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FONDAMENTI DI

MECCANICA QUANTISTICA
Appunti raccolti nel Dipartimento di Fisica
dellUniversit La Sapienza di Roma
a cura di Stefano Patr
Indirizzo e-mail dellautore: seriegeo@yahoo.it
17 settembre 2009
.
PREFAZIONE
Questo testo stato scritto sulla base degli appunti raccolti a suo tempo frequentando le
lezioni di Meccanica Quantistica del Prof. Massimo Testa.
Io avevo gi superato lesame di Istituzioni di Fisica Teorica della laurea quadrien-
nale molti anni prima, non avendo per purtroppo potuto apprendere la materia a quel-
lepoca dal Prof. Massimo Testa perch egli era impegnato allora con altri corsi.
Voglio pertanto esternare il mio grande apprezzamento per il corso tenuto dal Prof.
Testa, perch solo dopo aver frequentato le sue lezioni coinvolgenti e trascinanti ho po-
tuto dire di aver compreso nalmente lo spirito di quellaffascinante costruzione teorica
che la Meccanica Quantistica.
Sebbene io mi consideri oggi nella mia vita, sotto ogni aspetto, pienamente ed estre-
mamente contento, felice, soddisfatto e realizzato, tuttavia mi capita ogni tanto di do-
mandarmi, senza che possa mai pi esservi una risposta, come sarebbe stato il perio-
do da studente universitario se, quando avevo ventanni, avessi potuto apprendere la
Meccanica Quantistica da un docente dai modi e dallo stile del Prof. Massimo Testa.
Sperando che il lavoro di raccolta degli appunti delle lezioni del Prof. Testa possa
essere di qualche giovamento per qualcuno, invito chiunque leggesse queste mie pagine
ad inviarmi un qualsiasi suo commento personale di ogni tipo, nonch a segnalarmi
qualunque errore, svista, imprecisione che venissero trovati.
Inne voglio esprimere la mia viva gratitudine ed immensa riconoscenza al Prof.
Alessandro Blasi, perch senza i suoi preziosi, inestimabili e profondi insegnamenti,
senza i suoi utili suggerimenti, i suoi indispensabili consigli, il suo fondamentale in-
coraggiamento, il suo affettuoso sostegno in ogni momento, tutto quello che ho potuto
forse realizzare non sarebbe stato mai realizzato.
Stefano Patr
Di questa dispensa esiste anche la versione come libro, edizione Nuova Cultura
(www.nuovacultura.it), Roma, stampato con tecnologia print on demand presso il Cen-
tro Stampa Nuova Cultura, piazzale Aldo Moro, 5, 00185 Roma (chioschi gialli vicino
allEconomato). Per ordini: ordini@nuovacultura.it
Il libro contiene un esercizio in pi rispetto alla presente dispensa.
.... nullum esse librum tam malum, ut non in aliqua parte prodesset
(Plinio il Vecchio, citato in una lettera da Plinio il Giovane)
.
Indice
1 Dalla sica classica alla sica quantistica 7
1.1 Radiazione di corpo nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2 Effetto fotoelettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.3 Interferenza ottica e dualit onda-particella . . . . . . . . . . . . . . . 11
2 Formalismo generale nella notazione di Dirac 13
2.1 Spazio degli stati possibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.2 Osservabili e operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.3 Misura di unosservabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.3.1 Caso degli operatori continui in dimensione innita . . . . . . . 21
2.3.2 Misura simultanea di osservabili . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.4 Rappresentazione di operatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.5 Osservabili classiche e operatori quantistici . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.5.1 Trasformazioni unitarie e operatore impulso . . . . . . . . . . . 34
2.6 Autostati delloperatore impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2.6.1 Trasformate di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.6.2 Operatore posizione nella base degli autostati dellimpulso . . . 42
2.7 Impulso e traslazioni spaziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
2.8 Principio di indeterminazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
2.8.1 Pacchetti donda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3 Evoluzione temporale degli stati 52
3.1 Lequazione di Schrdinger e propagatore quantistico . . . . . . . . . . 53
3.1.1 Evoluzione temporale e misura di due osservabili . . . . . . . . 59
3.2 Rappresentazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
3.3 Densit e corrente di probabilit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
3.4 Operatore Densit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
3.4.1 Velocit di trasmissione dellinformazione . . . . . . . . . . . . 66
3.5 Prodotto tensoriale di spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.6 Interazione tra sistema sico e apparato di misura . . . . . . . . . . . . 69
3.6.1 Difcolt nellosservazione della meccanica quantistica . . . . 69
5
6 INDICE
4 Soluzioni dellequazione di Schrdinger 74
4.1 Equazione di Schrdinger per la particella libera . . . . . . . . . . . . . 74
4.2 Analisi qualitativa delle soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
4.3 Potenziali costanti a tratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
4.3.1 Buca di potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
4.3.2 Particella nel segmento con pareti innite . . . . . . . . . . . . 89
4.4 Loscillatore armonico in una dimensione . . . . . . . . . . . . . . . . 91
4.4.1 Rappresentazione matriciale degli operatori . . . . . . . . . . . 96
4.4.2 Oscillatore armonico asimmetrico . . . . . . . . . . . . . . . . 97
4.4.3 Loscillatore armonico isotropo in due dimensioni . . . . . . . . 97
4.4.4 Livelli di Landau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
5 Formulazione mediante integrali di cammino 103
5.1 Integrali di cammino e fenomeno dellinterferenza . . . . . . . . . . . . 107
5.2 Effetto Aharonov-Bohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
6 Momento angolare 113
6.1 Momento angolare di spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
6.1.1 Lequazione di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
6.2 Composizione di momenti angolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
6.3 Covarianza per rotazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
6.3.1 Covarianza dellequazione di Schrdinger . . . . . . . . . . . . 136
6.3.2 Covarianza dellequazione di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . . 140
7 Sistemi in tre dimensioni 145
7.1 Latomo didrogeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
7.2 Loscillatore armonico isotropo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
8 Particelle identiche 156
8.1 Localit della sica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161
9 Teoria delle perturbazioni 162
9.1 Teoria indipendente dal tempo: caso non degenere . . . . . . . . . . . . 162
9.2 Teoria indipendente dal tempo: caso degenere . . . . . . . . . . . . . . 165
9.3 Metodo variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166
9.4 Teoria dipendente dal tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
10 Formalismo di seconda quantizzazione 170
11 Qualche esercizio 177
Capitolo 1
Dalla sica classica alla sica
quantistica
Come afferma Thomas Kuhn a proposito delle rivoluzioni scientiche, una rivoluzio-
ne scientica viene sempre preceduta da un accumularsi di risultati sperimentali che
induce a dubitare della validit della teoria consolidata relativamente a quellambito
di osservazione e a costruire quindi una nuova teoria che meglio si accordi con quei
risultati.
Verso la ne del diciannovesimo secolo si erano accumulate una serie di evidenze
empiriche in virt delle quali si cominci a dubitare della validit della meccanica new-
toniana quando si cercava di studiare fenomeni che avvenivano su scala microscopica.
Limitandoci soltanto ad una breve analisi di pochi fenomeni che evidenziarono certi
limiti della sica classica, rimandiamo a testi della letteratura pi ampi per una pi
esauriente trattazione di questi e di altri fenomeni, come ad esempio leffetto Compton e
lesperimento di Stern-Gerlach, losservazione dei quali, a cavallo fra il diciannovesimo
e il ventesimo secolo, diede luogo a quella che possiamo denire una vera e propria crisi
della sica newtoniana.
1.1 Radiazione di corpo nero
Fra quei fenomeni a cui non si poteva dare spiegazione in termini di sica classica, vi
era il problema termodinamico della cosiddetta radiazione di corpo nero, o radiazio-
ne termica. Nella seconda met del diciannovesimo secolo Kirchhoff aveva condotto
una serie di esperimenti sullemissione e sullassorbimento della luce. Losservazione
empirica mostra che un corpo caldo emette radiazione elettromagnetica sotto forma di
calore la cui distribuzione in lunghezza donda (chiamata distribuzione spettrale) dipen-
de dalla temperatura. Se un corpo in equilibrio termico con lambiente circostante e
si trova quindi a temperatura costante T, allora esso deve emettere e assorbire la mede-
7
8 CAPITOLO 1. DALLA FISICA CLASSICA ALLA FISICA QUANTISTICA
sima quantit di energia nellunit di tempo sotto forma di radiazione, altrimenti la sua
temperatura subirebbe variazioni.
La radiazione emessa o assorbita in queste condizioni viene denominata radiazione
termica e si deniscono potere emissivo, indicato con E, e potere assorbitivo di un
corpo le quantit di energia che nellunit di tempo e per unit di supercie tale corpo
rispettivamente emette e assorbe. Si denisce quindi corpo nero un corpo che assorbe
tutta lenergia prodotta dalla radiazione incidente su di esso.
Lespressione radiazione di corpo nero, coniata da Kirchhoff, deriva dal fatto che la
radiazione prodotta da un corpo riscaldato pu essere osservata chiudendo il corpo in
un forno e guardando quindi la luce emessa attraverso un piccolo foro appositamente
praticato nella parete del forno stesso al cui interno vi ovviamente oscurit.
Possiamo allora fare a meno del forno e utilizzare una cavit mantenuta a tempe-
ratura costante, al cui interno sia fatto il vuoto, che abbia un piccolo foro attraverso il
quale possa entrare o uscire un raggio di luce. Tale foro si comporta come un corpo nero
perch tutta la radiazione che entra dallesterno attraverso di esso viene effettivamente
assorbita dopo varie riessioni sulle pareti allinterno della cavit.
Se la temperatura della cavit viene poi fatta variare, si osserver che la radiazione
uscente dal foro allesterno sar, al crescere della temperatura, via via pi splendente
no a cambiare colore dal rosso scuro al giallo e inne al bianco intenso.
Ci accade perch gli elettroni del metallo delle pareti della cavit si comportano co-
me degli oscillatori i quali, appunto oscillando per effetto del riscaldamento, subiscono
una variazione dello stato di moto ed emettono in tal modo radiazione elettromagnetica.
Questa radiazione pu essere assorbita dagli stessi elettroni ed essere irradiata di
nuovo. Il processo va avanti indenitamente bench vi sia ovviamente una perdita
di radiazione attraverso il piccolo foro che ce ne consente losservazione e la misu-
ra. Alla distribuzione dei colori corrisponde il dispiegamento delle lunghezze donda,
indipendentemente dal tipo di materiale di cui costituita la cavit.
Considerando lequilibrio termico fra oggetti di materiali differenti e utilizzando
solo le leggi della termodinamica, Kirchhoff era giunto alla conclusione che il pote-
re assorbitivo e il potere emissivo di un corpo sono uguali indipendentemente dalla
temperatura del corpo stesso e per radiazione di qualsiasi lunghezza donda.
La densit di energia e la composizione della radiazione emessa allinterno di un
corpo cavo, delimitato da pareti impenetrabili a temperatura T, dovevano essere indi-
pendenti dalla natura delle pareti stesse. In altre parole la densit di energia della
radiazione una funzione universale della frequenza e della temperatura assoluta T;
la potenza emessa per unit di area da un corpo nero a frequenze comprese fra e d,
indicata con (, T) d, deve fornire una potenza totale R emessa per unit di area data
da
R =
_
+
0
(, T) d
Per determinare la forma della funzione , si utilizzarono esclusivamente argomen-
1.2. EFFETTO FOTOELETTRICO 9
tazioni di natura termodinamica: in particolare la legge di proporzionali, trovata dai
sici austriaci J. Stefan e L. Boltzmann, fra il potere emissivo di un corpo e la quarta
potenza della sua temperatura assoluta T (E = T
4
) e la legge per la quale il prodotto
della temperatura per la lunghezza donda che fornisce il valore massimo dellemissio-
ne (legge dello spostamento di Wien) risulta costante (
max
T = k). La forma della
funzione , proposta dal sico W. Wien in accordo con queste due leggi, fu dunque
(, T) = a
3
e

b
T
(1.1)
dove a e b sono due costanti positive, ma ulteriori esperimenti evidenziarono che questa
espressione della (, T) non vale per le basse frequenze per le quali i sici Rayleigh e
Jeans trovarono lespressione
(, T) = aT
2
(1.2)
Il sico M. Planck risolse allora il problema della radiazione di corpo nero ipotiz-
zando che gli oscillatori ai quali dovuta lemissione della radiazione di frequenza ,
scambino energia con le pareti non in modo continuo, bens a pacchetti, in modo che le
energie siano dunque multiple del pacchetto (denominato quanto) h e, sulla base dei
principi di meccanica statistica, pervenne alla relazione, assolutamente non deducibile
da argomentazioni di sica classica
(, T) =
8h
c
3

3
e
h
KT
1
dove h la famosa costante di Planck avente le dimensioni siche di unazione, c (dal
latino celeritas) la velocit della luce nel vuoto e K la costante di Boltzmann.
Si verica facilmente che la (, T) di Planck si riduce alla (1.1) nellapprossima-
zione di alte frequenze e si riduce alla (1.2) nellapprossimazione di basse frequenze.
1.2 Effetto fotoelettrico
Limportanza del ruolo della costante h fu chiarito in seguito da Einstein attraverso lo
studio delleffetto fotoelettrico. Con questo nome si intende quel fenomeno per il quale
degli elettroni fuoriescono da un metallo quando su di esso si invia una radiazione in-
cidente avente unenergia maggiore di unenergia di soglia

U. Nel corso di esperimenti
nalizzati allindagine delle propriet delle onde elettromagnetiche, H. Hertz scopr nel
1887 che quando della radiazione ultravioletta incide su elettrodi metallici facilita il
passaggio di una scintilla. Successivi esperimenti mostrarono che le particelle cariche
sono emesse dalle superci metalliche quando queste ultime vengono irradiate da onde
elettromagnetiche di alta frequenza. Gli aspetti pi importanti che emersero dai dati
sperimentali furono il fatto che vi una frequenza di soglia della radiazione incidente
sotto la quale, qualunque sia lintensit, non si verica nessuna emissione di elettroni;
10 CAPITOLO 1. DALLA FISICA CLASSICA ALLA FISICA QUANTISTICA
gli elettroni fuoriescono con valori del modulo della velocit che vanno da zero no ad
un valore v
max
tale che lenergia cinetica corrispondente alla stessa v
max
dipende linear-
mente dalla frequenza della radiazione incidente e non dipende dalla sua intensit, che
proporzionale al valor medio del modulo del quadrato del campo elettrico

E; il numero
di elettroni emessi per unit di tempo risulta essere, per una data frequenza della radia-
zione incidente, proporzionale allintensit della radiazione; lemissione di elettroni si
verica immediatamente non appena la radiazione comincia ad incidere sulla supercie,
senza che trascorra nessun intervallo di tempo. Secondo la sica classica ci si poteva
attendere che lenergia cinetica massima degli elettroni emessi sarebe aumentata con la
densit di energia (o intensit) della radiazione incidente, indipendentemente dalla fre-
quenza, ma questo non si acccorda con losservazione. Inoltre secondo la teoria classica
lenergia incidente distribuita uniformemente su tutta la supercie illuminata e poich
per estrarre un elettrone da un atomo occorre che la radiazione sia concentrata su una-
rea delle dimensioni atomiche, allora dovrebe trascorrere un intervallo di tempo prima
che la radiazione possa arrivare ad incidere sulla regione con le dimensioni opportune.
Einstein forn nel 1905 una spiegazione per questi strani aspetti delleffetto fotoelet-
trico basata sullestensione della teoria di Planck della quantizzazione della radiazione
di corpo nero. Nella teoria di Planck gli oscillatori che rappresentano la sorgente del
campo elettromagnetico possono vibrare con energie E = nh, mentre Einstein formu-
l lipotesi che il campo elettromagnetico stesso fosse quantizzato e che la radiazione
elettromagnetica fosse costituita da corpuscoli denominati quanti di luce o fotoni che
si muovono con la velocit c della luce e trasportano un quanto di energia E = h.
I fotoni sono sufcientemente localizzati, in modo tale che lintero quanto di energia
possa essere assorbito da un atomo istantaneamente e possa essere pertanto usato per
estrarre un elettrone dallatomo. A causa delle interazioni dellelettrone emesso con gli
altri atomi, occorre che la radiazione incidente abbia una certa energia minima

U per
estrarre lelettrone, da cui segue che lenergia cinetica massima di un fotoelettrone
data da
(1/2) mv
2
max
= h

U (1.3)
e la frequenza di soglia
s
assume il valore
s
=

U/h ottenuto per v
max
= 0.
Pertanto per innalzare lenergia degli elettroni fuoriusciti, occorre aumentare la fre-
quenza della radiazione incidente, perch dalla (1.3) si ha che pi pacchetti si inviano,
maggiore lenergia che gli elettroni ricevono. Quindi losservazione delleffetto fotoe-
lettrico sembrava confermare lidea dei pacchetti introdotta da Planck per la radiazione
di corpo nero, ovvero gli studi sulleffetto fotoelettrico e sulla radiazione di corpo nero
conducevano alla visione corpuscolare della radiazione elettromagnetica costituita da
fotoni in base alla quale anche la riessione della luce con un angolo pari a quello di
incidenza assomigliava al rimbalzo di una pallina (corpuscolo) su una parete. Ma la
radiazione elettromagnetica possiede anche una natura ondulatoria che, come noto, si
manifesta nel fenomeno della diffrazione in cui si osservano le frange dinterferenza.
1.3. INTERFERENZA OTTICA E DUALIT ONDA-PARTICELLA 11
1.3 Interferenza ottica e dualit onda-particella
Data una radiazione che passa attraverso due fenditure, si ha che nel punto di osserva-
zione P (g. 1.1) le due onde (passanti per le due fenditure) si sommano in fase (g.
1.3) perch hanno percorso uguale cammino ottico. Nel punto di osservazione Q in-
vece le due onde giungono dopo aver percorso due differenti cammini ottici sfasati di
una quantit (g. 1.2). Se vale = n, con lunghezza donda della radiazione,
allora le due onde si sommano ancora in fase, come per il punto P. Se invece risulta
= n/2, allora segue che le due onde, interferendo, si annichilano (g. 1.4). Se
teniamo aperta soltanto una delle due fenditure, allora si ottiene uno spettro simme-
trico centrato sulla fenditura aperta (g. 1.5); mentre se teniamo aperte entrambe le
fenditure, non si ottiene la sovrapposizione dei due spettri relativi alle fenditure aperte
separatamente (g. 1.6), come ci si potrebbe attendere, ma poich in alcuni punti di
osservazione si ha = n e in altri = n/2, si ottiene limmagine di interferen-
za riprodotta nella gura 1.7. La radiazione, dunque, per lelettromagnetismo classico
possiede natura ondulatoria non spiegabile in termini di fotoni perch linterferenza si
manifesta anche se lintensit della radiazione cos debole da produrre (in media) un
solo fotone nel percorso fra la sorgente e lo schermo su cui vengono osservate le fran-
ge dinterferenza. Come vedremo nel prossimo capitolo, anche gli elettroni, che pure
sono particelle (cio corpuscoli), quando vengono inviati contro una lastra avente due
fenditure, generano fenomeni di interferenza analoghi ai fenomeni di interferenza ottica
appena discussi che sono tipici della natura ondulatoria della radiazione elettromagne-
tica. Si deve concludere pertanto che vi in natura una dualit onda-particella, ovvero
un legame inestricabile fra i comportamenti ondulatorio e corpuscolare delle particelle
e della radiazione elettromagnetica.
P
F
1
F
2
g. 1.1
Q

F
2
F
1
g. 1.2
12 CAPITOLO 1. DALLA FISICA CLASSICA ALLA FISICA QUANTISTICA
La meccanica quantistica che nacque per spiegare, fra gli altri, i fenomeni della
radiazione di corpo nero e delleffetto fotoelettrico, si rivelata essere la teoria che
permetteva di conciliare la natura corpuscolare delle particelle conosciute no ad allo-
ra con il loro comportamento ondulatorio e analogamente la natura ondulatoria della
radiazione con il suo comportamento corpuscolare in quanto costituita da fotoni.
Fig. 1.3 Fig. 1.4
F
1
F
2
Fig. 1.5
F
1
F
2
Fig. 1.6
F
1
F
2
Fig. 1.7
Capitolo 2
Formalismo generale nella notazione di
Dirac
Secondo Feynman, ci che diede lispirazione per lo sviluppo matematico della mec-
canica quantistica, ovvero la chiave per capire come nata la meccanica quantistica,
stato il fenomeno dellinterferenza ottica.
Per far rientrare il comportamento ondulatorio degli elettroni nel quadro delle leggi
dellottica, il sico De Broglie associ allelettrone avente impulso p unonda elettro-
magnetica avente lunghezza donda = h/p in modo tale che la dualit onda-particella
avesse una chiara simmetria per cui le onde si comportano come particelle e le particelle
si comportano come onde aventi una ben precisa lunghezza donda.
Come abbiamo detto, la natura ondulatoria delle particelle si manifesta nel fenomeno
dellinterferenza ottica. Infatti, come dimostra il fenomeno della diffrazione di Bragg
in fasci di particelle, osservato anche nel 1927 da Davisson e Germer che utilizzarono
fasci di elettroni, se si inviano degli elettroni attraverso le due fenditure di una lastra,
non si osserva uno spettro dato dalla sovrapposizione dei due spettri ottenuti inviando
gli elettroni attraverso una sola fenditura tenendo chiusa laltra (g. 1.6); si osserva
piuttosto una gura di interferenza analoga a quella appena illustrata relativamente alla
radiazione (g. 1.7). Questa interferenza vale inoltre elettrone per elettrone, cio se
inviamo elettroni uno alla volta e attendiamo che ne giunga uno sulla lastra prima che
parta il successivo, dopo che siano stati inviati un certo numero di elettroni, si osserva
sempre comunque la stessa gura di interferenza di prima (g. 1.7).
Allora occorre introdurre una probabilit che lelettrone cada in un certo punto della
lastra. Questa probabilit teorica e non pratica, come invece in teoria cinetica dei
gas e in meccanica statistica.
In teoria cinetica dei gas e in meccanica statistica la necessit di descrivere la dinami-
ca microscopica in termini probabilistici derivava dal problema pratico dovuto alla gran-
de quantit delle particelle coinvolte nei fenomeni il cui stato dinamico incontrollabile
a causa dellelevato numero dei gradi di libert del sistema.
13
14 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Nellinterferenza di elettroni la probabilit teorica perch in realt la loro dinamica
completamente sotto controllo senza che vi siano variabili nascoste non controllabili.
Nel caso dellinterferenza ottica si aveva che essa derivava dal valor medio dellin-
tensit (

E
1
+

E
2
)
2
), dove

E
1
e

E
2
sono i campi elettrici associati alle due onde: quindi
il concetto di probabilit quantistica non risiede tanto in una densit di probabilit in s,
bens in una funzione (x) il cui quadrato (o, per meglio dire, il cui modulo elevato al
quadrato) dia la probabilit che la particella si trovi nella posizione x, in tutta analogia
con il caso ottico
(

E
1
+

E
2
)
2
) = I
1
+ I
2
+ 2 I
1
I
2
) (x) =
1
(x) +
2
(x)
2.1 Spazio degli stati possibili
Dunque dallottica siamo indotti (dire siamo indotti pi corretto che dire abbiamo
dedotto) a introdurre il concetto di stato della particella: lo stato 1 rappresenta la situa-
zione in cui solo la fenditura 1 aperta, lo stato 2 rappresenta la situazione in cui solo
la fenditura 2 aperta e lo stato dato dalla combinazione lineare dei due rappresenta la
situazione in cui entrambe le fenditure sono aperte.
Mentre in meccanica classica, dati due stati possibili, il vericarsi di uno di essi
esclude il vericarsi dellaltro, in sica quantistica, dati due stati possibili, si pu ave-
re anche uno stato che sia combinazione lineare dei due il quale, utilizzando sempre
lanalogia ottica, corrisponde al passaggio della particella attraverso le due fenditure
contemporaneamente. In sica quantistica, dunque, occorre introdurre quello che vie-
ne denominato principio di sovrapposizione, che stabilisce che, dati due stati di una
particella, lo stato ottenuto con la combinazione lineare dei due ancora uno stato
possibile della particella. Questa la metodologia di descrizione che meglio si addice
allinterferenza di elettroni.
Poich questa probabilit quantistica sensibile alle combinazioni lineari, cio, date
due funzioni
1
(x) e
2
(x), si deve poter costruire la loro sovrapposizione data dalla
combinazione lineare (x) =
1
(x) +
2
(x), allora segue che le
j
(x) formano uno
spazio vettoriale generalmente complesso dotato di prodotto scalare, indicato con (, ),
e, se lo spazio ha dimensione n nita, denito dalla relazione
(w, v) :=
n

i=1
w

i
v
i
, per ogni w = (w
1
, w
2
, ..., w
n
), v = (v
1
, v
2
, ..., v
n
)
Se la dimensione dello stato invece innita, allora si denisce il prodotto scalare
per ogni e dato da
(, ) :=
_
+

(x) (x) d
3
x
2.1. SPAZIO DEGLI STATI POSSIBILI 15
Come notazione abbiamo nel caso di dimensione nita v = (v
1
, v
2
, ..., v
n
) e nel
caso di dimensione innita = (x). A questo punto introduciamo allora la notazione
di Dirac che consiste nellindicare i vettori di stato, indipendentemente dalla dimensione
dello spazio, con il simbolo
v = [v) e = [)
dove [ ) viene chiamato vettore ket o semplicemente ket.
I ket formano dunque quello che chiamiamo spazio degli stati possibili, il quale,
afnch possa valere il principio di sovrapposizione, deve quindi essere uno spazio
vettoriale dotato di prodotto scalare o, pi in generale per comprendere anche il caso di
dimensione innita, uno spazio di Hilbert.
Formuliamo poi lipotesi che ad ogni situazione sica concreta corrisponde un ket
dello spazio degli stati possibili e che, viceversa, ad ogni ket dello spazio degli stati
possibili corrisponde una situazione sica concreta.
In questo spazio il ket [) un oggetto astratto che prende forma concreta solo quan-
do lo esprimiamo rispetto ad una ssata base: scrivere [) = (x) signica esprimere
il ket nella base delle funzioni di x.
Nella notazione di Dirac abbiamo poi che il vettore trasposto e complesso coniugato
del generico ket [a) il vettore denominato bra e indicato con il simbolo a[.
Abbiamo detto che la densit di probabilit della x (in una dimensione) data dal-
lespressione [(x)[
2
da cui segue che il valor medio di x, indicando dora in poi il valor
medio con il simbolo ), dato da
x) =
_
+

x[(x)[
2
dx
Allora se la (x) descrive tutto lo stato della particella, si debbono poter calco-
lare i valori medi di ogni altra osservabile sica (oltre alla posizione), per esempio
dellimpulso p
x
, dato da p
x
).
Per capire come si calcolano i valori medi delle osservabili, scriviamo
x) =
_
+

x[(x)[
2
dx =
_
+

(x) x(x) dx
da cui segue che nella notazione di Dirac tale valor medio si esprime nella forma, detta
bracket
x) = [x[)
dove con la scrittura x[) intendiamo lazione delloperatore lineare x sul ket [) de-
nita appunto, nella base delle funzioni di x, come prodotto x(x) del valore x per la
funzione (x). In virt dellanalogia fra la meccanica quantistica e il fenomeno del-
linterferenza ottica, la funzione (x), che rappresenta lo stato della particella, viene
denominata allora funzione donda.
16 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Allora deduciamo che per calcolare il valor medio di una generica osservabile -
sica in un dato stato [), basta sostituire loperatore lineare corrispondente a quel-
losservabile al posto di x in [x[). Per la grandezza impulso p
x
si ha dunque
[p
x
[) =
_
+

(x) p
x
(x) dx
Quello che dovremo fare sar allora trovare il modo di esprimere, rispetto ad una
ssata base, gli operatori lineari corrispondenti alle osservabili siche.
Poich il valor medio di una serie di misure effettuate per una certa grandezza sica
ovviamente un numero reale, allora concludiamo che, se vogliamo che la teoria abbia
un senso, loperatore lineare corrispondente ad unosservabile sica deve essere tale che
il suo valor medio calcolato su qualunque ket di stato sia sempre un numero reale.
2.2 Osservabili e operatori lineari
In meccanica quantistica dunque per calcolare il valor medio della misura di unosser-
vabile A su uno stato, occorre trovare loperatore lineare corrispondente allosservabile
e calcolare il suo bracket rispetto allo stato assegnato. Nel seguito utilizzeremo i ter-
mini osservabili e operatori lineari come sinonimi, indicando dunque con lo stesso
simbolo A tanto losservabile A quanto loperatore lineare associato allosservabile A.
Anticipando che, come dimostreremo in seguito, nella base delle funzioni di x
loperatore impulso dato da
p
x
:= i
d
dx
verichiamo che il valor medio
[p
x
[) = i
_
+

(x)
d
dx
(x) dx
sia effettivamente un numero reale. Si ha integrando per parti
[p
x
[) = i
_
+

(x)
d
dx

(x) dx =
= i
_
+

(x)
d
dx
(x) dx = [p
x
[)
dove laddendo del metodo per parti dato dal prodotto

risulta pari a zero nei due


estremi per le propriet asintotiche della (x). Poich vale
[p
x
[) = [p
x
[)
concludiamo che il valor medio [p
x
[) dunque un numero reale puro.
2.2. OSSERVABILI E OPERATORI LINEARI 17
Quindi se lespressione di p
x
non avesse lunit immaginaria i, allora il valor medio
delloperatore p
x
dato da [p
x
[) sarebbe immaginario puro; inoltre se lo spazio degli
stati non fosse complesso, allora il valor medio di p
x
sarebbe sempre nullo perch
_
+

(x)
d
dx
(x) dx =
1
2
_
+

d
dx
[(x)]
2
dx =
1
2
[(x)]
2
[
+

= 0
Dati allora due operatori lineari Ae B sullo spazio degli stati possibili, dimostriamo
che se vale (v, Aw) = (v, Bw) per ogni v, w, allora segue luguaglianza A = B.
Infatti si ha per ogni v, w e ponendo ad un certo punto v = (AB) w
(v, Aw) = (v, Bw) ( v, (AB) w) = 0 ( (AB) w, (AB) w) = 0
[(AB) w[
2
= 0 (AB) w = 0 AB = 0
Dato un operatore lineare A, si denisce operatore aggiunto o operatore hermitiano
coniugato di A loperatore lineare B per il quale si verica luguaglianza
(Bw, v) = (w, Av) (2.1)
Se sviluppiamo le forme bilineari dei prodotti scalari (in dimensione nita)
(Bw, v) = (w
T
B
T
)

v
(w, Av) = (w
T
)

Av = (w
T
A

v
e confrontiamo i risultati ottenuti, perveniamo alluguaglianza
B
T
= A

da cui ricaviamo la relazione fra loperatore A e il suo hermitiano coniugato B data da


B = (A
T
)

:= A
+
Un operatore A si dice autoaggiunto o hermitiano se vale la relazione
A = A
+
In realt nellAnalisi Funzionale i due concetti di operatore aggiunto e di operatore
hermitiano coniugato, cos come i due concetti di operatore autoaggiunto e di opera-
tore hermitiano, non sono proprio sinonimi e la differenza sta nel dominio in cui essi
agiscono perch in uno spazio di dimensione innita debbono essere tenuti in conside-
razione anche eventuali problemi di convergenza degli integrali che esprimono le forme
bilineari dei prodotti scalari.
18 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Non preoccupandoci per il momento di tali problemi e assumendo come equivalenti
i due concetti, dimostriamo che se A un operatore hermitiano, allora si ha che il suo
valor medio (, A) sempre reale.
Si ha infatti
(, A) = (A, ) = (, A)
cio
(, A) = (, A)
e dunque (, A) sempre reale.
Nella notazione di Dirac esprimiamo quindi il prodotto scalare per le forme bilineari
con il bracket
[A[) := (, A)
e utilizzando la (2.1) possiamo scrivere allora
[A[) = (, A) = (A
+
, ) = (, A
+
) [A
+
[)
da cui segue che la relazione che denisce loperatore aggiunto data da
[A[) = [A
+
[) oppure [A[) = [A
+
[)
Inne si ha
[) = [), A[) = [
1
), [A
+
=
1
[
Nello spazio degli stati possibili [) un prodotto scalare astratto che nella base
delle funzioni di x si esprime rispetto alle componenti dei vettori
[) =
_
+

(x) (x) dx
In meccanica quantistica la misura di unosservabile in uno stato si effettua imma-
ginando di avere innite repliche del sistema in modo che si possa eseguire tale misura
su ogni replica e si pervenga al valor medio nale. Poich dunque il valor medio di
unosservabile la quantit reale misurata, gli operatori associati alle osservabili sono
soltanto gli operatori hermitiani nello spazio degli stati possibili perch questa classe di
operatori, come dimostrato, fornisce sempre valor medio reale su ogni stato.
Dimostriamo ora laltra importante propriet di un operatore hermitiano A per la
quale esso possiede soltanto autovalori reali e gli autovettori relativi ad autovalori di-
stinti sono ortogonali.
Data infatti lequazione agli autovalori (detta anche equazione secolare) di A e la
sua coniugata
A[
1
) =
1
[
1
) e
1
[A =

1
[ ,
2.2. OSSERVABILI E OPERATORI LINEARI 19
moltiplicando la prima per il bra
1
[ e la seconda per il ket [
1
), otteniamo

1
[A[
1
) =
1

1
[
1
) e
1
[A[
1
) =

1
[
1
)
da cui, sottraendo membro a membro, segue (
1

1
)
1
[
1
) = 0 e dunque
1
=

1
,
ovvero che lautovalore
1
un numero reale.
Moltiplicando poi lequazione secolare A[
1
) =
1
[
1
) per il bra
2
[ e lequazione
secolare
2
[A =
2

2
[ per il ket [
1
) (lautovalore
2
nellequazione coniugata stato
scritto senza complesso coniugato perch gli autovalori sono reali), otteniamo

2
[A[
1
) =
1

2
[
1
)

2
[A[
1
) =
2

2
[
1
)
da cui, sottraendo membro a membro, segue (
1

2
)
2
[
1
) = 0 e dunque lortogo-
nalit data da
2
[
1
) = 0 se
1
,=
2
.
Scegliendo nellautospazio relativo ad un eventuale autovalore degenere gli autovet-
tori in modo che siano a due a due ortogonali, concludiamo che gli autovettori di un
operatore hermitiano A formano una base completa ortogonale dello spazio degli stati
possibili. Prendendo poi tutti gli autovettori con norma unitaria, otteniamo una base
completa ortonormale formata dagli autovettori normalizzati [
i
) delloperatore A, per
i quali vale la relazione di ortonormalit
i
[
j
) =
ij
, con
ij
detta delta di Kronecker.
Dato allora un generico stato (ket) [), possiamo svilupparlo come combinazione
lineare dei vettori di tale base ortonormale scrivendo
[) =

i
c
i
[
i
)
in cui i coefcienti c
i
della combinazione si ottengono moltiplicando scalarmente ambo
i membri per il bra
j
[

j
[) =

i
c
i

j
[
i
) =

i
c
i

ji
= c
j
in modo da ottenere in conclusione
c
j
=
j
[)
Allora per ogni generico ket [) abbiamo lo sviluppo
[) =

j
[
j
)
j
[)
da cui ricaviamo che

j
[
j
)
j
[
20 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
loperatore identit 1 perch quando esso agisce sul ket [) lo lascia invariato. Allora
il singolo operatore T
j
= [
j
)
j
[ un proiettore sulla direzione [
j
) perch T
j
[)
un vettore avente la direzione dellautovettore [
j
) e inoltre si verica immediatamente
la propriet degli operatori di proiezione
T
2
j
= [
j
)
j
[
i
)
i
[ = [
j
)
ij

i
[ = [
j
)
j
[ = T
j
2.3 Misura di unosservabile
Data unosservabile A avente equazione agli autovalori A[
i
) =
i
[
i
), se calcolia-
mo il suo valor medio nellautostato [
i
), otteniamo come risultato lautovalore
i
corrispondente allautoket [
i
), cio

i
[A[
i
) =
i
[
i
[
i
) =
i

i
[
i
) =
i
Se misuriamo losservabile A
2
nellautostato [
i
), otteniamo valor medio

i
[A
2
[
i
) =
i
[AA[
i
) =
i

i
[A[
i
) =
2
i

i
[
i
) =
2
i
Da questi risultati deduciamo che nellautostato [
i
) il valore della misura dellos-
servabile A con certezza, cio con probabilit 1, lautovalore
i
corrispondente allau-
tostato [
i
) in cui stata misurata A, perch la varianza di tale misura zero, come si
vede calcolando

2
= (AA))
2
) = A
2
2AA) + (A))
2
) =
= A
2
) 2A)A) + (A))
2
= A
2
) (A))
2
=
2
i

2
i
= 0
La nostra interpretazione allora che la misura di unosservabile A fornisce sempre
come risultato uno degli autovalori delloperatore lineare associato ad A.
Se quindi misuriamo A su un generico ket [), il valor medio di A su [), indicato
con il simbolo A)

o semplicemente con A) se non vi equivoco sul ket, dato da


A)

= [A[) =

i
[A[
i
)
i
[) =

i
[
i
)
i
[) =
=

i
[
i
)[
i
) =

i
[[
i
)[
2
Il risultato ottenuto
A)

:= [A[) =

i
[[
i
)[
2
(2.2)
2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 21
la relazione fondamentale per linterpretazione probabilistica della meccanica quanti-
stica: se il sistema si trova in un autoket [
i
) di A, allora la misura di A fornisce come
risultato con probabilit 1 lautovalore
i
corrispondente allautoket [
i
); se il sistema
si trova invece in un generico ket [), allora la misura di A fornir come risultato uno
degli autovalori delloperatore A, diciamo
i
, con probabilit data da [[
i
)[
2
.
Si verica immediatamente che i valori [[
i
)[
2
sono delle probabilit perch si ha

i
[[
i
)[
2
=

i
[
i
)
i
[) =
= [
_

i
[
i
)
i
[
_
[) = [) = 1
Sottolineiamo che tale interpretazione probabilistica della meccanica quantistica de-
riva dalla struttura della relazione (2.2) in cui si ha la sommatoria di addendi ognuno dei
quali il prodotto di un numero
i
per un peso [[
i
)[
2
: poich, come visto, la somma
dei pesi vale 1, allora interpretiamo i valori
i
appunto come i risultati della misura e i
pesi rappresentati da [[
i
)[
2
come probabilit che esca quel valore
i
della misura, in
tutta analogia con la denizione di valor medio nella teoria della probabilit.
2.3.1 Caso degli operatori continui in dimensione innita
Dato un operatore hermitiano A in dimensione nita, abbiamo visto che dalla sua equa-
zione secolare A[
i
) =
i
[
i
) segue la relazione di ortonormalit
i
[
j
) =
ij
.
Se abbiamo in dimensione innita un operatore continuo, come per esempio lope-
ratore x della posizione che nella base delle funzioni di variabile x agisce come prodotto
per la funzione donda (x), allora si presenta un problema sugli autovalori e sulla loro
normalizzazione.
Se consideriamo lesempio delloperatore di posizione la cui equazione secolare
x

(x) =

(x) (2.3)
riscrivibile nella forma (x )

(x) = 0, abbiamo che le autofunzioni sono

(x) =
_
0 se x ,=
c se x =
(2.4)
Nella teoria degli spazi L
p
(ricordiamo che tra tutti gli spazi L
p
, con p 1, sol-
tanto lo spazio L
2
uno spazio di Hilbert) le funzioni sono denite uguali fra loro se
differiscono al pi in un insieme di misura nulla. Lautofunzione

(x) in (2.4) allora


una funzione equivalente alla funzione identicamente nulla su tutto lasse reale perch
differisce da questa soltanto in x = , cio appunto in un insieme di misura nulla.
22 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Poich quando scriviamo unequazione secolare cerchiamo autofunzioni non nul-
le, allora la

(x) data dalla (2.4) una soluzione inadeguata dellequazione secolare


delloperatore di posizione.
La soluzione va cercata allora non nella classe delle funzioni ordinarie, bens nel-
la classe di quelle che vengono denominate distribuzioni: ricorrendo alle distribuzioni
possiamo porre

(x) = (x ) (2.5)
dove () la distribuzione detta delta di Dirac, denita in modo tale che
_
+

(x) dx = 1 e
_
+

f(x) (x x
0
) dx = f(x
0
)
per ogni funzione di prova f(x) che sia continua in R e il cui modulo sia, come si dice
nel linguaggio della teoria delle distribuzioni, rapidamente decrescente allinnito.
Nellambito della teoria delle distribuzioni, la

(x) in (2.5) una soluzione di (2.3)


perch per ogni funzione di prova f(x) si ha
_
+

(x )

(x) f(x) dx =
_
+

(x ) (x ) f(x) dx = 0
Abbiamo poi, in base al teorema spettrale, lortogonalit delle autofunzioni relative
ad autovalori distinti perch il prodotto scalare di

(x) e

(x), con ,=

) =
_
+

(x)

(x) dx =
_
+

(x ) (x

) dx = (

) = 0
Rimane comunque il problema della norma di unautofunzione perch se si esegue
il prodotto scalare di unautofunzione con se stessa si ottiene

) =
_
+

(x)

(x) dx =
_
+

(x ) (x ) dx = (0) =
Considerando spettri discreti e continui, la relazione di completezza si scrive nella
forma
1 =

discreto
[)[ +
_
continuo
[)[ d
dove, per ipotesi, consideriamo disgiunti il sottoinsieme degli autovalori discreti e il
sottoinsieme degli autovalori continui.
Ogni ket corrispondente ad un autovalore del sottoinsieme discreto allora ortogo-
nale a tutti i ket corrispondenti ad autovalori continui e ogni ket corrispondente ad un
autovalore del sottoinsieme continuo ortogonale a tutti i ket con autovalore discreto.
2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 23
Cos come se applichiamo lidentit al ket [

) di autovalore discreto

, otteniamo
come risultato [

) perch

discreto
[)[

) +
_
continuo
[)[

) d =
=

discreto
[)[

) = [

)
analogamente se applichiamo lidentit al ket [

) di autovalore continuo

, dobbiamo
ottenere ugualmente il ket [

) inalterato, ovvero

discreto
[)[

) +
_
continuo
[)[

) d =
=
_
continuo
[)[

) d = [

) (2.6)
Poich vale la relazione
_
continuo
(

) [) d = [

) (2.7)
segue, confrontando la (2.6) con la (2.7), che deve valere
[

) = (

)
Il valor medio di unosservabile in uno stato [) si generalizza nella forma
[A[) =

discreto
[[)[
2
+
_
continuo
[[)[
2
d
con il medesimo signicato probabilistico dei pesi [[)[
2
gi introdotto.
Se lo stato [) non fosse normalizzato, nel senso che la sua norma [) fosse nita
diversa da 1 o innita, allora [[)[
2
proporzionale alla probabilit (nel discreto) o
densit di probabilit (nel continuo): quindi se [[)[
2
non fosse ben denito perch,
per esempio, pari a innito, allora si ha che ben denita la quantit
[[)[
2
[

[)[
2
perch le costanti di proporzionalit (anche eventualmente di valore innito) si sempli-
cano.
24 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
2.3.2 Misura simultanea di osservabili
Facciamo lipotesi (postulato) che se ripetiamo la misura di unosservabile Ain un certo
stato [) un istante dopo averla gi eseguita, si ottenga di nuovo come risultato lo stesso
valore gi ottenuto nella prima misura.
Se la prima misura ha dato come risultato lautovalore con probabilit [[)[
2
,
allora afnch con certezza si ottenga di nuovo il valore nella misura istantaneamente
successiva, deve accadere che lo stato [), dopo la prima misura, collassi (ovvero pre-
cipiti) nello stato [) corrispondente allautovalore ottenuto con la prima misura, per-
ch soltanto in un suo autostato [) losservabile A dar dunque nella seconda misura
lautovalore con probabilit 1.
Questo problema del collasso istantaneo del sistema in un autostato sembrerebbe in
contraddizione i postulati della relativit ristretta e per questo Einstein non accett mai
la meccanica quantistica (Gott wrfelt nicht, ovvero Dio non gioca a dadi).
Dato un operatore A e la sua decomposizione, detta decomposizione spettrale
A = A1 =

n
[
n
)
n
[
deniamo operatore composto di A, indicato con f(A), loperatore
f(A) =

n
f(
n
) [
n
)
n
[
Dal confronto fra primo e ultimo membro della catena di uguaglianze
((AB)
+
, ) = (, AB) = (A
+
, B) = (B
+
A
+
, )
si deduce che loperatore hermitiano coniugato delloperatore prodotto AB dato dalla
relazione (AB)
+
= B
+
A
+
. Se A e B sono operatori hermitiani, allora si ha
(AB)
+
= B
+
A
+
= BA ,= AB
cio loperatore AB, prodotto di due operatori hermitiani, non in generale un operatore
hermitiano. Dopo aver denito il commutatore di due operatori Ae B come loperatore,
indicato con [A, B], dato da [A, B] = AB BA, dimostriamo il teorema che afferma
che due operatori A e B commutano (cio il loro commutatore zero) se e solo se essi
hanno gli stessi autovettori (relativi eventualmente ad autovalori diversi).
Supponiamo che A e B abbiano gli stessi autovettori (con autovalori diversi)
A[i) =
i
[i) e B[i) =
i
[i)
allora segue che moltiplicando la prima relazione per B e la seconda per A, si ottiene
(BA) [i) =
i
B[i) = (
i

i
) [i) e (AB) [i) =
i
A[i) = (
i

i
) [i)
2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 25
Poich dunque i due operatori AB e BA forniscono lo stesso risultato quando agi-
scono sui vettori della base costituita dai loro autovettori, allora essi daranno lo stesso
risultato su ogni vettore dello spazio, ovvero vale AB = BA, cio [A, B] = 0.
Supponiamo ora, viceversa, che valga [A, B] = 0 con A[) = [). Moltiplicando
per B ambo i membri dellequazione secolare di A, otteniamo (BA) [) = B[), e
quindi, per la commutativit di A e B, la relazione
A(B[)) = (B[)) (2.8)
dalla quale ricaviamo che il vettore B[) ancora autovettore di A con autovalore .
La relazione (2.8) compatibile con due possibilt: il vettore B[) potrebbe essere
il vettore nullo, nel qual caso diremmo che [) autovettore di A con autovalore
e autovettore di B con autovalore zero; se invece risulta B[) , = 0 e autovalore
di A non degenere, allora segue che B[) un vettore avente la medesima direzione
dellautovettore [) di A, cio vale la relazione B[) = c [) che esprime [) come
autovettore di B con autovalore c.
Se invece lautovalore di A fosse degenere, diciamo, senza perdita di generalit,
con molteplicit algebrica 2, allora A possiede un autospazio bidimensionale, indica-
to con S
2
, costituito da tutti autovettori relativi al medesimo autovalore . Abbiamo
quindi, scegliendo [)
1
e [)
2
come vettori di base ortonormali in questo autospazio
bidimensionale S
2
,
A[)
1
= [)
1
e A[)
2
= [)
2
In questo caso la relazione (2.8) diventa
A(B[)
i
) = (B[)
i
)
dalla quale non discende pi che il vettore B[)
i
parallelo allautovettore [)
i
, ma
soltanto che il vettore B[)
i
appartiene al sottospazio bidimensionale S
2
, ovvero
B[)
i
=

j
c
ji
[)
j
(2.9)
Per determinare i coefcienti c
ji
, moltiplichiamo ambo i membri della (2.9) per il
bra
k
[ e otteniamo
k
[B[)
i
=

j
c
ji
(
k
[)
j
) =

j
c
ji

kj
= c
ki
Abbiamo inne che i coefcienti c
ji
sono elementi di una matrice hermitiana perch
vale la relazione
c

ji
=
j
[B[)
i
=
i
[B
+
[)
j
=
i
[B[)
j
= c
ij
26 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Dimostriamo allora che in S
2
esistono sempre due autovettori di A, [
1
) e [
2
), che
siano anche autovettori di B: riferendoci soltanto ad uno di essi, per esempio allau-
tovettore [
1
), avremo che [
1
) esprimibile come combinazione lineare dei vettori di
base dellautospazio S
2
[
1
) =
1
[)
1
+
2
[)
2
e dovremo allora determinare i coefcienti
1
e
2
in modo che valga lequazione
secolare B[
1
) = [
1
), cio
B (
1
[)
1
+
2
[)
2
) = (
1
[)
1
+
2
[)
2
) (2.10)
Sviluppando il primo membro della (2.10) si ha
B
_

i
[)
i
_
=

i
B[)
i
=

j
_

i
c
ji

i
_
[)
j
La (2.10) pu allora essere riscritta nella forma

j
_

i
c
ji

i
_
[)
j
= (
1
[)
1
+
2
[)
2
) =

j
(
j
) [)
j
dalla quale discende che gli
i
vericano la relazione

i
c
ji

i
=
j
che unequazione agli autovalori per la matrice hermitiana di elementi c
ji
.
Tale equazione agli autovalori fornisce due autovettori bidimensionali u = (
1
1
,
1
2
)
e v = (
2
1
,
2
2
): le due componenti di u rappresentano i coefcienti
i
per ottenere
lautovettore [
1
) e le due componenti di v rappresentano i coefcienti
i
per ottenere
lautovettore [
2
).
In conclusione, dunque, dopo che stata risolta lequazione secolare di A, se
un autovalore degenere di A che d luogo ad una libert nella scelta degli autovetto-
ri [) nellautospazio corrispondente, ovvero ad una non univocit nella scelta di tali
autovettori, allora si cerca un altro operatore B che commuti con A tale che
A[, ) = [, ) e B[, ) = [, )
In questo modo, come si dice, si rimuove la degenerazione dellautovalore di A
nel senso che tra tutti gli autovettori [) corrispondenti allautovalore , ce n soltanto
uno, che chiamiamo [, ), che sia simultaneamente autovettore di A e di B. In altre
parole, la richiesta che lautovettore di A corrispondente allautovalore degenere sia si-
multaneamente anche autovettore di B, seleziona una direzione (ovvero un autovettore)
2.3. MISURA DI UNOSSERVABILE 27
in modo univoco nellautospazio dellautovalore degenere di A, rimuovendo appunto la
libert nella scelta di tali autovettori.
Per chiarire il concetto della rimozione della degenerazione di un autovalore, consi-
deriamo il seguente esempio in cui siano date le due osservabili
A =
_
_
1 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
e B =
_
_
0 1 1
1 0 1
1 1 0
_
_
Gli autovalori di A sono = 1, a cui corrisponde lautovettore u = (0, 1, 1) e
lautovalore doppio = 1, a cui corrisponde lautospazio bidimensionale S
2
dato dalle
triple (x, y, z) tali che y z = 0.
Gli autovalori di B sono = 2, a cui corrisponde lautovettore v = (1, 1, 1) e
lautovalore doppio = 1, a cui corrisponde autospazio di dimensione 2 dato dalle
triple (x, y, z) tali che x + y + z = 0.
Per rimuovere la degenerazione dellautovalore doppio di A, scegliamo come coppia
di autovettori nel suo autospazio degenere S
2
lautovettore v = (1, 1, 1) di B e il vettore
w = (2, 1, 1) ortogonale a v ancora in S
2
, che si pu ottenere analiticamente impo-
nendo lappartenenza del vettore w a S
2
data dallequazione y z = 0 e lortogonalit
di w a v data da x + y + z = 0.
In conclusione abbiamo che i tre vettori u, v, w sono gli unici tre autovettori simulta-
nei di A e di B e possiamo concludere pertanto che la richiesta che gli autovettori siano
simultaneamente autovettori di A e di B rimuove lindeterminazione della scelta degli
autovettori nei sottospazi bidimensionali degeneri corrispondenti agli autovalori doppi
di A e di B.
Se B ancora non rimuove tutte le degenerazioni, allora si cerca un terzo operatore,
indicato con C, che commuti con A e B tale che quando vi sia unindeterminazione
nella scelta di autovettori in un autospazio degenere, la richiesta che tale autovettore sia
autovettore anche di C selezioni la direzione nellautospazio.
Un insieme di operatori lineari che commutino a due a due e tali che gli autostati
simultanei di tutti quanti siano non degeneri e quindi univocamente determinati, viene
detto insieme completo di operatori. In generale la quantit di operatori contenuti in tale
insieme pari al numero dei gradi di libert che il sistema considerato possiede e per
una singola particella la necessit di rimuovere eventuali degenerazioni si pone allora,
in generale, soltanto nel caso di dimensione maggiore di 1.
Se sviluppiamo un generico stato [) come combinazione lineare degli autovettori
simultanei [, ), cio
[) =

,
c
,
[, )
otteniamo che il generico coefciente c
,
della combinazione dato, come gi visto,
dalla proiezione , [) dello stato [) sullautostato [, ) simultaneo di A e di B
(considerati come insieme completo di operatori).
28 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Il quadrato del modulo di c
,
, [, [)[
2
, fornisce la probabilit di avere in una
misura simultanea di A e di B, come gi visto, i valori per A e per B.
Consideriamo quindi un operatore A e un suo autovalore degenere al quale corri-
sponde un autospazio (per ssare le idee, senza perdita di generalit, di dimensione 2)
in cui un operatore B, che commuti con A, ssi gli autovettori attraverso la condizione
che gli autovettori di A in questo sottospazio siano anche autovettori di B. Poich
lautovalore degenere relativo ai due autovettori [,
1
) e [,
2
) simultanei di A e B,
con autovalori
1
e
2
rispetto a B, poniamo
A[,
1
) = [,
1
) e B[,
1
) =
1
[,
1
)
per il primo autovettore [
1
,
1
) simultaneo di A e B e
A[,
2
) = [,
2
) e B[,
2
) =
2
[,
2
)
per il secondo autovettore [,
2
) simultaneo di A e B.
A questo punto la probabilit di ottenere nello stato [) mediante una misura di A il
valore data dallespressione
P

= [,
1
[)[
2
+[,
2
[)[
2
che, come si dice in teoria della probabilit, la probabilit marginale di .
In generale, dato un autospazio di A relativo ad un suo autovalore degenere , la
probabilit totale di ottenere con una misura di A
P

i
[,
i
[)[
2
Verichiamo allora che T

i
[,
i
),
i
[ un operatore di proiezione: si ha
T

i,j
[,
i
),
i
[,
j
),
j
[ =

i,j
[,
i
),
j
[
ij
=
=

i
[,
i
),
i
[ = T

Se ora proiettiamo lo stato [) sul sottospazio di A con autovalore e calcoliamo la


norma dello stato T

[), abbiamo
[T

[) = [T

[) =

i
[,
i
),
i
[) =

i
[,
i
[)[
2
Quindi la misura di A sullo stato [) fa collassare il sistema in un autostato [,
i
)
di A e la probabilit che la misura di A su [) dia valore data dalla regola gi vista
in precedenza
P

i
[,
i
[)[
2
2.4. RAPPRESENTAZIONE DI OPERATORI 29
2.4 Rappresentazione di operatori
Dato un operatore A, un modo banale di trovare un operatore B che commuti con A
quello di prendere B come funzione di A, ovvero B = 2A, B = A
2
e cos via.
Un caso non banale di operatori che commutano quello in cui essi agiscono su
gradi di libert diversi. Se abbiamo ad esempio i tre operatori di posizione relativi ai tre
assi cartesiani x, y, z, possiamo scrivere
x[x

, y

, z

) = x

[x

, y

, z

), y [x

, y

, z

) = y

[x

, y

, z

)
z [x

, y

, z

) = z

[x

, y

, z

)
da cui si deduce che il ket [x

, y

, z

) autostato simultaneo dei tre operatori x, y, z (senza


considerare lo spin, questi tre operatori formano un insieme completo) e rappresenta lo
stato di una particella localizzata nel punto (x

, y

, z

).
Quindi se abbiamo uno stato [), possiamo svilupparlo come combinazione lineare
[) =

,y

,z

c
x

,y

,z
[x

, y

, z

)
o nella forma integrale perch gli operatori di posizione sono continui. Allora il quadrato
del modulo dei coefcienti, [c
x

,y

,z
[
2
, rappresenta la densit di probabilit di avere come
risultati nella misura delle coordinate della particella i valori x

, y

, z

.
Ricordando che la densit di probabilit che una particella si trovi nel punto (x

, y

, z

)
per denizione il quadrato del modulo della funzione donda, concludiamo che vale
luguaglianza c
x

,y

,z
= (x

, y

, z

) da cui segue
[) =
_
(x

, y

, z

) [x

, y

, z

) dx

dy

dz

(2.11)
Poich i coefcienti (x

, y

, z

) dello sviluppo sono, come al solito, le proiezioni


dello stato sul corrispondente autovettore, abbiamo
(x

, y

, z

) = x

, y

, z

[)
che la relazione che mostra lequivalenza fra il formalismo delle funzioni donda
(storicamente sviluppatosi per primo con Schrdinger circa negli anni 1924/1925) e
il formalismo di Dirac dei bra e dei ket (circa degli anni 1926/1927).
La relazione (2.11) rappresenta lo sviluppo del generico stato [) nella base degli
autostati delle posizioni x, y, z.
Vediamo ora come si esprime lazione di un operatore A sullo stato [) rispetto ad
una certa ssata base.
30 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Se la base quella degli autostati di A stesso, allora
[) =

[)[) =

()[)
da cui segue
A[) =

() A[) =

()[) (2.12)
La grande importanza della relazione (2.12) risiede nel fatto che essa ci dice che
quando si considera la base degli autoket [) di un operatore A, lazione di A su uno
stato [) un vettore le cui componenti sono il prodotto dellautovalore corrispondente
per la funzione donda.
Se consideriamo ora una base di vettori [n) non autostati di A, allora abbiamo la
relazione
n[A[) =

m
n[A[m)m[) =

m
A
nm

m
(2.13)
che ci dice che la componente del vettore A[) nella direzione [n) data da
(A[))
n
=

m
A
nm

m
Si riconosce subito che se i ket [n) di base fossero gli autoket [) di A, allora la
relazione (2.13) si ridurrebbe alla (2.12), perch
(A[))

