa importanza. In termini relativi, le Unioni con popolazione tra 10.000 e 25.000 abitanti rappresentano la maggioranza (35%). L'Unione, nasce con lo scopo di gestire e migliorare la qualit dei servizi erogati e delle funzioni svolte, di ottimizzare le risorse economico - finanziarie, umane e strumentali, di esercitare ai sensi dell'art.32, comma 2, del D. Lgs. 267/2000, in forma unificata per i Comuni aderenti, le seguenti funzioni e servizi, nonch le funzioni previste dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivit economica): Servizi Sociali; Protezione civile; Canile; Musei; Servizi Ricreativi e Culturali; Avvocatura; Mobilit - Sistema trasporti intercomunali; Sportello unico Informa giovani; Ufficio coordinamento dello sviluppo economico, sociale, ambientale, infrastrutturale del comprensorio, utilizzando tutti gli strumenti di concertazione e Partenariato Sociale Opportuno; Servizio informatico; Servizio affissioni; Difensore Civico; Nucleo di valutazione; Servizio di mappatura delle funzioni e dei servizi dell'Unione. All'Unione possono essere attribuite altre funzioni e/o servizi con deliberazione del Consiglio dell'Unione previa delibera in tal senso dei Comuni partecipanti all'Unione stessa. La crisi e il processo di globalizzazione impongono la necessit di superare le frammentazioni e presentare i territori come entit coese, organizzate e rappresentative dei bisogni sociali ed economici della collettivit. Le Unioni possono rappresentare un utile strumento per superare le difficolt che i comuni di piccole e medie dimensioni incontrano e nel reperire le risorse finanziarie necessarie alla fornitura di servizi per la collettivit. Lunione dei Comuni, se opera correttamente pu consentire una maggiore efficacia ed efficienza nella spesa per servizi con effetti favorevoli sulla crescita economica delle aree interessata dallUnione. I fattori che possono rendere conveniente listituzione di unUnione di Comuni,sono i seguenti: un miglioramento qualitativo dei servizi (anche in rapporto al loro costo); una gestione pi razionale delle risorse (anche umane) un maggioreun miglioramento quantitativo dei servizi;e un taglio dei costi; potere contrattuale nella richiesta di contributi allo Stato, alla Regione o allUnione Europea. Le Unioni, trasmettono un senso di attivismo e di sapienza innovativa, e soprattutto aumentano la percezione positiva, da parte dellopinione pubblica locale, riguardo loperato delle amministrazioni. Offrono limmagine di enti che vogliono fare, che si stanno dando da fare. Danno lidea di una perizia concreta da parte delle amministrazioni nel loro agire. Un altro punto a vantaggio delle Unioni quello di incrementare il senso della comunit. Questo un aspetto

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importante: valorizzano il senso del locale, confutano lidea che vivere nei piccoli centri vuol dire avere meno servizi. Le Unioni sono avvertite come una risposta allo spopolamento, un segnale della volont di chi amministra, di chi fa politica, di occuparsi non solo del territorio, ma anche di invertire il processo di allontanamento dello sviluppo dai piccoli centri. I Comuni sono la pi antica istituzione italiana, quella pi vicina ai cittadini e non possibile pensare di sopprimerla. La proposta di legge propone, dunque, che resti il consiglio comunale ed il sindaco, ma che tutti i servizi comunali siano affidati ad una Unione tra Comuni (senza alcun costo aggiuntivo a carico dei Comuni) in modo da raggiungere una soglia minima di 20-25 mila cittadini amministrati. Si avrebbero cos circa 450 centri di spesa rispetto ai quasi 6000 di oggi. Oggi anche il pi piccolo dei comuni ha un servizio demografico, un servizio tecnico, un servizio di contabilit, un servizio di assistenza sociale, un servizio di polizia comunale, un servizio elettorale e cos via. Con questa riforma tutti questi servizi dovranno essere affidati obbligatoriamente allUnione tra Comuni, alla quale sar trasferito tutto il personale. Ci permetter sensibili riduzioni dei costi, almeno del 20% di quelli attuali. Poich attualmente i comuni con meno di 5000 abitanti spendono per il personale circa 2,5 miliardi di euro non impossibile conseguire a regime un risparmio di almeno 500 milioni di euro. In totale stiamo parlando di circa 3 miliardi di euro. La nostra proposta al fine di assicurare un efficace esercizio delle funzioni e dei servizi comunali in ambiti territoriali adeguati, obbliga ai comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti di costituire unUnione ai sensi dellarticolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 200, n. 267 e ne stabilisce le funzioni fondamentali(articolo unico, comma1) Si predispone uno sportello per il pubblico abilitato al rilascio, anche automatico, delle certificazioni, in ciascuno dei Comuni costituenti l'Unione. Per evitare duplicazioni, si precisa che i comuni non possono svolgere singolarmente una funzione il cui esercizio stato demandato alla forma di Unione di Comune. Specificando altres che ogni comune pu far parte di una sola Unione di Comuni e che le Unioni di comuni possono stipulare convenzioni tra loro o con singoli Comuni; Alle Regioni spetter il compito, entro un anno in vigore dalla presente legge, di individuare con legge la dimensione ottimale e omogenea per area geografica, attuando cos quanto disposto con la riforma del titolo V dallarticolo 117, commi terzo e quarto della Costituzione, per definire le Unioni da costituire, previa concertazione con i comuni interessati nellambito del Consiglio delle autonomie locali. Se la Regione non vi provvede, il Ministro dellInterno nomina un commissario ad hoc che vi provvede entro 180 giorni dalla sua nomina. Per quanto concerne le modifiche alla disciplina vigente delle unioni di comuni, proponiamo di novellare larticolo 32 del Testo Unico degli Enti Locali, in particolare proponiamo la modifica della composizione degli organi dellunione, che comunque deve prevedere un presidente scelto dai sindaci; inoltre gli organi devono essere formati dai componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati. Si introduce una disciplina dettagliata secondo la quale lo statuto deve prevedere: - un presidente scelto a rotazione tra i sindaci dei comuni partecipanti; - eliminazione giunta dei singoli comuni; - una giunta composta esclusivamente dai sindaci; - un consiglio eletto dai singoli consigli dei comuni e composto da un numero di membri non superiore alla met di quello previsto per un comune di dimensioni pari alla popolazione complessiva dellente. Il consiglio non deve comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; Si predispone, infine, che nel caso in cui i comuni non provvedono alle disposizioni di cui sopra entro un anno dal piano regionale, il prefetto nomina un commissario ad hoc che attua tali disposizioni entro 180 giorni dalla sua nomina. 52

