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Laurea specialistica - Corso di Laurea in Ingegneria Civile IDRAULICA II - prof.

Vittorio Bovolin
Appunti integrativi sullanalisi dimensionale
Dicembre 2003 - Ver. 1.1
Redatto da Vittorio Bovolin
1

ANALISI DIMENSIONALE


1. - Introduzione
Durante il secolo scorso sono state proposte diverse formule esprimenti la legge
del moto uniforme, tutte a base sostanzialmente empirica; alcune di queste trovano
ancora largo uso nella pratica applicazione. Col passare degli anni la ricerca di tali
formule empiriche, e cio in definitiva linterpretazione dei risultati sperimentali,
venne gradatamente facilitata ed indirizzata su una via razionale dallintroduzione
dei concetti dellanalisi dimensionale, dovuti principalmente allinglese Osborne
Reynolds.
Nella meccanica dei fluidi possibile adottare degli accorgimenti per esprimere
una variabile dimensionalmente dipendente in funzione di un opportuno set di
variabili dimensionalmente indipendenti. Ad esempio, la velocit, in termini
dimensionali, fornita dalla seguente relazione: | | v LT
1
.
Per ottenere la pi semplice rappresentazione dimensionale del prodotto di
diverse quantit necessario, semplicemente, eseguire operazioni algebriche
ordinarie sui termini dimensionali che appaiono nella rappresentazione delle
grandezze. Il prodotto di una velocit per un tempo, dimensionalmente esprimibile
come: | |
| | vt LT T L
1
; ci sta ad indicare che il suddetto prodotto,
dimensionalmente, non altro che una distanza.
Se un gruppo di quantit ha una rappresentazione dimensionale il cui prodotto
pari allunit definito gruppo adimensionale. Un esempio dato dal prodotto

VD

infatti:

VD
M
L
L
T
L
M LT

3
1
/
(1.1)

A molti prodotti adimensionali, anche definiti numeri indice, pi o meno
simili al precedente che rappresenta il ben noto numero di Reynolds, sono stati
assegnati dei nomi:

1. Numero di Reynolds, R / e = VD (1.2.a)
2. Numero di Froude, F V Lg r =
2
/ (1.2.b)
3. Numero di Mach, M V c = / (1.2.c)
4. Numero di Weber, W V L =
2
/ (1.2.d)
5. Numero di Eulero, E p V ul = /
2
(1.2.e)

Nei quali p rappresenta le variazioni di pressione, L una lunghezza, la
viscosit, la tensione superficiale, c la velocit del suono, g laccelerazione di
gravit, la densit e V una velocit.
E noto dalla meccanica che le equazioni derivate sono analiticamente corrette
se ogni termine dellequazione e conseguentemente ogni gruppo di variabili ha la
stessa rappresentazione dimensionale. Questa la legge di omogeneit dimensionale,
e la si adotta, ad esempio, per stabilire le dimensioni di grandezze come la viscosit.
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Una relazione dimensionalmente omogenea esprime, nel campo idraulico di
nostro interesse, un qualsivoglia fenomeno fisico quali ad esempio leggi defflusso,
resistenza di forma, moto laminare, turbolento, ecc...

Una relazione dimensionalmente omogenea pu contenere dei coefficienti che
non sempre sono numeri puri, si considerino ad esempio i due casi seguenti:

Efflusso da una luce a battente, e sua espressione dimensionale:
Q mA gh = 2
(1.3)
| | | || | | | L T m L L T L m L T
3 1 2 1 2 1 1 2 3 1

/ /

(1.4)
da cui si evince che il coefficiente m adimensionale.

Legge di moto uniforme (Gaukler-Strickler):
v kR i =
2 3 1 2 / /

(1.5)
| | | | LT k L

1 2 3 /

(1.6)
il che implica necessariamente che k ha le dimensioni | | L T
1 3 1 /


Un ulteriore importante applicazione di tale legge si riscontra allorquando le
variabili che compaiono in un fenomeno fisico sono note, mentre le relazioni tra le
stesse possono essere incognite.
Attraverso la procedura basata sullanalisi dimensionale, il fenomeno pu
essere riformulato come una relazione tra un set di gruppi adimensionali di variabili
in modo tale da poter esprimere una relazione sempre incognita in funzione di altre
note.
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2. - Teorema di Buckingham

In virt di tale teorema possibile trasformare una relazione incognita tra n
variabili , , , , ... di un fenomeno in una relazione sempre incognita tra un
numero n-r di parametri adimensionali indipendenti:

( ) ( ) f n F
r
, , , ,..., , , ,..., , = 0
1 2 3
(2.1)

che possono essere formati mediante le n grandezze fisiche , , , , ...
considerate.
Il vantaggio consiste semplicemente nel ridurre il numero di sperimentazioni
diminuendo notevolmente lonere di tempo delle prove empiriche.
Questo teorema, enunciato per la prima volta da Vosky nel 1890, stato
formulato in modo rigoroso da Buckingham nel 1915.
Si voglia determinare la forza di trascinamento (nella letteratura anglosassone
drag force), o dualmente la resistenza che si oppone al moto, F di una sfera di
diametro D che si muove con una velocit V allinterno di un fluido viscoso. Le altre
variabili che compaiono sono e , rispettivamente la densit e la viscosit. La forza
di trascinamento f pu essere espressa come funzione incognita di queste grandezze,
e precisamente come:

( ) F f D V = , , , (2.2)

Si applichi lanalisi dimensionale prima di un qualsiasi programma
sperimentale.

( ) F f D V D V
a b c d
= = , , , (2.3)

dimensionalmente la relazione pu essere espressa come:

| | | || || || | MLT L L T M L ML T
a b b c c d d

2 3
(2.4)

Risolvendo ora il sistema imponendo luguaglianza tra le dimensioni di base,
quali sono state scelte M, L, T:

1
1 3
2
= +
= +
=

c d
a b c d
b d
(2.5)

da cui si ottiene:

c d
b d
a d
=
=
=

1
2
2
(2.6)

e quindi in definitiva la forza di trascinamento esprimibile come:

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F D V cio F D V
VD
d d d d
d
= =
|
\

|
.
|
2 2 1 2 2

(2.7)

Il processo di trascinamento pu essere simulato come una relazione funzionale
tra due soli gruppi adimensionali. Il primo definito 1 (da non confondere col
numero matematico 3.1416...) ed il secondo 2, per cui:

F
V D
g
VD

2 2
=
|
\

|
.
| (2.8)

Si pu facilmente verificare che entrambi i parametri (gruppi adimensionali,
numeri indice od anche 1 e 2) sono adimensionali. La natura della funzione g,
comunque, non nota. Con lausilio di prove sperimentali pu essere determinata la
relazione di . Si supponga che la nostra forza di drag F sia dettata dalle condizioni
Va, Da, a, a. Il gruppo adimensionale (2)a pu immediatamente essere valutato
come a Va Da / a. Corrispondentemente a questo valore di (2)a, il valore di (1)a
viene ricavato dalla curva sperimentale e susseguentemente viene computata Fa
come ( ) ( )
a a a
a
V D
2 2
1
.
Se non si fosse applicata lanalisi dimensionale e si fosse voluto esprimere F in
funzione di D, si sarebbero dovuti effettuare tanti esperimenti per quanti valori
diversi della velocit V si desiderava studiare il fenomeno, avendo fissato a monte le
caratteristiche fluidodinamiche , .
In definitiva per un simile approccio si devono adottare sfere di diverso
diametro e fluidi con differenti viscosit e densit per valutare la forza resistente
nelle differenti condizioni cinematiche.
Applicando lanalisi dimensionale, invece, il fenomeno viene simulato da una
relazione funzionale tra due soli gruppi adimensionali.

In accordo col teorema di Buckingham, il numero di gruppi dimensionalmente
indipendenti non deve essere impiegato per descrivere un fenomeno noto nel quale
compaiono n variabili bens, al massimo n-r, dove r generalmente il numero di
variabili indipendenti necessario ad esprimere dimensionalmente le altre.

Nel precedente esempio le variabili erano F, V, D, , e il che equivale ad avere
un n pari a 5. Nellesprimere dimensionalmente queste quantit devono essere
adottate tre dimensioni base M, L, T (sistema internazionale), o F, L, T (sistema
tecnico) cos che n-r sia pari a 2. E chiaro che i gruppi adimensionali sono
indipendenti, non correlabili lun laltro da operazioni algebriche, poich F appare
solo nel primo gruppo mentre appare solo nel secondo.
Il teorema precedente postula che non possono esistere gruppi addizionali
adimensionali indipendenti. Quindi, ogni altro gruppo adimensionale pu essere
espresso come combinazione lineare dei due precedentemente ricavati
F
V D
2 2
e

