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numero 36
24 novembre 2009
edizione stampabile
La generosa proposta del maestro Claudio Abbado di rientrare a Milano e dirigervi opere e concerti, soltanto dopo che la citt abbia attuato la piantumazione di 90mila alberi (novantamila), va
interpretata come una promessa di aiuto ad una citt troppo povera di verde, ed un invito a ripristinare il gradevole spettacolo dei molti giardini, pubblici e privati, che abbellivano la Milano otto-
centesca. La medesima proposta tuttavia non va presa alla lettera n tradotta puntualmente in una messa a dimora di tutti quegli alberi, qualora si intenda distribuirli
lungo le strade e nelle piazze della citt. Il verde richiesto dal maestro Abbado va regalato alla citt ma non collocato dentro alla citt; va offerto in dono ai cittadini, ma non imprigionato tra le abitazioni dei cittadini. Gli alberi che si vogliono impiantare vanno considerati una tutela per la salute degli abitanti, ed un abbellimento del paesaggio urbano; non vanno al contrario interpretati come un travestimento delle strade, come una sfilata di esemplari botanici; come un addobbo da carnevale in chiave silvestre. Altrimenti si rischia di cadere nella ridicola farsa di via Monte Napoleone, dove gli alberi spuntano dal tetto di tante finte automobili in plastica: ultima trovata della nostra Amministrazione Comunale, fatta passare come sofisticato allestimento natalizio, con il quale si crede di essere originali e si invece grotteschi. Via Manzoni sempre stata una via urbana chiusa fra case, mai un viale fiancheggiato da alberi. Piazza del Duomo sempre stata una piazza lastricata e circondata da edifici, mai un appezzamento di parco. Via Orefici e Piazza Cordusio, sedi del commercio e degli affari, sempre affollate ed intensamente frequentate, mai hanno visto la presenza di un solo albero. Del resto, ci si mai domandato come sia possibile far stare in piedi tutti quegli alberi? Se trapiantati in vasi da serra non potranno certo raggiungere grandi dimensioni; e quindi, piuttosto che alberi allineati lungo un viale cittadino, sembreranno alberelli esposti in un vivaio. Se radicati nel terreno, implicheranno lo sventramento del lastricato e lo scavo di unampia fossa, con la certezza di incontrare tutta la fitta rete di impianti tecnici che corrono nel sottosuolo stradale: fognature, cavi elettrici, tubi del gas, Un lavoro lungo, complesso, difficoltoso; un insostenibile impegno di tempo e di soldi. Se proprio si intende portare del verde nel cuore della citt, questo dovr ridursi a poche decine di esemplari, con i quali ricreare, in
luoghi di particolare qualit architettonica, lo stesso fascino avvertibile in tante piccole e antiche piazze milanesi. In alcune di queste piazze, liberate dal transito e dalla sosta dei veicoli, un unico grande albero sarebbe sufficiente a ricreare latmosfera fresca e vivace dei giardini di una volta: giardini in gran parte abbattuti, a partire dallultimo dopoguerra, per opera della cieca speculazione edilizia. Piazza Mercanti, Piazza SantAlessandro, Piazza San Sepolcro, Piazza Borromeo (purtroppo molto rovinata da un invadente parcheggio sotterraneo), Piazzetta Belgiojoso, Piazzetta dei Bossi, Piazza San Fedele (tolti i ridicoli alberelli esistenti), e pochi altri slarghi milanesi, - nascosti, isolati, raccolti -, sarebbero altrettanti luoghi urbani adatti a ricevere del verde; non tuttavia sotto forma di misere aiuole o di sparuti alberelli (come malauguratamente avvenuto in Piazza della Scala), ma sotto laspetto di un grande albero frondoso (oggi trapiantabile senza difficolt), capace di riempire da solo lintero invaso delle piccole piazze. Poich sarebbe sbagliato disseminare il verde e disperderlo a caso nelle strade e nelle piazze di Milano, ci si domanda quale corretta collocazione si creda giusto dargli. Una collocazione che risulti utile per il bene della citt; e che serva a rendere questultima pi salubre, accogliente, riposante; in conclusione pi adatta a viverci gradevolmente. Per ottenere tutto ci il verde va collocato nella cintura periferica, dove pu essere distribuito in grandi estensioni; dove pu affiancarsi alle coltivazioni agricole esistenti; dove pu creare un paesaggio che sia di invito allo svago, ma anche di incentivo ai prodotti dei campi; dove pu costituire una alternativa efficace e benefica allaria inquinata della citt. Nella fascia a sud di Milano da anni stato costituito il Parco Agricolo Sud. Forze ostili lo minacciano continuamente, progettando e realizzando invadenti edificazioni; e si accaniscono ad eroderne le superfici ancora libere.
Gli alberi di Abbado potrebbero costituire un simbolico esercito della salvezza, pronto ad opporsi ai malintenzionati che del Parco Agricolo Sud vogliono fare una ricca area residenziale, riempita di lussuosi condomini, ed immersa nel verde privato: un verde che verrebbe occultamente sottratto alluso ed al godimento della intera cittadinanza. Si profila nellimmediato futuro una grave ferita per il Parco Agricolo Sud: consiste nel previsto ampliamento del Centro di ricerca contro i tumori, costituito da tanti monotoni edifici orizzontali; mentre lo stesso Centro potrebbe svilupparsi in altezza, ed occupare minore superficie di terreno agricolo. Unaltra grave ferita minaccia di essere inferta sempre allo stesso Parco: sono i numerosi e giganteschi edifici progettati per accogliere la EXPO 2015, mentre la stessa EXPO potrebbe essere ospitata nei nuovi padiglioni della Fiera di Rho, ed evitare notevole consumo di suolo ancora verde. Contro queste incombenti minacce, gli alberi di Abbado vanno intesi come una simbolica barriera di verde, un coraggioso ostacolo naturale, una garanzia di aria salubre ed un incremento di qualit estetica estesa a tutto il territorio. Sarebbe un crimine (purtroppo oggi incombente) voler riempire la fascia agricola di sparse costruzioni, cos come sarebbe una aberrazione (purtroppo ampiamente diffusa) voler disseminare a caso una frammentaria vegetazione allinterno dellarea urbana. La citt sia citt, e resti tale; abbellita solo da qualche albero. La campagna sia campagna, e resti tale; formata da un regolare alternarsi di campi e di boschi. Fra luna e laltra un rapido collegamento, assicurato da trasporti pubblici o privati, permetter di superare la reciproca distanza e dar vita ad un sistema integrato in cui mondo artificiale (citt) e mondo naturale (campagna) si completeranno reciprocamente. Gli alberi del maestro Abbado non vanno intesi alla lettera; n concepiti come un elevato nume-
interpretati simbolicamente come un invito a fare della citt e dei suoi dintorni un sistema pi ar-
monico, un luogo dove lutilit del costruito non sia disgiunta d alle attrattive del naturale.
concetti generali che per i filosofi scolastici possono essere definiti degli universali. Ora, a partire dal secolo XI, gli scolastici si accapigliarono sulla natura degli universali e il monaco Roscellino fu fautore del nominalismo e cio afferm che non sono altro che un flatus vocis. Un soffio di voce e niente altro sono, a mio parere, molte affermazioni che si fanno quando si parla di politica in Italia. Si potrebbe concludere che centrista chi si definisce di centro e in questo senso la posizione di Rutelli e di molti altri ha una senso: non gli piace definirsi di sinistra. Il che ha una sua logica politica, dato che anche a molti elettori questa definizione non piace. Forse per il collegamento che la parola sinistra ha storicamente avuto con la rivoluzione russa e con lo stalinismo. Ma al giorno doggi sarebbe francamente improprio allargare questo collegamento al partito democratico e al suo nuovo segretario. Perci, nella sostanza mi pare che il problema sia eluso. Per la verit, una definizione rigorosa di destra e sinistra in campo politico fu data anni fa da Norberto Bobbio, che per si era dimenticato del centro (N. Bobbio Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distin-
zione politica. Donzelli editore, Roma, 1994), ma temo che pochi lo abbiano letto e che i pi preferiscano i nomi ai loro significati. Pi modestamente mi riferir a due proposizioni apparentemente contraddittorie: gli uomini sono tutti uguali e gli uomini sono diversi luno dallaltro. Schematicamente, si potrebbe considerare di sinistra chi sottoscrive la prima osservazione e di destra chi convinto della seconda. Ma, come ho osservato, io credo che entrambe siano vere, nel senso che gli uomini sino uguali per certe loro caratteristiche e diversi per altre. Ma penso che le differenze abbiano, per cos dire, un rango, ossia che ve ne siano di rango pi elevato e di rango pi basso. Aggiungo che il rango, ossia la nobilt di una differenza tra gli umani, sia tanto pi elevato quanto pi sia inerente a una peculiarit della nostra specie e ci differenzi dagli animali. Perci differenze nei gusti artistici, nella adesione a teorie scientifiche e no, persino nellessere tifosi dellInter o del Milan credo che siano differenze di rango elevato, mentre essere ricchi o poveri sia una differenza di rango inferiore, ma non di lieve importanza. Infatti, per accedere alle differenze di rango superiore oc-
corre non solo avere i mezzi per sopravvivere (il che ha importanza per il terzo mondo), ma anche, almeno da noi, un minimo di disponibilit economica che consenta di studiare, di comprarsi dei libri, di fare qualche viaggio, di potere visitare mostre e andare a cinema o a teatro, o anche allo stadio. Perci, le differenze di rango inferiore possono rendere impossibili le differenze di rango superiore. Mi pare che un errore commesso dalla sinistra politica nel passato sia stato di non tenere conto di questo e di avere dato limpressione di essere contro tutte le differenze tra gli esseri umani. Sarebbe meglio dire che essere di sinistra significa volere innalzare il rango delle differenze tra gli umani e che, per ottenere questo, occorre non solo combattere le differenze di rango inferiore, ma anche promuovere le libert politiche che sole possono consentire il pieno dispiegarsi delle differenze di rango superiore. Forse una posizione simile renderebbe pi accettabile in politica la definizione di sinistra e farebbe in modo che questa parola susciti meno avversione che al giorno doggi, non solo in Rutelli, ma anche in molti elettori.
