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Pausa Lavoro

A cura del Gruppo Lavoro della Libreria delle donne di Milano Coordinamento e redazione: Giordana Masotto Grafica e illustrazioni: Elena Leoni. Scrivete a: lavoro@libreriadelledonne.it

MANAGER IN BILICO SULLORLO DEL POTERE


Idee e pratiche per sottrarsi allaut aut tra adeguarsi o escludersi

e manager hanno qualcosa da dire. Non banalizziamole: non ci prescrivono le cose giuste da fare, un pratico e definitivo catalogo delle buone pratiche che dovrebbero garantire linclusione delle donne nelle aziende con soddisfazione di tutti. Quello che hanno da dirci di interessante che i problemi posti dalle donne al mondo del lavoro (poche donne, poca carriera, maternit) possono essere un momento di ricchezza, di rottura degli orizzonti, di immaginazione al lavoro, purch non ci si applichi allopera da sole, come ottime ed entusiaste esecutrici di disegni altrui, ma ci si ingegni a cambiare gli schemi, restando ben ancorate alla propria esperienza e a quella delle altre. Avere altre con cui parlarne e confrontarsi, decidere di darsi autorevolezza, andare fuori dallazienda, affermare il valore politico del proprio agire: tutto questo labbiamo visto allopera in un recente incontro che si tenuto a Milano, dove si sono raccontate alcune donne che rivestono ruoli dirigenti di alto livello in aziende di grandi dimensioni. Lasciamo la parola a Luisa Pogliana: Questo incontro parte di un lavoro pi ampio che stiamo portando avanti, noi di Donnesenzaguscio. Vogliamo affrontare

lambivalenza di molte manager rispetto allassumere i ruoli pi alti, i ruoli di potere. Da un lato, infatti, vediamo che molte hanno una diversa concezione del modo di dirigere lazienda. Dallaltro lato, il potere detenuto da uomini ed esercitato con modalit maschili che le donne non condividono. Sentono unestraneit che le porta a chiamarsene fuori. Questo positivo, perch dice la volont di non adeguarsi. Ma cos nulla cambia. Ci siamo chieste allora come uscire da questo aut aut tra adeguamento ed esclusione. Perch non ci interessa contendere questo potere, ma ci interessa poter guidare lazienda in un modo che riteniamo migliore, e possibile. Ma in cosa si concretizza questa diversit in ambito aziendale?

SCEGLIERE DUE PARTI DI S Il primo punto che emerge con chiarezza la centralit della maternit. Centrale da molti punti di vista. Politico e teorico, perch nel momento della maternit il problema del rapporto vita/lavoro appare in tutta la sua irriducibilit: e infatti lazienda o espelle le donne o, nei migliori dei casi, cerca di normalizzare, controllare, metabolizzare. E centrale anche nellesperienza individuale, perch la maternit un passaggio di grande forza e creativit, che mette in campo energie e prospettive sconosciute, una nuova scoperta di s. E le idee migliori lievitano. Come ricorda AD: questa idea balzana ha iniziato a lievitare nella mia testa, cos come ha iniziato a fare la mia pancia. Molto chiare su questo punto le parole di PG: Le aziende allavanguardia si sono spese con soluzioni che in qualche modo vanno incontro ai tempi delle donne: job sharing, part time verticale, lavoro telematico etc. Riconosco il valore di queste politiche (se non altro, aiutano a risolvere problemi contingenti) ma non mi hanno mai convinta del tutto: le aziende tendono a semplificare la portata di questi problemi e lorganizzazione del lavoro diventa il contesto pi facile su cui scaricare questa complessit.

