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Giacomo Conserva

Nel regno dellansia

E la Via. Seguilo nel Paese dellImprobabile. Vedrai animali rari, ed avrai avventure uniche. E la Verit. Cercalo nel Regno dellAnsia. W.H.Auden

INDICE
I Un suicidio II Rogers III Alla ricerca di s IV Pensieri daragosta Appendice: psichiatri Bibliografia 3 14 17 24 30 35

I UN SUICIDIO

Ellen West (uno pseudonimo), ebrea, di famiglia ricca, mor suicida a 33 anni dopo una lunga storia psichiatrica (come si suole dire). Molti anni dopo, nel 1944, lo psichiatra svizzero Ludwig Binswanger pubblic uno studio presto divenuto famoso sul suo caso. Il caso Ellen West doveva poi confluire nel suo Schizophrenie, testo chiave della sua Daseinsanalyse (fortemente influenzata dal primo Heidegger, quello di Essere e tempo) e della psicoterapia esistenziale; venne salutato come un modello di penetrazione psicologica: al posto della incomprensibilit attribuita ai pazienti psicotici si aprivano canali di comprensione con il loro mondo, con il loro progetto di mondo. Il procedimento di Binswanger (che sfruttava, rielaborate, le categorie base heideggeriane: angoscia, essere-nel-mondo, quotidianit, essere-gettati, deiezione etc.) diviene un modello (collegandosi per un altro verso alla corrente fenomenologica aperta da Minkowski e Jaspers). Egli, per parte sua, non ostante contatti stretti con questi ambienti, con la psicoanalisi, con filosofi come Buber, rifiut sempre di agire da caposcuola e si mantenne sempre isolato. Il suo influsso fu non di meno enorme (si vedano p.e le parole che gli dedica Eugenio Borgna ne Le figure dellansia). Lo stesso iniziatore della antipsichiatria, Ronald Laing, nella sua prima opera, LIo diviso, lo inserisce fra i fondatori di un indirizzo non oggettivante nei confronti del mondo dei c.d. pazienti psichiatrici.Da una analisi di questo testo enorme ( 170 pagine) emergono tuttavia problemi notevoli, interamente suffragati daltra parte dalle ricerche condotte negli ultimi anni sfruttando gli archivi della Clinica Bellevue di Kreuzlingen, oltre a documentazione tuttora in possesso di parenti superstiti della paziente (v. Hirschmller, 2003). La Clinica Bellevue era di propriet della famiglia Binswanger. Venne fondata a met dellOttocento da un primo Ludwig, psichiatra (di origine ebraica, ma convertito al cristianesimo), e diretta poi dal figlio Robert, e quindi dal nipote, il nostro Ludwig Binswanger (allievo di Eugen Bleuler). Era una clinica ad alta intensit terapeutica, come si direbbe ora, che combinava le pi avanzate conoscenze e tecniche psichiatriche con socioterapia e ambiente famigliare (con rapporti stretti fra ospiti e
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membri della famiglia Binswanger); era frequentata da uomini e donne di alto rango sociale (spesso di alto livello intellettuale), provenienti da tutte le parti del mondo, per problemi sia di tipo nevrotico che psicotico; godeva di larga rinomanza e prestigio (v. il saggio di Annett Moss sulla storia della Clinica). In questo istituto Ellen West trascorse circa tre mesi, accompagnata dal marito, immediatamente prima della morte per suicidio ( suicidio assistito al marito, si scoperto) che ebbe luogo pochi giorni dopo la dimissione. E chiaramente estremamente insolito che una storia clinica venga pubblicata oltre due decenni dopo la conclusione del trattamento (anche se in effetti anche altrove Binswanger ha proceduto in modo analogo- anche se sviluppando molto meno la sua analisi); tanto pi davanti a un livello di elaborazione cos approfondito. Si ipotizzato da pi parti un aspetto autogiustificativo davanti alla decisione della dimissione (presa di fatto assieme da Binswanger e dal marito di lei), come pure una risonanza postuma del suicidio, avvenuto nel 1929, del figlio maggiore di Binswanger (che era anche il suo successore designato alla direzione della Clinica). Lo scritto di Binswanger diviso in quattro parti, diversissime fra loro: a) storia clinica; b) analisi esistenziale; c) una discussione del rapporto fra Daseinsanalyse e psicanalisi ( Ellen si sottopose a due analisi, entrambe interrotte, prima dellingresso alla Bellevue); d) una analisi clinica-psicopatologica. In b) Binswanger sfodera tutto il carattere evocativo e suggestivo della sua prosa, come si pu capire fino dai titoli delle varie sezioni che la costituiscono: Mondo, Tempo, Eternit ( e compaiono termini come mondo etereo e mondo sepolcrale). La parte c) una discussione in termini psichiatrici standard sulla diagnosi di Ellen West, diagnosi molto dubbia: allora si oscill, da parte dei molti specialisti che ebbero variamente a che fare con lei, fra nevrosi edipica, isteria, nevrosi ossessiva, simil-tossicomania (centrata sul cibo), malinconia- parere questo di Kraepelin-, sviluppo di personalit, schizofrenia indifferenziata ( Binswanger, e anche Bleuler). -La parte a) si basa su notizie fornite in parte dalla paziente e (soprattutto) dal marito; su alcune relazioni, contemporanee agli avvenimenti o successive, dei terapeuti che la ebbero in cura; su frammenti di diario e lettere di Ellen, su alcune poesie sue, su uno scritto degli ultimissimi tempi- Storia di una nevrosi- il tutto, si accertato, mediato, scelto, espurgato di alcune parti troppo personali, fattualmente redatto (nel caso di Storia di una nevrosi) da parte del marito (di questo non si trova alcuna menzione nel saggio di Binswanger). Sono comunque brani altamente espressivi, lucidi, spesso toccanti (oltre che senza alcuna traccia di disturbi formali del corso del pensiero, bizzarrie, manierismi linguistici, regressione o decadimento intellettivo; come pure senza traccia di fenomeni psicosensoriali o deliri). Affiora una tendenza dei genitori e del marito (e di Binswanger) a leggere a posteriori quasi in qualunque elemento i segni di un processo patologico in corso: Ellen rifiut il latte a 12 mesi di et! fino ai 16 anni amava i giochi mascolini! rifiutava lambiente (alto)borghese da
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cui proveniva! fece amicizia con alcune ragazze che desideravano essere magre, slanciate, eteree! a 23 anni ebbe una spiacevole storia damore con un maestro di equitazione!- La sua ostinazione diventa un suo tratto strutturale e fondante, lei che la porta a una rivolta sempre pi distruttiva contro il suo corpo, la vita, il mondo. (Non c da stupirsi che teoriche femministe abbiano parlato a questo proposito di un atteggiamento assolutamente reazionario di Biswanger nei confronti del ruolo e dei diritti della donna). Di fatto Ellen non ha problemi fino ai 20 anni; intelligente, attiva, piena di interessi; intende iscriversi a economia politica, e dedicarsi a migliorare le condizioni delle masse povere; stanca dellangusto ambiente famigliare, sogna lamore. A 20 anni rompe il fidanzamento con un romantico straniero (lespressione risale al marito N.B.), su pressione del padre. Poco dopo affiora un elemento destinato a durare: langoscia di ingrassare; inizia a tentare disperatamente di calare di peso. Vengono poi grosse oscillazioni depressive, comunque sempre superate. Si dedica con energia e risultati a attivit di assistenza per bambini poveri, si iscrive alluniversit, che frequenta in unaltra citt. Conosce uno studente, e a 24 anni si fidanza con lui.- I genitore si oppongono anche a questa relazione: depressione, terribili sforzi per dimagrire, per diventare slanciata, eterea, come il suo ideale; arriva a prendere 48 pastiglie al giorno di estratto di tiroide, oltre a lassativi; si riduce in condizioni fisiche disastrose, ma ora soddisfatta perch il peso calato. Viene ricoverata durgenza in una clinica (diagnosi morbo di Basedow!), e l ingrassa 30 chilogrammi, nellangoscia totale. A un certo punto incontra un cugino: questi, un giurista, incarna la rispettabilit e lappoggio dei genitori. Dopo molte esitazioni e code del rapporto con lo studente lo sposa infine, a 28 anni. E sempre perseguitata dalla paura di prendere peso; odia il proprio corpo;- prende tiroidina e lassativi, fa con il marito passeggiate infinite per dimagrire. Ha un aborto, verosimilmente collegato alla pessima nutrizione. A 29 anni si fermano le mestruazioni; poco dopo si interrompono i rapporti sessuali con il marito. Continuano le oscillazioni di peso, mentre le condizioni fisiche e psicologiche peggiorano. Inizia una prima analisi (con Von Gebsattel, pi tardi famoso come fenomenologo; ebbe, oltre 20 anni dopo, in cura Martin Heidegger), che dura meno di un anno e non conclude molto. A 32 anni seconda analisi; lanalista lavora fra laltro sul rapporto con il marito, che tenta di tenere a distanza; le cose assumono un andamento vorticoso: un primo tentativo di suicidio con farmaci, poi un altro a brevissima distanza; tenta di buttarsi dalla finestra dello studio dellanalista; allangoscia di ingrassare si aggiunta lossessione del pensiero del cibo, che le riempie costantemente la mente. Soffre enormemente, desidera morire. Nel gennaio 1921 il marito la porta alla Clinica Bellevue, sfruttando le vacanze dello psicanalista per interrompere lanalisi. Uno degli obiettivi stabilire in modo definivo diagnosi e prognosi della malattia. Dopo una breve fase iniziale di tranquillit le condizioni ridiventano disastrose. Continua a desiderare la morte; tenta di sfondare la testa contro una lastra di pietra; offre una enorme somma di denaro a un contadino perch la uccida. Si tiene un consulto con Bleuler (leminente psichiatra di Zurigo, maestro di Jung e di Binswanger, il coniatore della parola schizofrenia) e
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un altro luminare, c accordo sul carattere psicotico del processo, e sulla impossibilit di fornire cure sicuramente utili. Il marito, che stato accanto a lei in clinica per tutto questo periodo, rifiuta il passaggio ad un reparto chiuso (non essendovi, dice, garanzia di interventi risolutivi); Ludwig Binswanger la dimette, come lei stessa ha chiesto, nella piena consapevolezza, estesa al marito di lei, che lesito probabile sar la messa in atto del suicidio. Qualche giorno di serenit estrema (almeno nella versione ufficiale), e di interna festosit: per la prima volta da anni mangia e si abbuffa senza problemi (dolci! cioccolatini!), legge tranquilla poesie di Goethe, Rilke, Storm, Tennyson, e testi di Mark Twain- alla sera scrive lettere e si suicida con il veleno (che, si scoprir 80 anni dopo, il marito le ha procurato).