13. I Risparmi sugli interessi per il servizio del debito pubblico Derivano dalla manovra straordinaria di 95 miliardi in 4 anni. Sono calcolati con un tasso del 4%. Per il 2015 prevediamo un risparmio di 2.144 milioni di euro. A decorrere dal 2016 tale risparmio sar pari a 3.800 milioni di euro in via permanente ed il rapporto tra debito e Pil a parit di Pil passer solo in seguito a questa manovra straordinaria dal 120,2% del 2011 al 114,1 % del Pil. C - MISURE FISCALI 1. Ulteriori norme per il contrasto allevasione e lelusione fiscale Larticolo in oggetto volto a ripristinare una serie di norme di lotta allevasione e allelusione fiscale -introdotte durante il Governo Prodi- ma poi abrogate nel corso dellattuale legislatura -che consentirebbero di incassare almeno 1,6 miliardi di euro- e, segnatamente, le disposizioni relative: 1) 2) 3) 4) alla responsabilit solidale tra appaltatore e subappaltatore; alla tracciabilit dei pagamenti dei professionisti, allelenco di clienti e fornitori; alla trasmissione telematica allAgenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio; 5) alle compensazioni effettuate dai titolari di partita IVA; 6) alla memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici. Analisi delle norme abrogate dal governo Berlusconi 1) il comma 8 dellarticolo 3 del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129 reca labrogazione della responsabilit solidale tra appaltatore e subappaltatore per ritenute fiscali. Il comma 8 dellarticolo 3 del Decreto Legge 97/08 abroga i commi da 29 a 34 dellarticolo 35 del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco). Tali commi concernono: la responsabilit solidale tra appaltatore e subappaltatore nei contratti di appalto aventi ad oggetto le prestazioni di opere, forniture o servizi, nonch la responsabilit solidale tra committente ed appaltatore nei medesimi contratti. Conseguentemente, tale disposizione dispone altres labrogazione del regolamento di attuazione, emanato con decreto del Ministro delleconomia e delle finanze 25 febbraio 2008, n. 74. I commi da 29 a 34 dellarticolo 35 del D.L. n. 223 del 2006 che ponevano a carico degli appaltatori una serie complessa di oneri e adempimenti, in mancanza dei quali tali soggetti sarebbero stati considerati solidalmente responsabili. Si tratta dei seguenti: a) in base al comma 29, lappaltatore era liberato dalla responsabilit solidale solo dopo la verifica acquisendo la relativa documentazione prima del pagamento del corrispettivo che gli adempimenti fiscali, previdenziali e assistenziali di cui al comma 28, connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti lopera, la fornitura o il servizio affidati, fossero stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. Lappaltatore poteva sospendere il pagamento del corrispettivo fino allesibizione della predetta documentazione da parte del subappaltatore; 53

b) il comma 30 determinava il limite massimo dellimporto dovuto a titolo di responsabilit solidale nellammontare complessivo del corrispettivo dovuto dallappaltatore al subappaltatore; c) il comma 31 stabiliva che gli atti che dovevano essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore fossero notificati, entro il medesimo termine, anche al responsabile in solido. Per lindividuazione dei competenti uffici degli enti impositori e previdenziali si faceva comunque riferimento alla sede del subappaltatore. Riguardo alla materia della responsabilit solidale tra appaltatore e subappaltatore, rimasto invece in vigore il comma 28 dellarticolo 35 che sancisce la responsabilit solidale tra appaltatore e subappaltatore per leffettuazione e il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, nonch per il versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti, a cui sia tenuto il subappaltatore medesimo. Tuttavia, il comma 8 del DL 97/08 sopprime, analogamente,i commi 32 e 33 del citato articolo 35, che tale responsabilit sancivano, comminando forti sanzioni pecuniarie, in mancanza di una serie di verifiche ed adempimenti a carico del committente. Il comma 32 stabiliva infatti che il committente, prima di pagare il corrispettivo spettante allappaltatore, dovesse chiedere a questultimo lesibizione della documentazione attestante la corretta esecuzione da parte dellappaltatore stesso degli adempimenti, indicati al comma 28, connessi con le prestazioni di lavoro dipendente relative allopera, alla fornitura o al servizio affidati. Il comma 33 comminava poi una forte sanzione amministrativa pecuniaria, da 5 mila a 200 mila euro, per linosservanza delle suddette modalit di pagamento. Tale misura afflittiva era applicata soltanto nel caso che gli adempimenti di cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti lopera, la fornitura o il servizio affidati non fossero stati correttamente eseguiti dallappaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Si stabiliva che per lapplicazione della suddetta sanzione venissero osservate le disposizioni previste per la violazione commessa dallappaltatore. Si ricorda peraltro che larticolo 29, comma 2, del d. lgs. n. 276 del 2003, e successive modificazioni, prevede che in caso di appalto di opere o di servizi, in cui il committente sia anche imprenditore o datore di lavoro, questi obbligato in solido con lappaltatore, nonch con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dellappalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. Si osserva, a tale proposito, che il comma 8 in commento ha abrogato anche il comma 34 del citato art. 35, il quale, nell'ultimo periodo, faceva salvo, da un lato, il medesimo articolo 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276, e successive modificazioni, ed estendeva, dall'altro, la responsabilit solidale prevista da quest'ultima norma all'effettuazione e al versamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente.