[A[

= ()
Storicamente la meccanica quantistica si sviluppata contemporaneamente dal pun-
to di vista ondulatorio (Schrdinger) e dal punto di vista delle matrici (meccanica del-
le matrici di Heisenberg): il formalismo di Dirac mostr lequivalenza di questi due
aspetti.
2.5 Osservabili classiche e operatori quantistici
Dalla sorprendente somiglianza che intercorre fra le parentesi di Poisson classiche e i
commutatori quantistici, particolarmente evidente nellidentit di Jacobi, Dirac deriv
la regola per associare gli operatori quantistici alle osservabili classiche.
Poich, dati due operatori F e G, vale
[F, G]
+
= (FGGF)
+
= G
+
F
+
F
+
G
+
= GF FG = [F, G]
segue che il commutatore [F, G] non un operatore hermitiano, bens, come si dice, un
operatore antihermitiano.
2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 31
Dal momento, poi, che la meccanica quantistica deve tendere alla meccanica classica
nel limite di tendente a zero, allora utilizziamo (per corrispondenza) come criterio per
associare un operatore alla corrispondente osservabile classica la relazione
[F, G] = i F, G (2.14)
dove il simbolo F, G rappresenta la parentesi di Poisson classica delle osservabili
classiche F e G e [F, G] indica il commutatore degli operatori associati alle osserva-
bili. Nella (2.14) la presenza dellunit immaginaria rende hermitiano il commutatore,
la presenza della costante di Planck assicura luguaglianza dimensionale perch la
parentesi di Poisson ha le dimensioni date dal rapporto fra le dimensioni del prodotto
delle osservabili diviso le dimensioni dellazione, mentre il commutatore ha le dimen-
sioni del prodotto degli operatori. Inne si osserva immediatamente che nella (2.14) il
commutatore tende a zero per tendente a zero, ovvero quando la meccanica quanti-
stica si riconduce alla meccanica classica, il commutatore, come in effetti deve essere,
tende a zero. In questo modo abbiamo che lassociazione degli operatori alle parentesi
di Poisson, come si dice con il linguaggio della teoria dei gruppi, trasferisce lalgebra
delle parentesi di Poisson ai commutatori.
Poich in meccanica analitica si ha
q
i
, q
j
=

k
_
q
i
q
k
q
j
p
k

q
j
q
k
q
i
p
k
_
= 0
p
i
, p
j
=

k
_
p
i
q
k
p
j
p
k

p
j
q
k
p
i
p
k
_
= 0
q
i
, p
j
=

k
_
q
i
q
k
p
j
p
k

p
j
q
k
q
i
p
k
_
=

ik

jk
=
ij
seguono allora dalla (2.14) le relazioni fra operatori
[q
i
, q
j
] = [p
i
, p
j
] = 0 e [q
i
, p
j
] = i
ij
(2.15)
La presenza dunque dellunit immaginaria ci conferma che lo spazio degli stati in
meccanica quantistica uno spazio complesso.
Le relazioni (2.15) sui commutatori fra gli operatori q e p non sono sufcienti a de-
terminare in modo univoco gli operatori. Tale impossibilit analoga allimpossibilit
di risalire ai vettori a partire dalla misura di un prodotto scalare
1
[
2
) o di unampiez-
za di probabilit: il prodotto scalare di due vettori invariante se applichiamo ai vettori
stessi una trasformazione U che sia unitaria, cio tale che U
+
U = 1.
Dimostriamo che se trasformiamo i vettori e gli operatori mediante trasformazioni
unitarie U secondo le regole
[) U [) e O UOU
+
32 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
la sica rimane invariata, ovvero il prodotto scalare di due vettori, il valor medio e lo
spettro degli operatori non cambiano e i commutatori si trasformano anchessi come gli
operatori.
Sviluppando il prodotto scalare si ha infatti

1
[

2
) =
1
[U
+
U[
2
) =
1
[
2
)
Sviluppando il valor medio di unosservabile O, si ha poi

[O

) = ([U
+
) (UOU
+
) (U[)) = [U
+
UOU
+
U[)) = [O[)
e trasformando lequazione secolare O[) = [), segue anche
O

) = (UOU
+
) U [) = U (O[)) = U ( [)) = U [) = [

)
ovvero O e O

hanno lo stesso spettro di autovalori perch autovalore sia dellope-


ratore O che delloperatore O

.
Si verica inne che sotto trasformazioni unitarie anche il commutatore si trasforma
come un operatore perch si ha
[A

, B

] = [UAU
+
, UBU
+
] = UAU
+
UBU
+
UBU
+
UAU
+
=
= UABU
+
UBAU
+
= U [A, B] U
+
ovvero il commutatore delle osservabili trasformate uguale al trasformato del commu-
tatore delle osservabili.
Si ha inoltre che UOU
+
un operatore hermitiano perch vale la la condizione di
hermitianit (UOU
+
)
+
= UO
+
U
+
= UOU
+
.
Riassumendo, abbiamo allora che con le trasformazioni
[) U [) e O UOU
+
i prodotti scalari di vettori, i valori medi e lo spettro degli operatori rimangono invariati
e anche i commutatori si trasformano come operatori.
Quindi gli operatori con lalgebra richiesta sono deniti a meno di trasformazioni
unitarie.
Le regole (2.15) ci dicono anche che due coordinate diverse q
i
e q
j
possono esse-
re misurate simultaneamente, due componenti diverse p
i
e p
j
possono essere misurate
simultaneamente, la coordinata secondo un asse e la componente dimpulso secondo
un altro asse possono essere misurate simultaneamente, ma la coordinata secondo un
asse e la componente dimpulso secondo lo stesso asse non possono essere misurate
simultaneamente.
2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 33
La terza delle (2.15) permette poi anche di stabilire in generale la dimensione dello
spazio degli stati. In dimensione nita n la (2.15) non sarebbe coerente perch si ha
Tr [q
i
, p
i
] = Tr (q
i
p
i
) Tr (p
i
q
i
) = 0
mentre vale Tr (1) = n.
In dimensione innita abbiamo invece che entrambe le tracce valgono
Tr [q
i
, p
i
] = Tr (1) =
Quindi concludiamo che lo spazio della meccanica quantistica deve essere uno spa-
zio complesso e generalmente di dimensione innita.
Senza considerare lo spin, gli operatori q
i
e q
j
formano un insieme completo di
operatori, cos come gli operatori p
i
e p
j
. Lelettrone che ha spin imporr che si consideri
un altro operatore che commuti con la posizione.
In rappresentazione cartesiana e nella base degli autostati della posizione si ha, come
gi visto, (x

, y

, z

) = x

, y

, z

[) e x

, y

, z

[x[) = x

(x

, y

, z

) che la relazione
che esprime la componente di x[) nella direzione dellautostato [x

, y

, z

) di x stesso
nella forma di prodotto dellautovalore per la funzione donda.
Per determinare lespressione delloperatore p nella base degli autostati della posi-
zione in dimensione 1, utilizziamo la terza delle regole di commutazione (2.15). Con-
sideriamo loperatore
p = i
d
dx
(2.16)
e calcoliamo quindi il commutatore di x e p, pensato, al pari di ogni operatore differen-
ziale, come agente su una funzione appartenente ad un opportuno spazio di funzioni
_
x, i
d
dx
_
(x) = i x
d(x)
dx
+ i
d
dx
[x(x)] = i (x)
da cui si deduce che per ogni funzione (x) vale
_
x, i
d
dx
_
= i
Concludiamo allora che se utilizziamo per loperatore p lespressione (2.16), vale
dunque la regola di commutazione fra x e p espressa dalla (2.15).
La relazione (2.16) pertanto un candidato a rappresentare loperatore p nella base
degli autostati della posizione; ma se ci basiamo sulla regola (2.15), allora dovremmo
dire che anche il commutatore di x con loperatore
p = i
d
dx
+ F(x)
con F(x) reale per lhermitianit, fornisce risultato i perch x commuta con F(x).
34 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
2.5.1 Trasformazioni unitarie e operatore impulso
A questo punto allora ricorriamo ad una trasformazione unitaria (analoga alla trasforma-
zione di gauge dellelettromagnetismo per il potenziale scalare e il potenziale vettore),
rispetto alla quale la sica rimane invariata, ma che permetta di scegliere una volta per
tutte F(x) = 0 e dunque la rappresentazione delloperatore impulso data semplicemente
dalla relazione (2.16).
In generale se un operatore A diagonale con spettro non degenere (cio rappresen-
tato nella base dei suoi autostati), allora un altro operatore B commuta con A se e solo
se anche B diagonale nella stessa base. Infatti, essendo A
ij
=
i

ij
, si ha per
i
,=
k
[A, B]
ik
= 0

l
(A
il
B
lk
B
il
A
lk
) =

l
(
i

il
B
lk
B
il

lk
) =
=
i
B
ik
B
ik

k
= (
i

k
) B
ik
= 0 B
ik
= 0 se i ,= k
ovvero, dato A operatore diagonale, B commuta con A se e solo se i suoi elementi fuori
dalla diagonale sono nulli, cio appunto se e solo se anche B diagonale.
Poich vogliamo che loperatore di posizione q che agisce come moltiplicazione per
il valore q, rimanga invariato, scegliamo la trasformazione unitaria U in modo che essa
lasci tale operatore invariato, ovvero in modo che si abbia la relazione
UqU
+
= q
equivalente alla relazione Uq = qU. Afnch loperatore q rimanga invariato, la tra-
sformazione unitaria U deve allora commutare con q stesso e siccome q diagonale
nella base dei suoi autovettori, per quanto detto precedentemente, anche U, per poter
commutare con q, deve essere diagonale nella stessa base.
Ricordando che rispetto alla base in cui esso si diagonalizza, un operatore agisce
come moltiplicazione di una funzione di q per la funzione donda, allora poniamo
U(q) = u(q)(q)
con UU
+
= 1 e U
+
(q) = u
+
(q). Nel caso di dimensione 1 si ha in particolare
u(q) = e
i(q)
Con questa trasformazione gli stati e gli operatori si trasformano rispettivamente
secondo le regole

(q) = U(q) = e
i(q)
(q),
q = e
i(q)
qe
i(q)
= q, p = e
i(q)
pe
i(q)
Vediamo dunque come si trasforma loperatore p avente espressione
p = i
d
dq
+ F(q)
2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 35
dove F(q) rappresenta una generica funzione di q.
Ricordando che per analizzare il comportamento di un operatore differenziale oc-
corre sempre immaginare che esso agisca alla sua destra su una funzione appartenente
ad uno spazio di funzioni su cui tale operatore denito, allora esaminiamo la struttura
delloperatore p considerandolo come agente su una generica funzione g(q).
Se a questo punto sviluppiamo
p g(q) = [e
i(q)
pe
i(q)
] g(q) =
_
e
i(q)
_
i
d
dq
+ F(q)
_
e
i(q)
_
g(q) =
=

(q) g(q) ig

(q) + F(q) g(q) =


_
i
d
dq
+ F(q)

(q)
_
g(q)
posssiamo concludere che per ogni funzione g(q) vale
p = i
d
dq
+ F(q)

(q) (2.17)
Quindi afnch lespressione
p = i
d
dq
+ F(q)
diventi
p = i
d
dq
basta porre F(q)

(q) = 0 nella relazione (2.17) per ottenere dunque


(q) =
1

_
F(q) dq + k
e poter scrivere cos, con la (q) trovata, la trsformazione unitaria
u(q) = e
i(q)
in cui la costante dintegrazione k rappresenta semplicemente una fase arbitraria (inno-
cua!) eliminabile con unulteriore trasformazione unitaria.
Alla luce di questo risultato dunque, se lespressione delloperatore p contiene un ad-
dendo aggiuntivo F(q), questo addendo pu sempre essere annullato attraverso unop-
portuna trasformazione unitaria; allora si pu porre sin dallinizio F(q) = 0 e utilizzare
lespressione delloperatore impulso nella base degli autostati della posizione
p = i
d
dq
36 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Nel caso di dimensione 3 la generalizzazione di p
p
j
= i

q
j
e questa espressione verica le regole di commutazione (2.15) perch vale
_
q
i
, i

q
j
_
= iq
i

q
j
+ i
ij
+ iq
i

q
j
= i
ij
[p
i
, p
j
] =
_
i

q
i
, i

q
j
_
= 0 per il teorema di Schwartz
Analogamente al caso unidimensionale, anche lespressione dellimpulso
p
j
= i

q
j
+ F
j
(q) (2.18)
verica la regola di commutazione
[q
i
, p
j
] = i
ij
e vediamo allora che conseguenza ha la (2.18) sulla regola di commutazione [p
i
, p
j
].
Sviluppando tale commutatore applicato, come spiegato in precedenza, ad una fun-
zione generica g(q), si ottiene
[p
i
, p
j
] g(q) =
_
i

q
i
+ F
i
(q)
__
i

q
j
+ F
j
(q)
_
g(q)+

_
i

q
j
+ F
j
(q)
__
i

q
i
+ F
i
(q)
_
g(q) =
= i
_
F
i
(q)
q
j

F
j
(q)
q
i
_
g(q)
cio
[p
i
, p
j
] = i
_
F
i
(q)
q
j

F
j
(q)
q
i
_
(2.19)
Quindi, afnch valga la regola di commutazione [p
i
, p
j
] = 0 nel caso tridimensio-
nale, non si pu aggiungere qualunque funzione F
i
(q) alla componente p
i
dellimpulso,
perch se vero da una parte che qualunque funzione F
i
(q) aggiunta a p
i
fornisce la
regola di commutazione giusta [q
i
, p
j
] = i
ij
, daltra parte la regola [p
i
, p
j
] = 0 risulta
invece violata, come si vede dalla (2.19).
2.5. OSSERVABILI CLASSICHE E OPERATORI QUANTISTICI 37
Se per aggiungiamo a p una funzione F(q) avente rotore nullo, ovvero che sia il
gradiente di ununica funzione primitiva scalare G(q), allora, come mostra la (2.19),
p
i
= i

q
i
+
G(q)
q
i
(2.20)
verica la regola di commutazione [p
i
, p
j
] = 0.
Se ora effettuiamo una trasformazione unitaria che trasforma gli operatori nel modo
q
i
= e
i(q)
q
i
e
i(q)
= q
i
p
i
= e
i(q)
p
i
e
i(q)
e sviluppiamo p
i
con p
i
dato dalla (2.20), otteniamo
p
i
f(q) =
_
e
i(q)
_
i

q
i
+
G(q)
q
i
_
e
i(q)
_
f(q) =
=
_
i

q
i
+
G(q)
q
i

(q)
q
i
_
f(q)
Scegliendo la funzione (q) per la trasformazione unitaria in modo che valga
G(q)
q
i

(q)
q
i
= 0
segue che se p
i
dato dalla (2.20), allora p
i
diventa
p
i
= i

q
i
Quindi, se il termine G(q)/q
i
nella (2.20) un addendo che con unopportu-
na trasformazione unitaria pu essere annullato, allora scegliamo sin dallinizio per
loperatore impulso p
i
lespressione
p
i
= i

q
i
che in letteratura equivalente alla scrittura
p = i
Nella base in cui q diagonale (in dimensione 1) si ha
q[ p[) = i
d
dq
q[) (2.21)
38 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
e in generale il trasformato f( p)[) di uno stato generico astratto [) attraverso una
funzione delloperatore p ha componenti sulla base degli autoket [q) della posizione
ottenute facendo agire loperatore
f
_
i
d
dq
_
sulle componenti di [) rispetto alla base [q), ovvero
q[f( p)[) = f
_
i
d
dq
_
q[) = f
_
i
d
dq
_
(q)
A questo punto, conoscendo lespressione degli operatori q e p, possiamo scri-
vere allora per esempio anche loperatore energia (o hamiltoniano) perch esso ha
unespressione contenente soltanto q e p
H(p, q) =
p
2
2m
+ V (q)
dove nella base in cui q diagonale si ha
q[V [) = V (q)q[) = V (q)(q)
Nel trasformare in operatori le osservabili classiche si pone un problema di ordina-
mento degli operatori per la non commutazione degli operatori stessi. Per loperato-
re di energia H(p, q) tale problema non si presenta perch in esso gli operatori p e q
compaiono in addendi diversi senza essere moltiplicati fra loro. Poich per vale
_
p
2
2m
, V (q)
_
,= 0
non si possono misurare simultaneamente lenergia cinetica e lenergia potenziale e
quindi lo spettro dellenergia non la somma degli autovalori dellenergia cinetica e
dellenergia potenziale.
Verichiamo ancora luguaglianza data dalla relazione generale (2.14) considerando
come osservabili p e H. Abbiamo la parentesi di Poisson classica
p, H =
p
q
H
p

H
q
p
p
=
H(p, q)
q
=
dV (q)
dq
e il commutatore quantistico
[p, H] =
_
i
d
dq
,

2
2m
d
2
dq
2
+ V (q)
_
=
_
i
d
dq
,

2
2m
d
2
dq
2
_
+
_
i
d
dq
, V (q)
_
=
2.6. AUTOSTATI DELLOPERATORE IMPULSO 39
= iV (q)
d
dq
i
dV (q)
dq
+ iV (q)
d
dq
= i
dV (q)
dq
da cui segue appunto luguaglianza (2.14).
Se analogamente consideriamo le osservabili q e H, allora abbiamo la parentesi di
Poisson classica
q, H =
q
q
H
p

H
q
q
p
=
H
p
=
p
m
e il commutatore quantistico
[q, H] =
_
q ,

2
2m
d
2
dq
2
+ V (q)
_
=
_
q ,

2
2m
d
2
dq
2
_
=
=

2
2m
_
q
d
2
dq
2
q
d
2
dq
2
2
d
dq
_
=

2
m
d
dq
= i
1
m
_
i
d
dx
_
= i
p
m
da cui segue anche in questo caso luguaglianza (2.14).
2.6 Autostati delloperatore impulso
Loperatore astratto p dellimpulso ha equazione secolare
p [p

) = p

[p

)
che, proiettata nella base degli autostati della posizione, fornisce
x

[ p[p

) = x

[p

[p

) = p

[p

) (2.22)
Dal confronto della (2.22) con la (2.21), si ottiene lequazione secolare dellopera-
tore impulso nella base degli autostati della posizione
i
d
dx
x

[p

) = p

[p

)
la cui soluzione data dalla funzione donda
x

[p

) = Ae
ip

(2.23)
Se p

fosse complesso e non reale, cio p

= a + ib, allora si ha che lesponenziale


nella (2.23) diventa
e
ip

= e
iax

e
bx

Con questo esponenziale, la funzione donda (2.23) presenta il problema che con
qualunque segno del coefciente b, essa tende sempre ad innito per x che tende a +
40 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
o a . Una funzione donda che o a + o a tende allinnito crea problemi
di normalizzazione. Allora lhermitianit delloperatore impulso seleziona gli autova-
lori reali puri (con b = 0) che appartengono a tutto lasse reale e formano pertanto
uno spettro continuo. Come gi detto, la singola autofunzione di un operatore con-
tinuo non normalizzabile per due autofunzioni relative ad autovalori distinti vale la
normalizzazione nel senso della di Dirac
x

[x

) = (x

)
Ora, lautofunzione dellimpulso e
ip

presenta il problema che il suo modulo qua-


dro sempre 1 per ogni x

, ovvero, poich il suo modulo quadro rappresenta la densit


di probabilit di avere la particella localizzata esattamente in una certa posizione x

, si
ha che tale probabilit sempre 1 in tutto luniverso. Allora diciamo che, consapevoli
di questo problema, utilizziamo le autofunzioni dellimpulso solo per poter usare an-
che negli spazi di dimensione innita il formalismo degli spazi di dimensione nita ed
evitare cos una trattazione matematica pi complicata.
Per la normalizzazione delle autofunzioni dellimpulso nel senso della di Di-
rac, dobbiamo imporre che valga p
2
[p
1
) = (p
1
p
2
). Utilizzando lespressione
dellautofunzione x[p) = Ae
ipx

, si ricava
p
2
[p
1
) =
_
+

dxp
2
[x)x[p
1
) =
_
+

dxx[p
2
)x[p
1
) =
=
_
+

e
ip
2
x

Ae
ip
1
x

dx = [A[
2
_
+

e
i(p
1
p
2
)x

dx
2.6.1 Trasformate di Fourier
Data una funzione f(x), la sua trasformata di Fourier la funzione

f(q) data da

f(q) =
1

2
_
+

f(x) e
iqx
dx
nel caso che lintegrale sia convergente. Senza dimostrarla, assumiamo vericate le
condizioni che assicurano linvertibilit della trasformata di Fourier in modo che valga
anche
f(x) =
1

2
_
+

f(q) e
iqx
dq
Sostituendo

f(q) in f(x), si ha
f(x) =
1

2
_
+

_
1

2
_
+

f(y) e
iqy
dy
_
e
iqx
dq =
2.6. AUTOSTATI DELLOPERATORE IMPULSO 41
=
_
+

f(y)
_
1
2
_
+

e
iq(xy)
dq
_
dy
Confrontando il primo e lultimo membro di questa catena di uguaglianze, ricaviamo
che vale
1
2
_
+

e
iq(xy)
dq = (x y) (2.24)
Alternativamente si poteva dimostrare la (2.24) anche considerando direttamente la
trasformata di Fourier della di Dirac

(q) =
1

2
_
+

(y) e
iqy
dy =
1

2
da cui segue appunto la (2.24) perch si ha
(x y) =
1

2
_
+

(q) e
iq(xy)
dq =
1

2
_
+

2
e
iq(xy)
dq =
=
1
2
_
+

e
iq(xy)
dq
Applicando ora la (2.24) agli autostati dellimpulso, otteniamo
p
2
[p
1
) = [A[
2
_
+

e
i(p
1
p
2
)x

dx = 2[A[
2

_
p
1
p
2

_
= 2[A[
2
(p
1
p
2
)
e poich deve valere la condizione di normalizzazione p
2
[p
1
) = (p
1
p
2
), si conclude
per confronto che il coefciente A dellautofunzione dellimpulso deve essere
A =
1

2
e che lautofunzione dellimpulso nella base in cui diagonale la posizione ha allora
espressione
x[p) =
1

2
e
ipx

Ora, cos come [(x)[


2
= [x[)[
2
la densit di probabilit che la particella sia
localizzata in x, analogamente la densit di probabilit che la particella abbia impulso
pari a p, sar data da [p[)[
2
dove
p[) = (p) =
_
+

p[x)x[)dx =
1

2
_
+

(x) e
ipx

dx (2.25)
42 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Se data invece la funzione donda (p) dellimpulso, allora si ottiene la funzione
donda di x
x[) = (x) =
_
+

x[p)p[)dp =
1

2
_
+

(p) e
ipx

dp (2.26)
Abbiamo ottenuto dunque che la (p) la trasformata di Fourier della (x) e che,
viceversa, la (x) , come viene denominata, lantitrasformata di Fourier della (p).
Nel caso tridimensionale loperatore impulso, avente espressione p = i, ha
equazione secolare
i

q
i
q[p) = p
i
q[p)
da cui discende
q[p) =
1
(2)
3/2
e
iqp

e
(p) = p[) =
1
(2)
3/2
_
(x) e
ipx

d
3
x
2.6.2 Operatore posizione nella base degli autostati dellimpulso
Nella base in cui diagonale limpulso, la densit di probabilit che una particella abbia
impulso p data da
p[) = (p)
In questa base abbiamo quindi
p[ p
x
[) = p[p
x
[) = p
x
p[) = p
x
(p)
ovvero, come pi volte gi trovato, la componente di p
x
[) sulla direzione di un auto-
stato di p
x
data dallautovalore corrispondente per la funzione donda.
Calcoliamo ora la componente di x[) sulla direzione di un autostato di p
x
p[ x[) =
_
+

p[x)x[ x[) dx =
_
+

xp[x)x[) dx =
=
_
+

x(x)
1
(2)
3/2
e
ipx

d
3
x = i

p
x
_
1
(2)
3/2
_
+

(x)e
ipx

d
3
x
_
=
= i

p
x
(p)
Riassumendo abbiamo dunque che nella base degli autostati della posizione lope-
ratore di posizione x agisce come moltiplicazione per x e loperatore impulso p
x
agisce
come
p
x
= i

x
2.7. IMPULSO E TRASLAZIONI SPAZIALI 43
Viceversa, nella base degli autostati dellimpulso loperatore posizione x agisce
come
x = i

p
x
e loperatore impulso p
x
agisce come moltiplicazione per p
x
.
2.7 Impulso e traslazioni spaziali
Prima di introdurre loperatore di traslazione spaziale, consideriamo in generale il con-
cetto di simmetria. Il teorema di Wigner afferma che una simmetria in meccanica quan-
tistica si materializza sempre mediante un operatore T unitario o antiunitario, dove con
antiunitario si intende unitario e antilineare, ovvero tale che
T(c
1
[
1
) + c
2
[
2
)) = c

1
T[
1
) + c

2
T[
2
)
Una simmetria si dice discreta se tale che o viene effettuata o non viene effettuata,
senza che vi sia la possibilit di effettuarla di pi o di meno. Ad esempio linversione
degli assi cartesiani una simmetria discreta.
Una simmetria si dice invece continua se pu essere effettuata anche in modo in-
nitesimo, come appunto la traslazione.
Consideriamo unhamiltoniana
H =
p
2
1
2m
1
+
p
2
2
2m
2
+ V (x
1
, x
2
)
e loperazione di simmetria traslazione data da
p

1
= p
1
, p

2
= p
2
, x

1
= x
1
+a, x

2
= x
2
+a
Lhamiltoniana si trasforma allora in
H

=
p
2
1
2m
1
+
p
2
2
2m
2
+ V (x

1
, x

2
) =
p
2
1
2m
1
+
p
2
2
2m
2
+ V (x
1
+a , x
2
+a)
e avremo luguaglianza H = H

se vale V (x
1
, x
2
) = V (x
1
+ a , x
2
+ a), cio se il
potenziale dipende solo dalla differenza x
1
x
2
, ovvero se vale V (x
1
, x
2
) = V (x
1
x
2
).
Se dopo aver applicato loperazione di traslazione si ha luguaglianza delle ha-
miltoniane, allora diremo che lhamiltoniana invariante per traslazioni. Quando c
invarianza per traslazioni, le forze sono
F
1
=
V (x
1
x
2
)
x
1
e F
2
=
V (x
1
x
2
)
x
2
= F
1
44 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
ovvero linvarianza per traslazioni si ha solo se sul sistema agiscono esclusivamente
forze interne e vale il principio di azione e reazione.
In questo caso c la conservazione dellimpulso totale p, ovvero le tre componenti
dellimpulso spaziale si conservano.
In meccanica quantistica un sistema si costruisce esguendo una misura di una certa
osservabile A e isolando quindi il sistema non appena si ottiene il valore della misura
pari allautovalore di A corrispondente allautostato desiderato di A:allora possiamo
dire che il sistema nellautostato di A desiderato [).
A questo punto la traslazione un operatore T(a) tale che quando venga applicato
allo stato [x), dia
T(a) [x) = [x +a)
ovvero dia lo stato in cui lo strumento di misura traslato di a.
Lazione di T(a) sugli impulsi tale da non modicare gli impulsi stessi e quindi la
norma del ket [p) si conserver sotto azione delloperatore T(a).
Per due particelle si ha pertanto
T(a) [x
1
, x
2
) = [x
1
+a, x
2
+a)
e
T(a) [p
1
, p
2
) = e
i
[p
1
, p
2
)
dove, per quanto detto a proposito della conservazione della norma del ket impulso, tale
ket si modica soltanto per un fattore di fase.
Poich loperatore T(a) unitario, esso si rappresenta con lespressione
T(a) = e
i(A
1
a
1
+A
2
a
2
+A
3
a
3
)
(2.27)
dove a
1
, a
2
, a
3
sono le componenti di a lungo i tre assi cartesiani e A
1
, A
2
, A
3
sono
operatori hermitiani che debbono commutare a due a due afnch valga la relazione
geometrica fra le traslazioni T(a
1
)T(a
2
) = T(a
1
+ a
2
) = T(a
2
)T(a
1
).
Consideriamo loperatore di traslazione innitesima (approssimazione di Taylor al
primordine dellespressione (2.27) delloperatore)
T(a) 1 + i(A
1
a
1
+ A
2
a
2
+ A
3
a
3
)
e, per semplicit, due particelle unidimensionali tali che
x
1
[x
1
, x
2
) = x
1
[x
1
, x
2
), x
2
[x
1
, x
2
) = x
2
[x
1
, x
2
), (2.28)
Se applichiamo T(a) (con a scalare perch unidimensionale) alla prima delle (2.28),
otteniamo
T(a) x
1
[x
1
, x
2
) = x
1
T(a)[x
1
, x
2
) = x
1
[x
1
+ a, x
2
+ a)
2.7. IMPULSO E TRASLAZIONI SPAZIALI 45
da cui segue
[T(a) x
1
T
+
(a)] T(a)[x
1
, x
2
) = [T(a) x
1
T
+
(a)] [x
1
+ a, x
2
+ a)
e per confronto
[T(a) x
1
T
+
(a)] [x
1
+ a, x
2
+ a) = x
1
[x
1
+ a, x
2
+ a) (2.29)
Se effettuiamo il cambio di variabile x
1
+ a = x

1
, lequazione (2.29) diventa
[T(a) x
1
T
+
(a)] [x

1
, x

2
) = (x

1
a)[x

1
, x

2
)
da cui ricaviamo linformazione per cui loperatore T(a) x
1
T
+
(a) diagonale nella base
costituita dagli [x

1
, x

2
) e possiede autovalore x

1
a.
Togliendo gli apici nella notazione, si ottiene
[T(a) x
1
T
+
(a)] [x
1
, x
2
) = (x
1
a)[x
1
, x
2
)
da cui si ricava la relazione operatoriale
T(a) x
1
T
+
(a) = x
1
a (2.30)
avente lanaloga con x
2
.
Vogliamo inoltre, come detto, che loperatore T(a) non alteri gli impulsi, cio vo-
gliamo che valga la relazione (riportata solo con limpulso p avente indice 1, ma valida
anche con limpulso p avente indice 2)
p
1
T(a)[p
1
, p
2
) = p
1
T(a)[p
1
, p
2
)
da cui segue
T
+
(a) p
1
T(a)[p
1
, p
2
) = T
+
(a)p
1
T(a)[p
1
, p
2
) = p
1
[p
1
, p
2
)
ovvero la relazione operatoriale
T
+
(a) p
1
T(a) = p
1
(2.31)
che esprime la commutazione [ p
1
, T(a)] = 0 di T(a) con p
1
.
Sostituendo lo sviluppo con a innitesimo T(a) 1 + iaA nella relazione (2.30)
e nella relazione (2.31), si ottiene
(1 + iaA) x
i
(1 iaA) = x
i
a e (1 iaA) p
j
(1 + iaA) = p
j
da cui seguono i commutatori
[ x
i
, A] = i e [ p
j
, A] = 0
46 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
Da queste regole di commutazione di A con gli operatori x
i
e p
j
, segue che lopera-
tore A, generatore delle traslazioni, dato dallespressione
A =
p
1

p
2

che appunto verica le regole di commutazione con x


i
e p
j
richieste.
Abbiamo dunque ottenuto
T(a) 1
i

( p
1
+ p
2
) a
che fornisce lespressione delloperatore di traslazione nita
T(a) = e

( p
1
+ p
2
) a
Consideriamo ora una particella e calcoliamo il rappresentativo (cio le componenti)
dello stato traslato di un generico stato [) sulla base degli autostati della posizione.
Dovendo calcolare dunque x[ (T(a)[)), sviluppiamo
a[T(a) = (T
+
(a)[x))
+
= ([x a))
+
= x a[
da cui segue
x[ (T(a)[)) = x a[) = (x a)
ovvero
x[e
i
p

a
[) = e
a
d
dx
x[) = e
a
d
dx
(x) = (x a)
Non sorprendente che valga x[T(a)[) = (x a) perch, per confronto, tale
uguaglianza coerente con lo sviluppo di Taylor
e
a
d
dx
(x) =
+

n=0
1
n!
(a)
n
d
n
dx
n
(x) = (x a)
In meccanica quantistica la dinamica invariante per traslazioni se [T(a), H] = 0
che equivalente a
_
p
1
+ p
2
,
p
2
1
2m
1
+
p
2
2
2m
2
+ V ( x
1
, x
2
)
_
= 0
e si riduce quindi a
[ p
1
+ p
2
, V ( x
1
, x
2
)] = 0
Poich si ha
_

x
1
, V (x
1
, x
2
)
_
(x
1
, x
2
) =
2.8. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE 47
=

x
1
[V (x
1
, x
2
) (x
1
, x
2
)] V (x
1
, x
2
)

x
1
(x
1
, x
2
) = (x
1
, x
2
)
V (x
1
, x
2
)
x
1
segue quindi
_

x
1
+

x
2
, V (x
1
, x
2
)
_
=
V (x
1
, x
2
)
x
1
+
V (x
1
, x
2
)
x
2
Possiamo concludere allora che anche in meccanica quantistica, analogamente alla
meccanica classica, la dinamica invariante per traslazioni se il potenziale dipende solo
dalla differenza x
1
x
2
, cio se V (x
1
, x
2
) = V (x
1
x
2
), perch con tale espressione
del potenziale si ha
[T(a), H] =
_

x
1
+

x
2
, V (x
1
, x
2
)
_
=
V (x
1
, x
2
)
x
1
+
V (x
1
, x
2
)
x
2
= 0
Quando il potenziale dipende soltanto da x
1
x
2
e la dinamica dunque invariante,
si ha che solo le condizioni iniziali distinguono una posizione o la sua traslata.
2.8 Principio di indeterminazione
Il quadrato del modulo dellautofunzione dellimpulso p[x) nel caso unidimensionale
rappresenta la densit di probabilit che una particella localizzata in x abbia impulso p
ed ha valore costante
[p[x)[
2
=
1
2
Abbiamo allora che c sempre la stessa probabilit per una particella localizzata
nella posizione x di avere un qualsiasi impulso p, ovvero che se per una particella
stata misurata esattamente la posizione x, allora non possibile avere una misura precisa
dellimpulso p.
Viceversa, se una particella ha impulso p, allora la densit di probabilit che essa
abbia posizione x data da x[p) e vale
[x[p)[
2
=
1
2
Quindi se una particella ha impulso p, c sempre la stessa probabilit che essa
sia localizzata in una qualunque posizione x, ovvero se stato misurato esattamente
limpulso p, non si pu misurare esattamente la posizione x.
La circostanza, dunque, per cui non possibile determinare con la stessa precisione
desiderata limpulso p e la posizione x di una qualsiasi particella, un caso particolare
di quello che viene denominato principio di indeterminazione di Heisenberg.
Il principio di indeterminazione rappresenta unulteriore conferma del processo cri-
tico avviato in sica allinizio del ventesimo secolo gi con la teoria della relativit e
48 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
basato sullesigenza di tenere in considerazione anche un nuovo aspetto: le condizioni
in cui ha luogo losservazione, che erano state sempre irrilevanti nella sica classica
secondo la quale losservatore era un ente esterno che non faceva parte del fenomeno e
che dunque poteva studiare il fenomeno stesso senza inuenzarlo n modicarlo.
Le indeterminazioni quantistiche non dipendono dalle imprecisioni degli strumenti
di misura, ma sono insite nella natura. La misurazione esatta delle grandezze impos-
sibile non per unimperfezione degli strumenti di misura disponibili, ma perch questi
strumenti stessi interagiscono con il fenomeno osservato e lo modicano.
Se si usano strumenti che hanno imprecisioni grandi (rispetto allordine di grandezza
di ), allora non si percepisce lincertezza quantistica; se per si rafna la misura no ad
apprezzare dispersioni dellordine di , allora si constaterebbe che c un limite posto
dalla natura alla precisione con cui pu essere raggiunto il valore della misura delle
grandezze.
La conseguenza di questi risultati fu, con la nascita della meccanica quantistica,
labbandono da parte della sica del determinismo classico espresso da Laplace nella
sua opera Thorie analytique des probabilits (1820).
Per dimostrare il principio di indeterminazione, immaginiamo di avere due generici
operatori A e B e consideriamo i loro valori medi su un generico stato [).
Dai valori medi dei due operatori su tale stato
A)

= [A[) e B)

= [B[)
seguono le dispersioni, o varianze, degli stessi operatori
(A)
2
= [(AA))
2
[) e (B)
2
= [(B B))
2
[)
Sia (A)
2
che (A)
2
sono deniti positivi perch (riferendoci soltanto ad A) si ha
(A)
2
= [(AA))(AA))[) = [(AA))[)[
2
0
Ora, dato il vettore [(AA)) +i(B B))][), con parametro reale generico,
la sua norma, sempre non negativa, sar il polinomio di secondo grado nella variabile
dato da
[[(AA)) + i(B B))][(AA)) + i(B B))][) =
= [(B B))
2
[)
2
i[[B, A][) +[(AA))
2
[) =
= (B)
2

2
i[[B, A][) + (A)
2
= (B)
2

2
+ C + (A)
2
0
dove con C stato indicato loperatore hermitiano C = i [B, A].
Afnch questo polinomio di secondo grado sia sempre positivo o nullo per ogni
valore della variabile , tenendo presente che il coefciente di
2
positivo, deve
vericarsi la condizione
C
2
4(B)
2
(A)
2
0
2.8. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE 49
da cui segue in conclusione il principio di indeterminazione nella forma
(A)(B)
[C[
2
In particolare se A e B sono gli operatori di posizione e di impulso in dimensione 1,
allora si ha [x, p] = i e dunque [C[ = , da cui segue
xp

2
(2.32)
Per le osservabili x e p in dimensione 1 nel caso in cui si abbia x) = p) = 0, la
relazione (2.32) pu essere ricavata anche calcolando in L
2
(R) il quadrato della norma
della funzione
g(x) = x(x) +
d(x)
dx
Il quadrato della norma L
2
della funzione g(x) dato dal polinomio di secondo
grado nella variabile
_
+

x(x) +
d(x)
dx

2
dx =
=
_
+

_
x

(x) +
d

(x)
dx
_ _
x(x) +
d(x)
dx
_
dx =
=
2
_
+

x
2
[(x)[
2
dx +
_
+

_
x

(x)
d(x)
dx
+ x(x)
d

(x)
dx
_
dx+ (2.33)
+
_
+

d(x)
dx

2
dx 0
Integrando per parti il coefciente di in (2.33) e ricordando che le (x) sono fun-
zioni donda che tedono a zero allinnito pi velocemente di qualsiasi potenza inversa
di x, si ottiene
_
+

_
x

(x)
d(x)
dx
+ x(x)
d

(x)
dx
_
dx =
=
_
+

x
d
dx
[(x)[
2
dx =
_
+

[(x)[
2
dx = 1
Per capire il signicato del termine noto in (2.33), calcoliamo integrando per parti
p
2
) = [p
2
[) =
2
_
+

(x)
d
2
dx
(x) dx =
2
_
+

d(x)
dx

2
dx
50 CAPITOLO 2. FORMALISMO GENERALE NELLA NOTAZIONE DI DIRAC
da cui segue
_
+

d(x)
dx

2
dx =
p
2
)

2
Si riconosce inne che il coefciente di
2
in (2.33) il valor medio x
2
). Sosti-
tuendo questi sviluppi nella (2.33) e considerando che dalla condizione assegnata come
ipotesi x) = p) = 0 segue (x)
2
= x
2
) e (p)
2
= p
2
), si ottiene in conclusione
_
+

x(x) +
d(x)
dx

2
dx = (x)
2

2
+
(p)
2

2
0
Afnch tale polinomio di secondo grado sia sempre non negativo per ogni valore
della variabile , deve vericarsi la condizione che il suo discriminante non sia positivo,
ovvero
1 4 (x)
2
(p)
2

2
0
da cui si ottiene di nuovo la relazione (2.32).
2.8.1 Pacchetti donda
Nel caso delle osservabili x e p, lo stato [) nel quale si ottiene il valore minimo del
prodotto xp
x
delle indeterminazioni, cio lo stato in cui vale la (2.32) con il segno
di uguaglianza, viene denominato pacchetto donde e verichiamo allora che lo stato
(x) =
1

2
e

x
2
4
2
+
i px

espresso nella base degli autostati della posizione e normalizzato, un pacchetto donda.
Per calcolare gli integrali necessari, utilizzeremo la ben nota identit dei polinomi
di secondo grado in cui consideriamo il coefciente a reale positivo
ax
2
+ bx a
_
x
b
2a
_
2
+
b
2
4a
(2.34)
e i risultati degli integrali gaussiani con a > 0
_
+

e
ax
2
dx =
_

a
e
_
+

x
2n
e
ax
2
dx =
d
n
da
n
__

a
_
Nello stato (x) assegnato abbiamo
x) =
_
+

x[(x)[
2
dx =
1

2
_
+

xe

x
2
2
2
dx = 0
2.8. PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE 51
x
2
) =
_
+

x
2
[(x)[
2
dx =
1

2
_
+

x
2
e

x
2
2
2
dx =
2
da cui segue (x)
2
= x
2
) (x))
2
=
2
.
Per ricavare p) e p
2
), calcoliamo la funzione donda nella base degli autostati
dellimpulso
(p) =
1

2
_
+

(x) e
i
p

x
dx =
1

2
1

2
_
+

x
2
4
2
+
i( pp)x

dx =
=
1

2
1

2
e


2
(p p)
2

2
_
+

x
2
4
2
dx =
1

2
2

2
e


2
(p p)
2

2
Per ottenere p) e p
2
) calcoliamo i relativi integrali nei quali eseguiamo il cambio
di variabile p p = y
p) =
_
+

p [(p)[
2
dp =
4
2

2
_
+

p e

2
2
(p p)
2

2
dp =
=
4
2

2
_
+

(y + p) e

2
2
y
2

2
dy =
4 p
2

2
= p
e
p
2
) =
_
+

p
2
[(p)[
2
dp =
4
2

2
_
+

p
2
e

2
2
(p p)
2

2
dp =
=
4
2

2
_
+

(y
2
+ p
2
) e

2
2
y
2

2
dy = p
2
+

2
4
2
da cui segue
(p)
2
= p
2
) (p))
2
=

2
4
2
e dunque il prodotto minimo delle dispersioni
p x =

2
Capitolo 3
Evoluzione temporale degli stati
Come detto, il valore della misura di unosservabile A in meccanica quantistica si ot-
tiene calcolando la media statistica dei valori ottenuti ripetendo la misura su un certo
stato o del sistema; ma poich ogni volta che si esegue la misura di A, il sistema pre-
cipita irreversibilmente in un autostato delloperatore A e si perde informazione sullo
stato iniziale del sistema, allora quando si effettua la misura dellosservabile A la volta
successiva, il sistema non si trova pi nello stato iniziale o. Quindi per avere una serie
di risultati della misura dellosservabile A ottenuti tutti avendo effettuato la misura sul
medesimo stato o del sistema, occorre preparare innite copie (tutte uguali) del sistema
in questione, in modo tale che, non appena la misura precedente ha fatto precipitare il
sistema in un autostato di A, la misura successiva possa essere eseguita di nuovo su un
sistema identico al precedente che si trova dunque nel medesimo stato o su cui aveva
avuto luogo la misura precedente. Questa caratteristica dei sistemi quantistici di passare
in modo irreversibile da uno stato ad un altro per effetto di una misura, gi di per s
una sorta di evoluzione temporale del sistema.
In meccanica quantistica abbiamo allora due tipi di evoluzione dei sistemi. Il primo
appunto quello probabilistico irreversibile indotto da una misura che si esegue dalle-
sterno sul sistema ed quello pi controverso e oscuro della teoria dal punto di vista
interpretativo; a causa dellirreversibilit (ovvero della non invertibilit), questo tipo di
evoluzione non pu essere descritta da un operatore unitario perch un operatore unita-
rio invece invertibile. Tale evoluzione, pertanto, non ha analogo nella sica classica. Il
secondo tipo di evoluzione quello che potremmo chiamare deterministico e che si ha
quando il sistema varia nel tempo per effetto della dinamica a cui sottoposto il sistema
stesso, senza che ci sia unosservazione o una misura dallesterno. Tale evoluzione, che
potremmo chiamare anche evoluzione naturale, quella che il sistema subisce quando
lasciato a se stesso ed evolve solo per effetto delle sole forze agenti su di esso, senza
che vi sia intervento sul sistema dallesterno.
Questo secondo tipo di evoluzione analogo a quello che si ha nella sica classica
in cui si ha soltanto un tipo di evoluzione che appunto quello lungo le leggi del moto.
52
3.1. LEQUAZIONE DI SCHRDINGER E PROPAGATORE QUANTISTICO 53
3.1 Lequazione di Schrdinger e propagatore quanti-
stico
Per determinare completamente levoluzione temporale del sistema assegnato, quan-
do essa di questo secondo tipo deterministico (o naturale), ricorriamo di nuovo alla
corrispondenza della meccanica quantistica con il formalismo canonico hamiltoniano.
Ricordiamo in particolare le equazioni di Hamilton della meccanica analitica e il ruolo
cruciale che lhamiltoniana svolge per levoluzione temporale di unosservabile f(p, q):
_

_
q = q
i
, H =
H
p
i
p = p
i
, H =
H
q
i
e

f(p, q) = f(p, q) , H (3.1)


Quantisticamente avremo che uno stato [, 0) evolve in uno stato [, t) e che le-
quazione differenziale della dinamica dello stato dovr essere del primo ordine rispetto
al tempo t perch lunica condizione iniziale a disposizione la funzione donda inizia-
le del sistema che contiene tutte le informazioni sul sistema stesso e non anche la sua
derivata prima. Inoltre afnch sia valido il principio di sovrapposizione, lequazione
differenziale dovr essere lineare e allora postuliamo che essa sia del tipo
i
d
dt
[, t) = A(t) [, t) (3.2)
dove A un operatore da determinare in base a propriet siche e la derivata intesa
solo rispetto al tempo perch il tempo ancora, a questo livello, lunica variabile da cui
dipende lo stato.
Imponiamo che se vale , t
0
[, t
0
) = 1, allora valga anche per ogni istante di tempo
luguaglianza , t[, t) = 1, ovvero , t
0
[, t
0
) = , t[, t) = 1.
Se chiamiamo T(t
0
, t) loperatore di evoluzione temporale applicato allo stato ini-
ziale tale che si abbia [, t) = T(t
0
, t) [, t
0
), imponiamo che T(t
0
, t) sia invertibile in
modo che, come in meccanica classica, si possa risalire allo stato iniziale [, t
0
) dalla
sua evoluzione in [, t).
Imponendo che un ket sia normalizzato in ogni istante t, otteniamo luguaglianza
, t
0
[, t
0
) = , t[, t) = , t
0
[T
+
(t
0
, t) T(t
0
, t)[, t
0
)
da cui si deduce che vale T
+
(t
0
, t) T(t
0
, t) = 1, cio che loperatore T(t
0
, t) unitario
e quindi invertibile perch det T = 1. Sostituendo [, t) = T(t
0
, t) [, t
0
) nella (3.2),
si ottiene
i
d
dt
T(t
0
, t) [, t
0
) = A(t) T(t
0
, t) [, t
0
)
54 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
da cui segue lequazione fra operatori
A = i
_
dT
dt
_
T
+
avendo omesso la scrittura dei ket su cui essi agiscono e avendo moltiplicato ambo i
membri per T
+
da destra. Poich T unitario, si ha
_
dT
dt
_
T
+
+ T
_
dT
+
dt
_
= 0
e quindi
T
_
dT
+
dt
_
=
_
dT
dt
_
T
+
da cui segue
A
+
= i T
_
dT
+
dt
_
= i
_

_
dT
dt
_
T
+
_
= i
_
dT
dt
_
T
+
= A
cio che A deve essere un operatore hermitiano.
Per determinare lespressione di A ricorriamo al limite classico. Poich [(x, t)[
2
rappresenta la densit di probabilit che la particella sia nella posizione x allistante t
e classicamente invece una particella sempre esattamente localizzata in un punto x,
allora lo stato quantistico deve avere una dispersione che sia tanto pi piccola quanto
pi sia piccola . E poich quanto pi piccola la dispersione di una misura, tanto
pi vicino al valor medio il risultato della misura stessa, avremo che il punto di
contatto e la corrispondenza fra limite della meccanica quantistica e meccanica clas-
sica si realizza imponendo che i valori medi quantistici evolvano secondo le equazioni
classiche.
In altre parole, un sistema quantistico diventa classico quando diventano piccole
le dispersioni della p e della q. Quindi indicando con F(p, q) loperatore associato
allosservabile classica f(p, q), abbiamo che se tali dispersioni sono piccole, allora il
valor medio , t[F(p, q)[, t) circa il valore della f(p, q) calcolato sui valori medi
della p e della q.
In conseguenza di queste considerazioni, dobbiamo imporre allora che in media gli
operatori quantistici obbediscano alle leggi classiche, ovvero che valga

f(p, q) =
d
dt
(, t[F[, t))
da cui, sviluppando la derivata temporale e utilizzando lequazione (3.2) con la sua
coniugata, si ottiene

f(p, q) =
d, t[
dt
F[, t) +, t[F
d[, t)
dt
=
3.1. LEQUAZIONE DI SCHRDINGER E PROPAGATORE QUANTISTICO 55
= i , t[AF[, t) +, t[F(i)A[, t) = i , t[[F, A][, t) =
= , t[F, A[, t) = , t[F, A[, t)
dove alla ne stata utilizzata la relazione di corrispondenza espressa dalla regola di
quantizzazione (2.14).
Afnch dunque lequazione quantistica del moto che abbiamo ottenuto

f(p, q) = , t[F, A[, t) (3.3)


tenda in media allequazione classica data dalla (3.1), nella relazione (3.3) dobbiamo
identicare A = H, equivalente a
A =
H

da cui, sostituendo nella (3.2), discende in conclusione lequazione di Schrdinger


i
d
dt
[, t) = H[, t) (3.4)
Dallequazione (3.3) ricaviamo che quando unosservabile classica f(p, q) un in-
tegrale primo (o costante del moto), cio vale

f(p, q) = f, H = 0, allora loperatore
quantistico F, corrispondente ad f, commuta con H in quanto [F, H] = if, H = 0.
In questo caso, allora, dalla relazione
d
dt
, t[F[, t) = , t[[F, H][, t) = 0
segue che ad un integrale primo f(p, q) classico, costante sulle traiettorie del moto clas-
sico, corrisponde un operatore quantistico il cui valor medio, calcolato sullevoluzione
temporale indotta dallequazione di Schrdinger, non dipende dal tempo perch la sua
derivata temporale totale nulla.
Se loperatore hamiltoniano H non dipende esplicitamente dal tempo, allora, indi-
cati con [E
n
) i suoi autostati anchessi indipendenti dal tempo, abbiamo che gli [E
n
)
formano una base completa ortonormale normalizzata con una di Kronecker nel ca-
so discreto, o con una di Dirac nel caso continuo. Lequazione secolare dellope-
ratore hamiltoniano, H[E
n
) = E
n
[E
n
), prende il nome di equazione di Schrdinger
indipendente dal tempo.
Proiettando lequazione di Schrdinger (3.4) sulla base degli [E
n
), si ottiene
i
d
dt
E
n
[, t) = E
n
E
n
[, t) (3.5)
avendo utilizzato luguaglianza E
n
[H[, t) = E
n
E
n
[, t). La soluzione dellequa-
zione differenziale ordinaria (3.5) data dallespressione
E
n
[, t) = E
n
[, t
0
) e
i
En

(tt
0
)
56 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
attraverso la quale possiamo costruire lo stato [, t) al tempo t
[, t) =

n
[E
n
)E
n
[, t) =

n
E
n
[, t
0
) e
i
En

(tt
0
)
[E
n
) =
=

n
E
n
[, t
0
) e
i
H

(tt
0
)
[E
n
) = e
i
H

(tt
0
)

n
[E
n
)E
n
[, t
0
) =
= e
i
H

(tt
0
)
[, t
0
)
Uguagliando il primo e lultimo membro di questa sequenza di uguaglianze, abbia-
mo la relazione
[, t) = e
i
H

(tt
0
)
[, t
0
) (3.6)
in cui possiamo interpretare loperatore esponenziale come loperatore di evoluzione
temporale introdotto in precedenza
T(t
0
, t) = e
i
H

(tt
0
)
Sviluppando tale operatore di evoluzione temporale T(t
0
, t) in serie di Taylor
T = e
i
H

(tt
0
)
=
+

n
1
n!
[i(t t
0
)]
n
H
n
si ottiene, sfruttando lhermitianit di H,
T
+
=
_
e
i
H

(tt
0
)
_
+
=
+

n
1
n!
[i(t t
0
)]
n
H
n
= e
i
H

(tt
0
)
da cui segue T
+
T = 1 perch gli esponenti negli operatori T e T
+
commutano e in
generale si ha appunto che la relazione e
A
e
B
= e
A+B
valida solo per coppie A e B di
operatori che commutano.
Gli autostati [E
n
) dellenergia H si chiamano stati stazionari perch, come si pu
dimostrare, in tali stati il valor medio e la distribuzione di probabilit di un qualsiasi
operatore A risultano essere sempre indipendenti dal tempo.
Innanzitutto osserviamo che se abbiamo come stato iniziale [, 0) di un sistema
proprio un autostato [E
n
) di H, cio [, 0) = [E
n
), allora otteniamo lo stato del sistema
al tempo t
[, t) = e
i
H

t
[, 0) = e
i
H

t
[E
n
) = e
i
En

t
[E
n
)
ovvero levoluzione naturale del sistema secondo lequazione di Schrdinger (senza
osservazione esterna) lascia un autostato di H ancora autostato di H, moltiplicato per
un fattore di fase (irrilevante).
3.1. LEQUAZIONE DI SCHRDINGER E PROPAGATORE QUANTISTICO 57
Allora dimostriamo che in tale [, t) il valor medio di qualsiasi osservabile A non
dipende dal tempo: poich E
n
un numero (sia pure con dimensioni di energia) e non
pi un operatore, segue lo sviluppo del valor medio
, t[A[, t) = E
n
[ e
i
En

t
Ae
i
En

t
[E
n
) = E
n
[A[E
n
) = , 0[A[, 0)
ovvero il valor medio e la distribuzione di probabilit di qualsiasi osservabile A, cal-
colati sullo stato [, t), coincidono con il valor medio e la distribuzione di probabilit
della stessa osservabile A sullo stato [, 0) e dunque risultano indipendenti dal tempo.
Se invece lo stato iniziale [, 0) del sistema non un autostato di H, ma una combi-
nazione lineare di almeno due autostati di H, allora dallo sviluppo [, 0) =

n
c
n
[E
n
),
si ottiene lo stato al tempo t generico
[, t) = e
i
H

t
[, 0) =

n
c
n
e
i
En

t
[E
n
)
ovvero per effetto dellevoluzione temporale naturale uno stato iniziale che non sia
autostato di H non sar mai in nessun istante di tempo successivo un autostato di H.
Dimostriamo quindi che in uno stato iniziale generico [, 0), esprimibile sempre
come combinazione lineare di autostati di H (di almeno due autostati), non tutte le
osservabili, ma soltanto le osservabili che commutano con H e dunque con loperatore
di evoluzione temporale, possiedono valor medio indipendente dal tempo.
Infatti uguagliando primo e ultimo membro nello sviluppo del valor medio
, t[A[, t) = , 0[e
i
H

t
Ae
i
H

t
[, 0) = , 0[Ae
i
H

t
e
i
H

t
[, 0) = , 0[A[, 0)
segue che il valor medio e la distribuzione di probabilit di unosservabile A, calcolati
sullo stato [, t), sono indipendenti dal tempo solo se loperatore A commuta con H, in
modo che esso dunque commuti con loperatore di evoluzione temporale.
Se H = H(t) dipende dal tempo, allora la soluzione dellequazione operatoriale di
Schrdinger introdotta precedentemente
i
dT
dt
= HT
non pu essere scritta, in analogia con lequazione scalare, nella forma
T = T(t
0
) e
i

R
t
t
0
H(t

)dt

perch il metodo della separazione delle variabili non pi valido quando gli esponenti
in operatori esponenziali non commutano.
Se proiettiamo quindi lequazione di Schrdinger nella base degli autostati della
posizione, il primo membro dellequazione (3.4) diventa
i
d
dt
x[, t) = i
d
dt
(x, t)
58 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
che riscriviamo nella forma
i

t
(x, t)
con il simbolo di derivata parziale perch nella notazione delle funzioni donda la (x, t)
funzione di due variabili e la derivata solo rispetto al tempo.
Analogamente il secondo membro dellequazione (3.4) diventa
x[
_
p
2
2m
+ V (x)
_
[, t) =
1
2m
(i)
2

x

x
x[, t) + V (x) x[, t) =
=

2
2m

2
x
2
(x, t) + V (x) (x, t)
Uguagliando primo e secondo membro, otteniamo la proiezione dellequazione di
Schrdinger nella base degli autostati della posizione, che prende il nome di equazione
di Schrdinger dipendente dal tempo avente la forma
i

t
(x, t) =

2
2m

2
x
2
(x, t) + V (x)(x, t)
Si riconosce immediatamente che, a parte il fattore unit immaginaria, lequazione
di Schrdinger dipendente dal tempo ha la stessa struttura dellequazione parabolica del
calore.
Poich i sistemi in cui lenergia conservata godono della propriet di essere in-
varianti per traslazioni temporali, allora, per semplicit e senza perdita di generalit,
poniamo il tempo iniziale t
0
uguale a zero.
Se proiettiamo lequazione (3.6) sulla base degli autostati della posizione, otteniamo
la relazione
x[, t) = x[e
i
H

t
[, 0) =
_
dy x[e
i
H

t
[y)y[, 0)
che equivale alla relazione
(x, t) =
_
x[e
i
H

t
[y)
0
(y) dy
Lespressione
K(x, y; t) := x[e
i
H

t
[y)
prende il nome di propagatore o nucleo di propagazione di Feynman. Il signicato
del propagatore quello per cui il quadrato del suo modulo rappresenta la probabilit
che la particella localizzata nella posizione y nellistante t = 0 sia localizzata nella
posizione x nellistante t perch il propagatore rappresenta la proiezione su x[ dello
stato T(0, t) [y).
3.1. LEQUAZIONE DI SCHRDINGER E PROPAGATORE QUANTISTICO 59
In termini di propagatore, la funzione donda al tempo t si ottiene dunque eseguendo
lintegrale
(x, t) =
_
K(x, y; t)
0
(y) dy (3.7)
Per t = 0 si ha ovviamente K(x, y; 0) = x[y) = (x y).
3.1.1 Evoluzione temporale e misura di due osservabili
Quando due operatori A e B commutano, allora hanno gli stessi autovettori, cio
A[, ) = [, ) e B[, ) = [, )
e abbiamo le decomposizioni spettrali
A =

T
(A)

e B =

T
(B)

con
T
(A)

[, ), [ e T
(B)

[, ), [
A questo punto eseguire simultaneamente la misura di A e di B signica far agire i
proiettori T
(B)

e T
(A)

uno dopo laltro sullo stato [), ovvero


T
(B)

T
(A)

[)
perch se A e B commutano, il prodotto dei due proiettori T
(A)
e T
(B)
ancora un
operatore hermitiano di proiezione, come si vede eseguendo
(T
(A)
T
(B)
)
+
= T
(B)
T
(A)
= T
(A)
T
(B)
Afnch la misura della seconda osservabile B abbia senso, importante che la-
zione del secondo proiettore T
(B)

, compatibile appunto con T


(A)

, abbia luogo prima


che levoluzione temporale naturale (indotta dallequazione di Schrdinger) possa mo-
dicare sostanzialmente il risultato T
(A)

[) ottenuto con la misura dellosservabile A,


ovvero con lazione del primo proiettore T
(A)

.
Se ad esempio misuriamo in una dimensione la posizione x (analogo discorso vale
anche per limpulso p), avremo che i rivelatori della posizione non daranno risultato
migliore dellappartenenza della particella ad un certo intervallino di ampiezza .
Quindi non si misurer mai la posizione esatta
x =
_
x[x)x[ dx
60 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
data da un numero reale con innite cifre decimali periodiche o addirittura non periodi-
che, ma piuttosto si misurer loperatore discreto x
disc
denito come
x
disc
=

i
x
i
_
x
i
+

2
x
i

2
[x)x[ dx =

i
x
i
T
(x)
i
con pari allampiezza di ciascun intervallino e x
i
pari al valore che li-esimo rivelatore
fornisce relativamente alli-esimo intervallino discreto.
Una misura classica quella in cui lincertezza di misura risulta maggiore dellam-
piezza degli intervallini, ovvero
(x)
class

