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JOY FIELDING. SEGRETI PERICOLOSI. SUPERBESTSELLER 665. Traduzione di Valeria Raimondi. Copyright 1993 by Joy Fielding Inc.

1995 Sperling & Kupfer Editori S.pA.. Prima edizione "Sperling. Paperback " maggio 1998. ISBN 88-7824-861-4 86-1-98. Per Renee. Ringraziamenti DESIDERO ringraziare le seguenti persone per l'aiuto che mi hanno dato nella stesura di questo libro: Neil Cohen, che mi ha impartito un corso intensivo di giurisprudenza, mettendomi generosamente a disposizione il suo tempo e la sua competenza; Neil non soltanto un avvocato, ma anche un poeta; Dean Morask, direttore del Criminal Prosecution Bureau della contea di Cook, che mi ha concesso una lunga intervista; il giudice Earl Strayhorn, che mi ha permesso di assistere ai processi, mostrandomi come si lavora al servizio della giustizia. Voglio anche ringraziare Julie Richerd per avermi saputo dire le parole giuste proprio nel momento in cui ne avevo bisogno. A tutti la mia pi profonda gratitudine. 1 QUANDO arriv in ufficio, lui la stava aspettando. O almeno cos parve a Jess, che lo individu immediatamente: in piedi, immobi le, all'angolo fra California Avenue e la Venticinquesima strada. Sent che lui la stava osservando, mentre si allontanava dal par cheggio e attraversava in fretta la strada, diretta verso il pa lazzo di Giustizia. Gli occhi scuri di quell'uomo erano pi freddi del vento di ottobre che giocava fra i suoi capelli biondi arruffati, le mani senza guanti strette a pugno fuori delle tasche della giacca marrone di pelle sgualcita. Lo conosceva? L'uomo si mosse impercettibilmente mentre lei si avvicinava e Jess vide che la sua bocca era piegata in una smorfia simile a un sorriso, come se sapesse qualcosa che lei ignorava. Era un sorri so senza calore, il sorriso di un uomo che, da bambino, si diver tiva a strappare le ali alle farfalle, osserv con un brivido, ignorando il lieve movimento della testa con cui lui la salut quando i loro sguardi s'incrociarono. Un sorriso che nascondeva molti segreti, pens Jess, distogliendo velocemente lo sguardo e correndo su per la scalinata d'ingresso, improvvisamente impauri ta. Sent che l'uomo alle sue spalle si muoveva e cap, anche senza guardare, che stava salendo i gradini dietro di lei e le parve di sentirne i passi vibrare nel suo corpo. Raggiunse il pianerottolo e spinse con una spalla la pesante porta girevole di vetro. Lo sconosciuto rimase in piedi in cima alla scala, il viso sempre sorridente che appariva e scompariva con le rotazioni del vetro. "Sono la morte", sembrava dire quel sorriso. "Sono venuta per te." Jess si lasci sfuggire un gemito e, dal fruscio alle sue spalle, cap di avere attirato l'attenzione di una guardia. Si volt e vide Tony, la guardia di turno, avvicinarsi con cautela, tenendo la mano pericolosamente vicina alla fondina della pistola. "Qual cosa non va?" le chiese. "Spero di no", rispose Jess. "C' un uomo l fuori che..." Che cosa? si domand, guardando negli stanchi occhi azzurri della guardia, che vuole entrare qui? Che ha un sorriso inquietante? forse un crimine, questo, nella contea di Cook? L'agente fiss la propria attenzione sulla porta e Jess segu il suo sguardo: non c'era nessuno l fuori.

"A quanto pare, vedo i fantasmi", fece Jess in tono di scusa, domandandosi se fosse vero e soddisfatta che, chiunque fosse quel l'uomo, se ne fosse andato. "Be, questa la stagione dei fantasmi", ribatt la guardia con trollando la targhetta di riconoscimento di Jess, anche se sapeva chi era, ed esaminandola con il metal detector come faceva ogni mattina da quattro anni. A Jess piaceva la routine. Si alzava tutte le mattine alle sette meno un quarto, si faceva una rapida doccia e indossava i vestiti che aveva accuratamente scelto la sera prima, poi inghiottiva una fetta di torta ancora fredda di frigorifero e, un'ora dopo, era seduta alla sua scrivania con l'agenda aperta sugli impegni della giornata. Se stava seguendo un caso, lo esaminava con i suoi as sistenti, ideava strategie, formulava domande e trovava le rispo ste, perch un buon avvocato non pone mai domande di cui non co nosca gi la risposta. Se si stava preparando per un processo im minente, raccoglieva informazioni, esaminava gli indizi, interro gava i testimoni, parlava con gli ispettori di polizia, presen ziava alle riunioni e organizzava il piano di lavoro. Tutto se condo il programma: a Jess Koster non piacevano le sorprese, n in aula n fuori dell'aula. Dopo avere ben organizzato la giornata che l'aspettava, si sedeva con una tazza di caff e una fetta di ciambella e leggeva il giornale, partendo dai necrologi; non mancava mai di leggerli. Pauline Ashcroft, morta improvvisamente nella sua casa, all'et di 67 anni; Ronald Barrett, spirato dopo una lunga malattia all'et di 79 anni; Matthew Black, amato marito e padre esempla re, et non pervenuta, offerte alla Fondazione contro le malattie cardiovascolari... Jess non sapeva con esattezza quando aveva iniziato a includere i necrologi nella sua routine mattutina e non sapeva nemmeno perch. Era una strana abitudine per una per sona che non aveva ancora trent'anni, anche per un pubblico mini stero che lavorava nell'ufficio del procuratore di Stato della contea di Cook, a Chicago. "Hai trovato qualcuno che conosci?" le aveva domandato una volta un collega. Jess aveva scosso la testa. No, non c'era mai nessuno che conosceva. Cercava sua madre, come le aveva suggerito il suo ex marito, o era il suo nome che si aspettava di trovarvi scritto? 2 Lo sconosciuto con i capelli biondi riapparve con violenza nella sua mente. "Sono la morte", ripeteva, beffandosi di lei, e la sua voce parve riecheggiare fra le pareti spoglie dell'ufficio. "Sono venuta per te." Jess abbass il giornale e lasci che il suo sguardo vagasse per la stanza. Tre scrivanie di noce erano sistemate in ordine sparso e spiccavano scure contro le nude pareti bianche. Nessun quadro, nessun paesaggio, nessun ritratto, soltanto alcune scaffalature di metallo cariche di volumi di giurisprudenza. Sembrava che tut to potesse essere spostato nel giro di pochi minuti, il che, in realt, accadeva piuttosto spesso; gli assistenti del procuratore di Stato, infatti, cambiavano con una certa frequenza, perci non era una buona idea sistemarsi definitivamente. Jess divideva l'ufficio con i suoi assistenti, Neil Strayhorn e Barbara Cohen, che sarebbero arrivati entro mezz'ora circa. Come responsabile dell'ufficio, spettava a lei prendere le decisioni pi importanti. La contea di Cook contava in tutto set tecentocinquanta procuratori e pi di duecento lavoravano in quell'edificio: diciotto avvocati per ogni ala, tre in ogni stan za, tutti controllati da un supervisore. Alle otto e trenta, quel labirinto di uffici all'undicesimo e al dodicesimo piano era af follato e rumoroso come Wrigley Field, o cos almeno pareva a Jess, che considerava sacri quei pochi momenti di pace e silenzio prima dell'arrivo di tutti gli altri. Quel giorno era diverso. Quell'uomo l'aveva innervosita, aveva spezzato il suo solito ritmo. Che cosa c' in lui di tanto fami liare? si domand. A dire il vero, non l'aveva neppure visto bene in faccia, non era andata oltre il suo inquietante sorriso, non sarebbe stata in grado di descriverlo alla polizia perch ne fa cessero un identikit. Non le aveva neppure rivolto la parola. Perch allora stava diventando un'ossessione?

Jess riprese la lettura dei necrologi. Marvin Bederman, 74 anni, morto in pace nel sonno dopo lunga malattia; Sarah Edwards, man cata a novant'anni... "Sei in anticipo." La voce maschile proveniva dalla porta. "Io sono sempre in anticipo", rispose Jess senza alzare lo sguar do. Non ce n'era bisogno: se l'intenso aroma di profumo Aramis non fosse stato sufficiente a identificare Greg Oliver, sarebbe bastata l'arroganza della sua voce. Secondo una battuta spesso ripetuta in ufficio, il numero di vittorie di Greg in tribunale era superato solo dal numero delle sue vittorie in camera da let to e, per quel motivo, Jess aveva sempre fatto in modo che la sua conversazione con il quarantenne pubblico ministero rimanesse strettamente professionale. Dopo il divorzio, aveva imparato che l'ultima cosa che potesse augurarsi era di rimanere coinvolta in una relazione con un altro avvocato. "C' qualcosa che posso fare per te, Greg?" Con pochi passi, Greg Oliver si avvicin alla sua scrivania. "Dimmi che cosa stai leggendo." Si chin in avanti per sbirciare sopra la spalla di Jess. "I necrologi? Ges, che cosa non farebbe certa gente pur di vedere pubblicato il proprio nome!" Jess ridacchi, suo malgrado. "Greg, ho davvero molto da fare..." "Lo vedo." "No, sul serio", ripet Jess, guardando il volto"dai lineamenti regolari di Greg e i suoi occhi dall'indimenticabile color cioc colata. "Devo essere in aula per le nove e mezzo." 3 Lui guard l'orologio, un Rolex d'oro. Jess aveva sentito dire che di recente aveva fatto un buon matrimonio. "Hai un sacco di tempo." "Tempo che mi serve per riordinare i pensieri." "Scommetto che i tuoi pensieri sono gi in ordine", disse Greg alzandosi e poi piegandosi di nuovo per controllare la sua imma gine riflessa nel vetro della finestra, mentre con la mano sfio rava una pila di incartamenti ben ordinati. "Scommetto anche che la tua mente ordinata come la tua scrivania." Sorrise, solle vando un angolo della bocca in un'espressione che a Jess ricord subito lo sconosciuto dal sorriso inquietante. "Guarda se non ho ragione!" esclam Greg, fraintendendo la sua reazione. "Sei infa stidita perch per sbaglio ho spostato un paio di fogli." Li ri mise a posto con un gesto teatrale, poi finse di togliere la pol vere dalla scrivania. "Non ti piace che qualcuno tocchi le tue cose, vero?" Cominci ad accarezzare il legno con le dita con un movimento concentrico e ipnotico. Un incantatore di serpenti, pens Jess, chiedendosi per un momento se in realt fosse pi in cantatore o pi serpente. Sorrise, sorpresa da come la sua mente lavorasse quella mattina, e si alz, andando con aria decisa verso la libreria, anche se non aveva nulla da cercare. "Forse meglio che tu vada, ora, co s posso lavorare. Devo sostenere l'arringa conclusiva per il ca so di Erica Barnowski e..." "Erica Barnowski?" Gli occhi di Greg parvero riflettere i suoi pensieri. "Oh, s, la ragazza che sostiene di essere stata vio lentata..." "La donna che stata violentata", lo corresse Jess. La risata di Greg esplose nel silenzio della stanza. "Perdio, Jess, non aveva le mutande! Tu pensi davvero che esista una giuria in questo Paese che condanner un uomo per avere vio lentato una donna incontrata in un bar, e che per giunta non in dossava le mutande?" Greg Oliver guard il soffitto, poi di nuovo Jess, sistemandosi meccanicamente una ciocca di capelli. "Non so come la pensi tu, ma andare senza mutande in un bar per single, ai miei occhi, appare come un invito esplicito!" "E un coltello alla gola corrisponde alla tua idea di consenso?" Jess scosse la testa, pi per rammarico che per disgusto. Greg Oliver era notoriamente attento nel dare giudizi: se non riusciva a convincere un suo collega della colpevolezza dell'uomo sotto processo, come poteva sperare di convincere la giuria? "Non vedo il segno delle mutandine sotto quella gonna un potrop po corta", disse Greg. "Mi dica, avvocato, lei porta le mutande?" Le mani di Jess andarono automaticamente alla gonna di lana gri gi che si fermava proprio sopra al ginocchio. "Piantala", disse semplicemente.

Il tono canzonatorio della voce di Greg Oliver si rifletteva nei suoi occhi. "Che cosa bisogna fare per entrare in quelle mutandi ne?" "Mi dispiace, Greg", gli rispose Jess, "ma temo che ci sia posto per un culo solo in queste mutandine." Il caldo color cioccolata degli occhi di Greg divenne per un istante glaciale, tornando poi a sciogliersi nella risata che riecheggi nella stanza. " questo che adoro in te, Jess. Sei co 4 s dannatamente irritabile, che faresti disperare chiunque." Si diresse verso la porta. "Devo ammettere una cosa: se c' qualcuno che pu vincere questo caso, sei tu." "Grazie", ribatt Jess verso la porta che si stava chiudendo, poi and alla finestra e rimase a fissare con aria assente la strada undici piani sotto di lei. Grandi insegne recavano la scritta ABOGATO, che in spagnolo significa avvocato, seguito da un nome diverso per ogni insegna. Uffici aperti ventiquattr'ore al gior no. Non._c'erano altri edifici cos alti nella zona; con i suoi quattordici piani, il palazzo di Giustizia spiccava nettamente sul vicino tribunale, alto soltanto sette piani. Dietro i due edifici, c'era la prigione della contea di Cook, dove i presunti assassini e tutti gli altri criminali che non potevano ottenere la libert provvisoria o essere rilasciati su cauzione erano de tenuti in attesa di giudizio. Jess pensava spesso a quella zona come a un luogo oscuro e malvagio per gente oscura e malvagia. "Sono la morte", le pareva che sussurrassero le vie. "Sono venuta per te." Scosse la testa e guard verso il cielo, ma anche quello era scu ro e carico di neve. Neve in ottobre, pens Jess, senza riuscire a ricordare l'ultima volta che aveva nevicato prima di Halloween. Nonostante le previsioni del tempo, non si era messa gli stivali, che lasciavano passare l'acqua ed erano macchiati sulle punte; forse, pi tardi, sarebbe uscita a comprarne un paio nuovo. Squill il telefono. Sono da poco passate le otto e il telefono comincia gi a suonare. Sollev il ricevitore prima del secondo squillo. "Jess Koster", rispose semplicemente. "Maureen Peppler", disse una voce, seguita da una risatina. "In terrompo qualcosa di importante?" "Mai", rispose Jess alla sorella maggiore, immaginando il suo sorriso e i suoi caldi occhi verdi. "Sono contenta di sentirti." Jess aveva sempre paragonato Maureen a una delle ballerine dei disegni di Edgar Degas, eteree figurine dai contorni sfumati; persino la sua voce era delicata. La gente diceva spesso che le due sorelle si assomigliavano ma, anche se avevano entrambe un viso ovale ed erano entrambe alte e snelle, non c'era niente di etereo in Jess: i suoi capelli castani, che le arrivavano alle spalle, erano pi scuri di quelli di sua sorella, gli occhi di un verde pi inquietante e il corpo meno morbido. Sembrava quasi che un pittore si fosse divertito a disegnare due volte la stessa fi gura e poi ne avesse dipinta una a pastello e l'altra a olio. "Come te la passi?" domand Jess. "Come stanno Tyler e le gemel le?" "Le gemelle stanno benissimo, Tyler invece non al massimo della felicit. Continua a chiedermi quando le riportiamo indietro. Non mi ha mai chiesto di Barry." Jess sent una contrazione ai muscoli del viso. Il marito di Mau reen, Barry, era un commercialista di successo e la targa sulla nuova Jaguar diceva, non senza una buona dose di verit, MERITA TA. C'era bisogno di aggiungere altro? "Come sta?" chiese comun que. "Bene. Il lavoro gli va splendidamente, nonostante la crisi eco nomica. Comunque molto contento. Vorremmo invitarti a cena do mani sera e ti prego di non dirmi che hai gi un appuntamento." 5

