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Prefazione

1
Universit degli Studi di Bergamo
Facolt di Ingegneria
CORSI DI LAUREA IN
INGEGNERIA GESTIONALE E MECCANICA
Dispense del corso di
Elettrotecnica
Angelo Baggini
Prefazione
2
Prefazione
Le presenti dispense non hanno la pretesa di essere un testo completo, ma nascono
dal bisogno di fornire un supporto ad uso esclusivo degli studenti che seguono le
lezioni del corso di Elettrotecnica del corso di laurea in Ingegneria Gestionale presso
la Facolt di Ingegneria dell'Universit degli Studi di Bergamo; viceversa esse infatti
apparirebbero, in diverse occasioni, troppo concise e mal si presterebbero ad un
semplice studio senza un momento di spiegazione in aula.
Anche queste dispense, con ogni probabilit, conterranno errori ed imprecisioni,
lautore se ne scusa fino d'ora e ringrazia quanti contribuiranno al miglioramento delle
stesse segnalando sviste e fornendo suggerimenti.
Programma
Parte I - Elettrotecnica generale
Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: richiami di elettromagnetismo, classificazione
dei fenomeni elettrici in statici, stazionari, quasi stazionari e non stazionari - fenomeni
elettrostatici: effetto dei campi elettrici sui conduttori, equazioni di Laplace e Poisson,
concetto di capacit, schermi elettrostatici, gabbia di Faraday - elettrodinamica
stazionaria: concetto di circuito elettrico, bipoli resistivit e resistenza, leggi di Kirchhoff
Rappresentazione e analisi delle reti in regime stazionario: bipoli ideali: resistore,
generatori ideali - caratteristica dei bipoli - convenzione dei generatori e degli
utilizzatori - serie e parallelo - metodi per la soluzione di reti elettriche lineari: correnti
di lato, correnti di maglia, potenziali di nodo, casi particolari - principio di
sovrapposizione degli effetti - teoremi di Thevenin, Norton e Millman - partitori di
corrente e di tensione - trasformazioni triangolo/stella stella/triangolo - reti non lineari -
potenza elettrica - effetto joule - teorema di Tellegen - misure di corrente di tensione e
di potenza.
Rappresentazione e analisi dei circuiti magnetici: il campo e l'induzione magnetica in
materiali con diverse caratteristiche magnetiche - analogia tra flusso magnetico e
corrente elettrica - tra forza magnetomotrice e forza elettromotrice, tra riluttanza e
resistenza - estensione ai circuiti magnetici dei principi e dei metodi risolutivi propri dei
circuiti elettrici, nell'ambito dell'analogia - induzione elettromagnetica - auto e mutua
induttanza - energia magnetica - materiali ferromagnetici: saturazione, isteresi,
correnti parassite - azioni elettrodinamiche.
Rappresentazione e analisi delle reti elettriche in regime variabile: limiti di validit dei
principi di Kirchhoff - il condensatore e l'induttore, loro caratteristica, energia
immagazzinata - regime periodico alternato sinusoidale - metodo simbolico, fasori,
valore efficace - reattanza impedenza, suscettanza, ammettenza - potenza
istantanea, attiva reattiva, apparente - estensione dei metodi per le reti in regime
stazionario alle reti in regime periodico alternato sinusoidale - risonanza - transitori:
forzanti, componenti transitorie e di regime per tensione e corrente, determinante di
rete, condizioni iniziali - rifasamento - misure di corrente, tensione e potenza in regime
periodico alternato sinusoidale.
Sistemi elettrici trifasi: sistemi trifasi simmetrici ed equilibrati - grandezze di linea e di
fase - tensioni stellate e concatenate - potenza attiva, reattiva, apparente - confronto
Prefazione
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tra la trasmissione monofase e la trasmissione trifase - rappresentazione monofase
dei circuiti trifase, simmetrici ed equilibrati - sistemi trifase dissimmetrici e squilibrati -
misure di corrente, tensione e potenza attiva - inserzione Aron.
Parte II - Macchine ed impianti elettrici
Il trasformatore: principio di funzionamento del trasformatore monofase - corrente a
vuoto e tensione di cortocircuito - circuito equivalente - aspetti costruttivi -
autotrasformatore - il trasformatore trifase - dati nominali - rendimento.
La macchina asincrona: campo magnetico rotante - statore e rotore - principio di
funzionamento come motore - scorrimento - circuito equivalente monofase - coppia e
potenza meccanica - caratteristica statica coppia/scorrimento - rendimento -
assorbimento di potenza reattiva - coppia e corrente di spunto - cenni al
funzionamento come generatore - cenni alla macchina asincrona monofase.
Macchina sincrona: generalit e disposizioni costruttive - principio di funzionamento:
generazione della fem - funzionamento a vuoto - funzionamento a carico: reazione
d'indotto - teoria lineare della macchina sincrona isotropa - teoria non lineare della
macchina sincrona isotropa - funzionamento dell'alternatore in corto circuito -
funzionamento degli alternatori in parallelo.
Macchina in corrente continua: generalit e disposizioni costruttive - principio di
funzionamento come generatore e come motore - il problema della commutazione -
caratteristica elettromeccanica - caratteristica meccanica - metodi di eccitazione.
Convertitori statici: generalit: interruttori statici - convertitori cc/cc - convertitori cc/ca -
convertitori ca/cc - convertitori ca/ca
Produzione, trasmissione, distribuzione e utilizzo dell'energia elettrica: centrali
elettriche (idrauliche e termiche) - stazioni e cabine di trasformazione - linee di
trasporto e di distribuzione - dimensionamento delle condutture: cadute di tensione,
perdite - apparecchi di manovra e protezione - rifasamento dei carichi.
Elementi di sicurezza elettrica: pericolosit della corrente elettrica - guasti e contatto
elettrico, casi tipici - protezioni: messa a terra, interruttore automatico, interruttore
differenziale sistemi TT, TN IT.
Testi consigliati
Per approfondimenti e consultazione si cconsigliano i seguenti testi:
Pier Paolo Civalleri, Elettrotecnica, Editrice Levrotto e Bella - Torino
Filippo Ciampoli, Elettrotecnica generale, Pitagora Editrice - Bologna
File: baggio2 - c:\proj\unibg\elett\dispense\PREFAZ02.DOC
Stampato: 07/03/01 23.35
Ver/Rev: fin/0.4
Angelo Baggini - Franco Bua
Universit degli Studi di Bergamo - Facolt di ingegneria - Corso di Elettrotecnica
Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 1
rev. 1.0
1
Introduzione
all'elettrotecnica
1.1 - Carica elettrica e campo elettrico
ben noto che la carica elettrica una delle propriet della materia, come la massa;
differentemente da questa, che di un unico tipo e che sempre associata alla materia, la
carica elettrica pu avere un segno e pu anche essere assente. Possiamo cos
distinguere corpi con carica positiva, corpi con carica negativa, e corpi neutri.
Dal punto di vista atomico, anzi nucleare, esistono particelle positive (protoni), negative
(elettroni) r neutre (neutroni); gli elettroni e i protoni presentano carica uguale e contraria.
Esistono anche altre particelle cariche, ma non sono comunemente presenti in natura
(almeno, non in quella con cui abbiamo a che fare) e quindi in questa sede non ce ne
occupiamo.
Dal punto di vista macroscopico un corpo sempre composto da una combinazione di
queste particelle elementari, in numero tale che solitamente le cariche positive e quelle
negative sono in numero uguale di modo che complessivamente il corpo elettricamente
neutro; se per qualche motivo questo equilibrio viene alterato si dice che il corpo
elettricamente carico. Non bisogna quindi credere n che un corpo neutro non ci siano
cariche elettriche, n che in un corpo carico le uniche cariche elettriche presenti siano solo
quelle in eccesso. Ci sono (e sono la grande maggioranza) le cariche uguali e contrarie,
che in condizioni particolari potrebbero spostarsi dando luogo a squilibri elettrici.
Senza entrare in altri dettagli n dimostrazioni si rammenta che la carica elettrica si misura
in coulomb, simbolo C, e che se nello spazio circostante ad una carica elettrica ne esiste
un'altra, tra le due si presenteranno forze attrattive o repulsive.
In particolare se le cariche sono (o possono essere considerate) puntiformi, indicando con i
e j le due cariche e definendo:
q
i
= valore della carica i r
j
= (x
i
, y
i
, z
i
) = posizione della carica
q
j
= valore della carica j r
j
= (x
j
, y
j
, z
j
) = posizione della carica
allora la forza che sulla carica i agisce per effetto della carica j vale:
F k
q
d
u
ij
j
ij
ji
_ _

q
i
2
dove:
Angelo Baggini - Franco Bua
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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 2
d x x y y z z
ij i
j i j i j
+ + distanza tra i e j =
2 2 2
( ) ( ) ( )
u versore da
u x x u y y u z z
d
ij
x i j y i j z i j
ij
_
( ) ( ) ( )

+ +
j a i =
per versore si intende un vettore unitario, che serve solo ad indicare una direzione e un
verso. In particolare i tre versori:
u , u , u
x y z
indicano la direzione dei tre assi di riferimento (x, y, z).
Analizzando la formula si nota che:
la forza agisce nella direzione della congiungente le due cariche
se le due cariche sono concordi, la forza repulsiva
se le due cariche sono discordi, la forza attrattiva
la forza decresce con legge quadratica all'aumentare della distanza.
Si inoltre definita la costante k:
k =
1
4
dove:
la permettivit elettrica della materia dove avviene il fenomeno.
In particolare si trovato sperimentalmente (proprio a parte da misure di forza elettrica):

= 8,854x10
-12
C
2
/Nm
2
che la permettivit elettrica del vuoto; per gli altri minerali:
=
o

r
dove:

r
la permettivit elettrica relativa.
La permettivit elettrica relativa dell'aria con ottima approssimazione unitaria: cio la
permettivit assoluta dell'aria praticamente uguale a quella del vuoto.
Allora, pi in generale, una carica q, che indicheremo come carica secondaria, posta nelle
vicinanze di una carica Q, che considereremo carica principale, soggetta, nell'aria o nel
vuoto, ad una forza:
F
qQ
d
u
o

1
4
2

dove il versore indica la direzione della congiungente le due cariche e il verso che dalla
carica principale va alla secondaria.
Per eliminare la dipendenza della carica esploratrice si introduce il concetto di campo
elettrico:
E
F
q
Q
d
u
o

1
4
2

Angelo Baggini - Franco Bua


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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 3
come si nota questa grandezza indipendente dall'entit della carica secondaria: questa
pu anche non esserci, e il campo elettrico rimane comunque definito.
Una carica elettrica puntiforme di entit Q genera allora nello spazio circostante, un campo
elettrico avente direzione radiale, verso uscente dalla carica se questa positiva o entrante
se questa negativa, modulo variabile con legge inversalmente quadratica con la distanza.
Il campo elettrico si misura in newton su coulomb. In seguito si fornir un'altra definizione
dimensionale.
La presenza di pi cariche genera in ogni punto dello spazio un campo elettrico che pu
essere facilmente calcolato, punto per punto, come somma vettoriale dei campi elettrici
prodotti da ciascuna carica. Il campo cos ottenuto dipender dalla posizione r = (x, y, z) del
punto che si considera e dalla posizione ed entit delle cariche che lo generano.
E E r E r
Q
d r
u r
i
i o i
i
i
i


( ) ( )
( )
( )
1
4
2

dove:
d r x x y y z z
i i i i
( ) [( ) ( ) ( ) ] +
2 2 2
u r
u x x u y y u z z
d r
i
x i y i z i
i
( )
( ) ( ) ( )
( )

+ +
In questo modo, una volta calcolato il campo elettrico in una regione dello spazio, ci si pu
anche dimenticare delle cariche che lo hanno generato e affermare che una carica
secondaria sar soggetta ad una forza:
F qE
Non soltanto cariche concentrate, ma anche cariche distribuite danno origine a campi
elettrici. Il valore del campo in ogni punto dello spazio pu essere calcolato considerando il
contributo di campo, secondo la legge radiale, di ogni porzione di spazio e di superficie
dove siano presente cariche distribuite. Per esempio nel caso di cariche distribuite su una
superficie:
E r
dS
d r
s
u r
i
i
i
( )
( )
( )

1
4

o
i

2
1.2 - Potenziale elettrico
Una carica che si trovi in un campo elettrico sottoposta ad una forza, attrattiva o repulsiva.
Se questa forza fosse libera di agire (la particella libera di muoversi), compirebbe un lavoro
che darebbe alla particella velocit e quindi energia cinetica.
Si deve quindi concludere che la carica possiede una certa energia iniziale, che potr
essere tramutata tutta o in parte in energia cinetica o in altra forma di lavoro. O mostrando,
abbastanza semplicemente, che il campo elettrico conservativo (il lavoro che il campo
elettrico compie non dipende dal percorso scelto, ma solo dal punto di partenza e di arrivo);
tale energia risulta essere potenziale.
In particolare si potrebbe considerare nulla l'energia potenziale elettrica di una particella
posta a distanza infinita dalla carica principale Q (che genera il campo e la forza). Volendo
calcolare l'energia potenziale elettrica ad una distanza d finita dalla carica Q, occorre
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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 4
calcolare (mediante un integrale) il lavoro necessario per portare la particella dall'infinito alla
distanza d richiesta: il lavoro fornito sar quindi pari all'energia potenziale accumulata.
Nel caso di campo elettrico radiale, e seguendo un percorso rettilineo e anch'esso radiale,
si avr:
U
qQ
r
u dr
qQ
r
dr
qQ
r
dr
qQ
r
qQ
d
p
o
d
o
d
o
d
o
d
o

1
]
1


1
4
1
4 4
1
4
1 1
4
2 2 2

Si pu introdurre anche un'altra grandezza, che il potenziale elettrico V, pari al rapporto
tra l'energia potenziale elettrica e la carica secondaria a cui questa energia associata:
V
U
q
Q
d
p
o

1
4
Per come definito, il potenziale elettrico una grandezza scalare, e non dipende dalla
carica secondaria a cui pu essere applicato.
Il potenziale elettrico dipende pertanto solo dalla posizione del punto dello spazio in cui lo si
considera, e non dal percorso scelto per arrivarvi.
In particolare vale che:
E u
V
x
u
V
y
u
V
z
V
x y z

Il potenziale elettrico si misura in volt, simbolo V:


1
1
1
V
J
C

Le dimensioni del campo elettrico, precedentemente definite in newton su coulomb,


possono allora essere definite anche in volt su metro.
Il potenziale di un punto dello spazio in cui agiscono pi campi elettrici dato dalla somma
dei singoli potenziali. Va notato che tale somma composta di addendi scalari, quindi
risulta decisamente pi agevole della somma dei campi elettrici (grandezze vettoriali).
1.3 - Il flusso del campo elettrico
Si definisce flusso di un vettore (E) attraverso una superficie S la grandezza:


E u dS
S
n
dove il versore indica la direzione normale alla superficie, punto per punto (occorrer
scegliere anche un verso, cio stabilire quale faccia della superficie sia da considerarsi "di
ingresso" e quale "di uscita").
Il flusso una grandezza scalare.
Se si considera una carica puntiforme q e una sfera di raggio R con il centro coincidente
con il punto in cui si trova la carica, il campo elettrico generato dalla carica sarradiale e in
ogni punto della sfera perpendicolare alla sua superficie; avrinoltre lo stesso valore in ogni
punto della superficie. Pertanto il flusso il prodotto del campo per la superficie della sfera:
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Introduzione all'elettrotecnica
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4
1
4
4
2 2
2

o
S
o o
q
R
dS
q
R
R
q
Si noti che il flusso non dipende dal raggio della sfera.
Si pu dimostrare che:
se la carica viene spostata dal centro della sfera, il valore del flusso continua ad avere lo
stesso valore;
se la superficie anzich essere sferica fosse di forma qualunque, l'espressione del flusso
non cambia.
Per dimostrare questi due punti occorre ragionare a paritdi angolo solido: se si considera
un cono infinitesimale di spazio a partire dalla carica (corrispondente ad un valore
infinitesimo di anglo solido), questo intersecheruna porzione infinitesima della superficie.
Se questa lontana, il campo sar minore con legge quadratica, ma la superficie sar
maggiore con legge quadratica; viceversa, se la superficie sar vicina il campo sar
maggiore ma la superficie minore; per cui il prodotto campo per superficie rimane costante.
Il fatto che la superficie possa non essere perpendicolare all'asse del cono non cambia
niente, perch va sempre considerato il prodotto del campo per il versore normale.
Se all'interno della superficie sono presenti pi cariche, poich il campo una funzione
lineare della carica, cos saranche il flusso; pertanto il flusso totale dato dalla somma
dei flussi delle singole cariche.
Pertanto: il flusso del campo elettrico uscente da una superficie chiusa vale:

q
o

dove q indica la carica totale (somma delle cariche).


Questa relazione nota come legge di Gauss, qui espressa in forma integrale.
Le implicazioni e le applicazioni della legge di Gauss sono molteplici.
Una conseguenza immediata la considerazione che se in una superficie chiusa non sono
presenti cariche elettriche, il flusso nullo. Questo non significa che su singole porzioni
della superficie non ci sia flusso e quindi non ci sia campo: questo pu esserci per effetto di
cariche esterne; ma la somma di tutti questi flussi locali (o meglio, l'integrale del campo
elettrico normale su tutta la superficie) dvalore nullo.
Il teorema della divergenza, detto anche teorema di Gauss, recita che l'integrale di
superficie del prodotto scalare di un campo vettoriale per il versore normale esterno esteso
a tutta una superficie chiusa pari all'integrale di volume della divergenza del campo stesso
esteso a tutto il volume racchiuso dalla stessa superficie chiusa (se il campo scalare
differenziabile con continuitsu tutto il volume). Vale quindi:
E u dS EdV
n
V S S


( )
Inoltre si pu anche scrivere che la carica totale contenuta in un volume pari all'integrale,
esteso a tutto il volume, della densitdi carica per unitdi volume che verrindicata con ;
vale quindi che:
V A
o o
V A
EdV
q
dV
( ) ( )




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La relazione non vale solo in forma integrale, ma anche in forma differenziale, cio locale:
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Cap. 1 - pag. 6
E
o

Questa relazione detta anche legge di Gauss in forma differenziale.


Un'applicazione della legge di Gauss (in forma integrale) lo studio del campo elettrico di
una lastra piana infinita uniformemente carica.
Si possono subito fare delle considerazioni di simmetria: il campo elettrico sarnormale alla
superficie, ed uscirda (o entrerin) entrambe le facce della lastra con uguale modulo ma
verso opposto.
Se si considera un cilindro avente la superficie laterale normale alla lastra, e sezionato dalla
lastra stessa, in modo che le due basi siano una al di sopra e una al di sotto della lastra e
paralleli ad essa, ed essendo A l'area di tali basi, si ha che il flusso totale uscente dal
cilindro dato solo dall'effetto del campo attraverso le due basi. La superficie laterale infatti
parallela al campo e quindi non ne attraversata.
Quindi:
2AE
Ma per la legge di Gauss:

q A
o o

Quindi si ritrova l'espressione:

A
AE E
o o
2
2
1.4 - Corrente elettrica
Gli elettroni (che hanno un elevato rapporto carica/massa) in alcune sostanze come i metalli
o gli ioni, presenti nei fluidi, hanno una mobilitelevata. Altre particelle, come i protoni sono
pi vincolate o pi lente.
Se si considera una superficie finita S (delimitata da una linea chiusa), si pu misurare il
passaggio di cariche elettriche attraverso di esse. Si deve scegliere un verso convenzionale
di attraversamento e, in presenza di moto di cariche elettriche, si misura il passaggio di una
certa carica Q in un tempo T. In particolare occorre porre attenzione al segno delle cariche
che passano, ed effettuare la misura in senso algebrico: il passaggio di un certo numero di
cariche negative nel senso convenzionalmente preso come positivo va considerato come
un passaggio dello stesso numero di cariche positive nel senso opposto.
Si pu allora definire il concetto di corrente media:
I
Q
T

il concetto di corrente istantanea:


i
dq
dt

La corrente, o meglio la sua intensit, si misura in ampere, simbolo A.


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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 7
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1
1
A
C
s

Contrariamente a quello che forse si crede, gli ampere non sono grandezze derivate dai
coulomb, ma viceversa: il sistema internazionale si chiama appunto mksA proprio perch ha
definito, oltre al campione unitario per metro, kilogrammo e secondo, anche il campione
unitario dell'ampere.
Si consideri ora il seguente esempio: si supponga che lo scorrere delle cariche elettriche
avvenga in una porzione di spazio definita, per esempio in un corpo cilindrico, con la
direzione del moto parallela alle pareti laterali (o all'asse) del cilindro stesso. Questo il
caso tipico di corrente elettrica in un conduttore di sezione uniforme. La superficie in cui si
misura la corrente pu essere qualunque sezione normale del corpo cilindrico.
Per questo caso possibile scrivere una relazione che lega il valore della corrente alla
velocite alla carica delle singole particelle e alla loro densitnel corpo stesso.
Si supponga che la corrente sia data tutta da particelle dello stesso segno, tutte con carica
q, e distribuite uniformemente nella sezione del conduttore. Se si ha una corrente i, allora
questo significa che in un tempo unitario la sezione normale attraversata da un numero di
cariche elettriche m pari a:
m
i
q

m indicherquindi un numero di particelle al secondo.


Si supponga che immediatamente dopo la sezione ci sia una porzione di cilindro (un
segmento del conduttore) che, fin quando la corrente non inizia a fluire non presenta
cariche in moto. Allora dopo un tempo T (per esempio, 1 s) le particelle che hanno iniziato a
fluire avranno raggiunto una distanza L:
L T
essendo la velocitdi spostamento.
Se si considera allora il segmento di cilindro di lunghezza L, si nota che all'istante T esso
sarstato riempito di cariche in moto e da quell'istante in poi, se il flusso sarregolare e non
presenteraccumulo di cariche, il numero delle particelle entranti sarpari a quelle uscenti.
Inoltre tale numero, che verrindicato con N, sarpari al numero delle particelle che hanno
potuto entrare nel tempo T:
N m T
Questa situazione valida per ogni sezione del cilindro. Allora se nel tratto L ci sono N
cariche in moto, la densitlineare di cariche in moto (numero di cariche in moto per metro di
lunghezza) n vale:
n
N
L
mT
T
m i
q


da cui
(*)
:

(*)
Come intuitivo, la corrente tanto maggiore quanto pi:
- grande il numero di cariche mobili presenti per unit di lunghezza del conduttore
- grande la carica di ciascuna particella
- grande la loro velocit
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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 8
nq i
Il fatto che si parli di cariche libere di muoversi, nel numero di n per unitdi lunghezza, non
significa affatto che il corpo non sia pi elettricamente neutro. Possono esistere (ed
quanto normalmente succede) altrettante cariche di segno opposto, ma non libere di
muoversi. Per esempio, nel caso dei metalli ci sono elettroni liberi che apparentemente
costituiscono cariche negative in eccesso; ma questi hanno abbandonato i loro atomi, che
sono rimasti cos in eccesso di cariche positive. I due fenomeni si annullano a vicenda. Se
in ogni segmento di conduttore il numero di elettroni entrante pari a quello uscente, non si
creano squilibri di carica.
Per come stata definita, la corrente una grandezza scalare, il moto delle particelle
cariche, caratterizzato da una velocit delle particelle stesse, invece un fenomeno
tipicamente vettoriale. Inoltre la corrente elettrica una grandezza che richiede, per essere
misurata, l'analisi del suo passaggio in una sezione: cio non un fenomeno che non viene
visto in modo strettamente locale, ma nei suoi effetti su una intera area. Anche per questo
non pu assumere un valore vettoriale: la superficie pu essere attraversata da cariche con
velocitdiverse per modulo, direzione e verso.
Esiste allora un'altra grandezza, che presenta invece le caratteristiche di localit e di
vettorialit: la densitdi corrente. Essa pari al rapporto tra la corrente che attraversa una
superficie infinitesima e la superficie infinitesima stessa; e poich localmente, su un area
infinitesima, la direzione e il verso sono univocamente determinate, la densitdi corrente
una grandezza vettoriale.
Nel seguito la densitdi corrente verrindicata con il simbolo J:
J
dl
dA
u
J si misura in ampere su metro quadrato o pi comunemente in ampere su millimetro
quadrato.
Vale pertanto:
I J u dA
A
n

Nella formula il versore indica la direzione normale alla superficie, punto per punto; si noti
inoltre che appare il doppio segno di integrale, perch un integrale superficiale (in realtil
differenziale di superficie un differenziale del 2ordine), ed appare il prodotto scalare tra il
vettore densitdi corrente e il versore normale.
In regime stazionario, cio quando tutte le grandezze mantengono lo stesso valore nel
tempo, vale il principio di solenoidalitdella corrente. Se si considera una superficie chiusa
A, il valore totale della corrente entrante in (o uscente da) essa pari a zero:
I J u dA
A
n

0
In caso invece di regime qualunque, si pu presentare nel volume interno alla superficie
chiusa una variazione della carica elettrica presente; indicando i versori normali per
esempio come versori uscenti dalla superficie, con Q la carica totale presente nel volume
interno, e con la densitdi carica per unitdi volume:
I J u dA
dQ
dt
d
dt
dV
A
V
n



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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 9
Se dalla superficie globalmente esce corrente, la carica interna diminuirtanto pi in fretta
quanto maggiore l'intensitdi tale corrente.
Applicando anche il teorema della divergenza, noto anche come teorema di Gauss, si ha
quindi:


d
dt
dV I J u dA JdV
V A A
n
V A ( ) ( )

Si dimostra che la relazione vale non solo in termini integrali, sull'intero volume, ma anche
localmente, punto per punto:
J
d
dt

1.5 - Campo magnetico


Il movimento di cariche elettriche produce nello spazio circostante un fenomeno detto
campo magnetico.
Una singola carica produce nello spazio circostante una forza magnetica data dal seguente
prodotto vettoriale:
B q
xr
r
q
xu
r
o o
r

4 4
3 2
dove:
q il valore della carica

la velocitdella carica
r
il vettore che congiunge la carica con il punto in cui si valuta il campo
Quest'ultimo vettore va considerato orientato dal punto in cui si trova la carica al punto in
cui si vuole considerare il campo.
Il campo magnetico si indica con il simbolo H e si misura in ampere su metro. Ma di uso pi
comune il campo B che si misura in tesla, simbolo T, detto induzione magnetica e che
legato al precedente da
(*)
:
B H H
o r

dove:
= permeabilitmagnetica della materia in cui avviene il fenomeno

o
= 410
-7
=1,2566 10
-6

mkg/C
2
la permeabilitmagnetica del vuoto; per gli altri materiali
si esprime sia una permeabilitassoluta, sia una relativa a quella del vuoto:

(*)
La definizione di una terminologia unificata per i fenomeni magnetici non univoca, in modo particolare per le grandezze B ed H.
Il problema molto complesso e si compone di due grosse parti: una pi generale ed astratta che riguarda la scelta dei termini
dell'etimologia pi adatta e l'altra pragmatica, pi pressante, che riguarda la necessit di un'unificazione finalizzata alla
compressione recirproca.
La convenzione terminologica adottata in questo documento quella indicata nelle Norme CEI 24-1 (Unit di misura e simboli
letterali da usare in elettrotecnica - Ed. 1982) riportata nella tabella seguente.
Grandezza Unit di misura Note
Simbolo Nome SI
H campo magnetico
(forza magnetica)
A/m IEC e ISO non menzionano il
termine forza magnetica
B induzione magnetica T --
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Cap. 1 - pag. 10

r
o

Per l'aria e quasi tutti i materiali il valore delle permeabilitrelativa pressoch unitario; solo
per il ferro essa assume valori elevati, dell'ordine delle centinaia o delle migliaia.
Con questa formula si pu studiare il campo prodotto dalla corrente che fluisce in un
conduttore cilindrico di lunghezza infinita, e il cui raggio sia trascurabile rispetto alle
distanze dall'asse del conduttore in cui si vuole calcolare il campo.
Si consideri il conduttore coincidente con l'asse Z di un sistema di assi cartesiani. Il punto P
in cui si vuole calcolare il campo si trovi nel piano XY ad una distanza dall'asse del
conduttore, quindi:
P u x u y u u u
x y x y
+ +

cos sen
Un segmento infinitesimo dz di conduttore, posto sull'asse Z ad una distanza z dall'origine,
fornisce un contributo infinitesimo dB al campo magnetico in P:
dB dq
xr
r
nqdz
xr
r
nq dz
uxr
r
idz
uxr
r
o o o i o i



4 4 4 4
3 3 3 3
Infatti la carica infinitesima dq pari al prodotto del numero di cariche per metro (n) per la
lunghezza infinitesima (dz) e per il valore di ogni carica (q). Il versore con pedice i indica
direzione e verso della corrente e coincide quindi con il versore dell'asse Z.
Esplicitando anche il versore distanza:
dB
u u x u y u z
x y z
idz
u y u x
x y z
idz
u
z
idz
o
z x y z
o x r o

+
+ +

+ +
+ +

4 4 4 2 2 2 2 2 2 2 2
3 2 3 2 3 2
( )
(
( ) ( )
( (
) ) )
/ / /
Indipendentemente dalla posizione del segmento considerato sul conduttore, il contributo
infinitesimo risulta tangente alla circonferenza di raggio nel punto P.
La forza totale del campo magnetico si otterr integrando il contributo del segmento
infinitesimo per tutta la lunghezza del conduttore, che si suppone infinita:
B
u
z
idz u i
z
dz u i
z
dz
o o o


4 4 4
2
2 2 2 2 2 2
3 2 3 2 3 2
( ( (
) ) )
/ / /
si consideri , l'angolo da cui il tratto di conduttore di lunghezza z visto dal punto P.
Allora:
z r z
z d d
+ +
+
sen ( tan )
cos
tan ( tan )
cos



dz
2 2 2 2
2
2
2
2
2
1
1
quindi:
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Cap. 1 - pag. 11
B u i
z
dz u i d
u i d u
i
d u
i
R
o o
o o o

4
2
4
2
4
2
2 2
0 2 2 3 2 0
2
2
2 2 3 2
0
2
2 2
3 3 3 2 0
2
( )
/ cos
( / cos )
/ cos
( / cos )
cos
/
/
/
/
/
/
dove

il versore tangente alla circonferenza con centro sul conduttore ed R la distanza


dal punto considerato.
1.6 - Flusso magnetico
Come per il campo elettrico e per la densit di corrente, anche per il campo magnetico
utile definire il flusso attraverso una superficie S:

B
S
n
B u dS

Le linee di forza del campo magnetico sono sempre chiuse. Per questa ragione il flusso
entrante in (o uscente da) una superficie chiusa sempre nullo:

B n
S
B u dS

0
Questa la legge di Gauss per il campo magnetico di forma integrale.
Applicando ancora una volta il teorema della divergenza, o teorema di Gauss, si ritrova che
l'integrale di superficie del flusso normale pari all'integrale di volume della divergenza del
flusso:
S
B u dS BdV
n
V S


( )
e si dimostra che le eguaglianze sono vere anche localmente, cio in forma differenziale:
B 0
Questa la legge di Gauss per il campo magnetico in forma differenziale.
1.7 - Moto di una carica in un campo elettromagnetico
Una particella carica posta in un campo elettromagnetico si trova sottoposta ad una forza:
F q E xB + ( )
Questa espressione presenta due termini. Il primo, che esprime l'effetto del campo elettrico,
indica la forza di origine elettrostatica. Il secondo, che esprime l'effetto del campo
magnetico, noto come forza di Lorentz; si presenta soltanto quando esiste una
componente di velocit della particella in una direzione che non sia parallela a quella del
campo magnetico.
Un'applicazione pratica quella del calcolo della forza agente su un conduttore percorso da
corrente e immerso in un campo magnetico. Si supponga per esempio che il conduttore sia
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Cap. 1 - pag. 12
rettilineo e posto sull'asse X, mentre il campo magnetico sia uniforme e nella direzione
dell'asse Y. Per ogni tratto di conduttore di lunghezza L si ha:
F q xB nqL Bu xu u nq LB u iLB
x y z z

quindi indicando la forza per unitdi lunghezza si ha (f):
f
F
L
u iB
z

1.8 - La circuitazione dei campi elettrico e magnetico
Dall'espressione del campo induzione magnetica prodotto da un conduttore rettilineo
infinito:
B
i
R
o
a

2
si pu subito notare che integrando il prodotto scalare del campo B per il versore tangente
alla circonferenza lungo tutta la circonferenza stessa, si ha.
L
o
o
B u dl
i
i



2
2
Questa formula ha validit generale per una qualunque circuitazione, cio anche se il
percorso non una circonferenza, purch sia una linea chiusa; il termine al secondo
membro deve contenere la somma di tutte le correnti che attraversano la superficie
delimitata dalla linea chiusa; quindi tale termine pu essere sostituito con l'integrale delle
densitdi corrente normale su tutta la superficie:
L
o o
S L
n
B dl i J u dS


( )
Questa formula nota come legge di Ampre-Maxwell in forma integrale.
Per quanto riguarda i versi della circuitazione e della corrente, si pu ricordare questa
regola: la corrente deve fluire nel verso di una vite destrorsa che ruoti nello stesso verso in
cui si sta effettuando la circuitazione.
Il teorema di Stokes recita che l'integrale di circuitazione di un campo su una linea chiusa
pari all'integrale, esteso a ogni superficie limitata dalla linea chiusa, del prodotto scalare tra
il rotore del campo stesso e il versore punto per punto normale alla superficie.
Quindi:
L s L
n o o
S L
n
B dl xB u dS i J u dS


( ) ( )
( )
Si dimostra che l'espressione non vale solo in termini integrali, ma anche differenziali, cio
localmente:
xB J
o

Questa la legge Ampre-Maxwell espressa in forma differenziale.


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Cap. 1 - pag. 13
Entrambe queste espressioni della legge Ampre-Maxwell sono per valide in regime
stazionario: in regime variabile nel tempo le espressioni sono pi complesse.
Per calcolare tali espressioni, si riprendono le equazioni:
E J
d
dt
o

e
Combinandole si nota che:
J
d
dt
E
o
( )
e quindi:
J
dE
dt
J
dE
dt
o o
+ vale a dire 0
Tornando ad integrare il flusso di queste grandezze su una superficie chiusa, si ritrova:
S
o n
S
n
S
o n
o
V S
o
V S
o
J
dE
dt
u dS J u dS
dE
dt
u dS
dQ
dt
EdV
dQ
dt
dV
dQ
dt
dQ
dt


+ +
+ + +
( )
( ) ( )


0
Come deve essere, visto che la funzione integranda nulla.
Si consideri ora la circuitazione del campo magnetico e l'equazione di Ampre-Maxwell in
forma integrale. Poich la superficie su cui si calcola il flusso della densitdi corrente pu
essere scelta liberamente, si consideri una superficie molto grande ( come un palloncino di
cui la linea chiusa sia l'imboccatura per gonfiarlo). Restringendo sempre di pi il percorso
della circuitazione, anzi facendolo tendere a zero, ovvio che il valore dell'integrale deve
anch'esso tendere a zero; al secondo membro si tende invece all'integrale di flusso della
densitdi corrente su di una superficie chiusa. Tale integrale non nullo, come visto con
l'equazione:
I J udA
dQ
dt
d
dt
dV
A
V



se non in condizioni stazionarie; risulterebbe nullo se anzich utilizzare la sola densit di
corrente si utilizzasse l'espressione
J
dE
dt
o

valida per l'appunto in regime variabile. In tale regime le equazioni di Ampre-Maxwell
diventano quindi:
L
o
S L
o n o o o
S L
n
B dl J
dE
dt
u dS I
d
dt
E u dS

+ +
( ) ( )
( )
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+ xB J
dE
dt
o o o

Anche per il campo elettrico nota la legge che esprime il valore dell'integrale di
circuitazione. Qualunque integrale di percorso del campo elettrostatico pari alla differenza
di potenziale tra il punto di arrivo e quello di partenza, ed essendo il campo conservativo
tale integrale non dipende dal cammino scelto, ma solo dagli estremi.
Si consideri ora questo esempio: vi sia un circuito composto dalla successione di quattro
segmenti dl, disposti come a formare un rettangolo nel piano XY. Si supponga che nello
spazio sia presente un campo magnetico uniforme e costante, di modulo B e disposto con
direzione e verso come l'asse Z. Si supponga anche che un lato del circuito, per esempio
quello parallelo all'asse X, possa spostarsi nel senso dell'asse Y, cio senza ruotare. Se
esso dotato di una velocitnella direzione e nel verso dell'asse Y, ogni particella carica q
si troversottoposta alla forza di Lorentz:
F xB q B u xu q Bu
y z x

Tale effetto avrebbe potuto essere ottenuto anche con un campo elettrico equivalente di
entit:
E Bu
eq x

In assenza di altri campi elettrici la circuitazione di questo campo equivalente lungo tutto il
rettangolo, effettuata in senso antiorario (la vite destrorsa avanza lungo l'asse Z, nel verso
positivo di tale asse), fornisce:
L
eq x y eq x y eq x x
E E l l E B l

+ + + 0 0 0 l l l ( ) ( )
Se si considera il flusso del campo magnetico nella superficie chiusa, esso vale:

B x y x yo
B l B l l t + l ( )
e quindi la sua derivata:
d
dt
B l
B
x


Si nota che tale derivata vale sempre, non solo per questa geometria particolare e non solo
nel caso che il flusso sia cambiato per variazione dell'area interessata, ma anche per
variazione dell'intensitdel campo magnetico nel tempo.
Quindi si pu esprimere questo con un'equazione in forma integrale, e applicando il
teorema di Stokes o del rotore, anche in forma differenziale:
L S L
n
E dl
d
dt
B u dS


( )
xE
dB
dt
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Queste equazioni sono l'espressione della legge di Faraday-Henry in forma integrale e
differenziale rispettivamente.
Le implicazioni di questa legge sono notevoli. Se si considera una spira di conduttore, e tale
spira attraversata da un campo magnetico variabile, su questa spira si manifesta una
tensione. Se per esempio si considera una spira circolare con un diametro di 0,40 m e
attraversata da un campo magnetico variabile nel tempo con legge sinusoidale, con una
frequenza di 50 Hz e un valore massimo di 1 T:
A
D
t A B t t
B

2
2
4
050 050 50 , ; ( ) ( ) , ) m 1 cos(2
quindi la tensione che si misura tra gli estremi della spira vale:
V E dl
d
dt
L
B


2 50 sen(2 50t) -314 sen(2 50t)
si presenta quindi una tensione, sfasata nel tempo di 1/4 di periodo rispetto al campo
magnetico, con un valore massimo di 314 V.
1.9 - Fenomeni statici, stazionari, quasi-stazionari, non stazionari
Nei precedenti paragrafi sono state ricordate le equazioni di Maxwell:
legge di Gauss per il campo elettrico:
S
n
o
E u dS
Q

; E =
o
legge di Gauss per il campo magnetico:
S
n
B u dS

0 0 ; B =
legge di Faraday-Henry:
L S L
n
E dl
d
dt
B u dS x
B
t


( )
; E =

legge di Ampre-Maxwell:
L
o o o
S L
n o o
B dl I
d
dt
E u dS J
E
t

+ +

( )
; xB =
o
e l'equazione di continuit:
J =

t
Si nota che nelle espressioni appaiono delle derivate (parziali se in forma differenziale o
totali se in forma integrale) rispetto al tempo .
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Cap. 1 - pag. 16
I fenomeni elettrici possono essere suddivisi in due grandi categorie: fenomeni elettrostatici
e fenomeni elettrodinamici.
Nella prima categoria si ha che: la densit volumetrica di carica, punto per punto, non
cambia nel tempo; il campo elettrico costante; la densitdi corrente nulla in ogni punto
(e di conseguenza nulla la corrente in ogni sezione); l'integrale di circuitazione del campo
elettrico nullo (campo conservativo); non esiste campo magnetico.
In questa situazione ci possono essere solo cariche puntiformi e corpi elettricamente
carichi, con distribuzione di carica superficiale o volumetrica.
Perch un fenomeno rientri nella seconda categoria, invece, occorre almeno il presupposto
che il vettore densit di corrente sia, in generale, non nullo. I fenomeni che rientrano in
questa seconda categoria vengono a loro volta suddivisi:
fenomeni stazionari: tutte le derivate rispetto al tempo sono nulle;
fenomeni non-stazionari: in generale tutte le derivate rispetto al tempo sono diverse da
zero.
Da un punto di vista ingegneristico, tuttavia, si considera anche una terza situazione,
intermedia tra le due, che viene definita regime quasi-stazionario. In tale situazione molte
delle derivate rispetto al tempo sono nulle, o di valore trascurabile ai fini pratici, mentre altre
possono essere sensibilmente diverse da zero. Le discriminazioni su quali grandezze
possano e quali non possano essere accettate come variabili nel tempo, per considerare il
regime come quasi-stazionario, una discriminazione molto delicata sulla quale si entrer
nel merito in seguito.
1.10 - Cenni di elettrostatica
Le principali leggi dell'elettrostatica sono: la legge di Coulomb, che descrive il campo
elettrico prodotto da una carica puntiforme, e la legge di Gauss per il campo elettrico, che
lega flusso e carica (forma integrale) o divergenza del flusso e densit di carica (forma
differenziale).
L'utilizzo della legge di Coulomb o della legge di Gauss per il campo elettrico permettono di
descrivere il campo elettrico generato da distribuzioni di carica superficiale e volumetrica,
come per esempio il caso della lastra piana.
Poich in elettrostatica non si ha densit di corrente, la densit di carica costante nel
tempo. Se il suo valore noto per ogni punto del corpo in cui la densitcarica si manifesta,
possibile integrare tale valore sul corpo stesso ed ottenere cos campo e potenziale
elettrici, note ovviamente le condizioni al contorno.
Gi in condizioni elettrostatiche inoltre possibile effettuare un'importante classificazione
dei corpi, in base alla sostanza di cui sono composti. Per quanto riguarda il moto delle
cariche elettriche, esistono materiali conduttori e materiali non conduttori, detti anche
isolanti.
Nei primi le cariche, se sollecitate da un campo elettrico, sono libere di spostarsi, anche se
il campo elettrico molto debole.
Nei secondi la libert di movimento delle cariche fortemente limitata, di modo che una
distribuzione volumetrica di carica non subisce variazioni apprezzabili (se non in tempi
molto lunghi).
Se un corpo conduttore viene posto in un campo elettrico, subito le cariche tenderanno a
spostarsi muovendosi nella direzione del campo: le cariche positive in verso concorde, le
negative in verso discorde. Si realizza cos una separazione di cariche (le positive da una
parte e le negative dall'altra), che genera a sua volta un campo elettrico.
Tale campo all'interno del corpo conduttore sar uguale e contrario a quello imposto
dall'esterno: infatti, solo quando i due campi si annulleranno a vicenda il moto delle cariche
potrcessare perch si raggiunta una nuova condizione di equilibrio. Lo studio della fase
transitoria in cui si ha movimento di cariche non compete all'elettrostatica, mentre ad essa
compete la determinazione del nuovo stato di equilibrio, cio della situazione "a regime".
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Cap. 1 - pag. 17
A tale proposito occorre notare che:
internamente ad un corpo conduttore non pu mai presentarsi, a regime in condizioni
elettrostatiche campo elettrico, perch se ci fosse si presenterebbe ancora moto di
cariche, fino al suo annullamento;
come conseguenza il potenziale uniforme in tutto il conduttore (equipotenzialit);
le cariche che si sono spostate e separate si posizionano sulla superficie del conduttore,
perch se esistesse una densit volumetrica di carica non si avrebbe equipotenzialit,
vedi l'eq. di Poisson:

2
V
o

cio non si avrebbe equilibrio elettrostatico.


Ovviamente, se il corpo invece costituito da materiale isolante, il campo elettrico non pu
essere annullato dallo spostamento di cariche, e pertanto possibile la presenza di campo
elettrico all'interno di tali materiali. Se questi corpi presentano una costante dielettrica
relativa diversa da quella del vuoto, il valore del campo elettrico verr modificato di
conseguenza.
Un caso interessante si presenta quando il corpo conduttore presenta una cavit al suo
interno. Per il principio di equipotenzialit, la superficie interna del conduttore si presenta
tutta allo stesso potenziale V. Poich nella cavit non esistono cariche, l'equazione di
Laplace ammette come soluzione il valore V, uniforme in tutta la cavit; di conseguenza non
esiste campo elettrico.
Si cos realizzato uno schermo elettrostatico. Perch lo schermo sia efficace spesso non
necessario avere un intero corpo chiuso intorno al volume che si vuole schermare, ma
basta un conduttore che circondi tale volume anche con delle finestre, come una rete,
purch abbastanza fissa. L'esempio tipico la gabbia di Faraday: una qualunque gabbia di
materiale conduttore, purch circondi per intero il volume e sia abbastanza fitta, si
comporta come uno schermo elettrostatico.
1.10.1 - L'effetto capacitivo
Ogni volta che si presentano due conduttori, separati da un isolante (anche l'aria), che
possono reciprocamente interagire per quanto riguarda i fenomeni elettrici, si manifesta un
effetto che detto capacitivo.
L'effetto capacitivo, legato al deposito, in presenza di sollecitazioni esterne, su un
conduttore di cariche elettriche di un segno e sull'altro di cariche di segno opposto. Tra i
due conduttori insorge quindi un campo elettrico e quindi una differenza di potenziale.
Si definisce allora la capacitcome il rapporto tra la carica presente su ogni conduttore e la
differenza di potenziale.
C
Q
V
1F =
1C
1V
La capacitsi misura in farad, simbolo F.
Il componente sistemistico (modello) che si introduce per rappresentare l'effetto capacitivo
il condensatore
Il caso pi semplice per affrontare l'effetto in esame costituito da due lastre piane
reciprocamente affacciate (condensatore piano). Se le lastre sono abbastanza grandi
rispetto alla distanza che le separa, in tutti i punti del condensatore, esclusi al pi i bordi
delle lastre stesse, si pu considerare il campo elettrico come se le lastre piane fossero di
dimensioni infinite. Vale allora:
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Cap. 1 - pag. 18
E
o r


2
in direzione perpendicolare alle lastre. Questo il campo generato da una sola lastra; l'altra
genera un campo uguale in modulo e direzione, e che all'esterno delle lastre annulla il
campo della prima, mentre all'interno si somma, raddoppiandolo.
Definendo:
d distanza tra le lastre
A area di ogni lastra
Q A /
allora vale:
V E d d
Q d
A
o r o r


C
Q
V
A
d
o r

Un altro caso tipico geometricamente semplice rappresentato dal condensatore cilindrico,
costituito da due conduttori cilindrici coassiali, di raggio R
1
e R
2
, posti uno dentro l'altro. In
questo caso le cariche presenti sul cilindro esterno non danno alcun contributo al campo
interno; applicando il teorema di Gauss al cilindro interno, e supponendo la distanza tra i
due cilindri molto pi piccola della lunghezza assiale I del condensatore, si ha che ad ogni
distanza R dall'asse il campo elettrico, radiale, pari al flusso diviso per l'area.
E
Q
Rl
o r


1
2
Quindi:
V
Q
Rl
dR
Q
In
R
R
R
R
o r o r

1
2
1
2
1
2
2
1
l
da cui la capacit:
C
Q
V In R R
o r

2
2 1
l
( / )
La presenza della costante dielettrica del vuoto rende sempre molto piccoli i valori di
capacit: tale costante presenta infatti un ordine di grandezza di 10
-12
. In realtquindi non si
usa mai il farad ma i suoi sottomultipli pico, nano, micro farad.
Un esempio potrebbe essere la capacit del pianeta Terra, considerando il secondo
conduttore come posto a distanza infinita.
V
Q
r
dr
Q
R
R
o o

1
4
1
4
2

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Cap. 1 - pag. 19
C
Q
V
R F
o
4 4 708

8,854 10
40 10
2

-12
6
Come si vede persino un corpo cos grande come la Terra ha una capacitdi meno di un
millesimo di farad; questo vuol dire che per depositare sulla Terra una carica (complessiva!)
di 1 C occorre una differenza di potenziale, rispetto al resto dell'Universo, di pi di 1000 V
(1412 V).
1.11 - Elettrodinamica stazionaria
L'elettrodinamica stazionaria per definizione caratterizzata dall'avere presenza di densit
di corrente diverse da 0 e derivate rispetto al tempo nulle per i campi elettrico e magnetico e
per la densitvolumetrica di carica.
E' gistato messo in evidenza che il vettore densitdi corrente presenta la caratteristica di
essere solenoidale, fatto salvo l'eventuale accumulo di carica (variazione nel tempo della
densitvolumetrica di carica). Nelle condizioni di stazionariet la solenoidalit comunque
perfetta, pertanto ogni filetto di corrente deve richiudersi descrivendo un percorso chiuso.
Questo filetto o tubo di flusso pu, durante tale percorso, allargarsi o restringersi (e quindi il
modulo della densit di corrente diminuisce o aumenta, rispettivamente), ma la quantit
totale del flusso di J rimane costante.
Per circuito elettrico si intende allora, nella sua definizione pi essenziale, un tubo di flusso
del vettore densit di corrente. Ed essendo tale flusso una corrente elettrica, si parla di
corrente di un circuito elettrico, a partire dal presupposto che tale grandezza mantiene lo
stesso valore per ogni sezione del circuito stesso.
Quasi sempre i circuiti elettrici sono costituiti da un supporto materiale, cio un materiale
conduttore, spesso di sezione filiforme, entro il quale avviene il passaggio della corrente;
tale conduttore rivestito di materiale isolante per evitare la dispersione della corrente in
percorsi che, anche se chiusi, non permetterebbero pi di individuare delle sezioni definite
dove la corrente sia sempre la stessa; oppure tali conduttori sono fili tesi tra supporti
isolanti, di modo che per gran parte della sua lunghezza il conduttore circondato dall'aria,
che pure un materiale isolante. Possono esistere per flussi di corrente anche "liberi", privi
di supporto definito, come le corrente di dispersione nel terreno oppure come le migrazioni
ioniche nei fluidi o nel vuoto.
Nel linguaggio comune si indica spesso con la stessa parola "circuito" qualcosa di pi
complesso, che potrebbe essere definito come l'unione di pi rami di circuiti diversi,
formando un insieme di maglie pi o meno articolata ma tale che da ogni suo punto se ne
pu raggiungere qualunque altro. In essa quindi ciascun circuito pu condividere con altri
parti del suo percorso. Il termine corretto per indicare questa struttura per quello di rete
elettrica, anche se nel seguito verranno usati indifferentemente entrambi i termini.
1.11.1 - Effetto resistivo
Il moto delle cariche elettriche, anche nei migliori materiali conduttori, non pu per
avvenire senza un'opportuna forzante. Una carica elettrica incontrer comunque una
opposizione al suo movimento (cos come in meccanica non esiste un moto privo di attriti,
se non nel vuoto), di modo che dovr cedere parte della sua energia per ogni tratto che
percorre. Vedendo le cose da un punto di vista energetico, o integrale, ogni carica perder
energia potenziale elettrica per muoversi, e quindi il suo potenziale elettrico nel punto di
partenza dovressere maggiore del potenziale elettrico nel punto di arrivo (se la carica
positiva, viceversa se negativa). Vedendo le cose da un punto di vista dinamico, o locale,
dovresistere un campo elettrico (forzante) che applicato alla particella carica produrruna
forza che vincerl'opposizione al moto offerta dal materiale.
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Cap. 1 - pag. 20
Sperimentalmente si trova che, la densitdi corrente ( ) J , conseguente all'applicazione di un
campo elettrico ( ) E , legata a questo da una costante di proporzionalit funzione del
mezzo materiale nel quale il fenomeno avviene.
Si pu pertanto scrivere la seguente legge:
E J
dove la costante che appare prende il nome di resistivitdel materiale; tale effetto detto
resistivo. Per i materiali conduttori vale che la resistivitnon dipende dal valore del campo
elettrico o della densitdi corrente, entro ampi limiti di tali grandezze; varia invece con la
temperatura. Su questo si torner in seguito; intanto possiamo affermare che, per questa
propriet, il fenomeno descritto dall'equazione di cui sopra lineare.
Vedendo le cose dall'esterno, occorre comunque che il potenziale elettrico nel punto di
partenza della corrente sia maggiore di quello del punto di arrivo.
Se si considerano due punti A e B, corrispondenti a due distinte sezioni di un circuito tra le
quali fluisce una corrente I (da A a B), la differenza di potenziale tra i due punti vale:
V V V E
A I
dl R I
AB A B
B
A
B
A
B
A
AB


dl = J dl =
I
A(l)
. dl = I
B
A


( )
dove si definita la nuova grandezza:
R
A I
dl
AB


B
A
( )
che prende il nome di resistenza tra il punto A e il punto B (o tra B e A: la resistenza va
considerata in valore assoluto, e cambiando l'ordine degli estremi tale valore non cambia).
In particolare per una sezione uniforme lungo tutta la lunghezza del tratto di circuito:
R
l
A

Questa formula particolare, come pure quella pi generale, esprimono in maniera rigorosa
un principio intuitivo: la resistenza che una corrente incontra :
tanto maggiore quanto maggiore la resistivitdel materiale;
tanto maggiore quanto lo la lunghezza del percorso;
tanto minore quanto pi grande la sezione (perch in tal modo la corrente pu meglio
distribuirsi, quindi avere una densitminore).
Il componente sistemistico (modello) che si introduce per rappresentare l'effetto resistivo il
resistore (resistenza il valore del parametro).
La resistenza si misura in ohm, simbolo ; vale:
1
1
1

V
A
Si pu quindi enunciare la legge di Ohm, per esempio in questa forma: dato un segmento di
circuito di resistenza R e di estremi A e B, la corrente I che fluisce da A a B pari alla
differenza di potenziale tra A e B diviso per la resistenza del segmento:
I
V V
R
A B
A B
AB



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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 21
Si noti che quando si parla di corrente si intende sempre la corrente convenzionalmente
positiva: cio se il potenziale d A maggiore del potenziale di B, fluiscono cariche positive
da A verso B, oppure cariche negative da B verso A, oppure entrambi i casi; nella realt, nei
metalli e nei conduttori in generale si muovono gli elettroni.
Occorre per intendersi bene sulle convenzioni: il campo elettrico il campo elettrico
forzante, cio quello che causa il flusso di corrente; da un altro punto di vista si potrebbero
vedere le cose con il segno opposto, indicando per quello che equivale ad un campo
elettrico opponentesi al moto.
E' per ora importante considerare cosa succede nell'intero circuito, e non solo su un
singolo segmento di esso.
In regime stazionario non ci sono variazioni di flusso magnetico. Per la legge di Faraday-
Henry non esistono allora nemmeno tensioni indotte, cio l'integrale di circuitazione del
campo elettrico nullo, il campo elettrico conservativo.
Affinch possa circolare corrente nel circuito, il ragionamento appena fatto per un singolo
segmento va esteso a tutto il circuito, e quindi il punto di partenza e quello di arrivo
coincidono; perch scorra corrente occorrerebbe una differenza di potenziale tra due punti
coincidenti, e questo sarebbe in contraddizione con il fatto che il campo elettrico
conservativo. Per poter far scorrere corrente devono quindi esistere delle sorgenti di d.d.p.
(differenza di potenziale), cio punti del circuito, oppure segmenti di esso (o l'intero circuito)
dove esistono sorgenti di una grandezza equivalente al campo elettrico e quindi di d.d.p.
Tali sorgenti sono indicate come generatori di tensione o di forza elettromotrice (fem). Il
termine forza improprio, visto che si parla di differenza di potenziale, ma viene usato per
motivi storici. I generatori possono essere di varia natura, ma come esempio pi
significativo citiamo l'origine elettrochimica (pile ed accumulatori).
Indicando con:
E il campo elettrico di origine elettrostatica, conservativo
E
G
il fenomeno equivalente ad un campo elettrico, dovuto ai generatori
E
R
il fenomeno equivalente ad un campo elettrico, dovuto alla resistivit
allora si pu scrivere che:
L
G R
E E E dl

+ + ( ) 0
e poich:
L
E dl

0 (essendo il campo elettrostatico conservativo)


indicando:
e E dl
L
G

(f. e.m. )
vale:
e E dl
L
S
+

= 0
e E dl
I
A l
dl RI
L
R


= - J dl = -
L L

( )
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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 22
dove R la resistenza dell'intero circuito e il verso di percorrenza della corrente lo stesso
che si usato per l'integrale di circuitazione.
La corrente che circola in un circuito pari alla fem totale generata nel circuito stesso diviso
per la resistenza totale del circuito.
Tornando a vedere le cose su un singolo tratto, l'integrale tra due punti del campo
elettrostatico pu essere anche diverso da 0; quindi indicando:
e E dl
AB
B
A
G

(fem generata su quel tratto di circuito)


vale quindi in generale:
V V e R I
A B AB AB AB
+
(la corrente convenzionalmente positiva se fluisce da A verso B).
1.11.2 - I principi di Kirchhoff
Se si considera una rete elettrica, di essa si possono individuare: i nodi, i rami, le maglie.
Per primi si definiscono i rami: un ramo o lato un tubo del flusso della densitdi corrente,
nel quale si possa ritenere che la corrente sia uguale in ogni sezione. In particolare un
singolo circuito pu essere considerato come composto da un solo ramo.
Di conseguenza si definiscono i nodi: un nodo un punto in cui convergono tre o pi rami.
Come sopra, il singolo circuito a rigore non possiede nodi.
Infine si definiscono le maglie: per maglia si intende qualunque percorso chiuso che,
partendo da un nodo, ritorni al nodo stesso percorrendo diversi rami della rete, senza per
mai percorrere un ramo pi di una sola volta.
In regime stazionario, si consideri una superficie chiusa che contenga uno e un solo nodo.
Vale:
S
J ndS

0
ma il flusso totale della densitdi corrente altro non che la somma delle correnti che dal
nodo escono attraverso i vari rami che al nodo afferiscono.
In dicando con K il nodo in questione, vale quindi:
j k
kj
i

0
dove con il simbolo di appartenenza a K dell'indice di sommatoria si indicano i nodi collegati
al nodo K.
Questa relazione enunciata dalla legge (o principio) di Kirchhoff ai nodi:
in regime stazionario, la somma algebrica delle correnti entranti (o uscenti) da un nodo (da
una superficie chiusa) nulla.
Se si considera invece una maglia, composta da N rami tra i nodi 1, 2, ....., N, per ogni ramo
i tra il nodo I e il nodo I+1 pu essere scritta la relazione:
V V e R I
I I i i
+
+1
Scrivendo questa relazione per tutti i rami, e tornando al punto di partenza:
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Cap. 1 - pag. 23
V V e R I
V V e R I
V V e R I
V V e R I
N
N
N N N
N N N N
1 2 1 1 1
2 3 2 2 2
1 1 1 1
1
+
+
+
+

.......
si nota che sommando membro a membro le varie equazioni le varie V
i
si cancellano a
vicenda: si ritrova cio il principio di conservazione del potenziale: vale allora che:
i maglia
i
i maglia
i i
e R I



Questa relazione enunciata dalla legge (o principio) di Kirchhoff alle maglie.
In regime stazionario, la somma delle fem generate in una maglia pari alla somma delle
cadute di tensione ohmiche sui rami della maglia stessa.
Per quanto riguarda le convenzioni occorre fissare un verso di percorrenza della maglia; ci
fatto: nel primo membro dell'equazione precedente considerare positive le fem concordi e
negative quelle discordi a tale verso, nel secondo membro considerare positive le correnti
concordi e negative quelle discordi a tale verso.
I principi di Kirchhoff permettono, data una rete elettrica, di calcolare le correnti in ogni ramo
e le tensioni in ogni lato (d.d.p. tra ogni coppia di nodi) una volta note le fem generate e i
valori delle resistenze di ogni lato, cio di risolvere o trovare lo stato della rete. Questo sar
l'argomento del capitolo 2 di queste dispense.
1.12 - Elettrodinamica quasi stazionaria
Anche questo argomento sartrattato diffusamente in una successiva parte delle dispense;
si forniscono qui solo i principi fondamentali.
1.12.1 - Effetto induttivo
Per prima cosa occorre descrivere le conseguenze della legge di Faraday-Henry.
Per esempio, sia dato un circuito composto da una sola spira. Se l'area sottesa da questa
spira attraversata da un campo magnetico variabile nel tempo, vale che:
L S L
n
E d
d
dt
B u dS

l
( )
si presenta cio un campo elettrico non conservativo lungo la spira stessa, o meglio, si
misura una differenza di potenziale tra il punto di partenza e il punto di arrivo della spira,
anche se questi coincidono. Si dice che esiste una tensione indotta; questo effetto prende
anche il nome di induzione elettromagnetica.
Tale differenza di potenziale pu sussistere se la spira composta di materiale isolante; se
invece il materiale conduttore e la spira chiusa su se stessa subito si verificherebbe
l'insorgere di una corrente elettrica. Tale corrente in parte farebbe uso del campo elettrico
forzante (con la corrente insorgerebbe qualcosa di equivalente ad un campo elettrico di
origine ohmica che si oppone al primo), in parte generebbe nella spira un flusso che varia
nel tempo in maniera opposta al primo, causando cos una riduzione dell'induzione
elettromagnetica.
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Cap. 1 - pag. 24
Si consideri (altro esempio) un ramo di una rete elettrica. Se questo ramo ad un certo punto
descrive una spira, la corrente che fluisce sul ramo stesso genera un campo e quindi un
flusso magnetico. Il flusso proporzionale alla corrente. Se la corrente costante, il flusso
non varia nel tempo, e quindi non esiste tensione indotta. Se invece la corrente per
esempio tende ad aumentare, la variazione di flusso produrr una tensione indotta che si
oppone al verso della corrente; se la corrente tende a diminuire, la tensione si presenter
concorde alla corrente, tendente quindi a sostenerla. Esiste cio una costante L, detta
induttanza, per cui:
( )
( )
t L
di t
dt

Questo effetto detto effetto induttivo.