Mobilit EDIFICARE GLI SCALI FERROVIARI. UNO SCAMBIO INIQUO Giorgio Goggi
Qualche giorno fa, partecipando a un dibattito sulla rete dei trasporti pubblici di Milano, ho avuto modo di esprimere le mie perplessit sui nuovi accordi stipulati tra il Comune di Milano e le Ferrovie dello Stato in merito allutilizzo delle aree di propriet FS. In breve, nel 2005 il Comune aveva stipulato un accordo con le FS in cui simpegnava a consentire ledificazione delle aree ferroviarie da dismettere (Farini e Romana in primis) ottenendo in cambio limpegno a investire i proventi in infrastrutture, e in particolare nel secondo passante. Le prime sommarie stime valutavano i proventi da reinvestire fino a un massimo di 750 milioni di euro. Lo scambio era quindi equilibrato, un grande patrimonio dei milanesi (circa un milione di mq), contro una grande infrastruttura strategica per il futuro della citt, entrambi beni perpetui. Successivamente, nel 2007, la nuova giunta modific laccordo eliminando limpegno diretto al
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finanziamento del secondo passante (con una pi sfumata definizione di chiusura della cintura ferroviaria) riportando invece impegni per la realizzazione di centri intermodali, parcheggi, ma soprattutto per il rinnovo del materiale rotabile. In quello stesso dibattito era fatto presente che la modifica era dovuta allurgente necessit di reperire materiale rotabile per far funzionare le esistenti infrastrutture - ancorch insufficienti - del Servizio Ferroviario Regionale. Per questo motivo, a quanto pare, anche in accordo tra Comune e Regione (e, presumo, con gran soddisfazione delle FS), si sarebbe deciso di riversare nellacquisto dei rotabili le risorse derivanti dallurbanizzazione delle aree ferroviarie. E assolutamente vero che lemergenza di oggi riguarda la mancanza dei rotabili e le pessime condizioni
di confort e di sicurezza di quelli in esercizio. Tuttavia, questo scambio appare ineguale, e si risolve a danno della collettivit milanese. I cittadini milanesi consentono ledificazione di cospicue aree non edificate ma centrali e urbanizzate, il patrimonio pi pregiato di cui una citt possa disporre, consegnandole a unutilizzazione edilizia che le trasformer in modo definitivo. Lo scalo Farini durato pi di cento anni, ma una nuova urbanizzazione durer ben di pi. In cambio dovrebbero ricevere poche infrastrutture minute (che possono ben essere finanziate in altro modo) e prevalentemente beni di consumo, perch tale il materiale rotabile, anche se molto durevole. Dopo i primi cinquantanni i nuovi luoghi urbani costruiti saranno ancora giovani, ma i vagoni ferroviari saranno gi stati
rottamati. I bravi tecnici milanesi hanno pure scongiurato il rischio che i rotabili possano essere trasferiti altrove, individuando una tipologia di treni che pu essere impiegata solo a Milano, ma in ogni caso sono destinati a diventare rottame. Il tutto aggravato dal fatto che in Italia non esiste alcun sistema per lammortamento del materiale rotabile su ferro (fatto su cui nessuno riflette mai), e quindi nessun meccanismo economico per la ricostituzione dello stesso. E pur vero che gli insediamenti costruiti sulle stazioni ferroviarie sono intrinsecamente meno congestivi, perch godono al massimo grado dellaccessibilit su rete pubblica, ma questo un buon motivo per scambiarli con infrastrutture strategiche, non con beni di consumo. Lo scambio rimane iniquo.
Per lungo tempo, da allora, poco o nulla: il piccolo Parco Ravizza; soprattutto, importante per Milano e forse il segno pi significativo lasciato sul territorio dal piano Beruto, una serie di viali alberati, di slarghi, di piazze, che ancor oggi contraddistinguono per carattere e dignit architettonica la Milano della prima met del novecento; a cavallo della guerra, il primo parco esterno, il Parco Lambro; e qualche anno dopo il parco Forlanini. Ma quello della guerra sarebbe un capitolo tutto da approfondire. Le ferite vaste e profonde prodotte dalle bombe, aprendo nuovi grandi vuoti nel tessuto edificato, hanno aperto anche possibilit e prospettive di riprogettazione radicale della citt, con un incremento significativo del verde, che gi la cultura europea considerava componente strutturale, e non solo cosmetica, del disegno e della qualit urbana. Niente di tutto questo. Il verde il grande assente nella ricostruzione postbellica, che sembra guidata da una cultura ancora ottocentesca della citt (eppure non erano mancate a Milano proposte stimolanti, quelle ad esempio relative alla sistemazione generale del verde di Portaluppi e Semenza, del 27). Poi il dopoguerra, gli anni del boom economico, la grande espansione, la necessit di cominciare a ragionare alla scala sovraccomunale , il PIM e la Grande Milano e, per quel che ci riguarda da vicino, il progetto del sistema del verde sovraccomunale e regionale. E in questo quadro, nel faticoso, disordinato (e per molti versi fallimentare) processo di crescita della Grande Milano, il cui esito di fatto quella conurbazione metropolitana, di pi di 4 milioni di abitanti, senza forma e
senza governo, che va da Novara a Brescia (lo sprawl, la compromissione estesa, indifferenziata, disorganica e informe del territorio della nuova grande metropoli, che in termini di verde ci dovrebbe porre problemi nuovi e urgenti, di salvaguardia o recupero o riqualificazione sia di aree verdi significative e compatte, che e forse soprattutto di una trama verde minima, fatta di corridoi ecologici e di percorsi, idonea a ridefinire un minimo di forma e un primo principio di riorganizzazione, allinterno e dallinterno, di questa grande conurbazione. Ma questo un altro discorso, importante, da riprendere in altro momento e con il dovuto spazio.) In questo quadro di crescita tumultuosa e complessivamente non governata, per quel che riguarda il verde emergono sulla scena milanese due esperienze isolate e allinizio quasi carbonare, che rappresentano tuttavia qualcosa di importante e radicalmente nuovo: le esperienze del Parco Nord, da un lato, e del Boscoincitt-parco delle Cave, dallaltro; esperienze simili eppure diverse, per certi versi integrate e complementari, entrambe comunque storie di costruzione di parchi della dimensione di qualche centinaio di ettari, dal nulla, da un territorio cio nudo e spesso degradato, inventando dal nulla e il progetto del parco e il progetto del processo per poterlo attuare; due storie e due esperienze grazie alle quali possiamo oggi dialogare alla pari con la migliore cultura del verde di livello europeo ( e infatti non a caso Campos Venuti, parlando del Parco Nord, nel 98, lo definiva lunico intervento urbanistico milanese di grande valore internazionale negli ultimi ventanni).
