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La decrescita non impoverimento


Marino Badiale, Massimo Bontempelli

Lidea (o slogan) della decrescita una componente essenziale di un pensiero critico capace di confrontarsi con la situazione del mondo contemporaneo, e di interagire con una possibile nuova pratica politica adeguata ai gravissimi problemi attuali. Il punto di partenza del pensiero della decrescita la ritrovata consapevolezza, annullata nel senso comune da qualche secolo di capitalismo, che i concetti di bene economico e di merce non sono identici: beni (intesi anche come servizi) sono i prodotti del lavoro umano che soddisfano determinati bisogni e necessit, merci sono, tra quei beni, quelli inseriti in un mercato monetario con un prezzo di vendita, e acquisibili, quindi, soltanto pagando quel prezzo. In termini logici, sono due concetti interconnessi, ma non coestensivi. La distinzione chiaramente riecheggia quella, introdotta dagli economisti classici e ripresa da Marx, fra valore duso e valore di scambio. Quando si parla di crescita si intende la crescita della sfera della circolazione di merci, quindi della sfera di compravendita di beni e servizi dotati di un prezzo. Quando si parla di decrescita si intende la diminuzione del raggio di questa sfera. La decrescita necessaria per risparmiare allumanit la gravissima crisi di civilt alla quale ci sta portando lattuale organizzazione economica e sociale, che ha nella crescita il dogma che non pu essere messo in discussione. C ormai una presa di coscienza sempre pi diffusa del fatto che non ci pu essere una crescita illimitata in un pianeta le cui risorse sono limitate, e che sono ormai stati raggiunti (e superati) i limiti della crescita. Ma oltre a questo, necessario acquisire anche un altro livello di consapevolezza: la crescita economica degli ultimi trentanni stata ottenuta con la distruzione delle conquiste dello Stato sociale e con una tendenziale riduzione della logica di funzionamento della totalit sociale alla logica del profitto e del mercato. In questo modo, lo sviluppo capitalistico non distrugge solo la natura, distrugge anche ogni forma di coesione sociale e lo stesso equilibrio mentale degli individui. La decrescita, lopposizione a questo sviluppo cancerogeno, dunque un passaggio necessario per salvare la civilt umana. Essa non deve per essere considerata una dura e sgradevole necessit. La decrescita non impoverimento: essa definita, come abbiamo ricordato sopra, nei termini della diminuzione delle merci e non necessariamente dei beni. La decrescita non comporta, in linea di principio, la diminuzione di beni e di servizi fruiti dalla popolazione. Comporta piuttosto un ripensamento e una riorganizzazione della produzione e del consumo, incentivando, per fare qualche esempio, i beni ottenuti con lautoproduzione o con scambi non mercantili, le merci ottenute con produzioni locali, le merci programmate per durare a lungo e per essere facilmente riciclate alla fine del loro ciclo duso. Questo comporta ovviamente un cambiamento profondo degli stili di vita delle popolazioni, ma non un loro impoverimento. Per esempio, comporta un drastico ridimensionamento della dimensione della moda e della pubblicit che ci fanno considerare desueti oggetti ancora perfettamente funzionali, ma anche la diminuzione generalizzata dellorario di lavoro (inteso come lavoro salariato) per rendere possibile lautoproduzione di una parte dei beni e la cura delle relazioni umane e dei rapporti di comunit, al cui interno possono avvenire scambi non mercantili di beni e servizi. Per approfondire questo punto, il fatto cio che la decrescita non limpoverimento, occorre riflettere sulla nozione di povert. Lerrore che viene commesso comunemente, a tutti i livelli, di definire la povert nei termini quantitativi di un livello di reddito monetario. Un qualsiasi articolo giornalistico sulla povert nel mondo conterr sempre il richiamo al fatto che al mondo ci sono x milioni di persone che vivono con meno di due dollari al giorno, dove appunto si intende che povert sia definita quantitativamente dallavere un reddito inferiore ai due dollari al giorno. Si tratta, come dicevamo sopra, di un errore: la povert va definita in termini qualitativi, sociali e storici, e non in termini quantitativi. Due persone ugualmente povere secondo la definizione quantitativa, cio allo stesso (basso) livello di reddito monetario, possono vivere tale situazione in

