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Pietro Archiati Roma, 21 25 Giugno 1994

Cari amici, in questi giorni vogliamo approfondire alcuni aspetti della pedagogia, del modo in cui noi ci rapportiamo ai bambini piccoli, perch certamente ricordate che Steiner insiste sempre di nuovo sullimportanza dellatteggiamento interiore delladulto, sia in quanto insegnante sia in quanto genitore. Se si leggono i volumi 293, 294 e 295 dellOpera Omnia (Arte delleducazione I: Antropologia; Arte delleducazione II: Didattica; Arte delleducazione III: Conversazioni di tirocinio e conferenze sul piano di studi), emerge chiarissimamente limportanza della qualit interiore del maestro, della qualit interiore delladulto, e non insisteremo mai abbastanza sul fatto che, in effetti, noi comunichiamo al bambino piccolo molto di pi quello che siamo che non quello che riusciamo a mettere in opera in fatto di strumenti, di

espedienti didattici. Quindi, il lavoro su se stessi molto importante, ma c anche una parte ben specifica di metodologia didattica, ci sono delle cose da imparare per evitare di fare certi errori: per questo abbiamo lAntropologia e la Didattica, sotto forma di due volumi, che raccolgono le conferenze che Steiner teneva, rispettivamente, nella prima e nella seconda parte della mattinata. Deve esserci un equilibrio fra questi due aspetti pedagogici, fra ci che il maestro dentro di s, da un lato, e, dallaltro, ci che il maestro deve imparare in fatto di cose concrete, di tecniche pedagogiche, se vogliamo, per evitare di fare certi errori specifici in campo di formazione, di educazione. Se riflettiamo su questo equilibrio fra la qualit interiore del maestro, delladulto, e le capacit metodiche e tecniche che egli deve acquisire, ci rendiamo conto che proprio questo equilibrio formativo, e proprio in questo equilibrio Steiner formava i formatori, perch dava loro i presupposti

per evitare i due estremi: lestremo di puntare unicamente sulla qualit interiore del maestro illudendosi che non c nulla da imparare a livello specificamente metodico-didattico, e lestremo, che conosciamo bene in quanto nel nostro tempo di materialismo dominante, di illudersi che la formazione sia questione di espedienti tecnici da imparare. Steiner, in fondo, ci dice che maestri si nasce, e si diventa anche. Dire soltanto che artisti si nasce , infatti, una grande unilateralit, perch si disattende tutto ci che va imparato in chiave di tecnica, di rapporto specifico con gli strumenti dellartista; se si pittori, per esempio, si disattende tutto ci che si deve imparare nel maneggiare i pennelli, i colori, i vari materiali di cui sono fatti i colori, a seconda che siano o meno colori vegetali. Se, al contrario, diciamo che pittori si diventa, trascuriamo la realt profondissima, che per unartista ancora pi fondamentale, di ci che portiamo con noi dal mondo spirituale, come risultato della nostra evoluzione precedente. Questo ci fa capire sempre

meglio che la pedagogia unarte, non una tecnica: unarte, e bisogna essere artisti. Si pu dire che il maestro lartista per eccellenza, perch nelleducare c un concerto, una sinfonia di tutte le arti. Nelleducare bisogna rapportarsi fisicamente a tutte le forme di arte, per dare al bambino la possibilit di rafforzare la propria umanit confrontandosi con esse. Tutto in chiave di arte: arte del parlare, arte della pittura, arte del calcolare, arte dello scrivere. Leducazione tutta in chiave di arte, perch lelemento artistico ci pone nel centro, ci pone il compito di ricostruire sempre lequilibrio tra ci che siamo gi divenuti, ci che portiamo con noi, e ci che dobbiamo acquisire, ci che dobbiamo imparare. Quindi maestri si nasce, ma si diventa anche. Se diciamo che maestri si nasce, sorge allora la domanda: pu essere che qualcuno non ha portato con s, questa volta, valicando la soglia della nascita, i presupposti per essere un maestro? Ci sono persone che non sono in grado di

essere maestri, nonostante che facciano di tutto per acquisire gli elementi didattici, gli elementi della tecnica ecc.? A me pare che la risposta sia affermativa, che larte del maestro non per tutti. Infatti il karma ci dimostra che non per tutti. Non previsto che tutti siano maestri. Se lo fosse, ogni essere umano che entra nellesistenza porterebbe con s questa specifica capacit artistica di accompagnare altri esseri umani nel loro processo incarnatorio; perch leducatore ha il compito di accompagnare gli esseri umani che si incarnano dopo di lui nel loro processo incarnatorio: questo un compito ben specifico, e non di tutti. Io penso che riflettendo sul fatto che questo compito non di tutti e non per tutti, il maestro si rende conto di avere a che fare con una missione particolare, che non data a tutti e che , come sapete, di immensa responsabilit morale, in quanto il bambino non ha ancora la possibilit di porsi con autonomia nei confronti delladulto, ma costretto, soprattutto nei primi sette anni, dove vige il principio dellimitazione, ad assumere dentro il

proprio essere quello che gli sta intorno, quindi a strutturarsi ad immagine delle persone che lo circondano. Gi da questo solo risulta una responsabilit morale indicibile. Limitazione, la dedizione assoluta del bambino allambiente che lo circonda e che lo forma dal di fuori, lelemento specificamente religioso delleducazione. Una forma pi attutita , invece, il principio dellautorit che, come sapete, vale dai sette ai quattordici anni, quando il bambino vive lesperienza del maestro ed anche dei genitori come autorit che non si possono mettere in discussione, perch se si potessero mettere in discussione non sarebbero pi delle autorit. Principio dellautorit significa che ci che vero per il maestro lo anche per il bambino, ci che bello per il maestro lo anche per il bambino: il bambino lo sente come bello, non lo giudica bello con lintelletto. E ci che il maestro vive come buono, anche il bambino dai sette ai quattordici anni lo vive come buono, spontaneamente. In questi giorni si tratter di vedere un

pochino quali sono i vostri desideri reali, a che punto siamo in fatto di pedagogia: forse la cosa migliore sar che io, di volta in volta, introduca un argomento, proponga alcuni contenuti, soprattutto sulla falsariga delle conferenze che avete indicato. Oggi partiamo dalla ottava conferenza di Antropologia, quella sui sensi, e poi vedremo... E importante che da tutti noi vengano gli spunti, magari le richieste di approfondimento: non dobbiamo aver paura di ripetere, perch la ripetizione fa parte del principio del ritmo, il problema c solo quando una ripetizione avviene esattamente come la prima volta. Se lessere umano in evoluzione, ripete, ma ad un altro gradino: i contenuti rimangono gli stessi, ma lui in grado di vederli con occhi nuovi. Se io rileggo per la terza, quarta o quinta volta un libro di Steiner, il problema non nel fatto che io rileggo le stesse cose, il problema che io sia cambiato, perch se sono cambiato, le stesse cose mi parleranno in modo diverso. Quindi, un bravo maestro non ha mai paura della ripetizione, perch sa far scaturire dal

proprio essere ed evocare nei bambini la capacit di rivivere le stesse cose in un modo sempre diverso. E per il bambino una gioia poter vivere dentro questa grande polarit dellesistenza, questa polarit fra il sempre nuovo, e il costante sempre diverso (il ritmo). Per quanto riguarda i sensi, io ho pensato di proporvi un paio di pensieri. Parto da unaffermazione che forse vi sorprender, ed che quando diciamo che un animale percepisce qualcosa, ad esempio quando diciamo che percepisce un colore o un tavolo, noi diciamo degli antropomorfismi: queste affermazioni sono sbagliate, perch lanimale non capace di percezione, questa laffermazione che vorrei mettere alla base delle nostre riflessioni sui sensi, perch la realt dei dodici sensi presuppone che noi ci facciamo un concetto di ci che la percezione. Ogni senso una porta di percezione del mondo esterno. Poi li vedremo tutti e dodici. Adesso ritengo importante riflettere su cosa avviene quando percepiamo qualcosa, che poi percepiamo con locchio o con lorecchio

o con il naso, che sia una percezione uditiva, gustativa, olfattiva o visiva, queste sono variazioni importanti, ma perch le chiamiamo tutte percezioni sensibili o sensorie? E perch chiamiamo i dodici sensi tutti sensi? Perch hanno qualcosa in comune: hanno in comune la percezione sensibile o sensoria. Che cosa specifico della percezione sensibile o sensoria? Il fatto che si tratta di un fenomeno specificamente umano, che non riguarda affatto gli animali. Quindi gli animali non sono in grado di percepire le cose, e dire che un gatto percepisce un colore un grave errore di pensiero, unapprossimazione alla quale ci siamo abituati, ma, in chiave di scienza dello spirito, importante che noi correggiamo queste approssimazioni, che procediamo con maggiore rigore scientifico. Vi ricorderete che Steiner, nel corso della conferenza, accenna al fatto che la scienza dello spirito molto pi rigorosa della scienza ufficiale, la quale, non avendo altri presupposti pi specifici, fa delle grandi approssimazioni, spesso commettendo gravi errori.

Diciamo, quindi, che lanimale sente il colore, (fg. 1 )

Prendiamo un gatto o un toro che guarda una superficie rossa. Questo sentire il polo corrispondente alloperare (qui un po difficile trovare le parole giuste, perch il linguaggio non ancora arrivato al punto di distinguere con chiarezza questi fenomeni) (fig. 2) Per lanimale, nel lato oggettivo, c loperare delle cose dentro di lui e, nel lato soggettivo, c il sentire. Lanimale capace di sentire; quando la luce troppo forte gli fa male, quando gli manca il cibo soffre. Il gradino successivo consiste nel fatto che ci deve essere una regione dentro di noi (a sinistra nella figura), dove le cose cessano di operare dentro di noi: e questa la percezione. La percezione la capacit di portare loperativit delle cose dentro di noi al punto nullo. Quindi

la percezione si pu descrivere soltanto negativamente. Se qualcuno di voi ha studiato i testi di teoria della conoscenza di Steiner (La filosofia della libert e anche gli scritti sulle opere di Goethe), si sar reso conto che ogni volta Steiner tenta di rispondere alla domanda: che cos la percezione? Come possiamo arrivare alla percezione? Togliendo tutto ci che noi siamo abituati ad aggiungere con il pensiero. Quando noi togliamo tutto ci che siamo abituati ad aggiungere tramite il pensare, che cosa resta? Nulla. In altre parole, non si pu dire che cos la percezione, perch noi diciamo cos la percezione con il pensiero. Quando io dico: Questa una rosa, ho gi oltrepassato la percezione, sono gi nel pensiero. Con il pensiero dico che questa cosa qui una rosa. Che cosa avevo quando ero nella pura percezione? Niente! Quindi la percezione un addormentarsi per lessere umano in quanto essere pensante, e, daltra parte, soltanto un essere pensante, capace di pensiero, capace di addormentarsi nel pensiero.

Se vi sembra difficile capire quello che sto dicendo, trasponetevi in quel momento in cui noi guardiamo una cosa e ci chiediamo: Che cos? (fg. 6). Cosa avviene in quel momento? Vedo qualcosa di nero a distanza, poi, pian piano si avvicina e vedo che si tratta di uno sciame di mosche: quando vedo a distanza, e sto l a scrutare, quella la percezione. Quindi la pura percezione assenza di pensiero. La percezione provocazione a pensare, e solo lessere umano capace di percezione, perch solo lessere umano capace di pensare. Partiamo dalla percezione dellIo, dal senso dellIo. Il senso dellIo serve a percepire lIo altrui. Il senso dellIo non il sentimento dellIo. Con il sentimento dellIo, io sento il mio Io, il senso dellIo, invece, percepisce lIo altrui. Il mio Io non lo posso percepire, lo posso solo vivere, quindi vedete che, in un certo senso, non possiamo mai avere, nei confronti del nostro Io, quella distanza assoluta che, ci consente la percezione.

Non possiamo mai staccarci dal nostro Io, ecco perch non possiamo percepirlo. Ma lIo di un altro lo posso percepire. Proprio perch non posso mai uscire da me stesso, il mio Io non pu mai diventare percezione, perch nella percezione io devo perdere del tutto lessere. La percezione il punto in cui perdo del tutto lessere, e perdo del tutto lessere nella percezione affinch mi sia data la possibilit di riconquistarmi lessere nel pensiero. Il mio Io non lo posso mai perdere, quindi non lo posso mai percepire. Il mio Io non lo posso mai pensare in senso stretto. Le cose si complicano se mettiamo in rapporto lIo ordinario con lIo superiore: siccome il mio Io ordinario non il mio Io superiore, allora posso anche parlare di percezione dellIo superiore, ma bisogna prima distinguere fra lIo ordinario e lIo superiore. In questo contesto, per, limitiamoci alla distinzione tra il nostro Io come lo viviamo normalmente, e lIo dellaltro, cos come lo percepiamo in base ad un senso ben specifico, che lavora come tutti gli altri sensi, il senso dellIo appunto.

Nelle nuove edizioni di La filosofia della libert, soprattutto nelle aggiunte del 1918, Steiner descrive che cosa avviene quando parliamo fra di noi, quando due persone, chiamiamole A e B, parlano insieme. Come fa A a capire quello che dice B, e come fa B a capire quello che dice A? Io non posso diventare laltro: quindi non unenorme illusione, non unenorme presunzione quella di dire che ho capito laltro? Lo , perch io posso recepire dentro di me soltanto quello che consono al mio essere; e se quello che consono al mio essere non avesse nulla a che fare con quello che laltro ? Come faccio a dire che lho capito? C comunicabilit fra gli esseri umani o no? Questa domanda molto importante, ed ha svariati risvolti psicologici, pedagogici e filosofici. La risposta a questa domanda, in fondo, finora nellumanit lha data soltanto la scienza dello spirito, perch soltanto la scienza dello spirito in grado di analizzare il fenomeno della percezione. Nella misura in cui, invece, la scienza moderna ha paragonato, sempre di pi, luomo allanimale, ha perso la possibilit di comprendere i

fenomeni sia della percezione sia del pensare, e per essa rimane senza risposta la domanda su come avvenga linterazione fra due esseri umani se nessuno dei due pu uscire da se stesso. A resta in A e B resta in B, perch ognuno dei due si illude di aver capito laltro, ma questa comprensione soltanto un prolungare il proprio essere nellaltro, un attribuire ci che si ha dentro di s allaltro: questo non significa aver capito laltro. Se noi facciamo con A e B lo stesso procedimento di prima ed attribuiamo ad entrambi, in quanto esseri umani, sia la capacit di percezione che di pensiero, che cosa avviene? Avviene che A ha la capacit di percepire B in base al senso dellIo, e B, ugualmente, ha la capacit di percepire A in base al senso dellIo. Ora analizziamo soltanto A. Cosa fa A quando ascolta B? Quando A ascolta B nella percezione di B. Cosa significa che A percepisce B col senso dellIo? Significa che A sospende per un momento il sentimento del proprio Io e si addormenta in B: velocemente, perch quando due persone si parlano ci si addormenta e ci si sveglia in un

attimo. I fenomeni spirituali hanno una velocit che non minimamente paragonabile con la lentezza, la pesantezza del mondo della gravita. Il mondo spirituale il mondo della levit. Luomo doggi, abituato a considerare reale solo il materiale, la pesantezza, la lentezza della materia, ha difficolt ad immaginarsi un fenomeno come quello che si svolge spiritualmente fra due persone che parlano, dove, in un secondo, c la possibilit di addormentarsi cinque volte, e di risvegliarsi altrettanto alla svelta. Basta un pochino di ginnastica spirituale. Basta capire che nel mondo dello spirito i fenomeni non soggiacciono alla gravita, quindi possono essere molto veloci. Quando A percepisce B perch si pu parlare di percezione? Perch la percezione nulla, solo col concetto A o B dice: Ah, qui ho a che fare con un Io umano. Quindi, quando A si risveglia nel pensiero e trova il concetto, che concetto trova? Il concetto dellIo (fig. 7) Ho a che fare con un Io!. Adesso

dov A? Nel suo pensiero, e col suo pensiero dice: io ho a che fare con un Io. Prima di risvegliarsi nel suo pensiero, quale era la percezione? Quella di addormentarsi in un Io. Cos come prima aveva, mettiamo, percepito una rosa, ora percepisce un Io, e si risveglia nella sua attivit pensante col concetto di rosa e col concetto di lo. Mentre era nella percezione della rosa cosa era avvenuto? Un addormentarsi nella rosa. Quindi la percezione della rosa un addormentarsi nella rosa: a che scopo? Affinch ci si risvegli al processo pensante col concetto di rosa. Quando io percepisco un altro io umano, mi addormento nellaltro io umano. A che scopo? Questo esercizio che laltro mi faccia addormentare dentro il suo Io quando faccio lesperienza della percezione dellIo altrui, ha lo scopo di farmi risvegliare dentro al mio Io e di farmi dire: E un Io!. Come faccio a sapere che laltro un io? Perch mi rendo conto che lelemento nel quale mi sono addormentato della stessa natura dellelemento nel quale mi sveglio, cio il pensare. Infatti il senso dellIo viene dopo il senso del pensiero, perch

soltanto un essere capace di pensiero un essere capace di Io, dellesperienza dellIo. Quindi la successione dei sensi molto importante. Al senso dellIo segue il senso del pensiero, o della rappresentazione, un senso estremamente complesso. Dopo segue il senso del linguaggio, del suono articolato, quindi viene il senso delludito, del suono non linguistico, del suono, non del rumore, perch il senso delludito non il senso del rumore. Il senso delludito il senso del suono, e per avere la percezione di un suono in quanto suono, devo percepire attorno a questo suono tutti i suoni armonici che lo accompagnerebbero se di un suono facessimo una melodia o unarmonia. Se volete facciamo una scala dei sensi (fig. 8). Nellantropologia tradizionale, ludito viene riferito sia al senso delludito sia a quello del linguaggio, mentre qui si distingue tra un senso che percepisce la parola e un senso che percepisce il suono, il suono non prodotto dallessere umano che parla. Poi vengono il senso

del calore, il senso del colore o vista, il senso del gusto, il senso dellolfatto. Quindi abbiamo il quaternario dei sensi attraverso i quali noi percepiamo la nostra interiorit: il senso dellequilibrio, attraverso il quale noi percepiamo lo stato di equilibrio o di squilibrio del nostro organismo, quindi il senso del movimento, del movimento interno dellorganismo, per esempio quando parliamo con qualcuno possiamo avere la percezione dei movimenti della laringe o degli umori dentro di noi. Abbiamo quindi il senso della vita, cio la percezione del benessere e del malessere dellinsieme della nostra corporeit: per esempio se ci si sente stanchi, in che modo si percepisce il senso della stanchezza? Attraverso il senso della vita. Oppure come si percepisce la forza, la vitalit quando ci si sveglia al mattino dopo un buon sonno? Se non ci fosse il senso della vita, non potremmo sentirci cos pieni di energia. Lultimo il senso del tatto. I quattro sensi dellIo, del pensiero, della parola e del suono, ci permettono di percepire linteriorit di altri esseri,

soprattutto di esseri umani. Il calore, la vista, il gusto e lolfatto, servono a percepire il mondo circostante. Quindi abbiamo un modo quadruplice in cui lessere umano percepisce un altro essere umano, un modo quadruplice in cui lessere umano percepisce il mondo e, infine, un modo quadruplice in cui lessere umano percepisce se stesso attraverso il senso dellequilibrio, del movimento, della vita e del tatto. Per vedete che dove io divento percezione per me stesso, non percepisco il mio Io, non percepisco i miei pensieri, perch i miei pensieri li devo pensare, non percepire, mentre posso percepire i pensieri di un altro essere umano. Quali sono gli aspetti di me che io percepisco? Quelli corporei. Riguardo a me stesso dov che mi divento percepibile? Nella mia realt corporea. Invece dove si tratta di condurre pensieri, dove si tratta di architettare le parole e dove si tratta di far prorompere dei suoni da strumenti musicali, tutta questa realt che deve promanare da me non la posso percepire, posso solo attivamente produrla. Devo creare lIo, perch il mio Io non mi viene mai dato con la

percezione, lo devo sempre creare, devo creare pensieri, perch se non li penso non li posso percepire, non ci sono. Soffermiamoci con Steiner sul mistero dellIo, e prendiamo, da questa ottava conferenza, laffermazione che dice che dove io vivo il mio Io si tratta di un processo di volont, mentre la percezione dellio altrui un processo di conoscenza. Cosa significa che io sperimento lIo altrui in chiave di conoscenza, e che sperimento il mio Io in chiave di volont? Che tipo di polarit questa fra conoscenza e volont? La polarit conoscenza-volont sottesa a tutte queste conferenze (fig. 9) Che tipo di polarit ? Nella conoscenza io ho la possibilit di star fuori dalle cose. Come mi tiro fuori dalle cose? Mi tiro fuori dalle cose se lascio dentro di me soltanto unimmagine di specchio. Nella conoscenza noi perdiamo la realt in quanto operante e tratteniamo della realt solo unimmagine speculare. Nella volont, invece, ci inseriamo nella realt attraverso il nostro operare vivente. Se

ora ci chiediamo a che serve questa capacit che noi chiamiamo il pensiero, la conoscenza, la capacit di esperire il mondo in chiave conoscitiva, se ci chiediamo a che serve avere dentro di noi soltanto le immagini delle cose, la risposta : serve alla libert. La possibilit che noi abbiamo di ridurre le cose, che fuori di noi sono reali, alla loro immagine morta, speculare, fa s che queste cose non ci costringano in nessun modo, non ci determinino. Quindi la conoscenza ordinaria, che una conoscenza di immagine speculare, il presupposto necessario della libert. Questa conoscenza laltro lato della percezione. Che cosa ho nella percezione? Il nulla della cosa! E nel pensiero ordinario che cosa ho della cosa? Solo unimmagine. Ed entrambi a cosa servono? Alla libert. Quindi, la percezione ci rende possibile la rappresentazione, il pensiero e il concetto. Il concetto ci rende liberi. In altre parole, nel polo della

conoscenza lessere umano si tira fuori dalla realt e si rende libero. Il polo della conoscenza il polo di individuazione, di separazione dal reale. Perci bisogna stare attenti con il bambino a non diventare unilaterali nella conoscenza, perch lo si tirerebbe fuori dal reale, mentre il bambino vive una fase in cui dentro al reale, e si pu cominciare a tirarlo fuori soltanto intorno al quattordicesimo anno, quando il ragazzo comincia ad essere capace di concetti veri e propri, grazie ai quali si pone oggettivamente di fronte al reale. Quindi, in che modo ho lIo altrui? Ce lho in chiave di percezione e in chiave di rappresentazione concettuale. In altre parole, che cosa ho io dellaltro? Niente, ho dellaltro ci che mi lascia libero, e perci un altro e non io. Invece il mio Io lo devo esperire in chiave volitiva, perch il mio Io una realt; non posso avere del mio Io soltanto limmagine speculare, perch sono io. Riassumendo: dove sono in chiave di conoscenza mi tiro fuori dalla realt, quindi la conoscenza un processo di individuazione, dindipendenza, di

rendersi autonomi, perch l lascio le cose, le lascio totalmente nella percezione. Invece nel polo della volont sono dentro alle cose, l agisco, l si tratta di un dinamismo dove gli esseri sono gli uni dentro agli altri. E, in fondo, tutta larte educativa unarte di sano ritmo, di sana alternanza tra questi due poli. Prendiamo un esempio, lesempio del linguaggio, in quanto il linguaggio presenta entrambi i fenomeni, sia quelli conoscitivi che quelli volitivi. A livello grammaticale (il bambino non lo deve sapere, ma il maestro deve sapere in che modo il bambino vive lelemento grammaticale della conoscenza e lelemento grammaticale della volont) qual lelemento specifico della conoscenza? Il sostantivo. E qual lelemento grammaticale specifico della volont? Il verbo (fg. 10) Ogni volta che il maestro pronuncia un verbo, il bambino vive nella realt dellinserirsi nellazione, perch ogni verbo un fare, un operare. Nelloperare io sono in interazione con il

cosmo; quando invece ho un concetto, che si esprime nel sostantivo, sto contemplando il cosmo. Si potrebbero fare esercizi per vedere che differenza c tra il raccontare una fiaba in chiave di sostantivo e il raccontare una fiaba in chiave di verbo. Gli aggettivi sono elementi del sentimento, i sostantivi sono elementi del pensiero e i verbi sono elementi della volont. Quali bambini vivono, grazie al loro temperamento, nellelemento del verbo? I collerici. Quale temperamento vive di pi nellelemento del sostantivo? Il malinconico, che si tira fuori del mondo, osserva il mondo in modo contemplativo (fig. 11). E quale temperamento vive di pi nellelemento dellaggettivo? Sono due, uno che tende pi verso il sostantivo e un altro che tende di pi verso il verbo: flemmatico e sanguinico. Nella misura in cui il maestro ha questa consapevolezza, diventa

veramente unartista. In chiave di letteratura, ad esempio, cosa abbiamo nel verbo? Lelemento drammatico. Nel sostantivo abbiamo lepica, e nellaggettivo abbiamo lelemento lirico.

SOSTANTIVO EPICA PENSARE AGGETTIVO LIRICA SENTIRE VERBO DRAMMATICA VOLERE

Sono tre sfumature completamente diverse: quando io declamo qualcosa in chiave di epica, devo mettere laccento sui sostantivi; se, invece, presento qualcosa in chiave drammatica, devo stare attento ai verbi. E quando recito in chiave lirica, lelemento importante sono gli aggettivi. Se prendiamo i vangeli per esempio, il Vangelo di Marco il vangelo della volont, e perci pi breve, perch a Marco non interessa tutto quello che il Cristo ha spiegato, gli interessa ci che il Cristo ha fatto. Il

Vangelo di Giovanni il vangelo dei sostantivi, il vangelo del pensiero. Il Vangelo di Luca, il vangelo del cuore, il vangelo delle sfumature, veramente il vangelo del sentimento, dove lelemento portante sono gli aggettivi, le qualit animiche che essi esprimono. Prendiamo adesso la fiaba di BIANCANEVE E ROSAROSSA: legger la fiaba in chiave di verbi, sottolineandoli e, poi, in chiave di aggettivi. LETTURA Appendice) FABIA (riportata in

Se si attenti si sentono anche le mancanze che spesso si trovano nelle traduzioni. Facendo un confronto con il testo originario, in tedesco, si scopre una cosa molto interessante, e cio che il sostantivo e il verbo hanno, nellinsieme della lingua tedesca, un ruolo molto pi importante che non nella lingua italiana, dove prevalgono gli aggettivi. Nel testo italiano evidente la diluizione del verbo. Il testo italiano, per esempio dice: Erano cos buone che al mondo non se n mai viste... mentre il

testo tedesco dice: ...che al mondo non ne erano mai sorte. Vedete la differenza? In italiano il verbo meno forte. Nel tedesco, quindi, il bambino acquisisce un rapporto molto pi intenso con il verbo, con lazione. Lelemento volitivo, del resto, quello nel quale il bambino vive gi in partenza, mentre con il passare del tempo laccento si sposta sullaltro polo, quello del sentire e, pi tardi ancora, su quello della conoscenza. Ancora, il testo italiano dice: cogliere farfalle. Vi sembra giusta questa espressione? Le farfalle si colgono o si prendono? I fiori si colgono, le farfalle si prendono! I verbi non si possono mettere a caso. Vedete come importante trovare una forma, una chiave di lettura per una fiaba, perch il bambino vive nelloggettivit del linguaggio, vive nelloggettivit di ci che un verbo suscita dentro di lui come esperienza operante. Se dico prendere fiori e cogliere farfalle, non va bene. Il bambino deve sentire: cogliere fiori e prendere farfalle. Continuiamo la lettura adesso troviamo nel testo italiano: Biancaneve

se ne stava con la mamma... Non sarebbe meglio stava ? Con quel se ne il verbo non risulta un po annacquato? Adesso poniamo un altro problema: Biancaneve chi ? E Rosarossa chi ? Biancaneve il bianco-niveo della conoscenza (la neve la realt del bianco in forma pura), Rosarossa il rosso-roseo degli impulsi volitivi (la rosa la realt del rosso in forma pura): in questa fiaba abbiamo a che fare con queste polarit dellessere umano, quindi tutto ci che in chiave conoscitiva lo deve compiere Biancaneve, e tutto ci che in chiave volitiva lo deve compiere Rosarossa. Si pu anche leggere il titolo italiano sottolineando di pi neve in Biancaneve e rossa in Rosarossa: infatti, nella conoscenza viene prima il sostantivo e poi laggettivo, nella volont viene prima laggettivo e poi il sostantivo: Nevebianca e Rossarosa. Intervento: E nella lingua inglese, dove laggettivo viene sempre prima del sostantivo?

Archiati: il rapporto tra aggettivo e sostantivo molto importante. In italiano si possono avere tutte e due le possibilit, per un buon ragazzo non un ragazzo buono, un buon uomo non un uomo buono: buoni uomini ce ne sono tanti, uomini buoni molto meno. Gli inglesi non hanno questa possibilit di invertire laggettivo e il sostantivo che noi abbiamo e che, tra laltro, usiamo troppo poco perch stiamo impoverendo il linguaggio in modo pauroso. Questa possibilit di invertire laggettivo e il sostantivo, ci permette di esprimere le sfumature: una piccola cosa non una cosa piccola. Non so se sapete che in tedesco c un solo elemento grammaticale che viene scritto sempre in maiuscolo, ed il sostantivo. Cosa vuol dire questo? Questo fatto indica il pericolo di una grossa unilateralit, il pericolo di intellettualizzare, di arroccarsi troppo sul lato del pensiero. Per, bisogna aggiungere a questa unaltra osservazione, e cio che quando un polo viene esasperato, laltro reagisce a sua volta, e qual laltro? Quello della volont.