_
[(x x))
2
[)
Se abbiamo un pacchetto donde con supporto tutto allinterno di un unico interval-
lino I, allora vale
T
(x)
i
[) =
_
x
i
+

2
x
i

2
[x)x[) dx = [)
perch loperatore T
(x)
i
coincide con lidentit se v certezza che la particella stia
nellintervallino I.
Quindi se gli strumenti di misura non risolvono al di sotto del valore , una misura
classica non perturba lo stato [) su cui avviene la misura stessa e si pu ripetere la
misura senza avere repliche del sistema in quanto lo stato [), attraverso la proiezione
data da T
(x)
i
[) = [), precipita in se stesso.
Se invece una misura diventa tale che si veda dentro lintervallino di ampiezza ,
allora si comincia a rivelare lincertezza quantistica.
3.2 Rappresentazione di Heisenberg
In meccanica classica il fatto che unosservabile non dipenda esplicitamente dal tempo
signica che la sua dipendenza dal tempo dovuta alla dipendenza dal tempo delle
osservabili fondamentali che sono la posizione q e limpulso p.
Se si ha ad esempio una funzione f(q, p) che non dipende esplicitamente dal tempo,
essa dipende dal tempo attraverso le funzioni q = q(t) e p = p(t).
Consideriamo anche in mecanica quantistica un operatore O non dipendente espli-
citamente dal tempo e la trasformazione unitaria
U = e
i
H

t
Trasformando i vettori e gli operatori mediante trasformazioni unitarie con le usuali
regole che sono
[) U [) e A UAU
+
3.2. RAPPRESENTAZIONE DI HEISENBERG 61
si ha
[, t) e
i
H

t
[, t) = e
i
H

t
_
e
i
H

t
[, 0)
_
= [, 0)
A A(t) = e
i
H

t
Ae
i
H

t
ovvero lo stato iniziale rimane invariato e gli operatori dipendono dal tempo.
La derivata temporale di A(t)
dA(t)
dt
=
i

e
i
H

t
HAe
i
H

e
i
H

t
AH e
i
H

t
=
=
i

e
i
H

t
[H, A] e
i
H

t
=
i

[H, A(t)] = A(t), H


(3.8)
avendo utilizzato la relazione fra parentesi di Poisson classiche e operatori quantistici
[H, A(t)] = i H, A(t)
Luguaglianza fra il primo e lultimo membro nella sequenza (3.8) prende il nome
di equazione di Heisenberg e lo schema nel quale gli stati sono indipendenti dal tempo
mentre gli operatori dipendono dal tempo, viene denominato schema di Heisenberg.
Il calcolo di unevoluzione temporale secondo lequazione di Schrdinger contiene
espressioni intermedie non relativisticamente invarianti perch il tempo relativistico non
una grandezza assoluta.
Eseguendo gli stessi calcoli nello schema di Heisenberg, si ottengono sempre espres-
sioni intermedie relativisticamente invarianti e per questo motivo lo schema di Heisen-
berg indispensabile in meccanica quantistica relativistica.
Il vantaggio di usare lo schema di Heisenberg risiede nel fatto che talvolta possibile
calcolare levoluzione temporale del valor medio di un operatore anche nel caso in cui
non sia stata risolta lequazione secolare delloperatore hamiltoniano.
Consideriamo a tal proposito un sistema descritto dallhamiltoniana
H =
p
2
2m
Fx
della quale non possiamo risolvere lequazione secolare e supponiamo di voler calcolare
levoluzione temporale dei valori medi x(t)) e p(t)) su uno stato (x).
Applicando lequazione (3.8) otteniamo
dx
dt
=
i

[H, x] =
p
m
e
dp
dt
=
i

[H, p] = F
da cui, considerando x e p come variabili e non come operatori, seguono per integrazio-
ne le relazioni
x
(H)
(t) = x(t) = x
0
+
p
0
m
t +
F
2m
t
2
e p
(H)
(t) = p(t) = p
0
+ Ft
62 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
dove con x
(H)
(t) e p
(H)
(t) si intendono gli operatori x(t) e p(t) nello schema di Heisen-
berg in cui, come detto, gli operatori dipendono dal tempo.
Considerando ora di nuovo x e p come operatori e assegnando lo stato (x) su cui
calcolare i valori medi
(x) =
1
4

e
x
2
/2
otteniamo
x(t)) = , t[x
(S)
[, t) = , 0[x
(H)
(t)[, 0) =
= , 0[ x
0
[, 0) +
_
, 0

p
0
m
t

, 0
_
+
_
, 0

F
2m
t
2

, 0
_
=
F
2m
t
2
e
p(t)) = , t[p
(S)
[, t) = , 0[p
(H)
(t)[, 0) =
= , 0[ p
0
[, 0) +, 0[ Ft [, 0) = Ft
dove con x
(S)
e p
(S)
si intendono gli operatori x e p nello schema di Schrdinger in cui
gli operatori non dipendono dal tempo.
Nel calcolo di tali valori medi si sono utilizzati gli integrali, peraltro deducibili da
considerazioni sulla parit degli integrandi
, 0[ x[, 0) =
_
+

xe
x
2
dx = 0
e
, 0[ p [, 0) =
_
+

e
x
2
/2
d
dx
e
x
2
/2
dx = 0
3.3 Densit e corrente di probabilit
Data lequazione di Schrdinger dipendente dal tempo
i

t
(x, t) =

2
2m

2
(x, t) + V (x) (x, t)
la soluzione (x, t) normalizzata come (x, 0) perch si ha [, t) = T(t
0
, t) [) e
loperatore di evoluzione temporale T(t
0
, t) unitario.
Vogliamo vericare che la relazione di normalizzazione
_
R
3

(x, t) (x, t) d
3
x =
_
R
3
[ (x, t)[
2
d
3
x = 1
vale per tutti i valori del tempo t, ovvero che non vi siano particelle evanescenti aventi
probabilit di esistenza uttuante.
3.3. DENSIT E CORRENTE DI PROBABILIT 63
A tale scopo dobbiamo dimostrare che vale

t
_
R
3

(x, t) (x, t) d
3
x =

t
_
R
3
[(x, t)[
2
d
3
x = 0 (3.9)
ovvero che lintegrale della densit di probabilit [(x, t)[
2
, esteso a tutto lo spazio,
risulta indipendente dal tempo.
Se sviluppiamo la derivata parziale rispetto al tempo della densit di probabilit
sostituendo il secondo membro dellequazione di Schrdinger, otteniamo la relazione
[[
2
t
=
(

)
t
=

t
+


t
=
=


2
2m

2
+ V
__
+
_
i


2
2m

+ V

__
=
=
i
2m
(

2

2

) =
i
2m
(

)
che pu essere scritta nella forma di equazione di continuit

t
+ J = 0 (3.10)
ponendo =

=[ (x, t)[
2
e denendo la corrente di probabilit J
J =
i
2m
(

)
Considerando ora un dominio R
3
racchiuso dalla supercie e applican-
do il teorema della divergenza nel caso di funzioni aventi buon comportamento,
dallequazione (3.10) segue

t
_

(x, t) d
3
x =
_

J d
3
x =
_

J n d (3.11)
Se, come per i casi sici che esamineremo nel seguito, la corrente di probabilit
verica la relazione
lim
|x|
[x[
2
J(x, t) = 0
allora, scegliendo come dominio una sfera di raggio r e passando al limite per r
tendente allinnito, si ha che lultimo integrale della (3.11), in cui presente anche un
fattore r
2
contenuto nello jacobiano del differenziale d, risulta quindi pari a zero, in
modo tale che sia nullo dunque anche il primo membro della (3.11) e valga pertanto,
come volevamo vericare, la conservazione della probabilit espressa dallannullarsi
della sua derivata rispetto al tempo nella relazione (3.9).
64 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
3.4 Operatore Densit
Quando in termodinamica data una situazione macroscopica denita dalle variabili
pressione, volume, temperatura, non si conosce esattamente la congurazione microsco-
pica corrispondente, ma soltanto la probabilit che le molecole abbiano certe posizioni
e velocit. Si gi detto che per misurare unosservabile A in meccanica quantistica
occorrono innite repliche del vettore di stato perch dopo ogni misura c il collasso
del sistema in un autostato di A e non avrebbe senso ripetere la misura senza una nuova
replica dello stesso stato.
Ora invece consideriamo unincertezza nella preparazione delle repliche: ammettia-
mo cio di aver preparato uno stato [
i
) con probabilit p
i
tale che la somma di tutte le
probabilit p
j
sia uguale a 1.
Il valor medio A) = [A[) calcolato sullo stato [) diventa allora
A) =
N

i=1
p
i

i
[A[
i
)
dove gli stati [
i
) sono considerati normalizzati, ma non necessariamente ortonormali.
Lo stato [) viene denominato stato puro, mentre i ket [
i
) formano quella che viene
denominata miscela statistica. Deniamo allora matrice densit loperatore, indicato
con , tale che
=
N

i=1
p
i
[
i
)
i
[ (3.12)
Se abbiamo uno stato puro, cio un solo stato [) con probabilit 1, allora la matrice
densit assume lespressione = [)[.
Dopo aver denito la traccia di un operatore A come Tr(A) =

n
n[A[n), dimo-
striamo che essa invariante per cambiamento di base: si ha infatti
Tr(A) =

n
n[A[n) =

n,
n[A[)[n) =

n,
[n)n[A[) =

[A[)
In generale, data la non ortonormalit dei [
i
), vero che T
i
= [
i
)
i
[ un
proiettore su [
i
), ma T
i
T
j
non lo perch
i
[
i
) , = 0.
Verichiamo ora che vale Tr() = 1: si ha infatti
Tr() =

n,i
p
i
n[
i
)
i
[n) =

n,i
p
i

i
[n)n[
i
) =

n,i
p
i

i
[
i
) = 1
dove gli [n) formano una base ortonormale e non servita lortonormalit dei [
i
).
3.4. OPERATORE DENSIT 65
Vogliamo ora collegare loperatore densit al valor medio di un operatore A: dimo-
striamo che vale A) = Tr(A). Si ha infatti
Tr(A) =

n
n[A[n) =

n,i
p
i
n[
i
)
i
[A[n) =
=

n,i
p
i

i
[A[n)n[
i
) =

i
p
i

i
[A[
i
) = A) (3.13)
Dato un operatore A con autovettori [), ricordiamo che il valor medio su uno
stato [) delloperatore di proiezione [)[ rappresenta la probabilit che effettuando
la misura di A su [) si ottenga come valore. Infatti con il formalismo della matrice
densit possiamo considerare uno stato puro [) e applicare la (3.13) alloperatore di
proiezione [)[: in tal modo otteniamo
Tr([)[) =

n
n[[)[n) =

n
n[)[)[n) =
=

n
[n)n[)[) = [)[) = [[)[
2
Ripetendo allora una misura di A sulle repliche di uno stato puro [), si ha che le
varie misure forniscono una miscela statistica [[)[
2
e quindi, ricordando la (3.12),
ricaviamo la matrice densit nale (cio dopo le misure)
fin
data dalla regola

fin
=

[[)[
2
[)[ =

[)[)[)[ =

in
T

(3.14)
dove T

rappresenta il proiettore sullautoket [) di A e


in
indica la matrice densit
iniziale
in
= [)[.
Se invece si ha inizialmente una miscela statistica di stati, allora il valor medio
delloperatore di proiezione [)[ su lautoket [) di A dato da
A) =

n
n[[)[n) =

n
[n)n[[) =

i
p
i
[
i
)
i
[) =

i
p
i
[[
i
)[
2
Tale valor medio dipende congiuntamente dai due tipi di incertezza che sono lin-
certezza di tipo classico data da p
i
e lincertezza di tipo quantistico data da [[
i
)[
2
: la
dispersione dovuta a p
i
analoga a quella classica controllabile attraverso il migliora-
mento della preparazione dei sistemi; le frequenze [[
i
)[
2
sono invece unincertezza
intrinseca fondamentale.
Ripetendo la misura su una miscela statistica di stati, si ottiene unaltra miscela
statistica ancora pi strana tale che la densit nale si ottiene ancora con una regola
analoga alla (3.14).
66 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
3.4.1 Velocit di trasmissione dellinformazione
Se due osservatori A e B debbono eseguire una misura rispettivamente delle osservabili
A e B (ovvero confondiamo losservatore con la grandezza da lui misurata) su un me-
desimo stato [), losservatore B, che esegue la propria misura immediatamente dopo
losservatore A, eseguir la propria misura non pi su [), bens sullo stato in cui [)
collassato per effetto della misura effettuata da A.
Questa circostanza costituisce un problema grave della teoria perch il collasso che
avviene istantaneamente dopo la misura di A verrebbe captato istantaneamente dallos-
servatore B, anche se questi si trova a distanza di tipo spazio da A. Daltra parte, secon-
do la teoria della relativit ristretta, un segnale non si pu propagare dallosservatore A
allosservatore B se questi sono separati da una distanza di tipo spazio.
Comunque, si pu recuperare la coerenza con la relativit ristretta dimostrando
che losservatore B non si accorge della misura effettuata da A, ovvero che allosser-
vatore B non giunge notizia della misura di A. Dimostriamo cio che, sebbene vi sia
un collasso istantaneo dello stato [) in un autostato di A subito dopo la misura di A,
non vi comunque trasmissione di informazione da A a B nel senso che il valor medio
dellosservabile B sullo stato [) misurato dallosservatore B dopo che A abbia esegui-
to la propria misura, coincide con il valor medio dellosservabile B che losservatore B
misura prima che losservatore A esegua la propria misura.
Riferendoci infatti ad uno stato puro [), abbiamo che il valor medio di B su [)
prima che A abbia eseguito la propria misura dato da B) = [B[).
Dopo che losservatore A ha eseguito la propria misura dellosservabile A su [), si
ha, dalla (3.14), la densit nale di A data da

(A)
fin
=

T
(A)


in
T
(A)

A questo punto consideriamo i due osservatori A e B separati da distanza di tipo


spazio da cui segue che il commutatore fra le osservabili Ae B nullo, cio [A, B] = 0.
Utilizzando tale regola di commutazione, otteniamo il valor medio della grandezza
B misurato dallosservatore B dopo che losservatore A ha eseguito la propria misura
B) = Tr
_

(A)
fin
B
_
= Tr
_

T
(A)

[)[T
(A)

B
_
=

n,
n[T
(A)

[)[T
(A)

B[n) =
=

n,
[T
(A)

B[n)n[T
(A)

[) =

[T
(A)

BT
(A)

[) =
=

[T
(A)

T
(A)

B[) =

[T
(A)

B[) = [B[)
3.5. PRODOTTO TENSORIALE DI SPAZI DI HILBERT 67
dove sono state usate le relazioni
T
(A)

BT
(A)

= T
(A)

T
(A)

B
perch [A, B] = 0,
T
(A)

T
(A)

= T
(A)

perch T
(A)

un proiettore e

[T
(A)

B[) = [B[)
in virt dellequazione di completezza

T
(A)

= 1.
In tal modo possiamo allora concludere che, data luguaglianza dei valori medi mi-
surati da B sullo stato [) prima e dopo che A esegua la propria misura sempre sullo
stato [), come se B non avesse coscienza della misura effettuata da A, ovvero co-
me se allosservatore B non fosse arrivata informazione che A abbia eseguito la propria
misura.
3.5 Prodotto tensoriale di spazi di Hilbert
Se abbiamo due spazi di Hilbert che sono lo spazio dei ket [) e lo spazio dei ket [),
possiamo costruire lo spazio tensoriale degli elementi [
i
)[
j
) prodotto tensoriale dei
due ket. Un elemento [) in tale spazio tensoriale dato dalla combinazione lineare
[) =

i,j
c
ij
[
i
)[
j
)
Se un operatore lineare A agisce sullo spazio degli [) e un operatore lineare B
agisce sullo spazio dei [), allora gli operatori lineari A e B, indicando con 1
1
e 1
2
gli
operatori identit rispettivamente degli spazi degli [) e dei [), vengono riscritti nella
forma
A A1
2
e B 1
1
B
in modo che essi agiscano sullo spazio tensoriale nel seguente modo
A

i,j
c
ij
[
i
)[
j
) =

i,j
c
ij
(A[
i
)) [
j
)
B

i,j
c
ij
[
i
)[
j
) =

i,j
c
ij
[
i
) (B[
j
))
Quindi gli operatori A e B commutano automaticamente perch agiscono su spazi
che non interferiscono nel prodotto tensoriale.
68 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
Se consideriamo due hamiltoniane
H

=
p
2

2m

+ V

(x

) e H

=
p
2

2m

+ V

(x

)
avremo i commutatori
[p

, p

] = [p

, x

] = [p

, x

] = 0 e [x
i

, p
j

] = [x
i

, p
j

] = i
ij
Dato uno stato [

)[

), il suo rappresentativo nella base dei prodotti tensoriali di


autostati [x
1
)[x
2
) diventa
(x
1
[x
2
[) ([

)[

)) = x
1
[

)x
2
[

)
dove il prodotto scalare si esegue accoppiando bra e ket corrispondenti dello stesso
spazio.
Lo stato pi generale allora
[) =

,
c

x
1
[

)x
2
[

)
Se abbiamo unhamiltoniana H = H
1
+H
2
+H
12
, dove H
12
pu essere interpretato
come termine di interazione, allora vale sempre lequazione di Schrdinger
i

t
[) = H[)
dove [) in questo caso una combinazione lineare di prodotti tensoriali.
Denominando la proiezione (x
1
[x
2
[) [), lequazione di Schrdinger assume la
forma
i
(x
1
, x
2
)
t
= H (x
1
, x
2
)
con
H =

2
2m
1

2
1


2
2m
2

2
2
+ V (x
1
, x
2
)
e lo stato iniziale (x
1
[x
2
[) [, 0) =
1
(x
1
)
2
(x
2
).
Anche se lo stato iniziale viene preparato in modo che abbia la forma fattorizza-
ta
1
(x
1
)
2
(x
2
), se H
12
rappresenta uninterazione non banale, allora levoluzione
temporale dello stato
1
(x
1
)
2
(x
2
) non
1
(x
1
, t)
2
(x
2
, t).
3.6. INTERAZIONE TRA SISTEMA FISICO E APPARATO DI MISURA 69
3.6 Interazione tra sistema sico e apparato di misura
Consideriamo lo spazio di Hilbert ottenuto dal prodotto tensoriale [S)[M), dove [S)
linsieme dei ket che rappresentano gli stati del sistema sico in esame e [M)
linsieme dei ket che rappresentano i valori rilevati dallapparato di misura.
Lapparato di misura tale da selezionare di volta in volta il valore
i
assunto dalla
grandezza in questione. Se lo stato iniziale del sistema considerato lautostato [
i
)
dellosservabile A da misurare, allora levoluzione temporale T(t) applicata al sistema
fornir risultato
T(t
fin
) [
i
)[M
0
) = [
i
)[M
i
)
dove [M
i
) indica che il risultato della misura stato appunto lautovalore
i
corrispon-
dente allautostato [
i
) che lo stato in cui stata eseguita la misura dellosservabile A.
Osserviamo anche che loperazione di misura non altera lo stato del sistema perch nel
prodotto tensoriale rimane [
i
).
Se lo stato iniziale del sistema fosse una sovrapposizione

i
c
i
[
i
) di autostati
dellosservabile A, allora levoluzione temporale T(t) darebbe risultato
T(t
fin
)

i
c
i
[
i
)[M
0
) =

i
c
i
T(t
fin
) [
i
)[M
0
) =

i
c
i
[
i
)[M
i
)
Questa relazione ci dice che ad un certo punto nel processo di misura si deve ve-
ricare un collasso durante la sequenza: fotone che colpisce la retina, segnali che si
trasmettono al cervello, ecc. (tale sequenza pu essere resa innitamente lunga).
Tale collasso pu essere conseguenza dellautocoscienza dellosservatore oppure
potrebbe essere spiegato con uninterpretazione (dal punto di vista logico altrettanto
valida) per cui luniverso viene descritto da una funzione donda costituita da innite
ramicazioni (universi paralleli) tali che noi viviamo contemporaneamente in tutte le
ramicazioni.
Tale visione analoga alla descrizione del fenomeno dellinterferenza per cui una
particella si trova nello stato sovrapposizione di due stati e passa contemporaneamente
attraverso due fenditure.
3.6.1 Difcolt nellosservazione della meccanica quantistica
Nel fenomeno dellinterferenza di particelle che passano attraverso due fenditure F
1
e
F
2
si ha, come gi detto, una gura di diffrazione profondamente diversa dalla gura che
si otterrebbe con la sovrapposizione delle due gure date dallapertura di una soltanto
delle due fenditure.
Tale gura di interferenza rimane la stessa anche se la particelle vengono inviate
una alla volta, cio attendendo che ognuna sia giunta sulla lastra prima di inviare la
successiva.
70 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
Nel formalismo della meccanica quantistica abbiamo che ogni particella descritta
da una funzione donda che verica lequazione di Schrdinger e a cui si impongono
le condizioni al bordo per cui, per esempio, essa valga zero sulla parte in cui non c
passaggio di particelle e assuma valore
1
(x) e
2
(x) rispettivamente in F
1
e F
2
.
Il signicato delle condizioni al bordo deriva dallapprossimazione secondo la
quale la
1
(x) la funzione donda che sostanzialmente si avrebbe se fosse chiusa la
fenditura F
2
e la
2
(x) la funzione donda che sostanzialmente si avrebbe se fosse
chiusa la fenditura F
1
.
La soluzione totale dellequazione di Schrdinger dopo il passaggio attraverso le
due fenditure la funzione donda
(x)
1
(x) +
2
(x)
dove consideriamo normalizzate a 1 le funzioni donda
1
(x) e
2
(x).
Afnch anche la (x) sia normalizzata a 1, deve valere
_
[(x)[
2
dx =
_
[
1
(x) +
2
(x)[
2
dx =
=
_
[
1
(x)[
2
+[
2
(x)[
2
+ 21e [

1
(x)
2
(x)] dx = 1 + 1 = 2
perch 1e [

1
(x)
2
(x)] = 0 in quanto assumiamo la
1
(x) pari a zero lontano da F
1
e
la
2
(x) pari a zero lontano da F
2
.
Quindi quando diversa da zero la
1
(x), zero la
2
(x) e viceversa, o sono en-
trambe zero. C dunque un guscio sferico (onda) emesso dalla sorgente che si separa
in corrispondenza delle due fenditure in due gusci indipendenti dati da
1
(x) e
2
(x)
coincidenti con quelli che si avrebbero in ciascuna fenditura se laltra fenditura fosse
chiusa.
Questanalogia con le onde solo terminologica perch lequazione di Schrdinger
non unequazione delle onde come si ottiene invece dalle equazioni di Maxwell.
Se consideriamo come istante iniziale listante immediatamente successivo al pas-
saggio attraverso le fenditure entrambe aperte, abbiamo la funzione donda iniziale
[, 0) =
[
1
, 0) +[
2
, 0)

2
da cui, attraverso levoluzione temporale, si ricava il ket allistante di tempo t
L
in cui le
particelle arrivano sulla lastra
[, t
L
) = e
i
H

t
L
[, 0) =
e
i
H

t
L
[
1
, 0) + e
i
H

t
L
[
2
, 0)

2
=
[
1
, t
L
) +[
2
, t
L
)

2
3.6. INTERAZIONE TRA SISTEMA FISICO E APPARATO DI MISURA 71
ovvero la funzione donda
(x, t
L
) =

1
(x, t
L
) +
2
(x, t
L
)

2
A questo punto la densit di probabilit di avere la particella in un punto x allistante
di tempo t
L
data da
[(x, t
L
)[
2
=
1
2
[
1
(x, t
L
)[
2
+[
2
(x, t
L
)[
2
+ 2 1e [

2
(x, t
L
)
1
(x, t
L
)]
e lintegrale delladdendo di interferenza
_

2
(x, t
L
)
1
(x, t
L
) dx =
2
, t
L
[
1
, t
L
) =
2
[e
i
H

t
L
e
i
H

t
L
[
1
) =
2
[
1
) = 0
Quindi lunitariet delloperatore di evoluzione temporale rende lintegrale dellad-
dendo di interferenza al tempo t
L
uguale al prodotto
2
[
1
) che nullo perch
1
e
2
sono, al passaggio attraverso le fenditure, diverse da zero in regioni diverse.
Linterferenza ha dunque integrale nullo per ogni istante di tempo perch si deve
conservare il numero di particelle, ovvero lintensit del fascio di particelle emesso; ma
localmente il termine di interferenza una combinazione complicata delle due funzioni
donda
1
(x, t) e
2
(x, t) che sulla lastra (per t = t
L
) si sono diffuse e sono diverse da
zero anche lontano dalle fenditure F
1
e F
2
.
Se consideriamo adesso linserzione di un apparato di misura al ne di stabilire se
la particella passata attraverso la fenditura F
1
o la fenditura F
2
, si ha lo stato [)[M
0
)
alla sorgente e gli stati [
1
)[M
1
) se la particella passata attraverso F
1
e [
2
)[M
2
) se la
particella passata attraverso F
2
.
In realt, chiamato lintervallo di tempo piccolissimo fra la fenditura e lo stru-
mento che rileva il passaggio, abbiamo che esattamente sulle fenditure gli stati iniziali
sono rispettivamente [
1
, 0)[M
0
) e [
2
, 0)[M
0
) da cui seguono le evoluzioni temporali
T() [
1
, 0)[M
0
) = [
1
, )[M
1
) e T() [
2
, 0)[M
0
) = [
2
, )[M
2
)
a seconda che allistante la particella giunga allo strumento posto rispettivamente
sulla fenditura F
1
o F
2
.
Allistante t
L
in cui la particella giunge sulla lastra, avremo allora
[, t
L
) = T(t
L
) T() [, 0) = T(t
L
) T()
_
[
1
, 0)[M
0
) +[
2
, 0)[M
0
)

2
_
=
=
[
1
, t
L
)[M
1
) +[
2
, t
L
)[M
2
)

2
72 CAPITOLO 3. EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI
e la densit di probabilit di trovare allora sullo schermo la particella nella posizione x
data da
P(x) =
1
2
[
1
, t
L
[M
1
[ +
2
, t
L
[M
2
[ ] [x)x[ [ [
1
, t
L
)[M
1
) +[
2
, t
L
)[M
2
) ] =
=
1
2

1
, t
L
[ [x)x[ [
1
, t
L
) +
2
, t
L
[ [x)x[ [
2
, t
L
)+
+
1
, t
L
[ [x)x[ [
2
, t
L
)M
1
[M
2
) +
2
, t
L
[ [x)x[ [
1
, t
L
)M
2
[M
1
)
Il prodotto scalare M
1
[M
2
) rappresenta la probabilit che un atomo della lancetta
dello strumento di misura puntata sul valore 1 della misura si trovi anche sulla lancetta
puntata sul valore 2.
Tale probabilit praticamente zero e inoltre va moltiplicata per il numero di Avoga-
dro di atomi: dunque nel momento in cui si effettuano le proiezioni sui ket [x) avviene
il collasso in conseguenza del quale la densit di probabilit di trovare sullo schermo la
particella nella posizione x data da
P(x) =
[
1
(x, t
L
)[
2
+[
2
(x, t
L
)[
2
2
ovvero data dalla somma delle probabilit che la particella passi solo attraverso F
1
e
solo attraverso F
2
.
Quindi linterazione del sistema con uno strumento di misura che stabilisca attra-
verso quale delle due fenditure passi la particella, distrugge linterferenza e fornisce il
risultato classico. Il collasso avviene allora sulla lastra nale a causa dellapplicazione
del proiettore [x)x[, ma ha conseguenze diverse a seconda che si esegua o non si esegua
una misura macroscopica.
Il collasso dunque un postulato aggiuntivo della meccanica quantistica indotto
dal principio della misura ripetuta, ma esso non deducibile dagli altri principi della
meccanica quantistica.
Linterferenza un fenomeno molto delicato correlato al grado di isolamento del
sistema sico con il resto del mondo: infatti, come abbiamo visto, nella densit di
probabilit compaiono i prodotti scalari M
1
[M
2
) e M
2
[M
1
) che rappresentano le
sovrapposizioni dei vari stati dellapparato di misura.
La meccanica quantistica non spiega il collasso del sistema in un autostato (cio la ri-
duzione del pacchetto donda), ma se si ammette questo fenomeno, allora il formalismo
spiega perch linterazione del sistema con lapparato di misura distrugge linterferenza.
Questa interferenza tanto minore quanto maggiore linterazione delle particelle
con il resto dellambiente: se si usano delle palline grandi e in qualche modo distingui-
bili, il loro passaggio rivelato macroscopicamente e allora i due prodotti scalari dati
da M
1
[M
2
) e M
2
[M
1
) eliminano linterferenza.
3.6. INTERAZIONE TRA SISTEMA FISICO E APPARATO DI MISURA 73
Se lo strumento di misura rimanesse spento (o non vi fosse), ovvero se
T() [
1
, 0)[M
0
) = [
1
, )[M
0
) e T() [
2
, 0)[M
0
) = [
2
, )[M
0
)
allora in effetti linterferenza si manifesterebbe perch laddendo aggiuntivo di interfe-
renza nella densit di probabilit conterrebbe solo i prodotti scalari M
0
[M
0
) = 1.
Se lo strumento stesse soltanto su una fenditura (per esempio su F
1
), allora si avreb-
be
T() [
1
, 0)[M
0
) = [
1
, )[M
1
) e T() [
2
, 0)[M
0
) = [
2
, )[M
0
)
e il prodotto scalare M
1
[M
0
) = 0 fa scomparire linterferenza.
Possiamo dire quindi che quando si sa con certezza (ovvero quando non v dubbio)
attraverso quale fenditura passata una particella, allora linterferenza scompare.
Linterferenza c pertanto solo se non si eseguono misure, ovvero se non vi osser-
vazione: in altre parole, se nessun osservatore assiste ad essa, linterferenza avviene; se
invece qualcuno prova ad osservarla, allora tale osservazione la distrugge.
Interferenza e osservazione dellinterferenza stessa sono dunque due aspetti che si
escludono reciprocamente ed per questo che nelle osservazioni macroscopiche quoti-
diane non si pu rilevare la meccanica quantistica.
Questo concetto si ricollega a quanto stato gi detto a proposito del principio din-
determinazione e venne illustrato da Heisenberg stesso nella sua opera Die physikali-
schen Prinzipien der Quantentheorie, (1930, par.1) dove scrive Nella discussione di
alcune esperienze occorre prendere in esame quellinterazione tra oggetto e osservatore
che necessariamente congiunta ad ogni osservazione. Nelle teorie classiche questin-
terazione veniva considerata o come trascurabilmente piccola o come controllabile in
modo da poterne eliminare linuenza attraverso calcoli. Nella sica atomica tale am-
missione non si pu fare perch, a causa della discontinuit degli eventi atomici, ogni
interazione pu produrre variazioni parzialmente incontrollabili e relativamente gravi.
Capitolo 4
Soluzioni dellequazione di
Schrdinger
Quello che vogliamo ora fare risolvere lequazione di Schrdinger indipendente dal
tempo unidimensionale in presenza di alcuni tipi di potenziale. Dopo aver trattato il caso
della particella libera e della particella soggetta al potenziale armonico, discuteremo
in generale le propriet delle soluzioni dellequazione di Schrdinger indipendente dal
tempo nel caso di particella in dimensione 1.
Applicheremo dunque questanalisi qualitativa al caso di particella soggetta ad una
buca di potenziale e a potenziali inniti che la vincolano su un segmento.
4.1 Equazione di Schrdinger per la particella libera
Nel caso in cui si abbia una particella libera, ovvero V (x) = 0, lhamiltoniana assume
la forma
H =
p
2
2m
=

2
2m
d
2
dx
2
la cui equazione secolare

2
2m
d
2
dx
2
(x) = E
p
(x)
dove si scritto il simbolo di derivata totale perch nellequazione di Schrdinger
indipendente dal tempo, la x lunica variabile da cui dipende la funzione donda.
In realt per determinare gli autostati di H nel caso di particella libera, non risolvia-
mo direttamente la sua equazione secolare, ma utilizziamo il fatto che per V (x) = 0 si
ha [H, p] = 0 e ricorriamo dunque al teorema per cui gli autostati di H sono simultanea-
mente anche quelli gi trovati per loperatore impulso p. Si verica comunque in modo
74
4.1. EQUAZIONE DI SCHRDINGER PER LA PARTICELLA LIBERA 75
facile e immediato anche direttamente che vale
H
_
1

2
e
i
p

x
_
=

2
2m
d
2
dx
2
_
1

2
e
i
p

x
_
=
p
2
2m
_
1

2
e
i
p

x
_
da cui si vede che gli autostati di H sono gli stessi autostati dellimpulso relativi agli
autovalori
E
p
=
p
2
2m
Il vantaggio di prendere come autostati di H gli autostati dellimpulso risiede nel
fatto che in questo modo si rimuove la degenerazione degli autovalori dellenergia ad
ognuno dei quali corrispondono due autostati linearmente indipendenti aventi impulsi
opposti.
Poich gli autovalori dellimpulso sono non degeneri, cio ad ogni autovalore p
delloperatore impulso corrisponde un solo autostato, allora prendere come autostati
delloperatore H gli autostati di p signica scegliere un autostato di H con un ben
preciso impulso tra i due autostati aventi impulso +p e p entrambi corrispondenti
allautovalore degenere p
2
delloperatore hamiltoniano H.
Dato lo stato iniziale della particella libera, (x, 0) =
0
(x), abbiamo le due rela-
zioni

0
(x) =
_
+

0
(p)
e
i
p

2
dp (4.1)
e

0
(p) =
_
+

0
(x)
e
i
p

2
dx (4.2)
Applicando loperatore di evoluzione temporale allo stato iniziale
0
(x), si ottiene
lo stato della particella libera al tempo t dato dalla relazione
(x, t) = e
i
H

(tt
0
)
_
+

0
(p)
e
i
p

2
dp =
_
+

0
(p)
e
i
p

2
e
i

p
2
2m
t
dp
la quale, con la sostituzione della (4.2) per
0
(p), diventa
(x, t) =
_
+

0
(p)
e
i
p

2
e
i

p
2
2m
t
dp =
1
2
_
+

0
(y) e
i
p

(xy)
i

p
2
2m
t
dp dy =
=
_
+

0
(y)
_
1
2
_
+

e
i
p

(xy)
i

p
2
2m
t
dp
_
dy
da cui, per confronto con la (3.7), si ricava il propagatore per la particella libera
K(x, y; t) =
1
2
_
+

e
i
p

(xy)
i

p
2
2m
t
dp
76 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Utilizzando di nuovo lidenit (2.34) e i noti integrali di Fresnel
_
+

cos(ax
2
) dx =
_
+

sin(ax
2
) dx =
_

2a
possiamo ottenere lespressione esplicita del propagatore per la particella libera
K(x, y; t) =
1
2
e
im(xy)
2
2t
_
+

e
it
2m
[p
m(xy)
t
]
2
dp =
e
im(xy)
2
2t
2
_
+

e
it
2m
p
2
dp =
=
1
2
e
im(xy)
2
2t
_
+

_
cos
_
t
2m
p
2
_
i sin
_
t
2m
p
2
__
dp =
=
e
im(xy)
2
2t
2
_
2m
t
_
1

2
_
e lo stato evoluto nel tempo
(x, t) =
_
m
2t
_
1

2
__
+

0
(y) e
im(xy)
2
2t
dy
4.2 Analisi qualitativa delle soluzioni
Dal momento che i sistemi sici reali sono sempre situati in tre dimensioni e quindi
non possono essere descritti attraverso le soluzioni di equazioni di Schrdinger unidi-
mensionali, tuttavia lo studio delle equazioni di Schrdinger unidimensionali riveste pur
sempre un certo interesse per varie ragioni.
In primo luogo dalle equazioni di Schrdinger unidimensionali si possono ricavare
informazioni qualitative che restano valide anche in tre dimensioni (ove non si potreb-
bero ottenere oppure si otterrebbero con calcoli molto pi complicati); in secondo luogo
si ha che la soluzione di un problema tridimensionale in alcuni casi si pu ricondurre
alla soluzione di uno o pi problemi unidimensionali, in analogia con quanto accade in
meccanica classica quando i gradi di libert sono separati.
Data lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo scritta nella forma
u

(x) +
2m

2
[E V (x)] u(x) = 0 (4.3)
se i coefcienti sono reali, allora non c perdita di generalit a considerare le soluzioni
reali. Le condizioni al contorno si dnno di volta in volta a seconda dei casi: se si vuole
che la funzione donda sia normalizzabile, ovvero che la particella stia in quello che
viene denominato stato legato, allora si deve avere
lim
x
u(x) = 0 (4.4)
4.2. ANALISI QUALITATIVA DELLE SOLUZIONI 77
Si osserva subito che con le condizioni (4.4) lequazione (4.3) possiede sempre la
soluzione banale u(x) = 0 che in generale sar anche lunica soluzione.
Poich u(x) = 0 non unautofunzione, dovremo cercare allora dei particolari va-
lori di E (che sono gli autovalori) per i quali si potranno avere soluzioni della (4.3) che
siano normalizzabili e non identicamente nulle.
Tali particolari valori di E costituiscono uno spettro discreto e rappresentano allora
le energie degli stati legati che risultano quindi essere quantizzate.
Considerando ssato il valore di E, analizzeremo soltanto il caso di potenziali V (x)
tali che lequazione EV (x) = 0 abbia un numero nito di soluzioni, trascurando cio
il caso dei potenziali periodici.
Per ssare le idee e comunque, come ci si pu facilmente render conto, senza perdita
di generalit, consideriamo il caso in cui lequazione E V (x) = 0 abbia, per alcuni
valori di E, soltanto due soluzioni denominate x
1
e x
2
.
Consideriamo dunque un potenziale il cui graco sia quello riportato nella seguente
gura 4.1, ovvero V (x) = 0 per x / [x
m
, x
M
] e V (x) uguale ad una funzione avente
per graco la curva ( per x [x
m
, x
M
]
V (x)
x
O
x
m
x
M
V
min
E < V
min
V
min
< E < 0
x
1
x
2
E < V
min
V
min
< E < 0
(
g. 4.1
Afnch la funzione donda sia normalizzabile necessario che valgano le condi-
zioni (4.4) e afnch possano valere tali condizioni deve vericarsi la relazione di di-
suguaglianza E < V (x) per x . Se infatti in una delle due semirette asintotiche
(verso o +) si avesse E > V (x), allora la particella avrebbe anche classicamente
la possibilit di andare allinnito, ovvero avrebbe una probabilit non trascurabile di
trovarsi a distanza grande quanto si vuole e non potrebbe essere quindi rappresentata
da una funzione donda normalizzabile. Matematicamente, indicando con V

il limite
asintotico del potenziale allinnito, si vede che se fosse E > V

, allora la (4.3) avreb-


be come soluzione per x una combinazione di seni e coseni che non possono
dar luogo, allinnito, ad una funzione donda rinormalizzabile.
78 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Con riferimento alla gura 4.1, concludiamo dunque che per E > 0 non si possono
avere funzioni donda rinormalizzabili, ovvero non si possono avere stati legati.
Consideriamo allora i valori E < 0 distinguendo i due casi
E < V
min
e V
min
< E < 0
Nel primo caso non ci sono autovalori a cui corrispondono autofunzioni normaliz-
zabili perch se E < V
min
, allora dallequazione (4.3) risulta
u

(x)
u(x)
> 0, x R
Se dunque la funzione donda u(x) fosse positiva, allora u sarebbe sempre convessa
e quindi non normalizzabile in una delle due semirette asintotiche (analogo discorso
vale se u(x) fosse negativa).
Nel secondo caso (V
min
< E < 0) abbiamo
u

(x)
u(x)
> 0, x / [x
1
, x
2
] e
u

(x)
u(x)
< 0, x [x
1
, x
2
]
Considerando ad esempio la u(x) positiva, si ha quindi che la funzione donda u
convessa per x / [x
1
, x
2
] e concava per x [x
1
, x
2
], risultando quindi normalizzabile,
come si pu vedere gracamente nella seguente gura 4.2
u(x)
x O
x
m
x
M
x
1
x
2
u

u
> 0
u

u
> 0
u

u
< 0
g. 4.2
Landamento della u(x) per x [x
1
, x
2
] pu presentare anche delle oscillazioni
(come mostrato in gura 4.3), purch compatibili con la condizione
u

(x)
u(x)
< 0, x [x
1
, x
2
]
4.2. ANALISI QUALITATIVA DELLE SOLUZIONI 79
u(x)
x O
x
1
x
2
u

u
> 0
u

u
> 0
u

u
< 0
u

< 0 u

< 0
u

> 0
g. 4.3
Come si vede, c probabilit non nulla anche per il caso in cui la particella sia fuori
dallintervallo [x
1
, x
2
], ovvero stia nella regione classicamente proibita. Nel caso clas-
sico non c moto nelle x tali che E < V perch lenergia si conserva; quantisticamente,
anche se lenergia conservata, se si effettua una misura della posizione della particella,
possibile trovare la particella fuori da [x
1
, x
2
], sebbene in questo caso lenergia non
sia conservata.
Inne, per E > 0 si ha
u

(x)
u(x)
< 0, x R
cio la soluzione u(x) oscillante su tutto lasse x. Per x / [x
m
, x
M
], ovvero quando
V (x) = 0, la u(x) una combinazione di esponenziali complessi e la particella si com-
porta come la particella libera (onda piana) con impulso p =

2mE. Ovviamente la
soluzione globale non unonda piana perch la presenza di V (x) rende complicata la
soluzione nellintervallo [x
m
, x
M
] nonostante rimanga anche in tale intervallo il com-
portamento oscillatorio della u(x) dovuto al diverso segno della derivata seconda u

(x)
rispetto alla funzione u(x).
Mostriamo ora che gli stati legati (o autofunzioni normalizzabili) corrispondono a
valori dellenergia E (autovalori) discreti.
Se un potenziale possiede andamento come in gura 4.1 (con due soli punti x
1
e x
2
in cui vale V (x) = E), abbiamo che la condizione di normalizzabilit (a sinistra)
lim
x
u(x) = lim
x
u

(x) = 0
determina univocamente la soluzione nella semiretta x < x
1
ed in particolare (per la
continuit, discussa pi avanti, della funzione donda e della sua derivata prima) deter-
mina il valore della u(x) e della u

(x) nel punto x


1
. Analogamente risulter univoca-
mente determinata la funzione donda (oscillante) nellintervallo [x
1
, x
2
] ed in partico-
lare risulteranno individuati i valori della funzione donda e della sua derivata prima nel
punto x
2
.
80 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
u(x)
x O
x
1
x
2
u

u
> 0
u

u
< 0
u

< 0 u

< 0
u

> 0
g. 4.4 (1)
(2)
(3)
Per la semiretta x > x
2
si pu ripetere lo stesso ragionamento e concludere che
landamento della funzione donda in tale semiretta univocamente determinato dalla
continuit in x
2
della u(x) e della u

(x).
Tuttavia per un valore di E qualsiasi non c nessun motivo per cui landamento
della funzione donda in x > x
2
debba tendere asintoticamente a zero.
Con riferimento alla gura 4.4, abbiamo che landamento convesso della funzio-
ne donda in x > x
2
non detto che sia rappresentato dalla curva (3) (che tende
asintoticamente a zero), ma potrebbe essere rappresentato benissimo dalla curva (1)
asintoticamente divergente e quindi non normalizzabile.
Facendo variare nellequazione (4.3) lenergia E con continuit, si avr che anche
la soluzione varier con continuit e passer, per esempio, dalla curva (1) alla curva (2),
ancora asintoticamente divergente.
Continuando a far variare E nella (4.3) con la stessa direzione, ragionevole
aspettarsi di trovare un valore E
0
dellenergia per il quale la componente divergente
della soluzione si annulla e la funzione donda si comporta asintoticamente come la
curva (3) tendente a zero. Tale valore E
0
un possibile valore dellenergia del sistema
in esame ed chiaro che le possibili energie debbono costituire uno spettro discreto
perch variando lenergia anche di pochissimo intorno al valore E
0
, si inserisce
nellequazione (4.3) un termine che render divergente la soluzione e ne roviner
il buon comportamento asintotico. Dal confronto delle gure 4.1, 4.3, 4.4 segue che
il numero delle oscillazioni e degli zeri della funzione donda nellintervallo [x
1
, x
2
]
tendono ad aumentare al crescere di E.
Esiste allora un valore di E, detto stato fondamentale, tale che la funzione donda
corrispondente non abbia n zeri n oscillazioni nellintervallo [x
1
, x
2
].
Concludiamo questanalisi qualitativa delle soluzioni dellequazione di Schrdinger
dimostrando che in una dimensione gli autovalori discreti dellenergia sono sempre non
degeneri (cos come gli autovalori di quella parte di spettro continuo eventualmente
soddisfacente la condizione V

< E < V
+
).
4.3. POTENZIALI COSTANTI A TRATTI 81
Supponiamo infatti per assurdo che esistano due funzioni u
1
(x) e u
2
(x) linearmente
indipendenti che siano soluzioni della (4.3) relativamente al medesimo valore di E.
Segue allora la relazione
u

2
(x)
u
2
(x)
=
u

1
(x)
u
1
(x)
=
2m

2
(E V )
da cui si ottiene che il wronskjano W(x) di u
1
(x) e u
2
(x) ha derivata nulla, come si
vede eseguendo
dW(x)
dx
=
d
dx
[u
1
(x) u

2
(x) u

1
(x) u
2
(x)] = u
1
(x) u

2
(x) u

1
(x) u
2
(x) =
= u
1
(x) u
2
(x)
_
u

2
(x)
u
2
(x)

u

1
(x)
u
1
(x)
_
= 0
Poich il wronskjano delle soluzioni normalizzabili u
1
(x) e u
2
(x) vale zero per x
tendente a ed costante in quanto avente derivata prima nulla, si conclude che vale
la relazione W(x) = 0 per ogni x, ovvero
u
1
(x) u

2
(x) = u

1
(x) u
2
(x)
equivalente a
u

2
(x)
u
2
(x)
=
u

1
(x)
u
1
(x)
Integrando questultima relazione, si ottiene
log[u
2
(x)] = log[k u
1
(x)]
da cui segue
u
2
(x) = k u
1
(x)
che contraddice lipotesi di indipendenza lineare tra u
1
(x) e u
2
(x).
4.3 Potenziali costanti a tratti
Consideriamo lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo nel caso in cui il po-
tenziale V (x) sia un potenziale costante a tratti, ovvero abbia landamento mostrato
nella seguente gura 4.5.
82 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
V (x)
x
I
1
I
2
I
3
I
4
I
5
x
g. 4.5
Detto V
j
il valore del potenziale nel j-esimo intervallo I
j
, lequazione di Schrdinger
indipendente dal tempo relativa a tale intervallo assume la forma
u

(x) =
2m

2
(V
j
E) u(x) (4.5)
A seconda che si abbia V
j
> E oppure V
j
< E, si hanno le soluzioni rispettiva-
mente
u(x) = Ae

2m(V
j
E)

x
+ Be

2m(V
j
E)

x
oppure
u(x) = C cos
_
_
2m(E V
j
)

x
_
+ D sin
_
_
2m(E V
j
)

x
_
e dimostriamo allora che la u(x) e la u

(x) debbono essere continue in tutti i pun-


ti di discontinuit del potenziale V (x) (purch non siano discontinuit strane). La
dimostrazione resta valida anche nei casi di potenziali non costanti a tratti.
Integrando la (4.5) per esempio fra x e x + , si ha, in base alla gura 4.5
_
x+
x
u

(x) dx =
2m

2
_
x+
x
[V (x) E] dx
Al primo membro si ottiene u

( x + ) u

( x ) e al secondo membro, sebbene


lintegrando abbia una discontinuit, lintegrale tende a zero per tendente a zero, per-
ch lintegrale rappresenta unarea la quale, come si vede dalla gura 4.5 intorno a x,
nonostante la discontinuit, tende appunto a zero per tendente a zero.
Quindi dalla relazione
lim
0
u

( x + ) u

( x ) = 0
concludiamo che la u

(x) continua insieme alla u(x) stessa.


4.3. POTENZIALI COSTANTI A TRATTI 83
4.3.1 Buca di potenziale
Consideriamo come esempio di potenziale costante a tratti il caso della buca di poten-
ziale in cui si ha
V (x) =
_

_
0 se x
_

L
2
,
L
2
_
V
0
> 0 se [x[ >
L
2
Considerando 0 < E < V
0
e indicando con u
1
(x), u
2
(x), u
3
(x) le soluzioni delle-
quazione (4.5) rispettivamente nella semiretta a sinistra x < L/2, nellintervallo interno
L/2 < x < L/2 e nella semiretta a destra x > L/2, si ha
u
1
(x) = Ae

2m(V
0
E)

x
, u
3
(x) = Be

2m(V
0
E)

x
(4.6a)
u
2
(x) = C cos
_

2mE

x
_
+ D sin
_

2mE

x
_
(4.6b)
avendo posto uguale a zero per u
1
(x) e u
3
(x) il coefciente dellaltro esponenziale in
modo che la funzione donda sia normalizzabile per x tendente a e a +.
Imponendo le quattro condizioni di continuit della u(x) e della u

(x) nei due pun-


ti di discontinuit del potenziale aventi ascissa L/2, si ha il sistema delle quattro
equazioni algebriche
u
1
_

L
2
_
= u
2
_

L
2
_
, u

1
_

L
2
_
= u

2
_

L
2
_
,
u
2
_
L
2
_
= u
3
_
L
2
_
, u

2
_
L
2
_
= u

3
_
L
2
_
nelle quattro incognite A, B, C, D.
Poich tale sistema omogeneo, se il determinante della matrice dei suoi coefcienti
diverso da zero, allora il sistema avr lunica soluzione A = B = C = D = 0 a cui
corrisponde lunica soluzione della (4.5) data da u(x) = 0 che per non pu essere
considerata unautofunzione.
Lequazione ottenuta invece uguagliando a zero lespressione di tale determinante
unequazione nellunica incognita E le cui radici sono gli autovalori dellenergia a
cui corrispondono le autofunzioni non identicamente nulle aventi espressione nei vari
intervalli u
1
(x), u
2
(x), u
3
(x).
Comunque, grazie alla simmetria del potenziale e del termine cinetico rispetto al
cambio di segno sullasse x, il problema pu essere semplicato notevolmente perch
pu essere studiato soltanto per x 0.
84 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Per sfruttare la simmetria del problema rispetto al cambio di segno sullasse x, intro-
duciamo loperatore T, detto operatore di parit, denito in modo che agisca secondo
la regola
T (x) = (x)
o in forma astratta sui ket
T [x) = [ x)
Nel caso della particella nel segmento, lhamiltoniana
H =

2
2m
d
2
dx
2
come per la particella libera: la differenza fra i due casi che allhamiltoniana della
particella nel segmento vanno aggiunte le condizioni al bordo u(L/2) = u(L/2) = 0
che invece mancano per la particella libera.
Sviluppando le due azioni degli operatori TH e HT sulle funzioni donda (x)
T[H(x)] = T
_


2
2m

(x)
_
=

2
2m

(x)
e
H[T (x)] = H (x) =

2
2m
d
2
dx
2
(x) =
=

2
2m
d
dx
[(x)] =

2
2m

(x)
otteniamo, per confronto, che loperatore di parit commuta con H, cio [T, H] = 0.
Dimostriamo quindi che loperatore di parit T anche un operatore hermitiano: si
ha infatti
_
L/2
L/2

(x)[T(x)] dx =
_
L/2
L/2

(x) (x) dx =
_
L/2
L/2

(y) (y) dy =
=
_
L/2
L/2

(y) (y) dy =
_
L/2
L/2
[T

(x)] (x) dx
Poich dunque loperatore T hermitiano e commuta con H, si ha che le autofun-
zioni di H coincidono con quelle di T.
Applicando loperatore T ad ambo i membri dellequazione secolare di T stesso, si
ottiene
T [T

(x)] = T

(x)
ovvero, sviluppando primo e secondo membro

(x) = [

(x)] =
2

(x)
4.3. POTENZIALI COSTANTI A TRATTI 85
Dal confronto fra primo e terzo membro di questultima uguaglianza, si deduce che
gli autovalori di T sono i valori = 1 (essendo

(x) ,= 0).
Dallequazione secolare T

(x) =

(x), riscritta nella forma

(x) =

(x)
si conclude che le classi delle autofunzioni di T, e dunque anche di H, sono la classe
delle funzioni pari (corrispondenti allautovalore = 1) e la classe delle funzioni dispari
(corrispondenti allautovalore = 1).
Dopo che stata scelta la parit della funzione donda della buca di potenziale, si pu
studiare lequazione agli autovalori soltanto per x 0 e le condizioni di continuit della
funzione donda e della sua derivata possono essere imposte solo nel punto x = L/2.
Con la notazione delle equazioni (4.6a) e (4.6b), abbiamo che lequazione (4.5)
nellintervallo 0 x L/2 assume la forma
u

2
+ k
2
u
2
= 0 (4.7a)
e per x > L/2 la forma
u

3
K
2
u
3
= 0 (4.7b)
dove si posto
k =

2mE

e K =
_
2m(V
0
E)

Lequazione (4.7a) possiede le due soluzioni con parit rispettivamente positiva e


negativa
u
2
(x) = Acos kx e u
2
(x) = Asin kx
e lequazione (4.7b) possiede lunica soluzione normalizzabile per x > L/2 data da
u
3
(x) = Be
Kx
Imponendo in x = L/2 la continuit della funzione donda totale e della sua derivata
prima, otteniamo per il caso di parit positiva il sistema di equazioni
_
Acos kL/2 = Be
KL/2
kAsin kL/2 = KBe
KL/2
(4.8)
e per il caso di parit negativa il sistema di equazioni
_
Asin kL/2 = Be
KL/2
kAcos kL/2 = KB e
KL/2
(4.9)
I due sistemi (4.8) e (4.9) sono omogenei e possiedono autosoluzioni A, B, ov-
vero forniscono autofunzioni non identicamente nulle, se solo se il determinante dei
coefcienti delle incognite A, B pari a zero.
86 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Uguagliando a zero il determinante dei coefcienti delle incognite A, B nei due
sistemi (4.8) e (4.9), si ottengono le due equazioni che forniscono la quantizzazione
dellenergia per la buca di potenziale
tan
_
mL
2
E
2
2
=
_
V
0
E
E
(4.10a)
e
tan
_
mL
2
E
2
2
=
_
E
V
0
E
(4.10b)
rispettivamente per il caso di parit positiva e il caso di parit negativa.
Le soluzioni E
n
delle due equazioni (4.10a) e (4.10b) rappresentano lo spettro di-
screto dellenergia nellintervallo 0 < E < V
0
, ma non possono essere ricavate in forma
chiusa.
V
0
P
0
P
1
P
2
P
3
P
4
P
5
P
6
y
g. 4.6
E 0
Nella gura 4.6 sono riportati i graci delle funzioni, aventi dominio E [0, V
0
]
y = tan
_
mL
2
E
2
2
, y =
_
V
0
E
E
, y =
_
E
V
0
E
in funzione di E, in modo che le energie dei livelli quantizzati della buca di potenziale
siano date dalle ascisse dei punti P
i
di intersezione fra il graco della tangente e i graci
delle funzioni irrazionali date dai secondi membri delle equazioni (4.10a) e (4.10b).
Nella gura 4.6 si vedono indicativamente sette punti P
i
di intersezione fra i gra-
ci menzionati, ma la quantit di tali punti dipende dalla profondit della buca,
ovvero dal valore del potenziale V
0
costante. Per stabilire il legame fra il numero di
4.3. POTENZIALI COSTANTI A TRATTI 87
stati legati quantizzati discreti e la profondit della buca di potenziale, analizzia-
mo landamento della funzione tangente in relazione con landamento delle altre due
funzioni.
V
0
P
0
y
0
y
g. 4.7
E
0 V
0
P
0
y
g. 4.8
E
0
V
0
P
1
P
0
y
g. 4.9
y
0
E
0 V
0
P
0
P
1
P
2
y
0
y
g. 4.10
E
0
La funzione
y = tan
_
mL
2
E
2
2
possiede il primo asintoto verticale in corrispondenza di unascissa positiva quando
il suo argomento assume valore /2, ovvero quando lenergia E, che appartiene al
dominio [0, V
0
], vale
E =

2

2
2mL
2
Pertanto, se abbiamo
V
0


2

2
2mL
2
(4.11)
88 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
allora il graco della tangente ha per E > 0 al pi un asintoto verticale e dallinterse-
zione delle curve si deduce che lo spettro discreto ha soltanto lo stato fondamentale con
autofunzione pari ed energia data dallascissa del punto P
0
in entrambi i casi seguenti:
se la (4.11) vale con il segno di disuguaglianza, allora il graco della tangente quello
riportato in gura 4.7; se la (4.11) vale con il segno di uguaglianza, allora il graco
della tangente quello riportato in gura 4.8 con un asintoto verticale in E = V
0
.
Poi, se per E = V
0
largomento della funzione tangente assume valore compreso
nellintervallo fra /2 e , ovvero si ha

2
2mL
2
< V
0

2
2

2
mL
2
(4.12)
allora il graco della tangente possiede un solo asintoto verticale con E > 0 senza arri-
vare ad avere il secondo e dalle intersezioni delle curve in gura 4.9 si deduce allora che,
in virt del segno non positivo dellordinata y
0
, lo spettro discreto costituito dallo stato
fondamentale avente autofunzione pari e dal primo stato eccitato avente autofunzione
dispari, le cui energie sono date dalle ascisse dei punti rispettivamente P
0
e P
1
.
Se la (4.12) vale con entrambi i segni di disuguaglianza, allora nel graco della
tangente in gura 4.9 si ha y
0
< 0; se nella (4.12) si ha invece il segno di uguaglianza a
destra, allora nel graco della tangente in gura 4.9 si avrebbe y
0
= 0.
Procedendo in modo analogo, se per E = V
0
largomento della funzione tangente
assume valore compreso nellintervallo fra e 3/2, ovvero si ha
2
2

2
mL
2
< V
0

9
2

2
2mL
2
(4.13)
allora il graco della tangente possiede per E > 0 il primo asintoto verticale e pu avere
al pi ancora soltanto il secondo asintoto verticale, ma per E = V
0
lordinata y
0
risulta
in questo caso positiva e quindi dalle intersezioni delle curve in gura 4.10 si deduce
che lo spettro discreto possiede lo stato fondamentale avente autofunzione pari, il primo
stato eccitato avente autofunzione dispari e il secondo stato eccitato avente autofunzione
pari, le cui energie sono date dalle ascisse dei punti rispettivamente P
0
, P
1
, P
2
.
Come in precedenza, se la (4.13) vale con entrambi i segni di disuguaglianza, allora
nel graco della tangente in gura 4.10 si ha, come detto, che lintercetta y
0
risulta
positiva; se invece nella (4.13) vale il segno di uguaglianza a destra, allora la tangente
in gura 4.10 avrebbe in E = V
0
un asintoto verticale.
Possiamo concludere allora che se il potenziale V
0
verica la relazione
(h 1)
2