Il ricordo di questi eventi rimane a lungo presente nella mente di Binswanger; questi intratterr per moltissimi anni un rapporto epistolare con il marito di lei; ancora molto pi tardi parler della decisione di dimetterla (che ha sempre rivendicato) come di quella pi difficile della sua carriera professionale. Tutto lo scritto ha una vena sotterranea di profonda emozione e landamento del panegirico antico- il discorso funebre dedicato agli eroi caduti. Con acribia e attenzione tutto viene ripercorso e analizzato, con un tono spesso di alta eloquenza oltre che con uno strumentario concettuale e metaforico enormemente sviluppato e raffinato1. Come ricordato sopra, questo studio divenne famoso ed apparve esemplare. Il mondo interiore degli schizofrenici diveniva finalmente non pi solo bizzarramente alieno (pi in generale veniva indicata la strada della comprensione, come contrapposta a quella della spiegazione). Non solo Rollo May, Cargnello, Laing o Borgna vi si sono riferiti, ma i manuali di psichiatria pi ufficiali. Poesie e canzoni vennero dedicate a Ellen West. Il mondo della tomba divenne perfino uno dei leit motiv di parecchi romanzi di fantascienza di Philip K. Dick (i cui androidi- come quelli gelidi, non empatici, disumani di Blade Runner- erano ricalcati sugli schizofrenici binswangheriani). Come tutti i testi classici, in questi anni esso ha sollecitato riesami, interpretazioni e
Stranamente- o forse no- manca qualunque indicazione cronologica, a parte i riferimenti allet di Ellen e accenni a come tutto si svolgesse molti anni prima della scrittura del saggio; tutte le date di cui sopra vengono dal materiale degli archivi della clinica e della famiglia. Manca pure qualunque collocazione geografica precisa; viene detto che la famiglia di Ellen si era trasferita oltremare (gli Stati Uniti?) e che poi i genitori e alcuni dei figli ritornarono in Europa (era la Germania); si parla di una vacanza in Sicilia quando lei aveva 20 anni, e di un successivo viaggio a Parigi, ed tutto. Una decontestualizzazione cos spinta colpisce (ed sicuramente funzionale al quadro che Binswanger traccia del progetto di mondo di lei, completamente astorico, come sub specie aeternitatis); in fondo si parla del destino di una donna ebrea, e il testo stato scritto durante la Seconda Guerra Mondiale, ai tempi Terzo Reich e della sua lotta contro il giudaismo internazionale; e il mondo aveva comunque visto negli anni precedenti una altra guerra mondiale, trasformazioni e sommovimenti e sociali massicci, rivoluzioni, crisi economiche devastanti.
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re-interpretazioni da svariati punti di vista, per tutto quello che dice e tutto quello che non dice (ovvero volutamente nasconde o distorce); queste 170 pagine sono comunque destinate a rimanere come un monumento funebre alla memoria di questa giovane donna, alla sua ricerca di significato per la propria esistenza, alla sua lotta contro langoscia e il dolore. (Anoressia nervosa, paranoia sensitiva, laudace volo verso lalto come Ellen West e poi la terribile caduta via dallEigenwelt- tutto quanto. E infine il Mondo della Tomba. Tutto questo, chiaramente, gi successo a Jamis.2)

Binswanger: La temporalit del mondo sepolcrale Gi a questo punto sar chiaro che come il mondo etereo dominato dal futuro(inautentico), il mondo sepolcrale dominato dalla supremazia del passato continuamente presente e, in quanto privo di futuro, inautentico. () Lispessimento, il consolidamento, il restringersi dellombra sullimputridimento vegetativo e laccerchiamento totale sino ai muri del sepolcro sono espressione della crescente supremazia del passato su questa presenza, della supremazia dellessere-gi nella situazionalit dellinferno e dellinevitabile indietro-su-diessa. Questa angoscia dellinferno langoscia della presenza di venire inghiottita dal suo fondamento, dal quale tanto pi profondamente viene inghiottita quanto pi in alto tenta di balzargli via, di sfuggirgli. In luogo dellautoimpadronirsi del fondamento e del divenir-trasparenti a se stessi sulla sua base compare langoscioso esserne dominati, come sprofondamento nel nulla. Dove la presenza non pu progettarsi in vista di se stessa, dove tagliata fuori dal futuro, il mondo in cui essa esiste scade allinsignificativit, perde il suo carattere di appagativit e si trasforma in inappagativit. In altre parole: la presenza non trova pi nulla in base a cui possa comprendersi, il che peraltro vuol dire che si angoscia, che esiste nel mondo dellangoscia o, come noi diciamo nudo orrore. E per ora importante sapere che il nulla del mondo, innanzi a cui langoscia si angoscia, non vuol dire che nellangoscia sia sperimentata unassenza del semplice-presente intramondano, questo,
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Philip K. Dick, The dark-haired girl, Ziesing, 1988 (pag. 34); da una sua lettera del 1972.
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piuttosto, deve venire incontro proprio affinch non si possa avere con esso nessuna appagativit ed esso si possa mostrare nella sua vuota spietatezza. Ma a questo si aggiunge ancora che linsignificativit del mondo che si dischiude nellangoscia rivela la nullit di ci di cui ci si prende cura o, come noi diciamo, nella prassi. Langoscia si angoscia per la nuda presenza in quanto gettata nello <spaesamento>. A tale proposito, da osservare in primo luogo che nellangustia del mondo sepolcrale il mondo non ha tuttavia completamente perduto il suo carattere di appagativit, non scaduto a completa insignificativit e che la presenza ha qui ancor sempre qualcosa in base a cui poter comprendersi, e questo appunto il sepolcro, il carcere, il buco nella terra. Che qui la presenza, ciononostante, sia nellangoscia, indica che gi il restringimento e il livellamento della significativit del mondo, di pari passo procedenti con il prevalere dellessere-stato, gi la perdita da parte del mondo del suo carattere di appagativit significa angoscia. Abbiamo seguito a passo a passo questo sfigurarsi del mondo e labbiamo riconosciuto nello scadere della mondit da un mondo estremamente mobile, estremamente fuggevole in un mondo estremamente rigido, amorfo (privo di forma), dove la presenza non trova pi niente di nuovo in base a cui possa comprendersi, ma solo pu farlo in base al passare e al decomporsi dellabituale e di ci che a saziet noto. La presenza dunque si angoscia gi l dove, nel libero progettarsi in vista di se stessa, nel suo pi proprio poter-essere si fa non libera. Il semplice-presente intramondano non ha dunque affatto bisogno di mostrarsi nella sua vuota spietatezza, sufficiente che si mostri nel suo aspetto di svuotamento, nel nostro caso nellaspetto di terra, di sepolcro o di buco nella terra. Tutte queste espressioni indicano per una cosa, che lo svuotamento della significativit del mondo, lo sfigurarsi del suo carattere di appagativit e vuoto esistentivo hanno un unico e medesimo significato, e ci in base ad una modificazione dellunico senso esistenziale della temporalizzazione. Se il mondo diventa insignificante e sempre pi perde il suo carattere di appagativit, se sempre meno la presenza trova qualcosa su cui possa progettarsi e in base a cui possa comprendersi, se il mondo si mostra, dunque, nellaspetto dello svuotamento (della terra, della voragine, della fossa nella terra) e la presenza non pi proiettata in avanti, bens rigettata sul mero esser-stato, nel quale non pu pi comprendersi in base a qualcosa di nuovo ma soltanto in base alla cerchia dellabituale e del noto compresi a saziet, tutto questo significa che, come tanto bene si esprime la lingua parlata, niente pi si muove e tutto rimane ancorato al passato. Questo non-muoversi-pi e rimanere-ancorati-alpassato, che dunque concerne tanto il mondo quanto lesistenza, non se non un restar-fermo o al massimo uno strisciare. Quando Ellen West si concepisce come verme della terra, con ci esprime la medesima cosa che quando si accorge che il suo sviluppo cessato, che tagliata fuori dallavvenire, che pi non scorge innanzi a s ampiezza e luce, e che al contrario non le concesso se non il voltolarsi lentamente in un cupo, angusto cerchio. Questo per non significa se non quanto noi in psicopatologia e la stessa Ellen West definiamo uno scadere dallaltezza spirituale ad un livello pi basso, al livello del soltanto-ancora o del quasi-soltanto-ancora-vegetare, del mero appetire. Lappetire caratterizzato in termini esistenziali con la prossimit, langustia e il vuoto del mondo, con il suo aspetto di voragine, in cui la presenza si appaga di ci che a portata di manoe, come nel nostro caso dobbiamo dire, a portata di bocca, dove dunque nulla oggetto di riflessione e di scelta, ma tutto viene
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afferrato o addentato con frenesia e ci si getta freneticamente come un animale su quanto appunto semplicemente alla mano. La forma di temporalizzazione di questo essere-nel-mondo non pi laspettarsi (del futuro), bens un mero presentificare, un presentificare il mero ora, che n nasce dallavvenire, n si lascia alle spalle un passato. La seriet animale di questo presente si mostra in ci, che tutto ancora si aggira unicamente intorno al mangiare o divorare, come lunica appagativit in base alla quale la presenza possa ancor comprendersi. Dopo tutto quello che siamo venuti esponendo, sar ormai chiaro che, come si sottolineato in precedenza, una simile bramosia di mangiare, in quanto espressione dello svuotamento e della trasformazione in terra del mondo dellesistenza, angoscia. Il fatto che Ellen West si getta sul cibo come un animale significa che ella mossa dallangoscia, e se da un lato cerca di farla tacere nella bramosia del divorare nel mero ora infatti nel trangugiare il cibo ancora qualcosa si muove- soltanto per ricadervi nel successivo punto-ora. Questo il laccio da cui Ellen non si pu sciogliere e in cui la sua presenza irretita. Langoscia di ingrassare si rivela cos come unaltra espressione dellangoscia dinnanzi alla perpetuazione della bramosia nella forma dellingrassamento, della trasformazione in verme, dellimputridimento, dellinsipidezza, dellimbruttimento e della despiritualizzazione della presenza. Lesser-grassa il perpetuo rimprovero che qui la presenza si fa, la sua autentica colpa. La contraddizione tra il mondo etereo e il mondo sepolcrale, tra lesistentiva iperilluminazione e lombra esistentiva, si era rivelata come contraddizione tra un danneggiarsi-sollevando il peso della temporalit della presenza e un esserne tirata-gi. Nella storia della vita della nostra malata ci si manifesta con stupefacente nitidezza. Che sussista una contraddizione tra i due mondi. non significa dunque che luno sia unicamente una festosa gioia della presenza e laltro unicamente lutto o malinconia della presenza: entrambi i mondi piuttosto, se cos si pu dire, sono mondi dellangoscia, quello etereo, nel senso dellangoscia sorta dal voler-essere-diversa dinanzi al futuro autentico e quindi anche dellangoscia dinanzi alla morte, il mondo sepolcrale, nel senso dellangoscia dinanzi al mero esser-stato. Nelluno, la presenza si consuma nel mero desiderare della fantasia, nellaltro, nella mera bramosia di vita. La contraddizione tra i due mondi non contraddizione tra non-angoscia, festosit della presenza o serenit [ Gelassenheit] (E.Straus) da un lato e angoscia dallaltro, ma contraddizione tra due diverse forme di angoscia, langoscia dinanzi alla vecchiaia e alla morte e langoscia dinnanzi alla vita. In entrambe le forme pu trovare la sua espressione lunica angoscia dinnanzi alla nullit della presenza ed entrambe possono dunque venir scambiate: Ade pu significare Dioniso e Dioniso Ade. La contraddizione tra le due forme di angoscia contraddizione dialettica nel senso dellantinomia della presenza, cio dello stretto intrecciarsi della vita con la morte e della morte con la vita. Il suicidio tuttavia una consapevole rottura di questa antinomia, mediante una conclusiva-decisa azione della prassi nella quale, alla fine, la libert trionfa necessariamente sulla non libert. Lessenza della libert come necessit si fonda tanto profondamente nella presenza da poter dunque ancora disporre della presenza stessa. (Il caso, pp. 143-147)