1.12.2 - Effetto capacitivo
Si tratta del fenomeno di accumulo di cariche in certe parti del circuito, gi visto nel
paragrafo dedicato all'elettrostatica. Va per rilevato che se, facendo riferimento ad un
condensatore, sulle lastre si presenta accumulo di carica, il sistema nel suo insieme rimane
neutro; se visto come elemento circuitale, vale sempre che la corrente entrante (verso una
lastra) pari a quella uscente (dall'altra lastra).
Per qualunque condensatore va notato che , essendo:
i
dq
dt

dove q la carica depositata


i C
d
dt


dove la differenza di potenziale tra la lastra positiva e quella negativa; oppure:
+
C
t
C
i dt
0
0
1
Un paragone molto efficace per il condensatore quello con la vasca o il lago: un flusso
d'acqua entrante nella vasca rappresenta la corrente elettrica entrante, il livello dell'acqua
indica la tensione elettrica, la quantit totale di acqua presente corrisponde alla carica
elettrica. Pi entra acqua e pi il livello cresce; e se il livello varia vuol dire che dell'acqua
entrata o uscita. La capacit legata alla superficie del bacino: se questa grande, occorre
molta acqua per variare il livello, oppure si pu dire che il bacino pu accumulare molta
acqua senza alzarsi troppo di livello.
Se questi fenomeni (l'effetto induttivo e l'effetto capacitivo) sono localizzati in parti definite e
limitate del circuito, le leggi di Kirchhoff potranno essere riscritte quasi allo stesso modo,
alle condizioni che:
nei nodi non si presentano effetti capacitivi
le tensioni generate nei lati tengono conto dell'induzione di campi magnetici esterni
al secondo membro le c.d.t. ohmiche vengono completate con le c.d.t. su altri
componenti, schematizzabili come induttori e condensatori, per i quali la tensione va
calcolata non solo come funzione lineare della corrente, ma anche della sua derivata o
del suo integrale nel tempo.
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Introduzione all'elettrotecnica
Cap. 1 - pag. 25
In queste condizioni si pu parlare di regime quasi stazionario, ed applicare ancora, con
queste modifiche, le equazioni di Kirchhoff.
Se invece per esempio si considera anche il flusso che attraversa l'intera maglia, oppure il
fatto che ci possono essere dispersioni di corrente per effetto capacitivo attraverso
l'isolamento dei conduttori, il regime non pu essere considerato quasi-stazionario, a meno
che non si riesca a modellare tali fenomeni concatenando i loro effetti in singole parti della
rete elettrica.
File: franchino - d:\proj\unibg\elett\dispense\CAP01.DOC
Stampato: gg/03/aa 21.50
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 1
2
Rappresentazione
analisi delle reti in
regime
stazionario
Nel precedente capitolo stato esaminato il fenomeno della conduzione elettrica, definendo
la resistenza e le leggi che legano il valore della corrente alle tensioni generate in un
circuito.
In quanto segue viene descritto un processo ingegneristicamente molto importante
attraverso il quale dal fenomeno fisico viene estrapolato il componente circuitale nel caso
particolare della resistenza, ma secondo uno schema di validitpi generale.
La differenza tra fenomeno fisico, componente circuitale e dispositivo deve essere ben
chiara.
Anche se la resistenza di per s una grandezza distribuita lungo tutto il tratto di circuito
considerato pu risultare molto comodo da un punto di vista modellistico concentrarla in un
unico componente, che prende il nome di resistore. Cos per rappresentare un tratto di
circuito basterporre in serie, cio uno dopo l'altro (vd. pi oltre), ciascun elementino con il
secondo estremo elettricamente collegato con il primo estremo del successivo.
Una volta che sono state utilizzate le dimensioni del tratto di circuito (area della sezione,
lunghezza) per calcolare il valore della resistenza, ci si pu dimenticare di queste
caratteristiche geometriche e ragionare unicamente sul componente.
Casi pi complessi possono essere modellati con due componenti circuitali: uno che
rappresenta il fenomeno della generazione della f.e.m., e si chiama appunto generatore di
tensione; uno che rappresenta la c.d.t. resistiva, e si chiama appunto resistore. L'ordine con
cui vengono posti in serie non ha importanza.
I componenti descritti in quanto segue (resistore, generatore), prendono il nome di bipoli,
perch presentano due estremi, detti morsetti o poli. Il nome non superfluo, perch
esistono anche componenti con pi morsetti, come i quadrupoli.
I bipoli si dicono attivi quando in essi presente una sorgente di f.e.m., passivi in tutti gli
altri casi. Si parla anche, rispettivamente, di generatori e utilizzatori.
Nei bipoli esiste la possibilit di passaggio di corrente da un estremo all'altro, e si pu
presentare una d.d.p. tra i due estremi. E' possibile mettere in grafico le due grandezze,
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 2
tensione e corrente, e tale grafico (o comunque la funzione che esprime l'una grandezza al
variare dell'altra) prende il nome di caratteristica V-I del bipolo; se tale caratteristica una
linea retta, si parla di bipolo lineare.
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 3
2.1 - I bipoli ideali - Il resistore
Per un singolo tratto di circuito si visto che la corrente che in esso fluisce pari a:
I
V V e
R
1 2
1 2 12
12

+
che esprime in maniera rigorosa il concetto per cui la corrente fluisce in presenza di
differenza di potenziale (di origine elettrostatica) e/o di una sorgente di f.e.m., ed limitata
da una resistenza, la cui formula data da:
R
dl
A l
12
1
2

( )
Naturalmente perch la corrente fluisca occorre che il circuito sia chiuso; se anche solo uno
dei due estremi del segmento isolato, non pu esserci corrente; quindi si manifester
semplicemente un fenomeno elettrostatico di separazione interna di cariche fino al
raggiungimento della condizione di equilibrio con i campi forzanti (creando una d.d.p.
uguale ed opposta).
In particolare: se per un resistore la corrente entrante pari a quella uscente e segue la
legge:
I
V V
R
1 2
1 2
12


con resistenza costante, il bipolo lineare; in questo caso si usa anche il termine di bipolo
ideale. Si noti che nella formula non appare pi la forzante di f.e.m., perch il fenomeno
stato separato da questo, ed descritto da un componente a s.
Si pu anche scrivere pi in sintesi:
V = RI (2.1)
dove con V si intende la d.d.p. tra il morsetto in cui la I entrante e quello da cui la I
uscente. Questa convenzione per tensione e corrente prende il nome di convenzione degli
utilizzatori.
In gran parte dei materiali conduttori si ha che:
- la corrente pu fluire indifferentemente dal morsetto A a B o da B ad A (se cambia il
verso della corrente, dovrcambiare anche il segno della tensione): si dice allora che il
componente bidirezionale ed in particolare che simmetrico se la resistenza la
stessa in entrambi i casi;
- la resistenza non dipende dalla tensione o dalla corrente: componente lineare.
La resistenza dipende invece dalla temperatura , secondo la legge:
+ o o [ ( )] 1
da cui:
R R + 0 0 1 [ ( )]
valida per un ampio range di temperature; ove i simboli con pedice o rappresentano le
stesse grandezze alla temperatura di riferimento o ed a il coefficiente di temperaura
(diverso da materiale a materiale).
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 4
A temperatura costante, la caratteristica di un resistore ideale quindi una retta passante
per l'origine; al variare della temperatura cambia il coefficiente angolare (si ha cos un
fascio di rette avente il centro del fascio nell'origine).
A conclusione del discorso sulla resistivit, si noti che le dimensioni di tale grandezza sono
tali che:
[ ]
[ ]
[ ]
[ ] [ ]
l
A
R
m
m
m
2
ma pi frequentemente ai fini pratici si usa:
[ ]
mm
m
2
2.2 - I bipoli ideali - Il generatore
Per quanto riguarda il generatore di tensione, si dice che questo un generatore ideale se
la f.e.m. da esso creata non dipende dalla corrente che in esso circola. La sua caratteristica
pertanto una retta parallela all'asse della corrente.
Oltre al generatore ideale di tensione si utilizza un altro componente attivo, il generatore
ideale di corrente. Questo dispositivo eroga corrente costante, indipendentemente da quale
sia il valore di tensione applicato. La sua caratteristica quindi una retta parallela all'asse
delle tensioni. Questo dispositivo non esiste nella realt, o meglio possibile realizzarlo, ma
come generatore di tensione con un meccanismo di controllo che, sensibile alla corrente,
genera la tensione necessaria per avere il valore di corrente stabilito. Tuttavia dal punto di
vista modellistico il componente ideale risulta molto utile nell'analisi delle reti elettriche,
come si vedrin seguito.
Si usa dire che il generatore di tensione e quello di corrente sono dispositivi duali.
per i generatori si usa solitamente la seguente convenzione: la tensione viene misurata
come d.d.p. tra il morsetto da cui la corrente esce e quello in cui la corrente entra:
convenzione dei generatori.
Una modellizzazione pi realistica dei generatori quella di associare sempre ad un
generatore ideale di tensione una resistenza serie e a quello di corrente una resistenza
parallelo. Queste resistenze rendono conto: per il generatore di tensione, della c.d.t. dovuta
al fatto che, se nel generatore passa corrente, anche questa incontreruna resistenza, per
cui la tensione ai morsetti risulter inferiore a quella ideale, in misura proporzionale alla
corrente stessa; dualmente, per il generatore di corrente, del fatto che se il generatore
eroga internamente la corrente prevista e si presenta una certa d.d.p. ai morsetti,
comunque una parte di questa corrente verrdrenata internamente, in misura proporzionale
alla tensione stessa. Questa modellizzazione molto vicina alla realt.
2.3 - Serie e parallelo
I bipoli possono essere posti in serie o in parallelo.
In serie significa che ciascun bipolo posto in successione al precedente, quindi con il
primo morsetto collegato all'ultimo del precedente e l'ultimo al primo del successivo. Se
sono posti tra due nodi A e B, solo il primo morsetto del primo bipolo sarcollegato ad A
solo l'ultimo del dell'ultimo bipolo sarcollegato a B.
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Cap. 2 - pag. 5
Ne risulta che i bipoli in serie sono attraversati dalla stessa corrente, la tensione risultante
la somma algebrica delle tensioni di tutti i bipoli posti in quella serie.
In parallelo significa che tutti i bipoli sono collegati alla stessa coppia di morsetti A e B: ogni
bipolo ha un morsetto collegato ad A e l'altro collegato a B.
Ne risulta che i bipoli in parallelo sono soggetti alla medesima tensione, mentre la corrente
totale (entrante da A e uscente da B, o viceversa) la somma algebrica delle correnti di tutti
i bipoli posti in quel parallelo.
Se si pongono in serie dei generatori di tensione, la tensione totale la somma algebrica
delle tensioni di ciascuno.
Se si pongono in parallelo dei generatori di corrente, la corrente totale la somma algebrica
delle correnti di ciascuno.
Non si devono invece mai porre in parallelo dei generatori di tensione o in serie dei
generatori di corrente: nel primo caso si avrebbero delle maglie (ogni maglia con due
generatori) con una f.e.m. totale diversa da 0, e nessuna resistenza, col risultato di far
passare una corrente di valore infinito; nel secondo caso si avrebbero dei nodi con somma
di correnti diversa da 0, col risultato (duale al precedente) di creare dei valori infiniti di
tensione.
Se si pongono in serie delle resistenze:
V R R I R I RI AB I N j
j
+ + +

1 2 .......
da cui:
R R s j

La resistenza equivalente ad una serie di resistenze la somma delle resistenze stesse.


Se invece sono in parallelo:
I
V
R
V
R
V
R
V
R N j
j
+ + +

1 2
1
....
da cui:
( )
Rp Rj


1
1
La resistenza equivalente ad un parallelo di resistenza il reciproco della somma dei
reciproci delle resistenze stesse.
A tal proposito si introduce un'altra grandezza, la conduttanza pari al reciproco della
resistenza:
G
R

1
La conduttanza si misura in Siemens, simbolo S, che pari esattamente al reciproco di u
ohm. Vale quindi:
( )
G G S j


1
1
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 6
G G
p
j

Queste formule sono duali a quelle con le resistenze.


2.4 - Metodi per la soluzione di reti elettriche lineari
Il problema di risoluzione di una rete elettrica consiste, in termini generali, note le forzanti
dei generatori e le reistenze di tutti i lati, nella determinazione di tutte le correnti che
percorrono i singoli lati della rete e di tutte le tensioni agli estrmi degli stessi.
Gli strumenti che che si rendono disponibili per questo scopo sono le leggi delle correnti,
delle tensioni e di Ohm che devono essere combinate per formare un sistema di equazioni
avente come incognite le incognite della rete.
Dopo aver determinato se il problema risolubile un primo problema che si pone quello di
combinare le equazioni di cui sopra in modo da pervenire ad sistema algebrico in tante
equazioni indipendenti quante incognite.
La legge delle correnti e la legge delle tensioni fanno riferimento soltanto alla topologia
della rete senza alcun riferimento alla natura dei suoi lati.
In luogo della rete si pu perci considerare il suo grafo, ottenuto sostituendo i bipoli con un
segmento di linea che congiunge i nodi estremi.
Un grafo si dice connesso se esiste sempre un percorso che congiunga due nodi qualsiasi
del grafo, tutto costituito di lati del grafo.
Per albero di un grafo si intende un percorso costituito da lati del grafo che congiunge tutti i
nodi senza formare maglie. I lati dell'albero sono n-1, se n il numero di nodi.
Si chiama coalbero l'insieme dei lati del grafo che non appartengono ad un albero; i lati di
un coalbero sono l-n+1 se l il numero dei lati.
Si chiama insieme di taglio l'insieme dei lati che attraversano una superficie chiusa tracciata
entro la rete.
Si possono scrivere:
- n-1 equazioni linearmente indipendenti nelle correnti dei lati applicando la legge delle
correnti a tutti i nodi della rete meno 1.
- m=l-n+1 equazioni linearmente indipendenti nelle tensioni dei lati applicando la legge
delle tensioni ed altrettante maglie scelte opportunamente.
- l equazioni di Ohm per gli l lati (certamente indipendenti).
Il numero delle equazioni pareggia perci quello delle incognite ed il problema
determinato.
La scelta delle maglie indipendenti pu essere fatta con molta libert ma non
arbitrariamente. Scelto un albero della rete la legge delle tensioni applicata alle maglie
contenenti un solo lato del coalbero (maglie fondamentali) fornisce l-n+1 equazioni
linearmente indipendenti nelle tensioni dei lati.
Dualmente la legge delle correnti pu essere scritta per gli insiemi di taglio, perch ci
equivale a scriverla per una superficie chiusa. Costruisci un insieme di taglio per ciascun
lato dell'albero, insieme con alcuni altri lati del coalbero, in modo che la superficie tagli un
solo lato dell'albero alla volta (insieme di taglio fondamentale). La legge delle correnti
applicata agli n-1 insiemi di taglio fondamentali fornisce altrettante equazioni nelle correnti
linearmente indipendenti.
I sensi di riferimento della corrente e della tensione per i lati possono scegliersi
arbitrariamente, anche se in una trattazione sistematica conveniente assumere tali sensi
di riferimento associati in un'unica convenzione di segno per tutti i lati.
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 7
Per la soluzione si pu procedere secondo tre diversi metodi basati sulle equazioni di
Kirchhoff:
Metodo delle correnti di lato
Si scelgono come incognite le correnti nei lati, assegnando liberamente ad ogni lato un
verso convenzionalmente positivo.
Si possono quindi scrivere subito le N-1 eq. di K ai nodi.
Si scrivono quindi, in funzione delle incognite, la L-N+1 eq. di K. alle maglie, effettuando i
prodotti delle resistenze per le correnti e sommando le fem dei generatori.
Si hanno cos (N-1)+(L-N+1) = L equazioni, con L incognite.
Risolto il sistema, si possono trovare le tensioni in ogni nodo, partendo dal nodo di
riferimento e via agli altri, sommando le cdt resistive e le fem dei lati che congiungono i
nodi.
Il metodo spesso pesante perch le equazioni sono spesso in numero elevato.
Metodo delle tensioni di nodo
Si scelgono come incognite le tensioni di N-1 nodi (tutti, escluso il nodo di riferimento).
In funzione di tali incognite si hanno subito le ddp sui vari lati, e quindi le correnti negli
stessi.
Si possono cos scrivere le N-1 eq. di K. ai nodi.
Si hanno cos (N-1) equazioni con (N-1) incognite.
Risolto il sistema, dalle ddp si ottengono le correnti nei lati.
Metodo delle correnti di maglia
Si assegna ad ognuna delle L-N+1 maglie una corrente, per ora incognita, detta corrente di
maglia, per la quale si fissa anche il verso convenzionalmente positivo. Questa corrente
sartale che: se un lato appartiene ad una sola maglia, la corrente in quel lato coincide con
la corrente di maglia; se un lato condiviso da pi maglie, la corrente in quel lato la
somma algebrica delle correnti di tutte le maglie a cui il nodo appartiene (tenere conto del
verso convenzionale).
Si possono cos esprimere le correnti di lato in funzione di quelle di maglia, e di
conseguenza le tensioni nei lati e quindi le L-N+1 eq. di K. alle maglie.
Si hanno cos (l-N+1) equazioni con (L-N+1) incognite.
Risolto il sistema, si ricostruiscono le correnti di lato e quindi, come sopra, le tensioni nodali.
Un primo criterio di scelta tra i metodi considerati pu essere individuato nel numero delle
equazioni del sistema risolutivo:
n-1 >=< l-n+1
Si possono presentare poi dei casi particolari:
1- Un ramo presenta solo un generatore di tensione, senza alcuna resistenza:
- se si risolve la rete con il metodo delle correnti di lato, non ci sono problemi perch esiste
direttamente l'espressione di una delle ddp da inserire nelle eq. di K alle maglie
- se si risolve la rete con il metodo delle tensioni di nodo, manca l'espressione della
corrente di quel lato; in compenso per una ddp tra due nodi gidefinita; si pone come
ulteriore incognita la corrente nel generatore, ottenendo una incognita in pi, ma anche
un'equazione in pi, perch la ddp tra i due nodi fornisce una semplice equazione
contenente due tensioni nodali incognite
- se si risolve utilizzando il metodo delle correnti di maglia, non ci sono problemi perch
esiste direttamente l'espressione di una delle ddp da inserire nelle eq. di K. alle maglie.
2 - Un ramo presenta solo un generatore di corrente, senza alcuna resistenza
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 8
- se si risolve con il metodo delle correnti di lato, manca l'espressione della tensione in
quel lato; in compenso ginota una delle correnti; si pone come ulteriore incognita la
tensione sul generatore, quindi si ha questa un'incognita in pi, ma anche una corrente
incognita in meno
- se si risolve con il metodo dei potenziali di nodo, non ci sono problemi perch esiste
direttamente l'espressione della corrente in quel lato
- se si risolve col metodo delle correnti di maglia, manca l'espressione della tensione in
quel lato; in compenso gi nota una delle correnti di lato; si pone come ulteriore
incognita la tensione sul generatore, quindi si ha questa un'incognita in pi, ma anche
un'equazione in pi essendo tale corrente la somma algebrica delle correnti di maglia a
cui quel lato appartiene.
Ciascun ramo potrpresentare la serie di pi resistenze, pi generatori di tensione, e al pi
di un solo generatore di corrente. E' allora opportuno, come primo passo, porre in serie tutte
le resistenze, ottenendo una equivalente, per ciascun ramo; e cos pure per i generatori di
fem. In seguito le tensioni sui singoli bipoli passivi potranno essere facilmente ricostruite,
una volta nota la corrente che scorre nel ramo.
Cos pure pu succedere che ad una coppia di nodi afferiscano pi rami in parallelo
composti da sole resistenze. E' allora conveniente ridurre tali rami ad uno solo, con la
resistenza equivalente al parallelo delle resistenze originali. In seguito le correnti sui singoli
bipoli passivi potranno essere facilmente ricostruite, una volta nota la ddp tra i due nodi.
2.5 - Equivalenti e sovrapposizione degli effetti.
Eq. generatore di corrente e di tensione
Si consideri un ramo costituito da un generatore ideale di tensione in serie con una
resistenza. Vedendo il ramo come un unico bipolo, si pu esprimere la sua caratteristica:
V = E - RI
dove si utilizza la convenzione dei generatori, e la tensione V stata con lo stesso verso
utilizzato per la tensione generata E.
Si consideri invece ora il parallelo di un generatore di corrente e di una resistenza. Vedendo
anche questo come un unico bipolo, si pu esprimere
la sua caratteristica:
V = R (A - I) = RA - RI
dove si utilizzata la stessa convenzione e dove A la corrente generata.
In entrambi i casi la caratteristica prevede un termine costante (E, RA) e un decremento
lineare all'aumentare della corrente, con pendenza pari al valore della resistenza. dal punto
di vista esterno i due casi sono quindi equivalenti (l'affermazione giustificabile dal fatto
che i bipoli sono lineari e che due rette sono coincidenti quando hanno la stessa
penedenza e lo stesso termine noto). Questo vuol dire che in una rete elettrica un
generatore di tensione E con in serie una resistenza R pu essere sostituito, ai fini della
risoluzione del problema, con un generatore di corrente di valore A = E/R in parallelo alla
stessa resistenza, e viceversa. Questo a volte semplifica le cose, o rende pi visibile e
immediata alla persona che affronta il problema, la soluzione della rete.
Il tipo di equvalenza descritto viene indicato come equivalenza agli effetti esterni dal
momento che esternamente i due bipoli si comportanto allo stesso modo pur essendo
internamente differenti.
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 9
Sovrapposizione degli effetti
Si consideri ora un semplice circuito (una sola maglia) costituito dalla serie di due generatori
di tensione e una resistenza. La corrente che circola vale quindi:
I
E E
R

+ 1 2
Si ginotato come la tensione di un generatore ideale di fem non dipenda dalla corrente,
e come questo possa permettere il passaggio, in generale, di qualunque corrente. Si
supponga allora di disattivare il generatore 2, continuando per a permettere il passaggio di
qualunque corrente. Si avrallora solo l'effetto del generatore 1:
I
E
R
( ) 1
1

Riattivando il generatore 2 e ripetendo l'operazione per il generatore 1, si avr:


I
E
R
( ) 2
2

Si nota che la corrente ottenuta con entrambi i generatori accesi e la somma di queste due
correnti danno lo stesso valore. Cio possibile considerare la situazione effettiva come la
somma, o meglio la sovrapposizione dei due effetti, a condizione che in ciascun singolo
effetto ogni generatore spento venisse considerato come passaggio libero di corrente, cio
un collegamento privo di resistenza, o, come si dice in elettrotecnica, un cortocircuito
(abbreviato in cto cto).
Esempio duale: due generatori di corrente in parallelo tra loro e in parallelo con una
resistenza. Vale:
V R A A + ( ) 1 2
Il generatore di corrente pu ammette agli estermi qualunque tensione, ma impone la
corrente. Disattivarne uno vorrebbe dire permettere qualunque tensione, ma nessuna
corrente: quindi un circuito aperto. Disattivando prima l'uno e poi l'altro si avranno:
V RA ( ) 1 1
V RA ( ) 2 2
e la somma di queste due tensioni coincide con la tensione presente quando sono entrambi
attivati. Anche qui si pu considerare la situazione effettiva come somma, o meglio
sovrapposizione degli effetti, a condizione che in ciascun singolo effetto il generatore
spento sia sostituito con un circuito aperto.
Si noti che in entrambi i casi la sovrapposizione possibile se la rete lineare e i generatori
ideali, cio se il valore della resistenza non dipende dalla corrente in transito o dalla
tensione applicata, e cos pure le tensioni generate non risentano delle correnti in transito e
le correnti generate non risentano delle tensioni applicate.
Se la rete elettrica fosse anche pi complessa, le cose non cambierebbero. Risolvendo la
rete in forma simbolica, si noterebbe che in ogni tensione nodale e in ogni corrente di lato
una funzione lineare delle tensioni e delle correnti dei generatori. Quindi si enuncia il
principio di sovrapposizione degli effetti nel caso delle reti elettriche:
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Analisi delle reti in regime stazionario
Cap. 2 - pag. 10
In una rete lineare possibile applicare la sovrapposizione degli effetti, vale a dire: la
tensione in ogni nodo la somma delle tensioni e la corrente in ogni lato la somma delle
correnti che si ottengono attivando volta per volta solo uno o una parte dei generatori, fino a
considerarli tutti una e una sola volta, e lasciando spenti tutti gli altri, lasciandoli cio in
cortocircuito se generatori di tensione e in circuito aperto se generatori di corrente.
La rete con tutti i generatori posti in queste condizioni pu essere definita rete passiva.
Dal principio di sovrapposizione degli effetti discende che: se in una rete lineare viene
acceso un nuovo generatore o ne viene spento uno esistente, non occorre risolvere ex
novo la rete ma basta aggiungere o togliere alla soluzione preesistente il nuovo effetto,
calcolato sulla rete passiva.
2.6 - I teoremi di Thevenin e di Norton
Si considerino ancora gli esempi iniziali del par 2.5. Si nota che la caratteristica data dalla
somma di due termini: uno costante, e uno lineare.
Se si considera il generatore di tensione in serie alla resistenza, si nota anche che il termine
costante corrisponde alla tensione a vuoto, cio a quella tensione che si presenta ai capi
dei morsetti quando questi non sono richiusi su nessun altro circuito e quindi non scorre
corrente. Il termine lineare invece pari alla caratteristica che si presenta disattivando il
generatore, ponendolo cio in cto cto: la caratteristica della rete passiva, in questo caso
molto semplice.
Se si considera l'altro esempio, riscrivibile in questa forma:
I A
V
R
A GV + +
si nota che il termine costante pari alla corrente che si avrebbe quando i due morsetti
sono posti in cto cto, cio quando questi sono richiusi con un collegamento privo di
resistenza: in queste condizioni non c' tensione sui morsetti e quindi neppure corrente
nella resistenza. Il termine lineare invece pari alla caratteristica che si presenta
disattivando il generatore, cio trasformandolo in un circuito aperto: la caratteristica della
rete passiva, in questo caso molto semplice.
Si pu dimostrare, utilizzando la linearit della rete, il principio di sovrapposizione degli
effetti, che le stesse regole valgono anche quando la rete sia pi complessa, presenti
anche pi generatori e una magliatura articolata di resistenze: e cio che, vedendo le cose
da due morsetti della rete e considerandola da l come unico bipolo, la caratteristica di una
rete lineare qualunque sempre data dalla somma di un termine costante, pari alla
tensione a vuoto che si ottiene lasciando i due morsetti a vuoto, oppure pari alla corrente
che si ottiene ponendo i due morsetti in cto cto, e un termine lineare, con la stessa
caratteristica della rete passiva vista dai due morsetti.
Si enunciano allora:
Teorema di Thevenin
Una qualunque rete lineare vista da due suoi nodi pu essere sostituita con una rete
equivalente costituita da: un generatore ideale di tensione che eroga la tensione a vuoto tra
due nodi, in serie con una resistenza di valore pari alla resistenza di tutta la rete in
questione, passiva, vista degli stessi due nodi.
Teorema di Norton
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Cap. 2 - pag. 11
Una qualunque rete lineare vista da due suoi nodi pu essere sostituita con una rete
equivalente costituita da: un generatore di corrente che eroga la corrente di cto cto tra due
nodi, in parallelo con una conduttanza di valore pari alla conduttanza di tutta la rete in
questione, passiva, vista degli stessi due nodi.
Per "resistenza (conduttanza) di valore pari alla resistenza (conduttanza) di tutta la rete
passiva vista dai due nodi" si intende questo: per la rete passiva si pu scrivere
un'equazione corrispondente alla caratteristica vista dai due nodi, cio alla relazione che
lega V ed I nei due nodi. Questa caratteristica passa per l'origine, essendo la rete passiva,
ed una retta, essendo la rete lineare. Quindi il coefficiente angolare della relazione V-I
pari alla resistenza da porre nell'equivalente di Thevenin e il duo reciproco alla conduttanza
da porre nell'equivalente di Norton.
In generale tale equazione caratteristica potrebbe essere trovata in questo modo: si pone
una prima tensione di tentativo tra due nodi e si misura la corrente (o si risolve la rete con
questa forzante); si pone una seconda tensione di tentativo e si ricava ancora la corrente.
Si sono cos ottenuti due punti della caratteristica. Ma essendo questa una retta, ecco che
con due punti tale retta definita. meglio ancora poich noto a priori che la retta passa
per l'origine, basta misurare e risolvere una sola volta, perch un punto sufficiente a
determinare la retta.
Solitamente per il problema pu essere risolto in maniera pi diretta: spesso le reti passive
sono riducibili gradualmente, attraverso riduzioni successive tipo serie o parallelo: dapprima
tutti i gruppi di resistenze in serie vengono sostituiti con le rispettive resistenze equivalente
serie e tutti i gruppi di resistenze in parallelo vengono sostituiti con le rispettive resistenze
equivalente parallelo; la nuova rete cos ridotta pu ancora presentare altre serie o altri
paralleli, che vengono ancora ridotti, e cos via.
2.7 - Le conversioni stella-triangolo e triangolo-stella
Nella riduzione di una rete si possono incontrare delle configurazioni di questo tipo:
che non sono riducibili mediante normali riduzioni tipo serie o tipo parallelo.
Esistono cio due configurazioni particolari, che si presentano fra tre nodi, con un eventuale
quarto nodo in posizione centrale. Queste configurazioni sono: la configurazione a stella e
quella a triangolo.
Indicando con A, B, C i tre nodi e con H il quarto:
- la configurazione a stella si ha quando ciascun nodo A, B, C collegato al nodo H,
detto centro stella;
- la configurazione a triangolo si ha quando (non esiste H) si hanno collegamenti A-B,
B-C, C-A, come i lati di un triangolo.
Una configurazione a stella pu essere trasformata in una equivalente a triangolo, e
viceversa. Si indichino:
R
x
la resistenza a stella tra X, con X= (A, B, C), ed H
R
x
la resistenza a triangolo tra y e z, (x, y, z) = UI(A, B, C) a rotazione
Valgono allora le seguenti relazioni:
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Cap. 2 - pag. 12
R
R R
R R R
A
b c
a b c

+ +
R
R R R R R R
R
a
A B A C B C
A

+ +
per le altre resistenze (indici B, C, b, c) basta ruotare di conseguenza gli indici al secondo
membro
In particolare, se le tre resistenze a stella sono uguali, lo sono anche quelle a triangolo, e
viceversa; in tal caso le resistenze a triangolo sono 3 volte maggiori di quelle a stella.
2.8 - Reti elettriche non lineari
Una rete elettrica viene considerata non lineare quando non pi lineare almeno uno dei
suoi componenti, sia esso attivo oppure passivo.
Per esempio certe resistenze presentano una caratteristica del tipo:
V = K exp(I / I
o
)
o altre funzioni pi o meno complesse.
Per queste reti, ovviamente, si applicano comunque i principi di Kirchhoff, con la differenza
che si otterr un sistema di equazioni non lineari, che dovr essere risolto con metodi
numerici.
Nel caso la rete presenti un solo componente non lineare, o pochissimi componenti
localizzati in lati tra loro vicini, mentre il resto della rete lineare, la soluzione pu essere
ottenuta pi agevolmente ricorrendo ai teoremi di Thevenin e/o di Norton.
Un esempio chiarircome procedere.
Si supponga di avere una rete tutta lineare, fatta eccezione per un bipolo, per il quale vale:
V = f (I) con f non lineare
Siano A e B i due nodi ai quali il bipolo collegato. Si immagini allora di togliere
temporaneamente il bipolo non lineare della rete., e di effettuare l'equivalente della rete dai
due nodi A e b, per esempio con il teorema di Thevenin. Si otterrcos solo un generatore
equivalente in serie con una resistenza equivalente. A questo punto si reinserisca il bipolo
tra i due nodi. Il circuito risultante semplicissimo: una sola maglia, con il generatore in
serie alla resistenza e al componente. l'equazione di funzionamento:
E
Th
= R
Th
. I + f (I)
Anzich un intero sistema non lineare si trovata una sola equazione non lineare, che pu
essere risolta graficamente oppure numericamente per tentativi, per esempio con metodi
tipo Newton o con il metodo delle secanti.
Anche scrivendo il sistema (per esempio con il metodo dei potenziali di nodo) si sarebbe
ottenuta una sola equazione non lineare, ma inserita in un sistema di molte altre lineari;
l'applicazione dell'equivalente di Thevenin (o di Norton) equivale al procedimento
matematico che avrebbe permesso di isolare l'equazione lineare dall'intero sistema.
2.9 - Potenza elettrica - Effetto Joule
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Cap. 2 - pag. 13
In tutti i discorsi fatti fino ad ora non si ancora affrontato il problema della potenza. Ogni
applicazione elettrica di fatto scambia o trasmette energia, e quindi ad essa associata una
potenza.
Si consideri una carica elettrica Q che venga portata dal potenziale V
1
al potenziale V
2
. Ad
essa quindi stata fornita energia, per la definizione stessa di potenziale, nella misura di:
E
el
= Q (V
2
- V
1
) = Q . V
Si ricorda che il potenziale, e quindi la ddp, oppure la tensione, si misurano in Volt e che
1V = 1J / 1C. La grandezza cos ottenuta ha quindi proprio la dimensione dei Joule.
Nel caso una corrente elettrica fluisca in un generatore, questa formula vale per ogni carica.
E poich in caso di corrente si ha il passaggio di un certo numero di cariche per ogni unitdi
tempo, si ha la fornitura di una certa quantitdi energia per ogni unitdi tempo: si ha cio
una potenza fornita dal generatore alle cariche:
P
dE
dt
dQ
dt
V I V
el
.
o, pi semplicemente:
P = V.I
dove con V si intende una ddp o una fem.
La potenza elettrica si manifesta quindi quando esiste passaggio di corrente in presenza di
differenza di potenziale, ed pari al prodotto della tensione per la corrente.
Quando in un generatore si ha corrente uscente dal morsetto a potenziale maggiore, si ha
quindi potenza elettrica erogata dal generatore verso il resto del circuito. con la
convenzione dei generatori, allora, la potenza erogata dal bipolo se tensione e corrente
sono entrambi positivi o entrambi negativi.
L La potenza (in generale qualunque potenza, ed in particolare quella elettrica) si misura in
watt, simbolo W:
1W = 1V . 1A = 1J / 1s
Le cariche, muovendosi nel circuito, trasportano l'energia potenziale elettrica che ciascuna
ha con s. Incontrando una resistenza elettrica, esse devono per cedere almeno parte di
questa energia, e si ha quindi una potenza elettrica assorbita dal resistore. La potenza
assorbita sar ancora pari al prodotto di tensione per corrente; la convenzione degli
utilizzatori prevede per la corrente (o per la tensione) un verso positivo opposto a quello
della convenzione dei generatori; quindi con la convenzione degli utilizzatori, allora, la
potenza assorbita dal bipolo se tensione e corrente sono entrambi positivi o entrambi
negativi. Poich per il resistore vale:
V = R . I
allora la potenza assorbita vale:
P I V I RI R I
V
R
. . .
2
2
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Cap. 2 - pag. 14
La potenza assorbita proporzionale alla resistenza e al quadrato della corrente.
Tale potenza, nel resistore, viene completamente trasformata in calore, di modo che un
resistore percorso da corrente dissipa verso l'esterno un certo numero di calorie per ogni
secondo. Questo fenomeno prende il nome di effetto Joule.
L'effetto Joule molto importante.
Poich le resistenze si scaldano, con correnti troppo elevate si possono danneggiare o, pi
facilmente. danneggiare gli isolanti di cui sono rivestite. per questo le correnti troppo elevate
sono pericolose.
Inoltre, il riscaldamento conseguente al passaggio di corrente comporta un aumento della
resistivit(che cresce linearmente con la temperatura), e quindi della resistenza; pertanto i
parametri circuitali vengono modificati dal passaggio di corrente. In questo senso si
potrebbe dire che i resistori non sono in realt bipoli lineari, perch la R cresce
proporzionalmente al quadrato della corrente. Va per notato che nelle applicazioni normali,
con conduttori dimensionati correttamente e correnti contenute entro i limiti indicati dal
progettista, la variazione abbastanza piccola, e comunque perch la temperatura aumenti
occorre che il calore si accumuli, e questo richiede un certo periodo di tempo (transitorio
termico).
In una rete elettrica la somma delle potenze generate pari alla somma delle potenze
dissipate nelle resistenze per effetto Joule.
Questa affermazione comprensibile intuitivamente, se si ricorda che l'energia non si pu
distruggere, ma solo trasformare: quindi la potenza introdotta nella rete dai generatori non
potrche prendere la forma di calore, disperso verso l'esterno o accumulato nei materiali
durante la fase di riscaldamento, ma comunque tutto prodotto per effetto Joule.
In maniera pi rigorosa, per, l'affermazione anche dimostrabile.
Non va per pensato che tutta la potenza dei generatori sia potenza positiva erogata: ci
sono generatori che possono funzionare anche con erogazione negativa, cio con
assorbimento di potenza da parte del generatore. Questo si verifica quando in un
generatore di tensione la corrente, anzich essere entrante nel morsetto a potenziale
maggiore, uscente da questo morsetto, oppure quando la ddp applicata ad un generatore
di corrente negativa. Quando questo si verifica, la trasformazione di energia che avviene
all'interno del generatore avviene in senso inverso: se per esempio si tratta di un
generatore di tipo elettrochimico, anzich avere energia chimica trasformata in energia
elettrica per ogni unit di tempo, si avr energia elettrica trasformata in energia chimica
(accumulatore); se si tratta di un generatore di tipo elettromeccanico, anzich avere
potenza meccanica trasformata in elettrica, si avr potenza elettrica trasformata in
meccanica( motore elettrico). In realtnon tutti i generatori sono reversibili; se non lo sono,
quando la grandezza (corrente o tensione) viene invertita reagiscono bloccando il
passaggio della corrente e comportandosi come circuiti aperti.
Quando invece sono reversibili, di fatto si attuato il trasporto dell'energia elettrica dal
generatore erogante al bipolo (motore, accumulatore, ecc.) che lo utilizza e la accumula.
Le relazione viste finora mostrano come non sia possibile trasportare potenza elettrica da
un punto all'altro senza dissiparne almeno una frazione per effetto Joule. Infatti, si nota che
il termine dissipativo, essendo una funzione quadratica della corrente, sempre positivo (al
pi nullo, se non passa corrente). Nelle moderne reti elettriche la potenza dissipata
tuttavia molto piccola, al pi dell'ordine di qualche percento del totale per circuiti molto
lunghi. Esistono materiali detti superconduttori, per i quali la resistivit nulla; tuttavia tale
caratteristica si presenta solo a temperature eccezionalmente basse e quindi non vengono
utilizzati se non per applicazioni molto particolari.
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Universit degli Studi di Bergamo - Facolt di ingegneria - Corso di Elettrotecnica
Ethan Frome
Cap. 3 - pag. 1
ver. 1.0
3
Rappresentazione
e analisi dei
circuiti magnetici
3.1 - Il circuito magnetico
Si consideri una superficie S, di forma qualunque, e su di essa un'area A attraversata da
campo magnetico; si consideri quindi in particolare il tubo di flusso del vettore induzione
magnetica che interessa questa area. Per la solenoidalit del vettore induzione, tale tubo di
flusso descriver nello spazio un tragitto pi o meno lungo, ma prima o poi dovr richiudersi
su se stesso, tornando alla superficie di partenza, filetto per filetto negli stessi punti di
incidenza. Questo tubo di flusso chiuso prende il nome di circuito magnetico.
Perch un circuito magnetico esista (con valori di campo e induzione diversi da zero),
occorre che la superficie delimitata dalla linea chiusa che esso percorre sia attraversata da
corrente elettrica.
In ogni punto del circuito, i vettori campo e induzione saranno sempre coincidenti per
quanto riguarda direzione e verso, ma differenti per quanto riguarda il modulo.
E importante capire cosa succede ad una linea di forza del campo magnetico se questa
attraversa la superficie di separazione tra due materiali aventi permeabilit magnetica
relativa differente (
r2
e
r1
rispettivamente). In questo caso, dei due vettori campo e
induzione, quello che conserva lo stesso valore nel passaggio il vettore induzione. Se per
esempio il passaggio avviene nel punto l
o
di una linea di forza, vale:
B l B l
l l
l l
r
H
r
H
H
r
r
H
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
0 0
0 2 0 0 1 0
0
1
2
0
+
+

La legge di Gauss, che esprime la solenoidalit dell'induzione magnetica, va quindi


presentata nella sua forma con il vettore induzione.
Il modulo del vettore campo presenta quindi una discontinuit nel passaggio (a meno che
non si abbiano uguali permeabilit). In particolare, va notato che se la permeabilit
magnetica aumenta, il campo diminuisce.
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Cap. 3 - pag. 2
In tutto il percorso il valore del flusso del vettore induzione sar costante. Lungo il circuito la
sezione potr restringersi e allargarsi, e di conseguenza l'induzione sar rispettivamente pi
grande o pi piccola. Si consideri, per ogni posizione del circuito, l'area della superficie
normale, punto per punto, al campo magnetico, e la permeabilit magnetica relativa del
materiale attraversato:
B
A
B
( )
( )
l
l


e quindi:
H
B
A
r
B
r
( )
( )
( ) ( ) ( )
l
l
l l l


0 0

L'integrale di circuitazione (campo e induzione sono espressi in modulo perch gi


considerati paralleli alla linea di circuitazione) pari alla corrente che attraversa il circuito:
I H d
A
d
d
A
L
B
r
L
B
r
L


( )
( ) ( ) ( ) ( )
l l
l l
l
l
l l


0 0
L'integrale al secondo membro alquanto simile all'integrale che esprime la resistenza di un
circuito elettrico con la differenza che al posto della resistivit appare il reciproco della
permeabilit. Il valore di tale integrale esprime l'opposizione che il circuito magnetico oppone
al passaggio del flusso; il suo valore quindi pari al rapporto tra corrente e flusso stesso.
Allora per analogia con quanto si fa per i circuiti elettrici, tale integrale prende il nome di
riluttanza, e pu essere calcolato anche per un solo tratto del circuito magnetico:

ab
A
B
r
d
A
l
l l
0
( ) ( )
Vale quindi:
I
B

indicando la riluttanza dell'intero circuito: queste ultime due relazioni possono essere
sintetizzate nella legge di Hopkinson, che prevede chi "in un mezzo lineare il flusso
dell'induzione magnetica proporzionale alla corrente concatenata dal circuito stesso,
secondo una costante di proporzionalit che dipende dalla permeabilit magnetica del
mezzo e dalla sua geometria".
Il reciproco della riluttanza prende il nome di permeanza:

1
3.2 - Analogia tra circuito elettrico e magnetico
Come fatto per i circuiti elettrici, si possono definire allo stesso modo i concetti di rete, ramo
(porzione di circuito percorsa dallo stesso flusso), nodo (punto di convergenza tra pi rami),
maglia (successione di rami a formare un percorso chiuso).
Si possono quindi stabilire queste corrispondenze:
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Cap. 3 - pag. 3
Circuito elettrico Circuito magnetico
corrente flusso magnetico
densit di corrente vettore induzione magnetica
resistenza riluttanza
fem, E fmm, M
dove si introdotto, per analogia, il concetto di forza magnetomotrice, fmm, indicata con M.
Essa pari alla corrente totale I che attraversa la superficie delimitata dalla linea di
circuitazione. Spesso lo stesso conduttore attraversa pi di una volta la superficie,
percorrendo delle spire; quindi la forza magnetomotrice pari alla corrente per il numero di
attraversamenti, cio per il numero di spire N:
M N I
Essendo il vettore induzione solenoidale come la densit di corrente, vale anche per i circuiti
magnetici il principio di Kirchhoff ai nodi; a partire dalla legge di Ampre-Maxwell, anzich
da quella di Faraday-Henry, si dimostra anche la validit del principio di Kirchhoff alle
maglie.
Vale quindi:

Bji
j i

0
R M N I
R
k Bk


Si possono allora utilizzare anche i circuiti (reti) magnetici i metodi di soluzione visti per i
circuiti elettrici.
Esiste per una differenza, non irrilevante in termini pratici.
Nei circuiti elettrici, di fatto, i singoli rami sono generalmente ben definiti, perch sono
appositamente costruiti con materiale conduttore, generalmente di sezione regolare;
esternamente ai conduttori in pratica non esiste corrente, perch i rivestimenti e l'aria sono
isolanti.
Non esistono invece materiali conduttori magnetici, cio fortemente permeabili, e materiali
isolanti magnetici, cio pochissimo permeabili: per quasi tutti i materiali la permeabilit
relativa pressoch unitaria. Quindi il flusso magnetico non ha percorsi obbligati, ma
solitamente si diffonde in un'ampia regione di spazio circostante la sua sorgente rendendo
molto pi difficile la modellazione circuitale.
L'unica eccezione a questo comportamento si presenta in presenza di corpi materiali
composti di ferro. Il ferro l'unico materiale ad elevata permeabilit magnetica, con un
valore relativo pari ad alcune centinaia o anche migliaia. In presenza di un percorso in ferro,
il flusso magnetico sceglie preferibilmente questa strada, che pu quindi essere considerata
un circuito magnetico vero e proprio. Se si considera lo stesso percorso appena fuori dal
ferro, il valore dell'induzione si presenter centinaia o migliaia di volte inferiore; tuttavia le
linee di forza esterne al ferro possono allargarsi su sezioni molto ampie, avendo tutto lo
spazio circostante a disposizione, cos accade che il flusso esterno non del tutto
trascurabile rispetto a quello nel ferro. In pratica i due percorsi corrispondono (analogia con
i circuiti elettrici) a due riluttanze (resistenze) poste in parallelo, sotto la stessa fmm (fem): la
prima sezione limitata ma con elevata permeabilit (bassa resistivit), la seconda con scarsa
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Cap. 3 - pag. 4
permeabilit (grande resistivit) ma sezione molto grande. Insomma, un circuito magnetico
presenta sempre dei flussi parassiti, detti flussi dispersi, che rendono meno agevole un
calcolo corretto.
Nei circuiti in ferro possono presentarsi dei brevi tratti in aria (o altro materiale con
permeabilit relativa unitaria). Per esempio, il circuito pu non essere tutto in un unico
blocco, esistere, quindi, nelle giunzioni, brevi interstizi; oppure volutamente stato costruito
con delle con delle distanze in aria: ciascuno di questi tratti in aria si chiama traferro, e pu
presentare una riluttanza non indifferente, paragonabile a quella del tratto in ferro. Se per
esempio la permeabilit relativa del ferro pari a 1000, un tratto in aria di un millimetro ha la
stessa riluttanza di un tratto in ferro lungo un metro: infatti, per rami di forma regolare, vale:

1
0

r
A
l
quindi la lunghezza mille volte maggiore del tratto in ferro compensata dal valore mille
volte maggiore della permeabilit relativa.
Un circuito magnetico ben definibile anche senza parti in ferro quello generato da un
solenoide percorso da corrente: un solenoide una sequenza di spire di conduttore,
disposto quindi in forma di elica che si avvolge lungo un asse.
Se la lunghezza del solenoide sufficientemente pi grande del suo diametro, il campo
magnetico pu essere considerato uniforme all'interno del solenoide, con le linee di forza
parallele all'asse dell'elica; ad una estremit le linee di forza usciranno, allargandosi a loro
piacimento, per poi tornare e restringersi per rientrare dall'altra estremit. si pu allora
considerare il circuito magnetico come composto da due riluttanze in serie: la prima
corrisponde al tratto interno, di forma regolare; la seconda per il tratto esterno. Quest'ultima
viene considerata trascurabile perch la sua sezione, bench non uniforme, sar molto
grande. Allora:

B r r
NI NIA
AnI


0 0
l
dove:
n
N

l
Quindi:
B
A
nI
B
r



0
H
B
nI
r


0
Il valore del campo e dell'induzione sono proporzionali solo alla corrente e al numero di
spire per unit di lunghezza.
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Cap. 3 - pag. 5
3.3 - Induzione elettromagnetica
La variazione nel tempo dell'induzione magnetica e del suo flusso provoca l'insorgere di
tensione elettrica. Infatti in presenza di tali variazioni il campo elettrico non pi rotazionale
e quindi il suo integrale di circuitazione lungo la linea chiusa risulta diverso da zero. La
legge di Faraday-Henry descrive in maniera rigorosa questo fenomeno:
L
E d
d
dt
B dS
d
dt

l
S(L
B
)


Si consideri allora una spira di conduttore, avvolta attorno ad un ramo di un circuito
magnetico, dal suo estremo iniziale A al suo estremo finale B, in modo da descrivere un
giro completo. Si supponga che l'avvolgimento vada da A a B nel verso di rotazione di una
vite destrorsa che avanzi nello stesso verso in cui il flusso magnetico considerato positivo
in quel ramo: allora, in caso di variazione del flusso, la tensione che si crea ai capi A e B
della spira vale:

BA
B


B
A
L
E d E d
d
dt
l l

Utilizzando per la spira la convenzione degli utilizzatori, interessa conoscere la tensione tra
il morsetto in cui entra la corrente e quello da cui esce:

AB BA
B
d
dt
+

In particolare, si consideri un circuito magnetico composto da una sola maglia magnetica, e
dove l'unica fmm sia data dalla spira stessa. Per le convenzioni stabilite, una corrente
positiva produce un flusso positivo:

i
AB
dove si utilizza la riluttanza dell'intero circuito magnetico. Quindi:

AB
AB
di
dt

1
Si noti che anche se la spira fosse avvolta nel verso opposto, e quindi la corrente da A a B
circuitasse in senso antiorario, si sarebbe ottenuta la stessa equazione, perch tale
situazione sarebbe perfettamente simmetrica: infatti una corrente positiva con tali
convenzioni genera un flusso orientato nel verso opposto rispetto al caso precedente; basta
quindi cambiare il verso convenzionale positivo per il flusso, e il verso di rotazione torna ad
essere quello orario, quindi si pu ripetere il ragionamento identicamente.
Notiamo allora che il bipolo elettrico di estremi A e B, che interagisce con il circuito
magnetico, presenta una caratteristica particolare: nel caso la corrente tenda ad aumentare,
il bipolo "reagisce" opponendo tensione all'ingresso della corrente (tensione positiva
utilizzando la convenzione degli utilizzatori); nel caso la corrente tenda a diminuire, il bipolo
"reagisce" presentando la tensione concorde alla corrente (tensione negativa): Si pu
quindi dire che tale bipolo tende a conservare il valore di corrente sull'ultimo valore che gli
stato imposto.
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Cap. 3 - pag. 6
Tale bipolo prende il nome di induttore, o auto induttore, dato che il circuito magnetico
induce tensione sullo stesso circuito elettrico che ha generato la fmm.
Quello visto in questo esempio il caso pi semplice di auto induzione. Una maggiore
complessit pu essere introdotta considerando il caso in cui vi siano pi spire (in serie).
Allora il flusso aumenta in proporzione al numero di spire:

B
AB
M Ni

e indicando semplicemente con i la corrente da A a B e con e le tensione su una singola


spira:
e
d
dt
N di
dt
B AB

ed infine la tensione totale tra A e B:


Ne
N di
dt
2
Come si pu notare, la tensione aumentata secondo il quadrato del numero di spire.
Spesso, in presenza di spire, si parla anche di flusso concatenato, pari al flusso di ogni
spira moltiplicato per il numero totale delle spire:

B B
N
Il termine L tale che:
L
di
dt
e quindi:
L
i
i
i


quando i = 0 per ogni j i
j

e che in questo caso vale:
L
N

2
prende il nome di induttanza in generale, auto induttanza in particolare in questo caso, dove
la tensione indotta sullo stesso avvolgimento elettrico dove scorre la corrente che genera
il flusso magnetico.
L'unit di misura dell'induttanza l'henry, simbolo H. Dall'analisi dimensionale
dell'espressione:
[ ] [ ] [ ] [ ] [ ]
V H A s H s /
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Cap. 3 - pag. 7
Va notato che la ddp che si presenta ai capi di un induttore reale non dipender solo
dall'induttanza, ma esister comunque un termine resistivo, di modo che:
+ Ri L
di
dt
tuttavia spesso si preferisce vedere separatamente i due effetti modellando l'induttore reale
come la serie di due bipoli ideali, uno puramente resistivo (solo R) e uno puramente
induttivo (solo L). Ovviamente il punto di separazione tra i due bipoli un punto virtuale, nel
senso che nel componente reale effetto resistivo ed effetto induttivo si presentano nella
stessa proporzione in ciascun tratto infinitesimo del circuito.
Frequentemente, comunque, il termine resistivo trascurabile.
Attraverso i circuiti magnetici possibile indurre tensione anche su circuiti elettrici diversi da
quelli che generano la fmm: basta che anche questi siano avvolti intorno a tronchi in cui
scorre tutto o una parte del flusso magnetico generato: si parla in tal caso di mutuo
induttore.
Si consideri un circuito magnetico intorno al quale siano presenti due avvolgimenti, che
verranno indicati come 1 e 2 rispettivamente. I due avvolgimenti possono essere posti sullo
stesso ramo o su due rami distinti del circuito magnetico. Si avr allora che il flusso che
concatena l'avvolgimento 1 non sar generato solo dalla corrente nell'avvolgimento stesso,
ma in generale anche dalla corrente nell'avvolgimento 2, perch il flusso da questa prodotto
circoler almeno in parte in ogni ramo del circuito magnetico, quindi anche nel ramo intorno
a cui posto l'avvolgimento 1. Cos pure il flusso nell'avvolgimento 2 dipender dalle
correnti negli avvolgimenti 1 e 2: il discorso pu essere generalizzato a un numero generico
di avvolgimenti.
Questo l'effetto di mutua induzione; il parametro che lo descrive la mutua induttanza:
M
i
ij
i
j
k

quando i i = 0 per ogni k i, j


i
0,
che si misura in henry, come le auto induttanze.
Quindi in generale per un sistema con pi avvolgimenti vale :

1 11 1
1
12
2
1
2 21 21 21
1
12
2
2
+ + + +
+ + + +
R i L
di
dt
M
di
dt
M
di
dt
R i M
di
dt
L
di
dt
M
di
dt
N
N
N
N
...
...
..........

N NN N N N
N
R i M
di
dt
M
di
dt
L
di
dt
+ + + +
1
1
2
2
...
Per chiarire meglio la situazione si consideri il seguente esempio:
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Cap. 3 - pag. 8
di cui sono dati i parametri geometrici e magnetici e i numeri di spire:
A m A m N 50 N = 60
1
2 2
1 2
A
3 2
0 20 0 25 , ,
A A A A
4 5 6 7
025 , m
2
l l l
1 2 3
10 , m = 1 mm
l l l l
4 5 6 7
05 , m = 1000
r

Gli avvolgimenti elettrici sono posti sui rami 1 e 2, con versi di avvolgimento e di ingresso
della corrente tali da produrre, con correnti positive, fmm orientate come da figura.
Si possono calcolare le riluttanze dei singoli rami, e quindi modellare il circuito magnetico
mediante un equivalente elettrico, secondo l'analogia gi introdotta:

1 3
4000 H
-1

2
3200 3200 H H
-1 -1



4 5 6 7
1
1600 H
si trascurano eventuali flussi di dispersione (in aria) e le relative riluttanze si suppongono
quindi di valore

.
Come si pu notare la rete presenta in realt due soli nodi, indicati come B ed E, tra i quali
vi sono tre rami in parallelo:
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Cap. 3 - pag. 9

a 4 1 57
7200 H
-1


b 2 3
1
6400 H

c 6 1 7
7200 H
-1
Si supponga di poter procedere con la sovrapposizione degli effetti (in realt i materiali
magnetici presentano spesso un comportamento non lineare).
Con tali valori il generatore di fmm 1, sul ramo a, vede tutta la rete come una riluttanza pari
a:
+ +

+

( ) a a b c
c 7200
7200 6400
7200 6400
10600 H
-1
e cos pure il generatore di fmm 2, sul ramo b, "vede" tutta la rete come:
+ +

+

( ) b b a c
c 6400
7200 7200
7200 7200
10000 H
-1
Si possono quindi indicare subito i valori delle auto induttanze per i due avvolgimenti,
considerando per ciascuna che sia acceso il proprio generatore di fmm e spento (un cto
cto) l'altro:
L N
a
11
1
2
1 2500
10600
0 236


( )
, H
L N
b
22
2
2
1 3600
10000
0360


( )
, H
Oltre all'effetto auto induttivo, va considerato che il flusso generato da ogni avvolgimento
concatena almeno in parte anche l'altro; quindi, se tale flusso variabile nel tempo,
generer tensione nell'altro avvolgimento.
In questo caso il flusso generato dal generatore di fmm 1 (con il generatore 2 spento) si
ripartir nei due rami b e c in proporzione al reciproco delle rispettive riluttanze, in maniera
tale da presentare la stessa caduta di tensione (analogia elettrica per i circuiti magnetici) sui
due rami. Si tratta quindi di un partitore di flusso, l'analogo magnetico di un partitore di
corrente.