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Il vero nocciolo piuttosto lidentit lavorativa di ogni donna. Limitandosi a soluzioni organizzative, si affronta il problema complesso della cura con la modalit pi semplice: consentiamo alle donne di stare pi tempo a casa, a discapito dellidentit di lavoratrice. Ma chi ha vissuto il distacco dal proprio ambiente di lavoro a seguito della nascita di un figlio, sa che unesperienza dura, malgrado le gratificazioni di essere madre. In realt non si ha la possibilit di scegliere veramente, di scegliere tutte due queste parti di s. Penso che le donne vadano sostenute soprattutto nella fase delicata del rientro da una maternit, perch credo sia importante che ognuna possa scegliere e dare valore a quello che sta facendo. Tutto questo si pu fare solo con la consapevolezza delle donne, parlando e cercando insieme le soluzioni. Al contrario inutile. Unaltra direzione su cui ho lavorato non bloccare lo sviluppo professionale delle donne in seguito alla maternit. In fondo, si pu dire che dietro tutte queste direzioni di lavoro il mio criterio di adattare i ruoli alle donne, e non le donne al ruolo. (PD) IL PENSIERO DELLESPERIENZA Si conferma anche in questi terreni un elemento fondate nella pratica politica delle donne: partire da s e non fermarsi solo a s. Anche le nostre manager parlanti e agenti ribadiscono che la loro personale esperienza stata e continua a essere fondamentale per capire, per orientarsi. PG: Riflettere sul mio percorso non sempre equilibrato, mi ha consentito di non perdere di vista i miei obiettivi personali, che sono solo i miei. Questo percorso stato difficile, e non si mai concluso: quando i normali problemi familiari si scontrano con il mio tempo di lavoro, la tentazione di risolverli con la maggiore presenza tuttoggi la risposta ovvia, ma non sempre quella giusta. Cos faccio anche con le mie collaboratrici, invitandole a riflettere sui loro desideri. In questi anni di lavoro come responsabile di un gruppo, ho promosso una diversa identit sul lavoro, probabilmente con varie contraddizioni, che erano le stesse che stavo vivendo personalmente. AD la capa che per concedersi la mater-

nit allena il gruppo al lavoro di squadra. Come avrei potuto perseguire il mio progetto di avere un figlio proprio nel momento in cui la mie responsabilit professionali andavano crescendo? Fino a quel momento il mio percorso aveva viaggiato per imitazione dei modelli (maschili) che avevo visto agire. E quei manager uomini non avevano mai gestito unassenza per maternit. Da chi potevo copiare? RICONOSCIMENTO DI S, RICONOSCIMENTO DELLALTRA/O C poi il tema della via cooperativa che le donne sembrano prediligere. Aldil di ogni altra considerazione, interessante vederne lintreccio con il riconoscimento di s, quindi come espressione di forza e non di debolezza (se mi do valore posso darlo anche ad altri/e e questo accresce il mio valore; non serve competere sottraendo agli altri). Insomma la via della gratitudine piuttosto che quella dellinvidia. Bisogna provare a valorizzare modelli di leadership diversi. Partiamo dalle donne. Se io donna ho lopportunit di crescere nellorganizzazione e mi devo riferire a un modello, osservare come si fa il capo, i miei modelli saranno prevalentemente maschili: le donne provano un senso di solitudine e devono confrontarsi solo con modelli maschili che per lo pi rifiutano. (AR) E ora sto vedendo che succede una cosa. Non so se sono stata fortunata, o se molte donne sono cos. Succede che le donne che abbiamo messo in queste posizioni hanno una buona capacit di usare il loro ruolo di potere nel senso positivo di far accadere le cose, e lo fanno rispettando e valorizzando le persone. Succede anche unaltra cosa. Queste donne adottano una modalit cooperativa invece che competitiva. La valorizzazione delle capacit e responsabilit individuali non tesa a rafforzare il proprio territorio. tesa al raggiungimento di un risultato che, se positivo, viene ascritto a merito di tutti. Questo atteggiamento cooperativo possibile quando gli altri non si sentono minacciati da chi agisce in modo competitivo. C uno spostamento dellattenzione dallio al noi. Non un noi che elimina le individualit, anzi le esalta, ma rispetto a un interesse collettivo. (PD)

