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Implantologia osteointegrata Il tessutoosseo un tessuto connettivo mineralizzato costituito dal cellule specializzate, fibre extracellulari di collagene, matrice fondamentale

e calicificata, elementi del midollo e vasi sanguigni. Le cellule interessate ne processo di rigenerazione-riparazione sono distinte in 4 tipologie: Pre-osteoblasti: producono e liberano le proteine morfogenetiche ossee BMP, fattori di crescita e di differenziamento che rappresentano modulatori osteoinduttivi dell'osteogenesi; questi elementi celleluri in seguito si trasformeranno in osteoblasti. Osteoblasti: cellule cubiche connesse da brevi e sottili prolungamenti presenti sulle superfici osse in accrescimento; sintetizzano matrice organica composta da fibre collagene e inoltre favoriscono la deposizione di sali di calcio provenienti dal sangue tra le fibre collagene. Proseguendo nel processo di calcificazione gli osteoblasti rimangono intrappolati in spazi chiamati lacune osse transformandosi in osteociti. Osteociti: cellule principali dell'osso maturo; presentano corpo appiattito e prolungamenti che si impegnano nei canalicoli scavati nella matrice. Hanno duplice funzione: da un lato producono molecole proteiche che possono innescare attivit cellulari per mantenere la struttura della sostanza interstiziale e dall'altro partecipano al rilascio di calcio in circolo, intervendo di fatto nella regolazione omeostatica di questo elemento. Osteoclasti: sono grandi cellule macrofagiche multinucleate fondamentali nei processi di riassorbimento-rimaneggiamento osseo. La loro azione si esplica grazie alla presenza di diversi enzimi che degradano il tessuto osseo: a livello corticale incidono nell'osso dei canali nei quali penetrano vasi e osteoblasti che poi depongono nuovo osso; a livello endostale e trabecolare si depositano sulla sup ossea creando piccole cavit, Lacune di Howship. Modalit di osteogenesi Pu avvenire mediante 3 modalit: Ossificazione endocondrale: foramzione di un modello cartilagineo successivamente sostituito da tessuto osseo. Ossa lunghe, base cranio e colonna vertebrale. Ossificazione intramembranosa: avviene mediante aggregazione di cellule mesenchimali attorno a vasi sanguigni, prosegue con differenziazione di tali cellule in osteoblasti-citi senza passare per modello caritlagineo. Ossa facciali, volta cranio, pelvi. Ossificazione apposizionale: dove gli osteoblasti appongono nuovo osso su superfici osse gi esistenti. Tipica dell'accrescimento e dei processi di rimaneggiamento. Organizzazione del tessuto osseo Osso corticale compatto: mineralizzato fino al 95% e 10-20 volte pi rigido dello spugnoso. Le lamelle sono disposte in maniera coesa le une alle altre dando all'osso una spetto continuo, queste possono presentarsi in tre modi: sistemi circonferenziali esterni: strati concentrici e paralleli alla superficie est dell'osso sistemi circonferenziali interni: come prima ma attorno alla midollare interna sistemi di Havers: con disposizione di strati lamellari concentrici attorno a canali vascolari, orientati secondo asse maggiore osso, detti OSTEONI. Osso trabecolare: presenta strati di osso organizzato in barre e spicole intrecciate, dette trabecole ossee, non vascolarizzate, prive di sistemi Haversiani. Producono una rete 3D con cavit intercomunicanti occupate da midollo osseo. Il sistema di nutrizione degli osteociti coinvolge direttamente la superficie midollare delle cavit. Normalmente composto dal 70% di tessuto molle. La densit delle trabecole varia ed maggiore a livello della corticale

Fasi dell'osteointegrazione Il posizionamento di un impinato dentale innesca nell'osso un processo di guarigione per ridare all'osso la sua forma originale, rinnovandone la struttura. Le principali fasi della guarigione sono: 1. formazione di un ematoma attorno all'impianto 2. accumulo di cellule infiammatorie e mesenchimali 3. rilascio e attivazione di mediatori del tessuto sottoposto a trauma 4. differenziazione degli osteoblasti con formazione di tessuto di granulazione 5. azione macrofagica di osteoclasti sul tessuto di granulazione 6. formazione di osso intrecciato 7. formazione di osso lamellare 8. rimodellamento osseo Inserimento impianto: L'interafaccia impinato-osso si presenta costiutita da osso corticale, tessuto midollare con frammenti ossei derivati dal processo di fresatura. Nella prima fase si evidenzia una forte migrazione di cellule mesenchimali e di cellule infiammatorie con il compito di smantellare i residui ossei. Dopo 7 gg: impianto sostenuto da contatti con le strutture trabecolari interrotte e dalla corticale circostante il collo dell'impianto. La fase infiammatoria si risolve e l'ematome lascia spazio alla formazione di tessuto di granulazione. I pre-osteoblasti si differenziano in osteoblasti e la proleferazione ossea inizia dalle zone limitrofe alla superficie implantare per poi migrare verso questa. Dopo 15gg: a livello della superficie dell'impianto e della filettatura assistitamo alla formazione di t osseo primario a fibre intrecciate, questo garantisce la rivascolarizzazione e il metabolismo per le cellule impegnate nella deposizione ossea. A livello del collo dell'impianto abbiamo osso compatto sottoposto a processi di rimodellamento a causa del danno anossico tissutale. Segue deposizione ossea sul tessuto preesistente simile a quello spugnoso. Questa la fase pi delicata dato la contemporaneit dei processi di rimodellamento corticali e l'incompleta mineralizzazione delle zone midollari del tessuto neoformato. Dopo 30gg: si inizia a formare l'osso lamellare anche se a la superficie dell'impianto rimane ancora ricoperta da osso a fibre intrecciate. Dopo 60gg: maggiore condensazione dell'osso attorno alla filettatura e alla superficie implantare, a livello midollare il tessuto osse in interfaccia presenta l'aspetto di una lamina dura di osso compatto, sembra che il carico protesico precoce o immediato sia in grado di intervenire sulla condensazione dell'osso midollare a livello dell'interfaccia. Dopo 90-180gg: sostituzione di osso primario con secondario molto pi avanzata a favore del secondo.