2) il comma 3 dellarticolo 32 e il comma 3 dellarticolo 33 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 riguardano la tracciabilit dei pagamenti dei professionisti e lelenco dei clienti e fornitori. In particolare, il comma 3 dellarticolo 32 del d.l. 112/08 ha abrogato i commi 12 e 12-bis dellarticolo 35 del decreto legge n. 223 del 2006 che recavano disposizioni in materia di tracciabilit dei compensi degli esercenti arti e professioni. In base a tali disposizioni tali soggetti 54

erano obbligati a tenere uno o pi conti correnti bancari o postali dove far affluire affluiscono le somme derivanti dallesercizio dellattivit e dai quali prelevare quelle utilizzate per il pagamento delle relative spese. I compensi in denaro per lesercizio di arti e professioni dovevano, inoltre, essere riscossi esclusivamente con assegni non trasferibili o bonifici, ovvero altre modalit di pagamento bancario, postale o elettronico, con eccezione per gli importi unitari inferiori a cento euro. Il comma 3 dellarticolo 33 del d.l. 112/08 ha invece soppresso i commi 4-bis e 6 dellarticolo 8-bis del DPR n. 322 del 1998, recanti, rispettivamente, lobbligo per i soggetti IVA di presentare annualmente lelenco dei soggetti nei confronti dei quali sono state emesse fatture e dei soggetti titolari di partita IVA da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini dellapplicazione dellimposta ed il relativo regime sanzionatorio, applicabile per omessa trasmissione di tali elenchi, ovvero nei casi di invio di dati incompleti o non veritieri. 3) i commi 2, 3 e 4 dellarticolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 riguardano la trasmissione telematica allAgenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio; le compensazioni effettuate dai titolari di partita IVA e infine memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici. Il comma 2 dellarticolo 16 del decreto-legge 185/08 ha abrogato i commi da 33 a 37-ter del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, concernenti la trasmissione telematica allAgenzia delle entrate dei corrispettivi giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio. Il comma 3 dellarticolo 16 del decreto 185/08 ha abrogato i commi da 30 a 32 dellarticolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) relativi sulla disciplina delle compensazioni effettuate dai titolari di partita IVA ovvero quella disposizione che obbligava i titolari di partita IVA a comunicare, per via telematica, allAgenzia delle entrate limporto e la tipologia dei crediti che saranno oggetto della successiva compensazione, in caso di operazioni di compensazione per importi superiori a 10.000 euro. Il contribuente doveva far inviare tale comunicazione entro il quinto giorno precedente quello in cui intende effettuare loperazione di compensazione. Il comma 4 dellarticolo 16 del decreto 185/08 ha abrogato i commi da 363 a 366 dellarticolo 1 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) relativi alla memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici. 2. Il nuovo redditometro Uno dei perni della nostra proposta sar un nuovo redditometro che avr tuttavia efficacia immediata per la riscossione delle imposte o maggiori imposte che emergeranno dalla sua applicazione. Lattuale redditometro aveva esclusivamente effetto di controllo a posteriori ed essendo applicato parzialmente di fatto ha avuto scarso utilizzo e scarsa efficacia anche perch i vari condoni fiscali che si sono succeduti lo hanno reso pressoch inutile. Ciononostante nel 2009 ha permesso di all'Agenzia delle Entrate di scovare circa 20mila falsi poveri e accertato maggiori imposte per circa 300 milioni di euro. 55

Anche il governo annuncia un nuovo redditometro, ma sempre con lo scopo di controllo a posteriori. Il redditometro del futuro non guarder pi al solo possesso di beni o investimenti ma dovr misurare la reale capacit di spesa del contribuente in relazione al reddito dichiarato al fisco. Dir addio ai coefficienti e soprattutto dovr essere uno strumento semplice, alla portata di qualunque contribuente. A differenza del redditometro attuale, che fa riferimento a pochi elementi significativi di capacit contributiva, alcuni dei quali anche obsoleti: Il nuovo redditometro dovr poggiare su una base di elementi da considerare molto pi vasta rispetto ai 6/7 attuali. Parliamo di due-tre volte di pi, e sar basata su una metodologia statistico-matematica che cercher le relazioni esistenti tra questa enorme massa di elementi e la capacit reddituale del soggetto. Ecco, allora, che il redditometro diventa cruciale per fornire indizi importanti sulla "coerenza" dei redditi personali dichiarati a valle da questi e altri contribuenti, visto che non mira a individuare l'origine delle loro entrate (come fanno invece gli studi di settore), ma piuttosto a pesare i guadagni ufficiali con le "manifestazioni di ricchezza", che in genere non vengono nascoste. La norma che ammette l'uso di questo strumento l'articolo 38, comma 4, del Dpr 600/73, che prevede disposizioni sulle rettifiche delle dichiarazioni delle persone fisiche. Il decreto stabilisce che l'ufficio pu, in base a elementi e circostanze di fatto certi, determinare il reddito complessivo del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Secondo la nostra proposta il redditometro determinerebbe una presunzione legale, che comporta l'onere della prova contraria in capo al contribuente, ma che consentirebbe fin da subito liscrizione a ruolo e la conseguente riscossione delle maggiori imposte cos accertate. Rispetto agli attuali indicatori (possesso di automobili, immobili, barche, e cos via) entreranno nella partita "valori" nuovi, come le scuole private per i figli, le vacanze in localit di lusso, la frequentazione di centri benessere e cos via, elementi di cui si va arricchendo la banca dati dellAgenzia delle Entrate. Vi poi un grande numero di societ che dichiarano redditi negativi o molto bassi. Ebbene in molti casi sono in possesso di beni di lusso come automobili di grande cilindrata, ville, immobili. Vogliamo estendere il redditometro anche a queste societ imponendo loro di pagare le stesse tasse richieste alle persone fisiche. Secondo il recente studio di Contribuenti.it, elaborato su dati provvisori del Ministero delle Finanze che fa riferimento alle dichiarazioni fiscali presentate nel 2009, emerso che la met degli italiani dichiara non oltre 15.000 euro annui e circa due terzi non pi di 20.000 euro; di contro, solo l1% che dichiara oltre 100 mila euro e lo 0,2% pi di 200mila euro. Nello stesso periodo in Italia, venivano immatricolate 206mila automobili di lusso dal prezzo medio di 103mila euro (comprese 620 Ferrari e 151 Lamborghini). E invece, solo 76mila italiani (lo 0,18% dei 41.066.588 contribuenti) hanno dichiarato al fisco un importo simile! Siamo facendo i necessari calcoli ma siamo convinti che in questo modo riusciremmo a far incamerare immediatamente alle casse dello Stato parecchi miliardi di euro! Maggiori entrate: E prevedibile che essendo pari a oltre 21 miliardi di euro il totale dei versamenti in autotassazione dellimposta sul reddito delle persone fisiche relativo allanno 2009 si pu prevedere un incremento di almeno il 15 % dei detti versamenti per un maggior gettito pari a 3,15 miliardi di euro.

