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Direttore Luca Beltrami Gadola

numero 31
20 ottobre 2009

edizionestampabile

www.arcipelagomilano.org in questo numero Editoriale - LBG - PIL E DONNA LOMBARDA Societ - Laura Lepetit - FEMMINISMO OGGI Approfondimenti - Chiara Volpato - DONNE DEI MEDIA, DELLA POLITICA E DELLA REALT Citt - Franco DAlfonso - LA MALEDUCAZIONE MILANESE Arte e cultura - Maria Teresa Fiorio - BRERA. UNA STORIA INFINITA Mobilit - Giorgio Goggi - PGT E SISTEMA MOBILIT: QUESTIONE APERTA Scuola e universit - Francesco Silva - LE POLITICHE SELETTIVE NELLUNIVERSITA SERVONO ? Architettura - Antonio Piva - LODOVICO BELGIOJOSO E I SUOI CENTO ANNI CHE NON DIMOSTRA. DallArcipelago - Pietro Spreafico - OFFICINA POLITICA 11 METRI. Lettera - Sara Valmaggi - FRANCESCHINI le vignetta di giovacomo YouTube IL CORPO DELLA DONNA Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Silvia DellOrso TEATRO a cura di Maria Luisa Bianchi CINEMA E TV a cura di Simone Mancuso

Editoriale PIL E DONNA LOMBARDA L.B.G.

Donne e PIL a Milano. Bisogna parlare di donne e insieme di PIL, il Prodotto Interno Lordo. Donne intese come donne lavoratrici o potenzialmente tali o invisibilmente tali, quelle che per il nostro presidente del consiglio sono trasparenti, anzi devono essere trasparenti e invisibili per lasciare il proscenio a quelle che lui preferisce. Si detto che un incremento delloccupazione femminile dell1% in Italia avrebbe fatto crescere il PIL dello 0,28% e LItalia potrebbe agevolmente aumentare loccupazione femminile del 5%, senza certo raggiungere le percentuali del Nord Europa, facendo salire il PIL di un punto e mezzo mentre oggi ci si batte per mezzo punto in pi o in meno. La verit anche unaltra: non tutte le donne che lavorano concorrono a formare il PIL. Il PIL, questa specie di molok che regola i nostri sacrifici fiscali e che usiamo per confrontarci con gli altri Paesi non pi un indice realistico e attendibile. Spesso confuso per un indice di benessere o di ricchezza, non altro che la somma dei beni e dei servizi prodotti in un anno, come dire consumi + investimenti + spese dello Stato + esportazioni importazioni. Tutti questi conti sono fatti sommando cifre che in qualche modo risultino da contabilit: tutto quello che non ha un prezzo ufficiale non ha valore. Va da s che il cosiddetto nero (attorno al 16% del PIL) non c. Dire poi che cos si rappresenti la ricchezza unaltra follia: per il PIL se io compro unautomobile e la pago 25.000 euro e il giorno dopo ho un grave incidente e ne spendo 10.000 per ripararla il PIL aumenta di 35.000 euro ma il sistema paese ha unautomobile che vale certo meno del suo prezzo dacquisto. Molti economisti oramai sono orientati a usare un indice pi articolato il

GPI (Genuine Progress Indicator) che oltre ad includere tra gli addendi anche il lavoro domestico delle donne, il volontariato (e per il nostro Paese forse bisognerebbe includere anche il differenziale tra lavoro sottopagato e il valore reale della prestazione), sottrae tutti i costi negativi: il disinquinamento, le spese di giustizia, i costi del pendolarismo e, per finire, le spese militari. Tornando al PIL per Milano, la grande Milano che per ragioni statistiche faccio coincidere con la provincia, una diversa valutazione della produzione darebbe risalto alle capacit produttive di questo territorio che gi si trova in vetta alla classifica italiana con un PIL di 287 mila milioni deuro complessivi e il PIL pro capite di 30 mila e pi euro. Tra gli addendi mancanti rispetto al GPI ne cito solo tre: il lavoro domestico femminile, il volontariato e il lavoro intellettuale sottopagato delle universit. Ho fatto conti molto sommari ma danno unidea. Il lavoro domestico femminile, che dovremmo sommare al costo per servizi dello Stato, un vero macigno. In provincia di Milano ci sono 1.974.000 donne, 1.175.000 sono in et lavorativa e 973.000 hanno famiglia. Le donne occupate sono 759.000. Ammettendo che ogni donna sposata dedichi due ore il giorno alla cura della famiglia, alla fine dellanno avremmo 711 milioni e passa di ore lavorate: come dire equivalenti a 355.000 donne occupate a tempo pieno. In provincia di Milano avremmo unoccupazione femminile a 1.114.000. Pur valutando un costo orario risibile (15 lora) avremmo un incremento del PIL milanese di 10.600 milioni. + 4% circa. Veniamo al volontariato. Sempre in provincia di Milano ci sono 90.000 volontari che suppliscono a carenze totali o deficienze del sistema della

pubblica assistenza. Si calcolato che fanno almeno il lavoro di 11.000 operatori sociali a tempo pieno e certo con grande dedizione. Se dovessero essere pagati, avremmo un esborso di almeno 330 milioni di euro. Veniamo in fine a un lavoro essenzialmente intellettuale rappresentato dal sistema universitario milanese. Ci sono 11.000 persone che si dedicano allinsegnamento. Di questi 2000 circa sono ricercatori (il 18%) e 5.600 (il 50%) sono docenti a contratto. I primi fanno un lavoro che, per avvicinarci agli altri paesi, dovrebbe essere pagato il doppio; i secondi, salvo rare eccezioni, dovrebbero esser semplicemente pagati perch quel che prendono ora va paragonato a un rimborso spese. A essere di manica stretta lo Stato dovrebbe mettere sul piatto per le universit milanesi almeno un centinaio di milioni di euro e il prodotto salirebbe ancora. Ma torniamo alle donne. Da pi parti, e giustamente, si confronta il nostro tasso doccupazione femminile (46%) con quello di altri paesi di 10 o 15 punti superiore e lo si vorrebbe portare al 60% (per qualcuno lunica strada a breve per aumentare il PIL) ma in cambio di cosa: cosa possiamo offrire alle donne perch lavorino pi numerose, visto che non posiamo ovviamente chiedere a quelle occupate di lavorare di pi? Servizi, scuole materne, elementari e medie con orari ragionevoli e solo scioperi virtuali, come dice il professor Ichino, per non lasciarle a piedi, un sistema sanitario che non scarichi sulle donne lassistenza ai vecchi e ai malati e altro ancora, qualit della vita insomma. Milano ce la farebbe? In quanto tempo? Difficile a dirsi ma certo non si sta muovendo in quella direzione. Abbiamo un sindaco donna, vale qualcosa?

Societ FEMMINISMO OGGI Laura Lepetit


Mi sento spesso chiedere cos il femminismo oggi e dov. Forse perch i media e i giornali sono rimasti alla vecchia immagine delle femministe che manifestavano per le strade con zoccoli, sottane colorate e slogan altrettanto coloriti. La manifestazione sempre un grande strumento di visibilit e di aggregazione, infatti non possiamo dimenticare che proprio nel 2006 ci fu una grandissima manifestazione a Roma e a Milano con il


titolo provocatorio Usciamo dal silenzio in difesa della libert delle donne e contro gli attacchi alla legge 194 sullaborto. Liniziativa era nata da una lettera di una giornalista, Assunta Sarlo. Per questo anche oggi non difficile mobilitare le donne affinch scendano in strada. Ma i modi abituali in cui il femminismo sopravvive non sono questi. Ci sono luoghi privilegiati dove la politica delle donne vive e produce pensiero e azioni. Io conosco la realt milanese ma anche in altre citt come Roma, Bologna, Firenze e in altre ancora vivono le stesse realt. Basta cercare su internet. Internet diventato lo strumento pi valido per informarsi e scoprire le attivit delle donne impegnate nella lotta, visto che la TV e i giornali non se ne interessano o se lo fanno solo quando ci sono polemiche o motivi di scandalo. Per fare un esempio a proposito dei recenti accadimenti che riguardano il Presidente del Consiglio e le sue escort, la reazione delle donne stata tempestiva e chiara. Il 10 ottobre scorso alla Casa internazionale delle donne di Roma si te-

nuto un dibattito molto seguito su Sesso e politica nel patriarcato Il documentario di Lorella Zanardo Il corpo delle donne stato citato da Gad Lerner e cliccato moltissimo su internet. Il documentario denuncia appunto come del corpo delle donne si fa mercato e vilipendio in TV. Dopo lepisodio offensivo che aveva per protagonisti Rosy Bindi e Berlusconi, LUnit, lunico quotidiano italiano diretto da una donna, Concita de Gregorio, ha pubblicato una vignetta in forma di cartolina da spedire al Presidente in cui si vede una donna che dice Non sono a sua disposizione, le parole di Rosy Bindi. Questo per dire che linfluenza del femminismo e delle idee elaborate dalle donne ha preso molte vie e si diffusa a tutti i livelli. Il femminismo non pi circoscrivibile a luoghi o persone ben precise, per fortuna permea la nostra societ pi di quanto si voglia riconoscere. Certo i luoghi delle donne sono ancora necessari per esplicare al meglio la politica della relazione e per essere libere dai condizionamenti che spesso ingombrano i luoghi cosiddetti neutri. Per tornare a Milano, esiste la Libreria delle donne, in via Pietro Calvi, dove oltre a vendere i libri delle donne, si tengono riunioni, si presentano libri e film, si produce una rivista politica intitolata Via Dogana. La pi antica organizzazione milanese lUnione Femminile, in corso di Porta Romana, dove si trovano un archivio, una biblioteca e la sede dellUniversit delle donne dove si tengono corsi di letteratura, politica e altro. Un circolo molto interessante il Cicipeciciap (dalle chiacchiere di pianerottolo) in Via Gorani, unassociazione culturale senza scopo di lucro, dove si pu incontrarsi, mangiare, bere e partecipare a discussioni e gruppi di riflessione politica. Tutte queste iniziative sono presenti on line dove si possono avere notizie dettagliate sulle attivit e i programmi. Dunque il femminismo una realt che opera ormai da tanti anni, dallinizio degli anni 70 e non si mai persa ma assume forme e modi che seguono i tempi. Basta saper vedere!