2
2mL
2
< V
0

h
2

2
2mL
2
, con h = 1, 2, 3, ...
allora la buca di potenziale possiede h stati legati aventi autofunzioni con parit alter-
nata e tali che lo stato fondamentale ha sempre autofunzione pari perch confrontando
4.3. POTENZIALI COSTANTI A TRATTI 89
tutti i punti di intersezione fra il graco della tangente e i graci delle due funzioni irra-
zionali al secondo membro in (4.10a) e (4.10b), si ha che il punto P
0
di ascissa minima
sempre quello di intersezione pi a sinistra fra il graco della tangente e il graco
della funzione irrazionale del caso di parit positiva.
4.3.2 Particella nel segmento con pareti innite
Se nellespressione di V (x) della buca di potenziale si pone V
0
= +per [x[ > L/2,
si ottiene il connamento della particella nel segmento [L/2 , L/2], ovvero la buca di
potenziale con pareti innite a cui corrisponde lequazione di Schrdinger indipendente
dal tempo
u

(x) =
2mE

2
u(x) (4.14)
Si vede immediatamente che per E < 0 la soluzione di tale equazione assume la
forma
u(x) = Ae
kx
+ Be
kx
, con k :=
2m[E[

2
la quale, in virt della presenza degli esponenziali reali, non pu valere zero contem-
poraneamente in L/2 e in L/2. Concludiamo quindi che per E < 0 non ci sono
autovalori n autofunzioni.
Se consideriamo i valori E > 0, allora lequazione di Schrdinger ha soluzione
u(x) = C cos
_

2mE

x
_
+ D sin
_

2mE

x
_
da cui segue il sistema delle condizioni u(L/2) = u(L/2) = 0 (continuit della u(x)
nei punti x = L/2)
_

_
C cos
_

2mE

L
2
_
D sin
_

2mE

L
2
_
= 0
C cos
_

2mE

L
2
_
+ D sin
_

2mE

L
2
_
= 0
Poich con V
0
= +la soluzione u(x) identicamente nulla per [x[ > L/2, come
si deduce facilmente sostituendo x = e x = + rispettivamente in u
1
(x) e in
u
3
(x) della (4.6a), allora non si pone il problema della normalizzabilit a e per la
presenza dei due soli coefcienti C, D in u(x), sufciente imporre solo la continuit
della funzione donda in L/2.
90 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Imponendo che nel sistema dato dalle equazioni u(L/2) = u(L/2) = 0 il determi-
nante dei coefcienti di C, D sia uguale a zero, si ricava che tale sistema equivalente
alle due equazioni separate
cos
_

2mE

L
2
_
= 0, sin
_

2mE

L
2
_
= 0 (4.15)
per discutere le quali utilizziamo di nuovo loperatore di parit.
In virt della simmetria del segmento [L/2 , L/2] rispetto a x = 0, abbiamo
che dalla prima e dalla seconda equazione (4.15) scaturiscono autofunzioni che sono
rispettivamente pari e dispari.
La soluzione della prima equazione delle (4.15) data dalla relazione

2mE

L
2
= (2n + 1)

2
, con n N
da cui segue, indicando con u
p
(x) le autofunzioni pari
E =

2

2
2mL
2
(2n + 1)
2
e u
p
(x) = A cos
_
(2n + 1)
L
x
_
La soluzione della seconda equazione delle (4.15) data dalla relazione

2mE

L
2
= n, con n N
da cui segue, indicando con u
d
(x) le autofunzioni dispari
E =

2

2
2mL
2
(2n)
2
e u
d
(x) = B sin
_
2n
L
x
_
Sia per le autofunzioni pari che per quelle dispari, non occorrono i valori interi ne-
gativi perch il coseno e il seno rimangono inalterati o al pi cambiano il segno quando
cambia il segno del loro argomento.
Se il segmento fosse [0, L], ovvero non simmetrico come [L/2 , L/2], allora alla
soluzione
u(x) = A cos
_

2mE

x
_
+ B sin
_

2mE

x
_
dellequazione (4.14) si aggiungono le condizioni al bordo u(0) = u(L) = 0 che
conducono al sistema
A = 0 e

2mE

L = n
4.4. LOSCILLATORE ARMONICO IN UNA DIMENSIONE 91
Per la particella nel segmento [0, L] con pareti innite otteniamo dunque in conclu-
sione
E
n
=

2

2
n
2
2mL
2
e u
n
(x) =
_
2
L
sin
_
n
L
x
_
dove il valore del coefciente B della funzione seno stato scelto in modo tale che le
autofunzioni u
n
(x) siano reali positive e valga la condizione di normalizzazione
_
L
0
[u
n
(x)[
2
dx = 1
4.4 Loscillatore armonico in una dimensione
Lhamiltoniana delloscillatore armonico classico data dallespressione
H(p, q) =
p
2
2m
+
m
2
x
2
2
da cui discendono le equazioni di Hamilton
x =
H
p
=
p
m
p =
H
q
= m
2
x
Trasformando lhamiltoniana classica in operatore hermitiano, si ottiene lequazione
di Schrdinger indipendente dal tempo delloscillatore armonico quantistico
_


2
2m
d
2
dx
2
+
m
2
x
2
2
_
(x) = E(x) (4.16)
Per ottenere gli autovalori E e le autofunzioni (x) non risolviamo per direttamen-
te questa equazione differenziale, ma utilizziamo il metodo algebrico di Dirac.
A tale scopo deniamo gli operatori
a :=
_
m
2
_
x +
ip
m
_
, a
+
:=
_
m
2
_
x
ip
m
_
(4.17)
e calcoliamone il commutatore usando la regola di quantizzazione [x, p] = i
[a, a
+
] =
m
2
_

i
m
[x, p] +
i
m
[p, x]
_
=
m
2
_

2i
m
[x, p]
_
= 1
Osserviamo che loperatore a
+
a hermitiano perch si ha (a
+
a)
+
= a
+
a ed
semidenito positivo perch per ogni stato [) si ha [a
+
a[) = [ a[)[
2
0.
Un operatore semidenito positivo ha autovalori tutti non negativi perch sui suoi
autostati [) si ha [a
+
a[) = 0.
92 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Dallespressione delloperatore a
+
a che
a
+
a =
m
2
_
x
ip
m
_ _
x +
ip
m
_
=
m
2
_
x
2
+
p
2
m
2

2
+
i
m
[x, p]
_
=
=
1

_
p
2
2m
+
m
2
x
2
2
_

1
2
=
H


1
2
ricaviamo lespressione dellhamiltoniana in termini di tale operatore
H =
_
a
+
a +
1
2
_
in modo che gli autovettori di H coincidano con quelli di a
+
a.
Il calcolo degli autovettori di H dunque ricondotto al calcolo degli autovettori
delloperatore a
+
a, ovvero alla soluzione dellequazione secolare a
+
a[) = [).
Per risolvere lequazione secolare di a
+
a, calcoliamo il commutatore
[a
+
a, a] = a
+
aa aa
+
a = a
+
aa (1 +a
+
a) a = a
da cui, considerando laggiunto nel primo e nellultimo membro, ricaviamo anche
a
+
= [a
+
a, a]
+
= [(a
+
a)a]
+
[a(a
+
a)]
+
= a
+
(a
+
a) (a
+
a)a
+
= [a
+
a, a
+
]
ovvero, uguagliando primo e ultimo membro, [a
+
a, a
+
] = a
+
.
A questo punto dimostriamo che se [) autovettore di a
+
a con autovalore , allora
il vettore a
+
[) ancora autovettore di a
+
a con autovalore + 1 e il vettore a[)
ancora autovettore di a
+
a con autovalore 1.
Abbiamo infatti, utilizzando le regole di commutazione di a
+
a con a e con a
+
(a
+
a) (a
+
[)) = [a
+
a, a
+
][) + a
+
(a
+
a)[) =
= a
+
[) + a
+
[) = ( + 1) (a
+
[))
e analogamente
(a
+
a) (a[)) = [a
+
a, a][) + a(a
+
a)[) =
= a[) + a[) = ( 1) (a[))
Poich dunque a
+
[) e a[) sono ancora autovettori di a
+
a con autovalori rispetti-
vamente + 1 e 1, poniamo
a
+
[) = c
1
[ + 1) a[) = c
2
[ 1)
e chiamiamo gli operatori a
+
e a rispettivamente operatori di creazione e di annichi-
lazione perch a
+
crea un salto di una unit verso lalto e a crea un salto di una unit
verso il basso negli autovettori di a
+
a e dunque dellenergia H.
4.4. LOSCILLATORE ARMONICO IN UNA DIMENSIONE 93
Poich, come detto, loperatore a
+
a possiede autovalori non negativi, allora deve
esistere un autovettore [
0
) di a
+
a, detto stato fondamentale o vuoto, corrispondente
allautovalore = 0, cio tale che valga
a
+
a[
0
) = 0[
0
) = 0
e identichiamo quindi [
0
) = [0). Per quanto riguarda lazione delloperatore a, se
non valesse anche a[
0
) = a[0) = 0, allora si avrebbe che il vettore a[0) autovettore
delloperatore a
+
a con autovalore = 1, che assurdo.
Essendo dunque gli autovalori di a
+
a numeri interi non negativi Z con 0,
non resta che dimostrare che lo spettro di a
+
a illimitato superiormente.
Se esistesse un autovettore [
m
) di a
+
a con autovalore massimo
m
, cio tale che
valga a
+
[
m
) = 0, allora arriveremmo al risultato assurdo che un valor medio dellope-
ratore a
+
a deve essere negativo, come si ricava confrontando primo e ultimo membro
della seguente uguaglianza
0 =
m
[aa
+
[
m
) =
m
[[a, a
+
][
m
) +
m
[a
+
a[
m
) = 1 +
m
[a
+
a[
m
)
Quindi ogni autovettore [) di a
+
a relativo allautovalore tale che sotto azione
delloperatore a
+
esso si trasforma nellautovettore di a
+
a con autovalore + 1 senza
che ci sia limite superiore allinsieme degli autovalori.
Concludiamo pertanto che lo spettro di a
+
a non degenere ed costituito da tutti
e soli gli interi n 0 a cui corrispondono biunivocamente gli autovettori, indicati con
il simbolo [n), che assumeremo vericare la relazione di ortonormalit n[m) =
nm
e
che per n > 0 chiameremo stati eccitati.
Essendo interi non negativi gli autovalori delloperatore a
+
a, ridenominiamo a
+
a
operatore numero di occupazione e riscriviamo allora lequazione secolare di a
+
a nella
forma a
+
a[n) = n[n).
Poich loperatore hamiltoniano H funzione di a
+
a, allora gli autovettori di H
sono gli stessi autovettori [n >delloperatore a
+
a, da cui segue che lequazione secolare
di H si scrive nella forma H[n) = E
n
[n) con spettro dato da
E
n
=
_
n +
1
2
_
Calcoliamo ora lazione esatta degli operatori a
+
e a sugli autovettori [n) in modo
che anche gli autovettori a
+
[n) e a[n) siano ancora autovettori normalizzati.
Ponendo a[n) = c

[n 1), si ha
[c

[
2
= [c

[
2
n 1[n 1) = n[a
+
a[n) = nn[n) = n
da cui ricaviamo il valore del coefciente c

n.
94 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Ponendo a
+
[n) = c
+
[n + 1), con [c
+
[
2
= [c
+
[
2
n + 1[n + 1) = n[aa
+
[n), si ha
analogamente
[c
+
[
2
= n[aa
+
[n) = n[ [a, a
+
] [n) +n[a
+
a[n) = 1 + n
da cui ricaviamo il valore del coefciente c
+
=

n + 1.
Abbiamo allora le uguaglianze fra autovettori normalizzati date da
[n + 1) =
a
+
[n)

n + 1
e [n 1) =
a[n)

n
da cui per induzione segue che applicando n volte loeratore a
+
allo stato fondamentale,
si ricava lautovettore
[n) =
(a
+
)
n
[0)
_
(n)!
Per ottenere le componenti degli autovettori [n) sulla base degli autostati della posi-
zione, ovvero le autofuzioni delloscillatore armonico, e quindi per sapere se lo spettro
degenere o meno, risolviamo lequazione differenziale x[a[0) = 0 che, utilizzando
lespressione di a e ponendo x[0) =
0
(x), assume la forma
0 = x[mx + ip[0) = mxx[0) +
d
dx
x[0) = mx
0
(x) +
d
dx

0
(x)
da cui segue la soluzione
x[0) =
0
(x) =
4
_
m

mx
2
2
in cui la costante di integrazione stata determinata imponendo che valga la condizione
di normalizzazione probabilistica
_
+

[
0
(x)[
2
dx = 1
Dallunicit della soluzione del problema differenziale x[mx + ip[0) = 0, con-
cludiamo dunque che lo spettro delloscillatore armonico non degenere.
Per ottenere inne gli stati eccitati, si applica n volte loperatore a
+
: ad esempio per
ottenere il primo stato eccitato eseguiamo

1
(x) = x[1) = x[a
+
[0) = x[
_
m
2
_
x

m
d
dx
_
[0) =
=
_
m
2
4
_
m

_
x

m
d
dx
_
e

mx
2
2
=
4
_
4m
3

3
xe

mx
2
2
4.4. LOSCILLATORE ARMONICO IN UNA DIMENSIONE 95
e si verica facilmente, utilizzando i risultati relativi agli integrali gaussiani con dominio
dintegrazione coincidente con tutto lasse reale, che tale stato
1
(x) gi normalizzato
con il coefciente giusto
_
+

[
1
(x)[
2
dx =
_
4m
3

3
_
+

x
2
e

mx
2

dx = 1
Come ora dimostriamo, lespressione generale delle autofunzioni
n
(x) data da

n
(x) =
n
() =
4

m
4

2
n
n!
H
n
() e

2
/2
, con =
_
m

x (4.18)
dove
H
n
() := (1)
n
e

2 d
n
d
n
e

2
(4.19)
rappresenta quello che viene denominato polinomio di Hermite di grado n, che per i
valori n = 0, 1, 2, 3 assume le espressioni
H
0
() = 1, H
1
() = 2, H
2
() = 4
2
2, H
3
() = 8
3
12
Se nellequazione di Schrdinger (4.16) sostituiamo ad E lespressione E
n
de-
gli autovalori che abbiamo gi ricavato con il metodo degli operatori di creazione e
distruzione, allora tale equazione di Schrdinger assume la forma
d
2
dx
2

n
(x) +
m

(2n + 1)
n
(x)
m
2

2
x
2

n
(x) = 0
la quale, con il cambio di variabili dato nella (4.18), diventa
d
2
d
2

n
() + (2n + 1
2
)
n
() = 0 (4.20)
perch dalluguaglianza
n
(x) =
n
() si ricavano le relazioni da sostituire
d(x)
dx
=
_
m

d()
d
e
d
2
(x)
dx
2
=
m

d
2
()
d
2
Per dimostrare che ogni funzione
n
() data nella (4.18) autofunzione delloscilla-
tore armonico relativa allautovalore E
n
, dobbiamo vericare che ogni
n
() soluzione
dellequazione di Schrdinger (4.20), che unequazione nella variabile .
Sostituendo nel primo membro della (4.20) prima la (4.18) (senza la costante di
normalizzazione che irrilevante in questa dimostrazione) e quindi la (4.19), otteniamo
la sequenza di uguaglianze
_
d
2
d
2
+ (2n + 1
2
)
_

n
() = e

2
/2
_
d
2
d
2
H
n
() 2
d
d
H
n
() + 2nH
n
()
_
=
96 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
= e

2
/2
_
d
n+2
d
n+2
e

2
+ 2
d
n+1
d
n+1
e

2
+ (2n + 2)
d
n
d
n
e

2
_
(4.21)
Si verica facilmente che lespressione in parentesi quadra nella (4.21), che indi-
chiamo con il simbolo Q
n
(), tale che Q
0
() = 0 e se supponiamo vera luguaglianza
generica Q
n
() = 0, allora vale sempre anche Q
n+1
() = 0.
Poich valgono le due propriet del metodo dinduzione, allora possiamo concludere
che vale Q
n
() = 0 per ogni n N, ovvero che la (4.18) soluzione dellequazione di
Schrdinger (4.20) per ogni n Ne dunque rappresenta le autofunzioni delloscillatore
armonico unidimensionale corrispondenti agli autovalori non degeneri E
n
.
4.4.1 Rappresentazione matriciale degli operatori
Dato uno spazio vettoriale V e una sua base e
1
, e
2
, e
3
, ..., e
k
, si ha che la matrice A
che rappresenta un operatore lineare

A : V V relativamente alla ssata base assume
la forma A = (a
ij
), avendo denito lazione delloperatore lineare

A sui vettori di base
come

Ae
j
=

i
a
ij
e
i
(4.22)
In altre parole la j-esima colonna della matrice A contiene i coefcienti della com-
binazione lineare dei vettori di base che esprime il trasformato, mediante

A, del j-esimo
vettore di base.
Invertendo le relazioni (4.17), si ottengono le espressioni degli operatori
x =
_

2m
(a
+
+ a) e p = i
_
m
2
(a
+
a)
la cui azione sui vettori [n) di base data da
x[n) =
_

2m
(

n + 1 [n + 1) +

n[n 1))
e
p [n) = i
_
m
2
(

n + 1 [n + 1)

n[n 1))
In virt della (4.22) segue allora che le matrici, indicate ancora con x e p, che
rappresentano nella base [n) gli operatori lineari x e p assumono la forma
x =
_

2m
_
_
_
_
_
_
_
0

1 0 0

1 0

2 0
0

2 0

3
0 0

3 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
_
_
_
_
_
_
_
4.4. LOSCILLATORE ARMONICO IN UNA DIMENSIONE 97
p = i
_
m
2
_
_
_
_
_
_
_
0

1 0 0

1 0

2 0
0

2 0

3
0 0

3 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
_
_
_
_
_
_
_
Dalle matrici di x e p ricaviamo quindi la matrice H delloperatore hamiltoniano
H =
p
2
2m
+
m
2
x
2
2
=
_
_
_
_
_
_
_
1/2 0 0 0
0 3/2 0 0
0 0 5/2 0
0 0 0 7/2
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
_
_
_
_
_
_
_
che poteva essere ricavata ovviamente anche dallazione stessa di H sui vettori [n)
H [n) =
_
n +
1
2
_
[n)
4.4.2 Oscillatore armonico asimmetrico
Se il potenziale V (x) di una particella in dimensione 1 fosse quello che si chiama
potenziale armonico asimmetrico
V (x) =
_
_
_
1
2
m
2
x
2
per x 0
+ per x < 0
ovvero fosse un potenziale armonico soltanto sulle x positive, allora la funzione donda
totale (x), in base alle considerazioni qualitative illustrate in precedenza, deve annul-
larsi in x = 0 in modo che la parte di funzione donda denita sulle x positive possa
raccordarsi in x = 0 con la parte identicamente nulla di funzione donda denita sulla
semiretta delle x < 0.
Possiamo quindi ottenere le autofunzioni (x) delloscillatore armonico asimmetri-
co selezionando tra le autofunzioni u(x) delloscillatore armonico simmetrico soltanto
quelle che si annullano in x = 0.
Pertanto i livelli di energia delloscillatore armonico asimmetrico coincidono con i
livelli del corrispondente oscillatore armonico simmetrico aventi indice n dispari.
4.4.3 Loscillatore armonico isotropo in due dimensioni
Loscillatore armonico in due dimensioni si dice isotropo quando le due costanti elasti-
che k
1
e k
2
relative ai due assi cartesiani sono uguali, ovvero se vale k
1
= k
2
.
98 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
Da questa uguaglianza segue che lhamiltoniana delloscillatore armonico isotropo
si pu scrivere nella forma H = H
x
+ H
y
(cio con le variabili separate) data da
H =
p
2
x
+ p
2
y
2m
+
m
2
2
(x
2
+ y
2
) =
_
p
2
x
2m
+
m
2
x
2
2
_
+
_
p
2
y
2m
+
m
2
y
2
2
_
Per risolvere lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo delloscillatore ar-
monico isotropo bidimensionale, data da H(x, y) = E (x, y), sostituiamo in essa
lespressione della funzione donda (x, y) scritta nella forma separata in cui essa sia il
prodotto di tre funzioni di una sola variabile (x, y) := (x) (y).
Con tale sostituzione lequazione di Schrdinger diventa
(H
x
+ H
y
) (x) (y) = E (x) (y)
ovvero
(y) H
x
(x) + (x) H
y
(y) = E (x) (y)
da cui, dividendo ambo i membri per , segue
H
x
(x)
(x)
+
H
y
(y)
(y)
= E (4.23)
Poich i due addendi al primo membro nella (4.23) dipendono ciascuno da una sola
variabile, allora tutti e due debbono essere necessariamente uguali ad una costante, cio
possiamo porre
H
x
(x)
(x)
= E
x
,
H
y
(y)
(y)
= E
y
che sono due equazioni di Schrdinger indipendenti dal tempo di oscillatore armonico
unidimensionale relative ciascuna al corrispondente asse cartesiano.
Utilizzando allora la soluzione del problema delloscillatore armonico unidimensio-
nale, otteniamo dalla (4.23) gli autovalori E = E
n
delloscillatore armonico isotropo in
due dimensioni
E
n
= E
x,nx
+ E
y,ny
= (n
x
+ n
y
+ 1) = (n + 1)
dove si posto n := n
x
+ n
y
e quindi le corrispondenti autofunzioni che possiamo
rappresentare con la notazione di Dirac [
n
) = [n
x
, n
y
) oppure mediante prodotto di
autofunzioni unidimensionali separate
n
(x, y) =
nx
(x)
ny
(y).
Poich, come si verica immediatamente contando gli autostati, la degenerazione,
indicata con d
n
, del livello di energia E
n
pari a d
n
= n+1, allora per poter individua-
re univocamente un autostato relativo allautovalore E
n
, occorre considerare linsieme
completo di operatori che commutano fra loro e con lhamiltoniana delloscillatore
4.4. LOSCILLATORE ARMONICO IN UNA DIMENSIONE 99
armonico isotropo bidimensionale per selezionare, quindi, nel sottospazio di degenera-
zione quellautovettore corrispondente allautovalore E
n
che sia autovettore anche di
tutti gli altri operatori dellinsieme .
Si dimostra immediatamente che loperatore lineare L
z
:= xp
y
yp
x
, coincidente
con quella che pi avanti risulter essere la terza componente del momento angolare
orbitale L, commuta con lhamiltoniana delloscillatore armonico isotropo bidimensio-
nale: pertanto, per rimuovere la degenerazione nellautospazio corrispondente ad un
autovalore E
n
dellenergia ed individuare dunque un autostato univoco, necessario
aggiungere la richiesta che in tale autostato una misura dellosservabile L
z
dia come
risultato uno degli autovalori delloperatore lineare corrispondente ad L
z
stesso.
La restrizione di L
z
allautospazio relativo allautovalore E
n
un endomorsmo
avente per autovalori i multipli di secondo tutti gli n + 1 numeri interi m che han-
no la stessa parit di n e tali che valga n m n: poich lo spettro di L
z
non
degenere e i suoi autospazi sono tanti quanti la dimensione d
n
dellautospazio corri-
spondente allautovalore E
n
, allora la richiesta che uno stato sia autostato simultaneo
dellhamiltoniana delloscillatore armonico isotropo bidimensionale e di L
z
rimuove la
degenerazione dellautovalore E
n
.
Illustriamo la procedura con cui si rimuove tale degenerazione attraverso i due
seguenti esempi: la degenerazione di E
1
e la degenerazione di E
2
.
Il livello di energia E
1
possiede i due autostati degeneri normalizzati dati da
[1, 0), [0, 1)
e quindi abbiamo che la sola conoscenza dellenergia E
1
non permette di individuare
in maniera univoca lautostato delloscillatore armonico isotropo bidimensionale che
abbia appunto la data energia E
1
.
Considerando loperatore lineare L
z
come endomorsmo ristretto allautospazio
corrispondente a E
1
, la sua azione rispetto alla base [1, 0), [0, 1) data da
_
L
z
[1, 0) = i[0, 1)
L
z
[0, 1) = i[1, 0)
da cui, in virt della (4.22), si ricava la rappresentazione matriciale di L
z
data da
L
z
=
_
0 i
i 0
_
Gli autovalori della matrice L
z
sono , , cio i multipli di secondo i due numeri
interi m che hanno la stessa parit di n = 1 e tali che valga n m n: segue che
tali numeri m sono appunto 1, 1.
Gli autostati normalizzati di L
z
, indicati con [
1
), [
1
), sono
[
1
) =
1

2
(i [1, 0) [0, 1)), [
1
) =
1

2
(i [1, 0) +[0, 1))
100 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
corrispondenti agli autovalori rispettivamente , .
La richiesta, dunque, che gli autostati delloscillatore armonico isotropo bidimensio-
nale relativi allautovalore E
1
siano anche simultaneamente autostati di L
z
, ci permette
di rimuovere la degenerazione di E
1
perch nellautospazio di E
1
vengono selezionate
le due combinazioni lineari [
1
), [
1
).
Il livello di energia E
2
possiede i tre autostati degeneri normalizzati dati da
[2, 0), [1, 1), [0, 2)
e quindi abbiamo che la sola conoscenza dellenergia E
2
non permette di individuare
in maniera univoca lautostato delloscillatore armonico isotropo bidimensionale che
abbia appunto la data energia E
2
.
Considerando ora loperatore lineare L
z
come endomorsmo ristretto allautospazio
corrispondente a E
2
, la sua azione rispetto alla base [2, 0), [1, 1), [0, 2) data da
_
_
_
L
z
[2, 0) = i

2 [1, 1)
L
z
[1, 1) = i

2 ([0, 2) [2, 0))


L
z
[0, 2) = i

2 [1, 1)
da cui, in virt della (4.22), si ricava la rappresentazione matriciale di L
z
data da
L
z
=
_
_
0 i

2 0
i

2 0 i

2
0 i

2 0
_
_
Gli autovalori della matrice L
z
sono 2, 0, 2, cio i multipli di secondo i tre
numeri interi m che hanno la stessa parit di n = 2 e tali che valga n m n: segue
che tali numeri m sono appunto 2, 0, 2.
Gli autostati normalizzati di L
z
, indicati con [
2
), [
0
), [
2
), sono
[
2
) =
1
2
([2, 0) + i

2 [1, 1) [0, 2)), [


0
) =
1

2
([2, 0) +[0, 2)),
[
2
) =
1
2
([2, 0) i

2 [1, 1) [0, 2))


corrispondenti agli autovalori rispettivamente 2, 0, 2.
La richiesta, dunque, che gli autostati delloscillatore armonico isotropo bidimensio-
nale relativi allautovalore E
2
siano anche simultaneamente autostati di L
z
, ci permette
di rimuovere la degenerazione di E
2
perch nellautospazio di E
2
vengono selezionate
le tre combinazioni lineari [
2
), [
0
), [
2
).
La trattazione delloscillatore armonico isotropo in tre dimensioni sar svolta pi
avanti dopo lintroduzione del momento angolare.
4.4. LOSCILLATORE ARMONICO IN UNA DIMENSIONE 101
4.4.4 Livelli di Landau
La dinamica di una particella carica immersa in un campo elettromagnetico descritta
da unequazione di Newton in cui la risultante delle forze la forza di Lorentz.
Lhamiltoniana
H =
1
2m
_
p
e
c
A
_
2
+ e (r) (4.24)
con r = (x
1
, x
2
, x
3
), quella che attraverso le seguenti equazioni di Hamilton
x
i
=
H
p
i
=
1
m
_
p
i

e
c
A
i
_
(4.25)
p
i
=
H
x
i
= e

x
i
+
1
m
_
p
j

e
c
A
j
_
e
c
A
j
x
i
(4.26)
riproduce la giusta equazione di Newton in cui la forza coincide con la forza di Lorentz.
Infatti dalla (4.25) segue
m x
i
+
e
c
A
i
= p
i
che, sostituito nella (4.26) con lindice opportunamente adattato, fornisce lequazione
p
i
= e

x
i
+
e
c
A
j
x
i
x
j
(4.27)
Derivando rispetto al tempo la (4.25) e utilizzando quindi la (4.27) per p
i
, otteniamo
m x
i
+
e
c
_
A
i
t
+
A
i
x
j
x
j
_
= p
i
= e

x
i
+
e
c
A
j
x
i
x
j
da cui, eliminando p
i
, segue lequazione nale
m x
i
= e

x
i

e
c
A
i
t
+
e
c
x
j
_
A
j
x
i

A
i
x
j
_
che unequazione di Newton il cui secondo membro coincide appunto con la compo-
nente i-esima della forza di Lorentz
F
i
= eE
i
+
e
c
(v

B)
i
Se vogliamo ottenere un campo magnetico costante e orientato secondo lasse z, rap-
presentato cio nella forma B = (0, 0, B), allora il potenziale vettore da cui scaturisce
tale campo magnetico pu avere la forma A = (By, 0, 0), come si verica immedia-
tamente calcolando il suo rotore. Ovviamente tale scelta del potenziale vettore non
unica perch con una trasformazione di gauge, si pu sempre trovare un altro potenziale
vettore che dia luogo al medesimo campo magnetico: si verica immediatamente che
102 CAPITOLO 4. SOLUZIONI DELLEQUAZIONE DI SCHRDINGER
i due potenziali vettori A = (By, 0, 0) e A = (By/2, Bx/2, 0) conducono allo
stesso campo magnetico.
Considerando, per semplicit, nullo il potenziale scalare (r), lhamiltoniana (4.24)
assume allora la forma
H =
1
2m
_
p
x
+
e
c
By
_
2
+
p
2
y
2m
+
p
2
z
2m
In virt dellequazione di Heisenberg, si ha che p
x
e p
z
si conservano in quanto
operatori che commutano con H.
Per lequazione H[) = E [) Landau propose come soluzione la funzione donda
= e
i

(pxx+pzz)
(y)
Inserendo tale funzione donda nellequazione secolare di H, si ottiene lequazione
differenziale

(y) +
_
E
p
2
z
2m

1
2
m
2
L
(y y
0
)
2
_
(y) = 0 (4.28)
dove la frequenza di Larmor
L
e y
0
sono stati deniti come

L
:=
eB
mc
e y
0
:=
cp
x
eB
Come si vede, lequazione (4.28) lequazione di un oscillatore armonico con i
livelli energetici e largomento delle autofunzioni traslati: si ha dunque
E
n
=
L
_
n +
1
2
_
+
p
2
z
2m
Quindi in meccanica quantistica il moto di una particella carica in campo magnetico
ha livelli discreti, denominati livelli di Landau; in altre parole, come se il campo
magnetico vincolasse il moto di tale particella ad appartenere a livelli quantizzati.
Questi livelli sono innitamente degeneri perch per ogni livello vi sono inniti va-
lori di p
x
. Per rimuovere tale degenerazione, si pu porre la particella in una scatola
perch, come abbbiamo visto, mentre la particella libera ha spettro continuo, la parti-
cella connata in un segmento possiede spettro quantizzato attraverso le condizioni al
bordo del segmento.
Capitolo 5
Formulazione mediante integrali di
cammino
Dato un operatore lineare A in una base [n), vale a dire rappresentato da una ma-
trice avente elementi n[A[m), si ha, come dimostrato in precedenza, che A lunico
operatore avente tali elementi di matrice.
Consideriamo allora loperatore
A = e
i
H

t
di evoluzione temporale e scegliamo come base quella degli autostati della posizione da
cui seguono gli elementi di matrice
y[e
i
H

t
[x)
il cui modulo quadrato rappresenta la probabilit che una particella, localizzata inizial-
mente in x, si trovi nella posizione y al tempo t.
Gli stati [x) e [y) non sono normalizzati e limpossibilit di normalizzarli dovuta
al fatto che non si pu costruire uno stato esattamente localizzato in x R (con innite
cifre irrazionali). Allora le probabilit sono probabilit relative, ovvero probabilit che
la particella si trovi in y relativa alla probabilit che essa si trovi in unaltra regione.
Abbiamo allora
(y, t) = y[, t) = y[e
i
H

t
[) =
_
R
dxy[e
i
H

t
[x)x[) =
=
_
R
dxK(y, x; t)
0
(x)
con
K(y, x; t) = y[e
i
H

t
[x)
103
104 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE MEDIANTE INTEGRALI DI CAMMINO
Sviluppiamo allora
K(y, x; t) =

n
y[e
i
H

t
[E
n
)E
n
[x) =

n
e
i
En

t
y[E
n
)E
n
[x) =
=

n
e
i
En

En
(y)

En
(x)
La trasformata di Fourier del nucleo di Feynman K(y, x; t) sar allora
F(y, x; ) =
1
2
_
e
it
K(y, x; t) dt =
=
1
2

En
(y)

En
(x)
_
e
i(
En

) t
dt =
=

En
(y)

En
(x)
_

E
n

_
(5.1)
La conoscenza dunque di K(y, x; t) fornisce la soluzione completa del problema
quantistico perch dalluguaglianza fra primo e ultimo membro della (5.1) si ricavano
gli autovalori E
n
e le autofunzioni
n
(x).
Il problema da risolvere consiste dunque nel calcolare
K(y, x; t) = y[e
i
H

t
[x)
e a tale scopo allora consideriamo n sottointervalli di ampiezza = t/n dellintervallo
di tempo (0, t). Possiamo scrivere in tal modo
y[e
i
H

t
[x) = y[e
(i
H

t
n
) n
[x) = y[
n volte
..
e
i
H

t
n
e
i
H

t
n
e
i
H

t
n
[x) =
=
_
dx
1
dx
2
dx
n1
y[e
i
H


[x
n1
)x
n1
[e
i
H


[x
n2
)x
n2
[e
i
H



e
i
H


[x
1
)x
1
[e
i
H


[x) (5.2)
dove lindice dei dx
i
va da 1 a n 1 perch lintervallo (0, t) con n sottointervalli
possiede appunto n 1 punti di separazione.
Per n grande, approssimiamo
e
i
H


1 i
H

e calcoliamo lelemento di matrice fra x


i
e x
i+1
(cio fra due punti di separazione
consecutivi)
x
i+1
[e
i
H


[x
i
) =
_
x
i+1

1 i
H

x
i
_
=
_
dp
i
_
x
i+1

1 i
H

p
i
_
p
i
[x
i
) =
105
=
_
dp
i
_
x
i+1
[p
i
)
i

x
i+1
[H[p
i
)
_
p
i
[x
i
) =
=
_
dp
i
_
x
i+1
[p
i
)
i

_
x
i+1

_
p
2
2m
+ V ( x)
_

p
i
__
p
i
[x
i
) =
=
_
dp
i
_
x
i+1
[p
i
)
i

_
x
i+1

p
2
2m

p
i
_

x
i+1
[V ( x)[p
i
)
_
p
i
[x
i
) =
=
_
dp
i
_
x
i+1
[p
i
)
i

p
2
i
2m
x
i+1
[p
i
)
i

V (x
i
)x
i+1
[p
i
)
_
p
i
[x
i
) =
=
_
dp
i
_
x
i+1
[p
i
)
(i) H(p
i
, x
i+1
)

x
i+1
[p
i
)
_
p
i
[x
i
) =
=
_
dp
i
_
1
(i) H(p
i
, x
i+1
)

_
x
i+1
[p
i
) p
i
[x
i
) =
=
_
dp
i
2
_
1
(i) H(p
i
, x
i+1
)

_
e
i
p
i
(x
i+1
x
i
)

=
=
_
dp
i
2
e
iH(p
i
,x
i+1
)

e
i p
i
(x
i+1
x
i
)

(5.3)
dove H(p
i
, x
i+1
) non loperatore hamiltoniano, ma la funzione hamiltoniana dipen-
dente dalle variabili p
i
e x
i+1
perch risulta
H(p
i
, x
i+1
) =
p
2
i
2m
+ V (x
i+1
)
Se inseriamo nellespansione (5.2) il risultato (5.3) ricavato dallo sviluppo dellele-
mento di matrice x
i+1
[e
i
H


[x
i
), otteniamo quindi
y[e
i
H

t
[x) = y[e
(i
H

t
n
) n
[x) =
=
_
dx
1
dx
2
dx
n1
dp
1
dp
2
dp
n1
(2)
n1
e
i

i
[p
i
(x
i+1
x
i
) H(p
i
, x
i+1
) ]
=
=
_
dx
1
dx
2
dx
n1
dp
1
dp
2
dp
n1
(2)
n1
e
i

i
_
p
i
x
i+1
x
i

H(p
i
, x
i+1
)
_

=
=
_
dx
1
dx
2
dx
n1
dp
1
dp
2
dp
n1
(2)
n1
e
(i/)
_
t
0
dt [p x H(p, x)]
(5.4)
con p = p(t) e x = x(t).
106 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE MEDIANTE INTEGRALI DI CAMMINO
Lintegrale allesponente si calcola sui cammini x(t) e p(t) tali che p(t) non ha alcun
vincolo, mentre x(t) assume il valore x in t = 0 e il valore y nel generico istante t.
Il ruolo dei differenziali iniziali dx
i
e dp
i
quello di dare allintegrale comples-
sivo il signicato di somma di tutti i possibili risultati dellesponenziale calcolato su
tutti i possibili cammini x(t) e p(t). Osserviamo che in generale p
i
non il momento
canonico coniugato alla coordinata x
i
, ma solo una variabile dintegrazione e quindi
lespressione p x H(p, x) allesponente nella (5.4) non coincide con lazione classica.
Solo se la dipendenza dellhamiltoniana dalla variabile p di tipo quadratico, allora
le variabili p e x sono variabili canoniche coniugate e vale p x H(p, x) = L(x, x).
Mentre, dunque, classicamente la traiettoria percorsa dalla particella solo quella
che minimizza lazione, dal punto di vista quantistico, invece, possiamo dire che la
particella visita tutti i cammini possibili che congiungono x a y.
Questo aspetto in accordo con la propriet della meccanica quantistica per cui
esiste lo stato della particella che rappresenta la situazione nella quale la particella stessa
passa contemporaneamente attraverso due fenditure se le fenditure sono due, oppure, in
generale, contemporaneamente attraverso n fenditure se esse sono n.
Quindi dire che per conoscere levoluzione temporale di uno stato occorre consi-
derare inniti cammini, equivale alla situazione per cui la particella passa contempora-
neamente attraverso innite fenditure, come la meccanica quantistica, in base ai propri
principi, permette che avvenga.
La meccanica classica si deve ottenere come limite della meccanica quantistica
quando tende a zero. Dato allora un integrale del tipo
_
e
if(x)
dx
se tende a +(situazione equivalente a che tende a zero), allora la fase dellespo-
nenziale varia molto rapidamente e tutte le oscillazioni forniscono in media area totale
nulla con lintegrale. Se consideriamo invece il minimo della f(x) allesponente, ov-
vero il punto in cui lesponente varia di meno, allora si ha un integrale sostanzialmente
diverso da zero. La meccanica classica data dunque dal minimo dellazione
S =
_
t
2
t
1
L(x, p) dt
e tale minimo fornisce le equazioni del moto classiche.
In meccanica quantistica quindi, con x(0) = x, x(T) = y e senza alcun vincolo per
i cammini p(t), stata ottenuta la relazione generale
y[e
i
H

t
[x) = K(y, x; t) =
_
xp e
(i/)
R
t
0
[p xH(x,p)] dt
=
_
xp e
iS

che rappresenta la soluzione esatta di qualunque problema quantistico, dove, solo se


lhamiltoniana H dipende quadraticamente da p, lespressione p xH = S rappresenta
appunto lazione classica.
5.1. INTEGRALI DI CAMMINO E FENOMENO DELLINTERFERENZA 107
Mentre in meccanica classica occorre di volta in volta risolvere le equazioni di Ha-
milton, sorprendentemente in meccanica quantistica si ha una formula ssa in base alla
quale per risolvere un problema basta soltanto calcolare lintegrale (5.4) che comunque
risulta di grande difcolt essendo un integrale in dimensione innita.
5.1 Integrali di cammino e fenomeno dellinterferenza
Calcoliamo la parte in p, che gaussiana, dellintegrale (5.4) esplicitato nella forma
K(y, x; t) =
_
x(T)=y
x(0)=x
xp e
(i/)
_
t
0

p x
p
2
2m
V (x)

dt
in cui si ha

_ _
p x
p
2
2m
_
dt =
_
_
x
p
m
_
p dt = 0 per p = m x
Denendo p(t) = m x(t) + p(t), si ha p = p da cui segue
K(y, x; t) =
_
x(T)=y
x(0)=x
xp e
(i/)
_
t
0

p x
p
2
2m
V (x)

dt
=
=
_
x(T)=y
x(0)=x
x p e
(i/)
_
t
0

m x
2
+ p x
m x
2
2

p
2
2m
p xV (x)

dt
=
=
_
x(T)=y
x(0)=x
xe
(i/)
_
t
0
h
m x
2
2
V (x)
i
dt
_
e
(i/)
R
t
0
p
2
2m
dt
p (5.5)
Lintegrale di dimensione innita in p sar una funzione f(t) soltanto della varia-
bile t a potr essere inglobata nella denizione di x in modo che rimanga da calcolare
solo lintegrale in x. Calcoliamo allora il propagatore della particella libera mediante
lintegrale di cammino (5.5) in cui si ponga V (x) = 0
K(y, x; t) =
_
x(T)=y
x(0)=x
xe
(i/)
R
t
0
m x
2
2
dt

Se eseguiamo la variazione dellesponente per determinarne il minimo, otteniamo

_
t
0
m x
2
2
dt

= m
_
x xdt

= m
_
xx[
T
0

_
t
0
x

xdt

_
= m
_

_
t
0
x

xdt

_
= 0
per x

(t

) = 0, avendo utilizzato x(0) = x(T) = 0.


108 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE MEDIANTE INTEGRALI DI CAMMINO
Ponendo allora
x(t

) =
_
y x
t
t

+ x
_
+ x(t

) con x(0) = x(t) = 0


si ottiene, non confondendo t con t

K(y, x; t) =
_
x(T)=y
x(0)=x
x e
(i/)
R
t
0
m x
2
2
dt

=
_
x(t)=0
x(0)=0
xe
im
2
_
t
0
_
y x
t
+

x
_
2
dt

=
=
_
x e
im
2
_
t
0
_
_
y x
t
_
2
+

x
2
+ 2
_
y x
t
_

x
_
dt

=
=
_
x
_

_
e
im
2
_
y x
t
_
2
t
_

_
_

_e
im
2
_
t
0

x
2
dt

_
_

_
e
im

_
y x
t
__
t
0

xdt

_
=
= h(t) e
im(y x)
2
2t
con h(t) funzione soltanto del tempo perch
_
x e
im
2
_
t
0

x
2
dt

= h(t)
e
e
im

_
y x
t
__
t
0

xdt

= e
im

_
y x
t
_
[

x(t)

x(0)] dt

= e
0
= 1
Utilizziamo ora il propagatore della particella libera, coincidente con quello gi rica-
vato in precedenza, per ritrovare le frange di interferenza nel passaggio della particella
attraverso due fenditure F
1
e F
2
.
Con riferimento alla seguente gura 5.1, consideriamo le fenditure come puntiformi
in modo che siano solo due i cammini rilevanti; indichiamo con a il cammino PF
1
Q e
con b il cammino PF
2
Q, dove P rappresenta la sorgente delle particelle e Q il punto in
cui la particella incide sulla lastra L.
Il propagatore della particella libera dalla sorgente al punto Q sulla lastra dato
allora dalla somma dei due termini relativi ai due cammini possibili a e b
K(Q, P; t) = e
(i/)S(a)
+ e
(i/)S(b)
5.1. INTEGRALI DI CAMMINO E FENOMENO DELLINTERFERENZA 109
dove S(a) e S(b) sono lazione classica calcolate rispettivamente lungo il cammino a e
lungo il cammino b.
Essendo la sorgente P equidistante dalle due fenditure, si ha luguaglianza
e
(i/)S(P,F
1
)
= e
(i/)S(P,F
2
)
in virt della quale c una fase irrilevante (ai ni del quadrato del modulo) nellespres-
sione del propagatore K(Q, P; t) che pertanto diventa
K(Q, P; t) = e
i
_
e
(i/)S(F
1
,Q)
+ e
(i/)S(F
2
,Q)

= e
i
_
e
im|

F
1
Q|
2
2t
+ e
im|

F
2
Q|
2
2t
_
x = 0
Q(x
0
, y)
y = 0
P
F
1
F
2
L
g. 5.1
La probabilit P(Q) di rivelare la particella nella posizione Q data dunque da
P(Q) =

e
im|

F
1
Q|
2
2t
+ e
im|

F
2
Q|
2
2t

2
= 1 + 1 + 2 1e
_
e
im|

F
1
Q|
2
2t
e

im|

F
2
Q|
2
2t
_
=
= 2 + 2 cos
_
m
2t
([

F
1
Q[
2
[

F
2
Q[
2
)
_
dove il termine con il coseno rappresenta le frange di interferenza.
La formulazione di Feynmann della meccanica quantistica mediante integrali di
cammino permette dunque di ritrovare pi rapidamente il fenomeno fondamentale del-
linterferenza, ma non getta nessuna luce nuova sul problema della riduzione del pac-
chetto donda (collasso di uno stato su di un autostato). Continua pertanto a non essere
spiegato il motivo per cui linterazione del sistema con un apparato di misura sembra
non obbedire allequazione di Schrdinger.
110 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE MEDIANTE INTEGRALI DI CAMMINO
5.2 Effetto Aharonov-Bohm
Consideriamo ora un solenoide innito tale che al suo interno vi sia un campo magnetico
rappresentato dal vettore B diverso da zero e allesterno vi sia campo nullo.
Verichiamo che allesterno del solenoide il potenziale vettore A diverso da zero
sebbene si abbia B = 0.
Infatti si ha
_

A dl =
_

A nd =
_
B nd =

(B) ,= 0
da cui discende che il potenziale vettore A diverso dal vettore nullo.
Quantisticamente con un esperimento di interferenza si pu stabilire se nel solenoide
circola o no corrente che genera un campo magnetico allinterno che altrimenti non
accessibile.
Dato un solenoide S perpendicolare al foglio immerso nellapparato di gura 5.2,
vediamo che differenza c fra le frange di interferenza nei casi in cui il solenoide S
acceso o spento.
Poich la presenza delle due fenditure F
1
e F
2
rende possibili i due cammini e
fra la sorgente 1 di elettroni e il punto 2 sulla lastra, allora analizziamo tale problema
mediante il formalismo degli integrali di cammino.
x = 0
2
S
cammino
cammino
1
F
1
F
2
L
g. 5.2
Per costruire lintegrale dazione, occorre scrivere la lagrangiana associata allha-
miltoniana (4.24): eseguendo la trasformata di Legendre sulla (4.24) si ottiene la fun-
zione lagrangiana
L(x, x) =
1
2
m x
2
+ eA x
5.2. EFFETTO AHARONOV-BOHM 111
da cui segue lazione
S =
_
L(x, x) dt =
_
1
2
m x
2
dt + e
_
A dx
Utilizzando lintegrale di cammino, si ha
_
xe
iS/
=
_
x
_
e
(i/)
R
T
0
1
2
m x
2
dt
_ _
e
(ie/)
R
2
1
Adx
_
=
=
_
xe
iS
0
/
_
e
(ie/)
R
2
1
Adx
_
=
=
_
xe
iS
0
()/
_
e
(ie/)
R
2
1,
Adx
_
+
_
xe
iS
0
()/
_
e
(ie/)
R
2
1,
Adx
_
dove S
0
() e S
0
() sono la parte libera dellazione dovuta soltanto al termine di energia
cinetica (1/2) m x
2
calcolata lungo il cammino e il cammino .
Per avere linterferenza, calcoliamo il quadrato del modulo

_
xe
iS/

2
= 1 + 1 + 2 1e
_
e
iS
0
()/
e
(ie/)
R
2
1,
Adx
e
iS
0
()/
e
(ie/)
R
2
1,
Adx
_
=
= 2 + 21e
_
e
(i/) [S
0
()S
0
()]
e
(ie/) [
R
2
1,
Adx
R
2
1,
Adx]
_
Ora lespressione
_
2
1,
A dx
_
2
1,
A dx
un integrale di linea chiuso dal punto 1 al punto 2 (lungo il cammino ) e poi,
cambiando segno al secondo integrale, dal punto 2 al punto 1 (lungo il cammino ).
Quindi si ha
_
2
1,
A dx
_
2
1,
A dx =
_
2
1,
A dx +
_
1
2,
A dx =
=
_

A dl =
_

A nd =
_
B nd =

(B)
Dunque la variazione di fase pari a
=
0
+
e

(B)
cio allo spostamento delle frange di interferenza contribuisce non solo la parte libera
dellazione, ma anche il usso di B attraverso una supercie avente bordo coincidente
con una linea chiusa che avvolge il solenoide.
112 CAPITOLO 5. FORMULAZIONE MEDIANTE INTEGRALI DI CAMMINO
Quindi sembra paradossale che, sebbene linterno del solenoide sia inaccessibile, ci
si possa poi accorgere con questo esperimento di ci che accade al suo interno.
Tale esperimento dimostra dunque che la meccanica quantistica basata sul funziona-
le dazione richiede come grandezze fondamentali i potenziali Ae perch non si pu
scrivere unazione con i campi E e B.
La considerazione che rende leffetto di Aharonov-Bohm meno paradossale che
durante lintervallo di tempo di accensione del solenoide il campo magnetico passa dal
valore nullo al valore massimo e nasce cos un campo elettrico attraverso lequazione di
Maxwell
E =
B
t
In tal modo anche un osservatore classico con un rivelatore classico sente laccen-
sione del campo magnetico perch osserva leffetto esercitato su un elettrone da parte
della forza dovuta al campo elettrico.
Quando inne il campo magnetico B diventa costante pari al valore massimo, allo-
ra dallequazione di Maxwell si ricava che il rotore del campo elettrico diventa nullo.
Poich la presenza di tale campo elettrico nellintervallo di tempo precedente ha fatto
variare lenergia allesterno del solenoide e ha prodotto di conseguenza una modica
delle orbite quantizzate (discrete) da un livello ad un altro, allora rimane ugualmente
memoria del campo elettrico in un intervallo di tempo precedente.
Capitolo 6
Momento angolare
In meccanica classica il momento angolare un vettore, indicato con L denito come
L = x p, o con il formalismo delle componenti L
i
=
ijk
x
i
p
k
, avendo utilizzato la
convenzione di Einstein sugli indici ripetuti e il simbolo
ijk
che vale zero se due indici
sono uguali e 1 a seconda che ijk sia una permutazione pari o dispari di 1, 2, 3.
Loperatore quantistico L allora hermitiano e le sue componenti sono
L
1
= x
2
p
3
x
3
p
2
, L
2
= x
3
p
1
x
1
p
3
, L
3
= x
1
p
2
x
2
p
1
Abbiamo quindi le regole di commutazione fra componenti diverse del momento
angolare
[L
i
, L
j
] = i
ijk
L
k
delle quali dimostriamo soltanto la prima, essendo la dimostrazione delle altre due del
tutto identica
[L
1
, L
2
] = (x
2
p
3
x
3
p
2
)(x
3
p
1
x
1
p
3
) (x
3
p
1
x
1
p
3
)(x
2
p
3
x
3
p
2
) =
= i(x
1
p
2
x
2
p
1
) = iL
3
Denendo L
2
= L
2
1
+ L
2
2
+ L
2
3
, si hanno i commutatori [L
2
, L
i
] = 0 dei quali
dimostriamo soltanto il terzo, essendo identica la dimostrazione degli altri due
[L
2
, L
3
] = [L
2
1
+ L
2
2
+ L
2
3
, L
3
] = [L
1
L
1
, L
3
] + [L
2
L
2
, L
3
] =
= L
1
L
1
L
3
L
3
L
1
L
1
+ L
2
L
2
L
3
L
3
L
2
L
2
=
= L
1
(L
3
L
1
iL
2
) L
3
L
1
L
1
+ L
2
(L
3
L
2
+ iL
1
) L
3
L
2
L
2
=
= L
1
L
3
L
1
L
3
L
1
L
1
+ L
2
L
3
L
2
L
3
L
2
L
2
i[L
1
, L
2
] =
= [L
1
, L
3
] L
1
+ [L
2
, L
3
] L
2
i[L
1
, L
2
] =
= iL
2
L
1
+ iL
1
L
2
i[L
1
, L
2
] = i[L
1
, L
2
] i[L
1
, L
2
] = 0
113
114 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Scriviamo inne le due regole di commutazione
[L
i
, x
k
] = i
ikj
x
j
e [L
i
, p
k
] = i
ikj
p
j
di cui dimostriamo soltanto la prima, essendo identica la dimostrazione della seconda
[L
i
, x
k
] = [
ijh
x
j
p
h
, x
k
] =
ijh
(x
j
p
h
x
k
x
k
x
j
p
h
) =
=
ijh
[x
j
(x
k
p
h
i
kh
) x
k
x
j
p
h
] = i
ijh
x
j

kh
= i
ikj
x
j
Poich non ci sono altri operatori non banali (cio che non siano funzione di L
3
)
che commutano con L
3
, allora cerchiamo gli autovettori comuni dei due operatori che
commutano L
2
e L
3
procedendo in modo astratto con il formalismo vettoriale di uno
spazio di Hilbert.
Scritte le equazioni secolari degli operatori L
2
e L
3
L
2
[, m) =
2
[, m) e L
3
[, m) = m[, m)
con e m numeri puri, poniamo K
i
:= L
i
/ per avere le equazioni normalizzate (senza
la costante ) nella forma
K
2
[, m) = [, m) e K
3
[, m) = m[, m)
Denendo i due operatori K
+
e K

(che vengono denominati rispettivamente ope-


ratori di innalzamento e abbassamento)
K
+
:= K
1
+ iK
2
e K

:= K
1
iK
2
= (K
+
)
+
si ottengono i quadrati delle norme dei vettori K

[, m)
, m[K
+
K

[, m) = , m[(K
2
K
2
3
+ K
3
)[, m) = m
2
+ m 0 (6.1)
, m[K

K
+
[, m) = , m[(K
2
K
2
3
K
3
)[, m) = m
2
m 0 (6.2)
Dallalgebra dei commutatori
[K
2
, K

] = 0 , [K
3
, K
+
] = K
+
, [K
3
, K

] = K

si ottengono inne le equazioni secolari


K
2
K

[, m) = K

[, m) ,
K
3
K
+
[, m) = (m+ 1) K
+
[, m) , K
3
K

[, m) = (m1) K

[, m) (6.3)
che mostrano che i vettori K
+
[, m) e K

[, m) sono ancora autoket di K


2
relativi
allautovalore e autoket di K
3
con autovalori rispettivamente m+ 1 e m1.
115
Quindi gli operatori K
+
e K

trasformano un autoket [, m) di K
3
relativo allauto-
valore min un altro autoket di K
3
relativo allautovalore rispettivamente m+1 e m1:
per questo K
+
e K

vengono denominati rispettivamente operatori di innalzamento e


di abbassamento.
Dalle disuguaglianze (6.1) e (6.2) si deduce che debbono esistere un valore massimo
e un valore minimo per m oltre i quali tali disuguaglianze non valgono pi.
Quindi dopo un numero nito di applicazioni degli operatori K
+
e K

allauto-
vettore [, m), si dovr ottenere lautovalore zero in modo che, come si deduce dalla
relazione (6.3), non si possano continuare ad applicare tali operatori.
Avremo dunque K
+
[, m
max
) = 0 da cui segue m
2
max
m
max
= 0 e analoga-
mente K

[, m
min
) = 0 da cui segue m
2
min
+ m
min
= 0.
Parametrizzando nella forma = l(l + 1), si ha allora
l(l + 1) m
max
(m
max
+ 1) = 0 e l(l + 1) m
min
(m
min
1) = 0
da cui discendono i valori massimo e minimo di m dati da
m
max
= l e m
min
= l
A questo punto deve essere possibile poter passare dal valore minimo m = l al
valore massimo m = l con un numero intero di passi, aumentando quindi m di una
unit ogni volta che si applica loperatore K
+
o loperatore K

a seconda che si parta


rispettivamente da m = l o da m = l.
Ma questo possibile soltanto se lampiezza 2l dellintervallo [l, l] un numero
intero positivo n. Da n = 2l discende che l = n/2 un numero intero se n pari,
semintero se n dispari.
Abbiamo allora risolto il problema dello spettro del momento angolare e abbiamo
scoperto che dato l intero o semintero positivo, ci sono 2l + 1 valori di m, ovvero la
degenerazione di un certo valore l 2l + 1. Dunque il valore l ssa lautovalore di K
2
che risulta essere = l(l + 1) e i valori di m compresi fra l e l rappresentano gli
autovalori di K
3
.
Utilizzando di nuovo gli operatori L
2
e L
3
con le relative dimensioni siche, abbia-
mo le equazioni secolari
L
2
[l, m) =
2
l(l + 1) [l, m) e L
3
[l, m) = m[l, m)
Riscrivendo le (6.1) e (6.2) nella forma
, m[L
+
L

[l, m) =
2
[l(l + 1) m(m1)]
, m[L

L
+
[l, m) =
2
[l(l + 1) m(m + 1)]
otteniamo i coefcienti tali che i vettori L

[l, m) e L
+
[l, m) siano di norma unitaria
L

[l, m) =
_
l(l + 1) m(m1) [l, m1)
116 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
L
+
[l, m) =
_
l(l + 1) m(m + 1) [l, m + 1)
Utilizzando la (4.22), costruiamo ora le matrici che rappresentino i vari operatori
del momento angolare nella base [l, m), rispetto alla quale L
2
e L
3
sono diagonali.
Se l = 0, allora c un solo valore di m che m = 0: in questo caso non vi
degenerazione e indichiamo con [0, 0) il ket [l = 0, m = 0) che lunico autoket
simultaneo di L
2
e L
3
. In questo caso la base [l, m) contiene lunico elemento [0, 0)
e le matrici di L
2
, L
i
e L

sono costituite da un solo numero.