3. Sanatoria immigrati In quasi un caso su sei il lavoro irregolare effettuato da immigrati clandestini. Sono poco pi di 377mila le unit di lavoro irregolare, in pratica una misura statistica che quantifica l'attivit svolta da un lavoratore a tempo pieno, che il rapporto attribuisce agli stranieri non residenti, cio gli 56

immigrati che sfuggono sia al Fisco sia all'osservazione statistica sulle famiglie perch integralmente irregolari. La sanatoria potrebbe procedere in due tappe: la prima tappa dovrebbe reintegrare nella sanatoria delle badanti e delle colf gli immigrati esclusi dallassegnazione dei permessi di soggiorno, per effetto della cosidetta Circolare Maganelli in quanto avevano ricevuto un precedente ordine di espulsione. Il reato di clandestinit stato infatti sonoramente bocciato da due autorevoli organismi quali la Corte europea e il Consiglio di Stato, demolendo definitivamente lapproccio razzista, antistorico e contrario ad un sistema economico libero, che la Lega Nord ha voluto dare al tema del diritto di cittadinanza. Il 24 maggio scorso, il Viminale stato dunque costretto a dichiarare con un apposita circolare, per circa 24 mila lavoratori e lavoratrici stranieri, che il diritto di cittadinanza non pu essere collegato al reato di clandestinit. Infatti, tale circolare prevedeva che il permesso di soggiorno non potesse essere negato ai cittadini stranieri solo perch denunciati in quanto irregolari sul territorio nazionale. La prima conseguenza sarebbe stata luscita dal lavoro sommerso per 24 mila lavoratori che sorreggono leconomia al Nord come al Sud; lavoratori che spesso sono il perno di fonderie, acciaierie, agricoltura e servizi di assistenza alla persona. Dopo appena due giorni, incomprensibilmente, il Ministro Maroni cambia idea ed a poche ore dalle votazioni per i ballottaggi delle elezioni amministrative, il 26 maggio, emana unaltra circolare che smentisce quella di due giorni fa e ne sospende gli effetti. La precedente sanatoria (2002) in seguito allentrata in vigore della legge Bossi-Fini, aveva fatto incassare circa 1,4 miliardi di euro in pi. Oggi la regolarizzazione di 350mila immigrati darebbe maggiori entrate per una somma pari ad almeno 750-800 milioni di euro. Regolarizzazione 2002 Domande di regolarizzazione presentate: 693.937 (3% del totale dei lavoratori italiani) Respinte 49.220 istante (a vario titolo, per mancata presentazione delle persone, rigetto, contenzioso) Permessi di soggiorno rilasciati: 641.638 (315.199 lavoratori domestici e 326.439 lavoratori di altre categorie) 4. Lunificazione dellaliquota delle imposte sostitutive sui redditi da capitali Si demanda al Governo l'adozione, entro il 31 dicembre 2010, di uno o pi decreti legislativi volti al riordino del trattamento tributario dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, nonch delle gestioni individuali di patrimoni e degli organismi di investimento collettivo mobiliare, e ad apportare modifiche al regime delle ritenute alla fonte sui redditi di capitale o delle imposte sostitutive afferenti i medesimi redditi, con lesclusione dei redditi derivanti da titoli emessi dallo Stato. Nell'attuazione della delega il Governo si atterr a principi aventi quali finalit: la natura finanziaria o delle misure delle imposte sostitutive afferenti i medesimi redditi, al fine della loro unificazione, con la previsione di un'aliquota unica pari al 20 per cento e con la conferma delle vigenti disposizioni che prevedono esenzioni ovvero non imponibilit di redditi diversi e di capitali; il 57

rispetto, nell'applicazione dell'aliquota unica, dei principi di incoraggiamento e di tutela del risparmio di cui all'articolo 47 della Costituzione; l'eventuale introduzione di misure compensative, anche attraverso deduzioni o detrazioni di imposta, a favore dei soggetti economicamente pi deboli; la semplificazione delle procedure per ridurre i costi amministrativi a carico degli intermediari; il coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti, attraverso l'introduzione di tutte le modifiche necessarie e nel rispetto del principio dell'equivalenza di trattamento tra i diversi redditi e strumenti di natura finanziaria, nonch tra gli intermediari finanziari; l'introduzione di una adeguata disciplina transitoria volta ad escludere, con riferimento alle posizioni maturate prima della data di entrata in vigore della nuova normativa, la possibilit di ingiustificati guadagni o perdite derivanti dal passaggio alla nuova disciplina. Dall'adozione dei decreti legislativi previsti dall'articolo in oggetto sono attese maggiori entrate per un importo non inferiore a 2.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2011.

5. Riduzione deducibilit delle sofferenze delle banche Larticolo da noi proposto riduce dallo 0,30 allo 0,20 per cento la quota di deducibilit delle svalutazioni dei crediti nellesercizio degli egli enti creditizi e finanziari. Secondo un stima prudenziale calcolata sulla base degli effetti prodotti dalla norma di cui allarticolo 82, comma 11, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 dal 2008 in poi, si stima che -a decorrere dal 2010. Secondo una stima prudenziale, grazie allintroduzione di questa norma possibile recuperare 250 milioni di euro lanno. Al riguardo si rammenta che il comma 3 dellarticolo 106 del TUIR, che definisce i criteri di deducibilit ai fini IRES delle svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, prima delle modifiche intervenute con il decreto 112/2008 disponeva che per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per limporto non coperto da garanzia assicurativa, che derivano da erogazioni di credito alla clientela, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,40 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato delle svalutazioni dellesercizio. Lammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,40 per cento deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. Successivamente alle modifiche intervenute con il decreto 112/2008 (articolo 82) si disposta : 1) la riduzione dallo 0,4% allo 0,3% della quota annua massima deducibile; 2) laumento da nove a diciotto anni del periodo di tempo entro il quale deducibile leccedenza non deducibile nellanno. Il prospetto riepilogativo allegato alla relazione tecnica indica i seguenti effetti delle norme sui saldi di finanza pubblica. (milioni di euro) SALDO NETTO DA FINANZIARE 2008 2009 2010 2011 Maggiori entrate 582 611 643 678 INDEBITAMENTO NETTO 2008 2009 2010 2011 2008 2009 2010 2011 582 611 643 678 582 611 643 678 FABBISOGNO

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La relazione tecnica afferma che la normativa proposta, riducendo il limite di deducibilit delle svalutazioni nellesercizio, determina un minore importo deducibile nel primo anno di applicazione, pari a circa 990 milioni di euro. Considerando un tasso di crescita prudenziale delle svalutazioni pari al 3% annuo, una aliquota media IRES del 26%, il recupero di gettito annuo per competenza ai fini IRES ascrivibile a tale misura stimato come segue. COMPETENZA IRES (milioni di euro) 2008 256 2009 263 2010 271 2011 279