Differenze tra le diverse superfici implantari La superficie di contatto tra osso e impianto minima ad ottenere la stabilit della'impianto non mai stata valutata con certezza, certo che le differenze superfici implantari hanno un ruolo fondamentale in tale processo. Diversi studi depongono a favore della superficie ruvida rispetto alla superficie liscia, si riscontrano infatti miglioramenti sostanziali in termini di rapidit del processo di osteointegrazione, percentuale di contatto e resistenza alla torsione. In particolare le differenze di superficie di contatto tra le diverse superfici sono: superficie liscia o sabbiata a bassa ruvidit 20-25% superficie ti-plasma spray e con sup sabbiata alta ruvidit 30-40% superficie sabbiata e mordenzata 50-60%, inoltre presentano un minore riassorbimento osseo perimplantare superficie ricoperta da idrossiapatite 60-70%, caratterizzati da instabilit interfaccia ossoimpianto con tendenza a riassorbimento dell'idrossiapatite. La quantificazione della ruvidit di una superficie misurabile mediante il valore Sa che indica la deviazione standard da un piano di riferimento nelle tre dimensioni, la risposta cellulare osteogenica massima si ha con un valore di Sa=1.5. Tessuti molli perimplantari La formazione dell'attacco transmucoso avviene in occasione dell'inserimento dell'impianto per gli impianti ad una componente e in occasione della riapertura per gli impianti a due componenti. Le varie classi istologiche che ritroviamo nella sede dell'impianto sono: epitelio giunzionale: le cellule aderiscono alla superficie implantare mediante la formazione di emidesmosomi simili a quelli presenti tra t.molle e superficie dentale. presente inoltre un infiltrato infiammatorio, sotto tale epitelio, ricco in linfo T che dovrebbe avere la funzione di barriera nei confronti di stimoli antigenici provenienti dall'esterno connettivo sopracrestale: componente pi importante del sigillo perimplantare. un tessuto simil cicatriziale, ricco di fibre collagene, poco vascolarizzato e con scarsa cellularit. Le fibre connettivali decorrono in maniera parallela alla sup implantare potendo avere anche andamento circolare. Ampiezza biologica: questa ha dimensioni minime di 3-3.5mm, 2mm di ep giunzionale e 1.5 di connettivo sopracrestale. Non influenzata dalla tecnica chirurgica degli impianti in 1 o 2 tempi chirurgici ne dal tipo di impianto utilizzato. Impianti a 2 componenti: presentano una parte endo-ossea di ancoraggio e una parte transmucosa che consente il posizionamento della protesi. Il protocollo consiste di una parte chirurgica in cui avviene l'inserimento dell'impianto, sommerso sotto i t. molli nella fase di guarigione, utile al processo di osteointegrazione. Dopo 6-4mesi si ha una seconda fase chirurgica in cui l'impianto viene connesso con l'abutment protesico transmucoso. In seguito si vide che il posizionamento dell'impianto e dell'abutment in un unica soluzione consentiva prestazioni del tutto sovrapponibili. Alcuni studi dimostrano la presenza di una componente batterica, probabilmente avvenuta nella prima fase ch o nel momento in cui viene posizionato l'abutment. Tale componente batterica alla base della presenza di infiltrato infiammatorio a livello del gap tra impianto e componente transmucosa. Per questo motivo necessaria una assoluta precisione delle componenti protesiche, cos da ridurre al minimo il gap impianto-abutment; in caso contrario si avr una spiccata colonizzazione batterica in grado di compromettere la longevit dell'impianto. Impinati monocomponente: in cui la parte endo-ossea e transmucosa sono unite evitando la presenza di microgap. Solitamente posizionati in un unico intervento chirurgico, con la componente transmucosa affiorante all'interno della cavit orale e non sommmersa; questo permette sia l'osteointegrazione dell'impianto sia la formazione di un interfaccia tra impianto e tessuti molli.

Questa tipologia di impianti viene comunque ad essere sommersa nei settori estetici o in associazione con tecniche di tipo rigenerativo. Anche per questi impianti esiste la possibilit di una colonizzazione batterica ma, data la posizione sopragengivale, non ha influenze negative sui tessuti perimplantari. Con le opportune precauzioni e con una corretta tecnica chirurgica entrambe le soluzioni sono comunque affidabili ed efficaci dal punto di vista clinico.

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