Tornando al discorso iniziale, cosa ci dicono dunque queste esperienze (che cadono, vero, a circa due secoli dai boschetti del Piermarini e a centanni dal Parco Sempione, ma in un quadro urbano radicalmente mutato, come abbiamo visto) relativamente alla natura e al significato del verde nella citt contemporanea ? Ci dicono davvero tantissimo, ci restituiscono unidea e una funzione del verde nella citt, pi complessa, pi integrata alle dinamiche sociali, motore essenziale di riequilibrio territoriale. Nellimpossibilit di svilupparli, mi limito ad enunciare i titoli dei paragrafi di un possibile sviluppo del tema. - verde come sistema, come rete, come natura in citt, come ambito privilegiato e parte della componente biotica urbana - verde come essenziale tessuto connettivo urbano, come ambito di collocazione preferenziale di grandi funzioni pubbliche urbane/metropolitane (ospedali, scuole, teatri, musei, sale da concerto, centri culturali, impianti sportivi, stadi, piscine ecc. ecc.) - verde come ambito di collocazione preferenziale della maglia primaria della mobilit dolce (ciclo-pedonale) urbana - verde come fattore primario / innesco del processo di riqualificazione urbana / metropolitana, di riequilibrio territoriale, ambientale, paesaggistico - verde come luogo (e oggetto di studio e ricerca) della cultura del verde(la molteplicit dei saperi che intervengono nella progettazione, realizzazione, gestione, animazione degli spazi verdi) e delleducazione ambientale, per le scolaresche, per i cittadini - il verde e il volontariato sociale ecologicamente impegnato
- il verde e lacqua, i laghetti, le zone umide; lo stagno, la vegetazione e gli animali dello stagno; la biodiversit - il verde e i bambini (i campi gioco, i campi davventura, aulul ecc.) - il verde e gli anziani (i campi bocce nei parchi, gli orti del tempo libero, i parchi come nuove piazze, nuovi luoghi di aggregazione) - il verde e gli sportivi (campi gioco liberi, la corsa, la bici, gli schettini, i grandi prati, gli aquiloni ecc.)
- il verde e i cani (ed altri amici delluomo) - il verde e le feste, gli eventi nella citt - il verde e i punti di ristoro nella citt Questo primo elenco di filoni di ricerca da approfondire non probabilmente esaustivo, e tuttavia gi ci fa capire quanto articolato e complesso sia il dibattito sul verde nella citt contemporanea, ben oltre la cultura del decoro urbano di ottocentesca memoria, ma anche totalmente altro rispetto alla cultura semplificatrice da parco dei diverti-
menti che di questi tempi sembra talvolta dominante dalle nostre parti. Gi nello stendere questo elenco di titoli mi sono accorto che, se per taluni di essi lapprofondimento potrebbe centrarsi sul racconto di esperienze specifiche del Parco Nord o del Bosco o del Parco Cave, per altri mi verrebbe pi spontaneo il ricorso ad esempi e a prassi consolidate di altri paesi europei. Eormai impossibile pensare ad una cultura del verde che non sia di respiro europeo.
Approfondimenti UOMINI PREPOTENTI E DONNE INVISIBILI. LANTI- TRUST VS. MERITO?* Anne Maass - Chiara Volpato Angelica Mucchi Faina
Un falso problema**. Largomento pi diffuso contro lantitrust in politica che potrebbe essere in conflitto con un sano principio di merito. Ovviamente tutte/i siamo daccordo sul merito (avete mai sentito qualcuno che affermi no, il merito non lo voglio?). Ci chiediamo, per, in base a quali criteri venga valutato il merito. Sappiamo quali sono i criteri di merito con cui Berlusconi seleziona le sue candidate. Pi difficile capire quali sono i criteri impiegati dalla sinistra. Il pi grande partito di opposizione ha schierato tre candidati maschi Bersani, Franceschini, Marino per la segreteria nazionale; questi, a loro volta, hanno candidato per le segreterie regionali rispettivamente il 13%, il 14%, e il 17% di donne. Quali criteri di merito saranno stati usati? Le possibilit sono due: competenza o motivazione. Pu essere stato invocato il criterio della competenza: le donne sono meno competenti dei maschi. Questo criterio , per, difficile da sostenere dato che ormai le donne hanno raggiunto o superato gli uomini a tutti i livelli dellistruzione: in Italia, infatti, le donne sono pi numerose non solo tra i laureati (il 58% dati MUR relativi al 2008), ma anche tra gli studenti di dottorato (51.7%, Eurostat, 2009). Laltra possibilit, assai pi verosimile, che il criterio della competenza sia soggettivo. Finch esiste un principio di cooptazione, solo chi gi in una posizione di potere potr decidere quale competenza va richiesta. Sicuramente i leader del centrosinistra (Occhetto, DAlema, Rutelli, Fassino, Veltroni, Franceschini) sono stati scelti sulla base di severi criteri di merito; sarebbe forse stato opportuno esplicitarli pi chiaramente. Ricordiamo che questi professionisti della politica hanno portato la coalizione progressista ad una lunga serie di sconfitte dal 1994 in poi. Le uniche due vittorie dei progressisti sono state riportate da Romano Prodi. Questultimo, in occasione della formazione del suo secondo governo, si pronunciato a favore di un sistema di quote. I criteri per misurare la competenza sono diversi; si sa, per esempio, che quelli impiegati per valutare le donne sono sempre pi severi di quelli impiegati per valutare gli uomini (Biernat e Kobrynowicz, 1997). Tuttavia, vincere, come Marilisa D'Amico, la causa sull'incostituzionalit della Legge 40 sulla fecondazione artificiale davanti alla Corte Costituzionale non potrebbe essere considerato un indice di merito per un partito di sinistra? Altro esempio: Lilli Gruber. Parla correntemente quattro lingue, scrive saggi storico-politici di successo, conduce un TG in prima serata nella televisione pubblica, vince prestigiosi premi come giornalista, visiting scholar alla School of Advanced International Studies della John Hopkins University, raccoglie alle elezioni del 2004 pi preferenze di Berlusconi, diventa Presidente della Delegazione Europea per le relazioni con gli Stati
del Golfo. Ancora: Rosy Bindi. Ha un curriculum politico tra i pi apprezzati; stata un competente ministro della Sanit (ha saputo, tra laltro, affrontare con severa imparzialit il delicato caso Di Bella); conosciuta per la sua dirittura morale; una dei pochi rappresentanti dellopposizione capace di rispondere a Berlusconi senza farsi intimidire. Questi non sono meriti? Se lo sono, come mai nessuno ha pensato di candidare Marilisa DAmico, Lilli Gruber, Rosy Bindi alla segreteria di partito o come primo ministro? Questi esempi mostrano che non esiste un unico criterio di competenza e che una legge antitrust pu benissimo convivere con tale criterio. Includere donne, in proporzione paritetica, nelle istituzioni politiche vuol dire alzare, non abbassare, gli standard. Vuol dire proprio sostenere il criterio del merito, oggi palesemente disatteso per vari gruppi tra cui le donne. E questione di scarsa motivazione? Il secondo criterio concerne la motivazione. Il percorso politico comprende tre tappe: quella che precede la candidatura, la campagna elettorale, il lavoro come rappresentante del popolo nelle istituzioni. Le donne hanno, in genere, meno ambizione politica degli uomini. La differenza, per, riguarda soprattutto la decisione iniziale di entrare in politica: rispetto agli uomini, le donne prendono meno in considerazione lidea di candidarsi, si candidano meno, esprimono meno lintenzione di candidarsi in futuro (Lawless e Fox, 2005). Per quali motivi? Ne sono stati individuati tre: il fatto che le responsabilit familiari gravino prevalentemente sulle donne, il maschilismo presente in politica che non incoraggia le donne a intraprendere questa
strada, la consapevolezza delle donne che per emergere in politica devono essere molto, molto pi brave degli uomini. In pratica, quello che allontana le donne dalla politica che, per motivi indipendenti dalla loro volont, vedono scarse possibilit di percorrere con successo tale cammino. Il quadro cambia per per le poche donne che hanno raggiunto i banchi del parlamento: il loro indice di attivit decisamente superiore a quello dei colleghi maschi (indice calcolato tenendo conto della presenza tra i firmatari di un atto, tra i relatori di progetti di legge, e dalnumero di interventi nel dibattito, Osservatorio Civico sul Parlamento Italiano, 2009). Si pu parlare dunque di scarsa motivazione o non si tratta invece di realistica valutazione dei costi/benefici e delle possibilit di successo? Come reagirebbero gli elettori a una leadership femminile? Una preoccupazione molto diffusa come reagiranno gli elettori? Si sentiranno a disagio trovandosi di fronte a un segretario di partito donna, un primo ministro donna, una presidente della Repubblica? Gli ultimi dati di Eurobarometro (2008) dimostrano che, rispetto alla media europea, gli italiani si sentono pi a disagio non solo allidea di un capo di stato donna, ma anche di un capo di stato gay, disabile, o appartenente a una minoranza etnica o religiosa. La reazione non sorprende se si considera il clima culturale istauratosi negli ultimi 15 anni, promosso da una televisione in cui le donne appaiono principalmente nel ruolo di mera decorazione, come illustra il famoso filmato di Zanardo Il corpo delle donne. Sicuramente hanno contribuito alla diffusione di sessismo, razzismo e omofobia