Per l = 1/2 abbiamo i due valori m = 1/2 e la base [l, m) contiene i due
autostati simultanei di L
2
e L
3

1
2
,
1
2
_
e

1
2
,
1
2
_
Dalle relazioni
L
2

1
2
,
1
2
_
=
3
4

1
2
,
1
2
_
, L
3

1
2
,
1
2
_
=
1
2

1
2
,
1
2
_
L
+

1
2
,
1
2
_
= 0 , L
+

1
2
,
1
2
_
=

1
2
,
1
2
_
L

1
2
,
1
2
_
= 0 , L

1
2
,
1
2
_
=

1
2
,
1
2
_
si ottengono le matrici
L
2
=
3
4

2
_
1 0
0 1
_
, L
3
=
1
2

_
1 0
0 1
_
L
+
=
1
2

_
0 1
0 0
_
, L

=
1
2

_
0 0
1 0
_
Per gli operatori L
1
e L
2
, si ha
L
1
=
L
+
+ L

2
=
1
2

_
0 1
1 0
_
e L
2
=
L
+
L

2i
=
1
2

_
0 i
i 0
_
Introducendo le tre matrici, dette matrici di Pauli,

1
=
_
0 1
1 0
_
,
2
=
_
0 i
i 0
_
,
3
=
_
1 0
0 1
_
abbiamo che per l = 1/2 le tre matrici che rappresentano le tre componenti del momento
angolare sono
L
j
=
1
2

j
117
Le matrici di Pauli possiedono le seguenti propriet
Tr
i
= 0 ,
2
i
= 1 ,
h

k
= i
hkj

j
, [
h
,
k
] = 2i
hkj

j
Per concludere, nel caso l = 1 si hanno i tre valori m = 1, 0, 1 e i tre autoket
simultanei di L
2
e L
3
[1, 1) , [1, 0) , [1, 1)
che formano una base rispetto alla quale, in modo del tutto analogo al caso precedente,
si determinano le matrici di L
2
e L
i
.
Per stabilire la molteplicit degli autovalori del momento angolare, dobbiamo pro-
cedere come per loscillatore armonico, ovvero dobbiamo analizzare il problema diffe-
renziale corrispondente allequazione secolare del momento angolare.
Quando il momento angolare una grandezza conservata, il problema pu essere
studiato pi facilmente se viene espresso nelle coordinate polari r, , denite come
_
_
_
x = r sin cos
y = r sin sin con [0, ] , [0, 2]
z = r cos
le cui inverse sono
r =
_
x
2
+ y
2
+ z
2
, = arccos
_
z
r
_
, = arctan
_
y
x
_
In coordinate polari, le derivate parziali rispetto a x, y, z assumono la forma

x
=
r
x

r
+

x

+

x

= sin cos

r
+
cos cos
r


sin
r sin

y
=
r
y

r
+

y

+

y

= sin sin

r
+
cos sin
r

+
cos
r sin

z
=
r
z

r
+

z

+

z

= cos

r

sin
r

da cui seguono le relazioni


L
+
= L
1
+ iL
2
=
_
i
_
z

y
y

z
_
+ z

x
x

z
_
= e
i
_

+
i cos
sin

_
L

= L
1
iL
2
=
_
i
_
z

y
y

z
_
z

x
+ x

z
_
= e
i
_
i cos
sin

_
L
3
= i
_
x

y
y

x
_
= i

118 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE


Dallequazione secolare L
3
[l, m) = m[l, m) si ottiene, moltiplicando ambo i
membri per il bra r, , [, lequazione differenziale
i

(r, , ) = m(r, , )
la cui soluzione
(r, , ) = F(r, ) e
im
(6.4)
rappresenta le autofunzioni di L
3
e dunque anche di L
2
Dalla condizione di periodicit che la soluzione (r, , ) deve soddisfare, si ottiene
la relazione
e
im
= e
im(+2)
dalla quale deduciamo che la soluzione (r, , ) periodica solo se lautovalore m
delloperatore L
3
un numero intero.
Quindi mentre il problema algebrico ci ha fornito per L
2
ed L
3
gli autovalori l e m
entrambi interi o seminteri (con l non negativo), il problema differenziale ci seleziona
solo i valori interi di m da cui segue che gli autostati simultanei di L
2
ed L
3
sono solo
quelli corrispondenti ai valori interi di l e m. Dunque i valori seminteri di l sono abbinati
agli autovalori di operatori non rappresentabili con lespressione L = x p.
Allora il momento angolare L = xp tale che L
2
ed L
3
hanno spettro dato da valori
interi di l e m, viene denominato momento angolare orbitale; il momento angolare tale
che L
2
ed L
3
hanno spettro dato da valori seminteri di l e m, non deriva dallespressione
classica L = x p ed denominato momento angolare di spin, o semplicemente spin.
In particolare le matrici di Pauli non sono esprimibili come x p. Dopo aver intro-
dotto lo spin per recuperare la parte di spettro costituita da autovalori seminteri, osser-
viamo che, essendo i due tipi di momento angolare in ogni caso distinti, anche lo spin
pu avere valori interi.
Dallespressione di L
2
data da
L
2
= L
+
L

+ L
2
3
L
3
=
=
2
e
i
_

+
i cos
sin

__
e
i
_
i cos
sin

__

2

2

2
+ i
2

=
=
2
_

2

2
+
cos
sin

+
1
sin
2

2
_
ricaviamo che in coordinate polari anche L
2
indipendente dalla coordinata r, da cui
segue che le autofunzioni (6.4) di L
2
e L
3
possono essere riscritte nella forma separata
di prodotto di funzioni di singola variabile
(r, , ) = G(r) A
lm
() e
im
119
Dallequazione L
+
[l, l) = 0 ricaviamo quindi lequazione differenziale
e
i
_

+
i cos
sin

_
[A
ll
() e
il
] = 0
la cui soluzione
A
ll
() = h sin
l

con h costante di integrazione.


Lautofunzione di L
2
e L
3
, corrispondente agli autovalori l, l e indicata con Y
ll
(, ),
data dunque dal prodotto separato di funzioni di singola variabile
Y
ll
(, ) = r, , [l, l) = A
ll
() e
il
= h sin
l
e
il
e tutte le altre autofunzioni Y
lm
(, ) di L
2
e L
3
, corrispondenti agli autovalori l, m,
si ottengono applicando successivamente loperatore di abbassamento L

nch non si
giunge a L

Y
l,l
(, ) = 0.
Poich lequazione differenziale che ci ha dato la soluzione A
ll
() ha soluzione uni-
ca, concludiamo che non c degenerazione in l, ovvero non esistono due autofunzioni
linearmente indipendenti di L
2
corrispondenti al medesimo valore di l.
Per la determinare il valore della costante h di integrazione, scegliamo la condizione
di normalizzazione
_
[Y
lm
(, )[
2
d =
_
Y

lm
(, ) Y
lm
(, ) sin d d = 1
Le autofunzioni Y
lm
(, ) simultanee di L
2
e L
3
si ottengono dunque attraverso le
consuete proiezioni date dai prodotti scalari , [l, m) e vengono denominate armoni-
che sferiche perch intervengono in ogni problema a simmetria sferica.
Per m 0 lespressione generale delle armoniche sferiche data da
Y
lm
(, ) = N (1)
m
e
im
T
m
l
(cos ) e Y
l,m
(, ) = (1)
m
Y

l m
(, )
dove N una costante positiva di normalizzazione e il simbolo T
m
l
(u) rappresenta i
cosiddetti polinomi associati di Legendre, gi noti ai matematici prima della nascita
della meccanica quantistica, i quali, a meno di una costante di normalizzazione, sono
dati da
T
m
l
(u) = (1 u
2
)
m/2
_
d
du
_
lm
(1 u
2
)
l
con m 0
Se applichiamo loperatore di parit, indicato con T, alle armoniche sferiche (cio
se invertiamo i tre assi cartesiani), otteniamo
T Y
l,m
(, ) = (1)
l
Y
l,m
(, )
120 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
ovvero ricaviamo la propriet per cui le armoniche sferiche possiedono la parit del
numero quantico l.
Riportiamo per comodit le armoniche sferiche corrispondenti ai valori l = 0, 1, 2
Y
0,0
=
1

4
, Y
1,1
=
_
3
8
e
i
sin , Y
1,0
=
_
3
4
cos ,
Y
2,2
=
_
15
32
e
2i
sin
2
, Y
2,1
=
_
15
32
e
i
sin 2, Y
2,0
=
_
5
16
(3 cos
2
1)
Talvolta comunque, come ad esempio per scrivere in coordinate polari lequazione
di Schrdinger di un atomo idrogenoide, pu essere utile esprimere L
2
in funzione di p
e di r che sono rispettivamente il modulo dellimpulso p e della posizione r.
Utilizzando la notazione (x, y, z) = (q
1
, q
2
, q
3
) e le relazioni
p
j
q
j
= q
j
p
j
i , x

x
+ y

y
+ z

z
= r

r
(xp
x
+ yp
y
+ zp
z
)
2
=
2
_
r

r
__
r

r
_
=
2
r

r

2
r
2

2
r
2
(xp
x
+ yp
y
+ zp
z
)
2
= (xp
x
+ yp
y
+ zp
z
) (xp
x
+ yp
y
+ zp
z
) =
= x
2
p
2
x
+ y
2
p
2
y
+ z
2
p
2
z
+ 2xyp
x
p
y
+ 2xzp
x
p
z
+ 2yzp
y
p
z
i (xp
x
+ yp
y
+ zp
z
)
otteniamo
L
2
= (r p)
2
=
= (yp
z
zp
y
)(yp
z
zp
y
) + (zp
x
xp
z
)(zp
x
xp
z
) + (xp
y
yp
x
)(xp
y
yp
x
) =
= (y
2
p
2
z
yp
z
zp
y
zp
y
yp
z
+ z
2
p
2
y
) + (z
2
p
2
x
zp
x
xp
z
xp
z
zp
x
+ x
2
p
2
z
)+
+(x
2
p
2
y
xp
y
yp
x
yp
x
xp
y
+ y
2
p
2
x
) =
= x
2
(p
2
y
+ p
2
z
) + y
2
(p
2
x
+ p
2
z
) + z
2
(p
2
x
+ p
2
y
) yp
y
(zp
z
i) zp
z
(yp
y
i)+
zp
z
(xp
x
i) xp
x
(zp
z
i) xp
x
(yp
y
i) yp
y
(xp
x
i) =
= x
2
(p
2
p
2
x
) + y
2
(p
2
p
2
y
) + z
2
(p
2
p
2
z
)+
2xyp
x
p
y
2xzp
x
p
z
2yzp
y
p
z
+ 2i (xp
x
+ yp
y
+ zp
z
) =
= (x
2
+ y
2
+ z
2
) p
2
(xp
x
+ yp
y
+ zp
z
)
2
+ i (xp
x
+ yp
y
+ zp
z
) =
= r
2
p
2
+ 2
2
r

r
+
2
r
2

2
r
2
da cui segue lespressione di p
2
in coordinate polari
p
2
=
L
2
r
2

2
2
r

r

2

2
r
2
(6.5)
6.1. MOMENTO ANGOLARE DI SPIN 121
Se, come in meccanica classica, esprimiamo
p
2
=
L
2
r
2
+ p
2
r
dove con p
r
si indichi la componente dellimpulso lungo la direzione radiale, allora dal
confronto con la (6.5) si ricava lespressione di p
2
r
data da
p
2
r
=
2
2
r

r

2

2
r
2
A questo punto per ottenere lespressione delloperatore p
r
utilizziamo lidentit
_
i
_
1
r
+

r
__ _
i
_
1
r
+

r
__
(r) =
_

2
2
r

r

2

2
r
2
_
(r)
la quale, riscritta nella forma p
r
p
r
(r) = p
2
r
(r), permette di dedurre lespressione
delloperatore p
r
p
r
= i
_
1
r
+

r
_
E poi di immediata verica la relazione del commutatore canonico [r, p
r
] = i che
possiede la stessa forma dei commutatori canonici degli operatori componenti cartesiane
della posizione e dei relativi impulsi coniugati.
Quindi possiamo dire che la relazione del commutatore canonico di una coordinata
spaziale e del corrispondente impulso coniugato resta valida anche in coordinate polari,
sebbene loperatore p
r
non sia proporzionale alla derivata lungo la direzione r.
6.1 Momento angolare di spin
Poich, come detto, la parte di spettro del momento angolare corrispondente a valori
seminteri di l e di m non pu essere associata alla grandezza L = x p, allora introdu-
ciamo un nuovo grado di libert interno della particella, detto spin e indicato con S, tale
che verichi le stesse regole di commutazione del momento angolare orbitale, ovvero
[S
h
, S
k
] = i
hkj
S
j
e [S
h
, x
k
] = [S
h
, p
k
] = [S
2
, S
h
] = 0
Indicando ancora gli autovalori di S
2
con l, consideriamo una rappresentazione del-
loperatore S
2
data da una matrice contenente una sola volta un solo blocco corrispon-
dente ad un certo valore di l, in modo che tale matrice risulti essere il prodotto di l(l +1)
con la matrice identit. Dalle regole di commutazione degli operatori di spin
[S
h
, S
k
] = i
hkj
S
j
e [S
2
, S
h
] = 0
122 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
segue, in analogia con quanto abiamo ottenuto per il momento angolare orbitale, che
gli operatori S
2
e S
3
sono diagonalizzabili attraverso una base di autovettori comuni e
hanno autovalori rispettivamente S
2
= s(s + 1)
2
e S
3
= m con s intero o semintero
e m intero o semintero avente valori compresi fra s e s.
A questo punto, unendo lo spazio del momento angolare di spin con lo spazio del
momento angolare orbitale mediante il prodotto tensoriale dei relativi ket, otteniamo

c
hk
[
h
) [
k
)
Se scegliamo dunque come elementi di base nello spazio dello spin 1/2 i due auto-
stati delloperatore S
3
_
1
0
_
e
_
0
1
_
allora il generico stato (r) assume la forma
(r) =
1
(r)
_
1
0
_
+
2
(r)
_
0
1
_
=
_

1
(r)

2
(r)
_
dove [
1
(r)[
2
rappresenta la densit di probabilit che la particella sia localizzata in r
con terza componente dello spin pari a 1/2 e [
2
(r)[
2
la densit di probabilit che la
particella sia localizzata in r con terza componente dello spin pari a 1/2.
Verichiamo ora che, come deve essere, risulta [p
x
, S
x
] = 0. Si ha infatti
[p
x
, S
x
]
_

1
(r)

2
(r)
_
=
= i

2
__
0 1
1 0
_

x
_

1
(r)

2
(r)
_


x
_
0 1
1 0
_ _

1
(r)

2
(r)
__
=
=
i
2
2
_

_
_
0 1
1 0
_
_
_
_
_
_

1
(r)
x

2
(r)
x
_
_
_
_
_


x
_

2
(r)

1
(r)
_
_

_
= 0
Lo spin un vero momento angolare perch la somma dello spin con il momento
angolare orbitale si conserva.
Dopo aver introdotto lo spin, utilizziamo come elementi di base dello spazio pi
generale i ket [x, y, z; m) sui quali abbiamo le seguenti azioni degli operatori
x[x, y, z; m) = x[x, y, z; m) e

S
3
[x, y, z; m) = m[x, y, z; m)
avendo trascurato loperatore S
2
in quanto prodotto dellidentit per il fattore l(l + 1)
con l ssato.
6.1. MOMENTO ANGOLARE DI SPIN 123
Relativamente alla base [x, y, z; m), la generica funzione donda assume dunque
la forma

(x, y, z) = x, y, z[) e il rappresentativo del trasformato di un generico


stato [) mediante azione di un operatore di spin, come per esempio S
x
, dato da
x, y, z; m[S
x
[) = (S
x
)
mm
x, y, z; m

[) = (S
x
)
mm

(r, m

)
dove la funzione

(r, m

) viene denominata spinore, riscrivibile nella forma


_
_
_
_
_
_
_
_

s
(r)

s+1
(r)

s+2
(r)

s
(r)
_
_
_
_
_
_
_
_
Nel caso dellelettrone, si osserva empiricamente che il suo spin vale s = 1/2 da cui
segue che massume i valori 1/2 , 1/2. Per osservare sperimentalmente lo spin occorre
considerare una particella carica immersa in un campo magnetico la cui dinamica
descritta da quella che si chiama equazione di Pauli magnetostatica.
6.1.1 Lequazione di Pauli
Una particella carica ha un momento magnetico che interagisce con il campo elettro-
magnetico, ma trascuriamo la trattazione quantistica del campo. Inoltre il momen-
to magnetico della particella genera a sua volta un campo elettromagnetico che pure
trascuriamo.
Utilizzando lhamiltoniana (4.24) e considerando il contributo allenergia del mo-
mento magnetico della particella proporzionale allo spin, si ottiene lequazione di Pauli
della particella carica in campo magnetico
i

t
_

+
(x)

(x)
_
=
_
1
2m
_
p
e
c
A
_
2
+ e (x)
e
2mc


B
_ _

+
(x)

(x)
_
dove lespressione in parentesi quadra a secondo membro rappresenta lhamiltoniana di
Pauli e il simbolo = (
1
,
2
,
3
) rappresenta il vettore formale avente per componenti
formali le tre matrici di Pauli.
Consideriamo ora il caso di potenziale scalare = 0 e di potenziale vettore A(x, t)
tale che il campo magnetico

B sia un vettore costante.
Un campo magnetico

B = (B
x
, B
y
, B
z
) costante (e orientato in modo generico) pu
essere ottenuto come rotore del potenziale vettore
A =
1
2
Br
124 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
con r = (x
1
, x
2
, x
3
), da cui in effetti discende
(A)
i
=
ijk

j
A
k
=
1
2

ijk

j
(
khq
B
h
x
q
) =
1
2

kij

khq
B
h

j
x
q
=
=
1
2

kij

khq
B
h

jq
=
1
2

kji

kjh
B
h
=
1
2
2
ih
B
h
= B
i
avendo usato le relazioni, di facile dimostrazione,

kij

khq
=
ih

jq

iq

jh
e
kji

kjh
= 2
ih
Sviluppando lhamiltoniana di Pauli nel caso di campo

B debole, in modo quindi
che B
2
possa essere trascurato rispetto a B, si ottiene
_
p
e
c
A
_
2
=
_
p
e
2c
Br
_
2
p
2

e
2c
p (Br)
e
2c
(Br) p =
= p
2

e
2c

ijk
(p
i
B
j
x
k
+ B
j
x
k
p
i
) = p
2

e
c

ijk
p
i
B
j
x
k
= p
2

e
c
B
j

jki
x
k
p
i
=
= p
2

e
c
B
j
L
j
= p
2

e
c
B L
dove x
k
e p
i
sono stati considerati commutanti perch per la presenza del fattore
jki
gli
operatori posizione e impulso non hanno mai lo stesso indice.
Nel caso dunque di campo magnetico B debole e costante e = 0, lhamiltoniana
magnetostatica di Pauli diventa
1
2m
_
p
e
c
A
_
2
+ e (x)
e
2mc


B
p
2
2m

e
2mc

L
e
2mc

B

2
2
da cui otteniamo lequazione di Pauli
i

t
_

+
(x)

(x)
_
=
_
p
2
2m

e
2mc

B (

L + 2

S)
_ _

+
(x)

(x)
_
avendo trascurato la controreazione della particella sul campo elettromagnetico esterno.
Per osservare lo spin consideriamo la seguente situazione: si abbia una particella
abbastanza pesante da muoversi poco nel tempo di osservazione e tale che, partendo
dalla sorgente S, possa passare attraverso due fenditure F
1
e F
2
.
Se la particella ferma, ovvero vale p
2
0, allora si ha anche (x) 0 perch
con una particella ferma non si forma il gradiente (x) =

E ( p) che rappresenta
appunto il campo elettrico.
In questo modo con le approssimazioni considerate lequazione di Pauli assume la
forma
i

t
=
0

B (6.6)
6.1. MOMENTO ANGOLARE DI SPIN 125
Supponiamo quindi che il campo

B sia costante lungo lasse x con le due orientazio-
ni date da

B = (B, 0, 0) sulla fenditura F
1
e

B = (B, 0, 0) sulla fenditura F
2
(come
nella seguente gura 6.1), in modo tale che lequazione di Pauli assuma le due forme
i

t
=
0
B
x
e i

t
=
0
B
x

in corrispondenza rispettivamente della fenditura F


1
e della fenditura F
2
.
x

B
(x)
0

1
(x)
1

2
(x)
2
S
F
1
F
2
g. 6.1
Dato lo spinore iniziale
0
= (1, 0), possiamo scrivere lo stato iniziale

0
(x) = (x)
0
= (x)
_
1
0
_
delle particelle neutre, avremo la separazione di tale stato nelle due componenti relative
alle due fenditure

1
(x)
1
(t) =
1
(x)
_

1
(t)

1
(t)
_
e
2
(x)
2
(t) =
2
(x)
_

2
(t)

2
(t)
_
che poi vengono sovrapposte coerentemente a dare
(x, t) =
1

1
(x)
_

1
(t)

1
(t)
_
+
1

2
(x)
_

2
(t)

2
(t)
_
In tal modo le frange di interferenza sono prodotte dal modulo quadro della sovrap-
posizione
[(x, t)[
2
=
1
2

1
(x)
_

1
(t)

1
(t)
_
+
2
(x)
_

2
(t)

2
(t)
_

2
126 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Poich la presenza del campo magnetico intorno alla posizione delle due fendi-
ture incide soltanto sulla parte spinoriale della funzione donda complessiva, quello
che dovremo calcolare levoluzione temporale dello spinore iniziale per effetto delle
hamiltoniane dinterazione
H
1
=
0
B
x
e H
2
=
0
B
x
rispettivamente agenti sulla fenditura 1 (H
1
) e sulla fenditura 2 (H
2
).
Gli autostati di H
i
sono dunque gli autostati della matrice di Pauli
x
.
Per H
1
abbiamo gli autovettori normalizzati
u
1
=
_
1/

2
1/

2
_
e u
2
=
_
1/

2
1/

2
_
corrispondenti rispettivamente agli autovalori
0
B e
0
B; per H
2
abbiamo gli stessi
autovettori normalizzati
u
1
=
_
1/

2
1/

2
_
e u
2
=
_
1/

2
1/

2
_
corrispondenti in questo caso rispettivamente agli autovalori
0
B e
0
B.
Poich lo spinore iniziale si esprime nella base degli autostati di H con la relazione
_
1
0
_
=
1

2
_
1/

2
1/

2
_
+
1

2
_
1/

2
1/

2
_
avremo che, indicando con B

il rapporto B/, levoluzione temporale dello spinore


iniziale attraverso la fenditura 1 data dallo spinore
_

1
(t)

1
(t)
_
=
e
i
0
B

2
_
1/

2
1/

2
_
+
e
i
0
B

2
_
1/

2
1/

2
_
=
_
cos(
0
B

t)
i sin(
0
B

t)
_
mentre levoluzione temporale dello spinore iniziale attraverso la fenditura 2 data dallo
spinore
_

2
(t)

2
(t)
_
=
e
i
0
B

2
_
1/

2
1/

2
_
+
e
i
0
B

2
_
1/

2
1/

2
_
=
_
cos(
0
B

t)
i sin(
0
B

t)
_
A questo punto possiamo scrivere lo stato sovrapposizione nella forma
(x, t) =
1

2
_
(
1
+
2
) cos(
0
B

t)
i (
1

2
) sin(
0
B

t)
_
e ottenere la densit di probabilit calcolando
[(x, t)[
2
=
1
2
[(
2
1
+
2
2
+ 2
1

2
) cos
2
(
0
B

t) + (
2
1
+
2
2
2
1

2
) sin
2
(
0
B

t)] =
6.2. COMPOSIZIONE DI MOMENTI ANGOLARI 127
=
1
2
[
2
1
+
2
2
+ 2
1

2
cos(2
0
B

t)]
da cui si ricava il termine dinterferenza, indicato con c(t), dato dunque da
c(t) = 2
1

2
cos(2
0
B

t)
Il fenomeno dellinterferenza permette di osservare lo spin della particella perch si
possono osservare frange di interferenza di diversa forma in conseguenza dellaccensio-
ne dei campi magnetici dietro le due fenditure.
Indicati quindi con t
1
lintervallo di tempo tale che 2
0
B

t
1
= e con t
2
lintervallo
di tempo tale che 2
0
B

t
2
= 2, abbiamo allora che lo spinore iniziale
0
= (1, 0),
dopo il passaggio delle particelle attraverso le due fenditure, si separa nei due spinori
distinti dati da (t
1
) = (1, 0), corrispondente alla fenditura F
1
, e (t
2
) = (1, 0),
corrispondente alla fenditura F
2
.
Si ottiene dunque una diversa forma delle frange di interferenza perch dopo un
tempo t
1
il termine di interferenza c(t) un doppio prodotto negativo, mentre dopo un
tempo t
2
il termine di interferenza c(t) un doppio prodotto positivo.
6.2 Composizione di momenti angolari
Per evitare di scrivere indici, indichiamo con i simboli L e S i due generici momenti
angolari da comporre, ricordando che essi possono essere due momenti angolari orbi-
tali, oppure due momenti angolari di spin, oppure un momento angolare orbitale e un
momento angolare di spin.
Indichiamo quindi con il simbolo
[l, l
z
)
lautoket simultaneo degli operatori L
2
e L
z
e con il simbolo
[s, s
z
)
lautoket simultaneo degli operatori S
2
e S
z
.
Siano L

e L
+
i due operatori rispettivamente di abbassamento e di innalzamento
della terza componente del momento angolare L che, come noto, agiscono con le regole
L

[l, l
z
) =
_
l(l + 1) l
z
(l
z
1) [l, l
z
1)
L
+
[l, l
z
) =
_
l(l + 1) l
z
(l
z
+ 1) [l, l
z
+ 1)
Analogamente siano S

e S
+
i due operatori rispettivamente di abbassamento e di
innalzamento della terza componente del momento angolare S che, come noto, agiscono
con le regole
S

[s, s
z
) =
_
s(s + 1) s
z
(s
z
1) [s, s
z
1)
128 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
S
+
[s, s
z
) =
_
s(s + 1) s
z
(s
z
+ 1) [s, s
z
+ 1)
Deniamo ora loperatore momento angolare totale J, ottenuto dalla composizione
dei due momenti angolari L e S,
J := L + S
che agisce sullo spazio vettoriale dato dal prodotto tensoriale
[l, l
z
) [s, s
z
)
dello spazio vettoriale di L con lo spazio vettoriale di S in modo che L agisca solo sul
ket [l, l
z
) e S agisca solo sul ket [s, s
z
).
Per indicare il prodotto tensoriale di due ket, scriviamo per semplicit i due ket uno
di seguito allaltro, [l, l
z
) [s, s
z
), senza porre fra i due, come si trova su alcuni testi, il
simbolo , ovvero [l, l
z
)[s, s
z
).
Dalle regole di commutazione degli operatori L e S seguono facilmente le regole di
commutazione relative alle componenti delloperatore J
[J
2
, J
x
] = [J
2
, J
y
] = [J
2
, J
z
] = 0 e [J

, J

] = i

Dallo sviluppo delloperatore J


2
dato da
J
2
= L
2
+ S
2
+ 2L S = L
2
+ S
2
+ 2L
z
S
z
+ L

S
+
+ L
+
S

(6.7)
segue che loperatore J
2
commuta sia con loperatore L
2
che con loperatore S
2
.
Abbiamo pertanto due insiemi completi di operatori che commutano fra loro che
sono linsieme degli operatori
L
2
, S
2
, L
z
, S
z
,
e linsieme degli operatori
L
2
, S
2
, J
2
, J
z
,
Sullo spazio prodotto tensoriale abbiamo allora una base B
1
costituita da autoket
simultanei degli operatori L
2
, S
2
, L
z
e S
z
B
1
= [l, l
z
) [s, s
z
)
e una base B
2
costituita da autoket simultanei degli operatori L
2
, S
2
, J
2
e J
z
B
2
= [l, s; j, j
z
)
La dimensione d
1
dello spazio vettoriale di base B
1
data, come ben noto, dalla
relazione d
1
= (2l + 1)(2s + 1); afnch anche lo spazio vettoriale di base B
2
abbia
dimensione d
1
, i valori di j debbono variare di una unit nellintervallo dato da
[l s[ j l + s
6.2. COMPOSIZIONE DI MOMENTI ANGOLARI 129
Indicando con d
2
la dimensione dello spazio vettoriale di base B
2
e considerando,
senza perdita di generalit, l s, verichiamo luguaglianza d
1
= d
2
: si ha infatti,
cambiando indice di sommatoria i := j l + s
d
2
=
l+s

j=ls
(2j + 1) =
2s

i=0
(2i + 2l 2s + 1) = (2l + 1)(2s + 1) = d
1
Denendo gli operatori J

:= L

+ S

e J
+
:= L
+
+ S
+
rispettivamente di ab-
bassamento e di innalzamento della terza componente del momento angolare totale J,
la loro azione risulta essere
J

[j, j
z
) =
_
j(j + 1) j
z
(j
z
1) [j, j
z
1)
J
+
[j, j
z
) =
_
j(j + 1) j
z
(j
z
+ 1) [j, j
z
+ 1)
Quello che vogliamo ora fare effettuare un cambiamento di base per esprimere
un autostato simultaneo degli operatori L
2
, S
2
, J
2
e J
z
, indicato con [l, s; j, j
z
), come
combinazione lineare degli autostati simultanei degli operatori L
2
, S
2
, L
z
e S
z
, indicati
con il simbolo [l, l
z
) [s, s
z
).
Chiamiamo coefcienti di Clebsch-Gordan i coefcienti di tale combinazione li-
neare che rappresenta un cambiamento di base dalla base B
1
formata da autoket degli
operatori L
z
e S
z
alla base B
2
formata da autoket degli operatori J
2
e J
z
.
La procedura si baser sul seguente ragionamento. Poich lo stato [l, l
z
) [s, s
z
) gi
per costruzione autostato delloperatore J
z
con autovalore pari a j
z
= l
z
+ s
z
, allora se
combiniamo linearmente tutti gli stati aventi l
z
e s
z
che sommati forniscono il medesimo
valore j
z
, tale combinazione lineare risulter essere automaticamente per costruzione
ancora autostato delloperatore J
z
: dovremo pertanto determinare i coefcienti in modo
che tale combinazione sia anche autostato delloperatore J
2
.
Per mostrare come si calcolano i coefcienti di Clebsch-Gordan, applichiamo la
procedura direttamente ad esempi concreti di composizione di due momenti angolari.
Composizione di l = 1/2 e s = 1/2
Gli stati di momento angolare l = 1/2, come noto, sono due e precisamente gli stati

1
2
,
1
2
_
e

1
2
,
1
2
_
Analogamente anche gli stati di momento angolare s = 1/2 sono due e precisamente
gli stati

1
2
,
1
2
_
e

1
2
,
1
2
_
130 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Combinando questi stati mediante prodotto tensoriale, otteniamo la base nello spazio
prodotto tensoriale data dai (2l + 1)(2s + 1) = 4 stati autoket degli operatori L
z
e S
z

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
,

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
,

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
,

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
Cerchiamo ora di costruire opportune combinazioni lineari per ottenere stati che
siano autoket di J
2
e J
z
.
Gli autovalori j delloperatore J
2
che si possono ottenere dalla composizione di un
momento angolare L con un momento angolare S, sono tutti i valori che vanno da [l s[
no a l + s aggiungendo o sottraendo sempre una unit. Nel caso in questione i valori
di j vanno dunque da 0 a 1, cio sono i valori j = 0, 1.
Abbiamo allora i quattro autoket simultanei di J
2
e J
z
che sono

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
,

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
,

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
,

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
e li vogliamo esprimere come combinazione lineare degli autoket simultanei dei due
operatori L
z
e S
z
.
Applicando loperatore (6.7) al ket

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
(6.8)
si ottiene
J
2

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
= (L
2
+ S
2
+ 2L
z
S
z
+ L

S
+
+ L
+
S

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
=
=
3
4

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+
3
4

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+ 2
1
2
1
2

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
=
= 2

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
ovvero si ottiene che lo stato

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
anche autostato di J
2
con autovalore 2 corrispondente al valore j = 1.
Poich vale
J
2

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
= 2

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
e il ket (6.8) lunico avente i valori di l
z
e s
z
che diano per somma 1, allora identi-
chiamo

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
(6.9)
6.2. COMPOSIZIONE DI MOMENTI ANGOLARI 131
Applicando ora loperatore J

ai due membri della (6.9), otteniamo


J

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
= (L

+ S

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
=
= L

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+S

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
=

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
Uguagliando il secondo e lultimo membro di questa uguaglianza, risulta

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
=
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
(6.10)
Lo stato

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
si pu scrivere subito ponendo

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
oppure applicando loperatore J

ad entrambi i membri della (6.10). In questo modo si


ottiene
J

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
=

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=
= (L

+ S

)
_
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
__
=
=
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
+
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
=

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
e uguagliando in questa sequenza di uguaglianze il secondo e lultimo membro, si ritrova
appunto

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
Inne otteniamo lo stato

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
costruendo lo stato ortogonale allaltro stato con autovalore j
z
= 0 che

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
132 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Abbiamo allora lo stato

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
=
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_
e verichiamo inne che esso effettivamente autostato di J
2
con autovalore j = 0.
A tale scopo applichiamo lo sviluppo (6.7) e calcoliamo
J
2

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
= J
2
_
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
__
=
=
_
2 3
4
+ 2
1
2

(1)
2
1
_ _
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
__
=
= 0
_
1

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
__
= 0

1
2
,
1
2
, 0, 0
_
Composizione di l = 1 e s = 1/2
I valori di j vanno in questo caso da j = 1/2 no a j = 3/2 e sono dunque soltanto i
valori j = 1/2 , 3/2.
Combinando gli stati aventi momento angolare l = 1 e gli stati aventi momento
angolare s = 1/2 mediante prodotto tensoriale otteniamo i (2l + 1)(2s + 1) = 6 stati
che sono autoket degli operatori L
z
e S
z
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
, [1, 0)

1
2
,
1
2
_
, [1, 1)

1
2
,
1
2
_
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
, [1, 0)

1
2
,
1
2
_
, [1, 1)

1
2
,
1
2
_
Come nel caso precedente, lo stato con i valori massimi di j e j
z
uguale al prodotto
tensoriale dei ket con i valori massimi di l
z
e s
z
e quindi poniamo

1,
1
2
;
3
2
,
3
2
_
= [1, 1)

1
2
,
1
2
_
(6.11)
Applicando loperatore (6.7) si pu vericare che il ket (6.11) effettivamente
autoket delloperatore J
2
con autovalore j = 3/2.
Applicando loperatore J

ad ambo i membri della (6.11), si ha


J

1,
1
2
;
3
2
,
3
2
_
=

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
= (L

+ S

) [1, 1)

1
2
,
1
2
_
=
=

2 [1, 0)

1
2
,
1
2
_
+[1, 1)

1
2
,
1
2
_
6.2. COMPOSIZIONE DI MOMENTI ANGOLARI 133
e uguagliando il secondo e lultimo membro di questa catena di uguaglianze si ottiene

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
=
_
2
3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
+
1

3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
(6.12)
Applicando analogamente loperatore J

ad ambo i membri della (6.12), si ha


J

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
= 2

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
=
= (L

+ S

)
_
_
2
3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
+
1

3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
_
=
=
2

3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
+ 2
_
2
3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
e uguagliando il secondo e lultimo membro di questa catena di uguaglianze si ottiene

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
=
1

3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
+
_
2
3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
(6.13)
Si lascia come esercizio di vericare che applicando loperatore J

ad ambo i mem-
bri della (6.13), si ottiene il ket con j
z
minimo uguale al prodotto tensoriale dei ket
aventi l
z
e s
z
minimi, ovvero

1,
1
2
;
3
2
,
3
2
_
= [1, 1)

1
2
,
1
2
_
Per quanto riguarda i due ket con j = 1/2, questi debbono essere ortogonali a quelli
che hanno lo stesso j
z
e j = 3/2. Si hanno pertanto gli stati con j = 1/2

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
=
1

3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_

_
2
3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
(6.14)

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
=
_
2
3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_

3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
(6.15)
Si osserva immediatamente che questi due stati sono ortogonali rispettivamente agli
stati

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
e

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
e si lascia come esercizio di vericare mediante applicazione della relazione (6.7) che
gli stati (6.14) e (6.15) sono effettivamente autostati di J
2
con autovalore j = 1/2.
134 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Composizione di l = 1 e s = 1
In questo caso avremo (2l + 1)(2s + 1) = 9 stati e i valori di j sono j = 0, 1, 2.
Procedendo come in precedenza poniamo subito
[1, 1; 2, 2) = [1, 1)[1, 1) (6.16)
e si lascia come esercizio di vericare che lo stato [1, 1; 2, 2) autoket di J
2
relativo
allautovalore j = 2.
Applicando loperatore di abbassamento J

alla (6.16) otteniamo


J

[1, 1; 2, 2) = 2[1, 1; 2, 1) =

2[1, 0)[1, 1) +

2[1, 1)[1, 0)
da cui segue
[1, 1; 2, 1) =
1

2
[1, 0)[1, 1) +
1

2
[1, 1)[1, 0)
Procedendo in modo analogo otteniamo
[1, 1; 2, 0) =
1

6
[1, 1)[1, 1) +
2

6
[1, 0)[1, 0) +
1

6
[1, 1)[1, 1)
[1, 1; 2, 1) =
1

2
[1, 1)[1, 0) +
1

2
[1, 0)[1, 1)
[1, 1; 2, 2) = [1, 1)[1, 1)
Per ottenere lo stato [1, 1; 1, 1), costruiamo lo stato ortogonale a [1, 1; 2, 1), ovvero
[1, 1; 1, 1) =
1

2
[1, 0)[1, 1)
1

2
[1, 1)[1, 0)
e si lascia come semplice esercizio di vericare che il ket [1, 1; 1, 1) cos costruito
autoket delloperatore J
2
con autovalore j = 1. Seguono quindi gli stati
[1, 1; 1, 0) =
1

2
[1, 1)[1, 1)
1

2
[1, 1)[1, 1)
che risulta immediatamente essere ortogonale allo stato [1, 1; 2, 0) e
[1, 1; 1, 1) =
1

2
[1, 0)[1, 1)
1

2
[1, 1)[1, 0)
che risulta immediatamente essere ortogonale allo stato [1, 1; 2, 1).
Per ottenere lultimo stato [1, 1; 0, 0), scriviamo la combinazione lineare di tutti gli
autoket di L
z
e S
z
in cui la somma l
z
+ s
z
sia zero e imponiamo che tale stato sia
ortogonale agli stati [1, 1; 2, 0) e [1, 1; 1, 0). Abbiamo
[1, 1; 0, 0) = a[1, 1)[1, 1) + b[1, 0)[1, 0) + c[1, 1)[1, 1)
6.3. COVARIANZA PER ROTAZIONI 135
da cui otteniamo la condizione di ortogonalit con lo stato [1, 1; 2, 0) che
a + 2b + c = 0
e la condizione di ortogonalit con lo stato [1, 1; 1, 0) che
a c = 0
Mettendo a sistema queste due condizioni otteniamo ovviamente
1
soluzioni da
cui possiamo ricavare soltanto i rapporti relativi fra i coefcienti a meno di una fase
globale irrilevante. Scegliendo per convenzione i valori reali della soluzione e norma-
lizzando lo stato cos ottenuto, abbiamo
[1, 1; 0, 0) =
1

3
[1, 1)[1, 1)
1

3
[1, 0)[1, 0) +
1

3
[1, 1)[1, 1)
6.3 Covarianza per rotazioni
Dato un riferimento ortogonale di origine O e assi x, y, z, se si effettua un cambiamento
di riferimento tale che i nuovi assi x

, y

, z

siano ancora ortogonali e la nuova origine,


indicata con O

, coincida con lorigine O, allora la matrice R che trasforma vettori


espressi rispetto ad un sistema di riferimento in vettori espressi rispetto allaltro sistema
di riferimento, ovvero x

i
=

k
R
ik
x
k
, viene detta matrice ortogonale, o trasformazione
ortogonale, o anche rotazione.
Consideriamo un punto assoluto P dello spazio che abbia coordinate (x, y, z) ri-
spetto ad un sistema di riferimento e coordinate (x

, y

, z

) rispetto ad un altro sistema


di riferimento. Se, come detto, i due riferimenti sono entrambi ortogonali e le origini
coincidono, allora le distanze

OP e

O

P del punto P dalle origini sono uguali e hanno


le stesse espressioni, date dal teorema di Pitagora,

P
2
=

i
x

i
x

i
=

j
x
j
x
j
=

OP
2
Sostituendo in tale relazione il legame fra x
i
e x

j
dato dallazione della trasforma-
zione ortogonale R, si ha, a meno di unopportuna riscrittura degli indici

i
x

i
x

i
=

i
_

k
R
ik
x
k
_ _

h
R
ih
x
h
_
=

k,h
_

i
R
T
ki
R
ih
_
x
k
x
h
=

j
x
j
x
j
da cui deduciamo che una matrice ortogonale R deve vericare la relazione

i
R
T
ki
R
ih
=
kh
136 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
ovvero R
T
R = RR
T
= 1, in conseguenza della quale si ha (det R)
2
= 1.
Le rotazioni aventi determinante pari a 1 possono essere ottenute con continuit
dallidentit 1 attraverso trasformazioni innitesime e vengono denominate rotazioni
proprie. Le rotazioni aventi determinante pari a 1 non possono essere ottenute con
continuit dallidentit 1 attraverso trasformazioni innitesime e vengono denominate
riessioni.
Dimostriamo ora limportante propriet per cui ogni rotazione R in tre dimensioni
possiede sempre lautovalore = 1 e, detto u lautovettore di R corrispondente a tale
autovalore, il vettore Rv risulta sempre ortogonale al vettore u per ogni vettore v orto-
gonale a u. Per dimostrare che = 1 autovalore di R, verichiamo in particolare che
vale la relazione det(R1) = det(R1) = 0: sviluppando det(R1) si ha infatti
det(R 1) = det(R RR
T
) = det R det(1 R
T
) =
= det(1 R
T
) = det(1 R) = det(1) det(R 1) = det(R 1)
perch in tre dimensioni si ha det(1) = 1. Detto allora u lautovettore di R che
verica la relazione Ru = u, si ha quindi, moltiplicando da sinistra per R
T
ambo i
membri, la relazione R
T
Ru = R
T
u, ovvero R
T
u = u.
Ora, se v un vettore ortogonale a u, allora si ha
(Rv, u) = (Rv, RR
T
u) = (v, R
T
u) = (v, u) = 0
In virt di questa propriet, ogni rotazione R pu essere considerata sempre come
rotazione effettuata intorno ad un asse, coincidente con lautovettore u corrispondente
allautovalore = 1 e pu dunque essere sempre rappresentata mediante successione di
rotazioni innitesime intorno a tale asse, con il vantaggio che le rotazioni intorno ad un
asse commutano e sono pi semplici da trattare.
6.3.1 Covarianza dellequazione di Schrdinger
Consideriamo ora le due equazioni di Schrdinger per la particella libera
i
(r, t)
t
=

2
2m

2
r
(r, t) e i

(r

, t)
t
=

2
2m

2
r

(r

, t)
relative a due osservatori O e O

: afnch non vi sia differenza fra stare in un sistema di


riferimento o in un altro ruotato rispetto al primo, dovremo collegare le funzioni donda
in modo che le due equazioni di Schrdinger abbiano la stessa struttura.
Come esempio di grandezza scalare possiamo considerare la densit di un uido
in un punto P, indicata con (P): se si passa dalle coordinate r = (x, y, z) rispetto
allosservatore O alle coordinate r

= (x

, y

, z

) rispetto allosservatore O

, allora vale
luguaglianza (r) =

(r

) perch, per lassolutezza della funzione (P), si ha


(r) = (R
1
r

) =

(r

)
6.3. COVARIANZA PER ROTAZIONI 137
Invece quando una grandezza vettoriale (che potremmo pensare ad esempio essere
la densit v(P) di un uido in un punto P) viene proiettata su assi diversi dai due
osservatori, si ha che lo stesso vettore sico oggettivo e assoluto v possiede, rispetto ai
due osservatori, le due rappresentazioni v(r) e v

(r

) che per lassolutezza del vettore


sico debbono essere collegate dalla relazione
v

(r

) = Rv(r)
In meccanica quantistica due osservatori avranno funzioni donda diverse in quanto
funzioni di coordinate diverse, ma dovr essere uguale per entrambi, cio oggettiva, la
probabilit di trovare la particella in un punto P individuato con coordinate r e r

nei
due riferimenti.
Estendiamo quindi loggettivit delle grandezze siche alle funzioni donda e dalla
relazione [(r, t)[
2
= [

(r

, t)[
2
segue, uguagliando le basi, (r, t) =

(r

, t), ovvero
la relazione

(r

, t) = (R
1
r

, t).
In meccanica quantistica un osservatore non ha soltanto un suo sistema di riferi-
mento, ma ha anche un suo spazio di Hilbert: quindi losservatore O attribuisce alla
particella un ket [) e losservatore O

un ket [), ciascuno nel proprio spazio di Hilbert.


Poich per il principio di covarianza tutte le leggi debbono avere la stessa forma,
consideriamo un solo spazio di Hilbert al quale appartengano i ket [) e [) attribuiti
alla particella rispettivamente dagli osservatori O e O

.
Gli stati osservati dai due osservatori debbono essere collegati da una trasformazione
unitaria U(R), ovvero si deve avere [) = U(R) [) con U
+
(R) U(R) = 1 e U(1) = 1.
Ci aspettiamo poi che losservatore che attribuisce alla particella lo stato [), ripe-
tendo le misure sulle repliche del sistema, ottenga la media della coordinata x
i
della
particella data da [x
i
[) e che analogamente laltro osservatore ottenga la media della
coordinata x
i
della particella data da [x
i
[) = [U
+
(R) x
i
U(R)[).
Tali valori medi sono ovviamente diversi perch i punti medi misurati dai due osser-
vatori coincidono ma sono rappresentati con coordinate diverse collegate fra loro dalla
rotazione R: tali valori medi vericano pertanto la relazione
[U
+
(R) x
i
U(R)[) = R
ij
[x
j
[)
da cui otteniamo la relazione operatoriale, valida per qualunque grandezza vettoriale
U
+
(R) x
i
U(R) = R
ij
x
j
(6.17)
Vediamo ora come si trasforma la funzione donda quando si effettua un cambiamen-
to di riferimento. Essendo la funzione donda il rappresentativo dellassegnato vettore
di stato [) nella base degli autostati [x) della posizione, abbiamo allora la funzione
donda (x) = x[) per losservatore O e la funzione donda

(y) = y[) per


losservatore O

, con

(y) = y[) = y[U(R)[) (6.18)


138 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Dalla (6.17) segue
U
+
(R) x
i
U(R) [x) = R
ij
x
j
[x) = R
ij
x
j
[x)
da cui, moltiplicando a sinistra per U(R) e ricordando che x
j
un operatore e x
j
un
numero, si ottiene
x
i
[U(R) [x)] = R
ij
x
j
[U(R) [x)] (6.19)
Poich [x) non il vettore nullo e U(R) invertibile, segue che nemmeno U(R) [x)
il vettore nullo e dunque con la (6.19) abbiamo ottenuto che U(R) [x) autostato della
posizione relativo allautovalore non degenere R
ij
x
j
.
Quindi U(R) [x) il ket ruotato di [x) e vale allora la relazione
U(R) [x) = [Rx)
con la coniugata
x[U
+
(R) = Rx[ (6.20)
Dalla relazione U
+
(R) = U
1
(R) = U(R
1
) segue che la (6.20) pu essere riscritta
nella forma
x[U(R
1
) = Rx[
ovvero, scambiando R con R
1
,
x[U(R) = R
1
x[ (6.21)
Sostituendo la (6.21) nella (6.18), si ottiene inne il legame fra le funzioni donda
dei due osservatori

(y) = y[U(R)[) = R
1
y[) = (R
1
y) = (x)
con y = Rx.
Con luguaglianza delle funzioni donda dei due osservatori, abbiamo ritrovato quin-
di loggettivit della meccanica quantistica: essendo infatti loperatore
2
uno scalare,
si ha
2
r
=
2
r
e dalluguaglianza

(y) = (x) segue allora che lequazione di Schr-


dinger covariante per rotazioni, ovvero la sua forma non cambia quando essa viene
scritta rispetto a due sistemi di riferimento che siano luno il ruotato dellaltro.
A questo punto vogliamo trovare lespressione delloperatore U(R) e allora utiliz-
ziamo la relazione della meccanica classica
r

= r ( n r) (6.22)
che lega il vettore r = (x, y, z) al vettore r

= (x

, y

, z

) attraverso la rotazione di
angolo innitesimo intorno allasse n coincidente con lautovettore u corrispondente
allautovalore = 1 delloperatore di rotazione R.
6.3. COVARIANZA PER ROTAZIONI 139
Verichiamo che nel caso in cui n sia il versore dellasse z, la (6.22) riproduce
effettivamente la rotazione intorno allasse z. In questo caso abbiamo n = (0, 0, 1) da
cui segue che nella (6.22) scritta nella forma per componenti
r

i
= r
i

ijk
n
j
r
k
lindice j assume soltanto il valore 3. Otteniamo allora
x

= x
132
y = x + y , y

= y
231
x = y x, z

= z
333
z = z
coincidente appunto con le equazioni della rotazione intorno allasse z.
La formula (6.22) quella che in meccanica classica fornisce la velocit di un corpo
rigido v
p
=

OP perch si ha v
p
dt = dt

OP, ovvero dr = r

r = n r.
Se innitesimo, allora U(R) deve differire di poco dallidentit: cio si deve
avere U(R) = 1 + in
h
A
h
dove n
h
A
h
indica il prodotto scalare fra il versore n e un
operatore hermitiano vettoriale A.
Sostituendo tale espressione di U(R) nella (6.17) e utilizzando la (6.22), si ottiene
(1 in
h
A
h
) x
j
(1 + in
h
A
h
) = R
jq
x
q
= x

j
= x
j

jhk
n
h
x
k
(6.23)
da cui, sviluppando, segue la regola di commutazione [A
j
, x
h
] = i
jhk
x
k
.
Ricordando le regole di commutazione del momento angolare
[L
j
, x
h
] = i
jhk
x
k
, [L
j
, p
h
] = i
jhk
p
k
concludiamo che lespressione delloperatore vettoriale A A
j
= L
j
/.
Poich tutte le rotazioni possono essere pensate come effettuate intorno ad un asse
di rotazione n, allora consideriamo una sequenza di rotazioni innitesime intorno a tale
asse: poich la composizione di rotazioni intorno ad un solo asse commutativa (come
quella delle traslazioni), allora si ha lespressione delloperatore U(R) con nito data
da
U(R) = lim
N+
_
1 + i

N
n L

_
N
= e
i
nL

(6.24)
Ponendo ora A
j
= L
j
/ nella (6.23), si ricava anche la relazione, valida non soltanto
per x
j
ma per ogni grandezza vettoriale
R
jq
x
q
x
j
=
i

[ x
j
, n L]
il cui importante signicato che il commutatore di una grandezza vettoriale con una
componente del momento angolare rappresenta la variazione della stessa grandezza
sotto rotazioni intorno allasse coniugato di quella componente del momento angolare.
Avremo pertanto che il commutatore di una componente del momento angolare con
una grandezza scalare, che invariante per rotazioni, sar allora pari a zero.
140 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
6.3.2 Covarianza dellequazione di Pauli
Empiricamente si osserva in laboratorio che le componenti dello spin si comportano
sotto rotazioni come le componenti di un vettore, cio ruotano come un vettore.
Quindi utilizzando la stessa relazione fra i valori medi, possiamo riscrivere la (6.17)
con loperatore di spin al posto delloperatore di posizione
U
+
(R)

S
i
U(R) = R
ij

S
j
e possiamo poi introdurre il numero quantico s di spin nella (6.19) scrivendo
x
i
[U(R) [x, s)] = R
ij
x
j
[U(R) [x, s)]
da cui discende che R
ij
x
j
autovalore degenere di x
i
perch x e

S sono gradi di libert
indipendenti e allora si ha che per valori diversi di s i ket U(R) [x, s) sono sempre
autostati di x
i
.
Ricordiamo che quando si considera soltanto la posizione, il ket U(R) [x) autostato
non degenere di x
i
; se si introduce lo spin 1/2, allora il nuovo ket U(R) [x, s) con il
numero quantico s che assume i valori s = 1/2.
Poich U(R) [x, s) autostato di x
i
con autovalore degenere R
ij
x
j
, allora, in ana-
logia con il caso precedente in cui si considerava soltanto la posizione, poniamo
U(R) [x, s) =

t
C
ts
(R) [Rx, t)
da cui discende la proiezione
x

, s

[U(R) [x, s) =

t
C
ts
(R) x

, s

[Rx, t) =
=

t
C
ts
(R)
ts

3
(x

Rx) = C
s

s
(R)
3
(x

Rx)
con la coniugata
x

, s

[U(R) [x, s) = x, s[U


+
(R) [x

, s

) = C

s
(R)
3
(x

Rx)
Calcolando il generico elemento di matrice del prodotto U
+
(R)U(R) e imponendo
che valga U
+
(R) U(R) =
ss

3
(x Rx

), con det R = 1, si ottiene


U
+
(R)U(R) =

x, s[U
+
(R) [x

, s

)x

, s

[U(R) [x

, s

) dx

=
=

s
(R)
3
(x

Rx) C
s

s
(R)
3
(x

Rx

) dx

=
6.3. COVARIANZA PER ROTAZIONI 141
=

s
(R) C
s

s
(R)
3
(Rx Rx

) =

s
(R) C
s

s
(R)

3
(x x

)
det R
=
=

s
(R) C
s

s
(R)
3
(x x

)
da cui si ricava per confronto
C
+
(R) C(R) = 1
ovvero, se i coefcienti C
s

s
(R) forniscono lo sviluppo dellazione di un operatore
unitario U(R), allora anchessi debbono formare una matrice unitaria.
Sviluppiamo ora ambo i membri dellequazione fondamentale
x

, s

[U
+
(R)

S
k
U(R) [x, s) = R
kj
x

, s

S
j
[x, s)
Utilizzando la relazione
3
(Rx

Rx) =
3
(x

x), il primo membro diventa


x

, s

[U
+
(R)

S
k
U(R) [x, s) =

,t
c

,s
Rx

, t

S
k
c
t,s
[Rx, t) =
=

,t
c
t,s
c

,s
Rx

, t

S
k
[Rx, t) =

,t
c
t,s
c

,s

3
(x

x) (

S
k
)
t

,t
Separando i fattori del prodotto tensoriale, il secondo membro diventa
R
kj
x

, s

S
j
[x, s) = R
kj

3
(x

x) (

S
j
)
s

,s
da cui, uguagliando, segue

,t
(c

,t
)
T
c
t,s
(

S
k
)
t

,t
= R
kj
(

S
j
)
s

,s
ovvero
C
+

S
k
C = R
kj

S
j
(6.25)
Quindi dalla relazione U
+
(R)

S
k
U(R) = R
kj

S
j
, dove U(R) un operatore che
agisce sullo spazio di Hilbert dei ket di dimensione innita, deriva la relazione formal-
mente analoga C
+

S
k
C = R
kj

S
j
, dove C un operatore che agisce sullo spazio dello
spin (di dimensione 2 nel caso di spin 1/2).
Dallequazione (6.25), formalmente simile alla (6.17), segue la relazione fra le
funzioni donda nei due sistemi di riferimento data da

(x

) = C (x) = e
i

2
n
(x) (6.26)
che, come si vede, ha la stessa struttura della (6.24).
142 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
Dallequazione (6.25) si ottiene lequazione C
+

k
C = R
kj

j
equivalente allequa-
zione
C
+

i
R
ij
R
kj
C = R
kj

j
da cui segue la relazione
C
+

i
R
ij
C =
j
e quindi
C
+

i
R
ij
B
j
C =
j
B
j
(6.27)
La (6.27) pu essere riscritta nella forma (senza indici)
C
+


RBC =

B (6.28)
Dalla (6.28) segue la covarianza dellequazione di Pauli (6.6): se si effettua un
cambio di sistema di riferimento, lequazione di Pauli (6.6) diventa
i
(C)
t
=
0

RB C
che, attraverso la moltiplicazione di C
+
da sinistra in ambo i membri, conduce allequa-
zione
i
()
t
=
0
C
+

RB C (6.29)
Sostituendo il secondo membro della (6.28) nella (6.29), lequazione (6.29) diventa
i

t
=
0

B
coincidente appunto con lequazione (6.6).
Per determinare esplicitamente la matrice esponenziale e
i

2
n
, calcoliamo
( n)
2
=
__
0 n
1
n
1
0
_
+
_
0 in
2
in
2
0
_
+
_
n
3
0
0 n
3
__
2
=
_
1 0
0 1
_
perch n un versore e dunque n
2
1
+ n
2
2
+ n
2
3
= 1. Si ha allora
( n)
n
=
_
1 se n pari
n se n dispari
da cui segue
e
i

2
n
= 1 + i

2
n
1
2
_

2
_
2

i
6
_

2
_
3
n + ... = cos

2
+ i n sin

2
=
6.3. COVARIANZA PER ROTAZIONI 143
=
_
_
_
_
_
cos

2
in
3
sin

2
(in
1
n
2
) sin

2
(in
1
+ n
2
) sin

2
cos

2
+ in
3
sin

2
_
_
_
_
_
Come si vede immediatamente dalla relazione (6.26), la funzione donda cambia
segno quando si effettua una rotazione di angolo = 2 intorno allasse n. Poich la
probabilit data dal quadrato del modulo della funzione donda, si potrebbe pensare
che tale cambiamento di segno sia irrilevante. In realt con un esperimento di interfe-
renza ottica si pu mettere in evidenza il signicato e limportanza di tale cambiamento
di segno.
Consideriamo un elettrone polarizzato lungo lasse z, ovvero avente stato iniziale

0
(x) =
0
(x)
_
1
0
_
che passi attraverso due fenditure, F
1
e F
2
, e distinguiamo i tre casi che sono il caso in
cui vi sia campo magnetico nullo in entrambe le fenditure, il caso in cui ci sia un campo
magnetico B soltanto sulla fenditura F
1
che inverte lo spin e il caso in cui il campo
magnetico B presente solo su F
1
agisca per un intervallo di tempo tale da produrre il
cambiamento dallo spinore (1, 0) allo spinore (1, 0).
Indicando con
tot
la funzione donda dopo il passaggio dellelettrone attraverso le
due fenditure, calcoliamo la probabilit [
tot
[
2
nei tre casi.
Nel primo caso si ha

tot
=
1

2
_

1
(x)
_
1
0
_
+
2
(x)
_
1
0
__
=
1

2
_

1
(x) +
2
(x)
0
_
e dunque la probabilit
[
tot
[
2
=
[
1
(x)[
2
+[
2
(x)[
2
+ 2 1e

2
(x)
1
(x)
2
da cui si ricava che vi sono delle frange di interferenza dovute allindistinguibilit delle
due fenditure senza campo magnetico e quindi allincertezza sulla fenditura per la quale
passata la particella.
Nel secondo caso si ha

tot
=
1

2
_

1
(x)
_
0
1
_
+
2
(x)
_
1
0
__
=
1

2
_

2
(x)

1
(x)
_
e dunque la probabilit
[
tot
[
2
=
[
1
(x)[
2
+[
2
(x)[
2
2
144 CAPITOLO 6. MOMENTO ANGOLARE
da cui si ricava che non vi sono frange di interferenza perch misurando lo spin si pu
individuare senza incertezza la fenditura per la quale passata la particella.
Nel terzo caso si ha

tot
=
1

2
_

1
(x)
_
1
0
_
+
2
(x)
_
1
0
__
=
1

2
_

1
(x) +
2
(x)
0
_
e dunque la probabilit
[
tot
[
2
=
[
1
(x)[
2
+[
2
(x)[
2
2 1e

2
(x)
1
(x)
2
da cui si ricava che, come nel primo caso, vi sono delle frange di interferenza dovute
allindistinguibilit delle due fenditure senza campo magnetico.
Ma sebbene nel primo e nel terzo caso si abbiano due risultati che possono essere
considerati simili dal punto di vista qualitativo, ovvero vi in entrambe le situazioni la
presenza di frange di interferenza, tuttavia il cambio di segno che il campo magnetico
produce sullo spinore si manifesta con un certo effetto ben visibile. In entrambi i casi lo
stato di spin rimane il medesimo perch i due spinori (1, 0) e (1, 0) rappresentano lo
stesso stato di spin lungo lasse z con valore 1/2, ma il segno negativo nel doppio pro-
dotto della probabilit [
tot
[
2
sposta in un caso le frange di interferenza rispetto allaltro
caso, ovvero scambia i massimi con i minimi e viceversa nella gura di diffrazione.
Capitolo 7
Sistemi in tre dimensioni
7.1 Latomo didrogeno
Il modello planetario classico dellatomo fallisce perch lorbita circolare fa collassa-
re lelettrone sul protone a causa dellemissione di radiazione elettromagnetica dovuta
allaccelerazione per rotazione. La meccanica quantistica risolve tale problema della
stabilit dellatomo di idrogeno perch in virt del principio di indeterminazione se-
condo il quale lelettrone non pu essere localizzato esattamente sul nucleo, si ha che
lorbita pi vicina al nucleo (stato fondamentale) non pu collassare sul nucleo stesso.
Il sistema (a due corpi) elettrone-protone viene risolto anche in meccanica quanti-
stica, come in meccanica classica, considerando il sistema di riferimento del baricentro
rispetto al quale lelettrone ha massa pari alla massa ridotta del sistema e il protone
fermo in quanto avente massa molto maggiore dellelettrone.
Indicando con gli indici p, e le grandezze relative rispettivamente al protone e alle-
lettrone, abbiamo lhamiltoniana dellatomo di idrogeno
H =
p
2
p
2m
p
+
p
2
e
2m
e

e
2
[r
p
r
e
[
Effettuando il passaggio al sistema del baricentro, ovvero il cambio di variabili
_