Approfondimenti DONNE DEI MEDIA, DELLA POLITICA E DELLA REALT Chiara Volpato
La societ e, soprattutto, la politica italiana sono in ritardo per quanto riguarda le donne. Bastano pochi dati per capire lentit del fenomeno. Alla Camera le donne sono il 21 %, al Senato il 18 % degli eletti. LItalia il quartultimo paese (dopo di noi: Repubblica Ceca, Lussemburgo, Malta) nel Parlamento Europeo per numero di donne tra i rappresentanti: 21%. I dati relativi ad altri campi (economico, industriale, accademico) sono omogenei al dato politico: in Italia le posizioni di leadership sono ancora saldamente in mano maschile. I massa media giocano un grande ruolo nel mantenimento di questa cultura della diseguaglianza: riflettono, costruiscono, perpetuano unimmagine subalterna della donna. Questo vero nella quasi totalit dei paesi, come dimostrano decenni di ricerche nel settore della comunicazione. C per una specificit italiana: in controtendenza rispetto ad altri paesi, in Italia il modello sessista in crescita. Una delle poche indagini comparative che ha analizzato limmagine della donna in dieci paesi europei (Austria, Francia, Grecia, Inghilterra, Italia, Montenegro, Paesi Bassi, Serbia, Slovenia, Svezia; per lItalia i dati sono stati raccolti dal CENSIS, 2006), Women and media in Europee, ha posto lItalia nelle ultime posizioni, insieme con la Grecia, per quanto riguarda la presenza di una cultura sessista nei programmi televisivi. Il rapporto definisce lItalia un paese in resistenza, in cui la rappresentazione stereotipata della donna considerata un tratto antropologico cos radicato che non si pensa valga la pena di contrastarlo con politiche evolutive. Lindagine ha monitorato i programmi trasmessi nella settimana dal 6 al 12 marzo 2005 negli ambiti dellinformazione, dellapprofondimento, della cultura e dellintrattenimento. I risultati hanno indicato che, in Italia, la maggior presenza femminile si ha nella fascia preserale con la messa in scena di donne dello spettacolo che perpetuano unimmagine femminile come decorazione, ornamento, oggetto di desiderio. Per quanto riguarda linformazione, la donna compare soprattutto come vittima (67.8% dei casi), donna del dolore, secondo la definizione del rapporto. Risultano in ombra le donne normali, praticamente invisibili le donne della politica (6.4% per la politica interna, 1.5 % per quella estera, 0.4% per economia e finanza). Anche nei programmi di approfondimento, la presenza femminile minima tra gli esperti (medici, giuristi, mondo imprenditoriale e finanziario); le


donne hanno voce, comunque poca (sono il 26% degli intervistati), quando le tematiche affrontate sono di tipo sociale; sono invece maestre quando si parla di natura, artigianato, poesia, astrologia. Emerge da tutti i dati una profonda discrepanza tra Italia ed Europa, una discrepanza presente anche nei codici di autoregolamentazione miranti a contrastare la riproposizione degli stereotipi di genere. Uno sguardo comparativo ai siti della BBC e della RAI costituisce unutile illustrazione di tale discorso: nel sito della televisione inglese facile trovare indicazioni su come trattare temi sensibili, come il genere. Nulla di simile compare, invece, nel sito della televisione italiana. Nelle discipline psico-sociali, una delle ottiche attraverso le quali si studiano le disuguaglianze di genere lanalisi degli atteggiamenti di sessismo. Gli studiosi distinguono tra sessismo ostile e sessismo benevolo. Il sessismo ostile si basa sullaffermazione della naturale inferiorit della donna e sullaperta ostilit verso richieste e pratiche di parit. Letichetta del celodurismo leghista condensa in un solo termine tale fenomeno. Ma gli esempi nel panorama politico e mediatico italiano abbondano. Ricordiamone qualcuno. Pippo Gianni, deputato UDC, durante la discussione parlamentare sullintroduzione delle quote rosa, proposte da Stefania Prestigiacomo, proclam con eleganza: le donne non ci devono scassare la minchia. La stessa raffinatezza si ritrova nelle espressioni dellavvocato Ghedini quando defin il suo datore di lavoro un utilizzatore finale che avrebbe potuto avere grandi quantitativi gratis, di donne sintende. Del resto il suo padrone predilige la metafora della caccia, alle donne, che gli consente di dissertare sul piacere della conquista. Per il sessismo benevolo, le donne sono invece oggetti fragili, preziosi, che vanno protetti, salvaguardati, difesi, anche da se stesse Il sessismo benevolo si basa sul cosiddetto wonderful effect, secondo il quale le donne hanno caratteristiche pi positive di quelle degli uomini; peccato per che questi ultimi siano associati pi fortemente con le dimensioni del potere e dello status.

Nei rapporti di genere, il predominio maschile si perpetua attraverso stereotipi di superiorit relativi alla competenza e allo status; la superiorit femminile emerge nella capacit di costruire e mantenere soddisfacenti relazioni interpersonali. Alle donne vengono attribuite qualit legate al calore, agli uomini qualit legate alla competenza. Come sopra accennato, il sessismo, ostile e benevolo, in calo nei paesi occidentali, non in Italia. Da noi, classe politica e media continuano a impiegarlo senza timore, come impiegano con crescente protervia termini offensivi nei confronti di omosessuali e immigrati. Negli ultimi quindici anni si assistito allo sdoganamento di un linguaggio ostile e volgare, rapidamente dilagato nella quasi totalit dei ceti sociali. Gi nel 1995, Barbara Spinelli, in un articolo sulla Stampa dal titolo La parola diventa coltello, parlava di una nuova sfacciataggine. Da allora la situazione decisamente peggiorata: si assiste a una continua lotta contro un politicamente corretto, mai in realt affermatosi nella nostra societ. Come notato da Flavio Baroncelli (Viaggio al termine degli Stati Uniti, 2006), questa lotta viene condotta in nome di un soggetto maschile, ferino, arcaico, che si autoproclama spontaneo, libero, capace di interpretare il mondo tramite il buonsenso dei padri e dei nonni. In realt questo soggetto trasmette una visione riduttiva e desolante del maschile e della sua sessualit. Un maschile misero, ridicolo, cha ha bisogno di urlare forte per coprire la sua impotenza. Quali conseguenze ha la rappresentazione povera e deprezzata della donna quotidianamente trasmessa dai media? Incide sul vissuto di ciascuno di noi? S, incide, soprattutto sul vissuto delle giovani generazioni. Ce lo dicono i risultati delle ricerche che hanno analizzato i processi di oggettivazione. I media giocano un ruolo fondamentale nel far vedere il corpo femminile come un mero oggetto sessuale, da guardare e giudicare, esistente per luso e il piacere altrui. Quando oggettivato, il corpo femminile minimizzato ad alcune sue parti, che privano la donna dindividualit e personalit. Loggettivazione sessuale si verifica quando delle parti sessuali o delle funzioni di una donna sono separate dalla sua persona, ridotte allo stato di mero strumento, guardate come se fossero capaci di rappresentarla (Bartky, 1990, p. 35). Ci che pi preoccupante il dilagare dei processi di auto-oggettivazione: linteriorizzazione della prospettiva dellosservatore esterno sul s. Lauto-oggettivazione si manifesta con una persistente sorveglianza del corpo, che promuove vergogna e ansiet e riduce la consapevolezza dei propri stati interni. Ha delle conseguenze molto serie sul benessere psico-fisico; infatti legata a un aumento dei disturbi depressivi, delle disfunzioni sessuali, dei disordini alimentari. Le abitudini linguistiche sono importanti nel determinare la percezione degli attori della scena sociale. Le donne sono presentate con un linguaggio diverso rispetto a quello usato per gli uomini, un linguaggio che rinforza gli stereotipi di genere. Osserviamo, per esempio, nei talk show che costellano i programmi televisivi, di cosa si parla e di cosa non si parla quando sono sulla scena le donne. Si privilegiano i temi personali, privati; si trascurano i temi generali, pubblici. Di nuovo, parlando con donne emergono temi legati al calore, vengono sottovalutati temi relativi alla competenza. Un altro indice della differenza con cui i generi sono trattati riguarda tempi, spazi, interruzioni. Provate a misurare, la prossima volta che guardate un talk show, quanto tempo viene dato a una donna (probabilmente lunica presente) e confrontatelo al tempo dato a uno qualsiasi degli uomini; misurate poi quante volte la prima viene interrotta rispetto ai secondi. Ma ci sono anche indici pi pesanti, relativi alle strategie di delegittimazione. Quali sono le strategie usate per delegittimare il discorso femminile? Sono le stesse impiegate per gli uomini? Facciamo anche qui qualche esempio. Chi, tra gli attori maschili della scena pubblica italiana, ha subito una delegittimazione paragonabile a quella vissuta da Veronica Lario, con la pubblicazione della sua foto a seno nudo, da parte di Libero? E i graziosi appellativi (pi bella che intelligente) rivolti da Berlusconi a Rosy Bindi trovano riscontro in altre situazioni, con protagonisti maschili? In


quelloccasione Rosy Bindi era lunica donna, ma anche lunica persona che osasse criticare apertamente le incredibili esternazioni del premier, che stava rimproverando al presidente della repubblica di non averlo raccomandato ai giudici della Corte Costituzionale. Nel farlo Rosy Bindi mostrava coraggio e competenza come democratica e come deputata. E proprio la sua compe-

tenza, cos inusuale in una donna, deve aver disturbato il nostro gentiluomo facendolo passare dal consueto sessismo benevolo alla forma ostile. Il linguaggio evoca, crea mondi, costruisce possibilit, apre spazi mentali. Il modo in cui i generi sono rappresentati nel linguaggio influenza la loro visibilit e le loro possibilit di pensiero e azione. Gli stereotipi possono essere rafforzati o ridotti dalluso di un linguaggio sessista o gender-fair. La consapevolezza che una leadership femminile, oltre che possibile, necessaria pu essere aumentata da un uso appropriato del linguaggio. Bisogna imparare forme nuove o rinnovare le forme antiche. Questo il compito che ci aspetta nel prossimo futuro.

Citt LA MALEDUCAZIONE MILANESE Franco DAlfonso


Scena consueta nella zona Ecopass (lisola ambientale, secondo i nostri Croci e Moratti). In una via laterale, traffico bloccato per diversi minuti; quando finalmente sintravede la luce, intesa come lagognato sbocco in via Torino, il furgoncino che precede accende le doppie frecce e lautista con tutta tranquillit scende per suonare a un citofono con un pacchetto in mano. Superato il primo momento di stupore, a sollecitazione ferma ma educata tendente a richiedere il diritto alla mobilit personale, parte immediato il Vaffa non vedi che sto lavorando? . Della reazione proveniente dai veicoli in coda dietro il lavoratore possiamo riferire solo di un amaro e divertente Io invece devo andare a rubare ed ho pi fretta di te, tralasciando la scena da malavita successiva. Altra scena consueta in zona mercato Papiniano, sabato mattina: in mezzo ad un traffico delirante, un povero residente blocca lintera circolazione perch il passo carraio di casa propria ostruito da probabile playboy sessantenne con sciarpina e fazzolettino di tweed in Mini Cooper (ma dove lavr trovata?) che aspetta appoggiato alla portiera aperta luscita della shampista del negozio accanto per probabile gita in villa per il week end. Al posto delle normali (?) scuse e di una sollecita rimozione dellingombro risuona limmancabile Uhi, pirla, cihaifrettaa?? Vieni gi che ne parliamo, eh?!? Nel caso in esame, il pirla in questione effettivamente sceso dando inizio a una rissa verbale terminata solo con larrivo della pattuglia di vigili urbani, reduci dal controllo degli abusivi al mercato e, forse a causa dello stress accumulato, a loro volta poco disposti a mantenere toni e profilo bassi. Terza scena, che si consuma di fronte ad una qualsiasi delle scuole milanesi entro la Cerchia dei Navigli (buona borghesia milanese, si suppone): un gruppo di ragazzotti allapparenza non troppo amici del sapone esce vociando dal portone, incoccia in una signora settantenne di passaggio che resta in piedi per miracolo. Al posto delle utopistiche scuse, un bellurlo ma guarda dove metti i piedi, str e via di buon passo continuando a parlare a squarciagola con il proprio sodale distante cinquanta centimetri con il tipico turpiloquio giovanile. Quarta scena, tram 29, sempre nella Cerchia: ragazzina con telefonino a protesi sullorecchio sale gridando invettive contro un probabile fidanzato fedifrago, passa davanti a un passeggero con cravatta e valigetta pestando un piede a un pensionato classicamente attaccato al tram e si scaraventa nei pochi centimetri di sedile disponibile verso i quali i due personaggi rullati si stavano dirigendo. Alle diciamo cos, sollecitazioni di manager e pensionato a rispettare la fila, lo scricciolo sputacchia un Che c..o vuoi, non vedi che sto parlando? . Pietoso velo sul seguito. Quinta e ultima scena, vissuta di persona: la mia colf filippina, molto impegnata nellimparare litaliano dalla vita quotidiana, mi apostrofa con un Segnor, a Milano buongiorno si dice vadavialc ?. La poverina, attraverso un suo sensato e personale processo di apprendimento, riteneva congruo il significato della parola che tutti le dedicano dopo pochi istanti, dal panettiere al portinaio, dopo aver incontrato qualche difficolt di comprensione dovuta alla neolingua che lei ritiene essere italiano (parla invece un pi che discreto inglese, che per, vadavialc, capiscono in pochi milanesi.). Il ricordo selettivo, il vostro Giano Bifronte predilige il suo profilo che guarda verso il passato, tutto vero, ma dove finita la Milano coer in man ma anche mani e parole a posto ? Il lavoratore, il bauscia, lo studente, la ragazzina, il vigile urbano, il commerciante, parlano e si comportano tutti come nella Milano di non molto tempo fa parlavano e si comportavano solo i randa, quei personaggi di periferia che prima o poi finivano per passare per San Vittore. Qualcuno dir che colpa della Tv e di Berlusconi, come un tempo si diceva la colpa fosse del cinema, dove per i film con parolacce venivano vietati ai minori, altri daranno la colpa alla scuola, al sindacato, alla sinistra. Qualcuno, prima o poi, dovr dire che la colpa va cercata un po meglio dentro di noi, abitanti dellex capitale morale dItalia.

