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Psicologia e Giustizia

Anno VI, numero 1


Gennaio - Giugno 2005

La preparazione dell’imputato alla deposizione:


aspetti psicoforensi

Rosalba Cappa

Premessa
Nel processo penale la deposizione dell’imputato è un momento cruciale
poiché l’impianto del procedimento è volto a stabilire se egli è colpevole,
innocente o se ha compiuto il fatto in modo più o meno giustificabile.
L’imputato, così come il suo avvocato, sa che il giudice può trarre anche
dalle sue parole un convincimento piuttosto che un altro. La procedura
penale italiana come in ogni processo moderno non pretende che l’imputato
deponga. Egli ha infatti il diritto di rimanere in silenzio. Se decide di deporre
può farlo in vari modi e mai la sua deposizione è preceduta da giuramento,
cosa che invece avviene per testimoni e periti. Infatti per l’imputato vale la
regola del nemo tenetur se detegere, ovvero nessuno può essere costretto
ad autoincriminarsi testimoniando contro se stesso. Egli ha quindi il diritto di
mentire circa la propria condotta senza incorrere in sanzioni penali (Mazza,
2004). L’imputato può rilasciare dichiarazioni spontanee in qualunque
momento del processo senza che gli altri possano rivolgergli delle domande
o può scegliere di farsi esaminare secondo le regole della cross-
examination con cui l’avversario (PM, parte civile) potrebbe cercare di
dimostrare in vario modo la sua colpevolezza. Già scegliere tra queste tre
opzioni (non rispondere, rilasciare dichiarazioni o sottoporsi all’esame
incrociato) non è facile sia per imputato che per la difesa: se si rifiuta di
parlare può dare l’impressione di avere qualche cosa da nascondere e se
parla può dare un’impressione diversa da quella che vorrebbe trasmettere.
In Italia non esistono pubblicazioni che abbiano come oggetto la
preparazione dell’imputato alla deposizione e non è presente alcunché
nemmeno sulla preparazione del testimone perché è solo da poco che agli
avvocati è permesso parlare ai testimoni prima del processo; questi ultimi

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non vengono preparati perché gli avvocati temono che si possa pensare
che siano stati subornati. La letteratura psicogiuridica italiana offre qualche
esempio solo per ciò che riguarda la preparazione del testimone esperto
(Gulotta, 2002).
Negli Stati Uniti esistono ricerche su come preparare sotto il profilo
psicologico alla deposizione il testimone ma non vi è nulla sulla
preparazione dell’imputato.
La nostra ipotesi è che gli avvocati siano consapevoli dell’importanza della
deposizione rispetto al contenuto della stessa e che sappiano dare in
questo senso i giusti consigli, ma che siano meno consapevoli
dell’importanza che riveste anche il come una dichiarazione deve essere
resa e questo perché paradossalmente non hanno conoscenze in
psicologia sociale e in psicologia della comunicazione pur essendo
impegnati giornalmente in attività che le richiederebbero.

La ricerca quantitativa
Abbiamo voluto verificare con la somministrazione di un questionario
composto da 20 domande (alcune a scelta multipla, altre aperte), quanto gli
avvocati usino preparare i loro assistiti prima del processo sia nel caso in
cui decidano di sottoporsi all’esame sia nel caso di semplici dichiarazioni
spontanee. Nella prima parte il questionario va a esaminare se gli avvocati
credano nell’importanza della preparazione e se la svolgano. Un altro
gruppo di domande ha lo scopo di rilevare se e come gli avvocati preparino
il loro assistito sotto il profilo verbale e un ultimo gruppo di domande ha
l’obiettivo di vedere se e quanto la preparazione verta anche sugli aspetti
non verbali della deposizione. Le domande aperte hanno lo scopo di
permettere agli avvocati di descrivere più in dettaglio quali mezzi loro usino
per svolgere la preparazione del loro cliente.
Il campione è di 69 individui selezionati tra avvocati penalisti, praticanti e
praticanti operativi sul foro di Torino e zone vicine. Si è scelto di includere
nel campione anche alcuni avvocati civilisti, ritenendo che anche la loro