(tre fenomeni altamente correlati tra di loro) anche i messaggi che provengono dal parlamento e dal governo, due istituzioni che giocano un importante ruolo come norm setter. Quando parlamentari e ministri insultano sistematicamente le donne non solo a parole, ma anche nei comportamenti legislativi (vedi legge sulla fecondazione assistita, i ripetuti attacchi contro la legge sullaborto e contro luso della RU486, il rifiuto di quote rosa), non ci si pu aspettare che la popolazione non ne risenta. Ma possibile unaltra, forse pi interessante, lettura dei dati Eurobarometro. E vero che gli italiani si sentono meno a loro agio allidea di un capo di stato donna rispetto alla media europea, ma altrettanto vero che, in termini assoluti, dichiarano un atteggiamento molto favorevole (una media di 8.1 su una scala che va da 1 = molto a disagio, a 10 = molto a mio agio). Quindi, in termini assoluti, la maggior parte della popolazione non ha alcun problema con un capo di stato donna. Questo in contrasto con il comportamento dei partiti, inclusi quelli dellopposizione, che candidano poche donne e in posizioni perdenti, in fondo alle liste. Nessuna donna mai stata segretario di un partito importante, n primo ministro o presidente della repubblica. Nei sessantatre anni della repubblica, nessuna donna ha avuto la responsabilit di uno dei quattro ministeri di prima fascia (esteri, economia, interni, difesa). Quindi sono i partiti, e non la popolazione, ad avere problemi con la leadership femminile. Come afferma Ivan Scalfarotto, una delle poche voci fuori dal coro, molti problemi (come la leadership femminile, le unioni tra gay, ecc.) sono da tempo stati risolti
dalla popolazione. Chi non al passo dei tempi sono i politici. In altre parole, rispetto al empowerment politico delle donne, la differenza tra lItalia e lEuropa non sta nellopinione pubblica, ma nella classe politica. Come imporre lanti-trust della politica? Nella storia dellumanit, raramente un gruppo dominante ha rinunciato di sua volont ai propri privilegi. E di privilegi si tratta considerando il potere e gli stipendi (i pi alti dEuropa) dei parlamentari italiani. Inutile quindi aspettarsi che i dirigenti dei partiti decidano di loro iniziativa di candidare una donna per ogni uomo. Come possiamo imporre una regola del genere? Approvare una legge unimpresa impossibile con solo il 20% di donne in Parlamento. La strada delle quote legislative non sembra percorribile. Ricordiamo che, in Italia, il tentativo di introdurre le cosiddette quote rosa nella legge elettorale del 2005 fu fatto da Stefania Prestigiacomo, allora ministro delle pari opportunit del governo Berlusconi. Dopo lunghe diatribe, lacrime, ironie, sberleffi da parte dei suoi compagni di partito e una serie di bocciature per mancanza del numero legale, nel febbraio del 2006 Prestigiacomo
riusc, con lappoggio determinante dellopposizione, a far approvare in Senato un disegno di legge sul riequilibrio di genere. Lopposizione era anche riuscita a far passare un emendamento che portava al 50% la quota del 30%, originariamente prevista da Prestigiacomo. Infatti, nella proposta si affermava che ogni sesso non poteva essere rappresentato in misura superiore alla met dei candidati della lista medesima e che misure equivalenti avrebbero riguardato anche il Consiglio Superiore della Magistratura, la Consulta e tutte le cariche in cui la rappresentanza femminile era ancora scarsa. Sembrava un miracolo. Peccato che il provvedimento non sia mai tornato alla Camera - la legislatura stava terminando - e sia quindi miseramente decaduto. Nonostante Prodi e le deputate Ds si fossero impegnati a proseguire liter nel caso in cui fossero stati eletti, per quanto se ne sa il ddl fin nel cassetto della sinistra, da cui non ha pi dato segni di vita. E nel centro-destra? Nel maggio del 2006 Mara Carfagna, deputata di Forza Italia, entr in collisione con Stefania Prestigiacomo dichiarando di essere contraria alle quote. La sua posizione, disse, era condivisa anche
allinterno del partito. Divenuta Carfagna a sua volta ministro per le pari opportunit nellultimo governo Berlusconi, di quote dentro il Pdl non si pi sentito parlare. Resta quindi da percorrere la via delle quote volontarie. Ci rivolgiamo per questo ai partiti dellopposizione. Chiediamo loro di applicare da subito la norma antitrust nelle cariche interne e nelle elezioni, a partire dalla tornata della prossima primavera. Avendo poca e, da questo punto di vista, silente rappresentanza in parlamento, noi elettrici italiane abbiamo una sola arma democratica per esercitare il nostro diritto di voice (Hirschman, 1982): quella di esigere, in modo coerente e ad alta voce, che in ciascuna lista elettorale ogni secondo posto venga occupato da una donna. Voteremo per chi rispetta questa regola, non voteremo per liste in cui le donne siano sotto-rappresentate. **Per gentile concessione di MICROMEGA pubblichiamo la seconda parte dellarticolo comparso sulla rivista con il titolo 50/50, lantitrust della politica **La prima parte stata pubblicata sul n35 di ARCIPELAGOMILANO
Urbanistica CON IL NUOVO PGT SI TORNA ALLA MILANO MEDIOEVALE? Michele Sacerdoti
Sono stati pubblicati sul sito del Comune il piano delle regole e dei servizi del nuovo PGT, che sottoposto in questi giorni al parere dei consigli di zona e delle parti sociali ed economiche che lo renderanno entro trenta giorni. Poi andr allinizio di dicembre in consiglio comunale per ladozione. Con il documento di piano pubblicato in luglio per la procedura di Valutazione Ambientale Strategica le caratteristiche del piano urbanistico che regoler Milano nei prossimi anni sono chiare. Se il centro sinistra vincer le elezioni nel 2011 potr cambiarlo e sar opportuno che lo faccia se non si vuole che Milano torni a una densit edilizia da citt medioevale. Il PGT completa il disegno di cementificazione della citt iniziato dallon. Lupi nel 1999 con il nuovo regolamento edilizio, proseguito dalla Regione nello stesso anno con il recupero dei sottotetti e con la legge 9/99 sui Programmi Integrati di Intervento, con-
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fermato dalla legge urbanistica regionale 12 del 2005 promossa dalle stesse forze politiche, proseguito con il piano casa di Formigoni, completato ora dal nuovo PGT a cui seguiranno sicuramente ulteriori modifiche del regolamento edilizio, e, dulcis in fundo, una legge regionale che ridar la possibilit di demolire gli edifici artigianali bassi tra gli edifici residenziali e ricostruirli in altezza togliendo luce e visuale a chi abita intorno. Recentemente il Sindaco Moratti ha nominato una Commissione per il Paesaggio i cui membri hanno scarsa o nulla esperienza sulla tutela paesaggistico-ambientale prescritta dalla legge urbanistica e dal codice dei beni culturali e ad essa saranno affidate le autorizzazioni edilizie dei prossimi anni. E dove non si costruisce fuori terra si costruisce sotto terra, con parcheggi sotterranei che eliminano alberi di alto fusto nelle piazze e viali alberati per sostituirli con alberelli da parcheggio. Quali sono le caratteristiche negative del PGT rispetto allat-tuale PRG? E stato eliminato qualunque limite allindice di utilizzazione territoriale, cio alla superficie edificabile per ogni mq di terreno. Attualmente questo indice pari a 1 metro quadro per metro quadro, e quindi 3 metri cubi di volume per metro quadro. In futuro si partir da un indice minimo di 0,65 mq/mq e di 1 mq/mq fino a 350 metri dalle stazioni della metropolitana, delle metrotramvie e ferrovie e si potranno acquistare sul mercato diritti edificatori per costruire ulteriori piani o demolire le abitazioni e ricostruirle pi grandi. Questo si potr fare nel centro storico con un piano attuativo controllato dal Comune e nel resto della citt con una concessione edilizia convenzionata dal