Arte e cultura BRERA. UNA STORIA INFINITA Maria Teresa Fiorio


Brera come il Louvre. E questa la promessa del ministro Bondi che nella conferenza stampa del 12 ottobre faceva sua quellidea di una Grande Brera lanciata, come molti milanesi ricorderanno, dal soprintendente Franco Russoli negli anni settanta. Le celebrazioni del bicentenario hanno acceso i riflettori sulla Pinacoteca e hanno dato nuovo impulso alla volont di rinnovamento che, finalmente, vede anche la partecipazione del Comune di Milano al rilancio del grande museo. E questa davvero una svolta positiva perch Brera unico museo statale insieme al Cenacolo sempre stata percepita come qualcosa di estraneo alla citt: il Comune si sempre interessato solo alla sua rete di musei civici, come se i problemi di Brera riguardassero unicamente il Ministero dei Beni e delle Attivit Culturali. Una questione romana, in sostanza. Di Brera si parlato qualche settimana fa in un incontro promosso dagli Amici di Brera nella gremita Sala della Passione, dove larchitetto Mario Bellini, vincitore della gara indetta dal ministero, era stato invitato a illustrare il suo progetto per la Pinacoteca. Pochi forse ricordavano che nel giugno del 2004, i ministri allora in carica Giuliano Urbani per i Beni Culturali e Letizia Moratti per lIstruzione, lUniversit e la Ricerca avevano delineato in quella stessa sala il futuro di Brera, reso possibile dallaccordo firmato dai due ministeri: cessione di Palazzo Citterio allAccademia e trasloco di questultima in unapposita costruzione alla Bovisa. Uno sponsor avrebbe finanziato il progetto della nuova Pinacoteca, affidato allo Studio BBPR. Non se ne fece nulla. Non solo per il cambio del quadro politico, ma soprattutto per lostinato rifiuto dellAccademia a lasciare il palazzo di Brera. Sar cambiato qualcosa da allora? LAccademia avr smesso di pensare che gli studenti sono lanima del quartiere? Si sar accorta del fatto che il quartiere ormai assediato dagli stilisti e dai commercianti di modernariato? O che le abitazioni della zona sono tra le pi esclusive e costose della citt? E che sarebbe doveroso offrire agli studenti una sede moderna, con spazi luminosi e strumentazioni adeguate? Dal dibattito seguito alla presentazione, in cui lAccademia rivendicava aspramente il suo diritto di restare nella sede originaria, non si direbbe. Con la verve che gli propria, Mario Bellini illustrava le linee guida del suo progetto, che sono poi quelle gi tratteggiate in passato: recupero della chiesa di Santa Maria di Brera e conseguente sviluppo su due piani del percorso del museo, nuovi servizi al pubblico, collegamento con Palazzo Citterio attraverso lOrto Botanico, spazi per esposizioni temporanee. Ma soprattutto metteva sul tappeto unidea forte, certamente destinata a far discutere: la copertura in vetro del severo cortile dei Gesuiti. Dunque da spazio aperto a spazio chiuso, con unaudace e radicale trasformazione che se accolta modificherebbe notevolmente la percezione di uno dei luoghi storici della Milano spagnola. Su quest aspetto sar la Soprintendenza a pronunciarsi, ma gi si avvertono le prime perplessit. Limpressione, tuttavia, che a parte la proposta di copertura del cortile donore il progetto sia ancora in una fase embrionale e che non sia ancora iniziato quel necessario dialogo con la committenza solo attraverso il quale il progetto stesso pu assumere forma concreta. Ci si chiede, daltronde, come questo possa avvenire se non sono chiare le intenzioni dellAccademia. Negli accordi del 2004 si era stabilito che le funzioni didattiche avrebbero lasciato il palazzo, ma che al pianterreno lAccademia avrebbe mantenuto gli spazi necessari per raccontare la propria storia lungo il corso dellOttocento e del Novecento, per esporre la collezione dei gessi, le opere presentate ai premi annuali: cio una presenza musealizzata, complementare alla Pinacoteca, cos come lOsservatorio astronomico avrebbe trovato la propria espressione attraverso il museo. Lapertura dello studio di Hayez, di cui pure si parlato, non pu essere un fatto isolato ma dovrebbe rientrare in una pi ampia visione di valorizzazione della storia dellAccademia. Altro elemento problematico, che non pu non avere una ricaduta sul progetto, il ruolo di Palazzo Citterio, non contemplato nel concorso eppure strategico per collocare funzioni vitali per la Pinacoteca, dagli uffici, alla biblioteca, agli archivi, alla fototeca, recuperando nuovi spazi allinterno del palazzo. In tanta incertezza il lavoro dellarchitetto appare davvero arduo. Basteranno la sua larga esperienza e il suo talento, insieme allimpegno della Soprintendenza e alla volont di tutti con leccezione dei docenti dellAccademia - a risolvere un problema che si trascina da oltre trentanni?

Mobilit PGT E SISTEMA MOBILIT: QUESTIONE APERTA Giorgio Goggi


Con una scarna relazione e sommari elaborati grafici, la parte dedicata al sistema della mobilit a rete della bozza del PGT (Piano di Governo del Territorio) di Milano suscita interrogativi, anche a chi avrebbe le migliori intenzioni per guardare con favore alla pianificazione del Comune. Il primo interrogativo riguarda la strategia di grande scala. Il dibattito urbanistico milanese, pur nella contrapposizione - anche dura - tra le varie scuole, stato sempre consapevole che Milano non finisce con i suoi confini, ma il centro di un grande bacino insediativo e di mobilit: Da tempo comune sentire che questo bacino debba diventare una sola citt per acquisire la massa critica di una citt mondiale (in termini funzionali e non istituzionali, a mio parere, ma questa altra questione). E pur vero che il Comune (e cos pure il PGT) agisce ed ha potere solo entro quei confini, ma le possibili strategie macro provocano riflessi ben differenti allinterno della citt, e la strategia scelta deve essere quanto meno enunciata. Eppure sarebbe stato il momento per entrare nellargomento, ora che i limiti del primo passante sono venuti bene in luce; che gli accordi con le Ferrovie dello Stato sono stati riscritti, eliminando la previsione finanziaria del secondo passante; e mentre la valorizzazione delle aree ferroviarie sembra avvenire senza contropartite per lo sviluppo della citt. Naturalmente, il documento tratta il tema delle ferrovie e quello del secondo passante, ma pi in termini di razionalizzazione tecnica del nodo ferroviario che con lobiettivo di costruire una grande rete di livello regionale. Ne consegue un tracciato che propone il velleitario collegamento interrato Centrale-Garibaldi con una stazione in caverna (asteniamoci dal commentarne i costi, ma la mancata connessione tra servizi passanti e di lunga distanza -errore del passato- pu essere ripristinata in modo meno oneroso). Per contro, il secondo passante tralascia inspiegabilmente la connessione tra il ramo N-O di TorinoSempione e la cintura verso S-E (Venezia, Bologna, Genova). Il secondo interrogativo riguarda lo sviluppo delle nuove metropolitane (fino a 10 linee) che appare invero piuttosto ridondante. Le nuove linee, pur facenti sempre capo a stazioni ferroviarie, sono prevalentemente condotte in aree periferiche o di frangia che ben difficilmente potranno generare lutenza di un sistema metropolitano. Verrebbe da pensare che si tratti di tranvie, se per queste non figurasse un apposito simbolo in legenda. Inspiegabilmente per, e senza nessuna motivazione, viene eliminata la biforcazione della M4 su via Mecenate, prevista dal PUM (Piano Urbano della Mobilit), bench dotata di sicura domanda. E pur vero che i piani regolatori hanno necessariamente orizzonte illimitato, ma non il Documento di Piano del PGT, che deve esprimere la strategia del quinquennio e, come previsto dalla l.r. 12/2005, dimostrare la compatibilit con le risorse economiche. Come sar possibile acquisire la massa di risorse necessaria per attuare una rete siffatta e con quali tempi? Il PGT sembrerebbe aver acquisito come dato di fatto le interpretazioni sociologiche della citt infinita e, come tale, considerandola non pi assoggettabile al governo degli insediamenti e della mobilit. Si limita quindi a programmare lacquisizione di una maggiore quantit di popolazione allinterno dei suoi confini municipali (pur con la riduzione dellarea costruita) invece che puntare a far citt di tutto linsieme degli insediamenti lombardi.

Scuola e universit LE POLITICHE SELETTIVE NELLUNIVERSITA SERVONO ? Francesco Silva


La decisione di attivare, al momento dellaccesso degli studenti nelle universit, meccanismi selettivi di varia natura test di ammissione, valutazione del curriculum precedente, tasse per orientarne le scelte e favorirne le iscrizioni sulla base delle loro vocazioni, ancora oggi tab. Ministri e rettori sanno che chi accenna alluso di questi strumenti si brucia. Da almeno quarantanni il pensiero della selezione agli accessi , misteriosamente, politicamente scorretto. Ci si pu chiedere quali siano gli effetti di tale mancanza, e in particolare se lassenza, o quasi, di selezione degli studenti secondo criteri di qualit e vocazione li danneggi e determini uno spreco di risorse. Dimpulso viene da pensare che se, per difetto di selezione, lo studente rappresentativo pi o meno eguale in ogni sede, le universit appiattiranno la loro offerta, i migliori godranno di un livello formativo inadeguato, pensato per la media, mentre gli studenti inadatti o poco interessati si accorgeranno a loro spese di avere sbagliato scelta. Naturalmente questa solo unipotesi possibile, per la ragione che non sono misurabili gli effetti di una politica che non esiste. Eppure alcuni dati relativi alle universit milanesi ci offrono al riguardo informazioni illuminanti, se accettiamo di interpretarle con un certo coraggio, anche a costo di qualche semplificazione. A Milano, diversamente da ogni altra citt, con leccezione di Roma, coesistono alcune universit (private) che usano strumenti di selezione a fianco di altre (statali) che non li usano, o lo fanno in modo limitato. Rappresenta sempre uneccezione, come noto, la facolt di Medicina, dove ha luogo dovunque una forte selezione allaccesso. Inoltre possono anche esservi casi in cui la vera o presunta difficolt dei corsi determina un fenomeno di autoselezione.