VD
.
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Ad esempio,
F
VD
un gruppo adimensionale scaturito dal prodotto dei due
precedenti ed indipendenti gruppi adimensionali.
La valutazione di r del teorema di Buckingham come numero di dimensioni
base necessario ad esprimere dimensionalmente le variabili non sempre corretto,
infatti, nellanalisi degli sforzi possono sorgere problemi nellesprimere le forze
motrici e/o resistenti perch le dimensioni basilari possono essere solo due se il
sistema di riferimento quello tecnico (F, L) oppure tre se il sistema internazionale
(M, L, T).
Le variabili , , , ecc.., sono riportate lungo lasse orizzontale e le dimensioni
basilari, M, L, T, ecc.., sullasse verticale. Sotto ogni variabile riportata una colonna
di valori numerici che rappresentano gli esponenti della dimensione base di una
particolare variabile.
(2.9)

M 1 0 3 0

L -1 -2 1 2

T 2 1 1 1



Nella precedente relazione la variabile deve avere le dimensioni | | MT L
2 1
,
mentre la variabile | |

TL
2
. La successione di numeri cos formata definita
matrice dimensionale del processo ed rappresentata come:

1 0 3 0
1 2 1 2
2 1 1 1

|
\

|
.
|
|
|
(2.10)

La matrice (2.4) pu essere resa quadrata semplicemente aggiungendo una riga
di zeri, ovviamente il determinante risulterebbe identicamente nullo. La domanda
qual la dimensione del pi piccolo sottogruppo per cui il determinante diverso non
nullo? Ci si chiede ci perch il numero di righe e/o di colonne di questo determinante
definiscono il rango della matrice originale. Per esempio usando le prime tre righe e
colonne si ottiene:

1 0 3
1 2 1
2 1 1
6 = (2.10)

il che equivale ad affermare che il rango massimo della matrice originale pari
a 3.

Il corretto valore di r nel teorema di Buckingham pu ora essere
definito come il rango della matrice dimensionale.
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3. - I modelli
Accade spesso, nel campo dell'ingegneria idraulica, che i fenomeni che si
accompagnano alle opere da progettare non siano facilmente rappresentabili
mediante una rigorosa schematizzazione matematica. Con ipotesi di base
semplificate possibile esaminarli con schemi analitici facilmente risolubili i cui
risultati, per, devono poi essere attentamente valutati; in questi casi, inoltre, il
progettista pu avvalersi sia della propria esperienza che dell'analisi di opere simili
gi realizzate, tenendo comunque presente che ogni opera ha una propria
individualit in relazione a specifici vincoli progettuali.
In definitiva, nei casi in cui la teoria non riesce a fornire un adeguato e
completo supporto, si pu ricorrere ad indagini di tipo sperimentale che, mediante
l'osservazione diretta del fenomeno, permettono la verifica delle ipotesi poste a base
della progettazione; esse offrono inoltre utili informazioni sulla rispondenza, al caso
in esame, delle esperienze e delle formule cui ha fatto riferimento il progettista.

Nella pratica tecnica pertanto invalso l'uso dei modelli fisici per l'osservazione
del fenomeno da studiare su di una riproduzione in scala ridotta.
Lo studio sperimentale su modello pu dimostrare la funzionalit dell'opera; o,
altrimenti, deve ricercare le modifiche da apportare per una migliore rispondenza
della stessa ai fini preposti.
Ove le modifiche dovessero risultare sostanziali se ne desume che il
proporzionamento si basato su di una schematizzazione iniziale del fenomeno
troppo approssimata e si pu addirittura pervenire a soluzioni alternative.

Bisogna per tener presente alcune limitazioni nell'utilizzazione di tale tipo di
approccio sperimentale. Infatti, come si vedr, nella riduzione in scala dell'opera
originaria, non possibile riprodurre nella sua globalit il fenomeno idraulico in
studio; addirittura esistono alcune grandezze, come ad esempio la granulometria
dell'alveo di un fiume o la scabrezza di una tubazione, che non possono essere
correttamente riportate in scala.
I risultati ottenuti dall'indagine su modello possono quindi dare indicazioni
quantitative delle grandezze fisiche in gioco; ma in genere diverso, da caso a caso, il
grado di approssimazione. I risultati sono tanto pi aderenti alla realt quanto pi
completa stata la possibilit di riprodurre il fenomeno fisico in tutti i suoi aspetti.

Si vuole, infine, evidenziare la modesta spesa, in rapporto al costo complessivo
dell'opera da realizzare, occorrente per l'esecuzione delle prove sperimentali; essa,
poi, sar ampiamente ripagata dalle economie che si ottengono in seguito al migliore
funzionamento degli impianti.