Binswanger: la significativit/positivit della morte di Ellen W.:


Il fatto antropoanalitico che la certezza intuitiva della morte, che la morte immanente alla vita (v.Gebsattel) si riveli come ombra che si stende sulla vita e che la prossimit della morte (transeunte la vita) si riveli tuttavia come luminosit, anzi come festosa gioia esistenziale, va ora per inteso, al pari dello stesso suicidio, anche in riferimento al significato che la morte ha in generale per questa presenza. Per Ellen West, discepola di Niels Lihne e perfetta nichilista, la morte significava lassoluto nulla, cio non soltanto la negazione, ma lassoluta nullificazione della presenza. Abbiamo certo visto che la morte per questa presenza si ripetutamente configurata anche secondo un senso erotico, ad esempio nel desiderio di essere baciata a morte dal fosco e gelido dio-padre troneggiante al di sopra delle nubi e nelle funebri immagini della grande amica e della bella signora dai profondi occhi sognanti. Ma in nessun punto troviamo non tanto una prova, quanto un semplice accenno alla possibilit che lerotismo macabro costituisse un movente del suicidio o anche soltanto del sentimento di felicit di fronte alla morte. Al contrario: con la lettera allultima eterea amica, Ellen West prende congedo dallerotismo come prende congedo da tutto. Non possiamo dimenticare che lesecuzione del suicidio significa lultima azione pratica di questa figura antropologica e che essa deriva appunto dal mondo della prassi, della riflessione e della progettazione e non dal mondo etereo delle fantasie e dei desideri. E se anche sappiamo che dietro motivi razionali molto spesso si celano desideri emozionali, proprio il prender congedo a mostrarci, tuttavia, che per Ellen, cos come corrispondeva alla sua visione del mondo non soltanto scettica ma nichilista, questo prender congedo aveva il significato di un congedo per sempre. Tutte le indicazioni di cui disponiamo fanno escludere che vi fosse in lei la fede in una qualsiasi continuazione della vita dopo la morte, come anche di un desiderio etereo di una simile continuazione. Dobbiamo renderci conto che per Ellen West tutto cessa con la morte, il mondo della prassi quanto il mondo etereo e il mondo sepolcrale. E solo perch Ellen si trova davanti allassoluto nulla, pu sparire ogni problematica (sempre relativa), ogni contradditoriet tra i diversi mondi tra i quali era divisa, e lesser-ci [Dasein] pu ancora una volta divenire pura festa. Ma a differenza della festosa gioia esistenziale come tale, che scaturisce dalla pienezza dellesser-ci, in quanto come fondamento originario di ogni arte, in Ellen West tale gioia sorge di fronte al nulla e si accende per la prospettiva del nulla. In ci possiamo riconoscere lenorme positivit che pu spettare al nulla nellesistenza. Dove questo si avvera, come nel caso di Ellen West, la storia della vita si trasforma in particolare misura nella storia della morte, e a buon diritto parliamo di una presenza consacrata alla morte. (il Caso, pag. 132-133)

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Da gran tempo non ho pi tenuto un diario, ma oggi devo riprendere il mio quaderno; in me c infatti una tale rivolta e un tale fermento che devo aprire una valvola di sicurezza se non voglio scoppiare perdendo ogni freno e diventando aggressiva. E davvero triste che io debba tradurre tutta lenergia e la voglia di fare in parole che nessuno ode, anzich in energiche azioni. E un peccato per la mia giovane vita, un vero delitto ai danni della mia mente sana. A che scopo la natura mi ha dato salute e ambizione? Non certo per soffocarle e comprimerle e farle morire nei lacci della vita dogni giorno, ma per impiegarle al servizio della misera umanit. Le ferree catene della vita quotidiana: le catene delle convenzioni, le catene del possesso e della comodit, le catene della riconoscenza e del riguardo e, pi forti di tutte: le catene dellamore. S, sono queste a reprimere in me, a trattenere in me il rinnovarsi di una vita fiera, lagire senza riserve nel mondo della lotta e del sacrificio, a cui aspira tutta la mia anima. O Dio, langoscia mi rende furiosa! Langoscia, che quasi certezza! La coscienza che alla fine perder tutto, ogni coraggio, ogni indignazione, ogni impulso allazione; che esso- il mio piccolo mondo- mi piegher, mi far debole e pusillanime e meschina, come loro sono. Vivere? No, vegetare! Far concessioni, dite? io non voglio far concessioni! Lo vedete bene, lattuale ordinamento della societ marcio, marcito sino alle radici, sporco e volgare; ma voi non fate nulla per rovesciarlo. Non abbiamo per alcun diritto di chiudere le orecchie alle grida della miseria e di far finta di non vedere le vittime del nostro sistema! Ho ventun anni, e devo tacere e sogghignare come una bambola. Io non sono una bambola. Sono un essere umano in cui scorre sangue rosso e sono una donna con un cuore palpitante. E non posso respirare in questatmosfera di ipocrisia e di vilt, voglio fare qualcosa di grande e devo avvicinarmi, almeno un poco, al mio ideale, il mio orgoglioso ideale! Mi coster delle lacrime? Ma che cosa fare, da che parte cominciare? Tutto questo ribolle e palpita in me, sento che sta per rompere ci che lo trattiene! Libert! Rivoluzione! No, le mie non sono frasi. Io non penso alla liberazione dellanima: io intendo la reale, tangibile libert del popolo dalle catene dei suoi oppressori. devo esprimermi ancor pi chiaramente? Io voglio la rivoluzione, una grande sollevazione che si estenda in tutto il mondo e rovesci lintero ordinamento sociale. Vorrei lasciare patria e genitori come una nichilista russa, vorrei vivere tra i pi poveri dei poveri e far propaganda per la grande causa. E non per spirito davventura! No! Chiamatelo pure impulso allazione insoddisfatto, se volete, ambizione indomabile. Che cosa importa il nome che si d alle cose? Per me come se questo ribollire del sangue sia gi qualcosa di meglio. Oh, soffoco in questa meschina vita quotidiana. Sazia soddisfazione di s o avidit egoistica, rassegnazione senza gioia o brutale indifferenza: queste le piante che prosperano al sole della vita dogni giorno. Crescono lussureggianti, queste piante, e come mala erba soffocano i fiori della nostalgia che sono spuntati in mezzo a loro. Tutto in me trema di paura, paura delle bisce della vita quotidiana, che vogliono avvolgermi con i loro freddi corpi e spegnere in me il coraggio di lottare. Ma gi

Dal diario: Ellen a 21 anni (1908)- io non sono una bambola-

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si dispone alla difesa la mia esuberante energia. Io me le scuoto di dosso, devo scuotermele di dosso. Dopo questa notte dincubo deve sorgere il mattino. (Il caso, pag. 62-64)

Dal diario: Ellen a 33 anni (1920- pochi mesi prima della morte): soffrire come una bestia.

Orrenda la sensazione di vuoto. Non ho nulla che riesca ad attenuare questa sensazione. Certo il quadro, in generale, si spostato. Ancora un anno fa mi rallegravo di aver fame e mangiavo di buon appetito. I purganti che prendevo ogni giorno mi impedivano di ingrassare. Sceglievo naturalmente i cibi con la stessa preoccupazione, evitavo ogni alimento ingrassante, ma tuttavia mangiavo con piacere e gioia lw cose che potevo permettermi. Adesso invece,nonostante la fame che sento, ogni pasto un tormento; accompagnato ogni volta da sentimenti di angoscia. Ora, tali sentimenti di angoscia non mi lasciano assolutamente pi. Li sento come qualcosa di fisico: un male qui nel cuore. Quando mi sveglio al mattino provo langoscia per quella fame che so che ben presto si far sentire. La fame mi spinge fuori dal letto. Faccio colazione- e non passa unora che ho di nuovo fame. Per tutto il giorno la fame o langoscia per questo mi tormentano. Langoscia di aver fame qualcosa di orribile. Essa bandisce tutti gli altri pensieri dalla mia testa. Persino quando sono sazia penso con spavento che tra unora la fame sar unaltra volta l a tormentarmi. quando ho fame non posso pi scorger con chiarezza, analizzare nulla. Descriver brevemente quanto mi pu succedere al mattino. Siedo allo scrittoio e lavoro. Ho molto da fare; molte cose di cui son lieta di occuparmi. senonch una tormentosa inquietudine non mi consente di raccogliermi. Balzo in piedi, corro qua e l, continuo a fermarmi davanti alla credenza in cui tengo il pane. Ne mangio un poco; altri dieci minuti, e salto di nuovo su e ne mangio ancora. Mi propongo severamente di non a mangiare pi nientaltro. E naturalmente posso esercitare una sufficiente forza di volont per farlo. Ma il desiderio di mangiare, questo insopprimibile. Per tutto il giorno non riesco a cacciarmi dalla testa il pensiero del pane. Riempie a tal punto il mio cervello che non c pi posto per altri pensieri: non posso concentrarmi n nel lavoro, n nella lettura. Per lo pi finisce che esco in istrada. Fuggo davanti al pane nella credenza e vado in giro senza meta. Oppure prendo un purgante. Come si pu analizzare tutto questo? Da dove viene questinvincibile inquietudine? Perch penso di poterla attenuare soltanto mangiando? E perch poi il mangiare mi rende tanto infelice? Si potrebbe dirmi: Mangia dunque questo pane e ti calmerai. Non cos invece, quando ho mangiato sono altrettanto infelice. Torno a sedermi e allora il pane che ho mangiato sempre l, davanti ai miei occhi, mi palpo lo stomaco e son costretta a pensare senza requie: ecco, adesso ingrasserai! Quando tento di analizzare tutta questa faccenda,
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non ne vien fuori che teoria. Un almanaccamento. Sentire, mi riesce soltanto di sentire linquietudine e langoscia. [L.B.: segue un tentativo di analisi] Ma tutte queste sono solo immagini fantastiche; devo stillarmi il cervello, per pensarle. sarebbe facile analizzare un altro in questo modo. a me, invece, non resta frattanto che voltolarmi nella mia angoscia mortale e devo passare mille e mille ore dorrore. Mi sembra che i giorni siano fatti di migliaia di ore, e spesso tutto questo pensare morboso mi stronca a tal segno che non mi auguro ormai che la morte. La cosa pi orribile ogni volta che mi alzo da tavola. Quel che vorrei sopra ogni cosa non mangiare affatto per non ritrovare quellorribile sensazione dopo ogni pasto. Ormai per tutta la giornata ho paura di questa sensazione. Come far a descriverla? E una oscura sensazione di vuoto nel cuore, una sensazione dangoscia e dabbandono. Talvolta il cuore mi batte cos forte che me ne vengono le vertigini. Nellanalisi abbiamo dato questa spiegazione: nel mangiare io cerco di soddisfare due cose: la fame e lamore. La fame viene appagata- lamore no! Resta il gran buco non riempito. Al mattino, al risveglio, gi comincio ad avere paura dell<angoscia-dopo-ilpranzo>; e questa angoscia mi accompagna tutto il giorno. Provo angoscia persino allidea di entrare in un negozio di generi alimentari. La vista dei generi alimentari desta in me delle brame che essi (i generi alimentari) non possono mai appagare. Come se uno tentasse di estinguere la sua sete nellinchiostro. Troverei forse la liberazione se potessi risolvere questo enigma: scoprire il punto di raccordo tra il mangiare e la brama. Il rapporto erotico-anale mera teoria [ era allora in corso la 2 analisi nota mia ]. Mi del tutto incomprensibile. Assolutamente io non mi capisco. E terribile non capire se stessi. Io sto di fronte a me stessa come ad un estraneo: ho paura di me stessa, ho paura dei sentimenti dei quali in ogni momento sono in preda senza che me ne possa difendere. Questo lorribile nella mia vita: essa ricolma di angoscia. Angoscia del mangiare, angoscia della fame, angoscia dellangoscia. Dallangoscia pu liberarmi soltanto la morte. Ogni giorno come camminare su una cresta vertiginosa, un eterno bilanciarsi sugli scogli. E inutile che lanalisi mi dica in anticipo che questa angoscia, questa tensione la voglio io. E ingegnoso, ma non di nessun aiuto per il mio povero cuore: chi la vuole questa tensione, chi, che cosa? Non vedo pi nulla, tutto si confonde, tutto sottosopra. Il mio sempre e soltanto un rovello dellintelletto. Nel mio io pi riposto nulla muta, il tormento permane identico. E facile dire: tutto perspicuo. Quel che bramo la violenza- e in effetti mi sto violentando ora per ora. Ho dunque raggiunto il mio scopo. Ma lerrore dov, dov lerrore? Perch la mia miseria senza limiti e mi sembra stupido dire: proprio questo voglio: essere miserabile. Queste sono parole, sono soltanto parole, parole e intanto soffro, come non si lascerebbe soffrire una bestia.