Oggi prendiamo la settima conferenza di Arte delleducazione II: Didattica. Ci interessa in particolare il modo in cui Steiner descrive il famoso Rubicone, cio la difficile soglia dei nove anni: si tratta di una soglia perch fino ai nove anni il bambino non si percepisce, non si esperisce come diverso dal mondo, e, per questo, prima dei nove anni, ogni storia, ogni fiaba, dovrebbe dargli il senso della propria distinzione dal mondo, perch il bambino non ce lha, il bambino una cosa sola con il mondo. Intorno al nono anno, nel giro di poche settimane, di cinque o sei settimane al massimo, il bambino comincia ad avere un primo, chiaro sentimento del proprio Io, comincia a percepire la dualit fra s e il mondo, e Steiner dice che un bravo maestro dovrebbe avere locchio per accorgersi che il bambino sta vivendo questo fenomeno. La parola Io il bambino la comincia a dire verso i tre, quattro anni, ma si tratta solo della parola; ora, verso il nono anno, il bambino comincia ad osservare il mondo, e un aspetto importantissimo di questo mondo proprio il suo

maestro, mentre fino a questo momento il bambino non era capace di prendere posizione interiore di fronte al maestro, che era per lui unautorit indiscutibile. In queste settimane sorge, non a livello conscio ma a livello di sentimento, la domanda: Ma il maestro dove le prende tutte queste cose?. Quindi non ancora un mettere in discussione, bens un porre una domanda e un vivere in una lotta interiore per poter risolvere questa domanda, che non viene formulata in maniera cosciente. E Steiner dice che, dal punto di vista pedagogico, estremamente importante che il maestro trovi, in questi giorni, tempo per il bambino che sta vivendo questo momento, e che possa parlare il pi possibile con lui, in modo che, da un rapporto pi personale e stretto con il maestro, il bambino arrivi a convincersi che la fiducia che, finora aveva riposto in lui era ben fondata. Al contrario, se questa soglia non viene superata in modo positivo, si crea un abisso tra lanima del bambino e il maestro. Infatti, se non c pi la fiducia verso il maestro, e questi cessa di essere unautorit, cessa anche di essere la forza che

sostiene il bambino. Un altro aspetto di questa presa di posizione di fronte al mondo, di questo primo inizio di scissione tra lIo e il mondo, il fatto che il bambino comincia a porsi la domanda: Chi sono io?, naturalmente senza poterla formulare in modo cosciente. Un aiuto per il maestro, in questo momento, linizio delle lezioni sulle scienze naturali: grazie alla descrizione del mondo che esse consentono, il bambino, per la prima volta, prende posizione nei confronti del mondo, prende coscienza di esso, non a livello concettuale, ma vivendolo. E Steiner ci dice che sarebbe un errore cominciare dai minerali o dalle piante, perch lelemento pi vicino allessere umano lanimale, ed ogni cosa che noi portiamo al bambino deve essere sempre posta in rapporto con lessere umano, sia il topo che la seppia che il cavallo, e non in modo astratto. In altre parole, il bambino pu capire il mondo soltanto attraverso se stesso, e pu capire se stesso soltanto attraverso il mondo. Perci: conoscenza del mondo

conoscenza di s, e conoscenza di s conoscenza del mondo. E molto importante che il maestro abbia chiara dentro di s la differenza abissale che c tra il parlare di una pianta a scuola e il trovarsi nella natura vivendo questa pianta. Secondo Steiner bisogna dare le spiegazioni in classe e non quando si fuori, nella natura, perch se si porta la spiegazione sulla pianta l dove il bambino esposto alla pianta reale, si perde di vista la differenza abissale tra conoscere e vivere qualcosa. Per il bambino questi due campi sono opposti: luno il polo della conoscenza e laltro quello della volont, e quando nella natura la esperisce in chiave volitiva; sarebbe, perci, assurdo fargli prendere latteggiamento di tirarsi fuori dalla natura per contemplarla, perch lo educheremmo ad essere un individuo astratto, togliendogli le forze per vivere realmente, con tutto il suo essere, dentro la realt. Oggi siamo diventati tutti astratti e abbiamo perso la capacit di vivere con

le cose: quanti di noi esperiscono la rosa, quando nel vaso, in tuttaltro modo che quando nella terra? Non riusciamo pi a cogliere la differenza, perch abbiamo con la rosa un rapporto puramente concettuale. Oggi si vive unicamente nei concetti astratti, e se si vive nello stesso modo con il bambino, si uccide in lui la capacit, che egli porta dai mondi spirituali, di vivere nella realt concreta della natura. Perci bisogna creare in noi il senso profondo di questa polarit fra il parlare conoscitivamente delle cose e il viverci dentro con tutti gli impulsi astrali, con tutti gli impulsi eterici e volitivi. Fatte queste premesse, sorge ora il quesito: come si pu presentare al bambino il mondo degli animali? Vi ricorderete che Steiner ne parla molto minuziosamente, e porta lesempio della seppia, del topo, dellagnello e del cavallo. Si parte dagli animali inferiori e si arriva, alla fine, ai cosiddetti animali superiori. Perch si deve fare cos? Perch non si pu fare lopposto?

Intervento: Perch la seppia rappresenta la sfera del pensare. Archiati: E perch la seppia la sfera del pensare? Intervento: Perch solo testa e mancano il tronco e gli arti. Archiati: Stai cercando di ricordare la settima conferenza di Antropologia, ma manca ancora un punto fondamentale. Noi nella testa abbiamo il massimo degli organi di percezione, perci la testa un grande osservatore, ed anche molto pigra, Steiner dice che si fa portare in carrozza dal resto del corpo. Anche la seppia molto sensibile, ricettiva a tutto ci che accade intorno a lei, alle pressioni dellacqua, alle variazioni della luce, ai sapori ecc., e al minimo movimento butta fuori linchiostro. Si parte dagli animali inferiori perch essi hanno principalmente sviluppato il sistema neuro-sensoriale, e al minimo gli altri due sistemi, quello ritmicometabolico e quello degli arti.

Man mano che andiamo avanti (topo, agnello, cavallo), vediamo prevalere sempre di pi lelemento del tronco. Nellagnello, per esempio, la parte pi importante il tronco, mentre la testa solo unappendice che serve per nutrire il tronco, e le zampe servono a sostenere il tronco. Nel tronco troviamo tutta la digestione, che ancora non metabolismo vero e proprio, diventa metabolismo dove subentra lelemento dellazione, quindi senza una vera funzione degli arti la digestione rimane dentro al sistema del tronco. Dove noi vediamo che il tronco comincia a non avere pi tanta importanza? L dove dei quattro arti due vengono liberati dal servizio del tronco, e questo avviene soltanto nelluomo. C il problema della scimmia: la scimmia ha morfologicamente quattro arti, ed un grave errore distinguerli in due inferiori e in due superiori. Qual , infatti, la funzione biologica degli arti superiori, delle cosiddette mani della scimmia? E una funzione al cento per cento al servizio del tronco. Qui non troviamo un termine di paragone con le mani umane. Le mani umane non sono al servizio del

tronco, ma mettono luomo in rapporto con il mondo tramite il lavoro. Intervento: Perch la scimmia pu anche prendere degli oggetti? Archiati: E allora luccello che pu costruire un utensile cos complesso come un nido? E una questione di pensiero, e dobbiamo essere cauti nel formulare delle conclusioni. E chiaro che si possono dire tante cose dellessere umano paragonandolo con gli animali, e viceversa. Per la domanda : che cosa conosco dellessere umano quando trovo ci che lessere umano ha in comune con la scimmia? Lanimalit e non lumanit! Prendiamo laltro esempio portato da Steiner, lesempio della sensitivit. Gli animali sono sensibili, hanno dolori, bruciori ecc. Le piante, invece, reagiscono ad uno stimolo esterno. Che differenza c fra il reagire ad uno stimolo esterno e lavere una sensazione? Se la sensazione la riduciamo al fatto di reagire ad uno stimolo esterno, allora ce lha anche la

pianta. Torniamo alle mani della scimmia e alle mani delluomo: se le guardiamo esteriormente sembrano uguali, la scimmia con queste mani fa qualcosa, luomo con queste mani fa qualcosa. Ma questo solo in apparenza. E come voler paragonare lanimale che reagisce ad uno stimolo esterno con la trappola, che pure reagisce ad uno stimolo esterno: ma che cosa prendo per paragonare i due fenomeni? Solo lesteriorit di essi. Quindi non stiamo negando che il fenomeno mano della scimmia ed il fenomeno mano delluomo abbiano degli elementi esteriori superficiali in comune, ci sono, ma sono elementi superficiali. Nellessenza i due fenomeni sono del tutto diversi, perch la cosiddetta mano della scimmia essenzialmente in funzione di ci che deve avvenire dentro al tronco; la mano delluomo, invece, essenzialmente in funzione del rapporto tra luomo e il mondo, di ci che luomo deve compiere nel mondo esterno, di ci che da dentro, dallinterno dellessere umano, promana verso lesterno. Perci soltanto lessere umano ha la posizione eretta: acquisire

la posizione eretta significa che dei quattro arti, che in tutti gli altri animali, inclusa la scimmia, sono al servizio del tronco, due, grazie appunto alla posizione eretta, vengono liberati dal dover essere al servizio del tronco. I piedi portano il tronco dove il karma ci chiama, le mani servono allessere umano per compiere la sua missione cosmica. Quindi, specificamente umana non la testa, che luomo ha in comune con tutti gli altri animali, e nemmeno il tronco: specificamente umani sono gli arti. Gli arti esprimono lelemento volitivo, lelemento morale, lelemento di responsabilit karmica, lelemento di missione da compiere. Da un punto di vista morfologico la testa ci che di pi animale c nellessere umano, il tronco met animale e met umano, gli arti sono specificamente, interamente umani. Intervento: Su cosa possiamo fondare laffermazione della scienza dello spirito che la pianta non ha sensibilit? Archiati: Sul fatto che non in grado di esprimerla. Se rimaniamo ai fenomeni

che si possono osservare, noi non osserviamo la sensazione della pianta. Lanimale ha un corpo astrale, la pianta non ha niente di astrale. La sensazione un fenomeno astrale, quindi si pu trovare soltanto dove c un corpo astrale. Intervento: E le piante velenose? Archiati: La pianta velenosa lelemento di eccezione che conferma la regola, dove lastralit, che normalmente aleggia intorno alla pianta, entra dentro la pianta. Lanimale ha il corpo astrale dentro, la pianta ha al suo interno le correnti eteriche e lastralit intorno. Il fenomeno del fiore in che cosa consiste? La pianta perde il colore verde e diventa colorata nella corolla e nel frutto, dove letericit si incontra con lastralit che fuori: ma dove lastralit comincia a compenetrare letericit fin nellinterno (cfr. la Belladonna il cui frutto ha laspetto di una ciliegia nascosta, per, nel calice spinta verso il basso), lelemento fisico diventa velenoso per lessere umano. Senza la scienza dello spirito non possiamo

spiegarci i fenomeni in modo giusto. Noi abbiamo una scienza ufficiale che descrive, ma non spiega, e perci ci siamo abituati a non chiederci pi il perch dei fenomeni. Intervento: Quando abbiamo una terra secca e piove, ci si sente sollevati per questa pioggia, come se respirassimo insieme al terreno. E unimpressione solo soggettiva o la terra realmente respira? Archiati: Lessere umano deve stare molto attento rispetto ai suoi sentimenti. Perch non possiamo fidarci al cento per cento dei sentimenti? Per il fenomeno evolutivo macrocosmico dellegoismo. Tutti i nostri sentimenti sono in chiave egoistica. Lessere umano si innamorato del fisico distanziandosi dallo spirituale, e vorrebbe che tutto ci che fisico si perpetuasse. La scienza dello spirito, invece, ci dice che la terra in fase di disgregazione, e laugurio che noi possiamo fare alla terra quello di polverizzarsi. Questo significa che dobbiamo capire che tutte le cose buone, positive, che ci sono a livello

fisico-percettivo, spariranno. Se noi avremo sempre pi esseri umani che, in chiave di pensiero, arriveranno a pensare la realt sovrasensibile della rosa, avremo sempre pi esseri umani che renderanno superfluo alla rosa questo sacrificio immenso di esistere a livello fisico, dove la rosa perde il suo essere, perch il suo essere nel mondo eterico: a livello fisico deve accettare tali e tanti compromessi, a seconda che la luce sia di un certo tipo, lacqua, il terreno, i sali ecc. Quindi la rosa, nella sua natura, nella sua legge immanente pura, io non ce lho mai a livello fisicosensibile: il livello fisico-sensibile esiste come provocazione al pensiero in modo che io, nel pensiero, produca la rosa vera, quella eterica. Nella misura in cui lumanit fa questo, la rosa finisce di essere costretta a questo incantesimo, fra laltro la maggior parte delle fiabe incentrata sullincantesimo, e come si risolve la fiaba? Con il risolvere lincantesimo. Anche in Biancaneve e Rosarossa troviamo lorso, e dietro lorso c il mistero delloro. Chi la prima ad accorgersene? Biancaneve, la conoscenza.

Tutto ci che sensibile destinato a morire. Un sentimento umano che desidera leternit del visibile un risultato del peccato originale. Questo sentimento non corrisponde alle leggi evolutive. La redenzione della natura levoluzione del pensiero, e laspirazione della rosa di umanizzarsi dentro allessere umano; in quanto stato lessere umano ad espellere da s la rosa, la rosa una dimensione dellessere umano, e lessere umano la riassume dentro di s se la redime attraverso il pensiero. Steiner dice che un maestro che non ha la consapevolezza del fatto che la responsabilit morale lessenziale dellessere umano e che convinto che ci che pi bello, pi umano nellessere umano la testa, far dei suoi alunni, per tutta la vita, dei fannulloni e dei parassiti, perch la testa un parassita. Intervento: La nostra aspirazione, dunque, dovrebbe essere che la rosa fisica scompaia?

Archiati: Non che scompaia, ma che risorga nel pensiero. Nella religione si parla di resurrezione della carne. Ritornando alla conferenza, Steiner ci dice che occorre destare nel bambino il sentimento di ci che fa delluomo un essere pi perfetto nella forma esteriore, rispetto alla seppia, al topo, al cavallo, alla scimmia ecc. In questi animali gli arti anteriori non sono molto differenziati rispetto a quelli posteriori. La differenziazione degli arti appare soltanto nelluomo. Perci il maestro si deve soffermare sulla descrizione delle braccia e delle mani, deve descrivere come le mani afferrano gli oggetti per eseguire un lavoro, come possono prendere il gesso per scrivere, come possono unirsi in un gesto di preghiera ecc. Luomo pu anche non usare le braccia e le mani, lanimale no, lanimale non pu essere pigro, perch le sue mani non sono in funzione del lavoro. Anche il linguaggio esprime questa verit quando diciamo rimboccarsi le maniche. Le mani, dice Steiner, sono il

simbolo pi bello della libert umana: questo deve essere fatto sentire al bambino. Se, al contrario, si comunica al bambino lidea che lessere umano pi perfetto degli animali in base alla testa, gli si fa credere che lessere umano pi perfetto perch pigro, e questo convincimento gi prevalso nella societ, che crede che il mondo sia dei furbi. Il furbo non lessere umano che si chiede che cosa pu fare per lumanit grazie alle sue mani e alle sue braccia; il furbo la testa astuta, sagace, che si chiede come pu sfruttare gli altri. Il bambino sa che la testa pigra, ed molto felice quando pu fare qualcosa, perch sente che venuto al mondo per fare qualcosa. Potremmo riassumere tutto questo dicendo che lessere umano viene al mondo per compiere una missione, e la sua missione non si esaurisce nel dato biologico, il dato biologico solo il sostrato. In che cosa consiste questa missione? Non una missione verso gli altri, lo soltanto indirettamente, perch se diciamo che lessere umano viene sulla terra per fare qualcosa per

gli altri, in fondo siamo ancora in chiave di moralismo; per convincere qualcuno a compiere questa missione verso gli altri, dobbiamo dirgli che deve farlo, ma se lui non vuole, non siamo ancora in chiave di libert. In che modo gli mostriamo che viene a fare qualcosa che vuole lui stesso? Se lo riferiamo non agli altri ma al suo essere. In altre parole, ognuno di noi scende sulla terra con lintento di fare un grosso passo avanti nella propria evoluzione e tutto il resto strumento per questo. Ognuno di noi si incarna con lintento specificamente umano, che poi la quintessenza della libert, di acquisire, in chiave prioritaria, una dimensione specifica dellessere umano, perch ha capito che gli manca ancora, che non lha ancora coltivata in modo cos deciso, al punto da metterla al centro della vita: questa lessenza della libert. Invece, oggi, abbiamo un mondo pieno di persone che, in fondo, non sanno cosa vogliono, questo il grande problema anche del vivere insieme, magari sanno cosa devono, sanno cosa dicono i comandamenti, sanno quali

sono le aspettative della societ, le aspettative del maestro, ma si diventa liberi soltanto nella misura in cui si sa ci che si vuole. Non dico ci che si desidera, non parlo dei desideri, delle brame, ma parlo della volont, della volont pura dellIo superiore, e scoprire ci che lIo superiore vuole non cos semplice, perch bisogna acquisire una certa misura di pacatezza nei confronti delle proprie aspirazioni e delle pretese che ci vengono incontro dal mondo circostante, dalla famiglia, dal lavoro ecc. Quindi, prima di tutto, bisogna comprendere che le pretese del mondo che ci circonda non sono ancora la volont dellIo superiore. Poi, un altro travaglio quello con se stessi, cio con il proprio io inferiore, con una serie di voglie, di istinti; pensate alla quarta conferenza di Antropologia, dove ci sono questi nove gradini: Uomo-spirito risoluzione Spirito vitale proposito S spirituale anelito

Anima cosciente Anima razionale anelito Anima senziente

Corpo senziente brama Corpo eterico inclinazione Corpo fisico istinto Questi gradini sono sostrati, dimensioni dellessere, dove si tratta, per ciascuno, di vedere fino a che punto ci che si desidera, ci che si brama, sono le voglie dellIo inferiore o, invece, ci che lIo superiore veramente vuole. Io direi che lintento che portiamo dentro di noi quello di scoprire, in fondo, ci che il nostro Io superiore veramente vuole, e quando qualcuno trova ci che vuole, le cose cambiano, perch dietro

alla volont dellIo superiore, c una forza armonica, una forza che scende dai mondi spirituali e si impone, perch la volont pura dellIo superiore, la forza stessa della libert, per cui anche le persone circostanti, prima o poi, sono costrette a dire: S, questo corrisponde al suo essere, si vede che venuto sulla terra proprio per compiere questa missione, per essere un pittore di questo tipo, per essere un maestro geniale di questo tipo, per essere un lavoratore di questo tipo, proprio nel suo elemento, si vede!. E quando noi abbiamo la percezione che un essere umano nel suo elemento, non ci sono pi problemi. Perci si tratta, in fondo, di costruire questa fiducia assoluta nellIo umano, con la convinzione che ogni essere umano un Io: lo , non che lo deve diventare. E non soltanto un Io, ma un Io con la forza primigenia della libert, che sceso sulla terra con uno scopo, con degli intenti ben precisi. La parola stessa e-ducazione da e-ducere, condurre fuori, dice di che cosa si tratta: se non ci fosse niente dentro, non si potrebbe tirarlo fuori. Si tratta di fare

come il giardiniere. Abbiamo un piccolo seme di rosa: o c, in questo piccolo seme, tutta la forza eterica per far saltar fuori una rosa, o non c; il giardiniere non pu cambiare niente di questa realt. Lo stesso vale per il bambino: qui, anche se a livello fisico piccolo, come il seme piccolo, spiritualmente, sovrasensibilmente, ci sono tutte le forze, le potenzialit di unindividualit che sa quello che vuole, e porta gi dai mondi spirituali tutti i presupposti per esprimersi interamente. La scienza dello spirito ci dice che proprio cos, cos per ogni essere umano, non per uno al cento per cento e per un altro solo al novanta per cento, ma per tutti al cento per cento. Abbiamo sempre a che fare con lIo che viene sulla terra con un intento ben preciso. Un altro compito quello del giardiniere: se il giardiniere fa mancare lacqua, la terra, la temperatura giusta ecc., cambia la natura del seme di rosa? No, non cambia la sua natura, per non gli si da la possibilit di acquisire la dimensione della manifestazione fisica, non si permette alla rosa soprasensibile

di manifestarsi fisicamente. Il paragone calza fino in fondo: Steiner lo ha usato spesso per farci capire qual il modo migliore di agire con il bambino, ma anche gli uni con gli altri, perch tutto questo vale anche nel rapporto tra grandi. E molto importante portare in s la convinzione che ogni essere umano, soprattutto lessere umano che si sta incarnando, soprasensibilmente non incipiente, ma gi compiuto, e il processo non quello di far venire allessere, ma quello di far incarnare: un processo di incarnazione. Il nostro compito quello di creare le condizioni, lambiente che favorisca il pi possibile il manifestarsi di quello che c e che non decidiamo noi, cos come il giardiniere non decide lui se da questo seme verr fuori una rosa, da questaltro un giacinto e da questaltro ancora un tulipano. Il giardiniere conosce la legge immanente che costruisce le foglie di tulipano? Neanche per sogno. La legge immanente che costruisce delle foglie di rosa del tutto diverse da quelle del tulipano, una cosa che gestisce il giardiniere? Neanche minimamente. Cos, il maestro non decide ci che

questo bambino diventer, questo lo deve sapere il bambino, anzi lo sa, per, stando al paragone, il suolo che gli si mette a disposizione, laria, lacqua che sono di enorme importanza, perch se mancano le condizioni ci che potrebbe avvenire, non avviene. Rifacciamo la distinzione fra la condizione e la causa. Supponiamo che le condizioni ci siano tutte, lacqua c, il suolo va benissimo, il calore quello giusto ecc., ma se manca il seme? Non succede nulla. Quindi le condizioni da sole non producono nulla. LIo superiore viene gi con la volont di compiere una missione, ma se lIo inferiore non mette a disposizione le condizioni necessarie, non pu venir fuori nulla. Adesso supponiamo che ci siano tutte le condizioni necessarie, per manchi lIo superiore con la sua volont: cosa avviene? Niente. Ecco perch importante capire il rapporto tra condizioni necessarie e cause. La causa sempre lIo superiore. Intervento: Si pu dire che gli arti sono le condizioni e la testa la causa?

Archiati: No, non la testa, lIo. Anche la testa condizione. Intervento: Abbiamo detto che il giardiniere una delle condizioni per far fiorire la rosa, per se non c il giardiniere la rosa pu fiorire ugualmente. Archiati: Noi non abbiamo ancora deciso se il giardiniere una conditio sine qua non, perch bisognerebbe procedere ancora pi minutamente, con ulteriori distinzioni, per sapere quali condizioni sono necessarie e quali condizioni sono non-necessarie. Diciamo che il suolo necessario, perch la pianta non pu crescere senza il suolo. Il giardiniere una condizione nonnecessaria, accessoria, per pu anche darsi che il giardiniere, in un certo senso, sia colui che pone le condizioni necessarie. Riassumiamo, adesso, tutto il discorso: il bambino, che sta crescendo, vive nellelemento volitivo e nellelemento del sentimento, non

ancora capace di vivere direttamente nella testa. Steiner ci ha detto ieri che se noi, verso i nove, dieci anni, quando cominciamo a dare al bambino i primi elementi di scienza naturale, descrivendo lessere umano, mettiamo al primo posto la testa, psicologicamente portiamo il bambino ad avere un rapporto con i suoi arti tale da non apprezzarli, ed avremo, nel giro di pochi mesi, un bambino a cui abbiamo tolto la gioia di usare le proprie mani e i propri piedi. Daremmo, cio, un grosso impulso per far saltar fuori una persona intellettuale, una persona che tenta di contemplare il mondo, a cui manca il dinamismo che vuole trasformare il mondo, mentre lIo si realizza trasformando il mondo, non si realizza per aria, perch se lIo potesse realizzarsi senza incarnarsi, si realizzerebbe nei mondi spirituali. Perch scende sulla terra? Scende sulla terra perch sa che pu fare un enorme passo avanti nella propria evoluzione unicamente nellinterazione con lelemento della terra, nellinterazione, quindi usando gli arti, le braccia

soprattutto: i piedi lo portano dove deve lavorare, e le braccia e le mani gli servono per lavorare. NellApocalisse, che conoscete forse quasi tutti, c unimmagine, che nellumanit sorta sempre di nuovo, che presenta un elemento femminile solare, la donna vestita di sole, con in grembo un bambino, il figlio delluomo, cio ci che il cammino della libert umana genera. In questa immagine un elemento importantissimo il fatto che la donna ha la luna sotto i piedi: ci indica che linterazione con lelemento terrestre, con lelemento della materia, diciamo con lelemento delle pietre, delle piante e degli animali, essenziale al cammino di generazione dellIo. Due settimane fa ero a Chartres, e dicevo ai partecipanti al seminario che, in fondo, abbiamo tante bellissime raffigurazioni della madonna con il bambino, quindi di questo essere solare ammantato di sole col bimbo in grembo, nelle quali manca, per, la luna sotto i piedi. E io ponevo la domanda: Come mai la luna sotto i piedi non c pi?. In tutte le raffigurazioni c sempre la madonna

con il bambino, magari ci sono i dodici impulsi dei segni zodiacali, ma manca la luna sotto i piedi: i piedi sono gli arti, quindi manca linterazione operativa con il mondo circostante, linterazione tra lessere umano e il sostrato di natura. La luna che lelemento morto, minerale nel cosmo, rappresenta il sostrato di natura. Perch sparita la luna sotto i piedi? Perch abbiamo un cristianesimo che non ha nessun problema a raffigurare questa immaginazione primigenia degli iniziati (anche gli egizi hanno Iside con il figlioletto Horus) senza la luna sotto i piedi? Perch? Perch il cristianesimo ha perso la dimensione della reincarnazione, nel cristianesimo sorta, come tappa evolutiva necessaria dellumanit, una mentalit che ha perso la prospettiva della reincarnazione. Lumanit occidentale ha cominciato a pensare che si vive una volta sola e poi, per fortuna, si entra in paradiso, cio si cominciato a pensare che levoluzione eterna dellessere umano in cielo, nel mondo spirituale, lasciando indietro la terra.

Limmaginazione di Giovanni dellApocalisse, invece, ci presenta questa donna che non scappa via, che non si tira fuori dal mondo dellincarnazione, ma, al contrario, poggia sulla luna, cio ci dice che il fondamento dellevoluzione dellIo sono gli arti, che levoluzione dellIo si pu compiere non lasciando indietro linterazione con il mondo della natura, bens vivendoci dentro, quindi ritornando sempre di nuovo sulla terra. Il bambino al quale si comunica lentusiasmo per questo elemento specifico dellessere umano che sono gli arti, comincia a sentire dentro di s il dinamismo operativo dellIo superiore, che venuto sulla terra proprio per acquisire gli arti; il bambino sa, nel suo profondo, che non venuto gi sulla terra per cercarsi una testa che pensa, perch nel mondo spirituale pensava molto meglio di adesso, nel mondo spirituale gli mancavano gli arti, soprattutto le mani, per imprimere nel cosmo visibile questi bellissimi pensieri che lui ha gi pensato, per conseguire quei passi evolutivi, che si possono

conseguire unicamente compiendo questi gesti di trasformazione dellelemento terrestre. Quando diventer pi grande, capir che questi arti, questi piedi e queste braccia, si possono muovere nel mondo umano solo nella misura in cui c una testa che li conduce, per lessenziale che si muovano, perch se si fosse venuti sulla terra soltanto per pensare e non combinare mai nulla, sarebbe stato meglio rimanere nel mondo spirituale! Ecco perch Steiner ci conduce ad apprezzare lelemento della volont, lelemento della responsabilit morale nei confronti della propria evoluzione e, indirettamente, nei confronti dellevoluzione del cosmo. Quindi, lintenzione incarnatoria lintenzione di darsi strumenti di esecuzione dellimpulso volitivo, perch gli impulsi volitivi ci sono gi, i pensieri anche, in un certo senso si pu anche dire che nella testa di un essere umano, nello stato di veglia, avvengono di per s tantissime cose, tantissimi pensieri: il pensiero ordinario automatico. Ci che non automatico la volont, ecco

perch la volont lelemento della libert. In altre parole, nessuno di noi pu essere libero al livello del pensiero ordinario; invece esercitiamo la nostra libert nel far scendere impulsi di conquista, in chiave di evoluzione, dentro agli arti, in modo che compiamo qualcosa, e, infatti, ci sentiamo poveri, sentiamo una diminuzione del nostro essere quando ci rendiamo conto che vorremmo fare tante cose, per questa volont non arriva agli arti, non arriva fino alle mani. E qui che lessere umano fa maggiormente lesperienza della vanificazione del proprio essere, della povert della propria vita, perch, in fondo, avverte che se tutto avviene soltanto nella sua testa, non ha nessun merito, perch avviene da s. In altre parole, noi non abbiamo nel pensare ordinario la libert, la libert labbiamo l dove qualcosa non avviene se io, positivamente, di volta in volta, non decido che ci sia. Poniamoci la domanda: allora perch La filosofia della libert fa consistere lessenza dellesperienza della libert nel pensiero? E semplicissimo: noi

cominciamo a diventare liberi nel pensiero quando cominciamo a mettere nel pensiero la volont; finch nel pensiero c lautomatismo dove io non ci metto la volont precisa del mio Io, il mio pensare avviene da s, senza che sia io a volere ci che avviene nel mio pensiero, saltano fuori i pensieri da soli, automaticamente, cio non c dentro la mia volont. Io comincio ad essere libero nel pensare nella misura in cui mi esercito ad immettere in questa corrente del mio pensiero la mia stessa volont, dove sono io a decidere volitivamente quali pensieri vengono pensati, con quale lunghezza, con quale variazione ecc. ecc. Quindi, il pensare diventa libero nella misura in cui diventa un volere, nella misura in cui io faccio rifluire dentro al pensare limpulso degli arti, limpulso della volont, quindi della libert. E molto importante farlo comprendere al bambino, anzi non che dobbiamo farglielo comprendere, perch lui lo sa, dobbiamo solo confermargli che il mistero della libert quello della volont, non del pensiero, che si liberi nel pensiero nella misura in cui nel pensiero c la volont.