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opinione potesse essere rilevante ai fini della ricerca. Su alcune coppie di
valori ottenuti che ritenevamo essere più importanti ai fini della nostra
indagine è stata infine fatta l’analisi statistica del chi quadrato, che ha come
scopo quello di individuare eventuali connessioni significative tra le variabili
a cui viene applicato. Pur essendo questo uno studio non generalizzabile
perché effettuato su un campione limitato e proveniente unicamente da una
ristretta zona geografica, per cui non rappresentativo, offre a nostro avviso
risultati che confermano l’ipotesi di partenza. I risultati mostrano come il
96% degli intervistati si renda conto dell’importanza della preparazione,
tanto da ritenere che svolgerla sia un dovere dell’avvocato, come mostra la
Tavola 1.

Tavola 1
3. Ritiene che faccia parte dei compiti
dell’avvocato difensore preparare
l’imputato alle deposizioni sia spontanee
che a seguito di domande?
Non risposto 1 1,45%
SI 66 95,65%
NO 2 2,90%
Totale 69

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Con l’aumentare poi dell’esperienza e degli anni di anzianità lavorativa gli


avvocati preparano gli imputati in modo più completo, andando nella
direzione della preparazione descritta in questo lavoro. In accordo con
quanto viene fatto con il testimone in America, gli avvocati con maggiore
esperienza effettuano la preparazione non limitandosi a dare dei consigli
ma facendo anche dei role playing e tendono inoltre maggiormente a
riesaminare con l’imputato quanto da lui affermato nelle precedenti
dichiarazioni, come mostrato nella Tavola 2.

Tavola 2
8. Durante la preparazione si limita a dare
dei consigli o fa anche delle prove in cui
simula l’interrogatorio ?
Non risposto 2 2,90%
Solo consigli 2942,03%
Solo prove 1 1,45%
Entrambi 3753,62%
Totale 69

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La tabella 1 illustra come la statistica del chi quadrato applicata ai dati


ottenuti evidenzi una correlazione positiva tra l’aumentare degli anni di
anzianità professionale e un tipo di preparazione che va nella direzione sia
dei consigli che delle prove.

Tabella 1: Relazione tra Anzianità e domanda 8: durante la preparazione si


limita a dare consigli o fa anche delle prove in cui simula l’interrogatorio?
Nella prima fascia di anzianità rientrano i professionisti che hanno non più di
15 anni di esperienza. Nella seconda fascia rientrano i professionisti che hanno
oltre i 15 anni di esperienza.

D_9 Total
Non Solo Solo Entramb
risposto consigli prove i
Anni 1 Count
(Bande 1 23 1 17 42
d)
% within
100,0
Anni 2,4% 54,8% 2,4% 40,5%
%
(Banded)
2 Count 1 6 0 20 27
% within
100,0
Anni 3,7% 22,2% ,0% 74,1%
%
(Banded)
Total Count 2 29 1 37 69
% within
100,0
Anni 2,9% 42,0% 1,4% 53,6%
%
(Banded)

Chi-Square Tests
P - Asymp.
Sig. (2-
Value df sided)
Pearson Chi- 8,342(a) 3 ,039
Square

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Likelihood Ratio 8,976 3 ,030
Linear-by-Linear 6,107 1 ,013
Association
N of Valid Cases 69

Gli avvocati spiegano inoltre all’assistito cosa è meglio non dire e come
rispondere ai diversi tipi di domande che possono essere fatte, come
mostra la Tavola 3

Tavola 3
15. Spiega in dettaglio come è meglio
rispondere ai diversi tipi di domande
che possono essere fatte?
Non risposto 1 1,45%
SI 51 73,91%
NO 17 24,64%
Totale 69

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La tabella 2 illustra come la statistica del chi quadrato applicata ai dati


ottenuti evidenzi una correlazione positiva tra l’aumentare degli anni di
anzianità e un tipo di preparazione che insegni al cliente come rispondere ai
diversi tipi di domande che possono essergli rivolte.