(Il caso, pag.75-78)

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II Rogers

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Il caso Ellen West fu stampato negli USA nel 1958 (assieme a altri testi di Binswanger, Minkowski, E.Straus etc.) in un volume curato da Rollo May, Angel e H. Ellenberger (il futuro autore de La scoperta dellInconscio): unopera destinata a una grande e duratura influenza, intitolata (sulle tracce di Heidegger) Existence. Poco dopo Carl Rogers partecip a un seminario interdisciplinare (cerano psichiatri, psicologi, un antropologo sociale, uno storico) dedicato espressamente a Ellen West. Una prima versione, abbreviata, del suo intervento fu pubblicata nel 1961; il testo completo nell80, in quello che praticamente il suo testamento spirituale, Un modo di essere (Ellen West e la solitudine, pag. 139-152 della edizione Martinelli). E un testo inusuale: pieno di indignazione ed ira, e al tempo stesso estremamente lucido, con toni che per certi aspetti ricordano quelli successivi di Ronald Laing (doveva averne appena letto LIo diviso, di cui distintamente riprende concetti chiave: il S diviso, appunto, e il falso S) nella asprezza della denuncia. Un vero e proprio manifesto della terapia centrata SULLA PERSONA, nel senso pi forte. Perch per Rogers il nucleo del problema sta proprio l: nella rinuncia alla pienezza delle proprie responsabilit e autonomie, delle proprie emozioni e sensazioni- per via della paura della solitudine, del ricatto affettivo di genitori e ambiente. E, poi, nellulteriore isolamento derivante dalla mancanza di un sistema sociale omogeneo e coeso di valori e di sostegno reciproco, che compensi quella rinuncia (qui riprende implicitamente, come altrove in termini espliciti, il tema della solitudine delluomo metropolitano di David Riesman, l autore de La folla solitaria).- Invece di leggere nel diario e nella storia di Ellen West il progressivo inarrestabile estendersi della mancanza-d-essere, egli vi vede la repressione famigliare e la paura, che spingono una ragazza intelligente e piena di vita, di arretramento in arretramento, su un terreno sempre pi ristretto e angoscioso. fino a intravedere infine nella morte lunica possibile liberazione. Di questo destino Rogers giudica almeno corresponsabili i vari psichiatri e psicanalisti che, sempre oggettivando lei e i suoi sentimenti, si sono affacendati attorno a lei (fino alla decisione di Bleuler e Binswanger di lasciarla andare incontro al suicidio). In una specie di esperimento mentale, o fantasia compensatoria forse, immagina che la ragazza si rivolgesse a lui o a qualche altro terapeuta che sapesse trattarla con accettazione e rispetto: che laiutassero a non rifiutare n cancellare la propria storia, i propri sentimenti (anche negli aspetti angosciosi e/o contradditori), il proprio corpo. E ritiene che Ellen West quasi sicuramente avrebbe scoperto modi di essere significativi, nella libert e nella autonomia, tramite un incontro terapeutico in cui non fosse stata lasciata sola, ma il terapeuta avesse dato altrettanta presenza e altrettanta messa in gioco:
Essere una persona che talvolta si oppone ai genitori, talvolta alle pressioni sociali, che spesso sceglie di agire anche se insicura del risultato qualcosa di doloroso, costoso, qualche volta perfino terrificante. Ma sarebbe molto prezioso: essere se stessi vale il prezzo che si paga. Ed avrebbe molti altri aspetti degni di nota. Nella relazione terapeutica in cui tutto di se stessa fosse accettato, Ellen potrebbe scoprire che si pu comunicare il proprio S pi completamente.

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Scoprirebbe che non ha bisogno di essere sola e isolata, che qualcun altro pu capire e condividere il significato della sua esperienza. Scoprirebbe inoltre che in questo processo diventata amica di se stessa- che il suo corpo, i suoi sentimenti e i suoi desideri non erano nemici estranei, ma parti amichevoli e costruttive di se stessa. Non sarebbe pi necessario da parte sua esclamare quelle parole disperata: sto morendo nella lotta contro la mia natura. I suoi due estraniamenti essenziali sarebbero stati alleviati. Si troverebbe in un rapporto buono e comunicativo con se stessa, e troverebbe pi sicuro essere pienamente se stessa in una relazione. Come conseguenza, scoprirebbe di porre pi aspetti di se stessa in rapporto con gli altri, e di nuovo con la verifica che non si tratta di qualcosa di pericolosamente insicuro, ma semmai pi soddisfacente. E grazie ad un processo simile che, secondo me, la parete di vetro si sarebbe dissolta. Ellen avrebbe scoperto che la vita avventurosa, e spesso dolorosa. Costituirebbe una perplessit costante il definire il comportamento che meglio si armonizzi ai suoi sentimenti complessi e contradditori. Ma essa sarebbe pi viva e autentica, e in rapporto con se stessa e gli altri. Avrebbe risolto il suo problema personale, che anche quello della grande solitudine delluomo moderno. (pag. 150-151)

Fare di una persona un oggetto si rivelato utile nel trattamento delle malattie fisiche; non si dimostrato utile invece con i pazienti psicologici. Apportiamo un aiuto profondo solo quando nella relazione rischiamo noi stessi come persone, quando sperimentiamo laltro come una persona coi suoi diritti. Solo allora ha luogo un incontro ad una profondit tale da dissolvere il dolore della solitudine in entrambi, nel cliente come nel terapista. (pag. 152).

E la conclusione, piena di durezza ma anche di speranza:

Negli anni successivi, fra antipsichiatria, femminismo e generale clima di trasformazione radicale, vi saranno molte altre controletture di casi celebri e non: cos Soul Murder (assassinio dellanima) di Schatzman (in italiano La famiglia che uccide), che ripercorre il caso del Presidente Schreber, trattato da Sigmund Freud, base della interpretazione psicanalitica della paranoia e del delirio; Foglie di primavera di Aaron Esterson, anche lui collaboratore di Laing (al centro una semplice schizofrenica); Ritratto di Dora di Helene Cixous: il caso Dora, Freud ancora, listeria (o anche Facteur de verit di Jacques Derrida, a proposito di un celebre seminario di Lacan su Poe). Il testo di Rogers figura sicuramente a pieno titolo in questa compagnia.