Perch il bambino lo sa? Perch sa che quando lui a prendere in mano il gesso e a scrivere alla lavagna, quella parola che lui ha scritto non ci sarebbe senza di lui. E chiarissimo che il bambino esperisce il mistero della libert dal lato del volere, della volont. Il bambino avverte in modo armonioso il fatto che gli facciamo vedere che tutti gli animali, i pi perfetti, hanno tutti e quattro gli arti al servizio del tronco, e non hanno nessun arto al servizio della volont libera, mentre a lui, che un essere umano, per trasportare tutto il tronco bastano un paio di arti, e con laltro paio pu scrivere, pu dipingere ecc. Ecco il mistero della libert negli arti, nella volont. Naturalmente importante che, dietro le azioni, ci sia la testa, ma questo il bambino lo capir pi tardi, adesso si tratta di confermare nel modo pi profondo il dinamismo che il bambino sente dentro di s, perch egli non ancora in grado di fare tanti bei pensieri, ma in grado di muovere le gambe e i piedi. Se noi non confermiamo la gioia che lui prova nel muovere le mani e i piedi e gli diciamo, da adulti, che la

testa pi importante, lo scoraggiamo, perch lui la testa non sa ancora usarla, mentre la sua manina la sa usare, l sente questa forza prorompente dellIo, ed su questo elemento che va fondata la consapevolezza che lessere umano diverso da tutti gli altri animali in base agli arti, in base agli strumenti della volont, in base a questa capacit di operare liberamente nel cosmo. Supponiamo che stiamo facendo plasmare a un bambino un pezzo di creta: attraverso le mani lui fa lesperienza plasmante della libert, dellindividualit, perch sicuramente il lavoro di un bambino non sar uguale a quello di un altro, e saltano fuori lavori tutti diversi, perch le individualit sono diverse. Se il maestro, cosa terribile, comincia a dire che un bambino ha fatto meglio di un altro, si uccide lesperienza dellindividualit, e sorge il pensiero astratto di una statuina, di una statua perfetta, e di un essere umano che in funzione della statua, anzich essere la statua in funzione dellessere umano. Esiste un Io ideale? Non esiste un Io ideale. Sorge, perci, il problema dei

santi, perch i santi non vanno imitati. Nella storia ci sono fenomeni che vanno superati, perch dietro al mito dei santi, che poi un mito cattolico, che cosa c? C uno stadio evolutivo che non ha ancora sufficiente consapevolezza dellindividualit irripetibile dellessere umano, ed ho gi espresso pi volte il pensiero che se oggi avessimo delle persone che trovano Francesco dAssisi tanto meraviglioso da volerlo imitare, si porrebbero proprio in antitesi alla caratteristica fondamentale di Francesco dAssisi, perch quale era la caratteristica fondamentale di Francesco dAssisi? Che non ha imitato nessuno, che era originale. Era originale, e lo si desume dalla storia, i suoi frati erano disperati perch aveva lestro dellamore e non era prevedibile: con qualcuno era tutto buono e con qualcun altro no, non seguiva regole. La caratteristica fondamentale di Francesco dAssisi era loriginalit: si pu imitarlo soltanto non imitandolo. Ecco il paradosso. Intervento: Cristo pu considerato un Io ideale? essere

Archiati: No, perch Cristo linsieme di tutti gli Io umani, non un Io singolo accanto ad altri Io. LIo scende sulla terra in chiave incarnatoria per compiere sulla terra qualcosa che soltanto lui pu compiervi, non scende sulla terra per imitare, scende sulla terra in chiave di irripetibilit, di originalit. In fondo, quando noi ci paragoniamo agli altri siamo nella non-libert, perch una caratteristica fondamentale dellIo di non essere paragonabile, se io prendo come metro di misura per questo Io un altro Io che cosa combino? Voglio dire ci che in base a ci che non . LIo umano non paragonabile, non posso mai prendere un Io umano come metro di paragone per un altro Io umano, e, nella misura in cui noi viviamo in questa paragonabilit, siamo ancora non-liberi, non abbiamo il coraggio, non abbiamo la forza interiore di porre nel mondo qualcosa che soltanto noi siamo chiamati a porvi, e che non possiamo pretendere da nessun altro, anzi non si riesce pi a sopportare che ci sia qualcun altro uguale a noi, perch una cosa terribile, vuol dire che non si ancora divenuti se stessi, o laltro non

divenuto se stesso, o tutti e due. E non si concede a nessun altro il diritto di giudicarci in chiave di paragone, perch tutti gli altri esseri umani sono in grado di dire chi sono loro, ma nessun altro in grado di dire chi sono io, questo possiamo dirlo soltanto noi. C qualche argomentazione contraria a tutto questo? Intervento: C anche luniversale umano, ci sono delle qualit che ci accomunano, quella di pensare per esempio... Archiati: Diciamo che le cosiddette qualit comuni sono le condizioni, le condizioni sono comuni. Il linguaggio, per esempio, una condizione comune, ma non una qualit, una condizione tramite la quale ogni essere umano realizza qualcosa di assolutamente individuale. Le condizioni sono strumenti comuni, ma ci che ognuno ne fa del tutto individuale. Certo, finora nellumanit c stata molto maggiore consapevolezza degli strumenti comuni, perch sono automatici, ci sono di per s, e molta meno consapevolezza di ci

che non automatico. Che cosa non automatico? La realizzazione dellIo unico. Perch non automatico? Perch il mistero della libert, pu esserci o pu venir omessa. Proprio perch la comunanza, luniversale, c di per s, lumanit tende a metterlo in primo piano al punto che dimentica ci che pu anche non esserci; siccome lelemento universale (ereditariet, il linguaggio, il respirare ecc.) non libero, si tende a sopravvalutarlo, nel senso che c sempre la possibilit di disattendere o di ignorare ci che, invece, pu anche venir omesso, che la realizzazione della libert individuale, cio la realizzazione dellindividualit. In altre parole, se lessere umano omette la realizzazione dellindividualit, cosa resta di lui? Resta ci che comune, pensa con i pensieri del linguaggio, anzich generare dei pensieri per forza volitiva individuale, abbandonandosi ad automatismi di linguaggio. Spesso Steiner ha detto che sono pochissimi gli esseri umani che hanno pensieri, la maggior parte degli esseri umani ha delle rappresentazioni che sorgono automaticamente, grazie

allautomatismo del linguaggio: si sente una parola, segue un certo pensiero. Quindi, nellessere umano ci sono due dimensioni fondamentali: 1) ci che universale e 2) ci che individuale. Le cose, poi, si complicano perch c un fenomeno mediano tra lindividuale e luniversale, e cio il gruppo, che comune a diversi, ma non a tutti. Per esempio, il linguaggio era un fenomeno universale, ai primordi dellevoluzione, quando esisteva un unico linguaggio nellumanit; ma al nostro stadio evolutivo, il linguaggio non pi un fenomeno universale, bens di gruppo, comune, cio, a tante persone, ma non a tutti. Adesso, per facilitare le cose, prendiamo uno schema (fg. 12) Prendiamo A e B come fenomeni di comunanza e C come fenomeno di individualit; A come comunanza assoluta e B come comunanza limitata, a livello di gruppo. La mia affermazione fondamentale che ci che universale, non conquista di libert individuale, ma un dato di natura, quindi automatico, rappresenta le condizioni

che vengono date per sviluppare ci che individuale, quindi la base, ma la differenza abissale fra la base di natura e ci che io sviluppo individualmente, sta nel fatto che la base di natura non libera, automatica e, quindi, non pu mancare, mentre ci che individuale pu venire omesso se io non lavoro decisamente e coscientemente a costruirlo. Laltra riflessione che lumanit ha marcato, ha sottolineato, molto di pi questa sfera a sinistra che non questa a destra, per due ragioni: una ragione che questa sfera a sinistra c mentre questa a destra bisogna crearla, e laltra la paura della libert, nel senso che finch c soltanto questa dimensione qui a sinistra le cose vanno bene, vanno secondo il gruppo, il fenomeno del gregge, quando, invece, una delle cento pecorelle si stacca dalle altre novantanove, le cose non sono pi cos semplici, cos facili. Intervento: Ci pu essere un gruppo in cui le persone sono individui? Archiati: Io non sto dicendo che quando sorge questa dimensione qui a

destra, quella a sinistra sparisce, no, perch questa a sinistra la condizione, il fondamento; in altre parole, C non ci pu essere senza A, mentre A pu esistere senza C, questa la grande differenza. Ed chiaro che chi vuole avere lumanit sotto controllo, vuole A senza C, perch quando salta fuori C, allora il controllare non pi cos semplice. Questo processo rientra, naturalmente, nelle leggi evolutive dellumanit, perch il senso globale dellevoluzione lindividuazione: allinizio cera una universalit cos assoluta che non cera nessuna distinzione ne in gruppi ne in popoli. La parola ADAM in ebraico significa Adamo, ma indica tutta lumanit, una sostanza animica di gruppo, unitaria, dove non cera nessuna distinzione, la distinzione cominci pi tardi, la prima grande distinzione fu la separazione dei sessi, si ebbero i primi due grandi gruppi, i maschi e le femmine. La libert sempre liberazione, quindi se ci viene a mancare il gruppo da cui ci si libera, si termina di potersi liberare, non c pi libert. La libert non

qualcosa di astratto, sempre un liberarsi da meccanismi automatici. Perci lespressione dellindividualit possibile unicamente nel contesto del gruppo, perch senza il gruppo non siamo individualit, siamo nulla, soltanto nel paragone siamo individualit. Se si perde il paragone con gli altri esseri umani in quanto altri, non si pu esperire la propria alterit rispetto agli altri e, quindi, la propria unicit. Come si fa ad essere unici se non c nessun altro? A pu avere due funzioni: quando A subissa C e lo rende impossibile, allora A ha un certo tipo di carattere, quando invece A diventa lo strumento di C per lindividuazione, la natura di A cambia profondamente, cio il sostrato di natura viene trasformato, la resurrezione della carne. Quando il sostrato di natura diventa corporeit di libert individuale, ha un carattere di resurrezione che gli conferisce una qualit del tutto diversa, una trasformazione reale del sostrato di natura. Perci io ho parlato dellevoluzione reale della rosa, perch la rosa, rappresentante del sostrato di natura, non resta tale e quale col sorgere di questa seconda dimensione, il

sorgere di questa seconda dimensione consiste nella trasformazione del sostrato di natura, che prima impediva il sorgere di questa nuova dimensione ed ora, invece, ne lo strumento. Intervento: Noi abbiamo parlato del gruppo come di qualcosa che si oppone allindividualit libera, per pu esserci un gruppo, come la Societ Antroposofica, che viene scelto liberamente dallindividuo. Archiati: Il problema sta nel fatto che noi usiamo la stessa parola per indicare due cose opposte: usiamo la parola gruppo dove il gruppo impedisce il sorgere dellindividualit libera, e usiamo la parola gruppo dove ogni persona di questo gruppo non soltanto lha scelto liberamente, ma concede anche, dona libert sempre maggiore a ciascuno, e dovremmo usare unaltra parola, altrimenti il linguaggio diventa talmente astratto che non ci capiamo pi. Questo il problema. Intervento: Potremmo usare la parola comunit?

Archiati: Comunit non una parola meno problematica di gruppo. Io direi che la parola non esiste ancora, ecco perch importante disabituarsi dallusare concetti e definizioni, al posto di descrizioni reali dei fenomeni: nella nona conferenza di Antropologia, per due o tre pagine, Steiner descrive la differenza tra caratterizzare qualcosa e metterci sopra una parola, un concetto. Se qualcuno mi da il concetto di gruppo non mi serve a niente, perch il concetto di gruppo pu significare mille cose diverse, tra laltro anche opposte; se invece, descriviamo la dinamica di ci che avviene, allora scopriamo che in un cosiddetto gruppo, dove ci si nega a vicenda la libert individuale, i fenomeni che avvengono, la dinamica di interazione di tuttaltra natura rispetto al tipo di rapporto che si instaura nel cosiddetto gruppo -di nuovo, se non troviamo unaltra parola-, dove avviene il contrario. Ecco la differenza tra il definire e il caratterizzare, il descrivere. Alla fine della nona conferenza, Steiner parla di concetti viventi: concetti

viventi nel senso che anche se noi usiamo la parola gruppo, questa parola non viene mai dogmatizzata, ma viene usata vivacemente, dinamicamente in contesti sempre diversi, in modo che il bambino cresce col senso di poter descrivere i fenomeni. Quando immettiamo nel bambino dei concetti morti? Ogni volta che gli diamo delle definizioni, come, per esempio, gruppo significa..., gruppo non significa niente, gruppo significa mille cose. O un leone ..., e glielo si fa imparare a memoria sperando che questo bambino quando sar un uomo di trentanni, sar in grado di ripetere esattamente la stessa definizione che gli abbiamo dato noi: cos il mondo non va avanti. Gli aspetti di ogni fenomeno sono molto diversi, per cui per una persona il gruppo sar una cosa, per unaltra magari tutto lopposto, e poi si entra anche nel dialogo, per cui nessuno pu dire: Gente, le cose qui stanno cos!. Ecco perch Steiner dice che, in chiave di pedagogia, bisogna sempre partire da ci che ununit organica e solo dopo

andare a vedere gli aspetti particolari. Intervento: Nelladolescenza c un grande bisogno di essere riconosciuti dal gruppo. Archiati: Se noi riprendiamo lo schema, possiamo distinguere, grosso modo, in chiave evolutiva tre stadi, A, B e C, che possiamo paragonare allevoluzione dellarco di una vita, allora dobbiamo dire: A lo stadio dellinfanzia, B lo stadio delladolescenza e C lo stadio della maturit. In altre parole, un essere umano maturo nella misura in cui individuale e libero; finch non individuale e non libero, non cresciuto per niente, cio trova la sua identit non nellindividualit ma nel gruppo. Per gli schemi non sono fatti per sostituire il nostro pensiero, sono solo indicazioni di pensieri infiniti da fare. Il bambino piccolo soltanto un fenomeno di gruppo? No, un fenomeno universalmente umano, ci sono tutti gli elementi universalmente umani, tanto

vero che il primo fenomeno di gruppo fondamentale che il linguaggio, non c ancora. Per, si potrebbe dire che gi un fenomeno di gruppo nel senso in cui ci sono le razze, quindi come biologia, come realt corporea, non universalmente umano, ma ha gi un carattere di gruppo. Tuttavia il fenomeno vero di gruppo salta fuori dopo, il bambino appena nato non capace di gruppo, mentre il ragazzo di quattordici anni vive pienamente nellelemento del gruppo, e a trentanni si spera che cominci ad apprezzare lelemento individuale, dove non ha pi bisogno che gli altri gli diano ragione, che facciano come lui ecc. Intervento: Quindi un ragazzo che non riesce ad inserirsi nel gruppo gi maturo? Archiati: Oppure ancora nello stadio infantile. Bisogna osservare i fenomeni, le definizioni non vanno bene: per un quattordicenne pu trattarsi di un ritardo nellevoluzione, per cui non ancora capace di gruppo, per un altro pu trattarsi di una precoce evoluzione,

per cui gi molto pi capace di individualit che non gli altri coetanei. E molto importante per linsegnante osservare i fenomeni, perch, pedagogicamente, con il primo ragazzo bisogner agire in tuttaltro modo che con il secondo, per il secondo non incapace di inserirsi nel gruppo, perch noi abbiamo detto che dove c C c anche A, quindi se non capace di inserirsi nel gruppo vuol dire che C non c ancora. In altre parole, una persona che veramente capace di individualit, sa apprezzare pienamente ci che elemento di gruppo, perch ci che elemento di gruppo va vissuto come elemento di gruppo. Se io adesso volessi mettermi in testa che, siccome voglio essere unindividualit, voglio fare un linguaggio mio, va bene? No, il linguaggio un fenomeno comune, quindi se non sono capace di vivere il fenomeno di gruppo dimostro che questa dimensione universale ancora non c in me. Prendendo il fenomeno da un altro lato, possiamo dire che il dato di natura la realt corporea, il gruppo la realt

animica e lindividualit la realt spirituale, ma nellindividualit libera ci sono tutti e tre gli elementi. Affrontiamo adesso il problema degli errori pedagogici, perch Steiner ci mette in guardia rispetto al credere che si possa riparare tutto. Se il maestro, ad esempio, ha fatto sentire al bambino che certi colori insieme sono pi armonici di altri, lo sono per natura, oggettivamente, che il giallo accanto al blu pi bello che non il giallo accanto al verde, il bambino impara per tutta la vita che il giallo accanto al blu pi bello, impara, non a livello di testa ma a livello di sentimento, che un certo modo di comporre i colori pi bello, e un altro meno bello. Inoltre il bambino, che non ha ancora capacit di sintesi, vive meglio la bellezza dei colori fondamentali, semplici, giallo, blu e rosso, che non i colori composti, verde, arancio e viola. Il problema sorge quando un bambino ci dice che bello quello che non lo , allora ci troviamo di fronte ad un enorme errore pedagogico: e a quel punto l non crediate che tutto si possa riparare. Pu capitare che come

maestri ci si trovi di fronte ad una tragedia, rispetto alla quale si pu riparare soltanto in modo limitato, perch un bambino, di un disegno oggettivamente brutto, mi sta dicendo che bello: questa una tragedia, tanto pi profonda in quanto riguarda il livello del sentimento e non del pensiero, perch il senso del bello gli stato distrutto. Intervento: Nella natura, invece, si trova benissimo il giallo accanto al verde, e addirittura accanto al rosso, basta pensare ad un prato di margherite! Archiati: Questo ci dimostra quanto siamo diventati astratti, perch un prato di margherite non il verde accanto al giallo, ma il giallo dentro al verde. Sono due fenomeni del tutto diversi. E, comunque, Steiner non dice che il giallo accanto al verde brutto, dice che il giallo accanto al blu pi bello, ma chiaro che tutti i colori sono belli, cos come nella musica non ci sono solo le consonanze, ma anche le dissonanze, e senza le dissonanze non si potrebbero

apprezzare le consonanze. Per un conto , musicalmente, avere la capacit di vivere artisticamente la dissonanza, e un altro vivere la dissonanza come consonanza, perch se si vive una settima allo stesso modo in cui si vive una terzina, si finisce di vivere la musica. In questa ora e un quarto vorrei fare ancora alcune considerazioni di carattere generale sui sensi, in modo che potrete rendervi conto di come il capitolo sui sensi sia uno dei pi complessi della scienza dello spirito, che richiederebbe uno studio approfondito, altrimenti si entra nellastratto. Rifacciamo la gamma dei dodici sensi (fig. 13). Partiamo da qui, da questa cesura fra il tatto e il senso dellIo. Il senso dellIo mi da la percezione dellIo altrui, il senso del tatto, invece, la percezione della mia corporeit nella sua globalit. La percezione dellIo la percezione della spiritualit di un altro Essere umano, il

tatto la percezione della mia corporeit: qui c un Rubicone, proprio una cesura, e vedremo poi il significato di questa cesura. Dopo la percezione dellIo altrui, abbiamo il senso del pensiero, quindi c il senso del linguaggio e poi il senso del suono, che noi chiamiamo usualmente udito. Nel senso del linguaggio abbiamo la percezione del suono linguistico articolato, nel senso del suono abbiamo, invece, la percezione di un suono musicale. Intervento: E il rumore dov, nel linguaggio? Archiati: Per il rumore non c un senso specifico. Se volete entriamo subito nel merito di questa problematica: dunque abbiamo il suono e il rumore. Qual per esempio, la differenza fra la percezione del suono musicale e la percezione del suono linguistico? E in che modo si passa poi al senso successivo? Perch tra tutti i sensi c una continuit, un trapasso dalluno allaltro, tranne che tra lIo e il tatto. Adesso li caratterizziamo un po meglio,

quello del pensiero, quello del linguaggio, quello del suono e quello del rumore, e vedrete come i fenomeni diventano molto difficili, e se non ci si accompagna con le forze pensanti, si comincia a navigare nellastratto... Quelli di voi che erano a Collalbo forse si ricorderanno le cose che ho detto in quelloccasione. Dunque, il fenomeno specifico quando noi percepiamo un rumore, che il rumore viene sentito, viene percepito senza conpercezione di suoni accompagnanti, che vengono chiamati suoni armonici. Quindi, io ho la percezione del rumore quando il contenuto di ci che percepisco non viene accompagnato da nulla di concomitante. Quando, invece, sento, percepisco un suono musicale, il fenomeno specifico che, oltre al suono che io percepisco direttamente, in concomitanza percepisco gli armonici che appartengono a questo suono. Insieme al suono musicale vengono percepiti inconsciamente anche i suoni armonici complementari, altrimenti non si saprebbe che si tratta di un suono musicale. In altre parole, non si pu percepire un suono musicale senza

sapere, non a livello consapevole ma a livello di percezione, che un do, ad esempio. Se sentiamo un do, sentiamo anche i suoni accompagnanti. Questa la differenza chiara tra la percezione di un suono musicale e la percezione del rumore. Intervento: Ma esiste una percezione inconsapevole? Archiati: Certo, a livello del sentimento. La percezione inconsapevole , ad esempio, quella dellanimale. Perch noi siamo in grado di percepire una melodia e non soltanto dei suoni staccati? Perch a livello inconscio li mettiamo insieme, li percepiamo contemporaneamente, anche se, a livello di percezione conscia, li sentiamo gli uni dopo gli altri. Questo il fenomeno musicale: un fenomeno di uno dopo laltro a livello di percezione conscia, un fenomeno di contemporaneit a livello di percezione inconscia. Altrimenti non unesperienza musicale. Il senso del benessere e del malessere collegato alla percezione del suono e del rumore,

dipende dal fatto che quando si percepisce un suono si percepisce unarmonia di rapporti, invece quando si percepisce un rumore, si percepisce un elemento senza contesto; in altre parole, quando si sente un suono si sa che cos, quando si sente un rumore, nessuno sa che cos. Il rumore disturba, il suono no, perch? Perch il suono porta con s la sua spiegazione, il rumore no, la si deve cercare. Intervento: Nella percezione del suono la parte inconscia riguarda solo la percezione delle note limitrofe o di tutte le note? Archiati: Dipende dalla complessit della sensibilit artistica dei sensi. Una persona poco musicale, percepisce inconsciamente le note armoniche pi elementari che ci siano (do, mi, sol), in un musicista, invece, la percezione inconscia diventa molto pi complessa, un musicista capace di percepire, a livello inconscio, anche le dissonanze. Cosa significa che una persona capace di percepire soltanto i suoni fondamentali? Significa che vive in una

razza la cui musica rumore, o in una societ, in un ambiente culturale in cui non c distinzione tra suono e rumore. Dove finisce il suono e dove comincia il rumore? Intervento: Siccome lorgano di senso per la percezione sia delluno che dellaltro comunque lorecchio, non si potrebbe dire che in queste persone pi che non esserci la percezione del suono, non c la capacit di distinguere fra le proprie percezioni, a livello di concetto, di conoscenza, o proprio un problema di percezione? Archiati: Il fenomeno un po complesso, fra laltro bisogna osservare che Steiner, in tedesco, non parla del senso delludito, ma del senso del suono, Tonsinn. Come mai non parla del senso del rumore? Perch una persona che percepisce il rumore ma non sa percepire i suoni, ha il senso delludito meno evoluto. Intervento: E questo influenza il senso del linguaggio e il senso del pensiero?

Archiati: Le conseguenze le vedremo adesso, cio vedremo che dove questa distinzione non cos chiara sorgono nel linguaggio fenomeni di rumore, abbiamo consonanti che sono rumori, non suoni articolati. Intervento: Il linguaggio che si usa con i bambini piccoli pu essere visto come un fenomeno di educazione alla percezione degli armonici? Archiati: Nella cantilena la percezione del suono pura. Adesso andiamo al senso del linguaggio. In che modo noi distinguiamo, a livello di percezione, tra un suono musicale e un suono linguistico? Steiner dice che si passa dalla percezione del suono musicale a quella del suono linguistico, quando si termina di conpercepire i suoni armonici accompagnanti a livello inconscio e c soltanto il fenomeno percettivo conscio. E come se la percezione musicale fosse pi ampia, perch il suono che si percepisce accompagnato dalla percezione inconscia dei suoni concomitanti, mentre nella percezione della parola i suoni concomitanti

spariscono nel loro carattere di accompagnamento sognante e diventa tutto e solo conscio, cio si percepiscono unicamente i suoni linguistici. La formulazione usata da Steiner che nel suono linguistico si disattende il suono fondamentale e si percepiscono consciamente soltanto i suoni armonici. Se io adesso dico la parola PA-RO-LA, se riuscite a concentrarvi sul fatto percettivo, se restate al puro fatto di quello che vi sembra di percepire, quando si sente PA non si ha ancora la PA-RO-LA, quando si sente RO si perso il PA, e quando si sente il LA, si perso il PA e il RO, quindi dove si percepisce la parola PA-RO-LA ? Se si atomizza il processo non si percepisce mai la parola PA-RO-LA, quindi se vero, ed vero, che si percepisce la parola parola, vuol dire che non si mai nellatomizzazione, vuol dire che si gi in partenza in tutta la parola parola. Se fossimo ancora al livello dellatomizzare, se leggessimo atomo per atomo, saremmo ancora in prima elementare, dove si leggeva lettera per lettera, poi consonante per consonante ecc. Se fossimo ancora a quel livello, sapremmo leggere? No.

Come si legge quando si conosce la lingua? Non soltanto parola per parola, ma con un colpo docchio gruppi di parole insieme. Non vero che si passa atomisticamente da una lettera allaltra, si fanno delle sintesi. Se avete fatto lesperienza di imparare una lingua straniera, conoscete quello stadio ben specifico in cui non si ancora in grado di leggere contemporaneamente due o tre parole, e si costretti a concentrarsi su ogni parola: a quel punto l si sa che ci si deve perfezionare, perch non si pu leggere in quel modo, si comincia a leggere quando locchio abbraccia almeno tre o quattro parole. Fra laltro, fa parte dellessere maestri il non essere costretti a fissare il testo continuamente, quando si legge: questo un esercizio di percezione. Il senso del suono e il senso del linguaggio non sono lo stesso senso. Ora: cosa avviene quando si percepisce il pensiero? Nel rumore si percepisce il rumore senza suoni armonici accompagnanti; si percepisce un suono musicale quando, accompagnanti il suono si percepiscono,

incoscientemente, i suoni armonici concomitanti; c la percezione del suono linguistico articolato quando viene disatteso ci che prima, nel suono musicale, si sentiva direttamente, e si percepiscono soltanto i suoni armonici. In altre parole la percezione del linguaggio una percezione sintetica per eccellenza. Quando percepiamo il pensiero di unaltra persona, disattendiamo anche gli armonici, tutto ci che sonoro. Quando si percepisce il significato, non si pi nel linguaggio, perch il significato lo stesso, sia che si parli in tedesco, sia che si parli in italiano; perci si percepisce quello che laltro vuole dire, non il linguaggio attraverso il quale lo sta dicendo. Quindi, quando percepiamo il significato, noi respingiamo, disattendiamo anche i suoni armonici, e facciamo attenzione solo al senso. Intervento: Nellascolto di una poesia quanti sensi sono coinvolti? Tre? Archiati: Dodici! Si percepisce una poesia necessariamente in dodici chiavi del tutto diverse, perch quando si sente

una poesia, a seconda di come risuonano i suoni articolati, tutto lessere vibra, quindi entra in gioco il senso del movimento, il senso vitale chiamato ad agire in modo fortissimo ecc., solo che non ne siamo consapevoli. Inoltre, quando si sente una poesia, si ha una percezione dellIo dellaltro, si ha una percezione del pensiero, una percezione del linguaggio ecc. fino alla percezione del tatto, dellequilibrio ecc. Intervento: Significa che se non si ha equilibrio non si pu sentire una poesia? Archiati: La si sentir in modo del tutto diverso. Intervento: Ma io credo che ognuno di noi sente comunque in modo diverso. Archiati: Diversamente a seconda di che cosa? Di come funzionano i dodici sensi. Si sente forse una poesia nello stesso modo se si riposati e se si stanchi? Il fatto che noi non siamo abituati a considerare questi fenomeni nella loro realt.

Intervento: Perch lorgano di percezione del linguaggio non lorgano di senso del linguaggio, cio lorgano che produce il linguaggio, ma un altro organo, cio lorecchio? Archiati: La complicazione proviene dal fatto che bisogna distinguere ulteriormente fra organo di senso e senso. Perch un conto lorgano di percezione del suono, e un altro la percezione del suono. Lorgano di percezione del linguaggio, poi, lintera corporeit, per in una sua ben precisa funzione, che quella di paralizzare il movimento interno, per esempio i movimenti che riguardano la digestione; ma qui le cose si complicano e si rischia di diventare astratti. A me interessava fare delle considerazioni generali, non entrare nella complessit dei fenomeni, perch in questi dodici sensi noi abbiamo un precipitato di tutto il cosmo, un concentrato di tutte le qualit dei dodici impulsi cosmici, quindi non c fine agli aspetti che noi potremmo scoprire; cos come nei sette processi vitali c il precipitato di tutto il sistema planetario. Abbiamo a che fare con il

microcosmo essere umano che veramente il riassunto di tutto il macrocosmo: i sensi in chiave di dodici, quindi in chiave di stelle fisse, i processi vitali, invece, in chiave del settenario del sistema planetario. Se noi aggiungiamo poi i dodici arti del corpo umano, che non sono i dodici sensi, abbiamo un altro mistero del dodici. Intervento: Gli arti corrispondenti allo zodiaco? Archiati: S, i piedi corrispondono ai pesci, le gambe allacquario, le ginocchia al capricorno, il femore e le cosce al sagittario, lapparato genitale allo scorpione, i lombi alla bilancia, laddome alla vergine, il cuore al leone, il torace al cancro, le braccia e le mani ai gemelli, il collo al toro, il capo allariete. Nei vangeli trovate questo mistero dove c la cosiddetta moltiplicazione dei pani, che non nessuna moltiplicazione dei pani, le dodici ceste sono gli impulsi celesti, che scendono gi e costituiscono lessere umano: questa lesperienza che fanno gli apostoli, i dodici apostoli.

Intervento: E Giuda chi ? Archiati: E il segno dellaquila che si cambia in scorpione. Nellottava conferenza di Antropologia, Steiner dice che lIo sintetizza gli organi di senso e le percezioni nei modi pi svariati, e ci da un esempio di una sintesi importantissima di due percezioni: la percezione della forma e la percezione del colore. Adesso vi faccio vedere un colore, per attenti a non mentire. Vi faccio vedere un colore, e poi mi direte che colore era. Che colore era? Risposta corale: Verde. Archiati: E la forma? Risposta corale: Rettangolare. Archiati: S, era semplice perch avete visto tutti che era un libro. Ma se avessimo preso una forma un p inconsueta, sarebbe venuto fuori che un numero molto maggiore di maschi avrebbe saputo quale era la forma. Perch? Adesso capirete subito di che cosa si tratta. Dunque abbiamo il calore,

la vista, il gusto, poi lolfatto: questi quattro qui sono i sensi del sentimento. Il tatto, la vita, il movimento e lequilibrio formano i sensi della volont. Infine lIo, il pensiero, il linguaggio e il suono sono i sensi conoscitivi. I sensi della volont sono tali in quanto sono fondati sulla realt corporea, che lo strumento per espletare gli impulsi volitivi, si potrebbe anche dire che sono i sensi corporei. Il senso dellIo, il senso del pensiero, il senso del linguaggio e il senso del suono sono i quattro sensi spirituali, dello spirituale, e gli altri quattro, il senso del calore, il senso del colore, il senso del gusto e il senso dellolfatto, sono sensi che hanno il compito specifico di farci sentire qualcosa, quindi unesperienza di interiorit animica, qualcosa che si sente dentro di s, dentro nella propria anima, non dentro nella corporeit. Ora, quando percepiamo un colore, percepiamo con la vista la forma del colore? No, e questo molto importante. Noi percepiamo con la vista il colore, ma non la sua forma, per percepire la forma dobbiamo attivare il senso del

movimento, cio si sente, senza esserne coscienti, un movimento di tutto il proprio essere, che percorre i contorni di questa superficie colorata e, proprio perch si fa questo movimento, si diventa noi stessi questo movimento, si ha la percezione della forma. Ora, trattandosi di una percezione maggiormente volitiva, una percezione di carattere attivo, invece la percezione del colore maggiormente passiva: questultima animica, mentre laltra pi corporea; per questo la percezione del colore ha un carattere maggiormente femminile, mentre la percezione della forma ha un carattere maggiormente maschile. Se fate questo esperimento con dei bambini di dodici-tredici anni, dopo il secondo Rubicone, potete star sicuri che un numero molto pi grande di maschietti ricorder la forma, e un numero molto pi piccolo delle bambine ricorder la forma, per quasi tutte le bambine ricorderanno il colore, mentre tra i maschietti ci sar qualcuno che non sapr dirvi di che colore si trattava. Sono naturalmente generalizzazioni da

prendere cum grano salis, parliamo genericamente del maschile e del femminile, senza parlare di uomini e di donne. Il femminile molto pi ancorato al livello animico, il maschile, invece, al livello volitivo. Intervento: Io ho notato che i bambini, tornando a distanza di anni in un luogo, magari un lago, dicono che se lo ricordavano molto pi grande, e di solito si spiega loro che questo avviene perch allora erano piccoli. Invece, trovo interessante il fatto che, essendo molto attivi nei bambini piccoli questi sensi corporei, e in particolare il senso del movimento, come se il bambino accompagnasse la forma che ha davanti con unattivit assai pi articolata, che richiede un tempo molto pi lungo di quanto non occorra al colpo docchio delladulto. Il lago effettivamente pi grande per il bambino. Inoltre, unosservazione che faccio spesso: i biscotti rotti hanno un altro sapore, una realt. I biscotti interi sono pi buoni. Sono cose che nei bambini vanno prese molto seriamente.