Tabella 2: Relazione tra Settore e domanda 15: spiega in dettaglio come è


meglio rispondere ai diversi tipi di domande che possono essere fatte?
Nella prima fascia di anzianità rientrano i professionisti che hanno non più di
15 anni di esperienza. Nella seconda fascia rientrano i professionisti che hanno
oltre i 15 anni di esperienza.
D_19
Non
Risposto SI NO Total
Anni 1 Count 0 28 14 42
(Banded) % within
Anni ,0% 66,7% 33,3% 100,0%
(Banded)
2 Count 1 23 3 27
% within
Anni 3,7% 85,2% 11,1% 100,0%
(Banded)
Total Count 1 51 17 69
% within
Anni 1,4% 73,9% 24,6% 100,0%
(Banded)

Chi-Square Tests
P - Asymp.
Sig. (2-
Value df sided)
Pearson Chi- 5,612(a) 2 ,060
Square
Likelihood Ratio 6,313 2 ,043
Linear-by-Linear 5,257 1 ,022
Association
N of Valid Cases 69

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Dai nostri risultati non è però emersa una maggiore attenzione ai dettagli
non contenutistici e non verbali della comunicazione nella preparazione,
nemmeno con l’aumentare dell’esperienza: in genere solo la metà del
campione fornisce indicazioni su come controllare e gestire le proprie
emozioni durante il processo, sul tipo di abbigliamento da portare in aula,
sulla postura e sulla gestualità che è meglio mantenere, sul tono di voce da
avere, sul linguaggio da usare, sul modo di parlare e sul come relazionarsi
nei confronti del giudice (Cfr. dalla Tavola 4 alla Tavola 9).

Tavola 4
18a. Fornisce indicazioni su come
controllare e gestire le proprie emozioni
durante la comunicazione?
Non risposto 1 1,45%
SI 34 49,28%
NO 34 49,28%
Totale 18 69

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Tavola 5
18b. Fornisce indicazioni sull’abbigliamento da portare
in aula?
SI 38 55,07%
NO 31 44,93%
Totale 69

Tavola 6
18c. Fornisce indicazioni sulla postura e
sulla gestualità che è meglio
mantenere?
Non risposto 2 2,90%
SI 28 40,58%
NO 39 56,52%
Totale 69

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Tavola 7
18d. Dà indicazioni sul tono di voce,sul
linguaggio da usare e sul modo di
parlare?
Non risposto 1 1,45%
SI 32 46,38%
NO 36 52,17%
Totale 18d 69

Tavola 8
18e. Dà indicazioni su come relazionarsi
nei confronti del giudice e dell’interrogante
durante una deposizione per così dire
“tranquilla”?
Non risposto 4 5,80%
SI 28 40,58%
NO 37 53,62%
Totale 18 69

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Tavola 9
18f. Dà indicazioni su come relazionarsi
nei confronti del giudice nell’eventualità
di una deposizione “conflittuale”?
Non risposto 6 8,70%
SI 31 44,93%
NO 32 46,38%
Totale 69

Questi risultati supportano l’ipotesi di base che gli avvocati non possiedano
le conoscenze adeguate per rendersi conto del fatto che si persuade sì da
un punto di una via centrale attraverso il cosa si dice, ma anche attraverso
una via periferica che riguarda il come lo si dice (Petty, Cacioppo, 1986;
Gulotta, Puddu, 2004).

