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Ricostruzione
della dinamica degli incidenti stradali Principi e applicazioni
UNIVERSITY
FIRENZE
PRESS
Comitato SCientifiCo Dario Vangi, Universit di Firenze (Direttore) renzo Capitani, Universit di Firenze anna moranDi, Universit di Pavia, Centro interdipartimentale ricerche sulla sicurezza stradale antonio pagano, Ministero dei Trasporti, Motorizzazione Civile paolo paSColo, Universit di Udine luCio pinChera, Key Safety Systems Virginio riVano, EVU-Associazione europea per lo studio e lanalisi degli incidenti hermann Steffan, Universit di Graz (Austria)
titoli pubbliCati Dario Vangi, Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali. Principi e applicazioni, 2008
Dario Vangi
Ricostruzione della dinamica degli incidenti stradali : principi e applicazioni / Dario Vangi. - Firenze : Firenze University Press, 2008. (Biblioteca delle professioni ; 1) http://digital.casalini.it/9788884537843 ISBN 978-88-8453-783-6 (print) ISBN 978-88-8453-784-3 (online) 363.12565
Sommario
Prefazione Capitolo 1 1.1 1.2 2 2.1 2.2 2.2.1 2.2.2 2.2.3 2.2.4 2.2.5 2.2.6 2.2.7 2.2.8 3 3.1 3.1.1 3.1.2 3.1.3 3.1.4 3.1.5 3.1.6 3.1.7 3.1.8 3.2 3.2.1 3.2.2 3.2.3 Introduzione La ricostruzione degli incidenti stradali Struttura dellopera Le forze agenti sul veicolo Forze aerodinamiche Contatto ruota-terreno Pressioni di contatto Resistenza di rotolamento Scorrimento e forza longitudinale Forza laterale Aderenza disponibile ABS Fattori che influenzano laderenza Laderenza sul fondo stradale bagnato Analisi del moto pre e post-urto del veicolo Moto rettilineo Accelerazione uniforme Distanza per larresto del veicolo ed evitabilit Diagrammi velocit-tempo e distanza di sicurezza fra due veicoli Calcolo della velocit dalle tracce di frenata Distribuzione del carico sugli assi Frenatura ideale Frenatura reale Il sorpasso Moto in curva Sbandamento in curva: calcolo della velocit critica Calcolo della velocit critica nel caso di veicolo frenato Sbandamento e rotazione attorno allasse verticale del veicolo: calcolo della velocit dalle tracce
IX 1 1 5 9 9 12 14 14 18 23 25 28 30 33 37 37 38 41 45 50 54 58 61 63 65 65 69 70
Capitolo
Capitolo
VI
3.3 3.3.1 3.3.2 3.3.3 3.4 3.4.1 3.4.2 3.4.3 Capitolo 4 4.1 4.1.1 4.1.2 4.1.3 4.1.4 4.1.5 4.2 4.2.1 4.2.2 4.2.3 4.3 4.3.1 4.3.2 4.3.3 4.3.4 4.3.5 4.3.6 4.3.7 4.3.8 4.3.9 Capitolo 5 5.1 5.1.1 5.1.2 5.1.3 5.1.4 5.1.5 5.1.6 5.2 5.2.1
Moto roto-traslatorio Simulazione del moto a ruote bloccate Simulazione del moto a ruote non bloccate Moto post urto: modello semplificato Ribaltamento del veicolo Ribaltamento in condizioni quasi statiche Ribaltamento in condizioni dinamiche Analisi dellincidente con ribaltamento Analisi della fase di urto: modelli impulsivi Urti centrati coassiali: modello ad un grado di libert Modello ad un grado di libert Coefficiente di restituzione Calcolo delle velocit nel caso generale Calcolo delle velocit in casi particolari Energia Urti nel piano: modelli a due gradi di libert Energia Direzioni note pre e post-urto dei veicoli Impatto contro muro con attrito Urti nel piano: modelli a tre gradi di libert Centro di impatto, piano di contatto e coefficiente di frizione Urti centrati e urti eccentrici Modello a tre gradi di libert Stima del momento di inerzia dei veicoli Casi particolari Energia Variazione di velocit del veicolo a seguito dellurto Variazione di velocit del centro di impatto Restituzione Analisi della fase di urto: forze e risposta strutturale del veicolo Urti contro barriera Coefficiente di restituzione Curve forza-deformazione Approssimazione delle curve forza-deformazione: modello di Campbell Modello di McHenry Modello di Macmillan Distribuzione dellenergia dissipata nella zona deformata Stima dellenergia di deformazione Valutazione dellenergia dissipata dalla misura delle deformazioni: approccio classico
72 73 75 76 79 80 81 84 87 89 89 93 96 98 99 104 113 115 122 124 126 128 128 135 136 144 148 155 156 165 166 168 169 171 175 182 185 186 187
Sommario
VII
5.2.2 Fattori di correzione per lenergia di deformazione 5.2.3 Determinazione dei coefficienti di rigidezza A e B 5.2.4 Valutazione dellenergia dissipata dalla misura delle deformazioni: approccio PDOD 5.2.5 EES Energy Equivalent Speed 5.2.6 Valutazione dellenergia dissipata dalla misura delle deformazioni: metodo del Triangolo 5.3 Urti tra due veicoli 5.3.1 Dallenergia di deformazione al V 5.3.2 Coefficiente di restituzione nellurto tra due veicoli 5.3.3 Durata dellimpatto 5.3.4 Integrazione diretta delle curve F(s) 5.3.5 Approccio di Macmillan Capitolo 6 6.1 6.2 6.2.1 Ricostruzione degli incidenti stradali Approccio per la ricostruzione degli incidenti Applicazione del PDOF Determinazione della posizione relativa dei veicoli al momento dellurto 6.2.2 Determinazione del punto durto sulla carreggiata Urto con mezzi a due ruote Accelerazione e decelerazione dei mezzi a due ruote Prestazioni in frenata dei motocicli Prestazioni in accelerazione dei motocicli e ciclomotori Decelerazione durante la fase di strisciata a terra Tecniche per la ricostruzione degli incidenti con veicoli a due ruote Conservazione della quantit di moto Velocit della moto dalle tracce di frenata a terra Velocit critica in curva Tempo necessario al veicolo per cadere a terra lateralmente Velocit di impatto contro un ostacolo fisso Velocit di un veicolo che urta un mezzo a due ruote Correlazione tra deformazioni dei veicoli e velocit di impatto Correlazioni empiriche tra velocit di impatto e deformazioni Incidenti con pedone Cause dei sinistri Tipi di veicoli
191 193 197 207 214 227 227 240 242 244 248 253 253 256 256 262 273 275 275 277 278 281 281 282 283 285 286 287 287 290 297 297 299
Capitolo
7 7.1 7.1.1 7.1.2 7.1.3 7.2 7.2.1 7.2.2 7.2.3 7.2.4 7.2.5 7.2.6 7.2.7 7.2.8
Capitolo
8 8.1 8.2
VIII
8.3 8.3.1 8.3.2 8.3.3 8.4 8.4.1 8.4.2 8.4.3 8.4.4 8.5 8.5.1 8.5.2 8.5.3 8.5.4 8.6 8.6.1 8.6.2 8.6.3 8.6.4 8.6.5 8.7 8.7.1 8.7.2 8.7.3 8.7.4 Capitolo 9 9.1 9.1.1 9.1.2 9.1.3 9.2 9.2.1 9.2.2