Archiati: Certo, molto seriamente. Per, tu ci hai dato soltanto una possibilit, una possibilit di maggiore rapporto, di pi diretto e profondo rapporto del bambino con il mistero del movimento. Io proporrei che noi lasciamo aperte entrambe le possibilit: laltra possibilit, e secondo me si tratta del mistero della diversit enorme tra individuo ed individuo, laltra possibilit il fenomeno polarmente opposto, e cio che il bambino viene talmente abbacinato dallelemento del colore, che questo elemento del colore si amplia allinfinito e le forme non ci sono pi, perci lui si ricorda che laltra volta era pi grande, perch il colore era ampliato allinfinito. Vorrei fare riferimento ad una dimensione fondamentale della nona conferenza di Antropologia, dove Steiner parla della triade del sillogismo, del giudizio e del concetto. Dunque abbiamo: Sillogismo Giudizio

Concetto

Nella traduzione italiana al posto di sillogismo c conclusione, ma la conclusione lultima di tre proposizioni, che insieme fanno il sillogismo, io credo che sia utile cercare di chiarire un po le cose, perch se Steiner dedica quasi tutta una conferenza a questo mistero qui, vuol dire che ha la sua importanza. Laffermazione fondamentale di Steiner che noi partiamo dal sillogismo e poi, per via di atomizzazione, da questa unit complessa che il sillogismo tiriamo fuori il giudizio, e dal giudizio, per via di ulteriore atomizzazione, tiriamo fuori il concetto. In altre parole, Steiner dice che lessere umano procede, anche qui, con metodo sintetico, cio la prima esperienza quella unitaria, e lesperienza del dividere, del sottodividere, viene dopo, cos come luno non il numero pi piccolo, ma il numero pi grande che ci sia, e tutti gli altri numeri sono una parte delluno. Sapete che in tutti i

campi, non soltanto nellaritmetica, Steiner ci fa vedere che lessere umano fa lesperienza di s come essere umano in quanto sintesi di tutto il cosmo quando, in tutti i campi dellesperienza, si rende conto di partire dalla sintesi, e che ogni aspetto particolare derivato. Quindi, non mai vero che si parte da un aspetto e poi si arriva alla sintesi: la prima esperienza sempre la sintesi, poi, per processo di individuazione, per processo di analisi, si arriva allatomo, e poi dallatomo, se si vuole, si ricostruisce una sintesi, ma la sintesi che si costruisce dopo aver atomizzato di tuttaltra natura rispetto a quella iniziale. Il famoso sillogismo classico, che ha reso immortale il bravo Caio, perch Caio stato reso immortale dalla logica di Aristotele, formato da una proposizione maggiore (M), da una proposizione minore (m) e da una conseguenza (c): M : Ogni uomo mortale m : Caio un uomo

c : Caio mortale Questa conclusione cos? E un giudizio. La conclusione non tutto il sillogismo, solo lultima parte del sillogismo, lultima proposizione, la terza, perci la conclusione la terza proposizione del sillogismo. Quando noi siamo nella conclusione, abbiamo gi lasciato il campo di esperienza primigenio, originario, in cui il bambino sempre , abbiamo lasciato il campo del sillogismo, e siamo gi arrivati al secondo gradino, quello del giudizio. Vedremo poi che Steiner dice che la sfera del sillogismo, che quella della vita reale, non va mai lasciata precipitare nei sottostrati dellanimico e del corporeo, dove acquisisce una forma costante, e quindi perde la capacit di metamorfosarsi in chiave vivente: soltanto ai concetti possiamo permettere di scendere in questa sfera, perch, di fatti, la fisionomia di un bambino, la fisionomia di un adulto stata, in buona parte, anche costruita da tutta la somma dei concetti che il maestro o la maestra gli ha fatto,

diciamo, elaborare, e che sono scesi, non soltanto nellanimico, ma anche nel corporeo. Quindi, pi un bambino ricco di concetti e meglio , perch scendono fin nel corporeo, e restano l. Invece, i giudizi formano le abitudini, non la fisionomia costante, ma il livello della gesticolazione, perci arrivano solo fino allanimico. Infine, i sillogismi devono restare unicamente in questo movimento attuale, vivente, sempre in cangiante metamorfosi, non devono mai acquisire una dimensione di durata. La prima dimensione di durata bisogna conferirla al giudizio, ma non pi di tanto, e una dimensione di durata assoluta concessa soltanto al concetto. Questa una piccola anticipazione, senza pretendere che abbiate capito tutto, perch ci ritorneremo. Intervento: Una proposizione un giudizio? Archiati: Certo. Intervento: Quindi un sillogismo composto da tre giudizi?

Archiati: S, esatto. Ed la prima cosa che noi viviamo, cio quando abbiamo a che fare gli uni con gli altri siamo sempre nellambito semantico del sillogismo, mentre una interpretazione del tutto astratta dei processi mentali, vorrebbe dirci che noi procediamo a ritroso, vorrebbe dirci che noi partiamo dai concetti atomizzati, li mettiamo insieme tramite una proposizione, un giudizio, una frase e poi mettiamo insieme delle frasi per formare un sillogismo. Non vero, cos come non vero che lessere umano si costruisce a guisa dellhomunculus, cio a partire dagli elementi dispersi, disgregati, che meccanicamente vengono messi insieme come in una macchina. Lessere umano parte dalla sintesi. Intervento: Dov il concetto in quelle tre frasi? Archiati: Il Caio mortale: questo un concetto, non un giudizio, perch il giudizio c quando si dice , per esempio ogni uomo mortale. O quando si dice fa. In generale quando si introduce un verbo - Caio corre -

questo un giudizio. Quando si toglie il verbo, resta il concetto, diventa pi astratto. Intervento: Quindi, il giudizio legato al linguaggio, il concetto, invece, va oltre il linguaggio? Archiati: Il concetto va in direzione del pensiero, sulla base della successione dei sensi, che abbiamo visto ieri sera. Il giudizio a livello del linguaggio, un giudizio lo posso esprimere soltanto con una frase del linguaggio, mentre il concetto va oltre il linguaggio, va verso il senso del pensiero. Intervento: Conclusione e concetto sono la stessa cosa? Archiati: No; prendiamo lesempio classico che Steiner ci da in Arte delleducazione II: Didattica, allinizio della nona conferenza, neanche a farlo apposta, perch le lezioni sono state tenute lo stesso giorno, dunque nella Didattica Steiner prende lesempio del piovere, della pioggia. Piove un sillogismo? Steiner dice che si tratta di

un sillogismo. Perch? Perch unenorme sintesi, unesperienza sintetica di massima estensione, significa che con questa parola, piove, come con tutti i verbi senza soggetto, i famosi verbi impersonali, si dice un carattere fondamentale del mondo circostante, e il modo in cui questo mondo circostante ha un effetto sugli esseri umani; perch piove significa che se esco e non voglio bagnarmi, devo portarmi lombrello, questo compreso o non compreso? E compreso, altrimenti non direi che piove. Lacqua scende dal cielo. Lacqua che scende dal cielo bagna. Se io esco fuori, lacqua che scende dal cielo mi bagna. Questo che io, adesso, ho formulato in un modo un po zoppicante, unesplicazione del sillogismo implicito nellaffermazione piove. Quindi, quando noi diciamo piove, siamo in un contesto semantico di massima vastit, di massima sintesi: il passo successivo

quello di restringere il campo, in che modo? Analizzando. In che modo restringiamo il campo analizzando? Andando in cerca di un soggetto, perch qui, in piove, tutti i soggetti sono compresi: piove per la tartaruga, piove per la pianta, piove per gli uccelli, piove per gli esseri umani. Piove per tutti: ecco perch massimamente sintetico. Andando in cerca di un soggetto, quale esempio porta Steiner? Osserva che noi diciamo piove ma non diciamo verdeggia, perch? Perch pi ristretto dire il prato verdeggia, in quanto il verdeggiare riguarda, appunto, solo il prato, e non verdeggia sui tetti, invece il piovere riguarda tutto, quando piove, piove dappertutto. Vedete la differenza? Quando piove, piove dappertutto, non qui e in Siberia, ma dappertutto nel mondo in cui io sono: ecco che ci si rende conto dellesperienza sintetica, vasta, di questo piovere. Se si sente, invece, verdeggia, subito ci si chiede che cosa e dove. Il prato verdeggia: cosa che noi, in italiano, possiamo dire pi difficilmente che non in tedesco, ma una generazione italiana passata usava

queste parole molto di pi. Un segno di impoverimento della lingua che noi usiamo sempre di meno questo tipo di espressioni; il toscano di oggi, per esempio, molto pi copioso nellusare questo tipo di espressioni, parla della nuvole che veleggiano nel cielo, una bellissima immagine. Quindi il prato verde, per meglio dire, il prato verdeggia: un sillogismo o un giudizio? E un giudizio. Che cosa successo? Che passaggio abbiamo fatto qui? Abbiamo messo il soggetto e abbiamo fatto unaffermazione su questo soggetto, prima invece non abbiamo fatto affermazioni su nessun soggetto. Adesso, facciamo un altro piccolo passo in direzione del concetto e diciamo, invece che il prato verdeggia (osservate la vitalit, la vivacit, di questo verdeggiare), diciamo: il prato verde. Cosa successo? E diventato pi statico. Ora, il prato verde la forma classica del giudizio: si giudica il modo di essere del prato e si dice che il prato verde. E giusto questo giudizio? S e no. Ecco il mistero del giudizio: che ogni giudizio vero sotto un certo punto

di vista, ed sempre non vero da un altro punto di vista. Ecco perch il giudizio qui, a met fra il carattere preciso del concetto e il carattere aperto del sillogismo: il sillogismo in quanto tale sempre aperto a tutte le caratterizzazioni, quando io dico piove, questo piove lo posso caratterizzare in mille modi, posso descrivere il modo in cui la pioggia in interazione col tetto, posso descrivere il falco che vola mentre piove ecc. C un limite alle metamorfosi che io posso usare per descrivere questo fenomeno del piovere? No, non c nessun limite. In mezzo tra questa inesauribilit di caratterizzazioni del fenomeno del sillogismo e la totale precisione ed univocit del concetto, c il giudizio, che oscilla fra variabilit ed univocit. Ora, prendiamo questo giudizio, il prato verde: non possiamo dire che un giudizio sbagliato, perch il prato quando prato, in quanto prato, verde, e quando il prato bianco, dinverno, ancora un prato? No, la neve bianca, ma il prato rimane verde: vedete che il giudizio sbagliato? Se si dice il prato bianco, dinverno,

sappiamo tutti che cosa vuol dire, per il giudizio sbagliato, perch non il prato ad essere bianco, la neve ad essere bianca. Le altre cose le potete pensare voi, per bisogna rendersi conto che il giudizio proprio a met strada tra il concetto e linesauribilit delle caratterizzazioni del sillogismo, e per il sillogismo non va mai fatto imparare a memoria al bambino, non bisogna mai fare imparare a memoria al bambino delle cose che sono in chiave di sillogismo, cio in chiave di sintesi universale. Con le frasi bisogna fare attenzione, cio il maestro deve sapere se le frasi sono giuste o no, se lo sono allora va bene che il bambino le impari a memoria, perch se giusto oggi che il prato verde, lo sar sempre; ma il maestro deve sapere che quando si dice il prato bianco, questo giudizio meno giusto, quindi non dovrebbe essere imparato a memoria, il bambino non dovrebbe mai mettersi in testa che il prato bianco, mentre va bene che si metta in testa che il prato verde. E quando il prato bruno, quando il prato

marrone? Non prato, terra, la terra marrone, non il prato, il bambino lo sa, il maestro a volte fa questi sbagli, e dice che siccome autunno il prato marrone, ma il bambino, anche se non a livello cosciente, sente che non vero, che il prato non c, se non verde il prato non c, c la terra, ma non il prato. Perci, quando noi esprimiamo frasi, in chiave di giudizio, dobbiamo stare attenti a che i giudizi siano giusti, e, nella misura in cui sono giusti, bene che precipitino a livello della memoria, che si imprimano a livello del corpo in modo da diventare abitudini del bambino, in modo, cio, che il bambino si abitui a dire il prato verde. Se, invece, diamo giudizi errati, nel senso che i fatti non sono giusti perch sono imprecisi, come il prato bianco o il prato marrone, dobbiamo guardarci bene dal farli imparare a memoria al bambino. Il prato si pu chiamare bianco o marrone soltanto in via di eccezione, perch il prato, quando prato, verde, e se non verde, terra o neve. Si pu dire sul prato c la

neve, un giudizio, ma un giudizio temporale, adesso, quindi non indichiamo una caratteristica permanente del prato, ma una qualit del tutto esterna ad esso. Invece con il dire il prato verde si indica lessenza del prato, e quando il giudizio esprime lessenza giusto, allora noi avvertiamo che bene che il bambino lo impari e se ne ricordi, che lo imprima nei livelli pi profondi del suo essere, da dove sar sempre in grado di riportarlo su, perch sempre vero. Il prato verde sempre vero. Il prato marrone non vero. Terzo passo: abbiamo il concetto. Il concetto dice il prato verde o il verde prato: il verbo non c, non c la proposizione, non c la frase. Il prato verde un concetto, cosa significa che un concetto? E una cosa che esiste! E una cosa che esiste nella realt, e che io ho afferrato nel mio pensare in chiave di concetto. A questo livello qui, pi concetti un bambino si forma, e meglio , perch pi ricco diventa. Steiner dice che una delle grandi tragedie del nostro tempo la povert di concetti delluomo

doggi, cio che luomo doggi, anche grazie ai maestri, si fa troppi pochi concetti. Il concetto, se un vero concetto, corrisponde a qualcosa che c, quindi ha un diritto assoluto ad imprimersi fino in fondo, fino al livello corporeo, perch esiste nella realt, quindi la somma dei concetti di un essere umano, di un bambino, la somma di tutto ci che lui ha esperito e che esiste nella realt. I concetti formano, nella corporeit, diciamo la dimensione della fisionomia, che costante; mentre la somma dei giudizi contribuisce ad un carattere fondamentale della gesticolazione, del modo di gesticolare, quindi di quei movimenti che non sono diventati forma fissa, ma sono forme motili, ancora capaci di metamorfosi, molto di pi che non la fisionomia, diventata ormai statica. Fare imparare a memoria un sillogismo, quindi voler dare un carattere definitivo, un carattere di assolutezza al sillogismo, significa stravolgere totalmente ci che in chiave di assoluta metamorfosi, ci che in chiave di assoluta inesauribilit, che potrebbe venir caratterizzato sempre da

nuovi lati; questa caratterizzazione assolutizzata come un processo di ossificazione, grazie alla quale contribuiamo a rendere il bambino prematuramente sclerotico, perch gli portiamo via la capacit di metamorfosi, la capacit di caratterizzare le cose da lati sempre nuovi, e facciamo, in chiave di sillogismo, ci che lecito fare soltanto in chiave di concetto: cominciamo a definire. Soltanto i concetti si possono definire, in chiave di sillogismo dobbiamo sempre descrivere i fenomeni. Qualcuno di voi vuole definire piove? Qualcuno vuol provare a definire il fenomeno piove? Vedete che assurdit? Invece, il concetto definito, altrimenti non un concetto. Il prato verde definito. Intervento: Non basta dire soltanto prato? Archiati: Prato concetto, per se io, adesso, ti chiedo che cosa fa parte della definizione di prato, qual lessenza del prato, e tu mi lasci fuori il verde, tutti qui ti diranno che non hai parlato del prato.

Cos il prato? Intervento: Il prato un campo dove cresce dellerba. Archiati: Erba blu? Intervento: No, lerba verde. Archiati: Vedi che il verde ci vuole? Intervento: Volevo dire che, in fondo, quando parliamo del prato non c bisogno di specificare che il prato verde, perch tutti lo sanno che il prato verde. Archiati: Diciamo che il prato verde esprime il concetto in un modo pi completo. Quando si dice prato, si esprime il concetto solo in modo incipiente, perch se si dice solo prato si astrae da ci che essenziale al prato. Adesso prova ad immaginare che un bambino senta dire prato, senza che la rappresentazione del verde ci sia: c il prato? No, il prato non c. In altre parole, Steiner ci sta dicendo che quando noi siamo in interazione col

bambino, siamo sempre in un campo semantico infinito, vivente, mai ristretto, e se noi facciamo precipitare questo livello cos motile della caratterizzazione nella univocit di un giudizio, restringiamo il campo enormemente. Dovremmo avvertire il salto mortale che si fa dal sillogismo al giudizio, e poi laltro salto mortale, dove si sospende il giudizio e si prende il concetto. Il concetto deve essere tutto definito, altrimenti non un concetto, il prato prato, non met prato e met bosco. I concetti sono univoci: un concetto equivoco non un concetto, come il sillogismo ha un carattere di universalit, cos il concetto ha un carattere di univocit. Il giudizio oscilla fra lequivoco e lunivoco, perci il giudizio una sfera dove bisogna fare molta attenzione, perch si possono commettere molti sbagli. Tutta la scienza, oggi, dice che lessere umano parte dal concetto, formula un giudizio e, infine, arriva al sillogismo, mentre si parte dallinesauribilit dellesperienza dentro la quale siamo, nella quale anche il bambino , si parte da essa e poi si restringe il campo sempre di pi. Steiner

ci mette in guardia dal restringere il campo al livello del sillogismo, perch dove noi siamo in interazione vivente con il bambino, il campo sempre aperto in tutte le direzioni, e dove lo si restringe, bisogna stare attenti: se dico il prato bianco, se sono un buon maestro, dovrei avvertire che un giudizio sbagliato, perch il prato non bianco, se bianco non un prato, neve, non prato. Intervento: Si pu cadere in questo errore quando, per esempio, si risponde alle domande del bambino? Archiati: bambino? Cosa pu domandare il

Intervento: Per esempio da dove nato, quando il bambino chiede: Da dove vengo?, ed in pieno sillogismo in quel momento, per cui o restringiamo il campo o gli diamo un giudizio. Archiati: Restringendo la sfera del sillogismo, cadiamo nel concetto e, normalmente, la risposta che diamo sbagliata. Avete voglia di fare un piccolo

esercizio? Qualcuno provi, da maestro o da maestra, a dare una risposta a questa domanda: Da dove sono venuto? Intervento: Dal mondo spirituale. Intervento: Da mamma! Archiati: Ecco, siamo caduti subito nella sfera del giudizio Steiner ci dice, in questa nona conferenza che, finora, abbiamo avuto risposte chiarissimamente a questo livello del concetto, ma se si d un risposta in chiave di giudizio, si perde il livello del bambino. Non esiste unaffermazione in chiave di giudizio che possa dire come siamo nati, perch come siamo nati un cosmo, un universo, e lo si pu unicamente raccontare, lo si pu soltanto descrivere da aspetti sempre nuovi, sempre diversi. Per esempio posso dire: Cera una volta... Intervento: Sarebbe interessante vedere che cosa causano nellanima del bambino queste risposte in chiave di giudizio, che incidenza hanno, per

esempio sulle adolescenziali.

famose

crisi

Archiati: Credo di avervi raccontato una volta un fatto che veramente successo: io ho una sorella, che adesso, fra laltro, maestra, che mi ha raccontato che, una volta, quando aveva sette anni, aveva ricevuto dei doni per natale ed aveva chiesto a nostro zio chi glieli aveva portati, da dove venivano, e lo zio, che si credeva emancipato, le aveva risposto: Tu credi ancora in santa Lucia, quanto sei sciocchina! Vengono dai tuoi genitori, te li hanno portati loro questi doni., e lei andata immediatamente nella sua stanza e li ha rotti tutti, non ne voleva pi sapere niente, perch? Perch sapeva che dietro quei doni cera un cosmo, cera un cosmo di esseri spirituali, cera una cosa che non finiva pi. Adesso io vi pongo la domanda: secondo voi, da dove vengono quei doni? Se mi dite che vengono dai genitori, vi dico che vi sbagliate, perch se non ci fossero tutti gli angeli del cielo, gli arcangeli ecc., se non ci fosse il padre eterno, il Cristo ecc., che, per esempio, fa crescere le piante, dove

prenderebbero i genitori le mele, le pere e le arance da dare ai bambini? Vedete quanti giudizi falsi, realmente falsi abbiamo in testa? E ci crediamo pi sapienti del bambino! Il bambino la pensa giusta, perch le arance vengono dal cielo, il padre del bambino che fa crescere le arance? Capite che enormit noi diciamo, quanti giudizi falsi noi facciamo? Questo molto importante in chiave di pedagogia. Quindi, quando si dice o si pensa di dire al bambino che i doni vengono da Ges bambino, per si convinti che vengono dai genitori, si distruggono forze reali nel bambino, perch sono giudizi falsi, si stanno pensando e dicendo menzogne, nonverit. Ecco il salto mortale tra il restare in un campo semantico che aperto in tutte le direzioni, e il precipitare in un giudizio che lo chiude e lo fa andare su un binario unico, in senso equivoco, perch la maggior parte dei giudizi che noi facciamo equivoca, sono giudizi un po giusti e un po sbagliati, perci vi ho sottolineato la differenza enorme fra il giudizio che dice il prato verde, con la percezione interiore che questo giudizio giusto, e laltro giudizio che

dice il prato bianco, che un giudizio sbagliato. Voi direte: come si fa ad essere cos svegli da percepire sempre e fino a che punto un giudizio giusto o sbagliato, o pi o meno giusto? Si tratta anche di esercizio. Abbiamo detto che maestri si nasce, perch questione di karma, di reincarnazione ecc., per anche che larte va imparata. Intervento: sillogismo? Il pregiudizio un

Archiati: Prendiamo il caso classico: -Tutti i cretesi sono bugiardi, dice un cretese-, un pregiudizio? E giusto o non giusto? In altre parole, questo lesempio classico, e andiamo a cinquecento anni prima di Cristo, dove ci viene dato questo strumento di pensiero per capire, diciamo, il carattere immanente di equivocit di ogni giudizio. Ogni giudizio esposto al carattere di equivocit: proprio per questo si deve generare unattenzione maggiore ogni volta che si formula un giudizio, perch si sa, gi in partenza, che laltro pu anche dire: S, vero, ma, da questaltro punto di vista,

diverso.... Quindi, ogni giudizio vero ed falso. Torniamo di nuovo allesempio iniziale: il prato verde, giusto questo giudizio? S e no, perch quando il prato non pi verde, non si pu dire in assoluto che non pi prato, in potenza resta verde, perch la prossima primavera ridiventer verde. Quindi, quando si nel giudizio, si nel lato della criticabilit assoluta, e bisogna stare attenti con il bambino. Intervento: oggettivit? Anche per la non

Archiati: Lequivocit non nonobiettivit, una parzialit. Nel giudizio c il mistero della parzialit, perch si dice una parte e si lascia fuori tutto il resto. Se rispondo al bambino che domanda da dove venuto con un giudizio, come reagisce lanima del bambino? Si chiude dicendo: Di cento cose che mi dovrebbe dire, me ne dice una sola, e le altre?. Cos reagisce lanima, perch lanima sa che ogni giudizio parziale, se non addirittura sbagliato, perch la parzialit, quando afferra un aspetto importante meno

sbagliata, ma quando la parzialit talmente parziale che afferra un aspetto totalmente marginale e lessenziale lo lascia fuori, allora diventa sbagliata: ecco i problemi, le aporie del giudizio. Quindi, in fondo, in pedagogia bisognerebbe essere molto parsimoniosi col giudizio. Come si fa ad essere parsimoniosi col giudizio? Appena si fa unaffermazione, bisogna subito aggiungerne unaltra che la varia, e poi unaltra ancora ecc. Intervento: Se i ragazzi sono gi pi grandi? Archiati: Se sono pi grandi, non tutto si pu riparare, per nella misura in cui il maestro sovrano in questo modo di muoversi, pu riparare molto. Vogliamo fare un esempio? Intervento: Se mi trovo davanti un ragazzo che mi dice: Bisogna tagliare le mani a tutti i ladri, i ladri vanno puniti con il taglio delle mani. Archiati: Questo non soltanto un giudizio, la situazione molto pi

difficile. Devo cercare di uscire dalla sfera del giudizio e tornare nel campo delle caratterizzazioni e delle descrizioni, senza dare un giudizio. Intervento: A me viene in mente il Cristo che, quando la gente poneva domande di questo tipo, non dava giudizi, ma rispondeva con delle parabole. Archiati: Prova ad immaginare di parlare con questo ragazzo, cosa gli diresti? Intervento: Io gli racconterei cosa fanno le mani, come anche a quel ladro sono servite per cucinare il cibo per i suoi amici ladroni, e poi gli sono servite per sollevare il compagno che era caduto a terra ecc. Archiati: E come arrivano queste stesse mani, che sono capaci di aiutare gli altri, che sono capaci di stare sullautobus, a rubare? Intervento: Gli si pu dire che queste mani si sono ribellate al loro compito?

Archiati: Sei ricaduta di nuovo nella sfera del giudizio, bisogna restare nel campo delle descrizioni. Siccome si parte dal presupposto che tagliare le mani una cosa sbagliata, bisogna cercare di descrivere in chiave positiva tutte le cose che le mani fanno, e lanimo del ragazzo avvertir che queste mani fanno tante belle cose, anche positive, e non vorr pi che vengano tagliate. Poi faremo tutta una serie di riflessioni per capire come queste mani arrivano a rubare: arrivano a rubare quando quel poverello l non ha pi da mangiare, non ha un lavoro ecc. Cercheremo di descrivere perch le mani non vanno tagliate, bisogner far vedere che ci sono tante persone che sono costrette a rubare, che se una persona ruba vuol dire che la societ, in cui tutti siamo, lo ha costretto a farlo ecc. ecc. Ecco larea semantica infinita, e alla fine di tutta la descrizione, di tutta la fiaba, salta fuori che se noi avessimo un altro tipo di umanit, se noi stessi fossimo diversi, queste mani qui non ruberebbero pi. Perch, detto fra adulti, se noi costringiamo gli altri a rubare, i

veri ladri siamo noi. Questo tipo di giudizio, il maestro lo deve avere in s per trovare la creativit delle cose che dice e che descrive, e se i giudizi che lui ha sono giusti, saranno cos creativi, avranno una tale creativit da risultare molto convincenti. Intervento: Se gli si propone, come gioco, di non usare per unora le mani? Archiati: Il vizio intrinseco di ci che tu proponi la sua negativit, cio tu proponi una via puramente in chiave negativa, nel senso di non fare qualcosa, invece, in campo pedagogico, costruttivo soltanto ci che fa vedere sempre la positivit delle cose. Se tu impedisci ad un ragazzo di fare qualcosa, lui sperimenta soltanto la rabbia, e la rabbia non fa capire niente. Intervento: Per difficile passare dalla sfera del giudizio a quella del sillogismo, perch noi stessi siamo talmente imbevuti di giudizi. Archiati: Quando Steiner ci dice che per tutte le cose che dobbiamo fare, non

soltanto per essere dei maestri, la meditazione quotidiana uno strumento importantissimo, lui non sta facendo come la chiesa che dice che si dovrebbe meditare, no, per, oggettivamente mostra che, per tutte le cose, un quarto dora di meditazione al giorno d una inesauribilit interiore che altrimenti non si pu avere. Quindi, la scienza dello spirito ci dice che se si lavora sistematicamente, ogni giorno, su se stessi, ci si trasforma interiormente in modo tale che questa sfera del sillogismo si apre, mentre se non si lavora su se stessi, non si trova! Ecco limportanza della meditazione: e non si tratta di un comandamento, ma una verit oggettiva, si sa che per cominciare a muoversi con una certa libert sovrana in quel campo del sillogismo, bisogna coltivare la propria interiorit, giorno per giorno, un altro modo non c. Se il ragazzo si fatto il giudizio che bisogna tagliare le mani ai ladri, lo avr sentito dagli adulti e, quindi, si sar sempre pi confermato nella sua idea, perci la soluzione non quella di rimanere nella sfera del giudizio, ma quella di uscirne fuori, di

spostare il campo semantico. Bisogna capire in partenza che, qui, una risposta di tipo giudiziale non serve a nulla, che si deve aprire un campo semantico del tutto nuovo, molto pi vasto. Veniamo al significato etimologico della parola sillogismo. Sillogismo deriva da - (sun-logos), sono elementi del (logos) in sintesi: dove io dischiudo il significato di una cosa facendone vedere, in chiave di sintesi, tanti aspetti diversi, in questo cammino di sun-logicit, c una fine? No, non c una fine. Il polo opposto quello di un che non ha nessun sun, che da solo, che ben definito: il concetto. Steiner dice, nella nona conferenza di Antropologia, che cos come dobbiamo stare attenti al giudizio, come non dobbiamo mai fare scendere nella memoria che sclerotizza questa area semantica, che deve sempre essere tenuta in un movimento di vivente metamorfosi, cos, allopposto, importante che noi diamo al bambino un numero, il pi grande possibile, di concetti, perch questa la ricchezza esperienziale delle cose ben precise, che

lui vuole. Vi porto un esempio: nel Laos, io insegnavo francese, inglese e matematica a dei bambini dalla prima elementare fino alla maturit, e, una volta, ci siamo trovati di fronte al problema di creare il concetto di ascensore, perch avevano dei libri francesi nei quali si parlava di ascensore, per loro, che vivevano in case di bamb, non avevano mai visto non solo un ascensore, ma nemmeno una scala. Allora ho chiesto: Ma voi sapete cos una scala? Lescalier?. Oui, oui, oui, per nessuno mi sapeva dire cos una scala: li ho portati alla cittadina pi vicina, dove cerano due o tre costruzioni di cemento, e ci siamo fermati davanti ad una casa che aveva una scala che andava su e poi, per andare al primo piano, girava. Io ho detto alla scolaresca: Adesso vedete come fatta una scala. Una risata sonora, per farmi capire che avevano ragione loro, che non possibile andare su con una scala, perch anche quella che vedevamo arrivava soltanto a met. Siamo saliti tutti insieme fino al punto dove la scala girava... un silenzio, immaginate lumiliazione di questi

bambini! Non lavevano mai vista, dove lo prendevano il concetto di scala? Chi di noi capace di farsi concetti senza il sostegno della rappresentazione? Invece importante che lessere umano, incarnato sulla terra, abbia molte percezioni che gli diano la possibilit di formarsi dei concetti delle cose, insieme alle quali abita sulla terra. Quindi, pi un maestro comunica concetti ai suoi bambini, e pi questi bambini sono ricchi come esseri umani. Ma i concetti non sono giudizi: io non faccio un giudizio sullascensore, non faccio un giudizio sulla scala, ma aiuto il bambino a farsi un concetto dellascensore. Come si fa ad avere il concetto dellascensore senza laiuto della rappresentazione? Bisogna esperirne almeno quattro o cinque, perch allora si coglie ci che comune, e si lascia fuori ci che, invece, marginale, in altre parole, il concetto va sempre allessenza della cosa, altrimenti non concetto. Il concetto del prato qual ? Che il verde ci vuole, altrimenti non un prato. Se si porta via il verde, si porta via il prato. Invece, altri aspetti, che non sono essenziali al prato, non fanno parte del concetto di prato.