LE VIE DEL SIMBOLICO SONO INFINITE Ma questi cambiamenti lasceranno traccia? Mai sottovalutare la potenza simbolica di gesti semplici. Se non fanno nomi di donne [nella gestione risorse umane], chiediamo sempre: ma donne non ne conosci? Non ce ne sono? Cos si fa educazione, si crea cultura: chiedere in maniera esplicita di pensare a una donna, significa portarli a considerare le donne e vederne le qualit. Dopo avergli fatto queste domande due o tre volte finisce che poi ci pensano anche da soli. I pensieri strutturano la realt, i collegamenti mentali che sono stati attivati poi vengono da soli, diventano presenti nella loro routine. (PD) Limportanza di questo approccio per me consiste nel valorizzare il lavoro femminile, puntando anche a incidere sulla cultura aziendale. Portare avanti politiche che modificano la cultura dellagire quotidiano: il pi ambizioso degli obiettivi. (AR) Vedo che succede unaltra cosa: quando le donne cominciano a introdurre questi comportamenti, poi si diffondono, anche gli uomini cominciano ad adottarli, hanno meno paura di lasciare comportamenti competitivi. questo il valore della diversit: che cambia la realt. (PD) POST SCRIPTUM Forse vi sarete chieste perch queste donne, forti e decise, sono qui presentate in modo da preservare la loro identit. Non certo perch non siano disposte a metterci la faccia. Lo stanno facendo in vari luoghi (non le abbiamo incontrate in casa o al bar). Ma perch dosare e scegliere lesposizione diventa elemento consapevole e condiviso di un cammino che vuole andare lontano, lavorando sulla consapevolezza della propria forza. E sapendo anche che la forza cresce quanto pi c radicamento in s e pensiero condiviso. Perch limpresa vasta. Come dice Federica Giardini: Oggi limpresa non riguarda pi la scoperta di s, bens la scoperta di s attraverso il proprio amor mundi. La voglia di generare. Insomma un altro modo di cambiare il mondo. Non da tutti. [Giordana Masotto]

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TESSITURE POSTPATRIARCALI
Continua il confronto con il pensiero di Ina Praetorius

u proponi di ribaltare la gerarchia tra economia del bisogno ed economia delleccedenza, assumendo lambiente domestico come modello di un mondo ideale. Noi diciamo invece: rompere la divisione tra domestico e mercato, ripensando tutto il lavoro e leconomia in modo che non ci sia separazione tra vita e relazioni da una parte, economia e lavoro dallaltra. Ci sembra infatti importante evitare sia la contrapposizione tra domestico e mercato, che costringe a scegliere tra un pezzo e laltro della propria vita, sia linglobamento di una dimensione nellaltra. (vedi Sottosopra Immagina che il lavoro). Che cosa ne pensi? Questa posizione poi, ci porta a un agire politico che mette al centro le donne, insieme agli uomini che lo vogliono, come soggetti politici del cambiamento: ripartendo dal punto di vista delle donne sul domestico, sul lavoro e sulleconomia possiamo scardinare i paradigmi sia del domestico che del mercato. Che cosa ne pensi? Se voi avete letto, nei miei testi, che io vorrei ribaltare la gerarchia tra economia del bisogno ed economia delleccedenza, allora avete frainteso qualcosa. Cito da Penelope a Davos: il mio amore teorico e pratico per le faccende domestiche viene frainteso come rivalutazione del vecchio ruolo femminile. () Per contro, la mia rinnovata considerazione delle faccende domestiche presuppone sia la fase del femminismo delluguaglianza sia la conseguente decostruzione dellordine simbolico androcentrico. () Il problema, ora, come si pu organizzare una societ in cui tutti siano al tempo stesso liberi e dipendenti, servano e siano serviti, definiscano e siano definiti, agiscano in molteplici processi di scambio

Tuttavia avete ragione a pensare che la proposta di pensare il mondo come ambiente domestico possa suggerire questo malinteso. Pu anche darsi che questa idea del mondo domestico sia nata in una fase della mia vita in cui non avevo ancora compreso fino in fondo che si tratta di riordinare, di ripensare linsieme. C poi il fatto che non ho trovato un nome nuovo e veramente adatto per leconomia nel suo insieme, e quindi ho deciso, per il momento, di fare onore alle donne scegliendo il loro campo di lavoro tradizionale, lambiente domestico, per denominare linsieme. Tanto pi che corrisponde proprio al significato di oikonomia (oikos = casa, ambiente domestico), significato quasi sempre dimenticato dalleconomia dominante. Fare riferimento esplicito a questo significato originale crea una certa irritazione, suscita dibattiti interessanti e mette al centro lidea originale delleconomia, e cio di essere una teoria della soddisfazione dei bisogni. Ma vi do ragione: il concetto di ambiente domestico per denominare linsieme delleconomia non ancora, neanche per me, una soluzione veramente buona. Sa troppo di valorizzazione dellambiente femminile e dellidea che le donne siano gli esseri umani migliori. Forse riusciremo a trovare insieme la parola che cerchiamo? Mercato domestico? Ambiente di scambio? Troviamo fondamentale e illuminante il concetto di interdipendenza che tu proponi. Ma ci pare legato prevalentemente alla dimensione del bisogno, della necessit. Le nostre Penelopi in realt vorrebbero anche il resto: lopera, linvenzione, il piacere, il rischio, il viaggio e la scoperta. Dove collochi tu il desiderio?