Fenomenologia dellurto Moto pre-urto del pedone Traiettorie libere Traiettorie non libere Danni sul veicolo Danni dovuti allurto primario Danni dovuti allurto secondario WAD (Wrap Around Distance) Correlazioni tra danno e velocit di impatto Lesioni del pedone Danni dovuti allurto primario Danni dovuti allurto secondario, allimpatto a terra e al successivo moto Parametri descrittivi Correlazioni tra danno e velocit di impatto Meccanica dellurto veicolo-pedone Urto primario Efficienza di proiezione Urto secondario Moto in aria Moto a terra Modelli per la ricostruzione degli urti veicolopedone Modelli basati sul moto del veicolo Modelli teorici basati sul moto del pedone Modelli semi-empirici basati sul moto del pedone Correlazioni sperimentali basate sul moto del pedone Incertezze nella ricostruzione degli incidenti stradali Incertezze dei dati e loro propagazione Stima del massimo e minimo valore Formula di propagazione degli errori di Gauss Metodo MonteCarlo Sensibilit allerrore Analisi matriciale Ridondanza dei dati
300 302 302 314 315 315 316 317 317 318 320 320 321 324 325 325 326 328 329 330 331 332 336 338 339 343 343 343 345 346 347 348 355 359 361
Prefazione
Quando si parla di incidenti stradali, la mia mente ritrova lo sguardo attonito dei parenti delle vittime della strada. Poi la mente va al nesso causale e ai conti; e con i conti si argomentano sentenze, i conti divengono verit giuridiche. Ma sono sempre adeguati i conti? Direi proprio di no, anzi. Dico questo perch capita sovente di imbattersi in ricostruzioni di incidenti stradali ove il buon senso cede il passo ad una acritico gioco dei numeri. I numeri non rappresentano la realt, essi sono frutto di modelli interpretativi della realt e i modelli spesso (troppo spesso) sono inadeguati. Certe perizie peccano di superficialit: di fronte a un problema complesso la tendenza semplificare, ridurre il problema allosso, di solito con risultati che si pu bene immaginare. Un ipotetico incidente stradale, se lo si vuole studiare con un certa attenzione, implica una competenza complessa. Non bastano i modelli della fisica (si badi bene, uso il termine modelli, non leggi); non bastano i modelli della scienza delle costruzioni; non basta sapere che mediamente il tempo di reazione psicotecnica un secondo, dove mediamente indica che non vi alcun riferimento oggettivo relativo allipotetico incidente in questione. N basta la sua collocazione rispetto al punto durto, inteso come inizio durto, oppure punto durto inteso come fine durto. La fisica ci insegna a trattare punti materiali, ma i veicoli non sono punti materiali; la fisica non fornisce leggi atte a descrivere il processo durto, ossia le modalit e i tempi di trasferimento della quantit di moto da un veicolo ad un altro. E lenergia di deformazione? E gli attriti al suolo? E le frenate? Quanto vale il coefficiente dattrito? Mediamente 0,7, oppure, di nuovo mediamente. Vi poi una relazione univoca tra energie scambiate dai veicoli in fase durto e le lesioni agli occupanti? Mediamente Un caso pi che emblematico il colpo di frusta. Anche se qualche autore si ostina a proporre interpretazioni semplicistiche, va detto che non vi una relazione lineare tra lenergia trasmessa in fase durto e il danno subito ad un rachide cervicale, ossia non c una diretta dipendenza tra la velocit relativa tra i veicoli e i danni da colpo di frusta; addirittura in certi casi pare non vi sia relazione o pare vero il contrario. In effetti la risposta
di un sistema biologico complessa: dipende dalla variabilit individuale, dallo stato di attenzione del soggetto, ed altro ancora, come facilmente dimostrabile e come ho dimostrato. Se si pensa a un urto a bassa velocit, lassenza di cedimento strutturale da parte del veicolo implica al livello del rachide impulsi di forza di notevole entit. Se le strutture cedono invece, e se loccupante rilassato? Se non lo ? Molti i se, poche le certezze. Per essere padroni di un problema altamente complesso, come quello che riguarda linfortunistica stradale e la sicurezza (e qui si dovrebbe aprire anche un importante capitolo sui mobile workers) bisogna impadronirsi di molte tecniche. Non sufficiente n un diploma, n una laurea, e poi necessario investigare a tutto tondo. Il notevole lavoro di Vangi va in questa direzione. Questo volume il primo di una serie, che non mancher di proporre argomenti multidisciplinari quali la biomeccanica, la neurofisiologia legata alla percezione, la sicurezza, e certo non mancher di esporre anche interessanti casi reali risolti o da porre in discussione. Questa serie di volumi costituir un utilissimo strumento di studio e di consultazione, e non potr mancare nella biblioteca di un ricostruttore, cos come non manca mai il manuale dellingegnere sul tavolo di un progettista che si rispetti. Paolo B. Pascolo Rappresentante governativo nellEuropean Enhanced Vehicle Safety Commitee Professore di bioingegneria industriale
CAPIToLo
Introduzione
1.1 La ricostruzione degli incidenti stradali p. 1 1.2 Struttura dellopera p. 5
individuare le eventuali trasgressioni al codice della strada ed il nesso eziologico tra comportamenti dei coinvolti ed il verificarsi dellincidente. In ambito di sicurezza stradale la ricostruzione degli incidenti deve principalmente: individuare le cause del sinistro ed i fattori di rischio, quali linfluenza delle condizioni ambientali e dei fattori umani sulla determinazione dellincidente (conformazione della strada e della viabilit, condizioni del fondo stradale, condizioni di visibilit, posizionamento e tipo di segnaletica, ecc.). Il raggiungimento degli scopi della ricostruzione degli incidenti avviene tipicamente attraverso le seguenti attivit: Analisi della collisione: al fine di stabilire tutti i parametri significativi dellurto, della cinematica e della dinamica dei veicoli, quali le velocit e le direzioni pre e post urto, lanalisi delle deformazioni e delle forze in gioco, le manovre effettuate e la dinamica degli occupanti. In ambito giudiziario, pu essere analizzata anche la compatibilit delle deformazioni dei veicoli con la dinamica dichiarata dalle parti, al fine di evidenziare eventuali contraddizioni; Analisi delle cause e dei processi causali: in questo tipo di analisi vengono individuate le diverse cause concomitanti dellincidente; attraverso una analisi del processo che ha portato la situazione ad uno stato di inevitabilit, possibile effettuare una gerarchizzazione dei fattori di rischio e delle cause