Ecco perch importante avere un ricco bagaglio di concetti, e la ricchezza dei concetti anche il mistero della vastit dellesperienza: un maestro che ha unesperienza molto vasta del mondo e dellumanit, porta incontro al bambino una ricchezza ben diversa che non un maestro di esperienze ristrette, anche se lesperienza, in quanto vastit di percezione, non sostituisce il concetto. Ci vogliono entrambe le cose: la vastit della percezione, ma anche la capacit di pensarci sopra. La capacit di pensarci sopra, da sola, non basta, perch a forza di pensare non si pu tirare fuori il concetto dellascensore, se non lo si mai visto, e la vastit delle percezioni da sola non basta, perch si devono aggiungere i pensieri. Queste due realt insieme, la vastit della percezione e la profondit del pensiero, fanno la somma dellesperienza di un maestro, che gli consente di comunicare al bambino una ricchezza sempre maggiore di concetti, ed bene che il bambino se li imprima nella memoria e li faccia scendere non soltanto nellanimico, ma anche nel corporeo, perch il concetto di prato sempre lo

stesso. Se il concetto giusto, il bambino lo pu portare per tutta la vita cos come , perch sar sempre giusto. Il concetto di prato era diverso cinquecento anni fa? No, il prato sempre stato prato. Quindi, come nel sillogismo c il mondo della variabilit assoluta, dellinfinit, dellinesauribilit, cos nel concetto c il mondo della univocit assoluta, e qui dobbiamo essere generosi con il bambino, per esempio tutte le letture, le fiabe, i brani vari, tutto quello che facciamo in chimica, in fisica ecc., a cosa serve? Tra tutte le altre cose, serve a dare al bambino una ricchezza sempre maggiore di concetti, e pi il bambino ricco di concetti e pi si porr di fronte ad ogni nuova esperienza con una ricchezza interiore che gli consentir di prendere posizione in modo, da un lato, inesauribile e, dallaltro, preciso, perch tutte e due le dimensioni vanno bene, sia la ricchezza inesauribile, sia la precisione. Il carattere di precisione noi lo prendiamo dal lato del concetto, e il carattere di inesauribilit dal lato del sillogismo.

Intervento: Quindi, per dare ai bambini molti concetti, bisogna dare loro molte percezioni. Quando il bambino chiede :Cos questo?, bisogna farglielo vedere? Archiati: Il bambino cerca una rappresentazione, e la rappresentazione non si pu trasmettere senza la percezione. Il concetto si pu trasmettere, per dove Steiner parla di concetti per il bambino, intende concetti sempre nel senso di concetti uniti a rappresentazioni. Il bambino non ancora capace di concetti senza rappresentazioni: ci vuole la percezione, e perci fa parte assoluta della scuola Waldorf che il bambino vada a vedere le cose. Riprendiamo i sensi. Ieri sera abbiamo fatto alcune considerazioni sul fatto che il modo in cui noi sentiamo il nostro Io, non il modo in cui percepiamo lIo di un altro, ma il modo in cui noi sentiamo e viviamo il nostro Io, sono, in realt, dodici modi diversi; in altre parole, il nostro Io si vive a partire da dodici

ambiti di percezione diversi. Abbiamo detto che, di fronte ad una superficie colorata, lIo fa una sintesi, che poi una sintesi di giudizio, o, se volete, una sintesi di sillogismo; lIo fa la sintesi di ci che percepisce il senso del movimento, e di ci che percepisce il senso della vista o del colore, cos facendo si percepisce una superficie colorata che ha una forma: se non si avesse il senso del movimento, non si percepirebbe la forma, si percepirebbe soltanto il colore, e non si saprebbe dire che forma ha questa superficie colorata. Quindi se noi avessimo, per assurdo, un essere umano che ha il senso della vista, ma non il senso del movimento, ci direbbe che percepisce il giallo ma che non in grado di dire dove termina la superficie di questo giallo, perch per tirare i contorni che delimitano questa superficie gialla, bisogna che il senso del movimento, vitalmente, in un modo analogo al senso della vita, percorra in chiave dinamica questa superficie. Quindi il tatto, la vita, il movimento e lequilibrio sono i sensi dinamici; il calore, la vista, il gusto e lolfatto sono i sensi animici. Infine Io, pensiero,

linguaggio e suono, sono i sensi dello spirito. (fig. 14) L esperienza del giallo, di una superficie gialla, unesperienza animica, quindi unesperienza di sentimento; invece, la percezione, quindi lesperienza della forma, non una percezione animica, ma una percezione corporea, che una cosa molto diversa. Intervento: Per per percepire la forma entra in gioco anche la vista. Se noi fossimo ciechi, non ci basterebbe il senso del movimento per percepire la forma. Archiati: Un cieco sa cos un quadrato, come lo sa se non lha mai visto? Intervento: Percezione del movimento vuol dire che quel movimento bisogna compierlo con il corpo? Archiati: Interamente. In altre parole, supponiamo di avere un rettangolo, tramite la vista si percorre

dinamicamente questa superficie, il che significa che locchio insieme con il movimento fa tutta questa strada, significa che se fosse un triangolo ci si stancherebbe di meno. Ecco la differenza: non una cosa astratta, perch a livello vitale, reale, anche se non conscio, qui, nel rettangolo, si vive un dinamismo pi costante, perch bisogna arrivare fino in fondo, invece qui, nel triangolo, si arriva prima. Spieghiamoci in un modo pi semplice: se non lo si percorso tutto, come si fa a sapere che un rettangolo? Quindi, oltre allocchio, interviene anche il movimento, che non pi di natura animica, ma di natura corporea. Luomo doggi diventato astratto perch mette in primo piano lesperienza animica (il vedere unesperienza animica), e non si rende conto che qui, in questa superficie rettangolare, si deve durare di pi per arrivare sino in fondo. Intervento: Rispetto agli animali, il discorso dei sensi diverso? Quanti sensi hanno gli animali? Archiati: Nessuno, perch gli animali

non hanno percezione. Lanimale vive il colore, ma non lo percepisce, altrimenti ne parlerebbe anche; abbiamo detto allinizio che un enorme antropomorfismo, che dobbiamo correggere, quello di attribuire la percezione, cos come specificamente umana, allanimale, perch se lanimale fosse, come noi, capace di percezione, sarebbe capace del polo corrispondente alla percezione, che il concetto. Intervento: Quindi, quello che il materialismo dice delluomo, vale precisamente per lanimale. Archiati: S, cio il materialismo descrive dellessere umano ci che vale per lanimale, e non di pi, e ci che specificamente umano lo lascia fuori. Questo, naturalmente, complica il discorso, perch ci tocca riferire allanimale tutto ci che stato detto sulluomo, e poi dire sulluomo tutto quello che mai stato detto, che specifico dellessere umano, con il problema della terminologia, perch la percezione, che andrebbe riferita soltanto allessere umano, stata usata

per lanimale, quindi ci troviamo ad usare la stessa parola per indicare due cose del tutto diverse. Lanimale non percepisce, ma vive il colore, il colore opera nellanimale, perci lanimale non ha la possibilit di porsi di fronte al colore in modo da poter prendere posizione in chiave di concetto, in chiave di pensiero. In queste conferenze che stiamo trattando, Steiner dice che i quattro sensi del tatto, della vita, del movimento e dellequilibrio, sono i sensi specificamente corporei, attraverso i quali noi percepiamo la nostra propria realt interiore corporea. I quattro sensi dellolfatto, del gusto, della vista e del calore, sono i quattro sensi specificamente animici, quindi sono i sensi del sentimento. I primi quattro sono i sensi della volont, perch la volont si esprime attraverso la realt corporea, e gli altri quattro sono i sensi del sentimento, cio quando si analizza il contenuto della percezione di questi sensi, lolfatto, il gusto, il colore e il calore, si ha sempre un contenuto di sentimento; i primi quattro, invece,

indicano sempre qualcosa che viene voluto attraverso la volont, in chiave di operativit, in chiave di fare qualcosa. Il tatto, per esempio, il modo operativo di impingere contro il mondo circostante. Anche quando noi diciamo di non sentire nessun contatto, in realt noi esercitiamo sempre il senso del tatto perch urtiamo contro laria; se nel mondo in cui viviamo non ci fosse laria, cambierebbe subito notevolmente il nostro modo di sentire il tatto, perch non avremmo questa resistenza, che usualmente non avvertiamo pi, perch vi siamo abituati, ma c, per cui quando si muove la mano, si sente di muoverla, dove lo si sente? In base a che cosa lo si sente? Perch c laria, quindi unesperienza vera e propria del senso del tatto, oltre che della vita, oltre che del movimento, oltre che dellequilibrio. C il senso dellequilibrio, perch se la mia mano si sposta da qui a qui, tutta la compagine di equilibrio del mio corpo cambia. Quindi non soltanto lelemento solido che noi percepiamo con il senso del tatto, ma anche laria, tanto vero che quando, dinverno, si sente che fa freddo, soltanto il senso

del calore a sentirlo? E il senso del calore insieme al senso del tatto. Sono sempre uniti pi sensi, perch non esiste quasi mai una percezione di un senso solo; ora, se noi entrassimo nel merito delle combinazioni possibili, le cose diventerebbero pi complesse, gi abbiamo difficolt ad individuarli nelle loro caratteristiche specifiche, immaginate poi a combinarli! Abbiamo fatto un esempio, quello che fa Steiner, del modo di operare concomitante del senso della vista, che ci d la percezione del colore, e del senso del movimento, che ci d la percezione della forma: devono lavorare insieme, colore e movimento, per questo non significa che lavorano soltanto quei due l. In ultima analisi, c sempre almeno una minima compresenza di tutti e dodici i sensi, e questo ci dice che abbiamo sempre a che fare con lessere umano nella sua sintesi totale. Prendiamo adesso le tre affermazioni che Steiner fa, alla fine della nona conferenza: 1) il mondo morale; 2) il mondo bello e 3) il mondo vero.

Steiner dice che il bambino da uno a sette anni vive nel mistero dellimitazione, perch? Perch ancorato, in un modo del tutto particolare, in questi quattro sensi corporei, in quanto sensi del dinamismo e della volont, e con questi quattro sensi, che sono quelli che danno la base incarnatoria pi profonda, il bambino si propone di imitare, nella strutturazione tattile, nella strutturazione vitale, nella strutturazione di movimento, nella strutturazione di equilibrio del suo essere, si propone di imitare tutto il mondo circostante. Il bambino, come individualit, scende dal mondo spirituale, abituato ad avere una fiducia illimitata negli esseri delle gerarchie spirituali che lo accompagnano, che lo hanno amorevolmente aiutato a costruire il karma, a costruire le basi incarnatorie del suo corpo, cio tutte le forze di dinamismo degli eventi che gli verranno incontro: come prolungamento di questo gesto di fiducia, di comunione con gli esseri spirituali, sulla terra il bambino imita tutti gli esseri che lo circondano per costruire il corpo fisico, fondamento delle opere del karma.

Perci, la convinzione fondamentale inconscia del bambino, che in chiave imitativa, di dedizione assoluta al pap, alla mamma, al maestro ecc., la convinzione inconscia che il mondo buono, il mondo morale, e quindi vale la pena di dare una fiducia religiosa a questo mondo, e lasciare, permettere a questo mondo di strutturarlo, di decidere quale base corporea avr per tutta la vita. Quando il bambino entra a scuola, dai sette ai quattordici anni, interviene un fattore di tuttaltro registro evolutivo: mentre fino ai sette anni il bambino vive pi direttamente in questi quattro sensi del dinamismo corporeo, dai sette anni in poi, comincia a vivere particolarmente i sensi animici, quindi a vivere dentro alle esperienze olfattive, dentro alle esperienze gustative, dentro alle esperienze dei colori e dentro alle esperienze caloriche. A quel punto, il bambino trasforma karmicamente il gesto religioso-morale di imitazione, in un gesto artistico di autorit, dove il maestro diventa unautorit indiscussa, e ponendo alla base esperienziale questi quattro sensi, che danno sentimenti animici, laffermazione fondamentale,

quindi la convinzione inconscia fondamentale del bambino dai sette ai quattordici anni : il mondo bello. Non pi il mondo buono, ma il mondo bello, e perci, in questo arco di tempo, bisogna presentare tutto al bambino sotto laspetto artistico, in chiave del bello; se, invece, ci rifacciamo al buono e al vero dobbiamo fare affermazioni in chiave di giudizio, e siamo fuori, perch dobbiamo fare affermazioni soltanto in chiave di bello. Come sono le affermazioni in chiave di bello? Sono le sfumature, la capacit di sfumare sempre di pi i fenomeni: c questa sfumatura, questaltra sfumatura del descrivere, poi unaltra sfumatura, e unaltra ancora. Ecco lelemento artistico che va di sfumatura in sfumatura; la verit, invece, ben precisa, nella verit c la realt oggettiva, e la religione assoluta, nella religione c la dedizione assoluta. Quindi nel vero c loggettivit, nel buono c lassolutezza di donazione e nel mezzo c il bello: c lelemento della leggerezza, ci sono le sfumature, c lelemento della motilit, della

metamorfosi, della trasformazione infinita, c lelemento del gioco. (fig. 15) Lelemento del gioco trova uno sbocco in chiave di verit chiara oppure di dedizione assoluta? No, il gioco resta sempre in un equilibrio labile, che si ricostruisce sempre di nuovo, sempre in nuovi modi. Pu essere vero il gioco? No. Pu essere buono il gioco? No, il gioco deve essere bello. Ecco il godimento estetico. Steiner ci dice, quindi, che tutto quello che noi facciamo dai sette ai quattordici anni, tutto, qualsiasi tipo di materia, sia la storia che la scienza naturale che la musica, tutto deve essere portato al bambino in chiave artistica. Dopo aver fatto queste due grandi esperienze che il mondo morale e che il mondo bello, quando, dopo i quattordici-quindici anni, si risveglia, sempre di pi, la capacit di un giudizio proprio, in questa epoca della vita, dal quattordicesimo al ventunesimo anno, si pu osare di pi con i giudizi, per curando che siano giusti. Quando, nel

ragazzo, si risveglia la capacit di giudizio, propria della persona che cresce sempre di pi, la qualit del mondo che diventa pi importante che il mondo vero. La sete di verit, il voler venire a capo delle cose per sapere come vero, se cos o cos, inutile che noi la cerchiamo nel bambino dai sette ai quattordici anni; e quando il bambino viene con delle domande di questo tipo: Ma vero? E cos e cos?, si tratta sempre di domande che ha preso da altri, non sono sue. Allora tocca a noi cambiare subito il registro, se gli diciamo: Adesso lascia da parte quello che gli altri ti hanno detto, ritorniamo a te, il bambino si sente di nuovo nel suo elemento, si sente di nuovo avvolto dallautorit, e trova una risposta in chiave di bellezza. Per il bambino dai sette ai quattordici anni vero soltanto ci che bello, ed buono soltanto ci che bello: il vero vero in quanto bello. Ed il buono buono in quanto bello. Quindi, se noi ci adoperiamo (e questi sbagli li facciamo continuamente) a far capire al bambino che qualcosa vero, non

preoccupandoci di quanto pu esperire dal lato del bello, perdiamo il contatto con il bambino, fatica sprecata cercare di far capire che qualcosa vera ignorando il bello. E lo stesso vale per il buono. Se vogliamo far capire al bambino che qualcosa buono, che qualcosa morale, che bene fare cos, abbiamo perso di vista il bello ed abbiamo perso il bambino, perch per il bambino, dai sette ai quattordici anni, vero soltanto ci che bello, ed buono soltanto ci che bello, proprio per il fatto che bello. Dopo limitazione e lautorit, nel terzo settennio cosa abbiamo? Steiner non ha consacrato una terza parola. Vogliamo trovarla in italiano? Secondo me la stima, basata sulla competenza. La competenza indica la qualit dellinsegnante, ma la forza che fonda il rapporto fra linsegnante e lallievo la stima. E il principio della stima dove inizia? Il primo inizio del principio della stima dove lo troviamo? Gi a nove anni, labbiamo visto, quando questa assolutezza indiscussa dellautorit del maestro trova una cesura, quando nel

bambino, a livello inconscio ma reale, sorge la domanda: Ma il maestro da dove le prende tutte queste cose? Devo proprio avere fiducia in lui? Sar proprio cos indiscutibile la sua autorit?. Quindi c qui, a nove anni, il primo inizio di ci che succeder poi nel terzo settennio. Un liceale con che occhi guarda i suoi professori? Vuole un rapporto di stima, e se il professore o la professoressa vuole imporsi con il principio dellautorit, si sente trattato da dodicenne, e non ci sta, non vuole un rapporto dautorit, che dai quattordici anni in poi diventa un rapporto autoritario: dai sette ai quattordici anni autorevole, dai quattordici anni in poi autoritario. Quindi, o c la competenza, c la stima, oppure, se il maestro vuol vivere di rendita e perpetuare il rapporto di autorevolezza che cera prima, trova una resistenza, un respingere molto forte. Lo stesso maestro che dai sette ai quattordici anni era autorevole, se continua a comportarsi nello stesso modo, quando il ragazzo ha quindici o sedici anni, diventa autoritario. Il maestro non cambiato, cambiato il bambino, lessere umano che cresce, ed

cambiato profondamente, perch questo, diciamo, spartiacque dei quattordici anni un Rubicone ancora pi forte che non quello dei nove anni. Non dimentichiamo che qui avviene tutto il rivolgimento corporeo della maturit sessuale, per cui lessere umano che ha passato questa soglia del tutto diverso. A sette anni c la dentizione: ci si accorge di meno di questo rivolgimento? Lo vediamo in chiave pi graduale. In un certo senso, questa soglia dei sette anni, anche s meno visibile, molto pi immane che non questa dei quattordici anni, della maturit sessuale. I denti che sorgono a sette anni sono gli ultimi, mentre quelli ricevuti alla nascita sono i denti di eredit. I denti che vengono formati dallinsieme dellorganismo a sette anni rimangono per tutta la vita. Il fatto che qui, a quattordici anni, ci sono fenomeni astrali, che si palesano maggiormente e che, perci, notiamo di pi. Invece, questo Rubicone dei sette anni, di natura organica, quindi fisico-eterica: notiamo di pi la prima metamorfosi, ma, di fatti, questultima , ad altri

livelli, molto pi fondamentale. Perci, dovremmo fare pi attenzione a questo Rubicone: per esempio al fatto di fare andare i bambini a scuola a sei anni, prima di aver passato questa soglia; e non succede che, qualche volta, vengono mandati a scuola ancora prima dei sei anni? Non si pu trattare un bambino di sei anni come un bambino che ne ha sette e mezzo. Intervento: Per dentizione si intende linizio del cambiamento dei denti? Archiati: Fondamentale la fine, la conclusione della dentizione, verso i sette anni, i sette anni e mezzo, varia da bambino a bambino. Intervento: In alcuni bambini anche ad otto anni, per che si fa, non li si manda a scuola? Archiati: Va considerato caso per caso, gli esseri umani sono individualit, quindi pu darsi che il genitore, proprio nel travaglio di trovare la decisione, cresca lui stesso.

Intervento: Ci sono, comunque, anche altri parametri: come il bambino si muove, ad esempio, che cosa dice, che cosa fa. Archiati: S, ma Steiner ci sottolinea il fatto che la dentizione un fenomeno di enorme importanza, bisognerebbe anche studiare le conferenze nelle quali descrive, fisiologicamente, come avviene la dentizione, per rendersi conto di quale rivoluzione si verifica in tutto lorganismo. Quando ancora, per il resto della vita, lorganismo umano produce una sostanza cos dura come i denti? Mai pi, per tutta la vita non avviene mai pi. Veniamo, quindi, richiamati a non sopravvalutare soltanto gli elementi animici che ci saltano agli occhi, ma a prendere sul serio i fenomeni corporei, i fenomeni organici. Laffermazione fondamentale di Steiner riguarda il fatto che noi tendiamo, oggi, nella nostra cultura, ad essere veloci, a bruciare le tappe, e facciamo tanti sbagli bruciando le tappe. Questo vale per linizio della scuola, vale per lo scrivere, vale per il leggere, nel senso che noi tendiamo oggi ad insegnare ai bambini a leggere

prima che abbiano mosso le mani, tendiamo ad essere precoci in tutto, pensiamo che pi presto il bambino impara e meglio , e uccidiamo tutta questa sfera, che si deve sviluppare sotto il principio dellimitazione, dellimitazione organica. In altre parole, un pap collerico, con la sua realt collerica, struttura, a livello di tatto, a livello di vita ecc., la corporeit del figlio; certo, non c soltanto il padre, per il padre contribuisce a strutturare il cervello nei minimi particolari, e poi queste strutturazioni sottilissime del cervello sono determinanti per il modo di pensare, per la capacit di pensare di un individuo. Quindi, spero che sia chiaro che limitazione non consiste solo nel fatto che il bambino imita esteriormente, nel senso che se il bambino ha visto che la mamma va a prendere la lana da un cassetto, per imitazione anche lui va a prendere la lana da quel cassetto: questo il lato esteriore dellimitazione; laltro lato, molto pi importante, che la corporeit si struttura secondo limitazione del modo in cui si configura

la realt animico-spirituale delle persone che circondano il bambino. Intervento: Il fatto che oggi accade molto spesso che i bambini stiano con persone che non sono i genitori, implica che questa strutturazione avvenga per imitazione di altre persone che non sono i genitori del bambino? Archiati: Certo. In altre parole, quando una persona si arrabbia nelle vicinanze di un bambino, le correnti astrali della collera avvolgono e permeano, compenetrano tutta la realt corporea del bambino, e sono la causa strutturante della sua corporeit. Queste non sono metafore, sono realt assolute, e rendersene conto molto importante. Steiner dice che con il bambino piccolo non si pu mentire, perch lui non ha nessuna possibilit, n animica n spirituale, di prendere posizione. Un pap che pensa un pensiero sbagliato rovina, anche se in minima parte, il corpo del bambino. Non ha bisogno di esprimere il pensiero, basta che lo pensi, pensando un pensiero sbagliato pone, nel mondo eterico, una corrente che

distrugge la verit corrispondente: queste forze eteriche distruttive si comunicano al bambino, e tolgono alla corporeit del bambino le forze eteriche, che dovrebbero costruire il suo organismo vitale, il suo organismo di vita, di movimento e di equilibrio, e, perci, verr fuori una corporeit che sar meno sana di quanto sarebbe stata se quel pap, in quel momento, avesse pensato il pensiero giusto. Quindi, il mondo circostante nella sua realt, sia spirituale, sia animica, sia corporea, struttura, in chiave di imitazione, la corporeit globale del bambino: unaffermazione di questo tipo non si trova fuori della scienza dello spirito, non c. Intervento: Possiamo fare degli esempi concreti. Se, per esempio, due genitori hanno dei contrasti, questo si riflette sulla corporeit del bambino? Archiati: Supponiamo che questo sia un piccolo tratto, piccolissimo, di una circonvoluzione del cervello, perch le circonvoluzioni del cervello sono una cosa molto delicata, molto fine. La

domanda : come vengono formate? Perch, prima che il bambino nasca, la corporeit non c. Chi struttura, come struttura, come si orienta? Adesso, diciamo che questo bambino ha un anno e sei mesi o, meglio, sei mesi, e a due metri da questo bambino ci sono il pap e la mamma, e il pap sta dicendo una bugia dopo laltra alla mamma, o la mamma al pap. Cosa avviene nel mondo eterico con queste menzogne? Avviene che queste pieghe qui, che avevano gi la tendenza ad essere armoniche, prendono un altra forma, una piccola piega diversa. Intervento: E se il pap e la mamma del bambino sono lontani? Archiati: In Teosofia Steiner parla dellaura, e dice che ogni essere umano avvolto da unaura, unaura infinita? No, limitata. I confini dellaura sono complessi, per non vanno da qui a New-York: se le cose vengono dette nelle vicinanze del bambino, con quali sensi questi le sente? Anche con lorecchio, e se i genitori sono lontani, il bambino non le pu sentire. Quindi, il

fenomeno cambia. La scienza dello spirito non fa teorie, la scienza dello spirito ci mostra delle realt, che vanno conosciute nella loro oggettivit: i fenomeni vanno osservati e bisogna anche avere la modestia, dove non ci sono affermazioni di Steiner, di dire che non si hanno in mano gli elementi per dare delle risposte sicure. Spesso, perci, io mi accontento, lo avrete notato, di insistere sugli orientamenti di fondo. Intervento: Se si ha davanti un bambino che ha vissuto il periodo fino ai sette anni in una famiglia che sappiamo che non va, cosa si pu fare? Archiati: A livello corporeo c poco da riparare, perch il corpo ormai ha acquisito la sua strutturazione fondamentale. Intervento: Probabilmente lui non ha imparato che il mondo buono. Archiati: In chiave de il mondo bello ci sono delle cose che si possono recuperare, per non ci si pu illudere di

fare, dai sette ai quattordici anni, ci che andava fatto prima, nel primo settennio. La cosa molto seria, perch ci rendiamo conto che quando questa prima fase della vita si conclusa, si conclusa per sempre, adesso la costituzione definita nei suoi tratti fondamentali, e dai sette anni in poi ci sono solo delle piccole variazioni. Torniamo al fatto, importantissimo, della vicinanza e della lontananza: vorrei fare un paio di riflessioni su questo fenomeno per farvi vedere che cosa Steiner vuol dire quando ci ricorda, continuamente, come siamo diventati astratti, perch il mondo doggi diventato talmente astratto che astrae dalla realt e vive in un mondo di pensieri, in un mondo costruito dalla sua mente, che con la realt non ha niente a che fare. Adesso pongo la domanda: un essere umano che io vedo davanti a me, ad un metro di distanza, realmente pi piccolo se lo vedo a duecento metri di distanza? E pi piccolo realmente o soltanto unillusione ottica? No, non unillusione ottica, pi piccolo realmente. La scienza, invece, ci dice il

contrario. Perch la scienza ci dice che unillusione? Intervento: Per gi Einstein ci parla dellimportanza del soggetto nella considerazione dei fenomeni spaziali. Archiati: Il problema un altro. Dire che un essere umano, che a duecento metri da me, grande quanto un essere umano che qui davanti a me, un giudizio, anzi un pre-giudizio, mentre dire che pi piccolo la realt. Soltanto nellastrazione dellirreale, del surreale, sono ugualmente grandi, perch di una persona che a duecento metri di distanza non si percepisce n lIo, n il corpo astrale, n il corpo eterico, ma si percepisce soltanto un rimpicciolimento del corpo fisico; in altre parole, una persona che a duecento metri di distanza da me, non fa parte del mio karma, perch non sento neanche la sua voce, non facendo parte del mio karma, realmente, spiritualmente pi piccola di una persona che sta qui davanti a me, e che magari sento parlare. Queste sono realt, non astrazioni, e sono importantissime,

perch se non capiamo oggettivamente il fenomeno dellastrazione, in questi esempi reali, leggeremo in Steiner e diremo continuamente che luomo doggi astratto, lo ripeteremo come un dogma, senza aver mai capito quale realt c dietro: ma vero che siamo astratti, che siamo fuori dalla realt, quando diciamo che un essere umano, che spazialmente lontano da noi, grande quanto un essere umano che qui davanti a noi. Si pu dire che lastrazione il fenomeno che prende lillusione ottica come unico parametro di realt, ma lillusione ottica unillusione ottica! E unillusione ottica il fatto di trasportare una persona che a duecento metri di distanza qui, perch non qui, l, molto pi piccola: in altre parole, si realmente solo nelle situazioni in cui si presenti. Intervento: Per una persona cara che sta lontano, se la si vive nel ricordo, nel sentimento ecc., c! Archiati: Io non ho detto che non c, ho detto che molto pi piccola.

Intervento: Per pu anche essere pi grande! Archiati: Ad altri livelli, ma il fatto che con questo processo di astrazione che ci sposta in tutti i luoghi del mondo, senza esserci realmente, ci si comincia a sentire responsabili, ad esempio, di tutto ci che avviene in Jugoslavia, ci si sente un eroe ecc., ma sapete, in effetti, che cosa avviene? Avviene che ci si gode tutta questa bella astrazione, in modo da scappar via dal posto in cui si veramente, dagli esseri umani che sono belli grossi per noi, mentre gli esseri umani che sono in Jugoslavia sono molto pi piccoli. Lastrazione ci fa andare fuori dal mondo, e una volta che si fuori dal mondo tutto permesso! Intervento: Ma unidea che non si ancora incarnata, materializzata, pu agire nel mondo concreto? Archiati: Prendiamo lesempio dellessere umano che vuole conseguire un fine, che vuole raggiungere qualcosa, diciamo che vuole fare una vacanza: per raggiungere questa vacanza sono

necessari diversi strumenti. Lessere umano in questione si fa la rappresentazione della vacanza, e allora la rappresentazione opera dentro di lui, dentro alle sue scelte, perch la rappresentazione una realt animicoastrale che opera realmente. Lessere umano lunico essere ad agire in questo modo, perch se la divinit avesse bisogno di raggiungere qualcosa attraverso qualcosa daltro, non sarebbe libera, e dovrebbe vivere nel tempo, dovrebbe fare qualcosa in vista di qualcosaltro. Dio non fa una cosa in vista di unaltra, Dio fa ci che fa. Intervento: Nel prologo di Giovanni si dice che diventano figli di Dio coloro che sono saldi nel suo Nome, e nella prima invocazione del Padre Nostro anche compare il mistero del Nome: questo Nome ha lo stesso senso di quel nome, minuscolo o maiuscolo, che incontriamo in grammatica? Archiati: Il Nome, in senso storicoclassico antico, tuttaltra cosa che il sostantivo. Noi, nel linguaggio italiano doggi, praticamente usiamo la parola

nome e la parola sostantivo come sinonimi, e questo crea enormi problemi, perch se andiamo indietro di duemila, tremila anni, basta tornare ai vangeli, il Nome esprime sempre lessenza, anzi lessere pi che lessenza, perch lessenza sarebbe ancora unastrazione: quando un essere umano, nella sua totalit di essere umano, tramite liniziazione per esempio, muta profondamente, deve cambiare anche il nome, ecco perch il nome esprime lessere. Facciamo un piccolo esercizio di cammino storico del divenire dellumanit, e vedrete che sono delle cose interessantissime, e sono proprio quelle che Steiner faceva con gli educatori, con lintento di dare loro uno sguardo sovrano sui fenomeni umani della storia. Ma questo lo sapete gi, sapete che, in chiave di formazione degli educatori, non si tratta mai di dire come e cosa si deve fare con il bambino, ma di dare degli orientamenti didattici. Molto pi importante che non dire al formatore che cosa deve fare con il bambino, di aiutarlo a fare un cammino che gli

consenta di acquisire una umanit abbastanza vasta, che poi gli permetter, nella situazione concreta, di trovare autonomamente ci che andr fatto di volta in volta. Quindi, il cardine, lelemento portante della formazione dei formatori, la formazione umana, e adesso che faremo questa piccola sintesi storica, non la faremo in chiave di imparare qualcosa, ma sempre in chiave di che cosa possiamo fare adesso, in chiave di libert, per recuperare elementi che dovevamo perdere, perch ci erano stati dati per grazia, automaticamente. Se il Nome esprime lessere, che cosa avviene quando invece del nome si usa una parola, una parola qualsiasi? Una parola esprime lessere? No. Che cosa successo semanticamente nel corso dellevoluzione dellumanit? C stato uno stadio del linguaggio in cui ogni parola esprimeva lessere? S, c stato, ed stato proprio lo stadio iniziale del linguaggio, dove ogni parola, non importa se sostantivo, verbo o aggettivo, ogni parola stata creata imitando lessere, come imitazione

dellessere. Quindi abbiamo un primo stadio del cammino dellumanit, dove ogni parola, attraverso lesperienza che si faceva nei suoni che venivano pronunciati, era una imitazione, unesperienza interiore oggettiva, che ci faceva fare lesperienza oggettiva della cosa. C stato un secondo stadio dellumanit in cui i nomi delle cose, soprattutto i nomi degli esseri umani, e anche i nomi degli Angeli e degli Arcangeli, i nomi degli esseri spirituali, esprimevano lessere, e perci questi nomi mantenevano una certa variabilit, nel senso che quando lessere cambiava, cambiava anche il nome: perci, in questo secondo stadio del cammino dellumanit, la congiunzione tra lessere e la realt, era soltanto nel nome, non pi in ogni parola, perch le parole ormai avevano acquisito una certa tradizione, e il linguaggio non era pi cos motile da creare sempre nuove parole. Infine, nel terzo stadio dellevoluzione dellumanit, adesso, non riusciamo pi a vivere il rapporto tra la parola che diciamo e lessere reale, perci non c pi alcuna corrispondenza tra i nomi e lessere delle cose.