2 maniera completamente diversa a seconda del contesto sociale. Per fare un esempio, ci possono essere, come in certe epoche del Medioevo, situazioni nelle quali il povero rispettato, e soprattutto la povert considerata una delle possibili condizioni umane, non lespressione di un fallimento personale come adesso. Per cui il povero, economicamente aiutato da comportamenti caritativi non episodici e non umilianti, non povero nel nostro senso della parola. Ma per venire a considerazioni pi vicine al tema della decrescita, pensiamo alla situazione di un contadino inglese di bassa condizione sociale nella fase in cui ha la possibilit di usufruire di una serie di beni comuni (boschi, pascoli), e confrontiamola con la fase successiva nella quale i beni comuni sono stati appropriati dai grandi proprietari terrieri (le famose enclosures sulle quali ha tanto insistito Marx). chiaro che, nelle due situazioni, lo stesso reddito monetario si coniuga a una situazione materiale ben diversa, perch nel primo caso il contadino ha la possibilit di integrare uno scarso reddito monetario con beni e servizi ai quali ha accesso senza passare per lo scambio monetario, mentre nel secondo caso questa possibilit non c pi. Per fare infine un ultimo esempio, pensiamo alla condizione in cui si trovavano un tempo i domestici che vivevano nella stessa casa dei padroni: essi avevo diritto a una casa, al cibo, spesso agli abiti, e a uno scarso reddito monetario. Un tale scarso reddito, assieme alla condizione di servitore, implicava certamente lessere in fondo alla gerarchia sociale, ma non una condizione di miseria, come lo sarebbe invece stato se lo stesso reddito monetario, o anche uno leggermente superiore, avesse dovuto essere utilizzato per lacquisto del cibo e il pagamento di un affitto[1]. Possiamo allora adesso capire pi facilmente lerrore del discorso comune sulla povert, che la identifica con un reddito inferiore ai due dollari al giorno. Il punto che due dollari al giorno possono indicare una situazione in cui possibile vivere, oppure possono indicare la miseria pi disperata, a seconda delle condizioni sociali. Se le persone vivono allinterno di una economia di sussistenza, nella quale cibo e altri beni sono prodotti e scambiati al di fuori del meccanismo del mercato, la vita con meno di due dollari al giorno pu essere possibile e pu perfino essere ricca, non dal punto di vista materiale ma dal punto di vista delle relazioni umane. Ma se le persone vivono con meno di due dollari al giorno in una situazione in cui laccesso ai beni fondamentali come cibo e acqua mediato dal denaro, allora davvero si trovano in una situazione di disperazione. Il punto che ci che comunemente si chiama sviluppo dei paesi poveri consiste essenzialmente nel passaggio da economie non monetarie di sussistenza a economie monetarie: per quanto abbiamo appena detto, allora assai probabile che leffetto di questo sviluppo sia la creazione di povert autentica, disperata, invivibile, al posto di una situazione in cui le persone e le comunit potevano sopravvivere (certamente con meno agi rispetto a quelli ai quali noi occidentali siamo abituati)[2]. Queste osservazioni rappresentano fra laltro la risposta a una tesi che ricorre frequentemente, nelle discussioni sulla decrescita, la tesi cio secondo la quale la decrescita potrebbe essere una buona idea per i paesi sviluppati ma improponibile nei paesi poveri. La risposta dunque che la crescita distruttiva sia nei paesi sviluppati che in quelli sottosviluppati, e la decrescita una strategia di salvezza per lintera umanit[3]. Un altro aspetto di cui tenere presente, quando si parla di povert, sta nel fatto che la povert ha sempre anche un aspetto comparativo: si pi o meno poveri in riferimento allo status medio della societ nella quale si vive e alle merci che essa considera necessario possedere. Spingendo allacquisto di sempre nuovi oggetti, lattuale sistema economico crea nuove povert, perch non tutti sono in grado di acquistarli. Oggi molte persone che definiremmo povere spendono parte del loro scarso reddito per acquisti come quello del telefono cellulare: bisogna averlo perch tutti ce lhanno, lo usano e danno per scontato che tutti debbano essere attraverso di esso rintracciabili, quindi senza di esso ci si sente pi poveri. La societ basata sulla crescita genera quindi povert, da un lato perch genera bisogni cui non tutti possono accedere, dallaltro perch organizzata in modo da rendere necessari certi acquisti. Questo ci che capita se per esempio scompaiono i piccoli negozi e sono disponibili solo supermercati lontani da casa, rendendo cos necessaria lautomobile, oppure se a poco a poco si trasferiscono su internet gran parte della transazioni della vita quotidiana, rendendo necessario lacquisto del computer e il suo continuo aggiornamento. Lidentificazione di decrescita e impoverimento deriva quindi da