6. Concessioni: si possono rivedere i canoni di concessione statali e degli enti territoriali, in particolare quelli delle frequenze dello spettro radioelettrico, di almeno un 10%. 7. Aliquota unica per il PREU pari al 15% Proponiamo di ripristinare per limposta sostitutiva sui giochi (Prelievo Erariale unico PREU) la vecchia aliquota unica - ma portandola dal 13,5% al 15% - che si applica sullammontare delle somme giocate, come stabilito dallarticolo 39, comma 13, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Tale aliquota stata modulata in maniera regressiva con la disposizione di cui allarticolo 30-bis, comma 1, del decreto legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, con le seguenti modalit: a) 12,6 per cento, fino a concorrenza di una raccolta pari a quella dellanno 2008; b) 11,6 per cento, sullincremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo non superiore al 15 per cento della raccolta del 2008; c) 10,6 per cento, sullincremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo compreso tra il 15 per cento e il 40 per cento della raccolta del 2008; d) 9 per cento, sullincremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo compreso tra il 40 per cento e il 65 per cento della raccolta del 2008; e) 8 per cento, sullincremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo superiore al 65 per cento della raccolta del 2008. Questa misura stata utile al fine di favorire lemersione di un sommerso (dovuto al mancato collegamento di molti apparecchi di gioco alla rete telematica dellAmministrazione finanziaria) che ha dato luogo ad un contenzioso di pi di 80 miliardi di euro, contenzioso ancora in corso di definizione. Nel frattempo diversi provvedimenti hanno prorogato la scadenza delle concessioni. Oggi come rileva la Corte dei conti nella sua Deliberazione n. 28 del 2011: I proventi delle attivit di gioco, che in passato risentivano dellincertezza e dellaleatoriet derivanti dal legame con specifiche scelte di consumo dei contribuenti, hanno finito per assumere connotati di continuit e strutturalit, assicurando allerario risorse rilevanti e crescenti. Lanno di svolta stato il 2004: le entrate erariali da giochi sono raddoppiate in valore assoluto (da 3,5 a 7,3 miliardi), in corrispondenza di una forte crescita della raccolta lorda (da 15,1 a 24,8 miliardi). Negli anni successivi si assistito, prima, ad un assestamento dei proventi netti su un 59

livello pi contenuto (meno di 6,2 miliardi nel 2005), e, poi, ad una ripresa ed alla ininterrotta continuazione della crescita fino agli 8,7 miliardi del 2010, in leggera flessione rispetto al 2009 (0,7 per cento). I risultati in termini di entrate erariali sono stati resi possibili da unancora pi sostenuta crescita della raccolta, che nel 2010 ha raggiunto i 61,5 miliardi, portando ad oltre 339 miliardi la raccolta del decennio 2001-2010: con un valore medio annuo (circa 34 miliardi) superiore di oltre il 140 per cento rispetto a quello registrato nel periodo 1996-2000. A fronte della sostenuta crescita della raccolta, le entrate di competenza dellErario sono cresciute ad un ritmo sostanzialmente dimezzato: 152,6 per cento, a fronte del 306,3 per cento, nellarco di tempo compreso fra il 2003 e il 2010. In sostanza, un aumento senza dubbio significativo sul versante delle entrate ha presupposto una vera e propria dilatazione della raccolta sul mercato dei giochi. Un fenomeno, questo, che trova conferma nella forbice che si venuta a creare, ed a progressivamente allargare, fra le due variabili nellultimo settennio e nella progressiva riduzione dellincidenza dellutile erariale sulla raccolta (era il 30,3 per cento nel 2000, stata del 14,2 per cento nel 2010). Evidenze che, peraltro, sembrano destinate ad accentuarsi alla luce dei risultati dellultimo biennio: nel 2009, un aumento delle entrate erariali da giochi per poco pi di 1 miliardo ha richiesto quasi 7 miliardi di aumento della raccolta; nel 2010, ulteriori 7 miliardi di aumento della raccolta non hanno impedito una sia pure lieve flessione delle entrate erariali. Risulta dunque confermata la tendenza ad una progressiva diminuzione della resa media dei giochi in termini di utili netti per lerario, con il corrispondente aumento della quota delle spese per vincite corrisposte e per spese di gestione. Alla perdita di peso delle lotterie tradizionali, dei giochi a base sportiva ed a base ippica e pi recentemente del lotto, si contrappone, infatti, la rapida crescita dellincidenza sul totale delle entrate erariali delle lotterie istantanee, del superenalotto e degli apparecchi (questi ultimi passati dal 7 per cento nel 2004 al 43 per cento nel 2010). In definitiva, dallanalisi svolta emerge un quadro caratterizzato da due evidenze. La prima, e pi attuale, quella di una fonte di entrata sostanzialmente affidabile, che sembra aver perduto la sua tradizionale connotazione di aleatoriet per acquistarne una di tendenza ad una progressiva e stabile crescita, oltre a costituire un argine alle attivit criminali da sempre ampiamente presenti nel settore. La seconda, a valenza prospettica, di una fonte di entrata che sta incontrando i primi limiti alla propria carica espansiva, non potendosi ipotizzare la continuazione di unesponenziale dilatazione del mercato della raccolta. Fin qui la Corte dei conti. Possiamo dunque tranquillamente ipotizzare che la fase di emersione del sommerso pu dirsi acquisita e che sarebbe opportuno avvicinare progressivamente la tassazione di queste entrate (che in pratica tali sono le giocate dedotte le percentuali minime riferite ai costi di gestione ed una quota anchessa minoritaria relativa alle vincite) a quelle relative allIRE ed allIRES. Una tappa intermedia pu essere quella di riportare laliquota dellimposta sostitutiva dei giochi ad una percentuale unica - come era fino al 2008 ma pari al 15% (nel 2008 era pari al 13,5%). In tal modo si otterrebbe - solo per le entrate erariali derivanti dagli apparecchi e basandosi sui dati riportati dalla Corte dei conti un incremento superiore ai 1.500 milioni di euro annui. 60

8 Riduzione delle agevolazioni fiscali Si tratta di 476 agevolazioni per un mancato gettito complessivo pari a 161,6 miliardi di euro. Il Governo vorrebbe arrivare ad un risparmio a regime pari a 16 miliardi di euro. Proponiamo un risparmio di 5 miliardi con lesclusione delle agevolazione su casa, famiglie, lavoro e pensioni. Agevolazioni a favore delle persone fisiche di cui: casa famiglia lavoro e pensioni altre agevolazioni 103,5 miliardi 9,2 21,5 56,8 16