Invece, in Sia santificato il tuo nome, questo nome non ha nulla a che fare con un sostantivo, lessere del Padre, che nei cieli, a parte il fatto che sia santificato una traduzione inesatta, con tutto il peso animico della tradizione di duemila anni di cattolicesimo. In greco non c n il sia santificato n il nome, in greco c qualcosa che dice: Lessenza, il tuo essere, tu che sei il padre (e anche la parola padre diventata problematica) dei cieli, non venga dimenticato dagli esseri umani. Se il Nome rappresenta lessere, allora il nome lopposto del sostantivo, perch lessere non lessere in quanto lo si conosce, ma esprime il modo di essere, il modus essendi, il modo di esplicarsi, per via essente, di un essere; allopposto, il sostantivo indica la conoscenza, cio limmagine che, nella conoscenza, compare di un essere. Nella quarta conferenza della Didattica, labbiamo gi accennato, che cosa dice Steiner sul verbo e sul sostantivo? Dice che il sostantivo di natura conoscitiva, mentre il verbo di natura volitiva. Il

cosiddetto Nome, allora, indicava il verbo, aveva qualit di verbo, perch indicava il modo di esplicarsi, se volete il modo di far promanare dal proprio essere la propria operativit, il modo di porsi dentro al cosmo e il modo di suscitare tutta una serie di conseguenze, tutta una serie di effetti, essendo una sorgente di cause causanti, di attivit: ogni essere un operare, il modo di essere un operare, unafficeret, un suscitare effetti in tutto il mondo circostante. Quindi il Nome era proprio lopposto di ci che avviene, in chiave conoscitiva, quando noi, di tutto questo che un mistero di volont, di attivit, di operativit, ci creiamo unimmagine speculare facendone un sostantivo. Da dove vediamo il processo, sempre crescente, di astrattizzazione dellumanit? Lo vediamo dal fatto che di ci che era, per natura sua, volitivo, per natura sua dinamico, abbiamo fatto un sostantivo, un elemento di conoscenza, ununit conoscitiva. Quindi per noi, nella lingua italiana di oggi, il Nome ununit di conoscenza, mentre duemila anni fa il Nome era lopposto, indicava loperativit, lesplicazione

operante, dinamica, vivente, dellessere nelle sue qualit volitive e nel suo modo di originare karma. Questo era il Nome: il Nome diceva proprio il mistero della volont, il mistero dellazione, il mistero del karma. Il Nome del Cristo (logos): in base alle considerazioni fatte, questo un sostantivo o un verbo? E un verbo, un modo di operare, infatti in latino c Verbum... Il il principio immanente di vibrazione del cosmo, che d una struttura immanente a tutte le cose, lattivit creatrice per eccellenza. Questa attivit creatrice che dischiude significato, perch crea rapporti, crea armonie di esseri fra di loro, non pu essere ridotta alla parola, bisogna tradurre Verbo: In principio era il Verbo. Abbiamo visto in questa conferenza la differenza fondamentale tra ci che avviene in noi quando pronunciamo un verbo e quando pronunciamo un sostantivo: la differenza sta nel fatto che quando si pronuncia un verbo,

lesperienza che si fa, anche se normalmente subconscia, di partecipazione attiva, in altre parole, quando il linguaggio dice un verbo non ci possibile tirarci fuori dallattivit che il verbo indica, ma ci tocca entrarci dentro. Se dico questuomo scrive, allora non solo mi unisco con questo essere del quale dico che sta compiendo questattivit dello scrivere, ma partecipo alla sua attivit, non mi concesso di star fuori dal processo di cui parlo. Se questo vero per gli adulti, lo ancora di pi per il bambino, e per il maestro, che ha a che fare con il bambino, importantissimo sapere che c una differenza abissale fra lesperienza che il bambino fa quando sente un verbo, che unesperienza di partecipazione dinamica, attiva, e lesperienza che il bambino fa quando noi pronunciamo dei sostantivi, perch allora sorge nel bambino latteggiamento di tirarsi fuori dallessere per contemplarlo, e per questo bisogna stare attenti a non pronunciare troppi sostantivi quando il bambino piccolo, perch significherebbe porsi in chiave

conoscitiva. Laggettivo a met strada tra il verbo e il sostantivo, proprio una lemniscata (fig. 16). Qui abbiamo il verbo (piena partecipazione), qui c il sostantivo (piena distanza, contemplazione dal di fuori), e qui, nel mezzo laggettivo, che un trapasso dalluno allaltro, tanto vero che laggettivo lo possiamo attribuire sia al verbo (diciamo scrive bene), sia al sostantivo (diciamo un uomo buono). Se si dice un uomo buono, si usa laggettivo per tornare in chiave contemplante, se, invece, si dice scrive bene, questo bene, che ha qualit di aggettivo, anche se avverbio, fa tornare in chiave di partecipazione; e se si dice scrive male, bisogna partecipare comunque: in altre parole in scrive bene c la simpatia al partecipare, al venire coinvolti in questa attivit, in scrive male c unantipatia, ma partecipare si deve comunque. Intervento: In una frase in cui c il verbo entra in gioco il senso del movimento di cui abbiamo parlato ieri?

Archiati: Quando siamo in chiave di verbo, di partecipazione, si muove tutto lessere, si muove il senso vitale, si muove il senso del movimento, si muove tutto, una partecipazione totale. Quando, invece, siamo in chiave di sostantivo, viene momentaneamente sospesa questa partecipazione organica, tanto vero che un essere umano che usasse sempre e solo sostantivi, cosa farebbe? Consumerebbe in breve tempo tutto il suo corpo fisico, perch pensare, esplicare processi conoscitivi, significa uccidere lorganismo, invece essere nel verbo significa entrare dentro allelemento vitale che ricostruisce lorganismo: un po come essere svegli e dormire: nello stato di veglia distruggiamo forze vitali, che ricostruiamo dormendo, e perci il bambino, che un essere ancora addormentato, si sente molto di pi nel suo elemento quando nel verbo, e dobbiamo stare attenti a non farlo svegliare troppo presto. Quindi, in un certo senso, se il maestro fosse un vero artista, sarebbe capace di quellarte ( una vera e propria arte) che consiste nel

trasformare il pi gran numero possibile di sostantivi in chiave di verbo, o almeno in chiave di aggettivo. Per esempio, con cosa si potrebbe sostituire la parola struttura? Immaginate un bambino di sette anni che sente la struttura di un discorso dipende... Al posto di struttura cosa si pu dire? Intervento: L insieme... Intervento: Landamento... Archiati: S, landamento, i passi che si compiono dallinizio alla fine delle cose che si raccontano... Intervento: Il cammino? Il procedere? Archiati: Anche. Il cammino pure un sostantivo, ma capite che di tuttaltra natura che non la struttura. Chi di voi ha fatto pedagogia per diversi anni sa che Steiner ci invita continuamente a recuperare il contenuto di immagine di tante parole che noi usiamo: nel processo, ad esempio, c limmagine del pro-cedere e cedere da dove viene? In-cedere, pro-cedere, de-cedere? Da

cedere, che significa cadere, e procedere significa cadere avanti: unimmagine bellissima. Steiner dice che se linsegnante, quando pronuncia la parola procedere, ha davanti a s, coscientemente, questimmagine, questa sua astralit opera sul bambino, e il suo linguaggio ha, quindi, sul bambino un effetto del tutto diverso da quello che ha il linguaggio di un maestro, che, quando dice la parola procedere, non ha davanti a s limmagine: questo molto importante, e bisognerebbe fare continuamente esercizi per vedere, ad esempio, su cento parole quante ci sono astratte, nel senso che non le accompagniamo con nessuna rappresentazione. Rappresentazione che parola ? Avete fatto la rappresentazione della rappresentazione? Rap-presentare, Repraesentatio, un render presente, per, quasi sicuramente, quando io ho detto la parola rappresentazione, voi non avete pensato allimmagine. Questo esercizio di recuperare, il pi possibile, il contenuto di immagine del linguaggio, importantissimo, tra laltro, per larte, perch larte senza immagine non

arte. Qualcuno ha qualche esempio di parole che sono immagini, anche se ce ne siamo dimenticati? Intervento: Signore. Archiati: Signore che immagine ? Intervento: E formato da due parole: il segno e le cose, signum e reso Archiati: In greco signore si dice (kurios), in latino si dice dominus, quale parola viene da dominus in italiano? Donna, domina. Invece, il donno non ce labbiamo pi, c il don, che rimasto solo ai preti. Don un abbreviazione di dominus. Da dove saltato fuori signore? Intervento: E il Logos, il segno nelle cose. Archiati: Io non ho fatto ricerche al riguardo, ma di sicuro si tratta di un immagine. Apriamo una piccola parentesi: la storia delle parole una delle cose pi complesse che ci siano, e bisogna stare attenti a non essere

troppo fantasiosi, perch la storia delle parole va studiata, non si pu inventare, storia, quindi bisogna studiarla. Facciamo insieme un piccolo esempio di storia di una parola, che ci fa capire la storia dellumanit, perch se riusciamo ad individuare la storia di una parola, vediamo che questa storia si evolve insieme allumanit. La parola che voglio prendere in considerazione : (pras), che sta nelle Beatitudini: Beati i mansueti. Negli anni giovanili io avevo una passione semimorbosa per le lingue, passavo ore intere a studiarle. Da viene il latino pravus, vedete che la stessa radice, poi vengono i bravi dei Promessi sposi, e il bravo! allOpera o nello stadio, viene linglese brave (coraggioso), il francese brave (sois brave!:sta buono, sta tranquillo, quieto, non ti muovere), ed infine il tedesco brav (tranquillo). E chiarissimo che, nel corso dellevoluzione, questa parola greca ha fatto saltar fuori, a seconda dei linguaggi, due significati opposti. Intervento: Ma che voleva dire?

Archiati: Questo quello che dobbiamo scoprire. In italiano state buoni significa state tranquilli, invece, in inglese, brave significa tuttaltra cosa, significa coraggioso. In francese significa di nuovo tranquillo e il tedesco brav ancora pi mansueto, tranquillo, cheto, zitto zitto. La storia dellumanit che salta fuori questa: nella terza Beatitudine, e mansueto , in fondo, una traduzione sfacciata, perch la parola greca non significa mansueto, la parola greca significa la forza interiore di prendere sul serio la purificazione interiore, quindi il cosiddetto mansueto colui che lavora sul corpo astrale. La prima Beatitudine riguarda il corpo fisico (Beati coloro che sono poveri perch sono piombati, fino in fondo, nel mondo fisico, hanno perso tutti i tesori del mondo spirituale e se li devono riconquistare). Beati coloro che soffrono: la beatitudine del corpo eterico. La Beatitudine del corpo astrale vuol dire che conseguono la beatitudine, conseguono la pienezza dellessere coloro che si adoperano a purificare la

propria astralit. Colui che battagliero verso se stesso, combatte la battaglia interiore, non ha bisogno di essere aggressivo allesterno, proprio perch sa che la vera battaglia si compie nel proprio corpo astrale; perci, o si sa che la grande battaglia va combattuta allinterno, oppure si disattende questa vera battaglia, e allora si diventa aggressivi verso lesterno, ma perch si diventa aggressivi? Perch lastralit non purificata. Se, al contrario, si purifica lastralit, non si pi aggressivi, per per purificare lastralit ci vuole una combattivit, unattivit, una forza molto maggiore di quella che occorre per attaccare un altro. Cosa significa che mansueto chi cos spietato nei confronti di se stesso? Significa che chi dichiara una guerra senza quartiere a tutto ci che disordine dentro. di lui, costruisce rapporti armoniosi con il mondo esterno, quindi esperito dal di fuori, dagli altri, risulta mansueto, ma dentro di s un guerriero. Quindi la parola greca mette laccento sulla battaglia interiore, e se, invece, si tralascia la battaglia interiore,

salta fuori quella esteriore, quindi laggressivit, il contrario della mansuetudine, il contrario della mitezza. La legge fondamentale che questa parola esprime che pi una persona spietata con se stessa, e pi paziente verso gli altri. Andiamo avanti ed arriviamo ai romani: il romano lesperto della guerra fuori, il conquistatore per eccellenza, e per il romano chi non aggressivo allesterno perch, povero picchiato, vuole lavorare dentro, un pravus; quindi la stessa parola, adesso, significa lopposto. Perci, in questo passaggio dal greco al latino, abbiamo due significati fondamentali opposti, a seconda che noi apprezziamo, come valore, limporsi esterno, bellicoso, guerresco, aggressivo, o che, al contrario, poniamo come valore positivo il lavorare su se stessi. C poi una linea di continuit fra il romano conquistatore e linglese colonizzatore, imperialista, perch brave significa coraggioso allesterno. Il francese e il tedesco sono pi fedeli alla parola greca, e fanno riferimento alla pace interiore, allequanimit, alla calma, e litaliano usa la stessa parola in

entrambi i significati: si pu essere bravi nel cammino interiore, e si pu essere bravi quando si vince una gara. Questo un piccolo esempio di cammino dellumanit: chiaro che i bambini piccoli non sono ancora in grado di apprezzare osservazioni di questo tipo, ma dopo i dodici anni, e dopo i quattordici ancora di pi, queste cose fanno innamorare i ragazzi, ci provano un gusto enorme, e, sulla base di cose cos belle, imparano, ad esempio, la storia molto pi alla svelta, e non la dimenticano pi, perch una volta che il ragazzo o la ragazza ha capito che il romano chiama pravus colui che lavora su se stesso, mentre la terza Beatitudine chiama colui che mansueto al di fuori, perch sa lottare nella propria interiorit per mettervi ordine, non se lo dimentica pi, se lo ricorda, ed ha il beneficio di imparare le lingue, perch sa, si ricorder che deve stare attento quando dice brave in inglese, perch significa tuttaltra cosa che bravo in italiano. Ritorniamo ai nostri dodici sensi, per

fare un altro paio di considerazioni. (Fig. 17). Con i bambini piccoli, naturalmente, non bisogna fare delle cose cos astratte, bisogna svilupparle in modo vivente. Adesso, io vorrei indicare alcuni orientamenti fondamentali, che Steiner ha dato in queste conferenze, senza commentare la cosa pi di tanto, lasciandola a voi. Prima finiamo di delineare queste varie prospettive, che hanno un carattere un po sibillino, e poi vediamo se possiamo agganciarci alluna o allaltra. Una prospettiva, che Steiner descrive in una o due conferenze, la distinzione tra un settenario e un quinquenario: abbiamo la vita, il tatto, lIo, il pensiero e il linguaggio, che costituiscono il quinquenario, e i rimanenti sensi costituiscono il settenario; se tiriamo una linea tra la vita e il movimento, e tra il linguaggio e ludito, abbiamo il passaggio dallevoluzione lunare allevoluzione terrestre. Quando noi eravamo nellevoluzione lunare della terra, per tutto il tempo dellevoluzione lunare della terra, cerano, per molto diversi da come sono adesso, questi

sette sensi (udito, calore, colore, gusto, olfatto, equilibrio e movimento), e non cerano questi altri cinque sensi (vita, tatto, Io, pensiero e parola). Levoluzione terrestre stata possibile unicamente in base al fatto che sono sopraggiunti questi cinque sensi, e per far posto ad essi questi altri sette sensi si sono profondamente modificati; quindi, la provocazione a pensare, una specie di compito di meditazione non facile (pu durare per tutta una vita), sta nel chiedersi cosa significa che questi cinque sensi -che fra laltro sono tre al di sopra di questa linea magica tra la percezione dellIo altrui e il sentimento del proprio Io (tatto), e due al di sotto-, cosa significa che questi cinque sensi sono specificamente terrestri? Che cosa significa che una percezione della vita specifica della terra, che una percezione tattile specifica della terra, che una percezione dellIo altrui specifica della terra ecc., se teniamo presente, tra laltro, che specifico del cammino terrestre dellessere umano lacquisizione dellIo, mentre era specifico del cammino lunare

dellumanit lacquisizione del corpo astrale. Significa che c un tipo di meditazione sui dodici sensi che ci autorizza, in partenza, ad approfondire questi sette in chiave di corpo astrale, e questi cinque in chiave di Io. E i conti tornano, perch noi abbiamo insistito gi ieri sul fatto che questi quattro (calore, colore, gusto e olfatto) sono eminentemente sensi del sentimento, sono eminentemente astrali, per si aggiungono altri misteri, perch va incluso ludito, vanno inclusi anche il movimento e lequilibrio. Per esempio, perch il movimento era gi possibile sulla luna, e perch il senso della vita non era ancora possibile sulla luna? Perch il movimento una qualit intrinseca del corpo astrale, che sempre in movimento: una brama una realt di movimento, una passione una realt di movimento, non mai statica. Cosa subentra quando si aggiunge il mistero della vita? La vita non il movimento, la vita la capacit di un organismo di chiudersi in se stesso e di diventare ununit organica, tanto vero che quando lorganismo finisce di essere ununit organica muore. Cosa

significa morire? Significa che gli elementi di un organismo terminano di essere in rapporto vitale con tutti gli altri elementi, quindi il concetto di vita, anche al livello del senso della vita, il concetto di unit organica; ora, gli esseri hanno potuto chiudersi in unit organiche, separate le une dalle altre, soltanto sulla terra. Qual il passaggio dalludito alla parola, al suono linguistico articolato? E il mistero del logos: ludito la capacit di con-vibrare con il mondo esterno, e la capacit di con-vibrare con il mondo esterno cera gi nellevoluzione lunare; ci che si aggiunge sulla terra, in chiave di sopravvento dellIo, la capacit di parola, cio di suoni che abbiano un significato logico, a livello di logos, logico viene da logos. Quindi il sopravvento, lirrompere del logos dentro allevoluzione specifico del cammino terrestre, tutti i sensi terrestri ci portano al centro, al mistero dellIo, che a livello di percezione lIo altrui, e, a livello di sensazione vera e propria, il senso del tatto. Questa una chiave di lettura: se vi interessa trovate queste

cose nel volume 170 (Lenigma delluomo. Il retroscena spirituale della storia umana) e nel volume 206 (Il divenire delluomo, lanima e lo spirito del mondo. Parte II: Luomo quale essere spirituale nel divenire storico) dellOpera Omnia. Unaltra importante chiave di lettura dei sensi questa: abbiamo una linea divisoria (fig. 17), che mette al di sopra il senso dellIo, del pensiero, del linguaggio, delludito, del calore e del colore, e al di sotto il gusto, lolfatto, lequilibrio, il movimento, la vita e il tatto: queste considerazioni le trovate nel volume 169 (Essere spirituale ed egoit) dellO.O. Rudolf Steiner, parlando della met superiore e della met inferiore, dice che queste due met rappresentano uno dei significati pi importanti delle due famose colonne dErcole, dei due pilastri dellApocalisse, la colonna di Jakin e la colonna di Bohas dei franco-massoni, dei rosicruciani, di queste due colonne che poi sono state riprese nei portali delle chiese cristiane, e che indicano che, quando si varca la soglia, la soglia fra il mondo profano e il

mondo spirituale, ci deve essere una consapevolezza della soglia; in altre parole, queste colonne (spesso ci sono anche i leoni) dicono allessere umano: -Se tu non ti spogli dellatteggiamento interiore profano e non ti vesti di tuttaltro atteggiamento, verrai mangiato. Quindi attento: questa una soglia, non ti permesso, non ti concesso di portare dentro a questo mondo sacro dello spirito la stessa mentalit profana quotidiana!-. Steiner dice che la met superiore indica la vita interiore, e di sotto abbiamo la vita della natura, natura dentro alluomo, per pur sempre natura. Che i fenomeni vitali e i fenomeni di equilibrio siano fenomeni di natura dentro alluomo facile capirlo, mentre il compito conoscitivo di capire in che modo i fenomeni olfattivi e i fenomeni gustativi sono fenomeni di natura dentro alluomo, e perch i fenomeni dei colori non pi, gi pi arduo. Vedete quanti compiti conoscitivi ci vengono dati? Steiner aggiunge: qui sopra abbiamo il contenuto morale dellessere umano, e qui sotto, invece,

abbiamo il lato di necessit o di determinismo. Quindi, per quanto riguarda questi sei di sopra, luomo ha una responsabilit morale, potremmo anche dire che i sei di sopra sono eminentemente sensi di libert, mentre i sei di sotto sono eminentemente sensi di natura. In altre parole, non si pu cambiare la natura di percezione del movimento, dellequilibrio, della vita ecc., il funzionamento di queste percezioni lo si pu cambiare soltanto indirettamente, lavorando sulla qualit di queste percezioni. Lavorare direttamente sulla qualit della percezione e sul fenomeno del funzionamento della percezione stessa, si pu soltanto per i sensi di sopra, cio ci si pu, ad esempio, esercitare a percepire i colori in un modo diverso, e percependo i colori in un modo diverso vedremo poi quale altro senso viene attivato in modo diverso. Questa di sotto la colonna di Bohas, e questa di sopra la colonna di Jakin della tradizione ebraica, che poi stata ripresa dai massoni. Il volume 206, nelle prime due conferenze, parla di questi misteri.

Un altro aspetto fondamentale che noi abbiamo, con al centro adesso lIo, di sopra, dalla vita alludito, il polo dello spirito, perch la percezione dellIo altrui ha il contenuto pi spirituale che ci sia, e di sotto, dal calore al movimento, abbiamo il polo della materia (fig.18). Il centro del polo dello spirito fra lIo e il pensiero, e il centro del polo della materia fra il sapore e lodore. Cosa significa polo della materia? Significa che col sapore, col colore e col calore, e sotto, con lodore, con lequilibrio e con il movimento, si ha a che fare con la materia. Invece, con la vita, con il tatto, con lIo, con il pensiero, con il linguaggio e con ludito, abbiamo a che fare con lo spirito: altro compito conoscitivo non indifferente! Quindi, Io, tatto e vita, pi pensiero, linguaggio e udito, formano il polo dello spirito, invece il gusto, la vista e il calore, di sopra, e lolfatto, lequilibrio e il movimento, di sotto, rappresentano il polo della materia. C ancora unaltra chiave di interpretazione e consiste nel considerare il grado di coscienza di

questi dodici sensi, cio i vari gradi di svegliezza, nel cercare di capire dove noi siamo pi addormentati, quindi pi inconsci, e dove noi siamo pi svegli, pi consci: c una mezzanotte della coscienza dei dodici sensi, e c un mezzogiorno della coscienza dei dodici sensi. Dove siamo maggiormente coscienti e dove siamo maggiormente dormienti dentro al fenomeno della percezione? Tra il movimento e lequilibrio la mezzanotte della coscienza dei sensi. Quindi siamo massimamente addormentati quando abbiamo una sensazione di equilibrio e quando abbiamo una sensazione di movimento. E siamo massimamente svegli fra ludito ed il linguaggio. Inoltre, se qui, fra parola ed udito, mezzogiorno, e ogni senso sono due ore, dove sono le due del pomeriggio? Andiamo verso sinistra o verso destra? Dov il sorgere del sole? E dove tramonta il sole? Dato che Steiner mette i dodici sensi in rapporto con la destezza dellIo, abbiamo a che fare, qui, con il mistero dellIo, che rappresentato proprio dal sole, che passa tutti questi segni zodiacali, e dobbiamo chiederci

dov il sorgere dellIo e dov il tramontare dellIo. Qui, fra parola ed udito, c un massimo di presenza, di coscienza del nostro Io, qui invece (fra equilibrio e movimento) c un massimo di sonno della coscienza, dove sorge e dove tramonta il sole? Questa la domanda. Intervento: Sopra giorno e sotto notte. Archiati: S, ma dov il sorgere del sole? Bisogna evitare di scivolare nelle astrazioni, e dare ai fenomeni il tempo di crescere: perci Steiner stesso non ci d la risposta, ci indica soltanto, come orientamento fondamentale, la mezzanotte e il mezzogiorno, il resto lo lascia a noi. Intervento: Cosa vuol dire essere addormentati ed essere svegli nelle percezioni? Archiati: Vuol dire che queste percezioni qui, vicine alla mezzanotte, sono massimamente indirette: soltanto grazie al fatto che ci sono tutte le altre

percezioni, si percepiscono anche il movimento e lequilibrio, se non ci fossero tutte le altre percezioni, non sapremmo niente del movimento e dellequilibrio. Questo vuol dire che sono gli altri sensi, soprattutto quelli di sopra, che sono luminosi, che sono desti, a permetterci, indirettamente, di tirar fuori dal sonno le percezioni di sotto: per, un conto una percezione che viene tirata fuori dal sonno, e un altro una percezione che per natura sua desta, ecco la differenza, la grande differenza. Ci sono volumi interi, anche non tradotti, nei quali Steiner ci presenta i dodici sensi sempre da nuovi lati, e le cose si complicano. Uno di questi volumi, in cui sono raccolte alcune delle conferenze principali sui sensi, il volume 107 dellO.O. (LAntropologia secondo la scienza dello spirito), dove Steiner descrive, per due conferenze intere, le trasformazioni dei sensi. Vi riassumo il pensiero globale delle due conferenze: a questi sette sensi, che erano quelli lunari, se ne sono aggiunti altri cinque sulla terra; quindi vita, tatto, Io, pensiero e linguaggio, si sono

aggiunti sulla terra (fig.17). Steiner dice che i sette sensi dellevoluzione lunare non erano, di fatto sensi, ma erano processi vitali, e perci erano sette: ed veramente affascinante leggere le trasformazioni, che questi sensi hanno subito per passare da un carattere di processo vitale ad un carattere di senso. Questa descrizione , da un lato, una delle pi complesse che ci siano, ma, dallaltro lato, varrebbe la pena di fare tutta una settimana soltanto su queste due conferenze, che sono molto difficili, ma molto importanti, anche dal punto di vista pedagogico. Sappiamo infatti che nel bambino piccolo, proprio perch il bambino, allinizio della sua vita, fa una sintesi di tutta levoluzione passata, i sensi non sono ancora arrivati a quella fissit riposante che hanno nelladulto, quando non sono uno dentro allaltro, ma veramente del tutto diversi luno dallaltro. Nel bambino, quindi, soprattutto questi sette sensi (dal movimento alludito) hanno un carattere molto pi vitale, cio un carattere di organi, che non questi altri cinque (dal calore allequilibrio), che si aggiungono dopo, un po alla volta. E come si

aggiungono? Portando ad un carattere maggiormente di fissit, di riposo, gli altri sette, che hanno un carattere vitale. Quindi i sette sensi lunari erano sensi vitali, noi oggi abbiamo i sette organi vitali: c stato un passaggio dal vitale a ci che morto, perch i sensi sono morti, tutti gli organi di senso hanno, rispetto agli organi vitali, un carattere di morte, cio di fissit, di staticit. Intervento: Questo vitale ha a che fare con le brame? Archiati: No, quali sono i sette processi vitali? La crescita, per esempio, un processo vitale. I sensi crescono? No. Ogni senso funziona cos, non cresce. Altri processi vitali sono la respirazione, il calore interno, la nutrizione, la secrezione (interna ed esterna), la conservazione e la riproduzione, cio la capacit di un organismo totale di raddoppiarsi: tutti fenomeni che non hanno nulla a che fare con i sensi, perch un occhio non produce mai un altro occhio. Invece, importante sapere che, in chiave evolutiva, questi dodici sensi diventano morti in base ad un

processo di superamento, di lasciarsi dietro il carattere organico vitale. Intervento: Qual il senso della moltiplicazione dei pani nei vangeli? Archiati: La moltiplicazione dei pani unesperienza spirituale, che i dodici apostoli, che rappresentano i dodici sensi e i dodici segni zodiacali, nonostante i loro sforzi, non riescono a capire. Non abbiamo il tempo di approfondire, posso solo riassumervi levento per farvi capire come i vangeli siano stati interpretati, finora, in chiave animica, di sentimento religioso, ma ora devono essere compresi a livello spirituale, come testi scientifici di scienza dello spirito. In questa chiave, la moltiplicazione dei pani levento che ci mostra che, come lIo percorre tutti i dodici sensi e il sole tutti i dodici segni zodiacali, cos il Cristo aiuta i dodici apostoli, attraverso la comunione che si stabilisce fra di loro, a fare lesperienza del modo in cui i vari sensi sono congiunti gli uni con gli altri. Abbiamo visto che noi non possiamo fare lesperienza di una superficie colorata

senza attivare, contemporaneamente, il senso del movimento, per coglierne la forma, e il senso della vista, per coglierne il colore; quindi per avere la sensazione del colore, che animica, abbiamo bisogno del senso della vista, mentre, per avere la percezione della forma, che maggiormente corporea, volitiva, abbiamo bisogno del senso del movimento, e il fatto che questi due sensi lavorano insieme si esprime, nei vangeli, nel fatto che il Cristo d a due apostoli un compito da svolgere insieme. Ecco la nuova chiave di lettura, che deve venire esercitata: in altre parole, quando il Cristo manda Pietro e Giovanni a fare qualcosa, fra tutte le altre cose significa anche che si tratta di due sensi ben specifici che devono collaborare per una data esperienza, e questo c sempre nei vangeli se vero, come vero, che i dodici apostoli rappresentano realmente, non solo in chiave di metafora, il carattere specifico di ciascuno dei dodici sensi, e il carattere specifico di ciascuno dei dodici arti del corpo umano. In questi giorni non abbiamo considerato il settenario, i sette processi vitali che corrispondono ai sette

pianeti, al sistema planetario. Nei vangeli oltre al dodici c il sette, ci sono una serie di discepoli iniziati del Cristo, ci sono Nicodemo, Giuseppe di Arimatea e altri ancora, cio c un settenario intorno al Cristo che sta a rappresentare gli impulsi dei pianeti, del sistema planetario. Abbiamo cos due moltiplicazioni dei pani: nella prima lesperienza culmina col permanere di dodici ceste di nutrimento che scende dal cielo, le ceste sono gli organi di senso, che sono proprio come dei recipienti che accolgono le forze costruenti, le forze nutritive che vengono realmente dal cielo, dal mondo spirituale. Nellaltra moltiplicazione dei pani, si parla di sette ceste, e in greco ci sono due parole ben distinte per designare le dodici ceste dei sensi e le sette ceste dei sette processi vitali. I dodici sensi sono delle zone ben circoscritte, ben distinte una dallaltra, e perci il testo greco parla di (kfinos = contenitore chiuso, da cui cofano, cofanetto), e il funzionamento di