individuate, generalmente suddividendoli nelle tipologie: fattore umano, veicolo, strada e ambiente. In questo tipo di analisi possono venire considerate anche le eventuali trasgressioni al codice della strada e il nesso eziologico tra condotte dei coinvolti e la determinazione dellevento dannoso; Analisi di evitabilit: per stabilire, date le condizioni cinematiche, ad esempio le velocit e le posizioni prima dellurto dei veicoli, se e come un incidente avrebbe potuto essere evitato o, comunque, se avesse potuto produrre conseguenze meno severe. In questo tipo di analisi vengono valutate le dinamiche derivanti da azioni che il conducente avrebbe potuto mettere in atto al fine di evitare lincidente, quali sterzare, frenare o accelerare, ecc.. I fattori che vengono presi in considerazione sono il fattore umano in termini di visibilit, tempi di reazione, stato psicofisico, ecc, il fattore veicolo in termini di condizioni meccaniche, manutenzione, rotture o manomissioni in grado di inficiare la controllabilit e guidabilit del veicolo, il fattore infrastruttura in termini di progetto della strada, condizioni di manutenzione, segnaletica, visuale, dispositivi di controllo, ecc.; Analisi delle lesioni: in cui si individuano tutti i fattori fisici e biologici che permettono di descrivere come si sono prodotte le lesioni tem-
Introduzione
poranee e/o permanenti e individuare se queste sono effettivamente compatibili con la dinamica dellincidente. Questa analisi pu essere condotta solo a partire da una attenta analisi delle velocit di collisione e della dinamica degli occupanti, considerando il moto degli stessi, i contatti del corpo allinterno ed allesterno del veicolo, il funzionamento e lazionamento dei dispositivi di sicurezza passiva, quali cinture di sicurezza, airbags, pretensionatori, ecc., i limiti di tolleranza alle forze e lanalisi dei dati delle lesioni. Nonostante le diversit tra i vari tipi di incidente e le diversit di approccio utilizzate per la ricostruzione, nella gran parte dei sinistri stradali si possono individuare delle fasi tipiche che possono essere affrontate separatamente nella ricostruzione: fase pre urto (che va dalla percezione del pericolo da parte dei conducenti dei veicoli, al momento in cui i veicoli vengono a contatto tra loro o con altri ostacoli), fase di urto (che comprende tutta la fase in cui i veicoli sono a contatto tra loro o con altri ostacoli) e fase post urto (che va dal momento in cui sui veicoli cessano le azioni esterne provenienti da altri veicoli od ostacoli, fino al raggiungimento della posizione di quiete o fino al momento in cui si ha un successivo urto). Lapproccio classico per ricostruire la cinematica dei veicoli e risalire ai comportamenti di guida dei conducenti e alle cause del sinistro, consiste nel procedere a ritroso nella sequenza temporale dellevento, analizzando prima la fase post urto, poi quella di urto ed infine quella pre urto (backward calculation). Lanalisi di ogni fase fornisce come output i dati di ingresso per lanalisi della fase successiva. La correttezza della ricostruzione globale dipende quindi dalle approssimazioni effettuate nellanalisi di ogni fase. Per ciascuna fase si possono distinguere vari metodi di analisi: quelli basati su modelli del fenomeno e quelli basati su formulazioni empiriche. Lapproccio empirico spesso impiegato negli incidenti che coinvolgono pedoni, biciclette o motocicli, in cui la difficolt della modellazione del fenomeno e del complesso moto del corpo umano, spingono ad una drastica semplificazione dei modelli, portando a trascurare linfluenza sul fenomeno di molti fattori; la conseguenza di tale semplificazione produce risultati spesso inaccettabili. In tal caso appare pi conveniente utilizzare formulazioni empiriche, che pur non tenendo in considerazione molti fattori e parametri del fenomeno, risultano di semplice ed immediata applicazione. Daltra parte si sta sempre pi diffondendo lutilizzo dellanalisi numerica del fenomeno, con software per la simulazione multibody o FEM, che consentono di descrivere con accuratezza il moto dei corpi e le deformazioni delle strutture. Tali tecniche numeriche risultano, allo stato attuale, molto utili per lo studio dei vari tipi di urti, al fine di valutarne le conseguenza su veicoli e occupanti o per valutare possibili dinamiche a partire da condizioni iniziali imposte. Queste tecniche necessitano generalmente di dettagliate informazioni circa le caratteristiche geometriche, meccaniche e cinematiche dei corpi
stessi e la ricchezza delle informazioni ricavabili dalle simulazioni spesso non trova elementi oggettivi di confronto nellincidente reale, per la mancanza di dati sufficienti o incertezza dei dati disponibili; ci le rende quindi pi adatte per la descrizione del fenomeno e per lo studio di azioni migliorative della sicurezza stradale che per la ricostruzione degli incidenti. Un approccio alternativo alla backward calculation per la ricostruzione degli incidenti stradali consiste nelleffettuare lanalisi del sinistro partendo dalle condizioni iniziali, quelle prima dellurto, per determinare, attraverso il calcolo di tutti i parametri cinematici e dinamici delle fasi intermedie, la risposta in uscita del sistema. Questa procedura, generalmente utilizzata nei software di simulazione, viene ripetuta iterativamente variando i parametri iniziali con opportuni criteri di ottimizzazione e di convergenza, individuando la soluzione che risulta pi coerente con i dati di contorno, o vincoli. Questa analisi viene detta diretta o forward calculation e la correttezza globale della ricostruzione dipende dal grado di rispetto dei vincoli ottenuto nelle varie fasi di risoluzione. Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi software di simulazione (PC-Crash, SMAC, CRASH3, ) i quali permettono di simulare sia la cinematica pre e post urto che la fase di urto. Anche questi software richiedono generalmente dati difficilmente rilevabili sulla scena del sinistro e necessitano quindi di numerose assunzioni che lesperto deve ipotizzare in base alle proprie valutazioni ed esperienza. Tuttavia lutilizzo di tali software consente, nei casi complessi caratterizzati spesso anche da urti multipli, una semplificazione nello svolgimento dei calcoli, una riduzione dei tempi per analizzare vari possibili soluzioni e offrono una rappresentazione grafica 2D e 3D dello scenario; i risultati che si ottengono tuttavia sono confrontabili con quelli ottenibili utilizzando le formulazioni analitiche e non sempre si giunge ad una maggiore certezza nella ricostruzione del sinistro. La ricostruzione degli incidenti, come tutte le tecniche di failure analysis, segue un procedimento logico che, partendo dai dati rilevati sulla scena del sinistro, deve determinarne le cause e le modalit di accadimento. un procedimento logico opposto a quello normalmente seguito nella progettazione, verifica e collaudo di opere ingegneristiche, in cui sono note le condizioni operative e si determinano in modo univoco le risposte del sistema/struttura, ed associabile, per analogia, ai processi di reverse engineering. La maggiore o minore probabilit che lo scenario ricostruito sia vicino al vero, dipende, come gi detto, in larga misura dal grado di rispetto dei vincoli imposti. Uno scenario tanto pi verosimile e probabile quanto pi gli elementi a disposizione trovano una loro corretta giustificazione e collocazione in un quadro coerente. Una difficolt che il ricostruttore deve spesso affrontare legata al fatto che possono esistere pi scenari che soddisfano in tutto o in parte i vincoli, con risultati contrastanti sia sul piano tecnico che sul piano giuridico. La molteplicit delle possibili soluzioni deriva dal fatto che i vari modelli
Introduzione
fisici utilizzati sono basati su ipotesi semplificative e schematizzazioni pi o meno accentuate e che il problema della ricostruzione risulta in genere malcondizionato, con la conseguenza che piccole perturbazioni sui dati in ingresso possono generare ampie variazioni sui risultati finali. In effetti, nella quasi totalit dei casi, i dati di ingresso sono noti, o stimabili, solo con un certo grado di incertezza. Le conseguenze di tutto ci si traducono in una perdita, o forse peggio, in una distorsione delle informazioni ricavate, rendendo meno consistenti le statistiche ricavabili dallosservazione della incidentalit. In particolare risultano meno affidabili quelle informazioni necessarie per la piena comprensione dei fenomeni che alla base per una corretta progettazione degli attuali sofisticati sistemi di sicurezza attiva e passiva dei veicoli, e anche delle infrastrutture. Da tutto ci deriva limportanza che la ricostruzione dellincidente sia effettuata anche con una adeguata analisi di sensibilit ai parametri di ingresso.
non trascurare laspetto applicativo, fornendo numerosi esempi di come i modelli possano venire utilizzati e di fornire tutti gli elementi necessari ad ottenere soluzioni quantitative. stata inserita anche lanalisi di alcuni casi di incidenti reali, al fine di mostrare lapplicazione di alcuni concetti, quale ad esempio la direzione principale della forza (PDOF), che spesso la trattazione solo teorica rischia di non mette sufficientemente in luce. Per la comprensione del testo si presuppone una confidenza con gli argomenti di matematica e fisica tipicamente trattati nei corsi di base delle lauree in materie tecniche-scientifiche. Il testo strutturato in modo da fornire nei primi capitoli (1-5) i principali modelli che descrivono la dinamica del veicolo e le fasi dellincidente, poi, considerando che i corpi che collidono hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda i gradi di libert e le masse (gli autoveicoli si considerano vincolati a muoversi nel piano ed hanno grande massa, i mezzi a due ruote hanno la possibilit anche di inclinarsi sul fianco e una massa intermedia e i pedoni durante lurto si muovono nello spazio ed hanno una massa relativamente modesta) nei capitoli successivi (6-8) vengono analizzati tenendo conto della suddetta specificit. Infine, al capitolo 9, poich nella ricostruzione degli incidenti stradali si parte sempre da dati con un certo grado di incertezza, si introdotto il tema della valutazione delle incertezze nel calcolo. In particolare lopera cos suddivisa: Nel capitolo 2 vengono introdotte ed analizzate le forze agenti sul veicolo, la cui comprensione costituisce lelemento necessario per affrontare i capitoli successivi; particolare enfasi stata posta sulle forze derivanti dal contatto ruota-terreno, illustrando i principali modelli che consentono di descrivere landamento di queste forze al variare dei parametri fisici che descrivono la dinamica del veicolo. Nel capitolo 3 vengono analizzati i moti pre urto e post urto dei veicoli, dando risalto ai metodi per determinare la velocit del veicolo a partire dalle tracce lasciate sul terreno, che documentano il tipo di moto del veicolo. Nei capitoli 4 e 5 viene analizzata la fase di urto tra i veicoli; nel capitolo quarto attraverso i modelli impulsivi con schematizzazione dei veicoli a 1, 2 e 3 gradi di libert, mentre nel capitolo quinto viene analizzata la risposta strutturale del veicolo e vengono descritti i principali modelli per la stima dellenergia dissipata nellurto e per il calcolo dei parametri cinematici. Nel capitolo 6 vengono esposti i principi generali su come applicare i modelli visti nei capitoli precedenti alla ricostruzione degli incidenti tra autoveicoli e vengono proposte alcune applicazioni del PDOF (direzione principale delle forze), utilizzando alcuni casi reali di incidente. Nei capitoli 7 e 8 vengono analizzati gli urti con i mezzi a due ruote e con pedoni, fornendo una descrizione fenomenologica dellevento e
Introduzione
analizzando i principali modelli e le principali correlazioni empiriche per determinare i parametri cinematici dellurto. Nel capitolo 9 viene affrontato il tema delle incertezze nella ricostruzione degli incidenti stradali. bene, infatti, ribadire che qualsiasi ricostruzione dellincidente rappresenta soltanto uno dei possibili scenari che possono essere desunti dai dati di partenza, dato che questi ultimi, per loro natura, sono soggetti ad errori ed incertezze nella misura o nella stima. quindi buona prassi quella di effettuare sempre una analisi di sensibilit del modello applicato ai dati iniziali e valutare gli intervalli di variazione delle soluzioni, per individuare quella pi probabile e realistica.