Per poco Jess non si mise a ridere. Quando era stata l'ultima volta che aveva avuto un appuntamento? Quand'era uscita senza che il motivo fosse in qualche modo legato alla sua professione? Come le era venuta l'idea che soltanto i medici fossero in servizio ventiquattro ore al giorno? "No, non ho un appuntamento", rispo se. "Bene, allora ti aspettiamo. E'da un poche non ci vediamo; mi sembra che ci vedessimo di pi, quando lavoravo." "Allora torna a lavorare." "Nemmeno per sogno. Allora, domani alle sei, viene anche papa." Jess sorrise. "A domani." Prima di riagganciare, sent in lonta nanza il pianto di un neonato e immagin Maureen correre verso la culla delle sue gemelle di sei mesi, cambiare i pannolini, accu dirle, mentre si preoccupava che il bambino di tre anni, incolla to alle sue sottane, ricevesse una giusta dose di attenzioni. Le parve di sentire un richiamo lontano, dalle aule della Business School di Harvard, dove sua sorella si era laureata. Tutti fac ciamo delle scelte, pens alzando le spalle. Sua sorella aveva fatto le sue, evidentemente. Ritorn a sedersi alla scrivania, cercando di concentrarsi sulla mattinata che l'aspettava e pregando fra s di riuscire a dimo strare che Greg Oliver aveva torto. Sapeva bene che ottenere una condanna in un caso come quello era quasi impossibile. Lei e il suo collega sarebbero dovuti essere molto convincenti. L'ufficio del procuratore di Stato prevedeva che i processi fos sero sempre seguiti da una coppia di avvocati. Il suo assistente, Neil Strayhorn, avrebbe tenuto la parte iniziale dell'arringa conclusiva, riassumendo per la giuria gli spiacevoli fatti nei minimi particolari; sarebbe seguita la replica della difesa e, infine, lei avrebbe dovuto concludere l'esposizione dell'accusa cercando di fare leva sulla giuria. "Ogni giorno, negli Stati Uniti, 1817 donne subiscono una violenza carnale", cominci, pro vando il discorso fra le pareti sicure del suo ufficio. "Questo significa 1,3 casi di stupro di donne al minuto, per un totale sconcertante di seicentottantatremila casi di violenza carnale all'anno." Fece un profondo respiro, ripassando mentalmente le frasi. Stava ancora riesaminando il suo discorso quando, venti minuti pi tardi, arriv Barbara Cohen. "Come va?" Alta un metro e ottanta, con una cascata di capelli rossi che le ricadevano fino a met schiena in riccioli indomabi li, Barbara Cohen sembrava la versione antropomorfica di una ca rota. Non importava quanto si sentisse male: a Jess bastava guar dare quella ragazza per sorridere. "Sono in attesa." Jess guard l'orologio che, a differenza di quello di Greg Oliver, era un semplice Timex con un normale cin turino di cuoio. "Ascolta, vorrei che tu e Neil vi occupaste del caso Alvarez, quando sar il momento del processo. una faccenda di droga." L'espressione sul viso di Barbara rifletteva un misto di emozione e di timore. "Pensavo che volessi occupartene tu." "Non posso, sono sommersa di lavoro; inoltre voi due potete far cela da soli. Se avrete bisogno di aiuto, io ci sar." Barbara cerc, senza riuscirvi, di trattenere il sorriso che le stava illuminando il viso e di mantenere un contegno professiona le. "Vuoi una tazza di caff?" chiese. 6 "Se bevo un altro caff, dovr uscire dall'aula ogni cinque minu ti per andare in bagno. Pensi che riuscirei ad accattivarmi la simpatia dei giurati?" "Se fossi in te, non ci conterei." "Perch diavolo non portava le mutande, accidenti", mormor Jess. "Se non altro per problemi di carattere pratico." Barbara sorrise all'affermazione di Jess, quindi si mise a ordi nare le pratiche per le chiamate in giudizio della mattina. Neil Strayhorn arriv qualche minuto dopo, annunciando che si era preso un brutto raffreddore, e and dritto alla sua scrivania. Jess lo vide muovere le labbra, mentre provava a bassa voce la sua parte dell'arringa finale. Negli uffici del procuratore di Stato della contea di Cook la giornata stava entrando nel vivo.

Jess era perfettamente consapevole di tutto quanto le accadeva intorno, delle sedie che venivano spostate, dei computer che ve nivano accesi, dei fax che trasmettevano, dei telefoni che squil lavano senza tregua. Controllava inconsciamente l'arrivo di cia scuna delle quattro segretarie che lavoravano per i diciotto pro curatori di quell'aula, distingueva i passi pesanti di Tom Olin sky, il suo supervisore, che si dirigeva verso il suo ufficio al la fine del corridoio. "Ogni giorno negli Stati Uniti 1871 donne subiscono una violenza carnale", ricominci, cercando di concentrarsi, ma proprio in quel momento una delle segretarie, una donna di colore che poteva avere indifferentemente dai venti ai quarant'anni, fece capolino dalla porta del suo ufficio, facendo penzolare un paio di orec chini rossi che le arrivavano quasi alle spalle. "Connie DeVuono qui", annunci, poi fece un passo indietro, come se si fosse aspettata che Jess le lanciasse qualcosa. "Che cosa vuoi dire con ' qui?" "Intendo dire che fuori della porta. Sembra che sia riuscita a passare inosservata alla reception. Dice che deve assolutamente parlarle." Jess diede un'occhiata all'agenda. "Avevo appuntamento con lei alle quattro del pomeriggio. Non le hai detto che devo essere in tribunale fra pochi minuti?" "Gliel'ho detto, ma insiste che deve vederla ora. E'molto agita ta." "Non mi sorprende", disse Jess, immaginando la vedova non pi giovanissima che era stata brutalmente picchiata e violentata da un uomo che in seguito l'aveva minacciata di morte se si fosse decisa a testimoniare contro di lui, cosa che sarebbe dovuta accadere dieci giorni dopo. "Accompagnala in sala riunio ni, per favore, Sally. Io arrivo subito." "Vuoi che le parli io?" si offr Barbara Cohen. "No, lo far io." "Pensi che ci siano difficolt?" domand Neil Strayhorn, mentre Jess usciva nel corridoio. "E che cos'altro, altrimenti?" La sala riunioni era in realt una piccola stanza priva di fine stre, quasi interamente occupata da un vecchio tavolo di noce e da otto sedie di tutt'altro stile. Le pareti erano bianche e spo glie come in tutte le altre stanze e il tappeto di un beige che non ne nascondeva l'usura. 7 Connie DeVuono era in piedi sulla porta. Sembrava pi piccola ri spetto all'ultima volta in cui Jess l'aveva vista e il suo cap potto nero pareva appeso al suo corpo come a un attaccapanni. La pelle bianchissima sembrava quasi sfumata di verde e le occhiaie profonde rivelavano che probabilmente non dormiva da parecchie notti; solo gli occhi scuri sembravano sprizzare un'energia bat tagliera, che lasciava immaginare la splendida donna che Connie DeVuono doveva essere stata. "Mi dispiace disturbarla", inizi. " solo che non abbiamo molto tempo", disse piano Jess, temendo che se avesse parlato pi forte la donna si sarebbe frantumata come vetro. "Devo essere in tribunale fra mezz'ora circa." Prese una sedia per fare accomodare Connie e la donna non si fece pre gare, crollando, come svuotata di ogni forza. "Si sente bene? Vuole un caff? Un pod'acqua? Lasci che le prenda il cappotto." Connie DeVuono rifiut con un gesto. Le tremavano le mani e Jess not che aveva le unghie mangiate fino alla carne. "Non posso te stimoniare", disse distogliendo lo sguardo, la voce cos bassa da essere appena udibile. Tuttavia, quelle parole avevano la forza di un urlo. "Che cosa?" chiese Jess, sebbene avesse sentito benissimo. "Ho detto che non posso testimoniare." Jess si sedette su una sedia pi vicina e si pieg verso la don na, cos che le loro ginocchia si toccarono, poi le prese le mani e le tenne fra le sue. Erano gelate. "Connie", inizi, cercando di scaldarle le mani, "tutto il caso dipende da lei. Se lei non testimonier, l'uomo che l'ha aggredita dovr essere lasciato li bero."

"Lo so, mi dispiace." "Le dispiace?" "Non posso farlo. Non posso, non posso davvero." Cominci a pian gere. Jess estrasse rapidamente un fazzoletto di carta dalla tasca del la sua giacca grigia e lo porse a Connie, che lo ignor e inizi a singhiozzare. Jess pens a sua sorella, alla maniera in cui sa peva confortare senza alcuno sforzo le sue bambine. Lei non pos sedeva quella capacit, riusciva solo a restare seduta l, impo tente, a guardare. "Mi rendo conto che la sto scaricando", continu Connie DeVuono, le spalle scosse dai singhiozzi, "che sto abbandonando tutti..." "Non si preoccupi per noi", le disse Jess, "si preoccupi di lei. Pensi a quello che le ha fatto quel mostro." Gli occhi pieni di rabbia della donna fissarono con intensit quelli di Jess. "Crede che lo potr mai dimenticare?" "Allora lei deve fare in modo che quell'uomo non si trovi pi nella posizione di poterlo rifare." "Non posso testimoniare. Non posso, semplicemente non posso." "Va bene, va bene, si calmi. La smetta di piangere." Jess si ap poggi alla spalliera della sedia e si sforz di immedesimarsi in Connie. Ovviamente era accaduto qualcosa dall'ultima volta in cui si erano viste. In ognuno dei loro precedenti incontri, Connie, sebbene spaventata, era stata assolutamente decisa a testimonia re. Figlia di immigrati italiani, era cresciuta in un ambiente che credeva fermamente nella giustizia americana e Jess era stata molto colpita dalla sua fiducia. Dopo quattro anni passati lavo 8 rando per il procuratore di Stato, Jess pensava che fosse pi salda della sua. "E'successo qualcosa?" domand, osservando le spalle di Connie che erano tornate ferme. "Devo pensare a mio figlio", rispose lei con impeto. "Ha solo ot to anni e suo padre morto di cancro due anni fa. Se dovesse succedere qualcosa a me, non gli resterebbe pi nessuno." "Non le accadr niente." "Mia madre troppo vecchia per potersi occupare di lui e parla molto male l'inglese. Che cosa accadrebbe a Steffan, se io moris si? Chi si prenderebbe cura di lui? Lei?" Jess cap che la domanda era retorica, ma rispose lo stesso. "Te mo di non essere molto brava con gli uomini", disse piano, spe rando di farla sorridere e vedendo che la donna faceva del suo meglio per accontentarla. "Ma, Connie, non le potr pi accadere nulla, una volta che avremo messo in galera Rick Ferguson." Solo il sentire nominare quell'uomo fece rabbrividire visibilmen te Connie. " stato gi abbastanza duro per Steffan perdere suo padre. Che cosa potrebbe capitargli di peggio se non perdere an che la madre?" Jess sent il calore delle lacrime negli occhi e annu. Non ci sarebbe potuto essere nulla di peggio. "Connie, credimi", cominci dandole del tu, sorpresa nel sentire che le tremava la voce, "capisco le tue paure. Immagino quello che stai passando. Ma che cosa ti fa pensare che se non testimo nierai sarai al sicuro? Rick Ferguson gi entrato una volta nel tuo appartamento, ti ha violentata e ti ha picchiata al punto che per un mese non sei riuscita quasi ad aprire gli occhi. Non sape va che tuo figlio non era in casa, non gli importava di lui. Che cosa ti fa pensare che non ci riprover? Soprattutto quando sapr che potr passarla liscia perch tu hai troppa paura per fermar lo. Che cosa ti fa credere che la prossima volta non ferir tuo figlio?" "Non accadr, se io non testimonier." "Non lo sai." "So solo che ha detto che non vivr abbastanza per testimoniare contro di lui." "Ti ha minacciata mesi fa e allora non ti sei fermata." Segu un momento di silenzio. "Che cosa accaduto, Connie? Che cosa ti spaventa? Si messo in contatto con te? Perch se cos possia mo fargli revocare la libert su cauzione..."

"Non c' niente che lei possa fare." "Ci sono molte cose che possiamo fare, invece." Connie DeVuono infil una mano nella borsetta di pelle e ne estrasse una scatoletta bianca. "Che cos'?" La donna non disse nulla mentre la porgeva a Jess. Jess apr la scatoletta e inizi a cercare sotto i numerosi stra ti di fazzoletti di carta, sentendo a poco a poco qualcosa di piccolo e duro sotto le dita. "L'ho trovata davanti alla porta di casa stamattina", disse Con nie, osservando Jess rimuovere l'ultimo strato di carta. Jess sent una contrazione allo stomaco. Una piccola tartaruga giaceva senza vita fra le sue mani, mutilata della testa e di due delle quattro zampe. 9 "Era di Steffan", spieg Connie, la voce ridotta a un sussurro. "Due sere fa, tornando a casa, ci siamo accorti che non era nella sua vaschetta. Non capivamo come avesse fatto a uscire e abbiamo guardato dappertutto." Jess cap immediatamente il terrore di Connie. Tre mesi prima, Rick Ferguson era entrato nel suo appartamento, l'aveva violenta ta, sodomizzata, picchiata e aveva minacciato di ucciderla. Ora le aveva dimostrato quanto sarebbe stato facile mettere in prati ca le sue minacce. Era entrato di nuovo nel suo appartamento, senza nessuno sforzo, come se avesse avuto la chiave, aveva ucci so e mutilato l'animaletto di suo figlio e nessuno l'aveva visto. Nessuno lo aveva fermato. Jess riavvolse la tartaruga nei fazzoletti di carta e la rimise nella sua bara di cartone. "Non penso che servir a molto, ma vorrei mostrarla come prova." And alla porta e fece un cenno a Sally. "Mettila fra le prove del caso, per favore." Sally prese la scatola dalle mani di Jess come se fosse stata un serpente velenoso. D'un tratto Connie si alz in piedi. "Sa meglio di me che non potr mai attribuirne la responsabilit a Rick Ferguson. Lui la far franca, la far franca con tutto." "Solo se tu glielo permetti." Jess si avvicin a Connie. "Che scelta ho?" "Una scelta sicura", le disse Jess, sapendo di avere soltanto po chi minuti per indurre Connie a cambiare idea. "Puoi rifiutarti di testimoniare, assicurandoti in questa maniera che Rick Fergu son circoli liberamente, senza mai pagare per ci che ti ha fatto e che ti sta ancora facendo." Fece una pausa, lasciando alle sue parole il tempo di imprimersi nella mente di Connie. "Oppure puoi andare in tribunale e fare in modo che quel bastardo abbia ci che si merita, finendo dietro le sbarre in modo che non possa pi fare del male a te e a nessun altro per molto tempo." Aspett, osservando l'indecisione negli occhi della donna. "Guardiamo come stanno le cose, Connie. Rifiutando di testimoniare contro Rick Ferguson, non aiuti nessuno, meno di tutti te stessa. Lo metterai solo nella condizione di poter rifare ci che ha fatto." Le parole rimasero come sospese nell'aria. Jess trattenne il fia to, intuendo che Connie era sul punto di capitolare e temendo che anche un semplice respiro potesse farle cambiare idea. Era gi pronta con un altro discorso. C' un modo semplice per farle cam biare idea e un modo difficile: o lei accetta di testimoniare co me era gi stato deciso, o dovr obbligarla a farlo. Far in modo che il giudice la costringa a testimoniare e, se anche cos ri fiuter di farlo, il giudice potr trattenerla con l'accusa di oltraggio e mandarla in galera. Non sarebbe una tragedia finire in prigione al posto dell'uomo che l'ha aggredita? Jess attese, pronta a pronunciare quelle parole, se fosse stata costretta a farlo e pregando che non fosse necessario. "Avanti, Connie", la incit, cercando di convincerla. "Hai combattuto al tre volte prima d'ora; dopo la morte di tuo marito sei tornata a scuola e hai trovato un lavoro per mantenere tuo figlio. Tu sei una che combatte, Connie, lo sei sempre stata. Non permettere a Rick Ferguson di portarti via anche questo. Combatti, Connie, combatti."