1 1 1

b c

b b c c 1 1

dove si utilizza il segno negativo perch, se il flusso generato positivo nel ramo a, sar
orientato negativamente nei rami b e c. Quindi vale:

b
c
1 1


+
c
b
e poich:
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Cap. 3 - pag. 10

1
11

N i
a ( )
si ha:
M N N
c
b c a
21 1 2
1 7200
13600
50 60
1
10600
015

+

( )
, H
Mentre le auto induttanze sono sempre positive, le mutue induttanze sono positive o
negative a seconda dei reciproci orientamenti coinvolti. In questo caso, percorrendo una
maglia che comprendesse entrambi i rami con avvolgimenti elettrici, i due avvolgimenti
presentavano versi disaccordi, da cui il segno negativo.
Il procedimento ora seguito va ripetuto per calcolare la mutua induttanza M
12
, che esprime il
rapporto tra il valore del flusso concatenato dall'avvolgimento 1 e la corrente che lo genera,
nell'avvolgimento 2. Si trova quindi:
M N N
c
a c b
12 1 2
1 7200
14400
60 50
1
10000
015

+

( )
, H
Si nota che: M
12
= M
21
.
Non si tratta di una coincidenza numerica. Esplicitando il valore delle riluttanze
(a)
e
(b)
si
potrebbe notare che l'eguaglianza anche in termini simbolici, quindi valida per qualunque
valore dei parametri e per qualsiasi situazione.
3.4 - L'energia nel campo magnetico
E' poi stato messo in evidenza che per mantenere la corrente in un circuito necessario
spendere energia. L'energia necessaria nell'unit di tempo (in altre parole, la potenza) VI.
Relativamente ad un qualsiasi tratto di circuito possibile scrivere:
V RI L
dI
dt
+
Moltiplicando questa equazione per I, si ottiene:
VI RI LI
dl
dt
+
2
Il termine RI
2
rappresenta potenza spesa per muovere gli elettroni attraverso il reticolo
cristallino del conduttore e trasferirla agli ioni costituenti il reticolo. Interpretiamo quindi
l'ultimo termine nell'equazione precedente come l'energia necessaria per unit di tempo
(potenza) per istituire la corrente e creare il campo magnetico associato. Quindi la rapidit di
aumento dell'energia magnetica :
dEm
dt
LI
dI
dt

L'energia magnetica necessaria per incrementare la corrente da zero al valore I pertanto:


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Cap. 3 - pag. 11
E dE LIdI
m m
E I


0 0
E dE LIdI LI
m m
E I


0
2
0
1
2
L'energia magnetica E
m
pu anche essere calcolata usando l'espressione:
E B dn
m


1
2
2

E B d
m


1
2
2


dove l'integrale esteso a tutto il volume nel quale il campo magnetico diverso da zero e
d l'elemento di volume.
Possiamo interpretare tale espressione dicendo che l'energia spesa per stabilire la corrente
stata immagazzinata nello spazio circostante, per effetto del campo magnetico.
Un'analisi approfondita, che qui non sar data, mostra per che i risultati sono del tutto
generali.
3.5 - Azioni meccaniche
E' gi stato messo in evidenza che la forza di Lorentz comporta interazioni di tipo meccanico
in presenza di campi magnetici e correnti.
Un altro tipico effetto meccanico la forza di attrazione e di repulsione tra le varie parti di
un circuito magnetico, e in particolare in prossimit dei traferri. Se si ha un circuito
magnetico con diverse parti in ferro, non unite saldamente le une alle altre o a un altro
vincolo, le forze che si creano fra queste parti provocher il loro spostamento. Un metodo
rigoroso ma al tempo stesso semplice per calcolare queste forze si basa su un principio
energetico. Se le distanze variano, anche di un termine infinitesimale (o, se si preferisce un
approccio Lagrangiano, di uno spostamento virtuale), cambiano i valori delle riluttanze, e
quindi delle induttanze, e di conseguenza l'energia accumulata dal campo magnetico.
In assenza di altre sorgenti di potenza (si supponga per esempio che il flusso non cambi, e
quindi non si manifesti tensione indotta, in modo che i circuiti elettrici non scambino energia
con quelli magnetici), la variazione di energia accumulata sar pari al lavoro infinitesimale, o
virtuale, svolto dalla forza esterna per effettuare lo spostamento. La forza di origine
magnetica tra le varie parti del circuito quindi uguale e contraria a tale forza esterna.
Un caso molto semplice quello del circuito magnetico composto da una sola maglia, la
quale per non composta di un blocco unico in ferro, ma di due parti separate da due
uguali traferri.
I traferri sono di lunghezza variabile. E' proprio in corrispondenza di essi che si svilupper
una forza (che si vedr essere attrattiva) tra le due parti in ferro.
Si supponga di poter considerare uguali le aree nel ferro e in aria (nell'ipotesi che i traferri
siano piccoli, il flusso nei passaggi in aria non si allarga in maniera significativa).
L'energia magnetica pu essere calcolata con l'integrale di volume:
E
B
A I
B
A I
B
o Fe
Fe
o
aria
+
1
2
1
2 2
2
2 2

Un aumento del traferro a parit di flusso e quindi di induzione, comporta una variazione di
energia:

E
B
A I
B
o
aria

1
2 2
2
2
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Cap. 3 - pag. 12
quindi la forza agente deve valere:
F
B
I
B
A
a
aria o


2 2
1
2
2
l'espressione positiva, quindi questa forza, che quella che dall'esterno compie il lavoro,
orientata come lo spostamento deve quindi essere diretta ad allontanare le due parti. Tale
forza magnetica sar ripartita in parti uguali sui traferri; quindi su ciascun traferro vale:
F
F B
A
B
a
o

2
1
2
2

il segno negativo indica che attrattiva. Si noti che la forza indipendente dal segno (cio
dall'orientamento) dell'induzione, dato che questa appare elevata al quadrato.
Il principio cos descritto quello su cui si basano gli elettromagneti, diffusi in svariate
applicazioni, con portate di ogni ordine di grandezza: per esempio potentissimi nelle
industrie, dove sono usati sui carri-ponte per sollevare rottami ferrosi (anche parecchie
tonnellate), oppure di medie potenze negli interruttori automatici (a seconda delle
dimensioni di questi) e nei rel, oppure agenti con forze minime nelle piccole suonerie
domestiche. Si noti che il termine di permettivit del vuoto al denominatore rende notevole il
valore della forza anche con induzioni e superfici abbastanza piccole.
3.6 - Materiali ferromagnetici
Una prima rilevante particolarit il problema della non linearit del comportamento
magnetico: vale a dire, il valore di permeabilit relativa non indipendente dal valore del
campo, o dell'induzione.
Si consideri il grafico che riporta il valore dell'induzione in funzione del valore del campo.
La linea che si ottiene, o la funzione che essa rappresenta, prende il nome di caratteristica
di magnetizzazione. Tale caratteristica presenta generalmente un andamento simmetrico
rispetto all'origine, il che significa che non esiste un verso privilegiato per il flusso magnetico
tranne che in alcuni casi particolari.
La caratteristica presenta un andamento con buona approssimazione rettilineo solo
nell'intorno dell'origine, fino ad un dato valore (positivo o negativo, la curva simmetrica) di
induzione. Oltre tale punto (spesso indicato come ginocchio della caratteristica),
allontanandosi dall'origine, la caratteristica inizia a piegare, diminuendo la sua inclinazione.
Il fenomeno evidenziato da tale andamento prende il nome di saturazione magnetica e il
punto dove inizia (il ginocchio) prende il nome di punto di saturazione. In realt il fenomeno
non inizia bruscamente, ma con gradualit. Valori tipici di inizio della saturazione sono
intorno a 0.81.2 T a seconda del materiale.
La caratteristica di magnetizzazione da l in poi torna ad avere un andamento rettilineo, ma
il coefficiente angolare molto pi piccolo di quello del tratto iniziale, non saturo (1000
2000 volte inferiore).
Ponendo il grafico invece il valore della permeabilit relativa, si ottiene fino al punto di
saturazione un valore pressoch costante (segmento di retta parallela all'asse delle
ascisse) e poi valori via via decrescenti, ma sempre con continuit. Per valori molto elevati di
campo si arriva fino ad un valore limite di permeabilit relativa unitario: sono completamente
scomparsi gli effetti ferromagnetici, e il materiale si comporta come l'aria o il vuoto.
In realt nemmeno il primo tratto della caratteristica perfettamente lineare, ma solitamente
presenta un andamento leggermente meno ripido all'inizio, per poi arrivare alla massima
pendenza e quindi decadere nel tratto saturo. Il valore della permeabilit iniziale, che poi
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Cap. 3 - pag. 13
cresce sensibilmente (anche raddoppiato) ma nell'arco di una variazione limitata di
induzione (0.10.3 T), rimane abbastanza costante fino a 0.81.0 T e infine quindi scende
oltre tali valori. La non-linearit del tratto iniziale comunque, nella maggior parte della
applicazioni pratiche, meno rilevante o trascurabile.
Il fenomeno della saturazione ha invece conseguenze molto rilevanti. Non va infatti
dimenticato che il valore del campo H, rigorosamente proporzionale al valore della fmm,
cio della corrente che circola negli avvolgimenti; mentre il valore della tensione indotta
rigorosamente proporzionale alla derivata del flusso e quindi dell'induzione magnetica B. La
saturazione pertanto produce, nell'andamento nel tempo della tensione o della corrente,
delle distorsioni rispetto al comportamento lineare. Nella maggior parte delle applicazioni
pratiche si utilizzano tensione e correnti con andamento nel tempo di tipo sinusoidale,
perch occorrono funzioni variabili nel tempo per ottenere variazioni di flusso e quindi
tensioni indotte, le funzioni seno e coseno sono: periodiche (si torna sempre al valore di
partenza), molto regolari (sono continue e derivabili infinite volte) e la derivata di una
funzione sinusoidale ancora una funzione sinusoidale, sfasata di 90.
Si consideri per esempio un semplice circuito magnetico, composto di un solo percorso
magnetico di lunghezza l e sezione costante A. Intorno ad esso si abbia un avvolgimento
con N spire percorse da una corrente i, ai cui morsetti si misuri una tensione e. Essendo
costante la sezione lungo tutto il percorso, a parit di corrente si presenter lo stesso valore
di campo in ogni punto del circuito magnetico:
H
Ni
l

mentre la tensione ai morsetti vale:


NA
dB
dt
L
di
dt
Si supponga di alimentare il circuito elettrico con un generatore ideale di corrente, che
imponga una corrente sinusoidale:
i t I t
M
( ) sen( )
Si ha quindi:
H t
N
l
I t H t
B t H t H t
M M
r r M
( ) sen( ) sen( )
( ) ( ) sen( )




0 0
In condizioni di linearit, anche l'induzione sarebbe perfettamente sinusoidale, ma per
effetto della saturazione la permeabilit relativa non costante, ma decresce al crescere di
H e B, cosicch i valori pi elevati (positivi o negativi) della sinusoide vengono ridotti,
ottenendo una sinusoide appiattita nelle sommit. La derivazione di siffatta funzione,
anzich portare a:
( ) cos( ) cos( ) cos( ) t NA
dB
dt
NAB t LI t V t
M M M

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Cap. 3 - pag. 14
che sarebbe una funzione perfettamente sinusoidale, porta ad una funzione sicuramente
deformata. In particolare:
i valori massimi di tensione corrispondono alle derivate del flusso in prossimit del
passaggio per lo zero, dove quindi B piccolo, quindi non si ha saturazione; i valori
massimi di tensione non sono quindi influenzati dalla saturazione;
i valori di flusso in corrispondenza della zona deformata sono valori appiattiti, quindi con
derivata ridotta rispetto alla condizione normale; pertanto, dopo i massimi e una prima
discesa regolare, le tensioni si avvicinano allo zero pi rapidamente e pi lentamente
riprendono a salire.
Si supponga invece di alimentare il circuito elettrico con un generatore ideale di tensione,
che eroghi una tensione con andamento sinusoidale del tipo:
e t E t
M
( ) cos( )
Nel circuito dovr allora passare una corrente tale da generare un flusso che per induzione
produca una tensione ai morsetti pari alla fem applicata. Pertanto dovr essere:
N
d t
dt
t t
N
t dt
V
N
t
B t
V
NA
t
H t
B t V
NA
t
M
M
r r
M

( )
( ) ( ) ( ) sen( )
( ) sen( )
( )
( )
sen( )




1
1
0 0
In condizioni di linearit anche il campo sarebbe una sinusoide perfetta. Ma il valore della
permeabilit relativa non costante, ma decresce al crescere di H e di B, cosicch in
corrispondenza dei massimi della sinusoide di H i suoi valori vengono amplificati. La
situazione invece quella prevista nelle zone della sinusoide dove i valori di H sono piccoli.
La corrente segue lo stesso andamento, in modo da presentare un massimo pi grande
(anche di molte volte se la saturazione rilevante) di quello che si otterrebbe in condizioni
lineari. Insomma, poich la permeabilit diminuita, occorre molta pi corrente per ottenere
lo stesso flusso di induzione.
Si noti che la non linearit, cio permeabilit relativa non costante, significa anche induttanze
non costanti:
L
N
N
dl
A
L
r



2
2
0
/

per esempio per un semplice oggetto cilindrico:
L
A
l
N
r

0
2
l'induttanza dipende dall'induzione e decresce al crescere di questa.
Una seconda particolarit dei materiali ferromagnetici il fenomeno dell'isteresi.
Si supponga di aver portato il materiale ad un certo valore di induzione, per esempio
positivo (ma se fosse negativo il fenomeno sarebbe lo stesso, solo con i segni opposti),
percorrendo la curva di magnetizzazione. A questo punto diminuendo il valore del campo
magnetico anche l'induzione diminuisce, ma seguendo una strada differente da quella della
caratteristica di magnetizzazione. In particolare si nota che quando il campo tornato al
valore zero, l'induzione conserva ancora un valore che prende il nome di magnetizzazione
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Cap. 3 - pag. 15
residua, dello stesso segno dell'induzione iniziale. Per far tornare a zero il valore
dell'induzione, occorre quindi raggiungere valori negativi di campo. La strada percorsa pu
essere rappresentata come una curva molto simile alla caratteristica di magnetizzazione,
ma che partendo dallo stesso punto torna indietro rimanendo un poco sopra (come valori di
induzione) alla caratteristica originaria.
Se si scende ad un valore negativo di induzione, pari in modulo a quello positivo di
partenza e poi si vuole tornare indietro, stavolta il percorso sar sotto alla caratteristica
passante per l'origine, evidenziando quindi un valore residuo di magnetizzazione uguale e
contrario a quello rimasto provenendo da un valore di induzione positiva.
Tornando fino al punto positivo di partenza si descritto allora un intero ciclo, detto appunto
ciclo di isteresi, composto da due percorsi simmetrici rispetto all'origine. La figura cos
ottenuta delimita quindi un'area la cui superficie con buona approssimazione
proporzionale al quadrato dell'induzione massima. I due vertici della figura si trovano sulla
caratteristica di magnetizzazione originaria, detta caratteristica di prima magnetizzazione,
perch il materiale segue tale curva solo la prima volta che viene magnetizzato, o quando
viene magnetizzato a partire da una condizione priva di magnetizzazioni residue.
L'isteresi un fenomeno dissipativo. Si ricorda che l'energia associata al campo magnetico
per unit di volume vale:
e
dE
dV
HB
B
B

1
2
Una variazione del campo e dell'induzione produce una variazione dell'energia:
de HdB BdH
B
+
1
2
( )
ma:
BdH HdB
e quindi:
de HdB
B

la potenza (per unit di volume) necessaria per variare il campo magnetico:
p
de
dt
H
dB
dt
B
B
(1)
Questa formulazione ben raccordabile con l'espressione della potenza elettrica:
p i
E

il campo magnetico infatti strettamente proporzionale alla corrente e la variazione
dell'induzione strettamente proporzionale alla tensione. Integrando la (1) su un intero
volume infatti si introdurr un'area (induzione per area=flusso) e una lunghezza (campo per
lunghezza=fmm=corrente).
Considerando allora la figura del ciclo di isteresi, la si pu ridisegnare scambiando tra loro
gli assi cartesiani. Allora si nota che l'area della figura data proprio dall'integrale, non di
volume ma lungo un intero ciclo della (1). Quindi l'area della figura (utilizzando come unit di
misura i Tesla e le ampere spire su metro) pari esattamente all'energia per unit di volume
necessaria a compiere un intero ciclo di isteresi.
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Ethan Frome
Cap. 3 - pag. 16
Se allora in un circuito ferromagnetico si creano campo e induzione alimentando degli
avvolgimenti elettrici con correnti o tensioni alternate, si ha per ogni istante di tempo una
energia fornita al materiale (e da questo dissipata in calore) proporzionale:
al numero di cicli in quell'unit di tempo
al quadrato dell'induzione massima
al volume del materiale.
Generalmente si preferisce ragionare in base alla massa G e non al volume (le due
grandezze sono proporzionali) per cui la potenza dissipata per isteresi vale:
P k B f G
di i
M

dove f la frequenza (in hertz) dei cicli e la costante, che diversa per ogni materiale
ferromagnetico, detta cifra di perdita per isteresi e il coefficiente di Steinmetz (1-2).
La terza particolarit dei materiali ferromagnetici il fenomeno delle correnti parassite.
Tale fenomeno si presenta solo in presenza del flusso variabile nel tempo.
Se si considera nel materiale una qualunque sezione (un piano perpendicolare
all'induzione) e su di essa qualunque linea chiusa, si sa che l'integrale di circuitazione del
campo elettrico pari alla variazione del flusso nell'area racchiusa da quella linea. Si
presentano cio delle tensioni indotte non solo sugli avvolgimenti esterni, ma anche in ogni
circuito virtuale che si consideri internamente. Il concetto pu lasciare perplessi perch non
esistono circuiti ben definiti. Qui la trattazione si farebbe complessa, per cui non entriamo in
ulteriori dettagli. Di fatto il fenomeno si esplica mediante la circolazione di correnti parassite
all'interno del ferro, diffuse in tutto il corpo metallico, secondo percorsi di tipo circolare. Il
flusso generato da queste correnti pure variabile e la sua variazione tende ad opporsi alla
variazione del flusso principale, in modo che un avvolgimento esterno percepisce una
variazione di flusso in qualche misura minore di quella teoricamente prevista. Generalmente
tali correnti parassite sono limitate dalla resistivit del materiale, quindi abbastanza piccole.
Inoltre, con andamenti sinusoidali del flusso, essendo tali correnti limitate resistivamente ed
essendo proporzionali, istante per istante, alla variazione del flusso, sono in fase con la
variazione, quindi in quadratura (sfasate di 90) con il flusso; il contro-flusso che esse
generano quindi piccolo e in quadratura rispetto al flusso principale, che quindi non
subisce modificazione troppo sensibile.
Rimane invece sensibile il problema della potenza dissipata per effetto Joule, fenomeno
sempre presente quando circolano correnti. Queste correnti sono dovute alla tensione
creata dalla variazione di flusso, quindi, ragionando in termini di proporzionalit:
i i

r
f B
p ri
2
r

2
r
2

f
2
B
2
r
Cio: la potenza dissipata per unit di volume, o di peso, proporzionale al quadrato del
valore efficace dell'induzione, al quadrato della frequenza, ed inversamente proporzionale
alla resistenza-resistivit del materiale, perch questa limita le correnti parassite. Per
sfruttare questo fenomeno si introducono nelle leghe ferromagnetiche percentuali di
materiali che siano cattivi conduttori elettrici.
Inoltre si utilizzano i materiali non sotto forma di corpi massicci, ma di lamierini, con le
superfici laterali parallele alla direzione del flusso. Tra un lamierino e l'altro (spessore 0.25
1,0 mm) un sottile strato di vernice funge da isolante, tagliando i circuiti elettrici e
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Cap. 3 - pag. 17
costringendo le correnti a tragitti molto brevi, su anelli molto piccoli. La vernice riduce un
poco l'area utile del ferro, quindi occorrer tenere presente questo fatto nel calcolo di
riluttanze e induttanze mediante un coefficiente di riduzione dell'area della sezione.
La potenza dissipata per correnti parassite vale allora:
P k B f G
dcp cp

2 2
dove la costante, detta cifra di perdita per correnti parassite, dipende dal materiale.
In totale le perdite nei materiali ferromagnetici:
P P P k B f G k B f G B G k f k f
d di dcp i
M
cp
M
i cp
+ + +
2 2 2 2
( )
Spesso si usa una formulazione sintetica, approssimata ma valida nelle applicazioni
pratiche per una gamma di frequenze:
P k G B
f
f
d
M

_
,

2
0

1.2 < < 1.8


dove la costante prende il nome generico di cifra di perdita e dipende, come l'esponente
dal materiale. La frequenza di riferimento solitamente di 50 o di 60 Hz (frequenza
nominale).
In pratica la cifra di perdita esprime la potenza dissipata con una induzione di 1 T, alla
frequenza nominale, per ogni kilogrammo di materiale.
File: EW/LN/CB - d:\proj\unibg\elett\\dispense\CAP03.DOC
Stampato: gg/03/aa 22.19
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Rappresentazione delle reti elettriche in regime periodico alternato sinusoidale
Cap. 4 - pag. 1
rev. 1.0
4
Rappresentazione
e analisi delle reti
elettriche in regime
periodico alternato
sinusoidale
4.1 - Limiti di validit dei principi di Kirchhoff
Nel cap. 1 stata presentata una classificazione dei fenomeni elettrici: si riepilogano ora le
considerazioni gifatte al termine del cap. 1.
I fenomeni elettrici sono classificati in elettrostatici ed elettrodinamici, suddividendo
ulteriormente questi ultimi in stazionari, quasi stazionari, non stazionari. Sono quindi state
introdotte, per il solo regime stazionario, le leggi di Kirchhoff ai nodi e alle maglie, dirette
conseguenze rispettivamente del principio di conservazione della carica e della
irrotazionalitdel campo elettrico (legge di Faraday-Henry) in condizioni di stazionariet, cio
in assenza di variazione nel tempo della densit volumetrica di carica e in assenza di
variazione nel tempo del campo magnetico e quindi delle correnti che lo generano.
In condizioni non stazionarie questi ultimi fenomeni non sono invece assenti, ma esistono
con conseguenze rilevanti. Possono venire indicati in sintesi come:
effetto capacitivo: in alcune parti del circuito si ha accumulazione di carica, o meglio
separazione di carica in modo che una parte presenti eccesso di
carica positiva e l'altra eccesso di carica negativa, con l'insorgere di
una ddp tra le due parti; il valore della carica accumulata e della
tensione in generale possono variare, anche se restano sempre in
diretta proporzionalit secondo un coefficiente detto appunto
capacit; su ciascuna delle due parti interessate non pu pi allora
applicarsi il principio di Kirchhoff ai nodi perch parte delle correnti
entranti pu andare ad accumularsi;
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Rappresentazione delle reti elettriche in regime periodico alternato sinusoidale
Cap. 4 - pag. 2
effetto induttivo: il flusso dell'induzione magnetica in una maglia, in una spira o in una
serie di spire pu essere in generale variabile, quindi si presenta una
tensione indotta, per cui il campo elettrico non pi irrotazionale; su
maglie con questi fenomeni non pu allora applicarsi il principio di
Kirchhoff alle maglie perch la circuitazione del campo elettrico non
dvalore nullo.
Tuttavia, se questi fenomeni (l'effetto induttivo e l'effetto capacitivo) sono localizzati in parti
definite e limitate del circuito, le leggi di Kirchhoff potranno essere riscritte quasi allo stesso
modo, alle condizioni che:
1- nei nodi non si presentino effetti capacitivi
2- le tensioni generate nei lati tengano conto dell'induzione di campi magnetici esterni
3- al secondo membro le cdt ohmiche vengano completate con le cdt su altri
componenti non schematizzandoli come induttori e condensatori, per i quali la
tensione va calcolata non solo come funzione lineare della corrente, ma anche della
sua derivata o del suo integrale nel tempo.
Se invece, per esempio, si considera anche il flusso che attraversa l'intera maglia, oppure il
fatto che ci possono essere dispersioni di corrente per effetto capacitivo attraverso
l'isolamento dei conduttori, il regime non pu essere considerato quasi-stazionario, a meno
che non si riesca a modellare tali fenomeni concentrando i loro effetti in singole parti della
rete elettrica.
Una formulazione matematica di quanto detto richiede in sintesi che:

B
t
B
t

0
0
nei circuiti magnetici con effetti sui circuiti elettrici
in ogni altra parte della rete elettrica

t
t

0
0
nelle armature dei condensatori
in ogni altra parte della rete elettrica
In queste condizioni si pu parlare di regime quasi-stazionario, ed applicare ancora, con le
opportune modifiche, le equazioni di Kirchhoff.
4.2 - Bipoli ideali
Occorre quindi completare l'elenco dei bipoli ideali, introducendo anche quelli che si
presentano in regime variabile. Spesso nel seguito il regime stazionario, che verrcitato per
confronto, verranche indicato con il termine di corrente continua (cc).
In regime variabile si hanno quindi nuovi bipoli, oltre naturalmente al resistore, per il quale la
legge di funzionamento pu essere riscritta allo stesso modo, ma con tensione e corrente
variabili:
- resistore: valgono semplicemente:
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) t Ri t t
R
t G t i
1
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Rappresentazione delle reti elettriche in regime periodico alternato sinusoidale
Cap. 4 - pag. 3
Il resistore un bipolo passivo e le leggi suddette sono scritte utilizzando la convenzione
degli utilizzatori;
- generatore ideale di tensione: come il generatore ideale di tensione in cc eroga una fem
indipendente dalla corrente; la tensione erogata presenta un determinato andamento nel
tempo:
e e t ( )
- generatore ideale di corrente: come il generatore ideale di cc eroga una corrente
indipendente dalla tensione, la corrente erogata presenta un determinato andamento nel
tempo:
a a t ( )
per questo dispositivo valgono le stesse considerazioni fatte per l'analogo in cc (non
esiste in realt, ma solo come generatore di un fem retroazionato o come modello
equivalente); nei modelli circuitali si usa raramente, quasi sempre come equivalente;
- condensatore: per questo dispositivo valgono le leggi:
i t C
d t
dt
t
C
i d V
t
C
( )
( )
( ) ( ) +


1
0
0
dove la costante V
C0
che appare nell'espressione con l'integrale una costante che
indica il valore di tensione del condensatore nell'istante 0 in cui inizia ad integrare.
La legge espressa mette in evidenza che in un condensatore non possibile variare
istantaneamente il valore della tensione (continuit della tensione), perch questo
richiederebbe l'applicazione di una corrente di valore infinito (funzione , Delta di Dirac).
Il condensatore un bipolo passivo e le leggi suddette sono scritte utilizzando la
convenzione degli utilizzatori;
- induttore: per questo dispositivo valgono le leggi:
( )
( )
( ) ( ) t L
di t
dt
t
L
d I
t
L
+

i
1
0
0
dove la corrente I
L0
che appare nell'espressione con l'integrale una costante che indica
il valore di corrente nell'induttore nell'istante 0 in cui si inizia ad integrare.
La legge espressa mette in evidenza che in un induttore non possibile variare
istantaneamente il valore della corrente (continuit della corrente), perch questo
richiederebbe l'applicazione di una tensione di valore infinito (funzione , Delta di Dirac).
L'induttore un bipolo passivo e le leggi suddette sono scritte utilizzando la convenzione
degli utilizzatori;
- nel caso si presentino mutue induzioni:

i i
i
t L
di t
dt
t
dt
( )
( )
( )


+ M
di

j
ij
j
La formulazione integrale di questa equazione richiede un sistema di equazioni con tutte
le auto e mutue induttanze e le tensioni dei vari componenti coinvolti.
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Rappresentazione delle reti elettriche in regime periodico alternato sinusoidale
Cap. 4 - pag. 4
Tutti i componenti attivi sono stati qui descritti come ideali. Una rappresentazione pi
realistica prevede che il generatore di tensione sia composto dalla serie di un generatore
ideale, di una resistenza e di una induttanza: i due bipoli passivi rendono conto della cdt nel
circuito interno del generatore a fronte di passaggio di corrente; per il generatore di corrente
i rami passivi vanno posti in parallelo.
Tutti i componenti passivi sono stati qui descritti come lineari. Questa una
approssimazione accettabile entro ampi limiti di validit, fatto salvo forse per il resistore che
col passaggio della corrente si riscalda e quindi il valore di resistenza aumenta; a
temperatura costante anche questo componente pu essere considerato lineare, o per gli
induttori corrispondenti a circuiti magnetici in ferro.
Va sempre considerato che non esiste mai un induttore completamente privo di resistenza,
per ogni induttore andrebbe sempre rappresentato come la serie di una induttanza e di una
resistenza; cos pure non esiste condensatore per il quale sia del tutto nullo il passaggio di
corrente nel dielettrico, cio nel materiale isolante tra le due lastre, per cui ogni
condensatore andrebbe rappresentato come parallelo di una capacite di una conduttanza;
tuttavia questi fenomeni sono spesso trascurabili: se si volesse continuare su questa strada
di dettaglio cos fine occorrerebbe allora anche aggiungere che nessuna resistenza del
tutto priva di effetti induttivi (in serie) e capacitivi ( derivazione verso terra o gli altri lati). Tutti
questi effetti secondari, spesso detti parassiti, varranno associati ai componenti quando i
loro valori saranno rilevati ai fini pratici.
Questi componenti impongono quindi la continuit di corrente e tensione rispettivamente.
Queste propriet si rivelano molto utili nel momento in cui, per trovare la soluzione della
rete, che sar descritta da equazioni algebrico-differenziali, occorre determinare le
condizioni iniziali, cio i valori di corrente e di tensione nei vari lato all'istante iniziale.
4.3 - Leggi di Kirchhoff in regime variabile
Con questi componenti si potranno quindi scrivere le leggi di Kirchhoff:
j I
ji
i t

( ) 0
l
l
l
l
l
l l l




+ + + +

_
,

M M
C
j
j
i
j
e t V
C
i d Ri t L
di t
dt
M
di t
dt
( ) ( ) ( )
( ) ( )
0
0
1

Va notato che le correnti nodali devono ovviamente considerare anche eventuali correnti
capacitive verso terra e le iniezioni dei generatori di corrente afferenti nel nodo.
Poich valgono ancora le leggi di Kirchhoff, per la soluzione di una qualunque rete elettrica
lineare si possono ancora applicare gli stessi metodi utilizzati per le reti in regime
stazionario: metodo delle correnti di lato, dei potenziali di nodo, delle correnti di maglia,
sovrapposizione degli effetti.
L'unica differenza rispetto al regime stazionario sta quindi nel fatto che il sistema risolutore
non sarpi un semplice sistema algebrico, ma in esso appariranno equazioni algebriche
ed equazioni differenziali o integrali (queste ultime possono essere ridotte a equazioni
differenziali per derivazione). Per questo motivo risulta pi problematica l'applicazione dei
metodi sistematici. Per la stessa ragione non potranno essere utilizzati gli equivalenti di
Thevenin e Norton. Si possono usare strumenti matematici come la trasformata di Laplace,
ma anche in questo modo il metodo non di pratica applicazione. Si vedrin seguito come
invece pu risultare molto ben praticabile in condizioni particolari.
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Rappresentazione delle reti elettriche in regime periodico alternato sinusoidale
Cap. 4 - pag. 5
4.4 - Regime periodico alternato sinusoidale (PAS)
Un caso particolare di regime permanente quello in cui le forzanti sono di tipo periodico
alternato sinusoidale (PAS).
Una grandezza si definisce di tipo PAS se il suo andamento nel tempo del tipo:
f t F t
M
( ) cos( ) +
dove il valore massimo F
M

viene spesso anche indicato come modulo e l'angolo iniziale
come fase iniziale o semplicemente fase. Una funzione PAS univocamente definita
quando di essa siano dati modulo e fase, oltre, naturalmente, alla frequenza.
Si noti che una grandezza di questo tipo:
1- periodica, con periodo T=2/
2- presenta valor medio nullo se considerata su un periodo o su un intervallo di tempo
multiplo di un periodo
Si noti anche che:
f t F t F t
f t F t F t f t
M M
M M
' ( ) sen( ) cos( / )
" ( ) cos( ) cos( ) ( )
+ + +
+ + +


2
le derivate di una funzione PAS sono ancora funzioni PAS sfasate di 90, 180, ecc. in
anticipo rispetto alla funzione di partenza.
Pertanto anche le funzioni permanenti dei sistemi di equazioni algebrico-differenziali che
descrivono le reti elettriche lineari dovranno essere funzioni PAS se sono PAS le forzanti.
Il risultato pu essere generalizzato: per reti elettriche di qualunque dimensione, con bipoli
lineari e forzanti PAS: una volta a regime, cio quando la rete si trova nelle stesse
condizioni da un tempo infinito, le funzioni che costituiscono la soluzione - sia le tensioni
nodali sia le correnti e le tensioni di lato - sono sempre funzioni di tipo PAS.
Per ora si consideri il caso di sinusoidi tutte con la stessa . Potrebbe essere conveniente a
questo punto utilizzare una notazione esponenziale.
Ricordando la formula di Eulero:
Ae A t Aj t
j t ( )
cos( ) sen( )


+
+ + +
per una grandezza PAS basta considerare la sola parte reale:
f t F e
M
j t
( ) Re( )
( )

+
La notazione esponenziale rende pi semplici le operazioni di derivazione rispetto al tempo:
f t j F e
M
j t
' ( ) Re( )
( )

+


e anche di integrazione rispetto al tempo (si considera la primitiva senza alcun termine
costante, perch si dimostreral capitolo 6 che questo scompare nelle condizioni di regime
in esame):

_
,

+
f d F
j
e
M
j t
( ) Re
( )


1
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Cap. 4 - pag. 6
Si possono quindi riscrivere le leggi per l'induttore e il condensatore rispettivamente:


( ) Re( )
( )
t L j I e
M
j t

+
i t C j V e
M
j t
( ) Re( )
( )

+


A questo punto, solo come formalismo matematico, si potrebbero considerare le variabili
tensione e corrente come composte non solo dalla parte reale, ma anche da quella
immaginaria: considerarli cio dei numeri complessi. Naturalmente la componente
immaginaria non esiste e non ha nessun significato fisico, ma dal punto di vista matematico,
essendo anch'essa sinusoidale presenta tutti i vantaggi detti per le PAS; viene introdotta
solo per agevolare la scrittura delle variabili. Infatti:
f t F e
M
j t
( )
( )

+
f t j F e j f t
M
j t
' ( ) ( )
( )

+


associando ad ogni forzante anche la componente immaginaria, cio:
( ) e t E t j t
M
( ) cos( ) sen( ) + + +
tutti i calcoli vengono svolti con funzioni tensione e corrente complesse; le equazioni di
funzionamento dei bipoli induttivi e capacitivi diventano molto semplici:
( ) ( ) t j L i t
i t j C t ( ) ( )
Possono cio essere espresse entrambe in una forma algebrica formalmente simile alla
legge di Ohm ma con una costante complessa ( ) Z :
( ) t Z i (t)
Una volta trovata la soluzione, per avere i valori effettivi delle tensioni e delle correnti basta
tornare a considerare la sola parte reale delle funzioni calcolate.
In compenso si pu dimostrare che assunto questo formalismo:
- il modulo della corrente dipende dal modulo della forzante, ma non dalla sua fase
- la fase della corrente dipende dalla fase della forzante, ma non dal suo modulo.
La praticit di questa notazione evidente: tutte le operazioni di derivazione o di
integrazione sono state sostituite rispettivamente da moltiplicazioni o da divisioni per il
fattore j.
Ma possibile fare un ulteriore passo in avanti sulla strada della praticit. Si noti che,
essendo in generale:
i t I e
M
j t
( )
( )

+
e t E e
M
j t
( )
( )

+
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Cap. 4 - pag. 7
allora la legge di Ohm generalizzata:
i t
e t
Z e
I e
E e
Z e
j
M
j t M
j t
j
( )
( )
( )
( )

+
+

Appare in entrambi i membri l'esponenziale della frequenza angolare moltiplicata per il


tempo:
e
j t
Questo termine serve a calcolare il valore delle varie grandezze istante per istante, ma di
fatto non introduce alcuna informazione significativa: per una data frequenza, una
grandezza PAS univocamente definita quando di essa sono dati modulo e fase. Il termine
potrebbe essere semplificato, dividendo per esso entrambi i membri della precedente
equazione:
i t
e t
Z e
I e
E e
Z e
j
M
j M
j
j
( )
( )

Questa espressione fornisce tutte le informazioni necessarie e sufficienti: noti i valori della
tensione in modulo e fase, noto il valore dei termini al denominatore, si ottengono
immediatamente modulo e fase della corrente. Per conoscere il valore istantaneo della
corrente, basta utilizzare l'equazione con tali modulo e fase.
Si potrebbe allora visualizzare ogni grandezza tipo tensione o corrente come vettore nel
piano complesso, avente un estremo nell'origine, lunghezza pari al modulo, e ruotante nel
piano complesso, intorno all'origine, con velocitangolare ; all'istante 0 si trova inclinato,
rispetto all'asse reale, di un angolo pari alla fase. Il valore istantaneo della grandezza dato
dalla proiezione del vettore sull'asse reale. La sua derivata un vettore sfasato di 90 in
anticipo, e amplificato di un valore pari alla frequenza angolare.
Con una rete elettrica si avrebbe un intero sistema di vettori rotanti, tutti tra loro
isofrequenziali. Si potrebbe allora "fotografare" il sistema dei vettori in un dato istante, per
esempio l'istante 0: si evidenzierebbero le fasi di ogni vettore, e quindi le differenze di fase
tra di essi. Essendo il sistema isofrequenziale, "fotografandolo" di nuovo in altro istante
qualunque, esso apparirebbe solo come ruotato, ma gli angoli relativi tra i vari vettori
sarebbero invariati.
Allora la rappresentazione pi sintetica di un sistema di grandezza PAS consiste proprio
nella "fotografia" del sistema in un dato istante, per esempio l'istante 0. Ogni grandezza
verrebbe rappresentata con un vettore fisso: il valore istantaneo viene ottenuto ruotando
tale vettore del valore in radianti pari ad t, oppure calcolando il coseno di tale angolo pi
la fase iniziale. I vettori cos "fissati" prendono il nome di fasori, proprio perch indicano la
fase, oltre al modulo, della grandezza in questione; su molti testi vengono ancora chiamati
genericamente vettori.
Ogni grandezza PAS pu essere quindi indicata con il numero complesso, in forma
cartesiana o polare, corrispondente al suo fasore; si usano solitamente le lettere maiuscole:
V V e V jV
j
+

Re Im
I I e I jI
j
+

Re Im
Per quanto riguarda il modulo, generalmente, anzich il valore massimo, si usa un altro
valore, detto valore efficace:
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Cap. 4 - pag. 8
F
F
M

2
il motivo di questa scelta sarchiaro in seguito, quando si parlerdelle potenze.
Il fasore della derivata o dell'integrale di una grandezza, per quanto detto sopra, ancora
un fasore, sfasato di 90 rispettivamente in anticipo o in ritardo rispetto alla grandezza
originaria, e di modulo pari al modulo della grandezza originaria rispettivamente moltiplicato
o diviso per la pulsazione . Si noti che sfasare di 90 un fasore significa semplicemente
moltiplicarlo o dividerlo per l'unitimmaginaria j.
Riepilogando con quest'ultimo metodo:
funzione d F F e
j
i partenza:

derivata: jF
int : egrale
F
j
j
F



valore is eo f t F t tantan : ( ) cos( ) + 2
4.5 - L'analisi delle reti elettriche con la notazione fasoriale
Utilizzando la notazione fasoriale, si hanno quindi le equazioni di funzionamento dei bipoli
passivi nella semplice forma:
V j LI I
j L
V

1
V RI I
R
V
1
V
j C
I I j CV
1


E' scomparsa ogni traccia di operatori del tipo derivata o integrale. Ai vari bipoli si pu
quindi associare un semplice termine moltiplicativo, di significato e funzione analoghi alla
resistenza o alla conduttanza nel regime stazionario, con la differenza che tali valori sono
numeri complessi. Per un bipolo generico si pu allora scrivere:
V ZI I YV
con:
Y
Z

1
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Cap. 4 - pag. 9
le due grandezze si chiamano rispettivamente impedenza (corrispondente alla resistenza) e
ammettenza (corrispondente alla conduttanza). Le unit di misura sono ancora l'ohm e il
siemens.
Per i vari bipoli:
induttore: Z = j L; Y =
1
j L

resistore: Z = R; Y =
1
R
condensatore: Z =
1
j C
; Y = j C


Occorre tenere presente che, anche se questi valori sono numeri complessi, essi non
vanno considerati come fasori, in quanto i fasori rappresentano solo grandezze PAS,
variabili nel tempo.
Con la notazione fasoridale per le grandezze PAS e complessa per i parametri circuitali, si
pu definire una completa analogia tra il regime stazionario e il regime PAS. In questa
analogia:
- alle tensioni e correnti in cc corrispondono i fasori delle tensioni e correnti PAS
- alle resistenze e alle conduttanze corrispondono le impedenze e le ammettenze
Occorre fare alcune osservazioni sulle impedenze e sulle ammettenze.
Per i bipoli visti finora, si ha soltanto o la parte reale o la parte immaginaria. Ci possono
essere per bipoli che contengono, in serie o in parallelo, pi bipoli elementari, in modo che
appaiono entrambi i termini.
In generale:
Z R jX +
Y G jB +
La parte reale dell'impedenza si chiama sempre resistenza, mentre la parte immaginaria
prende il nome di reattanza.
La parte reale dell'ammettenza ci chiama sempre conduttanza, mentre la parte immaginaria
prende il nome di suscettanza.
Si noti inoltre che:
per un induttore: X = L; B = -
1
L

per un condensatore: X = -
1
C
B = C;


Un induttore presenta quindi reattanza positiva; in generale, quando la reattanza di una
impedenza positiva, si dice che l'impedenza induttiva; se la parte resistiva presente, si
dice che l'impedenza ohmica-induttiva. Spesso l'induttore viene anche detto reattore.
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Cap. 4 - pag. 10
Un condensatore presenta invece reattanza negativa; in generale, quando la reattanza di
una impedenza negativa, si dice che l'impedenza capacitiva; se la parte resistiva
presente, si dice che l'impedenza ohmico-capacitiva.
Si nota ancora che al crescere della frequenza, la reattanza aumenta e diminuisce la
suscettanza; viceversa, al decrescere della frequenza.
Questo significa che un induttore si presenta con impedenza elevata alle alte frequenze e
con impedenza ridotta alla basse frequenze; al limite, a frequenza nulla, l'induttore non ha
impedenza (cto cto).
Dualmente, un condensatore si presenta con impedenza ridotta alle alte frequenze e con
impedenza elevata alle basse frequenze; al limite, a frequenza nulla, il condensatore ha
impedenza infinita (non passa corrente, cto aperto). Si noti che se:
G jB
R jX
+
+
1
allora in generale:
G
R

1
; B
-1
X
infatti:
G
R jX
R jX
R X
R
R X

_
,

_
,

+
+
+
Re Re
1
2 2 2 2
B
R jX
R jX
R X
X
R X

_
,

_
,



+
Im Im
1
2 2 2 2
Valgono allora, in questo formalismo matematico, le stesse regole e le stesse proprietviste
per le reti in regime stazionario:
- le equazioni di Kirchhoff ai nodi e alle maglie
- le regole per la serie e il parallelo di bipoli
- i metodi delle correnti di lato, delle tensioni di nodo, delle correnti di maglia
- il principio di sovrapposizione degli effetti.
Inoltre valgono:
- i teoremi di Thevenin e di Norton
- le trasformazioni stella-triangolo e triangolo-stella
- i metodi matriciali per la soluzione delle reti
per quest'ultimo punto si fa presente che la matrice da utilizzarsi detta, coerentemente
con l'analogia, matrice delle ammettenze, e si costruisce con le stesse regole.
4.6 - Potenza attiva, reattiva, apparente
In cc la potenza definita come:
P V I
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Cap. 4 - pag. 11
che al tempo stesso una potenza media e una potenza istantanea, in quanto il regime
stazionario.
In regime qualunque la potenza istantanea vale:
p t t i t ( ) ( ) ( )
In entrambi i casi, la corrente e la tensione indicate sono quelle che si misurano ai morsetti
del bipolo. Se si utilizza la convenzione degli utilizzatori, la potenza cos definita potenza
entrante, cio assorbita dal bipolo; se si utilizza la convenzione dei generatori, e potenza
uscente, cio generata dal bipolo.
Si consideri allora il regime PAS. In particolare si consideri un bipolo passivo puramente
resistivo. In tale bipolo tensione e corrente sono perfettamente in fase tra loro.
( ) ( ) ( )
( )
( )
p t V t I t V I t
V I
t V I V I
t
M M M M
M M
M M M M
( ) cos cos cos
cos ( )
cos ( )
+ + +

+ +


+

+



2
1 2
2 2 2
2 =
Quindi la potenza istantanea pu essere vista come la somma di due componenti: una
costante, e una PAS con frequenza doppia rispetto alla frequenza della tensione e della
corrente. Tale termine ha valor medio nullo (anche solo su un semiperiodo), quindi si pu
definire una potenza media:
P
V I
M M


2
Per rendere questa formula congruente con la formula della potenza in cc, si introdotto il
concetto, givisto nei paragrafi precedenti, di valore efficace:
V
V I
M M

2 2
; I =
utilizzando il valore efficace:
P V I
In generale il valore efficace di una grandezza f(t) periodica con periodi T, definita come:
F
I
T
f t dt
T


2
0
( )
e come facile dimostrare rappresenta sempre il valore continuo caratterizzato dagli stessi
effetti termici.
Essendo il bipolo resistivo:
R i V R I
quindi:
P R I
V
R

2
2
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Cap. 4 - pag. 12
Il termine medio:
P V I
viene denominato in elettrotecnica con il nome di potenza attiva. Il valore costante, in
quanto indica un valor medio e non un valore istantaneo.
Si consideri invece ora un bipolo puramente induttivo:
I
V
j L
I j
V
L
j
V
L
e
V
L
e
j j



( / ) 2
vale a dire:
( ) ( ) cos t t + 2 V
( ) ( ) i t t I t ( ) cos / sen + + 2 2 2 I
quindi:
( ) ( ) ( ) p t VI t t VI t ( ) cos sen sen ( ) + + + 2 2
Analogamente per un bipolo puramente capacitivo:
I j CV I j CV j CVe CVe
j j
+ +
+

( / ) 2
( ) ( ) cos t t + 2 V
( ) ( ) i t t I t ( ) cos / sen + + + 2 2 2 I
quindi:
( ) ( ) ( ) p t VI t t VI t ( ) cos sen sen ( ) + + + 2 2
Si presenta, in entrambi i casi, una potenza di tipo PAS e quindi di valor medio nullo, con
frequenza doppia rispetto a quella della corrente e della tensione.
Questa potenza istantanea "oscillante" ha per un significato fisico diverso rispetto alla
componente "oscillante" della potenza assorbita dal bipolo resistivo.
Infatti, per il resistore tale potenza viene assorbita ed effettivamente dissipata per effetto
Joule; il termine oscillante, sommato a quello medio, fa s che la potenza dissipata
raggiunga un massimo quando la corrente raggiunge il massimo positivo o negativo, mentre
assume il valore zero quando le correnti passano par lo zero.
Nell'induttore o nel condensatore invece non esiste alcuna dissipazione di potenza: negli
istanti in cui la potenza indicata dalle espressioni appena scritte positiva, cio assorbita,
significa che il dispositivo sta accumulando energia sotto forma magnetica (induttore) o
elettrostatica (condensatore); negli istanti in cui tale potenza negativa, significa che il
dispositivo la sta restituendo. Si tratta quindi solo di un continuo scambio di energia,
bidirezionale. Il valor medio nullo, perch dopo ogni semiperiodo l'energia accumulata nel
bipolo tornata al valore di partenza. Nondimeno, questa analisi del fenomeno mostra
come debba esistere, da parte dei generatori o di altri componenti del circuito, la
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Cap. 4 - pag. 13
disponibilita questo scambio, con la possibilitdi raggiungere valori di picco della potenza
istantanea anche elevati.
In elettrotecnica allora il termine:
Q VI t
pari al modulo delle espressioni di cui sopra, cio relativo ai soli bipoli non dissipativi, con
associato il segno, prende il nome di potenza reattiva. Non si tratta di potenza continuativa,
come la potenza attiva: si tratta di un concetto ben diverso, proprio perch solo un indice
di un fenomeno di scambio di energia, con valor medio della potenza nullo; per fornire
potenza reattiva ad un bipolo non occorre quindi avere una sorgente permanente di
potenza, ma solo un bipolo in grado di scambiare con altri bipoli, in modo oscillatorio una
certa quantitdi energia. La potenza reattiva definita solo per il regime PAS.
La potenza reattiva viene definita (la definizione puramente convenzionale) come positiva
assorbita se il bipolo utilizzatore di tipo induttivo e negativa assorbita se il bipolo
utilizzatore di tipo capacitivo; si dice quindi anche che l'induttore assorbe potenza reattiva
(o semplicemente, assorbe reattivo) e il condensatore eroga potenza reattiva (eroga
reattivo).
Si consideri infine il caso in cui si presenti la serie o il parallelo di due o pi bipoli passivi.
Per esempio un resistore in serie con un induttore. Utilizzando la notazione fasoriale:
Z R j L Z e
j
+

Si ricorda che:
Z R L +
2 2 2
e = arctg( L / R)
Considerando che la corrente nella serie valga:
I I e
j


si ha:
V Z I ZI e V e
j j

+ ( )
in valori istantanei:
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) cos cos (cos cos sen sen t t t t t + + + + + 2 2 2 V V V
i t ( ) 2 Icos( t + )
( ) ( ) ( )
( )
( )
( ) ( )
( ) ( ) ( )



( ) cos cos sen sen cos
cos cos sen cos sen
cos ( cos( ) sen sen( ))
t t t t
t t t
t t
+ + +
+ + +
+ + +
2 2
1 2 2
2
V I
= 2VI
= VI
Si possono notare due termini: il primo, moltiplicato per il coseno dell'angolo
dell'impedenza, contiene un valor medio non nullo e una componente oscillante con
frequenza doppia; il secondo, moltiplicato per il seno dell'angolo dell'impedenza, contiene
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Cap. 4 - pag. 14
solo una componente oscillante con frequenza doppia. Si in questo modo evidenziata la
presenza di potenza attiva e di potenza reattiva:
P VI
Q VI

cos
sen

I due termini corrispondono rispettivamente alla potenza attiva assorbita dal resistore e alla
potenza reattiva assorbita dall'induttore. Volendo si pu esaminare cosa succede sui singoli
bipoli. Per fare questo, occorre considerare la serie dei due elementi come un partitore di
tensione.
V V V
R L
+
questo va trattato come in cc, ma utilizzando le impedenze invece delle sole resistenze e,
ovviamente, la notazione fasoriale (si ricorda che:
Z R jX Z jZ + + cos sen ):
V
R
Z
V
R
Z
V e V
Z
Z
e V e
R
j j j

( ) ( )
cos
cos

V
j L
Z
V
L
Z
V e V
Z
Z
e V e
L
j j j

+ + +

( / ) ( / ) ( / )
sen
sen
2 2 2
Quindi:
( )
p t t t V I t
t
R
( ) cos( ) ) cos cos ( )
( ))
+ + +
+
2 2 2
2
V Icos(
= VIcos 1+ cos(2
R


( )
p t t t V t I t
t
I
( ) cos( / ) ) sen sen( ) cos )
sen ( )
+ + + + +
+
2 2 2 2 V Icos( (
= - VIsen 2
I


Il segno meno in quest'ultima espressione e in quella della potenza istantanea per il termine
che attiene al reattivo non deve far pensare che tale potenza sia negativa. Essendo
oscillante, il termine cambia di segno 2 volte per ogni periodo. Per valutare se tale potenza
reattiva sia positiva o negativa si possono scegliere due strade.
La prima, che la pi semplice, quella di considerare che, se si tratta di un induttore, la
potenza reattiva va considerata comunque positiva assorbita (negativa assorbita se si tratta
di un condensatore).
La seconda strada, pi complessa, quando si ha un solo bipolo, nel caso pi generale di pi
elementi in serie (si potrebbe fare analogamente anche con il parallelo):
I
V
Z
V
Z
e I e
j j

( ) ( )
( ) V I VI e VI e VI j P jQ
j j
+ +
+ * ( )
cos sen


Quanto visto in questi semplici esempi ha validit generale: il prodotto del fasore della
tensione per il complesso coniugato del fasore della corrente fornisce un numero
complesso in cui il coefficiente della parte reale la potenza attiva e il coefficiente della
parte immaginaria la potenza reattiva.
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Cap. 4 - pag. 15
Si definisce tale numero complesso:
A V I P jQ +
*
con il nome potenza apparente. Pi comunemente con il termine di potenza apparente si
intende semplicemente il modulo di tale valore, pari al prodotto dei valori efficaci:
A V I
Si noti anche che:
( ) A = P+ jQ= V I
*
+

Z I I Z I Z I j
*
cos sen
2 2

( ) A = P+ jQ= V I
*
+ V
V
Z
V
Z
j
*
*
cos sen
2

( ) A = P+ jQ= V I
*

V Y V Y V Y V j
* * *
cos sen
2 2

( ) A = P+ jQ= V I
*

I
Y
I
I
Y
j
*
cos sen
2

e ricordando che:
Y
Z

1

si vede come le quattro espressioni siano equivalenti.
Il valore cos prende il nome di fattore di potenza.
Per un bipolo puramente resistivo l'angolo dell'impedenza zero, quindi il valore del fattore
di potenza unitario: questo significa che tutta la potenza apparente potenza attiva.
Per un bipolo puramente induttivo o capacitivo, il valore del fattore di potenza zero:
questo significa che non c' potenza attiva, e tutta la potenza apparente reattiva. Il valore
del fattore di potenza non fornisce alcuna informazione sul segno della potenza reattiva.
Per ricordare il significato fisico diverso dei termini A, P e Q sono state definite unit di
misura diverse anche se dimensionalmente uguali.
P watt (simbolo W)
Q voltampere reattivo (simbolo var)
A voltampere (simbolo VA)
4.7 - Conservazione della potenza
Per il regime stazionario si dimostrato che in una rete la somma delle potenze dissipate
per effetto Joule pari alla somma delle potenze erogate dai generatori di tensione e di
corrente. Il risultato si pu estendere al regime PAS:
l

+

_
,

+
1
2 2
2
1 1
L
g
G
g g
g'
G
g'
g'
R I j L I j
V
C
E I V A

*
'
*
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Cap. 4 - pag. 16
In una rete elettrica la somma delle potenze dissipate per effetto Joule pari alla somma
delle potenze attive erogate dai generatori e la somma delle potenze reattive assorbite dagli
induttori meno le potenze reattiva erogate dai condensatori pari alla somma delle potenze
reattiva erogate dai generatori
4.8 - Risonanza
Si consideri un bipolo composto da una capacite una induttanza in serie. L'impedenza del
bipolo vale:
Z j L
j C
j L
C
+

_
,

1 1
L'impedenza una funzione della frequenza. In particolare data dalla somma di un
termine positivo e uno negativo; pertanto, per opportuni valori della frequenza, i due termini
possono essere uguali e contrari, di modo che l'impedenza assuma valore nullo.
Per:

1
LC
si trova che:
Z j
LC
L
LC
C
j
L
C
L
C

_
,

_
,

1
0
Se non esistono nel bipolo effetti di tipo resistivo, il bipolo presenta impedenza nulla, ovvero
ammettenza infinita. Questo significa che, in presenza di un valore anche minimo di
tensione applicata ai morsetti, il bipolo percorso da corrente infinita. In realt un effetto
resistivo esiste sempre, anche minimo, e questo limita la corrente, che assume valori finiti
ma molto grandi.
Se il valore della frequenza non esattamente quello indicato dall'equazione di cui sopra,
ma molto vicino ad esso, il valore dell'impedenza (trascurando gli effetti resistivi) non
nullo, ma comunque molto grande. In un diagramma -Z si presenta un asintoto in
corrispondenza del valore di frequenza indicato dalla stessa equazione.
In condizioni prossime alla risonanza la tensione sul bipolo L-C molto piccola, ed nulla in
caso di perfetta risonanza senza resistenza. Tuttavia molto importante notare che,
sebbene la tensione complessiva sia molto piccola o nulla, la tensione sui singoli
componenti invece molto grande e, al limite infinita. Infatti:
- le tensioni sui singoli componenti sono proporzionali alla corrente
- le tensioni sui due componenti sono in opposizione: presentano cio fase opposta, e
valori in modulo molto vicini; in condizioni di risonanza sono perfettamente uguali e
contrarie.
Pertanto, poich in risonanza la corrente diventa molto grande o infinita, le tensioni sui
singoli componenti sono altrettanto grandi o infinite. Questo significa che la condizione di
risonanza estremamente pericolosa per i componenti circuitali: essa presenta
sovracorrenti e sovratensioni interne, cio valori di corrente e valori di tensione molto pi
grandi di quelli che i componenti possono tollerare.
Anche in altre situazioni fisiche la risonanza pu essere pericolosa: per esempio, i cristalli
che vanno in frantumi di fronte alla voce dei cantanti lirici; per lo stesso motivo i reparti di
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Cap. 4 - pag. 17
soldati in marcia "rompono il passo", cio non vanno pi a passo di marcia, ma a passo
libero, quando transitano sui ponti, per evitare che il ponte entri in risonanza e crolli.
Una situazione duale si verifica quando invece i due componenti, L e C, sono in parallelo
anzich in serie. In tal caso si sommano le loro ammettenza; alla frequenza di risonanza si
ha cos ammettenza totale nulla, impedenza infinita. Questo significa che, qualunque sia la
tensione applicata, non si ha globalmente passaggio di corrente. Questo per non significa
che sui singoli componenti non ci sia corrente; si presentano correnti uguali e contrarie. L =
a condizione anche detta condizione di antirisonanza.
In sintesi:
- a tensione imposta, il circuito serie in risonanza si trova in condizioni molto pericolose,
perch permette il passaggio di una corrente molto grande o al limite infinita, con
tensioni molto grandi o al limite infinite sui singoli componenti
- a corrente imposta, il circuito parallelo in (anti)risonanza si trova in condizioni molto
pericolose, perch permette l'insorgere di una tensione molto grande o al limite infinita,
con correnti molto grandi o al limite infinite sui singoli componenti.
File: franchino - d:\proj\unibg\elett\dispense\CAP04.DOC
Stampato: gg/03/aa 22.22
Ver/Rev: drf,fin,tmp,old/0.2
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 1
rev. 1.0
5
Analisi delle reti
elettriche trifase
5.1 - Generalit
In primo luogo si pu definire sistema trifase un qualunque sistema elettrico che presenti
trasmissione dell'energia per mezzo di linee elettriche a tre fili. Si vedrin seguito che nei
sistemi trifase ammessa anche la presenza di un quarto filo, con una funzione particolare.
I sistemi trifase non sono quindi che casi particolari delle normali reti elettriche, e si
studieranno quindi con gli stessi metodi; si dedica per loro una trattazione particolare
perch sono diffusissimi: in pratica tutta la produzione, il trasporto e la distribuzione
dell'energia elettrica avvengono mediante sistemi trifase, o solo l'utilizzazione finale civile
monofase (quella industriale trifase).
Occorre in primo luogo fare una serie di osservazioni preliminari e fornire alcune definizioni.
Carichi e generatori in un sistema come quello di interesse sono costituiti da terne di
elementi collegati a stella o a triangolo.
Si definiscono tensioni di fase le tensioni ( E E E
1 2
, ,
3
) che si presentano tra ogni linea ed
un unico punto preso come riferimento, ad esempio il centro stella. Se non si ha una stella,
tali tensioni a rigore non possono essere definite, o meglio per definirle occorre effettuare
un equivalente a stella della terna a triangolo, oppure considerare un punto esterno (per
esempio la terra) come riferimento di tensione. Possono invece sempre essere definite le
tensioni concatenate, pari alle tensioni tra linea e linea:
V E E
V E E
V E
12
1 2
23
2
31
3 1