Il concetto di modello originariamente connesso a quello di similitudine; in
una progressiva estensione del concetto di similitudine geometrica, si definisce la
similitudine cinematica prima, la similitudine dinamica poi ed infine la similitudine
meccanica.
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Il concetto di modello pu essere generalizzato. Di talch si dice che un
fenomeno fisico (elettrico, meccanico, idraulico,...) costituisce un modello di un altro
fenomeno fisico quando esiste una corrispondenza biunivoca tra punti del modello ed
i punti del sistema idraulico che si vuole studiare (originale), e tra i tempi del
modello ed i tempi nel sistema originale; corrispondenza che consente, noto il valore
di una grandezza qualsiasi in un punto ed in un istante del modello (noto perch
misurato), di determinare attraverso una semplice relazione di proporzionalit, il
valore che assume nelloriginale la grandezza corrispondente.
La similitudine geometrica tra due figure od oggetti comporta luguaglianza
nella forma, cio luguaglianza degli angoli corrispondenti dei due oggetti (per
definizione omologhi), un rapporto costante tra aree di superfici corrispondenti, un
rapporto costante tra volumi corrispondenti.
Il pi piccolo tra i due oggetti pu essere indicato come modello dellaltro, pi
grande, che si definisce convenzionalmente prototipo.
Il rapporto tra una grandezza misurata sul prototipo e lomologa misurata sul
modello si chiama Scala e viene generalmente indicata con la lettera M; quindi,
una scala per le lunghezze sar:

M
l
l
l
p
m
= 1 (3.1)

dove lp ed lm sono lunghezze omologhe. La scala dei tempi risulta essere:

M
t
t
t
p
m
= (3.2)

dove tp ed tm sono i tempi impiegati a percorrere distanze omologhe. La scala
delle velocit risulta essere:

M
v
v
l
l
t
t
M
M
v
p
m
p
m
m
p
l
t
= = = (3.3)

dove vp ed vm sono le velocit di punti omologhi.
Tra il prototipo ed il suo modello esiste una similitudine geometrica quando si
pu stabilire una corrispondenza tra i punti delluno e dellaltro in modo tale che le
distanze tra i punti omologhi vengono ridotte nella stessa scala per tutti e tre gli assi
del sistema di riferimento ed in modo che gli angoli corrispondenti si mantengano
uguali.
E possibile realizzare un modello in cui le dimensioni del prototipo vengono
riportate in scale differenti relativamente ad ogni asse (modello distorto):

M
l
l
M
l
l
M
l
l
lx
px
mx
ly
py
my
lz
pz
mz
= = = (3.4)

In tale ipotesi possibile ricavare le scale delle velocit Mvx, Mvy, Mvz, e quella
delle accelerazioni Max, May, Maz.

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Si parla poi di similitudine cinematica tra due campi di moto se, in punti e
tempi corrispondenti, esiste una proporzionalit costante tra le grandezze
cinematiche.
Se si verifica cio che in tutti i punti omologhi:

M t M t M t
M t M t M t
vx vy vz
ax ay az
= = =
= = =
cos cos cos
cos cos cos
1 2 3
4 5 6
(3.5)

tra modello e prototipo esiste una similitudine cinematica.
Se poi, tra modello e prototipo, esiste anche una similitudine geometrica, le
costanti per la similitudine cinematica si riducono a due:

M M M
M
M
t
M M M
M
M
t
vx vy vz
l
t
ax ay az
l
t
= = = =
= = = =
cos
cos
7
2
8

(3.6)

Si considerino ora le forze P in punti omologhi di modello e prototipo, le masse
m e le accelerazioni a con le loro componenti che generalmente si possono scrivere
come:

P
P
M
a
a
m
m
M
M
M
pi
mi
pi
pi
mi
pi
mi
li
t
m
= = =
2

(3.7)

Quando nei punti omologhi si verifica che:

M d M d M d
px py pz
= = = 1 2 3
(3.8)

con d1, d2, d3 costanti, tra prototipo e modello esiste una similitudine
dinamica.

Si parla, infine, di similitudine meccanica quando esiste non solo la
similitudine geometrica, si ha cio una sola e costante scala delle lunghezze per i tre
assi, e quella cinematica, cio le scale delle velocit ed accelerazioni sono costanti
lungo i tre assi di riferimento x, y, z, ma anche la similitudine dinamica per la quale
sono costanti le scale delle forze, pressioni, densit, lavoro, potenze lungo x, y, z.
Nel caso di modelli distorti esiste la similitudine dinamica e quindi la
cinematica, non esiste la similitudine geometrica n quella meccanica.
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4. - Similitudine totale e parziale

Quando si approccia allanalisi di un fenomeno fisico importante seguire una
linea guida che consta essenzialmente di tre punti cardine:

1) Individuazione delle grandezze che intervengono nel fenomeno.