Connie non disse nulla, ma raddrizz impercettibilmente le spalle e, infine, annu. 10 Jess le prese la mano. "Testimonierai?" La voce di Connie era un sussurro. "Che Dio mi aiuti." "Useremo tutti i mezzi di cui avremo bisogno." Jess guard l'oro logio e si alz in piedi. "Andiamo, ti accompagno fuori." Neil e Barbara erano gi andati in tribunale e Jess scort Connie lungo il corridoio, passando davanti alle cravatte tagliate appe se alle pareti, ciascuna simbolo della prima causa vinta da un pubblico ministero, e alle decorazioni per la festa di Halloween, grandi zucche arancioni e streghe che cavalcavano manici di sco pa. Sembra di essere all'asilo, pens Jess, mentre ringraziava con un gesto l'augurio di buona fortuna di Greg Oliver e procede va verso gli ascensori oltre le porte di vetro. Dall'ampia fine stra del corridoio si vedevano i quartieri a ovest e a nord ovest della citt e, quando il cielo era sereno, si poteva vedere anche l'aeroporto O'Hare; persino la lontana contea di Du Page sembrava vicina. Le due donne non dissero nulla, mentre l'ascensore scendeva al piano terra, sapendo entrambe che tutto ci che importava era gi stato detto. Uscirono dall'ascensore e girarono l'angolo, igno rando di proposito l'ufficio di protezione dei testimoni, fuori del quale un grande cartello diceva vi RICORDIAMO... ALLA CARA MEMORIA DI... e procedettero lungo il corridoio dalle pareti di vetro che univa il palazzo di Giustizia al tribunale. "Dove hai parcheggiato?" chiese Jess, guidando Connie verso l'a gente della sicurezza che l'avrebbe condotta all'esterno. "Ho preso l'autobus..." rispose la donna, ma prima di finire la frase s'interruppe bruscamente portandosi una mano alla bocca. "Oh, mio Dio!" "Che cosa c'? Che cosa succede?" Jess segu lo sguardo spaventato della donna: l'uomo era fermo alla fine del corridoio, appoggiato alla parete di vetro, con un'espressione minacciosa, il volto in gran parte nascosto dalla massa di capelli biondi e spettinati che ricadeva sul collo della giacca di pelle. Mentre si girava per salutarle, Jess vide le sue labbra contorcersi nello stesso spaventoso ghigno con cui l'aveva accolta quella mattina. "Sono la morte", diceva quel sorriso. Jess rabbrivid, cercando di convincersi che fosse un brivido di freddo per l'aria che entrava dalle porte girevoli, poi cap che quell'uomo era Rick Ferguson. "Voglio che tu prenda un taxi", disse a Connie, accompagnandola in California Avenue, dove c'era un posteggio, e mettendole in mano un biglietto da dieci dollari. "Mi occuper io di Rick Fer guson." Connie non disse nulla. Era come se poco prima avesse speso tutte le sue energie nell'ufficio di Jess e ora non avesse pi la forza di reagire. Stringendo forte il biglietto da dieci dollari, si lasci mettere nel taxi senza guardare indietro mentre l'auto si allontanava. Jess rimase qualche istante sul marciapiede, cercan do di riacquistare la calma, poi si volt dirigendosi verso le porte girevoli. Non si era mosso. Jess attravers il corridoio e, mentre il suono dei suoi tacchi risuonava sul pavimento di marmo, osserv i lineamenti duri di Rick Ferguson farsi pi nitidi a ogni passo. L'immagine minaccio sa della sua persona - uomo bianco, sui vent'anni, un metro e ot 11 tanta per settantotto chili, capelli biondi, occhi castani - di venne pi concreta: le spalle leggermente incurvate, i capelli arruffati legati in una coda di cavallo, occhi piccoli e infossa ti che ricordavano quelli di un cobra, un naso che era stato rot to molte volte e mai riaggiustato a dovere e sempre lo stesso ghigno inquietante. "L'avverto, stia alla larga dalla mia cliente", intim Jess quan do gli fu vicino; poi, senza lasciargli la possibilit di inter romperla, prosegu: "Se si

fa vedere a meno di cinquanta metri da lei, anche per caso, se cerca di parlarle o di contattarla in qualunque altro modo, se le lascer qualche altro regalino maca bro fuori della porta, le far revocare la libert provvisoria e la far tornare in galera. Sono stata chiara?" "Sai", disse lui, parlando lentamente, come se stessero facendo conversazione, "non una buona idea fare leva sulla mia parte oscura." Jess per poco non scoppi a ridere. "E che cosa vorrebbe dire con questo?" Rick Ferguson spost il peso del suo corpo da un piede all'altro, poi alz le spalle, con aria annoiata. " solo che la gente che mi infastidisce di solito... scompare." Jess fece un passo indietro, involontariamente, e un brivido freddo l'attravers fino alle viscere. Dovette sforzarsi per trattenersi dal vomitare. Quando parl, la sua voce era atona. "Mi sta minacciando?" L'uomo si stacc dal muro e il suo sorriso si allarg. "Sono la morte", sembrava dire. "Sono venuta per te." Poi si allontan senza voltarsi indietro. "OGNI giorno, negli Stati Uniti, 1871 donne subiscono una violen za carnale", inizi Jess, mentre con lo sguardo esaminava i sette uomini e le sette donne che costituivano la giuria nell'aula 706 del tribunale di Stato al 2600 di California Avenue. "Questo si gnifica 1,3 stupri di donne adulte al minuto, per un totale scon certante di seicentottantatremila casi di violenza carnale all'anno." Fece una breve pausa per permettere ai giurati di tra durre quei numeri in immagini e dar loro un senso. "Qualcuna vie ne aggredita per la strada, altre nelle loro case; alcune sono violentate da uno sconosciuto in una via buia, la maggior parte da uomini che conoscono: un ex fidanzato, un amico di cui si fi davano, una conoscenza occasionale. Forse, come nel caso di Erica Barnowski", disse, indicando la cliente con un cenno del capo, "da qualcuno incontrato in un bar. Le donne, cos come gli uomini che le aggrediscono, provengono da tutti i ceti sociali e si di versificano per religione, et, razza e cultura. L'unica caratte ristica che hanno in comune il sesso, che una cosa abbastanza ironica, se ci pensate, perch la violenza carnale non ha nulla a che vedere con il sesso. Lo stupro un crimine violento, che non riguarda la passione o il desiderio, ma solo la prevaricazione. E un atto di rabbia, di odio, che non ha nulla a che vedere con il sesso, lo usa solo come arma." Jess guard la maestosa e antica aula, con gli alti soffitti e le ampie finestre, il rivestimento di legno scuro alle pareti e il marmo nero che contornava le pesanti porte di legno. Alle spalle del giudice, sulla destra, un cartello avvertiva: UDIENZA IN COR 12 SO. VIETATO ENTRARE. Sulla sinistra un altro cartello dichiarava: SILENZIO. VIETATO FUMARE, MANGIARE, PARLARE. VIETATO L'ACCESSO AI BAMBINI. La parte riservata agli spettatori, composta da otto file di pan che intarsiate dai pi diversi graffiti, aveva un pavimento di piastrelle bianche e nere. Proprio come nei film, pens Jess, grata di essere stata assegnata all'aula del giudice Harris negli ultimi diciotto mesi e non a una delle nuove aule, pi piccole, che si trovavano ai piani bassi. "La difesa vuole farvi credere altrimenti", continu Jess, guar dando negli occhi i giurati uno per uno, prima di spostare il di scorso sull'accusato, Douglas Phillips, un uomo bianco dall'a spetto ordinario e dall'aria rispettabile nel suo abito blu e cravatta a tinte spente. L'uomo fece una smorfia con la bocca prima di volgere lo sguardo in basso, verso il tappeto marrone. "La difesa vuole farvi credere che quanto accaduto fra Douglas Phillips ed Erica Barnowski stata un'unione consensuale. Vi stato detto che la sera del 13 maggio 1992 Douglas Phillips ha incontrato Erica Barnowski in un bar per single, chiamato Red Rooster, e le ha pagato da bere. Sono stati chiamati diversi te stimoni che hanno confermato di averli visti, mentre bevevano e ridevano insieme, e hanno giurato che Erica Barnowski ha lasciato il bar con

Douglas Phillips di sua spontanea volont. Erica Bar nowski stessa lo ha ammesso nella sua deposizione. "Ma la difesa vuole anche farvi credere che quanto accaduto do po avere lasciato il bar stato un atto di passione incontrolla bile fra due adulti consenzienti. Douglas Phillips spiega i livi di sulle gambe e sulle braccia della vittima come lo spiacevole risultato dell'avere fatto l'amore in una piccola e scomoda auto mobile europea. Inoltre, nega l'attacco isterico della vittima, testimoniato da diverse persone presenti nel parcheggio e in se guito constatato dal dottor Robert Ives al Grant Hospital, giustificandolo come la reazione di una donna isterica per essere stata usata e gettata via come, cito la sua frase, 'un Kleenex usato." Jess concentr la sua attenzione su Erica Barnowski che era sedu ta con Neil Strayhorn al banco dell'accusa, di fronte alla giu ria. La donna, che aveva ventisei anni ed era incredibilmente pallida e bionda, stava seduta immobile su una sedia di pelle ne ra con uno schienale alto. L'unica cosa che si muoveva in lei era il labbro inferiore, che aveva tremato per tutto il processo, rendendo a tratti la sua testimonianza incomprensibile. Tuttavia, non c'era nulla di delicato in quella donna: i suoi capelli erano troppo gialli, gli occhi troppo piccoli, la camicetta troppo blu, troppo dozzinale. Non c'era nulla che ispirasse compassione, nul la che potesse far scattare l'essenziale piet nei cuori dei giu rati, e Jess lo sapeva. "Ha avuto qualche problema in pi per spiegare i tagli sul collo e sulla gola", continu Jess. "Non voleva ferirla, dice. Era solo un coltellino, dopotutto, lungo appena qualche centimetro, e lo ha estratto soltanto quando lei ha iniziato a dare in escande scenze. Sembrava addirittura che la eccitasse, vi ha detto, pen sava che le piacesse. Come poteva sapere che invece non le piace va? Come poteva sapere quello che lei voleva? In fondo, non era forse andata al Red Rooster per cercare un uomo? Non gli aveva 13 permesso di offrirle da bere? Non aveva riso delle sue battute e gli aveva permesso di baciarla? E non dimenticate, signori giura ti, che non indossava le mutandine!" Jess respir a fondo, tornando a guardare i membri della giuria che ora pendevano dalle sue labbra. "La difesa ha molto insistito sul fatto che, quando and al Red Rooster, quella sera, Erica Barnowski non indossava biancheria intima. Un chiaro invito, vor rebbero farvi credere, un implicito consenso. Qualunque donna che vada in un bar per single senza mutande manifesta un chiaro invi to, un consenso prima ancora dell'atto. Erica Barnowski cercava un'esperienza eccitante ed proprio quello che ha trovato. Oh, forse ha avuto anche pi di quello che chiedeva, ma avrebbe dovu to aspettarselo. "Be, forse s. Forse andare in un bar come il Red Rooster e la sciare a casa le mutandine non stata la cosa pi intelligente che Erica Barnowski potesse fare, ma l mancanza di buon senso di una persona non elimina la necessit di decenza di un'altra. Non crediate che Douglas Phillips abbia equivocato i segnali. Non fa tevi ingannare, accettando l'idea che quest'uomo che ripara com puter per guadagnarsi da vivere, che non ha nessuna difficolt nel decodificare la complessa terminologia del software, abbia problemi nel capire la differenza fra un semplice s e un no. 'No un concetto cos difficile da capire per un uomo adulto? 'Nosignifica semplicemente no! Ed Erica Barnowski ha detto no chiaro e forte, signore e signori. Anzi, non lo ha solo detto, lo ha urlato, cos forte e cos tante volte che Douglas Phillips ha dovuto puntarle un coltello alla gola per farla stare zitta." Jess si ritrov a parlare rivolta quasi esclusivamente a un giu rato della seconda fila, una donna sulla cinquantina, dai capelli castano chiaro, dai lineamenti marcati e tuttavia stranamente de licati. C'era qualcosa nel viso di quella donna che l'affascina va; l'aveva notata sin dalle prime fasi del processo e spesso si era trovata a parlare rivolta quasi esclusivamente a lei. Forse era lo sguardo intelligente dei suoi occhi grigio chiaro, forse la maniera in cui piegava la testa quando si sforzava di capire un punto difficile. Forse era solo che era vestita meglio della maggior parte dei giurati, alcuni

dei quali indossavano blue jeans e maglioni sgualciti, o forse era perch Jess sentiva che la stava convincendo e che attraverso di lei avrebbe potuto rag giungere gli altri. "Ora, non ritengo di essere un'autorit in materia di uomini", afferm Jess e sent una vocina dentro di s che rideva, "ma fac cio fatica a credere che qualunque uomo che sia costretto a pun tare un coltello alla giugulare di una donna per fare l'amore con lei, creda onestamente che questa sia consenziente." Jess fece una pausa, scegliendo con cura le parole. "Mi permetto di sugge rirvi che, anche in quelli che riteniamo essere tempi moderni, questa equazione risulta essere molto grave nella contea di Cook; tanto grave che la difesa cerca di convincervi che il fatto che Erica Barnowski non indos sasse biancheria intima pi condannabile del fatto che Douglas Phillips le puntasse un coltello alla gola." Lo sguardo di Jess si rivolse alla doppia fila di giurati che in dossavano una fascia rossa con la scritta bianca che diceva GIU RATO. "Douglas Phillips sostiene che Erica Barnowski era consen ziente", afferm. "Be, non forse ora di smettere di guardare 14 allo stupro dal punto di vista dello stupratore? Non giunta l'ora di smettere di accettare quello che gli uomini pensano e di iniziare ad ascoltare quello che dicono le donne? Il consenso non un concetto unilaterale, signore e signori, va in due direzio ni, richiede un accordo fra entrambe le parti. Ci che accadde la notte del 13 maggio non fu un atto sessuale consensuale. "Erica Barnowski pu anche avere commesso un errore di valutazio ne", prosegu Jess per concludere, "ma Douglas Phillips colpe vole di stupro." Torn alla sua sedia e diede una leggera pacca alle mani sorpren dentemente calde di Erica Barnowski, che la ringrazi con un sor riso appena accennato. "Brava", sussurr Neil Strayhorn, ma nessun cenno arriv dal ban co della difesa, dove Douglas Phillips e il suo avvocato Rosemary Michaud tenevano risolutamente lo sguardo fisso davanti a s. Rosemary Michaud aveva solamente cinque anni pi di Jess, ma sem brava che ne avesse almeno il doppio. Portava i capelli scuri le gati in una severa crocchia ed era truccata in modo quasi imper cettibile. A Jess aveva sempre ricordato lo stereotipo della zia zitella, sebbene quella zitella fosse gi stata sposata tre volte e ora si mormorava avesse una relazione con un ufficiale del di partimento di polizia. Tuttavia, nella legge come nella vita, ci che conta non come stanno le cose, ma come appaiono. L'immagi ne, come dicono i pubblicitari, tutto. E Rosemary Michaud sem brava quel tipo di donna che non avrebbe mai difeso un uomo, se l'avesse creduto colpevole di un atto cos vile come uno stupro o, meglio, di una violenza sessuale aggravata, come veniva defi nito legalmente. Con il suo aspetto tradizionale e il viso puli to, Rosemary Michaud dava l'impressione che la sola idea di di fendere un uomo colpevole di un reato simile la offendesse pro fondamente. Douglas Phillips era stato furbo a sceglierla. I motivi per i quali Rosemary Michaud aveva accettato di difende re Douglas Phillips erano difficili da immaginare, anche se Jess sapeva bene che non era compito di un avvocato stabilire la col pevolezza o l'innocenza; per quello c'era l'intero sistema giudi ziario. Quante volte aveva sentito discutere e aveva a sua volta discusso sul fatto che, se gli avvocati si fossero comportati co me i giudici e i giurati, l'intero sistema giudiziario sarebbe crollato? La presunzione d'innocenza era una necessit imprescin dibile: tutti avevano diritto alla migliore difesa possibile. Il giudice Earl Harris si schiar la voce, avvisando la corte che stava per impartire le istruzioni alla giuria. Harris era un bel l'uomo sulla sessantina, dal viso leggermente abbronzato e cir condato da morbidi riccioli grigi che esprimeva una genuina bont e i suoi occhi scuri rivelavano una dolcezza che sottolineava an cora di pi il suo profondo impegno per la giustizia. "Signore e signori della giuria", inizi, risvegliando l'interes se generale, "voglio ringraziarvi per l'attenzione e per il ri spetto che avete mostrato a questa corte nei giorni scorsi. Casi come questi non sono mai semplici, le emozioni sono intense, ma vostro preciso dovere lasciare i sentimenti