3
(5.1)
E
dove le tensioni E
K

sono le tensioni di fase, misurate tra ogni linea e un riferimento (che
potrebbe essere appunto la terra o, se esiste, il centro stella).
Si noti un'importante proprietdei sistemi trifase:
V V V
12 23 31
0 + + (5.2)
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 2
Si noti anche che quando le tensioni di fase sono tutte uguali in modulo e sfasate tra loro di
120gradi elettrici, anche le tensioni concatenate sono uguali in modulo e sfasate tra loro di
120, come si vede bene sia in forma analitica sia considerando graficamente le tensioni.
Dal punto di vista grafico, qualunque sia il loro valore, le tensioni di fase formano comunque
una stella e quelle concatenate un triangolo avente per vertici gli estremi della stella.
Quando si realizza in generale che:
V V V V
12 23 31
+ +
il fatto che i tre moduli siano uguali implica che il triangolo sia equilatero e quindi le fase di
tali tensioni differiscano l'una dall'altra di 120, di conseguenza anche le tensioni di fase, se
sono definibili, saranno

tra loro uguali il valore efficace e sfasate di 120 purch il centro
stella si trovi nel baricentro del triangolo costituito dalle tensioni concatenate; si nota che
vale:
V E 3 (5.1.1)
In questo caso si dice che il sistema delle tensioni simmetrico. Generalmente, quando si
indica la tensione nominale di un sistema trifase, si utilizza la tensione concatenata e non
quella di fase. Per esempio la distribuzione a bassa tensione per uso civile o commerciale
trifase di 380 V, e tale valore indica la tensione concatenata, a cui corrisponde (5.1.1)
una tensione di fase di 220 V. La tensione distribuita alle utenze domestiche una tensione
di fase. Si definiscono correnti di linea le correnti indicate nell'esempio come I I
1
3
, , . I
2
Se il
centro stella isolato vale:
I
1
0 , , I I (5.3)
2
3

questa propriet duale della (5.2). Se vale che:
I I I I
1 2 3

allora combinando questa relazione con la (5.3) si nota che le tre correnti dovranno essere
sfasate tra loro di 120gradi elettrici; in questo caso si dice che il sistema delle correnti
equilibrato.
Spesso viene usato il coefficiente:


+


e j e e j
j j j 2 3
2
4 3 2 3
1
2
3
2
1
2
3
2
/ / /
da cui (5.4)
che presenta modulo unitario. Moltiplicando per una grandezza fasoriale comporta solo lo
sfasamento della stessa di 120.
Nei sistemi simmetrici pu essere:
E E e
E E
E
j
1
2
2
1
1


(5.5.1)
E
3
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 3
In questo caso la tensione 2 in ritardo di 120rispetto alla tensione 1 e la tensione 3 in
ritardo di 120rispetto alla tensione 2. Pu invece essere che:
E E e
E E
E
j
1
2 1
2
1


(5.5.2)
E
3
dove le stesse tensioni sono stavolta in anticipo.
Nel primo caso si parla di terna o sequenza diretta, nel secondo di terna o sequenza
inversa. Inoltre poich:
I
E
Z
K
K
S
k = 1, 2, 3
allora anche:
I I e I I e
I I
I I
j j
1 1
2
1 1
1
2
1



( ) ( )



I oppure I (5.6.1/.2)
I I
2 2
3 3
Se la terna delle tensioni di fase diretta, lo anche quella delle tensioni concatenate, e
viceversa, e lo anche quella delle correnti di linea; lo stesso per le terne inverse. Con
l'analisi di un esempio in quanto segue verrmessa in evidenza una importante proprietdei
sistemi trifase simmetrici ed equilibrati.
Si consideri la seguente rete elettrica:
dove i tre generatori erogano le tensioni:
E E e
E E e
E E e
j
j
j
1
2
2 3
3
2 3


+ +



( / )
( / )
(5.7)
Si vuole valutare la differenza di potenziale fra G o O (V
o
).
Se il carico indicato e la linea vengono modellati da una stella di rami passivi di uguale
impedenza
Z
S
, si avr:
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Cap. 5 - pag. 4
E V Z I
E V Z I
E V Z I
o S
o S
o S
1 1
2 2
3 3



(5.8)
dove V
o
la differenza di tensione del centro stella del carico rispetto al centro stella dei
generatori. Se tale centro stella isolato, cio non presenta altri collegamenti se non i tre
rami della stella, la sua tensione per ora indeterminata, ma si pu scrivere l'equazione di
Kirchhoff per tale nodo:
I I I
1 2 3
0 + + (5.8' )
che unita alla (5.8) forma un sistema di 4 equazioni in 4 incognite (le 3 correnti e la tensione
del centro stella) Dalle (5.8):
I
E V
Z
K
K o
S


(5.9)
quindi dalla (5.8') utilizzando questa relazione:
E V
Z
E V
Z
E V
Z
o
S
o
S
o
S
1 2 31

+ + = 0
da cui:
( )
V
E E E E
e e e
E
j j j
j j j
0
1 2 3 0 2 3 2 3
3 3 3
1 0
1
2
3
2
1
2
3
2
0
+ +
+ + + +

_
,

+ / /
risultato peraltro prevedibile, vista la simmetria della situazione.
Quindi:
I
E
Z
K
k
S
k = 1, 2, 3 (5.9.1)
Dall'equazione di Kirchhoff per il nodo:
I I I
1 2 3

Si nota allora che ciascuna linea pu essere vista come la linea di andata di un sistema di
alimentazione elettrica, avente come ritorno le altre due linee. Questo vale per ognuna delle
tre linee: ciascuna assolve al tempo stesso alla funzione di andata per se stessa e di ritorno
per le altre.
Si noti che lo stesso si avrebbe anche se anzich una stella si fosse trovato un triangolo di
impedenze, purch queste fossero state tutte uguali tra di loro; procedendo alla
trasformazione triangolo stella dalle formule:
Z
Z Z
Z Z Z
Z
S
T T
T T T
T


+

3
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 5
Analogamente, anche il lato dei generatori potrebbe essere costituito da una terna di
generatori disposta a stella anzich a triangolo.
Tutto quanto appena visto un caso particolare di sistema trifase. Si vedr presto che i
sistemi trifase possono essere definiti tali anche se non presentano le caratteristiche di
simmetria e di equilibrio della situazione vista, ma in questi casi i metodi applicabili per la
soluzione generalmente non sfruttano il fatto che il sistema trifase (tranne che in alcuni
casi, come, ad esempio, il metodo delle componenti di sequenza e il metodo della tensione
di spostamento del centro stella).
Pu essere interessante notare come si comporta un sistema trifase in presenza di mutui
accoppiamenti tra le 3 fasi. Per un sistema trifase generico pu essere:
E R I j L I j M I j M I
E R I j M I j L I j M I
E R I j M I j M I j L I
1 1 1 11 1 12 2 13 3
2 2 2 212 1 22 2 3
3 3 3 31 1 32 2 33 3
23
+ + +
+ + +
+ + +



(5.10)
Le mutue induttanze, come noto, sono simmetriche se poi si verifica che:
M M M M M M M
S 12 21 13 31 23 32

e se il sistema delle correnti equilibrato e supponendo la sequenza diretta, sostituendo
tutte le correnti in funzione delle
I

allora vale:
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
E R I j L I j M I j M I R j L M I
E R I j M I j L I j M I R j L M I
E R I j M I j M I j L I R j L M I
S S S
S S S
S S S
1 1 1 11 1
2
1 1 1 11 1
2 2 2 2 22 2
2
2 2 22 2
3 3 3
2
3 3 33 3 3 33 3
+ + + +
+ + + +
+ + + +



(5.11)
infine, se:
L L L L
S 11 22 33

allora definendo:
L L M
S

S
(5.12)
e se anche le resistenze sono tutte uguali, pari a R:
( ) E R j L I
K K
+ k = 1, 2, 3 (5.13)
In questa formula non appare pi alcun accoppiamento tra le varie fasi. Basta pertanto
conoscere cosa succede su una fase sola mediante l'equazione (5.13), ed essendo il
sistema simmetrico ed equilibrato i valori sulle altre fasi saranno solo sfasati di 120 in
anticipo o in ritardo.
Quindi i sistemi trifase simmetrici ed equilibrati, se presentano gli stessi parametri circuitali
su ogni fase e tra ogni fase e le altre, possono essere rappresentati con un equivalente di
una sola fase (disaccoppiato), dove il valore dell'induttanza equivalente dato dalla (5.12).
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 6
Si parla in questo caso di rappresentazione monofase o monofilare del sistema trifase.
Essa valida per le tensioni di fase e le correnti di fase, ma occorre ricordare che la
potenza totale pari a 3 volte la potenza di una singola fase, quindi di un singolo circuito.
Per questi sistemi l'espressione della potenza pu essere data da:
( ) A E I E I E I E I E I E I EI j + + +
1 1 2 2 3 3 1 1 2 2 3 3
3 3 3 3
* * *
cos sen
cio la potenza totale sia 3 volte la potenza di ogni singola fase.
Vale anche:
( ) A VI j + 3 cos sen
dove V il valore efficace della tensione concatenata, ma l'angolo sempre lo
sfasamento tra la corrente e la tensione di fase.
5.2 - Considerazioni sui sistemi trifase non simmetrici e non equilibrati
Si supponga che un dato carico trifase stia assorbendo una terna di correnti:
I I I
1 2 3
, ,
in generale anche non equilibrate, a fronte di una terna di tensioni concatenate:
V
12
, V V
23 31
,
in generale anche non simmetriche.
Si nota che con tale formulazione non possibile calcolare la potenza assorbita dal
sistema, data dalla formula (5.14) che prevede l'utilizzo delle tensioni di fase.
Se si volessero ottenere, dalle tensioni concatenate, le tensioni di fase (5.1):
V E E
E E
E E
12 1 2
2 3
3 1



V
V
23
31
si nota subito che il sistema (5.4) presenta 3 incognite ma solo 2 equazioni, perch le 3
equazioni non sono tra loro indipendenti, dato che vale (5.5):
V
12
0 , V V
23 31
,
e che la somma delle 3 equazioni porta ad avere anche il secondo membro nullo.
Quindi questo sistema presenta 1 grado di libert(in campo complesso, quindi 2 in campo
reale), quindi

1
soluzioni in campo complesso,

2
soluzioni in campo reale:
occorre scegliere un valore per una delle tre tensioni di fase, e solo cos le altre saranno
fissate. Questo corrisponde al fatto che, a priori, non noto dove si trovi il centro stella nel
piano fasoriale, a meno di non conoscere il valore della sua tensione per altra via.
Si supponga allora di fissare arbitrariamente un centro stella G di tensione E
G
. La potenza
assorbita vale allora, con questo riferimento:
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Cap. 5 - pag. 7
A E I E I E I + +
1 1 2 2 3 3
* * *
Si consideri anche un altro centro stella G', di tensione E
G'
diversa dalla precedente.
Rispetto a questo nuovo centro stella si ha una nuova terna di tensioni di fase, legate alle
precedenti dalla relazione:
E E E
K
K GG
'
'
+ k = 1, 2, 3
e la potenza con queste nuove tensioni:
( ) ( ) ( )
( )
A E I E I E I E E I E E I E E I
E I E I E I E I I I A E A
GG GG GG
GG GG
' ' * ' * ' *
'
*
'
*
'
*
* * *
'
* * *
'
+ + + + + + +
+ + + + + +
1 1 2 2 3 3 1 1 2 2 3 3
1 1 2 2 3 3 1 2 3
0
come si pu notare, la potenza non dipende (come giusto che sia) dalla posizione del
centro stella nel piano fasoriale. Qualunque sia il centro stella scelto, si ottiene lo stesso
valore di potenza, che quello corretto.
5.3 - Vantaggi del sistema trifase
Il sistema trifase presenta parecchi vantaggi in confronto al sistema monofase.
a- Campo magnetico rotante
Un primo vantaggio risulter pi chiaro nello studio delle macchine elettriche rotanti: il
sistema trifase, grazie alle tre grandezze sfasate di 120tra loro, permette agevolmente di
produrre un campo magnetico rotante, fondamentale nelle macchine sincrone e asincrone.
b- Ottimazione della trasmissione dell'energia
Il secondo vantaggio consiste nel fatto che ciascuna delle tre linee fa al tempo stesso da
andata per se stessa e da ritorno per le altre due. In un sistema trifase la potenza elettrica
pari alla somma delle potenze sulle singole linee; pertanto vale:
A E I E I E I + +
1 1 2 2 3 3
* * *
(5.14)
se il sistema simmetrico ed equilibrato, lo sfasamento tra tensione e corrente lo stesso
per ognuna delle 3 linee, quindi:
( ) A E I 3
1 1
*
3EI cos + jsen (5.14.1)
se le tre linee di trasmissione presentano ciascuna una resistenza R, allora le perdite in
linea valgono:
P RI
d
3
2
e il rapporto tra la potenza dissipata e quella trasportata vale:
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Cap. 5 - pag. 8



P
P
RI
EI
RI
EI
d
3
3
2 2
cos cos

in un sistema monofase si avrebbe invece:
( ) A E I EI j +
1
*
cos sen
per la trasmissione occorre una linea di andata e una di ritorno, e ciascuna presenta una
resistenza R, allora le perdite in linea valgono:
P RI
d
2
2
e il rapporto tra la potenza dissipata e quella trasportata vale:



P
P
RI
EI
RI
EI
d
2 2
2 2
cos cos

che un valore doppio rispetto a quello del sistema trifase. Quindi il sistema trifase ha un
miglior rendimento rispetto al monofase.
Si possono considerare le cose a pari tensione nominale e a pari potenza trasportata.
Nel sistema trifase:
P EI VI I
P
V
3 3
3
cos cos
cos

quindi:
P RI
RP
V
RP
V
d
3
3
3
2
2
2 2
2
2 2
cos cos
(5.15.1)
Nel sistema monofase:
P VI VI I
P
V
cos cos
cos

quindi:
P RI
RP
V
RP
V
d
2
2 2
2
2
2 2
2
2 2
cos cos
(5.15.2)
Se si vuole tenere conto del costo dei conduttori, questo proporzionale al peso e quindi al
volume dei conduttori.
Nel sistema trifase:
C k IS 3 (5.16)
volendo realizzare un sistema monofase con pari costo di materiale, e quindi con pari peso
e volume:
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Cap. 5 - pag. 9
C k IS 2 S =
3
2
S
m t
la sezione sardel 50 % maggiore perch il monofase ha solo due fili. Allora le resistenze:
R
S S
R
t m
t 1
2
3

l l
; R
m
e le perdite:
P
R P
V
R P
V
R P
V
dm
m t m

2
2
2 2
2
2 2
2
2 2
cos
;
cos cos
P =
3
2

3
4
P (5.17)
dt dm
anche a paritdi peso dei conduttori e quindi di costo degli impianti le perdite sono minori
nel sistema trifase rispetto al sistema monofase.
Volendo invece realizzare un sistema trifase con le stesse perdite di un monofase, a parit
di tensione nominale e di potenza trasmessa:
P
R P
V
R P
V
dt
t m

2
2 2
2
2 2
2
cos
;
cos
P
dm
quindi per eguagliare le perdite:
R R S S k S k S k S C
t m t m t m m m
2
1
2
3
3
2
3
4
2
3
4
; C
t
l l l
Il costo dell'impianto quindi inferiore nel sistema trifase rispetto al sistema monofase.
Con il trifase quindi si pu: o spendere la stessa somma per l'impianto e risparmiare
sull'esercizio oppure prevedere le stesse perdite in esercizio ma spendere meno per
l'impianto iniziale, o infine scegliere una soluzione intermedia fra queste, secondo il calcolo
di miglior convenienza economica. Per effettuare correttamente il calcolo dei costi occorre
per tenere conto non solo del peso dei conduttori, ma anche del numero di supporti
isolanti (se linea aerea) o dei rivestimenti isolanti (se linea in cavo) e della installazione dei
conduttori stessi. Tutti questi costi sono maggiori nel caso trifase; ma nonostante questo
esso risulta in generale pi conveniente.
c- Potenza istantanea complessiva senza componenti oscillatorie
Un terzo vantaggio del trifase (simmetrico ed equilibrato) che la potenza elettrica
istantanea complessiva costante. In un sistema monofase:
E E e
I I e
j
j


( )
da cui:
( )
e t E t
i t I t I t t
( ) cos( )
( ) cos( ) cos cos( ) sen sen
+
+ + + +
2
2 2


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Cap. 5 - pag. 10
quindi:
( ) ( ) ( )
( )
p t EI t t t ( ) cos cos sen sen cos + + + + 2
2

Il termine
( ) ( ) ( ) ( ) 2 2 2 EI t t EI t + + + sen sen cos sen sen
il termine corrispondente alla potenza reattiva, che istante per istante indica quanta
potenza viene accumulata o ceduta dai condensatori e dagli induttori: corrisponde al
prodotto della tensione per la componente della corrente in quadratura con la tensione
stessa.
Il termine:
( ) ( ) ( )
2 1 2 2
2
EI t EI t + + + cos cos cos cos
il termine che darorigine, integrato nel tempo, alla potenza attiva; corrisponde al prodotto
della tensione per la componente della corrente in fase con la tensione stessa. Come si
vede presenta una componente costante e una oscillatoria, con frequenza doppia di quella
del sistema.
Nel sistema trifase si avrinvece:
( )
( )
( )
e t E t
e t E t
e t E t
1
2
3
2
2 2 3
2 2 3
( ) cos
( ) cos /
( ) cos /
+
+
+ +



( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
i t I t I t t
i t I t I t t
i t I t I t t
1
2
3
2 2
2 2 3 2 2 3 2 3
2 2 3 2 2 3 2 3
( ) cos cos cos sen sen
( ) cos / cos cos / sen sen /
( ) cos / cos cos / sen sen /
+ + + +
+ + + +
+ + + + + + +



quindi la potenza istantanea vale:
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( )
p t EI t t t EI
t t t t
t t
( ) cos cos cos / cos / sen
[ cos sen cos / sen /
cos / sen / ]
+ + + + + +

1
]
1
+
+ + + + + + +
+ + + + +
2
2 2
2 3
2
2 3 2
2 3 2 3
2 3 2 3



il termine moltiplicato da sen il termine dovuto al prodotto delle tensioni per le
componenti di corrente in quadratura, e corrisponde alla potenza reattiva. Il termine
moltiplicato per cos , invece, darorigine, integrato nel tempo, alla potenza attiva. Esso
vale:
( ) ( ) ( ) [ ]
EI t t t EI + + + + + + + + 1 2 2 1 2 2 4 3 2 2 4 3 3 cos cos / cos /
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 11
e come si vede, istante per istante, le tre componenti oscillanti si annullano a vicenda. In
ciascun singolo componente della stella o del triangolo che compone il carico
l'assorbimento di attivo presenta il termine costante pi il termine oscillatorio; globalmente
per il sistema trifase i termini oscillatori si annullano. Questo pu essere importante per
esempio per le macchine elettriche rotanti, perch questo garantisce un valore di potenza e
di coppia meccanica privo di oscillazioni.
5.4 - Sistemi trifase con neutro
Nei sistemi trifase frequente l'adozione di un quarto filo, generalmente privo di generatori
e di carichi in serie, detto filo di neutro o, semplicemente, neutro, collegato dal centro stella
del generatore al centro stella del carico. A volte si effettua semplicemente la messa a terra
del centro stella del generatore e del centro stella del carico, di modo che tali centri stella
sono collegati tra loro mediante il terreno, che svolge le funzioni del neutro.
Il neutro viene introdotto per avere disponibili le tensioni di fase. Collegando un carico tra
fase e neutro, questo viene alimentato con le tensioni di fase. Un sistema trifase con il
neutro permette quindi di alimentare i carichi alla tensione di fase (tra fase e neutro) oppure
concatenata (tra fase e fase).
Il neutro viene anche introdotto per evitare che una stella di carico dissimmetrica, alimentata
con un sistema di tensioni pressoch simmetrico, possa presentare uno spostamento
eccessivo del centro stella rispetto al centro stella del generatore simmetrico. Questo si
verifica quando le impedenze dei tre rami della stella di carico sono tra loro molto diverse;
con la presenza del neutro la tensione viene vincolata a quella del centro stella del
generatore, con la sola differenza delle cdt.
Nel neutro pu passare corrente, quindi la (5.3) diventa:
I I I I
n 1 2 3
0 + + + (5.18.1)
mentre la (5.5) rimane inalterata nella sua validit:
V
12
0 , V V
23 31
,
Per un sistema trifase con neutro, nell'ipotesi di trascurare le cdt sul neutro stesso,
indicando con E
K
le tensioni di fase dei generatori, con Z
K
le tensioni delle singole fasi e
con I
K
le correnti di fase, vale:
I (5.19)
K

E
Z
K
K
e quindi:
I I I I
E
Z
E
Z
E
Z
n
+ + + +

_
,
( )
1 2 3
1
1
2
2
3
3
La corrente di neutro risulta nulla quando le tre tensioni sono simmetriche e le tre
impedenze sono tutte uguali tra loro.
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Analisi delle reti elettriche trifase
Cap. 5 - pag. 12
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Analisi delle reti elettriche in regime transitorio
Cap. 6 - pag. 1
6
Analisi delle reti
elettriche in
regime transitorio
6.1 - Metodo classico
Lo scopo di questo capitolo quello di impostare l'analisi dei circuiti elettrici in regime
transitorio.
Il problema dei transitori elettrici non altrettanto ben schematizzabile come il regime
permanente, per il quale esistono metodi risolutivi standard. O meglio, sarebbe possibile
anche per i transitori utilizzare metodi sistematici, ma questi sono molto complessi e, in
generale, non vantaggiosi rispetto ad un approccio pi semplice ma che richiede un po' pi
di intuizione. invece possibile indicare alcune semplici regole e alcune tecniche che
costituiscono una base necessaria per la soluzione del problema.
Si consideri il seguente semplice esempio nel quale l'interruttore si chiude all'istante t = 0.
Il circuito pu essere risolto, per esempio, con il metodo delle correnti di lato. Si consideri
come nodo indipendente il nodo A e come maglie indipendenti la maglia C-R-e e la maglia
e-R-L. Le equazioni sono:
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Analisi delle reti elettriche in regime transitorio
Cap. 6 - pag. 2
i i i
V
C
i d
e Ri L
di
dt
Ri e
C R L
C
t
c
R
L
R
+ +

+

'

0
1
0
0
0
0

per semplicit grafica si omesso di indicare esplicitamente, dandola per sottintesa, la
dipendenza dal tempo delle correnti e della fem. Non esistono effetti mutuo induttivi.
Si osserva che la principale difficoltnella soluzione del problema rappresentato dal fatto
che il sistema che rappresenta il circuito differenziale.
Ogni sistema di equazioni differenziali richiede, per poter essere risolto delle condizioni
iniziali. Visto che qui si hanno due equazioni integrali o differenziali del primo ordine,
globalmente il problema del secondo ordine, quindi occorrono due condizioni iniziali: una
gi implicita nel valore di tensione iniziale V
C0
del condensatore; l'altra dovrebbe
riguardare il valore iniziale della corrente nell'induttore.
Il sistema potrebbe essere riscritto ponendo le forzanti al secondo membro:
i i i
V
C
i d
Ri L
di
dt
e
Ri e
C R L
C
t
c
R
L
R
+ +

'

0
1
0
0

L'espressione integrale di ostacolo per proseguire. Allora opportuno derivare la seconda
equazione, in modo che l'integrale scompaia. Si perde in questo una informazione
importante, ossia la tensione iniziale del condensatore: tale valore dovressere ripreso in
seguito, nel porre le condizioni iniziali:
i i i
C
i R
di
dt
de
dt
Ri L
di
dt
e
C R L
c
R
R
L
+ +
+

'

0
1
Ora si pu procedere per sostituzione, a partire dalla terza equazione e risalendo alla
seconda e infine alla prima:
i
L
R
di
dt
e
R
i CR
di
dt
C
de
dt
LC
d i
dt
C
de
dt
C
de
dt
LC
d i
dt
LC
d i
dt
L
R
di
dt
e
R
i
R
L
c
R L L
L L
L
+ +
+ + + +
+ + + +

'

2
2
2
2
2
2
0
ottenendo un'unica equazione differenziale lineare, a coefficienti costanti, del 2ordine:
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Analisi delle reti elettriche in regime transitorio
Cap. 6 - pag. 3
i
RC
i
LC
i
RLC
e
L L L
" '
+ +
1 1 1
che dovressere accompagnata dalle due condizioni iniziali:
i I
Li V
L L
L C
( )
( )
'
0
0
0
0

'

la prima condizione richiede, come spiegato in precedenza, la conoscenza della corrente


iniziale nell'induttore; la seconda stata posta considerando che, essendo induttore e
condensatore posti tra la stessa coppia di nodi, le tensioni di tali bipoli devono essere
uguali; sul condensatore all'istante iniziale esiste solo la tensione iniziale, perch la corrente
non ha ancora fatto in tempo a portare alcuna variazione significativa; sull'induttore la
tensione sempre pari al prodotto dell'induttanza per la derivata della corrente. Questi
procedimenti sono molto frequenti nella soluzione di questi problemi.
Si consideri ora l'equazione omogenea associata: cio la stessa ma priva delle forzanti; la
soluzione di tale equazione verrindicata come I
T
:
i
RC
i
LC
i
T T T
" '
+ +
1 1
0
L'integrale generale dato dalla somma di un numero in termini esponenziali pari all'ordine
dell'equazione; in questo caso 2 termini:
i t I t I t
T
( ) exp( ) exp( ) +
1 1 2 2

tutti i coefficienti che appaiono sono in generale numeri complessi; i coefficienti degli
esponenziali sono le soluzioni dell'equazione algebrica associata all'equazione
differenziale omogenea, detta equazione caratteristica dell'equazione differenziale:

2 1 1
0 + +
RC LC
direttamente con l'equazione caratteristica, in questo caso si ha:

12
2 2
2
1
2
1
2
1 4 1
2
1 1
4
,
t

_
,

RC
R C
LC RC
R C
L
m
Come si pu notare, il termine sotto radice minore di 1 o anche minore di 0. I due
coefficienti sono quindi o entrambi negativi oppure complessi coniugati con parte reale
negativa.
Se il determinante positivo, la soluzione semplicemente:
i t I t I t I t T I t T
T
( ) exp( ) exp( ) exp( / ) exp( / ) + +
1 1 2 2 1 1 2 2

con tutti i coefficienti reali; i coefficienti degli esponenziali sono stati sostituiti con i loro
reciproci cambiati di segno, che prendono il nome di costanti di tempo; la situazione si dice
esponenziale smorzata.
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Analisi delle reti elettriche in regime transitorio
Cap. 6 - pag. 4
Se il determinante nullo, si hanno due radici coincidenti. Questo un caso particolare, per
il quale la soluzione vale:
i t I t I t t I t I t T
T
( ) exp( ) exp( ) ( ) exp( / ) + +
1 2 1 2

dove si presenta ovviamente un'unica costante di tempo.
Infine il caso in cui il determinante negativo, il che comporta coefficienti complessi
coniugati:
[ ]
[ ]
[ ]
i t I t I t
i t
T
T
( ) exp( ) exp( )
(
( )
+


1 1 2 2




= exp( t) (I + jI ) cos t - jsen t) + (I - jI ) (cos t + jsen t)
= exp(-t / T) 2I cos t + 2I sen t
exp(-t / T) I cos t +I sen t
A B A B
A A
C S
appare un'unica costante di tempo, ma appare anche una frequenza o pulsazione
angolare. In questa situazione si parla di oscillazioni smorzate.
In tutti e tre i casi, appaiono comunque due costanti che vanno determinate mediante
l'imposizione delle condizioni iniziali. Con le condizioni iniziali l'integrale generale
dell'equazione omogenea associata univocamente determinato.
Si nota che in tutti i casi si presenta uno smorzamento esponenziale. Il fattore esponenziale
non smorzato solo in questo caso ma in qualunque rete elettrica lineare, le soluzioni
dell'equazione caratteristica presentano sempre parti reali negative, qualunque sia l'ordine
del sistema. Questo potrebbe essere dimostrato anche matematicamente, ma pi
semplice una considerazione energetica: se il sistema privo di forzanti, questo significa
che i generatori sono spenti; le correnti possono circolare solo perch induttori e
condensatori cedono o scambiano tutta o parte dell'energia in essi accumulata. Queste
correnti tuttavia sono dissipative per effetto Joule. Quindi l'energia totale accumulata nei
condensatori e negli induttori non pu che diminuire, quindi le correnti sono destinate a
smorzarsi. Per questo motivo la soluzione del sistema omogeneo associato viene chiamata
componente transitoria della soluzione complessiva.
La presenza delle forzanti determina la presenza di un'altra componente, che pu essere
chiamata componente permanente o di regime. Per una data forzante, la componente
permanente unica, cio univocamente determinata. Infatti se ne esistessero due, per la
linearitdella rete la loro differenza sarebbe una soluzione dell'omogenea associata, cio
una componente transitoria, destinata a scomparire.
Riepilogando: ogni corrente di lato (ma anche ogni tensione di nodo) di una rete elettrica
lineare con forzanti data dalla somma di una componente transitoria e una permanente:
i t i t i t
T P
( ) ( ) ( ) +
La soluzione transitoria una somma di termini esponenziali reali o complessi (esponenziali
moltiplicati per sinusoidi); ha questo nome perch tutti i coefficienti degli esponenziali sono
negativi, cio gli esponenziali sono tutti smorzanti e tendono a zero. Per determinare i
coefficienti moltiplicativi dei vari termini esponenziali o oscillatori smorzati e il numero delle
condizioni iniziali sono pari all'ordine del sistema differenziale. La soluzione permanente
univocamente determinata in base alle forzanti. La soluzione permanente (integrale
particolare) pu essere determinata sulla base della soluzione a regime della rete oppure
con i metodi dell'analisi matematica.
Si nota inoltre che, poich tutte le condizioni iniziali sono state utilizzate per determinare i
coefficienti della componente transitoria, la componente permanente non dipende dalle
condizioni iniziali. Questo significa che il transitorio permette al circuito di dimenticare la
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Analisi delle reti elettriche in regime transitorio
Cap. 6 - pag. 5
condizione iniziale, arrivando a comportarsi solo come le forzanti impongono,
indipendentemente dal punto di partenza.
L'analisi del transitorio pu dirsi composta delle seguenti fasi:
1. identificazione del modello e valutazione dei parametri
2. scrittura del sistema di equazioni algebrico-integro-differenziali
3. riduzione del sistema in modo da eliminare le variabili solo algebriche e gli integrali, con
eventuale riduzione del sistema di equazioni differenziale ad un unica equazione
differenziale avente per ordine l'ordine del sistema
4. individuazione delle condizioni iniziali
5. soluzione del sistema o dell'unica equazione differenziale con le condizioni iniziali
6. ricostruzione del valore delle variabili algebriche.
La fase 1 analoga al regime PAS o stazionario: occorre guardare il circuito e riportare i
valori dei parametri L, R, C e delle tensioni o correnti dei generatori.
La fase 2 utilizza i principi di Kirchhoff per scrivere le equazioni che conterranno,
ovviamente, dei termini integrali o differenziali; pu utilizzare, volendo, gli stessi metodi del
regime permanente (tensioni di nodo, correnti di lato, correnti di maglia) anche se, come si
vedrin seguito, sarspesso opportuno utilizzare metodi misti, cio non avere come variabili
di stato solo le tensioni o solo le correnti, ma un mix di queste: ci richiederdi iniziare a
procedere in modo intuitivo.
La fase 3 serve ad ottenere un sistema che sia solo di tipo differenziale. Delle equazioni
scritte nella fase precedente, alcune saranno solo algebriche, altre invece integrali e/o
differenziali. Le equazioni integrali vanno derivate, in modo da non avere pi termini
integrali ma solo differenziali. Le equazioni algebriche vanno utilizzate in modo da far
scomparire, nelle equazioni differenziali, alcune variabili (solitamente quelle di cui non si
presenta alcuna derivata nelle equazioni differenziali originali), in modo che la parte
differenziale del sistema consideri un numero di variabili pari al numero di equazioni
disponibili. Il valore delle altre variabili, dette algebriche, potressere ricostruito dal valore
trovato per le variabili differenziali, grazie alle stesse equazioni algebriche usate in questa
fase. Questa fase richiede ancora una volta una certa dose di intuizione.
Con ulteriori processi di riduzione possibile trasformare un sistema di m equazioni
differenziali in m funzioni incognite in un'unica equazione differenziale, in una sola
incognita, di ordine m.
La fase 4 fondamentale per la soluzione vera e propria. Ogni sistema di equazioni
differenziali richiede, per poter essere risolto completamente, delle condizioni al contorno; in
questo caso, visto che il dominio il tempo, si parla di condizioni iniziali. Queste sono date,
solitamente, dallo stato della rete all'istante 0
-
, vale a dire all'istante immediatamente
precedente l'inizio del transitorio. Nell'istante 0
+
, non appena si instaurata la nuova
condizione della rete, che evolve in maniera transitoria verso un nuovo regime, le correnti
negli induttori e le tensioni sui condensatori dovranno conservare gli stessi valori all'istante
0
-
. Queste informazioni andranno per a volte rielaborate, utilizzando le equazioni
algebriche, perch non sempre tali grandezze sono le variabili di stato scelte per il sistema
differenziale o per l'unica equazione, oppure perch derivando le funzioni integrali queste
informazioni non sono pi immediatamente utilizzabili. Questa fase richiede parecchio
intuito.
La fase 5 pu invece dirsi molto standard perch i metodi risolutivi, una volta che equazioni
differenziali e condizioni iniziali sono state poste correttamente, non richiede difficolt
concettuali, ma solo, eventualmente, un po' di pazienza e di attenzione nei calcoli.
La fase 6 ripercorre all'indietro le operazioni di riduzione della fase 3) e calcola, in funzione
delle soluzioni trovate nella fase 5), i valori delle altre funzioni. Anche questa fase richiede
solo attenzione nei calcoli.
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Cap. 6 - pag. 6
6.2 - Metodo delle trasformate di Laplace
Fino a questo punto si sono studiati i transitori nei circuiti (contenenti elementi circuitali
capaci di immagazzinare energia) ma, applicando le leggi di Kirchhoff a tali circuiti si sono
ricavate una o pi equazioni differenziali nel dominio tempo, legate alla configurazione del
circuito. Queste equazioni sono state risolte poi con i procedimenti classici. Tuttavia, in molti
casi questi procedimenti non sono i pi convenienti: per cui verr introdotto un nuovo
metodo, basato sulle trasformate di Laplace, che consente di giungere pi speditamente
alla soluzione delle equazioni differenziali. Inoltre, molte funzioni irregolari non possono
essere facilmente studiate con i procedimenti tradizionali, mentre si giunge senza difficolt
alla soluzione con il metodo di Laplace.
6.2.1 - Trasformata di Laplace
Se f(t) una funzione di t, definita per qualunque t > 0, la trasformata di Laplace di f(t),
indicata con il simbolo
[ ]
L f(t) , definita come:
[ ]
L f(t) f(t)e dt
st
0
F(s)

(1)
dove la variabile s pu essere reale o complessa. Per l'applicazione ai circuiti, si supporr
s = + j. L'operatore
[ ]
L f(t) trasforma una funzione f(t) definita nel dominio tempo in una
funzione F(s) definita nel dominio complesso frequenza, o semplicemente nel dominio s. Le
due funzioni f(t) e F(s) costituiscono pertanto una coppia di trasformazione.
Queste coppie possono essere pi o meno facilmente calcolate, ma quelle di uso pi
frequente per comodit sono elencate in apposite tabelle. Per gli scopi di questo capitolo
sono sufficienti le funzioni considerate nella Tabella 1.
Condizioni sufficienti affinch esista la trasformata di Laplace sono che la funzione f(t) sia
tratto per tratto continua, di ordine esponenziale e nulla per t < 0
*
. Una funzione f(t) di
ordine esponenziale se f t Ae
t
( ) <

per qualunque t>t
0
, dove A e t
0
sono costanti positive.
Se queste condizioni sono soddisfatte, l'integrale della trasformazione diretta convergente
per tutte le > ed esiste la F(s). Tutte le funzioni considerate per lo studio dei circuiti
soddisfano le condizioni (a) e (b).
Per apprezzare l'applicazione del metodo allo studio dei circuiti elettrici si considerino i
seguenti esempi.
Il condensatore incluso nel circuito serie RC della figura possiede una tensione iniziale V
0
.
Chiudendo l'interruttore, al circuito viene applicata la tensione costante V; l'equazione
differenziale per il circuito considerato risulta
**
:
Ri
C
i dt V +

1
(2)
Utilizzando I(s) per la corrente del dominio s, si consideri la trasformata di Laplace di
ciascun termine della (2).

*
All'atto pratico tale proprietpu essere facilmente imposta alle funzioni attraverso la moltiplicazione
per sca (t).
**
Si indica per semplicit V
C
i dt
C
i dt
t
0
0
1 1
+

=
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Cap. 6 - pag. 7
[ ] [ ]
L L L Ri i dt
f
Cs
V
s
+

1
]
1

+
+

1
C
V (3)
R I(s) +
I(s)
Cs
(4)
1
0 ( )
Ora f i dt q CV
-1
(0+) =
+
+
0 0
0 ( ) . La tensione iniziale positiva se di segno concorde,
con la tensione imposta dalla sorgente V. Il segno risulta pertanto positivo. Sostituendo
nell'equazione (4) si ha:
R I(s)
V
S
V
S
+
I(s)
Cs
(5) +
0
Raccogliendo I(s) a fattor comune,
I s R
Cs
V
s
V
V V
R sC
V V
R s RC
( )
( )
( / ) ( / )
+

_
,

+


+
1
1
1
1
1
0
0
0
(6)
I(s) =
1
s
(7)
L'operazione per mezzo della quale F(s) si trasforma nella f(t) detta trasformata inversa di
Laplace, indicata con la scrittura L
-1
[F(s)]= f(t).
Dalla definizione di trasformata inversa di Laplace e dalla tabella segue:
[ ]
L L


_
,

1
]
1


1 0 1 0
1
1
I(s) i
V V
R s RC
V V
R
e
t RC
/
/
(8)
Ora l'equazione (8) esprime il transitorio di corrente nel dominio tempo conseguente alla
chiusura dell'interruttore nel circuito RC in cui il condensatore possiede una tensione iniziale
V
0
. Le condizioni iniziali sono state introdotte nell'equazione (5) nel dominio s; di
conseguenza effettuando la trasformazione inversa si ottiene un'equazione che comprende
gile costanti.
Si osservi che attraverso le elaborazioni algebriche nella (6) e nella (7), la funzione I(s)
stata ricondotta ad una funzione compresa nella tabella, permettendo di ottenere la
trasformata inversa di Laplace.
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Cap. 6 - pag. 8
Tabella 1 - Trasformata di Laplace
f(t) F(s)
1 A t 0 A
s
2 At t 0 A
s
2
3 e
-at
1
s a +
4 te
-at
1
2
( ) s a +
5 sin t
s
2 2
+
6 cos t s
s
2 2
+
7 sin (t + ) s sin
s

+
+
cos
2 2
8 cos (t + ) s cos
s

+
+
sin
2 2
9 e
-at
sin t
( ) s a + +
2 2
10 e
-at cos
t ( )
( )
s a
s a
+
+ +
2 2

11 sinh t
s
2 2

12 cosh t s
s
2 2

13 df/dt s F(s) - f(0+)
14

f t ( ) dt
F s
s
f
s
( ) ( )
+
+
1
0
15 f(t-t
1
) e
-t
1
s
F(s)
16 f
1
(t) + f
2
(t) F
1
(s) + F
2
(s)
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Cap. 6 - pag. 9
Si consideri un altro esempio.
Il circuito RL rappresentato in figura viene alimentato da una tensione V, quando si chiude
l'interruttore. Applicando le leggi di Kirchhoff dopo la chiusura dell'interruttore si ottiene la
seguente equazione:
Ri L
di
dt
V + (9)
Passando alle trasformate di Laplace di ciascun termine si ottiene:
[ ] [ ]
L L L Ri L
di
dt
V +

1
]
1
(10)
R I(s) + sL I(s) - L i(0+) = V / s (11)
La corrente iniziale i(0+) in un circuito serie RL, in cui la corrente prima della chiusura
dell'interruttore era nulla, nulla anche per t = 0+. Sostituendo i(0+) = 0 nell'equazione (11),
si ottiene:
I s R sL V s
V
L s s R L
( ) ( ) /
( / )
(12)
I(s) =
V 1
s (R+ sL)
(13)
+

_
,

+
1 1
Segue pertanto:
[ ]
( )
L L L

1
]
1

+

1
]
1

'

1 1 1
1 1
1
I s i
V
R s s R L
e
R L t
( )
/
( / )
(14)
e i =
V
R
(15)
File: franchino - d:\proj\unibg\elett\dispense\CAP06.DOCErrore. Il segnalibro non definito.
Stampato: gg/03/aa 22.28
Ver/Rev: drf,fin,tmp,old/0.2
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 1
rev. 1.0
7
Il trasformatore
7.1 - Generalit: i livelli di tensione
La produzione, il trasporto, la distribuzione e l'utilizzo dell'energia elettrica avvengono a
diversi livelli di tensione. Livelli di tensione elevati permettono di ottenere la stessa potenza
con correnti minori, in quanto:
A V I
V I

per il sistema monofase


A = 3 per il sistema trifase
Correnti minori significa perdite minori per effetto Joule e quindi miglior rendimento del
sistema: questo importante soprattutto quando la potenza elettrica deve essere
trasportata a distanze elevate e quindi le perdite di trasmissione sono significative.
Un livello pi elevato di tensione comporta per un maggior costo e un maggior ingombro
del materiale isolante. Inoltre un guasto di tipo cto cto, con perforazione del materiale
isolante, che si verifichi a livelli di tensione pi elevata, pi pericoloso sia per le persone
che per i materiali (rischi di incendio).
Pertanto, il livello di tensione deve essere proporzionato all'ordine di grandezza della
potenza in gioco e alle distanze da percorrere.
Per utilizzi di tipo civile il livello di tensione che si ritiene accettabile , come ben noto, di
220/380 V (monofase/trifase). Con questo livello di tensione per esempio un carico
monofase di 11,5 kW (stufetta elettrica, forno, lavatrice) ha un assorbimento di corrente di
58 A e un carico trifase di 36 kW (macchina operatrice in una bottega artigiana,
condizionatore in un esercizio commerciale di medie dimensioni) ha un assorbimento di
510 A. La tensione di 220/380 V pericolosa per le persone, ma uno spessore isolante di
pochissimi millimetri pi che sufficiente a garantire un elevato livello di sicurezza. Un cto
cto a tali tensioni innesca un incendio solo se le parti elettriche guaste vanno a contatto con
materiali facilmente infiammabili. Questo livello di tensione prende il nome di bassa
tensione.
La potenza installata in un appartamento di abitazione solitamente di 3 kW. Il consumo
medio di una famiglia di qualche centinaio di watt, cio pochissimi kilowattora al giorno (si
ricorda che 1 kWh = 1 kW 1 h = 3600 kJ, il kilowattora una unitdi misura dell'energia).
Quando si tratta di alimentare non un singolo appartamento, ma un intero isolato o una
porzione di un quartiere con qualche centinaio di famiglie, o un'industria di dimensioni
medio-grandi, la potenza in gioco passa ad un ordine delle centinaia di kilowatt o ai
megawatt. Le correnti diventano allora dell'ordine delle centinaia di ampere. Conviene allora
utilizzare un diverso livello di tensione, detto media tensione; i valori pi diffusi sono di 6,
10, 15, 20, 30 kV. Si osserva a questo proposito che dal momento che il macchinario
elettrico rotante (generatori e motori) pu lavorare al massimo a questi livelli di tensione la
produzione di energia elettrica avviene in media tensione.
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 2
Infine, quando si tratta di alimentare citto di trasportare la potenza prodotta da una grande
centrale elettrica, e le potenze in gioco sono dell'ordine delle decine o centinaia di
megawatt, o dei gigawatt, si utilizzano livelli di alta o altissima tensione: 130, 150 kV o 220,
380 kV. In altri paesi, con distanze maggiori d i quelle italiane (Siberia, Canada, America
Latina) si usano livelli anche pi elevati, come 700 kV.
La catena pu quindi essere vista in questo modo:
1. produzione mediante generatori elettrici, in media tensione
2. immediato innalzamento della tensione a livelli alti o altissimi
3. trasporto dell'energia elettrica in alta o altissima tensione e utilizzo in alta tensione
4. abbassamento a livelli di media tensione alle porte dei centri abitati o delle industrie
5. distribuzione in media tensione nei quartieri urbani o nei reparti dello stabilimento
6. abbassamento a livelli di bassa tensione in prossimitdell'utilizzo
7. utilizzo in bassa tensione.
Il dispositivo che permette di innalzare o di abbassare il livello di tensione in regime PAS il
trasformatore elettrico.
7.2 - Il trasformatore monofase
La maggior parte dei trasformatori di potenza trifase; i monofase si utilizzano per piccole
potenze (uso domestico); il principio di funzionamento per lo stesso, ed molto
semplice: due avvolgimenti elettrici sono accoppiati mediante un circuito magnetico in ferro.
Il caso pi semplice quello in figura:
In particolare per l'avvolgimento 1, detto anche avvolgimento primario o semplicemente
primario, si utilizzer la convenzione degli utilizzatori e per l'avvolgimento 2, detto anche
avvolgimento secondario o semplicemente secondario, la convenzione dei generatori. La
scelta del lato da considerare primario e di quello da considerare secondario puramente
arbitraria: la macchina perfettamente bidirezionale, cio pu portare potenza dal lato 1 al
lato 2 o viceversa, senza alcuna difficolt. Generalmente si indica come primario il lato in
cui, in quella particolare condizione di funzionamento, entra potenza (e si comporta quindi
come un utilizzatore) e come secondario il lato da cui la potenza esce (e si comporta quindi
come generatore).
Se un avvolgimento percorso da corrente in alternata, esso induce tensione sull'altro
avvolgimento per effetto induttivo. Si ricorda infatti che la corrente produce campo e
induzione magnetici e quindi flusso magnetico, che si concatena anche con l'altro
avvolgimento; se la corrente varia nel tempo, il flusso varia con la stessa legge; variazione
di flusso nel tempo significa tensione indotta (legge di Faraday-Henry).
7.2.1 - Trasformatore ideale
Una trasformazione di questo tipo non comporta nel caso ideale alcuna dissipazione di
energia e quindi sostanzialmente la potenza in ingresso e in uscita devono essere uguali,
fatto salvo appunto per le dissipazioni. Deve quindi valere che:
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Cap. 7 - pag. 3
V I V I
1 1 2 2

Quindi se vale che:
V
V
n
n
2
1
1
deve anche valere che:
I
I
2
1
7.2.2 - Trasformatore reale
Si supponga che sia il valore della riluttanza del circuito magnetico. Siano inoltre N
1
, N
2
le spire dei due avvolgimenti. Vale allora che il flusso che attraversa il circuito magnetico,
detto flusso principale dato da:

N i N i
11 2 2
(7.1)
dove sui due avvolgimenti sono state prese convenzioni di verso discordi.
Ciascun avvolgimento vedr quindi un flusso concatenato, che si indica come flusso
concatenato, principale pari a:


1 1 1
11 2 2
2 2 2
11 2 2
p
p
N N
N i N i
N N
N i N i

(7.2)
Inoltre ciascun avvolgimento produrrun'ulteriore porzione di flusso che si richiude per non
nel circuito ferromagnetico, ma in aria; tali flussi quindi, non avendo un circuito magnetico
rigidamente definito, non andranno quindi a concatenarsi mutuamente, ma ciascuno solo
con il proprio avvolgimento. Prendono il nome di flussi di dispersione.

1
1
2
1 2
2
2
2 d
d
d
d
N
i
N
i

; (7.3)
Per il secondo avvolgimento si utilizzato il segno negativo, per la convenzione dei
generatori, coerentemente con la (7.2).
Il rapporto fra un flusso concatenato e la corrente che lo genera una (auto o mutua)
induttanza; si definiscono allora:
L
i
N
L
i
N
M
i
N N
M
L
i
N
L
i
N
M
i
N N
M
d
d
d
m
p p
d
d
d
m
p p
1
1
1
1
2
1
1
1
1
2
12
1
2
1 2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
21
2
1
2 1


;
;
;
(7.4)
;
Le tensioni che si presentano in ogni avvolgimento sono pertanto:
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Cap. 7 - pag. 4
( )
( )

1 1 1 1 1 1 1 1
1
1
1 2
2 2 2 2 2 2 2 2
2
1
2 1
+ + + + + +
+ +
R i
d
dt
R i L
di
dt
L
di
dt
M
di
dt
R i
d
dt
R i L
di
dt
L
di
dt
M
di
dt
d
p
d m
d
p
d m


(7.5)
dove si tenuto conto anche dell'effetto resistivo sugli avvolgimenti. Da quanto si vede da
queste equazioni, e come comunque intuitivo, la macchina pu funzionare solo se il
regime variabile, ed in particolare avr un funzionamento ottimale in regime PAS. In
seguito passeremo alla notazione fasoriale per tutte queste equazioni.
Si nota che:
M
N
N
L
N
N
L
m m

2
1
1
1
2
2
(7.4.1)
Si definisca allora:
i
N
N
i
2
2
1
2
'
(7.6)
la corrente i
2
'
una corrente che, fatta circolare nell'avvolgimento 1, produce la stessa
forza magnetomotrice della corrente i
2
nell'avvolgimento 2; infatti:
N i N
N
N
i N i
1 2 1
2
1
2 2 2

'
di tale valore di corrente si dice che la corrente del secondario riportata al primario.
Analogamente si pu definire la corrente del primario riportata al secondario.
Le equazioni (7.5) possono allora essere riscritte come:
( )

1 1 1 1
1
1
1 1
2
2
1 1 1
1
1
1
2 2 2 2
2
2
2 1
2 2 2
2
2
1
2
2 1
+ + + + + +
+ +
R i L
di
dt
L
di
dt
M
N
N
di
dt
R i L
di
dt
L
di
dt
R i L
di
dt
L
di
dt
M
di
dt
R i L
di
dt
L
N
N
di
dt
M
di
dt
d m d m
d m d m
'
'
i - i
1 2
'
L'ultima parte della seconda equazione:
( )
+ + L
N
N
di
dt
M
di
dt
N
N
L
N
N
di
dt
N
N
L
di
dt
N
N
L
d
dt
i i
m m m m 2
1
2
2 1 2
2
1
2
1
1
2
2 2
1
1
1 2
1
1 1 2
' '
'
da cui le equazioni infine diventano:
( )
( )

1 1 1 1
1
1
1
2 2 2 2
2 2
1
1
+ + +
+
R i L
di
dt
L
di
dt
R i L
di
dt
N
N
L
d
dt
d m
d m
i - i
(7.7)
i - i
1 2
'
1 2
'
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Si definiscono allora le grandezze:
e L
d
dt
i i
e
N
N
L
d
dt
i i
m
m
1 1 1 2
2
2
1
1 1 2


( )
( )
'
'
(7.8)
dove si nota che:
e
e
N
N
2
1
2
1
(7.8.1)
Si pu allora descrivere meglio la macchina mediante il seguente circuito equivalente:
dove il componente centrale rappresenta un trasformatore ideale: cio un dispositivo che
trasforma le tensioni e le correnti secondo un rapporto esattamente uguale al rapporto
spire, in modo ideale: cio le tensioni trasformate non dipendono dalle correnti e le correnti
trasformate non dipendono dalle tensioni (si sarebbe potuto fare un modello analogo
ponendo il ramo derivato al secondario anzich al primario, e utilizzando quindi la corrente
primaria riportata al secondario, i
1
'
).
Il ramo derivato e la corrente che lo attraversa hanno un significato ben preciso. Si
suppongano per ora trascurabili le cdt dovute alle resistenze e alle induttanze di dispersione
degli avvolgimenti. In tal modo si pu dire che le tensioni al primario e al secondario sono
dovute solo all'effetto induttivo del flusso principale. Perch tale flusso esista occorre per
una forza magnetomotrice che lo produca. Questa fmm data da:
( )
fmm N i N i N i
N
N
i N i i

_
,

1 1 2 2 1 1
2
1
2 1 1 2
'
(7.9)
cio pari alla somma algebrica delle fmm della corrente al primario e al secondario, e in
questo va ricordato che la corrente al secondario, e quindi la sua fmm, sono discordi dalle
stesse grandezze al primario. L'effetto lo stesso che si avrebbe con solo una corrente al
primario di valore i i
1 2

'
, che chiamata corrente di magnetizzazione. In realtnaturalmente
primario e secondario sono percorsi dalle rispettive correnti, e non esistono parti circuitali
percorse effettivamente dalla corrente di magnetizzazione, che quindi ha solo un valore
virtuale, o matematico, o di corrente equivalente.
Questa fmm (cio questa corrente di magnetizzazione) produce quindi il flusso principale:
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Cap. 7 - pag. 6
( )

N i N I
N i i
1 1 2 2
1 1 2
'
(7.10)
e poich il circuito magnetico in ferro, il valore della riluttanza molto piccolo e pertanto
basta una fmm piccola per avere un flusso anche elevato. Il ramo derivato rende quindi
ragione di questa fmm, o di questa corrente di magnetizzazione. Se questa corrente non
esiste, o ha un valore nullo, non esiste flusso principale e quindi non possono esistere
tensioni indotte. In pratica la corrente magnetizzante pari a valori dell'ordine dell'12%
della corrente nominale (cio della massima corrente prevista). La variazione nel tempo di
questa corrente di magnetizzazione, e quindi del flusso principale, comporta l'insorgere di
una tensione indotta per ogni spira:
e
d
dt


(7.11)
che moltiplicata per il numero di spire di ciascun avvolgimento fornisce le tensioni giviste
nella (7.8):
e N e N e
1 1 2 2
; e (7.12)
La corrente di magnetizzazione nella realtsempre molto modesta in ragione del fatto che
il circuito magnetico in materiale ferromagnetico.
Il fatto che basti una corrente magnetizzante piccola comporta una conseguenza molto
importante: e cio che la corrente del primario e la corrente del secondario riportata al
primario differiscono per un valore molto piccolo; sono quindi quasi uguali. In questo senso
si pu dire che il trasformatore una macchina quasi ideale per quanto riguarda la
trasformazione delle correnti, poich:
N i N i
1 1 2 2

che significa che il rapporto tra le correnti molto vicino a quello teorico, dato dal rapporto
spire; mentre un po' meno ideale per quanto riguarda il rapporto tra le tensioni, perch le
cdt sulle resistenze e soprattutto sulle induttanze di dispersione sono pi rilevanti.
Generalmente i trasformatori funzionano a tensione imposta. Questo significa che uno dei
due lati (il primario o il secondario) sono collegati ad una sorgente di fem, solitamente PAS,
di modo che la forma d'onda delle tensioni di ogni avvolgimento, e quindi della tensione
spira, imposta.
In condizioni di linearit del mezzo magnetico, la corrente di magnetizzazione
proporzionale al valore del flusso, e quindi anch'essa PAS. Ma i materiali ferromagnetici
presentano il fenomeno della saturazione, pertanto la forma d'onda della corrente di
magnetizzazione risulter distorta rispetto ad una sinusoide regolare, con un valore
massimo superiore a quello previsto in condizioni di linearit. Questo per non un
fenomeno preoccupante. Infatti la corrente di magnetizzazione solo un piccolo valore di
differenza tra la corrente del primario e la corrente del secondario riportata al primario, ed
un valore percentualmente molto piccolo rispetto a tali correnti. se la corrente di
magnetizzazione distorta, questo significa che se una delle due correnti perfettamente
regolare, l'altra sar pari a questa pi o meno un piccolo valore che non perfettamente
sinusoidale, ma che per la sua piccolezza non produce distorsioni rilevanti.
Infine, va considerato un ultimo fenomeno, che quello delle perdite nel ferro. Se un
materiale ferromagnetico percorso da flusso magnetico variabile nel tempo, si presentano
perdite per isteresi e per correnti parassite. Nel regime PAS tali perdite sono proporzionali
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 7
al quadrato del valore massimo dell'induzione, e quindi del flusso; induzione e flusso sono a
loro volta proporzionali alla tensione per spira generata. Pertanto le perdite nel ferro sono
proporzionali al quadrato della tensione dovuta al flusso principale; possono allora essere
rappresentate come una resistenza sottoposta alla stessa tensione del ramo di
magnetizzazione.
Passando alla rappresentazione fasoriale ed introducendo nel circuito equivalente anche la
resistenza che simula le perdite nel ferro, ed indicando con
0
l'ammettenza corrisponde al
parallelo di tale resistenza e dell'induttanza di magnetizzazione:
( )

0
1
0
0 1

Z R j
p
L (7.13)
si ha il seguente schema circuitale:
al quale corrispondono le seguenti equazioni:
( )
( )
( )
V R jX I E
V E R jX I
I I G jB E
E
N
N
E I
1
1 1
1 1
2 2
2 2
2
1 2
0 0
1
2
2
1
1 2
+ + +
+
+

(7.14)
I =
N
N
(7.15)
2
1
2
1
'
;
Questo circuito pu essere trasformato. Si noti che la potenza apparente assorbita
dall'impedenza serie sul lato secondario vale:
( ) A Z I R jX I
z2 2
2
2
2 2
2
2
+
si vuole ora trovare un'impedenza equivalente che, attraversata dalla corrente I
2
'
, comporti
la stessa dissipazione di potenza:
Z I Z I Z Z
I
I
Z
N
N
2
2
2
2
2
2
2 2
2
2
2
2
2
1
2
2
2
' ' '
'

Allora nel circuito l'impedenza al secondario potrebbe essere eliminata ponendo invece di
questa l'impedenza appena calcolata, ma posizionandola come da figura:
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 8
in modo che sia percorsa dalla corrente del secondario riportata al primario.
Si dimostra che i due circuiti sono equivalenti non solo per quanto riguarda le potenze, ma
anche per le tensioni, cio l'equivalenza perfetta.
L'operazione di portare un'impedenza da un lato all'altro del trasformatore, moltiplicandone
il valore per il quadrato del rapporto spire, prende il nome di riporto. In questo caso
un'impedenza al secondario stata riportata al primario. In questo caso si ha un circuito
equivalente a T seguito dal trasformatore ideale.
Un altro modo di rappresentare il circuito equivalente parte dalla considerazione che la
tensione nel punto in cui il ramo derivato alimentato, non molto diversa da quella di
ingresso al primario o di uscita al secondario riportata al primario: la differenza sta solo nella
cdt sulle impedenze serie. Anche se questa differenza pu essere dell'ordine di un 100%,
considerando che comunque l'assorbimento del ramo derivato piccolo ci si pu
permettere un errore su di esso: quindi lecito spostare il punto di inserzione del ramo
derivato dal punto intermedio tra Z
1
e Z
2
'

ad un punto a monte di Z
1
(ingresso del primario)
o a valle di Z
1
(appena prima dell'ingresso al trasformatore ideale); si ha in questo modo
un circuito equivalente a

seguito in cascata dal trasformatore ideale.