Su questo punto in effetti la figura di Penelope ha dei limiti. Naturalmente avrei potuto sviluppare la storia e la figura di Penelope: per esempio avrei potuto mandarla in giro per il mondo, oppure rendere visibile la sua arte della tessitura con mostre pubbliche in grandi gallerie ecc. Ma non era quello che volevo fare. Inoltre un tale gesto sarebbe uscito fuori dal contesto del World Economic Forum, dove mi era venuta in mente Penelope. Io ero a Davos in qualit di osservatrice, e ci che contava per me era dare una nuova interpretazione di una figura classica che personifica un desiderio non proiettato verso lesterno, verso grandi avventure e viaggi o imprese di profitto, ma comunque sensato. Desiderio non sinonimo di imprese audaci, il desiderio pu essere proiettato verso cose che siamo abituati a concepire come comuni o quotidiane. Gli scatenati Global Player di Davos farebbero bene a ricordarselo. Non c dubbio che le donne forse non Penelope, ma Miriam oppure Giovanna dArco o Angela Merkel possano avere altri desideri. Quello sarebbe per un altro testo che andrebbe messo in un altro contesto. Giustamente sottolinei che finito il tempo dei luoghi separati, anche se, come tu dici, abbiamo e avremo ancora bisogno di stanze di tessitura in cui creare indisturbate un nuovo ordine simbolico. Ma oggi quello che deve accadere fuori da quella stanza. l che bisogna agire. Come secondo te? Come passare da quella tessitura che sappiamo fare con piacere e passione, a un agire che disturbi, che manifesti la sua radicalit e inconciliabilit? Non esiste una risposta generale a questa domanda, perch dipende da circostanze, desideri e talenti personali. Quindi vorrei rispondere con una storia personale: nel 2011 ho pubblicato tre libri, di cui uno anche tradotto in italiano. Mi sembra di aver scritto e pubblicato abbastanza, per il momento: infatti, alcune lettrici e lettori mi hanno gi detto di fare una pausa di scrittura perch non riescono a starci dietro con la lettura. Allora mi sono chiesta come riorientare il mio agire politico. Come accade spesso, lo stimolo venuto da fuori, capitato: un uomo ha sco-

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perto che da anni mi occupo di reddito di cittadinanza incondizionato, e gli interessa il modo in cui ho inserito questa idea nel mio pensiero. Mi ha chiesto se voglio collaborare a un comitato che in primavera intende lanciare uninizia-

tiva popolare per il reddito di cittadinanza incondizionato. Quindi ora faccio parte di un comitato composto da sei uomini e due donne che presto avr un sacco di lavoro con liniziativa popolare. Sono molto contenta di questo nuovo