personali fuori dalla sala dei giurati e concentrarvi sui fatti." L'attenzione di Jess era rivolta non tanto al messaggio, quanto piuttosto al modo in cui veniva recepito dai giurati, che ascol tavano attentamente. 15 Quale parte della verit sarebbero stati pi propensi ad accetta re? si chiese, consapevole di non poter predire il verdetto. Quando, quattro anni prima, aveva iniziato a fare quel lavoro, si era sorpresa nel constatare quanto potessero rivelarsi sbagliate le sue supposizioni al riguardo. La donna con gli occhi intelligenti toss, coprendosi la bocca con una mano. Jess sapeva che le donne della giuria, in un processo per stupro, sono pi difficili da convincere degli uomini. Era una sorta di rifiuto: solo dopo essersi convinte che quanto era accaduto dipendeva in qualche modo dalla vittima pote vano sentirsi al sicuro e pensare che niente di simile sarebbe successo a loro. Dopotutto, loro non sarebbero state cos impru denti da uscire sole di notte, accettare un passaggio da uno sco nosciuto, abbordare un uomo in un bar e non indossare le mutandi ne. No, loro erano pi furbe, erano troppo consapevoli del peri colo e non sarebbero mai state violentate, perch non si sarebbe ro mai messe in una situazione cos vulnerabile. La donna si accorse che Jess la stava osservando e si mosse sulla sedia, raddrizzando un pole spalle per poi riaccomodarsi. Di profilo, appariva ancora pi interessante, il naso pi affilato e la forma del viso pi convessa; c'era qualcosa di familiare in lei che Jess not per la prima volta: la maniera in cui, di quan do in quando, si toccava le labbra con un dito, il modo in cui piegava il collo quando venivano pronunciate frasi importanti, la sua fronte, le sopracciglia sottili. Mi ricorda qualcuno, si dis se Jess, respirando profondamente e cercando di bloccare i pen sieri che stavano prendendo corpo nella sua mente. No, non lo fa r, pens ancora, mentre guardava attentamente l'aula, sentendo uno strano formicolio invaderle le braccia e le gambe. Resistette all'impulso di fuggire. Calmati, si disse severamente, sentendo il respiro affannato, le mani sudate e le ascelle bagnate di sudore. Perch proprio ades so? si domand, combattendo il panico che avanzava e cercando di recuperare la calma. Perch le accadeva in quel momento? Si costrinse a posare di nuovo lo sguardo sulla donna della giu ria, che era leggermente piegata in avanti sulla sua sedia, come se si fosse accorta del rinnovato interesse di Jess nei suoi ri guardi e decisa a non lasciarsi intimidire. La donna si volt per guardarla direttamente negli occhi. Jess incontr il suo sguardo e lo sostenne per un istante, poi chiuse gli occhi, sollevata. A che cosa ho pensato? si chiese, sentendo i muscoli della schiena che iniziavano a rilassarsi. Che cosa poteva avere generato una tale associazione? Quella donna non assomiglia a nessuno che io conosca o che abbia mai conosciu to e certo non alla donna che per un istante ho immaginato che fosse, pens, sentendosi sciocca e vergognandosi un po. No, non aveva nulla che assomigliasse a sua madre. Jess abbass la testa in modo che il mento quasi spar nel col letto rosa della sua camicetta di cotone. Erano gi passati otto anni dalla scomparsa di sua madre, otto anni da quando era uscita di casa per andare a un appuntamento con un medico e non era mai pi tornata. Otto anni da quando la polizia aveva smesso di cer carla e l'aveva dichiarata probabile vittima di un omicidio. Nei giorni, nei mesi e poi negli anni che avevano seguito la scomparsa di sua madre, le era parso mille volte di vedere il suo viso fra la folla. Le succedeva di continuo. Mentre faceva la 16 spesa, la vedeva spingere un carrello stracarico nel corridoio di fianco, a una partita di baseball sentiva chiaramente la sua voce che tifava per i Cubs. Sua madre era sempre la donna che si na scondeva dietro al giornale nei sedili in

fondo all'autobus, la donna nel sedile anteriore di un taxi che viaggiava nella dire zione opposta o quella che correva dietro al suo cane lungo il fiume. Con il passare degli anni, le allucinazioni erano diminuite, tut tavia, per un lunghissimo periodo, Jess aveva sofferto di incubi e di attacchi di panico che la colpivano in qualunque luogo e a qualunque ora, cos violenti da privarla di ogni energia. Inizia vano con un tremito alle braccia e alle gambe che diventava pre sto una sorta di paralisi, mentre un'ondata di nausea s'imposses sava di lei. Gli attacchi finivano talvolta dopo alcuni minuti, talvolta dopo ore, lasciandola priva di forze, sopraffatta e ma dida di sudore. Gradualmente e dolorosamente, come chi impara a camminare di nuo vo dopo un incidente, Jess aveva riacquistato l'equilibrio, la fiducia in s e l'autostima. Aveva smesso di aspettarsi che sua madre entrasse da un momento all'altro dalla porta e di sussultare ogni volta che suonava il telefono, sperando di sentire la sua voce all'altro capo del filo. Non ave va pi avuto incubi e gli attacchi di panico erano diventati sem pre meno frequenti, fino a scomparire. Jess si era ripromessa che non sarebbe mai pi stata cos vulnerabile e impotente, ma ora quel formicolio alle braccia e alle gambe era tornato. Perch? Perch proprio quel giorno? Sapeva perch: Rick Ferguson. Jess lo vide riaffiorare fra le immagini della memoria, il suo ghigno crudele che le circondava il collo come un cappio. "Non una buona idea fare leva sulla mia parte oscura", lo ud ripetere con una voce dura, le mani strette a pugno lungo i fianchi. "La gente che m'infastidisce di solito... scompare." Scompare. Come mia madre. Jess cerc di concentrarsi su quello che il giudice Harris stava dicendo, ma l'immagine di Rick-Ferguson continuava a comparire proprio di fronte al banco del pubblico ministero, gli occhi scu ri che la sfidavano a provocarlo. Che razza di rapporto c' fra me e gli uomini con gli occhi scu ri? si domand Jess, mentre un insieme di immagini di occhi ca stani le affollava la mente: Rick Ferguson, Greg Oliver, suo pa dre e il suo ex marito. L'^immagine del suo ex marito sovrast rapidamente le altre. tipico di Don essere cos incombente, anche quando non presen te, pens. Di undici anni pi vecchio di lei, Don era stato il suo consigliere, il suo amante, il suo protettore e il suo amico. "Non ti lascer lo spazio necessario per crescere", l'aveva av vertita sua madre, quando lei aveva annunciato di voler sposare quell'uomo impetuoso che era stato suo professore durante il pri mo anno di universit. "Datti un'altra possibilit", l'aveva pregata. "Perch tanta fretta?" Ma, come ogni figlia ribelle, pi sua madre si opponeva, pi lei si faceva ostinata, fino a quando l'opposizione di sua madre divenne il motivo principale dell'u nione fra Jess e Don, che si erano sposati subito dopo la sua scomparsa. 17 Don aveva immediatamente preso il controllo della situazione. Du rante i loro quattro anni insieme, lui aveva scelto i luoghi dove andare, gli appartamenti nei quali vivere, i mobili da comprare; aveva deciso anche chi erano le persone da frequentare, le cose da fare, che cosa doveva mangiare Jess e come si doveva vestire. Forse era stata colpa sua. Forse era quello che aveva voluto, di cui aveva avuto bisogno, che aveva cercato negli anni successivi alla scomparsa di sua madre: la possibilit di non dover prendere decisioni importanti, di essere curata e nutrita, la possibilit di scomparire e di nascondersi in un'altra persona. All'inizio, Jess non aveva fatto obiezioni al fatto che Don diri gesse la sua vita. Non sapeva forse che cosa era meglio per lei? Non gli importava innanzi tutto il suo bene? Non era forse sempre l, pronto ad asciugare le sue lacrime, a prendersi cura di lei durante i suoi attacchi di panico? Come poteva sopravvivere senza di lui? Ma lentamente, persino involontariamente, Jess aveva iniziato a lottare per riaffermare se stessa. Aveva cominciato a discutere, a indossare i colori che preferiva e che a lui non piacevano, a mangiare porcherie prima di andare al suo ristorante preferito, a rifiutare di vedere i suoi amici. Infine, aveva fatto

domanda per lavorare come pubblico ministero nell'ufficio del procuratore di Stato, invece di lavorare nello studio di Don. In ultimo, se n'e ra andata. Ora viveva all'ultimo piano di un vecchio edificio di mattoni scuri nella parte pi vecchia della citt, invece che in un ap partamento da sogno in centro, in un edificio di vetro, ordinava pizza e il suo migliore amico, all'infuori di sua sorella, era un canarino giallo di nome Fred. E se non era pi lo spirito allegro di prima della scomparsa di sua madre, almeno non sembrava nemme no pi l'invalida che si era permessa di diventare durante il suo matrimonio con Don. "Voi siete qui per assicurare che sia fatta giustizia", concluse il giudice Harris. " solo con un vostro gesto di giustizia e di imparzialit, con il vostro rifiuto di farvi coinvolgere emotivamente dalla vittima o dall'accusato, basando le vostre de cisioni esclusivamente sui fatti, che farete di questo edificio scuro e triste un vero tempio della giustizia." Jess aveva sentito altre volte il giudice Harris pronunciare quel discorso e si era sempre commossa. Osserv che effetto aveva fat to sui giurati: uscirono in fila dall'aula come guidati da una stella luminosa. Erica Barnowski non disse nulla, mentre l'aula si svuotava. Solo dopo che l'accusato e il suo avvocato si furono alzati ed ebbero lasciato la sala, si alz e fece un cenno con il capo verso Jess. Neil Strayhorn le spieg che l'avrebbero avvertita quando la giu ria avesse raggiunto il verdetto; potevano volerci alcune ore o forse dei giorni, e lei si sarebbe dovuta tenere disponibile. "Mi metter in contatto con lei non appena so qualcosa", disse Jess salutandola e rimase a osservare la giovane donna camminare veloce verso gli ascensori. Involontariamente, il suo sguardo si pos sui fianchi morbidi di Erica Barnowski. "Non vedo il segno delle mutandine", disse la voce di Greg Oliver nella sua mente. Volt la testa e la scosse leggermente, come per scacciare quei pensieri morbosi. 18 "Hai fatto un ottimo lavoro", disse Jess al suo assistente. "Sei stato chiaro e hai messo in luce gli argomenti essenziali; hai fornito ai giurati tutti i fatti di cui hanno bisogno per giudi care. Adesso vaa mangiare qualcosa di caldo", continu, prima che Neil potesse replicare. "Io andr fuori a respirare una boc cata d'aria fresca." Invece di prendere l'ascensore, nonostante i sette piani, Jess scese le scale a piedi; le avrebbe fatto bene un podi moto. For se avrebbe fatto una bella passeggiata, sarebbe andata a comprar si gli stivali di cui aveva bisogno e si sarebbe regalata anche un nuovo paio di scarpe. O forse avrebbe preso solo un hot dog al chiosco all'angolo, poi sarebbe ritornata in ufficio ad aspettare il verdetto e a lavorare al prossimo caso. Prese questa decisione mentre attraversava l'ingresso con il pavimento di marmo. L'aria fredda la colp con violenza sul viso. Alz il collo del cappotto e acceler il passo, sbirciando verso l'angolo af follato della strada per assicurarsi che Rick Ferguson non la stesse aspettando. "Un hot dog con tutto", ordin con sollievo, osservando il venditore mettere un gigantesco hot dog sul pane di sesamo e spalmarlo di maionese e senape. "Benissimo, grazie." Gli mise in mano una manciata di monete e diede un morso al panino. "Quante volte ti devo dire che quelle robacce sono micidiali?" La voce, tonante e allegra, arriv all'improvviso dalla sua destra e Jess si volt nella sua direzione. "Sono grasso solidificato, as solutamente letale." Jess ebbe la tentazione di strofinarsi gli occhi, incredula. "Mio Dio, stavo proprio pensando a te." "Pensieri buoni, spero", comment Don Shaw. Jess rimase a fissare il suo ex marito, come indecisa se la sua apparizione fosse reale o il frutto della sua fantasia. Ha una presenza fisica soverchiante, pens, mentre il movimento sulla strada sembrava diventare un pallido sfondo. Nonostante fosse di media altezza, tutto in lui sembrava avere dimensioni enormi: le mani, il petto, gli occhi.e le ciglia cos lunghe che erano l'in vidia di tutte le donne che conosceva.