Prendiamo dunque come indicatore di qualit degli studenti che siscrivono al primo anno di universit, il tipo di formazione avuta nelle medie superiori. Ipotizziamo che chi proviene dai licei sia di maggiore qualit avendo ricevuto una formazione migliore nella scuola e/o nella sua famiglia, tipicamente pi scolarizzata. Naturalmente vi sono anche numerosi pessimi maturati di liceo e ottimi maturati di altre scuole, ma qui facciamo un ipotesi media. Ebbene, i dati ci dicono che tra il 1998 e il 2006 le due universit che hanno la percentuale stabilmente pi alta di studenti provenienti dal liceo sono il Politecnico circa il 55% - e la Bocconi circa il 73%. Allestremo opposto stanno lo IULM 46% nel 98 e 33% nel 2006 e la Bicocca 41% nel 98 e 36 % nel 2006. Nel caso del Politecnico probabilmente vi un processo di autoselezione; nel caso dello IULM e della Bicocca alcuni corsi sono facilmente accessibili. Pi interessante il caso della Bocconi: un corso di laurea in Economia certo meno pesante di uno di Ingegneria, eppure in Bocconi la formazione daccesso pi alta. Il motivo evidente: in questa universit vi una selezione allaccesso che, vuoi per leffetto dei test di accesso e del curriculum liceale, vuoi per un fattore di autoslelezione essere in Bocconi significa esse-

re ganzi -, vuoi infine per effetto delle tasse dingresso, comunque sia opera egregiamente. Osserviamo per inciso che la Bocconi attrae pi di ogni altra universit lombarda studenti da altre regioni. A questo punto ci chiediamo se a universit pi selettive corrispondono risultati formativi migliori. Prendiamo come rivelatori di soddisfazione degli studenti e di miglior uso delle risorse, il fatto che le matricole facciano subito fin dal primo anno esami regolarmente e passino al secondo anno: se cos non fosse ne dovremmo trarre la conclusione che sono insoddisfatti, perch non risultano idonei o interessati ai corsi a cui si sono iscritti. Ebbene, in Bocconi nel 1998, e ancoroggi, minima la percentuale di studenti che rimangono inattivi il primo anno e che non si reiscrivono al secondo. Questo avveniva gi prima della riforma e avviene ancora oggi, ad indicare una politica stabile. Il fatto di pagare tasse pi alte indubbiamente contribuisce al risultato. Anche al Politecnico le percentuali erano e rimangono basse, ma maggiori che in Bocconi. Ben diverso il caso delle universit dove pi bassa la qualit daccesso, misurata con il livello del diploma della media superiore. Alla Statale nel 1998 quasi il 40% degli studenti non si reiscrivevano al secondo anno, e il 45% rimanevano inattivi nel primo anno; per la Bicocca i dati erano, rispettivamente il 20% e il 20%; per lo IULM il 5% e il 10 %. Nel 2006 le percentuali si dimezzano per la Statale, diminuiscono per la Bicocca, ma aumentano per lo IULM, dove le mancate reiscrizioni al secondo anno passano al 21%. Questo apparente miglioramento delle statali dipende anche dal fatto che il carico di lavoro dei corsi diminuito assai: non un elemento positivo. Ci sembra di potere inferire da queste semplicissime osservazioni che la selezione e il grado di soddisfazione della didattica sono direttamente correlate, e verosimilmente si influenzano reciprocamente. L dove gli studenti sono selezionati e il livello delle tasse discrizione morde, si lavora meglio e con pi soddisfazione. In assenza di una politica nazionale, nella citt di Milano si sono di fatto generate politiche selettive che hanno orientato i flussi degli studenti, con esiti non ottimali, proprio perch si tratta di decisioni singole che non entrano in un disegno collettivo. Una selezione coordinata a livello nazionale, capace di orientare rispetto alle facolt e alle sedi rappresenterebbe un consistente passo in avanti per un complessivo miglioramento della formazione universitaria.

Architettura LODOVICO BELGIOJOSO E I SUOI CENTO ANNI CHE NON DIMOSTRA. Antonio Piva
Vi sono due et, quella anagrafica che a un certo punto sinterrompe e quella che destina alloblio o che a questo si pu opporre anche per sempre. Le due et non hanno una vera relazione se non fosse per quello che si fatto o non si fatto nella vita. Nel caso di Lodovico Belgiojoso architetto, maestro e uomo carico di humanitas la vita non ha lesinato successi e sventure. I successi professionali legati agli amici (Ernesto Rogers, Giangio Banfi e Aurel Peressuti) sono stati conquistati con intelligente determinazione e impegno civile. Nel 1982 ho voluto sottolinearli al Padiglione dArte Contemporanea con una mostra dal titolo LImpegno Permanente di cui mi sono voluto occupare, ponendo attenzione sulle opere milanesi che tutti in gran parte conoscono come la Torre Velasca, il restauro del Castello Sforzesco, il complesso di via dei Chiostri, il palazzo di Piazza Meda e cosi via. Ora nel centenario dalla nascita vorrei parlare delluomo, cosa assai pi difficile e impegnativa perch inevitabile entrare nella sfera privata, infilarsi nelle pieghe di rapporti personali che possono svelare le sfaccettature di una personalit che stata protetta dallimmaginario che spetta al personaggio pubblico. Di nobilissima famiglia milanese oltre alleducazione aveva coltivato il senso dellhumanitas, fondata sulla rivendicazione dei valori umani (razionalit e libert) e sullaccettazione dei suoi limiti (fallacit e fragilit), da cui conseguono i due postulati della responsabilit e della tolleranza. A lui era ben noto questo significato, chiarito da Erwin Panofscky, e lo aveva assunto declinandolo nelle diverse fasi della sua vita costruendo amicizie, sacrificandosi con generosit nei momenti delle scelte importanti, parlando con il suo Dio con cui scendeva a patti e compromessi che riteneva leciti. Ho avuto molto tempo per ascoltarlo: prima come studente a Venezia, poi come assistente al Politecnico di Mi-


lano, infine come amico nei lavori in cui ero stato chiamato a metter mano su qualche opera che portava la firma dei BPR. Il maestro e amico raccontava e consigliava cercando il lato migliore delle cose, riservando alla scala dei valori degli accadimenti considerazioni che facevo mie. Allarchitettura assegnava valori morali, una grande fede sulla forza del pensiero che costruisce, lega e non divide. Era un uomo profondamente buono e in molte occasioni dimostr come si possa cedere il passo anche contro

voglia. Nella sua amicizia si poteva contare, come lui stesso poteva contare su quella degli altri, i suoi soci di studio, i suoi compagni dei campi di concentramento, la famiglia, le persone citate e sottintese nelle poesie e nei racconti che aveva scritto e continuava a scrivere. Passava parte delle estati nel castello di Caidate e a Stintino, ospite di unamica cui aveva progettato e costruito una piccola casa in mezzo alla macchia mediterranea. In quella casa, nella quiete pi assoluta, conduceva una vita semplice tra gli odori della macchia, il mare cristallino e le attenzioni di un mondo locale pieno di fascino. Sulla sua tomba, nel piccolo cimitero di Caidate, un mazzolino di mirto misto a rosmarino ancora un eloquente segnale della memoria duratura di alcuni sentimenti, coltivati trovando il tempo di ascoltare e voler bene alle persone che avevano risposto al suo desiderio di essere a sua volta ascoltato nei tormenti di una vita di successi ma anche di grandi dolori.

DallArcipelago OFFICINA POLITICA 11 METRI. Pietro Spreafico


Oggi con questo primo articolo, 11 metri - Officina Politica, si presenta in questo spazio. Non la prima volta che il mondo delle associazioni e della societ civile si affaccia alla vita sociale e politica del territorio milanese. E non sar lultima. Noi cercheremo di dare il nostro contributo. Nel corso degli anni, la nostra citt ha conosciuto diversi e differenti periodi, dagli anni della Liberazione, agli anni di prosperit e di crescita sociale ed economica degli anni 60, agli anni bui, dove Milano ha conosciuto il Terrorismo e la violenza, la corruzione e la crisi economica. La societ civile milanese sempre stata presente, con le associazioni, con le iniziative giornalistiche e con la partecipazione, ogni volta sapendo rinnovarsi, con obiettivi e funzioni diverse. 11 Metri nel febbraio 2008 ha iniziato il suo percorso in un momento storico difficile e turbolento, qui, a Milano, il fulcro della vita economica del Paese, in un contesto in cui leconomia fortemente indebolita dalla crisi e i cui effetti disastrosi devono ancora manifestarsi pienamente. Gli italiani hanno difficolt a trovare una casa, i posti di lavoro sono tagliati, le aziende stanno chiudendo, i giovani trovano difficolt ad approcciare un mondo lontano e chiuso alla novit che rappresentano. Le famiglie hanno difficolt a mandare i loro figli a scuola. La ricerca non incentivata, i migliori talenti vanno allestero, perch vedono sconfitte le giuste aspirazioni di crescita. Listruzione messa in discussione e attaccata in nome dellefficientamento della pubblica amministrazione. Uno dei vanti del nostro paese, la scuola pubblica, quotidianamente criticata e attaccata. Gli insegnanti sono allontanati dalle scuole. La giustizia, lindipendenza della magistratura, uno dei fondamenti della nostra democrazia proprio in questi giorni sotto un gravissimo e pesantissimo attacco. La deriva xenofoba non una lontana eco ma una costante e visibile realt. La stampa non pi lo specchio della societ ma diventata un sistema, una macchina, per la creazione del consenso, il consenso di cui ha bisogno chi ci governa per legittimare e consolidare la propria posizione. Un potere forte, determinato, che non teme nessuno e che si autoalimenta grazie alle sue estensioni in tutti i punti chiave della nostra societ. Qualcosa che assomiglia molto a forme di societ di cui il nostro Paese ha gi conosciuto gli effetti disastrosi.LItalia in guerra. Una guerra chiamata missione di pace ma che uccide i suoi figli. Famiglie dilaniate dalle perdite. Tragedie di figli senza padri, di mogli senza pi mariti. Si tratta di una guerra fatta dinteressi per il controllo delle risorse energetiche. E in questo scenario lesplosione del fenomeno mafioso, una realt sempre pi presente e radicata nel nostro territorio, che tiene lontani i figli dalle scuole, che getta terrore nelle famiglie, che trucida i propri avversari con spargimenti di sangue. Storie di magistrati in prima linea nella lotta alla mafia, che dedicano una vita alla ricerca della giustizia e al servizio dello Stato, che vengono abbandonati ai loro destini di combattenti sempre pi isolati da quello stesso Sato di cui difendono i principi e le Istituzioni. Tacciati di faziosit, di protagonismo. E ancora: la nostra memoria storica deturpata, oggetto di continui attacchi revisionisti. I nostri padri, che il 25 aprile 1945, vittoriosi contro il fascismo, hanno pagato con la vita la conquista della democrazia e della Repubblica cos com oggi, equiparati a coloro che hanno reso possibile lavvento della dittatura, che hanno taciuto di fronte alle oscenit delle leggi razziali, che non hanno fatto nulla di fronte alloccupazione del nostro Paese. Queste sono le sfide che oggi lItalia deve affrontare. Sono sfide reali che non saranno vinte facilmente o in un breve lasso di tempo. Ma queste sono le sfide che dovremo vincere. Oggi, a Milano, noi ci riuniamo perch abbiamo scelto da che parte stare. Di rimarcare ancora una volta, come gi affermato dai nostri padri fondatori che tutti siamo liberi e uguali, che tutti hanno il diritto di conseguire pienamente la loro felicit. Come cittadini liberi e onesti. Da cittadini umili ma responsabili. Non sar un viaggio facile: il percorso di chi ha scelto di agire, di fare, di correre dei rischi. E lo dobbiamo a chi, pi di cinquantanni fa, ci ha re-


galato la libert e luguaglianza, scritti nella nostra Costituzione. A chi ha combattuto contro linvasore. A chi ha dato la propria vita per le libert di cui oggi tutti i cittadini italiani possono godere, uguali e con pari diritti. Questo il viaggio che continuiamo oggi. Nessuno di noi si aspetta di poter risolvere queste sfide. Saranno battaglie lunghe contro un nemico dotato di forze senza pari. Non abbiamo la presunzione di poter combattere da soli queste sfide e cercheremo di farlo soprattutto raccogliendo il consenso e la partecipazione di altri cittadini che credono ancora in un modello sociale come quello descritto nella nostra Costituzione. Cercando lunit, non la discordia. Spronando noi stessi a fare meglio, sempre e comunque. Crediamo nel lavoro come la risorsa che guider lItalia fuori da questa crisi. Nelle competenze e nelle capacit del popolo italiano. Crediamo nei nostri figli e nei giovani per portare avanti il messaggio e la promessa di una Repubblica di cittadini liberi e uguali. Crediamo nelle famiglie italiane, nelleducazione al senso civico e nel rispetto degli uni verso gli altri. Crediamo nel diritto alla casa, nel diritto della persona di realizzare la propria felicit e a condurre unesistenza dignitosa. Crediamo nella ricerca e nel ruolo delle Universit, come luoghi dove fioriscono le migliori intelligenze e come luoghi dove il progresso si sostanzia concretamente. Crediamo