compito, sicuramente imparer molto e quasi sicuramente trasformer questa impresa, che finora principalmente un progetto di giovani maschi urbani, in senso postpatriarcale. Magari verr fuori ci che voi auspicate: un agire che disturbi, che manifesti la sua radicalit e inconciliabilit. Tu dici: il centro del mondo destinato al tavolo della trattativa attorno al quale siedono i sei miliardi e mezzo di coloro che lo abitano. Spesso parli di questa necessaria trattativa che non teme di affrontare il conflitto (conflitto, non guerra). Negoziare, contrattare, confliggere quando necessario. Ma quando necessario? Alcune riconoscono di intensificare la cura e limpegno per poter sfuggire al conflitto, di cui hanno paura. Che visione hai tu di questo punto? Penso che la paura del conflitto sia inevitabile come il conflitto stesso. Secondo me importante non chiedere troppo a se stessi/e, n con troppi conflitti n con troppo lavoro. Non serve a nessuno. Anche qui dico: siccome non si ripetono mai le stesse situazioni non c una regola generale. Ci che occorre presenza di spirito di fronte allimprevisto. Per mantenere e coltivare la capacit di presenza di spirito, per me molto importante avere regolarmente dei momenti di interruzione, ci che una volta si chiamava esercizi spirituali. Io li attingo dalla mia tradizione cristiana e li trasformo in continuazione, insieme ad altre persone che stanno facendo un cammino simile. Di particolare importanza diventata la pratica regolare del silenzio, che vivo come una specie di fare ordine nella mia vita quotidiana. In questo modo, naturalmente, non si evitano i conflitti e le paure che fanno comunque parte della vita. Ma le interruzioni regolari aiutano, a partire da un atteggiamento di gratitudine, a individuare e a portare avanti ci che nel conflitto c di produttivo per la vita. [Domande del Gruppo lavoro della Libreria delle donne di Milano Traduzione di Traudel Sattler]

UN DESIDERIO SMISURATO SU UNO SFONDO DOMESTICO


Ecco dunque la sfida grande di Ina Praetorius: considerare il mondo intero, anzich come un mercato, come oggi diventato usuale, un ambiente domestico. La sfida grande perch non si riduce allinvito a volgere lo sguardo dal mercato alla casa: la posta in gioco limmagine con cui pensare niente meno che il mondo, per fare s che limmagine della casa soppianti quella del mercato come metafora che orienta (ad esempio, la casa porta a pensare alla cura dei bisogni e allattenzione per la qualit della vita, il mercato al gioco delle equivalenze o alla ricerca indefinita di guadagno). Per far valere questo sapere che non dimentica la dipendenza, Praetorius invita le donne a proclamare il valore del lavoro che compiono nella cura della vita e in ci realizza un altro e irriducibile lavoro: quello del proclamare, cogliendo il momento propizio per farlo, sapendo muoversi nel campo di forze. Ma questo altro lavoro, con il sapere che vi implicito, non trova immediatamente posto nellimmagine del mondo come ambiente domestico. Questa immagine va dunque complicata. La mia proposta di tornare a guardare al mercato nel modo in cui, ad esempio, lo fa Immagina che il lavoro: cio come ad un luogo dove si porta tutto, anche la questione della felicit e del desiderio che non si riduce ai bisogni. il mercato della felicit il luogo simbolico in cui si pu e si deve far valere lincancellabilit della nostra dipendenza e i saperi e le pratiche che sanno proteggere e costruire su questa dipendenza e fragilit. nel mercato della felicit che si deve difendere loriginariet dellambiente domestico, cio il suo essere lo sfondo senza di cui non vi sarebbe quel mercato, ma che neppure potr mai ridurre a s quel mercato, come lo sfondo non pu mai ridurre a s la scena di cui sfondo. Attraverso questa complicazione, sia il mercato economico sia il desiderio possono iscriversi nel discorso di Praetorius in maniera pi precisa. Praetorius concede al mercato di ordinare lo scambio e la distribuzione dei beni in eccesso, cio dei beni che restano quando una rinnovata economia domestica si occupata di soddisfare i bisogni di tutti. Vorrei che lattenzione cadesse ora sulla parola eccesso. C infatti una verit importante custodita nella smisuratezza del mercato, che la cura domestica per la misura non deve soffocare: mi riferisco alla smisuratezza del desiderio, che si traduce anche nellaspirazione allintrapresa economica (come emergeva anche nel bellissimo discorso delleconomista islandese Halla Tomasdottir, riportato sullultimo Pausa Lavoro). Questa intrapresa riesce a produrre i beni necessari, perch fa spazio al desiderio di ci che al di l del necessario. La casa coltiva le condizioni del desiderio (i legami, la cura della dipendenza incancellabile), ma non pu segnargli i confini, neppure se si fa grande come il mondo. Riccardo Fanciullacci

FIne Pausa Lavoro

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