Reddito dimpresa Agevolazioni accise Agevolazioni Iva Agevolazioni altre imposte indirette Totale Agevolazioni

10,1 3,6 38,3 5,2 161,6 miliardi

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D - MISURE STRAORDINARIE PER LA RIDUZIONE DELLO STOCK DEL DEBITO 1. Ruoli esattoriali non riscossi Misure legislative da prevedere: Responsabilit non pi limitata dei soci delle Srl , ecc, per i debiti fiscali e contributivi Libro nero degli imprenditori e amministratori di societ in debito con il fisco per tasse accertate e definitive. Non possono pi essere amministratori e titolari di impresa o attivit professionale. Asta per la cartolarizzazione dei ruoli esattoriali dal 2000 al 2010 con base minima al 30% (dedotte le somme gi incassate dallAgenzie delle entrate). Il livello del tasso di riscossione totale che, come si rileva per le annualit ormai assestate (i primi anni 2000) , tende a collocarsi intorno al 20 per cento; valori quasi doppi rispetto a quello rilevato da precedenti indagini della Corte, relative agli accertamenti emessi dallAgenzia delle entrate in specifici anni. Nel valutare la significativit di tali evidenze va naturalmente tenuto conto del fatto che le riscossioni rendicontate da Equitalia comprendono anche la riscossione fisiologica (es. TARSU di molti comuni) e molte quote che non sono di vera evasione (una parte dei ruoli 36-bis e 36-ter derivano da errori). Pi specificamente, i ruoli dellAmministrazione finanziaria centrale (Agenzie entrate e dogane) si aggirano intorno al 50 per cento del totale, laddove la restante met si distribuisce fra Enti previdenziali ed enti locali. Questi risultati sembrano complessivamente testimoniare di una ritrovata efficienza e, in ogni caso, riflettono nuove possibilit di azione offerte da significative modifiche normative e da un loro intenso e diffuso utilizzo. E il caso, in particolare, dellestensione delle misure cautelari (DL 185/2008 e DL 78/2009) ai processi verbali di constatazione e agli inviti al contraddittorio e con riferimento non alle sole sanzioni, ma allintera pretesa tributaria; della possibilit di acquisire informazioni di natura finanziaria finalizzate alliscrizione dipoteca e al sequestro conservativo; della validit, anche per Equitalia, delle ipoteche e dei sequestri conservativi ottenuti dallAgenzia delle entrate. Ma anche il caso degli sviluppi operativi realizzati nel corso del 2010, con riferimento a:

compensazione ruoli/rimborsi; euro da parte della P.A. e delle societ a prevalente partecipazione pubblica nei confronti dei soggetti morosi, nel pagamento di somme iscritte a ruolo; Archivio dei Rapporti Finanziari, prima nei confronti dei soli contribuenti iscritti a ruolo per mancato adempimento degli obblighi connessi alle sanatorie fiscali (ex legge n. 289/2002) e successivamente anche nei confronti dei c.d. morosi rilevanti (debitori per importi superiori a 500 mila euro). 62

Con la crescita dei volumi della riscossione, sono stati opportunamente compiuti sforzi per migliorare i rapporti con i cittadini, anche attraverso ladozione di strumenti quali linvio di solleciti e di avvisi e la concessione di rateazioni ai contribuenti in temporanea situazione di difficolt economica. A partire dal 2008 ossia da quando la competenza stata trasferita agli agenti della riscossione sono state concesse oltre 1 milione di rateazioni (poco meno della met nel solo 2010). Ciononostante, negli ultimi tempi si sono andate moltiplicando le reazioni di malcontento per lapplicazione di stringenti misure cautelari da parte delle societ di riscossione (ipoteca, pignoramento conti, blocco pagamenti PA, fermo amministrativo). Malcontento che rischia di ulteriormente estendersi ed accentuarsi nella prospettiva dellentrata in vigore, il 1 luglio prossimo, della norma sulla concentrazione della riscossione nellaccertamento, sia pure mitigata dalle norme del DL n. 70 e della sua legge di conversione. Due conti: I crediti potrebbero essere cartolarizzati a blocchi ponendo come base minima una riscossione (anticipata allerario) del 30 % del valore dei ruoli dedotte le somme gi riscosse per gli anni 20002004 oppure dedotto il 20% del valore dei ruoli (che comunque si sarebbe raggiunto con lordinaria riscossione sia pure dopo alcuni anni) per gli anni 2005-2010. Per rendere appetibili tali cartolarizzazioni occorre introdurre alcune modifiche alle norme sulla riscossione. Ovviamente, la stessa Equitalia potrebbe procedere a tale riscossione con le nuove norme, ma la cartolarizazzione consentirebbe di ottenere queste somme immediatamente. Infine, lasta dovrebbe essere internazionale ed aperta. Dai dati riportati dalla Corte di conti nella sua Deliberazione n. 28 del 2011 (peraltro ripresi da Equitalia) si possono ipotizzare il seguente gettito: 2000-2004 128.526 23.754 18,48 % 15.804 2005-2010 322.598 29.679 9,19 % (20% = 64.519) 32.260 Totale 451.124 53.433 11,84 % 48.064

Carico netto Riscosso al 28 febbraio 2011 % riscosso sul carico Differenza 30% meno % riscosso (*) (milioni di euro)

NOTA: (*) Per le annualit 2005-2010 la differenza calcolata non sul riscosso al 28 febbraio 2011 ma sulla media del riscosso dei primi anni 2000, somma che sarebbe in ogni caso raccolta in alcuni anni dallAgenzia delle entrate. 2-3-4. Dismissione di parte del patrimonio fruttifero dello stato e degli enti territoriali Il problema si articola in quattro capitoli: 1) partecipazioni 2) immobili