CAPIToLo
Le forze agenti sul veicolo sono quelle derivanti dal contatto ruoteterreno, le forze aerodinamiche, la forza gravitazionale, le forze inerziali e le forze di contatto durante lurto contro altri veicoli o infrastrutture. Le azioni di queste ultime forze verranno trattate in modo esteso nel capitolo 5, quella della forza gravitazionale, relativamente alla decelerazione su strada in pendenza, verr analizzata nel capitolo 3 mentre nel presente capitolo saranno analizzati i primi due tipi di forze. Linsieme delle forze agenti sul veicolo determina il moto dello stesso e la loro comprensione e schematizzazione fondamentale per lanalisi della dinamica del veicolo e la ricostruzione degli incidenti stradali.
1 1 p + V 2 = costante = po + Vo 2 2 2
dove p0 e V0 sono i valori della pressione ambiente e della velocit in un punto sufficientemente lontano dal corpo, a monte di esso. Nella (2.1) si trascurato il termine gravitazionale, che d origine alle forze aerostatiche.
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Nel caso di un corpo immerso in un fluido perfetto, cio con viscosit nulla, le pressioni dinamiche che si esercitano in ogni punto risultano normali alla superficie del corpo stesso, e la somma di tutte le pressioni si annulla, come dimostrato da DAlembert con il suo noto paradosso. In un fluido reale, invece, la viscosit fa si che in ogni punto del corpo, oltre alle azioni normali causate dalla pressione dinamica, ci siano anche azioni tangenziali, dovute a fenomeni di attrito tra corpo e fluido. Inoltre, leffetto globale della viscosit produce anche una variazione del campo di pressione dinamica attorno al corpo, la cui risultante non pi nulla. Questa ultima forza assume maggiore importanza, rispetto alle forze di attrito, per fluidi come laria, a bassa viscosit. La risultante di tutte le azioni dinamiche sul corpo, detta forza dinamica totale, non in generale diretta secondo la direzione del fluido e si pu scomporre in una componente lungo la direzione del fluido, chiamata resistenza aerodinamica, ed una perpendicolare a questa, chiamata portanza. Inoltre, se si fa riferimento ad un qualsiasi punto o asse del corpo, il complesso delle forze locali determina un momento che tende a far ruotare il corpo stesso. Le azioni dinamiche totali sono date dalla formula di Newton: 1 F = CAVr2 2 1 M = C M ApVr2 2
(2.2)
dove Vr la velocit relativa tra corpo e fluido, la densit dellaria, A la superficie della sezione frontale del veicolo, p una lunghezza caratteristica che in genere, per esprimere il momento di beccheggio, viene assunta pari al passo del veicolo. Larea della sezione frontale pu, per gli autoveicoli, essere approssimata in modo semplice attraverso la:
(2.3)
A = th
dove t la carreggiata ed h laltezza del veicolo, un coefficiente che assume generalmente valori compresi tra 0,85 e 0,95. La (2.2) esprime la dipendenza lineare tra pressione dinamica e forza, attraverso i coefficienti C e CM adimensionali, da determinare sperimentalmente. Questi coefficienti dipendono in generale dalla geometria, dal numero di Reynolds e dal numero di Mach. Questi ultimi numeri esprimono: limportanza tra effetti inerziali e viscosi, il primo, e il rapporto tra velocit del veicolo rispetto allaria e la velocit del suono, il secondo. In campo automobilistico la dipendenza dei coefficienti C e CM da questi due numeri trascurabile, cos che si possono considerare con buona approssimazione costanti.
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Ai fini della ricostruzione degli incidenti stradali assume una certa rilevanza solo il caso in cui la velocit relativa tra veicolo e aria diretta lungo lasse longitudinale del veicolo stesso. In questo caso si ha una componente di resistenza lungo x, una portanza lungo z ed un momento di beccheggio attorno allasse y (la resistenza lungo lasse y e i momenti di rollio ed imbardata, data la simmetria del veicolo, sono nulli): 1 Fx = C x AVr2 2 1 Fz = C z AVr2 2 1 M y = C My ApVr2 2
(2.4)
In Tabella 1 sono riportati i valori della densit e temperatura dellaria a varie altitudini, mentre in Tabella 2 sono riportati i valori del coefficiente C x e della superficie A per alcune vetture.