Che cosaci faceva l? si chiese. Non si era mai imbattuta in lui prima di allora, sebbene frequentassero gli stessi ambienti di lavoro. Non parlava con Don da mesi e ora le era bastato pensare a lui perch comparisse all'improvviso. "Lo sai che non riesco a sopportare di vederti mangiare quelle schifezze", disse, afferrando l'hot dog dalle sue mani e gettan dolo in un vicino bidone della spazzatura. "Ma che cosa fai?" "Avanti su, lascia che ti offra del cibo vero." "Non posso crederci!" Jess fece cenno al venditore di prepararle un altro hot dog. "Tocca questo e perdi la mano", lo avvert, e non era uno scherzo. "Uno di questi giorni ti sveglierai grassa", l'avvert lui, poi sorrise, un sorriso accattivante, al quale era impossibile non rispondere. Jess s'infil met panino in bocca, pensando che non era buono come il primo. "Allora, dove sei stato in tutto questo tem po?" gli domand. "Che cosa sono queste voci sulla tua nuova fi danzata?" Dopo avere pronunciato quelle parole, si sent improv visamente a disagio e si tolse alcune briciole immaginarie dalla giacca. 19 "Chi ha mai parlato di una nuova fidanzata?" S'incamminarono lentamente per la Ventiseiesima strada, sincro nizzando i loro passi. Intorno a loro camminavano, indifferenti, poliziotti, prostitute e spacciatori. "Le voci corrono, avvocato", disse Jess, sorpresa di scoprirsi curiosa di conoscere i dettagli della sua nuova relazione, forse persino un pogelosa. Non aveva mai pensato a lui impegnato in una nuova storia d'amore; dopotutto, Don rappresentava il suo ni do, colui che sarebbe sempre stato l per lei. "Come si chiama? Che aspetto ha?" "Si chiama Trish", rispose lui prontamente, "ed molto intelli gente, molto carina, ha i capelli molto corti e molto biondi e una risata molto diabolica." "Un sacco di superlativi." Don rise, senza fornire altre informazioni. "E un avvocato?" "Nemmeno per sogno." Poi fece una pausa. "E tu? Vedi qualcuno in particolare?" "Solo Fred", rispose Jess, inghiottendo il resto del panino e ap pallottolando la carta. "Tu e quel dannato canarino giallo." Arrivarono all'angolo e aspettarono che il semaforo diventasse verde. "Ti devo confessare una cosa", disse, prendendola per il gomito e facendole attraver sare la strada. "Ti sposi?" Lei stessa si stup della rapidit con cui gli aveva fatto quella domanda che non avrebbe voluto fargli. "No", disse lui allegramente, ma il tono della sua voce lo trad. C'era qualcosa di serio, lo si vedeva dall'espressione del suo viso. "Si tratta di Rick Ferguson." Jess si ferm pietrificata in mezzo alla strada, la carta del l'hot dog le cadde di mano. Doveva avere capito male. "Che cosa?" "Avanti, Jess", la incit Don, tirandola per il braccio, "ci fa rai investire tutti e due." Jess si ferm nuovamente non appena ebbero raggiunto il marcia piede. "Che cosa sai di Rick Ferguson?" "E'mio cliente." "Che cosa?" "Non ci siamo incontrati per caso, Jess", le disse Don con aria intimorita. "Ho telefonato al tuo ufficio e mi hanno detto che eri in tribunale." "Da quando rappresenti Rick Ferguson?" "Dalla settimana scorsa." "Non posso crederci. Perch?" "Perch me lo ha chiesto. Che razza di domanda mi fai?" "Rick Ferguson un mostro; non riesco a credere che tu abbia ac cettato di difenderlo." "Jess", disse Don pazientemente, "sono un avvocato difensore, fa

parte del mio lavoro." Jess annu. Nonostante il suo ex marito si fosse costruito una solida fama e un'ottima posizione sociale proprio difendendo gen te di quel tipo, non era mai riuscita a capire come un uomo cos buono e gentile potesse difendere i diritti di coloro che non avevano che pensieri violenti, come un uomo con un'intelligenza cos acuta potesse usarla per difendere persone che erano soltan to crudeli e arroganti. 20 Jess sapeva che Don era sempre stato affascinato dagli elementi pi emarginati della societ, ma dopo il loro matrimonio questa attrazione sembrava essersi accentuata. Accettava, infatti, sem pre pi spesso casi evidentemente disperati, che tutti gli altri avvocati rifiutavano, vincendo le cause pi spesso di quanto le perdesse. Rifiut l'idea di dover affrontare il suo ex marito in tribunale; era gi accaduto due volte, nei quattro anni precedenti, e lui aveva vinto in entrambe le occasioni. "Jess, non ti mai passato per la mente che quell'uomo possa es sere innocente?" "Quell'uomo, come tu molto generosamente lo definisci, stato identificato dalla donna che ha aggredito." "E lei non potrebbe essersi sbagliata?" "Ha fatto irruzione nel suo appartamento e l'ha picchiata fino a farle quasi perdere i sensi, poi l'ha fatta spogliare, piano pia no, un indumento alla volta, cos che lei ha avuto un bel podi tempo per guardarlo bene in faccia prima che lui la violentasse e la sodomizzasse." "Rick Ferguson ha un alibi di ferro per il momento in cui avve nuta l'aggressione", le ricord Don. Jess lo schern. "Lo so, stava facendo visita alla madre." "La donna ha dato la sua casa come garanzia per la cauzione ed pronta a testimoniare sotto giuramento. Per non parlare poi del fatto che, in questa citt, ci sono migliaia di uomini che corri spondono in tutto e per tutto alla descrizione fisica di Rick Ferguson. Che cosa ti rende cos sicura che sia proprio lui il tuo uomo?" "Ne sono certa." "Cos? Senza motivo?" Jess gli raccont che Rick Ferguson, quella mattina, l'aveva aspettata davanti al suo ufficio e che avevano avuto una breve discussione nell'atrio del tribunale. "Vuoi forse dire che ti ha minacciata?" Jess not che Don stava facendo uno sforzo per rimanere neutrale, per fingere che lei fosse soltanto un avvocato, un suo collega, e non qualcuno di cui gli importava ancora molto. "Sto dicendo che non capisco perch tu sprechi il tuo talento con gente simile", gli disse gentilmente. "Non eri tu che mi dicevi che la pratica di un avvocato in ultima analisi un riflesso della sua persona lit?" Lui sorrise. "Mi fa piacere sapere che mi ascoltavi." Jess si avvicin e gli diede un bacio sulla guancia. " meglio che torni al lavoro." "Immagino che questo significhi che non hai intenzione di ritira re la denuncia." La sua affermazione assunse il tono di una do manda. "Nemmeno per sogno." Don sorrise tristemente, prendendole la mano e accompagnandola verso il palazzo di Giustizia, stringendo le sue piccole dita nella sua mano forte, prima di lasciarla. Vuole controllare che io entri senza che mi accada nulla, pens Jess mentre saliva in fretta gli scalini di pietra. Ma quando arriv in cima e si gir, vide che Don se n'era andato. 21

GLI incubi cominciavano sempre nella stessa maniera: Jess era se duta nella sala d'attesa di un medico e stava leggendo una vec chia rivista, quando squillava un telefono. "E sua madre", la in formava il dottore, estraendo il telefono dalla sua grande borsa di cuoio scuro e passandoglielo. "Mamma, dove sei?" domandava Jess. "Il dottore ti sta aspettan do." "Vieni al John Hancock Building fra quindici minuti. Ti spiegher tutto quando ci vediamo." Improvvisamente, Jess si trovava davanti a una schiera di ascen sori, ma per quanto continuasse a premere tutti i pulsanti, nes sun ascensore si fermava al suo piano. Dopo avere trovato la sca la, si precipitava gi per i sette piani, ma la porta d'uscita era chiusa a chiave; allora tirava, spingeva, gridava e implorava perch qualcuno l'aiutasse, ma la porta rimaneva chiusa. Un attimo dopo, era di fronte all'Art Institute in Michigan Ave nue, con il sole che l'accecava. "Entri", le gridava dall'ultimo gradino dell'imponente costruzione una donna dai capelli castani e gli occhi grigi. "La visita sta per cominciare e lei sta facen do aspettare tutti." "Non posso proprio rimanere, davvero", diceva Jess alle altre persone, i cui volti erano sfocati, a esclusione dei loro occhi marroni e delle bocche rosse. Il gruppo si fermava alcuni minuti davanti al capolavoro di Seurat: La Grande latte. "Giochiamo a unire i puntini", gridava Don, proprio mentre Jess riusciva a liberarsi e a correre fuori, giusto in tempo per sali re su un autobus che stava partendo. L'autobus, per, si dirigeva nella direzione sbagliata e terminava la sua corsa in Union Sta tion. Allora Jess saltava su un taxi, ma il conducente non capiva l'indirizzo e la portava in Roosevelt Road. Quando scendeva dall'auto, lui la stava aspettando, una figura nera senza volto, in piedi, immobile a lato della strada. Jess cercava immediatamente di risalire sull'auto, ma il taxi era gi partito e, lentamente, l'ombra nera le si avvicinava. "Aiuto!" gridava lei, mentre saliva a rotta di collo i gradini della casa dei suoi genitori, spalancava la porta e la richiudeva con vio lenza alle sue spalle, cercando disperatamente di serrare il ca tenaccio mentre la mano della morte afferrava la porta. Poteva vederne con chiarezza il viso: Rick Ferguson. "No!" grid Jess, sedendosi sul letto con il cuore che le batteva all'impazzata e le lenzuola bagnate di sudore. Jess, portandosi le ginocchia al mento e piangendo, pens che non c'era da meravigliarsi che le fosse apparso un volto conosciuto. Un prodotto dei suoi pensieri pi oscuri era uscito quasi lette ralmente dal mondo dei sogni per entrare nella realt; gli incubi che l'avevano perseguitata un tempo erano ritornati e l'immagine adesso aveva un nome: Rick Ferguson. Spinse indietro le lenzuola umide e cerc di alzarsi in piedi, ma sent le gambe cedere. Cadde sul pavimento, cercando di respirare regolarmente e temendo di essere sul punto di vomitare. "Oh, mio Dio", mormor, rivolgendosi al panico come se fosse stata una persona presente nella stanza. "Ti prego, basta. Vattene, ti pre go." Jess si sforz di raggiungere la lampada bianca che si trovava sul comodino di fianco al letto e accese la luce. La camera si illumin d'improvviso: delicati toni di rosa che si mescolavano 22 al grigio e al blu, un letto a due piazze, un tappeto, una sedia a dondolo bianca, sulla quale aveva appoggiato i vestiti per il giorno seguente, una cassettiera, un piccolo specchio, un poster di Niki de Saint Phalle e un altro di Henri Matisse. Cerc di tornare alla normalit concentrandosi sui nodi del legno del pa vimento di quercia, sui ricami delle tende color pesca, sul pi mino bianco e sull'alto soffitto. Uno dei vantaggi di vivere in un vecchio edificio erano proprio i soffitti alti. Non funzionava. Il cuore continuava a batterle velocissimo, men tre il respiro le si bloccava in gola. Di nuovo si costrinse ad alzarsi, barcollando sulle gambe, e si diresse verso il piccolo bagno, dove apr il rubinetto e si bagn il viso e le spalle con l'acqua fredda, lasciando che le gocce le scivolassero dentro la camicia da notte, sul seno e sul ventre.

Si appoggi alla vasca da bagno e guard il water: vomitare era la cosa che odiava di pi. Da quando era bambina e aveva fatto un'indigestione di liquirizia e gelato alla festa di compleanno di Allison Nichol, aveva avuto paura di vomitare. Per anni, tutte le sere, prima di andare a letto, chiedeva a sua madre: "Star bene?" e ogni sera sua madre le rispondeva pazientemente di s. "Me lo prometti?" insisteva la bambina. "Te lo prometto", era sempre la risposta. Ora quell'incubo che l'aveva angosciata dopo la scomparsa di sua madre era tornato, insieme con il respiro affannoso, il tremito alle mani, la paralisi e la paura senza nome che scuoteva ogni fibra del suo corpo. Jess pens che non era giusto restare piega ta sul water, battendo i denti al pensiero di quanto sarebbe po tuto seguire, cercando di resistere al dolore che sentiva nel petto, simile alla lama di un lungo coltello. Potrei chiamare Don, pens, appoggiando la guancia alla fredda ceramica del bagno, lui sa sempre che cosa fare. Per tante notti l'aveva tenuta stretta, mentre le sue mani le scostavano i capel li madidi di sudore dalla fronte; abbracciandola l'aveva rassicu rata, come aveva sempre fatto sua madre, dicendole che presto sa rebbe stata bene. S, poteva chiamare Don, lui l'avrebbe aiutata, avrebbe saputo esattamente che cosa fare. Jess si spinse di nuovo fino alla camera, si sedette sull'orlo del letto e prese il telefono, poi si ferm. Sapeva che le sareb be bastato telefonare a Don perch lui s precipitasse l, la sciando quello che stava facendo o la persona con cui poteva es sere, per rimanere con lei per tutto il tempo in cui ne avesse avuto bisogno. Sapeva che lui la amava ancora, che non aveva mai smesso di amarla, e quello era il motivo per cui non lo avrebbe chiamato. Aveva una relazione con un'altra donna, ora. Trish, si ripet, esaminando mentalmente quel nome; forse il diminutivo di Patri cia. Trish con la risata maliziosa. "Molto maliziosa", le parve di sentirlo dire, ricordando l'orgoglio nei suoi occhi. Era stata la possibilit di poter perdere definitivamente Don che le aveva provocato quell'attacco di ansia? Con stupore, si rese conto che era passato: il cuore aveva ripre so a batterle regolarmente, il respiro era tornato normale e non sudava pi. Si lasci cadere sul cuscino, godendo della sensazio ne di benessere e, meravigliata, si rese conto di avere fame. 23 Si diresse allora lungo il corridoio oscuro fino alla cucina, di rigendosi direttamente al frigorifero. Lo apr, ritraendosi al bagliore improvviso di luce, e ne estrasse una scatola di pizze congelate, strappando rapidamente la confezione di una di esse e infilandola nel forno a microonde. Premette il pulsante e poi ri mase ad ascoltare il lieve ronzio delle microonde che circondava no la loro preda congelata, facendo attenzione a non rimanere proprio davanti al forno; Don le aveva ripetuto pi volte di non farlo. "Ma questi apparecchi devono essere sicuri", aveva replicato lei. "Perch rischiare?" era stata la sua pronta risposta. Allora Jess aveva deciso che forse aveva ragione lui e aveva adottato quella precauzione; non si pu mai sapere che cosa possono provocare quei raggi apparentemente innocui. Jess guard il microonde che silenziosamente consumava i suoi se condi, poi si mise con aria di sfida sulla sua traiettoria. "Prendimi!" grid, e rise, sentendosi quasi allegra. Era davvero in piedi nella sua piccola cucina alle tre del mattino a lanciare una sfida al suo forno a microonde? Il timer suon, annunciando che la pizza era pronta, e Jess len tamente la estrasse, mettendola su un piatto, e la port in sala da pranzo. Adorava il suo piccolo appartamento, le era piaciuto sin dal primo momento, dopo essersi arrampicata per tre piani di scale fino alla porta. Era vecchio e aveva diverse vedute inte ressanti, con le finestre che a ovest guardavano su Orchard Street, a un solo isolato dal quartiere dove aveva vissuto da bambina, e molto lontano dal moderno appartamento in Lake Shore Drive, dove invece aveva abitato con Don. Quello che pi le mancava della vita a due era il condividere le piccole cose: avere qualcuno con cui parlare, con cui stare, qualcuno accanto a cui rifugiarsi alla fine della giornata. Era stato bello condividere le grandi idee, i piccoli

successi, le preoccupazioni di ogni giorno. Era stato un conforto essere parte di una coppia, l'aveva fatta sentire al sicuro. Jess accese lo stereo, appoggiato contro la parete sul lato oppo sto rispetto al vecchio divano di velluto che aveva comprato in un negozio che vendeva mobili di seconda mano e rimase ad ascol tare le splendide note del Concerto per violino e pianoforte di Cesar Franck. Accanto a lei, il canarino, nella sua gabbia coper ta per la notte, inizi a cinguettare e Jess si raggomitol nel divano di velluto, ascoltando quella dolce melodia e mangiando la sua pizza al buio. "Signore e signori della corte, avete raggiunto il verdetto?" do mand il giudice. Jess sent una scarica di adrenalina attraversarle tutto il cor po; erano passate quasi ventiquattro ore da quando aveva pronun ciato l'arringa conclusiva. La giuria aveva deliberato per oltre otto ore, prima di decidere che sarebbe stato impossibile rag giungere un verdetto unanime; il giudice Harris, allora, con una certa impazienza, aveva disposto che alloggiassero in un albergo per la notte, con il preciso ordine di non discutere il caso con nessuno. Avevano ripreso la deliberazione alle nove del mattino successivo e, sorprendentemente, un'ora pi tardi erano giunti a una conclusione. 24 Il portavoce dei giurati rispose affermativamente e il giudice Harris ordin all'accusato di alzarsi in piedi. "La giuria ha giudicato l'imputato Douglas Phillips non colpevole." Non colpevole. Jess ebbe la sensazione di essere stata punta da uno spillo e che il suo corpo si stesse lentamente sgonfiando. Non, colpevole. "Oh, Dio, non mi hanno creduta", sussurr al suo fianco Erica Barnowski. Non colpevole. Douglas Phillips abbracci il suo avvocato. Rosemary Michaud ri volse a Jess un discreto sorriso di vittoria. Non colpevole. "Maledizione!" esclam Neil Strayhorn. "Pensavo davvero che ce l'avremmo fatta." Non colpevole. "Ma che razza di giustizia mai questa?" esclam Erica Barnow ski, la voce pi acuta per l'indignazione. "Quell'uomo ha ammesso di avermi puntato un coltello alla gola, santo cielo, e la giuria dice che non colpevole?" Jess non pot fare altro che annuire. Faceva parte del sistema giudiziario da troppo tempo, ormai, per sentirsi delusa dalla co siddetta giustizia. La colpevolezza un concetto relativo, una questione di ombre e di fantasmi, come la bellezza dipende dall'osservatore e la verit soggetta a interpretazioni. "Che cosa faccio adesso?" chiese Erica Barnowski. "Ho perso il lavoro, il fidanzato e anche il rispetto per me stessa. Che cosa faccio adesso?" Non attese una risposta, ma corse via dall'aula prima che Jess avesse il tempo di pensare qualcosa per confortar la. Che cosa avrebbe potuto dirle? Non preoccuparti, domani un al tro giorno? Le cose ti sembreranno meglio domani? sempre buio prima dell'alba? O ancora: chi la fa l'aspetti? Toccher anche a lui? Doveva andare cos? Naturalmente poteva dirle: la prossima volta andr meglio, aiutati che il cielo ti aiuta. E per aggiungere conforto: datti tempo, hai fatto la cosa giusta, presto ti passer. Eccola l, pens, la saggezza dei secoli racchiusa in poche pa role: la vita continua. Jess radun le sue carte, osservando con la coda dell'occhio l'accusato che scambiava strette di mano con i giurati. Pochi minuti dopo, mentre uscivano dall'aula, i membri della giuria evitarono d'incontrare il suo sguardo; la donna con l'espressione intelligente e gli occhi grigio chiaro fu l'unica che la salut.