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3) concessioni 4) crediti 1) Partecipazioni: si possono dismettere partecipazioni in Enel, Finmeccanica, Eni, Poste italiane, Rai, Fintecna. (le partecipazioni statali in queste societ ammontano a circa 40 miliardi di euro). 2) Immobili: dal 2000 al 2005 si sono dismessi immobili di propriet pubblica per un valore complessivo apri a 21,2 miliardi di euro (16,3 miliardi da parte dello stato e degli enti previdenziali; 5,1 miliardi da parte degli enti territoriali. Nei prossimi anni lo sforzo andrebbe concentrato sugli immobili di propriet delle Regioni e degli Enti locali. proponiamo di dismettere o valorizza con diverse tecniche finanziarie parte degli immobili non strumentali - degli enti territoriali (valore di mercato pi di 100 miliardi di euro ai quali si aggiungono 193 miliardi del valore degli immobili strumentali); - delle amministrazioni statali (valore di mercato pi di 20 miliardi di euro ai quali si aggiungono circa 60 miliardi del valore degli immobili strumentali); 3) Concessioni: si possono rivedere i canoni di concessione (vedi Misure fiscali) statali e degli enti territoriali, in particolare quelli delle frequenze dello spettro radioelettrico, di almeno un 10%; 4) Crediti: Per le amministrazioni centrali sono soprattutto fiscali (vedi Riscossione ruoli esattoriali) per gli enti territoriali non se ne capisce la natura esatta ma la somma comunque cospicua. 5. Scudo fiscale: contributo di solidariet La norma: In considerazione della straordinaria necessit ed urgenza di concorrere alla stabilizzazione finanziaria e al rilancio della competitivit economica del Paese, alle attivit finanziarie e patrimoniali, oggetto di rimpatrio o regolarizzazione ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 e dell'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, si applica, per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, un contributo di solidariet sul patrimonio relativo all'intero ammontare delle somme oggetto di regolarizzazione o rimpatrio con un'aliquota aggiuntiva pari al 7,5 per cento. Il contributo prelevato dall'intermediario finanziario che ha curato il rimpatrio o la regolarizzazione, ovvero da quello cui il relativo rapporto stato trasferito successivamente al rimpatrio od alla regolarizzazione, previa provvista da parte del contribuente della somma dovuta. Il versamento del contributo si effettua con le medesime modalit di cui all'articolo 13-bis del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, entro il 31 ottobre di ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013. Qualora il contribuente non fornisca la provvista finanziaria entro il predetto termine, l'intermediario finanziario competente tenuto a compiere atti dispositivi sul patrimonio affidatogli allo scopo specifico di procurarsi la provvista idonea ad adempiere al versamento dovuto nei sei mesi successivi alla scadenza del detto termine. Si applicano sino alla data dell'effettivo versamento,gli interessi di mora di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della repubblica 29 settembre 1973 n. 602. inoltre applicabile la sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 471.

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6. Recupero all'entrata del bilancio dello Stato delle somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si erano avvalsi dei condoni Articolo . - Recupero all'entrata del bilancio dello Stato delle somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si erano avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di recuperare all'entrata del bilancio dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si erano avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289 e successive modifiche ed integrazioni, anche dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, l'Agenzia delle entrate provvede, entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad una ricognizione di detti contribuenti. Nei successivi trenta giorni, l'Agenzia provvede altres ad avviare nei confronti di ciascuno dei contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione coattiva necessaria al fine dell'integrale recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate dagli interessi maturati, anche mediante l'invio, da parte del concessionario per la riscossione Equitalia Spa, di un'intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza, inderogabilmente entro il termine ultimo del 31 settembre 2010, a pena del venir meno dell'efficacia del condono e delle sanatorie di cui alla citata legge n. 289 del 2002. 2. In caso di omesso pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo, anche con riferimento al mancato versamento di singole rate, la sanatoria non produce effetto e la lite non pu considerarsi estinta. In caso di mancato o ritardato pagamento delle somme dovute e non corrisposte le sanzioni e gli interessi previsti dalla legislazione vigente sono raddoppiati. Il condono del 2002 e le rate non pagate9 Le cifre relative agli importi previsti, a quelli corrispondenti al totale da riscuotere, a quello riscosso e a quello rimasto da riscuotere ammontano rispettivamente a 26 miliardi circa, 20,8 e 4,207. In ordine alle cause e alle motivazioni della permanenza della quota ancora da riscuotere, va rimarcato, in primo luogo, il meccanismo determinato dalle stesse previsioni normative della legge n.289/2002, le quali stabiliscono10 che con il versamento della prima rata contestualmente alla presentazione della dichiarazione integrativa , la controversia risulta estinta , ed il relativo condono diviene definitivamente efficace anche sotto laspetto penale dei reati tributari e non tributari connessi, in relazione ai quali il debitore non avesse avuto ancora formale conoscenza dell'esercizio dell'azione penale, pur nella circostanza del mancato pagamento degli importi dovuti alle scadenze temporali successive. La scelta legislativa di non aver vincolato lefficacia del condono al versamento dellintera somma dovuta, verosimilmente rispondente alla logica di rendere pi appetibile ladesione alla sanatoria fiscale, si collegata, pertanto, ad un sistema di pagamento con efficacia del condono con il versamento della prima rata e rateizzazione delle quote eccedenti, che ha comportato, di fatto, la sospensione e un lungo rinvio delle procedure di riscossione coattiva delle somme non versate; il
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Corte dei Conti - Programmi e risultati per il recupero delle rate del condono non versate Giugno 2011. Legge 289/2002, art.11, in particolare: i nn. da 7 a 13.