ogni senso conchiuso in s stesso; invece per i sette processi vitali non si parla di qualcosa di circoscritto, ma di una processualit di movimento, il processo di nutrizione passa per tutto il corpo, come pure il processo di respirazione e quello di crescita, la crescita un evento che riguarda tutto il corpo, perci c unaltra parola greca, (spurs = cesta), e le parole significano sempre loggettivit, la realt oggettiva. Restano, quindi, queste sette ceste e, se noi avessimo maggiore capacit di vivere, euritmicamente, la realt oggettiva del suono, potremmo vedere come il primo termine si riferisca a qualcosa di solido che conchiude, mentre il secondo non indica tanto un vaso chiuso, quanto una cesta dove laria e lacqua possono entrare ed uscire. Perci, duemila anni fa, parecchie persone che avevano la capacit di leggere i vangeli -diciamo che avevano una certa base iniziaticasapevano che con il primo termine ci si riferiva ad un vaso conchiuso, che non avrebbe fatto uscire ci che conteneva, mentre con il secondo si pensava ad un trapasso, ad una processualit di

movimento che permea e che va in tutte le direzioni. Ecco espresso nelle parole stesse il mistero dei dodici sensi e dei sette processi vitali, i quali ultimi permeano tutto lorganismo senza avere un recinto circoscritto, mentre ogni organo di senso ha un recinto circoscritto per il suo operare. Riprendiamo il discorso sulle corrispondenze dei sensi (fig. 19). Consideriamo il senso del pensiero e il senso della vita: lelemento portante del pensiero sono i concetti e i concetti si hanno quando si ha la capacit di cogliere una realt compiuta, quando si sa distinguere lessenza dagli accidenti. Gli accidenti sono le qualit in chiave di aggettivo, quando, invece, si considera il sostantivo non ci si riferisce agli accidenti, ma allessenza: se dico tavolo, mi riferisco alle qualit, cio al fatto che rosso, che bianco, che verde, o al fatto che ha quattro gambe invece di sei? Non facile trovare lessenza del tavolo, come non facile trovare il concetto del triangolo, per quando si afferra un concetto, si compie, a livello di pensiero, la stessa cosa che

avviene quando si percepisce la propria corporeit con il senso della vita, che la percezione della totalit organica del proprio essere corporeo in quanto unit, altrimenti non si potrebbe percepire, per esempio, il male del piede come male di tutto lorganismo. Noi diciamo: - Mi fa male il piede -, fa male a me, non al piede, e questo lo possiamo dire solo in base al senso della vita, che, quindi, la percezione della propria totalit corporea in chiave di concetto, come contrapposto al concetto. La corrispondenza fra il senso dellIo e il senso del tatto pi facile da comprendere, perch il senso dellIo la percezione dellIo altrui, a livello spirituale, e il senso del tatto il sentimento del proprio Io, a livello corporeo. Si pu aver il sentimento del proprio Io soltanto grazie al senso del tatto, invece lIo altrui lo si percepisce spiritualmente; cos anche per la percezione dei pensieri altrui: attraverso il senso del pensiero si ha una percezione diretta dei pensieri altrui, la percezione dellIo laddormentarsi totale nellaltro, e la percezione dei suoi

pensieri laddormentarsi parziale, molto sottile, molto veloce, dentro al pensiero dellaltro, che vuole contraddire il nostro, che lo vuole completare o che lo vuole confermare, per poi risvegliarsi dentro il proprio pensiero, pensiero che noi percepiamo perch lo creiamo. Perci, per sapere se abbiamo a che fare con un pensiero nostro o di altri, bisogna considerare che il pensiero altrui lo percepiamo, nel senso che non lo creiamo noi, non lo produciamo noi, mentre il nostro processo pensante lo creiamo noi. Quando si capisce ci che laltro dice, si sta gi prendendo posizione, tramite il proprio pensiero, nei confronti di ci che laltro ha detto, un portare a coscienza lattivit del senso del pensiero, ma la percezione gi avvenuta, e sappiamo che c stata perch nella percezione come tale, questo vale per tutti e dodici i sensi, siamo addormentati e sappiamo che siamo addormentati dal fatto che poi ci si sveglia, e a quel punto siamo gi fuori dalla percezione, siamo gi entrati nel pensiero. Intervento: Un atteggiamento di

scarso interesse per gli altri pu essere determinato da un ridotto funzionamento di alcuni sensi? Archiati: Per rispondere a questa domanda dobbiamo ritornare ad una triplice composizione dei sensi, non possiamo considerare tre sensi alla volta perch lessere umano tripartito, non quadripartito, quindi tutte le riflessioni fatte sui sensi devono riferirsi a gruppi di quattro sensi: quattro sensi corporei, quattro sensi animici e quattro sensi spirituali. Per generare interesse verso laltro dobbiamo attivare particolarmente i sensi spirituali, e se prendiamo lessere umano, cos com strutturato nel suo corpo, abbiamo i sensi spirituali nel sistema della testa, quelli animici nel tronco e quelli corporei negli arti, quindi il polo opposto al senso dellIo altrui, dei pensieri altrui, delle parole altrui, quello dei sensi corporei. In altre parole, se noi non vogliamo moraleggiare nei confronti di chi egoista dicendogli di amare di pi (che non servirebbe a niente perch si scavalca la conoscenza oggettiva del fenomeno), dobbiamo fare un passo

indietro, in chiave di scienza dello spirito, e conoscere oggettivamente il fenomeno di come strutturato lessere umano che fa enorme fatica ad aprirsi allaltro: e la prima osservazione da fare che si tratta di un essere umano troppo profondamente inserito nella sua corporeit, cio i suoi sensi corporei lavorano in modo troppo forte. Sapendo questo, in molti casi si possono aiutare queste persone con una dieta che le tiri fuori da questa pesantezza, perch se esse vivono, al centocinquanta per cento, tutti i fenomeni di tatto, i fenomeni vitali, di movimento e di equilibrio, non hanno la possibilit di percepire attivamente, e con uguale intensit, lIo altrui, i pensieri altrui, le parole altrui, i suoni, cio il vibrare interno delle cose che le circondano: possiamo dire che sono troppo incarnate. Senza entrare nel merito di ci che accade nellIo, nel corpo astrale, nel corpo eterico ecc., nellinsieme possiamo dire, proprio perch questi sensi sono polarmente opposti, che una persona che non percepisce lIo di un altro, i pensieri, le

parole di un altro, certamente una persona che esubera nella percezione dei suoi sensi corporei. Intervento: Questo vale anche per i bambini, che sono sempre in movimento, che hanno sempre bisogno di essere toccati e che non sembrano interessarsi a nientaltro? Archiati: Un bambino che ha sempre bisogno di essere toccato, nella maggior parte dei casi vive troppo negli altri e, quindi, sente il bisogno di entrare di pi in se stesso, per questo vuole molte pi esperienze tattili. Ora abbiamo fatto un salto mortale, prima si parlava delladulto egoista, che un fenomeno polarmente opposto a quello del bambino che ha bisogno di carezze, un bisogno particolare di sensazioni tattili, perch fuori di s e sta lottando per incarnarsi, ancora nel processo incarnatorio: se fosse sufficientemente incarnato non avrebbe bisogno dellesperienza del tatto, se la cerca vuol dire che gli manca. Allopposto, ladulto super egoista un essere che gode troppo della sua corporeit, vive

profondamente tutti i processi di digestione, attraverso la percezione del senso del movimento e del senso della vita, per cui una bella mangiata gli procura grande soddisfazione, e sono proprio questi due sensi ad agire, quelli posti al centro tra i quattro corporei, che sono poi polarmente opposti ai due sensi centrali spirituali del pensiero e della parola. Ogni pensiero espresso da altri deve essere prima percepito, perch si possa farlo proprio. Quindi ogni pensiero parte dalla percezione del pensiero, ed anche i pensieri che crediamo di produrre sono nel cosmo: c sempre un processo di percezione che precede il pensare. Quando la pancia piena e c questa percezione cos forte dei processi vitali di movimento e di digestione, impossibile, allo stesso tempo, avere una percezione forte a livello di pensiero. Quindi una persona che, come carattere marcato del suo essere, incapace di questa percezione, troppo incarnata, pi di quanto sarebbe il giusto equilibrio, e allora non ha senso dire che un egoista, che non deve essere cos:

in chiave di scienza dello spirito si deve dire che subentrato uno squilibrio tra i sensi corporei e quelli spirituali, per cui la forza dei sensi corporei esubera la forza dei sensi spirituali. Intervento: incarnato? Un anoressico poco

Archiati: Per capire questo fenomeno, dobbiamo riprendere un pensiero che ho espresso ieri sera nella conferenza pubblica, e cio che la trinit importante proprio perch ci fa capire che il bene, ci che umanamente giusto, nel mezzo, e che il male ai due opposti. Ieri sera ho portato lesempio del modo di comportarsi con la propria corporeit: da una parte abbiamo il lasciarsi andare, la dissolutezza, il godere tutti gli istinti del corpo, dallaltra c la macerazione, lascesi, e questi due fenomeni sono unapparente polarit, perch, in realt, hanno in comune il fatto di essere un male, quindi entrambi vanno contro lessere umano e mettono al centro il corpo. In altre parole, invece di sapere che ci che spirituale va colto

spiritualmente, si vuole costringere il corpo a dare esperienze spirituali, e ci che se ne ricava sono allucinazioni, poich il corpo stato devitalizzato e lessere umano ne stato tirato fuori. Lanoressia un fenomeno di goduria spirituale, perch si vuole costringere la corporeit ad avere esperienze spirituali: nella macerazione il corpo si sente di pi, perch il senso della vita non si riferisce solo alla vitalit, ma anche allopposto, perci la percezione della stanchezza si attua attraverso lo stesso senso che funziona esageratamente quando il corpo troppo stanco, e allora si costretti a notarlo. Steiner dice che quando si medita, e oggi lo si fa in chiave di anima cosciente, non importante la posizione del corpo, tuttavia questa non deve essere n troppo comoda n troppo scomoda, perch sia nelluno che nellaltro caso si costretti a lasciare la sfera dello spirito e a fare attenzione al corpo: se si troppo comodi, ci si addormenta, e allora lo spirito via, se si troppo scomodi, si costretti a fare attenzione al corpo.

Intervento: Quale rapporto c tra il senso del linguaggio e il senso del pensiero? Archiati: Un conto capire ci che laltro dice e un altro capire ci che laltro vuol dire: nel primo caso sono nel senso della parola, nel secondo attivo la percezione del pensiero, cio vado al di l delle parole, perch queste non sono il tutto che laltro vuol comunicare, le parole non si identificano mai, al cento per cento, col significato che vogliono esprimere, e questo perch il pensiero ha un carattere universalmente umano, uguale su tutta la terra. Se prendiamo, ad esempio, il concetto di testa, il concetto non la rappresentazione, e poi passiamo dal concetto alla parola, passiamo da ci che universalmente umano a ci che anima di gruppo di un popolo. Il concetto della testa non la parola testa; per avere il concetto della testa dovrei stare zitto, dovrei unicamente pensare: se esprimo questo concetto con la parola testa faccio un salto mortale da una parola che esaustiva, universalmente umana, ad un

aspetto particolare espresso tramite il linguaggio. Nella lingua italiana abbiamo, da testa, testardo e testamento, invece la parola usata in tedesco per indicare il concetto di testa Kopf, che d unaltra sfumatura dello stesso concetto. Ecco perch sono due cose diverse percepire le parole e poi, tramite queste, percepire il concetto, il pensiero; e infatti diciamo: Cerca di capire cosa voglio dire e non solo quello che dico. Nella percezione del concetto lessere umano si congiunge con lessere del Cristo; nella percezione della parola lessere umano si congiunge con lArcangelo, con lo spirito del popolo; nella percezione delludito si congiunge con il suo Angelo, in comunione con il proprio angelo custode, e in questa comunione si fa unesperienza del proprio corpo eterico. Queste indicazioni le trovate nel volume 115 dellO.O. (Antroposofia-PsicosofiaPneumatosofia). Passando ai sensi animici, nel calore lessere umano fa lesperienza del proprio corpo senziente; quando

percepisce i colori vive nella realt della sua anima senziente, in modo centrale e massimo, perch lesperienza del colore pura sensibilit animica. Nella percezione gustativa siamo in chiave di anima razionale-affettiva: laffettivit, che una cosa diversa dalla sensibilit, viene percepita in forma pura nellelemento del gusto. Intervento: Perch si dice anima razionale-affettiva? I due termini non sono in contraddizione? Archiati: Il problema nella traduzione, in tedesco le parole sono pi precise; affettiva sta per animo, razionale sta per intellettiva. Lanima cosciente la mettiamo a livello della testa, lanima senziente quella ancorata alla corporeit delle membra, al centro ci sono due ritmi: uno verso lalto e laltro verso il basso, e in quanto fondata sul ritmo del sangue anima affettiva, in quanto fondata sul ritmo della respirazione anima intellettiva, razionale. Tra laltro, la

ratio ha a che fare con la sfera intermedia della parola, del linguaggio, perci lanima media, lanima di mezzo, ha due formulazioni: da un punto di vista storico ci sono delle bellissime conferenze nelle quali Steiner dice che il terzo periodo di cultura, legiziocaldaico, era quello dellanima senziente, mentre il quarto periodo di cultura, quello dei greci e dei romani, elabora lanima razionale-affettiva, ma i greci sono al cento per cento in chiave di anima affettiva, e i romani sono al cento per cento in chiave di anima razionale, sebbene questanima razionale dei romani non sia ancora anima cosciente, perch questa incomincia nel quinto periodo di cultura, cio nel nostro. Quindi se vogliamo sapere in che cosa consiste lenorme differenza tra i greci e i romani, pur appartenendo entrambi allo stesso periodo di cultura, dobbiamo comprendere i misteri della enorme differenza tra anima affettiva e anima razionale che, pur potendo essere considerate ununit, indicano due qualit diverse dellanima: abbiamo

unanima unica con completamente diverse.

due

qualit

Tornando ai sensi, abbiamo detto che nelludito siamo nel corpo eterico, nel calore siamo nel corpo senziente, nella vista abbiamo lesperienza dellanima senziente, nel gusto abbiamo i fenomeni dellanima affettiva e razionale, e lolfatto lelemento specifico dellanima cosciente. Intervento: Ci sono molte variet di odori. Archiati: Platone, nel Timeo, distingue sette specie di odori. La lingua greca aveva sette parole diverse per sette tipi di odori diversi, noi oggi, invece, abbiamo un linguaggio molto pi povero. Lo stesso vale per il gusto: sempre nel Timeo, Platone distingue sette gusti fondamentali. Anche il nostro linguaggio pi ricco rispetto al gusto: abbiamo il gusto dolce, amaro, salato, acido. In passato cera pi coscienza, anche se atavica, delle qualit del gusto e dellolfatto, e nelle scuole misteriche si era aiutati a porvi attenzione; avendo

noi, oggi, perso questa conoscenza iniziatica, dobbiamo riconquistarcela a partire dalla libert individuale, comunque ora siamo in una fase di povert. Proseguendo con i sensi abbiamo poi lequilibrio, che la controparte corporea del S spirituale, il senso del movimento, che la controparte corporea dello Spirito vitale, per cui nel mistero del movimento c un preannuncio, a livello corporeo, dellesperienza dello Spirito vitale, e nel senso della vita c un preannuncio, a livello corporeo, dei misteri dellUomo spirituale. Quindi, siamo partiti dal senso del pensiero, che, con il senso dellIo, ci d lesperienza del Cristo, poi facciamo lesperienza dellArcangelo e del corpo fisico, quindi lesperienza dellAngelo e del corpo eterico, del corpo senziente, dellanima senziente, dellanima razionale, dellanima cosciente, del S spirituale, dello Spirito vitale e, nel senso della vita e del tatto insieme, abbiamo lesperienza dellUomo-spirito:

il ciclo si chiuso. (Fig. 20). Nellesperienza dellArcangelo (senso del linguaggio) abbiamo il corpo fisico: quando si ascolta laltro che parla si ha la percezione di un linguaggio umano e, al contempo, la percezione della casa fisica dellessere umano, dentro alla quale lessere umano parla. Si potrebbe fare uno studio di tutte le conferenze di Steiner sui sensi, ma quelle tradotte in italiano sono meno della met, forse un terzo. Vi avevo detto che l dove largomento diventa troppo complesso, si rischia di entrare nellastrazione; per sono convinto che se, ad esempio, si studia Teosofia e si cerca di capire, sempre meglio, cos il corpo senziente, cosa non facile, salta fuori lindicazione che i fenomeni calorici sono privilegiati per fare lesperienza del corpo senziente: certo non si arriva subito a capire tante cose, per il fatto stesso che si decide di entrare in questo fenomeno con dedizione, con amore, fa s che, a poco a poco, esso si dischiuda, perch queste realt spirituali vogliono venirci incontro.

Se si considerano anche lo Spirito Santo, il Figlio e il Padre, abbiamo che nel senso del calore siamo uniti con il Padre, nel senso del colore con il Figlio, nel gusto con lo Spirito Santo, e dallolfatto in poi con Serafini, Cherubini e Troni, quindi con Dominazioni, Virt e Potest, ed infine si ritorna ai Principati, agli Arcangeli e agli Angeli (fig. 21). Tornando a considerare il corpo senziente, si hanno, quindi, tre elementi nei quali entrare con la meditazione: ci si pu congiungere interiormente con il Padre, e per questo non c bisogno di capire interiormente tutti i suoi misteri, perch, se lui c, accoglier il nostro desiderio di metterci in contatto con lui, facendoci entrare nei misteri del calore e del corpo senziente. Intervento: Il fatto che oggi, secondo Steiner, andiamo verso un distacco del corpo eterico dal corpo fisico, ha delle ripercussioni sui sensi? Archiati: Prendiamo lesempio del movimento e del processo vitale della crescita. La crescita uno dei sette

processi vitali e il movimento una delle dodici percezioni sensorie: quando lessere umano era maggiormente incarnato, nel periodo centrale dellevoluzione della terra, cera un parallelismo assoluto tra il dodici e il sette, ora, invece, che siamo un pochino oltre la met dellevoluzione, incominciamo a separare i fenomeni eterici da quelli fisici, cio incominciamo a viverli separatamente. Ci significa che, andando avanti nellevoluzione, saremo sempre pi in grado di vivere distintamente le percezioni sensibili ed i processi vitali, saremo sempre pi in grado di distinguere ci che in noi movimento interiore, a livello di percezione sensibile, e ci che in noi crescita, in quanto processo vitale dellorganismo. Nei fenomeni di crescita abbiamo una corrente eterica che una corrente vivente di metamorfosi, nel movimento c una realt fisica statica. Nelle ultime conferenze di Antropologia si parla dellinsieme delle forze degli arti che ci permettono il movimento: si tratta di forze vitali o di forze meccaniche? Se riusciamo a separare ci che

eterico, possiamo dire che sono forze puramente meccaniche. Se riuscissimo a costruire un meccanismo fondato sul principio della leva, senza ossa e muscoli, un meccanismo complessissimo, un robot, che fosse cos perfetto da fare i nostri stessi movimenti, dove sarebbe la differenza? Non ci sarebbe differenza, se non per il fatto che noi sapremmo che, oltre al fenomeno meccanico, c il corpo eterico che aggiunge la vita, che ci dice che noi, ad esempio, siamo viventi. Se fossi seduto davanti ad un palcoscenico e vedessi passare, uno dopo laltro, due individui, di cui uno un robot, come potrei distinguerli? Percependo, oltre al movimento, lIo dellaltro, e nellIo dellaltro, oltre al corpo fisico, si colgono anche il corpo astrale e il corpo eterico. Le cose si complicano se al nostro esempio aggiungiamo un terzo elemento, cio se facciamo passare prima un robot, poi un sonnambulo e, infine, un uomo sveglio. Come facciamo, adesso, a distinguerli? Fondamentalmente ci che si percepisce in presenza di un essere umano, purch non sia troppo lontano, perch in quel

caso non si distingue nulla, ci che ci avvolge sono le forze del karma: questa la percezione dellIo altrui. Di fronte ad un robot, se si fa attenzione alla percezione, ci si rende conto di non avere la percezione dellIo altrui. Con il sonnambulo si ha una percezione di paura, perch lIo dellaltro, con il suo corpo astrale, ci investe pi fortemente, perch fuori del suo corpo fisico e si muove liberamente nello spazio. Quindi, riassumendo: con il robot non si sente nulla, con lessere umano si sente il mistero del karma, e con il sonnambulo si ha paura perch la sua realt astrale ci invade in modo disumano, si ha paura che ci porti via il nostro Io, la nostra autonomia. Intervento: Perch, invece, non abbiamo paura di fronte ad un uomo che dorme e che ha ugualmente lastrale e lIo fuori dal corpo fisico? Archiati: Un aspetto fondamentale del sonnambulismo che, in questo fenomeno, si ha una revoca della legge di gravit, perch quando leterico dentro il corpo fisico non salta da un

tetto allaltro, tanto vero che non si pu richiamare il sonnambulo mentre sta saltando, perch cadrebbe gi e morrebbe. Quindi, il sonnambulo fa paura perch annulla la legge di gravit, e invece di fare incarnare il corpo nella pesantezza della terra, lo afferra e gli conferisce una forza antigravitazionale, tanto da fargli perdere peso: perci, il sonnambulismo lopposto del gesto incarnatorio, un imprimere alla materia fisica una forza antigravitazionale, e questa negazione della decisione cristica globale di fare della terra il proprio corpo ci investe, e ne dobbiamo aver paura, perch la forza globale dellIo umano, che imita lIo del Cristo, quella di amare la terra e, quindi, di volere questa gravit dentro lo stato incarnato, per redimere la terra. Nel sonnambulo lIo e il corpo astrale operano da fuori e afferrano il corpo eterico in un modo tale che il corpo eterico sospende la legge gravitazionale del corpo fisico. Intervento: Se vedessimo due scimpanz, uno vero e laltro finto, come potremmo distinguerli, visto che

lanimale non ha lIo? Archiati: Quando siamo di fronte ad un animale, dobbiamo sospendere il senso dellIo, il senso del pensiero, il senso della parola e il senso delludito, supponendo che lanimale in questione non emetta suoni particolari, perch questi sensi sono specifici per la percezione dellaltro essere umano. Dobbiamo escludere anche i quattro sensi che servono alla percezione di stati del mio corpo, quindi si percepiscono tutte le altre cose fuori di noi con i rimanenti quattro sensi, cio si percepiscono qualit di calore, di colore, gustative e olfattive. Perci, di fronte ad un animale si ha unesperienza animica, quando si percepisce se stessi si ha unesperienza corporea, e quando si percepisce un altro essere umano si ha unesperienza spirituale. Intervento: Come si spiega la paura che si pu avere di fronte ad una persona morta? Archiati: Il cadavere un corpo fisico? Il corpo fisico tale finch

compenetrato dal corpo eterico, inabitato dal corpo astrale e condotto dallIo; ora, se lIo e il corpo astrale sono fuoriusciti e tutte le correnti del corpo eterico si sono tirate fuori, quello che resta non pi un corpo fisico, quello che resta un inganno, una menzogna, perch questa realt del corpo fisico mi si presenta come se potesse stare da sola, ma questo non possibile, perch o c tutto il resto o il corpo fisico deve sparire, decomporsi; se il corpo fisico si perpetua a questo livello di menzogna, abbiamo il fenomeno della mummia. La mummificazione, nellepoca egizia, stata il presupposto del materialismo, che doveva svilupparsi nel quinto periodo di cultura postatlantico (sappiamo, infatti, da Steiner che i fenomeni del terzo periodo postatlantico si ripetono, a livello di rispecchiamento, nel quinto periodo). Per aiutare lessere umano ad incarnarsi sempre di pi, si perpetuata, in chiave di illusione, la forma del corpo fisico, che esiste soltanto quando inabitata dal corpo eterico, dallastrale e dallIo: ecco il perch della paura di fronte al cadavere. Il fenomeno della mummia, poi, un

fenomeno occulto di estrema complessit, e due ne sono gli elementi fondamentali: da una parte ci sono le spezie usate per mummificare, dallaltra i mantram, recitati dai sacerdoti, e attraverso questi mantram sono passati i pensieri, che volevano perpetuare il corpo umano, destinato, invece, a morire. Perch quando ci si avvicina ad una mummia si muore nel giro di poche ore? Steiner dice che il veleno non proviene dagli odori, che si sprigionano dalla mummia, ma proprio dai pensieri avvelenati che sono stati immessi nella mummia insieme alle sostanze necessarie per la mummificazione. Vediamo, adesso, alcuni elementi fondamentali della decima conferenza di Antropologia, che riguarda il mistero della forma umana (fig. 22). Abbiamo la testa che rotonda, che chiusa in se stessa (a), poi il tronco in forma di spicchio lunare visibile (b) di un cerchio che, per la maggior parte invisibile (c), invece negli arti (d)

sinverte il mistero della forma, essi non sono una parte della sfera, ma sono raggi di una sfera ancora pi grande (e). Nella sfera della testa non c nulla da aggiungere, tutto gi dato ed di natura corporea; nella sfera del tronco dobbiamo considerare anche la parte invisibile, che di natura animica, cos che in questa sfera abbiamo corpo ed anima insieme, e qui abbiamo i quattro sensi centrali: il tronco funge da cassa di risonanza per le sensazioni vere e proprie, perch le sensazioni del calore, del colore, del sapore e dellodore, vivono nellanima. Il centro della sfera del tronco si trova fuori della parte corporea, e lirraggiamento ulteriore di questo centro costituisce laura umana, che avvolge tutto il corpo (tendendo le braccia in avanti avremmo, pi o meno, il raggio dellaura). Negli arti, oltre alla realt corporea ed animica, abbiamo quella spirituale. Quindi abbiamo una sfera piccola della testa, che soltanto corporea, una pi grande, la sfera del tronco, che animico-corporea, dove si svolge il mistero dellinterazione tra anima e corpo, ed infine, la sfera degli arti, dove si svolge il mistero

dellinterazione tra corpo, anima e spirito: qui i fenomeni avvengono a livello di spirito, trapassano nellanima e si comunicano alla realt corporea. E quali sono i fenomeni spirituali che riguardano gli arti? E il karma. Nel karma siamo congiunti con tutte le gerarchie celesti, con tutto il cosmo, in quanto questa sfera degli arti senza limiti, dappertutto, e si sposta sempre: il centro della sfera del karma , di volta in volta, l dove il karma ci chiama. Se si deve incontrare una persona, le nostre forze karmiche si incentrano su di essa; se il centro della sfera del nostro karma, nei prossimi cinque minuti, in un dato punto, questo punto attira tutti i nostri sensi: perci non vero che noi vediamo le cose a caso o annusiamo le cose a caso. Le percezioni dei sensi, di tutti e dodici i sensi, non avvengono mai a caso, ma si orientano venendo richiamate, calamitate dalle forze dellIo. Il nostro Io sempre l dove il karma ci chiama, e, da quel punto di osservazione cosmica, attira in senso reale, non metafisico, tutta lattenzione dei nostri

sensi. Nessun essere umano getta mai uno sguardo a caso: il caso uninvenzione di chi non sa come stanno le cose, nel mondo del karma il caso non esiste. Nel capo, dunque, abbiamo soltanto la realt corporea, con il centro allinterno; nel tronco abbiamo soltanto uno spicchio di natura corporea e il resto di natura animica; nelle membra siamo in chiave di spiritualit, c il mistero della volont, siamo quindi in chiave di responsabilit morale. Si pu anche dire che nella testa siamo in chiave di vero e di falso, nellanima siamo in chiave di bello e di brutto, e negli arti siamo in chiave di bene e di male. In questa stessa conferenza Steiner parla del Concilio di Costantinopoli, nel quale venne abolito lo spirito, e si decise che lessere umano corpo ed anima; con questo fu abolito il mistero del karma, il mistero dellIo, la dimensione spirituale dellIo. Dicendo che lessere umano composto di corpo e di anima si perso il mistero dello spirito in quanto mistero del karma, in quanto mistero dellIo superiore, e si persa limmortalit

individuale, perch lanima (posseduta anche dallanimale) implica unimmortalit di gruppo, non individuale. Nel cristianesimo tradizionale si parla di immortalit, ma siccome non riconosciuta lindividualit dellIo spirituale, che ha un karma individuale, di fatti si tratta di unimmortalit di gruppo, come quella degli animali, perch del cane che muore sparisce il corpo fisico, ma lanima di gruppo del cane continua a vivere. Ha senso parlare di immortalit umana quando comprendiamo ci che specificamente umano dellimmortalit, cio lindividualit. Intervento: Si pu dire che si fa lesperienza del karma solo nella misura in cui si incontrano, attraverso i sensi spirituali, che sono anche sociali (Io altrui, pensiero e linguaggio), tutti gli altri esseri umani? Archiati: Certo, esiste forse un karma che ha a che fare soltanto con me? No, perch il karma pura socialit: soltanto nellillusione rappresentativa del mio Io, che sorge nella testa, io mi tiro fuori dal

mondo, ma questillusione necessaria, perch serve a darci il sentimento dellIo. Il sentimento dellIo sorge dapprima in chiave egoistica, di illusione, lillusione di essere diversi dagli altri, staccati dagli altri; quando poi, in base agli altri sensi, si scopre il mistero del Karma, ci si rende conto che facciamo tutti parte della stessa realt unica. Il karma un mistero di pareggio, e il pareggio con chi lo si fa? Con gli altri, con chi mi ha sottratto qualcosa, con colui al quale ho fatto un torto, al quale ho procurato una sofferenza ecc. Quindi il karma sempre socialit, e non solo tra esseri umani, ma tra tutti gli esseri, tra gli Angeli, gli Arcangeli ecc. Ora cercher di enucleare alcuni aspetti della dodicesima conferenza di Antropologia. Qui viene riportata questa triade fondamentale dellessere umano, che ci viene presentata sempre di nuovo in chiave di sistema neuro-sensoriale, e la parola sensoriale ci dice che abbiamo a che fare con il mistero dei dodici sensi, con la realt dei dodici sensi, soprattutto concentrati nella testa. Poi abbiamo una seconda grande

zona, che quella del tronco, dove c lelemento ritmico della respirazione e della circolazione del sangue, con tutto ci che le accompagna (la nutrizione, per esempio, fa parte del sangue, in quanto gli fornisce il materiale di cui esso ha bisogno per ricostituirsi sempre di nuovo). Poi abbiamo un terzo tipo, un tuttaltro modo di funzionare dellessere umano, che si differenzia dagli altri due, ed il sistema del metabolismo, del ricambio. Quindi abbiamo: I Sistema neuro-sensoriale - Testa Pensare