punto di vista planivolumetrico. Nel secondo caso i vicini non potranno presentare osservazioni. Il piano delle regole impone dei limiti di altezza rispetto agli edifici esistenti ma questi limiti sono facilmente aggirabili con le concessioni edilizie convenzionate e sembra che il consiglio comunale potrebbe addirittura eliminarli. In compenso sono stati eliminati i limiti minimi sulla dimensione dei cortili, che ostacolano il rialzo degli edifici. Le indicazioni sui sottotetti, risultato di una dura battaglia degli anni scorsi contro gli obbrobri sui tetti di Milano, sono sparite. Aspettiamoci la chiusura di qualunque buco di cortina, la copertura di tutti i frontespizi ciechi, la costruzione di nuove residenze nei cortili alte almeno quanto le case intorno. Qualunque spazio edificabile tra le case sar riempito e chi ha qualche visuale e un po di sole lo perder. Dato che questi diritti costeranno, ci si pu aspettare che gli ampliamenti saranno effettuati prevalentemente nelle aree centrali e semicentrali di Milano, dove le densit edilizie sono gi elevatissime, chiamate nel PGT ambiti contraddistinti da un disegno urbano riconoscible (ADR). Su una media cittadina di 7.000 abitanti a chilometro quadrato, tra le pi elevate dEuropa, le zone pi dense della citt, esterne al centro storico che ha solo 10.000 abitanti a kmq a causa degli uffici, arrivano a punte tra i 19.000 e i 22.000 abitanti nelle zone Buenos Aires Venezia, Loreto, XXII Marzo, Washington, Selinunte, e di 15000-19000 abitanti nelle zone Ticinese, Citt Studi, Corsica, Porta Romana, Umbria Molise, Navigli, Padova, Isola, Maciachini, Tibaldi, Monterosa de Angeli, Bande Nere, Giambellino, Tortona, Sarpi, Ghisolfa. Tutte zone in cui ogni abitante arriva ad avere solo dai 3 ai 10 mq di servizi indispensabili alla
persona rispetto al minimo di legge di 18 mq (tutti dati ricavati dallallegato sugli 88 Nuclei di Identit Locale del Piano dei Servizi). La media attuale su Milano di 14 mq/abitante in base a questallegato, anche se la relazione del piano dei servizi parla di 21 mq/abitante aggiungendo quelli programmati. Per quanto riguarda i servizi per i nuovi abitanti, la stima di un abitante per 50 mq di superficie dellappartamento, assolutamente irrealistica visti i costi delle case a Milano e la loro tipologia, non villette singole ma appartamenti in condominio. Quindi anche la dotazione prevista di 40 mq di servizi indispensabili ad abitante futuro (1.635.00) non sar mai raggiunta perch con le volumetrie previste gli abitanti saranno molti di pi. Peraltro i calcoli del PGT evidenziano un deficit di 8 milioni di euro tra quanto il Comune incasser dalle nuovi costruzioni e quanto coster fornire i servizi alla nuova popolazione. questo vuol dire che prima si costruir e poi si dovr costruire ancora di pi per incassare i soldi necessari per fornire i servizi, in una eterna rincorsa. I grandi progetti della citt pubblica sbandierati dalla giunta e affidati alla progettazione delle archistar sono solo fumo negli occhi, non ci saranno mai i soldi per realizzarli. Grazie alla densificazione i residenti di Milano aumenteranno di almeno 400.000 unit, una citt di media grandezza, con la speranza di sottrarli ai comuni di prima e seconda cintura dove sono andati ad abitare grazie ai prezzi pi bassi, che a loro volta stanno cementificando tutto il loro territorio. Una concorrenza tra comuni a chi costruisce di pi per avere pi residenti che pagano gli oneri di urbanizzazione. A fronte di una densificazione in aree gi troppo dense e del peg-
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gioramento della vivibilit in queste parti della citt il Comune acquisir gratuitamente delle aree su cui costruire i servizi che mancano ai cittadini attuali e a quelli futuri e per creare gli spazi verdi che sono necessari. Si spera anche di salvare le rimanenti aree agricole e le cascine a rischio di sfratto da parte dei proprietari delle aree del Parco Sud. Ma a quali costi per la vivibilit del resto della citt? Non sarebbe meglio impedire gli sfratti non dando alcuna speranza ai proprietari di questi terreni di poterli un giorno edificare? Invece gli si regala dei diritti edificatori, 0,20 mq/mq, che potranno vendere a chi costruir in citt. Il Comune sostiene che non consumer altro suolo agricolo e con la perequazione sposter le volumetrie altrove; ma in questo modo peggiora la qualit di vita nei luoghi dove viviamo, e ci rimarr solo la consolazione di andare in campagna il fine settimana. Ma la densificazione non sufficiente per assorbire i diritti edificatori che si creano nel Parco Sud, ben 3,5 milioni di metri quadrati. Il Comune stima che un terzo andranno nelle aree gi costruite, un terzo nelle zone margi-
nali del Parco Sud dove si potr comunque costruire (circa il 20% del Parco) e un terzo ad aumentare ulteriormente le volumetrie nelle aree di trasformazione: le aree ferroviarie dismesse, le caserme, le aree industriali dismesse e altre aree a cui gi stato dato un indice di edificazione elevatissimo, da 1,2 a 3,3 mq / mq). In queste aree gli edifici raggiungeranno altezze notevoli, creando ombre intorno e traffico indotto. Non si avuto neanche il coraggio di eliminare i posti auto per le funzioni terziarie servite dai mezzi pubblici. Cosa possono fare i milanesi? Chiedere come minimo che la perequazione urbanistica non si applichi nelle zone che superano la densit media attuale (7.000 abitanti a kmq) oppure chiedere la previsione di un indice massimo di 1 metro quadro a metro quadro, come attualmente in vigore. Questa lunica garanzia per avere ancora qualche spazio libero in citt e non essere soffocati dal cemento. La densificazione pu essere realizzata nei quartieri esterni della citt, definiti Aree di Rinnovamento Urbano (ARU) nel PGT, quartieri che hanno basse
densit e parecchi servizi per abitante ma non nel resto di Milano. Il piano Beruto di fine ottocento aveva previsto degli isolati residenziali abbastanza grandi perch allinterno ci fossero dei giardini, poi vi hanno costruito degli edifici artigianali, ora vogliono riempirli di nuove case. Stiamo tornando ai quartieri densi delle citt medioevali, con tanti piccoli cortili, demoliti a fine ottocento per motivi igienici. Allora intorno cerano i boschi e le campagne, ora ci sono altri comuni che hanno costruito tutto, e non ci rinunceranno se Milano aumenter le sue case, anzi costruiranno ancora di pi per abbassare i prezzi. Poi ci troveremo con il territorio distrutto e le case vuote in mano alle banche per il fallimento delle operazioni edilizie. A Milano ci sono attualmente 80.000 appartamenti vuoti e uffici vuoti pari a 15 Pirelloni. Ma intanto qualcuno ci avr guadagnato, la mafia con il movimento terra, le imprese edilizie per la costruzione, cave e imprese varie per la fornitura del materiale. Mentre i politici che gestiscono loperazione fanno appello alla sussidiariet e citano a sproposito Don Giussani.
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felicit di Robert Moses. Fortunatamente stoppato da unintrepida signora prima che riuscisse a prolungare Fifth Ave al di l di Washington Sq per collegarla con unautostrada. Vecchi tempi, vecchi fusti, vecchi tutti, ma non per la giunta milanese che seguendo le direttive del Cav. si presenta come rivoluzionaria e intende rivoltare la citt come un calzino. Purtroppo i calzini si possono anche rivoltare nel modo sbagliato, soprattutto se si lavora con poco lume della ragione. Qui per il pedalino che viene proposto, non solo pi vecchio di Robert Moses, e malamente rammendato, ma una vera sola. Innanzitutto per il tracciato: da Linate alla Fiera. Penso che i progettisti, avendo sniffato un eccesso di expo, delirino di un flusso ininterrotto di
SUV o Hummies di visitatori che scendono sulle piste direttamente dai C5_Galaxy o dagli Antonov dei paesi ricchi per andare in Fiera e poi tornare. E la Malpensa? E chissenefrega, quella Varese. E quando la Fiera non c? Beh ci si ferma un pochino nella Zona Repubblica-Garibaldi dove essendoci la maggior concentrazione di trasporto pubblico dEuropa, mancava giusto anche unautostrada. Per carit chi ha terreni da quelle parti si alliscia mica male. E gli altri? Ma oltre alle auto, dal buco usciranno pure i fumi. Oddio possiamo anche lasciarli dentro, tanto di notte ci vanno gli homeless cos buonanotte e non ci pensiamo pi. Senn li filtriamo un po e poi li sputazziamo fuori da qualche parte con silenziosi aspiratori giganteschi.
Non facciamo sempre i noisti: staremo tutti, come Mottini, ad aspettare i dettagli (qui tanto si annuncia di tutto poi chi vivr vedr) ma un punto chiaro. Si sperava che la crisi avrebbe portato qualche leader urbano a ripensare a citt meno dipendenti dalle automobili private. Ma qui ha vinto Marchionne, la ripresa c e si riprende, come dice la parola, al punto di prima e come prima, fino alla prossima. I rivoluzionari del calzino sono sempre quelli con la ruspa in mano, si ritorna ai beati anni sessanta quando Charles Trenet cantava la felicit delle autostrade Tout excites, on chante, on fte[.]On est heureux Nationale 7 (http:-//www.allthelyrics.com/song/845231/). Evviva la novit: evviva la modernit.