_
r = r
p
r
e
R =
m
p
r
p
+ m
e
r
e
m
p
+ m
e
dove r e Rrappresentano rispettivamente la coordinata del moto relativo e la coordinata
145
146 CAPITOLO 7. SISTEMI IN TRE DIMENSIONI
del baricentro del sistema, si ottiene
_

_
p
p
= m
p
r
p
=
m
p
P
m
p
+ m
e
+p
p
e
= m
e
r
e
=
m
e
P
m
p
+ m
e
p
in cui p, P sono gli impulsi coniugati rispettivamente con la coordinata r del moto
relativo e con la coordinata Rdel moto del baricentro.
In queste nuove variabili, indicando con P, p, R, r i moduli rispettivamente dei vet-
tori P, p, R, r, lhamiltoniana dellatomo di idrogeno assume la nuova forma con le
variabili separate
H = H
1
(P, R) + H
2
(p, r) =
P
2
2M
+
p
2
2

e
2
r
dove si posto
M = m
p
+ m
e
, =
m
p
m
e
m
p
+ m
e
, H
1
(P, R) =
P
2
2M
, H
2
(p, r) =
p
2
2

e
2
r
in cui lhamiltoniana H
1
descrive il moto del baricentro che, essendo R una variabile
ciclica, quello di una particella libera di impulso conservato P, e lhamiltoniana H
2
descrive il moto relativo dellelettrone intorno al nucleo.
Dalle due equazioni secolari (separate) di H
1
e H
2
P
2
2M
|(P, R) = E
R
|(P, R) e
_
p
2
2

e
2
r
_

n
(r) = E
n

n
(r)
dove le autofunzioni |(P, R) del moto del baricentro sono le usuali onde piane della
particella libera
|(P, R) =
1
(2)
3/2
e
i(PR)/
si ricava lequazione secolare dellhamiltoniana totale H data da
H [|(P, R)
n
(r)] = (E
R
+ E
n
) [|(P, R)
n
(r)]
in cui lautofunzione totale
n
(P, R, r) = |(P, R)
n
(r) il prodotto delle autofun-
zioni dei due operatori H
1
e H
2
e lautovalore totale E
tot
= E
R
+E
n
dato dalla somma
degli autovalori di H
1
e H
2
.
Per determinare lo spettro dellatomo idrogenoide con un solo elettrone e Z pro-
toni, dobbiamo dunque risolvere, in virt della separazione delle variabili, lequazione
secolare dellhamiltoniana del moto relativo H
2
(p, r)
n
(r) = E
n

n
(r), ovvero
_
p
2
2

Ze
2
r
_

n
(r) = E
n

n
(r) (7.1)
7.1. LATOMO DIDROGENO 147
Considerando quindi come hamiltoniana dellatomo di idrogeno soltanto lespres-
sione del moto relativo
H(p, r) =
p
2
2
+ V (r)
con V (r) potenziale centrale coulombiano, abbiamo che tale hamiltoniana funzione
solo delle grandezze invarianti per rotazione p
2
e r da cui segue la relazione [L
i
, H] = 0.
Abbiamo allora che i tre operatori L
2
, L
3
, H formano un insieme completo di ope-
ratori che commutano a due a due e possiedono pertanto autofunzioni comuni che
indichiamo con
n
(r)
L
2

n
(r) = a
n
(r) , L
3

n
(r) = b
n
(r) , H
n
(r) = E
n

n
(r)
Sostituendo lespressione di p
2
data dalla (6.5) nellequazione di Schrdinger (7.1)
scritta in coordinate polari, otteniamo la nuova equazione
_

2
r
2
+
2
r

r
+
2

2
_
E
nlm
+
Ze
2
r

L
2
2r
2
__

nlm
(r) = 0 (7.2)
Lo studio gi condotto sullo spettro del momento angolare ci permette di riscrivere
tali autofunzioni
nlm
(r), relative ad un problema a simmetria centrale, nella forma
separata pi comoda
nlm
(r) = Y
lm
(, ) F
nlm
(r) espressa nelle coordinate polari, in
cui sono state separate la parte angolare data dalle armoniche sferiche e la parte radiale
data dalla funzione F
nlm
(r) che a priori dipende dai tre numeri quantici n, l, m.
Sostituendo nella (7.2) la forma separata dellautofunzione
nlm
(r) e il risultato
dellequazione secolare L
2
Y
lm
(, ) =
2
l(l + 1) Y
lm
(, ), si ottiene lequazione di
Schrdinger nella sola variabile radiale indipendente dal numero quantico m
d
2
F
nl
dr
2
+
2
r
dF
nl
dr
+
2

2
_
E
nl
+
Ze
2
r


2
l(l + 1)
2r
2
_
F
nl
= 0 (7.3)
la quale, con la sostituzione F
nl
(r) = u
nl
(r)/r, diventa


2
2
d
2
u
nl
dr
2
+
_

2
l(l + 1)
2r
2

Ze
2
r
_
u
nl
= E
nl
u
nl
(7.4)
Lequazione (7.4) unequazione di Schrdinger nella variabile r avente la struttura
di equazione di Schrdinger unidimensionale in cui il potenziale U(r), detto in questo
caso potenziale coulombiano efcace, dato dallespressione in parentesi quadra
U(r) =

2
l(l + 1)
2r
2

Ze
2
r
Se vale E = 0, allora le orbite sono paraboliche; se lenergia positiva, si hanno
orbite iperboliche e lo spettro continuo; inne, se lenergia negativa, ci sono stati
legati quantizzati nei quali la particella non pu andare allinnito perch il potenziale
coulombiano efcace U(r), il cui andamento graco rappresentato nella gura 7.1,
rende limitato, in analogia con il caso classico, lintervallo in cui pu trovarsi lelettrone.
148 CAPITOLO 7. SISTEMI IN TRE DIMENSIONI
Per ottenere dunque i livelli quantizzati dellatomo didrogeno occorre considerare
negativa lenergia E
nl
nellequazione (7.3) perch, come si vede nella gura 7.1, gli
stati legati quantizzati corrispondono ai livelli rappresentati al di sotto dellasse r.
U(r)
g. 7.1
r 0
Per risolvere allora lequazione (7.3) riscaliamo alcuni parametri ponendo
=
_
8[E[

r e =
Ze
2

_

2[E[
(7.5)
in modo che lequazione (7.3) assuma la forma
d
2
F
nl
d
2
+
2

dF
nl
d
+
_


1
4

l(l + 1)

2
_
F
nl
= 0 (7.6)
Per determinare i livelli quantizzati di energia relativi agli stati legati, determiniamo
gli andamenti asintotici della F
nl
() per tendente a zero e per tendente allinnito,
utilizzando la forma dellequazione (7.6) in cui siano considerati nei coefcienti della
funzione e delle sue derivate soltanto i termini dominanti.
Se per tendente a zero trascuriamo gli inniti inferiori, lequazione (7.6) diventa
d
2
F
nl
d
2
+
2

dF
nl
d

l(l + 1)

2
F
nl
= 0 (7.7)
per la quale cerchiamo una soluzione del tipo F
nl
() =
k
con k non negativo afnch
la funzione donda sia regolare per tendente a zero.
Sostituendo F
nl
() =
k
nella (7.7) si ottiene
[k
2
+ k l(l + 1)] r
k2
= 0
7.1. LATOMO DIDROGENO 149
da cui ricaviamo le due soluzioni k = l e k = l 1 delle quali, in virt della richiesta
di regolarit delle autofunzioni, solo k = l accettabile.
Se per tendente a innito trascuriamo nei coefcienti i termini innitesimi, lequa-
zione (7.6) diventa
d
2
F
nl
d
2

1
4
F
nl
= 0
la quale possiede le due soluzioni F
nl
() = e
/2
di cui, per la normalizzabilit allin-
nito della funzione donda, soltanto F
nl
() = e
/2
soluzione accettabile.
A questo punto, dopo aver determinato i comportamenti delle autofunzioni per
tendente a zero e tendente a innito, sostituiamo nellequazione completa (7.6) una
soluzione di prova con le propriet asintotiche gi individuate della forma
F
nl
() =
l
e
/2
L
nl
() (7.8)
in cui L() sia un termine che renda la funzione donda normalizzabile.
Sostituendo lespressione (7.8) nellequazione (7.6), si ottiene lequazione per L()

d
2
L
d
2
+ (2l + 2 )
dL
d
+ ( l 1) L = 0 (7.9)
che risolviamo sviluppando L() nella serie di potenze di
L() =
+

k=0
a
k

k
Inserendo questo sviluppo in serie nella (7.9), si ottiene la relazione ricorsiva fra i
coefcienti a
k
della serie
a
k+1
=
+ l + 1 +k
(k + 1) (k + 2l + 2)
a
k
(7.10)
dalla quale si ricava il comportamento asintotico
a
k+1
a
k

1
k
, per k +
Poich il comportamento asintotico di tale rapporto coincide con il comportamen-
to asintotico dellanalogo rapporto fra i coefcienti della serie della funzione e

, allora
possiamo concludere che se lo sviluppo di L() fosse una serie innita, allora si avreb-
be asintoticamente lespressione L() = e

che renderebbe lautofunzione F() non


normalizzabile. Per impedire che si venga a creare questa situazione, dobbiamo impor-
re che per un certo valore k =

k valga a
k+1
= 0, in modo dunque che L() sia un
polinomio e non una serie. Afnch lo sviluppo di L() contenga una quantit nita
150 CAPITOLO 7. SISTEMI IN TRE DIMENSIONI
di addendi, si deve allora annullare il numeratore della (7.10), ovvero deve essere un
numero intero positivo
= n = l + 1 +k (7.11)
La relazione (7.11) rappresenta dunque la condizione di quantizzazione dellatomo
didrogeno, in virt della quale il numero quantico l pu assumere soltanto i valori interi
non negativi l = 0, 1, 2, ..., n 1. Sostituendo quindi = n nellespressione di data
nella (7.5), si ottengono gli autovalori E
n
dellenergia, indipendenti da l, dati da
E
n
=
Z
2
e
4
2
2
n
2
Per ottenere le autofunzioni dellatomo idrogenoide, osserviamo che i polinomi de-
niti dalla relazione di ricorrenza (7.10) sono i cosiddetti polinomi associati di Laguerre,
gi noti ai matematici per le loro propriet di ortogonalit molto tempo prima della na-
scita della meccanica quantistica. Il generico polinomio associato di Laguerre, indicato
con L
()
h
(), dove un numero reale maggiore di 1, dato dallespressione
L
()
h
() =
e

d
h
dx
h
(
h+
e

)
Denendo il raggio di Bohr a
0
come
a
0
=

c
=

2
e
2
dove indica la costante di struttura ne, lequazione (7.3) diventa
d
2
F
nl
(r)
dr
2
+
2
r
dF
nl
(r)
dr
+
_
2Z
a
0
r

Z
2
n
2
a
2
0

l(l + 1)
r
2
_
F
nl
(r) = 0
la cui soluzione F
nl
(r) si ottiene sostituendo nella soluzione di prova (7.8) lespressione
dei polinomi di Laguerre
F
nl
(r) = N r
l
e
Zr/(na
0
)
L
(2l+1)
nl1
()
dove N la costante reale e positiva tale che valga la condizione di normalizzazione
_
+
0
r
2
[F
nl
(r)]
2
dr = 1
e la variabile data dalla (7.5) in cui al parametro E si sostituisca lespressione degli
autovalori negativi E
n
=

8E
n

r =
2Zr
na
0
7.1. LATOMO DIDROGENO 151
In conclusione possiamo scrivere le autofunzioni dellatomo idrogenoide, ovvero le
soluzioni
n
(r) della (7.2), ponendo, con 0 l n 1

nlm
(r) = F
nl
(r) Y
lm
(, ) = N r
l
e
Zr/(na
0
)
L
(2l+1)
nl1
() Y
lm
(, )
le quali, in virt della normalizzazione separata della parte radiale e della parte an-
golare, risultano automaticamente gi normalizzate, come si verica immediatamente
calcolando lintegrale tridimensionale
_
R
3
[
nlm
(r)[
2
d
3
r =
_
+
0
r
2
[F
nl
(r)]
2
dr
_
[Y
lm
(, )[
2
sin d d = 1
con [0, ] e [0, 2].
Per capire il signicato del raggio di Bohr, consideriamo latomo didrogeno avente
numero atomico Z = 1 e che sia nello stato fondamentale, ovvero che abbia i numeri
quantici n = 1, l = m = 0. Si ottiene facilmente che la sua autofunzione

100
(r) =
1
_
a
3
0
e
r/a
0
da cui possiamo ottenere la distribuzione radiale di probabilit, ovvero la probabilit,
indicata con P(r) dr, di trovare lelettrone in una buccia sferica di spessore innitesimo,
compresa fra i raggi r e r + dr.
Dalla relazione generale
P(r) dr = r
2
dr
_
[
nlm
(r)[
2
d
si ottiene immediatamente la densit di probabilit
P(r) =
4
a
3
0
r
2
e
2r/a
0
Si calcola immediatamente, mediante derivazione, che la probabilit di trovare le-
lettrone massima ad una distanza dal nucleo pari ad a
0
. In questo senso allora, e non
in senso classico, il raggio di Bohr a
0
pu essere interpretato come raggio dellatomo.
Dallinvarianza per rotazioni discende che quando ssato il momento angolare,
ovvero il valore di l, allora c una degenerazione in l
z
perch stati con i medesimi
numeri quantici n, l hanno lo stesso livello di energia, ovvero lo stesso autovalore E
n
.
Infatti per la regola di commutazione [H, L

] = HL

H = 0 si ha che i due
primi membri nelle seguenti uguaglianze sono uguali
_
HL

[E
n
, l, l
z
) = H[E
n
, l, l
z
1)
L

H[E
n
, l, l
z
) = E
n
L

[E
n
, l, l
z
) = E
n
[E
n
, l, l
z
1)
152 CAPITOLO 7. SISTEMI IN TRE DIMENSIONI
e allora uguagliando i due ultimi membri di tali uguaglianze si ottiene lequazione
H[E
n
, l, l
z
1) = E
n
[E
n
, l, l
z
1)
da cui, per confronto con lequazione secolare H[E
n
, l, l
z
) = E
n
[E
n
, l, l
z
) discende
che i ket [E
n
, l, l
z
) e [E
n
, l, l
z
1) sono autostati di H con il medesimo autovalore E
n
.
Quindi gli operatori L

forniscono tutti gli autostati degeneri aventi il medesimo


valore di n e di l e con l
z
che assume tutti i valori da l a +l.
Tale degenerazione, di ordine 2l + 1, detta degenerazione naturale perch essa
presente anche in meccanica classica quando, in virt della conservazione del momento
angolare, vi indipendenza dellenergia dalla terza componente del momento angolare.
Ma nellatomo didrogeno quantistico vi unaltra degenerazione, detta degenera-
zione accidentale, dovuta al fatto che nella relazione (7.11) tutte le coppie l e k che
forniscono il medesimo valore di = n corrispondono a stati aventi la stessa energia.
Per spiegare lorigine di tale degenerazione, ricordiamo che ogni volta che vi una
simmetria, cio in questo caso lindipendenza di E
n
dal numero quantico l, allora esiste
una grandezza conservata, ovvero una grandezza che commuta con lhamiltoniana H.
E immediato vericare che, in virt della forma coulombiana del potenziale, cia-
scuna delle tre componenti del vettore
M =
1
2
(p L L p)
e
2
r
r
detto vettore di Runge-Lenz, commuta con lhamiltoniana H dellatomo didrogeno.
Allora esiste una combinazione delle tre componenti M
x
, M
y
, M
z
del vettore di
Runge-Lenz, non necessariamente lineare, indicata con il simbolo /, tale che
/[E
n
, l, l
z
) = [E
n
, l

, l

z
) , con l ,= l

Dalla relazione di commutazione [H, M


i
] = 0 segue la regola [H, /] = 0 che rende
uguali i due primi membri nelle seguenti uguaglianze
_
H/[E
n
, l, l
z
) = H[E
n
, l

, l

z
)
/H[E
n
, l, l
z
) = E
n
/[E
n
, l, l
z
) = E
n
[E
n
, l

, l

z
)
Uguagliando allora i due ultimi membri di tali uguaglianze si ottiene lequazione
H[E
n
, l

, l

z
) = E
n
[E
n
, l

, l

z
)
da cui, per confronto con lequazione secolare H[E
n
, l, l
z
) = E
n
[E
n
, l, l
z
) discende
che i ket [E
n
, l, l
z
) e [E
n
, l

, l

z
) sono autostati di H con il medesimo autovalore E
n
.
Quindi loperatore /fornisce tutti gli autostati relativi al medesimo autovalore E
n
corrispondenti al medesimo valore di n e aventi l compreso fra 0 e n 1.
La denerazione totale d
n
di un livello energetico E
n
vale in conclusione
d
n
=
n1

l=0
(2l + 1) = n
2
7.2. LOSCILLATORE ARMONICO ISOTROPO 153
7.2 Loscillatore armonico isotropo
Loscillatore armonico in tre dimensioni si dice isotropo se le costanti elastiche k
1
, k
2
, k
3
relative ai tre assi cartesiani sono uguali, ovvero quando si ha k
1
= k
2
= k
3
= k.
Da questa uguaglianza segue che lhamiltoniana delloscillatore armonico isotropo
si pu scrivere nella forma H = H
x
+ H
y
+ H
z
(cio con le variabili separate) data da
H =
_
p
2
x
2m
+
m
2
x
2
2
_
+
_
p
2
y
2m
+
m
2
y
2
2
_
+
_
p
2
z
2m
+
m
2
z
2
2
_
=
p
2
2m
+
m
2
r
2
2
Per risolvere lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo delloscillatore ar-
monico isotropo tridimensionale, data da H(x, y, z) = E (x, y, z), sostituiamo in
essa lespressione della funzione donda (x, y, z) scritta nella forma separata in cui
essa sia il prodotto di tre funzioni di una sola variabile (x, y, z) := (x) (y) (z).
Procedendo quindi come per loscillatore armonico isotropo bidimensionale, perve-
niamo allequazione di Schrdinger della forma
H
x
(x)
(x)
+
H
y
(y)
(y)
+
H
z
(z)
(z)
= E
in cui i tre addendi al primo membro dipendono ciascuno da una sola variabile e debbo-
no pertanto essere necessariamente uguali ad una costante, cio
H
x
(x)
(x)
= E
x
,
H
y
(y)
(y)
= E
y
,
H
z
(z)
(z)
= E
z
(7.12)
Le equazioni (7.12) sono tre equazioni di Schrdinger indipendenti dal tempo re-
lative ad oscillatori armonici unidimensionali riferiti ciascuno al corrispondente asse
cartesiano: possiamo quindi risolvere separatamente tali equazioni per ricostruire gli
autovalori complessivi e le autofunzioni totali.
Utilizzando allora la soluzione del problema delloscillatore armonico unidimensio-
nale, otteniamo dalla (7.12) gli autovalori E = E
n
delloscillatore armonico isotropo in
tre dimensioni
E
n
= E
x,nx
+ E
y,ny
+ E
z,nz
=
_
n
x
+ n
y
+ n
z
+
3
2
_
=
_
n +
3
2
_
dove si posto n := n
x
+n
y
+n
z
e quindi le corrispondenti autofunzioni che possiamo
rappresentare con la notazione di Dirac [
n
) = [n
x
, n
y
, n
z
) oppure mediante prodotto
di autofunzioni unidimensionali separate
n
(x, y, z) =
nx
(x)
ny
(y)
nz
(z).
E immediato osservare che la degenerazione d
n
del livello di energia E
n
pari a
d
n
=
(n + 1)(n + 2)
2
154 CAPITOLO 7. SISTEMI IN TRE DIMENSIONI
A questo punto per rimuovere tale degenerazione occorre considerare linsieme
completo 1 di operatori che commutano fra loro e con lhamiltoniana H delloscillatore
armonico isotropo. Come immediato vericare utilizzando la sua espressione scritta
con le variabili p, r, lhamiltoniana H commuta con gli operatori L
2
e L
z
e allora las-
segnazione degli autovalori di tali operatori rimuove la degenerazione nellautospazio
relativo ad E
n
perch in tale sottospazio vengono in questo modo selezionati univoca-
mente gli autostati simultanei dei tre operatori lineari H, L
2
, L
z
che formano un insieme
completo di operatori.
Chiariamo questa procedura considerando come esempio il livello di energia E
1
che
possiede i tre autostati degeneri normalizzati dati da [1, 0, 0), [0, 1, 0), [0, 0, 1).
Abbiamo quindi che la sola conoscenza dellenergia E
1
non permette di individua-
re in maniera univoca lautostato delloscillatore armonico tridimensionale che abbia
appunto la data energia E
1
.
Per diagonalizzare simultaneamente gli operatori H, L
2
, L
z
rappresentiamo gli au-
tostati corrispondenti al livello di energia E
1
con la notazione delle funzioni donda
esprimendo le variabili cartesiane in termini di armoniche sferiche e ricordando che gli
integrali gaussiani sulla coordinata polare r sono estesi solo ai valori positivi di r.
Passando alle coordinate polari otteniamo dunque la nuova notazione
[1, 0, 0) = Nxe

mr
2
2
= Nr e

mr
2
2
_
e
i
sin + e
i
sin
2
_
= g(r)
_
Y
1,1
Y
1,1

2
_
e analogamente
[0, 1, 0) = i g(r)
_
Y
1,1
+ Y
1,1

2
_
, [0, 0, 1) = g(r)Y
1,0
dove si posto per tutti e tre gli autoket
g(r) =
4
_
64m
5

5
9
5
r e

mr
2
2
A questo punto se addizioniamo e sottraiamo membro a membro le espressioni
relative ai due autoket [1, 0, 0) e [0, 1, 0), otteniamo nellautospazio degenere relativo
allautovalore E
1
i tre nuovi autostati normalizzati [
1
), [
0
), [
1
) dati da
g(r) Y
1,1
= [
1
) =
1

2
([0, 1, 0) + i[1, 0, 0)), g(r) Y
1,0
= [
0
) = [0, 0, 1)
g(r) Y
1,1
= [
1
) =
1

2
([0, 1, 0) i[1, 0, 0))
corrispondenti univocamente allautovalore E
1
dellenergia, allautovalore l = 1 del
momento angolare totale L
2
e rispettivamente agli autovalori l
z
= 1, 0, 1 di L
z
.
7.2. LOSCILLATORE ARMONICO ISOTROPO 155
In generale, comunque, senza effettuare le addizioni e le sottrazioni membro a mem-
bro, possiamo procedere in analogia con il caso delloscillatore armonico bidimensio-
nale e diagonalizzare simultaneamente le matrici associate agli operatori dellinsieme
completo H, L
2
, L
z
nella base B = [1, 0, 0), [0, 1, 0), [0, 0, 1) degli autostati di H.
Utilizzando le espressioni dei tre ket della base B in termini di armoniche sferiche,
possiamo quindi scrivere lazione di L
2
, L
z
. E immediato vericare che i tre ket della
base B sono autostati degeneri anche delloperatore L
2
in quanto tutti e tre relativi al
medesimo autovalore 2
2
, mentre lazione di L
z
data da
L
z
[1, 0, 0) = i [0, 1, 0), L
z
[0, 1, 0) = i [1, 0, 0), L
z
[0, 0, 1) = 0
da cui ricaviamo che relativamente alla base B la matrice delloperatore L
2
risulta gi
diagonale come la matrice delloperatore H, mentre la matrice di L
z
, in virt della
relazione (4.22), assume la forma non diagonale
L
z
=
_
_
0 i 0
i 0 0
0 0 0
_
_
Poich dunque ogni combinazione lineare dei tre ket della base B autostato degli
operatori H e L
2
, allora gli autostati simultanei dei tre operatori H, L
2
, L
z
coincidono
con gli autoket [
1
), [
0
), [
1
) delloperatore L
z
che formano una nuova base B

[
1
) =
[0, 1, 0) + i[1, 0, 0)

2
, [
0
) = [0, 0, 1), [
1
) =
[0, 1, 0) i[1, 0, 0)

2
corrispondenti, come detto, allautovalore E
1
dellenergia, allautovalore 2
2
del mo-
mento angolare totale L
2
e rispettivamente agli autovalori l
z
= , 0, di L
z
.
Verichiamo inne che per valori di n sia pari che dispari, la quantit delle armoni-
che sferiche aventi valore di l della stessa parit di n, con 0 l n, coincide con la
degenerazione d
n
. Infatti per il caso di n pari, ovvero n = 2m, e di n dispari, ovvero
con la relazione n = 2m+ 1, abbiamo rispettivamente
m

k=0
[2 (2k) + 1] = 2m
2
+ 3m+ 1 =
(2m+ 1)(2m+ 2)
2
= d
2m
m

k=0
[2 (2k + 1) + 1] = 2m
2
+ 5m+ 3 =
(2m+ 2)(2m+ 3)
2
= d
2m+1
Allora possiamo concludere che lautospazio degenere di E
n
ha la medesima di-
mensione geometrica del sottospazio individuato da tutte le armoniche sferiche aventi
numero l con la stessa parti di n e con 0 l n. Pertanto esiste sempre una base
nuova opportuna B

costituita da autoket di H relativi allautovalore E


n
che siano in
corrispondenza biunivoca con tali armoniche sferiche e allora rimuovere la degenera-
zione di un autovalore E
n
signica passare dalla base B alla nuova base B

, ogni ket
della quale corrisponde appunto biunivocamente ad ununica armonica sferica.
Capitolo 8
Particelle identiche
La dinamica di un sistema di due particelle identiche governata da unhamiltoniana
simmetrica per scambio delle due particelle. In meccanica classica lidentit delle par-
ticelle e dunque la simmetria dellhamiltoniana non hanno particolare rilevanza perch
tali particelle possono essere riconosciute (o etichettate) attraverso le traiettorie che si
ottengono dalle condizioni iniziali.
In meccanica quantistica c invece unidentit di fondo dovuta alla propriet per
cui quando le due funzioni donda, pur partite da regioni diverse dello spazio e quindi
distinguibili, si sovrappongono per lespansione dei pacchetti donda, non pi possi-
bile riconoscere luna e laltra particella nemmeno se poi i pacchetti donda si separano
di nuovo.
Data allora lhamiltoniana simmetrica per scambio delle particelle in cui compaiono
le masse uguali
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+ V (r
1
, r
2
)
con r
1
= (x
1
, y
1
, z
1
) e r
2
= (x
2
, y
2
, z
2
), deniamo loperatore di scambio delle parti-
celle (indicato con

C) che agisce secondo le regole

C
1
r
1

C = r
2
e

C
1
p
1

C = p
2
(8.1)
Introduciamo ora gli autoket degli operatori di posizione [r
i
, r
j
), con i, j indici di-
stinti e pari a 1 e 2, tali che loperatore dato da una coordinata della prima particella
abbia come autovalore la corrispondente coordinata del primo vettore r e loperatore
dato da una coordinata della seconda particella abbia come autovalore la corrispondente
coordinata del secondo vettore r.
Se nellequazione secolare x
1
[r
1
, r
2
) = x
1
[r
1
, r
2
) (e nelle analoghe per le compo-
nenti y
1
, z
1
) applichiamo ad ambo i membri loperatore

C
1
, otteniamo

C
1
x
1
[r
1
, r
2
) = x
1

C
1
[r
1
, r
2
)
156
157
ovvero, inserendo lidentit sotto forma di

C

C
1
[

C
1
x
1

C]

C
1
[r
1
, r
2
) = x
1

C
1
[r
1
, r
2
)
da cui, utilizzando la prima delle (8.1), otteniamo
x
2
[

C
1
[r
1
, r
2
)] = x
1
[

C
1
[r
1
, r
2
)]
il cui signicato che

C
1
[r
1
, r
2
) autostato di x
2
con autovalore x
1
.
Dal confronto fra questultima equazione e lequazione secolare
x
2
[r
2
, r
1
) = x
1
[r
2
, r
1
)
in cui, come detto, loperatore x
2
ha come autovalore la coordinata x
1
del secondo
vettore r che appunto r
1
, si ottiene quindi lidenticazione

C
1
[r
1
, r
2
) = [r
2
, r
1
)
la cui inversa data da

C [r
2
, r
1
) = [r
1
, r
2
).
Sulla base [r
1
, r
2
) si ha il rappresentativo r
1
, r
2
[

C[) = r
2
, r
1
[), ovvero la
relazione fra le funzioni donda (r
1
, r
2
) e (r
2
, r
1
) data da (

C ) (r
1
, r
2
) = (r
2
, r
1
).
Poich loperatore di scambio

C tale che il suo quadrato coincide con lidentit,
ovvero

C
2
= 1, allora i suoi autovalori sono = +1, 1 e le sue autofunzioni sono
rispettivamente le funzioni pari e dispari per scambio delle due particelle.
Poich il termine potenziale nellhamiltoniana simmetrico per scambio delle par-
ticelle, ovvero V (r
1
, r
2
) = V (r
2
, r
1
), allora si ha

C
1
H

C = H, ovvero la regola di
commutazione [H,

C] = 0.
Essendo dunque H e

C diagonalizzabili simultaneamente, segue che anche le au-
tofunzioni dellhamiltoniana di due particelle identiche sono pari e dispari per scambio
delle particelle stesse.
Verichiamo direttamente che, come si potrebbe dedurre peraltro dallequazione di
Heisenberg, loperatore

C risulta essere costante del moto. Si ha infatti

C [, t) =

C e
i
H

t
[, 0) = e
i
H

t

C [, 0) = e
i
H

t
([, 0)) = [, t)
ovvero levoluzione temporale di [, 0) mantiene la stessa parit di [, 0) stesso.
Aggiungiamo che tutte le osservabili O(i, j) relative a particelle identiche debbono
essere simmetriche sotto scambio delle particelle, ovvero O(i, j) = O(j, i).
In natura esistono due tipi di sistemi di particelle: i sistemi di particelle con spin
intero hanno funzione donda pari per scambio delle particelle e le particelle di tale
sistema vengono chiamate bosoni; i sistemi di particelle con spin semintero hanno fun-
zione donda dispari per scambio delle particelle e le particelle di tale sistema vengono
chiamate fermioni.
158 CAPITOLO 8. PARTICELLE IDENTICHE
Consideriamo come esempio lhamiltoniana
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+ V (r
1
) + V (r
2
)
con la stessa funzione V () per entrambe le particelle, che pu rappresentare un atomo
di elio in cui siano presenti le sole interazioni elettrone-nucleo.
Poich tale hamiltoniana separata e risulta somma delle due parti
H
1
=
p
2
1
2m
+ V (r
1
) e H
2
=
p
2
2
2m
+ V (r
2
)
allora se sappiamo risolvere separatamente le due equazioni di Schrdinger indipendenti
dal tempo
H
1

n
1
(r
1
) = E
n
1

n
1
(r
1
) e H
2

n
2
(r
2
) = E
n
2

n
2
(r
2
)
possiamo scrivere lautofunzione
n
(r
1
, r
2
) dellhamiltoniana totale H nella forma

n
(r
1
, r
2
) =
n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
)
con autovalore E
n
= E
n
1
+ E
n
2
.
Infatti si ha
H
n
(r
1
, r
2
) = (H
1
+ H
2
)
n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
) =
= E
n
1

n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
) + E
n
2

n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
) = (E
n
1
+ E
n
2
)
n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
) =
= E
n

n
(r
1
, r
2
)
Inoltre, se
n
(r
1
, r
2
) autostato di H con autovalore E
n
, allora, con dimostrazio-
ne analoga a quella appena svolta, anche la funzione
n
(r
2
, r
1
) =
n
1
(r
2
)
n
2
(r
1
)
autostato di H relativo sempre allo stesso autovalore (o livello) E
n
.
Poich loperatore di scambio agisce secondo la regola

C

(r
1
, r
2
) =

(r
1
, r
2
)
e le autofunzioni di H debbono coincidere con quelle di

C, allora scriviamo lautofun-
zione di H relativa al livello E
n
nella forma

n
(r
1
, r
2
) = N [
n
(r
1
, r
2
)
n
(r
2
, r
1
)] = N [
n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
)
n
1
(r
2
)
n
2
(r
1
)]
con N costante di normalizzazione.
Osserviamo che lo sviluppo eseguito no a questo punto rimane del tutto identico se
il sistema possiede spin e lo stato fosse
n
(r
1
, s
1
, r
2
, s
2
).
Nel caso antisimmetrico dato dallautofunzione

n
(r
1
, r
2
) = N [
n
1
(r
1
)
n
2
(r
2
)
n
1
(r
2
)
n
2
(r
1
)]
abbiamo che se vale E
n
1
= E
n
2
, allora si ha
n
(r
1
, r
2
) = 0.
159
Questo un modo per enunciare il principio di esclusione di Pauli per cui due fer-
mioni, la cui funzione donda appunto antisimmetrica, non possono essere posti nello
stesso livello E
n
1
= E
n
2
, perch la funzione donda
n
(r
1
, r
2
) = 0 che essi avrebbero
non unautofunzione.
Ad esempio un atomo di elio con hamiltoniana (rozza) H = H
1
+ H
2
(dove non si
consideri il termine di interazione degli elettroni) avrebbe stato fondamentale

0
(r
1
, r
2
) = R
10
(r
1
) Y
00
(
1
,
1
) R
10
(r
2
) Y
00
(
2
,
2
)
ma poich lautofunzione di uno stato elettronico (cio di un sistema di fermioni) deve
essere completamente antisimmetrica per scambio delle due particelle, allora scriviamo
lo stato fondamentale nella forma

0
(r
1
, r
2
) =
= R
10
(r
1
) Y
00
(
1
,
1
) R
10
(r
2
) Y
00
(
2
,
2
)+
R
10
(r
2
) Y
00
(
2
,
2
) R
10
(r
1
) Y
00
(
1
,
1
) = 0
da cui deduciamo che i due elettroni dellatomo di elio non possono trovarsi entrambi
nel proprio stato fondamentale con n = 1 perch in tal caso si otterrebbe una funzione
nulla che non pu essere unautofunzione di unhamiltoniana.
Se passiamo da un sistema con due particelle ad un sistema generale di n particel-
le avente autofunzione (x
1
, x
2
, ..., x
n
), allora, indicata con P
i
una certa permutazio-
ne delle coordinate x
1
, x
2
, ..., x
n
, possiamo costruire le autofunzioni simmetriche
s
e
antisimmetriche
a
ponendo

s
(x
1
, x
2
, ..., x
n
) =

i
P
i
(x
1
, x
2
, ..., x
n
)

a
(x
1
, x
2
, ..., x
n
) =

i
(1)
|P
i
|
P
i
(x
1
, x
2
, ..., x
n
)
dove [P
i
[ vale +1 o 1 a seconda che la permutazione P
i
sia rispettivamente pari o
dispari.
Se il sistema avesse n particelle indipendenti, allora la generica autofunzione sepa-
rata assumerebbe la forma

E
k
(x
1
, x
2
, ..., x
n
) =
E
k
1
(x
1
)
E
k
2
(x
2
) ...
E
kn
(x
n
)
a partire dalla quale si ottiene lautofunzione antisimmetrica
a
E
k
data dal determinante,
detto determinante di Slater

a
E
k
(x
1
, x
2
, ..., x
n
) = det
_
_
_
_

E
k
1
(x
1
)
E
k
1
(x
2
) ...
E
k
1
(x
n
)

E
k
2
(x
1
)
E
k
2
(x
2
) ...
E
k
2
(x
n
)
... ... ... ...

E
kn
(x
1
)
E
kn
(x
2
) ...
E
kn
(x
n
)
_
_
_
_
160 CAPITOLO 8. PARTICELLE IDENTICHE
In meccanica quantistica relativistica si dimostra che le particelle con spin inte-
ro non possono avere funzione donda antisimmetrica e particelle con spin semintero
non possono avere funzione donda simmetrica, altrimenti risulta violato il principio di
causalit.
Tornando allhamiltoniana (rozza perch non contenente il termine di interazione
dei due elettroni) dellatomo di elio, abbiamo allora che se non consideriamo lo spin, lo
stato fondamentale, indicato con il simbolo
a
E
1,2
, non pu avere entrambi gli elettroni
con n = 1 e allora dato dallautofunzione

a
E
1,2
(x
1
, x
2
) = N [R
10
(r
1
)Y
00
(
1
,
1
)R
2l
(r
2
)Y
lm
(
2
,
2
) indici scambiati]
che corrisponde ad un livello avente degenerazione 4 perch il numero quantico l pu
assumere i valori 0 e 1 e il numero quantico m i valori di conseguenza.
Se invece consideriamo anche lo spin dellelettrone nellatomo didrogeno, allora
possiamo costruire lautofunzione completamente antisimmetrica per scambio delle due
particelle relativa allo stato fondamentale dellatomo di elio (rozzo) anche ponendo en-
trambi gli elettroni nello stato con n = 1 perch sar appunto il termine di spin a rendere
diversi i due termini che si sottraggono e che possiedono parte spaziale simmetrica

a
E
1,2
(x
1
, x
2
) = N
_
R
10
(r
1
)Y
00
(
1
,
1
)
_
1
0
_
R
10
(r
2
)Y
00
(
2
,
2
)
_
0
1
_
+
R
10
(r
2
)Y
00
(
2
,
2
)
_
1
0
_
R
10
(r
1
)Y
00
(
1
,
1
)
_
0
1
__
=
= R
10
(r
1
)Y
00
(
1
,
1
)R
10
(r
2
)Y
00
(
2
,
2
)
__
1
0
__
0
1
_

_
0
1
__
1
0
__
dove i termini di spin sono autostati di S
1z
e S
2z
.
Indicando con [1/2, 1/2; 0, 0) lo stato composizione di due momenti angolari

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
=
1

2
__
1
0
__
0
1
_

_
0
1
__
1
0
__
detto stato di singoletto perch unico stato antisimmetrico per scambio delle particelle
ottenuto componendo i due spin s
1
= s
2
= 1/2, segue che lo stato fondamentale della-
tomo di elio (rozzo) risulta essere il prodotto di una parte spaziale simmetrica (con i due
elettroni in n = 1) e di una parte di spin antisimmetrica (perch data dalla combinazione
antisimmetrica del singoletto)

a
E
1
(x
1
, x
2
) = R
10
(r
1
)Y
00
(
1
,
1
)R
10
(r
2
)Y
00
(
2
,
2
)

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
8.1. LOCALIT DELLA FISICA 161
8.1 Localit della sica
Poich gli elettroni sono presenti nelluniverso in enorme quantit, si potrebbe pensare
che il determinante di Slater debba tener conto di tutti questi elettroni. Dimostriamo
invece che la sica locale, ovvero, per ogni elettrone soltanto quelli vicini ad esso
hanno rilevanza.
Consideriamo infatti due elettroni separati aventi funzioni donda
1
(x
1
) e
2
(x
2
) e
con autofunzione totale antisimmetrica per scambio
(x
1
, x
2
) =
1

2
[
1
(x
1
)
2
(x
2
)
1
(x
2
)
2
(x
1
)]
Data unosservabile O(1, 2), simmetrica per scambio delle due particelle identi-
che, verichiamo che per il calcolo del suo valor medio gli elettroni lontani fra loro
forniscono contributo nullo. Sviluppando infatti il valor medio di O(1, 2)
O) =
1
2
_
d
3
x
1
d
3
x
2
[

(x
1
, x
2
) O(1, 2) (x
1
, x
2
)] (8.2)
si ottiene la somma dei due termini non misti uguali fra loro
_
d
3
x
1
d
3
x
2
[

1
(x
1
)

2
(x
2
) O(1, 2)
1
(x
1
)
2
(x
2
)]
e due termini misti uno dei quali
1
2
_
d
3
x
1
d
3
x
2
[

1
(x
1
)

2
(x
2
) O(1, 2)
1
(x
2
)
2
(x
1
)]
Se i due elettroni sono lontani fra loro e i loro pacchetti donda non si sovrappon-
gono, ovvero
1
(x
1
) ,
2
(x
2
) sono diversi da zero e
1
(x
2
) =
2
(x
1
) = 0, allora i due
termini misti nello sviluppo del valor medio (8.2) sono nulli perch x
1
si trova nella
parte nulla della funzione donda
2
del secondo elettrone e x
2
si trova nella parte nulla
della funzione donda
1
del primo elettrone.
Capitolo 9
Teoria delle perturbazioni
Lequazione di Schrdinger corrispondente allhamiltoniana di un sistema sico concre-
to non quasi mai risolubile in forma chiusa e quindi di conseguenza non si posssono
quasi mai determinare in modo esatto lo spettro di unhamiltoniana e i corrispondenti
livelli di energia (autovettori dellhamiltoniana stessa).
Allora si presenta lesigenza di approssimare in qualche modo gli autovalori e gli
autovettori dellhamiltoniana assegnata e il metodo di approssimazione che presentiamo
consiste nel considerare lhamiltoniana data come scindibile nella somma di una parte
della quale si possano determninare gli autovalori in modo esatto e di unaltra parte che
possa avere il ruolo di piccola perturbazione.
I metodi di approssimazione avranno procedure diverse a seconda che lhamiltonia-
na sia indipendente dal tempo con spettro della parte risolubile esattamente degenere o
non degenere, oppure lhamiltoniana sia dipendente dal tempo.
9.1 Teoria indipendente dal tempo: caso non degenere
Data unhamiltoniana H, tale che lequazione secolare
H [E
(k)
) = E
(k)
[E
(k)
) (9.1)
non abbia soluzioni in forma chiusa, supponiamo che si possa esprimere loperatore H
nella forma H = H
0
+ V , con parametro piccolo e H
0
tale che la sua equazione
secolare
H
0
[E
(k)
0
) = E
(k)
0
[E
(k)
0
)
abbia soluzioni in forma chiusa.
Se parametro piccolo, allora sviluppiamo gli autovalori e gli autovettori di H in
serie di potenze di , ovvero
E
(k)
() =
+

n=0

n
E
(k)
n
e [E
(k)
, ) =
+

n=0

n
[E
(k)
n
) (9.2)
162
9.1. TEORIA INDIPENDENTE DAL TEMPO: CASO NON DEGENERE 163
in modo tale che per la non degenerazione dello spettro valga
lim
0
E
(k)
() = E
(k)
0
e lim
0
[E
(k)
, ) = [E
(k)
0
)
Sostituendo dunque gli sviluppi (9.2) nellequazione secolare (9.1), si ottiene le-
quazione
[H
0
+ V ] ( [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) +
2
[E
(k)
2
) + ... ) = (9.3)
= ( E
(k)
0
+ E
(k)
1
+
2
E
(k)
2
+ ... )( [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) +
2
[E
(k)
2
) + ... )
nella quale debbono essere uguagliati i coefcienti delle potenze di corrispondenti in
ambo i membri.
Uguagliando i termini di ordine zero, si ottiene ovviamente lequazione agli autova-
lori delloperatore H
0
H
0
[E
(k)
0
) = E
(k)
0
[E
(k)
0
)
che gi conosciamo e sappiamo risolvere.
Uguagliando i termini di ordine 1, si ottiene lequazione vettoriale
H
0
[E
(k)
1
) + V [E
(k)
0
) = E
(k)
0
[E
(k)
1
) + E
(k)
1
[E
(k)
0
) (9.4)
dalla quale, proiettando ambo i membri su E
(k)
0
[, si ricava lequazione scalare
E
(k)
0
[ H
0
[E
(k)
1
) +E
(k)
0
[ V [E
(k)
0
) = E
(k)
0
[ E
(k)
0
[E
(k)
1
) + E
(k)
1
E
(k)
0
[E
(k)
0
)
che, dopo la semplicazione di E
(k)
0
[ H
0
[E
(k)
1
) = E
(k)
0
[ E
(k)
0
[E
(k)
1
) = E
(k)
0
E
(k)
0
[E
(k)
1
),
diventa
E
(k)
1
= E
(k)
0
[ V [E
(k)
0
) (9.5)
La relazione (9.5) rappresenta la correzione al primo ordine nella teria delle per-
turbazioni che deve essere aggiunta allautovalore E
(k)
0
per avere lapprossimazione al
primo ordine dellautovalore E
(k)
dellhamiltoniana H: si ha cio
E
(k)
= E
(k)
0
+ E
(k)
1
= E
(k)
0
+ E
(k)
0
[ V [E
(k)
0
)
La perturbazione si considera piccola se le correzioni che essa induce sono pi pic-
cole della spaziatura fra i livelli consecutivi dati dagli autovalori E
(k)
0
e E
(k+1)
0
di H
0
,
ovvero se i livelli perturbati sono riconoscibili da quelli non perturbati.
Proiettando lequazione vettoriale (9.4) allordine su E
(h)
0
[, con h ,= k, si ottiene
E
(h)
0
E
(h)
0
[E
(k)
1
) +E
(h)
0
[ V [E
(k)
0
) = E
(k)
0
E
(h)
0
[E
(k)
1
)
da cui segue
E
(h)
0
[E
(k)
1
) =
E
(h)
0
[ V [E
(k)
0
)
E
(k)
0
E
(h)
0
con h ,= k (9.6)
164 CAPITOLO 9. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
Tale espressione rappresenta le proiezioni del ket [E
(k)
1
) su tutti i vettori [E
(h)
0
) tali
che valga h ,= k.
La mancanza di informazione relativa al bra E
(k)
0
[, ovvero la mancanza del prodotto
scalare E
(k)
0
[E
(k)
1
), collegata alla norma del livello esatto e alla possibilit di moltipli-
care i ket per una fase irrilevante: in altre parole, imponendo che il ket corretto al primo
ordine [E
(k)
) = [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) abbia norma unitaria e ridenendo opportunamente
una fase per [E
(k)
0
), si possono annullare parte reale e parte immaginaria del prodotto
scalare E
(k)
0
[E
(k)
1
), in modo tale che, senza quindi perdita di generalit, la proiezione
del ket [E
(k)
1
) sul ket [E
(k)
0
) possa essere considerata sempre nulla.
Si ha infatti al primo ordine in

[E
(k)
)

2
=

[E
(k)
0
) + [E
(k)
1
)

2
= 1 + ( E
(k)
1
[E
(k)
0
) +E
(k)
0
[E
(k)
1
) ) =
= 1 +1e E
(k)
0
[E
(k)
1
)
da cui segue che la normalizzazione E
(k)
[E
(k)
) = 1 del ket corretto [E
(k)
) permette di
annullare la parte reale della proiezione E
(k)
0
[E
(k)
1
) mancante nella (9.6), cio fornisce
la relazione 1e E
(k)
0
[E
(k)
1
) = 0.
Essendo quindi tale proiezione immaginaria pura, possiamo porre E
(k)
0
[E
(k)
1
) = i
e vogliamo dimostrare che anche la parte immaginaria pu essere considerata nulla.
Moltiplicando il ket [E
(k)
0
) per una fase irrilevante e sostituendo il ket
e
i
[E
(k)
0
) (1 +i) [E
(k)
0
) = [E
(k)
0
) + i [E
(k)
0
)
nellespressione di [E
(k)
), si ottiene
[E
(k)
) = [E
(k)
0
) + i [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) = [E
(k)
0
) + (i [E
(k)
0
) +[E
(k)
1
))
ovvero
[E
(k)
) = [E
(k)
0
) + [

E
(k)
1
)
avendo posto [

E
(k)
1
) = i [E
(k)
0
) +[E
(k)
1
).
Osserviamo che le due relazioni
[E
(k)
) = [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) e [E
(k)
) = [E
(k)
0
) + [

E
(k)
1
)
sono equivalenti perch in esse i ket [E
(k)
0
) differiscono soltanto per una fase e allora
concludiamo che pu sempre essere annullata anche la parte immaginaria del prodotto
scalare E
(k)
0
[E
(k)
1
) dimostrando che se non valesse gi 1mE
(k)
0
[E
(k)
1
) = 0, allora si
pu in ogni caso imporre sempre 1mE
(k)
0
[

E
(k)
1
) = 0. Infatti si ha
1mE
(k)
0
[

E
(k)
1
) = 1mE
(k)
0
[ (i [E
(k)
0
) +[E
(k)
1
)) = +
9.2. TEORIA INDIPENDENTE DAL TEMPO: CASO DEGENERE 165
da cui segue che se si sceglie la fase = per il ket [E
(k)
0
), allora si ottiene appunto
la relazione 1mE
(k)
0
[

E
(k)
1
) = 0.
Poich dunque la normalizzazione del ket corretto [E
(k)
) e leventuale ridenizione
della fase di [E
(k)
0
) permettono sempre di rendere nulla la parte reale e la parte imma-
ginaria del prodotto scalare E
(k)
0
[E
(k)
1
), allora non restrittivo considerare nulla sin
dallinizio la proiezione E
(k)
0
[E
(k)
1
), in modo tale che la sua mancanza nella (9.6) non
costituisca dunque nessuna perdita di informazione.
Dalle proiezioni (9.6) si ottiene la correzione al primo ordine [E
(k)
1
) data dallo
sviluppo
[E
(k)
1
) =

h=k
E
(h)
0
[E
(k)
1
) [E
(h)
0
) =

h=k
E
(h)
0
[ V [E
(k)
0
)
E
(k)
0
E
(h)
0
[E
(h)
0
)
Considerando nellequazione (9.3) soltanto i termini in
2
, si ottiene la correzione al
secondo ordine.
In particolare riscriviamo lequazione agli autovalori (9.3) nella forma
[H
0
+ V ] ( [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) +
2
[E
(k)
2
)) =
= ( E
(k)
0
+ E
(k)
1
+
2
E
(k)
2
)( [E
(k)
0
) + [E
(k)
1
) +
2
[E
(k)
2
))
da cui per lhermitianit di H
0
che agisce a sinistra e per lortogonalit, ottenuta allor-
dine , di [E
(k)
1
) e [E
(k)
0
), si ricava con procedimento analogo a quello del primordine
E
(k)
2
= E
(k)
0
[ V [E
(k)
1
) =

n=k
E
(k)
0
[ V [E
(0)
n
) E
(n)
0
[E
(k)
1
) =
=

n=k
E
(k)
0
[ V [E
(n)
0
)E
(n)
0
[ V [E
(k)
0
)
E
(k)
0
E
(n)
0
=

n=k
V
kn
V
nk
E
(k)
0
E
(n)
0
9.2 Teoria indipendente dal tempo: caso degenere
Per introdurre il metodo di approssimazione nel caso in cui lhamiltoniana H
0
abbia
spettro degenere, consideriamo un magnete immerso in un campo magnetico debole:
se tale campo parallelo alla magnetizzazione del magnete, allora la magnetizzazione
subisce soltanto una piccola variazione nella medesima direzione; se il campo non
parallelo alla magnetizzazione, allora il magnete prima si allinea al campo e poi varia la
propria intensit. In questo secondo caso, dopo lo spegnimento del campo si ha che il
magnete permane nella direzione del campo stesso.
Sia ora [E
(k)
0
, d) uno dei d autoket ortonormalizzati, esatti e noti di H
0
relativi allau-
tovalore E
(k)
0
(avente degenerazione d). Lautoket esatto di H, indicato con [E
(k)
, ),
166 CAPITOLO 9. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
tender allora, per tendente a zero, ad un certo autovettore di H
0
appartenente al
sottospazio di degenerazione, ovvero avremo
lim
0
[E
(k)
, ) =

d
C
d
[E
(k)
0
, d)
con C
d
che pu essere anche grande per tendente a zero.
Sostituendo allora lapprossimazione al primo ordine
[E
(k)
, )

d
C
d
[E
(k)
0
, d) + [E
(k)
1
)
nellequazione
[H
0
+ V ] [E
(k)
, ) = (E
(k)
0
+ E
(k)
1
) [E
(k)
, )
e moltiplicando ambo i membri per il bra E
(k)
0
, d

[, si ottiene lequazione

d
C
d
E
(k)
0
, d

[V [E
(k)
0
, d) = E
(k)
1
C
d
(9.7)
che, come si vede immediatamente, risulta essere unequazione agli autovalori per la
matrice V
d

d
= E
(k)
0
, d

[V [E
(k)
0
, d).
Tali autovalori E
(k)
1
rappresentano le d correzioni del livello degenere E
(k)
0
imper-
turbato la cui degenerazione quindi in tal modo, come si dice, viene rimossa. Gli au-
tovettori ottenuti dalla (9.7) sono invece i nuovi vettori di base nel sottospazio dege-
nere imperturbato ai quali, per tendente a zero, tendono biunivocamente gli autoket
imperturbati [E
(k)
0
, d) scelti inizialmente come autoket di base nel sottospazio degenere.
In analogia con il magnete, abbiamo che, spegnendo la perturbazione, gli autovettori
ottenuti dallequazione (9.7) rimangono a formare la base nel sottospazio degenere.
Se la perturbazione rimuove gi al primo ordine la degenerazione, allora per il se-
condo ordine si pu applicare la teoria non degenere. Se la perturbazione rimuove solo
alcuni dei d autoket, allora nel sottospazio degli autoket rimasti degeneri occorre dia-
gonalizzare la matrice V
k

n
V
nk
in modo che che gli autovalori diano le correzioni e gli
autovettori siano i vettori di base nel sottospazio rimasto degenere ai quali tendono gli
autovettori rimasti degeneri quando si spegne la perturbazione.
9.3 Metodo variazionale
Data unhamiltoniana H avente E
n
e [E
n
) rispettivamente come autovalori e auto-
vettori esatti, il valor medio di H su uno stato normalizzato [) verica la seguente
disuguaglianza
[H[) =

n
[H[E
n
)E
n
[) =

n
[E
n
)E
n
[) E
n

9.4. TEORIA DIPENDENTE DAL TEMPO 167

n
E
0
[E
n
)E
n
[) = E
0
[) = E
0
da cui, se [) = 1, scaturisce
E
0
[H[) (9.8)
In altre parole, il valor medio di H su uno stato normalizzato [) rappresenta unap-
prossimazione per eccesso del livello fondamentale E
0
.
La disuguaglianza (9.8) pu essere utilizzata allora per stimare il livello fondamen-
tale di unhamiltoniana H: se si considera un ket [) di prova dipendente da k parametri,
ovvero un ket [(a
1
, a
2
, ..., a
k
)), allora abbiamo
E
0
[H[) =
_

(x, a
1
, a
2
, ..., a
k
) H (x, a
1
, a
2
, ..., a
k
) dx := F(a
1
, a
2
, ..., a
k
)
e potremmo quindi minimizzare poi la funzione F(a
1
, a
2
, ..., a
k
) rispetto ai parametri.
Tale metodo, chiamato metodo variazionale, completamente non perturbativo, ma
presenta il problema che non permette di stimare lerrore che si commette. Tale metodo
si applica per esempio per stimare il livello fondamentale dellatomo di elio.
9.4 Teoria dipendente dal tempo
Consideriamo ora unhamiltoniana totale H che possa essere scritta nella forma
H = H
0
+ V (t)
dove H
0
unhamiltoniana di cui si conoscano lo spettro e gli autovettori [E
(n)
0
) e
un parametro piccolo. In questo caso non cerchiamo gli autostati completi di H per-
ch loperatore H dipende esplicitamente dal tempo e non esiste pertanto lequazione
di Schrdinger indipendente dal tempo H[E
n
) = E
n
[E
n
). Lhamiltoniana H respon-
sabile delle transizioni del sistema da uno stato allaltro durante lintervallo di tempo di
azione della perturbazione.
Poich gli autoket [E
(n)
0
) di H
0
formano un insieme completo, allora espandiamo
lautostato [, t) di H nella forma
[, t) =

n
a
n
(t)e
i
E
(n)
0

t
[E
(n)
0
) (9.9)
in cui stata evidenziata la dipendenza dal tempo di tipo esponenziale. Se lo stato [, t)
normalizzato, allora [a
n
(t)[
2
rappresenta la probabilit di trovare il sistema al tempo t
nello stato indicizzato con n.
168 CAPITOLO 9. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI
Inserendo la (9.9) nellequazione di Schrdinger dipendente dal tempo
i

t
[, t) = H[, t)
si ottiene lequazione differenziale
i

n
d
dt
a
n
(t) e
i
E
(n)
0

t
[E
(n)
0
) =

n
a
n
(t) V (t) e
i
E
(n)
0

t
[E
(n)
0
)
Moltiplicando quindi scalarmente ambo i membri di tale equazione per il bra E
(k)
0
[ e
tenendo presente la relazione di ortonormalit E
(k)
0
[E
(n)
0
) =
kn
vericata dagli autoket
delloperatore H
0
, si ottiene
d
dt
a
k
(t) =
1
i

n
a
n
(t) E
(k)
0
[V (t)[E
(n)
0
) e
(i/) [E
(n)
0
E
(k)
0
] t
(9.10)
Se inseriamo lo sviluppo in serie di potenze di a
k
(t)
a
n
(t) = a
(0)
n
(t) + a
(1)
n
(t) +
2
a
(2)
n
(t) + ...
nella (9.10) e uguagliamo i coefcienti delle potenze omologhe di , otteniamo
d
dt
a
(0)
k
(t) = 0 (9.11)
d
dt
a
(1)
k
(t) =
1
i

n
a
(0)
n
(t) E
(k)
0
[V (t)[E
(n)
0
) e
(i/) [E
(n)
0
E
(k)
0
] t
(9.12)
d
dt
a
(2)
k
(t) =
1
i

n
a
(1)
n
(t) E
(k)
0
[V (t)[E
(n)
0
) e
(i/) [E
(n)
0
E
(k)
0
] t
.
.
.
d
dt
a
(m+1)
k
(t) =
1
i

n
a
(m)
n
(t) E
(k)
0
[V (t)[E
(n)
0
) e
(i/) [E
(n)
0
E
(k)
0
] t
Lequazione (9.11) dimostra che a
(0)
k
(t) non dipende dal tempo, come in effetti deve
essere quando la perturbazione spenta.
In virt di questa conclusione, possiamo allora dire che a
(0)
k
denisce le condizioni
iniziali del problema e dunque possiamo assumere, per semplicit, che il sistema si trova
inizialmente, cio per t t
0
, in un autostato
h
ben denito.
9.4. TEORIA DIPENDENTE DAL TEMPO 169
Si ha cos a
(0)
n
=
nh
, senza che questa posizione sia in contraddizione con il princi-
pio di indeterminazione Et perch c una quantit di tempo pressoch innita
per preparare lo stato iniziale.
Sostituendo la relazione a
(0)
n
=
nh
nella (9.12), si ottiene
d
dt
a
(1)
k
(t) =
1
i
E
(k)
0
[V (t)[E
(h)
0
) e
(i/) [E
(h)
0
E
(k)
0
] t
(9.13)
Supponendo V (t) diversa da zero soltanto nellintervallo di tempo (0, t) nel quale si
ha V (t) = V
0
, allora integrando la (9.13) si ottiene
a
(1)
k
(t) =
E
(k)
0
[V
0
[E
(h)
0
)
E
(k)
0
E
(h)
0
_
e
(i/) [E
(h)
0
E
(k)
0
] t
1
_
Al primo ordine nella teoria delle perturbazioni, abbiamo quindi che la probabilit di
transizione per la transizione dallo stato iniziale indicato con h allo stato nale indicato
con k data da
P
kh
(t) = [a
(1)
k
(t)[
2
=
2