2) Identificazione dei numeri indice.

3) Verifica della probabilit di ottenere una similitudine totale o parziale.

Si procede, innanzi tutto, alla definizione geometrica del sistema sede del
fenomeno in esame.
Nel caso di figure semplici (sfere, cubi, sezioni circolari o quadrate, ecc.) ci pu
ottenersi fissando una dimensione caratteristica l. Se si , invece, in presenza di
figure pi complesse occorre, poi, determinare i rapporti delle altre dimensioni
caratteristiche rispetto ad l. Infine si devono aggiungere tutti gli angoli che
completano lindividuazione geometrica del sistema.
In definitiva, per la caratterizzazione geometrica, ci si deve riferire ad una
dimensione caratteristica l ed ad un insieme di rapporti numerici ed angoli.

Mediante una dimensione lineare si potrebbe individuare la scabrezza delle
pareti del sistema, nei casi in cui ci si rende necessario; in ogni caso, in questa
sede, ci si limita ad indicarla con s.

In secondo luogo viene definito il fluido, attraverso le sue caratteristiche fisiche:
la densit ;
la viscosit ;
la compressibilit ;
la tensione superficiale .

Occorre, poi, fissare l'assetto cinematico col quale si presenta il fenomeno;
esso pu ottenersi:
nei regimi permanenti, mediante una velocit V (che pu essere, ad
esempio, una velocit media di sezione, una velocit di efflusso, ecc. );
nei regimi non permanenti, mediante una velocit V ed un'accelerazione a
(nella presente esposizione ci si riferir al caso particolare, ma pi frequente, dei
moti stazionari).

Tra tutte le forze che caratterizzano il fenomeno si riportano dapprima quelle
che sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche fisiche del fluido.
Legata alla viscosit , che misura la propriet del fluido a trasmettere forze
tangenziali, la forza viscosa F
v
. Se si considerano due strati fluidi a distanza n ed
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aventi rispettivamente velocit V e V+V, per una superficie S tale forza, che tende
ad accelerare lo strato pi lento ed a ritardare quello pi veloce, vale:

F S
V
n
v
=

(4.1)

Legata alla compressibilit , che misura la propriet di un fluido a modificare
il proprio volume sotto una variazione di pressione, la forza elastica:

F S
e
= (4.2)

dove S la superficie di un corpo che, per effetto del suo moto all'interno del
fluido, soggetto a tale tipo di azione.

La compressibilit (o, pi precisamente, il modulo di elasticit a compressione
cubica) vale:

=

p
W W /
(4.3)

dove W e W sono, rispettivamente, il volume iniziale del fluido e la sua
variazione sotto l'incremento di pressione p esercitato su tutta la sua superficie.
I liquidi, per i quali gli incrementi di volume W sono sempre di piccolissima
entit, possono quasi sempre considerarsi incompressibili.
Per i gas, che sono sempre comprimibili, si perviene alla relazione:
= c
2
(4.4)
dove c, velocit di propagazione di una perturbazione, pari alla velocit del
suono in quel mezzo.

Legata alla tensione superficiale la forza di tensione:

F l
t
= (4.5)

essa deriva da forze attrattive di natura molecolare che pongono in uno stato di
tensione la parte di superficie, di contorno l, di un liquido a contatto con un fluido;
tale forza non assume quasi mai effetti rilevanti nei processi idraulici di pi
frequente interesse.

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Legate alla densit sono le forze di massa esterne le quali, nell'ambito dei
fenomeni idraulici che in genere si esaminano
(*)
, si riducono alla sola forza dovuta
al campo gravitazionale, che dipende dall'accelerazione di gravit g:

F mg Wg
g
= = (4.6)

Con F
p
si indica, da ultimo, la risultante delle azioni dovute dalle pressioni al
contorno.

Linsieme costituito da tutte le forze sopra descritte (viscosa, elastica, di
tensione, gravitazionale, al contorno), in generale agenti su di una particella
elementare del sistema in esame, deve soddisfare la seconda legge di Newton e,
quindi, essere in equilibrio con la forza di inerzia:

F ma Wa
i
= = (4.7)

La definizione del fenomeno in esame, dal punto di vista meccanico, potrebbe
quindi ottenersi individuando i gruppi di forze agenti su tutte le particelle elementari
che costituiscono il sistema; per ciascuna di esse linsieme di forze presenti dovr
risultare in equilibrio, rispettando la seconda legge di Newton.