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sono arrivati in pochi minuti. Oppure per una consegna da Porta Romana alla Rai, possono attraversare il parco Sempione cos in centro sicuramente non hanno rivali. E i manager che hanno lavorato a Londra o a New York lo sanno benissimo. Le aziende che hanno scelto UBM non sono pi solo piccoli studi o attivit commerciali che gravitano nel mondo verde/ecologista ma anche multinazionali con uffici e sedi in tutto il mondo come QBE o Freshfields Bruckhaus Deringer, Eidos Partners; aziende leader in Italia come Gioco digitale (da poco acquisita da BWIN, sponsor del Milan calcio, per 95 milioni di euro) o Guna, la pi importante azienda italiana nel settore della produzione e distribuzione di farmaci omeopatici; istituzioni della conoscenza come l'Universit della Bicocca. UBM sta ormai uscendo dalla fase di start up: nel giro di un anno, grazie soprattutto al passaparola e al tamtam tra chi li ha provati, senza alcun battage pubblicitario la notizia della loro esistenza, soprattutto attraverso Internet, si diffusa velocemente e le richieste di consegne veloci ed ecosostenibili sono aumentate a vista docchio, raggiungendo la considerevole cifra di 2300 telefonate. Da quando stato messo on line il loro sito con la pagina pedala con noi si sono iscritte quasi
500 persone. Tra gli aspiranti nuovi pony ecologici si trovano soprattutto molti studenti universitari, giovani laureati disoccupati, precari che lavorano 4 ore presso un call-center e tentano cos di arrotondare il loro stipendio, e anche molti lavoratori in cassa integrazione. Poi sulla base delle disponibilit settimanale che fornita, del tipo di bici che si utilizza, del tipo di allenamento stilata una sorta di graduatoria e secondo la domanda che arriva dalla clientela i corrieri che servono ogni giorno sono chiamati di volta in volta. Con una forza lavoro di tali dimensioni UBM potrebbe aumentare maggiormente il suo raggio dazione e avere anche commesse consistenti: non a caso ha lanciato qualche messaggio anche alle istituzioni milanesi e allExpo affinch sia presa in considerazione lidea di utilizzare corrieri in bicicletta per la consegna della gran mole di comunicazioni cartacee che da qui al 2015 si presume che circoleranno tra i vari palazzi della citt. Un altro segnale di apprezzamento di questo servizio innovativo si evince dal fatto che DHL, una delle maggiori aziende di delivery internazionale, abbia scelto UBM per effettuare parte delle loro consegne nel cuore di Milano: nellarea intorno a Piazza Duomo, Piazza San Fedele, Via Manzoni, Via Brera, Via Montenapoleone, Via Senato,
Piazza San Babila e tutte quelle viuzze dove un mezzo a quattro ruote fa fatica a passare e soprattutto a posteggiare, due URBAN BIKE MESSENGERS in bicicletta hanno sostituito due furgoni. Il servizio si svolge in modo semplice: basta telefonare al 3408276224 indicando lindirizzo dove si vuole che sia fatta la presa e quello di destinazione. Gli UBM portano e hanno portato di tutto: buste, pacchi, vestiti, DVD, regali, con il limite massimo di dieci chili e con volumi sufficienti a entrare nei loro capienti zaini impermeabili: per se un cliente ha la necessit di inviare scatoloni o merci pi voluminose, possibile prenotare il trasporto con un bakfiets, la bici cargo utilizzatissima in Olanda per il trasporto dei bambini e di ogni tipo di merce. Milano, con UBM (http://www.urbanbm.it) nel 2008, stata la prima citt italiana ad avere questo tipo di servizio. Roma poi lha imitata e sta andando molto bene, come pure Parma e Bari. Poi in molte altre citt come Firenze, Napoli, Padova, Bergamo, alcuni ragazzi stanno pensando di mettere in piedi un servizio di bike messenger e hanno contattato la societ milanese per avviarne uno analogo nella loro citt e ora laspirazione quella di creare un network nazionale in cui si possano condividere servizi, risorse, clienti.
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retro della nuova sede del Sole24ore, Renzo Piano ha voluto alzare un boschetto, per coprire le mense e altri servizi. Francamente chi lo vede il boschetto del Sole24ore nel disastro di quellincrocio folle che si chiama piazzale Lotto? Vorrei dire che i problemi di Milano sono ben altri, senza passare per un teorico del benaltrismo. Credo, infatti, fermamente nel decoro urbano o, meglio, in unurbanistica minimale che ridisegni con cura anche piccoli tratti di citt. Ricordo un progetto di decenni fa di Ignazio Gardella per piazza De Angeli: semplicemente lievi modifiche al tracciato delle vie per restituire a questaltro incrocio (perfido, anche se meno folle di piazzale Lotto) il senso di una piazza. Del resto in questa direzione mi pare andassero alcune proposte di Luca Beltrami Gadola lette su Repubblica: i boschetti davanti allorribile cartellone pubblicitario di Armani o ai Bastioni di Porta Volta (riprendendo peraltro antichi itinerari del verde milanese). Ma si pu immaginare allo stesso modo piazza del Duomo? Francamente penso di no. Credo che piazza del Duomo non abbia bisogno di qualche albero o addirittura credo che qualche albero le farebbe male. Forse non riesco a togliermi dagli occhi i penosi giardinetti di piazzale Duca dAosta (fronte stazione e lati). O forse la questione pi profonda: chiunque di noi avr visto qualche paesaggio della piazza ottocentesca e avr potuto avvertirne le di-
mensioni originali. Sono convinto che intanto piazza del Duomo andrebbe ripulita e questo non sarebbe difficile. Immagino con orrore le prossime installazioni natalizie. Ma sono convinto che piazza del Duomo andrebbe ricostruita, ridisegnata, ripavimentata, modificata in alcuni accessi. Un concorso darchitet-tura di un ventennio fa offr qualche indicazione. Siccome i problemi sono ben altri, ricorder ancora che gli alberi cerano, e sono stati abbattuti, ad esempio dove oggi si alza il mostro della nuova sede regionale, mostro perch calato come una gigantesca astronave stellare con brutalit in un contesto urbano che evidentemente non lo sopporta: basta fare un giro e osservare la connessione con gli edifici presenti. Senza contare la congestione, cio il traffico, lo smog, eccetera eccetera. Mi sono sempre chiesto, ingenuamente, perch non labbiano costruito nelle aree di Rho-Fiera, fortemente infrastrutturate (metropolitana, treno, autostrada, aeroporto): avrebbero valorizzato quella zona e il quartiere espotivo, dando oltretutto il segnale di unapertura dellistituzione verso lintera regione, di una vocazione lombarda. E un esempio. Poi si dovrebbero citare le varie altre storie: Garibaldi, Fiera, eccetera eccetera. Dalle quali si pu dedurre che la stella polare dei nostri amministratori (i peggiori, salvo rare eccezioni, dal dopoguerra: basterebbe considerare la sorte subita
dal povero assessore Croci) sia non il verde o la qualit della citt o la sua accessibilit o la sua fruibilit da parte di chi ci vive o ci lavora, ma soltanto la volumetria (in rapporto ovviamente alla valorizzazione, cio alla speculazione) con un piano che fa metri cubi, ritagliando edificabilit anche nel cortile di casa (basta, ancora, dare unocchiata in giro), arricchito da invenzioni che si possono definire solo demenziali (vedi il tunnel dellasses-sore Masseroli, da un capo allaltro di Milano). Non questione di destra o di sinistra (Parigi moderna stata costruita da un barone che volle viali larghi per impedire le barricate): questione di cultura, di responsabilit istituzionale, di rapporto autentico con i cittadini e con i loro bisogni, di banali nozioni, di due conti economici. Scoraggia constatare Milano si deve lasciare alle spalle altre occasioni, perch manca un disegno (per la citt verso la regione, nella citt stessa tra le varie aree), perch non si capisce quale risorsa (economica) sia la qualit urbana (diciamo pure la bellezza), perch anche lExpo non sar (ma sar?) unopportunit di ripensamento e di riflessione sul contesto cittadino (lunico elemento forte in questo senso stato il canale navigabile, ormai - mi sembra - dimenticato), perch pare ci si debba sempre ancorare al rito ambrosiano (non di Ambrogio ma della cementificazione del dopoguerra).