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III Alla ricerca di s

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Negli anni 50 e 60 si cre negli Stati Uniti un coacervo di tendenze che confluirono in quella che venne definita psicologia umanistica; Rollo May, Abraham Maslow, Carl Rogers, Erch Fromm ne furono fra i massimi esponenti. Comune la polemica contro le tendenze obiettivanti e riduttive della psicanalisi freudiana ortodossa da una parte, e del comportamentismo dallaltra; si rivendicava un aggancio alla soggettivit, alla corporeit, allesperienza interna ed interpersonale, allempatia. Il terapeuta non poteva essere un distante analizzatore, o giudice cosa vi era di positivo e cosa no (o di normale o no), ma doveva essere coinvolto nel processo terapeutico con tutte le proprie ricchezze e caratteristiche. Si faceva variamente riferimento alle tendenze disumanizzanti della societ industriale avanzata e del capitalismo, e alle esperienze drammatiche di fanatismo, dittature, guerre di aggressione e sfruttamento. Si denunciava la perdita dei valori tradizionali, e delle strutture personali e sociali che aiutavano a dare un significato alla esistenza personale e collettiva. Ci si riferiva a autori come Kierkegaard, Kafka, Beckett, Camus, Sartre, Heidegger, Jaspers, Tillich, Buber, W.H.Auden come lucidi interpreti della crisi, e dellangoscia che generava. Emblematici i titoli di alcune opere: lessere e il nulla, la nausea, lo straniero, let dellansia, lIo e il Tu, il coraggio di esistere, una societ mentalmente sana, fuga dalla libert. Era necessario, si sentiva, partire in ogni caso dalla propria esperienza personale. Cos per esempio Rollo May inizia un suo saggio sulle origini della psicologia esistenziale: Anni fa mentre lavoravo al mio The meaning of anxiety contrassi la tubercolosi e passai un anno e mezzo in sanatorio [anche Hillman pass allinizio attraverso la tubercolosi]. A quellepoca non si conoscevano ancora cure per questa malattia; mentre aspettavo ora per ora e giorno per giorno la fine del mese per vedere se i raggi X rivelassero una riduzione o invece un progredire del male, avevo tutto il tempo necessario per meditare sul significato dellangoscia servendomi di dati diretti che potevo attingere in me e negli altri ricoverati. Durante la malattia studiai gli unici due libri allora conosciuti sullangoscia: Il problema dellangoscia di Freud e Il concetto dellangoscia di Kierkegaard. Valutavo le formulazioni di Freud: la sua prima teoria secondo cui langoscia il riemergere della libido rimossa, e la seconda tesi per cui langoscia la reazione dellIo di fronte alla minaccia di perdere loggetto amato. Kierkegaard, invece, descriveva langoscia come la lotta dellessere vivente contro il nonessere, proprio ci che io stavo sperimentando in prima persona nella mia lotta con la morte o con il rischio di restare invalido per tutta la vita. Egli spiegava inoltre che il vero terrore nellangoscia non la morte in quanto tale, ma il fatto che ognuno di noi si trova dentro di s contemporaneamente dalle due parti della barricata, vale a dire che langoscia un desiderio di quello che si teme, una repulsione attraente, come egli la defin. Essa pertanto simile a una forza arcana che si impadronisce di noi, e dalla quale non possiamo, n vogliamo, staccarci; poich si teme, ma quel che si teme si desidera. Langoscia quindi rende lindividuo impotente.
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Quel che pi mi colp fu che Kierkegaard descriveva precisamente quello che io e gli altri ricoverati stavamo sperimentando. Freud invece no; egli scriveva a un livello diverso, spiegava cio i meccanismi psichici che causano langoscia. Kierkegaard descriveva quello che immediatamente sofferto dalluomo in crisi: e specificamente la lotta della vita contro la morte, che per noi malati era del tutto reale. Kierkegaard parlava di una crisi che ritengo non dissimile, nella sua essenza, dalle crisi dei pazienti che ricorrono alla terapia, o da quelle che tutti noi sperimentiamo su scala ridotta cento volte al giorno, anche se scacciamo dalla mente la prospettiva ultima della morte. Freud considerava la questione da un punto di vista tecnico, dove il suo genio dominava; forse egli capiva langoscia pi di chiunque altro. Kierkegaard, genio di tipo diverso, scriveva a livello esistenziale, ontologico; egli conosceva langoscia Se langoscia era la cifra che permetteva di dare un nome allepoca, bisognava comunque distinguerne le variet: non solo la classica suddivisione fra ansia e paura (lansia come paura senza oggetto), ma proprio allinterno dellangoscia. Tillich scriveva nel 1952: Le analisi dellangoscia patologica in rapporto con langoscia esistenziale hanno messo in evidenza i seguenti principi: 1. Langoscia esistenziale ha un carattere ontologico e non pu essere eliminata, ma deve essere inclusa nel coraggio di esistere. 2. Langoscia patologica la conseguenza dellincapacit dellIo di prendere su di s quellangoscia. 3. Langoscia patologica porta allautoaffermazione su una base limitata, fissa e irrealistica, e a una difesa coercitiva di questa base. 4. Langoscia patologica, in rapporto con langoscia del fato e della morte, produce una sicurezza irrealistica;in rapporto con langoscia della colpa e della condanna, una perfezione irrealistica; in rapporto con langoscia del dubbio e della mancanza di significato, una certezza irrealistica. 5. Langoscia patologica, una volta stabilita, oggetto di cura medica. Langoscia esistenziale oggetto di aiuto sacerdotale [ Tillich era un eminente- teologo]. N la funzione del medico n la funzione del sacerdote sono legate esclusivamente a coloro che le esercitano professionalmente il ministro del culto pu essere un medico e lo psicoterapeuta un sacerdote, e ogni essere umano pu essere luno o laltro in rapporto col prossimo. Ma le funzioni non dovrebbero essere confuse e i loro rappresentanti non dovrebbero tentare di prendere luno il posto dellaltro. La meta di entrambi aiutare gli uomini a raggiungere la piena autoaffermazione, a conseguire il coraggio di esistere. (Paul Tillich, Il coraggio di esistere, pag. 59) E Sartre (1943): Nellangoscia la libert sangoscia di fronte a se stessa in quanto non mai sollecita n impedita da niente. Si dir: la libert stata poco fa definita come una struttura permanente dellessere umano: se langoscia ne costituisce la manifestazione, essa dovrebbe essere uno stato permanente della mia sensibilit. essa , al contrario, del tutto eccezionale. Come spiegare la rarit del fenomeno dangoscia?
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Bisogna anzitutto notare che le situazioni pi frequenti della vita, quelle in cui percepiamo i nostri possibili in e mediante la realizzazione attiva di questi possibili, non ci si manifestano mediante langoscia, perch la loro stessa struttura esclude lapprensione angosciosa. langoscia, infatti, il riconoscere una possibilit come mia possibilit, , cio si costituisce quando la coscienza si vede divisa dalla sua essenza mediante il nulla o separata dal futuro mediante la sua stessa libert. Allora infatti un niente nullificante mi toglie ogni scusa, e, nello stesso tempo, ci che progetto come mio essere futuro sempre nullificato e ridotto al rango di semplice possibilit perch il futuro che sono rimane fuori dalle mie previsioni (Jean-Paul Sartre, Lessere e il nulla, pag. 71) Sartre partiva da qui per una analisi di quella che egli chiamava malafede, intesa come capacit propriamente umana di distanziarsi dalla verit della propria esperienza; e per invocare una psicanalisi esistenziale (influenzata da Adler, si direbbe) che esaminasse i vari progetti di mondo, e riconducesse le diverse situazioni di vita alle diverse scelte liberamente fatte. Su questa psicanalisi esistenziale (che egli abbozz in alcuni studi biografici, come quello su Baudelaire e quello su Genet, cos egli si esprimeva: Il principio di questa psicanalisi che luomo una totalit e non una collezione: che di conseguenza si esprime integralmente, nel pi superficiale ed insignificante dei comportamenti, in altre parole, che non c un gusto, un tic, un atto umano che non sia rivelatore. Lo scopo della psicanalisi di decifrare i comportamenti empirici delluomo, cio di mettere in piena luce le rivelazioni che ciascuno di essi contiene e di fissarli concettualmente. Il suo punto di partenza lesperienza: il suo punto dappoggio la comprensione preontologica e fondamentale che luomo ha della persona umana. Quantunque la maggior parte delle persone, in realt, possano trascurare le indicazioni contenute in un gesto, una parola, una mimica e ingannarsi sulla rivelazione che apportano, ogni persona umana non possiede meno a priori il senso del valore rivelatore di queste manifestazioni, non meno capace di decifrarle, se aiutata e guidata. Qui come altrove la verit non si incontra per caso, non appartiene ad un campo in cui bisognerebbe cercarla senza averne mai avuto prescienza, come si pu andare a cercare le sorgenti del Nilo o del Niger. Appartiene a priori alla comprensione umana e la fatica essenziale una ermeneutica, cio un lavoro di decifrazione, una fissazione ed una concettualizzazione. Il suo metodo di confronto: poich, effettivamente, ogni modo di agire umano simbolizza, alla sua maniera, la scelta fondamentale che bisogna mettere in luce, e poich, nello stesso tempo, ognuna di loro maschera questa scelta sotto i suoi caratteri occasionali e la sua opportunit storica, appunto col confronto di questi modi di agire che faremo scaturire la rivelazione unica che esprimono in maniera differente La psicanalisi esistenziale rifiuta il postulato dellinconscio (J.-P. Sartre, Lessere e il nulla, pag. 631-633 passim)