Senza con ci ledere la generalit di quanto sopra riportato, per la completa
definizione di un generico processo idraulico baster procedere anche mediante la
determinazione della funzione implicita attraverso i parametri che influenzano le
forze prima introdotte.
Essi sono:

le grandezze che caratterizzano geometricamente il sistema;
le grandezze che caratterizzano cinematicamente il moto;
le grandezze che caratterizzano il fluido;
il parametro che caratterizza il campo delle forze di massa esterne;
il parametro che caratterizza le azioni al contorno;
il parametro che caratterizza linerzia.

Con riferimento a quanto fin qui detto si pu sinteticamente esprimere in forma
implicita il legame funzionale che lega i parametri di cui innanzi:

( , , , , , , , , , ) l s r t V g p = 0 (4.8)

(*)
Per lo studio dei fenomeni idrodinamici, che sono quelli cui qui ci si riferisce, si sono considerate le sole
forze derivanti dalle caratteristiche meccaniche in quanto, in tale ambito, risultano ininfluenti le forze
dipendenti dalle caratteristiche elettriche e termiche dei fluidi.
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ovvero, esplicitando la pressione p:

p l s r t V g = ' ( , , , , , , , , ) (4.9)

Relativamente al secondo punto, applicando lanalisi dimensionale ad una
relazione funzionale necessario determinare quanti e quali numeri indice
scaturiscono ed infine, punto tre, necessario verificare se esiste ed concreta la
possibilit di ottenere una similitudine totale. Se cos non fosse si obbligati ad
accontentarsi di una similitudine parziale con la conseguente necessit di pesare
linfluenza dei numeri indice nellevoluzione del fenomeno. Importante la
sensibilit delloperatore nel capire il problema e decidere in quale analogia
realizzare il modello.

Se, infine, si ha il rispetto di solo alcuni numeri indice si possono avere
effetti scala.


5. - Applicazioni
Lanalogia di Froude (v
2
/gh) da preferire quando:

Sono poco importanti le dissipazioni legate alla viscosit.
Sono predominanti gli scambi di energia potenziale in cinetica e
viceversa:
Luci a battente, stramazzi.
Correnti a pelo libero in cui non si vuole studiare la resistenza al
moto ma particolari profili.
Risalto idraulico.
Profili di moto permanente.
Moto ondoso.
Colpo dariete nel caso in cui si assume di trascurare le perdite.


Lanalogia di Reynolds (vd/) da preferire quando:

Sono importanti i fenomeni viscosi:
Resistenze al moto (in condotti e canali, di corpi che si muovono in
un fluido)
Fenomeni di strato limite.


E invece da preferire un modello in similitudine di Weber (v
2
l/) per tutti
quei fenomeni in cui presente uninterfaccia tra due fluidi o tra fluido ed una
superficie solida:

Getti a pelo libero.
Correnti con curvature (stramazzi, frangimento onde,..)

Nella pratica si riscontrato che negli stramazzi sottili quando h>3 cm
leffetto della tensione superficiale pu essere trascurato.
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Occorre, quindi, fare dei modelli in analogia di Froude facendo attenzione che
risulti hm>3 cm. Se il modello si fa in analogia di Froude si riscontra che il numero
di Weber, nel modello, pi piccolo di quello del prototipo e quindi il coefficiente di
efflusso per leffetto scala del numero di Weber aumenta.

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6.- Artificio di Eisner
Spesso e volentieri, nella pratica applicazione, non possibile ottenere
contemporaneamente:

R R e F F
ep em rp rm

(6.1)

Quando in un fenomeno intervengono i due numeri indice occorre quindi fare
un modello in similitudine parziale o in analogia di

Froude o Reynolds

inevitabile quindi che nei risultati del modello vi siano degli effetti scala.
Quando non si sicuri di poter trascurare leffetto scala di Reynolds si adotta
lartificio di Eisner.

Si costruiscono pi modelli in analogia di Froude, tale che risulti:

F F
rm rp

(6.2)

e si adottano diverse scale geometriche Ml1, Ml2, Ml3, Ml4, Ml5,..., cui
rispettivamente corrisponder un preciso numero di Reynolds.
Si pu quindi riportare la grandezza in studio in funzione di Re e valutarne
leffetto scala.

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