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- Alla cementificazione del Parco Sempione - Allo sfruttamento commerciale di aree verdi destinate ai cittadini - A trasformare in un Luna Park il nostro storico Parco Sempione FIRMA ANCHE TU, CI FAREMO SENTIRE E FARE-
MO SENTIRE ANCHE LA TUA VOCE Chi desidera protestare direttamente presso lAssessore allarredo, decoro urbano e verde del Comune di Milano, Dr. Maurizio Cadeo, promotore della ruota panoramica al Parco Sempione, pu farlo inviando una e-mail a assesso-
re.cadeo@comune.milano.it cc cormil@rcs.it ( Corriere della Sera ) Contattaci ! E-MAIL parcolibero@fastwebmail.it TEL. 3403492889 (dalle 07:00 alle 09:00) Gruppo facebook: NO ALLA RUOTA PANORAMICA AL PARCO SEMPIONE
RUBRICHE
MUSICA Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org LA MESSA DA REQUIEM DELLA SCALA
Ed eccoci alla terza versione della Messa verdiana, questa volta alla Scala, diretta da Daniel Barenboim. Terza in un anno, nella sola Milano, dopo quelle di Marshall (febbraio) e della Zhang (ottobre) allAuditorium. Tutta unaltra musica, incomparabile con le precedenti: mistica e intimista questa, possenti e drammatiche le precedenti, tutte di grande impegno e qualit. E unopera difficile, questa incursione di Verdi nel sacro (esistono solo un Tantum ergo, Quattro pezzi sacri e un Paternoster che non hanno goduto di gran successo), piena di contrasti apparentemente insanabili che hanno invece trovato perfetti punti di equilibrio in una partitura unica nel suo genere, di una ricchezza musicale e di una godibilit senza eguali. Nel programma di sala riprodotto un interessantissimo testo del musicologo inglese Julian Budden (viveva in Toscana dove morto due anni fa) autore di una monumentale monografia dedicata a Verdi, in cui sono citate queste parole di Giuseppina Strepponi: Vi sono delle nature virtuosissime, che hanno bisogno di credere in Dio; altre, ugualmente perfette, che sono felici non credendo in niente e osservando solo rigorosamente ogni precetto di severa moralit: Manzoni e Verdi!... Questi due uomini mi fanno pensare. Sono per me un vero oggetto di meditazione. Queste parole, scritte dallamatissima seconda moglie di Verdi nellanno precedente la morte del Manzoni - da una persona cio che conosceva assai bene il puntiglioso ateismo del marito (rifiutava qualsiasi sentimento religioso) ma anche la sua devozione al cattolicissimo amico scrittore - furono in realt profetiche: appena tre anni dopo (la Messa fu scritta, com noto, per la celebrazione del primo anniversario della morte del Manzoni) Verdi scrive questa musica che altro non che quel preciso oggetto di meditazione. Non tuttavia quello lunico contrasto lucidamente affrontato e risolto nella partitura. In essa ne esplode un altro, meno filosofico-letterario e pi tecnicamente musicale, lambiguit fra una scrittura lirica (operistica) e una scrittura pi precisamente sinfonica; lorganico di soli, coro e orchestra (lo stesso dellultima sinfonia di Beethoven, entrambe le opere con oltre 200 musicisti impegnati sul palco) e sopratutto luso fortemente melodrammatico del quartetto vocale, rievocano inesorabilmente linconfondibile atmosfera dellopera lirica verdiana e tuttavia la contengono in un testo - forse non proprio liturgico - certo tecnicamente sinfonico. Una musica dunque n sacra n profana, non lirica ma neppure propriamente sinfonica, intima e insieme grandiosa, sulla cui complessa interpretazione si detto di tutto; basti ricordare i furiosi attacchi dellentourage wagneriano (da Von Blow a Cosima Listz) e le successive e tardive scuse allautore, per dire quanto sia stata controversa negli anni lopinione intorno a questopera e conseguentemente quanto lavoro vi sia oggi nel restituirle una definitiva interpretazione.
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Barenboim, come abbiamo detto, ne ha data una lettura mistica e intimista, a tratti molto commovente, certo profondamente pensata, in ci molto aiutato dalle belle voci di Barbara Frittoli (sicura e precisa come sempre), Sonia Ganassi (un mezzosoprano potente e penetrante), Jonas Kaufmann (morbido e delicato nei registri intermedi, un po aspro in quelli alti) e di Ren Pape (un basso caldo e avvolgente, purtroppo con scarso volume,
che ha sostituito lindisposto Kwangchul Youn). Questo tanto (e giustamente) amato direttore ha una cultura internazionale - sostanzialmente ormai senza radici, lo sostiene anche lui e nel bene e nel male in questa occasione lo si ben percepito: nel bene, perch ha tolto alla Messa quella patina di religiosit un po barocca in cui spesso viene avvolta, rendendola pi laica (come immaginiamo lavrebbe voluta Verdi). Nel ma-
le perch le ha tolto quei dolcissimi abbandoni al bel canto italiano che ne fanno unopera assolutamente unica nel suo genere di musica sacra e liturgica. Successo strepitoso, anche a dispetto di qualche sbavatura e imprecisione, segno che oggi il pubblico guarda pi al contenuto che alla forma, e si rende conto che la perfezione diventata merce rara e forse non sempre essenziale.
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Villa Ciani rievoca la storia degli automi a partire dalla Grecia classica fino ai nostri giorni, includendo androidi e robot della pi avanzata tecnologia. La sezione ordinata al Museo dArte un excursus attraverso le principali correnti della storia dellarte del 900, esplicitando i mutamenti introdotti da un rapporto uomo-macchina radicalmente diverso rispetto al passato. Ci sono opere Dada, Futuriste, Surrealiste, legate alla tradizione del Bauhaus, accanto alle macchine di Tinguely e Munari, e a opere di artisti quali Agnetti, Nam June Paik, Louise Bourgeois, Rebecca Horn e altri. Corpo, automi, robot. Tra arte, scienza e tecnologia. Lugano, Museo dArte, Riva Caccia 5 e Villa Ciani, Parco civico orario: marted-domenica e 28 dicembre 10/18; 24 dicembre 10/16; 1 gennaio 14/18; chiuso luned e 25-26 dicembre. Fino al 21 febbraio. Un centinaio di opere di grandi e grandissime dimensioni, la rassegna, a cura di Marco Meneguzzo che inaugura la nuova stagione espositiva al Serrone rievocando anni che portarono a un radicale mutamento nel concetto di Arte, con la cosiddetta fine delle avanguardie, con la riscoperta della pittura, e con il grande cambiamento dellintero sistema artistico. Dalla Transavanguardia italiana ai Nuovi Selvaggi tedeschi, dai graffitisti statunitensi alla Young British Sculpture, dagli Anacronisti ancora italiani alla Figuration Libre francese: circa 50 artisti - da Mario Schifano a Mimmo Paladino, da Francesco Clemente a Luigi Ontani, da Georg Baselitz a Markus Lupertz, da Anselm Kiefer a Helmut Middendorf, da Keith Haring a Jean Michel Basquiat, da Peter Halley a Julian
Schnabel, da Miqurel Barcel a Anish Kapoor a Tony Cragg aiuteranno a comprendere quel discusso periodo e l'esplosione di vitalit che fu alla base dell'espressivit pi autentica e immediata. Gli anni 80. Il trionfo della pittura. Da Schifano a Basquiat. Serrone della Villa Reale di Monza, e allArengario - orario: tutti i giorni, tranne il luned, 10/18. Fino al 14 febbraio.
Fino al 17 gennaio.
Approda per la prima volta in Italia una selezione di una cinquantina di opere dellimportante collezione di pittura spagnola dellErmitage: le tele pi belle del XVI e del XVII secolo con i grandi protagonisti della scena artistica internazionale, come Velzquez, Murillo, Ribera, Zurbaran, oltre ad alcune opere scelte di autori di indubitabile valore, quali Antonio de Pereda e Francisco Ribalta. I primi capolavori spagnoli arrivarono in Russia grazie a Caterina II: tra questi figurano in mostra La preparazione dei dolci, un dipinto ritenuto per lungo tempo di mano di un artista fiammingo e, solo recentemente, attribuito a Bartolom Esteban Murillo, lImmacolata Concezione di Murillo o ancora la tela dimpronta caravaggesca, ma con evidenti riflessi della scuola veneziana, raffigurante La morte di San Giuseppe. Da Velzquez a Murillo - Il Secolo doro della pittura spagnola nelle collezioni dellErmitage. Pavia, Castello Visconteo - orario: martedvenerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/20; luned dalle 10 alle 13 e dal marted al venerd dalle 13 alle 15 solo su prenotazione per gruppi e scolaresche, minimo 30 persone.