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Dalla impostazione sartriana, accompagnata da un grosso radicalismo politico e personale, rimarchevolmente assente il fine terapeutico, il bisogno di aiutare a crescere, a diminuire le sofferenze inutili (e non solo ad aumentare la lucidit: vero che lo sterminio delle illusioni pu essere curativo di per s). Diversa era ovviamente la posizione degli psicoterapeuti. May scriveva nel 1959, a proposito delle basi esistenziali della psicoterapia: Propongodi cominciare con lunico dato reale della situazione terapeutica, cio con la persona esistente seduta nello studio insieme al terapeuta. Chiediamo: quali sono le caratteristiche essenziali che rendono questa paziente una persona esistente, che fanno di questo s un s? In primo luogo la signora H., come ogni persona esistente, centrata in se stessa, e un attacco contro questo centro un attacco alla sua stessa esistenza. Ogni persona esistente ha la caratteristica dellautoaffermazione, il bisogno di conservare la propria centricit. Tutte le persone esistenti hanno il bisogno e la possibilit di uscir fuori dalla loro centricit per partecipare degli altri esseri. Il lato soggettivo della centricit la consapevolezza. Il compito del terapeuta non solo di aiutare il paziente a divenire consapevole, ma, ancor pi importante, di aiutarlo a trasformare questa consapevolezza in coscienza. La consapevolezza consiste nel percepire che allinterno del proprio mondo c una minaccia proveniente dallesterno, una condizione che pu essere, come nei paranoidi e nei loro equivalenti nevrotici, correlata con una prevalenza di comportamento agito. Ma lautocoscienza pone questa consapevolezza a un livello del tutto diverso; il paziente vede che lui quello minacciato, cio che egli lessere che sta in questo mondo che lo minaccia, che egli il soggetto che ha un mondo. E questo gli d la possibilit dellinsight, di vedere verso linterno, di vedere il mondo e i propri problemi in relazione con se stesso. E cos ha la possibilit di agire sui suoi problemi. Langoscia lo stato dellessere umano nella lotta contro quel che potrebbe distruggere il suo essere. E, con le parole di Tillich, lo stato di un essere in conflitto con il non-essere, un conflitto che Freud mitologicamente ha raffigurato nel suo importante e potente simbolo dellistinto di morte. Una parte di questa lotta sar sempre contro qualcosa al di fuori del s. Ma ancora pi importante e significativa per la psicoterapia la lotta interna che abbiamo visto nella signora H.; il conflitto, cio, allinterno della persona quando affronta la scelta del se e quanto a lungo pu mettersi contro il proprio essere, contro le sue potenzialit. (Psicologia esistenziale, a c. di Rollo May, pag. 65-71 passim). E Carl Rogers cos riassumeva (condividendoli largamente) i principi guida alla base della terapia secondo May: pi il s dellindividuo minacciato, pi egli manterr un comportamento nevrotico, difensivo. Pi il s dellindividuo minacciato, pi i suoi modi di essere e il suo comportamento diverranno circoscritti . pi il s libero dalla minaccia, pi lindividuo mostrer comportamenti di autoaffermazione.
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pi lindividuo sperimenta un clima libero dalla minaccia al s, pi mostrer il bisogno e la realizzazione di un comportamento di partecipazione. unangoscia specifica sar risolta solo se il paziente perde la paura di essere la potenzialit specifica nei confronti della quale stato ansioso (Psicologia esistenziale, pag.76). La stessa angoscia poteva essere un segnale e uno strumento: Lo smarrimento- il non sapere chi siamo e che cosa dovremmo fare- laspetto pi doloroso dellangoscia. Ma la cosa positiva e promettente che proprio come langoscia distrugge la nostra autocoscienza, cos lautocoscienza pu distruggere langoscia. Cio a dire, pi forte la nostra autocoscienza, meglio possiamo contrastare e superare lansia che, come la febbre, il sintomo di una lotta interna. Come la febbre il segno che il corpo sta mobilitando le proprie difese fisiche per dar battaglia allinfezione, poniamo, ai bacilli della tubercolosi nei polmoni [n.b. a quei tempi non cera una chemioterapia efficace per la tbc], cos langoscia testimonia la presenza di una battaglia psicologica o spirituale. Abbiamo gi osservato che langoscia nevrotica il segno di un insoluto conflitto interiore, e fintantoch il conflitto esiste, ci sono buone probabilit di divenire consapevoli delle sue cause e di trovare una soluzione a un pi alto livello di salute. Langoscia nevrotica il modo, per cos dire, che la natura sceglie per dirci che abbiamo bisogno di risolvere un problema. Lo stesso pu dirsi di quella normale: essa un segno perch si richiamino le proprie risorse e si dia battaglia a una minaccia. Lunica cosa che significherebbe perdere la speranza di superare le nostre difficolt attuali come individui e come nazione sarebbe abbandonarsi allapatia e mancar di avvertire langoscia e di fronteggiarla in modo costruttivo. Il nostro compito, perci, di rafforzare la nostra autocoscienza, di scoprire allinterno di noi centri di forza che ci mettano in grado di resistere a dispetto della confusione e dello smarrimento che ci circondano. (Rollo May, Luomo alla ricerca di s, pag.31-32 passim) Per sviluppare lautocoscienza, scriveva May, il primo passo era riscoprire le proprie sensazioni e il proprio corpo; si doveva poi capire cosa davvero si stava volendo; e, infine, recuperare il contatto con gli aspetti inconsci della mente (op.cit., pag. 73 e segg.); - un modo di procedere estremamente vicino allapproccio fondato sulla persona di Carl Rogers. Rogers si proponeva di accompagnare il cliente (non paziente), nel movimento (empiricamente constatato e validato) al di l delle apparenze; al di l del dover essere; al di l delle attese degli altri; al di l della soddisfazione degli altri; sviluppando persone capaci di sentire di potersi dirigere da sole, capaci di essere un processo, di essere complessi, aperti allesperienza, capaci di accettare gli altri, fiduciosi verso se stessi (pag. 166 e segg. delledizione italiana di On becoming a person, La terapia centrata-sul-cliente della Martinelli). Daltra parte, gi nel 1959, discutendo con May, Rogers etc., Abraham Maslow aveva insistito sulla necessit di avere come punto di riferimento non solo i limiti dello sviluppo individuale, i problemi, la sofferenza, ma le potenzialit evolutive di
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crescita (in Psicologia esistenziale, cit., pag. 47-53). Questo doveva portarlo alla analisi delle esperienze-picco (o esperienze-vetta), e poi allo studio dei limiti superiori della natura umana; nel contesto americano della fine degli anni 60, ne nacque quella che si definita psicologia transpersonale, con il suo interesse (che fu di una area culturale e sociale vastissima, e condiviso fra gli altri anche da Rogers) per gli stati alterati di coscienza, le forme di religiosit non ortodossa, le esperienze mistiche (a volte quelle psicotiche), le organizzazioni sociali alternative; se il problema era una limitazione sociale e interpersonale della capacit di esperienza, della creativit e delle emozioni, allora invece di limitarsi a denunciare la situazione o combatterne i sottoprodotti (come si tese a interpretare angoscia, follia, patologie varie) era necessario e utile trovare delle alternative. Da parte dei maggiori interpreti di questa tendenza venne comunque sempre riconosciuto un debito con i predecessori; cos per esempio Stanislav Grof in Oltre il cervello, e il Ken Wilber di Lo spettro della coscienza- che dedicano entrambe capitoli interi a questi snodi storici e concettuali. Bisogna tenere conto, anche, che parallelamente alla psicologia umanistica si erano sviluppate una serie di tecniche centrate direttamente sul corpo e sullesperienza immediata: terapia della gestalt, rolfing, la bioenergetica di Lowen: quello che Wilber chiama esistenzialismo corporeo; che vi erano temi convergenti nella psicologia analitica junghiana, nella psicosintesi, in movimenti di autoanalisi (individuale e di gruppo); per non parlare della proliferazione di culti, sette, guru, terapie alternative di ogni sorta (dalla cristalloterapia ai fiori di Bach, dai gruppi di meditazione alla reincarnation-therapy)con livelli di seriet e efficacia estremamente variabili. Intanto, gi nel 1964 Ronald Laing aveva accompagnato con questo commento la seconda edizione di un celebre e innovativo studio di psicologia esistenziale su schizoidia e schizofrenia:
Non si pu dire tutto in una volta sola. Quando ho scritto questo libro avevo ventotto anni: volevo soprattutto dimostrare che, contrariamente a quello che generalmente si crede, possibilissimo capire gli psicotici. Ci comportava gi per me la necessit di capire il loro contesto sociale, e particolarmente la distribuzione del potere nella loro famiglia: anche cos, e anche limitatamente al mio tentativo di rappresentare un certo tipo di esistenza schizoide, oggi mi accorgo di essere in parte caduto nella trappola che volevo evitare. In questo libro si parla ancora troppo di loro, e ancora troppo poco di noi. Freud ha detto che la nostra una civilt repressiva, in cui le esigenze che spingono alladattamento e al conformismo e quelle delle nostre energie istintuali, esplicitamente sessuali, sono in conflitto fra loro. Freud riteneva che non vi fosse soluzione per questo antagonismo, ed era convinto che, al giorno doggi, non vi potesse essere pi alcuna possibilit di amore semplice e naturale fra gli esseri umani. La nostra civilt non reprime soltanto gli istinti o la sessualit, ma anche ogni forma di trascendenza. Fra uomini a una dimensione (cfr. H. Marcuse, Luomo a una dimensione) non c da meravigliarsi se qualcuno, avendo esperienze insistenti di altre dimensioni e non potendo n rinnegarle n dimenticarle completamente, disposto a correre il rischio di farsi distruggere dagli altri o di tradire ci che conosce.

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Nel contesto della follia che attualmente ci circonda, e che chiamiamo normalit, salute, libert, tutti i nostri sistemi di riferimento sono destinati a restare ambigui ed equivoci. Un uomo che preferisce la morte al comunismo normale; ma uno che dice di aver perduto la sua anima matto. Un uomo che dice che gli uomini sono macchine pu essere un grande scienziato; ma uno che dice di essere lui stesso una macchina , nel gergo psichiatrico, spersonalizzato. Un uomo che dice che i negri sono una razza inferiore pu ottenere stima e rispetto; ma uno che dice che la bianchezza della sua pelle una forma di cancro perde i diritti civili. Una ricoverata, una ragazzina di diciassette anni, mi disse una volta di essere in preda al terrore perch aveva dentro di s una bomba atomica. Questo un delirio: ma gli uomini di stato che vantano minacciosamente il possesso dellarma finale sono di gran lunga pi pericolosi e pi estraniati dalla realt di molti ai quali stata applicata letichetta di psicotico. La psichiatria pu mettersi dalla parte della trascendenza, della libert vera, del genuino sviluppo umano: alcuni psichiatri sono gi di fatto da questa parte. Ma estremamente facile per la psichiatria ridursi ad essere una tecnica di lavaggio del cervello: un metodo per produrre, mediante torture preferibilmente non dolorose, degli esseri dalla condotta ben adattata. Nei luoghi di cura migliori, dove la camicia di forza stata abolita, dove le porte sono senza chiavistelli, dove le leucotomie non si fanno quasi pi, si usano tuttavia mezzi di aspetto pi innocuo, lobotomie e tranquillanti che riistituiscono, questa volta dentro il paziente, le sbarre e i catenacci del manicomio. Ecco perch voglio ripetere che il nostro stato normale e ben adattato non , molto spesso, che una rinuncia allestasi, un tradimento delle nostre pi vere potenzialit; e che molti di noi riescono fin troppo bene a costruirsi un falso io, per adattarsi a false realt

( Lio diviso, pag. 15-16)

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IV PENSIERI DARAGOSTA

Un uomo di 30 anni si aggira per una citt di un singolare squallore. Caff Mably, Birreria Vezelise, Albergo Printania, Ritrovo Dei Ferrovieri: le tappe del suo vagabondare. Ascolta frammenti di conversazioni insignificanti, nota scene che si svolgono, raramente scambia qualche parola con qualcuno. Da 3 anni si trova l; ha rinunciato alla carriera diplomatica, si dedicato a una ricerca su un oscuro personaggio della fine del 700. Nel passato una grande storia damore con una attrice, Anny. Ricordi di viaggi: Tokyo, Meknes, Barcellona, Angkor, Shangai- ma sono vuoti nomi: lesotismo si polverizzato. Va alla biblioteca, consulta i documenti, un poco scrive. Il suo massimo rapporto con un usciere che, per farsi una cultura, si messo a leggere tutti i libri, di tutti gli argomenti, seguendo lordine alfabetico dei titoli; e con la proprietaria di mezza et di un locale, con la quale di tanto in tanto va letto (niente di pi, niente di meno). La citt in riva al mare; c una collina; c un museo; una stazione. Di tanto in tanto legge stancamente brani di romanzi dell800 (Balzac, Stendhal); nessun incanto. Un enorme disgusto contro il mondo che lo circonda- un disgusto che parte dai borghesi ( gli sporcaccioni) ma che non risparmia nessuno, niente. Non amici; non parenti. (Solo, una musica lo commuove). A un certo punto, improvvisamente, qualcosa di nuovo comincia a capitare: la nausea lo prende allo stomaco, ondate di angoscia vanno e vengono, i gesti abituali diventano insignificanti o impossibili. Una volta, tanto per uscire dalla paralisi, dirige un coltello contro il proprio braccio; fantastica di accoltellare linterlocutore, o di uccidersi (ma anche, questo gli sembra inutile, assurdo). Il passato si dissolve davanti a lui, e anche la prospettiva del futuro (e, naturalmente, il progetto di libro cui ha dedicato anni di vita). A volte i pensieri si autonomizzano, gli oggetti perdono la loro connessione semantica, la loro fissit sensoriale, la loro coerenza. Oppure diventano di una evidenza e di una presenza assoluta, mostruosa, terribile: lEssere si svela nella sua Terribilit. Il tutto assume a volte tinte decisamente paranoidi- ma ci si ferma sempre un passo prima del delirio. Antoine Roquentin non ostante tutto pensa, si interroga, riflette, vede nella sua esperienza non una patologia o un semplice banale dato ma una epifania di una realt da interrogare con la ragione, a cui dare nomi (la terminologia successiva di Sartre parler di assurdo, angoscia, nulla, essere ed esistere) Questo non lo salva, ma gli permette di dare un resoconto (il libro consiste del suo diario di 3 mesi), di scegliere di lasciare questa citt e partire (verso cosa?), di
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resistere pure al fallimento di una tentata riconciliazione con Anny, di sperare in un qualche futuro. Il romanzo, La nausea, usc nel 38, diventando immediatamente celebre. Nel 43 venne seguito da una enorme opera di filosofia,Lessere e il nulla (scritto, si dice, con laiuto dellanfetamina). Negli anni 20 Sartre ebbe una storia con una attrice; allinizio degli anni 30 prese una volta la mescalina, passatagli da un amico ricercatore (fu, secondo Simone de Beauvoir, una esperienza drammatica, con lunghi postumi); aveva collaborato alla traduzione francese della Psicopatologia generale di Jaspers; era professore di filosofia nei licei, aveva vissuto anni in una Le Havre in riva al mare, su cui avrebbe modellato la Bouville del romanzo. La disillusione, la ribellione nichilistica, la disperazione erano pane comune fra gli intellettuali francesi in quegli anni- anche se Sartre vi impose un marchio con la sua scrittura lucida, trasparente, di alta e classica eloquenza. (Da parte di influenti marxisti gli venne aspramente rimproverato, allora e anche pi tardi, il carattere borghese della sua rivolta). Per molti divenne col tempo una figura mitica. Si parl, molti anni dopo, di secolo di Sartre.