Tabella 1 Valori della temperatura e della densit dellaria a varie altitudini. Quota Z (m) -500 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 Pressione (kPa) 107 101 95 89 84 79 74 70 Temperatura (K) 291 288 284 281 278 275 271 268 Densit (kg/m3) 1,2857 1,2257 1,1680 1,1123 1,0586 1,0070 0,9573 0,9095
Tabella 2 Coefficiente Cx e superficie A per alcune autovetture. Alfa 90 Alfa Romeo GTV Audi 100 Audi Quattro Austin Metro BMW M 635 Csi Citroen BX Citroen CX Citroen Visa Cx 0,40 0,40 0,30 0,43 0,39 0,40 0,36 0,40 0,4 A (m2) 1,92 1,77 2,05 1,86 1,73 2,00 1,91 1,96 1,75 Cx Ferrari Testarossa Fiat Croma Fiat Panda Fiat Ritmo Fiat Uno Ford Fiesta Ford Scorpio Ford Sierra XR 4i Honda Prelude 16V 0,33 0,34 0,41 0,37 0,34 0,41 0,35 0,34 0,41 A (m2) 1,85 2,04 1,70 1,88 1,83 1,76 2,02 1,98 1,84
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Cx Jaguar XJ-S Lancia Thema Lancia Y10 Mercedes 190 E Mercedes 190 E2,3 Mercedes 200 Mitsubishi Galant Mitsubishi Starion T Opel Corsa Opel Kadett Gsi Opel Omega Peugeot 205 Peugeot 309 0,40 0,36 0,33 0,34 0,33 0,29 0,40 0,37 0,35 0,32 0,28 0,39 0,34
A (m2) 1,83 2,06 1,76 1,89 1,94 2,07 1,98 1,84 1,73 1,88 2,06 1,74 1,86 Porsche 911 Carrera Porsche 928 S Porsche 944 turbo Renault 21 Renault 25 Renault 4 Renault 5 VW Golf GL VW Golf GTI 16V VW Jetta CL VW Passat GL VW Polo VW Scirocco 16V
Cx 0,38 0,39 0,35 0,34 0,31 0,49 0,37 0,34 0,35 0,36 0,37 0,38 0,38
A (m2) 1,77 1,96 1,89 1,94 2,03 1,83 1,80 1,89 1,91 1,89 1,90 1,70 1,78
Ad esempio, un veicolo di sezione trasversale paria 2 m2, C x = 0,4, che viaggia alla velocit di 35 m/s (126 km/h) a quota 0 m s.l.m. soggetto ad una resistenza aerodinamica di 600 N.
Vehicle Dynamics Terminology, SAE Recommended Practice, SAE Standard J670e, SAE International, Warrendale, PA, 1976.
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Figura 2.1 Sistema di riferimento per lo studio delle forze e momenti tra ruote e terreno. Sono indicate le direzioni delle forze e momenti e gli angoli di campanatura e di deriva .
Mz (Momento di autoallineamento)
autoallineamento. Sullasse della ruota applicato, dal veicolo, il momento motore o frenante T. Langolo di deriva langolo formato dal piano di rotazione della ruota e la direzione della traiettoria del punto di contatto ruota-terreno. La direzione del piano di rotazione della ruota fissata convenzionalmente come coincidente con lasse X. Langolo di campanatura langolo tra il piano di rotazione della ruota e lasse Z. Ai fini della ricostruzione degli incidenti stradali i momenti applicati nellarea di contatto non rivestono una importanza significativa e perci la loro analisi non verr svolta; approfondimenti su tali momenti si trovano in testi di dinamica dellautoveicolo. Risultano invece di interesse le forze scambiate sul piano di contatto. La risultante F della forza longitudinale e laterale, F2 = Fx2 + Fy2, giace sul piano di contatto e prende il nome di aderenza. Laderenza richiesta Fr la forza necessaria ad un dato veicolo per effettuare una definita manovra (percorrere una curva, frenare, evitare un ostacolo, opporsi alla forza del vento, etc.) in condizioni specifiche (velocit, assetto, carico ecc.). Laderenza disponibile Fd la massima forza sul piano di contatto che linsieme di pavimentazione e ruota pu fornire, mentre laderenza impe-
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gnata Fi la quota parte delladerenza disponibile che il veicolo utilizza per compiere una data manovra e rappresenta il punto di equilibrio, se esiste, tra laderenza richiesta e laderenza disponibile. In generale si pu dire che se: Fd >1 Fr allora il veicolo pu essere controllato. Se, invece si ha: Fd <1 Fr allora si ha la perdita di aderenza e il veicolo non pu essere controllato.
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Figura 2.2 Pressioni di contatto ruota terreno in condizioni statiche, lungo lasse Z.
bisce a causa del carico verticale applicato. Quando durante il rotolamento il punto A arriva nella posizione B, il raggio R diminuisce e quindi diminuisce anche la sua velocit periferica R, essendo la velocit angolare rimasta invariata. Poich il battistrada deve diminuire la propria velocit periferica nellarea di contatto col suolo, si trova a strisciare. Oltre allisteresi del materiale e agli scorrimenti secondari, altri contributi alla resistenza di rotolamento sono dovuti alle azioni aerodinamiche della ruota e allattrito sui perni, ma complessivamente risultano trascurabili rispetto allisteresi. Dati sperimentali mostrano che la resistenza di rotolamento dovuta allisteresi, su asfalto, rappresenta approssimativamente il 87-94% della resistenza totale, il 5-10% data dagli scorrimenti secondari del battistrada e il rimanente dalla resistenza aerodinamica. Se il terreno molto deformabile (fango, sabbia, neve fresca, ecc.), anche questa deformazione contribuisce in modo sostanziale alla resistenza al rotolamento. Listeresi fa s che durante il rotolamento e i conseguenti scorrimenti secondari, la parte posteriore del pneumatico non ritorni immediatamente a contatto col suolo e quindi la distribuzione delle pressioni perpendicolari al suolo non risulti pi simmetrica rispetto al centro dellarea di contatto; la risultante di queste pressioni si sposta di una quantit x nella direzione del moto, producendo un momento di rotolamento My = Fzx che si oppone al rotolamento (vedi Figura 2.4).
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Figura 2.3 Micro spostamenti tangenziali (scorrimenti secondari) dovuti allo schiacciamento del pneumatico.