Jess rispose con un cenno, domandandosi che peso avesse avuto quella donna nella decisione della giuria. Era stata convinta dell'innocenza di Douglas Phillips, oppure era stata lei la ra gione di una decisione tanto lunga e sofferta? Oppure era rimasta l, battendo i piedi con impazienza, in attesa che gli altri co minciassero a vedere le cose a modo suo? Non colpevole. "Vuoi parlarne?" chiese Neil. Jess scosse la testa, senza capire se si sentisse pi in collera o pi triste. In seguito, avrebbero avuto tutto il tempo per ana lizzare e discutere la loro linea difensiva, ma ora nessuno pote va fare pi nulla. Era finita. Lei non poteva pi n cambiare il verdetto n i fatti di quel caso; come aveva detto chiaramente 25 Greg Oliver il giorno prima, nessuna giuria del Paese avrebbe mai condannato per stupro un uomo quando la donna non indossava le mutandine. Jess sapeva di non essere preparata a ritornare in ufficio. Oltre alla sgradevole certezza di dover sopportare il giudizio saccente di Greg Oliver, sapeva di avere bisogno di stare da sola per ave re il tempo di accettare il verdetto, per poter superare lo smac co subito con la sconfitta, la sua rabbia e la sua frustrazione. Il tempo per prepararsi al prossimo caso. In fondo quella era la verit pi grande del sistema giuridico americano: ci che per una persona una questione vitale, per altri solo un "caso". Jess si ritrov in California Avenue senza neppure rendersi conto di avere lasciato il tribunale. Non da me non sapere esattamen te che cosa sto facendo, pens, sentendo il freddo che s'insinua va nella sua giacca di tweed. Le previsioni del tempo annunciava no ancora la possibilit di nevicate. La possibilit di nevicate, ripet in silenzio, come se fosse un concetto interessante; si strinse nella giacca e cominci a camminare. "Potrei anche essere nuda", disse a voce alta, sapendo che nessu no le avrebbe prestato attenzione. Soltanto un'altra vittima del sistema giudiziario, pens, mentre un impulso improvviso la con dusse sull'autobus diretto verso il centro di Chicago. "Che cosa sto facendo?" mormor sottovoce, prendendo posto accan to all'autista. Non era da lei agire impulsivamente. Gli impulsi sono tipici di chi non riesce a controllare la propria vita, pen s, chiudendo gli occhi, con il ronzio del motore che sembrava vibrare dentro di lei. Quando li riapr, non sapeva da quanto tempo si trovasse l o da quando si fosse resa conto che la donna della giuria con i capel li castani e gli occhi grigi era seduta in fondo all'autobus. Non sapeva neppure quando avesse deciso di seguirla, non lo aveva fatto consciamente. Tuttavia era l, a seguire a pochi passi di distanza la donna che, scesa dall'autobus, s'incamminava per Mi chigan Avenue. Che cosa diavolo stava facendo? Alcuni isolati dopo, la donna si ferm per guardare la vetrina di una gioielleria e Jess fece la stessa cosa, cercando di scorgere fra le pietre preziose e i bracciali d'oro la sua immagine ri flessa nel vetro. Non era mai entrata in una gioielleria e l'uni co gioiello che avesse mai indossato era stata la fede nuziale. Don aveva smesso di comprarle oggetti d'oro quando aveva capito che sarebbero rimasti relegati in fondo a un cassetto. Semplice mente, non erano nel suo stile, gli aveva spiegato, si era sempre sentita come una bambina che gioca a essere donna indossando le cose di sua madre. Sua madre, pens, accorgendosi che la donna si era mossa e aveva ripreso a camminare. Come aveva potuto immaginare, anche solo per un istante, che quella donna le somigliasse? Sua madre era molto pi alta e anche pi robusta, per non parlare del diverso colore dei capelli e degli occhi, o del modo di truccarsi. Jess pens, con sicurezza, che sua madre non si sarebbe mai messa un rossetto cos rosa. A differenza di sua madre, quella donna sembrava fri vola e insicura e il trucco pesante appariva come una maschera contro il tempo. No, non c'era nulla di simile fra loro. 26

La donna si ferm davanti a un'altra vetrina e Jess si ritrov a fissare uno sbalorditivo assortimento di borse di pelle. Aveva forse l'intenzione di entrare in quel negozio per farsi un rega lino? Una ricompensa per un lavoro ben svolto? Be, perch no? pens Jess, voltando la testa mentre la donna spingeva la porta ed entrava. Doveva seguirla all'interno? si domand Jess, pensando che una valigetta nuova le avrebbe fatto comodo; la sua era molto vec chia. Don gliel'aveva comprata quando si era laureata e, a diffe renza dei gioielli, non poteva certo dire che il suo regalo non fosse stato apprezzato. Il cuoio nero, una volta lucido, con il tempo era diventato opaco e segnato da innumerevoli graffi, la cucitura era tutta sfilacciata e la cerniera s'impigliava sempre in qualche filo ribelle. Forse era arrivato il momento di com prarne una nuova e tagliare una volta per tutte i legami con il passato. La donna usc dal negozio senza avere comprato nulla, alz il ba vero del suo cappotto verde scuro e infil le mani in tasca. Jess si scopr a imitare i suoi gesti, pochi passi dietro di lei. Attraversarono il Fiume Chicago, con il Wrigley Building che svettava alto su un lato dell'ampia strada e la Tribune Tower sull'altro. Il centro di Chicago era ricco di splendori architet tonici, grattacieli nello stile di Mies van der Rohe, Helmut Jahn e Bruce Graham. La donna continu a camminare per alcuni passi, poi si ferm di colpo. "Perch mi sta seguendo?" domand incollerita, tamburel lando impaziente con le dita sulla manica del cappotto, come un'insegnante che stia interrogando un alunno disattento. Jess si sent improvvisamente come una bambina piccola, terroriz zata all'idea di ricevere una severa sgridata. "Mi dispiace", balbett, chiedendosi di nuovo che cosa stesse facendo. "Non vo levo..." , "L'ho vista sull'autobus, ma non ci ho fatto caso", disse la donna, evidentemente innervosita. "Poi l'ho notata davanti alla gioielleria, ma ho pensato che chiunque ha il diritto di guardare la stessa vetrina che sto guardando io, certa di una coincidenza. Ma quando sono uscita dal negozio di borse e l'ho vista ancora l, ho capito che mi stava seguendo. Perch? Che cosa vuole?" "Non voglio nulla. Davvero, non la stavo seguendo." Gli occhi della donna si strinsero, sfidando quelli di Jess. "Io... io non sono sicura della ragione per cui la sto seguendo", ammise dopo un momento di silenzio. Non riusciva a ricordare un'occasione in cui si fosse sentita altrettanto stupida. "Non stato per lei, sa", inizi a dire la donna, pi calma, "se questo che voleva sapere. Non stato nulla che lei abbia detto o fatto." "Come, scusi?" "Abbiamo trovato tutti che lei sia stata magnifica", continu. "Tutti noi della giuria abbiamo pensato che quello che ha detto sulla mancanza di buon senso che non scusa la mancanza di compor tamento civile verissimo. Ne abbiamo discusso a lungo, con mol ta veemenza." "Per non lo avete accettato", afferm Jess, sorpresa di essere curiosa di capire come la giuria fosse arrivata a quel verdetto. 27 La donna guard il marciapiede. "Non stata una decisione facile e abbiamo fatto quello che pensavamo fosse giusto. Sapevamo che il signor Phillips aveva torto, ma alla fine abbiamo deciso che metterlo in prigione per anni, fargli perdere il lavoro per un errore di giudizio, come lei ha detto..." "Ma io non stavo parlando di un errore di giudizio da parte dell'accusato!" Jess si accorse di avere un tono di terrore nella propria voce. Come potevano avere equivocato? "S, lo sapevamo", spieg rapidamente la donna. "Soltanto che ab biamo pensato che si potesse applicare a entrambi." Magnifico, pens Jess, ingoiando una boccata di aria fredda, in capace di apprezzare l'ironia della situazione.

"Ci sono piaciuti moltissimo i suoi abiti", continu la donna, come se cercasse di consolarla. "I miei abiti?" "S, in particolare quello grigio. Una delle signore voleva chie derle dove l'avesse comprato." "Notavate i miei vestiti?" "Le apparenze sono molto importanti", disse la donna, " quello che ripeto sempre alle mie figlie. La prima impressione quella che conta eccetera." Tese una mano e diede una lieve pacca su quella di Jess. "Lei fa un'ottima impressione, cara." Jess non sapeva se mettersi a gridare o ringraziare. Sent il cuore battere forte sotto la giacca. "In ogni caso", prosegu la donna, "lei ha fatto un ottimo lavo ro." Come poteva una donna con gli occhi cos intelligenti essere cos stupida? si chiese Jess, faticando a respirare. "Ora devo proprio andare", disse la donna, a disagio per il suo silenzio. Fece alcuni passi, poi si ferm. "Si sente bene? un popallida." Jess cerc di parlare, ma riusc solamente ad annuire e a muovere le labbra in quello che nella sua intenzione doveva essere un sorriso di rassicurazione. La donna rispose con un sorriso, poi prese a camminare, girandosi alcune volte a osservare Jess, ferma nello stesso punto. Probabilmente vuole essere sicura che non la seguo, pens lei, chiedendosi nuovamente che cosa le fosse preso. Che cosa aveva pensato di ottenere seguendo quella donna? Che co sa ci faceva l? Si rese conto che stava per avere un dannato attacco di panico. "Oh, mio Dio", mormor, cercando di controllare l'ansia che le faceva girare la testa e le rendeva pesanti le gambe. " ridico lo. Che cosa faccio ora?" I suoi occhi si riempirono di lacrime, che asciug con gesto stizzoso. "Non posso credere che sto per mettermi a piangere in mezzo a Michigan Avenue", si rimprover. "E incredibile! Sto par lando da sola in mezzo a questa dannata strada!" A differenza de gli spacciatori e degli sbandati di California Avenue, i ricchi commercianti di Michigan Avenue vi avrebbero di certo fatto caso, anche se forse sarebbero rimasti impassibili allo stesso modo. Si trascin alla fermata dell'autobus e si appoggi contro la pensilina; anche attraverso la giacca, sentiva il metallo gelido contro la schiena. Non mi lascer prendere dal panico, pens con rabbia, non posso permettere che questi stupidi attacchi abbiano la meglio. 28 Pensa a cose piacevoli, si disse. Pensa a un massaggio, a una va canza alle Hawaii, alle tue nipotine. Immagin le loro soffici testine contro le sue guance fredde e d'un tratto si ricord che avrebbe dovuto essere a casa di sua sorella alle sei. Come poteva andare a cena da sua sorella? E se si fosse trovata in preda a un altro attacco d'ansia? Che cosa avrebbe fatto, se fosse stata male davanti a tutti? Desiderava davvero mostrare le proprie nevrosi a coloro che amava di pi? A che cosa serve una famiglia, se non a questo? avrebbe indubbia mente detto Maureen. Jess sent la bile salirle in gola. Dio, sto per vomitare nel bel mezzo di Michigan Avenue! Cont fino a die ci, poi fino a venti, deglutendo rapidamente, una, due, tre vol te, prima che quella sensazione scomparisse. "Respira profonda mente", le aveva detto migliaia di volte il suo ex marito e lei cominci a farlo, riempiendosi i polmoni di aria e cercando di non piegarsi in due per il dolore. Nessuno not il suo malessere: la gente continu a passarle ac canto come se nulla fosse, un uomo le domand persino l'ora. Non poi molto diverso da California Avenue, pens, mentre l'autobus si fermava e apriva le porte proprio davanti a lei. Scesero alcu ne persone, che le passarono accanto spingendola, come se lei non fosse stata l. Il conducente attese alcuni secondi per darle il tempo di salire, poi alz le spalle, vedendo che rimaneva l im mobile, chiuse le porte e ripart. Jess sent la vampata di aria calda e sporca dello scarico dell'autobus riempirle gli occhi e il naso e la trov stranamente rassicurante.