Ancora Giappone a Palazzo Reale, ma non il Giappone dei Samurai, bens limmagine di unesistenza lieve e appagante veicolata dallukiyo-e, Una delle espressioni pi significative di quella corrente pittorica furono certamente le Shunga, termine giapponese che allude alle immagini della primavera, opere a soggetto erotico, create con la tecnica della xilografia policroma, la cui massima fioritura fu tra il 1603 e il 1867. Le shunga furono parte primaria della produzione dei pi importanti artisti del tempo, come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai, tutti presenti in mostra con 100 opere, 30 libri originali e alcuni preziosissimi Kimono. Ma le apprezzarono molto anche i contemporanei, sia come stampe, sia come illustrazioni per romanzi erotici e per manuali destinati alleducazione delle cortigiane e delle giovani spose. Considerate per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro indubbio valore artistico, le shunga sono state oggi rivalutate come espressione alta della cultura giapponese, nonch specchio raffinato dei costumi dellepoca, ma anche come uno dei vertici dell'espressione dell'eros nell'arte. Shunga. Arte ed eros in Giappone nel periodo Edo. Palazzo Reale - orario: 9.30/19.30, luned 14.39/19.30, gioved 9.30/22.30. Fino al 31 gennaio. I rapporti tra America e Italia nel periodo compreso tra la fine della seconda guerra mondiale e larrivo in massa della Pop Art a met anni 60. Non solo non mancarono, ma furono intensi,
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continui e biunivoci, senza alcun senso di sudditanza culturale, tipico invece dei decenni successivi. Un bel modo di investire nel mercato dellarte, facendo di ogni mostra unoccasione per accedere a nuove acquisizioni. A cura di Marco Meneguzzo, questa esposizione dedicata a quegli artisti che dalle due sponde dellOceano e con motivazioni differenti, hanno cercato radici e modi espressivi in due ambiti culturali differenti. Trenta le opere in mostra, scoperte in collezioni private o di Fondazioni, e tutte realizzate tra il 1945 e il 1963. Dai grandi protagonisti di quella stagione, agli artisti minori, ma non meno interessanti: Afro, Burri, Cagli, Consagra, Donati, Dorazio, Marca Relli, Marini, Nivola, Arnaldo Pomodoro, Savelli, Scarpitta, Scialoja, Twombly e non solo. Italo-Americani - Arte tra USA e Italia dalla ricostruzione al boom. Galleria Fonte dAbisso, via del Carmine 7 - orario: martedsabato 10.30/13.30 e 15/19). Fino al 21 gennaio. Impeto e poesia non facevano mai difetto alle sue tele a tema storico, quelle che gli valsero le pi rosee previsioni da parte di Francesco Hayez alle Esposizioni di Brera e, sebbene si chiamasse Pasquale Massacra fu la vita a fuggire da lui, privandolo del tempo necessario a dimostrare il proprio talento: mor appe-
na trentenne, vittima assai prematura dei suoi ideali antiaustriaci. La mostra a Pavia, a cura di Susanna Zatti, un risarcimento alla memoria di questo illustre cittadino pavese (18191849). Massacra stato un artista pienamente calato nel clima romantico, interprete sensibile e innovativo della pittura di storia, guardando immancabilmente a Francesco Hayez, ma muovendosi gi in una direzione che sar condivisa da Domenico Morelli e Federico Faruffini. Sono 60 le opere selezionate, nel segno di una forte carica emotiva, ma anche della capacit di fare riflettere sul significato profondo dellepisodio trattato. Impeto e Poesia. Pasquale Massacra pittore romantico tra storia e mito. Pavia, Scuderie del Castello Visconteo, viale XI Febbraio 35 orario: marted-venerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/13 e 15/19. Fino al 13 dicembre. Larchitetto americano Frank O. Gehry al centro di una mostra curata da Germano Celant, nellambito di Triennale Architettura. Una rassegna che prende in esame solo lattivit svolta tra il 1997 e i giorni nostri, perch solo da allora Gehry diventato Gehry. Non che prima non lo fosse basta pensare alla Dancing House di Praga ma il nome dellarchitetto americano risuona da che la sua mente ha
partorito il Guggenheim Museum di Bilbao, come Athena generata dalla testa di Zeus. Una rivoluzione non solo per la citt basca che improvvisamente si ritrovata al centro di veri e propri pellegrinaggi come il Santuario di Fatima, ma anche e soprattutto dal punto di vista dellesplosivo linguaggio architettonico adottato, della complessit delle tecniche costruttive, dellinedito e sgargiante rivestimento in titanio. La rassegna stata realizzata con la diretta collaborazione dellarchitetto che ha scelto i progetti da esporre, molti dei quali inediti e selezionati anche in unottica di pi stretto legame con il territorio, che per Gehry non sembra essere stata una priorit. Dunque, disegni autografi, disegni di studio, elaborazioni in 3D, modelli e fotografie del DZ Bank Building di Berlino, dellInteractive Corporation Headquarter di New York (2003-2007), dellArt Gallery of Ontario, del Guggenheim di Abu Dhabi, la cui progettazione cominciata tra il 2005 e il 2006, ma anche di edifici gi realizzati come il Walt Disney Concert Hall di Los Angeles, la Corcoran Gallery di Washington DC (1999-2005), il complesso abitativo di Beekman Street a New York (2003-2009). Frank O. Gehry dal 1997. Triennale. Viale Alemagna 6 orario: 10.30/20.30, gioved fino alle 23, chiuso luned. Fino al 10 gennaio.
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Valentino:The Last Emperor di Matt Tyrnauer Interessante questaopera prima di Matt Tyrnauer , che realizza un documentario su di un personaggio non facile da descrivere. Lo fa prendendo spunto dal cinema tutto, nei suoi vari elementi. A livello registico sfruttando
pregevole ad alcuni personaggi, come il capo delle sarte,una verace signora romana, che avrebbe scritturato anche lo stesso Fellini. Tutto questo confezionato quasi come un film indipendente, al contrario di quello che si possa
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pensare, anche grazie alla buona fotografia di Tom Hurwitz. C un aspetto che viene considerato ma che forse poteva essere sviluppato di pi, ossia, il cercare di descrivere luomo Valentino Garavani attraverso la descrizione dellimperatore e del suo stile di vita. E attraverso questo processo che escono le migliori fasi del film. Dal rapporto tra Valentino ed il suo compagno, che si fa strada attraverso lego dellimperatore, piuttosto che le debolezze caratteriali, ma anche fisiche(bellissima la scena in cui il compagno, per dispetto, gli dice di tirar dentro la pancia). Insomma un film che,invece di svilupparsi in maniera anonima celebrando la grandezza dellim-peratore, ne svela quegli elementi che lo rendono umano e non scelto da Dio. Nemico pubblico Mann di Michael
Non si ferma pi Michael Mann. Gli anni duemila per lui sono stati all'insegna dello stile e dell'esercizio di esso. Partendo con Al del 2001 per poi proseguire con il magnifico, e se-
condo me suo miglior film, Collateral, fino ad arrivare all'esercizio puro dello stile con gli ultimi due, Miami Vice e Nemico Pubblico. Quest'ultimo, parte da una scelta estetica legata alla bella fotografia del nostro Dante Spinotti. La scelta di usare l'alta definizione, e la macchina da presa che segue e si sposta come gli attori, per riprendere ambienti ed ambientazioni degli anni trenta, accostando la realt di un'epoca antica, alla modalit di visione realista del contemporaneo. Questa scelta di campo, provoca un iperrealismo, come se, invece di descrivere il passato, M. volesse trasportare il pubblico nel presente delle azioni filmiche. Ci che sta accadendo sullo schermo, sono fatti reali del contemporaneo, e non un racconto atemporale del passato. A memoria non ricordo nessun altro film, che descriva con una tecnica di regia simile, abbinata all'alta definizione, una sceneggiatura ambientata e scenografata nel passato. A dir la verit una premessa di questo tipo era gi stata fatta, nel precedente Miami Vice, dove
per, essendo una sceneggiatura basata su di un telefilm, le ambientazioni si riferiscono ad un passato filmico pi che reale. Una menzione speciale, anche se ormai ormai bisognerebbe farla per quasi tutti i film che interpreta, va a Johnny Depp, alla sua immensa capacit attoriale. La sua bravura una di quelle che potrebbe fare grandi i film mediocri(non questo il caso). E poi , come i film di M., uno che mette d'accordo tutti. Anche questa volta M. riesce a non deludere, dimostrando di essere uno dei pi abili confezionatori di prodotti estetici per la grande Hollywood che ci siano. I suoi film sono l'esempio di come si possano coniugare, bellezza estetica con esigenze produttive e per blockbusters. Il risultato sono film dalla qualit cinematografica eccezionale, proprio per questo motivo di congiunzione fra esigenze differenti: il film che piace alla critica ed ai cinefili e che fa un sacco di soldi ai botteghini. Ce ne fossero di film commerciali cos!
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