In questo modo le due impedenze Z
1
e Z
2
'

possono essere messe in serie in un'unica
impedenza che prende il nome di Z
cc
:
Z Z Z
cc
+
1 2
'
Con lo schema come in quest'ultima configurazione, pu risultare pi agevole il calcolo del
punto di funzionamento.
Anche se il ramo derivato molto importante dal punto di vista concettuale, per il suo
significato fisico come sopra visto, l'assorbimento di corrente e di potenza di tale ramo
molto piccolo in confronto alla corrente e alla potenza in transito. Per questo molto spesso
tale ramo viene trascurato nei calcoli e negli schemi circuitali. Il trasformatore si riduce a un
semplice elemento serie seguito in cascata dal trasformatore ideale.
Tutte queste configurazioni sono pi o meno adeguate ai diversi tipi di analisi circuitale che
si vogliono affrontare.
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 9
7.2.3 - Studio del funzionamento del trasformatore e prove
Utilizzando comunque lo schema a T, possibile valutare il funzionamento del
trasformatore studiando dapprima due situazioni estreme: il funzionamento a vuoto e il
funzionamento in cto cto. Infine verrstudiato il funzionamento con un carico generico.
a) Prova funzionamento a vuoto
In questo caso il trasformatore viene alimentato dal lato primario mediante un generatore di
tensione, mentre i morsetti del secondario vengono lasciati aperti. In questo caso si
impongono la tensione al primario e la corrente al secondario (al valore 0). Si ha allora:
I
V
Z Z
V
Z
V E Z I
Z
Z Z
V V
1
1
1 0
1
0
2 1 0 1
0
1 0
1 1

+


+

'
l'approssimazione valida perch l'impedenza del ramo derivato molto grande. Da un
punto di vista pi fisico succede questo: la corrente al primario non compensata da alcuna
corrente al secondario; pertanto la corrente al primario tutta magnetizzante, e quindi ne
basta un valore molto piccolo per sostenere la tensione di alimentazione: di fatto il
trasformatore si comporta come un reattore, con una reattanza molto elevata. Per questo la
corrente di magnetizzazione detta corrente a vuoto. Poich la corrente di
magnetizzazione dell'ordine di pochissimi % o frazioni di % della corrente nominale, la
corrente a vuoto 50200 volte pi piccola della corrente nominale.
Con una piccola corrente la cdt sulla resistenza e sulla reattanza di dispersione del primario
quindi molto piccola: la tensione indotta coincide in pratica con la tensione di ingresso, e il
trasformatore quasi un trasformatore ideale per quanto riguarda le tensioni. Nel
funzionamento a vuoto la macchina non ha praticamente dissipazioni di potenza sugli
avvolgimenti, mentre sono al valore nominale le perdite nel ferro.
b) Prova funzionamento in cto cto
In questo caso il trasformatore viene alimentato dal lato primario mediante un generatore di
tensione, mentre i morsetti del secondario vengono richiusi in cto cto. In questo modo sono
imposte la tensione al primario e la tensione al secondario. Il ramo derivato e l'impedenza
Z
2
'
sono quindi posti in parallelo tra di loro:
( )
I
V
Z Z Z
V
Z Z
V
Z
I I
cc
1
1
1 0 2
1
1 2
1
2 1

/ /
' '
'
(7.16)
l'approssimazione accettabile perch, essendo l'impedenza del ramo derivato molto
grande, nel parallelo essa diventa trascurabile. La corrente limitata quindi solo dalle due
impedenze degli avvolgimenti, la cui serie prende proprio per questo il nome di impedenza
di cto cto. Poich questa impedenza provoca, con il passaggio della corrente nominale, una
cdt dell'ordine del 420%, la corrente di cto cto a tensione nominale dell'ordine di 525
volte la corrente nominale. In queste condizioni si hanno fortissimi surriscaldamenti della
macchina e rischi di tipo elettromeccanico, perch tra conduttori percorsi da corrente si
presentano sempre delle forze di origine elettromagnetica. Il cto cto, come sempre,
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 10
pericoloso; dovendo provare una macchina in queste condizioni occorre porre attenzione a
non superare una tensione di ingresso pari alla stessa cdt che si presenta sull'impedenza di
cto cto percorsa da corrente nominale. Si parla quindi di tensione di cto cto, pari, a seconda
delle macchine, al 420% della tensione nominale.
7.3 - Il trasformatore trifase
Poich tutta l'impiantistica di potenza trifase, fondamentale conoscere il principio di
funzionamento del trasformatore trifase. Questo fondamentalmente uguale a quello del
trasformatore monofase, fatto salvo che ogni fase subisce l'effetto non solo delle proprie
correnti primaria e secondaria, ma anche delle correnti delle altre due fasi.
Dal punto di vista costruttivo, nel trasformatore trifase si dedica una colonna di ferro a
ciascuna fase, ponendo su di essa sia l'avvolgimento primario sia il secondario. Solitamente
tali avvolgimenti sono uno avvolto sopra l'altro, separati ovviamente da strati di materiale
isolante e anche da intercapedini per lasciar circolare i fluidi di raffreddamento.
Le tre colonne vanno poi raccordate tra loro per chiudere i circuiti magnetici. Un
trasformatore trifase perfettamente simmetrico potrebbe essere costruito con le colonne
raccordate mediante gioghi disposti a stella o a triangolo. In realt i trasformatori non si
costruiscono in questo modo (anche per la difficolt di raccordare i lamierini di ferro
provenienti da gioghi disposti a 120 tra loro), ma facendo riferimento a tale ipotesi
semplificativa (circuito magnetico con perfetta simmetria triangolare) si dimostra come si
pu tornare alla rappresentazione monofase, in quanto sufficiente conoscere il
comportamento di una sola fase per conoscere anche il comportamento delle altre.
Si supponga il sistema simmetrico ed equilibrato.
Le equazioni di funzionamento diventano allora, indicando con V
A,B,C
, I
A,B,C
le grandezze
al primario e con V
a,b,c
, I
a,b,c
le grandezze al secondario, e dove le tensioni sono tensioni di
fase:
V R I j I j I I j I I j I I
V R I j I j I I j I I j I I
V R I j I j I I
A A
d
A
AA
A a
AB
B b
AC
C c
B B
d
B
BA
A a
BB
B b
BC
C c
C C
d
C
CA
A a
+ +

_
,
+

_
,
+

_
,

+ +

_
,
+

_
,
+

_
,

+ +

_
,

1 1
1 1
1 1



L M M M
L M M M
L M
' ' '
' ' '
'
+

_
,
+

_
,

_
,
+

_
,
+

_
,

1
]
1
+

_
,
+

_
,
+
j I I j I I
V R I j I j M I I M I I M I I
V R I j I j M I I M I I M I
CB
B b
CC
C c
a a
d
a
AA
A a
AB
B b
AC
C c
b b
d
B
BA
A a
BB
B b
BC
C



M M (7.17)
L
N
N
L
N
N
2
1
2
1
' '
' ' '
' '
2 2
2 2
2

_
,

1
]
1
+

_
,
+

_
,
+

_
,

1
]
1
I
V R I j I j M I I M I I M I I
c
C c
d
c
CA
A a
CB
B b
CC
C c
'
' ' '
2 2
2
L
N
N
2
1
Osservando il circuito magnetico, si nota che se questo simmetrico il flusso magnetico
generato in una colonna si ripartisce in parti uguali nelle altre due, percorrendole in senso
opposto rispetto alla colonna di provenienza. Si pu quindi scrivere che:
M M M M
M M M M M M M
AA BB CC
AB BA BC CB CA AC

/ 2 (7.18)
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 11
Inoltre se il sistema delle correnti equilibrato, vale:
I IA I I
I I I
B C A
b a c
I
a






2
2

(7.19)
e queste relazioni possono essere utilizzate nelle (7.17) ottenendo cos una formula in cui
scompaiono i termini mutui:
V R I j I I
R I j I I
R I j I I
V R I j
N
N
I
A A A a
A A a
A A a
a a A
+

_
,

_
,

_
,

_
,

_
,


1
2 2
1
1
2
2
1
2
1
2 2
1
2 2
3
2
3
2
3
2
1






L I + j M
= L I + j M
= L I + j M (7.20)
L I + j M
1d
A
1d
A
1d
A
2d
a
'
'
'
2 2
1
2 2
3
2
3
2
3
2
2
2
2
1
2
2
1

_
,

_
,

_
,

_
,

_
,




I
R I j
N
N
I I
R I j
N
N
I I
a
a A a
a A a
'
'
'
= L I + j M
= L I + j M
2d
a
2d
a
(analogamente per le altre fasi).
Attraverso una induttanza equivalente risulta amplificata di un fattore 3/2, viene tenuto
conto dell'effetto delle correnti delle altre fasi, che cos non appaiono pi esplicitamente.
Si usa cos un circuito equivalente monofase per una macchina trifase.
In realt i trasformatori si costruiscono con la seguente forma (3 colonne, ma esistono
anche a 5 colonne):
da cui si nota che il circuito magnetico non perfettamente simmetrico. Questo comporta
che: le tre correnti di eccitazione, che in condizioni di simmetria dovrebbero essere
equilibrate, qui saranno diverse in modulo e poste tra loro ad angoli diversi da 120. Questo
per non un fatto grave: ricordando che tali correnti sono solo frazioni minime delle
correnti principali, l'unica conseguenza un leggerissimo disequilibrio tra le tre correnti
principali al primario oppure al secondario.
Un'importante propriet dei trasformatori trifasi la possibilit di creare sfasamenti tra le
grandezze al primario e quelle al secondario, secondo multipli di 30. Si consideri la
seguente rappresentazione simbolica, in cui si evidenziano gli avvolgimenti di ciascuna
colonna e le loro tensioni:
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Cap. 7 - pag. 12
tra primario e secondario vale la relazione:
U
U
N
N
1
2
1
2
(7.21)
nell'ipotesi di trascurare le cdt dovute alle resistenze alle induttanze di dispersione.
Ogni lato del trasformatore presenta quindi sei morsetti, due per ogni fase. Gli avvolgimenti
su ciascun lato possono quindi essere collegati tra loro in due modi diversi: a stella o a
triangolo:
Per quanto riguarda i moduli delle tensioni concatenate, vale che:
V U se il collegamento lo
U
i i
i



i
a triango
(7.22)
V se il collegamento a stella 3
Se il primario a stella, lo si indica con il simbolo Y; se a triangolo con il simbolo D. Per il
secondario valgono le lettere minuscole, y e d.
Combinando la (7.21) e la (7.22), e considerando che si hanno quattro diverse possibilit, i
rapporti effettivi di trasformazione risultano:
Yy
V
V
U
U
N
N
N
N
V
V
U
U
N
N
V
V
U
U
N
N
V
V
U
U
N
N
: Dy:
(7.23)
Yd: Dd:
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
1
2
3
3
3
3 3 3
3 3



Si nota che per i tipi Dy e Yd appare un fattore 3 al numeratore o al denominatore.
Per quanto riguarda gli sfasamenti, si considerino i seguenti esempi:
a) Yy senza permutazione delle fasi
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Cap. 7 - pag. 13
b) Dy
Si pu quindi notare che i collegamenti Yy, ed analogamente i Dd, permettono sfasamenti
di: 60, 120, ecc., cio di k60 mentre i collegamenti Yd o Dy permettono sfasamenti di
30, 90, ecc., cio di 30+k60.
Quindi in generale possibile ottenere sfasamenti di:
k 30
Il valore di k prende il nome di gruppo o, potendo variare da 0 a 12, di indice orario CEI.
Questa proprietche i trasformatori hanno di creare sfasamento tra secondario e primario
pu essere sfruttata per usi particolari (per esempio per ottenere tensioni in quadratura);
occorre per porre molta attenzione nel caso di trasformatori collegati in parallelo.
E' molto importante sapere come regolarsi in caso di parallelo di trasformatori.
Perch due trasformatori possano essere posti in parallelo occorre rispettare le seguenti
condizioni:
1- il rapporto di trasformazione (rapporto spire, eventualmente moltiplicato o diviso per
3 nei casi Dy o Yd, deve essere lo stesso per le due macchine;
2- il gruppo o indice orario deve essere lo stesso;
3- le due macchine devono avere la stessa
cc
nel loro rispettivo sistema p.u. (vd. oltre):
solo in questo modo infatti le macchine trasformeranno potenza in proporzione alla loro
potenza nominale, realizzando cos una distribuzione equa della potenza da
trasformare, in una condizione in cui ogni macchina caricata allo stesso modo in
proporzione alle sue possibilit.
La necessit delle due condizioni 1- e 2- intuitiva: i primari sono alimentati dalla stessa
sorgente di tensione; i secondari dei due trasformatori devono trovarsi, a parte le cdt, nelle
stesse condizioni di tensione per poter essere posti in parallelo; quindi i rapporti di
trasformazione devono essere gli stessi.
La condizione 3- pi comprensibile con qualche passaggio matematico. Si abbiano due
macchine, A e B; per esse si hanno tensioni e correnti nominali (si usano le tensioni di
fase):
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Cap. 7 - pag. 14
V
V
N
A
N
B
1
1
( )
( )
I V I
I V I
1N
(A)
2N
(A)
2N
(A)
1N
(B)
2N
(B)
2N
(B)
dove dovressere:
V V
V V
N
A
N
B
N
A
N
B
1 1
2 2
( ) ( )
( ) ( )

mentre:
I
A
V
I
A
V
I
A
V
I
A
V
N
A N
A
N
A
N
A N
A
N
A
N
B N
B
N
B
N
B N
B
N
B
1
1
2
2
1
1
2
2
3 3
3 3
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )


(7.24)

La dimostrazione molto semplice: a fronte della stessa ddp
1 2
, le correnti che
passano in ciascuna macchina sono:
i
Z
A B
cc
A B
( , )
( , )


1 2
(7.25)
poich si vuole che ogni macchina sia caricata in proporzione alla sua potenza nominale, si
vuole che la corrente in p.u. di ogni macchina sia la stessa (7.24), quindi (7.25) occorre
siano uguali le impedenze di cto cto.
7.4 - Grandezze nominali e sistema per unit
Le prestazioni di una qualsiasi macchina elettrica sono limitate dall'integritdell'isolamento
per effetto di:
1. problemi termici
2. problemi di tenuta dielettrica
Ogni macchina, dispositivo, sistema elettrico caratterizzato da valori nominali delle
grandezze V, I, f (conseguentemente P, A ecc.) che sono i valori con i quali pu lavorare
per un tempo teoricamente infinito:
- Il significato della V nominale immediato se si pensa, anche intuitivamente, al livello di
isolamento
- Il significato della corrente nominale deve essere ricercato pensando alle perdite per
effetto Joule che producono surriscaldamento e quindi stress termico dei materiali e
primariamente dell'isolante che tra i materiali presenti in un componente elettrico quello
caratterizzato dai limiti di temperatura pi restrittivi.
Si nota comunque che queste problematiche non sono indipendenti dal tempo di
applicazione della tensione e della corrente.
Non impossibile far lavorare una macchina a valori diversi (in particolare superiori) a quelli
previsti dalle caratteristiche nominali:
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Cap. 7 - pag. 15
1- in generale un valore superiore di una grandezza nominale diminuisce la vita della
macchina (al limite fino a farla diventare istantanea);
2- valori superiori, ma intermittenti, possono essere calibrati in modo tale da non ridurre la
vita della macchina.
Si consideri un trasformatore, sia esso monofase o trifase con rappresentazione monofase.
Per esso sono definite le grandezze nominali:
V
N 1
I V I (7.26)
1N 2N 2N
(nel caso di macchina trifase si usano le tensioni di fase e non le concatenate).
Vale che:
V
V
(7.27)
1
2

N
N
I
I
1
2
2
1
Si definiscono allora le tensioni e correnti in per unit(o per unito p.u.):

1
1
1
1
1
2
2
2
2
2

V
V
I
I
V
V
I
I
N N N N
i i (7.28)
1 2
Il significato di tali grandezze semplice e chiaro: quando uno di questi valori vale 1,
significa che tale grandezza pari al suo valore nominale. I valori in p.u. forniscono quindi
una informazione molto immediata.
Sono inoltre dati i parametri dei circuito equivalente a T:
Z
1
Z Z
0 2
dove l'impedenza a vuoto calcolata per esempio al primario (si potrebbero riportare al
secondario con il quadrato del rapporto spire).
Si definiscono allora:
Z
V
I
V
I
N
N
N
N
N
N
1
1
1
2
2
2
Z (7.29)
dette impedenze nominali e quindi le impedenze in p.u. sono:
z
Z
Z
z
Z
Z
z
Z
Z
N N N
1
1
1
0
0
0
2
2
2
(7.30)
Si noti allora che:
[ ]
[ ]

1
1
1 1
1 1 1 1 1 1 1 1
2
2
2 2
2 2 2 2 2 2 2 2
1
1
+ +
+ +
V
V V
z Z i I E z i e
V
V V
z Z i I E z i e
N N
N N
N N
N N
(7.31)
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 16
si noti anche che, a partire dalla (7.14) e dalla (7.10):
E
E
N
N
V
V
N
N
e
1
2
1
2
1
2
1
2
2
; ; e (7.32)
1
inoltre:
e e
E
V
Z I
V
Z i I
V
z i
N N
N
N
1 2
1
1
0 0
1
0 0 1
1
0 0


(7.33)
Si noti anche che:
i
I
I I
N
N
I
I
I
i
N N N
2
2
1 1
2
1
2
2
2
2
1
'
'

Le grandezze riportate dal secondario al primario (o viceversa) conservano lo stessa valore
in p.u.
Le equazioni di funzionamento possono allora essere riscritte come:

1 1 1 0 0
2 2 2 0
1 2
+ +
+

z i z i
z i z i
i i
(7.34)
i
0
da cui il circuito equivalente:
in cui non appare pi il trasformatore ideale.
Il metodo in p.u. permette quindi:
- di esprimere i valori delle variabili di stato e dei parametri in modo molto immediato
- di esprimere tali valori in modo indipendente dall'essere al primario o al secondario
- di eliminare dai circuiti equivalenti i trasformatori ideali.
Poich si trova, dall'esperienza costruttiva dei trasformatori che valori dei parametri in p.u.
sono dell'ordine:
z u
z z u
0
1 2
50 200
004 0 25

+
p
p
. .
, , . .
ecco che risultano pi chiari i discorsi fatti alla fine del paragrafo 7.2:
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 17
a- nel funzionamento a vuoto,
z z z z +
1 0 0
quindi alimentando a tensione nominale si ottiene la cornette a vuoto:
i z z y
10 1 0 0 0
1 0005 0020
( )
/ / , , p.u.
b- nel funzionamento in cto cto:
z z z z z z z
cc
+ +
1 0 2 1 2
/ /
$
quindi alimentando a tensione ridotta in modo da ottenere la corrente nominale:

1 1
1 004 0 25
( )
, ,
cc cc cc cc
z i z z p. u.
per questo il valore
z
cc
viene spesso chiamato anche
cc
(tensione di cto cto).
7.5 - Autotrasformatori
Un autotrasformatore monofase si ottiene da un trasformatore ordinario collegando i due
avvolgimenti in serie diretta e fissando i morsetti ad alta tensione agli estremi di tale serie,
quelli a bassa tensione ai capi di uno dei due avvolgimenti.
Siano N
1
e N
2
i numeri di spire dei due avvolgimenti: si supponga, per fissare le idee, che i
morsetti primari siano quelli ad alta tensione (agli estremi dell'avvolgimento risultante di
N
1
+ N
2
spire), che i morsetti secondari siano quelli a bassa tensione (agli estremi
dell'avvolgimento di N
2
spire).
Nell'approssimazione di trasformatore ideale, l'autotrasformatore completamente
individuato dal suo rapporto di trasformazione:
n
N N
N

+
1 2
2
L'avvolgimento primario percorso dalla corrente I
1
e sottoposto alla tensione U
1
- U
2
: esso
perci dimensionato per la potenza apparente:
( ) S U U I
1 1 2 1

L'avvolgimento secondario percorso dalla corrente I
1
- I
2
e sottoposto alla tensione U
2
:
esso dimensionato per la potenza apparente:
( ) S U I I
2 2 2 1

Poich:
n
U
U
I
I

1
2
2
1
si conclude immediatamente che:
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Il trasformatore
Cap. 7 - pag. 18
S S
n
n
U
n
n
U I
1 2 1 1 2 2
1 1


I

Dunque la potenza di dimensionamento dell'autotrasformatore S (uguale al valore comune
di S
1
e di S
2
) differisce dalla potenza trasferita dai morsetti primari a quelli secondari o
potenza passante S
p
(uguale al valore comune di U
1
I
1
e U
2
I
2
) per il fattore
n
n
1
, sempre
minore dell'unit.
Questa riduzione della potenza di dimensionamento rispetto alla potenza passante
costituisce il principale vantaggio dell'autotrasformatore rispetto al trasformatore ordinario,
vantaggio che tanto maggiore quanto pi le tensioni primaria e secondaria sono vicine fra
loro, cio quanto pi n prossima all'unit.
Di contro, si deve considerare lo svantaggio della continuitmetallica fra circuito primario e
circuito secondario, che obbliga ad isolare entrambe le linee per la stessa tensione verso
terra: questa condizione peraltro tanto meno gravosa, quanto pi il rapporto di
trasformazione prossimo all'unit.
Considerazioni del tutto analoghe a quelle precedenti valgono nell'ipotesi che
l'autotrasformatore, anzich come abbassatore, funzioni come elevatore.
In conclusione, l'autotrasformatore pu essere convenientemente usato per interconnettere
reti a tensioni poco diverse tra loro.
Gli autotrasformatori trifasi, con nucleo a tre colonne, possono essere collegati a stella o a
triangolo. Il collegamento a stella di gran lunga pi usato.
7.6 - Cenni ai problemi termini
Nel trasformatore, come in ogni macchina elettrica, si presenta, per effetto Joule negli
avvolgimenti e per correnti parassite e isteresi nel ferro, produzione di calore da dissipare.
Questo, oltre ad essere svantaggioso ai fini del rendimento, crea problemi di
surriscaldamento.
Si noti che le perdite negli avvolgimenti sono proporzionali al quadrato della corrente, quindi
variano molto con il carico, mentre le perdite nel ferro sono proporzionali al quadrato della
tensione e quindi pressoch costanti. A corrente nominale, le prime sono per pi rilevanti
delle seconde (da 2 a 10 volte maggiori).
Per facilitare lo scambio termico, spesso il trasformatore in un bagno d'olio (che
elettricamente isolante) e il cassone che contiene l'olio e la macchina vera e propria
presenta alettature o addirittura ventole di raffreddamento forzato.
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Macchine elettriche rotanti: generalit
Cap. 8 - pag. 1
rev. 1.0
8
Macchine
elettriche rotanti:
generalit
8.1 - Tensione e forza su un conduttore in moto in un campo magnetico
Si consideri il caso di un circuito elettrico come in figura, costituito da un'unica spira
rettangolare, in cui il lato di destra mobile.
La spira immersa in un campo magnetico, di induzione B, rivolto perpendicolarmente alla
stessa. La spira pertanto attraversata da un flusso magnetico:
B A B a l
dove a e
l
sono le dimensioni della spira; poich il lato di destra mobile:
( ) +

_
,

B A t B a d
t
( ) l
0
0

nella spira si genera pertanto una tensione:
e t
d
dt
B t ( ) ( )

l
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Macchine elettriche rotanti: generalit
Cap. 8 - pag. 2
e poich i rami fissi sono completamente passivi, tale tensione si manifesta tutta sul lato in
movimento. Pertanto vale che su un conduttore in movimento in un campo magnetico in
direzione perpendicolare al campo stesso si genera una tensione:
e B l (8.1)
Questa espressione risulter molto utile nel seguito del capitolo.
Si noti ancora che, se il conduttore percorso da corrente, tale corrente fluisce in direzione
perpendicolare al campo magnetico; per effetto della forza di Lorentz sul conduttore, sia
esso in movimento sia esso fermo, agir una forza:
F B i l (8.2)
in direzione perpendicolare sia al campo sia al conduttore, e quindi nella direzione
dell'eventuale moto, a favore o contro di esso a seconda del verso della corrente.
8.2 - Campo magnetico rotante
Si consideri il circuito magnetico in figura, composto da tre spire rettangolari, AA', BB', CC',
di uguali dimensioni disposte in modo che gli stessi assi di simmetria dei tre rettangoli siano
coincidenti, e che i tre rettangoli siano posti a 120l'uno dall'altro intorno a tale asse:
Si supponga di alimentare le tre spire con un sistema di correnti trifase equilibrato, in cui si
abbia cio:
( )
( )
( )
i t I t
i t I t
i t I t
A M
B M
C M
( ) cos
( ) cos /
( ) cos /
+
+
+ +



2 3
2 3
ponendosi nel centro della sezione e indicando con
u
x
il versore che rappresenta la
direzione dell'asse normale alla sezione AA' e con
u
y
la direzione a questa perpendicolare,
si nota che ogni spira contribuir a creare un campo magnetico con componenti su
entrambe queste direzioni.
Infatti ogni spira creer un campo magnetico nella direzione del proprio asse normale e
indicando con
u u u
An Bn Cn
, ,

i versori che rappresentano le direzioni di tali assi, si ha che:
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Cap. 8 - pag. 3
u u u u
u u u u u
u u u u u
B B
B t B t t
B
An x y x
Bn x y x y
Cn x y x y
B C
M M
M
+
+ + + +
+

+ + + +

_
,
+

cos( ) sen( )
cos( ) sen( )
cos( ) sen( )
cos( ) cos( ) sen( )
0 0
120 120
1
2
3
2
120 120
1
2
3
2
1
2
1
1
2
1
2
3
2
1
2
(8.3)

Pertanto:
B = B +B +B = 1 B -
1
2
(8.4)
-
x Ax Bx Cx A

+ +

_
,
+
+
+ + + +

_
,
+
+ +

_
,
+
1
2
3
2
3
2
1
2
3
2
1
2
3
2
3
2
cos( ) sen( ) cos( )
cos( ) sen( )
cos( ) sen( ) sen( )



t t B t
B B
B t t
B t t B t
M
B C
M
M M
B = B +B +B =
3
2
3
2

3
2
(8.5)
-
3
2
y Ay By Cy
Si nota allora come il vettore induzione risultante:
( ) ( ) ( )
B t u B t u B t B u t u t
x x y y M x y
( ) ( ) ( ) cos sen + + + +
3
2
(8.6)
sia un vettore rotante nello spazio, con velocit angolare ###, e con modulo costante e pari
a 3/2 del valore massimo di induzione prodotto da ciascuna fase.
Si cos realizzato il campo magnetico rotante, ottenibile solo con il sistema trifase o, pi in
generale, con un sistema polifase.
Si noti che il vettore induzione rotante passa per l'asse normale a ciascuna spira quando la
corrente in tale spira passa per il suo valore massimo.
Poich il campo magnetico rotante, il valore dell'induzione lungo la circonferenza varia da
punto a punto e da istante a istante. Si pu scrivere una legge del tipo:
( ) B B t B t
t t M
+ ( , ) cos (8.7)
dove ### la fase iniziale della corrente nella spira AA' mentre ### la posizione
(angolare) di un generico punto lungo il traferro, a partire dall'asse normale alla spira AA' e
con verso angolare positivo spostandosi verso l'asse normale a BB'. Infatti:
a- se si fissa su un punto della circonferenza, per esempio quello in cui si trova l'asse
normale a BB', si avr per l'induzione al traferro:
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Cap. 8 - pag. 4
( ) B B t B t
t t m
+ , / cos( / ) 2 3 2 3
che un'espressione solo del tempo, e dove si nota che il valore massimo viene
raggiunto quando:
t + 2 3 /
con tale valore la corrente nella fase B vale:
( ) i I I
B M M
+ + cos / / 2 3 2 3
quindi si ritrova che l'induzione assume il valore massimo sull'asse normale ad una fase
quando in tale fase massima la corrente;
b- se si fissa il tempo in un dato istante, per esempio l'istante in cui la corrente massima
sulla fase C:
t 2 3 /
l'induzione al traferro vista solo come dipendente dalla posizione, secondo
l'espressione:
( ) ( ) ( ) B B t B
t t M
+ 2 3 2 3 / / , cos /
in cui si nota che, come deve essere, il valore massimo dell'induzione si trova in
corrispondenza di ###=2###/3 che la posizione dell'asse normale a CC'.
Si noti anche che se un osservatore percorresse la circonferenza con velocit angolare ###,
in modo che la sua posizione sia:
### = ###t
esso percepirebbe un valore di induzione costante, pari a:
( ) ( ) ( ) B B t B t B t t
t t M M
+ + ( , ) cos cos = = B cos
M
Si pu ripetere lo stesso ragionamento considerando una disposizione di conduttori in ci
ogni fase abbia: un gruppo di conduttori di andata (A, B, C) e un gruppo di ritorno (A', B', C')
e poi ancora un gruppo di andata (A", B", C") e un gruppo di ritorno (A"', B"', C"'). Quindi la
disposizione angolare tale che le varie fasi sono distanti non 120, ma 60e i settori 30
nell'ordine: A/C'/B/A'/C/B'/A"/C"'/B"/A"'C"/B"'. L'andamento dell'induzione pi complicato,
ma non di molto: avviene che a tempo bloccato, percorrendo la circonferenza si incontrano i
valori massimo e minimo di induzione non una volta sola bens due:
B
t
= B
t
(t,) = B
M
cos(t+-2)
Nel primo caso trattato si indica che il sistema ha due poli, per polo si pu intendere il
numero di settori per ogni fase, pi comunemente 1 paia poli pp=1.
In quest'ultimo caso si hanno invece 4 poli e quindi pp = 2. I numero di pp pu essere
anche molto superiore.
In generale:
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Macchine elettriche rotanti: generalit
Cap. 8 - pag. 5
B
t
= B
t
(t,) = B
M
cos(t+-pp)
Si nota che la velocit angolare del campo rotante in allora in generale data da:

o
= / pp
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Macchina asincrona
Cap. 9 - pag. 1
rev. 1.0
9
Macchina
asincrona
9.1 - Generalit e disposizioni costruttive
La macchina asincrona impiegata principalmente come motore (asincrono, o motore a
induzione, o motore a campo magnetico rotante).
Il motore asincrono , in assoluto, il motore elettrico pi diffuso, per i suoi pregi di semplicit
costruttiva, di basso costo, di affidabilit. Per contro, il generatore asincrono usato solo per
centraline automatiche di piccola potenza (fino a poche migliaia di chilowatt).
Dal punto di vista meccanico, la macchina asincrona costituita da due cilindri conassici,
dei quali uno esterno e fisso, e si dice statore, l'altro interno e capace di rotare introno al
proprio asse, e si dice rotore (Figura 9.1).
Figura 9.1
Sia lo statore sia il rotore sono laminati secondo la giacitura perpendicolare all'asse: i
lamierini, di ferro al silicio (33,5%), sono isolati con vernici o smalti e, nello statore, sono
raggruppati il pacchi fra i quali si aprono i canali di ventilazione; la superficie interna dello
statore e quella esterna del rotore sono sagomate in modo da presentare una distribuzione
uniforme di cave o canali, separate da denti: loro funzione quella di alloggiare i conduttori
elettrici, connessi fra loro attraverso collegamenti frontali (Figura 9.2).
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Macchina asincrona
Cap. 9 - pag. 2
Figura 9.2
Fra lo statore e il rotore interposta una sottile corona cilindrica di aria, di spessore
variabile fra 0,1 e 1 mm a seconda della potenza, minore o maggiore della macchina: essa
detta traferro.
Statore e rotore sono disposti all'interno di un involucro cilindrico di ghisa, detto carcassa: il
primo mediante ancoraggi fissi, il secondo mediante supporti a cuscinetto attraverso uno
dei quali esce l'albero della macchina; la carcassa predisposta per essere fissata al
basamento mediante bulloni.
La macchina asincrona , nella generalitdei casi, raffreddata artificialmente in aria: questa
viene aspirata attraverso aperture praticate sulla parte anteriore della carcassa, immessa
nel traferro da un ventilatore calettato sull'albero e viene restituita all'ambiente attraverso
aperture praticate nella parte posteriore della carcassa dopo aver sottratto calore alla
macchina attraverso i canali di ventilazione. In taluni casi, specie quando, per ragioni di
sicurezza, la macchina debba essere a tenuta ermetica, il raffreddamento naturale in aria.
Dal punto di vista elettrico, la macchina asincrona costituita da due circuiti elettrici trifasi,
disposti l'uno sullo statore, l'altro sul rotore, concatenati con un circuito magnetico, che si
sviluppa attraverso lo statore, il rotore e il traferro; di tali circuiti l'uno ha funzione di
induttore, l'altro di indotto: di norma l'avvolgimento statorico svolge le funzioni di induttore,
quello rotorico di indotto; tuttavia concettualmente possibile, e in qualche caso speciale
usata, la disposizione opposta.
L'avvolgimento statorico, collegato a stella o a triangolo, connesso a una terna di
terminali, disposti sulla morsettiera; l'avvolgimento rotorico, pu essere immaginato per
semplicit costituito come quello statorico e anch'esso collegato a stella o a triangolo (in
passato effettivamente era cos nella maggioranza dei casi), che termina su un collettore
costituito da tre anelli, sui quali strisciano spazzole di carbone, montate su portaspazzole
fissi: attraverso questi contatti striscianti si attua la continuitelettrica fra i circuiti rotorici in
moto e quelli esterni, fissi, cui il rotore collegato.
Poich, come si vedr, i circuiti rotorici del tipo descritto sono spesso collegati ad un
reostato di avviamento, che viene escluso durante la marcia normale, la macchina
provvista di un dispositivo di corto circuito, il quale ha lo scopo di chiudere in corto circuito
gli anelli e di sollevare le spazzole, riducendone il logorio quando si sia raggiunta la velocit
di regime. Tale operazione, un tempo compiuta manualmente, oggi in genere eseguita da
un avviatore automatico, che provvede anche a inserire completamente il reostato a rotore
fermo, escludendolo gradualmente durante l'avviamento.
Le macchine di questo tipo si dicono con anelli o a rotore avvolto. Nei casi in cui il reostato
di avviamento non necessario, il circuito rotorico privo di anelli e l'avvolgimento
sostituito da una gabbia, di rame o di alluminio, costituita di barre annegate senza
isolamento nel ferro rotorico e poste in corto circuito mediante anelli frontali (Figura 9.3):
motori di questo tipo, detti motori a gabbia, in passato costruiti solo per potenze modeste
(fino a 34 kW), sono attualmente sempre pi diffusi.
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Macchina asincrona
Cap. 9 - pag. 3
Figura 9.3
Motori in corto circuito di potenze anche molto superiori (fino a migliaia di chilowatt) si
costruiscono disponendo sul rotore due gabbie conassiche, l'una interna, formata di barre di
grossa sezione, l'altra esterna, costituita di barre di sezione alquanto minore (motori a
doppia gabbia, figura 9.4).
Figura 9.4
I motori a doppia gabbia tendono oggi ad essere sostituiti, specie per le potenze intermedie,
dai motori a cave profonde, nei quali le due gabbie sono sostituite da una gabbia unica, con
barre di larghezza crescente verso l'asse del rotore (figura 9.4), oppure da gabbie normali
quando il motore inserito in un azionamento.
La macchina asincrona si classifica come una macchina con collettore ad anelli, eccitata in
corrente alternata.
9.2 - Principi di funzionamento come motore
Si consideri la macchina in condizioni di riposo, con l'avvolgimento rotorico in corto circuito.
Si applichi ai morsetti una terna simmetrica di tensioni: poich le tre fasi, sia statoriche sia
rotoriche, sono uguali, queste fanno circolare nell'avvolgimento induttore una terna
equilibrata di correnti, il cui effetto, secondo ci che si esposto in precedenza, quello di
creare un campo magnetico rotante.
Tale campo taglia i conduttori dell'avvolgimento indotto e vi genera un sistema trifase di
fem: poich l'avvolgimento in corto circuito, esso diviene sede di un sistema trifase di
correnti, le quali generano a loro volta un campo magnetico rotante, sincrono con quello
generato dall'induttore e, per la legge dell'induzione elettromagnetica, opposto a quello
(campo magnetico di reazione d'indotto).
Se il rotore bloccato, le considerazioni precedenti esauriscono la descrizione del
funzionamento. Si nota una strettissima analogia con il comportamento di un trasformatore
in corto circuito, che sarutilizzata nel seguito per la costruzione del circuito equivalente.
Si supponga ora il rotore libero di ruotare. I conduttori dell'avvolgimento indotto, percorsi,
per le ragioni che si visto, da correnti, sono immersi nel campo magnetico generato
dall'induttore e sono pertanto sottoposti a un sistema di forze meccaniche. Queste sono
perpendicolari alla corrente e alle linee di induzione magnetica e sono dunque tangenti alla
periferia del rotore: ragioni di simmetria mostrano facilmente che il sistema delle forze ha
risultante nulla ed equivale pertanto ad una coppia.
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Macchina asincrona
Cap. 9 - pag. 4
Il verso di quest'ultima si determina subito, osservando che, per la legge dell'induzione
elettromagnetica, i suoi effetti debbono opporsi alla causa che li genera, cio al moto del
campo magnetico induttore rispetto all'indotto.
Sotto l'azione della coppia, dunque, il rotore si pone in rotazione nel verso del campo
magnetico rotante e accelera progressivamente, fino a raggiungere una velocitalla quale
la coppia motrice equilibrata dalla coppia resistente.
La velocit angolare del campo magnetico rotante, o velocit di sincronismo, non pu
tuttavia essere mai raggiunta: infatti in tali condizioni il campo magnetico rotante fisso
rispetto al rotore e pertanto l'avvolgimento indotto non sede di fem n di correnti e non
pu quindi dare luogo a una coppia motrice: poich, anche in assenza di carico sull'albero,
sempre presente una coppia resistente dovuta agli attriti e alla ventilazione, l'equilibrio
stazionario non pu sussistere.
9.3 - Circuito equivalente
L'esposizione del principio di funzionamento del motore asincrono ha messo in evidenza la
stretta analogia che esiste fra il comportamento che esso presenta con rotore bloccato e
quello di un trasformatore trifase in corto circuito.
Tale analogia pu essere estesa ai particolari: pertanto possibile descrivere il
funzionamento del motore asincrono (o, in modo pi preciso, quello di ogni sua fase) nelle
condizioni anzidette, mediante il circuito equivalente del trasformatore in corto circuito
(figura 9.5).
Figura 9.5
L'interpretazione dei diversi parametri che figurano nel circuito equivalente la seguente:
le resistenze R e R
1 2
'
sono quelle di una fase statorica e di una fase rotorica ridotta a
statore rispettivamente;
le reattanze x e x
d1 d2
'
tengono conto dei flussi dispersi per fase (dei flussi cio che
concatenano rispettivamente una fase del solo avvolgimento statorico e del solo
avvolgimento rotorico); esse si dicono, come nel caso del trasformatore, reattanze di
dispersione;
gli apici apposti alle grandezze di rotore denotano che queste sono ridotte a statore,
attraverso un trasformatore ideale che tiene conto del rapporto fra i numeri di spire di
una fase statorica e di una fase rotorica;
la conduttanza G tiene conto della potenza perduta per fase nel ferro per isteresi rotante
e correnti parassite (si osservi, a questo proposito, che in ogni punto del materiale il
vettore induzione magnetica
r
B
costante in modulo e ruota con velocit angolare
costante: il materiale allora soggetto a una particolare forma di isteresi, detta rotante;
inoltre una spira fissa tracciata nel materiale concatena un flusso variabile ed pertanto
sede di correnti parassite);
la suscettanza B
m
tiene conto del flusso principale per fase (del flusso cio che
concatena una fase dell'avvolgimento statorico ed una di quello rotorico).
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Cap. 9 - pag. 5
Figura 9.6
In figura 9.6 illustrato schematicamente l'andamento del flusso principale e dei flussi
dispersi.
Si vuole ora estendere il circuito equivalente a descrivere il comportamento del motore
asincrono con rotore in moto.
La fem generata in una fase del rotore bloccato espressa, in analogia a quanto avviene
per il trasformatore, dall'equazione:
E N
20 2
(9.1)
dove N
2
il, numero di spire equivalenti del rotore (che tiene conto, oltre che del numero di
spire effettive, del fatto che le fem in esse indotte non sono in fase e pertanto non si
sommano aritmeticamente, e di altre caratteristiche costruttive dell'avvolgimento). Tenendo
conto dell'equazione che esprime la velocit angolare dell'induzione rotante
0


pp
la
(9.1) si riscrive nella forma:
E K
20 0
(9.2)
dove K = pp N
2
.
L'equazione (9.2) stabilisce che la fem indotta in ogni fase rotorica proporzionale alla
velocitdel campo magnetico rotante rispetto al rotore e al flusso principale per fase.
Ora, se il rotore ruota con velocit , la velocit angolare del campo magnetico rotante
rispetto al rotore diventa evidentemente
0
- . Di conseguenza la fem per fase rotorica
sarespressa, anzich dalla (9.2), dall'equazione seguente:
( ) E K
2 0
(9.3)
Dalle equazioni (9.2) e (9.3) si deduce subito la seguente relazione tra la fem a rotore
bloccato e la fem a rotore in moto alla velocit:
E E
2
0
0
20


(9.4)
La grandezza adimensionale:
s

0
0
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Cap. 9 - pag. 6
detta scorrimento relativo o semplicemente scorrimento: essa rappresenta la differenza
fra la velocit angolare del campo magnetico rotante e quella del rotore espressa come
frazione della prima; spesso, il suo valore espresso in percentuale.
Facendo uso dello scorrimento relativo, la (9.4) si riscrive nella forma:
E
2
= s E
20
(9.5)
Si osservi ora che la pulsazione della fem generata in ogni fase del rotore bloccato
espressa dall'equazione:
= pp
0
(9.6)
La pulsazione rotorica (uguale in questo caso alla pulsazione statorica) cio data dal
prodotto delle paia poli per la velocit angolare, del campo magnetico rotante rispetto al
rotore.
Ora, se il rotore ruota alla velocit angolare , la velocit angolare del campo magnetico
rotante rispetto al rotore
0
- e di conseguenza la pulsazione rotorica diventa:

2
= pp (
0
- )
e quindi:

2
= s (9.7)
Si scriva ora l'equazione di una fase rotorica:
con rotore bloccato:
E R j X I
d
20
2 2
2
'
' '
'
( ) + (9.8)
con rotore in moto alla velocit, la fem E
20
'
sostituita dalla E
2
'
il cui valore efficace
legato a quello della prima dall'equazione (9.5); inoltre alla reattanza X
d d 2 2
' '
L si
deve sostituire la reattanza L
2 2 d
'
che per la (9.7) uguale a s X
d2
'
; in definitiva si
ha:
s E R j s X I
d
20
2 2
2
'
' '
'
( ) + (9.9)
Tale equazione non pu essere interpretata direttamente sul circuito equivalente dato,
perch descrive una relazione fra grandezze di pulsazione
2
anzich di pulsazione .
E' tuttavia possibile riportarla alla pulsazione statorica semplicemente dividendone ambo i
membri per s, perch allora in essa figura la reattanza X
d2
'
alla pulsazione :
E
R
s
j X I
d
20
2
2
2
'
'
'
'
+

_
,

(9.10)
L'equazione si interpreta immediatamente sul circuito equivalente che risulta modificato
unicamente per il fatto che la resistenza per fase rotorica divisa per lo scorrimento s.
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Cap. 9 - pag. 7
Figura 9.7
Il passaggio da grandezze alla pulsazione rotorica
2
, a grandezze alla pulsazione statorica
, formalmente condensato in una divisione per lo scorrimento, ha un importante contenuto
fisico:
l'equazione (9.9) sintetizza le osservazioni sul rotore di uno sperimentatore solidale con
esso;
l'equazione (9.10) sintetizza le osservazioni sul rotore di uno sperimentatore solidale con
lo statore;
le grandezze di rotore viste dall'osservatore di statore hanno pulsazione:

2
0
0
0 0
+ +

+ pp s

Il punto di vista del secondo sperimentatore porta a definire una terna di fasi rotoriche
fittizie, fisse rispetto allo statore e con gli assi coincidenti con quelli delle fasi statoriche:
questo sperimentatore dunque descrive il comportamento del rotore in modo
indipendente dalla posizione angolare istantanea che esso presenta rispetto allo
statore.
Frequentemente, come si comprenderda quanto segue, il circuito equivalente per fase del
motore risulta essere trasformato come riportato nella figura 9.8.
Figura 9.8
9.4 - Determinazione sperimentale dei parametri del circuito equivalente: prove a
vuoto a rotore bloccato
L'esame del circuito equivalente della macchina asincrona pone in evidenza le seguenti
considerazioni:
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Cap. 9 - pag. 8
- nel funzionamento alla velocit di sincronismo (s=0) la resistenza equivalente rotorica
diventa infinita: il comportamento della macchina ai morsetti primari analogo a quello
del trasformatore a vuoto;
- nel funzionamento a rotore bloccato (s=1) la resistenza equivalente e quella effettiva del
rotore coincidono: il comportamento della macchina ai morsetti primari analogo a quello
del trasformatore in corto circuito.
Ne segue che la determinazione dei parametri del circuito equivalente potrfarsi, come per
il trasformatore, mediante una prova equivalente a vuoto ed una prova equivalente in corto
circuito (rotore bloccato).
Il procedimento da seguire nella loro esecuzione resta nella sostanza quello descritto a
proposito del trasformatore. Occorre peraltro tener conto di alcuni particolari, nei quali il
caso in esame diverso da quello gitrattato:
- la prova a vuoto non pu essere convenientemente effettuata portando la macchina alla
velocit di sincronismo: in tali condizioni, infatti, la coppia motrice nulla e pertanto le
coppie resistenti d'attrito e di ventilazione debbono essere equilibrate applicando
all'albero una coppia dall'esterno, in altri termini, facendo uso di un motore ausiliario;
nella pratica, sufficiente eseguire la prova facendo funzionare il motore a vuoto (cio in
assenza di coppia resistente sull'albero); si ottengono infatti condizioni di funzionamento
cos prossime a quelle di sincronismo (scorrimento s = 0,10,3%) da poter trascurare,
nei limiti delle approssimazioni usuali, l'errore che si commette nella determinazione dei
parametri; si osservi ancora che prova a vuoto, nel motore asincrono, significa prova
eseguita non aprendo il circuito rotorico (che anzi permanentemente in corto circuito),
ma facendo funzionare a vuoto (cio senza carico meccanico) la macchina;
- la potenza attiva misurata nella prova a vuoto somma delle perdite nel ferro per isteresi
e correnti parassite, e delle perdite meccaniche per attrito nei cuscinetti lubrificati e per
ventilazione:
P P P
pFe pm 0
+ (9.11)
poich le perdite nel ferro dipendono dal quadrato della tensione e quelle meccaniche ne
sono indipendenti, possibile separarle nel modo che messo in evidenza in figura 9.8:
di solito, per rendere pi agevole l'estrapolazione della curva alla tensione zero, si
riportano le tensioni in scale logaritmiche, in modo da trasformare la parabola in una
retta;
Figura 9.9
- la prova in corto circuito si esegue con rotore bloccato: l'espressione corto circuito, in
questo contesto, semplicemente usata per analogia con il trasformatore;
- la misura del rapporto di trasformazione non si pu fare nella prova a vuoto, dato che
l'avvolgimento rotorico permanentemente in corto circuito; si pu fare nella prova in
corto circuito, chiudendo gli anelli rotorici su tre amperometri.
Nonostante l'identit formale del circuito equivalente della macchina asincrona con quello
del trasformatore, le grandezze relative dei diversi parametri sono alquanto diverse nei due
casi.
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Cap. 9 - pag. 9
La corrente a vuoto, che nel trasformatore varia circa dal 5 al 20 %, nel motore asincrono
compresa fra il 20 e il 40 %; la maggior forza magnetomotrice richiesta, a paritdi flusso,
naturalmente dovuta alla presenza del traferro.
La tensione di corto circuito, che nel trasformatore varia dal 4 al 25 %, nel motore asincrono
varia dal 20 al 30 %: ci dovuto alla assai maggiore importanza dei flussi dispersi.
Sia la corrente a vuoto che la tensione di corto circuito decrescono al crescere della
potenza della macchina.
La conoscenza della tensione di corto circuito consente di calcolare la corrente di spunto I
c
,:
variando la tensione di corto circuito dal 30 al 20 %, la corrente di spunto varia da 3 a 5
volte la corrente nominale.
Lo scorrimento, nelle condizioni di funzionamento nominali, varia dal 35 % nei piccoli
motori fino ad una frazione di percento nei motori di grande potenza.
Gli ordini di grandezza citati della tensione di corto circuito e della corrente a vuoto rendono
inaccettabili le approssimazioni usate per la determinazione dei parametri del circuito
equivalente del trasformatore, specialmente nel caso di piccole macchine.
9.5 - Caratteristica meccanica
L'espressione della potenza meccanica convertita dal motore, si ricava dal circuito
equivalente ragionando nel modo seguente.
La potenza attiva che lo statore trasmette al rotore espressa da:
P
R
s
t
3
2
'
I (9.12)
2
'2
La potenza attiva perduta nel circuito rotorico per effetto Joule :
P = 3 R I (9.13)
Pj2 2
'
2
'2
Assumendo nulle le perdite nel ferro rotorico, la differenza fra la potenza attiva ceduta dallo
statore al rotore e quella ivi perduta per effetto Joule deve essere convertita in potenza
meccanica: questa, che si indica con P
m
, somma della potenza meccanica all'albero o
potenza meccanica utile P
u
e delle perdite meccaniche Pp
m
e si esprime nella forma
seguente:
P P P
s
s
I
m t pCu


2
2
2
2
3
1
R (9.14)
' '
Ci interpreta fisicamente la scomposizione del resistore di resistenza
R
s
2
'
nella serie di
due resistori, uno di resistenza R
2
'
e l'altro di resistenza R
2
1
'
s
s
(figura 9.9) il primo sede
delle perdite nel rame rotorico per fase, il secondo assorbe una potenza equivalente alla
potenza meccanica convertita per fase.
La potenza meccanica convertita uguale al prodotto della coppia elettromagnetica T
M
(somma della coppia meccanica all'albero o coppia utile T
u
e della coppia resistente di
attrito e di ventilazione T
p
), per la velocitangolare:
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P T
m M
(9.15)
Ma:

0
1 ( ) s (9.16)
Sostituendo e tenendo conto di
0


pp
P T
pp
s
m M

( ) 1 (9.17)
Uguagliando alla (9.14) e dividendo per 1 - s si ottiene infine:
T
pp R
s
I
m
3
2
2
2

'
'
(9.18)
che rappresenta la caratteristica meccanica a corrente costante del motore asincrono.
Poich la marcia industriale avviene a tensione costante, anzich a corrente costante,
conviene esprimere nella (9.18) la corrente I
2
'
in termini della tensione U
1
. Ci pu farsi
ricorrendo ancora al circuito equivalente anzi indicato.
Per facilitare i calcoli il circuito pu essere ridotto mediante Thevenin, ottenendo un
equivalente dell'alimentazione e dei rami Z
1
e Z
0
:
Figura 9.10
V
Z
Z Z
V
eq

+

+
0
1 0
0
0
; Z = Z Z =
Z Z
Z Z
(9.19)
eq 1
1 0
1
e con buona approssimazione, in considerazione degli ordini di grandezza dei parametri:
V V
eq
; Z Z
eq 1
Da cui:
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( ) ( )
( ) ( )
( )
I
V
R R s j X X
I
s V
sR R s X X
s V
s R X X X s R R
s V
As Bs C
eq
eq eq
e
q
eq eq
e
q
e
q
e
q
eq eq
e
q
2
2 2
2
2
2 2
2
2
2
2
2
2 2
2 2 2
2
2
2
2
2
2
2 2
2
2 2

+ + +

+ + +

+ + + + +

+ +
' '
' '
' ' '
/
(9.20)
X R

=
e quindi:
( )
C
pp R sV
As Bs C
m
e
q


+ +
3
2
2
2
( )
'

(9.21)
Tale equazione rappresenta la caratteristica meccanica a tensione costante del motore
asincrono: essa fornisce la coppia trasmessa T
M
che tuttavia pu confondersi con la coppia
utile T
u
, se si trascurano la coppia di attrito e ventilazione.
L'equazione (9.21) poteva essere ricavata anche su un circuito in pu, nel qual caso avrebbe
assunto la forma (equivalente):
T
pp
R
sV
As Bs C
M
e
q

+ +
3
2
2
2

'
Z I
n n
2
ove i simboli assumono i significati gidichiarati, ed inoltre:
R
2
'
espresso in per unit;
Z
n
l'impedenza di riferimento;

sV
As Bs C
e
q
2
2
+ +
espresso in per unit;
I
n
la corrente di riferimento.
La caratteristica meccanica della macchina asincrona illustrata nella figura 9.11; il tratto
che interessa il funzionamento come motore quello compreso fra s = 0 e s = 1. In figura
9.12, la stessa caratteristica ridisegnata assumendo come variabile indipendente, anzich
lo scorrimento s, la velocitangolare .
Questa caratteristica di tipo statico, nel senso che valida in regime permanente; una
variazione per esempio della coppia resistente del carico meccanico comporterebbe una
variazione di velocit, quindi di scorrimento e quindi dei parametri del circuito equivalente;
pertanto tutte le variabili di stato, comprese quelle elettriche, dovrebbero superare un
transitorio prima di riassestarsi. In condizioni transitorie il circuito equivalente non pi
valido ( valido in regime PAS, ed inoltre una rappresentazione monofase di un sistema
trifase) e quindi non valgono le espressioni della coppia. Deve per essere notato che le
variabili elettromagnetiche (le correnti, i flussi magnetici, ecc.) hanno costanti di tempo
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Cap. 9 - pag. 12
dell'ordine dei millisecondi, mentre il transitorio meccanico (variazione di velocit) sarebbe
molto pi lento. Questo significa che le variabili elettriche si adeguano in fretta alle
variazioni meccaniche, mentre lo scorrimento si assesta pi lentamente. La caratteristica
che si ottiene quindi valida anche in condizioni di lenta variazione delle grandezze
meccaniche.
La caratteristica meccanica composta di due tratti, l'uno a scendente, l'altro discendente,
che si raccordano per un valore dello scorrimento corrispondente alla coppia massima
T
MMAX
.
La conoscenza della caratteristica meccanica del motore e di quella della macchina
operatrice da esso azionata consente di determinare, nel piano (, T) il punto di
funzionamento del gruppo, definito dall'intersezione delle due caratteristiche: infatti le
velocitangolari delle due macchine sono in ogni caso uguali essendo entrambe calettate
sullo stesso albero (eventuali gruppi riduttori possono essere conglobati nel motore o
nell'operatrice); uguali sono anche, in condizioni di equilibrio, la coppia motrice e la coppia
resistente.
Il punto di funzionamento nominale, definito dalla velocit angolare nominale
n
e della
coppia nominale T
n
si trova sul ramo discendente della caratteristica: la velocit angolare
nominale inferiore a quella di sincronismo di una percentuale pari allo scorrimento
nominale; la coppia massima varia ordinariamente da 1,8 a 2,2 volte la coppia nominale,
giungendo fino a 2,53 volte quest'ultima nei motori per gru, montacarichi e simili
*
.
Essendo la caratteristica molto ripida, variazioni sensibili di coppia resistente comportano
variazioni solo piccole di velocitmeccanica. La macchina asincrona quindi si adegua molto
bene al carico meccanico. la macchina ideale per muovere ventole, pompe, seghe
circolari, utensili vari, ecc., che richiedano una velocitdi rotazione pressoch costante ma
che possono presentare coppie resistenti molto variabili.
Lo scorrimento nominale pu essere calcolato imponendo che la corrente assorbita, con
alimentazione a tensione nominale sia pari alla corrente nominale, quindi in per unit:
s
A s B s C
A s B s C
2 2
2
2 2
1
1 1 0

+ +
+ + ( )
dove si fanno le approssimazioni di avere la corrente di rotore pari a quella di statore e la
tensione V
eq
pari alla V e con A, B e C in pu.
In figura 9.13 la caratteristica di coppia motrice T
m
() sovrapposta a una caratteristica di
coppia resistente T
r
(): ne risulta determinato il punto di funzionamento (
f
T
f
).
Tale punto di funzionamento stabile.
Figura 9.11 Figura 9.12 Figura 9.13

*
Noto lo scorrimento nominale, tutti i parametri circuitali sono noti e quindi si possono definire oltre
alla coppia nominale anche le perdite e il rendimento nominali, la potenza reattiva nominale o, pi
comunemente il cos nominale.
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Cap. 9 - pag. 13
Il punto di lavoro B di figura 9.14 invece una condizione di funzionamento instabile. Si
supponga infatti di avere equilibrio tra coppia motrice e coppia resistente del carico. In caso
di una perturbazione, per esempio un aumento della coppia resistente, lo squilibrio
comporta che la somma algebrica delle coppie assuma un valore diverso da zero, in questo
caso negativo. Quindi la macchina tende a decelerare; la coppia motrice diminuisce
ulteriormente, quindi lo squilibrio aumenta, la macchina decelera ancora, e cos via fino a
fermarsi.
La macchina asincrona funziona quindi sempre nel tratto decrescente (a parte l'avviamento,
in cui percorre rapidamente l'altro tratto).
Figura 9.14
La situazione di figura 9.15 d luogo, come si verifica facilmente, a un punto di
funzionamento stabile. Essa tuttavia inammissibile per le ragioni seguenti. La potenza
trasferita dallo statore al rotore, per le equazioni pu scriversi nella forma:
P T
t f