3 unidea sbagliata di povert, unidea nella quale si sono fatti scomparire tutti gli aspetti storicamente e socialmente determinati della povert stessa. Allo stesso modo, occorre distinguere fra decrescita e recessione economica. La recessione la diminuzione del Pil in un quadro immutato di mercificazione delleconomia e, pi in generale, di configurazione sociale. Recessione significa allora che lindividuo ha sempre gli stessi bisogni di prima (ha bisogno dellautomobile, dellasilo a pagamento per i figli, di cambiare continuamente il vestiario per seguire la moda e cos via), ma non ha pi il reddito monetario per soddisfare questi bisogni, quindi pi povero. La decrescita, al contrario, un mutamento qualitativo, non solo quantitativo. Decrescita significa che il Pil diminuisce per due ragioni. In primo luogo certi beni che prima venivano prodotti come merci vengono prodotti come beni non mercificati, oppure restano merci ma includono spese minori per il trasporto e la pubblicit (che andrebbe abolita). In secondo luogo cambia la struttura dei bisogni: se ci sono presidi sanitari sparsi nel territorio che forniscono prestazioni gratuite di buon livello, non si sente il bisogno dellassistenza sanitaria privata, e chi non ha i soldi per questa non si sente povero. Se un quartiere viene attrezzato per avere una vita sociale autosufficiente, non si genera il bisogno di andare a cercare una discoteca a cento chilometri di distanza, e chi non ha la possibilit di farlo non si sente povero. La scelta della decrescita in sostanza la scelta di una vita sobria, nella quale una volta raggiunto il soddisfacimento di una serie di bisogni fondamentali non si cerca, come succede oggi, il consumo compulsivo e distruttivo di sempre nuovi oggetti, ma si ricerca la vera ricchezza che oggi ci manca: il tempo per costruire relazioni umane ricche e rapporti di comunit significativi. La differenza fra decrescita e recessione si comprende anche dallosservazione che la recessione un automatismo delleconomia di mercato: interviene necessariamente, date certe condizioni iniziali. Al contrario la decrescita un progetto che deve essere attivamente perseguito, e sicuramente non si instaurer in modo automatico. Se si compreso tutto questo, allora facile capire come la decrescita rappresenti un progetto rivoluzionario, lunico autentico progetto rivoluzionario oggi disponibile. Infatti, lorganizzazione economica capitalistica spinge alla mercificazione di ogni aspetto della realt sociale e di quella naturale: si tratta di un meccanismo necessario alla riproduzione allargata della creazione di plusvalore. Chi vuole la decrescita vuole bloccare e invertire questa tendenza, e quindi ha una posizione anticapitalistica, anche se la coscienza di questo non sembra essere pienamente chiara in coloro che la sostengono e neppure nei critici anticapitalisti della decrescita stessa. La confusione fra decrescita e povert, o fra decrescita e recessione, in ultima analisi un prodotto dellattuale egemonia del capitalismo. Si tratta del fatto che allinterno della societ capitalistica appare del tutto inconcepibile una societ che produca e consumi secondo una logica non mercantile. La decrescita appare inconcepibile, oppure concepibile solo come una sventura, perch il nostro immaginario dominato da unidea di povert e ricchezza, e in generale di vita e di umanit, forgiata dal capitalismo. La lotta anticapitalista deve oggi essere una lotta contro questo immaginario.
1. A scanso di equivoci, precisiamo che non stiamo facendo propaganda alla condizione del domestico di famiglia, che era comunque una condizione di subalternit sociale e poteva accompagnarsi a freddezza o durezza nei rapporti umani. Stiamo semplicemente sottolineando come lo stesso livello quantitativo di reddito monetario sia compatibile con condizioni reali di vita molto diverse fra loro. 2. Ovviamente la dinamica reale dello sviluppo nei paesi poveri pu essere molto diversa a seconda delle diverse situazioni. Ci possono essere casi nei quali lo sviluppo non ha tutte le conseguenze negative che potenzialmente potrebbe avere. Non stiamo qui indagando casi determinati, stiamo facendo considerazioni generali sulla nozione di povert. 3. Con queste osservazioni non intendiamo naturalmente dire che le economie di sussistenza, ancora largamente diffuse nei paesi poveri, debbano essere conservate cos come sono, ma semplicemente suggerire che un autentico progresso umano per quei paesi dovrebbe avvenire senza inseguire il modello di mercificazione universale tipico del capitalismo.

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