La ricerca qualitativa
Ho avuto modo di compiere una ricerca qualitativa con il metodo
dell’osservazione partecipante assistendo alla preparazione svolta
dall’avvocato Guglielmo Gulotta di 9 imputati prima di due differenti
processi, così da osservare come avvenga la preparazione da chi è
consapevole della complessità della comunicazione persuasiva e i suoi

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effetti in sede processuale. In una prima fase ho potuto essere presente agli
incontri avvenuti in studio tra gli imputati e l’avvocato, momento in cui si è
svolta la preparazione, che è andata a toccare molti dei punti essenziali
elencati in questo lavoro. In una seconda fase, assistendo ai relativi
processi, ho potuto poi vedere in pratica se e come gli imputati fossero in
grado di mettere in atto i suggerimenti ricevuti nella prima fase e notare così
quanto una preparazione ben fatta, pur non alterando la verità dei fatti,
permetta all’imputato di “sopravvivere” egregiamente alla cross-examination
e di offrire una deposizione realmente convincente.
Descrizione del primo caso: il signor T., un ex dipendente di un albergo,
accusa i suoi datori di lavoro di mobbing, sostenendo che essi abusassero
del loro potere per costringerlo a lavorare in condizioni inadeguate: poiché
egli lavorava alla reception o all’ingresso per accogliere i clienti, sosteneva
che spesso la temperatura nel locale fosse troppo bassa, che non sempre
gli venisse data la cena, che spesso lo rimproverassero in pubblico e che
un paio di volte gli avessero fatto indossare una divisa femminile per
metterlo in ridicolo.
Gli imputati coinvolti dalle accuse del signor T., sono:

• il vicedirettore A

• la signora B. e il signor C., entrambi responsabili dei


dipendenti.
Come prima cosa vengono rilette tutte le deposizioni dei tre imputati, alla
ricerca di punti di forza e di debolezza nelle loro precedenti testimonianze.
Successivamente le testimonianze vengono divise per punti e per non
correre il rischio di cader in contraddizione. Vengono fatte ipotesi sulle
possibili domande del P.M. e sulle argomentazioni dell’accusa. I tre imputati
vengono invitati uno alla volta a rispiegare le ragioni dei loro comportamenti
verso il loro dipendente. In ogni momento l’avvocato fornisce loro consigli
su come argomentare al meglio le loro tesi, sui toni di voce da usare, sui
modi in cui rivolgersi al giudice e sul modo di stare in aula. Spesso fa anche
delle prove rivolgendo loro domande dirette, così come presumibilmente
farà il P.M. Tutti e tre gli imputati, avendo sempre a che fare con il pubblico,

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hanno mostrato da subito di possedere un’ottima competenza
comunicativa, per cui la preparazione rispetto al canale non verbale è stata
minima. Ultime raccomandazioni fornite subito prima di entrare in aula: dare
risposte brevi e pertinenti. Non prendere iniziative, dicendo cose non
precedentemente concordate. L’avvocato spiega inoltre con tono scherzoso
che quando si sta seduti arriva più sangue al cervello, per cui si hanno più
idee… ma certamente sbagliate! In aula tutti e tre gli imputati hanno seguito
bene le direttive date durante la fase di preparazione e non hanno detto
nulla di più di quanto non fosse stato concordato, apparendo sempre
veritieri. Rispondono in modo pertinente alle domande, facendo la giusta
pausa prima di rispondere, pur conoscendo bene l’argomento e potendo
facilmente prevedere le domande. Il signor A. fa tuttavia di sua iniziativa
osservazioni sul carattere di T. In questo caso può andar bene perché il
concetto di “mobbing” è poco definito, di natura prettamente psicologica,
per cui è fondamentale comprendere come T. venisse percepito dai suoi
datori di lavoro e quale fosse realmente il suo comportamento. Mi sembra
che le continue osservazioni sul carattere del loro ex dipendente possano
lasciar intendere che i tre imputati abbiano in qualche modo risentito delle
accuse anche a livello personale,e certamente le ritengono ingiuste e
inappropriate.
Il signor A. riesce a mantenere per tutto il tempo un atteggiamento
sicuro, competente e cordiale. Mantiene sempre il contatto oculare con il
suo interlocutore. Parla chiaramente e risponde in modo sempre pertinente.
Il suo linguaggio è appropriato, non troppo tecnico e di facile
comprensione. Solo una volta usa un espressione colloquiale: ”gli sono
saltati i nervi”. Ha un modo di fare che ispira simpatia e fiducia. È anche il
più professionale dei tre, e quello che ricopre la carica più alta. È
certamente il più portato al rapporto con il pubblico. Mostra di esser colto
nel vivo dalle accuse di T. perché queste mettono ovviamente in
discussione la sua competenza e l’immagine dell’albergo. Lui infatti è quello
che sottolinea più vigorosamente il fatto di non aver mai ripreso T. in
pubblico, ma che usava sempre farlo chiamare in direzione, e specifica che