(Fuga dal Caff Mably)


-Al principio di Via Tournebride mi son voltato ed ho contemplato con disgusto il caff illuminato e deserto. Al primo piano le persiane erano chiuse. Un vero e proprio panico si impossessato di me. Non sapevo pi dove andavo. Son corso lungo i docks, ho girovagato per le strade deserte del quartiere Beauvoisis: le case mi guardavano correre coi loro occhi spenti. Mi ripetevo con angoscia: dove andare? dove andare? Tutto pu capitare. Di tanto in tanto, col cuore che mi batteva, mi voltavo bruscamente; che cosa avveniva alle mie spalle? Magari poteva cominciare dietro di me, e poi, quando dun tratto mi fossi voltato, sarebbe stato troppo tardi. Fin tanto che potr fissare gli oggetti, non accadr niente. Ne guardavo pi che potevo, il selciato, le case,i fanali a gas; i miei occhi andavano rapidamente dagli uni agli altri per coglierli di sorpresa e arrestarli nel mezzo della loro trasformazione. Non avevano unaria troppo naturale, ma io continuavo a dirmi con forza: un fanale a gas, una fontanella, e con la potenza dello sguardo cercavo di ridurli al loro aspetto quotidiano. Pi volte ho incontrato dei bar sulla mia strada: il Caff dei Bretoni, il Bar della Marna. Mi fermavo, esitavo un poco dinanzi alle tendine di tulle rosa: forse questi caff ben tappati erano stati risparmiati, forse racchiudevano ancora una particella del mondo di ieri, isolata, dimenticata. Ma avrei dovuto spingere la porta, entrare. Non osavo; riprendevo il cammino. Le porte delle case, soprattutto, mi facevano paura. Temevo saprissero da sole. Ho finito per camminare in mezzo alla strada.
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Improvvisamente sono sbucato sulla banchina dei Bacini del Nord. Barche da pesca, piccoli yachts. Ho posato il piede su un anello murato nella pietra. Qui, lontano dalle case, lontano dalle porte, avrei forse avuto un istante di respiro. Sullacqua calma, picchiettata di semi neri, galleggiava un turacciolo. E sotto lacqua? non hai pensato a quello che pu avvenire sotto lacqua?

(La nausea, Oscar Mondadori, pag. 126127)

(Cena con lAutodidatta)


-Si piega verso di me con unaria confidenziale: In fondo lei li ama, signore, li ama come me: noi siamo separati soltanto da parole. Non posso pi parlare, chino la testa. Il viso dellAutodidatta proprio contro il mio. Sorride con aria sciocca, vicinissimo al mio viso, come neglincubi. Mastico penosamente un pezzo di pane che non mi decido a trangugiare. Gli uomini. Bisogna amarli, gli uomini. Gli uomini sono mirabili. Ho voglia di vomitare- e dun tratto, ci siamo: ecco la Nausea. Una bella crisi, che mi scuote da capo a piedi. E unora che la sentivo venire, soltanto non volevo confessarmelo. Questo sapore di formaggio dentro la mia bocca LAutodidatta chiacchiera, e la sua voce mi ronza dolcemente alle orecchie. Ma non so pi affatto di che cosa parla. Approvo macchinalmente con la testa. La mia mano contratta sul manico del coltello da dessert. Sento questo manico di legno nero. E la mia mano che lo tiene. Personalmente, piuttosto lo lascerei tranquillo, questo coltello: a che scopo star sempre a toccare qualche cosa? Gli oggetti non son fatti perch uno li tocchi. E molto meglio scivolare tra di essi, evitandoli il pi possibile. Qualche volta se ne prende uno in mano e si costretti a lasciarlo al pi presto. Il coltello cade sul piatto. Al rumore il signore dai capelli bianchi sussulta e mi guarda. Riprendo il coltello, appoggio la lama contro la tavola e la faccio piegare. (pag. 186-187)

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(Lestasi del parco)


-Chio labbia sognata, quella enorme presenza? Era l, posata sul giardino, precipitata negli alberi, mollissima, impiastricciando tutto, densissima, una mostarda. Ed io ci ero dentro, io, con tutto il giardino? Avevo paura, ma soprattutto ero arrabbiato, trovavo che era una cosa cos stupida, cos fuori posto, e lodiavo, quellignobile marmellata. Quanta ce nera! Arrivava fino al cielo, e invadeva tutto, tutto riempiva col suo abbraccio gelatinoso, e ne vedevo in quantit sempre pi grande, ben oltre i confini del giardino, oltre le case, oltre Bouville, non ero pi a Bouville, non ero pi in nessun posto, fluttuavo. Non ero sorpreso, sapevo bene che era il Mondo, il Mondo nudo e crudo che si mostrava dun tratto, e soffocavo di rabbia contro questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, n come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro. Non cera stato niente prima di esso. Niente. Non cera stato un momento in cui esso avrebbe potuto non esistere. Era appunto questo che mirritava: Senza dubbio non cera alcuna ragione perch esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse. Era impensabile: per immaginare il nulla occorreva trovarcisi gi, in pieno mondo, da vivo, con gli occhi spalancati, il nulla era solo unidea nella mia testa, unidea esistente, fluttuante in quella immensit: quel nulla non era venuto prima dellesistenza, era unesistenza come unaltra, e apparsa dopo molte altre. Ho gridato che porcheria, che porcheria! e mi son scrollato per sbarazzarmi di questa porcheria appiccicosa, ma questa teneva duro, e ce nera tanta, tonnellate e tonnellate di esistenza, indefinitamente: soffocavo nel fondo di questa immensa noia. E poi, dun tratto, il giardino s svuotato come per un gran buco, il mondo sparito allo stesso modo come era venuto, oppure mi son risvegliato- in ogni caso non lho visto pi: attorno a me rimaneva della terra gialla, dalla quale uscivano dei rami morti drizzati in aria. Mi sono alzato, sono uscito.Arrivato alla cancellata mi son voltato. Allora il giardino mha sorriso. Mi sono appoggiato alla cancellata ed ho guardato a lungo. Il sorriso degli alberi, del gruppo di allori, ci voleva dire qualche cosa; era questo il vero segreto dellesistenza. Mi son ricordato che una domenica, non pi di tre settimane fa, avevo gi sorpreso sulle cose una specie daria di complicit. Era diretta a me? Ho sentito con disappunto che non avevo alcun mezzo di comprendere. Nessun mezzo. e tuttavia era l, in attesa, sembrava uno sguardo. Era l, sul tronco del castagno era il castagno. Le cose si sarebbero detti pensieri che si fermassero a met strada, che sobliassero, che obliassero ci che avevano voluto pensare, e che restassero cos, ondeggianti, con un bizzarro, piccolo significato che le sorpassava. Mi infastidiva, questo piccolo significato: non potevo comprenderlo, nemmeno fossi rimasto centosette anni appoggiato a quella cancellata; avevo appreso sullesistenza tutto quello che potevo sapere. Me ne sono andato, sono rientrato allalbergo, ed ecco qua, ho scritto. (pag. 204-205)

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(Dalla collina)
Guardo ai miei piedi i grigi scintillii di Bouville. Sembra vi siano al sole mucchi di conchiglie, di scaglie, di schegge dossa, di ghiaia. Perdute tra questi resti, minuscole schegge di vetro o mica gettano di quando in quando leggeri bagliori. I canaletti, le trincee, i sottili solchi che corrono tra le conchiglie, tra unora saranno strade, ed io camminer in quelle strade, tra i muri. Quei minuscoli ometti neri che distinguo in via Boulibet, tra unora sar uno di loro. Come mi sento distante da loro, dallalto di questa collina. Mi sembra dappartenere ad unaltra specie. Escono dagli uffici, dopo la giornata di lavoro, guardano le case e le piazze con unaria soddisfatta, pensano che la loro citt, una bella citt borghese. Non hanno paura, si sentono a casa loro. Non hanno mai visto altro che lacqua addomesticata che esce dai rubinetti, che la luce che sprizza dalle lampade quando si preme linterruttore, che gli alberi meticci, bastardi, che vengono sorretti con i pali. Hanno la prova, cento volte al giorno, che tutto si fa meccanicamente, che il mondo obbedisce a leggi fisse e immutabili. I corpi abbandonati nel vuoto cadono tutti con la stessa velocit, il giardino pubblico viene chiuso tutti i giorni alle sedici dinverno, e alle diciotto destate, il piombo fonde a 335 gradi, lultimo tram parte dal municipio alle ventitr e cinque. Son pacifici, un po malinconici, pensano a Domani, cio, semplicemente, ad un altro oggi; le citt non dispongono che duna giornata che ritorna sempre uguale ogni mattina. La si impennacchia un po la domenica. Che imbecilli. Mi ripugna pensare che sto per rivedere le loro facce ottuse e piene di sicurezza. Legiferano, scrivono romanzi populisti, si sposano, hanno lestrema stupidit di fare figli. E frattanto la grande natura incolta s insinuata nella loro citt, s infiltrata dappertutto, nelle loro case, nei loro uffici, in loro stessi. Non si muove, si mantiene ferma in essi, essi vi stan dentro in pieno, la respirano e non la vedono, credono che sia fuori, a venti miglia dalla citt. Io la vedo, questa natura, la vedo So che la sua sottomissione pigrizia, so chessa non ha leggi: quella che scambiano per la sua costanza Non ha che abitudini, e le pu cambiare domani. E se capitasse qualcosa? Se dun tratto si mettesse a palpitare? Allora saccorgerebbero della sua presenza e gli sembrerebbe di sentirsi scoppiare il cuore. A che cosa gli servirebbero, allora, le loro dighe, i loro argini, le loro centrali elettriche, i loro alto forni, i loro magli a vapore? Ci potrebbe succedere in qualunque momento, magari subito: i presagi ci sono. Per esempio, un padre di famiglia a passeggio vedr venire verso di lui, attraverso la strada, uno straccio rosso come spinto dal vento. E quando lo straccio gli sar vicinissimo vedr che un pezzo di carne marcia, imbrattato di polvere, che si trascina strisciando, a sbalzi, un pezzo di carne torturata che si rotola nei rigagnoli proiettando a spasmi getti di sangue. Oppure una madre guarder la guancia del suo bambino e gli domander:Che coshai, l, una pustola? e vedr la carne gonfiarsi un poco, screpolarsi, e in fondo alla screpolatura apparir un terzo occhio, un occhio beffardo. Oppure si sentiranno dolci sfioramenti per tutto il corpo, come le carezze che i giunchi dei fiumi fanno ai nuotatori. E si accorgeranno che le loro vesti son divenute cose viventi. E un
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altro si accorger che qualcosa lo solletica dentro la bocca. Saccoster ad uno specchio, aprir la bocca: e la lingua gli sar diventata un enorme millepiedi vivo, che agiter le zampe raschiandogli il palato. Vorr sputarlo, ma il millepiedi sar una parte di lui stesso, e dovr strapparselo con le mani. E apparir una quantit di cose per le quali bisogner trovare nomi nuovi, locchio di pietra, il gran braccio tricorno, lalluce-gruccia, il ragno-mascella. E colui che si sar addormentato nel suo buon letto, nella sua dolce camera calda si risveglier tutto nudo sopra un suolo bluastro, in una foresta di verghe rumoreggianti, rosse e bianche, erette verso il cielo come le ciminiere di Jouxtebouville, con grossi coglioni a met fuori di terra, villosi e turgidi come cipolle.E attorno a quelle verghe svolazzeranno uccelli che le becchetteranno facendole sanguinare, e da queste ferite coler dello sperma, pian piano, lentamente, sperma mescolato a sangue, vitreo e tiepido, con piccole bolle.