La resistenza di rotolamento Frot la forza di trazione, parallela al terreno e applicata al centro della ruota, necessaria a equilibrare il momento suddetto. Lequilibrio della ruota lungo la direzione parallela al terreno implica che vi sia una forza tangenziale sul piano di contatto uguale e in verso contrario alla resistenza di rotolamento; queste due forze, la resistenza al rotolamento e quella di contatto, fanno equilibrio al momento di rotolamento My = Fzx. Per mantenere in rotolamento una ruota folle necessaria, quindi, lapplicazione di una forza tra ruota e terreno, cio necessario impegnare una parte di aderenza disponibile. In una ruota motrice, invece, il momento di rotolamento viene equilibrato direttamente della coppia motrice, senza necessit di una forza
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tangenziale alla ruota, ovvero senza impegnare laderenza disponibile. In questo ultimo caso, se la ruota motrice deve fornire una forza traente per una ruota folle, una parte di aderenza viene impegnata solo per vincere la resistenza al rotolamento della ruota folle. In un veicolo con tutte le ruote motrici la resistenza al rotolamento viene vinta dalla coppia motrice. Se alcune ruote non sono motrici, viene impegnata una parte della aderenza disponibile; in terreni deformabili, caratterizzati da elevata resistenza di rotolamento e bassa aderenza disponibile, laderenza richiesta pu essere superiore a quella disponibile, rendendo la marcia impossibile anche in pianura. Con riferimento alla Figura 2.4, si pu scrivere una equazione di equilibrio, che risolta nella resistenza di rotolamento fornisce:
(2.5)
Frot =
Fz x R
Poich nella (2.5) non in generale facile determinare la quantit x, si valuta al resistenza di rotolamento attraverso la:
(2.6)
Frot = f r Fz
dove f r il coefficiente di rotolamento che viene determinato sperimentalmente. In Tabella 3 vengono riportati valori tipici del coefficiente di rotolamento per autoveicoli al variare del tipo di superficie, a bassa velocit.
Tabella 3 Coefficiente di rotolamento per autoveicoli. Tipo di superficie Asfalto Cemento Strada sterrata Sabbia Coefficiente di rotolamento 0,015 0,017 0,045 0,05 0,3
Il coefficiente di rotolamento funzione di numerosi fattori, tra cui il tipo e dimensioni degli pneumatici, la pressione di gonfiaggio, il tipo di terreno, la temperatura, la velocit di rotolamento, il carico sulla ruota, la frenatura e la trazione, langolo di sterzo, ecc. Allaumentare della velocit della ruota, il coefficiente di rotolamento aumenta con una certa pendenza; raggiunti determinati valori della velocit di rotazione, questa pendenza subisce un brusco aumento in quanto si innescano fenomeni vibratori sul pneumatico, con la formazione di onde stazionarie che si propagano circonferenzialmente, il cui effetto quello di spostare la risultante delle pressioni di contatto in avanti, aumentando
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il x e quindi il momento di resistenza al rotolamento. In Figura 2.5 sono riportati alcuni andamenti del coefficiente di rotolamento per vari tipi di pneumatico, al variare della velocit.
Figura 2.5 Variazione del coefficiente di rotolamento al variare della velocit, per alcuni tipi di pneumatico.
Velocit km/h
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Figura 2.6 a) ruota in puro rotolamento a velocit ; b) ruota frenata: a parit di spazio percorso dal mozzo, 2R, la ruota a) compie un giro completo. non
2 b)
Figura 2.7 Meccanismo di sviluppo delle forze longitudinali dovuto alle asperit della strada e al comportamento visco-elastico della gomma.
quindi dalla presenza delle asperit nella strada (macrotessitura), che generalmente vanno da pochi micron a pochi millimetri ed efficace anche in presenza di acqua. Il meccanismo di adesione molecolare, invece, necessit di un contatto diretto tra lelastomero del pneumatico e terreno (distanza relativa inferiore a 10-6 mm), cio la strada deve essere asciutta e pulita. In tali condizioni si creano delle interazioni molecolari allinterfaccia tra elastomero e terreno (forze di Van der Waals). Questi legami, in presenza di uno scorrimento relativo tra gomma e terreno, vengono ciclicamente creati, sollecitati e rotti, per poi ricrearsi, ecc., generando delle azioni tangenziali. Tale fenome-
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no produce un lavoro visco-elastico allinterno del materiale che amplifica lenergia di adesione. Lo sviluppo delle azioni tangenziali in entrambi i meccanismi prende origine, quindi, dalla presenza dello scorrimento relativo tra pneumatico e terreno. Il profilo delle forze tangenziali, che nel caso di ruota ferma o in puro rotolamento era dovuto allo scorrimento secondario e risultava simmetrico a risultante nulla, in caso di coppia frenante o traente, varia. In Figura 2.8 mostrata schematicamente la distribuzione delle azioni tangenziali nellarea di contatto. Sono indicate la distribuzione delle tensioni tangenziali nella ruota in rotolamento puro e la distribuzione di tensioni tangenziali che si viene a creare a seguito dellapplicazione della coppia frenante.
Figura 2.8 Distribuzione delle tensioni tangenziali nellarea di contatto per ruota frenata.
La risultante delle azioni tangenziali costituisce la forza longitudinale Fx, che tende a tirare la parte di battistrada davanti allarea di contatto e
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comprimere quella dietro. Nella parte posteriore della zona di contatto le tensioni tangenziali dovute alla frenata e al rotolamento tendono a sommarsi e si ha una zona di scorrimento. Nella zona anteriore, invece, si ha ancora adesione senza scorrimento. Allaumentare della coppia frenante, aumenta lestensione della zona in cui si manifesta lo scorrimento e conseguentemente aumentano le tensioni tangenziali. Nella condizione di ruote bloccate tutta la zona di contatto interessata dallo scorrimento, che diventa macroscopico. Lentit della forza tangenziale risultante Fx, dipende in modo non lineare dallestensione della zona in cui si ha lo scorrimento. Generalmente si utilizza un parametro s detto scorrimento, che qui viene definito in modo distinto per la ruota frenata e per la ruota soggetta a coppia motrice. Per ruote frenate lo scorrimento s definito come:
(2.7)
s=
R V R = 1 V V
dove V la velocit del mozzo della ruota, R il raggio della ruota e la velocit angolare della ruota. Per una ruota libera di rotolare V = R e s = 0, cio non vi scorrimento nella zona di contatto. Se la ruota completamente bloccata per lazione frenante, = 0 e quindi s = 1 e si ha la strisciamento della ruota sul terreno. Per valori intermedi della coppia frenante, 0 < s < 1. Nel caso di ruota soggetta a coppia motrice, lo scorrimento s definito come:
(2.8)
s=
V R V = 1 V R
Se V = R , si ha s = 0; se la ruota gira mentre il veicolo fermo, risulta s = 1. In tutti i casi intermedi, ancora una volta si ha 0 < s < 1. Il vantaggio di usare due definizioni separate per lo scorrimento quella di ottenere un parametro che in entrambi i casi varia tra 0 e 1. La forza, o aderenza, longitudinale, sia di trazione che di frenata, dipende sperimentalmente da s, cio Fx = Fx(s). In caso di s = 1, cio di ruota bloccata, si definisce un coefficiente di aderenza longitudinale fx, come rapporto tra la forza longitudinale Fx e la forza normale alla superficie di contatto Fz:
(2.9)
fx =
Fx ( s = 1) Fz
In molti testi tale coefficiente viene indicato come coefficiente di attrito, di attrito radente o di attrito dinamico o, ancora, di attrito cinetico, se-
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guendo il modello di attrito di Coulomb. Qui si preferisce indicarlo come coefficiente di aderenza, poich il suo valore non dipende solo dal tipo di materiali in contatto, come ipotizzato da Coulomb, ma da numerosi fattori, come esposto pi avanti. Si pu esprimere la forza longitudinale Fx(s) in forma normalizzata al valore Fx(s=1):
(2.10)
Qx =
Fx ( s ) f x Fz
La Figura 2.9 mostra il tipico andamento della forza longitudinale normalizzata al variare dello scorrimento s nel caso di ruota frenata. Un andamento del tutto analogo si ha in caso di trazione.