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si comportava così con il suo dipendente perché gli era stato insegnato da
suo padre.
La signora B., così come A., risponde in modo chiaro e pertinente alle
domande. Mostra però alcuni segni d’ansia: parlantina leggermente troppo
veloce e lievemente a scatti, a volte il tono di voce è un po’alto, soprattutto
quando nomina T. e quando descrive il comportamento di quest’ultimo nelle
varie occasioni. Postura un po’ rigida. Rossore alle guance. Appare
comunque anche lei sincera. Nelle due occasioni in cui è stata messa in
difficoltà è riuscita a uscire dalla situazione dando risposte chiare e brevi e
ha evitato di guardare in direzione dei suoi avvocati. Mantiene il contatto
oculare con l’interlocutore. Sembra aver sofferto a livello personale le
accuse, e dà l’impressione di aver tenuto in passato con T. un
atteggiamento quasi di tipo materno, spingendolo spesso a tentare una
riconciliazione con i suoi superiori. Sembra che in un dipendente valuti più
l’aspetto umano e la sua capacità di avere buoni rapporti con i superiori
piuttosto che il suo rendimento lavorativo. Insiste infatti molto sul fatto di
aver scritto a T. sia una lettera che una cartolina, e quando descrive i suoi
numerosi tentativi di appianare le discordie tra T. e i suoi capi lo fa usando
un tono quasi accorato. Il signor C., come gli altri imputati, risponde
correttamente alle domande. Risponde molto lentamente. Il più sintetico di
tutti, non aggiunge assolutamente nulla in più del dovuto. Da’ l’impressione
di essere una persona molto corretta, imparziale e assai preciso sul lavoro.
Stile linguistico chiaro, asciutto e sobrio. Abbastanza tecnico pur essendo
sempre ben comprensibile. A volte il tono di voce appare un po’ impostato.
Non sempre mantiene contatto oculare, in alcune occasioni sembra
guardare semplicemente di fronte a sé.
Sembra essere il meno coinvolto dalle accuse e il meno interessato al
rapporto umano con i dipendenti in generale e con T. in particolare.
Interessato certamente di più al buon svolgimento del lavoro. Insiste molto
difatti sui danni che T., con il suo comportamento, ha arrecato all’azienda.
Pur avendo notato anche lui l’atteggiamento scostante di T. era anche stato

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l’unico a dare parere positivo alla sua assunzione, per motivi unicamente
pratici (in quel momento c’era assoluto bisogno di personale).
Mantengono tutti e tre una postura corretta. Cambiano posizione poche
volte, gesticolano poco e stanno seduti mantenendo la schiena attaccata
allo schienale della sedia, per cui assumono una posizione abbastanza
rilassata ma non dinoccolata.
Descrizione del secondo caso: questo caso processuale vede coinvolti un
dirigente e alcuni dipendenti e capireparto dell’azienda di autotrasporti ***,
accusati da alcuni operai di aver favorito dei loro colleghi in un concorso
interno per caporeparto. Il concorso prevedeva una parte scritta e una orale
a cui aveva accesso solo chi fosse stato promosso all’esame scritto.
Secondo le accuse i due operai sarebbero stati favoriti per la parte scritta,
essendo stati precedentemente informati del risultato corretto di uno dei
problemi oggetto d’esame. Per la parte scritta erano state preparate due
buste contenenti ognuna un diverso compito da svolgere, una delle quali
sarebbe poi stata scelta in genere da uno dei candidati.
Gli imputati in questione sono:

• Il signor A: caporeparto. Unico imputato che non era nella


commissione.

• Il signor B: caporeparto. Era in commissione per il concorso in


oggetto e rappresentava i sindacati.