(pag. 235-237)

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APPENDICE
PSICHIATRI

Chi pensa alla psichiatria oggi si confronta con un quadro estremamente diverso da quello p.e. degli anni 70 in Italia: allora predominavano largamente la polemica antiistituzionale e le teorie sociologistiche (psichiatria democratica) che portarono poi alla c.d. legge Basaglia di chiusura dei manicomi; parallelamente, le varie scuole di psicoterapia dinamica godevano di un prestigio indiscusso (riflesso anche nelle pagine dei maggiori trattati, come lArieti e lEy.- Ora tutto diverso. Da una parte, la rivoluzione psicofarmacologica proseguita, portando a sempre pi svariati strumenti terapeutici, in alcuni casi nettamente superiori ai precedenti ( il caso per esempio dei nuovi antidepressivi)- il tutto naturalmente con il sostegno massimo delle case farmaceutiche. Poi vi lo sviluppo continuato delle neuroscienze, con sempre nuovi strumenti messi in campo, come la Risonanza Magnetica Nucleare, capace di dare immagini nitide e differenziate delle strutture cerebrali pi fini, o la PET- tomografia a emissione di positroni- che riesce a cogliere la dinamica funzionale del sistema nervoso centrale; questo sviluppo- assieme ai generali progressi della tecnologia- ha permesso pure una ripresa della neurochirurgia, sempre pi mirata: capace per esempio di inserire un elettrodo inibitore su un nucleo ipotalamico controllante laggressivit, senza dovere ricorrere a interventi demolitori o irreversibili. Vi stata una enorme attivit di sviluppo di farmaci; di testaggio su animali (esistono p.e. modelli animali operativi dellansia, pensati per verificare ipotesi e sostanze); di indagine sempre pi raffinata sui vari mediatori cerebrali.
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Infine, stato enorme linflusso del DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentalidella Associazione Psichiatrica Americana: la sua 3a edizione, del 1980 (il c.d. DSM-III) e le successive si sono imposte a livello mondiale con la loro terminologia, le loro categorie, la loro filosofia (che si propone come neutra e scientifica). Il DSM (giunto ora alla versione rivista della 4a edizione: DSM-IVTR) ha fra laltro cancellato la parola nevrosi, e suddiviso listeria in entit discrete (di fondo, ha eliminato fin dal titolo, con il termine disturbi mentali, mental disorders, qualunque discorso sul possibile significato evolutivo di fasi di travaglio e sofferenza). Per quanto riguarda lansia, lentit elementare il panic attack, lattacco di panico (non necessariamente da cause psicologiche: si va dalla caffeina al feocromocitoma come agenti responsabili), il quale pu essere comunque collegato a praticamente qualunque disturbo psichiatrico (da depressione a schizofrenia etc etc); ha poi introdotto il DAP, ormai famosissimo (con la ricorrente passione per gli acronimi), il DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO (prima dell80 non esisteva). Nel DSM-IV-TR i Disturbi dansia sono cos suddivisi: <<
F41.0 Disturbo di Panico Senza Agorafobia F40.01 Disturbo di Panico Con Agorafobia F40.00 Agorafobia Senza Anamnesi Di Disturbo Di Panico F40.2 Fobia Specifica specificare il tipo:Tipo Animali/ Tipo Ambiente Naturale/ Tipo SangueIniezioni-Ferite/ Tipo Situazionale/ Altro Tipo Fobia Sociale specificare se:Generalizzata Disturbo Ossessivo-Compulsivo specificare se: Con Scarso Insight Disturbo Post-Traumatico da Stress specificare se: Acuto/Cronico specificare se: Con Esordio Tardivo Disturbo Acuto Da Stress Disturbo dAnsia Generalizzato Disturbo dAnsia Dovuto a[Indicare la Condizione Medica Generale] Specificare se: Con Ansia Generalizzata/ Con Attacchi di Panico/ Con Sintomi Ossessivo-Compulsivi
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F40.1 F42.8 F43.1

F43.0 F41.1 F06.4

___ _ Disturbo dAnsia Indotto da Sostanze (far riferimento ai Disturbi Correlati a Sostanze per i codici delle sostanze specifiche) Specificare se: Con Ansia Generalizzata/ Con Attacchi di Panico/ Con Sintomi Ossessivo-Compulsivi/ Con Sintomi Fobici Specificare se:Con Insorgenza Durante lIntossicazione/ Con Insorgenza Durante lAstinenza F41.9 Disturbo dAnsia NAS [=non altrimenti specificato]

>>

(DSM-IV-TR, pag. 36)

Da aggiungere che, per rimanere nellambito delle vecchie nevrosi, seguono poi, distinti, i DISTURBI SOMATOFORMI (che comprendono fra laltro il disturbo di conversione, il disturbo di somatizzazione e lipocondria), i DISTURBI FITTIZI, i DISTURBI DISSOCIATIVI (amnesia dissociativa, fuga dissociativa, disturbo dissociativo dellidentit, disturbo di depersonalizzazione). (Per avere una idea pi precisa di come questo funzioni rapidamente, e di che tipo di prosa scientifica venga prodotta e proposta, riporto p.e. una mezza pagina- dalla pagina 473 della edizione italiana del manuale:

<<

Criteri diagnostici per F41.0 Disturbo di Panico Senza Agorafobia A. Entrambi1) e 2): 1) Attacchi di Panico inaspettati ricorrenti 2) almeno uno degli attacchi stato seguito da 1 mese (o pi) dei seguenti sintomi: a) preoccupazione persistente di avere altri attacchi b) preoccupazione a proposito delle implicazioni dellattacco o delle sue conseguenze (per es. perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, impazzire) c) significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi. B. Assenza di Agorafobia.

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C. Gli Attacchi di Panico non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es. ipertiroidismo). D. Gli Attacchi di Panico non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale, come Fobia Sociale (per es. si manifestano in seguito allesposizione a situazioni sociali temute), Fobia Specifica (per es. in seguito allesposizione ad una specifica situazione fobica), Disturbo Ossessivo-Compulsivo (per es. in seguito allesposizione allo sporco in soggetto con ossessioni di contaminazione), Disturbo Post-Traumatico da Stress (per es. in risposta a stimoli associati con un grave evento stressante) o Disturbo dAnsia di Separazione (per es. in risposta allessere fuori casa o lontano da congiunti stretti).

>>

(DSM-IV-TR, pag. 473)

Molti dubbi e perplessit rimangono nella comunit psichiatrica rispetto a questa classificazione (si veda addirittura la prefazione dei curatori delledizione italiana del DSM-IV-TR): vi una moltiplicazione di entit diagnostiche, che non detto corrispondano a autentiche sindromi o disturbi; vi un uso spropositato del concetto di co-morbilit; manca un aggancio alla psicopatologia e alla eziopatogenesi; gli aspetti propriamente psicologico-relazionali compaiono in forma quasi caricaturale. Il metodo di lavoro che si complessivamente data la psichiatria ha comunque una sua autonomia e una sua validazione (a volte circolare): cos il DAP unificato dalla risposta positiva agli antidepressivi per quanto riguarda i sintomi primari (gli attacchi di panico: meno sensibili ansia anticipatoria e comportamenti di evitamento e di dipendenza); gi nel 1964 si parl di dissezione farmacologica a proposito dellisolamento dei vari quadri sulla base della diversa responsitivit ai farmaci), oltre che per la individuazione delle strutture cerebrali pricipalmente coinvolte nella patogenesi (per il DAP soprattutto il locus coeruleus, che il massimo centro adrenergico dellSNC, mentre p.e nel DOC, il disturbo ossessivo-compulsivo, sarebbero frequenti e determinanti lesioni organiche in alcuni sistemi, e la risposta agli antidepressivi avverrebbe con tempi e modalit diverse che nel DAP. Quasi universali, in testi e linee guida per la terapia, le lodi per la terapia cognitiva (in precedenza per le tecniche di rilassamento e per la terapia comportamentale). Esiste una variet di accenti, certo, fra gli oltranzisti della neurobiologia e coloro che tendono a attribuire pi importanza a fattori altri. E abbastanza equilibrata per esempio lanalisi fatta nel Trattato Italiano di Psichiatria (sia nel contributo che affronta i problemi psicopatologici 3 che in quelli che si occupano dei disturbi dansia
Ecco il primo paragrafo del lungo contributo di Perugi, Toni, Cassano nella sezione del trattato dedicata a semeiotica e psicopatologia: Con il termine ansia si connota uno stato emotivo a contenuto spiacevole, associato ad una condizione di allarme e paura che insorge in assenza di
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in senso stretto); largamente squilibrato in senso opposto un volume collettaneo curato da Pancheri. Nel suo trattato di psicanalisi psichiatrica, Gabbard cerca di salvare alla psicodinamica lonore delle armi (basandosi in larga parte sulla c.d. Psicologia dellIo). Mi pare comunque difficile negare che il senso complessivo del tutto : a) rafforzamento del potere degli psichiatri (e delle case farmaceutiche); b) feticizzazione del farmaco; c)promozione di un atteggiamento che tende a ridurre la mente (lanima, lIo, il S, la psiche) a oggetto di interventi di tipo manipolativo, tecnologico, oggettivante; d) si pu aggiungere che uno scientismo tanto esasperato rischia di evocare in contrapposizione a s risposte irrazionaliste di tipo del tutto fideistico (c chi preferisce credere alla cristalloterapia che non al sistema gabaergico, dopo tutto-).

un pericolo reale e che, comunque, sproporzionato rispetto ad eventuali stimoli scatenanti. Questa definizione presenta carenze di natura tautologica, difficilmente superabili quando tentiamo di definire qualsiasi emozione. Infatti, se consideriamo la paura come una risposta emotiva di fronte ad una minaccia reale, lansia viene a coincidere con una paura senza oggetto, e la paura con unansia con oggetto. Al pari di altre sensazioni e di altre esperienze affettive quali calore, piacere, dolore, per la definizione dellesperienza ansiosa , quindi, indispensabile il riferimento allautopercezione e al vissuto soggettivo. Lansia, come altre emozioni, pu essere descritta secondo un modello multidimensionale che contempli gli stimoli scatenanti, lesperienza soggettiva, la risposta psicofisiologica e quella comportamentale. I vari aspetti dellesperienza ansiosa includono, sul piano cognitivo, lincertezza sulla natura e sulla entit dei pericoli cui lindividuo esposto, i sentimenti soggettivi di paura e di apprensione, i segni fisiologici caratteristici di iperarousal neurovegetativo, quali aumento della frequenza cardiaca, sudorazione, tensione muscolare, e le manifestazioni comportamentali di tipo mimico-espressivo e di tipo finalizzato, come levitamento attivo e levitamento passivo. (pag. 554, vol. I).
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