0

Confondendo in T
m
la coppia trasmessa T
t
e quella utile T
u
, ci che equivale a trascurare
le coppie dovute alle resistenze passive del motore, si ha che P
t
misurata dall'area del
rettangolo ABCD. La potenza meccanica utile invece espressa, nella stessa
approssimazione, da:
P T
m f

f

ed misurata dall'area del rettangolo AFED. La differenza fra le due potenze P


t
- P
m
misurata dall'area del rettangolo FBCE dunque dissipata per intero nel rotore. Nelle
condizioni di funzionamento supposte essa rappresenta oltre la metdella potenza entrante
nel rotore stesso: il riscaldamento che ne consegue assolutamente incompatibile con la
sicurezza della macchina anche per un esercizio di durata brevissima.
Figura 9.15
Volendo calcolare il punto di lavoro necessario risolvere il sistema fra la caratteristica
meccanica e la caratteristica del carico.
Solitamente la coppia resistente (caratteristica del carico) del tipo:
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Cap. 9 - pag. 14
C s
r m
+ + ' ( )
2 2
1
iterazione 1:
Data la caratteristica di carico e data la tensione di alimentazione, possibile trovare il
punto di lavoro:
( )
3
1
2
2
1
2
2
( )
( )
'
pp R sV
As Bs C
s
e
q

+ +
+


L'equazione di 4 grado; va risolta per via numerica. Una strada molto semplice la
seguente, che prevede iterazioni successive e in ogni iterazione un valore costante di
coppia resistente:
iterazione 0:
( )
s
C s
r
( )
( ) ( )
0
0 0
2
0
1

+
iterazione 1:
( )
( )
3 3
0
1
2 1
2
1
1
2
1
0
1
2
2 1
2
1
0
1
1 1
2
( ) ( )
'
( )
( )
( )
( )
( )
'
( )
( )
( )
( ) ( )
pp R s V
As Bs C
C As B
pp R s V
C
s C
C s
e
q
r
e
q
r
r

+ +
+

_
,

+
+


iterazione 2:
ecc.
Ogni iterazione consiste nella soluzione di una equazione algebrica di 2grado. Si ripete fin
quando non si arriva a convergenza, cio fin quando il valore trovato di scorrimento non
subisce pi variazioni significative. Attenzione: essendo il risultato un valore molto piccolo
(0,0050,050) opportuno utilizzare parecchie cifra decimali (almeno 4 o 5 cifre).
9.6 - Avviamento
L'avviamento di un gruppo motore asincrono macchina operatrice non pu di norma
eseguirsi semplicemente chiudendo l'interruttore disposto fra la macchina e la linea di
alimentazione. Tale procedimento, infatti, presenta due inconvenienti:
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Cap. 9 - pag. 15
la corrente di spunto da 3 a 5 volte maggiore della corrente nominale: essa non pu
essere tollerata, salvo che per le macchine di potenza pi modesta (fino a 34 kW), sia
per gli sforzi elettrodinamici che determina sugli avvolgimenti, sia per le cadute di
tensione che provoca sulle linee, perturbando, ad ogni avviamento, tutti gli utenti che si
trovano a funzionare in parallelo;
la coppia di spunto pu essere insufficiente a vincere la resistenza iniziale del carico,
come esemplificato in figura 9.14.
Per macchine a rotore avvolto si possono superare entrambi gli inconvenienti disponendo in
serie al circuito rotorico, attraverso gli anelli, un reostato che viene progressivamente
escluso via via che il motore aumenta la propria velocit(figura 9.16).
Figura 9.16
L'effetto reostato duplice:
al crescere della resistenza diminuisce la corrente assorbita;
al crescere della resistenza del reostato, la caratteristica meccanica si sposta nel verso
delle velocitangolari decrescenti: in particolare, il suo massimo si sposta verso sinistra,
pur conservando lo stesso valore (figura 9.17), l'esclusione progressiva del reostato fa
s che l'avviamento del gruppo avvenga secondo la spezzata curvilinea a tratto spesso:
lo spunto diventa possibile anche se la coppia resistente supera, alle basse velocit, la
coppia motrice naturale; inoltre, l'oscillazione di coppia pu essere mantenuta entro
limiti prefissati.
Figura 9.17
L'avviamento reostatico alquanto oneroso, per il costo del reostato e dei dispositivi
ausiliari che consentono l'avviamento automatico.
Si cerca pertanto di evitare l'uso del reostato in tutti quei casi in cui esso non sia
assolutamente necessario.
I motori di piccola potenza (fino a 34 kW), i quali non debbano vincere, durante
l'avviamento, coppie resistenti particolarmente elevate e per i quali si possa tollerare, in tale
fase, una corrente pari a 34 volte quella nominale, vengono di norma costruiti con rotore a
gabbia.
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Cap. 9 - pag. 16
Per potenze maggiori, fino a migliaia di chilowatt, possono essere usati i motori con rotore a
doppia gabbia. Il principio di funzionamento di quest'ultima il seguente. La resistenza della
gabbia esterna, formata di conduttori di piccola sezione, assai pi elevata di quella della
gabbia interna, costituita di conduttori di sezione maggiore; viceversa la gabbia esterna
presenta una reattanza di dispersione pi bassa di quella interna, perch il circuito
magnetico nel quale si sviluppa il flusso disperso della prima comprende un tratto in aria
assai pi ampio di quello della seconda. Alle basse velocit, durante la prima fase
dell'avviamento, le reattanze di entrambe le gabbie prevalgono fortemente sulle resistenze,
essendo la frequenza rotorica di poco inferiore a quella di rete: dunque la corrente circola
prevalentemente sulla gabbia di reattanza minore, cio in quella esterna. Via via che il
motore aumenta la propria velocit, la frequenza rotorica decresce e pertanto la ripartizione
della corrente fra le due gabbie via via pi regolata dal partitore resistivo; pertanto la
corrente sulla gabbia esterna diminuisce ed aumenta quella nella gabbia interna. L'effetto
della doppia gabbia dunque quello di provocare il progressivo passaggio della corrente
rotorica da un circuito di alta resistenza ad uno di bassa resistenza.
Il motore a doppia gabbia pu essere sostituito, in molti casi, al motore a cave profonde.
Questo ha un comportamento elettrico sostanzialmente uguale a quello del motore a
doppia gabbia: il restringimento della sezione di rame dall'interno verso l'esterno della cava
simula la presenza di due gabbie, una interna con barre di grossa sezione, una esterna con
barre di sezione minore.
I motori a doppia gabbia e a cave profonde delle maggiori potenze vengono spesso avviati
con l'artificio della commutazione stella-triangolo. La morsettiera del motore provvista di
sei morsetti: tre di essi (in genere disposti superiormente) vanno collegati alla linea, gli altri
tre possono essere collegati in corto circuito fra loro e si ottiene il collegamento delle tre fasi
statoriche a stella, oppure ciascuno di essi collegato al morsetto di linea immediatamente
superiore e si ottiene il collegamento a triangolo.
L'avviamento stella triangolo consiste nell'avviare il motore con le tre fasi statoriche
collegate a stella e nel commutarle a triangolo quando si raggiunta la velocitdi regime. In
questo modo si riduce la corrente durante l'avviamento ad un terzo di quella che si avrebbe
se il motore fosse avviato con l'avvolgimento statorico collegato a triangolo: uguale
riduzione si ha per la coppia.
9.7 - Regolazione di velocit
Il motore asincrono, accanto ai pregi di robustezza e basso costo che ne giustificano
l'amplissima diffusione, presenta l'inconveniente di non consentire la regolazione della
velocitin modo semplice ed economico.
Anche prima dell'avvento degli azionamenti elettrici sono stati peraltro studiati diversi artifici
che, in modo pi o meno complesso, risolvono il problema.
Un primo metodo di regolazione della velocit consiste nel dotare lo statore di due
avvolgimenti con diverso numero di paia poli: in generale, ci si limita a disporvi un
avvolgimento unico il quale, con opportune variazioni delle connessioni, d luogo a due
valori di pp, l'uno doppio dell'altro; questo metodo, detto di variazione dei poli, consente
evidentemente di ottenere solo due velocit.
Un secondo metodo consiste nel fare uso di un reostato inserito in serie al circuito rotorico,
in modo da verificare le caratteristiche di coppia motrice e portare il punto di funzionamento
sulla verticale della velocitangolare voluta. Questo metodo estremamente oneroso per il
costo del reostato, che deve essere capace di smaltire una notevole potenza, e per quello
dell'energia in esso dissipata. Il metodo reostatico si usa dunque solo in casi speciali.
Il metodo che invece si sta diffondendo sempre pi, almeno per le piccole e medie potenze,
consiste nel variare la frequenza di alimentazione mediante gruppi di conversione con
raddrizzatori e invertitori.
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Cap. 9 - pag. 17
invece estremamente semplice ottenere l'inversione del verso di rotazione del motore:
basta a questo scopo scambiare le connessioni di due delle fasi di alimentazione.
9.8 - Motori asincroni monofase
Il motore asincrono monofase si ottiene concettualmente da quello trifase sopprimendo due
della fasi statoriche.
Il suo principio di funzionamento il seguente. Il campo magnetico alternativo generato
dall'unica fase si lascia scomporre nella somma di due campi rotanti in versi opposti, alla
velocit angolare determinata dalla frequenza di rete e dal numero di paia poli
dell'avvolgimento. Ognuno di tali campi determina una caratteristica meccanica uguale a
quella del motore trifase: facile vedere che le due caratteristiche sono simmetriche
rispetto all'origine e danno luogo alla curva risultante di figura 9.18.
Si osserva subito che la coppia di spunto nulla, coma del resto si poteva facilmente
prevedere sulla base di semplici considerazioni di simmetria.
Pertanto la macchina non capace di autoavviarsi. Si rimedia a questo inconveniente
disponendo, in parte delle cave statoriche rimaste libere, un avvolgimento ausiliario con
l'asse disposto a formare un angolo di

2pp
rad con quello dell'avvolgimento principale.
L'avvolgimento principale ausiliario posto in serie a un condensatore e alimentato dalla
stessa tensione che applicata all'avvolgimento principale. I due avvolgimenti sono cos
percorsi da correnti fra loro sfasate e danno luogo a un campo magnetico rotante (di
ampiezza non costante) che provoca l'avviamento della macchina. Quando questa ha
raggiunto la velocit di regime. l'avvolgimento ausiliario viene escluso da un dispositivo
centrifugo, o simili. Nei motori moderni il condensatore viene spesso lasciato inserito
durante la marcia e usato a scopo di rifasamento.
I motori asincroni monofase hanno, a paritdi massa, potenza e rendimento inferiori a quelli
trifasi: per questi motivi, e per le accennate difficoltdi avviamento, essi vengono costruiti
solo per potenze molto modeste.
Figura 9.18
9.9 - Generatore asincrono
La macchina asincrona funziona anche come generatore. Per valori di scorrimento negativi
la coppia motrice negativa. cio coppia che si oppone al moto. La macchina assorbe
potenza meccanica e la trasforma in energia elettrica. A differenza della macchina sincrona
non esiste per un flusso di eccitazione che induca negli avvolgimenti statorici una tensione
con frequenza prefissata. Se venisse posta in rotazione da un motore primo, a morsetti
aperti o richiusi su un bipolo passivo, la macchina asincrona non erogherebbe alcuna
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Macchina asincrona
Cap. 9 - pag. 18
corrente: il rotore sarebbe solo un pezzo di ferro con qualche pezzo di rame che ruota a
vuoto. Occorre dall'esterno una sorgente di fem che ecciti i circuiti; solo in questo modo si
potranno presentare correnti rotoriche e quindi flussi al traferro, ecc. Cos pure occorre una
sorgente di tensione in cui la frequenza sia prefissata; solo in questo modo si pu
instaurare una differenza (asincronismo) tra la velocitdi rotazione del flusso al traferro e la
velocit di rotazione del rotore. Quindi la macchina asincrona usata come generatore
complementare entro impianti dove la maggior parte della potenza erogata da macchine
sincrone; oppure il funzionamento come generatore occasionale da parte di macchine che
normalmente funzionano come motori (per esempio un ascensore: in salita la macchina
motore, in discesa pu essere generatore).
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 1
ver. 1.0
10
Macchina sincrona
10.1 - Generalit e disposizioni costruttive
Le macchine sincrone sono macchine elettriche eccitate con corrente continua e dotate di
collettore ad anelli.
Dal punto di vista funzionale, esse possono essere usate sia come generatori, nel caso si
dicono alternatori, sia come motori, e allora si parla di motori sincroni. Gli alternatori
costituiscono i generatori di corrente alternata universalmente usati e, col diffondersi di
raddrizzatori a stato solido di basso costo ed elevata affidabilit, hanno progressivamente
sostituito i tradizionali generatori di corrente continua.
Dal punto di vista strutturale, la macchina sincrona composta da due circuiti elettrici
concatenati con un circuito magnetico.
Dei circuiti elettrici, uno, alimentato da corrente continua, destinato a produrre il flusso che
circola nel circuito magnetico ed perci detto circuito induttore, o di eccitazione o di
campo; l'altro, in moto rispetto al primo, sede delle fem alternate generate dalle variazioni
periodiche del flusso che con esso si concatena, e dicesi pertanto circuito indotto o di
armatura.
Il circuito magnetico costituito di due parti cilindriche, l'una esterna e fissa, lo statore nel
quale disposto l'avvolgimento indotto, l'altra interna e rotante intorno al proprio asse, il
rotore, nel quale disposto l'avvolgimento induttore.
Statore e rotore sono separati da un traferro il cui spessore varia da qualche millimetro a
pochi centimetri, al crescere della potenza e quindi delle dimensioni delle macchine.
Lo statore ha la stessa struttura e lo stesso tipo di avvolgimento di quello della macchina
asincrona. Per evitare correnti di circolazione dovute alla eventuale presenza di terne
armoniche nelle fem, l'avvolgimento di norma collegato a stella.
Il rotore costituito da una ruota di ferro dolce massiccio (ruota polare) nella quale sono
fissati ad incastro i poli: su questi disposto l'avvolgimento induttore, costituito di altrettante
bobine in serie, collegate alternativamente in senso inverso in modo che il flusso magnetico
uscente da un polo si richiuda attraverso i due adiacenti (figura 10.1). Il rotore del tipo
descritto detto a poli salienti o anisotropo. Nelle macchine veloci, per evitare le difficoltdi
equilibramento, il rotore costituito nella forma di un cilindro circolare, munito di cave, nelle
quali sono alloggiati i conduttori dell'avvolgimento induttore: si parla allora di rotore liscio o
isotropo (figura 10.2).
Il collegamento fra il circuito induttore, solidale con il rotore, e il generatore che provvede
alla sua alimentazione (eccitatrice in genere coassiale) assicurato da un collettore ad
anelli sul quale strisciano una o pi coppie di spazzole. Esistono tuttavia particolari
disposizioni nelle quali possibile evitare l'uso del collettore (macchine sincrone senza
anelli).
La macchina sincrona, come ogni altra macchina elettrica, contiene dunque il materiale
elettrico (rame), che ne costituisce gli avvolgimenti, il materiale isolante che serve ad isolare
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 2
i conduttori fra loro e dal ferro circostante, e infine le strutture meccaniche, costituite dal
basamento e dalla carcassa, che sopportano lo statore, dai supporti e dall'albero che
sopportano il rotore.
Figura 10.1 Figura 10.2
10.2 - Generazione della fem
Se si fa circolare una corrente continua nell'avvolgimento induttore di un alternatore, essa
genera un campo magnetico di intensitcostante, solidale coll'induttore stesso, le linee di
flusso del quale hanno l'andamento illustrato in figura 10.1. Sagomando opportunamente le
espansioni polari, si pu ottenere che la distribuzione spaziale dell'induzione magnetica B
lungo il traferro sia sinusoidale.
Si ponga ora in rotazione il rotore: ogni conduttore dell'avvolgimento indotto investito da
un'onda di induzione sinusoidale nello spazio la quale muove con velocit costante: il
conduttore perci sede di una fem sinusoidale nel tempo e = bLV (dove b il valore
istantaneo dell'induzione sul conduttore, L la sua lunghezza, V la velocitcon la quale il
campo magnetico muove rispetto al conduttore).
La fem risultante in ciascuna fase pertanto proporzionale alla velocitangolare del rotore
e al flusso uscente da ciascun polo:
E k
0 0 0
(10.1)
L'avvolgimento indotto per una macchina con pp paia poli costituito da una successione di
bobine che si ripete con periodicitpari a
2
pp
rad: entro ciascuno di questi angoli, le bobine
delle tre fasi sono disposte in modo simmetrico a formare angoli di
2
3

pp
rad.
Se il rotore ruota alla velocit
0
, impiega un tempo pari a
2
0

per compiere un giro


completo e un tempo pari a
2
0

pp
per descrivere l'angolo corrispondente a una terna di
bobine: questo dunque il periodo delle fem indotte, la cui pulsazione pertanto data
dalla equazione:
pp
0
(10.2)
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 3
Le fem indotte nelle tre fasi, per l'uguaglianza di queste ultime, sono evidentemente fra loro
uguali in valore efficace; poich i loro assi sono disposti a formare angoli di
2
3

pp
rad, pari a
un terzo dell'angolo corrispondente a un periodo delle fem, ne segue che queste ultime
sono sfasate fra loro di
2
3

rad e pertanto formano una terna trifase simmetrica.


Se il circuito indotto a morsetti aperti, se cio l'alternatore funziona a vuoto, le fem
generate possono essere raccolte come tensioni ai morsetti.
10.3 - Funzionamento a vuoto
Si faccia ruotare l'alternatore alla velocit
0
e si ecciti l'induttore mediante una corrente
continua I
e
.
Si supponga che tale corrente possa essere regolata mediante un reostato (reostato di
eccitazione o di campo) o un partitore di tensione.
Si disponga in serie al circuito di eccitazione un amperometro e ai morsetti d'armatura una
terna di voltmetri.
cos possibile determinare, per ogni valore della corrente di eccitazione, il valore comune
alle tre tensioni di armatura a vuoto e costruire pertanto la curva U
v
= F(I
e
) (fig. 10.3). Tale
curva, detta caratteristica a vuoto, ha il consueto andamento della curva normale di
magnetizzazione, dato che la tensione a vuoto proporzionale al flusso induttore e quindi,
in ultima analisi, all'induzione magnetica B nel ferro, laddove la corrente di eccitazione
determina la fmm agente nel circuito magnetico e quindi, in ultima analisi, la forza
magnetica H. Il punto di normale funzionamento si trova subito oltre il ginocchio al fine di
attuare un compromesso fra la necessit di sfruttare bene il materiale ferromagnetico
(usando valori i pi alti possibile dell'induzione magnetica) senza aumentare troppo la
corrente di eccitazione (ci che richiederebbe di usare forti quantitdi rame nell'induttore o,
in alternativa, di tollerare notevoli perdite di eccitazione).
Figura 10.3
La potenza meccanica P
m
necessaria per mantenere in rotazione la macchina pu essere
rilevata in funzione della tensione a vuoto: si ottiene la curva di fig. 10.4, le cui ordinate
sono somma di un termine costante e di un termine che dipende dal quadrato della
tensione.
Il termine costante, P
pm
, rappresenta le perdite meccaniche per attrito nei cuscinetti
lubrificati e ventilazione; il termine quadratico rappresenta le perdite nel ferro per isteresi e
correnti parassite.
Si pu dunque scrivere:
P P P
m pm p
Fe
+ (10.3)
La prova a vuoto permette dunque la determinazione separata delle perdite meccaniche e
delle perdite nel ferro.
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 4
Conviene peraltro osservare che le considerazioni precedenti sono del tutto corrette solo in
quanto la macchina venga eccitata da una sorgente, in caso contrario, all'equazione (10.3)
devono essere aggiunte le perdite dell'eccitatrice e quelle di eccitazione dell'alternatore.
Figura 10.4
10.4 - Funzionamento a carico. Reazione d'indotto
Si supponga ora di chiudere i morsetti di armatura dell'alternatore su un carico equilibrato.
Le tre fem simmetriche generate dal moto del campo magnetico induttore nelle fasi
dell'indotto causano la circolazione, in queste ultime, di una terna di correnti equilibrate.
Tali correnti generano un campo magnetico rotante con velocit angolare uguale a quella
del rotore, che detto campo magnetico di reazione d'indotto.
Questo campo magnetico si sovrappone a quello generato dall'induttore e ruota sincrono
con esso dando luogo nel traferro ad un campo magnetico risultante.
Se la fem E
0
e la corrente I sono in fase, il flusso
0
generato dall'induttore in quadratura
in anticipo sul flusso
r
dovuto alla reazione d'indotto. Di conseguenza, le linee di flusso
della reazione di indotto si dispongono trasversalmente rispetto a quelle del flusso induttore
e si richiudono attraverso un solo polo: il flusso di reazione d'indotto perci detto, in
questo caso, flusso torcente.
Se la corrente I in quadratura in ritardo rispetto alla fem E
0
la reazione d'indotto ha
carattere smagnetizzante e il flusso da essa generato perci detto flusso antagonista.
Se la corrente I in quadratura in anticipo rispetto alla fem E
0
la reazione di indotto ha
carattere magnetizzante.
Se, infine la corrente I forma un angolo qualsiasi con la fem E
0
, si provvedera scomporla
in una componente in fase e in una componente in quadratura con quella, determinando le
corrispondenti fmm ed i rispettivi flussi mediante le caratteristiche dei circuiti magnetici sedi
del flusso torcente e del flusso antagonista.
Oltre a questi ultimi, occorre peraltro considerare ancora il flusso disperso, quello cio, le
cui linee si chiudono attorno ai conduttori di indotto senza concatenare l'avvolgimento
induttore.
Si osservi infine che l'interazione tra le correnti di statore e il campo di rotore suggerisce
l'esistenza di una coppia (coppia elettromagnetica) applicata dalla ruota polare di induttore
a quella di indotto nel verso del movimento.
Ci corrisponde al fatto che la potenza attiva generata nell'indotto ottenuta a spese della
potenza meccanica ceduta dal motore primo al rotore e da questo trasferita, attraverso
l'interazione fra campo magnetico e correnti, allo statore.
Nei casi di flusso totalmente smagnetizzante o magnetizzante, la coppia elettromagnetica
chiaramente nulla e ci in accordo col fatto che nell'indotto viene generata
esclusivamente potenza reattiva.
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 5
10.5 - Teoria lineare della macchina sincrona isotropa. Circuito equivalente.
Diagramma vettoriale di Behn-Eschenburg. Variazione di tensione
La teoria della macchina sincrona resa alquanto complessa dalla saturazione del circuito
magnetico e, nel caso della macchina a poli salienti, dalla sua anisotropia.
Una comprensione qualitativa dei principali fenomeni che hanno luogo nella macchina si
pu peraltro raggiungere agevolmente nel caso della macchina a poli lisci, sotto l'ipotesi
semplificativa che il circuito magnetico sia lineare.
Siano
0
il flusso magnetico generato dalla corrente di eccitazione,
r
il flusso magnetico di
reazione di indotto e il flusso magnetico risultante concatenati con ciascuna fase. Essi
vengono riguardati come grandezze complesse in quanto osservate in un riferimento
solidale con l'avvolgimento indotto e pertanto dotati di andamento sinusoidale nel tempo.
Per quanto detto sopra :
+
0 r
(10.4)
La fem generata a vuoto in una fase, E
0
, proporzionale al flusso
0
, alla pulsazione , ed
in quadratura in ritardo rispetto al flusso:
E j
a
0
N (10.5)
0
essendo N
a
un numero di spire equivalente della fase attraverso il quale si tiene conto del
fattore di proporzionalit.
Analogamente, la fem di fase a carico ha l'espressione:
E j N (10.6)
a
Il flusso magnetico di reazione concatenato con una fase proporzionale alla fmm di
reazione risultante e quindi alla corrente di indotto I :
N I
a
=
X
(10.7)
r
r

dove la X
r
detta reattanza di reazione.
Combinando le equazioni (10.5) (10.6) (10.7) con la (10.4) si ottiene:
E E j X I
r
0
+ (10.8)
La fem E a sua volta uguale alla somma della tensione di fase ai morsetti Ue delle
cadute di tensione resistiva R I, dovuta alla reattanza di dispersione della stessa. Si ha
dunque:
E U R j X I
d
+ + ( ) (10.9)
Combinando l'equazione (10.9) con la (10.8) si ottiene:
( ) [ ]
E U R j X X I
r d
0
+ + + (10.10)
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Cap. 10 - pag. 6
Le equazioni (10.9) e (10.10) si interpretano mediante il circuito equivalente di fig. 10.5
(circuito di Behn-Eschenburg): in quest'ultimo rappresentata anche l'equazione dei flussi
(10.4), tenuto conto delle (10.5), (10.6), (10.7).
Figura 10.5
La reattanza:
X X X
r d
+ (10.11)
somma della reattanza di dispersione e di quella che tiene conto della reazione d'indotto
detta reattanza sincrona e l'impedenza Z R j X + detta impedenza sincrona. La
componente resistiva R di quest'ultima normalmente trascurabile rispetto a quella reattiva
sicch possibile porre, con ottima approssimazione, Z j X .
Si definisce variazione di tensione dell'alternatore la differenza tra la fem generata a vuoto
e la tensione ai morsetti fermo restando il valore della corrente di eccitazione. La variazione
di tensione di norma espressa in percentuale:
u
E U
U
%

100
0
(10.12)
Essa varia dal 15 al 30% a pieno carico con cos = 1, dal 10 al 45% a pieno carico con
cos = 0,8.
Il circuito equivalente di Behn-Eschenburg consente, nei limiti in cui la teoria lineare
accettabile, di calcolare la variazione di tensione.
Occorre tuttavia osservare che l'approssimazione che pu ottenersi con l'uso della teoria
lineare di norma molto grossolana, si che questa si giustifica quasi esclusivamente in
quanto agevola la comprensione qualitativa dei fenomeni: la variazione di tensione
calcolata con il metodo sopra esposto pu essere affetta da un errore (in eccesso) anche
del 25%.
naturalmente possibile evitare gli errori sopra citati tenendo conto della effettiva
caratteristica E
0
= E
0
(I
e
) e del fatto che la reattanza di reazione X
r
funzione della corrente
I. Ma ci conduce a formulare una teoria non lineare, che viene esposta nei paragrafi
seguenti.
10.6 - Teoria non lineare della macchina sincrona isotropa. Circuito equivalente.
Diagramma vettoriale di Potier. Variazione di tensione
Il problema che si vuole risolvere in questo paragrafo ancora quello di calcolare la
variazione di tensione dell'alternatore, tenendo conto della nonlinearit del circuito
magnetico.
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Cap. 10 - pag. 7
Nel comportamento a carico, la fem di fase E dovuta al flusso di traferro supera la
tensione di fase ai morsetti U della caduta resistiva R I e della caduta reattiva (provocata
dalla presenza dei flussi dispersi) j X
d
I. Questo stato di cose rappresentato nel circuito
equivalente di fig. 10.6 a) e nel diagramma vettoriale di fig. 10.6 b).
Figura 10.6 a) Figura 10.6 b)
In tale circuito i parametri R e X
d
sono costanti: la fem E , tuttavia, dipende dalla corrente
I in un modo complesso, che tiene conto della nonlinearit del circuito magnetico, e che
viene ora determinato.
Si osservi la fig. 10.7 nella quale sono riportati, affiancati, il diagramma vettoriale e la
caratteristica di eccitazione a vuoto dell'alternatore.
La corrente di eccitazione necessaria per mantenere ai morsetti a vuoto la tensione U
chiaramente la corrente I
e1
.
Figura 10.7
Si voglia ora mantenere ai morsetti U con la corrente di carico I. Si dovrintanto vincere le
cadute di tensione resistiva e reattiva di dispersione: ci impone gi un aumento della
corrente di eccitazione da I
e e 1 2
e I . Occorre poi equilibrare la fmm dovuta alla reazione di
indotto. La equazione delle fmm si scrive:
N
e
I = N I +N I (10.13)
e2
e
e
a
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Cap. 10 - pag. 8
dove N
e
il numero di spire dell'avvolgimento e N
e
I
e2
la fmm necessaria a generare la
fem. E : essa risulta dalla sovrapposizione della fmm N
e
I
e
generata dall'induttore e dalla
fmm N
e
I prodotta dalla reazione di indotto. Pu ancora scriversi:
I I
e e 2
+ I (10.14)
avendo posto
N
N
a
e
.
Nel diagramma vettoriale di fig. 10.7 si riportano la corrente I
e2
, in quadratura in anticipo
sulla fem E e la corrente di armatura ridotta all'induttore I, in fase con la corrente di
armatura I : la somma delle due correnti la corrente di eccitazione I
e
.
Si cos risolto il problema di determinare la corrente di eccitazione I
e
necessaria a
mantenere ai morsetti di armatura la tensione U e la corrente I.
ora possibile determinare la variazione di tensione dell'alternatore: basta infatti riportare,
in ascissa del diagramma, la corrente di eccitazione I
e
, leggere in ordinata la tensione a
vuoto E
0
e applicare quindi la formula (10.12).
Il diagramma di fig. 10.7 il diagramma di Potier.
Esso pu essere costruito quando si conoscono i parametri X
d
e (trascurando, come
quasi sempre si pu fare, la resistenza R). La determinazione di questi parametri si compie
agevolmente quando si conosce, oltre alla caratteristica di eccitazione a vuoto, almeno una
delle caratteristiche di eccitazione a carico con corrente costante e cos = 0 (in anticipo o
in ritardo), ma non verraffrontato in quanto segue.
10.7 - Funzionamento dell'alternatore in corto circuito
Il comportamento dell'alternatore in corto circuito si studia facendo ruotare la macchina alla
velocit nominale con i morsetti di armatura chiusi in corto circuito attraverso tre
amperometri collegati a stella (che possono essere ridotti ad uno se non interessa verificare
l'equilibrio delle corrente).
La corrente di eccitazione I
e
viene progressivamente aumentata, a partire dal valore zero,
fino a che la corrente di armatura I raggiunge, o supera di poco, il valore nominale: la
relazione fra le due grandezze risulta essere lineare (caratteristica di corto circuito
dell'alternatore).
L'uso di bassa corrente di eccitazione e la forte reazione smagnetizzante riducono
fortemente il flusso durante la prova in corto circuito: la macchina funziona pertanto lontano
dalla saturazione e ci spiega l'andamento lineare della caratteristica di corto circuito.
Il rapporto fra la corrente di eccitazione che genera, a vuoto, la tensione nominale, e quella
che fa circolare, in corto circuito, la corrente nominale si dice rapporto di corto circuito. Esso
fornisce una valutazione approssimata (esatta nei limiti della teoria lineare) del rapporto fra
corrente di corto circuito e corrente nominale, come il lettore pu dimostrate da se
ricorrendo al circuito equivalente di Behn-Eschenburg.
Negli alternatori moderni, il rapporto di corto circuito ha valori dell'ordine di 23.
Il rapporto fra la tensione a vuoto e la corrente di corto circuito corrispondenti ad uno stesso
valore della corrente di eccitazione , come si pu verificare dal circuito equivalente di
Behn-Eschenburg, l'impedenza sincrona, o, trascurando come sempre lecito fare, la
resistenza, la reattanza sincrona dell'alternatore.
La potenza meccanica necessaria per mantenere in rotazione la macchina in corto circuito
pu essere rilevata in funzione della corrente di armatura: essa somma di un termine
costante P
pm
, che corrisponde alle perdite meccaniche e di un termine che dipende dal
quadrato della corrente P
p

Cu
, che corrisponde alle perdite nel rame:
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Cap. 10 - pag. 9
P P P
m pm p Cu
+ (10.15)
Tale assunzione si giustifica sulla base del fatto che nel funzionamento in corto circuito il
flusso basso e pertanto le perdite nel ferro trascurabili. Valgono per le perdite di
eccitazione le osservazioni gifatte in relazione alla prova a vuoto.
10.8 - Funzionamento degli alternatori in parallelo
Nei moderni impianti di produzione di energia elettrica, le varie centrali che alimentano
un'area di consumo sono collegate fra loro attraverso una fitta rete di linee di
interconnessione; aree contigue sono a loro volta interconnesse fra loro seppure in modo
meno fitto. La rete di interconnessione, ovviamente con livelli di strutturazione diversissimi,
ha oggi dimensioni continentali.
Pertanto, salvo che in applicazioni speciali e comunque di potenza modesta (servizi di
bordo e simili), l'alternatore non mai chiamato ad alimentare da solo un gruppo di carichi,
ma sempre posto in parallelo ad una rete complessa, costituita dalla totalit degli altri
alternatori visti attraverso le loro molteplici interconnessioni.
Il collegamento dell'alternatore in parallelo alla rete deve essere effettuato in modo tale che,
alla chiusura dell'interruttore, la fem della macchina e la tensione di rete si facciano
equilibrio: ci necessario per evitare colpi di corrente che possano danneggiare sia la
macchina che la rete.
Occorre dunque che, immediatamente prima che l'interruttore sia chiuso, siano verificate le
due condizioni seguenti:
la velocitangolare quella di sincronismo;
la fem generata uguale alla tensione di rete.
Si possono realizzare entrambe le condizioni agendo da un lato sul regolatore di velocitdel
motore primo, dall'altro sulla corrente di eccitazione dell'alternatore.
In un sistema di avviamento manuale, si ricorre alla disposizione di fig. 10.8.
Figura 10.8
La regolazione grossolana della velocit si fa osservando il frequenzimetro e quella della
corrente di eccitazione osservando il voltmetro disposti ai morsetti dell'alternatore. La
regolazione fine si fa osservando le lampade poste in parallelo all'interruttore: queste sono
sottoposte a una tensione che risulta dal battimento di quella dell'alternatore con quella di
rete; quando le due sono pressoch uguali in valore istantaneo le lampade sono spente e
tale condizione dura tanto pi a lungo quanto pi prossima la velocit dell'alternatore al
sincronismo. Se l'interruttore viene chiuso mentre permane la condizione citata, l'alternatore
si trova a funzionare in parallelo alla rete con corrente di armatura nulla: da quel momento
la velocitdi sincronismo gli imposta dalla rete stessa, attraverso le coppie sincronizzanti
che ve lo riportano appena per qualche causa tenda ad allontanarsene.
Nella realt le manovre sopra descritte sono realizzate con grande rapidit ed affidabilit
elevata in modo automatico.
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Cap. 10 - pag. 10
L'analisi del comportamento dell'alternatore posto in parallelo alla rete si effettua facilmente,
nell'ipotesi di linearit e isotropia, considerando, di quest'ultima, il generatore equivalente
serie (teorema di Thevenin); esso costituito da un generatore ideale di tensione, che
rappresenta, ai morsetti dell'alternatore assegnato, l'effetto delle fem di tutti gli altri
alternatori interconnessi con esso, e da un'impedenza, che l'impedenza di corto circuito
della rete a quei morsetti.
La fem del generatore equivalente serie si pu ritenere costante in valore efficace,
frequenza e fase, in quanto imposta da un complesso di alternatori la cui potenza globale
grandissima rispetto a quella di una singola macchina.
L'impedenza di corto circuito della rete si pu di norma assumere puramente induttiva e si
pu inglobare nella reattanza sincrona dell'alternatore.
Spesso essa pu essere del tutto trascurata, in quanto la rete ha una potenza che, rispetto
a quella dell'alternatore, virtualmente infinita.
La resistenza interna dell'alternatore pu quasi sempre essere trascurata, in questo
contesto, rispetto alla reattanza sincrona.
Pertanto, l'analisi del comportamento dell'alternatore in parallelo alla rete pu essere
condotta con l'ausilio del circuito equivalente di fig. 10.9, tracciato nell'ipotesi che la rete
abbia potenza infinita: essa vale peraltro del tutto in generale, potendosi in ogni caso, come
gi si detto, conglobare la reattanza di corto circuito della rete nella reattanza sincrona
dell'alternatore.
Figura 10.9
L'equazione del circuito di fig. 10.9 si scrive:
E U j X I
0
+ (10.16)
ovvero, dividendo ambo i membri per j X:
E
j X
U
j X
I
0
+ (10.17)
nella (10.17)
E
j X
0
la corrente di corto circuito dell'alternatore e
U
j X
la corrente di corto
circuito della rete chiusa sull'alternatore diseccitato.
L'equazione (10.17) rappresentata graficamente sul piano complesso di fig. 10.10.
importante individuare, in tale piano, il luogo degli estremi del vettore corrente di armatura
I a corrente di eccitazione costante. Tale luogo chiaramente costituito dall'insieme dei
punti per i quali E
0
costante ed pertanto una circonferenza avente come centro il punto
0 e come raggio
E
X
0
(diagramma circolare della macchina sincrona).
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 11
Figura 10.10
Al variare dell'estremo del vettore I sulla circonferenza, variano le componenti I cos e I
sen in fase e in quadratura con la tensione U: variano quindi, nello stesso modo, la
potenza attiva erogata P e quella reattiva erogata o. La potenza erogata P, supponendo
per semplicitla macchina priva di perdite, uguale alla potenza meccanica assorbita P
m
;
questa, d'altra parte, data dal prodotto T
0
della coppia per la velocit angolare, che
rigorosamente costante, essendo imposta dalla frequenza di rete: si conclude che la
componente I cos della corrente d'armatura in fase con la tensione, o, se si preferisce, la
posizione dell'estremo del vettore corrente sulla circonferenza determinata dalla coppia
che il motore primo applica all'albero dell'alternatore.
Sulla base di queste osservazioni, possibile comprendere il principio della regolazione
indipendente delle potenze attive e reattive erogate mediante il controllo dell'apertura del
distributore della turbina e quello della corrente di eccitazione.
Si supponga dapprima che l'alternatore funzioni in parallelo alla rete con E U
0
. Ci si trova
allora sulla circonferenza di centro 0 e raggio
U
X
, nel punto A: la corrente ai morsetti di
armatura nulla e nulle sono pure le potenze attiva e reattiva erogate. La potenza
meccanica necessaria a mantenere in rotazione l'alternatore, nell'ipotesi assunta di
assenza di perdite, anch'essa nulla.
Si aumenti ora la corrente di eccitazione I
e
, senza immettere nell'alternatore potenza
meccanica attraverso l'albero. L'estremo del vettore corrente d'armatura I passa ora su una
circonferenza di centro 0 e di raggio
E
X
0
, essendo E
0
il valore di fem a vuoto
corrispondente alla corrente di eccitazione I
e
. Si supponga che tale circonferenza sia quella
disegnata in fig. 10.10. Poich la potenza meccanica assorbita dall'alternatore nulla, tale
deve essere anche la potenza attiva erogata: pertanto I deve essere in quadratura con la
tensione e l'estremo del vettore rappresentativo deve coincidere con il punto B.
In queste condizioni, l'alternatore funziona come generatore di potenza reattiva: esso eroga
cio una potenza reattiva positiva, o, ci che lo stesso, assorbe una potenza reattiva
negativa, comportandosi dunque come un condensatore.
Se, a partire dalla condizione di funzionamento nella quale la corrente di armatura erogata
nulla, si riduce la corrente di eccitazione, ancora senza immettere potenza meccanica
attraverso l'albero, l'estremo del vettore I si porta in un punto interno al segmento OA, ad
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Macchina sincrona
Cap. 10 - pag. 12
es. C. In queste condizioni la macchina eroga potenza reattiva negativa, cio assorbe
potenza reattiva, comportandosi come un induttore.
Si ritorni ora all'ipotesi che la corrente di eccitazione sia tale da portare l'estremo del vettore
I nel punto B. Si fornisca potenza meccanica all'albero, aprendo il distributore della turbina.
Tale potenza deve essere erogata ai morsetti sotto forma di potenza attiva, sicch, essendo
U assegnata, risulta determinato il valore della componente attiva della corrente d'armatura
I cos. Poich d'altra parte l'estremo del vettore corrente deve stare sul cerchio di centro 0
e di raggio
E
X
0
, tale vettore completamente determinato.
Si cos dimostrato che lo scambio di potenza reattiva fra l'alternatore e la rete
determinato dal valore della corrente di eccitazione, mentre lo scambio di potenza attiva
dipende dalla coppia applicata all'albero.
File: franchino - d:\proj\unibg\elett\dispense\CAP10.DOC
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 1
ver. 1.0
11
Macchine a
corrente continua
11.1 - Generalit e disposizioni costruttive
Le macchine a corrente continua sono macchine rotanti, eccitate con corrente continua, e
dotate di collettore a lamelle (o commutatore).
Dal punto di vista costruttivo, esse sono costituite da uno statore generalmente a poli
salienti e da un rotore liscio (fig. 11.1). Lo statore costituito di ferro dolce massiccio, ad
eccezione delle espansioni polari, laminate. Il rotore formato da un pacco di lamierini,
aventi di norma spessore di 0,3 mm, isolati fra loro.
Figura 11.1
Il circuito induttore disposto sullo statore ed costituito da tante bobine collegate in serie
quanti sono i poli; le connessioni sono attuate in modo tale che le polaritsi alternino.
La generazione di un flusso di induttore presuppone la circolazione di una corrente continua
nel circuito induttore.
Questa pu essere fornita da una sorgente distinta e si dice allora che la macchina ad
eccitazione indipendente. Pi comunemente la corrente di induttore prodotta dalla
tensione di indotto e allora si ha leccitazione in derivazione, oppure coincide con la
corrente di indotto e allora si ha leccitazione in serie.
Alternativamente sulle macchine di potenza minore il flusso di induttore pu essere fornita
da un sistema di magneti permanenti.
Il circuito indotto alloggiato nelle cave del rotore. Esso costituito da un sistema di
conduttori disposti parallelamente allasse, connessi fra loro mediante collegamenti frontali
in modo da formare un circuito chiuso (indotto a tamburo): la fig. 11.2 fornisce unidea
Angelo Baggini
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 2
sommaria della struttura di tale avvolgimento nel caso che questo sia fermato da otto
conduttori attivi. Ogni conduttore, o gruppo di pi conduttori, collegato elettricamente con
una delle lamelle del commutatore.
Il commutatore, o collettore a lamelle, costituito da un insieme di lamelle di rame a forma
di cuneo, fissate a un mozzo mediante incastri a code di rondine e isolate fra loro mediante
sottili fogli di mica (fig. 11.3)
Figura 11.2 Figura 11.3
Esso provvede a stabilire la continuit metallica fra il circuito indotto, mobile, e i circuiti
esterni, fissi, cui esso collegato, mediante coppie di spazzole disposte sugli assi
interpolari. Le macchine a corrente continua di maggiore potenza sono spesso provviste di
poli ausiliari: i poli di commutazione, disposti sugli assi interpolari, e i poli di compensazione,
ricavati nelle espansioni polari dei poli principali. I primi hanno la funzione di evitare la
formazione di archi al collettore durante il funzionamento, i secondi quella di compensare gli
effetti della reazione di indotto (vd. oltre).
11.2 - Funzionamento da generatore (dinamo)
Se si fa circolare nel circuito induttore della macchina una corrente continua fornita per
ipotesi da una sorgente indipendente, questa genera un flusso magnetico che attraversa
il rotore richiudendosi attraverso i gioghi statorici.
Se il rotore posto in rotazione, i conduttori dellindotto tagliano le linee di flusso e
divengono pertanto sedi di fem indotte, i cui versi facilmente determinabili con luso della
regola della mano destra.
Facendo riferimento, a titolo di esempio, alla fig. 11.4, nella quale rappresentata una
macchina con una sola coppia di poli, si osserva che, in ogni istante, le fem hanno lo stesso
verso in tutti i conduttori che sottendono un polo e verso opposto in quelli che sottendono
laltro.
Figura 11.4
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 3
Lesame della struttura dellavvolgimento (fig. 11.5) rivela poi che, in ogni istante, esso
costituito da due vie in parallelo derivate fra i conduttori che si trovano nel piano interpolare:
nellistante in cui il rotore nella posizione di figura, le due vie sono costituite dai conduttori
1,4,7,2,5 e 1,6,3,8,5 rispettivamente. Lungo ciascuna di esse, agisce una fem risultante
dovuta alla somma dei contributi dei singoli conduttori appartenenti alla via: luguaglianza
delle due fem risultanti, che possono essere raccolte fra i conduttori disposti nel piano
interpolare, garantita dalluniformitdellavvolgimento e garantisce a sua volta lassenza di
correnti di circolazione nellindotto. Questo pu essere dunque rappresentato, in ogni
istante, dal circuito equivalente di fig. 11.6 dove con R
i
si indicata la resistenza dellindotto
vista da terminali posti nel piano neutro.
Figura 11.5
Figura 11.6
Le considerazioni precedenti valgono in un istante fisso, ancorch arbitrario. Occorre
tuttavia osservare che, negli istanti successivi, mutano bens i conduttori appartenenti a
ciascuna delle due vie, ma, per luniformit dellavvolgimento, la fem risultante che si
raccoglie fra i conduttori disposti nel piano neutro non cambia.
dunque possibile ottenere dalla macchina una fem costante, mediante una coppia di
spazzole disposte nel piano neutro e striscianti sul commutatore a lamelle: in ogni istante,
infatti, queste stabiliscono il contatto metallico fra il circuito esterno e i conduttori che, in
quellistante, occupano il piano neutro.
Poich la fem generata in ciascun conduttore proporzionale allinduzione magnetica sul
conduttore stesso e alla velocitcon la quale esso taglia le linee di flusso, intuitivo che la
fem risultante dellindotto proporzionale al flusso uscente da un polo e alla velocit
angolare del rotore:
E
0
= K (11.1)
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 4
La (11.1) detta equazione della fem della macchina a corrente continua.
Essa vale inalterata per una macchina con pp paia di poli e con un numero qualsiasi
(compreso fra 2 e 2 pp) di vie interne, dato che questi aspetti costruttivi si riflettono
esclusivamente nellespressione del fattore K in termini del numero totale di conduttori
dellavvolgimento.
Nel funzionamento a vuoto, la macchina genera una fem espressa dallequazione (11.1), la
quale pu essere misurata come tensione fra le spazzole.
Tale fem, proporzionale alla velocitangolare del rotore e al flusso magnetico, dipende dalla
corrente di eccitazione secondo la curva di fig. 11.7 (caratteristica di eccitazione a vuoto).
La potenza assorbita attraverso lalbero nel funzionamento a vuoto somma delle perdite
meccaniche (per attrito e ventilazione), che si misurano a macchina diseccitata, e di perdite
nel ferro rotorico, sottoposto ad isteresi rotante e sede di correnti parassite. Le perdite di
eccitazione non entrano nel conto essendo fornite a spese della sorgente per ipotesi
indipendente.
Figura 11.7
Il funzionamento a carico pu essere studiato sperimentalmente mediante la disposizione di
fig. 11.8.
Figura 11.8
Fissata la velocitangolare e la corrente di eccitazione, si varia la resistenza del reostato di
carico R
c
e si leggono sugli strumenti i valori corrispondenti della tensione e della corrente.
Si ottiene la caratteristica di fig. 11.9 (caratteristica esterna).
Figura 11.9
Se si interpreta tale caratteristica mediante il circuito equivalente di fig. 11.10, nel quale E
0
la fem a vuoto, si osserva subito che la resistenza R necessaria ad ottenere leffettiva
pendenza della caratteristica maggiore della resistenza dellindotto R
i
di una quantit
proporzionale alla velocitangolare h. Questo fenomeno si spiega nel modo seguente. Le
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 5
correnti che circolano nellindotto sotto lazione delle fem ed equiverse con quelle
determinano un campo magnetico (di reazione di indotto), diretto secondo lasse
interpolare, le cui linee di forza si chiudono trasversalmente nel poli induttori (fig. 11.11).
Figura 11.10
Figura 11.11
Si osserva subito che il campo magnetico di reazione di indotto si oppone a quello
principale nella metinferiore del polo nord ed cospirante con esso nella metsuperiore;
lopposto accade nel polo sud. Se il circuito magnetico fosse lineare, il flusso totale uscente
da un polo non sarebbe modificato, dato che la riduzione in una met di esso sarebbe
esattamente compensata da un aumento nellaltra met. Ma, poich il circuito magnetico
lavora in prossimitdella saturazione, questo non avviene: laumento di flusso in una met
del polo inferiore alla diminuzione nellaltra met. Ci determina una riduzione del flusso al
crescere della corrente di armatura e conseguentemente una riduzione, proporzionale alla
velocitangolare, della fem indotta secondo la curva discendente tratteggiata di fig. 11.9:
ritenendo tale riduzione proporzionale, in prima approssimazione, alla corrente di indotto I,
si potr infine descrivere il complesso delle caratteristiche di fig. 11.9 mediante il circuito
equivalente di fig. 11.12.
La reazione di indotto pu essere compensata disponendo avvolgimenti ausiliari, percorsi
dalla corrente di indotto, in cave praticate nelle espansioni dei poli principali.
Nel funzionamento a carico, alle perdite meccaniche e quelle nel ferro, si aggiungono le
perdite nel rame dellindotto R
i
I
2
: queste si devono ritenere induzione delle perdite nei poli
di compensazione e di commutazione.
Fig. 11.12
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 6
11.3 - Funzionamento come motore
Il funzionamento della macchina a corrente continua eccitata indipendentemente come
motore pu qualitativamente descriversi come segue.
Nel funzionamento con rotore bloccato, la corrente I
a
di armatura assorbita sotto una
tensione di alimentazione U limitata soltanto dalla resistenza dellindotto R
i
:
I
U
R
a
i
(11.2)
Essa circola nellindotto, che per semplicitsi suppone costituito di due sole vie in parallelo,
nei versi indicati in fig. 11.13 a). Nella parte b) della stessa figura si riprodotto il verso
delle correnti nei conduttori attivi, rinunciando, per semplicitdi rappresentazione, a mettere
in evidenza le connessioni frontali, ma facendo figurare le linee del campo magnetico
induttore.
Figura 11.13
Esse investono i conduttori dellindotto, percorsi da correnti: questi sono pertanto soggetti a
forze meccaniche. Poich il vettore induzione B ha intensit costante in ogni punto del
conduttore e direzione perpendicolare a questultimo la forza F che agisce su di esso si
esprime nella forma:
F = B l I (11.3)
dove l la lunghezza del conduttore. Il verso della forza si ricava tenendo conto, per ogni
conduttore, del verso del vettore induzione B e di quello della corrente I. Il sistema delle
forze che agiscono sullintero avvolgimento indotto illustrato in figura 11.14. Si osserva
subito che tale sistema ha risultante nulla e momento risultante diverso da zero: esso
equivale pertanto ad una coppia il cui verso, per lesempio di fig. 11.13, indicato in fig.
11.14.
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Cap. 11 - pag. 7
Figura 11.14
Si supponga ora di sbloccare il rotore. Sotto lazione della coppia esso accelera
acquistando velocitangolari via via crescenti, di verso evidentemente concorde con quello
della coppia stessa. I conduttori di indotto, in moto rispetto al campo magnetico induttore,
ne tagliano le linee di flusso e divengono perci sedi di fem che possono calcolarsi, per la
mutua perpendicolaritdei vettori, come:
e = B l v (11.4)
dove v la velocitdei conduttori rispetto al campo. I versi di tali fem si trovano facilmente
con luso della regola della mano destra e sono quelli di fig. 11.14. Si osserva subito che la
fem , in ciascun conduttore, opposta alla corrente e deve quindi essere propriamente
considerata come una forza controelettromotrice.
Al crescere della velocitangolare del rotore, la fcem risultante in ciascuna delle due vie in
cui risulta suddiviso lavvolgimento cresce proporzionalmente ad essa secondo lequazione
(11.1). Se la tensione di alimentazione resta costante, la caduta di tensione R
i
I e quindi la
corrente I diminuisce, facendo diminuire la coppia motrice. Si comprende quindi che il
motore raggiunga un regime stazionario, quando la coppia motrice e quella resistente si
fanno equilibrio: in queste condizioni laccelerazione zero e la velocitangolare costante.
Le considerazioni precedenti sono tradotte in forma quantitativa dalla caratteristica
elettromeccanica e dalla caratteristica meccanica del motore.
La tensione di armatura U, la corrente di armatura I e la fcem E sono legate dallequazione
di Ohm dellindotto, che, nellipotesi di trascurarne la reazione, si scrive:
U = E
0
+ R
i
I (11.5)
La fcem E
0
proporzionale al flusso uscente da un polo e alla velocitangolare :
E
0
= K (11.6)
Sostituendo la (11.6) nella (11.5) e risolvendo rispetto a I si ottiene lequazione della
caratteristica elettromeccanica:
I
U K
R
i


(11.7)

la quale esprime la relazione fra corrente di armatura e velocit angolare a tensione di


armatura e flusso costante. Essa rappresentata graficamente in fig. 11.15.
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Cap. 11 - pag. 8
Figura 11.15
I parametri:
I
U
R
c
i


0
U
K
rappresentano rispettivamente la corrente di corto circuito (che si manifesta a rotore
bloccato, = 0) e la velocit di fuga (che si manifesta in assenza di coppia resistente,
compresa quella dovuta agli attriti e alla ventilazione).
Lequazione della coppia elettromagnetica T si stabilisce scrivendo luguaglianza della
potenza meccanica generata e della potenza elettrica convertita:
T = E
0
I (11.8)
Sostituendo nellequazione (11.8) lespressione (11.6) della fcem e sopprimendo il fattore
comune I, si trae:
T = K I (11.9)
Lequazione (11.9) stabilisce la proporzionalitdella coppia elettromagnetica alla corrente di
armatura e al flusso e dicesi equazione della coppia.
Sostituendo in essa lespressione di I fornita dallequazione (11.7), si ottiene lespressione
della caratteristica meccanica a tensione di armatura e flusso costante:
T K
U K
R
i


(11.10)
Essa rappresentata graficamente in fig. 11.16 dove:
T
K
R
i
0


(11.11)
la coppia di spunto e
0
ha il significato givisto in precedenza.
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Cap. 11 - pag. 9
Figura 11.16
La trattazione precedente descrive il comportamento della macchina soltanto in prima
approssimazione, in quanto trascura leffetto della reazione dindotto e quello delle perdite
nel ferro rotorico. possibile tenere conto di entrambe facendo uso del circuito equivalente
di fig. 11.17 in esso la fem - hI, tiene conto, come ginel circuito equivalente di fig. 11.12
della reazione di indotto, mentre la resistenza R
p
tiene conto della potenza perduta per
isteresi e correnti parassite nel ferro rotorico, potenza che pu esprimersi nella forma
E
R
p
2
.
Figura 11.17
Si noti, per inciso, che di tale perdita si sarebbe potuto tenere conto anche nel circuito
equivalente di fig. 11.12, ma vi si rinunciato, in quanto il generatore funziona di norma a
velocit costante e le perdite nel ferro possono essere conglobate in quelle meccaniche
senza influenzare il comportamento ai morsetti della macchina.
La caratteristica meccanica risulta di conseguenza modificata come indicata in fig. 11.18.
Lavviamento del motore a c.c. con eccitazione indipendente non pu essere compiuto
semplicemente connettendo i morsetti di armatura alla linea di alimentazione: allo spunto,
infatti la fcem del motore nulla e la corrente di indotto, a causa del basso valore della
resistenza di questultimo, assume facilmente valori pari a 20:30 volte la corrente nominale.
Figura 11.18
pertanto necessario aumentare artificialmente la resistenza del circuito indotto mediante
linserzione di un reostato di avviamento in serie, che viene escluso via via che il motore
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Cap. 11 - pag. 10
acquista velocit. In presenza del reostato, di resistenza R
a
, le equazioni delle
caratteristiche elettromeccanica (11.7) e meccanica (11.10) si modificano come segue:
I
U K
R R
i a


+

(11.12)