nellistruzione come luogo dinsegnamento laico e libero. Crediamo nel rispetto e nella tutela dellambiente. Crediamo nei valori sanciti nella nostra Costituzione. In questo senso nasce 11 Metri, come una realt che vuole parlare di questi temi e nel farlo, portare conoscenza, attraverso il contributo di coloro che vivono tutti i giorni sulla loro pelle le battaglie per i diritti e per la libert. E con la convinzione che bisogna rivolgersi alla gente. Parlare con le persone, confrontarsi, crescere con la societ ed essere capaci di ascoltarne i messaggi e i segnali. Se la sinistra non sar in grado di ascoltare la societ civile, destinata a perdere il proprio ruolo di forza rinnovatrice e riformista. Una sinistra che parla a se stessa e che non ha il coraggio di confrontarsi con le persone una sinistra destinata a sparire. 11 Metri si pone senza presunzione come strumento per portare il dialogo laddove non c, per portare i contenuti e le istanze sul tavolo di chi oggi gestisce il potere. Viceversa, di portare il messaggio di chi non ascoltato, di chi non entra nei primari canali della comunicazione e dellinformazione, alla societ civile. Per informare, per crescere. Nel corso dei prossimi mesi parleremo di tanti temi in queste righe, e lo faremo secondo un approccio che abbiamo scelto di avere, fin da quando, nel febbraio 2009, 11 metri muoveva i suoi primi passi. Un approccio basato sul progetto e sul contenuto. Ci sembrato giusto, visto lo spazio che oggi Arcipelagomilano ci concede, accennare alla libert di stampa e al suo significato: argomento oggi molto attuale e caldo. La vera censura non quella di un capo redattore che dice che cosa scrivere o che cosa non scrivere ai propri giornalisti. Come forse era una volta. Oggi il volto della censura diverso, molto pi subdolo: la paura di perdere il posto di lavoro, lindifferenza di chi non ha pi il coraggio di alzare la testa. Questa la censura, anzi, questa lautocensura. quanto mai necessario oggi abbattere questo muro. Ed soltanto con la partecipazione attiva che si combatte lautocensura, con tutti i suoi pericoli e i suoi risvolti. Per uninformazione libera e onesta, lontana da logiche di prevaricazione, nel rispetto del diritto a manifestare il proprio pensiero. Ricordiamo lArticolo 21 della Costituzione che recita: La stampa non pu essere soggetta ad autorizzazioni o censure. La presenza di questo giornale la realizzazione concreta del principio di libert come partecipazione, come progettazione, che uno degli scopi e degli obiettivi di 11 metri come officina politica. E siamo lieti di farne parte. Un ultimo ringraziamento a voi tutti che ci leggerete, e arricchirete il lavoro che stiamo portando avanti con le vostre opinioni e i vostri contributi.

Lettera FRANCESCHINI Sara Valmaggi


Il 25 ottobre i cittadini e gli elettori del Partito democratico saranno chiamati a scegliere il segretario nazionale e regionale del nostro partito. Il mio auspicio che questa giornata di ottobre sia una grande festa, per la democrazia e per il paese. Un esercizio di democrazia partecipata, un anticorpo per dimostrare che ci pu essere un altro modo di concepire la politica, per riaffermare che esiste un partito che, pur nelle innegabili difficolt, ha la forza e il coraggio di pesare idee e leadership con una base pi ampia di quella del proprio corpo discritti. Per questo ritengo che le primarie non siano un rischio dindebolimento per il partito e per il paese, ma unoccasione per rafforzare la nostra proposta politica e la nostra capacit di fare opposizione, costruendo una solida alternativa al Governo di Centro Destra. Il 25 ottobre confermer la scelta che ho gi fatto sostenendo la candidatura di Dario Franceschini. La mia storia personale e politica mi avrebbe forse suggerito di compiere altre scelte, ma proprio perch avevo deciso di aderire con entusiasmo al progetto del Partito Democratico, ora mi sento sicura nel voler riaffermare: la prima identit da preservare e rafforzare quella del partito democratico stesso. Siamo nati due anni fa, una nascita che ha comportato fatica, tuttaltra cosa da chi crea partiti dai predellini, non voglio negare, con questo, difficolt e responsabilit individuali e collettive che in questo difficile cammino abbiamo incontrato.

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Sarebbe stupido nascondere che il consenso elettorale che abbiamo saputo raccogliere ancora non allaltezza delle ambizioni che ceravamo preposti, ci non vuol dire che si debba dare per persa la partita intera o pi semplicemente chiedere un time-out. Lambizione di quando siamo nati era quella di unire le storie e i percorsi dei riformismi italiani insieme ai talenti e alle esperienze di persone che per la prima volta si affacciavano alla politica, una funzione storica si diceva, che superasse anche i confini del nostro stesso Paese. Purtroppo le sorti elettorali delle storiche socialdemocrazie europee stanno l a dimostrare che anche in Europa necessario un ripensamento sulla capacit di proposta politica delle forze progressiste, anche per questo

giudico importantissimo lo sforzo che hanno fatto Fassino e Franceschini nellottenere la costituzione del gruppo dellalleanza dei democratici e dei socialisti al Parlamento Europeo. E necessario non tornare indietro per un progetto che pu continuare ad avere un respiro europeo e per un partito che pu ancora aspirare a governare il Paese a capo di una coalizione in cui il partito democratico abbia la forza sufficiente per delineare il profilo dellalleanza, del programma e di assumerne la leadership. Senza alcuna presunzione o supponenza solitaria, non penso che ci si possa permettere di appaltare ad altri la capacit di attrarre consenso, le alleanze sono indispensabili per vincere le elezioni, ma poi per governare necessaria una guida strategica. Abituiamoci a un pensiero lungo, poich credo che il solo tatticismo ci possa alla fine strangolare. Ci che pi mi convince del progetto di Dario Franceschini lidea di preservare lo spirito originario del Partito Democratico, lo sguardo sul futuro, oltre le logiche del contingente, ma non nascondo che esiste anche una valutazione pi umana e forse per questo meno politica, che attiene alla responsabilit. Dario Franceschini di responsabilit ne ha dimostrata molta, assumendosi lonere della guida del partito in un momento delicatissimo, dopo le dimissioni di Veltroni, a mio parere quel senso di responsabilit va pesato e premiato, in un partito in cui si probabilmente poco abituati a uccidere i padri esercitandosi a farsi la guerra tra fratelli e sorelle.


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Lettera di Alfonso Marzocchi
Anchio ho visto quell'orrore di cui parla l'architetto Gardella in piazza Piemonte: prima di abbandonare non so ancora se definitivamente o temporaneamente questa citt (Milano, e per trovare verosimilmente altri orrori con cui dover fare i conti - a meno che non sia abbastanza abile e fortunato da riuscire ad abitare in qualche paradiso terrestre, o almeno in un luogo migliore), mi piacerebbe molto dare il mio contributo per abbatterlo: non possiedo tritolo, che comunque andrebbe maneggiato con esperienza e cautela, per se ci si organizzasse in una squadra di picconatori, magari con laiuto di una ruspa, la cosa si potrebbe fare. La mia non una provocazione: un invito ad agire davvero per buttare gi quella schifezza, tanto pi schifezza in una piazza con una storia e una quasi armonia. Certo che non sono per niente disponibile ad affrontare le prevedibili conseguenze legali di una simile cosa, anche se a rigor di logica-estetica (almeno la mia, e vedo non solo la mia) chi lo buttasse gi andrebbe premiato e invece punito chi lo ha fatto e chi lo ha autorizzato. Dunque, che fare, tenuto anche conto che agire clandestinamente sarebbe possibile solo a qualcuno ben incappucciato e munito di esplosivo, e che questo qualcuno poi dovrebbe riusci re anche - oltre che ovviamente a non fare del male a nessuno n danneggiare gli stabili adiacenti come ad esempio il teatro nazionale - a installare al posto del " mostrino " un pannello con un bel progetto che rappresenti cosa ci dovr sorgere al suo posto (e magari anche a rimuovere le macerie, ma forse neanche mandrake potrebbe tanto !)? Un saluto, e attendo proposte utili e concrete per sconfiggere il regno delle tenebre (anche se poi non siamo sempre daccordo su quali sono caso per caso queste tenebre ...). A.Marzocchi


Lettera di Giuseppe Ucciero
Caro Piervito, caro Riccardo, leggendo le vostre considerazioni me ne vengono delle altre, che vi propongo se avete un po di tempo e di pazienza. Una prima lancia la vorrei spezzare a favore di Piervito: lo stile tardo tutto tranne che questione di stile, almeno per quel che penso lui intenda. Lasciamo qui stare che altra cosa lo stile e altra cosa la classe, come chiar una volta per sempre il mai troppo compianto Gianni Brera, critico che non si lasciava abbindolare dagli estetismi del bello stile e preferiva, e vorrei ben vedere, Valentino Mazzola come miglior giocatore italiano di sempre, al pur grande Gianni Rivera. La metafora di Piervito attiene invece ad una apparenza di stile che rimanda ad una realt di sostanza, nel momento in cui lo stile tardo viene a declinarsi come la cifra di un profilo di dirigente ormai raro nel panorama del PD: grande esperienza, radicamento nel sentire di un popolo, attenzione al concreto, ma anche (absit iniuria verbis), una non completa adesione ad un presente febbricitante e mediaticamente compulsivo, una matura comprensione della complessit e durezza della nostra realt di Paese, da cui non si pu e non si deve fuggire immaginando di vivere in altri paesi e tradizioni politiche, magari desiderabili ma tuttora astratte e infine unampia visione della vita delle imprese, dei lavoratori e dei territori. In una fase politica estremamente delicata come quella attuale, nei cui caratteri e sviluppi tende ormai sempre pi a svelarsi la fisionomia di un ritorno sotto diverse spoglie di un passato connotato dalla collusione pericolosissima tra il carattere eversivo di tanta parte della nostra classe dirigente ed una subcultura popolare permeabile alla demagogia, in questa fase, dicevamo, una leadership come quella di Pierluigi Bersani che abbia, con la memoria storica, la capacit di muovere e di rappresentare radicamenti popolari tuttora forti nel territorio, facendosi capire dai lavoratori, dalla piccola imprenditoria e dal management delle grandi imprese, facendosi ascoltare sia a Nord come a Sud, mi pare assolutamente essenziale per reggere la botta che lo schieramento avverso sta costruendo, passo dopo passo, metodicamente, con quel metodo della follia che intrinseco alle innovazioni eversive della destra. Dice Sarfatti: in Marino vedo un leader capace di fare innovazione e Dio solo sa quanto ce n bisogno. Vero, verissimo, che c bisogno di innovazione, ma personalmente ho molti dubbi che Marino abbia questo profilo e questo potenziale. La sua Mozione ci parla molto di temi etici, della produzione di beni immateriali, della rilevanza del sapere e del capitale umano, di laicit, ma ben poco, troppo poco, di come queste realt valori innovativi si connettono ai mondi tuttora prevalenti del lavoro, del territorio, della fatica sociale di vivere. Vi nella sua proposta e nel suo stile, la testimonianza di una lontananza, direi esistenziale, ancora troppo rilevante rispetto ad un mondo della produzione e del sociale che trova poco comprensibili sia parole poco consuete, che insistenze su temi percepiti come non centrali. Sembra a me che Marino parli un linguaggio pi vicino a sia pur importanti ceti di borghesia urbana e delle professioni, a pezzi di societ pur emergenti, e sia invece un po troppo distratto rispetto ad esigenze di tanta altra parte del nostro popolo. La voglio dire grossa e chiara: se il PD pensa di ritrovare spazio ed ascolto nel Paese, operando principalmen-