Poco dopo, il suo respiro torn regolare e lentamente si sent meglio. "Stai bene, ora", si disse, camminando adagio verso il marciapiede e posando con cautela un piede sulla strada, come se stesse entrando in una vasca d'acqua calda. "Stai bene ora, passato." L'auto sembr materializzarsi dal nulla. Accadde cos rapidamente, cos inaspettatamente, che persino men tre stava succedendo Jess ebbe la strana sensazione che capitasse a qualcun altro. Era come se si trovasse fuori dal suo corpo e osservasse la scena insieme alle decine di spettatori che si af follavano intorno a lei. Jess sent qualcosa passarle accanto ra pidamente, spostando l'aria, e vide il proprio corpo girare come una trottola, facendo appena in tempo a scorgere la Chrysler bianca prima che scomparisse dietro l'angolo. Soltanto allora ri torn nel suo corpo accasciato al bordo della strada e sent il bruciore al palmo delle mani e alle ginocchia. Soltanto in quell'istante sent le voci. "Sta bene?" "Mio Dio, pensavo che l'avrebbe ammazzata." "Le passato talmente vicino! L'ha mancata per pochi centime tri!" "Sto bene", afferm qualcuno. Jess riconobbe quella voce come la propria. "Credo di essermi distratta." Per un istante si chiese perch si stesse assumendo la responsabilit di un evento che non era stato in nessun modo colpa sua. Era quasi stata investita da un pazzo alla guida di una Chrysler bianca che non si era nemmeno preoccupato di fermarsi; si era sbucciata mani e ginocchia, ca dendo, la sua giacca di tweed era macchiata di grasso e aveva le 29 calze rotte. Si sentiva in colpa per la scena che stava provocan do. "Ero sovrappensiero", si scus, alzandosi tremante, "ma ora sto bene, sto davvero bene." "Va tutto bene", ripet ancora, e si diresse verso l'angolo della strada, dove chiam un taxi. "Va tutto bene." PRECISAMENTE tre minuti prima delle sei, Jess parcheggi la sua Mustang rossa nel vialetto davanti alla casa di sua sorella, una grande villa in legno in Sheraton Road, nel quartiere di Evan ston. "Andr tutto bene", si ripet, spegnendo il motore e pren dendo dal sedile posteriore il sacchetto di plastica con il vino e i regali. "Resta calma, fredda, non permettere a Barry di coin volgerti in qualche stupida discussione", continu, scendendo dall'auto e camminando per il vialetto d'entrata fino alla grande porta di vetro. "Andr tutto bene." La porta si apr proprio mentre stava per suonare il campanello. "Jess", disse Barry e la sua voce si disperse lungo la stradina fiancheggiata di alberi come una folata di vento. "Perfettamente in orario, come sempre." "Come stai, Barry?" Jess entr nell'ampia anticamera dal pavimen to di marmo color crema. "Mai stato meglio", rispose lui immediatamente. Barry rispondeva sempre "mai stato meglio". "E tu?" "Bene." Fece un profondo respiro e gli porse la bottiglia di vi no. "Viene dal Cile, il tizio dell'enoteca mi ha detto che mol to apprezzato." Barry, con un'aria scettica sul volto, esamin da vicino l'eti chetta. "Bene, grazie, anche se spero non ti dispiaccia se lo mettiamo da parte per la prossima volta, visto che ho gi mes so al fresco un eccellente vino francese. Ecco, lascia che ti aiuti con il cappotto." Appoggi la bottiglia di vino su un tavo lino antico a sinistra della porta d'entrata e inizi a tirare le maniche del cappotto di Jess con grande vigore. "Grazie, Barry, penso di farcela anche da sola." "Be, lascia almeno che te lo appenda." Jess decise di non giocare al tiro alla fune con il suo cappotto e lo lasci a Barry. "Maureen di sopra?" "Sta mettendo a letto le gemelle." Appese il cappotto e la accom pagn in salotto, dove predominavano il rosa e il bianco, a cui facevano da contrappunto

delle macchie di nero: un pianoforte da concerto che occupava gran parte della stanza, anche se nessuno sapeva suonarlo, e un caminetto di marmo nero in cui scoppiettava un bel fuoco. "Vado di sopra a salutare i bambini, ho comprato qualcosa per lo ro." Jess indic la borsa di Marshall Field che teneva nella ma no. "Si sveglieranno fra qualche ora, glieli darai dopo." "Jess, sei tu?" Maureen la chiam. "Salgo subito", rispose Jess. "Non ci provare", le rispose la sorella. "Le piccole si sono ap pena addormentate. Resta gi a chiacchierare con Barry, scendo fra due minuti." "Sar qui fra due minuti", ripet Barry come un pappagallo. "Al lora, che cosa mi racconti? Pensi di poter parlare due minuti con tuo cognato?" 30 Jess sorrise e si sedette in una delle due sedie a dondolo bian che di fronte a Barry, che si era accomodato sul divano rosa, pronto ad ascoltare ogni sua parola. Pronto a contraddirmi, pens Jess, chiedendosi se lei e Barry sarebbero mai arrivati a capir si. Consapevole dei suoi penetranti occhi azzurri che controlla vano ogni suo gesto, si domand che cosa la irritasse cos tanto in lui. Non era brutto, non era stupido, non era palesemente sgradevole. Perch allora lei riusciva soltanto a vederne gli aspetti negativi? Cerc di farselo piacere. Quando aveva sposato sua sorella, sei anni prima, Jess aveva immaginato che le sarebbe piaciuto chiun que fosse riuscito a rendere felice Maureen, ma si sbagliava. Forse era il modo in cui cercava di nascondere la calvizie inci piente riportando i capelli sottili da un lato all'altro della testa o il fatto che aveva sempre le unghie perfettamente curate e che si vantava di pulirsi i denti con il filo interdentale dopo ogni pasto. Forse era l'abitudine che aveva di indossare sempre camicia e cravatta, persino sotto un cardigan sportivo, come quella sera. Pi probabilmente, per, era il velato maschilismo che si nascon deva nei suoi commenti, i suoi modi freddi e distanti, il fatto che non ammettesse mai di avere torto. O forse era il modo in cui aveva fatto di una brillante laureata in economia di Harvard una casalinga, talmente impegnata ad arredare la casa e a sfornare bambini da non avere neppure il tempo di pensare a riprendere la sua promettente carriera. Che cosa avrebbe pensato la loro madre? "Hai un bell'aspetto", le disse Barry. "Quel maglioncino deli zioso, dovresti indossare pi spesso il blu." "E'verde." "Verde? No, blu." Stavano davvero discutendo sul colore del suo maglione? "Potremmo accordarci sul turchese?" chiese Jess. Barry sembrava scettico e scosse la testa. " blu", sentenzi, lo sguardo rivolto verso il fuoco che lui accendeva sempre in modo perfetto. Jess trasse un profondo sospiro. "Come vanno gli affari, Barry?" Lui rispose con un rapido gesto della mano., "Non vorrai sul se rio che ti parli dei miei affari, vero?" "Perch no?" "Davvero ti interessa?" "Barry, ti ho fatto soltanto una semplice domanda. Se troppo complicato, allora..." "Gli affari vanno benone, magnificamente, direi. Non potrebbero andare meglio." "Bene." "Non bene." Rise. "Grandioso, magnifico, non potrebbe andare me glio." ' "Non potrebbe andare meglio", ripet lei, guardando verso le scale. Che cosa tratteneva sua sorella? "A dire la verit", continu lui, "oggi ho avuto una giornata straordinaria."

"E che cosa l'ha resa tanto straordinaria?" domand Jess. "Ho soffiato un cliente molto importante al mio ex socio." Barry rise. "E quel figlio di puttana non se n' neppure accorto." "Pensavo che foste amici." 31 "Anche lui lo pensava." Rise di nuovo, pi forte. "Quel tipo cre deva di potermi fottere e farla franca." Batt un dito contro il lato della testa. "Io non dimentico mai e mi vendico sempre." "Ti vendichi", ripet Jess. "Ehi, non ho fatto nulla di illegale." Le strizz l'occhio. "In ogni caso, questo pomeriggio mi arrivato sulla scrivania un nuovo tipo di pensione privata, dovresti darci un'occhiata. Se ti interessa, ti posso fare avere informazioni pi precise." "Certo", disse Jess. "Con piacere." Entrambi guardarono l'orologio. Perch suo padre non arrivava? Sapeva quanto Jess si preoccupasse, se ritardava. "E come andata la tua giornata?" domand Barry, sforzandosi di assumere un'aria interessata. "Poteva andare meglio", rispose lei ironicamente, usando le paro le di Barry, e non si stup nel vedere che lui non sembrava aver lo notato. Ho perso una causa che volevo disperatamente vincere, ho avuto un attacco d'ansia nel bel mezzo di Michigan Avenue e per poco non sono stata investita, ma una donna ha detto che le piaceva il mio vestito, cos immagino che la giornata non sia da considerarsi un completo fallimento, continu fra s in silenzio. "Non so come fai a sopportarlo", disse Barry. "A sopportare che cosa?" "Di avere sempre a che fare con la gentaglia, un giorno dopo l'altro." "Io sono quella che ha il dovere di mettere la gentaglia in gale era", gli rispose. "Quando vinci." "Quando vinco", acconsent Jess. "Devo riconoscerlo, Jess", disse Barry, alzandosi in piedi, "non avrei mai detto che avresti resistito tanto a lungo. Che cosa ti posso offrire da bere?" Pronunci le due frasi come se la seconda fosse la naturale conseguenza della prima. "Che cosa intendi dire?" "Voglio dire, preferisci bere del vino oppure qualcosa di pi forte?" "Perch non avresti mai detto che avrei resistito?" chiese Jess, sinceramente sorpresa dalla sua affermazione. Lui scosse la testa. "Non lo so, per credevo che avresti scelto una professione pi remunerativa. Intendo dire, con la tua vota zione di laurea, avresti potuto fare tutto quello che volevi." "L'ho fatto." Jess lesse la confusione negli occhi di Barry. Ovviamente le scelte professionali di Jess andavano oltre la sua capacit di comprensione. "Allora, che cosa vuoi bere?" le domand di nuovo. "Una Coca, per favore." Ci fu un istante di silenzio. "Abbiamo smesso di comprare bibi te", afferm Barry. "Abbiamo pensato che, se non teniamo bibite in casa, Tyler non avr la tentazione di berle; inoltre tu sei la sola che le beve." Questa volta fu Jess ad avere l'aria confusa. Un rumore di passi rapidi invase improvvisamente le scale e l'an ticamera e Jess scorse una cascata di capelli scuri, enormi occhi blu e due manine che la salutavano muovendosi freneticamente nell'aria. Un istante dopo, il suo nipotino di tre anni attraver s il tappeto rosa e bianco per gettarsi fra le sue braccia. "Mi hai portato un regalo?" domand invece di salutarla. 32

"Non lo faccio sempre?" Jess infil la mano nella borsa di Mar shall Field, cercando di non notare che il suo nipotino indossava camicia e cravatta, come suo padre. "Aspetta un momento." La voce di Barry era costernata. "Non avre mo nessun regalo fino a quando non avremo salutato come si deve. Ciao, zia Jess", disse. Tyler non disse nulla e Jess, ignorando il cognato, estrasse un modello di aeroplano dalla borsa, consegnandolo nelle mani trepi danti del bambino. "Uau!" Tyler scese dalle ginocchia di Jess e si sedette per ter era, esaminando il giocattolo con molta attenzione e facendolo volteggiare nell'aria. "Che cosa si dice?" fece Barry, alzando la voce. "Non si dice: 'Grazie, zia Jess'?" "Va bene cos, Barry", rispose lei. "Mi ringrazier dopo." Dall'espressione di Barry si sarebbe detto che il collo della sua camicia si fosse improvvisamente ristretto di due taglie. "Non apprezzo il modo in cui tenti di mettere in discussione la mia autorit", sentenzi. "Che cosa?" chiese lei. Doveva avere capito male. "Mi hai sentita. E non guardarmi con quell'aria innocente, sai benissimo di che cosa sto parlando." Tyler corse felice fra sua zia e suo padre, facendo atterrare il nuovo aeroplano fra i loro piedi, incurante della tensione che si era creata. n Barry n Jess si mossero. Rimasero entrambi immobili nelle lo ro rispettive posizioni, Barry sul divano, Jess sulla sedia, come in attesa che accadesse qualcosa, che qualcuno li interrompesse. "Non dovrebbe suonare il campanello, ora, o qualcosa del genere?" disse Jess, sollevata nel vedere la mascella tesa di Barry rilas sarsi in quello che poteva somigliare a un sorriso. Se doveva es serci una discussione, il che accadeva sempre quando lei e Barry si trovavano insieme, non sarebbe stato per colpa sua. L'aveva promesso a se stessa durante la mezz'ora di strada in automobile per raggiungere la zona residenziale della citt. "Oh, Dio!" esclam Maureen, comparendo all'improvviso sulla por ta. "Finalmente sembrate andare d'accordo!" Barry and subito al fianco della moglie e la baci sulla guan cia. "Niente affatto", la rassicur ironicamente. Maureen rivolse a suo marito e a sua sorella uno dei suoi lumino si sorrisi. Nonostante la stanchezza, aveva un aspetto fantasti co. Ha quasi ripreso la linea, not Jess, domandandosi se Barry l'avesse convinta a riprendere i suoi quotidiani esercizi di gin nastica, come se badare a una grande casa e a tre bambini piccoli non fosse sufficiente a tenerla occupata. "Hai un aspetto splendido", disse sinceramente Jess, rivolta a sua sorella. "E tu sembri stanca, invece", replic Maureen, abbracciandola. "Dormi abbastanza?" Jess alz le spalle, ricordando il recente incubo. "Guarda che cosa mi ha regalato zia Jess", disse Tyler dal pavi mento, alzando orgoglioso il suo nuovo giocattolo. " meraviglioso! Spero che tu abbia ringraziato." "Tua sorella non ritiene opportuni i ringraziamenti", osserv Barry, attraversando la stanza per andarsi a versare un whisky con acqua al mobile bar. "Qualcuno vuole qualcosa da bere?" 33 "Per me niente", disse Maureen. "Che bel maglione, Jess, dovresti indossare pi spesso il blu, ti sta benissimo." " verde", la corresse Barry, alzando le sopracciglia in direzio ne di sua cognata. "Non hai detto cos, Jess?" "Oh, no, decisamente blu", afferm Maureen con molta sicurezza. "Nessun dubbio." "Le gemelle dormono?" domand Jess per sviare l'argomento. "Per ora s, ma non dura mai a lungo." "Ho comprato una cosina anche per loro." "Oh, Jess, non devi portare qualcosa ogni volta che vieni a tro varci." "S, invece. A che cosa servono le zie, altrimenti?" "Be, grazie." Maureen prese la borsadi Marshall Field dalle ma ni di Jess e sbirci dentro.

"Sono solo due bavaglini, ma mi sembravano belli." "Sono graziosissimi." Maureen prese in mano un bavaglino bianco di spugna con mele e bacche rosse ricamate al centro. "Guarda, Barry, non sono carini?" Jess non sent la risposta del cognato. Quella era davvero sua sorella? si domand, cercando di non fissarla. Erano davvero fi glie della stessa madre? La donna che aveva visto laurearsi con il massimo dei voti in una delle universit pi prestigiose pote va davvero essere estasiata di fronte a due bavaglini da cinque dollari di Marshall Field? Stava realmente sottoponendoli al giu dizio di suo marito? "Allora che cosa accaduto in tribunale oggi?" domand Maureen, come se avesse intuito il disagio di Jess. "Hai ottenuto il ver detto?" "Quello sbagliato." "Te l'aspettavi, vero?" Maureen prese Jess per mano e la condusse sul divano, continuando a tenerle le mani nelle sue anche quan do si furono sedute. "Ci speravo." "Dev'essere dura." "Anche tua sorella lo ", afferm Barry, bevendo il suo whisky e lasciando il bicchiere quasi vuoto. "Vero, Jess?" "C' qualcosa che non va in questo?" Jess si accorse del tono ve latamente minaccioso delle sue parole. "No, almeno fino a quando rimane confinato in un'aula di tribuna le." Non replicare, pens, non lasciarti coinvolgere. "Gi, capisco", disse, nonostante i suoi sforzi. "Va bene essere forti quando si combattono le battaglie di qualcun altro, ma non le proprie." "Chi ha detto che devi sempre combattere?" "Non penso che Jess sia dura", azzard Maureen, con voce incerta. "Dimmi, Jess", prosegu lui, "perch non appena una donna acqui sta una posizione di potere, perde il senso dell'umorismo?" "E perch ogni volta che un uomo non riesce a essere divertente attacca il senso dell'umorismo di una donna?" replic lei in tono asciutto. "C' una grossa differenza fra essere forti ed essere duri", ri batt Barry, ritornando all'argomento originale ed enfatizzando le parole con un cenno della testa, come se si trattasse di una verit evidente e innegabile. "Un uomo pu riuscire a essere in entrambi i modi, una donna no." 34 "Jess", Maureen intervenne con cautela, "lo sai che Barry sta so lo scherzando." Jess salt in piedi. "Stronzate, non sta scherzando!" Tyler alz di colpo la testa verso sua zia. "Per cortesia, modera il tuo linguaggio quando sei in questa ca sa", l'ammon Barry. Quel rimprovero colp Jess pi forte di uno schiaffo in pieno vi so e fece uno sforzo disperato per non piangere. "Cos adesso non diciamo neppure le parolacce, vero?" ribatt per controllare le lacrime. "Non beviamo Coca-Cola e non diciamo parolacce." Barry guard sua moglie, alzando in aria le mani in segno di re sa. "Jess, per favore", implor Maureen, prendendo le mani di sua so rella e cercando di farla sedere di nuovo sul divano accanto a lei. "Voglio solo essere sicura di avere chiare tutte le regole di tuo marito." Jess guard il cognato, che d'un tratto sembrava calmo e ragionevole. Era riuscito a fregarla un'altra volta, si rese con to con disgusto, vergognandosi di se stessa. "Non so come fai", mormor a denti stretti. "Deve richiedere un'abilit particola re." "Di che cosa stai blaterando?" chiese Barry, con sguardo sincera mente confuso. "Blaterando?" esclam Jess abbandonando ogni altro tentativo di autocontrollo. "Blaterando?" "Tyler", fece Maureen, alzandosi e guidando dolcemente suo figlio fuori dalla stanza, "perch non vai di sopra con il tuo nuovo giocattolo?" "Voglio stare qui", protest il bambino.