T K
U K
R R
i a


(11.13)
Si comprende facilmente come riducendo progressivamente R
a
al crescere di si possa
effettuare lavviamento mantenendo la corrente, e la coppia, entro limiti prefissati. Il
diagramma di avviamento illustrato in fig. 11.19 in relazione ad una particolare
caratteristica di coppia resistente. Il gruppo, allo spunto, con reostato completamente
inserito, sottoposto allazione di una coppia motrice, misurata dallordinata del punto A,
maggiore della coppia resistente T, di primo distacco: esso pertanto accelera fino a
raggiungere la configurazione stazionaria individuata dal punto B, nella quale si ha
equilibrio fra coppia motrice e coppia resistente.
Figura 11.19
Disinserendo parzialmente il reostato, si passa alla caratteristica di coppia motrice
successiva: poich, per linerzia del gruppo, la velocitnon pu cambiare istantaneamente,
la nuova coppia motrice quella misurata dallordinata del punto B. In queste condizioni, il
gruppo torna ad accelerare fino a raggiungere una nuova configurazione stazionaria in C. Il
ragionamento si pu ora ripetere fino a che tutte le sezioni del reostato sono state
disinserite ed il gruppo ha raggiunto la configurazione di funzionamento di regime nel punto
F. Poich la coppia motrice e la corrente sono fra loro proporzionali, la spezzata a tratto
spesso di fig. 11.19 descrive altres landamento di questultima durante lavviamento: si
rileva subito la riduzione che se ne ottiene con luso del reostato. Le equazioni (11.12) e
(11.13), e la fig. 11.19, mostrano come il resistore di avviamento non modifichi il valore
della velocitdi fuga ma soltanto quello della coppia di spunto. La manovra di avviamento,
un tempo effettuata manualmente seguendo con locchio sullamperometro landamento
della corrente assorbita, oggi compiuta da dispositivi automatici.
Una delle caratteristiche che rendono il motore a corrente continua particolarmente
interessante consiste nella facilitdella regolazione di velocit. Questa, nel caso del motore
con eccitazione indipendente, pu essere effettuata agendo o sul flusso induttore o sulla
tensione di armatura.
Il primo metodo (controllo di eccitazione) illustrato in fig. 11.20.
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Cap. 11 - pag. 11
Figura 11.20
La caratteristica meccanica 1, corrispondente ad un assegnato valore del flusso induttore,
definita dalla coppia di spunto T
0
'
e dalla velocitdi fuga
0
'
. La condizione di equilibrio con
la coppia resistente si attua alla velocit angolare . Riducendo il flusso induttore, la
caratteristica meccanica si modifica in conseguenza della riduzione della coppia di spunto e
dellaumento della velocitdi fuga (caratteristica 2). La nuova configurazione di equilibrio si
verifica pertanto alla velocit > . Dunque si aumenta la velocit riducendo il flusso
induttore e viceversa. La regolazione del flusso viene effettuata regolando la corrente di
eccitazione mediante un reostato (reostato di eccitazione o di campo) disposto in serie
allavvolgimento induttore.
Il secondo metodo (controllo di armatura) illustrato in fig. 11.21. Le caratteristiche
meccaniche corrispondenti a diversi valori della tensione di armatura sono fra loro parallele
e sono tanto pi distanti dallorigine degli assi quanto maggiore la tensione stessa.
Figura 11.21
quindi possibile ottenere una gamma continua di velocitfacendo crescere la tensione di
alimentazione del motore da zero al valore nominale, mantenendo il flusso costante.
La regolazione della tensione viene effettuata mediante un ponte con diodi controllati.
Questo metodo di regolazione particolarmente vantaggioso perch risolve ad un tempo il
problema dellavviamento, consentendo di fare a meno del dispositivo reostatico.
Si osserva infine che leventuale interruzione dellavvolgimento di eccitazione, provocato da
guasto o da errata manovra, durante il funzionamento del motore, molto pericoloso
perch, riducendosi il flusso a quello residuo, la velocit di fuga e quindi quella effettiva
aumentano enormemente, con il rischio di rottura della macchina per effetto delle
sollecitazioni centrifughe. Si evita linconveniente proteggendo il circuito indotto mediante
un interruttore automatico di massima corrente. Appena avvenuto il guasto, la velocit del
gruppo, per causa dellinerzia, ancora uguale a quella che si aveva immediatamente
prima. Poich il flusso cade a valori trascurabili, la corrente nellindotto in pratica quella di
corto circuito e dunque notevolmente superiore alla corrente nominale. Pertanto
linterruttore di massima corrente interviene interrompendo lalimentazione e provocando
larresto del motore.
File: baggio2 - c:\proj\unibg\elett\dispense\CAP11.DOC
Angelo Baggini
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Macchine a corrente continua
Cap. 11 - pag. 12
Salvato: 07/03/01 23.08
Stampato: 07/03/01 23.09
Rev: 0.14
Angelo Baggini Franco Bua
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Linee elettriche, apparecchi di protezione e manovra, rifasamento
Cap. 12 - pag. 1
ver. 1.0
12
Linee elettriche,
apparecchi di
protezione e
manovra,
rifasamento
12.1 - Generalit: il sistema elettrico
Lenergia elettrica occupa un posto rilevante nella vita di ogni giorno. Perch essa possa
arrivare fino alle abitazioni, alle fabbriche, ai luoghi di lavoro e di incontro occorre per che
sia attivata una complessa catena di passaggi.
Il primo passaggio , ovviamente, quello della produzione e generazione.
Essa avviene quasi esclusivamente in c.a., alla frequenza di 50 Hz in gran parte del mondo,
o di 60 Hz negli Stati Uniti dAmerica e in pochi altri paesi, prevalentemente del continente
americano. La scelta della c.a. anzich di quella continua dovuta sostanzialmente a tre
motivi principali: a) la facilit di conversione a vari livelli di tensione, mediante una macchina
semplice e robusta come il trasformatore; b) la maggiore semplicit, affidabilit, robustezza
dei generatori sincroni o alternatori rispetto ai generatori in c.c. (questi ultimi comportano,
per esempio, il problema della commutazione, della manutenzione delle spazzole, ecc.); c)
la possibilit per gli utenti di utilizzare i motori asincroni, macchine molto robuste e affidabili.
Il fatto che la produzione avvenga a frequenza costante comporta, nel caso che il motore
primo sia una turbina a vapore, che la potenza erogata non possa essere regolata se non
entro una gamma molto ristretta di valori. Infatti le turbine a vapore, come pure altri motori
termici, erogano, se funzionanti a frequenza costante, un valore di coppia pressoch
costante, o comunque con una differenza abbastanza piccola tra il valore massimo e il
valore minimo possibili. Ne consegue che anche la potenza pu subire solo piccole
variazioni per regolazione. Peraltro, le centrali termiche non possono venire spente e
riaccese a piacimento, perch i transitori termici di riscaldamento e di raffreddamento delle
caldaie sono dellordine delle decine di ore o anche dei giorni.
Angelo Baggini Franco Bua
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Linee elettriche, apparecchi di protezione e manovra, rifasamento
Cap. 12 - pag. 2
Il consumo di energia elettrica invece fortemente variabile nellarco della giornata: assume
valori alquanto ridotti durante la notte, aumenta abbastanza in fretta nelle prime ore della
mattina fino a raggiungere un picco massimo verso le ore 10.00, subisce una lieve
flessione tra le 12.00 e le 14.00, risale ad un secondo picco verso le 15.00, e poi scende
gradualmente e lentamente (nella serata i consumi domestici subentrano a quelli industriali)
per arrivare dopo la mezzanotte alla media notturna. Il diagramma che indica il valore del
consumo in funzione dellora prende il nome di curva di carico giornaliero.
Quella ora descritta relativa ad un giorno lavorativo: ovviamente diversa nei giorni di
sabato e domenica; inoltre la curva di carico presenta notevoli differenze a seconda del
periodo dellanno, sia in relazione ai fattori climatici (per esempio: destate lilluminazione
artificiale meno utilizzata che dinverno), sia in relazione allorganizzazione lavorativa (per
esempio: il mese di agosto presenta bassissimi consumi elettrici perch quasi tutte le
fabbriche sono chiuse per ferie).
Il fatto che la curva di carico presenti massimi e minimi, con forti variazioni, un problema
per il produttore, se confrontato con il problema accennato poco sopra di limitata regolabilit
della potenza erogabile nelle centrali termiche. Se tali centrali venissero dimensionate per
sopportare i picchi di carico, che sono dellordine del 140-150% (o anche pi) della potenza
media assorbita nella giornata, ci sarebbe un esubero di potenza nelle ore della giornata
lontano dai picchi, con uno spreco quindi del 40-50%.
Basti pensare che in Italia il picco di carico di 26,5 GW, a fronte di un consumo medio di
18 GW (dati invernali): si avrebbe un esubero di oltre 8 GW, corrispondenti a 200 milioni di
kilowattora giornalieri. Inoltre eliminare energia significa dissiparla in calore nellambiente
(atmosfera, fiumi, altri bacini) con conseguenze notevoli di inquinamento termico
dellambiente stesso, per non parlare dellinquinamento vero e proprio (CO
2
, NO
x
, zolfo,
ecc.) aggiuntivo. Si prendono provvedimenti di tipo economico per incentivare il consumo
notturno (sconti sullenergia elettrica), ma non possibile ne sarebbe giusto sconvolgere pi
di tanto i ritmi naturali dellattivit umana.
Il problema viene risolto grazie ad una opportuna gestione delle centrali idrauliche, in
quanto queste permettono una elevata regolabilit della potenza.
Nelle centrali idrauliche vengono utilizzati tre diversi tipi di turbine, a seconda del salto utile,
cio della differenza di quota tra il livello del bacino di accumulo e il livello dello scarico della
turbina (Pelton, Francis, Kaplan).
Tutte queste turbine hanno rendimenti elevati (superiori al 90%) in un ampio range di valori;
inoltre possibile la parzializzazione, cio lalimentazione parziale chiudendo alcune bocche
di alimentazione, ottenendo valori elevati di rendimento in un range dal 15-20% al 100%
della potenza nominale; comunque possibile spegnere o riavviare tali turbine con
manovre della durata di poche decine di secondi o di pochi minuti, in quanto non si
presentano i lunghi transitori termici delle centrali termoelettriche, ma solo i transitori
meccanici di fermata o di partenza dellacqua nelle condotte o di arresto e di avvio dei
generatori sincroni (lacqua e i rotori presentano una notevole inerzia meccanica).
Le centrali idrauliche si presentano pertanto come candidate ideali per far fronte ai picchi, in
quanto i bacini idraulici a monte permettono un razionale accumulo dellenergia.
Tuttavia, assegnando alle centrali termiche un valore di potenza pari al consumo minimo
giornalieri e affidando alle centrali idrauliche il compito di fornire la potenza aggiuntiva
necessaria ai picchi, queste non riuscirebbero a fornire tutta lenergia richiesta (almeno nel
caso italiano), perch i bacini si svuoterebbero in breve tempo.
Pertanto le termiche funzionano ad una potenza superiore al minimo giornaliero; di notte si
presenta comunque un esubero che viene per utilizzato per effettuare, nelle centrali
idrauliche, il pompaggio, ossia loperazione di rimandare ai bacini di monte parte dellacqua
che da questi era scesa nei bacini di valle durante i picchi di carico. In questo modo
lesubero di potenza viene almeno in parte recuperato per essere riutilizzato nei momenti di
maggior richiesta. Loperazione presenta un rendimento dellordine del 65-70% (nel senso
che si dissipa comunque un 15-20% nel pompaggio e un 10-15% nel riutilizzo), ma
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Cap. 12 - pag. 3
comunque molto meglio che buttar via tutta lenergia. Per effettuare il pompaggio oltre alle
turbine sono montate sugli assi delle macchine anche delle potenti pompe, solitamente di
tipo centrifugo; i generatori sincroni si trasformano di notte in motori sincroni; occorre per
ricordare che il motore sincrono non autoavviante, pertanto o esistono dei motori di lancio,
oppure si procede in questo modo:
1. vengono aperte le valvole della turbina che si mette cos in movimento e con essa la
macchina sincrona;
2. dopo poche decine di secondi si raggiunge la frequenza di sincronismo;
3. la macchina sincrona viene collegata alla rete elettrica (operazione di messa in
parallelo, da svolgersi con attenzione perch occorre che la macchina non solo lavori
alla frequenza di rete, ma anche che la sua tensione sia uguale in modulo e fase alla
tensione di rete), in modo da funzionare in modo autonomo, senza pi bisogno di motori
primi;
4. si chiudono le valvole delle turbine, lacqua nelle condotte si ferma;
5. si aprono le valvole delle pompe, lacqua nelle condotte inizia a tornare su.
I generatori sincroni sono macchine provviste di regolatori di tensione e di potenza. I primi
agiscono sulleccitazione, i secondi sui motori primi (turbine). Occorre notare che, ai fini del
trasporto di potenza sulle reti elettriche, una differenza di tensione tra gli estremi di una
linea o tra il primario e il secondario di un trasformatore produce i seguenti effetti:
a) una differenza nei moduli corrisponde ad un transito di potenza reattiva;
b) una differenza nelle fasi corrisponde ad un transito di potenza attiva.
Queste affermazioni sono valide sia pure in modo approssimato, nellipotesi che il lato tra i
due nodi abbia impedenza prevalentemente reattiva induttiva.
Da quanto visto si evince che nei sistemi elettrici per lenergia i transiti di reattivo sono
strettamente legati ai moduli delle tensioni e i transiti di attivo alle fasi delle tensioni. In
particolare, se il motore primo di un alternatore produce un esubero di potenza rispetto a
quanta ne assorbe la rete, la macchina avr un eccesso di coppia e pertanto tender ad
accelerare. In questo modo la fase della tensione ai morsetti dellalternatore aumenter
(perch il rotore andr un po pi in fretta del sincronismo di rete), provocando un maggior
transito di potenza verso la rete. Cos potenza meccanica e potenza elettrica torneranno
ad essere uguali, ottenendo cos una nuova situazione di equilibrio in cui non si presenta
pi accelerazione angolare e la macchina torna perfettamente in sincronismo
(analogamente se ci fosse stato un deficit di potenza meccanica).
Subito a valle dellalternatore si presenta un trasformatore, detto trasformatore di macchina.
La funzione di questo trasformatore duplice: a) elevare la tensione dai 10-20 kV della
macchina sincrona a valori di alta tensione per il trasporto a medie e lunghe distanze; b)
isolare elettricamente la macchina dal resto della rete: il trasformatore permette il passaggio
di potenza e lega in modo abbastanza rigido tensioni e correnti al primario e al secondario,
ma al tempo stesso fa anche da filtro a fenomeni bruschi come sovratensioni di origine
atmosferica (fulmini sulla linea o nelle vicinanze), corto circuito (limpedenza del
trasformatore limita le correnti di corto circuito), ecc..
Inizia da questo punto il sistema di trasmissione.
Nella rete italiana di trasmissione si utilizza, come gi pi volte affermato in precedenza, il
sistema trifase; le tensioni utilizzate sono i 220 e i 380 kV (tensioni concatenate). per tali
valori si parla di alta tensione, AT. Altri paesi, che presentano la necessit di linee lunghe
anche migliaia di kilometri (Cile, Russia) utilizzano tensioni pi elevate, fino a 700 kV.
La scelta del sistema trifase dovuta, oltre ai motivi indicati allinizio del paragrafo
(semplicit, funzionalit ed affidabilit delle macchine rotanti trifasi), anche ad un vantaggio
nel sistema di trasporto.
Il costo di un sistema di trasporto dellenergia elettrica in larga misura proporzionale al
peso del materiale conduttore. Rame e alluminio, che sono i conduttori pi usati, hanno un
notevole costo unitario (il rame in particolar modo); peso maggiore, inoltre, significa maggior
robustezza e quindi maggior costo dei sostegni (pali e tralicci). Il progettista di un sistema di
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Cap. 12 - pag. 4
trasmissione o di distribuzione dellenergia elettrica dovrquindi rendere minimo il valore del
costo annuo complessivo, che sardato dalla somma della quota annua di ammortamento
e/o di interessi sul costo iniziale dellimpianto e della quota dovuta alle perdite per effetto
Joule. Una riduzione del costo delle perdite comporta conduttori con una sezione maggiore,
e quindi un maggior peso del rame o dellalluminio, e quindi nel costo iniziale. Il progettista
deve trovare il miglior compromesso tra le due esigenze.
Una indicazione della maggior convenienza del sistema trifase pu essere fornita del
confronto con altri sistemi, a paritdi potenza trasportata e di tensione di funzionamento: si
riprende quanto giriportato.
Il sistema di trasmissione dellenergia elettrica in alta tensione prevalentemente composto
di linee aeree. La rete di trasmissione italiana prevede fino a 700 nodi e oltre 1000 lati.
Sono presenti in essa anche brevi tratti in cavo, soprattutto per gli attraversamenti marini o
lacustri (cavi sottomarini). Per attraversamenti marini in notevole lunghezza si opta
solitamente per la trasmissione in cc con un solo filo: il ritorno via mare, grazie ad appositi
elettrodi immersi in prossimitdelle stazioni di partenza e di arrivo. In questo modo, con un
solo conduttore, il cavo meno ingombrante e meno costoso da fabbricare (per i cavi i costi
non sono solo del materiale conduttore, ma in grande misura anche dei rivestimenti isolanti
e protettivi). Come contropartita necessario costruire due stazioni di conversione AC/DC,
alla partenza e allarrivo della tratta sottomarina. In Italia molto importante il sistema
SACOI (Sardegna-Corsica-Italia), in cui una linea in cavo in cc attraversa il mare Tirreno
dalla Toscana alla Corsica (la Corsica molto pi vicina al continente della Sardegna),
percorre la Corsica come linea aerea in cc, attraversa il breve braccio di mare tra Corsica e
Sardegna come cavo in cc, e finalmente arriva sullisola italiana permettendone
linterconnessione con il sistema continentale. Al tempo stesso anche la Corsica pu
esserne alimentata, e la rete italiana fa cos da tramite tra quella francese e la sua isola. La
Sicilia invece collegata in trifase al continente.
Le stazioni di conversione hanno un funzionamento basato su dispositivi elettronici di
potenza.
Le linee elettriche di potenza, siano esse in cavo o aeree, convergono in complessi detti
stazioni elettriche. In questi complessi si realizza, oltre alleventuale incontro di pi linee
differenti, anche la trasformazione della tensione a diversi livelli e lo smistamento della
potenza elettrica mediante la partenza di pi linee di distribuzione, in media tensione.
Molto spesso sono presenti trasformatori AT/MT (alta tensione/media tensione) con
possibilitdi regolazione a prese: possono cio variare il numero di spire sul primario o sul
secondario in modo da rendere possibile, in qualche misura, una regolazione di tensione.
Se per esempio la tensione in AT arriva ad un livello inferiore a quello nominale, basta
scegliere una presa di regolazione che preveda un rapporto di trasformazione pi elevato
tra la media e lalta tensione.
Nelle stazioni, inoltre, vengono posti gli apparecchi di manovra, vale a dire quei dispositivi
preposti allapertura dei collegamenti con le linee stesse, o tra queste e il macchinario
elettrico (trasformatori). A tali dispositivi si dedicherun paragrafo in questo stesso capitolo.
Dalle stazioni inizia il sistema di distribuzione, realizzato in media tensione MT.
Per MT si intendono tensioni comprese tra 1 e 30 kV. i valori pi usati sono 6, 10, 15, 20, 30
kV. Le linee in MT sono quasi tutte in cavo, perch attraversano zone ad alta densit di
urbanizzazione (soprattutto nelle citt); coprono distanze di pochi kilometri (fino a 10-20 km,
oltre le perdite sono troppe rilevanti).
Solitamente il sistema di distribuzione di tipo radiale, cio dalla stazione si diramano, a
raggiera, diverse linee MT che coprono ciascuna una sezione di territorio.
A volte si hanno sistemi di distribuzione eserciti ad anello, nei quali dalla stazione escono
due sole linee MT che poi si incontrano alle loro estremit, formando cos un anello. In
questo modo in caso di guasto in un punto del sistema lalimentazione garantita dallaltra
linea. Il punto di incontro a volte presenta un interruttore di collegamento, che
normalmente aperto e che viene richiuso in caso di guasto come appena descritto.
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Molto rari invece sono i sistemi di distribuzione magliata, in cui i vari rami MT presentano
molteplici collegamenti luno con laltro. In caso di guasto questi sistemi sono molto affidabili
in quanto garantiscono quasi sempre la continuitdel servizio, essendo sempre disponibile
in qualche percorso; ma sono pi costosi e difficili da gestire, perch difficile determinare
a priori quale strada scelgano i flussi di potenza: c sempre il rischio che qualche tratto di
linea sia sovraccaricata.
Il sistema MT solitamente non alimenta direttamente i carichi, che sono in bassa tensione,
BT, cio con valori fino a 1000 V (ma solitamente a 380 o, pi raramente, a 500 V); esso
alimenta invece le cabine, dove un trasformatore MT/BT effettua lultima trasformazione.
Da qui si dipartono le linee BT che, con percorsi di poche centinaia di metri, arrivano
allutente utilizzatore. Le linee BT si dipartono dalle cabine in pratica sempre in
configurazione radiale.
Molti utilizzi sono di tipo monofase. Per questi solitamente si fornisce una delle tre fasi e il
neutro. Suddividendo i vari utenti monofasi in ugual misura tra le tre fasi disponibili
solitamente si ottiene un carico equilibrato.
Le stazioni sono generalmente poste ai margini delle citte presentano i dispositivi allaria
aperta: linee aeree in arrivo, sbarre di alta tensione a cui si collegano gli apparecchi di
manovra in AT, trasformatori AT/MT, apparecchi di manovra in MT, sbarre di media
tensione, linee MT in partenza, solitamente subito interrate. Lunico edificio la sede degli
operatori, dove sono riportati i terminali di partenza di tutti i servocomandi e degli
apparecchi di misura.
Le cabine sono invece spesso ricavate in piccoli vani entro edifici di privati (sono
riconoscibili dalle porte metalliche con i simboli di pericolo elettrico e le avvertenze in caso
di incendio) e hanno un volume di pochi metri cubi.
12.2 - Linee elettriche
Le linee elettriche, siano esse in cavo o aeree, presentano 4 parametri fondamentali che
rappresentano con un dato valore per unitdi lunghezza.
Questi sono: la resistenza, linduttanza, la capacite la conduttanza, di cui generalmente si
considerano i valori kilometrici.
Resistenza e induttanza sono parametri tipo serie, dovuti rispettivamente alleffetto Joule e
alleffetto di auto e mutua induzione elettromagnetico. Linduttanza presenta un effetto
mutuo, vale a dire che ognuna delle tre linee del sistema trifase induce tensione sulle altre.
Tuttavia, se il sistema presenta una simmetria triangolare (per esempio: i tre fili disposti ai
vertici di un triangolo equilatero), i valori delle mutue induttanze sono tutti uguali; se il
sistema alimentato da una terna di correnti equilibrata si pu quindi procedere come
indicato precedentemente, ottenendo cos una unica induttanza di linea. Se la geometria
del sistema non simmetrica, si provvede a renderla tale almeno mediamente, scambiando
di posto tra loro i vari conduttori, in maniera che ciascuno si occupi per tratti uguali tutte le
tre possibili posizioni. Questo metodo viene detto metodo di trasposizione dei conduttori.
La resistenza kilometrica data da:
r
A

1 km
(12.1)
mentre linduttanza di servizio data da (si ricava da una laboriosa analisi degli effetti auto
e mutuo induttivi):
l + 020
2
005 , , ln
D
d
mH / km (12.2)
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Cap. 12 - pag. 6
dove D la distanza geometrica media tra i conduttori e d il diametro di ciascun
conduttore. Valori tipici per le linee aeree sono dellordine di 0,0250,100 /km per la
resistenza e di 0,150,32 /km per la reattanza.
Capacite conduttanza sono invece parametri di tipo derivato; vale a dire essi si presentano
tra le linee e il terreno. Sono dovute: la capacit al fatto che ogni conduttore presenta
comunque effetti capacitivi (condensatore cilindrico); la conduttanza ad una piccolissima
conduzione attraverso laria o lisolante, dovuta sostanzialmente a fenomeni di tipo ionico
(effetto corona). La conduttanza comunque trascurabilissima nella maggioranza dei casi.
Il valore della capacitchilometrica dato (formula valida in condizioni di simmetria) da:
c
D d
F km
0024
2
,
( / )
/
ln
(12.3)
Questi parametri prendono il nome di parametri distribuiti proprio perch sono presenti in
ogni tratto, anche infinitesimo, della linea. Una rappresentazione corretta della linea
prevederebbe allora un circuito equivalente composto dalla successione di un infinito
numero di circuiti elementari, corrispondenti ciascuno ad un tratto infinitesimo di linea,
rappresentanti ciascuno una resistenza e una reattanza serie infinitesima e una
suscettanza e una conduttanza derivate anchesse infinitesime: si avrebbero cio dei rami
derivati presenti in ogni tratto infinitesimo di linea.
Se la lunghezza totale della linea non eccessiva, essendo lammettenza dei parametri
derivati di un valore molto pi piccola (in p.u.) dellinduttanza dei parametri serie, si procede
concentrando in due soli rami derivati, uno allinizio e uno alla fine della linea, in parallelo
dei rami derivati distribuiti (in ogni ramo concentrato si pone met del totale). Un circuito
siffatto un poco impreciso rispetto alla realt, ma lapprossimazione spesso ottima.
Se la linea molto lunga, opportuno invece scrivere un sistema di 2 equazioni differenziali
che, considerando la sequenza infinita di circuiti infinitesimi, leghino tra loro il valore della
corrente e della tensione in ogni punto della linea. In questo modo, integrando il sistema
con almeno due condizioni al contorno (per esempio tensione e corrente ad un estremo,
oppure le due tensioni ai due estremi, oppure le correnti ai due estremi) possibile scrivere
le equazioni di trasferimento di un quadripolo perfettamente equivalente allintera linea, e
quindi rappresentare tale quadripolo con un circuito equivalente a (oppure a T) ma con i
valori dei parametri tale da renderlo esattamente equivalente. I valori esatti cos calcolati
non si discostano molto, comunque, dai valori calcolati semplicemente concentrando i
parametri distribuiti con una semplice somma.
Il sistema di equazioni differenziali, spesso trasformato in ununica equazione di secondo
grado, prende il nome di equazione dei telegrafi.
Va notato che per le linee aeree reali, il valore della reattanza solitamente molto pi
rilevante di quello della resistenza, mentre il valore della suscettanza capacitiva molto
piccolo, fino ad essere quasi trascurabile.
Per le linee in cavo invece reattanza e resistenza presentano valori paragonabili, perch la
reattanza pi piccola e la suscettanza capacitiva presenta valori rilevanti.
I calcoli sulle linee in cavo sono quindi pi complessi perch su di essi non sono lecite molte
approssimazioni valide invece per le linee aeree.
12.2.1 - Dimensionamento di una linea MT o BT
Solitamente i sistemi MT o BT presentano una configurazione radiale, costituita cio da
linee uscenti tutte da uno stesso nodo e non connesse tra loro, alle quali sono collegati i
vari carichi. Per le linee MT i carichi possono essere apparecchi utilizzatori funzionanti
effettivamente in MT, oppure cabine di trasformazione MT/BT, dalle quali si diparte quindi
un sistema di linee BT. In questo paragrafo verrtrattato il problema del dimensionamento
di una generica linea MT o BT.
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Cap. 12 - pag. 7
Per prima cosa occorre fornire alcune precisazioni sui carichi. I carichi sono di per s
sensibili alle variazioni di tensione: molti carichi si presentano di fatto come impedenze
costanti (per esempio stufe o scaldabagni elettrici, lampade, ecc.). Altri invece come motori
asincroni, sono ammissibili a carichi a potenza costante.
Per questi ultimi va notato che la potenza meccanica fornita varia di poco con la tensione:
questa infatti dipende dal carico meccanico; poich la velocit di rotazione pressoch
costante con la tensione, anche lassorbimento di potenza meccanica costante con essa;
lassorbimento di potenza elettrica attiva quindi poco sensibile alle variazioni di tensione.
Per i carichi a impedenza costante si potrebbe dire che lassorbimento di potenza
proporzionale al quadrato della tensione. In realt anche tali carichi vengono spesso
modellati come assorbimenti di P e Q costanti, anche perch lutente richiede comunque un
certo livello di calore o di luce, quindi un abbassamento di tensione comporta,
statisticamente, lattivazione di un maggior numero di dispositivi che compensino il calo.
Pertanto tutti i carichi vengono modellati come assorbimenti di P e Q costanti.
Compito del progettista sarallora quello di dimensionare la conduttura in modo che:
a) la sezione sia sufficiente perch non si presenti sovraccarico di corrente;
b) la cdt sia tale che ogni carico sia alimentato ad una tensione accettabile, entro limiti
prefissati;
c) le perdite non superino una certa percentuale della potenza distribuita, cio il rendimento
complessivo non sia inferiore ad un certo valore anchesso prefissato.
La linea composta di vari tronchi, ciascuno tra un nodo di carico e il successivo. chiaro
che il primo tronco presenteril maggior transito di corrente, in quanto la corrente in esso
dovr servire tutti i tronchi successivi; i tronchi successivi saranno via via sempre pi
scarichi, fino allultimo che sarpercorso solo dalla corrente dellultimo carico.
Potrebbe allora essere conveniente costruire la conduttura con tronchi di sezioni diverse,
decrescenti dalla prima allultima. Questo di fatto non si fa, preferendo anche per semplicit
costruttiva scegliere ununica sezione per tutti i tronchi, di valore intermedio tra la sezione
ottimale per il tronco pi carico e quella ottimale per il tronco pi scarico, dove quindi il
primo tronco potrebbe risultare un poco sottodimensionato, con elevate perdite e cdt,
mentre lultimo presenta perdite e cdt molto ridotte. Tra laltro questa scelta comporta che,
mentre sono circa gli stessi i valori complessivi di cdt e perdite rispetto ad una conduttura a
sezione decrescente, la cdt maggiore si manifesta sui primi tronchi, rendendo cos pi
omogenee le tensioni sui nodi successivi, in quanto sono molto pi ridotte le cdt in queste
parti della linea. Questo pu rendere migliore il servizio.
In MT e BT gli effetti capacitivi e conduttivi vengono solitamente trascurati. Bench queste
linee siano solitamente in cavo, e quindi con maggior valore della capacitrispetto a quelle
aeree, va considerato che le tensioni sono molto minori rispetto allAT e quindi i valori di
corrente drenata verso terra sono decisamente trascurabili.
Per quanto riguarda il punto a) degli obiettivi del dimensionamento, va considerato che una
linea non ha tanto una portata massima di corrente, quanto un valore massimo di
temperatura di funzionamento accettabile, oltre la quale il materiale isolante si danneggia.
Questo vuol dire che, a seconda della temperatura esterna, possibile accettare un certo
valore di sovratemperatura dovuto alla dissipazione del calore prodotto per effetto Joule.
Ne consegue che un conduttore pu sopportare una portata maggiore dinverno piuttosto
che destate, in quanto parte da un valore inferiore di temperatura esterna e quindi pu
permettersi un maggior valore di sovratemperatura.
Cos pure a pari sovratemperatura il calore dissipato pu essere differente a seconda delle
condizioni di posa del cavo: per esempio un cavo in un terreno umido e di grana fine pu
dissipare calore molto meglio di un cavo in un terreno secco e pietroso.
I costruttori di cavi forniscono allora solitamente un valore di portata massima indicativo,
valido per condizioni ambientali medie, abbastanza sfavorevoli per stare a vantaggio di
sicurezza; ma forniscono anche delle tabelle correttive che permettono di modificare tale
valore di portata massima in relazione alle condizioni ambientali o di posa.
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Cap. 12 - pag. 8
Il progettista partir pertanto con una tabella, come quelle in allegato, che riporta diversi
valori di sezione possibili e per ogni valore di sezione riporta: resistenza e reattanza
kilometriche, portata massima indicativa (in certe condizioni) e con una tabella di correzione
della portata.
Per calcolare le correnti nei tronchi e le cdt, si procede nel modo che viene nel seguito
descritto e che prevede lutilizzo di formule approssimate, ma ingegneristicamente
accettabili.
Si nota che se un tronco alimenta il carico al suo secondo estremo e poi i carichi dei nodi
successivi, trascurando le potenze messe in gioco sugli stessi cavi, vale:
A P jQ
Ti
Ti Ti
+
dove il pedice T sta per totale:
A A
Ti k
k i
N


Alla tensione di fase E
i
, allora la corrente assorbita vale:
(12.4) *
E 3
A
I
i
Ti
i

,
_

quindi la cdt vale.


E r jx I
i
i
i
+ ( ) l
dove si sono utilizzati i parametri kilometrici e la lunghezza della linea.
Per comoditsi pu prendere la tensione nel modo con fase nulla; quindi:
I
P jQ
E
i
Ti Ti
i


3
(12.5)
E r jx
E
rP xQ j rQ xP
E
i
i
i
Ti Ti Ti Ti
i
i
+
+ + +
( )
( ) ( )
l l
P - jQ
Ti Ti
3 3
(12.6)
Si ha quindi la somma di una componente in fase con la tensione di partenza (la parte
reale) e una in quadratura. La tensione che si ottiene, in modulo, data da:
( ) ( )
( ) ( )
E E
rP xQ
E
rQ xP
E
E
rP xQ
E
rQ xP
E
i i
Ti Ti
i
Ti Ti
i
i
i
Ti Ti
i
Ti Ti
i
i

+
+

_
,
+
+

_
,

+
+

_
,

+
+

_
,

l
l
l
3 3
1
3 3
2 2
2
2
2
2
(12.7)

Dei due termini sotto radice il primo molto vicino allunit, mentre il secondo molto
piccolo. Leffetto del secondo quadrato risulta davvero trascurabile. Quindi vale:
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Cap. 12 - pag. 9
( ) ( ) ( )
( )
E E
rP xQ
E
E
rP xQ
E
E
rP xQ
E
E
rP xQ
E
i i
Ti Ti
i
i i
Ti Ti
i
i i
Ti Ti
i
i
i
Ti Ti
i
i

+
+

_
,
+
+

_
,

+
+

+
l
l l l
l
3
1
3
3
3
2
2
(12.8)

(12.9)
ed in termini percentuali o relativi:
( ) ( ) V
V
E
E
rP xQ
E
rP xQ
V
i
i
i
i
i i
i
i
i i
i
i

+

+
3
2 2
l l (12.10)
dove si sono introdotte le tensioni concatenate.
Tale formula vale non solo per lultimo tronco della linea, ma anche per tutti i precedenti,
con lavvertenza di considerare solo la potenza del carico collegato solo ai nodi pi a valle
del nodo in esame. Per esempio, con tre nodi (1, 2, 3) pi il nodo di partenza (0) (solo di
questo nota la tensione), si potrscrivere:
( )
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )

V
V
rP xQ
V
V
V
r P P x Q Q
V
V
V
r P P P x Q Q Q
V
3
3
3 3
3
2
3
2
2
2 3 2 3
2
2
2
1
1
1 2 3 1 2 3
1
2
1

+ + +

+ + + + +
l
l
l
(12.8.1)
(12.8.2)
(12.8.3)
In queste espressioni si utilizzato anche una seconda approssimazione: si sono
trascurate, nella formula per i tratti 1 e 2, le potenze attive e reattive assorbita dai tronchi 2
e 3. Tali valori avrebbero comunque dato un contributo molto piccolo (se la linea non
eccezionalmente sovraccarica). Non va inoltre dimenticato che queste calcolate non sono
tensioni, ma cdt. Dire che una cdt del 4% o del 4,2% , in termini relativi alla cdt stessa,
una differenza del 5%, quindi sensibile; ma in rapporto alle tensioni effettive una
differenza dello 0,2%, quindi trascurabile.
La formula (12.10) o le formule-esempio (12.8) permettono per di conoscere la tensione in
un tronco solo se nota la tensione alla fine di questo tronco, mentre invece solitamente
nota la tensione allinizio (per esempio si conosce quella del nodo 0 ma non quella del nodo
1). Anche questo problema pu essere superato con una ulteriore approssimazione: quella
di porre, nel calcolo, la tensione di partenza (nota) e non quella di arrivo (incognita).
Eventualmente, una volta trovata la cdt e quindi la tensione nel secondo estremo con tale
formula approssimata, il calcolo pu essere ripetuto utilizzando stavolta il valore appena
trovato, sicuramente pi preciso di quello del primo estremo. Si pu anche iterare pi volte
fin quando si nota che il valore trovato non si modifica ulteriormente.
Quindi per esempio:
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Linee elettriche, apparecchi di protezione e manovra, rifasamento
Cap. 12 - pag. 10
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )

V
r P P P x Q Q Q
V
V V V
V
r P P P x Q Q Q
V
V V V
1
0
1 2 3 1 2 3
0
1
1
0
0
1
0
1
1
1 2 3 1 2 3
1
1
1
1
0
1
1
( )
( ) ( )
( )
( ) ( )

+ + + + +

+ + + + +

l
l
(12.9.1)
(12.9.2)
ecc. fino alla convergenza.
Si osserva che il calcolo corretto :
V V V
i
k
i
i
k ( ) ( ) +


1
1

e non:
V V V
i
k
i
k
i
k ( ) ( ) ( ) +

1

Si devono allora percorrere i seguenti passi:


1) utilizzando la formula (12.4), prendendo come tensione la tensione nel nodo di partenza
e come partenza la somma della partenza di tutti i carichi, si calcola la corrente nel primo
tronco;
2) consultando le tabelle, in base a tale corrente si sceglie il primo conduttore con portata
massima corretta superiore alla corrente prevista al punto 1);
3) con la formula (12.10) applicata come da esempi (12.8) e (12.9) si calcolano le cdt nei
vari tronchi, fino allultimo nodo, e si verifica che in esso non si abbia una tensione
inferiore ai limiti previsti. Se la tensione fosse troppo bassa, scegliere un cavo con
sezione maggiore e riprendere dallinizio di questo punto 3);
4) note le tensioni in tutti i nodi, con le formule (12.5) e (12.6) si calcolano le correnti in ogni
tronco e quindi le perdite e si verifica il rendimento. Se questo troppo modesto
scegliere un conduttore con sezione maggiore e ripartire dallinizio del punto 3), o anche
di questo punto 4) in quanto aumentando la sezione il punto 3) non dovrebbe
peggiorare.
Il procedimento pu risultare laborioso, soprattutto sul punto 3) se si ritiene opportuno
effettuare ripetute iterazioni per una maggiore precisione del risultato. Si pu allora
procedere nel seguente modo, che prevede due fasi:
a) calcolo di progetto
b) calcolo di verifica.
Nella fase a) si effettuano comunque il punto 1) e 2) come sopra; per il punto 3) si
approssima ulteriormente:
( )
V
rP xQ
V
i
Ti Ii
i

+
0
l
Quindi per lintera conduttura:
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Cap. 12 - pag. 11
( )
V V V V
rP xQ
V
V
V
r P Q
N
i
N
i
i
N
Ti Ti
i
i
N
Ti Ti

+

_
,



0
1
0
1 0
0
0 1
1
l l l + x (12.10)
i
i=1
N
i
La scelta tra le varie sezioni possibili molto pi rapida, perch i termini di sommatoria sono
sempre gli stessi per ogni sezione di tentativo scelta; quindi in questa fase a) il punto 3)
molto pi veloce e semplice.
Una volta trovata la sezione che permette di avere una cdt accettabile, si passa allora alla
fase b) nella quale i punti 3) e 4) vengono svolti in maniera completa, come prima, in modo
da verificare che la scelta di progetto davvero rispondente alle richieste del committente.
12.3 - Rifasamento
La potenza reattiva non una potenza nel senso tradizionale del termine, ed in particolare
non dissipativa. Si potrebbe quindi pensare che essa non sia rilevante. In realt la
presenza di potenza reattiva non , in generale, un fatto vantaggioso.
Si consideri il seguente esempio: sia dato un carico ohmico-induttivo, cio un bipolo serie R-
L (per esempio una stufa elettrica), alimentato da un generatore remoto a cui collegato
con una linea elettrica (un conduttore di andata e uno di ritorno). La linea presenter
ovviamente un certo valore resistivo (e anche induttivo), tanto maggiore quanto pi essa
lunga: presenterquindi una dissipazione di potenza per effetto Joule.
Si supponga che i parametri del carico e la tensione ai suoi morsetti siano i seguenti:
R
X L
V

8
6
100


V


con questi valori si ottiene:
I
V
Z j
j A e A
j

+


100
8 6
8 6 10 ( )

quindi la potenza vale:
A V I j j
P
Q
+ +

*
( ) 100 8 6 800 600
800
600
W
var
Si noti che per ottenere la stessa potenza attiva, a parit di tensione, basterebbe una
corrente:
I
V I
o
o


8
100 8 800
A
*
purch tale corrente sia perfettamente in fase con la tensione. In questo caso non si
avrebbe potenza reattiva; il carico dovrebbe per presentare parametri diversi.
Si noti che il valore di tale corrente altro non se non il valore, nella corrente originale, della
componente in fase con la tensione stessa. La componente in quadratura, (-j6A), si rivela
ovviamente superflua ai fini della potenza attiva.
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Cap. 12 - pag. 12
Considerando le dissipazioni sulla linea di trasmissione del generatore remoto al carico,
utilizzando la resistenza totale della linea (conduttore di andata + conduttore di ritorno), nei
due casi si avrebbe.
P R I R
P R I R
d L L
d L L


2
0
2
100
64
Come si vede, nel caso di corrente in fase con la tensione le perdite in linea sono
decisamente inferiori. Inoltre, se si considera la cdt dal generatore al carico, tanto maggiore
sarla corrente tanto maggiore sartale cdt. Quindi, se si desidera avere la stessa tensione
di 100 V sul carico, nel primo caso il generatore dovr erogare una tensione maggiore
rispetto al secondo caso, perch maggiore sar la cdt. Tutto questo evidenzia come la
potenza reattiva, pur essendo di per s non dissipativa, crea una serie di effetti secondari
generalmente fastidiosi.
Si deve quindi cercare di avere il pi possibile la correnti dei carichi in fase con le tensioni.
L'azienda elettrocommerciale, per ridurre gli effetti di cui sopra (perdite e cdt sulle linee),
impone ai suoi utenti (industrie e attivit artigianali) che i carichi abbiano un cos non
inferiore a 0,9. Fissare il valore minimo del fattore di potenza significa fissare il valore
massimo del rapporto tra potenza reattiva e potenza attiva.
P A
Q A
Q
P
+
t
t
cos
sen
tan

Nel caso che il valore del fattore di potenza sia inferiore a 0,9, l'utente tenuto a pagare
una penale per ogni kilovarora (simbolo kvar) (analogo del kilowattora) di reattivo
consumato in pi.
Per molti tipi di carichi elettrici (in particolare per i motori elettrici) il valore del fattore di
potenza non pu essere deciso liberamente dall'utente o dal costruttore del dispositivo:
spesso si presentano fenomeni di tipo induttivo non eliminabili, che comportano un elevato
consumo di reattivo. Nell'esempio di cui sopra la reattanza induttiva non era voluta: era
comunque associata alla resistenza, non eliminabile. Pi rari, ma comunque possibili,
specie alle frequenze elevate, i casi in cui siano preponderanti gli effetti capacitivi, con un
cos comunque inferiore al limite previsto.
In tutti questi casi, in cui il reattivo supera i valori previsti, occorre allora modificare il carico,
inserendovi altri elementi circuitali che compensino l'eccesso di assorbimento o di
erogazione di reattivo, e cio portino la corrente ad essere in fase con la tensione, o almeno
ad avere una componente in quadratura pi ridotta. Questa operazione prende il nome di
rifasamento. Nel caso in cui il carico sia prevalentemente induttivo, occorrerporre, in serie
o in parallelo, dei condensatori; nel caso il carico sia prevalentemente capacitivo, occorrer
porre, in serie o in parallelo, degli induttori. Considereremo solo il primo caso, perch il pi
comune; per l'altro valgono comunque gli stessi discorsi e le stesse formule duali.
Solitamente i condensatori vengono posti in parallelo sui morsetti del carico. possibile
anche porli in serie (come si fa a volte negli Stati Uniti), ma questo pu creare altri problemi
che saranno pi chiari in seguito (vedi risonanza); inoltre in parallelo non modificano la
tensione sul carico (se non per il fatto che viene limitata la cdt sulla linea di trasporto),
mentre in serie avrebbero un pesante effetto in tal senso.
La potenza reattiva assorbita da un bipolo capacitivo in parallelo vale allora:
Q CV
C

2
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Cap. 12 - pag. 13
(in realt una potenza reattiva erogata) e prende il nome di potenza di rifasamento.
Se il carico presenta un assorbimento di potenza:
A P jQ
L L L
+
si pu allora scegliere di arrivare ad un rifasamento completo:
Q Q
Q CV
C
Q
V
L C
L
L
+

0
0
2
2

oppure di arrivare ad un dato cos , che possiamo indicare come cos


M
(0,9 o altro):
( )
Q Q
P
P
P Q Q
L C
L
M
L
L
L C
M
+

+ +
tan tan cos cos
2 2
da cui:
( ) P P Q Q
P Q Q
L
M
L
L C
L
M M L C
2 2 2
2
2 2 2 2
1
+ +

_
,

+
cos
( cos ) cos ( )


( ) Q Q P Q P
Q P Q P Q
L C
L
M
M
L C L
M
M
C L
M
M
L L
M
M
L
+

+

_
,

2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
1 1
1 1
( cos )
cos
;
cos
cos
cos
cos
;
cos
cos

Q
- CV
2
C
V
Q P
L
L
M
M

_
,

1 1
2
2
2

( cos )
cos
I condensatori da usare per il rifasamento hanno, ovviamente, un costo. Si nota che, a
parit di potenza di rifasamento, la capacit necessaria diminuisce con il quadrato della
tensione di funzionamento. Tuttavia, se a tensione maggiore basta una minore capacit(e
quindi sembrerebbe di poter risparmiare), va considerato che i condensatori dovranno
essere in grado di sopportare una tensione pi grande (e quindi avranno un costo unitario
maggiore). In pratica succede che il costo circa proporzionale alla potenza di rifasamento,
quasi indipendentemente dalla tensione.
L'impiantista deve quindi valutare quale potenza di rifasamento installare. Se l'ENEL a
provvedere al rifasamento, dovrconfrontare il risparmio delle perdite in linea e il costo dei
condensatori, e trovare una potenza di rifasamento economicamente ottimale (che in
generale non sarla condizione di rifasamento totale).
Se invece si tratta di un utente, dovr confrontare il costo delle penali per eccesso di
consumo di reattivo e il costo dei condensatori; per esempio, se i picchi di consumo di
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Cap. 12 - pag. 14
reattivo si verificano solo raramente e per brevi periodi, potrebbe essere conveniente non
rifasare; in altri casi conviene rifasare a cos anche minori del prescritto 0,9.
12.4 - Apparecchi di protezione e manovra
12.4.1 - Sezionatori
I sezionatori hanno il compito di permettere la separazione di una parte di un circuito
elettrico dalla rimanente parte dellimpianto.
Solitamente vengono azionati sul posto (non presentano cio servocomandi) e lapertura
dei contatti avviene nellaria.
Ma la caratteristica principale dei sezionatori quella di presentare in maniera
perfettamente visibile i due contatti, in modo da evidenziare con sicurezza se lapertura
effettiva o meno. Questo per motivi di sicurezza: gli operatori addetti alla manutenzione
delle varie parti dellimpianto possono, anzi devono, assicurarsi che la parte di impianto su
cui stanno per operare sia effettivamente isolata osservando i sezionatori.
Vanno pertanto utilizzate alcune semplici avvertenze nella costruzione dei sezionatori:
questi non si devono chiudere da soli per effetto del proprio peso; devono essere
sufficientemente lontani (anche in caso di rottura) da parti in tensione non isolate; devono
avere tutte le leve, le aste e ogni altra parte preposta alla manovra messe a terra, in modo
da vincolarme la tensione al valore nullo, e di dimensioni sufficienti a garantirne la
necessaria rigiditmeccanica.
Solitamente sono costituiti da una o pi lame che si infilano a coltello in apposite
forchette metalliche, realizzando con esse il contatto, oppure da aste imperniate su un
asse a met della loro lunghezza e quindi in grado di aprire o chiudere ruotando su tale
perno.
I sezionatori vanno normalmente azionati a vuoto, cio in assenza di corrente.
Linterruzione della corrente effettuata da altri dispositivi, vale a dire gli interruttori, costruiti
in modo tale da sopportare la manovra sotto carico; il sezionatore serve solo a rendere
lapertura visibile. Si costruiscono anche sezionatori manovrabili sotto carico, utilizzabili
quindi anche come interruttori di emergenza.
12.4.2 - Interruttori e contattori
Linterruttore quel dispositivo di manovra in grado di agire per aprire sotto carico.
Il problema dellinterruzione della corrente elettrica rivela sempre una certa difficoltperch
ogni circuito presenta un effetto di tipo induttivo e una variazione brusca di corrente in una
induttanza comporta linsorgere di una tensione elevata. Pertanto tra i due contatti che in un
apparecchio si allontanano per una manovra di apertura si presenta una sovratensione che
pu generare ladescarsi di un arco elettrico tra gli stessi elettrodi, vale a dire la
perforazione del dielettrico che si frappone tra i due contatti.
In realt, ogni volta che si comanda lapertura di un interruttore, fra i due elettrodi si innesca
immediatamente larco. Questo si comporta come una resistenza non lineare posta in serie
sul circuito, e su di esso si presenta una cdt modesta, praticamente trascurabile. Larco
per si spegne al primo passaggio della corrente per lo zero.
A questo punto il circuito alimentato non presenta alcun accumulo di energia nella sua
induttanza, perch la corrente nulla; pu invece presentare accumulo di energia
elettrostatica nei suoi rami capacitivi verso terra (sempre presenti su qualunque linea), a
meno che la tensione non fosse anchessa nulla perch perfettamente in fase con la
corrente (carico resistivo). Il ramo sul quale si manovrato si presenta allora come un cto
RLC, in cui la capacitverso terra si richiude sullinduttanza e sulla resistenza della linea e
del carico. Iniziano cos delle oscillazioni libere e smorzate, a frequenza pi elevata di
quella di rete (da 100 a 10000 Hz). Il caso peggiore quello del carico induttivo: lo
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Cap. 12 - pag. 15
spegnimento dellarco avviene quando la tensione massima. La prima oscillazione libera
porta in suo mezzo periodo la tensione ad un valore opposto, mentre sullaltro elettrodo la
tensione ha ancora allincirca il valore massimo, perch varia molto pi lentamente. Tra i
due elettrodi si presenta allora una ddp pari quasi al doppio del valore massimo della
tensione nominale.
In queste condizioni, o anche in condizioni meno gravose ma comunque problematiche, la
ddp tra i due elettrodi pu essere in grado di riadescare larco, creando quindi il rischio del
perpetuarsi della ripetizione del fenomeno.
Gli interruttori devono quindi essere in grado di spegnere gli eventuali archi riadescati.
Per fare questo esistono diverse tecniche, a cui corrispondono i diversi tipi di interruttori:
a) interruttori ad aria compressa: in essi un energico soffio daria compressa agisce
sullarco realizzandone lo spegnimento;
b) interruttori in olio: in questo caso lolio presente nella camera di manovra viene in piccola
quantitvaporizzato e decomposto dallarco stesso, ottenendosi cos una piccola bolla di
gas (idrogeno) che per la sua elevata pressione istantanea sposta sullarco altra massa
dolio con il risultato di realizzare lo spegnimento dellarco. a notare che lazione
proporzionale allentitdellarco da spegnere, perch proprio questi genera la bolla che
ne provocherlo spegnimento;
c) interruttori ad esafluoruro di zolfo: lSF
6
un composto chimico molto stabile, inerte e
non tossico, poco costoso. In presenza dellarco si decompone; il 99% si ricompone
subito ma la piccola parte restante interagisce con i metalli degli elettrodi producendo
fluoruri metallici isolanti, che spengono larco ma non si depositano sui contatti stessi;
d) interruttori a soffio magnetico: una bobina magnetica alimentata con la corrente stessa
da interrompere, crea un campo di direzione perpendicolare a quello dellarco, che
pertanto per effetto della forza di Lorentz si deforma, allungandosi fino al suo
spegnimento. La funzione del getto daria compressa qui sostituita da unazione
elettromagnetica. Da notare che anche qui lazione proporzionale allentitdellarco da
spegnere, perch proprio questi genera la bolla che ne provocherlo spegnimento;
e) interruttori a vuoto: il vuoto spinto il miglior dielettrico: inoltre in assenza di gas larco
non pu servirsi che dei vapori metallici ionizzati ottenuti in quelle zone dei contatti che
per ultime si sono staccate, presentando quindi elevati valori di densit di corrente e
quindi surriscaldamento. Tali vapori si deionizzano rapidamente, grazie allelevata
mobilitdegli elettroni metallici, quindi larco si spegne e non ha modo di ricrearsi. Sono
dispositivi molto costosi, perch creare il vuoto richiede una lavorazione complessa e
delicata.
Un interruttore costruito per assicurare un elevato numero di manovre frequenti detto
contattore.

12.4.3 - Protezioni contro le sovracorrenti
Sono dispositivi atti a percepire la presenza di correnti eccessive e a prendere
automaticamente i provvedimenti opportuni. Questi devono essere presi prima che le
sovracorrenti possano provocare danni sullimpianto per surriscaldamento da effetto Joule.
Il dispositivo pi semplice il fusibile: la corrente percorre un breve segmento di linea (pochi
mm o cm) di materiale che, in presenza di correnti eccessive, si surriscalda e fonde,
aprendo il circuito.
Pi sofisticati invece i rel, che percepiscono la sovracorrente solitamente per effetto
magnetico oppure termico (o i due effetti combinati: rel magnetotermico) e fanno in tal
caso scattare il servocomando di un interruttore che apre il cto. I rel possono essere anche
costruiti in modo da avere tempi di intervento differenziati in base allentit della
sovracorrente, ritardando lapertura per sovracorrenti di entit limitata. Questo permette di
evitare linterruzione del servizio nel caso di sovracorrenti limitate e temporanee.
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Cap. 12 - pag. 16
12.4.4 - Protezioni contro le sovratensioni
Le sovratensioni in un impianto possono presentarsi per svariati motivi.
Si distinguono:
sovratensioni di origine interna, dovute per esempio alla manovra di interruttori,
allaumento di velocit dei generatori, alla messa a terra accidentale di una fase (con
conseguente spostamento del centro stella ed aumento della tensione delle altre fasi
rispetto a terra);
sovratensioni di origine esterna, dovute alle scariche atmosferiche (fulmini.
I dispositivi usati per proteggersi da tali fenomeni sono:
le funi di guardia, solo per le s.t. di origine esterna: sono ulteriori fili conduttori, messi a
terra ad ogni traliccio, in posizione pi elevata rispetto ai conduttori di potenza, che
fungono da schermo elettrostatico per questi ultimi;
gli scaricatori, dispositivi costituiti fondamentalmente da uno spinterometro: due elettrodi
posti ad opportuna distanza, tra i quali si adesca un arco in condizioni di sovratensione;
lo spinterometro prevede in serie una resistenza non lineare, che permette il passaggio
della corrente associata al fulmine o comunque alla sovratensione ma che assume valori
molto elevati quando la corrente torna a valori normali, ottenendone cos una ulteriore
riduzione e lo spegnimento dellarco. In presenza di sovratensione lo spinterometro
interviene, fa scaricare a terra la linea sovraccarica e poi la resistenza non lineare
spegne larco e il funzionamento normale viene cos ripristinato.
File: trippolone - c:\proj\unibg\elett\dispense\CAP12.DOC
Salvato: 07/03/01 23.18
Stampato: 07/03/01 23.20
Rev: 0.6
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 1
ver. 1.0
13
Convertitori
statici
13.1 - Generalit
La generazione industriale dellenergia elettrica viene fatta, come noto, quasi
esclusivamente sotto forma di corrente alternata trifase.
Esiste per una serie di importanti applicazioni, sia industriali che civili, che richiedono
alimentazioni a corrente continua o a frequenza diversa da quella di rete. Si possono citare
a titolo di esempio i casi delle applicazioni elettrochimiche, delle linee di trasmissione a c.c.
dei forni a induzione, dei sistemi di carica degli accumulatori.
Spesso inoltre richiesta una rapida regolazione dellampiezza o della frequenza della
tensione applicata al carico. questo il caso di molti alimentatori regolabili e degli
azionamenti a velocit variabile di motori a corrente continua o a corrente alternata.
Infine va citato il caso di alcune utilizzazioni privilegiate (sale operatorie, centri di calcolo
ecc.), la cui alimentazione deve essere garantita anche in caso di guasto della rete di
distribuzione (alimentazioni a continuit assoluta).
Tutti i campi applicativi sopra citati sono accomunati dallesigenza di operare una
conversione dellampiezza o della frequenza della tensione di rete, e si chiamano
convertitori i dispositivi capaci di operare questa conversione.
Alcuni dei tipi di conversione di frequenza sopra indicati possono essere effettuati tramite
opportuni collegamenti fra motori e generatori. questa la famiglia dei convertitori rotanti,
che hanno avuto ampia diffusione nel passato e che trovano ancora oggi impiego in alcune
particolari applicazioni.
La soluzione pi moderna ai problemi di conversione data dai convertitori statici, basati
sullimpiego di interruttori elettronici allo stato solido (diodi, transistori, tiristori), che derivano
il loro nome di statici dal fatto di non includere alcun organo in movimento.
In quanto segue tali componenti saranno trattati da un semplice punto di vista funzionale
ideale, rimandando a corsi specialistici un maggiore approfondimento.
Si consideri semplicemente che esistono componenti che:
permettono idealmente il passaggio della corrente in un solo senso (es. diodi, transistori,
SCR, GTO, ecc.) ed altri in entrambi i sensi (es. TRIAC);
non possono essere controllati in apertura e in chiusura (es. diodi), ma conducono o si
interdiscono in funzione del segno della tensione applicata ai loro capi (polarizzazione
positiva o negativa);
possono essere controllati in chiusura quando la tensione ai capi comunque
convenzionalmente positiva (SCR), ma non in apertura che deve verificarsi in occasione
di un annullamento naturale della corrente;
Angelo Baggini - Franco Bua
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 2
possono essere controllati sia in chiusura che in apertura (transistori e GTO) fato
comunque salvo il segno della tensione.
La formidabile diffusione dei convertitori statici, in continuo crescendo a partire dagli anni
60, trova spiegazione nella loro economicit, flessibilit dimpiego e affidabilit e negli elevati
rendimenti energetici che li caratterizzano.
Alla base dello sviluppo di convertitori statici con caratteristiche sempre pi avanzate sta
levoluzione delle tecnologie di produzione dei componenti elettronici di potenza, che ha
reso disponibili interruttori elettronici sempre pi potenti, veloci ed economici
I convertitori statici fanno uso di componenti che vengono utilizzati come interruttori. A
questi componenti vengono fatti assumere solo due stati: lo stato di conduzione,
corrispondente a un interruttore chiuso e lo stato di interdizione corrispondente a un
interruttore aperto. Questi particolari tipi di funzionamento risultano naturali nel caso dei
diodi e dei tiristori, che si comportano per propria costituzione come veri interruttori.
Diverso il caso dei transistori, che potrebbero anche essere utilizzati come amplificatori
lineari di potenza per modulare la corrente che li attraversa. Tuttavia, se cos si facesse,
essi risulterebbero allo stesso tempo percorsi da corrente e assoggettati a tensione e quindi
diverrebbero sede di perdite. Per aumentare il rendimento delle apparecchiature si
preferisce quindi utilizzare anche questi componenti in regime di commutazione, cio come
interruttori, in considerazione del fatto che un interruttore ideale non mai sede di perdite:
infatti quando aperto non vi fluisce corrente, mentre quando chiuso risulta nulla la
tensione ai suoi capi; in ambo i casi la potenza dissipata, data dal prodotto della tensione
per la corrente, nulla.
Nella maggior parte delle applicazioni, come interruttori vengono utilizzati i transistori di
potenza, in virt della loro capacit di chiudersi e aprirsi a seguito dellapplicazione di un
opportuno segnale allelettrodo di controllo.
Per applicazioni di potenza particolarmente rilevante vengono invece usati i tiristori.
Questi per, non potendo essere aperti tramite un comando allelettrodo di controllo,
richiedono circuiti appositi (circuiti di spegnimento) per annullare la corrente anodica.
Dalle considerazioni precedenti discende che i convertitori statici includono sempre la
conversione desiderata. Come si vedr, le forme donda di corrente e di tensione che ne
risultano sono spesso ricche di componenti armoniche indesiderate, sicch spesso i
convertitori impiegano anche induttori o condensatori in funzione di filtri.
Nel seguito saranno presentate le principali strutture di convertitori attualmente in uso, e
precisamente:
Convertitori corrente continua - corrente continua (c.c.-c.c.)
Convertitori corrente continua - corrente alternata (c.c.-c.a.)
Convertitori corrente alternata - corrente continua (c.a.-c.c.)
Convertitori corrente alternata - corrente alternata (c.a.-c.a.).
13.2 - Convertitori c.c.-c.c.
Si chiamano convertitori c.c.-c.c. (talvolta indicati come chopper) i dispositivi atti a effettuare
la conversione da una tensione continua dingresso a una tensione continua di uscita di
valore diverso.
Questi convertitori sono utilizzati quali alimentatori a c.c. nei pi diversi settori dimpiego:
dallelettronica diffusa, ai calcolatori, dalle applicazioni avioniche e spaziali, agli alimentatori
da laboratorio. Trovano inoltre applicazione nei sistemi di trazione elettrica alimentati a c.c
(ferrovie, metropolitane, veicoli elettrici di ogni genere) per la regolazione della velocit dei
motori.
Esistono tre tipi fondamentali di convertitori c.c.-c.c., che differiscono per prestazioni e
criteri di progetto. Essi sono i convertitori abbassatori di tensione (buck converter), i
convertitori elevatori (boost converter) e i convertitori abbassatori-elevatori (buck-boost
converter).
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 3
In quanto segue verr analizzato il solo funzionamento del convertitore abbassatore.
13.2.1 - Convertitori c.c.-c.c. abbassatori di tensione
Lo schema di principio riportato in fig. 13.1. In esso si riconoscono linterruttore S (di tipo
elettronico), che si suppone in grado di condurre corrente nel solo verso indicato in figura, il
diodo di libera circolazione D e il filtro costituito dallinduttanza L e dalla capacit C. U
1
la
tensione, assunta costante, di alimentazione e u
2
la tensione regolabile duscita. Il carico
supposto, per semplicit, puramente ohmico ed costituito dalla resistenza R. Per
spiegare il funzionamento del circuito si consideri innanzitutto la situazione iniziale di
circuito a riposo, cio con condensatore C scarico (u
2
= 0) e induttanza L non percorsa da
corrente (i
L
= 0).
Figura 13.1
Si applichi ora la tensione di ingresso U
1
e si chiusa linterruttore S. Il diodo D viene a
trovarsi polarizzato negativamente dalla tensione U
1
e si interdice, mentre ai capi
dellinduttore l viene a manifestarsi la tensione:
u
L
= U
1
- u
2
(13.1)
che positiva. Sotto lazione di questa tensione u
L
la corrente nellinduttore inizia a
crescere.
Si ha allora che anche la tensione u
2
inizia anchessa a crescere e corrispondentemente
comincia a manifestarsi una certa corrente i
2
nel carico R.
Gli andamenti qualitativi di i
L
e u
2
sono riportati in fig. 13.2 in cui deve per il momento
considerarsi il solo intervallo di tempo 0-t
1
.
Il controllo della tensione di uscita del convertitore si attua aprendo e chiudendo in istanti
opportuni e a frequenza costante linterruttore S. Il controllo a frequenza costante
dellinterruttore si effettua suddividendo il periodo di funzionamento T (di durata prefissata)
in due parti, corrispondenti rispettivamente al tempo T
on
di conduzione dellinterruttore e al
tempo T
off
di interdizione. T
on
e T
off
possono essere variati, ma debbono comunque
soddisfare alla condizione:
T
on
+ T
off
= T (13.2)
Il funzionamento del convertitore discende dunque da una successione di fasi di
conduzione di durata T
on
e fasi di interdizione di durata T
off
.
Tornando allandamento irregolare della corrente i
L
si osserva che i tratti di crescita di i
1
coincidono con gli intervalli di tempo 0-t
1
, t
2
-t
3
.... (tutti di durata T
on
) in cui linterruttore S
chiuso e quindi allinduttore viene applicata una tensione positiva U
1
-u
2
; i tratti di
diminuzione di i
L
coincidono invece con gli intervalli t
1
-t
2
, t
3
-t
4
.... (tutti di durata T
off
) in cui
linterruttore S aperto: si noti che in questi intervalli la corrente i
L
(che non pu variare
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Cap. 13 - pag. 4
bruscamente, essendo associata a una certa quantit di energia magnetica accumulata
nellinduttore) fluisce attraverso il diodo D che costituisce via di libera circolazione per la
corrente medesima (diodo di libera circolazione o di free-wheeling); durante la conduzione
del diodo, essendo questultimo assimilabile a un cortocircuito, la tensione ai capi
dellinduttore :
u
L
= - u
2
(13.3)
e risulta negativa: sotto lazione di questa tensione la corrente i
L
dovr diminuire, come
risulta in figura per gli intervalli t
1
-t
2
, t
3
-t
4
ecc..
La fig. 13.2 mostra i primi periodi di avviamento del convertitore, che sono caratterizzati da
una crescita lenta, ma continua, della tensione u
2
del carico e da una crescita, meno
regolare ma altrettanto apprezzabile, della corrente i
L
.
Figura 13.2
lecito chiedersi se il convertitore si porti a un funzionamento di regime stabile oppure se
la crescita di i
L
e u
2
proceda indefinitamente.
La risposta si ricava facilmente osservando che pi cresce u
2
pi energica diventa lazione
di opposizione alla crescita della corrente i
L
; si noti infatti che in ambo le equazioni che
danno lespressione della tensione u
L
durante le fasi di chiusura e di apertura
dellinterruttore, la tensione u
2
del carico appare come termine di contrasto alla crescita
della corrente.
allora evidente che la situazione di regime si istituisce quando la crescita della corrente
durante la fase di chiusura dellinterruttore esattamente controbilanciata da una
equivalente riduzione durante la fase di apertura: un possibile andamento di regime delle
varie grandezze mostrato in fig. 13.3.
Come si pu notare, la corrente i
L
cresce durante T
on
, dal valore I
Lmin
al valore I
Lmax
a
I
Lmin
. La tensione del carico u
2
risulta ben livellata, a causa dellazione filtrante operata dal
condensatore C, e si pu dunque assumere che a regime essa sia costante di valore U
2
.
Il convertitore attua dunque loperazione richiesta, erogando ai suoi morsetti di uscita una
tensione continua U
2
.
Resta ora da determinare la relazione intercorrente tra le ampiezze della tensione di
ingresso U
1
e della tensione di uscita U
2
. Questa relazione pu essere ricavata dalle
equazioni (13.1) e (13.3), imponendo luguaglianza delle variazioni della corrente i
L
durante
le fasi di chiusura e apertura dellinterruttore S.
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Cap. 13 - pag. 5
Figura 13.3
Durante la fase di chiusura S ai capi dellinduttore applicata la tensione costante
u
L
= U
1
- U
2
, e la corrente i
L
cresce linearmente, a partire dal valore I
Lmin
, raggiungendo il
valore I
Lmax
alla fine dellintervallo di durata T
on
. Per la legge dellautoinduzione si pu
quindi scrivere:
U U L
I I
T
L L
on
1 2


max min
(13.4)
Durante la fase di apertura di S la tensione u
L
ai capi dellinduttore vale -U
2
, e dunque la
corrente i
L
diminuisce linearmente, a partire dal valore I
Lmax
, raggiungendo il valore I
Lmin
alla fine dellintervallo di durata T
off
. Si avr perci la relazione:
U
I I
T
L L
off
2
135