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te sul tema dei diritti e non sa al tempo stesso trovare, o meglio ritrovare, con grande urgenza il senso della priorit della risposta alla crisi e con questa una nuova sintonia con operai, lavoratori dei servizi e piccoli imprenditori, commette un errore gravissimo, per certi versi irrecuperabile, aprendo la strada ad esiti nefasti di lunga durata. Quindi tornando a Marino, un candidato certamente buono per parlare ad unopinione che, per usare antiche classificazioni, potremmo definire laico radicale, ma che non mi pare trovi le corde, e neppure le cerchi, di maggioritari strati sociali che vivono altre priorit ed altre emergenze, un importante componente di una squadra che gioca a tutto campo e non solo nella parte da lui mirata, insomma una buona ala sinistra. Qui, quasi, mi pare invece di vedere un equivoco, laddove Sarfatti stesso, per motivare la sua adesione ad Ignazio Marino, porta proprio il tema del lavoro e del radicamento territoriale come elementi a favore, quasi che proiettasse una sua propria visione su quella del Marino. Mi sar pure distratto, ma nel suo discorso alla Convention lattenzione era posta alla scuola, al sapere, alla laicit ed ai valori etici, quali motivi fondanti della cittadinanza, se si vuole pure della povert come condizione diffusa e crescente, ma non ho ricevuto limpressione che il tema del lavoro e della crisi del sistema produttivo del Paese fosse esattamente al centro della sua analisi e della sua proposta. N daltra parte, si deve contestare a Bersani ci che invece fu un grave errore, e pour cause, del Segretario Walter Veltroni, quando, per innovare scelse di bypassare rappresentanze locali e radicamenti sociali effettivi, percorrendo la strada alternativa delle Icne Sociali, delle Marianne Madie, portate in giro per lItalia come Madonne Pellegrine senza aver mai prima cantato ad una messa. Icne idealtipiche: Il Giovane, La Donna, LImprenditore, profili sociali diversi ma per tutti una sola verit: sotto il vestito niente. Qui occorre bene che ci si decida: non si pu contestare una cosa ed il suo contrario, ovvero ricercare una strada e pensare ad unaltra contemporaneamente. Non si pu dire cerchiamo il radicamento sul territorio e contemporaneamente mettere fuori gioco le classi dirigenti locali, per fare spazio ad outsiders che non si

capisce bene da dove possano prendere la legittimazione a rappresentare cosa e per conto di chi. Vi qui una questione specifica, di grande importanza ed asprezza, che ha a che vedere, lo capisco bene, con la compatibilit tra gli insediamenti delle classi dirigenti originarie, diciamo pure piene di difetti ed attardate ma ancora parzialmente rappresentative, ed il tasso di innovazione e cambiamento necessario per ridare smalto alla sinistra ed alle tradizioni democratiche. Il PD stato un tentativo di combinare tradizione ed innovazione, ma lambiguit perdurante delle scelte e degli assetti finora scaturiti mette tutti di fronte alla considerazione secca: sottoporsi ai vincoli della legittimazione misurabile con i criteri della raccolta del consenso interno, trovando spazi politici e di rappresentanza concreta, e giocarsela dentro, o prendere atto che questo non possibile e giocarsela finalmente fuori, avendo allora gli attributi per farlo. Pretendere la leadership con i consensi raccolti da altri, non n fair n soprattutto atteggiamento politico: diciamo pure un sogno da mosche cocchiere o unillusione, leffetto transitorio di una manipolazione non desiderata, forse furbescamente raccolta, ma poi alla fine effettivamente subta. Avanzare candidature alla leadership senza passare attraverso il fuoco della rappresentanza fondata sul consenso non appare n possibile n credibile. Intanto il tempo passa, e come sempre accade, quando la paralisi fa premio sulliniziativa, le cose decidono per noi: cos speriamo che il prezzo da pagare alla fine non sia troppo duro. Daltra parte, bisogner pur riconoscere che questa benedetta faccenda della investitura dal basso della leadership di partito (ben altro discorso sono le cariche monocratiche istituzionali) ci costringe, tutti, a proiettare un carico eccessivo di speranze, aspettative ed attese, su di un leader che, malcapitato, dovrebbe assommare in s qualit sovrumane, quasi titaniche, per corrispondervi. Ragioniamo, investiamo forse troppo sulle persone e questo processo crea fossati. Il meccanismo semiplebiscitario delle primarie si sta rivelando una fatale scorciatoia percorsa finora senza molto costrutto, sia pure nel nobile intento di generare un cambiamento essenziale; una scorciatoia che mentre brucia una dopo laltro capaci dirigenti, sovraesponendoli senza rimedio, non agevola la costruzione di un gruppo dirigente effettivamente coeso, capace nella sua complessivit, e solo grazie a questa, di rispondere alla molteplicit delle istanze di rappresentanza che cercano spazio nel PD. E forse vale allora la pena di riflettere su come, diversamente, ossia con quali diverse modalit, la forma partito possa essere innovata, dando rappresentanza alle appartenenze parziali o alle adesioni tiepide, senza caricarle di diritti ed obblighi eccessivi e fuorvianti. Alla fine non vorremmo che, mentre il Presidente della Bocciofila della Bovisa scelto dai suoi soli iscritti, e la Bocciofila della Bovisa anche per questo una cosa seria, il Segretario del Partito Democratico, che non sar associazione pi seria ma almeno, concediamolo, non meno seria, lo scegliessero i suoi simpatizzanti, vicini o lontani che siano, persone che, sia detto con tutto laffetto ma anche con tutta la franchezza che impone un ragionamento politico non ipocrita, non si riconoscono nella sua proposta complessiva, persone dalle convinzioni intermittenti o parziali, persone magari come la Binetti, stimabilissima persona e cattolica democratica, che a seconda dei momenti ora del PD ed ora no, dipende dalla sua autorevole coscienza, persone insomma che non condividono del tutto il programma politico, n tantomeno si sentono in qualche modo legati alla sua attuazione da un vincolo organizzativo, dallesercizio di diritti connessi a specifiche responsabilit liberamente assunte, e quindi obbligatoriamente di disciplina (oddio, che parola desueta), che senn ovviamente si sarebbero iscritti. E a queste persone, stimabilissime e preziose per carit proprio in quanto simpatizzanti, a queste persone volta a volta non solo apportatrici di visioni nuove, stimolanti e diverse, ma anche tiepide, confuse o transeunti, a queste persone che non si sentono di condividere la responsabilit derivante da una scelta di appartenenza, ad esse diamo le chiavi, proprio le chiavi della nostra casa, e gli diciamo: noi non siamo capaci, nominate voi il nostro segretario, scegliete voi la nostra politica futura. Se questa non fuga dalle proprie responsabilit, se non populismo di sinistra, se non finzione di partecipazione, se non radicale messa in mora dei radicamenti

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territoriali e sociali altrimenti declamati, non si capisce nulla, ma proprio nulla, di politica e della effettiva espropriazione a cui questa pratica conduce. Forse ora di rimettere a posto qualcosa nel PD, tempo di terminare la stagione dei Peter Pan e di ridare allappartenenza politica il ruolo che ad essa compete, perch fondato su di un maturo, responsabile e pi concreto senso delle cose.

Pierluigi Bersani non sar un Dio della Politica, ma appare oggi la persona, tra i tre candidati, che maggiormente esprime nella situazione data il pi alto momento di mediazione in avanti sia nel partito e sia soprattutto nel Paese: per questo, oltre le differenze e diffidenze anche importanti che ciascuno pu nutrire, il suo Stile Tardo appare come il tratto esteriore di una maturit politica, e di un metodo politico, capace di rappresentare gli interessi e le speranze del popolo democratico, idoneo a cercare un dialogo con altre istanze e mondi interessati e disponibili a contrastare le preoccupanti derive della nostra vicenda nazionale. Qui termino, avendo forse abusato troppo dellattenzione di Piervito, Riccardo e di voi tutti. Giuseppe Ucciero

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MUSICA Questa rubrica curata da Paolo Viola CONOSCERE LA MUSICA?
Sappiamo bene che in Italia non si studia musica a scuola, o non se ne studia abbastanza, e di quel poco che studiamo, per come lo si fa, ci resta poco o nulla; ma anche quando a lato della scuola abbiamo studiato qualche strumento, o cantato in un coro amatoriale, non siamo comunque riusciti a colmare lacune abissali nella nostra cultura musicale. Quasi mai conosciamo la storia della musica, nemmeno per sommi capi, e tanto meno ne conosciamo la grammatica e la sintassi sia pure elementari. Provate a chiedere al vostro vicino, nellintervallo di un concerto, qualche commento men che banale o superficiale sullesperienza che sta vivendo, interrogatelo sulla vita degli autori appena eseguiti o sul senso - o sulla singolarit della struttura - della musica appena eseguita (... perch mai Brahms conclude la quarta sinfonia con una passacaglia anzich con un rond? Forse hanno qualcosa in comune? ...). Scoprirete che questi argomenti risultano fastidiosi, disturbano il godimento, il quieto ascolto edonistico che non vuole essere corrotto da pensieri e da ragionamenti quali che siano (cos una passacaglia? Cos un rond? Che importanza ha?). Di fronte alla musica, a differenza di altre arti e di altri interessi culturali, la curiosit scompare e sembra non vogliamo nulla di pi che farci accarezzare dai suoni. Al massimo ci sbilanciamo su quanto e come (ma non perch) ci sia piaciuto un pezzo o la sua esecuzione, spesso facendo confusione fra le due cose. Non cos per i frequentatori dei musei, che volentieri percorrono le sale con una cuffia oppure si raggruppano intorno a una guida che spiega loro il senso di ci che stanno guardando; non cos per i lettori di libri che non solo sanno tutto o molto dei loro beniamini (vanno ad ascoltarli ai festival letterari per carpire i segreti della loro vita privata) ma anche si raccontano delle loro letture e sinterrogano sui significati pi profondi; non parliamo del cinematografo i cui protagonisti sono cos conosciuti ed amati da alimentare infinite riviste di gossip, ma si sa anche dove sono state girate le scene dei film, quanto sono costate, cosa accadeva sul set, eccetera; e non cos (perdonate lazzardo del paragone, ma in fondo ...) neanche per i gourmet che non si accontentano di godere il cibo ma si scambiano ricette e sanno tutto di vini e di pesci. La musica invece no, si ascolta e basta. Come mai? Eppure sarebbe interessante e utile, per capire e godere la musica, sapere com costruita una Sonata o una Sinfonia, conoscere la definizione e la storia del Concerto, distinguere lOboe dal Clarinetto e sentire lestensione delle loro voci. E tutti quegli ottoni che luccicano in fondo allorchestra, cosa sono, come funzionano, come si dividono le parti? Sono infinite le domande che potremmo e dovremmo porci per un ascolto pi consapevole, e tuttavia ben pochi se le pongono; basta guardare nelle biblioteche di casa, quanti pochi libri abbiamo di storia della musica o di trattatelli anche poco pi che bigini che ci spieghino di che cosa fatta questa musica che ci piace tanto. Persino le vetrine dei librai e le bacheche delle edicole ci parlano di questo misterioso gap. Le une e le altre sono piene di manuali e manualetti per imparare ogni cosa, dalle pi utili alla pi futili: dal giardinaggio al bon ton, dal cinema alla televisione, dalla storia dellarte a quella sulla manutenzione dellautomobile, da come difendersi dal mobbing a come cucinare le verdure; avete mai visto un manualetto su come si ascolta la musica? Direte che non vi mercato per questi argomenti. Certo, questo il gap che affligge la musica: la gente la ascolta certo, ma non la studia, non la approfondisce, non vuole saperne di pi ..... perch? P.S. Una proposta per gli editori: provate a vendere libri sulla musica - e manuali per ascoltarla - negli atrii delle sale da concerto (lo fa gi, ma con eccessiva discrezione, lAuditorium), allestendo accattivanti bancarelle con venditori/venditrici giovani, sorridenti e competenti. Darete a giovani musicisti lavoro fuori orario e accesso gratuito ai concerti, ma sopratutto contribuirete sensibilmente alla diffusione della cultura musicale in Italia.