[E
(k)
0
[V
0
[E
(h)
0
)[
2
F(t,
kh
)
dove si posto

kh
:=
E
(k)
0
E
(h)
0

e F(t, ) =
1 cos t

2
Capitolo 10
Formalismo di seconda quantizzazione
Date delle particelle identiche tutte di massa m, consideriamo unhamiltoniana della
forma
H =

i
H
i
dove il termine
H
i
=
p
2
i
2m
+ V (x
i
)
agisce soltanto sulle variabili della particella i esima.
In questo caso le particelle sono non interagenti e sentono soltanto un potenziale
esterno. Risolvendo lequazione secolare di tutte le H
i
e date le autofunzioni u
n
i
(x
i
)
della generica H
i
, si costruisce lo stato (autofunzione) complessivo simmetrico
simm
o
antisimmetrico
antisimm
eseguendo

simm
=

[u
n
1
(x
1
) u
n
2
(x
2
) u
n
3
(x
3
)...u
n
N
(x
N
)]
e

antisimm
=

(1)
||
[u
n
1
(x
1
) u
n
2
(x
2
) u
n
3
(x
3
)...u
n
N
(x
N
)]
dove la somma calcolata su tutte le permutazioni di n
1
, n
2
, ..., n
N
e [[ rappresenta
lordine pari o dispari di una certa permutazione.
La seconda quantizzazione si basa sul concetto di numero di occupazione del li-
vello di energia E
k
di singola particella: il numero di occupazione n
E
k
il numero di
particelle che stanno nel livello di energia E
k
di singola particella.
Se assegnamo per esempio i numeri di occupazione (riferiti a particelle bosoniche)
n
E
0
= 2 e n
E
k
= 0, k > 0
allora la funzione donda (x
1
, x
2
) data da
(x
1
, x
2
) = u
E
0
(x
1
) u
E
0
(x
2
)
170
171
che gi simmetrica.
Ai numeri di occupazione
n
E
0
= 1, n
E
1
= 1 e n
E
k
= 0, k > 1
corrisponde la funzione donda (x
1
, x
2
) data da
(x
1
, x
2
) =
1

2
[u
E
0
(x
1
) u
E
1
(x
2
) u
E
0
(x
2
) u
E
1
(x
1
)]
con il segno relativo positivo o negativo a seconda che i numeri quantici si riferiscano a
particelle bosoniche o fermioniche.
Lassegnazione dei numeri di occupazione dei livelli di singola particella non ssa
il numero totale di particelle N
T
, che dato da
N
T
=

k=0
n
E
k
ma permette di ricostruire la funzione donda e di calcolare il valore delle osservabili,
come per esempio il valore E dellenergia dato da
E =

k=0
n
E
k
E
k
Possiamo allora considerare un superspazio di Hilbert in cui agiscono inniti opera-
tori, denotati con n
E
k
, detti operatori numeri di occupazione, che commutano fra loro e
sono hermitiani perch i numeri di occupazione sono osservabili.
Indichiamo i vettori in questo superspazio di Hilbert con il ket
[n
E
1
, n
E
2
, n
E
3
, ...)
in modo tale che lazione degli operatori numeri di occupazione su tali vettori sia
n
E
i
[n
E
1
, n
E
2
, n
E
3
, ...) = n
E
i
[n
E
1
, n
E
2
, n
E
3
, ...)
In questo spazio di Hilbert lhamiltoniana

H data da

H =

k=0
E
k
n
E
k
e deniamo il prodotto scalare nel seguente modo
1
[ )
2
:=
n
(1)
E
1
,n
(2)
E
1

n
(1)
E
2
,n
(2)
E
2

n
(1)
E
3
,n
(2)
E
3
...
172 CAPITOLO 10. FORMALISMO DI SECONDA QUANTIZZAZIONE
ovvero tale prodotto scalare pari a 1 se tutti i numeri di occupazione dei due ket sono
corrispondentemente uguali ed pari a zero se almeno un n
(1)
E
j
diverso da n
(2)
E
j
.
Quindi gli elementi [n
E
1
, n
E
2
, n
E
3
, ...) costituiscono una base ortonormale completa
del superspazio di Hilbert introdotto in modo tale che qualunque ket [) dello spazio si
esprima come combinazione lineare degli elementi di base
[) =

C
n
E
1
,n
E
1
,...
[n
E
1
, n
E
2
, n
E
3
, ...)
Se lhamiltoniana data separata nella forma H = H
1
+H
2
+H
3
+...+H
N
con le sin-
gole equazioni secolari H
i
u
n
i
= E
n
i
u
n
i
, allora si ha che per esempio allo stato indicato
con [1, 2, 0, 0, ...) corrisponde lautofunzione (senza simmetria) u
0
(x
1
) u
1
(x
2
) u
1
(x
3
) .
Con questo formalismo abbiamo stati con zero particelle, indicati con [0, 0, 0, ...),
stati con una particella o due o tre e cos via. Per gli stati con una particella dobbia-
mo ritrovare tutte le propriet della meccanica quantistica gi studiate appunto per una
particella.
Se consideriamo il caso bosonico in cui ciascun numero di occupazione pu assu-
mere valori che vanno da zero a innito (si noti lanalogia con loscillatore armonico),
allora si pu denire loperatore n
E
i
in analogia con loscillatore armonico ponendo
n
E
i
= a
+
E
i
a
E
i
dove gli operatori a
+
, a, pur non avendo nulla a che fare con loscillatore armonico, ne
condividono le regole algebriche di commutazione
[ a
E
i
, a
+
E
j
] =
ij
e [ a
E
i
, a
E
j
] = [ a
+
E
i
, a
+
E
j
] = 0
Lazione di tali operatori, conseguenza delle loro regole di commutazione, data
allora da
a
+
E
j
[n
E
1
, n
E
2
, ..., n
E
j
, ...) =
_
n
E
j
+ 1 [n
E
1
, n
E
2
, ..., n
E
j
+ 1, ...)
a
E
j
[n
E
1
, n
E
2
, ..., n
E
j
, ...) =
_
n
E
j
[n
E
1
, n
E
2
, ..., n
E
j
1, ...)
che giustica il nome di operatori di creazione e annichilazione di particelle per gli
operatori a
+
E
j
e a
E
j
rispettivamente.
Per costruire uno stato, si applica dunque allo stato di vuoto, indicato con [0, 0, 0, ...),
loperatore a
+
E
k
tante volte quante sono le particelle del sistema nei vari livelli E
k
, es-
sendo irrilevante lordine con cui agiscono a
+
E
k
e a
+
E
h
perch tali operatori commutano
fra loro.
Possiamo allora riesprimere gli operatori numero totale di particelle e hamiltoniano
mediante gli operatori a
+
E
k
e a
E
k
ponendo

N
T
=

k=0
n
E
k
=

k=0
a
+
E
k
a
E
k
e

H =

k=0
E
k
n
E
k
=

k=0
E
k
a
+
E
k
a
E
k
173
Per ritrovare la meccanica quantistica di singola particella con questo formalismo,
costruiamo il pi generale stato [) di singola particella in questo spazio dato da
[) =

k=0
c
k
a
+
E
k
[0)
la cui norma al quadrato data da
[) =

k,k

k
c
k
0[ a
E
k

a
+
E
k
[0) =

k,k

k
c
k
0[ [ a
E
k

, a
+
E
k
] [0) =
=

k,k

k
c
k
0[0)
k,k
=

k=0
[c
k
[
2
da cui segue che [) ha norma unitaria se, come gi ricavato con il formalismo prece-
dente, vale

k=0
[c
k
[
2
= 1
Allora possiamo concludere che il singolo addendo [c
k
[
2
rappresenta la probabilit
che una misura dellenergia sullo stato [) dia valore E
k
.
Vediamo come costruire uno stato di singola particella in cui la particella stessa sia
localizzata in x. Nel formalismo precedente stata utilizzata la base degli autostati
dellenergia per ottenere lo sviluppo [x) =

k
c
k
[E
k
) in cui si ha poi
c
k
= E
k
[x) = x[E
k
) = u

E
k
(x)
Afnch il nuovo formalismo fornisca la stessa interpretazione della meccanica
quantistica di singola particella, deve valere allora [x) =

k
u

E
k
(x) a
+
E
k
[0), dove il
ket [x) appartiene ora al nuovo superspazio di Hilbert dei numeri di occupazione.
Per vericare se tale uguaglianza valida oppure no, si deve vericare se vale oppure
no la relazione x

[x) = (x

x).
Sviluppando si ha il prodotto scalare
x

[x) =

,k
u
E
k

(x

) u

E
k
(x) 0[ a
E
k

a
+
E
k
[0) =
=

,k
u
E
k

(x

) u

E
k
(x) 0[ [ a
E
k

, a
+
E
k
] [0) =
=

k
u
E
k

(x

) u

E
k
(x) =

k
x[E
k
)E
k
[x

) = (x

x)
174 CAPITOLO 10. FORMALISMO DI SECONDA QUANTIZZAZIONE
Ponendo quindi
(x) :=

k=0
u
E
k
(x) a
E
k
(10.1)
in cui, come si vede, (x) un operatore, abbiamo che nel nuovo formalismo loperato-
re coniugato
+
(x) crea una particella localizzata in x quando agisce sul ket [0), detto
stato di vuoto, ovvero si ha
[x) =
+
(x) [0)
Analogamente loperatore
+
(x)
+
(y) crea due particelle di cui una localizzata
nella posizione x e una localizzata nella posizione y.
Invertendo la relazione (10.1) si ottiene
_
u

E
h
(x) (x) d
3
x =

k=0
u

E
h
(x) u
E
k
(x) a
E
k
=

k=0

hk
a
E
k
= a
E
h
ovvero
a
E
k
=
_
u

E
k
(x) (x) d
3
x e a
+
E
k
=
_
u
E
k
(x)
+
(x)d
3
x (10.2)
Con le relazioni (10.2) si possono esplicitare gli operatori numero totale di particelle
e hamiltoniano.
Per loperatore numero totale di particelle si ha

N
T
=

k=0
n
E
k
=

k=0
a
+
E
k
a
E
k
=

k=0
_
u
E
k
(y)
+
(y) d
3
x
_
u

E
k
(x) (x) d
3
x =
=
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x)

k=0
u
E
k
(y) u

E
k
(x) =
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x) (x y) =
=
_
d
3
x
+
(x) (x)
Utilizzando la stessa procedura e sostituendo
_


2
2m

2
y
+ V (y)
_
u
E
k
(y) = E
k
u
E
k
(y)
otteniamo per loperatore hamiltoniano

H =

k=0
E
k
n
E
k
=

k=0
E
k
a
+
E
k
a
E
k
=
175
=
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x)

k=0
[E
k
u
E
k
(y)] u

E
k
(x) =
=
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x)

k=0
_


2
2m

2
y
+ V (y)
_
u
E
k
(y) u

E
k
(x) =
=
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x)
_


2
2m

2
y
+ V (y)
_

k=0
u
E
k
(y) u

E
k
(x) =
=
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x)
_


2
2m

2
y
+ V (y)
_
(x y) =
=
_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x) V (y) (x y)+

_
d
3
xd
3
y
+
(y) (x)
_

2
2m

2
y
_
(x y) =
=
_
d
3
x
+
(x) (x) V (x)

2
2m
_
d
3
x[
2
x

+
(x)] (x)
=
_
d
3
x(x)
_


2
2m

2
x
+ V (x)
_

+
(x) =
=
_
d
3
x
+
(x)
_


2
2m

2
x
+ V (x)
_
(x)
dove stata usata due volte la relazione
_
f(x)

(x) dx = f(x) (x)


_
(x) f

(x) dx = f

(0)
e si alla ne integrato per parti.
Lo stato pi generale [) di singola particella localizzato in x dato da
[) =
_
d
3
xf(x) [x)
e si potrebbe vedere che vale

H[) =

H
_
d
3
xf(x) [x) =
_
d
3
x
_


2
2m

2
x
+ V (x)
_
f(x) [x)
Lo stato pi generale [) di due particelle localizzate in x e in y dato quindi da
[) =
_
d
3
xd
3
y f(x, y) [x, y) =
_
d
3
xd
3
y f(x, y)
+
(x)
+
(y) [0) (10.3)
176 CAPITOLO 10. FORMALISMO DI SECONDA QUANTIZZAZIONE
che, come facile riconoscere, uno stato simmetrico.
Lultimo integrale nella (10.3) seleziona soltanto le parti simmetriche delle f(x, y)
perch se la f(x, y) fosse antisimmetrica, allora il suo prodotto con il termine simme-
trico
+
(x)
+
(y) [0) darebbe integrale nullo.
Concludiamo con un accenno al modo in cui si introducono le particelle fermioniche
nel formalismo di seconda quantizzazione.
Per considerare i fermioni si introduce loscillatore di Fermi ponendo H = a
+
a
con le regole di anticommutazione
a, a
+
= 1, a, a = a
+
, a
+
= 0 e a[0) = 0
Si ha allora
H[0) = a
+
a[0) = 0
e
Ha
+
[0) = a
+
a (a
+
[0)) = (a
+
[0))
Capitolo 11
Qualche esercizio
Esercizio 1
In un sistema quantistico denita una grandezza osservabile a cui associato lopera-
tore hermitiano rappresentato dalla matrice

A =
_
_
2a 0 0
0 a 0
0 0 2a
_
_
nella base degli autoket di

A. Lo stato del sistema ad un certo istante t = 0 descritto
dal ket
[) =
+
_
1
2

3
[ 2a) +
1

3
[a) +

_
1
2

3
[2a)
dove [1, 1] un parametro reale.
1. Si determini in modo che la probabilit di misurare il valore 2a sia massima;
2. se loperatore hamiltoniano del sistema rappresentato nella base degli autoket di

A dalla matrice

H =
_
_
0 0
0 2 0
0 0
_
_
con > 0, si determini levoluzione dello stato [) al tempo t > 0, con il valore
di determinato al punto precedente;
3. si determini il valore medio della grandezza osservabile associata ad

Ain funzione
del tempo;
4. si determini il primo istante t

nel quale la probabilit di misurare il valore 2a,


massima in t = 0, diventa minima.
177
178 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Soluzione dellesercizio 1
Prima di tutto osserviamo che lo stato assegnato [) normalizzato per ogni valore del
parametro nellintervallo [1, 1]: considerando ortonormali gli autostati di A, indicati
con i simboli [ 2a), [a), [2a), corrispondenti rispettivamente agli autovalori 2a, a, 2a,
si ha infatti
[) =
1
3
_
_
+
_
1
2
_
2
+ 1 +
_

_
1
2
_
2
_
= 1
1) La probabilit che una misura di Adia risultato 2a, indicata con P(2a), data
dal quadrato del modulo
P(2a) = [2a[)[
2
=
1
3
_
+
_
1
2
_
2
P()
che massima per quei valori del parametro che annullano la sua derivata prima
dP()
d
=
2
3
_
+
_
1
2
_
_
1

_
1
2
_
e rendono negativa la sua derivata seconda.
Si ottiene che tale derivata prima vale zero per
=
1

2
e che il massimo dato solo dal valore positivo = 1/

2, in corrispondenza del quale


si ha lo stato
[
m
) =
_
2
3
[ 2a) +
1

3
[a)
e la probabilit
P(2a) =
2
3
2) Identicando gli autostati di A
[ 2a) =
_
_
1
0
0
_
_
[a) =
_
_
0
1
0
_
_
[2a) =
_
_
0
0
1
_
_
scriviamo lequazione secolare delloperatore hamiltoniano H

3
+ 2
2
+
2

2
2
3

3
= (2 )( )( +) = 0
179
da cui otteniamo gli autovalori = , , 2 a cui corrispondono rispettivamente
gli autovettori normalizzati
[u) =
_
_
1/

2
0
1/

2
_
_
=
[2a) +[ 2a)

2
, [v) =
_
_
1/

2
0
1/

2
_
_
=
[2a) [ 2a)

2
,
[w) =
_
_
0
1
0
_
_
= [a)
Sotto azione delloperatore A, si ha
A[u) = A
_
[2a) +[ 2a)

2
_
= 2a[v), A[v) = A
_
[2a) [ 2a)

2
_
= 2a[u),
A[w) = A[a) = a[w)
Calcolati quindi i coefcienti di Fourier
u[) =
1

3
, v[) =
1

3
, w[) =
1

3
espandiamo lo stato [
m
) nella base degli autostati di H
[
m
) =
1

3
[u)
1

3
[v) +
1

3
[w)
da cui otteniamo lo stato al tempo t
[
m
, t) = e
i
H

t
[
m
) =
e
it

3
[u)
e
it

3
[v) +
e
2it

3
[w) =
=
2

6
cos t [ 2a) +
e
2it

3
[a)
2i

6
sin t [2a)
3) Il valor medio di A in funzione del tempo dato dal valor medio di A calcolato
sullo stato [
m
, t), ovvero
A)(t) =
m
, t[A[
m
, t) =
=
_
e
it

3
u[
e
it

3
v[ +
e
2it

3
w[
_
[A[
_
e
it

3
[u)
e
it

3
[v) +
e
2it

3
[w)
_
=
=
a
3

2a
3
(e
2it
+ e
2it
) =
a
3
(1 4 cos 2t)
180 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
che vale a per t = 0, come si otterrebbe anche eseguendo
m
[A[
m
).
4) La probabilit in funzione di t di avere valore 2a da una misura di A data dal
quadrato del modulo del coefciente di [ 2a) nello sviluppo di [
m
, t) rispetto agli
autostati di A, ovvero
P
t
(2a) =
2
3
cos
2
t
Il primo istante t

> 0 in cui tale probabilit minima coincide con listante


t

=

2
in cui cos
2
t assume il suo valore minimo zero.
Esercizio 2
Siano date le osservabili
A = a
_
_
1 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
e = b
_
_
3/2 0 0
0 1/2 1
0 1 1/2
_
_
1. Determinare lo stato [(t = 0)) sapendo che allistante iniziale t = 0 una misura
delle due osservabili ha fornito i valori A = a e B = b/2, dopo aver spiegato
sotto quali condizioni ci possibile;
2. calcolare levoluzione dello stato [(t)) al generico istante t se lhamiltoniana del
sistema data dal seguente operatore
H = c
_
_
0 0 i
0 0 0
i 0 0
_
_
3. determinare il valore medio A(t)) dellosservabile A sullo stato [(t)).
Soluzione dellesercizio 2
E immediato vericare che le due matrici A e B commutano per ogni a e b. Pertanto
esister una base formata da autovettori simultanei di Ae di B e sar possibile effettuare
una misura simultanea di A e di B.
Si vede immediatamente che la matrice A possiede spettro degenere: i suoi autova-
lori sono = a a cui corrisponde autovettore u = (0, 1, 1) e lautovalore doppio
= a a cui corrisponde autospazio S
2
dato dalle terne di R
3
tali che y z = 0.
181
La matrice B, come si pu facilmente vericare, possiede spettro non degenere dato
dai tre autovalori = 3b/2, 3b/2, b/2 a cui corrispondono rispettivamente autovettori
u = (0, 1, 1), v = (1, 0, 0), w = (0, 1, 1).
Come si vede, lautovettore u di A relativo allautovalore = a coincide con
lautovettore u di B relativo allautovalore = 3b/2 e inoltre gli autovettori v, w di
B appartengono allautospazio (degenere) di A relativo allautovalore doppio = a.
Possiamo rimuovere la degenerazione dello spettro di Ascegliendo come autovettori
in S
2
gli autovettori v, w di B ai quali aggiungiamo quindi lautovettore u comune ad
entrambe le matrici.
1) Dire che una misura di A in t = 0 fornisce risultato a non ssa lo stato iniziale
univocamente perch lautovalore = a di A ha molteplicit algebrica 2 e ad esso
corrisponde autospazio bidimensionale S
2
, ma se si aggiunge linformazione che in tale
stato una misura simultanea di B (con B che commuta con A) fornisce valore b/2, allora
lautovettore w = (0, 1, 1) di B relativo a = b/2 rappresenta lo stato iniziale perch
w anche autovettore di A, in particolare appartenente a S
2
. Abbiamo pertanto lo stato
iniziale normalizzato
[) =
1

2
_
_
0
1
1
_
_
=
_
_
0
1/

2
1/

2
_
_
2) E immediato vericare che loperatore hamiltoniano H possiede gli autovalori
= 0, , a cui corrispondono rispettivamente gli autovettori normalizzati
[E
0
) =
_
_
0
1
0
_
_
, [E
+
) =
_
_
i/

2
0
1/

2
_
_
, [E

) =
_
_
i/

2
0
1/

2
_
_
Calcoliamo i coefcienti di Fourier
E
0
[) =
1

2
, E
+
[) =
1
2
, E

[) =
1
2
da cui otteniamo lespressione del vettore dello stato iniziale come combinazione lineare
degli autostati di H
[) =
1

2
[E
0
) +
1
2
[E
+
) +
1
2
[E

)
e dunque lo stato al tempo t
[, t) =
1

2
[E
0
) +
e
i

t
2
[E
+
) +
e
i

t
2
[E

)
182 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
3) Scegliendo come autovettori di A gli autovettori normalizzati simultanei di A e
di B, poniamo
[ a) =
_
_
0
1/

2
1/

2
_
_
, [a
1
) =
_
_
1
0
0
_
_
, [a
2
) =
_
_
0
1/

2
1/

2
_
_
da cui ricaviamo
[E
0
) =
1

2
[a
2
)
1

2
[ a), [E
+
) =
i

2
[a
1
) +
1
2
[a
2
) +
1
2
[ a)
[E

) =
i

2
[a
1
) +
1
2
[a
2
) +
1
2
[ a)
E inoltre facile vedere che vale
A[E
0
) =
a

2
([E
+
) +[E

)), A[E
+
) =
a
2
([E
+
) [E

) +

2 [E
0
))
A[E

) =
a
2
([E

) [E
+
) +

2 [E
0
))
da cui si ottiene il valor medio di A sullo stato [, t)
, t[A[, t) =
a
4
+ a cos
_
t

a
4
cos
_
2t

_
che ovviamente vale a per t = 0, ovvero vale a sullo stato iniziale in cui una misura
dellosservabile A, come assegnato, fornisce appunto risultato pari ad a.
Esercizio 3
Un oscillatore armonico quantistico di pulsazione si trova, al tempo t = 0, in uno
stato [) del quale si sa che:
una misura dellenergia delloscillatore d concertezza un risultato E tale che
2 < E < 5;
lo stato ha parit = +1;
il valor medio dellenergia 4;
il valor medio dellosservabile x p + p x pari a
3
2
.
Si chiede di
183
1. mostrare che le condizioni assegnate non determinano univocamente lo stato;
2. determinare i due stati [
1
) e [
2
) che soddisfano le condizioni assegnate e la loro
evoluzione temporale per t > 0;
3. determinare levoluzione temporale del valor medio dellosservabile x p + p x;
4. mostrare che una misura del valor medio delloperatore x
2
permette di distinguere
il ket [
1
) dal ket [
2
).
Soluzione dellesercizio 3
1-2) Dati gli operatori di distruzione e di creazione
a =
_
m
2
_
x +
ip
m
_
, a
+
=
_
m
2
_
x
ip
m
_
otteniamo, invertendo, gli operatori
x =
_

2m
(a + a
+
), p = i
_
m
2
(a
+
a)
da cui ricaviamo losservabile
x p + p x = i(a
+
a
+
aa)
A questo punto osserviamo che dalla prima condizione assegnata segue che lo stato
[) combinazione dei tre stati [2), [3) e [4) aventi energie rispettivamente (5/2),
(7/2) e (9/2) comprese fra 2 e 5.
Dalla seconda condizione si ottiene che lo stato combinazione lineare solo dei due
stati [2) e [4) aventi parit positiva. Possiamo quindi scrivere lo stato [) nella forma
con A, B numeri complessi
[) = A[2) + B[4)
in cui si ha il valor medio dellenergia
H) = [2[A

+4[B

] H [A[2) + B[2)] =
_
5
2
[A[
2
+
9
2
[B[
2
_

Dalla terza condizione assegnata otteniamo il sistema di equazioni
_
[A[
2
+[B[
2
= 1 (normalizzazione dello stato)
5 [A[
2
+ 9 [B[
2
= 8 (valor medio dellenergia)
184 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
che ha la soluzione
[A[
2
=
1
4
, [B[
2
=
3
4
Utilizzando lespressione di De Moivre-Eulero per i numeri complessi, possiamo
scrivere lo stato [) nella forma
[) = [A[ e
i
[2) +[B[ e
i
[4) = e
i
_
[A[ [2) +[B[ e
i()
[4)

che del tutto equivalente allo stato con la fase pari a zero perch tale fase d luogo
soltanto ad un fattore di modulo unitario che non altera la direzione del ket.
Abbiamo quindi dalla soluzione del sistema
[) =
1
2
[2) +

3 e
i
2
[4)
in cui compare solamente la fase relativa fra i due autoket di H.
In questo stato si ha il valor medio di x p + p x
x p + p x) =
_
2[
1
2
+4[

3 e
i
2
_
( x p + p x)
_
1
2
[2) +

3 e
i
2
[4)
_
= i
_
2[
1
2
+4[

3 e
i
2
_
(a
+
a
+
aa)
_
1
2
[2) +

3 e
i
2
[4)
_
= 3 sin
La quarta condizione imposta fornisce lequazione
sin =
1
2
da cui seguono i due valori di

1
=

6
e
2
=
5
6
e di conseguenza i due stati
[
1
) =
1
2
[2) +

3 e
i
6
2
[4) e [
2
) =
1
2
[2) +

3 e
5i
6
2
[4)
Levoluzione temporale di [
1
) e di [
2
)
[
1
, t) = e
i
H

t
_
1
2
[2) +

3 e
i
6
2
[4)
_
=
e

5
2
it
2
[2) +

3 e
i(

9t
2
)
2
[4)
185
[
2
, t) = e
i
H

t
_
1
2
[2) +

3 e
5i
6
2
[4)
_
=
e

5
2
it
2
[2) +

3 e
i(
5
6

9t
2
)
2
[4)
3) Il valor medio di x p + p x sullo stato [
1
, t) dato da
x p + p x)
1
(t) =
= i
_
2[
e
5
2
it
2
+4[

3 e
i(

9t
2
)
2
_
(a
+
a
+
aa)
_
e

5
2
it
2
[2) +

3 e
i(

9t
2
)
2
[4)
_
=
=
3
2
(cos 2t

3 sin 2t)
e il valor medio di x p + p x sullo stato [
2
, t) dato da
x p + p x)
2
(t) =
= i
_
2[
e
5
2
it
2
+4[

3 e
i(
5
6

9t
2
)
2
_
(a
+
a
+
aa)
_
e

5
2
it
2
[2) +

3 e
i(
5
6

9t
2
)
2
[4)
_
=
=
3
2
(cos 2t +

3 sin 2t)
Possiamo osservare che il valor medio di x p + p x per t = 0 su entrambi gli stati
coincide effettivamente con il valore iniziale 3/2.
4) Qualora si ottenga
1
[ x
2
[
1
) , =
2
[ x
2
[
2
) possiamo concludere che una misura
del valor medio di x
2
consente di distinguere [
1
) da [
2
).
Abbiamo

1
[ x
2
[
1
) =
1
[ x x[
1
) = [ x[
1
) [
2
=

_

2m
(a + a
+
)
_
1
2
[2) +

3 e
i
6
2
[4)
_

2
=
=

m
_
4 +
3

3
4
_
e

2
[ x
2
[
2
) =
2
[ x x[
2
) = [ x[
2
) [
2
=

_

2m
(a + a
+
)
_
1
2
[2) +

3 e
5i
6
2
[4)
_

2
=
=

m
_
4
3

3
4
_
da cui possiamo concludere che se alle condizioni assegnate aggiungessimo il valor
medio dellosservabile x
2
, allora individueremmo univocamente [
1
) o [
2
).
186 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Esercizio 4
Si consideri una base completa ortonormale di stati [), [), [) per un sistema quanti-
stico la cui hamiltoniana data da
H = i ([)[ [)[) + 2 [)[
con parametro reale positivo. Siano poi dati i due operatori
A = a ([)[ +[)[) +
a
2
[)[ e B = b ([)[ +[)[) +
b
2
[)[
con a, b parametri reali positivi.
1. Spiegare perch A e B sono osservabili siche e stabilire se esse sono simulta-
neamente osservabili;
2. trovare gli autovalori e gli autostati dellhamiltoniana;
3. se allistante t = 0 viene misurata A e il risultato di tale misura il valore a,
calcolare il valor medio di A e di B al generico istante t > 0.
Soluzione dellesercizio 4
Calcoliamo le matrici associate agli operatori H, A, B relativamente alla base ortonor-
male [), [), [). Abbiamo
_
_
_
H[) = i[)
H[) = i[)
H[) = 2[)
_
_
_
/[) = (a/2)[)
/[) = a [)
/[) = a [)
_
_
_
B[) = (b/2)[)
B[) = b [)
B[) = b [)
da cui otteniamo le matrici
H =
_
_
0 i 0
i 0 0
0 0 2
_
_
, A = a
_
_
1/2 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
, B = b
_
_
1/2 0 0
0 1 0
0 0 1
_
_
1) Gli operatori A e B sono osservabili siche perch sono rappresentati da matrici
reali simmetriche e quindi hermitiane. Inoltre A e B sono simultaneamente misurabili
perch si ha
AB = BA =
_
_
1/4 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
187
2) Lequazione caratteristica di H
(
2

2
)( 2) = 0
da cui seguono gli autovalori = , , 2 e gli autovettori normalizzati rispetti-
vamente
[E

) =
_
_
1/

2
i/

2
0
_
_
, [E
+
) =
_
_
1/

2
i/

2
0
_
_
, [E
2
) =
_
_
0
0
1
_
_
3) Lequazione caratteristica di A
(a
2

2
)
_

a
2
_
= 0
e allautovalore = a corrisponde lautovettore normalizzato
[
0
) =
_
_
0
1/

2
1/

2
_
_
che rappresenta dunque lo stato iniziale del sistema.
Osserviamo inoltre che il ket [
0
) anche autovettore di B relativo allautova-
lore = b da cui possiamo concludere che, misurando allistante t = 0 anche B
simultaneamente ad A, si otterrebbe il valore b.
Si riconosce a vista che vale il seguente sviluppo di [
0
) come combinazione lineare
degli autostati ortonormali di H
[
0
) =
1
2i
[E

) +
1
2i
[E
+
)
1

2
[E
2
)
da cui segue levoluzione temporale del ket iniziale data da
[, t) = e
i
H

t
[
0
) =
e
i
E

t
2i
[E

) +
e
i
E
+

t
2i
[E
+
)
e
i
E
2

2
[E
2
) =
=
e
it
2i
[E

) +
e
it
2i
[E
+
)
e
2it

2
[E
2
) =
=
e
it
2i
_
_
1/

2
i/

2
0
_
_
+
e
it
2i
_
_
1/

2
i/

2
0
_
_

e
2it

2
_
_
0
0
1
_
_
=
1

2
_
_
sin t
cos t
e
2it
_
_
188 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Possiamo allora ricavare il valor medio di A e di B sul ket [, t) al tempo t generico
eseguendo
A)(t) = , t[A[, t) =
=
a
2
_
_
(sin t cos t e
2it
)
_
_
1/2 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
_
_
sin t
cos t
e
2it
_
_
_
_
=
=
a
4
sin
2
t a cos t cos 2t
ed eseguendo
B)(t) = , t[A[, t) =
=
b
2
_
_
(sin t cos t e
2it
)
_
_
1/2 0 0
0 1 0
0 0 1
_
_
_
_
sin t
cos t
e
2it
_
_
_
_
=
= b
b
4
sin
2
t
Osserviamo per concludere che le evoluzioni temporali dei valori medi di A e di
B forniscono, allistante t = 0, rispettivamente i valori a e b che coincidono con le
misure simultanee iniziali di A e di B date dagli autovalori relativamente ai quali il ket
iniziale [
0
) autoket simultaneo di A e di B.
Esercizio 5
Lo stato di un oscillatore armonico quantistico di massa m e pulsazione descritto,
al generico istante t = 0, dalla funzione donda
(x) = Ax
2
e

x
2
2x
2
0
con x
0
:=
_

m
1. Si determini il valore della costante A di normalizzazione;
2. si determinino i possibili risultati di una misura dellenergia delloscillatore e le
rispettive probabilit;
3. si determini levoluzione temporale dello stato delloscillatore per t > 0;
4. si verichi che lo stato assegnato autostato della parit e si utilizzi questo risul-
tato per dimostrare che i valori medi della posizione e della quantit di moto sono
nulli ad ogni istante di tempo;
5. si determini levoluzione temporale del valor medio delloperatore x
2
.
189
Soluzione dellesercizio 5
1) Per determinare la costante di normalizzazione A imponiamo la condizione che
il quadrato del modulo della funzione donda [(x)[
2
sia una densit di probabilit su
tutto lasse reale, ovvero che valga
_
+

[(x)[
2
dx = [A[
2
_
+

x
4
e
x
2
/x
2
0
dx = 1
Dal calcolo dellintegrale
_
+

x
4
e
x
2
/x
2
0
dx =
3x
5
0

4
discende il valore di A
A =
2
4

_
3x
5
0
2) Si riconosce a vista che lo stato iniziale assegnato (x) una combinazione
lineare delle due autofunzioni
0
(x) e
2
(x) di H date da

0
(x) =
1
4

x
0
e
x
2
/2x
2
0
e
2
(x) =
1
2
4

2x
0
_
4x
2
x
2
0
2
_
e
x
2
/2x
2
0
Imponendo luguaglianza
0
(x) +
2
(x) = (x) e applicando il principio di
identit dei polinomi, otteniamo i coefcienti dello sviluppo
=
1

3
e =
_
2
3
da cui segue che la funzione donda iniziale pu essere scritta nella forma
(x) = x[) =
1

3
x[0) +
_
2
3
x[2)
Utilizzando ora la notazione dei ket al posto di quella delle funzioni donda, indi-
chiamo lo stato iniziale senza il prodotto scalare per il bra x[
[) =
1

3
[0) +
_
2
3
[2)
in modo che si possano sfruttare le propriet degli operatori a e a
+
.
Si ricava ora immediatamente che i possibili risultati di una misura dellenergia del-
loscillatore armonico sullo stato [) sono soltanto il valore E
0
= /2, corrispondente
190 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
al numero quantico n = 0 con probabilit 1/3, e il valore E
2
= 5/2, corrispondente
al numero quantico n = 2 con probabilit 2/3.
3) Levoluzione temporale dello stato [) per t > 0 data da
[, t) = e
i
H

t
[) =
e

1
2
it

3
[0) +
_
2
3
e

5
2
it
[2)
4) Lo stato assegnato (x) una funzione reale pari ed pertanto autostato della
parit relativo allautovalore +1 perch vale
T (x) = (x) = (x)
Su un autostato della parit i valori medi di x e di p sono nulli ad ogni istante di
tempo perch gli integrali
_
+

x[(x, t)[
2
dx e
_
+

(x, t)
_
i
d
dx
_
(x, t) dx
hanno funzioni integrande dispari e forniscono pertanto risultato nullo.
Si pu ottenere lo stesso risultato anche utilizzando le espressioni degli operatori x
e p in termini degli operatori a e a
+
che, a meno di un coefciente, sono della forma
x a + a
+
e p a a
+
Allora abbiamo il valor medio
x) =
_
0[
e
1
2
it

3
+2[
_
2
3
e
5
2
it
_
(a + a
+
)
_
e

1
2
it

3
[0) +
_
2
3
e

5
2
it
[2)
_
= 0
e il valor medio
p) =
_
0[
e
1
2
it

3
+2[
_
2
3
e
5
2
it
_
(a a
+
)
_
e

1
2
it

3
[0) +
_
2
3
e

5
2
it
[2)
_
= 0
perch la presenza degli operatori a e a
+
d luogo al prodotto scalare nullo fra bra e ket
ortogonali delloscillatore armonico.
5) Il valor medio di x
2
allistante t = 0 pari a
x
2
)(0) = [ x
2
[) = [ x x[) = [ x[) [
2
=
=

2m

(a + a
+
)
_
1

3
[0) +
_
2
3
[2)
_

2
=

2m

3 [1) +

2 [1)

2
=
5
2m
191
Levoluzione temporale del valor medio di x
2
si ottiene calcolando
x
2
)(t) = [ x[, t) [
2
=

2m

(a + a
+
)
_
e

1
2
it

3
[0) +
_
2
3
e

5
2
it
[2)
_

2
=
=

2m

_
e

1
2
it

3
+
2

3
e

5
2
it
_
[1) +

2 e

5
2
it
[3)

2
=
=

2m
_
_
2

3
cos
5t
2
+
1

3
cos
t
2
_
2
+
_
2

3
sin
5t
2
+
1

3
sin
t
2
_
2
+ 2
_
=
=

6m
(11 + 4 cos 2t)
Osserviamo per concludere che, come deve essere, lespressione di x
2
)(t) fornisce,
per t = 0, lo stesso valore ottenuto calcolando il valor medio di x
2
sullo stato iniziale.
Esercizio 6
Si consideri un oscillatore armonico unidimensionale di massa m e pulsazione . Lo
stato del sistema al tempo t = 0 dato dal ket
[) = e
||
2
/2

n=0

n!
[n)
dove un numero complesso.
1. Vericare che il ket [) normalizzato;
2. vericare che il ket [) autoket delloperatore di abbassamento a e determinare
il suo autovalore;
3. dopo aver scritto lo stato [, t) al generico tempo t, calcolare i valori medi degli
operatori x e H dati da , t[x[, t) e , t[H[, t).
Soluzione dellesercizio 6
1) Dobbiamo vericare che vale [) = 1. Sviluppando il prodotto scalare, si ha
[) = e
||
2

n,m=0

n

m

n!

m!
m[n) = e
||
2

n,m=0

n

m

n!

m!

n,m
=
192 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
= e
||
2

n=0
[[
2n
n!
= e
||
2
e
||
2
= 1
2) Se calcoliamo lazione delloperatore a sullo stato [), otteniamo
a[) = e
||
2
/2

n=0

n!
a[n) = e
||
2
/2

n=1

n!

n[n 1) =
= e
||
2
/2

n=1

n
_
(n 1)!
[n 1) =
_
e
||
2
/2

n=1

n1
_
(n 1)!
[n 1)
_
= [)
da cui deduciamo che il numero complesso autovalore delloperatore di abbassa-
mento a che non un operatore hermitiano e pu dunque non avere autovalori reali.
3) Per determinare lo stato al generico tempo t, applichiamo loperatore di evoluzio-
ne temporale al ket [)
[, t) = e
i
H

t
[) = e
||
2
/2

n=0

n!
e
i
En

t
[n) = e
||
2
/2

n=0

n!
e
i(n+
1
2
) t
[n)
Calcoliamo ora lazione di H su [, t)
H[, t) = e
||
2
/2
e
i

2
t

n=0
(e
it
)
n

n!

_
n +
1
2
_
[n)
da cui otteniamo
H) = , t[H[, t) = e
||
2

n,m=0
(e
it
)
n
( e
it
)
m

n!

m!

_
n +
1
2
_
m[n) =
= e
||
2

n=0
[[
2n
n!
_
n +
1
2
_
= e
||
2

_
[[
2

n=1
([[
2
)
n1
(n 1)!
+
1
2

n=0
[[
2n
n!
_
=
=
_
[[
2
+
1
2
_
Calcoliamo ora lazione di a
+
su [, t)
a
+
[, t) = e
||
2
/2
e
i

2
t

n=0
(e
it
)
n

n!

n + 1 [n + 1)
193
e scriviamo il ket [, t) nella forma in cui il ket [0) compare come addendo separato e
nella sommatoria lindice m
[, t) = e
||
2
/2
e
i

2
t
_
[0) +

m=0
(e
it
)
m+1
_
(m + 1)!
[m+ 1)
_
in modo che il ket [0) sia ortogonale a tutti i ket delle sviluppo a
+
[, t).
A questo punto possiamo calcolare
, t[a
+
[, t) = e
||
2
e
it

n,m=0
(e
it
)
n
( e
it
)
m

n!
_
(m+ 1)!

n + 1 m+ 1[n + 1) =
= e
||
2
e
it

n=0
[[
2n
n!
= e
||
2
e
it
e
||
2
= e
it
Calcoliamo ora lazione di a su [, t)
a[, t) = e
||
2
/2
e
i

2
t

n=1
(e
it
)
n

n!

n[n 1)
e scriviamo il ket [, t) nella forma in cui lindice di sommatoria sia m e inizi da m = 1
[, t) = e
||
2
/2
e
i

2
t
e
it

m=1
(e
it
)
m
_
(m1)!
[m1)
A questo punto possiamo calcolare
, t[a[, t) = e
||
2 e
it

n,m=1
(e
it
)
n
( e
it
)
m
_
(n 1)!
_
(m1)!
m1[n 1) =
= e
||
2 e
it

n,m=1
(e
it
)
n
( e
it
)
m
_
(n 1)!
_
(m1)!

m,n
= e
||
2 e
it

n=1
[[
2n
(n 1)!
=
= e
||
2 e
it

[[
2

n=1
([[
2
)
n1
(n 1)!
=
[[
2

e
it
=


e
it
= e
it
In conclusione il valor medio di x dato da
x) = , t[x[, t) =
_

2m
, t[(a
+
+ a)[, t) =
=
_

2m
( e
it
+ e
it
) =
_

2m
_
[[ e
i
e
it
+[[ e
i
e
it

=
=
_

2m
[[
_
e
i(t)
+ e
i(t)

=
_
2
m
[[ cos(t )
194 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Esercizio 7
Una particella di massa m vincolata a muoversi sul segmento L/2 < x < L/2 .
Allistante t = 0 la funzione donda della particella data da
(x) = x[) = N cos
_
x
L
_
sin
2
_
2x
L
_
1. Determinare la costante N in modo che lo stato sia normalizzato a 1: [) = 1;
2. determinare il valor medio della parit;
3. determinare i possibili valori di una misura dellenergia e le relative probabilit;
4. determinare la funzione donda al tempo t generico e il primo istante t

in cui lo
stato del sistema coincide con lo stato a t = 0.
Soluzione dellesercizio 7
1) Lo stato assegnato a t = 0
(x) = N cos
_
x
L
_
sin
2
_
2x
L
_
pu essere scritto, utilizzando gli esponenziali complessi per le funzioni goniometriche,
nella forma
(x) = N
_
e
ix
L
+ e
ix
L
2
_ _
e
2ix
L
e
2ix
L
2i
_
2
=
= N
_
L
2
_
1
2
_
_
2
L
cos
x
L
_

1
4
_
_
2
L
cos
3x
L
_

1
4
_
_
2
L
cos
5x
L
__
=
= N
_
L
2
_
1
2

1
(x)
1
4

3
(x)
1
4

5
(x)
_
Abbiamo allora
[) =
_
L/2
L/2
[(x)[
2
dx =
N
2
L
2
_
1
4
+
1
16
+
1
16
_
=
3N
2
L
16
e afnch lo stato sia normalizzato a 1, da [) = 1 segue, scegliendo N reale e
positivo, il valore
N =
4

3L
195
2) Il valor medio delloperatore di parit T sullo stato assegnato si ottiene eseguendo
T) =
_
L/2
L/2

(x) T (x) dx =
_
L/2
L/2

(x) (x) dx =
_
L/2
L/2

(x) (x) dx =
=
_
L/2
L/2
[(x)[
2
dx = 1
3) Lo stato iniziale (x) assegnato e normalizzato pu essere scritto allora nella
forma
(x) =
2

1
(x)
1

3
(x)
1

5
(x)
e risulta essere combinazione lineare delle autofunzioni
1
(x),
3
(x) e
5
(x) dellener-
gia corrispondenti rispettivamente agli autovalori
E
1
=

2

2
2mL
2
E
3
=
9
2

2
2mL
2
E
5
=
25
2

2
2mL
2
Segue pertanto che i possibili valori ottenibili con una misura dellenergia su tale
stato sono appunto E
1
, E
2
, E
3
con probabilit P(E
1
), P(E
2
), P(E
3
) date dal quadrato
del modulo del coefciente della relativa autofunzione. Abbiamo dunque
P(E
1
) =
2
3
, P(E
2
) =
1
6
, P(E
3
) =
1
6
4) Facendo agire loperatore di evoluzione temporale sullo stato iniziale (x)
(x, 0), si ottiene lo stato (x, t) al generico tempo t evoluzione temporale di (x, 0),
dato da
(x, t) = e
i
H

t
(x, 0) =
2

6
e
i
E
1

1
(x)
1

6
e
i
E
3

3
(x)
1

6
e
i
E
5

5
(x)
Il primo istante t

nel quale lo stato (x, t) del sistema coincide con lo stato iniziale,
ovvero per il quale valga (x, t

) = (x, 0), si ottiene imponendo


E
1
t

= 2
da cui segue
t = t

=
4mL
2

196 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO


Poich, come si verica immediatamente, per t = t

si ha poi
E
3
t

= 18 e
E
5
t

= 50
si conclude che per t = t

gli esponenziali complessi in (x, t) valgono 1 e dunque che


risulta (x, t

) = (x, 0).
Esercizio 8
Una particella quantistica di massa mvincolata sul segmento [L/2, L/2] si trova, ad un
certo istante t = 0, nello stato [
0
) = [1)+ [2), dove gli [n) (con n = 1, 2, 3, ...) sono
gli autoket dellhamiltoniana che descrive la dinamica della particella nel segmento.
1. Si determini, a meno di una fase globale, lo stato in questione sapendo che il valor
medio della parit vale 1/5 e che il valor medio dellosservabile
A = ia

n1
([n)n + 1[ [n + 1)n[)
vale
2a

6
5
;
2. si determini il valor medio dellenergia nello stato in questione;
3. si determini levoluzione temporale dello stato per t > 0 ed il valor medio del-
losservabile A in funzione del tempo.
Soluzione dellesercizio 8
1) Le autofunzioni della particella nel segmento simmetrico sono date da
x[1) =
1
(x) =
_
2
L
cos
x
L
e x[2) =
2
(x) =
_
2
L
sin
2x
L
da cui segue che loperatore di parit, indicato con T, agisce nel seguente modo
T [1) = [1) e T [2) = [2)
Si ha allora il valor medio della parit dato da

0
[ T [
0
) = (1[

+2[

) ([1) [2)) = [[
2
[[
2
=
1
5
197
Dal sistema
_
[[
2
[[
2
= 1/5
[[
2
+[[
2
= 1
si ottengono allora i coefcienti
=
_
2
5
e =
_
3
5
e
i
Abbiamo inoltre

0
[ A[
0
) =
2a

6
5
sin
da cui segue sin = 1 e dunque = /2
Scriviamo in conclusione lo stato
[
0
) =
_
2
5
[1) + i
_
3
5
[2)
2) Il valor medio dellenergia sullo stato [
0
) dato da
E) =
2
5


2

2
2mL
2
+
3
5

4
2

2
2mL
2
=
7
2

2
5mL
2
3) Levoluzione temporale dello stato [
0
) data da
[, t) =
_
2
5
e
iE
1
t
[1) + i
_
3
5
e
iE
2
t
[2)
dove si posto
c
1
=
E
1

=

2
2mL
2
e c
2
=
E
2

=
4
2
2mL
2
A questo punto il valor medio dellosservabile A in funzione del tempo si calcola
eseguendo
A) (t) = , t[ A[, t) =
2a

6
5
cos[(c
1
c
2
) t]
che per t = 0 coincide con il valor medio di A assegnato sullo stato iniziale.
198 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Esercizio 9
Lhamiltoniana di una particella di spin 1/2 in tre dimensioni data da
H = H
0
+ H
1
dove H
0
lhamiltoniana dellatomo didrogeno e H
1
data da
H
1
=

2
(

J
2
+J
z
) con 0 <
4me
4
9
2
essendo

J =

L+

S il momento angolare totale del sistema pari alla somma del momento
angolare orbitale

L e dello spin

S della particella. Determinare
1. lo spettro esatto dellhamiltoniana, lo stato fondamentale e le funzioni donda dei
primi tre livelli eccitati specicandone la degenerazione al variare di nellinter-
vallo assegnato;
2. lo stato del sistema al tempo t > 0 generico sapendo che lo stato iniziale [
0
)
un autostato degli operatori H
0
,

L
2
, L
z
, S
z
relativo ai seguenti autovalori
H
0
[
0
) =
me
4
8
2
[
0
),

L
2
[
0
) = 2
2
[
0
),
L
z
[
0
) = [
0
), S
z
[
0
) =

2
[
0
)
3. individuare i possibili valori di una misura di L
z
al tempo t e le relative probabi-
lit.
Soluzione dellesercizio 9
1) Indicando con E
n
e
nlm
rispettivamente gli autovalori e le autofunzioni dellha-
miltoniana H
0
dellatomo didrogeno, lo spettro esatto dellhamiltoniana totale H dato
allora dalla somma degli autovalori E
n
della parte spaziale e degli autovalori della parte
di spin H
1
c = E
n
+ [j(j + 1) +j
z
] =
me
4
2
2
n
2
+ [j(j + 1) +j
z
]
Poich separando in H
0
la parte radiale e la parte angolare contenente L
2
, si hanno
le uguaglianze [J
2
, L
2
] = [J
z
, L
2
] = 0 allora segue la relazione
[H
0
, H
1
] = 0
199
dalla quale ricaviamo che i due termini H
0
e H
1
possiedono autostati simultanei e che
gli autostati dellhamiltoniana totale H sono dunque dati dal prodotto tensoriale di tali
autostati simultanei delle due parti H
0
e H
1
.
Ricordando che il numero quantico j assume valori [l s[ j l + s, scriviamo
un autostato di H nella forma
=
nlm
[l, s; j, j
z
)
dove il numero quantico s vale 1/2.
Per stabilire quindi la sequenza crescente dei livelli, occorre tener conto dei valori
assunti dal parametro .
Per ogni valore di nellintervallo assegnato, lo stato fondamentale non mai
degenere e possiede autofunzione

0
=
100

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondente allautovalore
c
0
=
me
4
2
2
+

4
Indicando ora con
1
,
2
,
3
i tre valori di rispettivamente
5me
4
72
2
,
3me
4
8
2
,
4me
4
9
2
possiamo distinguere vari casi.
Per <
1
il primo livello eccitato non degenere perch vi un solo stato

1
=
100

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondente allautovalore
c
1
=
me
4
2
2
+
5
4
Il secondo livello eccitato ha degenerazione 4 perch vi sono i quattro stati

(1)
2
=
200

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
2
=
21m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondenti tutti allautovalore
c
2
=
me
4
8
2
+

4
200 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Il terzo livello eccitato ha anchesso degenerazione 4 perch vi sono i quattro stati

(1)
3
=
200

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
3
=
21m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondenti tutti allautovalore
c
3
=
me
4
8
2
+
5
4
Per =
1
lo schema dei livelli si modica, rispetto al caso precedente, soltanto
per il terzo livello eccitato che passa ad avere degenerazione 8 perch ai quattro stati gi
citati si aggiungono gli altri quattro stati

(5)
3
=
300

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
3
=
31m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondenti anchessi, come facile vericare, allautovalore
c
3
=
me
4
18
2
+

4
=
me
4
8
2
+
5
4
Per
1
< <
2
il primo e il secondo livello eccitato rimangono inalterati nella de-
generazione e nellautovalore; il terzo livello eccitato ha sempre degenerazione 4 perch
vi sono i quattro stati

(1)
3
=
300

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
3
=
31m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondenti tutti allautovalore
c
3
=
me
4
18
2
+

4
Per =
2
lo schema dei livelli si modica radicalmente: il primo livello eccitato
passa ad avere degenerazione 5 perch vi sono i cinque stati

(1)
1
=
100

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(2)
1
=
200

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,

(m=1,0,1)
1
=
21m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondenti tutti allautovalore
c
1
=
me
4
2
2
+
5
4
=
me
4
8
2
+

4
201
Il secondo livello eccitato ha degenerazione 4 perch vi sono i quattro stati

(1)
2
=
300

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
2
=
31m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
corrispondenti tutti allautovalore
c
2
=
me
4
18
2
+

4
Il terzo livello eccitato ha degenerazione 4 perch vi sono i quattro stati

(1)
3
=
200

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
3
=
21m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
corrispondenti tutti allautovalore
c
3
=
me
4
8
2
+
5
4
Per
2
< <
3
il primo livello eccitato ha degenerazione 4 perch vi sono i
quattro stati

(1)
1
=
200

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
1
=
21m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
corrispondenti tutti allautovalore
c
1
=
me
4
8
2
+

4
Il secondo livello eccitato risulta non degenere perch vi un solo stato

2
=
100

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
corrispondente allautovalore
c
2
=
me
4
2
2
+
5
4
Il terzo livello eccitato ha degenerazione 4 perch vi sono i quattro stati

(1)
3
=
300

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
3
=
31m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
corrispondenti tutti allautovalore
c
3
=
me
4
18
2
+

4
202 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Inne per =
3
il primo livello eccitato rimane inalterato rispetto al caso prece-
dente nella degenerazione e nellautovalore; il secondo livello eccitato passa ad evere
degenerazione 5 perch vi sono i cinque stati

(1)
2
=
300

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
2
=
31m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_

2
=
100

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
corrispondenti tutti allautovalore
c
2
=
me
4
18
2
+

4
=
me
4
2
2
+
5
4
Il terzo livello eccitato ha degenerazione 4 perch vi sono i quattro stati

(1)
3
=
200

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
(m=1,0,1)
3
=
31m

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
,
corrispondenti tutti allautovalore
c
3
=
me
4
8
2
+
5
4
Gli autostati di J
2
e J
z
si possono poi esprimere come combinazione lineare degli
autostati di L
z
e S
z
attraverso i coefcienti di Clebsch-Gordan

0,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
= [0, 0)

1
2
,
1
2
_

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
=
_
2
3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_

3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
=
1

3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_

_
2
3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
2) Dalle condizioni assegnate si deduce che al tempo t = 0 il sistema nello stato
relativo ai numeri quantici n = 2, l = 1, l
z
= 1, s
z
= 1/2. Nella base degli autostati
simultanei di L
z
e S
z
scriviamo tale stato iniziale nella forma
[
0
) =
211
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
203
Poich lhamiltoniana H, contenendo gli operatori J
2
e J
z
, commuta con essi, allora
tale espressione di [
0
) non autostato di He dunque per determinare levoluzione tem-
porale dello stato iniziale, dobbiamo espandere [
0
) nella base degli autostati simultanei
di J
2
e J
z
che sono anche autostati di H.
Invertendo le due relazioni contenenti l
z
= 1 e s
z
= 1/2 nei coefcienti di
Clebsch-Gordan, si ottiene
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
=
_
2
3

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
+
1

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
da cui segue che lo stato iniziale del sistema si esprime come combinazione degli
autostati di H nella forma
[
0
) =
211
_
_
2
3

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
+
1

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
_
Dallazione di Hsui suoi due autoket come combinazione lineare dei quali espres-
so lo stato iniziale [
0
)
H
_

211

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
__
=
_
E
2
+

4
_
_

211

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
__
e
H
_

211

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
__
=
_
E
2
+
13
4
_ _

211

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
__
segue che levoluzione temporale dello stato iniziale [
0
) data da
[, t) =
211
_
_
2
3
e
i
1
t

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
+
e
i
2
t

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
_
=
=
211
_
2
3
e
i
1
t
_
_
2
3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_

3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
_
+
+
211
e
i
2
t

3
_
1

3
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
+
_
2
3
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
_
=
=
211
__
2e
i
1
t
3
+
e
i
2
t
3
_
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
+
+

2
3
_
e
i
2
t
e
i
1
t
_
[1, 0)

1
2
,
1
2
_
_
204 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
dove si posto

1
=
1

_
E
2
+

4
_
e
2
=
1

_
E
2
+
13
4
_
3) Dallespressione di [, t) si ricava che L
z
al tempo t pu assumere il valore
l
z
= 1 con probabilit P(1) data dal quadrato del modulo del coefciente del ket
contenente [1, l
z
= 1) e il valore l
z
= 0 con probabilit P(0) data dal quadrato del
modulo del coefciente del ket contenente [1, l
z
= 0).
Abbiamo allora
P(1) =

2e
i

t
3
+
e
i

t
3

2
=
5
9
+
4
9
cos
_
3t

_
e
P(0) =

2
3
_
e
i

t
e
i

t
_

2
=
4
9

4
9
cos
_
3t

_
Osserviamo per concludere che vale P(1) + P(0) = 1 in ogni istante t e che per
t = 0 si ha P(1) = 1 perch nello stato iniziale il valore di L
z
appunto l
z
= 1.
Esercizio 10
Sia dato un sistema di due particelle identiche di massa m in due dimensioni connate
in una buca di potenziale dalle pareti innitamente alte. Lhamiltoniana H delle due
particelle data dallespressione
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+ U(r
1
) + U(r
2
)
dove per una singola particella si posto
p = (p
x
, p
y
) e U(r) = U(x, y) =
_
0 per (x, y) [0, L] [0, L]
+ altrimenti
1. Determinare lo spettro dellhamiltoniana, i relativi autostati e leventuale degene-
razione per lo stato fondamentale e il primo (o i primi) stato eccitato, nel caso che
le due particelle siano bosoni di spin zero o fermioni di spin 1/2;
2. calcolare, nel caso di due fermioni, come si modica lenergia degli stati di cui al
punto precedente se si aggiunge allhamiltoniana il termine
H =

(S
2
+S
z
)
dove S lo spin totale del sistema. Discutere leventuale degenerazione residua;
205
3. se si aggiunge allhamiltoniana la peturbazione
V (r
1
, r
2
) =

2
S
1
S
2
sin
2
x
1
L
sin
2
x
2
L
sin
2
y
1
L
sin
2
y
2
L
come si modica lenergia dello stato fondamentale al primordine nella teoria
delle perturbazioni?
4. come si modica la funzione donda dello stato fondamentale?
Soluzione dellesercizio 10
Osserviamo che lhamiltoniana separabile nella forma
H = H
x
1
+H
y
1
+H
x
2
+H
y
2
dove si posto
H
x
1
=
p
2
x
1
2m
+ U(x
1
), H
y
1
=
p
2
y
1
2m
+ U(y
1
),
H
x
2
=
p
2
x
2
2m
+ U(x
2
), H
y
2
=
p
2
y
2
2m
+ U(y
2
)
con U energia potenziale della particella libera connata nel segmento (0, L).
Dalla separazione delle variabili nellhamiltoniana, segue che la parte spaziale delle
autofunzioni di H data dal prodotto di quattro autofunzioni di singola particella libera
nel segmento, ciascuna della forma

n
(z) =
_
2
L
sin
nz
L
e gli autovalori di H sono dati dalla somma degli autovalori di singola particella libera
nel segmento dipendenti dai numeri quantici n
x
1
, n
y
1
, n
x
2
, n
y
2
, ciascuno della forma
E
n
=