Figura 2.9 Tipico andamento della forza longitudinale normalizzata in funzione dello scorrimento s.
Inizialmente, allaumentare dello scorrimento e dellarea in cui si verifica lo scorrimento, la forza aumenta in modo quasi lineare fino a raggiungere un valore massimo per valori dello scorrimento attorno a 0,15 < s < 0,30. In tale situazione si verifica un elevato riscaldamento del pneumatico, dovuto allo scorrimento relativo tra gomma e terreno, che deteriora le caratteristiche viscose del pneumatico. Come conseguenza si attenua leffetto dovuto allisteresi del materiale e diventa meno efficace il meccanismo di generazione delle azioni tangenziali relativo allasperit della strada. La forza quindi decresce allaumentare dello scorrimento s e raggiunge il valore caratteristico della ruota bloccata, con totale strisciamento dellarea di contatto. Questo ultimo tratto di curva, che va dal massimo di aderenza al valore a ruote bloccate , nella pratica, un tratto di funzionamento instabile; infatti allapplicazione di una coppia frenante tale da superare il valore di
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scorrimento corrispondente al massimo valore della aderenza, la forza longitudinale non bilancia pi la coppia frenante e si arriva immediatamente al bloccaggio della ruota.
Vx
F laterale
Vy
V = arctan y V x
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Nel caso di una ruota libera di rotolare, con s = 0, la forza laterale una funzione non lineare dellangolo di deriva, Fy = Fy(). La forza laterale dipende anche da altri numerosi fattori, quali langolo di campanatura, la temperatura, la forza normale al piano di contatto, la pressione di gonfiaggio, il tipo di strada, ecc.; questi effetti sono per di secondaria influenza. Per = 0 la forza laterale nulla e corrisponde al caso in cui la direzione di moto della ruota allineata con il piano di rotazione. Allestremo opposto si ha il caso in cui = /2, cio la ruota trasla perpendicolarmente al piano di rotazione, e la forza laterale pari al coefficiente di aderenza laterale moltiplicata per la forza normale che grava sulla ruota, Fy = fy Fy. Si pu esprimere la forza laterale Fy() in forma normalizzata come:
(2.12)
Qy =
Fy ( ) f y Fz
il cui andamento, simile a quello della forza longitudinale, rappresentato in Figura 2.11.
Figura 2.11 Andamento della forza laterale normalizzata al variare dellangolo di deriva.
Valori della forza laterale prossimi ai valori massimi si raggiungono generalmente gi per valori dellangolo di deriva compresi tra 4 e 7 per gli autoveicoli, mentre per valori compresi tra 6 e 10 per i mezzi industriali. In una traiettoria circolare del veicolo, il guidatore aggiusta langolo di sterzo in modo da seguire il percorso desiderato, mantenendo il richiesto angolo di deriva. Nelle ruote posteriori, invece, si genera automaticamente il necessario angolo di deriva tale da produrre una forza laterale centripeta in grado di equilibrare la forza centrifuga (vedi Figura 2.12). Le forze laterali sono diverse tra ruote anteriori e posteriori, essendo in genere diverso langolo di deriva, ma anche tra ruote interne ed esterne alla
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Figura 2.12 Forze laterali in un percorso circolare. La componente trasversale delle forze laterali sulle singole ruote equilibra la forza centrifuga Fc.
traiettoria circolare, a causa del trasferimento di carico tra le ruote dovuto alla forza centrifuga. Langolo di deriva funzione della forza Fy trasversale, della pressione di gonfiaggio p0, del peso P che grava sulla ruota e del valore dello sforzo di trazione Tx nella direzione teorica x; = (Fy, p0, P, Tx). Langolo cresce proporzionalmente con Fy sino ad un certo valore corrispondente alle condizioni limiti di aderenza, superato il quale aumenta rapidamente anche per piccoli incrementi di Fy. La dipendenza di da p0 non facilmente quantificabile, per si pu affermare che al diminuire di p0, aumenta rapidamente: comune osservazione che un pneumatico sgonfio sbanda prima. La dipendenza di dal carico P tale che al crescere di P fino ad un certo valore, diminuisce; superato tale valore, il fenomeno si inverte.
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la massima forza longitudinale non cos influenzata dallapplicazione di un angolo di deriva, come mostrato in Figura 2.13 e Figura 2.14.
Figura 2.13 Andamento qualitativo della forza longitudinale (in nero, normalizzata rispetto al valore a ruote bloccate) e forza trasversale (in grigio, normalizzata rispetto al valore massimo) in funzione dello scorrimento.
1,2
0,8
0,6
0,4
0,2
scorrimento s
Figura 2.14 Andamento qualitativo della forza trasversale (in nero, normalizzata rispetto al valore a 90) e forza longitudinale (in grigio, normalizzata rispetto al valore a 0) in funzione dellangolo di deriva.
1,20
1,00
0,80
0,60
0,40
0,20
0,00 0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
angolo di deriva
Ci pu essere visto anche analizzando landamento delle curve della forza longitudinale, tracciate per valori fissati dellangolo di deriva, come mostrato in Figura 2.15.
Fine dell'anteprima
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