L
max min
( . )
Dalluguaglianza della variazione di corrente (I
Lmax
- I
Lmin
) nei due intervalli e posto:
T
on
+ T
off
= U
2
T
si ricava la relazione fondamentale del convertitore riduttore, che risulta:
U U
T
T
on
2 1
(13.6)
Questa relazione esprime la tensione di uscita del convertitore U
2
, in funzione della
tensione dingresso U
1
, del tempo di chiusura T
on
e del periodo di funzionamento T.
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Cap. 13 - pag. 6
Al parametro
T
T
on
viene assegnato il nome di ciclo utile (molto pi comunemente viene
usata la dicitura inglese duty-cycle): esso determina univocamente lampiezza della
tensione di uscita, assegnata che sia la tensione di ingresso del convertitore.
13.3 - Convertitori c.c.-c.a.
Si chiamano convertitori c.c.-c.a. o invertitori (inverter) i dispositivi atti a effettuare la
conversione da una tensione continua dingresso a una tensione alternata di uscita che, nel
caso pi generale, deve essere regolata sia in ampiezza che in frequenza.
Questi convertitori sono utilizzati come alimentatori a c.a. in diversi settori: azionamenti a
velocit variabile di motori a c.a. in cui richiesto di alimentare il motore con tensioni e
correnti di frequenza e ampiezza variabili; alimentatori a continuit garantita anche in
assenza di rete (gruppi statici di continuit assoluta), per realizzare i quali si utilizzano
batterie di accumulatori, da cui linverter preleva lenergia necessaria per alimentare il carico
quando la rete non in grado di fornirla; sistemi di alimentazione di forni a media frequenza
per il riscaldamento a induzione; stadi di isolamento basati sullimpiego di trasformatori ad
alta frequenza (particolarmente in uso nei convertitori c.c.-c.c. qualora sia richiesto
lisolamento tra lingresso e luscita).
13.3.1 - Funzionamento a onda quadra
Tutti gli inverter statici impiegano interruttori (di tipo elettronico) che opportunamente
controllati, consentono di applicare al carico la tensione continua di alimentazione con
polaritalternamente positiva e negativa, ottenendo cos una tensione alternata di uscita.
Schema a ponte
Per illustrare il principio di funzionamento si consideri lo schema di inverter a ponte (full-
bridge inverter) di fig. 13.4.
Figura 13.4
La fig. 13.4 a) mostra lo schema di principio dellinverter monofase a ponte, realizzato con
quattro interruttori ideali. La fig. 13.4 b) riguarda invece una realizzazione a transistori. Si
osservi che in antiparallelo al transistore sono disposti dei diodi che, anche qui come nei
convertitori c.c.-c.c., hanno la funzione di fornire una via di richiusura alla corrente di carico
quando gli interruttori sono aperti.
Le forme donda di tensione e corrente erogate al carico sono mostrate in fig. 13.5. Quando
sono chiusi gli interruttori S
1
ed S
4
(S
2
ed S
3
aperti), la tensione u
0
del carico coincide con
la tensione continua dingresso applicata con polaritpositiva (+ U
i
).
Quando invece sono chiusi S
2
ed S
3
(S
1
ed S
4
aperti) la tensione del carico vale - U
i
.
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Cap. 13 - pag. 7
Gli interruttori S
1
ed S
3
non possono essere chiusi simultaneamente, dato che ci
provocherebbe un cortocircuito del generatore di alimentazione. Lo stesso vale per S
2
ed
S
4
. Peraltro vi debbono essere sempre almeno due interruttori chiusi, uno per ogni ramo del
ponte, per fornire una via di circolazione alla corrente di carico.
Figura 13.5
Tenendo chiusi per mezzo periodo (intervallo t
0
-t
2
) gli interruttori S
1
e S
4
e per laltro mezzo
periodo (intervallo t
2
-t
4
) S
2
ed S
3
si ottiene una tensione di carico u
0
alternata, con la forma
donda rettangolare indicata in figura.
Nellipotesi, sempre verificata con buona approssimazione, che il carico sia ohmico-
induttivo, la corrente di carico i
0
assume allora il tipico andamento mostrato in figura,
costituito da tratti di andamento esponenziale crescente (t
0
-t
2
) e tratti di andamento
esponenziale decrescente (t
2
-t
4
).
Se la costante di tempo del carico = L/R sufficientemente minore del periodo di
funzionamento T dellinverter (come accade ad esempio nel caso illustrato in fig. 13.5, il
valore massimo I
0
raggiunto dalla corrente alternata che fluisce a regime nel carico dato
da:
I
U
R
i
0

Le stesse forme donda e relazioni valgono anche, naturalmente, nel caso dellinverter a
transistori di fig. 13.4 b). Si deve per notare che i transistori, contrariamente agli interruttori
ideali di fig. 13.4 a), possono condurre corrente in un solo verso. quindi necessario
connettere, in antiparallelo ai transistori, dei diodi che consentano il passaggio della
corrente anche nel verso opposto.
In particolare, nel semiperiodo t
0
-t
2
, in cui al carico viene applicata una tensione positiva, la
coppia T
1
, T
4
pu solo condurre nel tratto t
1
-t
2
, in cui la corrente positiva e fluisce nel
verso consentito dai transistori. Nel tratto t
0
-t
1
, in cui richiesta una tensione positiva, ma la
corrente negativa, conducono invece i diodi D
1
, D
4
. In maniera analoga, nel semiperiodo
successivo, i diodi D
2
, D
3
conducono nellintervallo t
2
-t
3
, mentre i transistori T
2
, T
3
conducono in t
3
-t
4
.
Durante i tratti di conduzione dei transistori la tensione e la corrente di carico sono
equiverse: in queste fasi del funzionamento si ha dunque trasferimento di energia dal
generatore al carico e corrispondentemente esse si chiamano fasi attive. Durante la
conduzione dei diodi la tensione e la corrente di carico sono invece controverse: si ha
dunque trasferimento di energia dal carico alla sorgente, e perci a queste fasi del
funzionamento si da il nome di fasi rigenerative (o di recupero).
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Cap. 13 - pag. 8
Il funzionamento degli inverter secondo la tecnica illustrata prende nome di funzionamento
a onda quadra, a causa della forma donda rettangolare di tensione applicata al carico. La
regolazione della frequenza si ottiene semplicemente variando la durata degli intervalli di
conduzione degli interruttori. infatti evidente che la tensione u
0
applicata al carico ha una
frequenza f = 1/T, ove T il periodo di ripetizione della forma donda rettangolare.
Questo modo di funzionamento ha due grossi difetti.
Assegnata la tensione continua di alimentazione U
1
, nessuna regolazione possibile per la
tensione fondamentale di uscita U
1
. Ci intollerabile in molte applicazioni che richiedono
invece la capacitdi controllare la tensione applicata al carico.
Il secondo difetto del funzionamento in onda quadra risiede nella quantitdi armoniche che
sono sovrapposte alla fondamentale. Ci intollerabile in tutte le applicazioni in cui il carico
deve essere alimentato con forme donda approssimativamente sinusoidali, ben diverse da
quelle mostrate.
Schema a mezzo ponte
La fig. 13.6 si riferisce a un inverter a mezzo-ponte (half-bridge inverter): in a) indicata la
configurazione di principio; in b) una realizzazione a transitori. Come si nota, lalimentazione
suddivisa in due sezioni, ciascuna capace di met tensione. La parte elettronica
dellinverter costituita questa volta solo da due interruttori (due transistori e due diodi,
nello schema realizzativo). Il carico quindi allacciato tra il punto comune ai due interruttori
e il punto di mezzo allacciato dellalimentazione.
Figura 13.6
Il funzionamento molto simile a quello dellinverter a ponte. Chiudendo linterruttore S
1
,
con S
2
aperto, al carico viene infatti applicata la tensione + U
i
/2; mentre chiudendo S
2
, con
S
1
aperto, la tensione del carico diviene - U
i
/2.
Come nellinvertitore a ponte, la simultanea chiusura dei due interruttori in serie non
ammessa, dato che si tradurrebbe in un cortocircuito ai morsetti di alimentazione; neppure
la simultanea apertura degli interruttori permessa, dato che in questo modo la corrente di
carico resterebbe senza alcuna via di chiusura (questultima limitazione non sussiste nello
schema applicativo, dato che i diodi offrono comunque una via di richiusura alla corrente).
Le forme donda restano quadre ma di ampiezza dimezzata, essendo tU
i
/2 la tensione
disponibile.
Questo tipo di inverter utilizza metdegli interruttori necessari per lo schema a ponte, ma
anche capace, a parit di tensione di ingresso (e quindi di tensione di dimensionamento
degli interruttori), di mettensione di uscita. Esso pu quindi erogare a pari caratteristiche
degli interruttori utilizzati, una potenza metdi quella del ponte.
Il campo di applicazione degli invertitori a mezzo-ponte dunque per potenze pi basse
degli inverter a ponte. Come si vedr, linverter a mezzo-ponte inoltre il pi utilizzato nelle
applicazioni trifasi.
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Cap. 13 - pag. 9
13.3.2 - Convertitori trifasi c.c.-c.a.
Le configurazioni trifasi degli invertitori pi comunemente impiegate sono solo quelle
mezzo-ponte.
Molto pi diffusa nelle applicazioni trifasi invece la configurazione a mezzo-ponte, il cui
schema di principio mostrato in fig. 13.7 a). Da tale figura si nota che non richiesto, in
generale, un trasformatore di uscita, dato che il carico pu essere direttamente allacciato ai
tre morsetti A, B, C dellinverter.
Si osserva che se (come normalmente accade) il carico non richiede il collegamento al
neutro, il punto di mezzo M dellalimentazione non viene utilizzato. Esso ha solo il significato
di fissare il potenziale di riferimento per le tensioni erogate dallinverter, ma pu di fatto non
essere fisicamente accessibile, come mostrato nello schema applicativo di fig. 13.7.
Figura 13.7
Nel caso di funzionamento a onda quadra le tre fasi vengono gestite con sfasamenti relativi
di 120 e 240. le tre tensioni di uscita dallinverter u
A
, u
B
, u
C
riferite al centro virtuale M
dellalimentazione risultano pertanto come in fig. 13.8 a), b), c).
Nel caso di collegamento a stella del carico, supposto ohmico-induttivo (rappresentazione
valida anche per motori a induzione oltre che per i pi comuni carichi passivi), la tensione
del centro-stella O pu essere ricavata osservando che per la tensione della prima fase pu
scriversi:
u u u R i L
di
dt
A 1 0 1
2
+ (13.7)
ove con u
0
si indicata la tensione di centro-stella rispetto al punto M. Per le altre due fasi
valgono le analoghe relazioni:
u u u R i L
di
dt
u u u R i L
di
dt
B
C
2 0 2
2
3 0 3
2
+
+
(13.7.1)
(13.7.2)
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Cap. 13 - pag. 10
Figura 13.8
Sommando le (13.7) e osservando che i
1
+ i
2
+ i
3
= 0 si ottiene:
u
u u u
A B C
0
3

+ +
(13.8)
La forma donda della tensione di centro-stella u
0
ha dunque landamento di fig. 13.8 d):
essa risulta rettangolare, di frequenza 3f e ampiezza U
i
/6. La tensione u
1
applicata alla fase
1 del carico data da u
a
- u
0
e ha il tipico andamento a sei gradini.
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Cap. 13 - pag. 11
La corrente i
1
di fase assume corrispondentemente la caratteristica forma donda a cresta
di gallo.
13.3.3 - Convertitori c.c.-c.a. - Modulazione di larghezza degli impulsi (PWM)
Per effettuare la regolazione della tensione di uscita dellinverter esistono due possibilit:
a) regolare la tensione di ingresso;
b) modificare la tecnica di controllo delle aperture e chiusure degli interruttori rispetto a
quella ad onda quadra.
La prima soluzione, che in taluni casi appare la pi semplice da realizzare (come nel caso di
invertitori alimentati da stadi di conversione c.a.-c.c. o c.c.-c.c., che possono essere
facilmente regolati), cade in difetto se, come spesso avviene, allingresso dellinverter
inserito un grosso condensatore per il filtraggio della tensione continua. In tal caso, infatti, la
regolazione della tensione dingresso richiede di trasferire grandi quantit di energia dal
condensatore di filtro allo stadio di alimentazione dellinverter o viceversa. Ci non un
problema se la regolazione pu essere effettuata lentamente, ma costituisce un serio
vincolo se richiesta una elevata velocitdi variazione della tensione prodotta dallinverter:
infatti elevate variazioni di energia nel condensatore di filtro in tempi molto piccoli richiedono
di mettere in gioco grandi potenze, spesso non consentite dagli stadi di alimentazione
precedenti.
La soluzione a) non inoltre applicabile se la sorgente di alimentazione continua, (come
accade ad esempio nei gruppi statici di continuitalimentati da una batteria di accumulatori)
non regolabile.
La disponibilit di interruttori elettronici completamente controllati (cio comandabili sia in
apertura che in chiusura) di potenza adeguata (MosFet, Transistori Bipolari, GTO ecc.) ha
favorito lo studio e lapplicazione di tecniche di controllo del tipo b) che attuano la
regolazione della tensione di uscita, sia in frequenza che in ampiezza, entro linverter.
Una prima tecnica di controllo consiste nellintrodurre in ogni semiperiodo dellonda
rettangolare di tensione, una commutazione aggiuntiva, al fine di disporre di un parametro
di regolazione della tensione erogata al carico.
Questa tecnica, che prende nome di controllo a singolo impulso, illustrata in fig. 13.9 con
riferimento a un invertitore monofase a mezzo-ponte. Durante il semiperiodo t
0
-t
3
in cui,
nella condizione di funzionamento a onda quadra, la conduzione competerebbe
allinterruttore S
1
, vengono introdotti due intervalli di tempo, t
0
-t
1
e t
2
-t
3
, in cui S
1
viene
aperto ed S
2
chiuso. Simmetricamente, nel semiperiodo t
3
-t
6
, in cui la conduzione
competerebbe al solo interruttore S
2
, vengono introdotti gli intervalli t
3
-t
4
e t
5
-t
6
in cui S
2
viene aperto e viene posto in conduzione S
1
.
intuitivo che lintroduzione di questi intervalli (nei quali la tensione istantanea applicata al
carico di segno opposto a quella corrispondente al funzionamento in onda quadra)
provoca una riduzione del valore efficace U
1
della componente fondamentale della tensione
di uscita u
0
. Si osservi anche che, con la disposizione degli intervalli nel periodo sopra
descritta e mostrata in figura, la forma donda di u
0
mantiene le stesse caratteristiche di
simmetria che caratterizzano londa rettangolare. Corrispondentemente, anche la forma
donda della tensione di carico risultante, con questa tecnica di controllo, possiede solo
armoniche dispari.
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Cap. 13 - pag. 12
Figura 13.9
La tecnica di controllo a singolo impulso abbastanza efficace per la regolazione della
tensione di uscita, ma, lascia ancora aperto il problema dellottenimento di forme donda di
tensione e corrente duscita pi accettabilmente sinusoidali.
Il concetto sopra utilizzato di introdurre un parametro di controllo per regolare la
fondamentale pu tuttavia essere esteso anche alle armoniche superiori. Possono allora
essere introdotti nuovi parametri di controllo, cio nuovi intervalli di tempo in cui la tensione
erogata dallinverter viene rovesciata, rispetto alla polaritche si avrebbe nel funzionamento
a onda quadra, oppure viene annullata.
La forma donda della tensione di uscita, un esempio della quale mostrato in fig. 13.10,
risulta allora costituita da una sequenza di impulsi di durata opportuna (definita dagli istanti
di commutazione
1
,
2
,....) che si ripetono periodicamente. Una tecnica di controllo che
utilizzi questo principio deve evidentemente essere capace di modulare la durata (o, come
spesso si dice, la larghezza) dei vari impulsi costituenti la forma donda di tensione in modo
da ottenere il valore desiderato della componente fondamentale, riducendo nel contempo il
contenuto armonico.
Tecniche di questo tipo attuano il cosiddetto controllo di modulazione di larghezza degli
impulsi detto anche, pi brevemente, controllo PWM (dallespressione inglese Pulse Width
Modulation).
Il problema fondamentale del controllo PWM sta evidentemente nella corretta
determinazione degli istanti di commutazione degli interruttori. Esistono al riguardo due
approcci possibili, quello digitale e quello analogico.
13.4 Convertitori c.a.c.c.
Si chiamano convertitori c.a.-c.c. o raddrizzatori i dispositivi atti a effettuare la conversione
da una tensione alternata dingresso a una tensione continua duscita. Se il convertitore
consente la regolazione della tensione di uscita esso prende il nome di raddrizzatore
controllato; in caso contrario si parla di raddrizzatore non controllato.
Questa famiglia di convertitori senzaltro la pi diffusa. I campi di impiego dei raddrizzatori
sono infatti numerosissimi: si possono ricordare gli azionamenti a c.c. per uso industriale
(laminatoi, trafile, continue per carta, plastiche, tessili; nastri trasportatori; macchine utensili
con relativi sistemi di posizionamento; bracci di robot, ecc.) e quelli per trazione (filobus,
locomotori per treni e metropolitane, funicolari, funivie, ecc.); i sistemi di alimentazione e
controllo dei processi elettrochimici; le stazioni terminali di conversione delle linee di
trasmissione a c.c.; le stazioni di alimentazione del sistema ferroviario nazionale; gli stadi di
alimentazione a c.c. richiesti in ingresso ai convertitori c.c.-c.c. e agli invertitori.
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 13
Figura 13.10
13.4.1 - Raddrizzatori a ponte
Il pi semplice raddrizzatore costituito dallo schema a semplice semionda rappresentato in
fig. 13.11.
Di particolare interesse applicativo sono i raddrizzatori con configurazione a ponte come in
fig. 13.12 (Ponte di Graetz monofase).
Figura 13.11
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 14
Figura 13.12
13.5 - Convertitori c.a.-c.a.- Regolatori c.a.
Unultima categoria di convertitori statici rappresentata dai convertitori c.a.-c.a., che sono
dispositivi atti a effettuare la conversione da una tensione alternata dingresso a una
tensione alternata di uscita regolabile in frequenza e in ampiezza.
Questi tipi di convertitori vengono impiegati ad esempio nelle alimentazioni di bordo degli
aeroplano (per ottenere i 400 Hz in uso nelle applicazioni avioniche a partire dalle
frequenze pi elevate, e variabili, fornite da un generatore sincrono calettato al motore
dellaereo), nella regolazione di sistemi di illuminazione e riscaldamento, negli azionamenti
di macchine a c.a. (particolarmente per regolare la velocitdi grandi motori trifasi a bassa
frequenza, di motori monofasi alimentati a frequenza di rete), e in numerose applicazioni
elettrodomestiche ove necessario regolare la velocitdi piccoli motori universali.
A seconda del rapporto tra la frequenza di alimentazione e la frequenza richiesta in uscita si
usano strutture di convertitore assai diverse tra loro.
In particolare, per ottenere frequenze di alimentazione e la frequenza richiesta in uscita si
usano strutture di convertitore assai diverse tra loro.
In particolare, per ottenere frequenze di uscita non superiori al 50% della frequenza di
ingresso si usano i cicloinvertitori. La massima frequenza di uscita limitata a causa della
lentezza con cui possibile far variare langolo di accensione dei tiristori.
Per ottenere frequenze di uscita regolabili a valori pi elevati di quelli consentiti dai
cicloinvertitori, si possono usare i cicloinvertitori. Questi si ottengono connettendo in cascata
un raddrizzatore (eventualmente bidirezionale se richiesta linversione del verso di
trasferimento della potenza) e un invertitore, che alimenta il carico alla frequenza richiesta.
Oltre ai due tipi di convertitori sopra citati, di grande interesse applicativo sono i regolatori di
c.a. la cui struttura molto semplice. Si tratta di convertitori capaci solo di effettuare una
regolazione dellampiezza della tensione di uscita, ma non della frequenza. Essi sono
perci massicciamente utilizzati per regolazioni termiche o luminose, nonch per
azionamenti di piccoli motori universali o monofasi a induzione.
Lo schema di principio di un regolatore di c.a. monofase a tiristori mostrato in fig. 13.13 a).
Come si nota, la struttura del regolatore semplicissima, dato che impiega soltanto due
tiristori T
1
e T
2
connessi in antiparallelo e inseriti tra alimentazione e carico. Una
configurazione ancora pi semplice, utilizzabile per potenze fino a qualche kilowatt, quella
di fig. 13.13 b) nella quale i tiristori sono sostituiti da un TRIAC, capace di condurre corrente
in ambo i versi, ma dotato di un solo elettrodo di controllo.
Il principio di funzionamento del convertitore pu facilmente spiegarsi con riferimento al
caso di carico puramente resistivo.
Si consideri a tal fine la fig. 13.14 nella quale u
i
la tensione alternata in ingresso.
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 15
Figura 13.13
Figura 13.14
Se nello schema di fig. 13.13 a) i tiristori T
1
e T
2
fossero rispettivamente sostituiti da due
diodi D
1
e D
2
, la corrente nel carico resistivo seguirebbe landamento della tensione u
i
:
infatti durante le semionde positive di tensione (e di corrente) condurrebbe il diodo D
1
e
durante le semionde negative il diodo D
2
, ma comunque vi sarebbe sempre una via
disponibile per la circolazione della corrente di carico i.
La presenza dei tiristori T
1
e T
2
consente invece di ritardare linizio degli impulsi di corrente
rispetto agli istanti di azzeramento della tensione. Si consideri lintervallo t
0
-t
1
di fig. 13.14.
In questo intervallo di tempo la tensione di alimentazione u
i
positiva e tenderebbe dunque
a far passare una corrispondente corrente positiva nel carico. Se per non viene dato il
comando di accensione allelettrodo di controllo di T
1
, questo non entra in conduzione e la
corrente non pu fluire. La tensione di alimentazione viene perci a cadere tra i morsetti A e
B del regolatore, polarizzando positivamente T
1
e negativamente T
2
. Se nellistante t
1
il
tiristore T
1
viene acceso, esso entra immediatamente in conduzione e la corrente di carico i
si porta immediatamente al valore determinato dal rapporto tra u
i
e la resistenza di carico.
Si arriva cos fino allistante t
2
, dove la tensione u
i
e la corrente i si annullano, causando lo
spegnimento di T
1
. Spetterebbe ora a T
2
condurre la corrente di carico, ma ci non succede
finche, nellistante t
3
, non viene emesso il relativo comando di gate. Da t
3
a t
4
circola quindi
limpulso negativo della corrente di carico. In t
4
il tiristore T
2
si spegne e il ciclo ricomincia.
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Convertitori statici
Cap. 13 - pag. 16
chiaro che leffetto di introdurre un ritardo di accensione rispetto allistante naturale di
commutazione dei tiristori quello di parzializzare le forme donda della corrente di carico i
e della corrispondente tensione u = Ri, riducendone pertanto il valore efficace. Pi elevato
il ritardo , pi piccola risulta la tensione efficace di carico e della corrispondente corrente.
Si ottiene cos la desiderata regolazione dellampiezza della tensione di uscita u.
File: trippolone - c:\proj\unibg\Elett.mec\dispense\Cap13.doc
Salvato: 07/03/01 23.26
Stampato: 07/03/01 23.28
Rev: 0.3
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 1
rev. 1.0
14
Elementi di
sicurezza elettrica
14.1 - Sicurezza, rischio e sicurezza accettabile
Sia dato un sistema di N oggetti, tali che in caso di guasto possano provocare danno alle
persone. Se dopo un tempo t si verifica che un numero n(t) di oggetti non soggetto a tale
guasto, si definisce la sicurezza di uno qualunque di quegli oggetti al tempo t come:
S t
n t
N
( )
( )

La sicurezza quindi un concetto statistico, o meglio probabilistico, espresso da un numero


compreso tra 0 e 1; tale numero esprime la probabilit che, nel tempo stabilito, non si
verifichi quell'evento ritenuto pericoloso e indesiderabile. ovvio che la sicurezza decresce
con il tempo t detto tempo di esposizione al rischio.
Per rischio si intende invece qualcosa di pi complesso, che includa una valutazione del
danno che pu verificarsi:
( ) r t S t kd ( ) ( ) 1
il fattore (1-S(t)) pari alla probabilit che il guasto si verifichi, ed detto anche insicurezza
o pericolo naturale. Il valore k pari alla probabilit che il guasto, se si verifica, provochi
danno alle persone (il guasto potenzialmente dannoso, ma questo non vuol dire che il
danno si presenti sempre). Il valore d l'entit del danno associato: viene espressa in unit
di misura differenti a seconda del tipo di danno. Queste unit possono essere puramente
economiche, ma pi spesso si tratta di vite umane. Per esempio il caso di incidente aereo
presenta una probabilit di danno k prossima all'unit e una entit di danno d pari al numero
delle vite umane presenti sull'aereo (in compenso la sicurezza elevatissima).
Qualunque attivit umana presenta un margine pi o meno elevato di insicurezza e quindi di
rischio. Anche l'attivit pi tranquilla non mai completamente esente da una probabilit di
incidente, con conseguenze pi o meno gravi. L'incidente sempre in agguato, per cause
disparate. Tra queste si distinguono:
- le cause di forza maggiore: cause sconosciute alla scienza e all'esperienza umana,
oppure note ma non prevedibili n eliminabili (per esempio i terremoti)
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 2
- il caso fortuito: la causa nota e prevedibile, ma il rischio ritenuto accettabile e quindi
lo si affronta; oppure le misure preventive si sono rivelate, senza negligenza di chi le ha
prese, difettose o fallimentari
- il caso di negligenza, imprudenza, imperizia o, peggio, di dolo.
Il caso di negligenza, imperizia, imprudenza, dolo ovviamente rifiutato a livello etico e
perseguito dall'autorit costituita.
La causa di forza maggiore accettata, come inevitabile, dalla societ (anche se non deve
essere usata strumentalmente pere coprire negligenze, imprudenze, imperizie, ecc.).
Il caso fortuito pure ammesso dalla societ; qui entra in gioco la complessa problematica
del concetto di sicurezza accettabile (o di rischio accettabile).
Pretendere, come fanno alcuni, che il rischio deve essere ridotto a zero, una asserzione
assurda. La conseguenza dell'applicazione di questo concetto comporterebbe, tanto per
fare un esempio elementare, che la velocit degli automezzi sulle strade fosse ridotta al di
sotto di un valore di assoluta sicurezza (entro il quale l'incidente non mai mortale).
Ammesso che esista una tale velocit di sicurezza (un'automobile il cui conducente sia colto
da malore pu comunque uccidere un passante, schiacciandolo contro il muro, anche a 5
km/h), essa sarebbe talmente bassa da rendere perfettamente inutile l'uso dell'automobile.
Il concetto di rischio accettabile evolve allora con le condizioni sociali, etiche, ed
economiche della comunit umana. Un esempio fatto dal prof. ing. G. Pasini pu chiarire
meglio il concetto: solo 75 anni fa (1
a
guerra mondiale) era (forse) considerato accettabile il
rischio essere uccisi in guerra con probabilit del 10% (600 mila soldati italiani morti su circa
6 milioni), mentre nella guerra del Golfo stato fatto di tutto per abbattere tale probabilit ad
1 su alcune migliaia: 35 morti su 200 mila soldati (i dati sono approssimati), per da parte
occidentale; per gli irakeni il rischio era simile o peggiore di quello della 1
a
guerra mondiale.
Questo mostra come il rischio accettabile dipenda molto dalle condizioni sociali, etiche,
economiche. Forse per la guerra non un buon esempio per parlare di rischio accettabile,
perch difficile farla rientrare nel caso fortuito: sempre voluta dall'irresponsabilit umana.
Pu comunque interessare sapere che anche nei paesi pi evoluti si verificano mediamente
500 incidenti mortali annui (di varia natura) per ogni milione di abitanti.
14.2 - Effetto della corrente elettrica sul corpo umano
Passando dai rischi in generale ai rischi di natura elettrica, per prima cosa necessario
studiare gli effetti della corrente elettrica sul corpo umano.
Il corpo umano composto in gran parte di acqua, molto ricca di ioni. Il corpo umano
quindi un discreto conduttore elettrico.
Inoltre, si nota che tutta l'attivit biologica notevolmente accompagnata da attivit elettrica,
a livelli di tensione dell'ordine di decine di millivolt (potenziali d'azione). La presenza di
correnti di origine esterna va pertanto ad alterare la normale attivit biologica producendo
effetti anche letali.
I fenomeni conseguenti al passaggio di corrente elettrica sono sostanzialmente 4:
- tetanizzazione
- arresto respiratorio
- fibrillazione ventricolare
- ustioni.
La tetanizzazione la conseguenza dell'azione della corrente elettrica di origine esterna
sulle fibre nervose: tale disturbo esterno causa l'invio ai muscoli di stimoli molto pi intensi
di quelli provenienti dal sistema nervoso centrale, provocando una forte contrazione dei
muscoli interessati. In corrente alternata gli stimoli ripetuti hanno l'effetto di sommarsi, fino a
produrre una contrazione completa. Tra le altre cose, questo solitamente fa s che la presa
sulla parte in tensione venga ad essere, contro la volont del malcapitato, molto salda,
impedendo quindi il distacco dalla sorgente di corrente. Si definisce corrente di rilascio il
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 3
massimo valore di corrente per il quale ancora possibile per la persona, seppure con
sforzo, il lasciare la presa. Tale valore dipende dalla frequenza e dalla mole della persona:
a 50100 Hz un valore medio di 10 mA per le donne e di 15 mA per gli uomini.
In cc invece il sistema nervoso e muscolare si adegua in breve tempo alla nuova situazione,
quindi non si hanno contrazioni se non al momento del contatto e a quello del rilascio. Da
questo punto di vista la corrente alternata pi pericolosa di quella continua.
L'arresto respiratorio ancora un fenomeno di tetanizzazione. la contrazione dei muscoli
addetti alla respirazione provoca il blocco del sistema respiratorio. In questi casi, dopo aver
rimosso la causa elettrica, se l'arresto non dura pi di 3-4 minuti possibile salvare la
persona mediante l'immediata applicazione della respirazione artificiale (bocca a bocca).
La fibrillazione ventricolare (si parla del muscolo cardiaco) l'attivarsi di una attivit
cardiaca fatta di contrazioni caotiche, dovuta alla presenza della corrente di origine esterna,
portando la pompa del sangue a non compiere pi la sua funzione. Il fenomeno
pericolosissimo: porta rapidamente alla morte; la persona pu essere salvata solo se la
normale attivit cardiaca viene ripristinata, prima che sopraggiunga la morte, fornendo al
cuore una violenta scarica elettrica, opportunamente dosata, mediante la macchina
defibrillatrice.
La fibrillazione ventricolare il fenomeno statisticamente pi pericoloso. Tra gli altri
parametri da tenere presente, va considerato che il rischio differente in funzione del
percorso della corrente. La corrente nel corpo umano ha sempre un punto di ingresso e uno
di uscita. Per esempio, un percorso mano sinistra - piede sinistro pericoloso di percorso
mano destra - piede destro.
Le ustioni sono una conseguenza dell'effetto Joule. Solitamente sono localizzate nella
zona in cui avvenuto il contatto, dove lasciano il cosiddetto marchio elettrico, ma possono
provocare anche danni interni. Sono causa di morte soprattutto alle alte tensioni, dove i loro
effetti sono predominanti rispetto agli altri suddetti. In particolare modo sono pericolose per i
danni che possono provocare internamente all'organismo: distruzione di tessuti, rottura di
capillari con emorragie interne. Una delle morti pi frequenti dopo la folgorazione per
insufficienza renale.
Il corpo umano si presenta come un'impedenza capacitiva. La sua resistenza
convenzionale dell'ordine dei 1000 , per esempio tra mano e piede. Esiste quindi una
relazione tra tensione applicata e corrente fluente nel corpo, anche se il parametro
resistenza o impedenza non valutabile con grande accuratezza.
Solitamente si cerca di quantificare il rischio dovuto alla corrente elettrica costruendo una
curva di pericolosit della corrente stessa al variare dell'intensit e del tempo di applicazione.
Si cio valutato che determinati valori di corrente, applicati per un certo tempo, si rivelano
pericolosi perch portano alla fibrillazione ventricolare o anche ad arresto respiratorio o
danni di organi interni per ustione. Le seguenti tabelle riportano tali curve per la corrente
continua e la corrente alternata. A tali valori di corrente andrebbero poi applicati dei fattori
correttivi per tenere conto del percorso della corrente.
La corrente elettrica, per provocare danni, ha bisogno per di permanere per un certo
tempo sulle cellule del corpo umano, o meglio: tanto pi pericolosa quanto pi a lungo
permane. Per questo la corrente in alta frequenza meno pericolosa di quella in bassa
frequenza, in quanto in alta frequenza agisce come una sequenza di impulsi molto brevi.
Si nota che comunque al di sotto di 30 mA a frequenza industriale si pu ritenere al di fuori
della zona di pericolo anche per tempi molto lunghi (vedi oltre). Ad alte frequenze la soglia
di pericolosit molto pi grande.
La parte pi sensibile la lingua, che percepisce anche 45 A, seguita poi dai polpastrelli
che percepiscono 0,5 mA a 50 - 100 Hz e 2 mA in cc.
14.3 - Contatti diretti e indiretti
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 4
Gli incidenti di origine elettrica sono dovuti a due categorie di eventi: i contatti diretti e i
contatti indiretti. Si parla, in entrambi i casi, di contatto del corpo umano con parti in
tensione.
Il contatto si dice diretto se avviene con una parte dell'impianto normalmente in tensione,
che diventa accessibile per una causa accidentale (per esempio: rottura dell'isolamento)
oppure che normalmente accessibile (come i conduttori delle linee aeree) e verso di essa
la persona non ha preso le necessarie precauzioni.
Il contatto si dice invece indiretto se avviene con una parte dell'impianto che normalmente
non deve essere in tensione, ma che lo diventa in seguito ad un guasto dell'isolamento (per
esempio, il contatto con la carcassa metallica di un apparecchio elettrico con un guasto
interno nell'isolamento). Tale parte che normalmente non deve essere in tensione ma che lo
pu diventare in seguito a guasto prende il nome di massa.
ovvio che nei confronti dei guasti ci si protegge con le normali avvertenze, perch la
persona non ha ragioni per pensare che quella parte si trovi in tensione. Occorre pertanto
attivare opportune misure di protezione per difendere da tali tipi di pericolo l'incolumit delle
persone. Queste misure di protezione sono molto diversificate: vanno dalla messa a terra
delle parti che non devono entrare in tensione, al raddoppio e al rafforzamento
dell'isolamento, all'utilizzo di basse tensioni di sicurezza, alla separazione dei circuiti, al
collegamento a terra della massa, all'inserzione nell'impianto di apparecchi per l'interruzione
automatica dell'alimentazione elettrica in caso di guasto.
Alla luce dei diversi sistemi di protezione, gli apparecchi elettrici possono essere classificati
in:
Apparecchi di classe 0: sono gli apparecchi funzionanti in locali elettricamente isolanti,
dove quindi il pericolo eliminato perch la corrente non ha modo di richiudersi (resistenza
di terra del corpo umano infinita). Non richiedono quindi altri interventi protettivi.
Apparecchi di classe I: sono quelli dotati di isolamento principale e di massa munita di
morsetto per il collegamento a terra; per questi apparecchi inoltre l'impianto in cui sono
inseriti deve prevedere opportuni dispositivi per l'interruzione automatica del circuito (si
veda in seguito).
Apparecchi di classe II: sono quelli muniti di isolamento doppio o rinforzato, che svolge
quindi una funzione di protezione passiva.
Apparecchi di classe III: sono quelli alimentati da sistemi a bassissima tensione di
sicurezza per i quali quindi non si rendono necessari altri accorgimenti protettivi perch la
tensione non a livelli pericolosi. I livelli di tensione ritenuti sicuri sono fino a 50 V in
corrente alternata e fino a 120 V in cc.
14.3.1 - Sistemi di protezione basati sul sistema di isolamento
Per quanto riguarda le azioni sull'isolamento, si riporta la seguente classificazione dei tipi di
isolamento:
a- isolamento funzionale: quell'isolamento indispensabile a far s che le varie parti in
tensione si trovino in cto cto con parti che devono essere a tensioni diverse, in modo
che il dispositivo possa funzionare; non pertanto pensato ai fini della sicurezza delle
persone, ma sono della funzionalit operativa
b- isolamento principale o fondamentale: quell'isolamento che serve a garantire la
protezione fondamentale delle persone contro la folgorazione; a volte l'isolamento
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 5
funzionale svolge, almeno in alcune parti, anche in funzione di isolamento principale;
altre volte invece l'isolamento principale qualcosa di diverso e di aggiuntivo; da
notare che esso deve presentare anche caratteristiche meccaniche e chimiche per
evitare di deteriorarsi al contatto con le persone (per esempio, le vernici e le lacche
non sono idonee per l'isolamento principale)
c- isolamento supplementare: un isolamento aggiuntivo a quello principale e lo si pone
quindi per ulteriore sicurezza, intervenendo quando l'isolamento principale fosse
danneggiato; l'insieme di isolamento principale e isolamento supplementare prende il
nome di doppio isolamento
d- isolamento rafforzato: prende questo nome l'isolamento principale quando viene
appunto rafforzato in moda da avere le stesse caratteristiche di un doppio isolamento.
14.3.2 - Separazione dei circuiti
L'apparecchio elettrico alimentato da un trasformatore che isola tale parte dell'impianto
dal resto del sistema elettrico e che nel suo secondario privo di collegamenti a terra
(centro stella o morsetti di ritorno isolati). In questo modo non possibile il passaggio di
corrente perch questa non ha alcuna strada per tornare al generatore, che in questo caso
appunto il secondario del trasformatore di isolamento.
14.3.3 - Sistemi a bassissima tensione di sicurezza
In base alla tensione i sistemi elettrici vengono classificati in:
sistemi di categoria 0: o a bassissima tensione di sicurezza: minore o uguale a 50 V in ca
e 120 V in cc
sistemi di categoria I: o in bassa tensione (BT): da 50 a 1000 V in corrente alternata, da
120 a 1500 V in corrente continua
sistemi di categoria II: o in media tensione (MT): da 1 kV in corrente alternata fino a 30 kV
in entrambi i casi
sistemi di categoria III: oltre i 30 kV in corrente alternata o in corrente continua.
14.3.4 - Messa a terra dei sistemi elettrici
Nel caso di messa a terra della massa, in caso di guasto all'isolamento la tensione a cui si
porta la massa stessa solitamente molto inferiore a quella che si presenta in caso di
massa isolata, in quanto vincolata appunto al potenziale del terreno, che per definizione
nulla. La tensione a cui si porta la massa non pu tuttavia essere perfettamente nulla, anzi
a volte assume valori rilevanti. Infatti, in caso di guasto si verifica un passaggio di corrente
dall'apparecchio attraverso il collegamento di terra. Tale collegamento ha una sua
resistenza, che spesso trascurabile; non invece trascurabile la resistenza del dispersore
di terra, detta semplicemente resistenza di terra. Infatti il terreno ha una sua resistivit,
anche abbastanza elevata; la terra un buon conduttore solo in quanto una corrente che la
percorre ha a disposizione una sezione molto grande e quindi pu allargarsi a piacimento.
In prossimit del punto in cui la corrente entra nel terreno, cio al dispersore di terra, la
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 6
corrente invece fortemente localizzata, quindi con densit di corrente elevata; in tale zona
si presenta quindi una cdt non trascurabile. Si associa quindi al dispersore un valore di
resistenza. In un successivo paragrafo si tratter il problema del calcolo di tale resistenza di
terra.
La tensione della massa messa a terra, detta tensione totale di terra, indicata con U
T
,
risulta comunque inferiore di quella che si avrebbe senza messa a terra. In caso di contatto
con tale massa, la persona viene ad essere soggetta ad una tensione ancora inferiore,
detta tensione di contatto, indicata con U
C
. Infatti va considerato il seguente circuito, in cui
appare, oltre alla resistenza della persona R
C
, anche la resistenza di terra R
TC
che la
corrente incontra nello scaricarsi dalla persona al terreno. Un valore elevato di quest'ultima
resistenza fa s che il partitore di tensione riservi al corpo umano solo una frazione molto
piccola della tensione totale.
Figura 14.1
Per quanto riguarda i livelli di pericolosit della tensione (si parla di tensione di contatto), va
notato che i due valori di 50 V in ca e 120 V in cc possono essere aumentati in misura tanto
maggiore quanto pi la durata del fenomeno breve. Esistono a tal fine delle curve che
indicano la tensione limite in funzione del tempo, dette curve di sicurezza figure 14.2 e 14.3.
In realt i dati da esse fornite sono in parte imprecisi e incerti, sia perch ogni persona
reagisce diversamente alla tensione, sia perch non possibile effettuare prove
sperimentali.
Figura 14.2 - Zone di pericolosit della corrente continua. (1) Di solito, assenza di reazioni, fino alla
soglia di percezione. (2) In genere nessun effetto fisiologico pericoloso. (3) Possono
verificarsi contrazioni muscolari perturbazioni reversibili nella formazione e
trasmissione degli impulsi elettrici cardiaci. (4) Fibrillazione ventricolare probabile.
Possono verificarsi anche altri effetti patofisiologici, ad esempio gravi ustioni.
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Cap. 14 - pag. 7
Figura 14.3 - Zone di pericolosit della corrente elettrica alternata (15100 Hz). (1) Di solito, assenza
di reazioni, fino alla soglia di percezione (dita della mano). (2) In genere nessun effetto
fisiologico pericoloso, fino alla soglia di tetanizzazione. (3) Possono verificarsi effetti
patofisiologici , in genere reversibili, che aumentano con l'intensit della corrente e con
il tempo, quali: contrazioni muscolari, difficolt di respirazione, aumento della
pressione sanguigna, disturbi nella formazione e trasmissione degli impulsi elettrici
cardiaci, compresi la fibrillazione atriale e arresti temporanei del cuore ma senza
fibrillazione ventricolare. (4) Probabile fibrillazione ventricolare, arresto del cuore,
arresto della respirazione, gravi bruciature.
In particolare se la persona si trova su un appoggio isolante (pavimenti o scarpe di gomma)
il valore della tensione di contatto sarnullo; se invece la persona con una parte del corpo
tocca la massa in tensione e con un'altra parte del corpo tocca, per esempio, delle condotte
idriche, che si comportano quindi da messa a terra con un valore bassissimo di resistenza
di terra, allora la tensione di contatto sarprossima alla tensione totale di terra.
In pratica si devono dimensionare le parti in modo da limitare la tensione di contatto nelle
condizioni pi sfavorevoli.
Le varie masse da mettere a terra nell'ambito di uno stesso impianto possono prevedere
una messa a terra diretta, apparecchio per apparecchio, con un dispersore di terra locale,
oppure il collegamento a terra mediante conduttori che portino ad uno o pi dispersori che
servono cos tutto l'impianto. Quest'ultima configurazione la pi esatta; si rende quindi
necessario realizzare un impianto di terra, costituito dai dispersori e dai conduttori che
raggiungono i vari apparecchi.
I dispersori di terra sono dei dispositivi che, infissi nel terreno, garantiscono appunto il
collegamento elettrico con esso, limitando il pi possibile il valore della resistenza di terra.
Negli impianti in BT possibile collegarsi all'impianto di terra mediante il foro centrale delle
prese a spina di alimentazione che, se l'impianto fatto secondo le regole dell'arte, sono
appunto collegate ai dispersori. I cavi di terra sono solitamente distinguibili per essere a
strisce gialle e verdi. Nel seguito verranno meglio descritte le possibili configurazioni di tale
impianto, e in particolare i suoi rapporti col filo di neutro dei sistemi trifase.
Il tipo di dispersore pi facile da studiare il dispersore semisferico, costituito appunto da
una semisfera di materiale conduttore interrata nel terreno. Si trascura la resistenza del
materiale conduttore vero e proprio e si ipotizza che la corrente si disperda nel terreno in
modo radiale, avendo quindi una densituniforme su ogni superficie semisferica avente per
centro il centro del dispersore stesso. Vale quindi:
J
I
r
u
r

2
2


(14.1)
Il potenziale del terreno pu essere considerato nullo solo a distanza infinita, quindi:
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 8
V E dr J dr
I
r
dr
I
r
T
r r r



0 0 0
2
2
2
0

(14.2)
dove r
o
il raggio del dispersore. Pertanto:
R
V
I r
T
T

1
2
0
(14.3)
La resistenza minore tanto pi il dispersore grande.
Si noti che ogni dispersore genera nel terreno un potenziale, presente anche in superficie,
decrescente coll'allontanarsi dal dispersore stesso. In questo caso:
V V R I
R I
r
r
T T
T


per r r
(14.4)
V =
I
2 r
per r r
0
0

0
si noti che due punti nell'intorno del dispersore sono soggetti ad una ddp:
V R I
r
r
r
r
I
r r
I r r
r r
T

_
,

_
,


0
1
0
2 1 2
2 1
1 2
2
1 1
2

(14.5)
detta tensione di passo. Se la corrente e la resistivitdel terreno sono elevate, in prossimit
del dispersore, una distanza anche limitata tra due punti di contatto pu presentare una ddp
notevole. A volte succede che animali a 4 zampe (pi raramente i bipedi) rimangano uccisi
dalla tensione di passo.
Nel caso di due dispersori in parallelo la tensione totale data dalla somma della tensione
dovuta alla corrente propria di ciascun dispersore, pari alla metdella corrente totale e del
potenziale dovuto all'altro dispersore:
V
I
r
I
d
I
r d
T
+ +

_
,

/ / 2
2
2
2 4
1 1
0 0
(14.6)
da cui la resistenza di terra:
R
I
r d
T
+

_
,

4
1 1
0
(14.7)
Se vale che d >> r
o
allora vale che:
R
I
r
T

4
0
(14.8)
Altri tipi di dispersori sono quelli a puntale, costituiti da un'asta appuntita infissa in profondit
nel terreno. Spesso si usano pi puntali collegati tra loro, oppure delle reti interrate come
descritto meglio in quanto segue.
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 9
comunque buona norma avere cura che i dispersori siano infissi in terreni con buone
caratteristiche di conducibilit, come per esempio i terreni umidi e sabbiosi, mentre vanno
evitati i terreni secchi e composti di pietre o di grana grossa.
Una definizione precisa di tutti gli elementi che compongono un'impianto di terra pu essere
trovata nella Norma CEI 64-12.
Per impianto di terra si intende un impianto costituito dai seguenti elementi:
- dispersori;
- conduttori di terra;
- collettori (o nodi) principali di terra;
- conduttori di protezione;
- conduttori equi potenziali principali e supplementari.
I vari elementi che costituiscono l'impianto di terra (dispersore-conduttore di terra-collettore
(o nodo) principale di terra-conduttori di protezione-conduttori equipotenziali) svolgono
funzioni diverse.
Il dispersore caratterizzato da una sua resistenza, il cui dimensionamento dipende dal tipo
di guasto che chiamato a disperdere a terra.
costituito da elementi metallici posati nel terreno e a contatto con esso.
Il conduttore di terra ha la funzione di collegare il dispersore e il collettore (o nodo)
principale di terra ed eventualmente i vari dispersori tra loro. La sua continuitdeve pertanto
essere sempre garantita per assicurare l'efficacia della protezione.
Il collettore (o nodo) principale di terra ha la funzione di realizzare il collegamento fra
conduttori di terra, conduttori di protezione e conduttori equi potenziali principali. Una
interruzione dei collegamenti pu rendere inefficace tutto il sistema di protezione: per tale
motivo il collettore principale di terra deve essere facilmente controllabile e individuabile nei
collegamenti.
La funzione dei conduttori di protezione quella di convogliare la corrente di guasto dalle
masse al collettore principale di terra e quindi al dispersore.
Una interruzione del conduttore di protezione rende inefficace il sistema di protezione, con
la conseguenza di fare permanere in tensione la massa del componente elettrico guasto.
La funzione dei conduttori equipotenziali quella di assicurare la equipotenzialit fra le
masse e le masse estranee, intendendo per queste ultime quegli elementi conduttori (es.
tubazioni metalliche, ecc.) in grado di introdurre un potenziale pericoloso.
Con i collegamenti equipotenziali si evita che in caso di guasto si possano manifestare
differenze di potenziale pericolose fra parti metalliche che possono essere toccate
contemporaneamente da una persona.
Per conduttori equipotenziali principali si intendono quelli che collegano il collettore
principale di terra alle principali masse estranee alla base dell'edificio, in particolare alle
principali tubazioni metalliche; per conduttori equipotenziali secondari si intendono invece
quelli collegati localmente in alcuni ambienti (es. locali bagno).
La figura seguente riporta un esempio di collegamenti in un impianto di terra in cui
appaiono tutti gli elementi sopracitati.
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Elementi di sicurezza elettrica
Cap. 14 - pag. 10
Figura 14.4
Sistemi TT, TN, IT
I sistemi elettrici vengono classificati a seconda dello stato del neutro e della messa a terra
delle masse. Vengono quindi contrassegnati da due lettere, delle quali:
- la prima indica lo stato del neutro: T= messo a terra, I= isolato
- la seconda indica lo stato delle masse: T= messe a terra, N= collegate al neutro.
Si hanno quindi i sistemi TT, TN, IT. Il sistema IT raramente usato. Il sistema TN usato in
molti paesi europei. Il sistema TT quello usato in Italia e si occuperin maggiore dettaglio
solo di questo.
Il sistema TT
il sistema per legge utilizzato in Italia per i sistemi in BT. Il centro stella, cio il neutro del
sistema trifase, collegato a terra, con un impianto indipendente. In questo modo in caso di
guasto esiste una corrente di circolazione secondo questo percorso: la sorgente di tensione
(cio il secondario del trasformatore), le linee di alimentazione, l'apparecchio, l'isolamento
guasto, la massa, la resistenza di terra dell'impianto di messa a terra, la terra stessa, la
resistenza di terra del centro stella. Questa corrente circola anche in assenza di contatto
indiretto: basta il guasto a chiudere il circuito.
Nel caso che una persona venga a contatto con una massa in condizioni di guasto, la
situazione pu essere rappresentata dal seguente circuito, dove si introduce anche la
resistenza R
N
della messa a terra del neutro. A fianco il circuito equivalente di Thevenin:
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Cap. 14 - pag. 11
da cui si ottiene:
E
R
R R
E
R R
R R
eq
T
N T
eq
N T
N T

+

+
R (14.9)
e dove E la tensione di fase. La resistenza equivalente cos trovata trascurabile rispetto
alla resistenza del corpo umano; occorre allora fare in modo che:
E
R
R R
E
eq
T
N T

+
U (14.10)
L
dove U
L
la tensione di sicurezza (50 V). Da questa relazione consegue che necessario
avere:
R
U
E U
R
T
T
L
N


(14.11)
Con un sistema 220/380 e una resistenza di terra del neutro di 1 ohm occorrerebbe avere
R
T
0,3 , valore molto piccolo e realizzabile solo con un impianto di terra molto efficiente.
Per proteggersi dai contatti indiretti nei sistemi TT occorre allora seguire la strada
dell'interruzione automatica dell'alimentazione.
14.3.5 - Interruzione automatica dell'alimentazione
Una strada quella di porre protezioni di massima corrente, che intervengono in presenza
di corrente di guasto. con lo scopo di ottenere:
R I U
T g L


(14.12)
dove I
g
la corrente di guasto, un opportuno rel magnetotermico. Questo va quindi tarato
in base al valore della resistenza di terra. Il magnetotermico ha tempi di intervento diversi a
seconda dell'entit della corrente: occorre allora che la caratteristica tempo-corrente di
intervento del magnetotermico per il valore della resistenza di terra, dia una curva che si
trovi al di sotto della caratteristica di sicurezza tempo-tensione per il corpo umano.
Con questo tipo di protezione occorre una resistenza di terra tanto minore quanto maggiore
la potenza dell'impianto, in modo che la corrente di guasto sia pericolosa se di valore
elevato, superiore alla corrente nominale dell'impianto, per evitare che il magnetotermico
intervenga in condizioni di funzionamento prive di guasto, per esempio a pieno carico,
quando l'assorbimento di corrente elevato. Per esempio un impianto con una corrente
nominale di 50 A (potenza nominale, con un sistema trifase a 380 V, di 33 kVA) richiede
una resistenza di terra decisamente inferiore ad 1 ohm, per avere un magnetotermico che
intervenga oltre i 50 A nominali dell'impianto.
Un'altra protezione molto efficace costituita dal rel differenziale detto anche salvavita.
In un impianto monofase questo dispositivo confronta la corrente che entra nell'impianto e
quella che esce tornando via neutro; in un sistema trifase confronta la somma delle tre
correnti delle fasi con la corrente del neutro. In assenza di guasti le correnti entranti devono
essere uguali alle correnti uscenti. Una differenza anche piccola sintomo che una frazione
di corrente ha scelto un'altra strada, vale a dire via terra, per il ritorno; quindi esiste un
guasto. La corrente differenziale I
N
nominale pu anche essere molto piccola:
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Cap. 14 - pag. 12
R I U
T N L
(14.13)
Normalmente un differenziale domestico tarato per intervenire anche a 0,03 A. In questo
modo possibile permettersi valori di resistenza di terra anche molto elevati (in questo caso
1666 ohm); tali valori non sono pi legati alla potenza nominale dell'impianto; si realizza
inoltre una notevole protezione anche contro i contatti indiretti.
Spesso negli impianti vengono posti pi salvavita, disposti in modo gerarchico e con tempi
di intervento e correnti differenziali nominali diverse: il salvavita posto per esempio su una
dorsale principale avrtempi di intervento e correnti differenziali nominali maggiori di quelli
posti pi a valle, sui diversi rami dell'impianto. In questo modo in caso di guasto questi
intervengono prima, interrompendo solo sui rami interessati, mentre i rel pi a monte
intervengono nel caso di fallimento di uno di questi rel locali. In questo modo si realizzato
il coordinamento delle protezioni.
File: franchino - d:\proj\unibg\elett.mec\dispense\Cap14.doc
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