2

2
n
2
2mL
2
Alla parte spaziale dovremo poi moltiplicare tensorialmente una parte di spin, se
le particelle hanno spin, in modo tale che le autofunzioni complessive siano totalmen-
te simmetriche o antisimmetriche per scambio delle due particelle a seconda che le
particelle siano rispettivamente bosoni o fermioni.
1) Se le particelle sono bosoni di spin zero, allora non avremo la parte di spin e
la parte spaziale rappresenter tutta lautofunzione e dovr essere simmetrica. Per tali
particelle abbiamo allora lo stato fondamentale non degenere dato da tutti e quattro i
numeri quantici pari a 1

1
(r
1
, r
2
) =
1
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
)
206 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
che si riconosce subito essere simmetrico con energia (autovalore) c
1
pari a
c
1
= 4E
1
= 4

2

2
2mL
2
=
2
2

2
mL
2
data dallequazione secolare
H
1
(r
1
, r
2
) = (E
1
+ E
1
+ E
1
+ E
1
)
1
(r
1
, r
2
) = (4E
1
)
1
(r
1
, r
2
)
Il primo stato eccitato dato dal prodotto delle quattro autofunzioni di singola parti-
cella in cui un solo numero quantico pari a 2 e gli altri tre sono pari a 1. Poich si pu
dare valore 2 di volta in volta ad uno dei quattro numeri quantici, allora sembrerebbe
che si possano avere quattro stati degeneri corrispondenti al primo livello eccitato.
Poich per le autofunzioni complessive debbono essere simmetriche, tale condi-
zione riduce la quantit di stati corrispondenti al primo livello eccitato soltanto a 2 che
sono

(1)
2
(r
1
, r
2
) =
1

2
[
2
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
) +
1
(x
1
)
1
(y
1
)
2
(x
2
)
1
(y
2
)]
e

(2)
2
(r
1
, r
2
) =
1

2
[
1
(x
1
)
2
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
) +
1
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
2
(y
2
)]
Lenergia del primo livello eccitato, avente degenerazione 2 perch in esso vi sono
questi due stati
2
, allora
c
2
= E
2
+ 3E
1
=
4
2

2
2mL
2
+ 3

2

2
2mL
2
=
7
2

2
2mL
2
data dallequazione secolare
H
2
(r
1
, r
2
) = (H
x
1
+H
y
1
+H
x
2
+H
y
2
)
2
(r
1
, r
2
) = (E
2
+ 3E
1
)
2
(r
1
, r
2
)
Se le particelle sono fermioni di spin 1/2, allora le autofunzioni sono date dal pro-
dotto tensoriale di una parte spaziale e di una parte di spin e dovranno essere totalmente
antisimmetriche per scambio delle due particelle.
Lo stato fondamentale dato dal prodotto della parte spaziale simmetrica avente
tutti i numeri quantici pari a 1 e della parte di spin antisimmetrica data dal singoletto,
ovvero si ha lo stato non degenere

1
(r
1
, r
2
) =
1
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
)

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
Il primo stato eccitato ha degenerazione 8 perch pu essere ottenuto moltiplican-
do tensorialmente una parte spaziale simmetrica per una parte di spin antisimmetrica
207
(singoletto), oppure una parte spaziale antisimmetrica per una parte di spin simmetrica
(data dai tre stati di tripletto), ovvero si hanno gli otto stati
2
(r
1
, r
2
) dati da
1

2
[
2
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
) +
1
(x
1
)
1
(y
1
)
2
(x
2
)
1
(y
2
)]

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
1

2
[
1
(x
1
)
2
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
) +
1
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
2
(y
2
)]

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
1

2
[
2
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
)
1
(x
1
)
1
(y
1
)
2
(x
2
)
1
(y
2
)]

1
2
,
1
2
; 1, s
z
_
1

2
[
1
(x
1
)
2
(y
1
)
1
(x
2
)
1
(y
2
)
1
(x
1
)
1
(y
1
)
1
(x
2
)
2
(y
2
)]

1
2
,
1
2
; 1, s
z
_
Le energie dello stato fondamentale e del primo livello eccitato nel caso fermionico
sono le stesse dei corrispondenti livelli bosonici, ovvero si ha
c
1
= 4E
1
=
2
2

2
mL
2
c
2
= E
2
+ 3E
1
=
4
2

2
2mL
2
+ 3

2

2
2mL
2
=
7
2

2
2mL
2
2) Se, nel caso fermionico, ad H aggiungiamo il termine
H =

(S
2
+S
z
)
allora lhamiltoniana diventa
H = H
x
1
+H
y
1
+H
x
2
+H
y
2
+

(S
2
+S
z
)
Poich si ha
H

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
= 3

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
, H

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
= 2

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
,
H

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
, H

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
= 0
segue che lenergia dello stato fondamentale rimane inalterata e gli otto stati del primo
livello eccitato sono autostati dellhamiltoniana totale non pi relativi alla medesima
energia. Come si pu facilmente vericare attraverso lequazione secolare, per effetto
del termine H si ha in particolare il seguente schema delle energie per gli otto stati

(k)
2
(r
1
, r
2
), k = 1, 2, ..., 8, del punto precedente
208 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
i due stati
2
(r
1
, r
2
) con il singoletto hanno energia inalterata c

2
= c
2
;
i due stati
2
(r
1
, r
2
) con s
z
= 1 hanno energia c

2
= c
2
+ 3;
i due stati
2
(r
1
, r
2
) con s
z
= 0 hanno energia c

2
= c
2
+ 2;
i due stati
2
(r
1
, r
2
) con s
z
= 1 hanno energia c

2
= c
2
+
Come si vede, il termine H rimuove solo in parte la degenerazione: la degene-
razione residua (degenerazione doppia per ogni livello c

2
) dovuta al fatto che tale
termine Hnon distingue le parti spaziali, simmetrica o antisimmetrica, della funzione
donda.
Il nuovo primo livello eccitato diventa allora, per effetto del termine H, il livel-
lo (doppiamente degenere) dato dalle funzioni donda
(1)
2
(r
1
, r
2
),
(2)
2
(r
1
, r
2
) avente
energia
c

2
= c
2
=
7
2

2
2mL
2
3) Il termine S
1
S
2
nella perturbazione assegnata pu essere scritto nella forma
S
1
S
2
=
1
2
(S S
2
1
S
2
2
)
da cui otteniamo
(S
1
S
2
) [0, 0) =
_
1
2
(S S
2
1
S
2
2
)
_
[0, 0) =
3
2
4
[0, 0)
Scrivendo il termine di perturbazione nella forma
V (x
1
, y
1
, x
2
, y
2
) =

2
S
1
S
2
L
4
16

2
1
(x
1
)
2
1
(y
1
)
2
1
(x
2
)
2
1
(y
2
)
dove con
1
(z) si intende lautofunzione relativa a n = 1 della singola particella nel
segmento, abbiamo che al primo ordine nella teoria delle perturbazioni lenergia dello
stato fondamentale diventa
c
TOT
1
= c

1
+ c
1
dove c
1
dato dalla relazione

1
(r
1
, r
2
)[V [
1
(r
1
, r
2
) ) =
_

3
4
_ _
L
4
16
_ __
L
0

1
(z)
3
1
(z) dz
_
4
=
=
12

4

__

0
sin
4
z dz
_
4
=
243
1024

209
4) Per effetto della perturbazione lo stato fondamentale
1
(r
1
, r
2
) si modica e di-
venta

1
(r
1
, r
2
), ottenuto mediante la relazione della teoria perturbativa indipendente
dal tempo e non degenere in cui omessa la dipendenza della funzione donda dalle
variabili r
1
, r
2

1
=
1
+

k=1

k
[V [
1
)
c
1
c
k

k
(11.1)
Per calcolare gli elementi di matrice
k
[V [
1
), semplichiamo la notazione ponen-
do

n
1
(x
1
)
n
2
(y
1
)
n
3
(x
2
)
n
4
(y
2
) :=
(n
1
,n
2
)(n
3
,n
4
)
e utilizziamo gli integrali
I
n
=
_
L
0

n
(x)
3
1
(x) dx =
4
L
_

0
sin nx sin
3
xdx =
=
1
4L
_

0
[e
i (n+3) x
+e
i (n+3) x
3 e
i (n+1) x
3 e
i (n+1) x
+3 e
i (n1) x
+3 e
i (n1) x
+
e
i (n3) x
e
i (n3) x
] dx =
3
2L

1n

1
2L

3n
(11.2)
Poich abbiamo
V [
1
) =
3
4

L
4
16

3
1
(x
1
)
3
1
(y
1
)
3
1
(x
2
)
3
1
(y
2
) [0, 0)
segue che gli unici elementi di matrice
k
[V [
1
) diversi da zero sono quelli in cui
k
data dal prodotto di una parte spaziale (simmetrica) contenente soltanto i due numeri
quantici 1 e 3 per la parte di spin antisimmetrica data dal singoletto.
In particolare abbiamo che tali elementi di matrice
k
[V [
1
) sono diversi da zero
soltanto per le seguenti funzioni donda
k
:

a
=
(3,3)(3,3)
[0, 0)
b
=
(3,1)(3,1)
[0, 0)
c
=
(1,3)(1,3)
[0, 0)

d
=
1

2
(
(3,1)(1,3)
+
(1,3)(3,1)
) [0, 0)
e
=
1

2
(
(3,3)(1,1)
+
(1,1)(3,3)
) [0, 0)

f
=
1

2
(
(3,3)(3,1)
+
(3,1)(3,3)
) [0, 0)
g
=
1

2
(
(3,3)(1,3)
+
(1,3)(3,3)
) [0, 0)

h
=
1

2
(
(3,1)(1,1)
+
(1,1)(3,1)
) [0, 0)
i
=
1

2
(
(1,3)(1,1)
+
(1,1)(1,3)
) [0, 0)
In virt degli integrali (11.2), si ha

a
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
(I
3
)
4
=
3
1024

210 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO

b
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
(I
3
)
2
(I
1
)
2
=
27
1024

c
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
(I
3
)
2
(I
1
)
2
=
27
1024

d
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
2

2
(I
3
)
2
(I
1
)
2
=
27

2
1024

e
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
2

2
(I
3
)
2
(I
1
)
2
=
27

2
1024

f
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
2

2
(I
3
)
3
(I
1
) =
9

2
1024

g
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
2

2
(I
3
)
3
(I
1
) =
9

2
1024

h
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
2

2
(I
3
) (I
1
)
3
=
81

2
1024

i
[V [
1
) =
3
4

L
4
16
2

2
(I
3
) (I
1
)
3
=
81

2
1024

Inserendo tali elementi di matrice nella (11.1), si ottiene lo stato fondamentale
perturbato

1
=

1
(r
1
, r
2
) dato da

1
(r
1
, r
2
) =
1
(r
1
, r
2
) +
3mL
2
2
14

2

a
(r
1
, r
2
)+
+
27 mL
2
2
13

2

b
(r
1
, r
2
) +
27 mL
2
2
13

2

c
(r
1
, r
2
)+
+
27

2 mL
2
2
13

2

d
(r
1
, r
2
) +
27

2 mL
2
2
13

2

e
(r
1
, r
2
)
3

2 mL
2
2
12

2

f
(r
1
, r
2
)+

2 mL
2
2
12

2

g
(r
1
, r
2
)
81

2 mL
2
2
12

2

h
(r
1
, r
2
)
81

2 mL
2
2
12

2

i
(r
1
, r
2
)
Esercizio 11
Sia dato un sistema di due particelle identiche di massa m in due dimensioni connate
in una buca di potenziale dalle pareti innitamente alte. Lhamiltoniana H delle due
particelle data dallespressione
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+ U(r
1
) + U(r
2
)
211
dove per una singola particella si posto
p = (p
x
, p
y
) e U(r) = U(x, y) =
_
0 per (x, y) [0, L] [0, L]
+ altrimenti
1. Determinare lo spettro dellhamiltoniana, i relativi autostati e leventuale degene-
razione per lo stato fondamentale e il primo (o i primi) stato eccitato, nel caso che
le due particelle siano bosoni di spin zero o fermioni di spin 1/2;
2. calcolare, nel caso di due fermioni, come si modica lenergia degli stati di cui al
punto precedente se si aggiunge allhamiltoniana il termine
H =

(S
1
S
2
S
z
)
dove S lo spin totale del sistema. Discutere leventuale degenerazione residua;
3. se si aggiunge allhamiltoniana la peturbazione
V (r
1
, r
2
) = sin
2
2x
1
L
sin
2
2x
2
L
come si modica lenergia dello stato fondamentale al primordine nella teoria
delle perturbazioni?
4. come si modica la funzione donda dello stato fondamentale?
Soluzione dellesercizio 11
Per gli autovalori e per le autofunzioni della singola particella nel segmento utilizzeremo
la notazione dellesercizio precedente.
1) La risposta al primo quesito identica alla risposta al primo quesito nellesercizio
precedente.
2) Se, nel caso fermionico, ad H aggiungiamo il termine
H =

(S
1
S
2
S
z
)
allora lhamiltoniana diventa
H = H
x
1
+H
y
1
+H
x
2
+H
y
2
+

_
S S
2
1
S
2
2
2
S
z
_
Poich si ha
H

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=
3
4

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
, H

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
=
1
4

1
2
,
1
2
; 1, 0
_
,
212 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
H

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
=
5
4

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
, H

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
=
3
4

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
dallequazione secolare segue che lenergia dello stato fondamentale diventa
c

1
= c
1

3
4
=
2
2

2
mL
2

3
4

e che gli otto stati del primo livello eccitato sono autostati dellhamiltoniana totale non
pi relativi alla medesima energia. Come si pu facilmente vericare attraverso lequa-
zione secolare, per effetto del termine H si ha in particolare il seguente schema delle
energie per gli otto stati
2
(r
1
, r
2
) del punto precedente
i due stati con il singoletto e i due stati con s
z
= 1 hanno energia
c

2
= c
2

3
4
;
i due stati con s
z
= 0 hanno energia
c

2
= c
2
+
1
4
;
i due stati con s
z
= 1 hanno energia
c

2
= c
2
+
5
4

Come si vede, il termine H rimuove solo in parte la degenerazione: la degenera-


zione residua (degenerazione quadrupla per un livello c

2
e degenerazione doppia per gli
altri tre livelli c

2
) dovuta al fatto che tale termine H non distingue le parti spaziali,
simmetrica o antisimmetrica, della funzione donda.
Il nuovo primo livello eccitato diventa allora, per effetto del termine H, il livello,
avente degenerazione 4, dato dalle due funzioni donda
2
(r
1
, r
2
) con il singoletto e
dalle due funzioni donda
2
(r
1
, r
2
) con s
z
= 1 avente energia
c

2
= c
2
=
7
2

2
2mL
2

3
4

3) In conseguenza della perturbazione assegnata, abbiamo che al primo ordine nella


teoria delle perturbazioni lenergia dello stato fondamentale diventa
c
TOT
1
= c

1
+ c
1
213
dove c
1
, in virt della relazione 0, 0[0, 0) = 1, dato dalla relazione
c
1
=
1
(r
1
, r
2
)[V [
1
(r
1
, r
2
) ) =
=
16
L
4

__
L
0
sin
2
y
1
L
dy
1
_
2
__
L
0
sin
2
2x
1
L
sin
2
x
1
L
dx
1
_
2
=

4
4) Per calcolare gli elementi di matrice
k
[V [
1
) nella (11.1), utilizziamo gli
integrali
J
n
=
_
L
0

n
(x)
1
(x)
2
2
(x) dx =
4
L
_

0
sin nx sin x sin
2
2xdx =
=
1
4L
_

0
[e
i (n+5) x
+ e
i (n+5) x
e
i (n+3) x
e
i (n+3) x
2 e
i (n+1) x
2 e
i (n+1) x
+
+2 e
i (n1) x
+ 2 e
i (n1) x
+ e
i (n3) x
+ e
i (n3) x
e
i (n5) x
e
i (n5) x
] dx =
=
1
L

1n
+
1
2L

3n

1
2L

5n
(11.3)
Poich abbiamo
V [
1
) =
L
2
4
[
1
(x
1
)
2
2
(x
1
)]
1
(y
1
) [
1
(x
2
)
2
2
(x
2
)]
1
(y
2
) [0, 0)
segue che gli unici elementi di matrice
k
[V [
1
) diversi da zero sono quelli in cui
k
data dal prodotto di una parte spaziale (simmetrica) avente 1 come secondo e quarto
numero quantico, 1,3,5 come primo e terzo numero quantico per il singoletto di spin.
In particolare abbiamo che tali elementi di matrice
k
[V [
1
) sono diversi da zero
soltanto per le seguenti funzioni donda
k
:

a
=
(3,1)(3,1)
[0, 0) ,
b
=
(5,1)(5,1)
[0, 0) ,
c
=

(3,1)(5,1)
+
(5,1)(3,1)

2
[0, 0) ,

d
=
1

2
(
(3,1)(1,1)
+
(1,1)(3,1)
) [0, 0) ,
e
=
1

2
(
(5,1)(1,1)
+
(1,1)(5,1)
) [0, 0)
In virt degli integrali (11.3), si ha

a
[V [
1
) =
L
2
4
(J
3
)
2
1
2
=
1
16
,
b
[V [
1
) =
L
2
4
(J
5
)
2
1
2
=
1
16
,

c
[V [
1
) =
L
2
4
2

2
J
3
J
5
=

2
16
,
d
[V [
1
) =
L
2
4
2

2
J
1
J
3
=

2
8
,
214 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO

e
[V [
1
) =
L
2
4
2

2
J
1
J
5
1
2
=

2
8

Inserendo tali elementi di matrice nella (11.1), si ottiene lo stato fondamentale
perturbato

1
(r
1
, r
2
) dato da

1
=

1
(r
1
, r
2
) =
1
(r
1
, r
2
)
mL
2
128
2

2

a
(r
1
, r
2
)
mL
2
384
2

2

b
(r
1
, r
2
)+
+

2 mL
2
256
2

2

c
(r
1
, r
2
)

2 mL
2
32
2

2

d
(r
1
, r
2
) +

2 mL
2
96
2

2

e
(r
1
, r
2
)
Esercizio 12
Due particelle identiche sono vincolate a muoversi sul segmento [0, L] in una dimensio-
ne con hamiltoniana
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+

S
1

S
2
con 0 < <
3
2

2
4mL
2
Nel caso che le due particelle siano fermioni di spin 1/2 e al variare di nellin-
tervallo assegnato:
1. calcolare il valore esatto dei due livelli energetici pi bassi e discutere la loro
degenerazione;
2. se allhamiltoniana si aggiunge la perturbazione V = (S
1x
+ S
2x
), calco-
lare come si modicano i due livelli energetici pi bassi.
Nel caso che le due particelle siano bosoni di spin 1 e al variare di nellintervallo
assegnato, calcolare il valore esatto dei due livelli energetici pi bassi e discutere
la loro degenerazione.
Soluzione dellesercizio 12
Per gli autovalori e per le autofunzioni della singola particella nel segmento utilizzeremo
la notazione dellesercizio precedente.
Per il caso fermionico, poniamo

S
1
+

S
2
=

S e scriviamo lhamiltoniana nella forma
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+

2
_

S
2

3
2
_
215
dove si ha

2
_

S
2

3
2
_
=
_

4
per S = 1 (tripletto simmetrico)
3
4
per S = 0 (singoletto antisimmetrico)
1) Poich la funzione donda fermionica deve essere complessivamente antisim-
metrica per scambio delle due particelle, allora si ha che lo stato fondamentale non
degenere perch ha la sola autofunzione

1
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
1
(x
1
)
1
(x
2
)

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
a cui corrisponde il livello energetico
E
1
=

2

2
2mL
2
+

2

2
2mL
2

3
4
=

2

2
mL
2

3
4
Segue poi che anche il primo stato eccitato non degenere perch ha la sola auto-
funzione data dal prodotto tensoriale fra la parte spaziale (costruita simmetrica) con un
numero quantico pari a 2 e laltro numero quantico pari a 1 per il singoletto (antisim-
metrico) di spin

2
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
1

2
[
2
(x
1
)
1
(x
2
) +
1
(x
1
)
2
(x
2
)]

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
a cui corrisponde il livello energetico
E
2
=
4
2

2
2mL
2
+

2

2
2mL
2

3
4
=
5
2

2
2mL
2

3
4
2) Esprimendo
S
1x
=
S
1+
+ S
1
2
e S
2x
=
S
2+
+ S
2
2
e

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
=
1

2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
_

1
2
,
1
2
__
si ottiene
(S
1x
+ S
2x
)

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
= 0
da cui segue
1
[V [
1
) =
2
[V [
2
) = 0, ovvero deduciamo che i due livelli energetici
pi bassi non vengono modicati dalla perturbazione V assegnata.
216 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Nel caso bosonico con s = 1, poniamo

S
1
+

S
2
=

S e scriviamo lhamiltoniana
nella forma
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+

2
(

S
2
4)
dove si ha

2
(

S
2
4) =
_
_
_
per S = 2 (pentupletto simmetrico)
per S = 1 (tripletto antisimmetrico)
2 per S = 0 (singoletto simmetrico)
Poich la funzione donda bosonica deve essere complessivamente simmetrica per
scambio delle due particelle, allora si ha che lo stato fondamentale ha autofunzione

1
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
1
(x
1
)
1
(x
2
)

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
a cui corrisponde il livello energetico
E
1
=

2

2
2mL
2
+

2

2
2mL
2
2 =

2

2
mL
2
2
e dunque non degenere.
Per ottenere poi il primo stato eccitato, dobbiamo confrontare i livelli energetici di
due funzioni donda: la prima, indicata con
a
, data dal prodotto tensoriale fra la parte
spaziale (costruita simmetrica) con un numero quantico pari a 2 e laltro pari a 1 per il
singoletto (simmetrico) di spin, mentre la seconda, indicata con
b
, data dal prodotto
tensoriale fra la parte spaziale (simmetrica) con entrambi i numeri quantici pari a 1 per
il pentupletto (simmetrico) di spin.
Si ha

a
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
1

2
[
2
(x
1
)
1
(x
2
) +
1
(x
1
)
2
(x
2
)] [1, 1; 0, 0)
a cui corrisponde il livello energetico
E
a
=
4
2

2
2mL
2
+

2

2
2mL
2
2 =
5
2

2
2mL
2
2
e

b
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
1
(x
1
)
1
(x
2
) [1, 1; 2, s
z
)
a cui corrisponde il livello energetico
E
b
=

2

2
2mL
2
+

2

2
2mL
2
+ =

2

2
mL
2
+
217
A questo punto se vale
0 < <

2

2
2mL
2
allora segue la disuguaglianza E
a
> E
b
e concludiamo che il primo stato eccitato,
indicato con
2
, dato da

2
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
b
(x
1
, x
2
, S, S
z
)
a cui corrisponde il livello energetico E
2
= E
b
avente degenerazione pari a 5 dovuta al
pentupletto (simmetrico) di spin.
Se invece vale

2
2mL
2
< <
3
2

2
4mL
2
allora segue la disuguaglianza E
b
> E
a
e concludiamo che il primo stato eccitato,
indicato sempre con
2
, dato da

2
(x
1
, x
2
, S, S
z
) =
a
(x
1
, x
2
, S, S
z
)
a cui corrisponde il livello energetico E
2
= E
a
che non degenere perch dato dal
singoletto (simmetrico) di spin.
Se inne vale
=

2

2
2mL
2
allora si ha E
a
= E
b
da cui segue che il primo stato eccitato ha degenerazione 6 perch
in esso vi sono lo stato
a
(x
1
, x
2
, S, S
z
) con il singoletto e i cinque stati
b
(x
1
, x
2
, S, S
z
)
con il pentupletto.
Esercizio 13
Siano date due particelle identiche di spin 1/2 descritte dallhamiltoniana
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m

g
2
[r
1
r
2
[
+
2

S
1


S
2
con 0 < <
mg
4
32
3
.
1. Determinare lo stato fondamentale e i primi due livelli eccitati dellhamiltoniana
discutendone la degenerazione con nellintervallo assegnato;
2. data la perturbazione V = [r
1
r
2
[, calcolare, al primo ordine nella teoria delle
perturbazioni, lo spostamento di energia dello stato fondamentale.
218 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Soluzione dellesercizio 13
1,2) Eseguendo il cambio di variabili
r =
r
1
r
2

2
e

R =
r
1
+r
2

2
(11.4)
lhamiltoniana del sistema diventa
H =

P
2
2m
+
_
p
2
2m

g
2
r
_
+

S
2

3
2
2
_
dove si posto

P = m

R e p = m

r.
Se invece avessimo eseguito il cambio di variabili r = r
1
r
2
e

R uguale alla
posizione del baricentro, allora avremmo trovato al denominatore di

P
2
la massa totale
del sistema M = 2m e al denominatore di p
2
la massa ridotta = m/2.
Considerando soltanto il moto legato relativo (cio trascurando il moto del baricen-
tro come particella libera), abbiamo che gli autovalori sono dati dalla somma dellauto-
valore E
n
dellatomo di idrogeno e del termine di spin.
Le autofunzioni saranno invece date dal prodotto tensoriale delle autofunzioni del-
latomo didrogeno per le autofunzioni del termine di spin opportune in base alla richie-
sta di simmetrizzazione o antisimmetrizzazione.
Osservando che nel sistema di due particelle loperatore di scambio delle particelle
stesse coincide con loperatore di parit perch, a meno del radicale, r
2
r
1
= r,
segue allora che unautofunzione dellatomo di idrogeno ha la medesima parit della
sua armonica sferica, ovvero simmetrica per scambio delle due particelle se il suo
numero quantico l pari ed invece antisimmetrica se il numero quantico l dispari.
Ricordando che la funzione donda (fermionica) deve essere complessivamente an-
tisimmetrica per scambio delle due particelle e utilizzando per il termine di spin la base
degli autovettori di S
2
, S
z
, abbiamo che gli autovalori di H e gli undici stati di energia
pi bassa sono

100

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
con energia c
1
=
mg
4
2
2

3
2

200

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
con energia c
2
=
mg
4
8
2

3
2

21m

1
2
,
1
2
; 1, s
z
_
con energia c
3
=
mg
4
8
2
+
1
2

dove gli autovalori c


1
, c
2
sono non degeneri e lautovalore c
3
ha degenerazione 9 perch
i numeri quantici m e s
z
assumono i valori 1, 0, 1.
219
Dalla condizione
0 < <
mg
4
32
3
segue poi la disuguaglianza

mg
4
8
2
+
1
2
<
mg
4
18
2

3
2

in virt della quale possiamo concludere che lenergia degli stati corrispondenti al nu-
mero quantico n = 3 dellatomo didrogeno maggiore dellenergia degli stati corri-
spondenti a n = 2.
3) Per determinare c
1
(dove c
1
lenergia dello stato fondamentale) conseguente
allaccensione della perturbazione V , applichiamo la formula
c
1
=
100
[V [
100
)0, 0[0, 0) =

a
0
_
+
0
r e
2r/a
0
4r
2
dr =
3
2
a
0
perch la perturbazione agisce solo sulla parte spaziale e nella separazione dei termini
spaziali da quelli di spin si ha 0, 0[0, 0) = 1. In tale calcolo il parametro a
0
indica il
raggio di Bohr dellatomo di idrogeno.
Esercizio 14
Lhamiltoniana di una particella di spin 1/2 data dallespressione
H =

2
(2J
2
+J
z
)
dove J = L +S il momento angolare totale e J
z
la componente lungo lasse z.
Allistante t = 0 lo stato della particella dato da
[) = N
_
[1, 1)

1
2
,
1
2
_

2 [2, 1)

1
2
,
1
2
_
+ e
i

3 [1, 1)

1
2
,
1
2
_ _
1. Determinare lo spettro dellhamiltoniana;
2. determinare il valore della costante N in modo che valga [) = 1;
3. determinare la fase in modo che [S
x
[) assuma valore massimo;
4. se si effettua su questo stato una misura di L
2
, L
z
, S
z
, J
2
, J
z
, stabilire quali valori
si possono ottenere e con quali probabilit;
5. determinare lo stato allistante t generico.
220 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Soluzione dellesercizio 14
1) Lo spettro dellhamiltoniana dato da
E = [2j(j + 1) +j
z
]
2) Si ha
[) = [N[
2
(1 + 2 + 3) = 6 [N[
2
da cui segue che lo stato assegnato [) normalizzato a 1 se la costante N, scelta reale
e positiva, ha il valore
N =
1

6
3) Si ha
[S
x
[) =
1
2
[(S
+
+ S

)[) =
1

12
cos
da cui segue che [S
x
[) massimo per = 0.
4) Lo stato iniziale [) assegnato nella base degli autostati simultanei degli opera-
tori L
2
, S
2
, L
z
, S
z
e per = 0 dato da
[) =
1

6
[1, 1)

1
2
,
1
2
_

3
[2, 1)

1
2
,
1
2
_
+
1

2
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
Effettuando una misura di L
2
si ottengono i possibili valori
l
2
= 1(1 + 1) = 2 con probabilit P(2) =
1
6
+
1
2
=
2
3
l
2
= 2 (2 + 1) = 6 con probabilit P(6) =
1
3
Effettuando una misura di L
z
si ottiene il valore l
z
= 1 con probabilit 1 perch i tre
ket come combinazione dei quali si esprime lo stato [) contengono appunto soltanto il
numero quantico l
z
= 1.
Effettuando una misura di S
z
si ottengono i possibili valori
s
z
=
1
2
con probabilit P
_

1
2
_
=
1
6
+
1
3
=
1
2
s
z
=
1
2
con probabilit P
_
1
2
_
=
1
2
221
Per determinare i valori di una misura di J
2
e J
z
con le rispettive probabilit, dob-
biamo esprimere lo stato [) nella base degli autostati simultanei dei quattro operatori
lineari L
2
, S
2
, J
2
, J
z
scritti nella forma [l, s; j, j
z
).
Effettuando il cambio di base mediante i coefcienti di Clebsch-Gordan, abbiamo
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
=
1

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_

_
2
3

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
[2, 1)

1
2
,
1
2
_
=
_
2
5

2,
1
2
;
5
2
,
1
2
_
+
_
3
5

2,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
[1, 1)

1
2
,
1
2
_
=

1,
1
2
;
3
2
,
3
2
_
da cui segue che in questa base lo stato iniziale [) assume lespressione
[) =
_
2
15

2,
1
2
;
5
2
,
1
2
_
+
1

1,
1
2
;
3
2
,
3
2
_
+
1

18

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
+

2,
1
2
;
3
2
,
1
2
_

1
3

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
Considerando i valori di j, j
z
e i coeffcienti dei ket corrispondenti, si ha che una
misura di J
2
pu dare i possibili valori
j
2
=
5
2
_
5
2
+ 1
_
=
35
4
con probabilit P
_
35
4
_
=
2
15
j
2
=
3
2
_
3
2
+ 1
_
=
15
4
con probabilit P
_
15
4
_
=
1
2
+
1
18
+
1
5
=
34
45
j
2
=
1
2
_
1
2
+ 1
_
=
3
4
con probabilit P
_
3
4
_
=
1
9
e una misura di J
z
pu dare i possibili valori
j
z
=
3
2
con probabilit P
_
3
2
_
=
1
2
j
z
=
1
2
con probabilit P
_
1
2
_
=
2
15
+
1
18
+
1
5
+
1
9
=
1
2
222 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
5) Facendo agire loperatore di evoluzione temporale sullo stato iniziale [, 0), si
ottiene lo stato [, t) al generico tempo t, dato da
[, t) = e
i
H

t
[, 0) =
=
_
2
15
e
18i

2,
1
2
;
5
2
,
1
2
_
+
1

2
e
9i

1,
1
2
;
3
2
,
3
2
_
+
+
1

18
e
8i

1,
1
2
;
3
2
,
1
2
_

5
e
8i

2,
1
2
;
3
2
,
1
2
_

1
3
e
2i

1,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
Esercizio 15
Lhamiltoniana di una particella di spin 1/2 in tre dimensioni data da
H =
p
2
2m
+
m
2
r
2
2
e lo stato iniziale dato dalla funzione donda

0
(x, y, z; s
z
) = x, y, z [
0
)
+
= N (x
2
+ y
2
) e

mr
2
2

+
dove
+
lo spinore autostato di S
z
con autovalore /2.
Determinare:
1. il valore della costante N afnch lo stato iniziale sia normalizzato;
2. la funzione donda del sistema al tempo t generico;
3. i possibili risultati di una misura dellenergia e le relative probabilit;
4. i possibili risultati di una misura di J
2
e J
z
con le relative probailit, dove J il
momento angolare totale J = L +S.
Soluzione dellesercizio 15
1) Per determinare N imponiamo che lintegrale esteso a tutto lo spazio
3
del
quadrato del modulo dello stato assegnato valga 1. Sviluppando tale integrale si ottiene
1 =
_
[
0
[
2
dr = [N[
2
_

3
(x
2
+ y
2
)
2
e

mr
2

=
223
= [N[
2
_
(r
2
z
2
)
2
e

mr
2

r
2
dr sin d d =
= [N[
2
2
_
(r
6
+ z
4
r
2
2z
2
r
4
) e

mr
2

dr sin d =
= [N[
2
2
__

0
r
6
e

mr
2

dr
_ _

0
(sin + sin cos
4
2 sin cos
2
) d =
= 2
3/2
_

m
_
7/2
[N[
2
da cui otteniamo
N =
1

2
_
m

_
3/4
m

2) Per determinare la funzione donda al tempo t, occorre trasformare lo stato ini-


ziale in una combinazione lineare di autostati dellhamiltoniana H (che osserviamo es-
sere lhamiltoniana di un oscillatore armonico isotropo). Omettendo nella scrittura, per
semplicit di notazione, di trascrivere pi volte lo spinore, abbiamo lo sviluppo

0
(x, y, z; s
z
) = x, y, z[
0
) =
1

2
_
m

_
3/4
m

_
x
2
e

mx
2
2
_
e

my
2
2
e

mz
2
2
+
+
1

2
_
m

_
3/4
m

mx
2
2
_
y
2
e

my
2
2
_
e

mz
2
2
grazie al quale, utilizzando per le variabili x, y le autofunzioni relative allo stato fonda-
mentale e al secondo stato eccitato delloscillatore armonico unidimensionale e passan-
do alla notazione di Dirac [n
x
, n
y
, n
z
), indichiamo lo stato iniziale con il ket
[
0
) =
1
2
[2, 0, 0) +
1

2
[0, 0, 0) +
1
2
[0, 2, 0)
Applicando loperatore di evoluzione temporale, si scrive inne lo stato al tempo t
[, t) =
1
2
e

7
2
it
[2, 0, 0) +
1

2
e

3
2
it
[0, 0, 0) +
1
2
e

7
2
it
[0, 2, 0) =
=
1
2
[2, 0, 0) +
1

2
e
2it
[0, 0, 0) +
1
2
[0, 2, 0)
avendo messo in evidenza e quindi eliminato un fattore di fase irrilevante.
3) Poich lo stato iniziale espresso come combinazione lineare di autostati del-
lenergia, allora i possibili valori di una misura dellenergia stessa sono gli autovalori
224 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
relativi agli autostati che compaiono nello stato iniziale assegnato e le probabilit di tali
risultati sono i quadrati dei moduli dei coefcienti degli autoket corrispondenti.
Una misura dellenergia fornisce allora il risultato
E
0
=
3
2

con probabilit
P
_
3
2

_
=
1
2
perch il ket [0, 0, 0) autostato di H con autovalore E
0
e il risultato
E
2
=
7
2

con probabilit
P
_
7
2

_
=
1
4
+
1
4
=
1
2
perch i ket [2, 0, 0) e [0, 2, 0) sono autostati di H con autovalore E
2
.
4) Per determinare i valori di una misura di J
2
e J
z
, conveniente esprimere lo
stato ottenuto [, t) come combinazione lineare di autostati di J
2
e J
z
in modo che i
possibili valori di una misura di tali osservabili siano gli autovalori relativi agli autostati
che compaiono nello stato e le probabilit dei risultati stessi siano i quadrati dei moduli
dei coefcienti degli autoket corrispondenti.
Esprimendo i ket in termini di coordinate sferiche attraverso gli opportuni prodotti
scalari e scrivendo di nuovo anche lo spinore, si ottiene la funzione donda allistante di
tempo t generico nella forma
x, y, z[, t) =
1
2
x, y, z[2, 0, 0) +
1
2
x, y, z[0, 2, 0) +
e
2it

2
x, y, z[0, 0, 0) =
=
1

2
_
m

_
3/4
e

mr
2
2
_
m

(x
2
+ y
2
) + e
2it
1
_

1
2
,
1
2
_
=
=
_

2
_
m

_
3/4
e

mr
2
2
__
4mr
2
3
+ 2 e
2it
2
_
Y
00

4mr
2
3

5
Y
20
_

1
2
,
1
2
_
perch si ha
sin
2
= x
2
+ y
2
=
4
3

Y
00
(, )
4
3

Y
20
(, )
225
Rappresentando ora le armoniche sferiche con la notazione Y
l,m
= [l, m) e passando,
mediante i coefcienti di Clebsch-Gordan, alla base degli autostati di J
2
e J
z
, indicati
con il simbolo [l, s; j, j
z
), otteniamo la funzione donda al tempo t nella forma
[, t) = A[0, 0)

1
2
,
1
2
_
+ B[2, 0)

1
2
,
1
2
_
=
= A

0 ,
1
2
;
1
2
,
1
2
_
B
_
2
5

2 ,
1
2
;
3
2
,
1
2
_
B
_
3
5

2 ,
1
2
;
5
2
,
1
2
_
dove si posto
A =
_

2
_
m

_
3/4
_
4mr
2
3
+ 2 e
2it
2
_
e

mr
2
2
e
B =
_

2
_
m

_
3/4
4mr
2
3

5
e

mr
2
2
Poich siamo interessati alla probabilit di avere valori della misura di J
2
e J
z
, allora
i quadrati dei moduli dei coefcienti A e B, che hanno una dipendenza dalla coordinata
radiale r, debbono essere integrati rispetto a tale coordinata. Inoltre, poich il coef-
ciente B non ha dipendenza dal tempo, allora nelle probabilit nali dovr scomparire
anche la dipendenza dal tempo in [A[
2
, come in effetti risulter dallintegrale.
Considerando dunque i coefcienti degli autoket della combinazione lineare che
esprime [, t), si ha dunque
_

0
r
2
[A[
2
dr =
5
6
e
_

0
r
2
[B[
2
dr =
1
6
da cui otteniamo che una misura di J
2
fornisce i possibili valori
j
2
=
1
2
_
1
2
+ 1
_
=
3
4
con probabilit P
_
3
4
_
=
5
6
j
2
=
3
2
_
3
2
+ 1
_
=
15
4
con probabilit P
_
15
4
_
=
1
15
j
2
=
5
2
_
5
2
+ 1
_
=
35
4
con probabilit P
_
35
4
_
=
1
10
e una misura di J
z
pu dare soltanto il valore
j
z
=
1
2
con probabilit P
_
1
2
_
= 1
perch in tutti gli autoket della combinazione lineare che esprime [, t) il numero
quantico relativo a J
z
sempre appunto j
z
= 1/2.
226 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Esercizio 16
Sia dato un sistema di due particelle identiche di massa m e di spin 1/2, la cui hamilto-
niana data dallespressione
H
tot
=
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+
m
2
2
(r
2
1
+r
2
2
)
2

S
1
S
2
Etichettando lautostato dellhamiltoniana di singola particella
H =
p
2
2m
+
m
2
2
r
2
con i tre numeri interi [n) = [n
x
, n
y
, n
z
), corrispondenti allenergia E
n
, si consideri
allistante t = 0 lo stato iniziale del sistema
[
0
) =
1

3
( [1, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 0)
2
)

1
2
,
1
2
_
1

1
2
,
1
2
_
2
+
+
1

6
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
_
1

1
2
,
1
2
_
2

1
2
,
1
2
_
1

1
2
,
1
2
_
2
_
Determinare
1. lo stato fondamentale e il primo livello eccitato del sistema delle due particelle e
discuterne la degenerazione;
2. i possibili risultati di una misura dellenergia e le relative probabilit sullo stato
iniziale [
0
);
3. lo stato [, t) del sistema allistante t generico;
4. nello stato [, t) i possibili risultati di una misura delle osservabili J
2
e J
z
con le
relative probabilit, dove J = L + S rappresenta il momento angolare totale del
sistema, dato dalla somma del momento angolare orbitale totale L e dello spin
totale S.
Soluzione dellesercizio 16
Lhamiltoniana scrivibile nella forma
H
T
=
_
p
2
1
2m
+
1
2
m
2
r
2
1
_
+
_
p
2
2
2m
+
1
2
m
2
r
2
2
_

(S
2
S
2
1
S
2
2
) =
= H
1
+H
2
H
spin
227
e possiede autostati dati dal prodotto tensoriale di una parte spaziale e di una parte
spinoriale che debbono essere una simmetrica e laltra antisimmetrica per scambio delle
due particelle fermioniche.
Omettendo di riportare i due spin 1/2 nella scrittura degli autoket di S
2
e S
z
, la
composizione di due spin 1/2 d il singoletto antisimmetrico [0, 0) che per la relazione
H
spin
[0, 0) =
3
2
[0, 0)
autostato di H
spin
con autovalore (3/2) e d i tre stati di tripletto [1, s
z
) che per
la relazione
H
spin
[1, s
z
) =
1
2
[1, s
z
)
sono autostati di H
spin
con autovalore (1/2).
1) Il livello di energia pi bassa (stato fondamentale) del sistema dato allora dai
nove stati (degenerazione 9) aventi la forma
1

2
( [1, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 0)
2
) [1, s
z
)
1

2
( [0, 1, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[0, 1, 0)
2
) [1, s
z
)
1

2
( [0, 0, 1)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 1)
2
) [1, s
z
)
ai quali corrisponde lautovalore di energia
E
0
=
5
2
+
3
2

1
2
=
7
2

Il primo livello eccitato ha degenerazione 28 perch allautovalore di energia
E
1
=
3
2
+
3
2
+
3
2
=
9
2

corrisponde lautospazio individuato dai 28 stati indipendenti che sono


[0, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0),
1

2
( [1, 1, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[1, 1, 0)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [1, 0, 1)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 1)
2
) [1, s
z
),
228 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
1

2
( [0, 1, 1)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[0, 1, 1)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [1, 0, 0)
1
[0, 1, 0)
2
[0, 1, 0)
1
[1, 0, 0)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [1, 0, 0)
1
[0, 0, 1)
2
[0, 0, 1)
1
[1, 0, 0)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [0, 1, 0)
1
[0, 0, 1)
2
[0, 0, 1)
1
[0, 1, 0)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [2, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[2, 0, 0)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [0, 2, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[0, 2, 0)
2
) [1, s
z
),
1

2
( [0, 0, 2)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 2)
2
) [1, s
z
),
con s
z
= 1, 0, 1.
2) Riscriviamo lo stato assegnato a t = 0 nella forma in cui la parte di spin espressa
nella base degli autostati di S
2
e S
z
, essendo stata quindi effettuata la composizione degli
spin delle due particelle S
1
+ S
2
= S
[) =
1

3
[1, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 1, 1
_

3
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
+
+
1

3
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
Considerando i valori dellenergia E e i coeffcienti dei ket corrispondenti, si ha che
una misura dellenergia pu dare i possibili valori
E =
7
2
con probabilit P
_
7
2

_
=
1
3
+
1
3
=
2
3
E =
9
2
con probabilit P
_
9
2

_
=
1
3
3) Applicando loperatore di evoluzione temporale allo stato iniziale [, 0), si ottiene
la sua evoluzione temporale [, t) al generico tempo t, data dallo stato
[, t) = e
i
H

t
[, 0) =
229
=
_
1

3
e

7
2
it
[1, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

3
e

7
2
it
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 0)
2
_

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
+
+
1

3
e

9
2
it
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
=
=
1

3
[1, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 1, 1
_

3
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 1, 1
_
+
+
1

3
e
it
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
dove stato messo in evidenza e quindi eliminato un fattore di fase irrilevante.
4) Per determinare i possibili risultati e le relative probabilit di una misura delle
osservabili J
2
e J
z
sullo stato [), dobbiamo esprimere [) come combinazione lineare
di autostati simultanei di J
2
e J
z
.
Separando [1, 0, 0) in parte radiale e parte angolare, si ha
[1, 0, 0) =
4
_
4 m
5

3
x e

m
2
(x
2
+y
2
+z
2
)
=
4
_
4 m
5

3
r e

m
2
r
2
sin cos =
=
4
_
m
5

_
8
3
r e

m
2
r
2 1

2
(Y
1,1
Y
1,1
) =

R
1
(r)
1

2
(Y
1,1
Y
1,1
)
dove

R
1
(r) la parte radiale tale che
_
+
0
r
2
[

R
1
(r)]
2
dr = 1
Separando [0, 0, 0) in parte radiale e parte angolare, si ha
[0, 0, 0) =
4
_
m
3

3
e

m
2
r
2
=
4
_
16 m
3

m
2
r
2
Y
0,0
=

R
0
(r) Y
0,0
dove

R
0
(r) la parte radiale tale che
_
+
0
r
2
[

R
0
(r)]
2
dr = 1
A questo punto, componendo prima L
1
+L
2
= L e quindi L+S = J, esprimiamo,
con ovvio signicato della notazione,
[1, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[1, 1) =

R
1
(r
1
)

R
0
(r
2
)
1

2
[Y
1,1
(1) Y
1,1
(1)] Y
0,0
(2) [1, 1) =
230 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
=

R
1
(r
1
)

R
0
(r
2
)
1

2
[Y
1,1
(1) Y
0,0
(2) Y
1,1
(1) Y
0,0
(2)] [1, 1) =
=

R
1
(r
1
)

R
0
(r
2
)
1

2
( [1, 1) [1, 1) ) [1, 1) =
=

R
1
(r
1
)

R
0
(r
2
)
1

2
( [1, 1)[1, 1) [1, 1)[1, 1) ) =
=

R
1
(r
1
)

R
0
(r
2
)
1

2
_
1

6
[2, 0)
1

2
[1, 0) +
1

3
[0, 0) [2, 2)
_
Analogamente esprimiamo
[0, 0, 0)
1
[1, 0, 0)
2
[1, 1) =
=

R
0
(r
1
)

R
1
(r
2
)
1

2
_
1

6
[2, 0)
1

2
[1, 0) +
1

3
[0, 0) [2, 2)
_
e inne esprimiamo
[0, 0, 0)
1
[0, 0, 0)
2
[0, 0) =

R
0
(r
1
)

R
0
(r
2
) [0, 0)
Possiamo quindi sviluppare lo stato [, t) come combinazione lineare di autostati
simultanei degli operatori J
2
e J
z
[) =

R
1
(r
1
)

R
0
(r
2
)
_
1
6
[2, 0)
1

12
[1, 0) +
1

18
[0, 0)
1

6
[2, 2)
_
+

R
0
(r
1
)

R
1
(r
2
)
_
1
6
[2, 0)
1

12
[1, 0) +
1

18
[0, 0)
1

6
[2, 2)
_
+
+
1

R
0
(r
1
)

R
0
(r
2
) e
it
[0, 0)
Considerando i valori di j, j
z
e i coeffcienti dei ket corrispondenti, si ha che una
misura di J
2
pu dare i possibili valori
j
2
= 2 (2 + 1) = 6 con probabilit P(6) = 2
_
1
36
+
1
6
_
=
7
18
j
2
= 1 (1 + 1) = 2 con probabilit P(2) = 2
_
1
12
_
=
1
6
j
2
= 0 (1 + 0) = 0 con probabilit P(0) = 2
_
1
18
_
+
1
3
=
4
9
231
e una misura di J
z
pu dare i possibili valori
j
z
= 2 con probabilit P(2) = 2
_
1
6
_
=
1
3
j
z
= 0 con probabilit P(0) = 2
_
1
36
+
1
12
+
1
18
_
+
1
3
=
2
3
Osserviamo che i valori e le probabilit di una misura di J
2
e J
z
non dipendono dal
tempo perch gli operatori J
2
e J
z
commutano con lhamiltoniana del sistema.
Esercizio 17
Lhamiltoniana di un sistema di due particelle identiche di massa m data dallespres-
sione
H =
p
2
1
2m
+
p
2
2
2m
+
m
2
4
(r
1
r
2
)
2
+
m
2
4
(r
1
+r
2
)
2
Allistante t = 0, lo stato delle due particelle dato dallespressione

B
(r
1
, r
2
) = N
B
(r
1
r
2
)
2
e

m(r
1
r
2
)
2
4
e

m(r
1
+r
2
)
2
4
se le due particelle sono due bosoni di spin zero, mentre dato dallespressione

F
(r
1
, r
2
,

S, S
z
) = N
F
[(x
1
x
2
) i(y
1
y
2
)] e

m(r
1
r
2
)
2
4
e

m(r
1
+r
2
)
2
4
[1, 1)
se le due particelle sono due fermioni di spin 1/2, avendo indicato con [s, s
z
) lautostato
simultaneo del quadrato dello spin totale S del sistema e della sua componente S
z
lungo
lasse z.
Allistante t = 0 e nel caso in cui le due particelle siano bosoni, determinare:
1. il valore della costante N
B
di normalizzazione e i livelli di energia del siste-
ma;
2. i risultati possibili e le rispettive probabilit di una misura del quadrato
del momento angolare orbitale totale

L
2
(dove

L =

L
1
+

L
2
) e della sua
componente L
z
lungo lasse z.
Allistante t = 0 e nel caso in cui le due particelle siano fermioni di spin 1/2,
determinare:
1. il valore della costante N
F
di normalizzazione e i livelli di energia del siste-
ma;
232 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
2. i risultati possibili e le rispettive probabilit di una misura del quadrato del
momento angolare totale

J
2
(dove

J =

L+

S =

L
1
+

L
2
+

S
1
+

S
2
) e della
sua componente J
z
lungo lasse z;
3. come si modica il valore dellenergia E
0
dello stato fondamentale al pri-
mo ordine nella teoria delle perturbazioni, se si aggiunge allhamiltoniana il
termine V = (

S
1


S
2
)
2
.
Soluzione dellesercizio 17
Cominciando con il caso bosonico, consideriamo il cambio di variabili (11.4) la cui
matrice jacobiana ha il modulo del determinante pari a 1.
1) Per determinare la costante N
B
imponiamo che valga la condizione di normaliz-
zazione
_
[
B
(r
1
, r
2
)[ d
3
r
1
d
3
r
2
= 1
In virt del cambio di variabili (11.4) questultimo integrale diventa
4 [N
B
[
2
_
r
4
e

mr
2

mR
2

d
3
r d
3

R =
= 64
2
[N
B
[
2
_
r
6
e

mr
2

dr
_
R
2
e

mR
2

dR = 1
Utilizzando gli integrali gaussiani (estesi alla sola semiretta reale positiva), si ottiene
N
B
=
4
_
16m
10

3
225
10

6
Per determinare gli autovalori dellhamiltoniana, sostituiamo il cambio di variabili
dato dalle relazioni (11.4) nellhamiltoniana del sistema e otteniamo
H =
_
p
2
2m
+
1
2
m
2
r
2
_
+
_

P
2
2m
+
1
2
m
2
R
2
_
(11.5)
da cui si ricavano gli autovalori
E
n
1
,n
2
=
_
n
1
+
3
2
_
+
_
n
2
+
3
2
_
e le relative degenerazioni, essendo n
1
= n
1x
+ n
1y
+ n
1z
e n
2
= n
2x
+ n
2y
+ n
2z
.
2) Scrivendo la funzione donda nella forma, con ovvio signicato dei simboli

B
(r,

R) = f
1
(r) f
2
(R) [0, 0) [0, 0) = f
1
(r) f
2
(R) [0, 0; 0, 0)
233
si ricava che

L
2
ed L
z
assumono entrambi il valore 0 con probabilit 1.
Osserviamo che i valori e le probabilit di una misura di L
2
e L
z
non dipendono dal
tempo perch gli operatori L
2
e L
z
commutano con lhamiltoniana del sistema.
Per il caso fermionico, gli autovalori dellhamiltoniana del sistema sono gli stessi
del caso bosonico.
1) Per determinare la costante N
F
di normalizzazione, imponiamo, analogamente al
caso bosonico precedente, la condizione di normalizzazione
_
[
F
(r
1
, r
2
)[ d
3
r
1
d
3
r
2
= 1
Utilizzando di nuovo il cambio di variabili (11.4), otteniamo
2 [N
F
[
2
_
(x
2
+ y
2
) e

mr
2

mR
2

d
3
r d
3

R =
= 8 [N
F
[
2
_
(r
2
r
2
cos
2
) e

mr
2

d
3
r
_
R
2
e

mR
2

dR = 1
da cui si ricava
N
F
=
4
_
m
8

6
I livelli di energia sono gli stessi del caso bosonico perch lhamiltoniana non di-
pende dallo spin delle due particelle.
2) Componendo prima

L
1
+

L
2
=

L e quindi

L +

S =

J, scriviamo, con ovvio
signicato dei simboli, la funzione donda nella forma

F
(r,

R) = [ g
1
(r) g
2
(R) [1, 1) [0, 0) ] [1, 1) = g
1
(r) g
2
(R) [1, 1) [1, 1) =
= g
1
(r) g
2
(R)
_
1

6
[1, 1; 2, 0) +
1

2
[1, 1; 1, 0) +
1

3
[1, 1; 0, 0)
_
da cui ricaviamo che una misura di J
2
pu dare i possibili valori
j
2
= 2 (2 + 1) = 6 con probabilit P(6) =
1
6
j
2
= 1 (1 + 1) = 2 con probabilit P(2) =
1
2
j
2
= 0 (1 + 0) = 0 con probabilit P(0) =
1
3
e una misura di J
z
pu dare solo il valore
j
z
= 0 con probabilit P(0) = 1
234 CAPITOLO 11. QUALCHE ESERCIZIO
Come per il caso bosonico, osserviamo che i valori e le probabilit di una misu-
ra di J
2
e J
z
non dipendono dal tempo perch gli operatori J
2
e J
z
commutano con
lhamiltoniana del sistema.
3) Lo stato fondamentale [
0
) del sistema dato dal prodotto tensoriale degli stati
fondamentali dei due oscillatori armonici dellhamiltoniana (11.5), ovvero si ha
[
0
) = [0, 0, 0)

[0, 0, 0)

1
2
,
1
2
; 0, 0
_
Ponendo lespressione della perturbazione nella forma
V = (

S
1


S
2
)
2
= (2

S
2
1
+ 2

S
2
2
S
2
) = (3
2
S
2
)
si ottiene che lenergia dello stato fondamentale diventa E

= E
0
+c dove c dato
dallespressione della teoria delle perturbazioni indipendente dal tempo
c =
0
[ V [
0
) =
0
[ (3
2
S
2
) [
0
) = 3
2
Esercizio 18 (con soluzione senza svolgimento)
Lhamiltoniana di una particella di spin 1/2 e massa m, vincolata a muoversi sulla
supercie di una sfera di raggio R, data da
H =
L
2
2mR
2
+
2

L S
Se allistante t = 0 lo stato (iniziale) della particella rappresentato dalla funzione
donda

0
= Y
10

+
dove
+
rappresenta lo spinore autostato di S
z
relativo allautovalore /2, determinare
1. la funzione donda al tempo t generico;
2. la probabilit in funzione del tempo di trovare la particella nella situazione in cui
si abbia < /3 e S
z
= /2 .
Soluzione dellesercizio 18
1) La funzione donda al tempo t generico data da
(t) =
_
2
3
+
e
3it
3
_
Y
10

+
+

2
3
(1 e
3it
) Y
11

dove

rappresenta lo spinore autostato di S


z
relativo allautovalore /2.
2) La probabilit P che la particella abbia < /3 e S
z
= /2 , vale
P =
5
72
(1 cos 3t)
Bibliograa
[1] C. Cohen-Tannoudji, B. Diu, F. Laloe, Quantum Mechanics, John Wiley & Sons,
New York, 1977;
[2] P.A.M. Dirac, I principi della meccanica quantistica, Bollati Boringhieri, trad.
basata sulla quarta edizione inglese, Oxford University Press (Clarendon), 1958;
[3] R.P. Feynman, A.R. Hibbs, Quantum Mechanics and Path Integrals, McGraw-Hill,
New York, 1965;
[4] S. Gasiorowicz, Quantum Physics, John Wiley & Sons, New York, terza editione;
[5] A. Messiah, Quantum Mechanics, Dover publications, 2000;
[6] R. Shankar, Principles of Quantum Mechanics, Springer, 1994
[7] J.J. Sakurai, Meccanica quantistica moderna, Zanichelli, trad. basata sulledizione
inglese del 1994;
[8] L.I. Schiff, Quantum Mechanics (terza ed.), McGraw-Hill, New York, 1968;
[9] F. Schwabl, Meccanica quantistica, Zanichelli, trad. basata sulledizione Springer-
Verlag, New York, 1992.
235
Indice analitico
Armoniche sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . 119
Atomo di elio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
Autovalori degeneri . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
Bosoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
Bra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Coefcienti di Clebsch-Gordan . . . . . 129
Corpo nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
Planck . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Determinante di Slater . . . . . . . . . . . . . 159
Diffrazione degli elettroni . . . . . . . . . . . 13
Effetto Compton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
Equazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . 61
Esperimento di Stern-Gerlach . . . . . . . . . 7
Evoluzione temporale, operatore di . . . 56
Fermioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
Funzione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Funzione donda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Insieme completo di operatori . . . . . . . 27
Integrali gaussiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
Interpretazione probabilistica . . . . . . . . 21
Ket . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Lunghezza donda di De Broglie . . . . . 13
Misura di osservabili . . . . . . . . . . . . . . . . 24
collasso istantaneo . . . . . . . . . . 24, 52
Numeri di occupazione . . . . . . . . . . . . 170
Operatore di scambio . . . . . . . . . . . . . . 156
Operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
autoaggiunto o hermitiano . . . . . . . 17
hermitiano coniugato . . . . . . . . . . . 17
commutatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
equazione secolare . . . . . . . . . . . . . . 18
operatore di parit . . . . . . . . . . . . . . 84
operatori continui e spazi L
p
. . . . . 21
operatori unitari . . . . . . . . . . . . . . . . 31
proiettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
teorema spettrale . . . . . . . . . . . . . . . 19
Oscillatore di Fermi . . . . . . . . . . . . . . . 176
Parentesi di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . 31
Parit e scambio di particelle . . . . . . . 218
Pauli, principio di . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
Polinomi
di Hermite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
di Laguerre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150
di Legendre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
Principio di esclusione . . . . . . . . . . . . . 159
Principio di sovrapposizione . . . . . . . . . 14
Propagatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
Raggio di Bohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150
Spin, osservazione dello . . . . . . . . . . . . 124
Stati legati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
Stati stazionari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
Struttura ne, costante di . . . . . . . . . . . 150
Valor medio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
sviluppo con i ket . . . . . . . . . . . . . . . 20
Vettore di Lenz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
Vettori bra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Vettori ket . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
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