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ARTE Questa rubrica curata da Silvia DellOrso


Approda per la prima volta in Italia una selezione di una cinquantina di opere dellimportante collezione di pittura spagnola dellErmitage: le tele pi belle del XVI e del XVII secolo con i grandi protagonisti della scena artistica internazionale, come Velzquez, Murillo, Ribera, Zurbaran, oltre ad alcune opere scelte di autori dindubitabile valore, quali Antonio de Pereda e Francisco Ribalta. I primi capolavori spagnoli arrivarono in Russia grazie a Caterina II: tra questi figurano in mostra La preparazione dei dolci, un dipinto ritenuto per lungo tempo di mano di un artista fiammingo e, solo recentemente, attribuito a Bartolom Esteban Murillo, lImmacolata Concezione di Murillo o ancora la tela dimpronta caravaggesca, ma con evidenti riflessi della scuola veneziana, raffigurante La morte di San Giuseppe. Da Velzquez a Murillo - Il Secolo doro della pittura spagnola nelle collezioni dellErmitage. Pavia, Castello Visconteo - orario: martedvenerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/20; luned dalle 10 alle 13 e dal marted al venerd dalle 13 alle 15 solo su prenotazione per gruppi e scolaresche, minimo 30 persone. Fino al 17 gennaio. Ancora Giappone a Palazzo Reale, ma non il Giappone dei Samurai, bens limmagine di unesistenza lieve e appagante veicolata dallukiyo-e, Una delle espressioni pi significative di quella corrente pittorica furono certamente le Shunga, termine giapponese che allude alle immagini della primavera, opere a soggetto erotico, create con la tecnica della xilografia policroma, la cui massima fioritura fu tra il 1603 e il 1867. Le shunga furono parte primaria della produzio ne dei pi importanti artisti del tempo, come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai, tutti presenti in mostra con 100 opere, 30 libri originali e alcuni preziosissimi Kimono. Ma le apprezzarono molto anche i contemporanei, sia come stampe, sia come illustrazioni per romanzi erotici e per manuali destinati alleducazione delle cortigiane e delle giovani spose. Considerate per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro indubbio valore artistico, le shunga sono state oggi rivalutate come espressione alta della cultura giapponese, nonch specchio raffinato dei costumi dellepoca, ma anche come uno dei vertici dell'espressione dell'eros nell'arte. Shunga. Arte ed eros in Giappone nel periodo Edo. Palazzo Reale orario: 9.30/19.30, luned 14.39/19.30, gioved 9.30/22.30. Fino al 31 gennaio. Impeto e poesia non facevano mai difetto alle sue tele a tema storico, quelle che gli valsero le pi rosee previsioni da parte di Francesco Hayez alle Esposizioni di Brera e, sebbene si chiamasse Pasquale Massacra fu la vita a fuggire da lui, privandolo del tempo necessario a dimostrare il proprio talento: mor appena trentenne, vittima assai prematura dei suoi ideali antiaustriaci. La mostra a Pavia, a cura di Susanna Zatti, un risarcimento alla memoria di questo illustre cittadino pavese (1819-1849). Massacra stato un artista pienamente calato nel clima romantico, interprete sensibile e innovativo della pittura di storia, guardando immancabilmente a Francesco Hayez, ma muovendosi gi in una direzione che sar condivisa da Domenico Morelli e Federico Faruffini. Sono 60 le ope re selezionate, nel segno di una forte carica emotiva, ma anche della capacit di fare riflettere sul significato profondo dellepisodio trattato. Impeto e Poesia. Pasquale Massacra pittore romantico tra storia e mito. Pavia, Scuderie del Castello Visconteo, viale XI Febbraio 35 orario: marted-venerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/13 e 15/19. Fino al 13 dicembre. Larchitetto americano Frank O. Gehry al centro di una mostra curata da Germano Celant, nellambito di Triennale Architettura. Una rassegna che prende in esame solo lattivit svolta tra il 1997 e i giorni nostri, perch solo da allora Gehry diventato Gehry. Non che prima non lo fosse basta pensare alla Dancing House di Praga ma il nome dellarchitetto americano risuona da che la sua mente ha partorito il Guggenheim Museum di Bilbao, come Athena generata dalla testa di Zeus. Una rivoluzione non solo per la citt basca che improvvisamente si ritrovata al centro di veri e propri pellegrinaggi come il Santuario di Fatima, ma anche e soprattutto dal punto di vista dellesplosivo linguaggio architettonico adottato, della complessit delle tecniche costruttive, dellinedito e sgargiante rivestimento in titanio. La rassegna stata realizzata con la diretta collaborazione dellarchitetto che ha scelto i progetti da esporre, molti dei quali inediti e selezionati anche in unottica di pi stretto legame con il territorio, che per Gehry non sembra essere stata una priorit. Dunque, disegni autografi, disegni di studio, elaborazioni in 3D, modelli e fotografie del DZ Bank Building di Berlino, dellInteractive Corporation Headquarter di New York (20032007), dellArt Gallery of Ontario, del Guggenheim di Abu Dhabi, la cui progettazione cominciata tra il 2005 e il 2006, ma anche di edifici gi realizzati come il Walt Disney Concert Hall di Los Angeles, la Corcoran Gallery di Washington DC (19992005), il complesso abitativo di Beekman Street a New York (20032009). Frank O. Gehry dal 1997. Triennale. Viale Alemagna 6 orario: 10.30/20.30, gioved fino alle 23, chiuso luned. Fino al 10 gennaio. La sintonia di Usellini con gli scrittori fatto assodato, come pure i contenuti narrativi e teatrali delle sue opere. Buona idea, quindi, quella di dedicargli una piccola mostra in occasione del Congresso dellInternational Federation of Library Association and Institutions (Ifla) che si svolto a Milano in agosto. Pretesto graditissimo: la rassegna tuttora in corso, allestita lungo lo scalone monumentale della Sala del Grechetto. Per chi, come fu per Raffaele Carrieri, vede nelle immagini di Usellini un sollievo per tutti, o per

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chi, come Tom Antongini, segretario di DAnnunzio e scrittore, ha la facolt di godere con intensit fisica anche della pura gioia del cervello, loccasione ghiotta. Dellartista milanese, morto per infarto nel 1971 nelladorata casa di Arona aveva 68 anni sono esposti quadri che traboccano dimmaginazione, forza narrativa, originalit e fantasia creativa. Fra tutti la monumentale Biblioteca magica del 55, un po Brera, un po luogo mitico dove il meglio della storia e della letteratura si sprigiona dalle pagine di polverosi volumi, prendendo vita e regalandone con generosit. Singolare vicenda creativa quella di Usellini, le cui ragioni vanno sempre ricercate nel suo ricchissimo mondo interiore, nella sua infanzia, nei cospicui retaggi dell'educazione alla scuola dei Gesuiti, nella settecentesca casa di Arona, teatro prediletto di rappresentazioni che conservano, nel gusto per il particolare sorprendente, un genuino sapore tardogotico. La biblioteca magica di Gianfilippo Usellini. Palazzo Sormani, via Fran-

cesco Sforza 7 orario: 10/12 e 14/18, chiuso domenica. Fino al 10 novembre. Milano culla della Scapigliatura. Movimento artistico e letterario cui dedicata lampia rassegna a cura di Annie-Paule Quinsac e di un variegato comitato scientifico costituito da esperti di musica, letteratura, teatro e architettura. Una denominazione che rinviando a chiome disordinate, allude in realt a vite dissolute e scapestrate. Ribelli, appunto, come i protagonisti del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio (1861-62) che ha dato il nome a questo mix di fermento intellettuale, impegno socio-politico e arte, destinato a scompigliare come un pandemonio la Milano tardo ottocentesca. La mostra documenta lintera stagione, a partire dagli anni 60 dell800 fino allinizio del 900. 250 opere, tra dipinti, sculture e lavori grafici, dalla pittura sfumata del Piccio allintensit coloristica di Faruffini, alle innovazioni di Carcano, fino Ranzoni, Cremona, Grandi che segnano il momento doro della Scapigliatura, ma anche Paolo Troubetzkoy, Leonardo Bistolfi, Medardo Rosso, Eugenio Pellini, Camillo Rapetti. Una sezione della mostra ricostruisce la vicenda del travagliato progetto del Monumento alle Cinque Giornate di Giuseppe Grandi, gessi compresi. Ulteriori approfondimenti, in ambito letterario e giornalistico, si trovano alla Biblioteca di via Senato che espone il Fondo delleditore Angelo Sommaruga, ricco di lettere, biglietti postali, cartoline, volumi e riviste, oltre una sezione dedicata alla caricatura e ad alcune opere di artisti fra cui Ranzoni, Troubetzkoy e Conconi. Scapigliatura. Un pandemonio per cambiare larte. Palazzo Reale, piazza Duomo 12 orario: luned 14.30/19.30; marteddomenica 9.30/19.30; gioved 9.30/22.30. La Scapigliatura e Angelo Sommaruga. Dalla bohme milanese alla Roma bizantina. Fondazione Biblioteca di via Senato, via Senato 14 orario: marted-domenica: 10/18. Fino al 22 novembre.

TEATRO Questa rubrica curata da Maria Laura Bianchi


MADE IN MAD 2009 La cultura Madrilena protagonista a Milano fino al 21 ottobre con un intenso e variegato calendario di eventi, appuntamenti, spettacoli e mostre dedicati al cinema, alla danza, alla musica, alla moda, allarte, alla gastronomia. Le pi prestigiose sedi milanesi e i pi conclamati personaggi del mondo culturale contemporaneo sono stati coinvolti per ospitare intellettuali, artisti, creativi e chef: espressione di una cultura in continuo fermento ed evoluzione con radici profonde nella storia e nella tradizione. Senza dubbio un punto di riferimento importante e interessante nel quadro internazionale, capace di coinvolgere sia i puristi e gli appassionati del classico, sia gli estimatori delle avanguardie. Il Piccolo Teatro offre i propri palcoscenici alla Compagnia Mara Pags, al Teatro de La Abada e alla Compagnia Siglo de Oro della Regione Madrid oltre che un grande omaggio alla carriera di Carmen Maura in quanto testimonial internazionale della cultura madrilena. La Sala Puccini del Conservatorio di Milano (via Conservatorio, 12) ospita un concerto di musica da camera con lOrchestra e Coro Della Regione Madrid (ORCAM), diretta dal Maestro Encinar. LInstituto Cervantes presenta la proiezione dei cortometraggi selezionati della Manifestazione Madrid en Corto 09 e lesposizione Aqu. 4 fotgrafos desde Madrid . Mad in Mad mette in mostra Pierre Gonnord: Bajo La Piel allo Spazio Forma, Javier Vallhonrat Acaso alla Galleria Carla Sozzani, Fabio Paleari. Lo que dura un sueo presso lo Spazio Assab One. Inoltre - proprio in virt della concomitanza con Mad in Mad a Milano la Regione Madrid ha scelto di partecipare in qualit di sponsor alla mostra della Fondazione Arnaldo Pomodoro dedicata allopera di Cristina Iglesias, una delle artiste spagnole di maggior rilievo. Per offrire ai milanesi una visione pi completa dellattuale panorama culturale madrileno e delle attrattive turistiche della regione di Madrid, anche la gastronomia trova un suo spazio nellambito di Made in Mad. Come novit di questa edizione, Carlo Cracco e Paco Roncero coordinano uno scambio gastronomico. Madrid ospita a settembre Carlo Cracco (Ristorante Cracco), e Pietro Leeman (Ristorante Joia) che nel corso del Made in Mad di Milano saranno gli anfitrioni di Paco Roncero e Joaqun de Felipe. PROGRAMMA MARTEDI 20 OTTOBRE 18: Incontro con il Fotografo: JAVIER VALLHONRAT. (Galleria Carla Sozzani). MERCOLEDI 21 ORCHESTRA E CORO DELLA REGIONE MADRID (ORCAM) (Sa-