• Il signor C: dirigente. Presidente della commissione.

• Il signor D: capo area. Anche lui in commissione come


componente tecnico.

• La signora E: capo ripartizione “matricola” all’interno della


divisione del personale delle relazioni.

• Il signor F: segretario della commissione.


All’incontro prima del processo, oltre agli imputati summenzionati è
presente il C.T.P., che è ordinario della sicurezza tecnica al politecnico di
***. L’avvocato comincia leggendo una relazione sul caso e fa domande per

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capire se ci siano punti di debolezza che potrebbero essere usati
dall’accusa in fase di dibattimento. Come nel caso precedente ascolta
quanto dicono gli imputati, guidandoli in modo da fornire le loro risposte in
modo veritiero e convincente, facendo sempre delle prove per verificare il
livello di comprensione delle istruzioni fornite. Non tralascia nuovamente di
curare anche gli aspetti non verbali della comunicazione. Rispetto al
processo precedentemente presentato nella fase di preparazione prevale
un lavoro di gruppo, anche perché non viene esaminata la deposizione di
ogni imputato bensì una unica relazione fatta sul caso in questione. La
preparazione avviene come già visto, con la sola differenza che viene fatto
maggiormente uso del role playing, in cui l’avvocato simula l’interrogatorio.
Viene spiegato molto bene cosa avverrà durante il processo, operando
contemporaneamente un ottima demolizione del capo d’accusa attraverso
ragionamenti controfattuali.
In confronto al caso precedente la qualità delle deposizioni è a un livello
leggermente più basso. Gli imputati in questione non hanno la stessa
proprietà di linguaggio e ogni tanto commettono errori. Riescono tuttavia a
mettere in atto quanto visto nella fase di preparazione, e difatti in generale
l’impressione che si ha dopo aver ascoltato la deposizione degli imputati è
che abbiano tutti detto la verità. La preparazione sembra esser servita nel
suo scopo di insegnar agli interrogati ad apparire veritieri. Hanno risposto
adeguatamente alle domande, rimanendo calmi anche nei momenti di
apparente difficoltà. Si può facilmente avere l’impressione, dopo averli
ascoltati, che le accuse contro di loro siano infondate. Entrambi i processi si
sono conclusi con l’assoluzione.

Preparazione dell’imputato
Al fine di descrivere come andrebbe correttamente preparato un imputato
vengono nuovamente usate per analogia le ricerche empiriche svolte in
USA sulla preparazione del testimone (Wells, Ferguson, Lindsay, 1981;
Applegate, 1989; Spanos, Quigley, Gwynn, Glatt, Perlini, 1991; Wydick,

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1993; Aron, Rosner, 1998) mettendo a partito risultati di studi. Viene inoltre
utilizzata parte della letteratura italiana e internazionale di psicologia sociale
che mostra come controllare e gestire le impressioni (Miller, Steinberg,
1975, Petty, Cacioppo, 1986, Gulotta, 1987), come apparire persuasivi
(Watzlawick et al., 1971; Meherabian, 1972; Gulotta, 1987; de Cataldo
Neuburger, 1988; de Cataldo Neuburger, 1991; de Cataldo Neuburger,
Gulotta, 1991; Gulotta, 1991; Gulotta, 2002) e come sembrare veritieri
(McGuire (1985; Bell, Loftus 1988; de Cataldo Neuburger, Gulotta, 1996).
Altri studi sia internazionali (Kassin, Williams, Saunders, 1990, Brodsky,
1991; Mangiaracina, Mangiaracina, 1991; Tsushima, Anderson, 1996;
Brodsky, 1999) che nazionali (Gulotta, 2002) che si sono rivelati utili per
evincere quali caratteristiche dovrebbe avere una buona preparazione
dell’imputato sono quelli sulla preparazione del testimone esperto.
Quest’ultimo tipo di preparazione è riconducibile a quella che riguarda la
preparazione del testimone con l’aggiunta che il testimone esperto deve
apparire scientificamente preparato.
Come accennato in precedenza, studi specifici sulla preparazione
dell’imputato non esistono. Facendo quindi riferimento alla letteratura sopra
citata e alla ricerca qualitativa svolta, si possono abbozzare alcuni
suggerimenti per la preparazione dell’imputato che potrebbero costituire il
campo della consulenza che gli psicologi avrebbero da offrire agli avvocati
nell’interesse dei loro clienti imputati, tenendo conto che il processo vede
coinvolto un gruppo ma non è precisamente un lavoro di gruppo poiché
nella maggior parte dei casi ci sono posizioni contrapposte: da un lato il PM
e la parte civile mirano a dimostrare la colpevolezza dell’imputato, dall’altro
la difesa e l’imputato stesso mirano a dimostrare l’innocenza di questo
ultimo. Il tutto avviene attraverso aspetti comunicazionali che tendono a
cercare di controllare le impressioni e le decisioni del giudice. Le ricerche in
tema di sincerità e menzogna sopra citate confermano che esistono
differenze tra come si codifica la menzogna (cosa realmente fa chi mente) e
come la si decodifica (a che condizioni si pensa che l’altro stia mentendo).
Chi lo prepara deve quindi essere a conoscenza del fatto che in generale