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che, come avviene in casi consimili, oltre alla possibile modificazione - per cos dire - fisiologica e normale nel corso del tempo delle condizioni patrimoniali del contribuente debitore, pu consentire ed ha consentito, di fatto, in diversi altri casi, a contribuenti non propriamente ignari della situazione, di organizzare il proprio assetto patrimoniale in modo da rendersi incapienti rispetto alla futura azione esecutiva dellerario. Circa gli esiti del condono fino ad ora ottenuti relativamente alle somme rimaste da riscuotere, pur in presenza di innovativi strumenti atti a rafforzare significativamente i poteri degli agenti della riscossione, quali l accesso allAnagrafe finanziaria e la previsione di cui allart.16 bis, aggiunto ( dal d.l. n.185 /2008 ) alla legge n. 289/2002 e rubricato Potenziamento delle procedure di riscossione coattiva in caso di omesso versamento delle somme dovute a seguito delle definizioni agevolate, che contiene disposizioni in deroga alla ordinaria disciplina della riscossione tramite ruolo, va rilevato che le percentuali mensili di incremento della riscossione specifica rimangono esigue attestandosi in termini dello 0,2 - 0,3% di aumento circa e che la proiezione nel tempo della definitiva riscossione ai ritmi rilevati pone un orizzonte (teorico) di circa dodici anni. Equitalia riferisce di aumenti complessivi crescenti degli importi di riscossione nei periodi considerati, a fronte dei quali, tuttavia, vanno giustapposti i dati sopra indicati, nonch gli incrementi anche del carico lordo da riscuotere (dovuto alla maturazione degli interessi e delle sanzioni) nonch gli incrementi (da portare in diminuzione) degli sgravi concessi per la inesigibilit delle somme. Al riguardo, non va trascurato di rilevare come non verificatasi la previsione espressa in un comunicato stampa emesso dallAgenzia delle entrate in data 15 dicembre 2008, in occasione di un question time tenuto dallallora Sottosegretario allEconomia, in cui veniva affermato che i nuovi strumenti, dianzi citati, avrebbero consentito di riscuotere 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 in pi rispetto al recupero ordinario. La realt espressa dai dati numerici contraddice, purtroppo, questa previsione: infatti, nellarco temporale considerato (2007 -2010), da un importo iniziale complessivo non versato di 5,2 miliardi, ci si attestati, alla data del 31.12.2010, ad un importo ancora da versare pari a circa 4,23 miliardi; ci significa che, annualmente - sempre considerando il periodo indicato - sono stati recuperati crediti per meno di 300 milioni di euro e non vi stato il previsto recupero ulteriore. Se la situazione, cos come risulta attualmente, dovesse cristallizzarsi e non sortire gli effetti sperati - in disparte la considerazione che il trascorrere del tempo rende meno probabile la riscossione occorrerebbero circa dodici anni per la sua completa definizione:una durata di tempo inaccettabilmente lunga, anche in considerazione del fatto che la letteratura sullistituto dei condoni individua, tra i motivi giustificativi della loro adozione, unaccelerazione del gettito nel breve periodo rafforzata dallaspettativa dellemersione strutturale della base imponibile. Ci premesso, la ricerca delle cause per le quali, almeno a tuttoggi, non hanno funzionato gli strumenti straordinari messi a disposizione dal legislatore - giustamente preoccupato dalla lentezza dei recuperi da condono - ha condotto ad alcune considerazioni che riguardano, come detto nelle pagine precedenti, i seguenti punti: - la presenza di caratteristiche di vischiosit e di difficolt realizzative di tipo tradizionale comuni alla riscossione (coattiva) delle entrate tributarie ordinarie (quali le vicende fisiologiche o patologiche dovute allincapienza dei soggetti incisi o della inesigibilit degli importi dovuti) e per le quali occorre, naturalmente, definire ed attuare le azioni amministrative necessarie per il 66

recupero delle somme dichiarate e dovute dagli aderenti al condono, ma non versate neppure dopo liscrizione a ruolo e la notifica delle cartelle di pagamento; - la presenza di contenzioso giurisdizionale sia nei confronti dei contribuenti sia nei rapporti tra agenti della riscossione e societ concessionaria, dovuto (anche) ad orientamenti non consolidati sia in campo nazionale che comunitario europeo in ordine alla esistenza e permanenza dei presupposti della imposizione tributaria e della efficacia della rateizzazione rispetto a tali presupposti; - lattuazione in maniera ancora limitata e in casi concreti numericamente esigui delle possibilit previste dalle innovazioni normative in tema di accesso ai dati (e al loro utilizzo) ricavabili dal sistema dellanagrafe tributaria ed in tema di strumenti di apprensione del patrimonio del debitore. Su tale ultimo punto si richiama lattenzione delle Amministrazioni per un pi incisivo utilizzo. Al riguardo, va anche ricordata la previsione contenuta nel comma 5 dell'art. 20 del D.lgs. n. 112 del 3 aprile 1999, in forza della quale :"Per le entrate tributarie dello Stato l'ufficio, qualora venga a conoscenza di nuovi elementi reddituali opatrimoniali riferibili allo stesso soggetto, pu reiscrivere a ruolo le somme gidiscaricate, purch non sia decorso il termine di prescrizione decennale. LAmministrazione dovrebbe, pertanto, tentare il recupero delle somme quando il contribuente , per cos dire, tornato "in bonis" ed il credito di ingente entit, anche in considerazione del fatto che l'eventuale reiscrizione delle quote discaricate potrebbe oggi fondarsi su una applicazione informatica, con costi di gestione molto bassi. Altri punti riguardano ancora: - la possibilit che gli obiettivi di riscossione di tali crediti tributari vengano accomunati a quelli di carattere generale, concorrendo gli uni e gli altri, in maniera indistinta, ai risultati richiesti complessivamente alla societ di riscossione, cos perdendosi di vista, di fronte a risultati di gettito complessivamente costanti o crescenti, la possibilit di monitorare e verificare eventuali situazioni di carenza per tipologie specifiche di condono, rinunciando cos alla possibilit di porre in essere interventi correttivi sia normativi che gestionali; - collegata al punto precedente poi la questione, sollevata anche dalla stessa Amministrazione finanziaria, di ottenere -ai fini di un attento e sistematico monitoraggio del seguito delliscrizione a ruolo degli importi non versati e degli andamenti delle singole fattispecie di condonolattribuzione di specifici codici-tributo di identificazione; - anche nella contabilit del bilancio statale, lidentificabilit di tale entrata da condono non sempre risulta differenziata rispetto allentrata tributaria tradizionale, con analoghe conseguenze in ordine alla possibilit di confrontare le previsioni (le quali risentono di talune imprecisioni, sia in ordine alle entrate che alle spese segnalate, nelle pagine precedenti) e le effettive riscossioni, anche con riferimento ai costi di gestione. Da ultimo, si segnala la opportunit che il recupero delle rate del condono venga considerato in maniera pi estesa e diffusa nelle rilevazioni periodiche previste in materia di entrate tributarie, opportunit confermata dalla riscontrata difformit tra le previsioni formulate nel 2008 ed i risultati effettivamente raggiunti nel triennio 2008-2010. Pi in generale, resta lesigenza di programmare ed intensificare i controlli nei confronti di quelle categorie di contribuenti, che, pur risultando maggiormente a rischio di evasione (per natura giuridica, per classe di volume daffari, per settore economico di appartenenza, per modello di dichiarazione, per ubicazione territoriale), attuando un costante e sistematico monitoraggio 67

finalizzato a rilevare le modifiche intervenute nei comportamenti fiscali dei contribuenti che hanno aderito ai condoni.

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