II Sistema ritmico - Tronco - Sentire

III Sistema metabolico - Arti - Volere La testa, con tutta la realt dei nervi e dei sensi, fa da sostrato a tutto ci che pensiero, a tutto ci che conoscenza. Negli arti, dove lelemento osseo sinvolge (nella testa lelemento osseo

fuori e tutto il resto dentro, invece negli arti lelemento osseo al centro e i muscoli, i nervi, lelemento carneo, sono fuori), negli arti abbiamo tutto ci che ha a che fare con la volont, cio il comportamento umano, le azioni umane, lorientamento nel mondo: abbiamo, da un lato, i piedi che ci portano in chiave di intuizioni karmiche, di ideali da conseguire, gli arti inferiori ci portano sul posto dellevento karmico che ci aspetta, e le mani e le braccia ci servono a compiere ci che, in quel luogo, siamo chiamati a fare. Ecco la strutturazione karmica degli arti: la posizione eretta la prima cosa che il bambino acquisisce, per poter andare dove il karma lo chiama, e compiere, grazie alle braccia e alle mani, ci che lIo superiore si proposto per acquisire aspetti, dimensioni sempre nuove dellessere umano. Tra il pensiero e la volont abbiamo il sentimento, che va nelle due direzioni, abbiamo un sentimento di rimando dalle azioni che noi compiamo, in chiave di soddisfazione o di insoddisfazione rispetto a ci che abbiamo compiuto, ed un sentimento in chiave di coscienza, di pensiero, che ci

serve per valutare quello che abbiamo fatto. Possiamo pensare questi tre sistemi legati luno allaltro in una lemniscata, dove si passa ogni volta per il sentimento (fig. 23). Ci che afferriamo con il pensiero, se qualcosa di vero, produce in noi gioia, con la gioia ci viene il desiderio di congiungerci sempre pi profondamente con questo elemento e quindi, di compierlo, di attuarlo, di entrarci dentro con tutto il nostro essere in chiave volitiva, operativa. Se diciamo che pensiero, sentimento e volont costituiscono linteriorit dellessere umano, vediamo che questi si unisce con il mondo esterno tramite lazione, dal lato della volont, e, dal lato del pensiero, tramite le percezioni, e qui sono chiamati in causa tutti e dodici i sensi, attraverso i quali il mondo esterno entra nel mio essere e si trasforma in pensiero, anzi, pi precisamente, in concetto, perch la prima cosa che il pensiero elabora sono i concetti. Quindi,

dal lato del pensiero, il mondo esterno entra dentro di me dalla porta della percezione, e, dal lato della volont, linteriorit del mio essere si trasfonde nel mondo esterno, attraverso la porta dellazione. Tra la percezione del contenuto del mondo esterno e lazione che ritrasforma il mondo esterno, c linteriorit umana, in triplice chiave di pensiero, sentimento e volont. Se questa interiorit umana, che animicospirituale, la riferiamo al sostrato corporeo, abbiamo un sostrato neurosensoriale, centrato soprattutto nella testa, per tutto ci che facolt pensante; un sostrato di ritmo per tutto ci che ha a che fare con il sentimento; e un sostrato corporeo di arti, di metabolismo, il quale alimenta, sempre di nuovo, le forze degli arti, in modo che gli arti sviluppino impulsi volitivi e li mandino ad esecuzione attraverso lazione. Quindi, riassumendo, abbiamo il sistema neuro-sensoriale, il sistema respiratorio-circolatorio e il sistema del ricambio e degli arti; a questa triade, che viene sempre variata nelle conferenze di Antropologia, nella dodicesima conferenza si aggiunge un

nuovo elemento di estrema importanza, e cio il riferimento ai tre regni della natura, i tre regni infraumani: 1) il regno animale, 2) il regno vegetale e 3) il regno minerale. Questo riferimento, di cui indicher alcuni aspetti fondamentali, molto interessante, perch Steiner, parlandoci del rapporto tra il mistero della testa e il regno animale, tra il mistero del tronco e il regno vegetale, tra il mistero degli arti e il regno minerale, da un lato ci spiega come, nel corso dellevoluzione, lessere umano ha dovuto estromettere da s gli animali, le piante e i minerali, e dallaltro ci spiega cosa diventa possibile nella testa, grazie al fatto che abbiamo buttato fuori da noi gli animali, cosa poi umanamente possibile nel tronco grazie al fatto che abbiamo buttato fuori di noi le piante, e cosa diventa, infine, possibile per noi, in chiave di arti, grazie al fatto che abbiamo buttato fuori di noi i minerali, perch sia i minerali, sia le piante, sia gli animali, allinizio, erano dentro lessere umano. Cos, veniamo a comprendere che levoluzione futura delluomo consister nel riumanizzare,

cio nel reinserire tutto il mondo animale dentro lessere umano, attraverso la cruna dellago della testa, nel reinserire dentro lessere umano, attraverso la porta del tronco, tutto il mondo vegetale, e nel riprendere (ed poi la redenzione globale dellessere terrestre, la resurrezione della carne) dentro lessere umano tutto il mondo minerale, che verr riassunto dentro le forze karmico-volitive delluomo e di tutta lumanit, in chiave di arti. In questa conferenza, diretta ai futuri pedagoghi, Steiner si concentra sul modo attuale di interagire tra le forme animali e ci che avviene nella testa, tra le forme vegetali e ci che avviene nel tronco, e tra tutte le forze che costruiscono i cristalli e ci che avviene negli arti, indicando questo triplice cammino di umanizzazione di tutti i regni infraumani, tenendo presente che esso comporta, parallelamente, il reinserirsi gli uni dentro agli altri di tutti gli esseri umani, che formeranno un corpo solo, che poi il corpo risorto del Cristo. Quindi, parallelamente al fatto che

tutti i regni infraumani ridiventeranno umani, verr anche vinta lillusione che ci fa percepire gli uni staccati dagli altri, e giungeremo a percepirci, sempre di pi, gli uni dentro agli altri, per cui tutta la natura costituir la corporeit delluomo, e lumanit intera costituir la corporeit del Cristo. Prima di arrivare agli aspetti fondamentali che Steiner descrive qui, devo dirvi che io stesso mi considero agli inizi di questi approfondimenti, e dal momento che nel mese prossimo sar in un centro di coltivazione biodinamica, vicino a Chicago, dove mi hanno chiesto di parlare dei misteri della terra, dellevoluzione dellessere umano in chiave di amore alla terra, al minerale, al vegetale e allanimale, mi sono proposto di approfondire alcune conferenze di Steiner, fra cui anche questa di cui stiamo parlando e mi sono reso conto che i misteri conoscitivi sono molto pi ardui di quanto io avessi pensato. Perci mi preme solo indicarvi delle piste di lavoro, perch la prospettiva di una conferenza come questa enormemente ampia. Dunque,

rispetto alla testa Steiner ci dice che essa ha la tendenza a costruire delle forme, e le forme che la testa tende sempre a far sorgere sono quelle di tutto il mondo animale. Dobbiamo essere grati agli altri due elementi, quello del tronco e quello degli arti, per il fatto che queste forme animali vengano sempre di nuovo sciolte, altrimenti esse tenderebbero a mineralizzarsi, cio a divenire forme animali intrise di materia minerale, come avviene realmente per gli animali fuori di noi, che sono, infatti, forme astrali intrise di materia minerale, e per questo sono visibili. La nostra testa, in quanto solo testa, ha la tendenza a produrre tutte le forme animali, e vorrebbe intriderle di materia minerale in modo che siano forme di una certa costanza (la forma di un leone non costante in modo assoluto, ma ha una certa costanza, non una forma in totale metamorfosi come quelle eteriche), ma grazie al tronco e agli arti, che rimandano verso la testa forze di dissolvimento, queste forme animali che hanno la tendenza a mineralizzarsi, si sciolgono e restano i pensieri, resta la conoscenza, abbiamo forme conoscitive:

perci tutti i nostri concetti, in fondo, sono variazioni di forme animali, e non di forme vegetali. Perci, in un certo senso, lessere umano tale proprio per il fatto che, invece di ricadere al livello animale, egli va verso una dimensione di altra natura, egli va, grazie al tronco e agli arti, verso la dimensione del pensiero, cio verso la dimensione delle forme che non si intridono di materia, ma restano puramente pensate, e non diventano forme animali, ma concetti umani. Molto interessante , poi, linterazione che avviene tra il tronco e il mondo vegetale. Consideriamo il tronco dai due lati fondamentali della respirazione e della nutrizione, che sono i suoi due ritmi specifici. Nella respirazione compiamo il processo polarmente opposto a quello vegetale: inspiriamo ossigeno e, congiungendolo con il carbonio, lo trasformiamo in anidride carbonica, poi, non avendo la possibilit, per nostra fortuna, di elaborare al nostro interno questa anidride carbonica, la espiriamo. La pianta fa lopposto: inspira, assimila nella sua corporeit lelemento del

carbonio, ne fa la corteccia, ed espira ossigeno. Quindi, nella respirazione, lessere umano compie, nel suo tronco, lopposto di ci che fa il mondo vegetale: e per questo, per permettere alluomo di compiere questo atto, stato necessario estromettere dallessere umano la pianta, che fa lopposto di ci che fa luomo. Il regno vegetale sorto per dare alluomo la possibilit di respirare: ecco il sacrificio cosmico-evolutivo del mondo vegetale. Quindi tutto ci che lessere umano compie, grazie alla respirazione, non sarebbe stato possibile se non avesse estromesso da s una dimensione del cosmo, che sintetizza, assimila il carbonio, ed emette ossigeno. Per quanto riguarda la nutrizione, noi non compiamo lopposto della pianta, non abbiamo dentro di noi tutto il processo della pianta, da quando sboccia alla maturazione del frutto, fino alla marcescenza: mancano il processo del sorgere, dove la vita incipiente, e il marcire, il termine dellarco. (Fig. 24) Il marcire una parola che ha

dentro di s la parola morte, quindi il marcire il morire dellarco vitale della pianta. Allessere umano, nel processo del tronco, concesso di partecipare soltanto alla fase mediana, infatti la frutta acerba lessere umano non pu mangiarla, perch non va bene per la nutrizione, e quando il frutto comincia a marcire, quando entra nel fenomeno della decomposizione, della combustione, quando va oltre la maturazione, anche allora luomo non pu mangiarla. Per cui luomo mangia la frutta matura e quando, dentro il suo organismo, questa frutta portata al punto di marcire, deve uscire dallorganismo. Io, adesso, mi fermerei qui, ma la domanda che qui comincia questa: che cosa significa, in termini evolutivi, che cosa viene concesso allessere umano, in chiave evolutiva, grazie al fatto che non costretto lui a fare dentro di s tutto questo processo che fa la pianta? In altre parole sorge la domanda: quali mete evolutive vengono concesse allessere umano grazie al fatto che capace di nutrirsi? Fra laltro, risulterebbe anche da queste considerazioni che il nutrimento

vegetale quello giusto per lessere umano, e che il nutrimento animale non quello giusto per lessere umano, perch il nutrimento vegetale comprende lelemento minerale, ma non comprende lanimale: gli animali sono previsti per il pensiero, non per la parte del tronco, dove c la respirazione e la nutrizione. Rispetto al terzo elemento, quello degli arti, Steiner fa una considerazione che noi abbiamo anticipato un pochino oggi, quando abbiamo parlato del robot e del sonnambulo: dice che, attraverso gli arti noi esplichiamo delle forze. Se io ho una leva ed applico delle forze che cosa succede? Proprio ci che accade nel movimento degli arti. Steiner dice che se avessimo la possibilit di fotografare una persona che cammina lasciando da parte tutto ci che elemento minerale, avremmo un insieme di forze: questo insieme di forze della stessa natura delle forze che, nel cosmo, formano il cristallo, cio della stessa natura del mondo minerale. Non abbiamo pi, qui negli arti, la dimensione animale, e nemmeno quella vegetale, la dimensione della crescita, ma abbiamo

tutto un altro mondo di forze di natura fisica, forze dinamiche, di elettricit, di magnetismo, di gravit ecc., un insieme di forze che ci fanno capire il mistero del movimento, non della crescita vitale della pianta, ma del movimento dinamico che sposta, o del movimento dinamico che solleva ecc.. Questo corpo di forze, come lo chiama Steiner, il campo delle forze dinamiche del karma, e si serve delle braccia e delle gambe come se fossero leve ed assi per agire, in altre parole la mia mano, il mio braccio, vengono sempre condotti dallIo, dallIo superiore; a livello di Io inferiore si ha la percezione, si diventa consapevoli di questo fatto, ma il fatto stesso, cio colui che lo attua sempre lIo superiore, perci il karma sempre un corpo di forze dinamiche, che della stessa natura delle forze che costituiscono il minerale, sono forze direzionali, sono forze che sollevano, che tirano, che avvicinano, che allontanano: ecco, prendiamo limmagine dellavvicinare e dellallontanare, non deve trattarsi necessariamente dellinnamoramento o dellamicizia, ma cosa sono queste forze che, in campo di

arti, fanno fare a due persone migliaia e migliaia di passi finch, a ventanni, si incontrano? Queste forze dinamiche sono della stessa natura di quelle del mondo minerale. Si potrebbe dire che il mondo minerale rappresenta le forze volitive delle gerarchie spirituali, il karma, e tutti i movimenti dinamici del karma rappresentano le forze volitive dellIo superiore. Questo mondo minerale, che rappresenta le forze volitive di tutte le gerarchie spirituali, perch ci dato? Lho detto nella conferenza di ieri sera: ci dato come fondamento per il karma, perch se noi non avessimo il mondo minerale, che il mondo su cui possiamo camminare, non potremmo compiere in un modo umano, incarnato, le opere del karma. Questo come accenno, perch la conferenza piena di indicazioni, e sorge spontaneo il desiderio di chiedersi come avvenuta, in chiave di evoluzione passata, lestromissione del mondo animale, parallelamente al formarsi della testa; come avvenuta

lestromissione del mondo vegetale, parallelamente al formarsi del tronco, nella sua duplice realt di respirazione e di circolazione; come avvenuta lestromissione di tutto il mondo minerale, in quale modo le gerarchie spirituali hanno estromesso dallessere umano tutto il mondo minerale, per fornirgli la base necessaria al movimento degli arti. E, seconda domanda, come avverr concretamente (i compiti conoscitivi, come vedete, sono infiniti) la reintegrazione, dentro lessere umano, del regno animale in chiave di cammino conoscitivo, in che modo avverr la reintegrazione del regno vegetale dentro lessere umano in chiave di cammino di amore, e in che modo avverr la reintegrazione, dentro lessere umano, del regno minerale in chiave di operativit karmica. Nella misura in cui ciascuno riesce a trovare delle risposte, il parlare di Giove, il parlare di terra nuova, il parlare di risurrezione della carne, il parlare di Cristo risorto, diventer sempre di meno astratto e si riempir sempre di pi di contenuti, di passi evolutivi.

Intervento: In genere, quando si parla del tronco, si fa riferimento sia alla circolazione che alla nutrizione, mentre qui, in questa conferenza, la circolazione non accennata. Archiati: Non direttamente, per tutto il discorso della nutrizione in funzione della rigenerazione del sangue, perch tutto ci che noi ingeriamo va a finire nel sangue. Se prendiamo linterazione fra lanimale e luomo, abbiamo il mistero del nervo; se prendiamo linterazione fra il vegetale e luomo, abbiamo il mistero del sangue, per cui nella conferenza successiva Steiner riduce, per un bel pezzo, la distinzione triadica ad una polarit di nervo e di sangue, e dice, per esempio, che, in chiave di nervo, nellambito pedagogico le cose prive di senso impoveriscono il nervo, mentre il fare cose piene di significato rigenera il nervo. Quindi, se lessere umano fa delle cose senza significato, fa impoverire sempre di pi, fa mineralizzare, fa polverizzare sempre di pi la sua sostanza di nervo; mentre se fa delle cose con entusiasmo si rigenera, in chiave di sangue.

Lentusiasmo rigenera il sangue e la pienezza di significato rigenera il nervo. Nellultimo paragrafo della tredicesima conferenza, Steiner dice che dobbiamo spiritualizzare il lavoro verso lesterno e dobbiamo rivitalizzare, rinsanguare (durchbluten) il lavoro intellettuale, il lavoro verso linterno. In questo senso potremmo dire che dove Steiner parla della respirazione si riferisce maggiormente allinterazione fra testa e tronco, e dove parla della nutrizione si riferisce direttamente allelemento del sangue con linterazione tra tronco ed arti. Intervento: Non ho capito perch la testa tende a formare solo forme animali, di solito tendiamo a sperimentare il pensiero come una pianta... Archiati: Steiner dice che, se non intervenissero il tronco e gli arti, la testa genererebbe soltanto forme animali, ma siccome intervengono il tronco e gli arti, ci viene concesso di rendere le forme astratte. Queste forme acquisiscono un carattere di immagine speculare e,

diventando morte, possono diventare anche vegetali e minerali; se non intervenissero gli arti e il tronco, queste forme resterebbero vitali, sarebbero tutte forme animali, ma non forme animali speculari, questo il problema, e quindi porterebbero dentro alla testa realmente, dinamicamente la presenza di animali, una testa di volpe, una testa di lupo ecc. Se c il mal di testa perch gli arti e il tronco non riescono a sciogliere le forme della testa, perch, non essendo sufficiente il lavoro di sciogliere le forme, queste forme tendono a mineralizzarsi dentro alla testa, e scoppia il mal di testa. Intervento: Come si pu potenziare questo lavoro di scioglimento? Archiati: Bisogna riandare alla conferenza precedente, dove Steiner parla degli arti, e ci dice che, avendo la concezione cattolica abolito la dimensione del karma, dello spirito, dellIo, cio il mondo degli arti, sorta una pedagogia, quindi unidea della formazione del bambino, in chiave intellettuale; in altre parole, noi abbiamo

una formazione che rende lessere umano molto meno dinamico di quello che potrebbe essere, un parassita osservatore del mondo, e questo si nota chiaramente. Invece, con una pedagogia sana, con una pedagogia giusta per lessere umano, salta fuori un essere molto pi dinamico. Intervento: Lentusiasmo nasce da s o lo si pu creare? Archiati: Steiner dice che lentusiasmo una questione eminentemente di pedagogia, perch in un bambino educato in modo giusto le forze dellentusiasmo, potenzialmente, ci sono, ma c un tipo di pedagogia che le fa morire e c un tipo di pedagogia che le coltiva. E la pedagogia non finisce con leducazione del bambino. APPENDICE Biancaneve e Rosarossa C'era una volta una povera vedova, che viveva sola nella sua capannuccia, e

davanti alla capanna c'era un giardino con due piccoli rosai; l'uno portava rose bianche, l'altro rose rosse. E la donna aveva due bambine, che somigliavano ai due rosai: l'una si chiamava Biancaneve, l'altra Rosarossa. Erano cos buone e pie, diligenti e laboriose, come al mondo non se n' mai viste; soltanto, Biancaneve era pi silenziosa e pi dolce di Rosarossa. Rosarossa preferiva correre per campi e prati, coglier fiori e prendere farfalle; Biancaneve se ne stava a casa con la mamma, l'aiutava nelle faccende domestiche, o, se non c'era niente da fare, le leggeva qualcosa ad alta voce. Le due bambine si amavano tanto, che si prendevano per mano tutte le volte che uscivano insieme; e se Biancaneve diceva: -Non ci separeremo mai!- rispondeva Rosarossa: -No, mai, per tutta la vita!- e la madre soggiungeva: -Quel che dell'una, deve esser dell'altra-. Spesso le due bambine andavan sole per il bosco a raccoglier bacche rosse; gli animali non facevan loro alcun male, ma si avvicinavano fiduciosi: il leprotto mangiava una foglia di cavolo dalle loro mani, il capriolo pascolava al loro fianco, il cervo saltava

allegramente li vicino, e gli uccelli restavano sui rami e cantavano tutte le loro canzoni. Alle due sorelle non capitava nulla di male: quando si erano attardate nel bosco, e le sorprendeva la notte,si coricavano sul muschio, l'una accanto all'altra, e dormivano fino alla mattina; la mamma lo sapeva e non stava mai in pensiero. Una volta, che avevano pernottato nel bosco, quando l'aurora le svegli, videro un bel bambino seduto accanto a loro, con un bianco vestito scintillante. Il bimbo si alz e le guard amorevolmente, ma non disse nulla e s'addentr nel bosco. E quando si guardarono intorno, s'accorsero di aver dormito sull'orlo di un abisso, dove sarebbero certo cadute se avessero fatto altri due passi al buio. Ma la mamma disse che certo quello era l'angelo che veglia sui bambini buoni. Biancaneve e Rosarossa tenevan cos pulita la capannuccia della madre, che era una gioia vederla. D'estate Rosarossa sbrigava faccende di casa e ogni mattina, prima che la mamma si svegliasse le metteva vicino al letto un mazzo di fiori, con due rose dei due

alberelli. D'inverno Biancaneve accendeva il fuoco e appendeva paiolo; il paiolo era d'ottone, ma brillava come oro, tant'era lustro La sera, quando nevicava, la mamma diceva; Va', Biancaneve metti il catenaccio-. Poi sedevano accanto al focolare, la mamma prendeva gli occhiali e leggeva ad alta voce un librone; e le due fanciulle stavano a sentire, filando; per terra, accanto a loro, e sdraiato un agnellino, e dietro, su un bastone, c'era un piccioncino bianco con la testa nascosta sotto l'ala. Una sera, mentre se ne stavano tutt' due insieme, qualcuno buss alla porta, come se volesse entrare. La madre disse: -Svelta, Rosarossa, apri: sar un viandante che cerca ricovero-. Rosarossa and a levare il catenaccio e pensava che fosse un povero; ma invece era un orso, che sporse dall'uscio la sua grossa testa nera. Rosarossa strill e fece un salto indietro, l'agnellino bel, il piccioncino svolazz, e Biancaneve si nascose dietro il letto della mamma. Ma. l'orso si mise a parlare e disse: -Non abbiate paura, non vi far niente di

male; sono mezzo gelato e voglio soltanto scaldarmi un po' con voi. Povero orso,- disse la madre, -mettiti vicino al fuoco e bada soltanto di non bruciarti il pelo-. Poi grid: -Biancaneve, Rosarossa, venite fuori! L'orso non vi far niente, non ha cattive intenzioni. Allora s'avvicinarono entrambe; e a poco a poco si accostarono anche l'agnellino e il piccioncino, e non ne avevano pi paura. L'orso disse: -Bambine, scuotetemi un po' di neve dalla pelliccia!- ed esse andarono a prender la scopa e gli spazzarono il pelo; e l'orso si sdrai accanto al fuoco, e mugolava, contento e soddisfatto. Non and molto che fecero amicizia, e le bimbe si misero a fare il chiasso con l'ospite maldestro. Gli tiravano il pelo con le mani, gli mettevano i piedini sulla schiena e lo spingevano di qua e di l; o prendevano una verga di nocciolo e lo picchiavano, e quando mugolava ridevano. L'orso s'adattava a tutto; soltanto, quando passavano il segno, gridava: -Lasciatemi vivere, bambine! - O Biancaneve, e tu, Rosarossa, al pretendente scavi la fossa. Quando fu tempo di dormire e le

bimbe andarono a letto, la madre disse all'orso; -Resta qui, accanto al fuoco, in santa pace: cosi sei protetto dal freddo e dal brutto tempo-. Appena albeggi, le due bambine lo fecero uscire ed egli entr nel bosco, trottando sulla neve. E poi, torn ogni sera, alla stessa ora: si sdraiava accanto al focolare e permetteva alle bambine di prendersi spasso di lui fin che volevano; ed esse ci si erano cos abituate, che non mettevano il catenaccio prima che fosse arrivato il loro nero amico. Quando giunse la primavera e fuori era tutto verde, una mattina l'orso disse a Biancaneve: Adesso devo andar via, e per tutta l'estate non posso pi tornare. -Dove vai dunque, caro orso?- domand Biancaneve. -Devo andare nel bosco a difendere i miei tesori dai cattivi nani: d'inverno, quando la terra gelata, devono stare sotto e non possono farsi strada, ma adesso che il sole ha sgelato e riscaldato la terra, l'aprono a forza, risalgono, frugano e rubano. Quel che finisce nelle loro mani, nascosto nelle loro caverne non torna tanto facilmente alla luce-. Biancaneve era tutta triste per

quell'addio; e quando gli apr la porta, l'orso, passando in fretta, rest attaccato all'arpione e gli si lacer un pezzo di pelle; e a Biancaneve parve che ne trasparisse dell'oro, ma non ne fu ben sicura. L'orso corse via in fretta e ben presto spar dietro gli alberi. Dopo qualche tempo, la madre mand le bambine nel bosco a coglier la stipa. Fuori videro, disteso al suolo, un grande albero, era stato abbattuto, e presso il tronco, nell'erba, qualcosa saltava su e gi, ma non potevano distinguere cosa fosse. Avvicinandosi, videro un nano con una vecchia faccia grinzosa e una candida barba lunga un braccio. La punta della barba era incastrata in una fessura dell'albero e il nano saltava di qua e di l, come un cagnolino al guinzaglio, e non sapeva come cavarsela. Egli fiss le fanciulle sbarrando i suoi rossi occhi di fuoco, e strill: -Cosa state a fare, non potete avvicinarvi e darmi una mano? - Cos'hai fatto, omino?- domand Rosarossa. -Stupida curiosaccia,- rispose il nano -volevo spaccar l'albero, per avere legna minuta in cucina; i ceppi grossi quei due bocconcini che occorrono a noialtri

bruciano subito; noi non buttiamo mica gi tanta roba come voi, ingordi zoticoni! Ero gi riuscito a ficcarci il cuneo, e tutto mi sarebbe andato benone; ma quel maledetto pezzo di legno era troppo liscio e salt fuori all'improvviso, e l'albero si richiuse cos in fretta, che non ho pi potuto tirar fuori la mia bella barba bianca: adesso l dentro, e io non posso andarmene. Guarda come ridono quelle due poppanti! stupide facce pelate! Puh, come siete brutte!- Le bambine ci si misero d'impegno, ma non riuscirono a tirar fuori li barba: era troppo ben incastrata. -Correr a chiamar gente!disse Rosarossa. -Stupide pazze,- squitt il nano, -non ci mancherebbe altro! Siete gia troppe in due: non avete niente di meglio da inventare? - Non essere impaziente! disse Biancaneve; -ci penser io-. Trasse di tasca le sue forbicine e gli tagli la punta della barba. Appena il nano si senti libero, afferr un sacco pieno d'oro, che era nascosto fra le radici dell'albero, lo tir fuori, borbottando: -Che villanzone, tagliarmi un pezzo della mia magnifica barba! Il diavolo vi porti!- Si gett il sacco sulle

spalle e se ne and, senza neanche voltarsi a guardarle. Dopo qualche tempo, Biancaneve e Rosarossa pensarono di andarsi a pescare con la lenza un bel piatto di pesce. Quando furono vicino al ruscello videro qualcosa che somigliava a una grossa cavalletta saltellar verso l'acqua, come se volesse buttarcisi. Accorsero e conobbero il nano. -Dove vuoi andare?disse Rosarossa: -non vuoi mica gettarti in acqua? - Non sono cos pazzo!-strill il nano. -Non vedete? quel maledetto pesce vuol tirarmi dentro!- L'omino si era seduto a pescare, e disgraziatamente, per il vento, la barba gli si era intricata con la lenza; subito dopo abbocc un grosso pesce e la debole creatura non riusc a sollevarlo. Il pesce aveva il sopravvento e trascinava gi il nano. Certo, egli si teneva a tutti gli steli e ai giunchi, ma serviva a ben poco: doveva seguire i movimenti del pesce e rischiava continuamente d'esser tirato in acqua. Le fanciulle arrivarono in tempo, lo tennero fermo e cercarono di districar la barba dalla lenza, ma invano: barba e lenza erano strettamente

aggrovigliate. Non rest che tirar fuori le forbicine e tagliar la barba, sacrificandone un pezzettino. A quella vista, il nano si mise a strillare: -Se questa, brutti rospi, la maniera di sconciar la faccia a un individuo? Non bastava avermi spuntato la barba, adesso me ne tagliate via la parte pi bella! Non posso pi farmi veder dai miei! Possa vedervi correre, senza pi suole ai piedi!- Poi and a prendere un sacco di perle, nel canneto, e, senza pi dir parola, se lo trascin via e scomparve dietro una pietra. Or avvenne che, poco tempo dopo, la madre mand le due bambine in citt a comprar filo, aghi, stringhe e fettuccia. La strada le condusse attraverso una piana, sparsa di grossi macigni. E l videro un grande uccello librarsi nell'aria, roteare lentamente sulle loro teste, poi calar sempre pi basso, finch atterr poco lontano, presso una rupe. Subito dopo udirono uno strillo acuto e doloroso. Accorsero, e videro con terrore che l'aquila aveva ghermito il loro vecchio conoscente, il nano, e stava per portarlo via. Le bimbe pietose tennero

stretto l'omino; e tira di qua, tira di l, alla fine l'aquila dovette abbandonar la sua preda. Quando il nano si fu riavuto dal primo spavento, grid con la sua voce stridula: -Non potevate trattarmi con pi riguardo? Avete tirato tanto il mio giubbetto sottile che adesso tutto lacero e bucato, sciattone e balorde che siete-. Poi prese un sacco di pietre preziose e si cacci di nuovo nella tana, sotto le rupi. Le fanciulle erano gi avvezze alla sua ingratitudine e proseguirono il cammino e sbrigarono le loro faccende in citt. Al ritorno, ripassando per la piana, sorpresero il nano, che rovesciato il suo sacco di pietre preziose in un bel posticino senza pensare che a ora cos tarda potesse ancora venir qualcuno Il sole al tramonto batteva sulle splendide gemme, che scintillavano e sfolgoravano in mille colori, cos meravigliosamente, le bambine si fermarono a guardarle. -Cosa fate l, a bocca aperta?- strill il nano, e la sua faccia color della cenere divent paonazza dalla collera. Stava per lanciare altre ingiurie, quando si ud un

cupo brontolio, e un orso nero usc trottando dal bosco. Il nano balz in piedi, atterrito, ma non pot pi raggiungere il suo nascondiglio: l'orso era gi li. Allora grid affannosamente: -Caro signor orso, risparmiatemi! Vi dar tutti i miei tesori! guardate, belle pietre preziose! Fatemi grazia, che v'importa di un piccolo striminzito come me? Non mi sentite neanche sotto i denti. prendete piuttosto quelle due malnate ragazze, per voi son bocconi prelibati, grasse come giovani quaglie! mangiate quelle, in nome di Dio! L'orso non bad alle sue parole, non gli dette che una zampata, e quel malvagio non si mosse pi. Le fanciulle eran scappate via, ma l'orso le chiam, gridando: -Biancaneve, Rosarossa, non abbiate paura! aspettate, vengo con voi-. Allora esse riconobbero la sua voce e si fermarono; e quando la bestia le raggiunse, la pelle d'orso cadde all'improvviso, ed ecco, egli era un bel giovane tutto vestito d'oro. -Sono il figlio di un re, disse,- e il perfido nano, che aveva rubato i miei tesori, mi aveva stregato; e dovevo correr per il bosco sotto forma d'orso

selvaggio, finch la sua morte non mi liberasse. E cos egli ebbe il meritato castigo. Biancaneve spos il principe, e Rosarossa suo fratello, e si spartirono quei gran tesori che il nano aveva ammassato nella sua caverna. La vecchia madre visse ancora molti anni presso le figlie, tranquilla e felice. Ma port con s i due rosai, che davanti alla sua finestra davano ogni anno le pi belle rose, bianche e rosse.

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