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non esistono indicatori di menzogna assoluti, e che normalmente chi è
chiamato a riconoscere il comportamento menzognero si basa su segnali
che di solito vengono erroneamente legati alla menzogna. Sono in realtà
più che altro manifestazioni di ansia, ma è bene che l’imputato sia
addestrato a evitarli.

Segnali considerati indici di non sincerità


• Aspetti non verbali:
• repentini cambiamenti posturali
• giocherellare con le mani o in generale toccare spesso parti del
proprio corpo
• non mantenere il contatto oculare
• manifestare aggressività o irritazione
• Aspetti verbali:
• incertezza nelle risposte e frequenti richieste di chiarimenti
• risposte troppo brevi e inframmezzate da pause
• uso di espressioni di esitazione
• non rispondere come apparire persuasivi
Molte ricerche prima citate mettono in luce l’importanza degli aspetti non
verbali non solo allo scopo di apparire veritieri, ma anche per risultare
persuasivi, tanto che essi assumono la stessa importanza che hanno gli
aspetti verbali. Altri elementi della comunicazione non verbale che aiutano a
essere considerati più credibili e a rendere la deposizione più persuasiva
sono:
• avere un abbigliamento curato ma non vistoso
• tenere una postura rilassata ma non in modo eccessivo, così
da evitare di mostrare noncuranza o nervosismo
• usare il sorriso ma non troppo spesso e non quando sarebbe
inopportuno rispetto al tema trattato
• tenere i lineamenti del volto il più rilassati possibile

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• evitare espressioni che mostrino noia o ostilità
• mantiene concordanza tra canale verbale e non verbale
• riuscire ad apparire a proprio agio
• evitare di inviare segnali che facciano pensare a un
coinvolgimento eccessivo o assente
• usare un eloquio fluente e corretto, evitando espressioni
troppo tecniche o gergali e parlando a una velocità simile a
quella di chi lo sta interrogando
• usare toni di voce profondi e variati e un intonazione vocale
media
• quando possibile fare frequenti cenni di assenso
• mantenere il contatto oculare.
Tutti gli accorgimenti che sarebbe bene usare nella preparazione
dell’imputato elencati mettono chiaramente in luce come un’adeguata
preparazione faccia ampiamente uso di strumenti psicologici, il che
potrebbe aprire un’ulteriore breccia nella feconda collaborazione tra
psicologia e giurisprudenza, cominciata oramai da tempo ma a volte ancora
ostacolata da chi pensa sia meglio invece tenere separati questi due ambiti
professionali.

Bibliografia

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1989.

Aron R., Rosner J.L., How to prepare witnesses for trial, West, Danvers,
MA., 1998.

Bell B.E., Loftus E.F., Trivial persuasion in the courtroom: The power of (a
few) minor details, in Journal of Personality and Social Psychology, 56, 669-
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