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la Puccini Conservatorio G. Verdi, via Conservatorio 12) SETTIMANA GASTRONOMICA MEN MADE IN MAD MILANO (dal 13 al 17 ottobre) - Paco Roncero e Joaqun de Felipe (Ristorante Cracco e Ristorante Joia). Coordinamento: Carlo Cracco e Paco Roncero.

ti, causa un incendio con numerosi morti e ci conduce infine alla scoperta che tutto nato per un clamoroso equivoco. Osserva il regista Giuseppe Dipasquale: Il racconto parte da un fatto che vuole essere di per s stupefacente, misterioso e incantatore. Proprio come il Cera una volta dei bambini. E di un bambino si tratta: locchio innocente di un bimbo, per purezza nei confronti del mondo, il motore dellazione. Ad esso destinata, in apertura del romanzo, la scoperta dellunica grande tragedia che incombe su Vigta; le altre saranno come delle ipotragedie in questa contenute e da questa conseguenti. Ossia lo spaventoso incendio che nelloriginale struttura narrativa costituisce linizio e al tempo stesso la conclusione del racconto. Prima di accettare l'ipotesi di una riduzione per il teatro - spiega Camilleri - ho resistito un bel po'. Non capivo come fosse possibile (e ragionavo, ovvio, da autore) trovare un contenitore spaziale, una griglia che supportasse, senza tradirlo, il racconto. Il colloquio avuto con Giuseppe Dipasquale ci ha fatto trovare la soluzione: una struttura drammaturgica che salvaguardasse la scomposizione temporale del romanzo, ma condotta in modo da localizzare scenicamente il tutto in un luogo che fosse a un tempo un teatro (quello, per esempio, dove poteva essere avvenuto l'incendio) e il luogo dell'azione del racconto. Tra brucianti storie damore, morti ammazzati per volont e per accidente, lazzi di un loggione indisciplinato, si dipana una storia dalla perfetta architettura narrativa che partendo da una tragedia ci porta al sorriso e che Giuseppe Dipasquale, con la stessa raffinata ironia mette in scena, a dieci anni dal primo allestimento e con un cast rinnovato. Dal 20 ottobre al 15 novembre Teatro Strehler, largo Greppi 1 Orario: marted e sabato ore 19.30, mercoled, gioved e venerd ore 20.30, domenica ore 16. Luned riposo. Mercoled 11 novembre ore 15 (riservata Touring) e 20.30. Info e prenotazioni: 848.800.304.

IL BIRRAIO DI PRESTON

IL CALAPRANZI Un'azione scoppiettante, grazie alla bravura di Ivana Monti e Lorenzo Costa, binomio perfetto per la comicit di Pinter: silenzi-dialogo e dialoghi serrati, amare risate e calma violenza. Chiusi in uno scantinato ad attendere il nome della loro vittima, i due killer del thriller, mettono in scena in un duo amaro e quasi comico, la metafora dell'inquietudine umana. Gus e Ben - Ivana Monti e Lorenzo Costa - danno vita a dialoghi divertenti a assurdi. L'attesa dei messaggi, spesso fonte di riflessioni, diventa col passare del tempo sempre pi snervante, creando stato d'ansia e tensioni verbali tra i due protagonisti, fino ad un finale sorprendente. Il calapranzi mette in scena la violenza, tema ricorrente nella drammaturgia pinteriana, e i suoi meccanismi spesso inafferabili e sottili che insidiano l'uomo. Una violenza che in questo testo espressa sotto forma di una calma impassibile di Ben ed un'inquietudine ossessiva di Gus. E in scena una metafora delle minacce della vita alle quali si pu rispondere o con amare risate o con il silenzio delle verit. Dal 20 ottobre al 1 novembre Teatro Franco Parenti, via Pier Lombardo 14 Orario: marted-sabato ore 20.30,domenica ore 16 Info e prenotazioni: 02.59.99.52.06

Il birraio di Preston, un capolavoro assoluto della scrittura di Camilleri, diventa uno spettacolo teatrale e va in scena al Piccolo Teatro Strehler, dal 20 ottobre al 15 novembre. Siamo nella seconda met dellOttocento, in una piccola citt della provincia siciliana, quella Vigta dove Camilleri ama ambientare tutte le sue storie ancora un secolo e mezzo prima dellarrivo di Montalbano. Si deve inaugurare il nuovo teatro civico Re dItalia. Il Prefetto Bortuzzi - fiorentino e perci straniero - prefetto di Montelusa, paese distante qualche chilometro, ma odiato dagli abitanti di Vigta perch pi importante e sede della Prefettura, sintestardisce ad aprire la stagione lirica con Il birraio di Preston, melodramma di Ricci di scarso valore, di nulla fama e di oggettiva idiozia. In realt nessuno vorrebbe la rappresentazione di quellopera, ma il Prefetto obbliga a dimettersi ben due consigli di amministrazione del teatro, pur di far passare quella che lui considera una doverosa educazione dei vigatesi allArte. Tra i siciliani, visibilmente irritati dallautorit esterna, si insinua il bombarolo mazziniano Nando Traquandi, venuto da Roma per creare scompiglio allapertura della sala. Limposizione, un atto di testardaggine del Prefetto, crea dunque una situazione che dopo aver visti coinvolti lesercito, mafiosi veri e presun-

CINEMA Questa rubrica curata da Simone Mancuso

Up di Pete Docter e Bob Peterson Pixar! Pixar! E ancora Pixar! Non c niente da fare. Attualmente la produzione hollywoodiana pi in forma da ogni punto di vista la Disney che da Toy Story, passando per Mon-

ster&Co., fino a Wall-E, ci ha deliziato e stupito con le nuove tecnologie applicate al cinema. La Disney ha acquistato la Pixar nel 2006 ma, grazie a uno scambio di azioni, Steve Jobs, fondatore della Apple e proprietario della Pixar, a

ottenere una quota della Disney e ad assicurare libert ideativa ai suoi uomini. Oggi la Pixar realizza il loro primo film in 3D Digital, ed anche se un capolavoro come Wall-E inarrivabile, confezionano una storia divertente

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e leggera, con un appiglio forse per un pubblico pi giovane rispetto ai precedenti. Comunque un buon risultato, e la conferma di leader hollywoodiano, se non altro per lavanguardia e la sperimentazione della tecnologia applicata al cinema. Forse in questo film si nota un attenzione e fatica maggiore verso la riuscita perfetta dellanimazione tridimensionale, a discapito di una sceneggiatura e di una regia al di sotto dello standard Pixar. Quella dei film in 3D, sicuramente una rivoluzione complessa e completa che parte dalla visione dello spettatore, fino ad arrivare allestetica filmica che si trasforma in estetica virtuale. Ed sicuramente il futuro nel campo cinematografico. Dagli inserti degli sfondi ricostruiti al computer dei film girati in digitale ma con attori, a quelli, come questi della Pixar, interamente costruiti in digitale sul computer ed animati in 3D. A breve uscir lultimo film di Robert Zemeckis, girato tutto in 3D, Avatar. Come spettatori e parte integrante di questa rivoluzione, ne aspettiamo luscita. Intanto celebriamo la Pixar, nel suo splendido periodo da romano impero contemporaneo del cinema.

me tali, ma entrano a far parte dello stile Tarantiniano amalgamandosi con il suo cinema. Questo fa s che un film come questo, della durata di due ore e mezza, si guardi senza accorgersi del tempo che passa, con una leggerezza nel raccontarlo non tipica di T. Perch capace anche di tirar fuori unopera divertente, trascinante e spensierata, riscrivendo la storia della Seconda guerra mondiale in nome della cinefilia e senza ritrarsi dagli obblighi delle produzioni di genere di cui parlavo sopra. Ancora una volta saranno contenti i cinefili, che potranno cimentarsi nel riconoscere le varie citazioni registiche che Tarantino fa. Magnifico linizio del film, tutto dedicato a Sergio Leone, ma dove pi prepotente lamalgamarsi tra citazione e stile del regista. Insomma un film che convince, come sempre, anche solo perch di T., ma che forse, non uno dei suoi migliori prodotti, anche se questo ha il merito di essere per un pi vasto pubblico, rispetto a suoi precedenti film, come per esempio lultimo, Grindhouse. ne estetica del suo cinema con le carrellate e la musica che enfatizzano la meravigliosa ricostruzione di Bagheria, come facevano in Nuovo Cinema Paradiso. La musica di Morricone in realt, questa volta ha molta meno potenza rispetto ad allora. Questo dovuto all alta qualit del film, soprattutto nella cura della regia(bellissima lidea di sviluppo circolare con i due bimbi che si incrociano in corsa allinizio ed alla fine del film) e nella sceneggiatura, ai quali la musica, se pur bellissima, non riesce ad amalgamarsi. Probabilmente con una musica dalla potenza distruttiva, come Morricone ha gi prodotto, sarebbe stato inarrivabile. La bravura di Tornatore in questo film ovunque, anche nella scelta dei volti che costituiscono questo film. Dai due protagonisti, semplicemente i due migliori volti che si potessero avere per quei ruoli, agli altri visi, compreso luomo senza gambe. Meno bene per la scelta della direzione

Baara di Giuseppe Tornatore Inglourious basterds di Quentin Tarantino Nel 1977 negli Stati Uniti usciva al cinema un film dal titolo Inglorius bastards. Ma quel film, a cui Tarantino oggi fa un omaggio, non arrivava da Hollywood ma era un film italiano, di Castellari, intitolato Quel maledetto treno blindato. Adattando il titolo con il suo inconfondibile stile(un paio di u qui e l e bastards che diventa basterds), Tarantino ci mostra, come ormai fa da anni, un cinema di genere che va dal western al melodramma, dalla commedia al film di guerra. E lo fa con una perfezione stilistica in grado di citare autori del cinema italiano come Fulci, Margheriti, Corbucci, Leone e Bava. Perfezione stilistica che ha ormai talmente consolidato, che tutte le citazioni di regia non risultano pi coBaara una storia che riporta indietro nel tempo lo spettatore per un ricordo. Ricordo legato alle vicende socioculturali italiane e della Sicilia per alcuni, e alle proprie origini isolane e della vita per altri, con una minuzia per i dettagli storici e del costume siciliano ed italiano, che rasenta la perfezione. Dal pane e cipolle sotto gli ulivi, al cinema con Lattuada che va a girare a Palermo un film con Sordi al protagonista che colleziona frammenti di pellicola, grazie alle quali Tornatore fa un omaggio ai suoi film preferiti. Se il cinema uno strumento per rappresentare il ricordo, l'onirico e la vita, allora Giuseppe Tornatore un cineasta cinefilo ed un magnifico regista. Perch con Baara si trasforma in un soggettista e sceneggiatore della vita originale, in due sensi. Da un lato il ritorno alle origini della sua vita da bambino, dall'altro il ritorno all'origi-

della fotografia, che non viene notata grazie ad una scenografia perfetta soprattutto nella ricostruzione di Bagheria. La sceneggiatura a cura del regista difficile, ma la bravura ad inserire una quantit cos elevata di informazioni di ogni tipo, in un soggetto di cos ampio genere non da tutti.Comunque, sicuramente un film che entra a far parte della storia del cinema italiano, e voglio fare una scommessa. Se viene presentato agli Oscar vince! Lo dico senza conoscere ancora i concorrenti, perch Baara ha le caratteristiche per vincerlo. Perch un film universale che parla di tutti e per tutti, a pi livelli di lettura. Lo si pu vedere come un film politico, o come una descrizione sociale della perdita delle origini e quindi dellidentit, sia come individui che come collettivit. Oppure semplicemente come la storia di una famiglia italiana nelle sue generazioni, o come la storia della vita di un uomo. Io preferisco pensarlo semplicemente come cinema, cinema italiano.

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IL CORPO DELLE DONNE

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