"Tyler, vai a giocare in camera tua fino a quando non ti chiame remo per la cena", ordin suo padre. Il bimbo ubbid immediatamente. "La voce del padrone", osserv Jess mentre il piccolo saltellava su per le scale. "Jess, per favore", supplic Maureen. "Non sono stata io a cominciare", Jess ud un tono infantile nel la propria voce e prov rabbia e imbarazzo all'idea che anche gli altri se ne accorgessero. "Non importa chi abbia iniziato", disse Maureen come se stesse parlando a due bambini, evitando di guardarli negli occhi. "Quel lo che importa che smettiate subito." "Considera finita la discussione." La voce di Barry riemp la stanza. Jess non disse nulla. "Jess?" Lei annu, sopraffatta dalla collera e dal senso di colpa. "Bene, che cosa viene dopo nell'agenda del pubblico ministero?" Le parole di Maureen esprimevano una forzata simpatia, come se stesse parlando a un paziente allo stato terminale, e la sua voce normalmente dolce era pi alta di un'ottava. Torn a sedersi sul divano rosa e invit Jess a fare altrettanto battendo una mano sul cuscino di fianco a lei con un'intensit prossima alla dispe razione. n Jess n Barry si mossero. "Qualche accusa di spaccio, cause che spero di vincere", rispose Jess, "e fra un paio di settimane un processo per un altro caso di violenza carnale. Luned ho una riunione con l'avvocato che 35 rappresenta l'uomo che ha sparato alla sua ex moglie con una ba lestra." Jess si massaggi il naso, disturbata dal suo tono ec cessivamente professionale. "Con una balestra, mio Dio!" rabbrivid Maureen. "Che barbaro." "Devi averlo letto sul giornale qualche mese fa, stato su tutte le prime pagine." "Ultimamente leggo solo le ricette, sul giornale", afferm Mau reen. Jess si sforz di non assumere un'espressione afflitta, ma sent che non le riusciva. " cos deprimente", spieg Maureen, con tono di scusa, "e poi ho cos poco tempo." Quest'ultima frase fin in un sussurro. "Sentiamo, che cosa ci hai preparato di buono stasera?" Barry si sedette sul divano accanto alla moglie, prendendole le mani. Maureen respir profondamente, distogliendo lo sguardo da Jess e fissando il vuoto, come se stesse leggendo una lavagna immagina ria. "Per iniziare, c' una zuppa di tartaruga, seguita da pollo in glassa di miele con semi di sesamo, patate e verdure alla gri glia, un'insalata verde di noci e gorgonzola e per finire mousse di pere con salsa di lamponi." "Mi sembra fantastico." Barry strinse pi forte le mani di Mau reen. "Mi sembra che tu abbia passato tutto il giorno dietro ai fornel li." "Non stato cos laborioso come pu sembrare", rispose Maureen con modestia. "Non so come tu faccia!" esclam Jess, sottolineando il "come", anche se, in realt, avrebbe voluto dire "perch". "A dire il vero, lo trovo molto rilassante." "Dovresti provare, Jess", fece Barry. "Dovresti farti gli affari tuoi, Barry", gli rispose Jess. Di nuovo i due si alzarono in piedi, rimanendo l'Uno di fronte all'altra. "Ecco", disse lui. "Ne ho abbastanza." "Ne hai avuto pi che abbastanza", incalz Jess. "E per un perio do molto lungo, alle spalle di mia sorella." "Jess, ti sbagli." "Non mi sbaglio, Maureen." Prese a camminare avanti e indietro per la stanza. "Che cosa ti successo? Eri una donna fantastica, brillante, che leggeva il giornale dalla prima all'ultima pagina. E ora leggi solo le ricette? Per l'amor del cielo, avevi davanti a te una carriera favolosa e ora resti tutto il giorno in cucina! Quest'uomo ti ha relegata fra piatti

sporchi e pannolini e tu stai cercando di convincermi che ti pia ce?" "Non ti deve convincere proprio di un bel niente", intervenne Barry furioso. "Penso che mia sorella sia in grado di parlare da sola, oppure si tratta di un'altra delle tue regole? Deve parlare solo attraverso di te?" "Sai che cosa penso, Jess?" chiese Barry, senza aspettare una ri sposta. "Penso che tu sia gelosa." "Gelosa?" "S, gelosa. Perch tua sorella ha un marito e una famiglia ed felice. E tu, invece, che cos'hai? Un frigorifero pieno di pizze congelate e un dannato canarino." 36 "La prossima cosa che dirai che ho bisogno di una bella scopa ta!" "Jess!" Maureen guard verso le scale, gli occhi pieni di lacri me. "Quello di cui hai veramente bisogno una bella sculacciata", replic Barry, andando verso il pianoforte e dando un pugno sulla tastiera. Il suono, una mescolanza sgradevole di note alte e bas se, riecheggi per la casa. Al piano di sopra, le gemelle inizia rono a piangere, prima una e poi l'altra. Maureen abbass la testa e cominci a piangere a sua volta, poi, senza guardare n Jess n Barry, usc correndo dalla stanza. "Maledizione", sussurr Jess, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. "Un giorno supererai il limite", disse Barry a bassa voce. "Lo so", replic Jess in tono sarcastico. "Tu non dimentichi, ti vendichi sempre." Un istante dopo segu sua sorella sulle scale. "Maureen, ti prego, aspetta. Devo parlarti." "Non c' niente da dire", le disse Maureen, aprendo la porta del la stanza tappezzata di bianco e lill, a destra della scala. Il profumo del talco colp Jess come un narcotico. Si tir indietro, appoggiandosi allo stipite della porta e osserv Maureen chinarsi sulle culle delle bambine, disposte una di fronte all'altra su due pareti opposte. Sopra ciascuna di esse era sospesa una giostrina con giraffe e orsetti. In mezzo alla camera c'era una grande sedia a dondolo bianca e, appoggiata al muro, una sedia imbottita, rivestita di tessuto a righe bianche e rosse. Su un lato si trovava un fasciatoio e un contenitore per i pannolini ricoperto di carta a fiori. Maureen si chin sopra le culle e calm le bambine, parlando a Jess con una lieve cantilena nella voce che accentuava la forza delle sue parole. "Io non ti capisco, Jess. Davvero, non ti capisco. Sai perfettamente che Barry non dice sul serio, gli piace solo prenderti un poin giro, provocarti. Perch devi dare battaglia tutte le volte?" Jess scosse la testa. Un milione di motivi si affollarono nella sua mente, ma li respinse, concedendosi solo di chiedere scusa. "Mi dispiace, davvero. Non avrei dovuto perdere il controllo in quel modo." Quando le parve che le scuse non fossero sufficienti, continu. "Non so che cosa mi sia successo." "Succede sempre quando tu e Barry vi trovate insieme, solo sta to peggio del solito." "Per quanto mi sforzi di restare calma, trova sempre il modo di farmi innervosire." "Ti innervosisci da sola, fai tutto tu." "S, forse." Jess si appoggi alla porta, sentendo le bambine calmarsi al suono della voce della madre. Forse avrebbe dovuto parlare a Maureen di Rick Ferguson, delle sue minacce e dell'at tacco di ansia che le avevano provocato. Probabilmente, lei l'a vrebbe cullata e le avrebbe detto che sarebbe andato tutto bene. Aveva tanto bisogno di sentirsi abbracciare, di essere conforta ta. "Ho avuto una giornata davvero schifosa." "Tutti abbiamo giornate schifose." "Ho detto che mi dispiace." Maureen prese una delle gemelle dalla culla. "Ecco, Carrie, vai a piangere sulle spalle della tua zietta." Deposit la bambina fra le braccia di Jess. 37

Lei la tenne stretta al petto, accarezzandole con le labbra la testa morbida e respirando il suo dolce profumo. Se solo avesse potuto ricominciare, rifare tutto da capo. C'erano cos tante cose che avrebbe fatto in modo diverso. "Vieni dalla mamma, chioe." Maureen prese in braccio l'altra ge mella. "Non tutto deve essere un confronto", disse a Jess, cul lando dolcemente la piccola. "Non quello che ci hanno insegnato all'universit." Maureen sorrise e Jess cap che le aveva perdonato tutto. Sua so rella non era mai stata capace di rimanere in collera a lungo, era sempre stata cos, sin da quando erano bambine, sempre desi derosa di fare in modo che tutto andasse bene, a differenza di Jess, che poteva tenere il muso per giorni, cosa che faceva im pazzire la loro madre. "Pensi mai..." inizi Jess, poi esit, insicura se continuare o meno. Non aveva mai sollevato l'argomento con sua sorella prima di allora. "Penso mai che cosa?" Jess inizi a cullare la bambina. "Ti capita mai di credere di avere visto la mamma?" chiese a bassa voce. Uno sguardo spaventato comparve sul volto di Maureen. "Che cosa?" "Non immagini mai di avere visto... la mamma?" ripet Jess, evi tando lo sguardo incredulo della sorella. "In mezzo alla folla oppure sull'altro lato della strada." Si ferm, domandandosi se dall'esterno apparisse ridicola come sentiva di essere. "Nostra madre morta", disse Maureen con fermezza. "Volevo solo dire..." "Cos ti fai solo del male." "Non mi sto facendo proprio niente." "Guardami, Jess", ordin Maureen e lei, con riluttanza, si volt verso sua sorella. Le due donne, ciascuna intenta a cullare una bimba, si guardarono negli occhi. "Nostra madre morta", ripet Maureen, mentre Jess sentiva il proprio corpo farsi pesante. Finalmente suon il campanello. " papa", esclam Jess, desidero sa di sfuggire all'esame di sua sorella. Gli occhi di Maureen rimasero fissi su di lei, come se rifiutas sero di staccarsi. "Jess, penso che dovresti parlare con Stepha nie Banack." Jess sent la porta d'entrata aprirsi e ascolt suo padre e Barry che si scambiavano battute di spirito nell'anticamera. "Stephanie Banack? E perch mai dovrei parlare con lei? una tua amica." " anche un'analista." "Non ho bisogno di un'analista." "Penso di s, invece. Ascolta, ti scrivo il suo numero di telefo no, prima che tu vada via. Voglio che la chiami." Jess stava per replicare, ma sent i passi di suo padre sulle scale. "Ehi, guarda un poqui!" esclam lui dalla soglia. "Tutte le mie splendide ragazze insieme in una sola stanza." And verso Jess e la strinse fra le braccia, baciandola sulla guancia. "Come stai, bambola?" "Bene, papa", gli rispose Jess e sent, per la prima volta in quel giorno, che forse era vero. "E come sta l'altra mia bambola?" chiese a Maureen, abbracciando la. "E le mie bamboline?" stringendole tutte in un abbraccio. Prese chioe dalle braccia di sua madre e inizi a baciarle il vi 38 sino. "Oh, tesoro. Mio dolcissimo tesoro", canticchi. Si ferm, sorridendo alle sue figlie. "Ho detto queste parole a una ragazza un popi grande, ieri sera", disse loro, poi rimase ad aspettare la loro reazione. "Che cosa hai detto?" chiese Maureen. Jess non disse nulla, sua sorella le aveva rubato le parole di bocca. JESS trascorse le prime ore dopo avere lasciato la casa di sua sorella guidando per le strade di Evanston, cercando di non pen sare alle cose di cui aveva parlato suo padre durante la cena, ma naturalmente non riusc a pensare che a quello. "Ho detto queste parole a una ragazza un popi grande, ieri se ra", aveva annunciato con calma e piacere, sicuro di s, come se innamorarsi non fosse poi granch, come se facesse dichiarazioni di quel genere tutti i giorni.

"Raccontaci tutto di lei", aveva insistito Maureen a tavola, men tre serviva la zuppa di tartaruga e Jess cercava di respingere dalla sua mente l'immagine di una piccola tartaruga decapitata. "Vogliamo sapere tutto. Come si chiama? Coni? Dove l'hai incon trata? Quando ce la farai conoscere?" "Si chiama Sherry Hasek", aveva detto con orgoglio suo padre. " piccolina e magra, con i capelli scuri, quasi neri. Penso che siano tinti..." Jess si era costretta a ingoiare un cucchiaio di zuppa bollente, che le aveva intorpidito la lingua e bruciato il palato. Sua ma dre era una donna alta, con molto seno e i bei capelli castani spruzzati di bianco; aveva sempre odiato i capelli tinti di nero, diceva che le parevano finti, e suo padre era d'accordo, allora. Come poteva essersene dimenticato? si era domandata, reprimendo la voglia di ricordarglielo, sentendo la zuppa calda bruciarle lo stomaco. Immagini di tartarughe senza testa danzavano nella sua mente. "Ci siamo incontrati al corso di pittura sei mesi fa", aveva con tinuato suo padre. "Non mi dire che una modella", lo aveva interrotto Barry, ri dendo con il cucchiaio in mano. "No, solo un'altra studentessa. Le sempre piaciuto disegnare, ma non ne ha mai avuto il tempo, come me." "E vedova?" aveva chiesto Maureen. "Che cosa succede, Jess? Non ti piace la zuppa?" Non era vedova, ma era divorziata da quindici anni; aveva cin quantotto anni, tre figli grandi e lavorava in un negozio di an tichit. Le piacevano i colori vivaci, si vestiva con lunghe gon ne ampie e sandali Birkenstock ed era stata lei a invitarlo a prendere un caff dopo la lezione. Evidentemente sapeva ricono scere qualcosa di bello quando lo vedeva, perch Art Koster era decisamente bello. Jess svolt e si ritrov di nuovo in Sheridan Road, le case da una parte e il Fiume Michigan dall'altra. Da quanto tempo girova gava per le strade buie di Evanston? Abbastanza, pens, rendendo si conto che aveva cominciato a piovere e attivando il tergicri stallo. Pioggia, pens, non neve, senza sapere quale preferire. La nebbia stava arrivando dal lago. Ottobre sempre il mese meno prevedibile, pens, pieno di ombre e di fantasmi. 39 La gente sprecava tante parole sulla bellezza dei colori autunna li, i rossi, gli arancioni e i gialli che intaccavano e poi rim piazzavano l'onnipresente verde dell'estate. Jess non aveva mai condiviso quell'entusiasmo: per lei il cambiamento nei colori si gnificava soltanto che le foglie stavano morendo, e ora gli albe ri erano quasi spogli. Le foglie rimaste erano pallide, tremanti, prive di energia, resti crudeli del loro glorioso ego, come gli anziani abbandonati negli ospizi, con la morte come unico visita tore su cui poter contare. Persone lasciate troppo a lungo senza amore. Certamente suo padre meritava di trovare l'amore, pens Jess, gi rando a destra in una strada che non conosceva. Cerc il cartel lo, non lo vide e allora gir a sinistra, poco pi avanti. Niente cartello. Che cosa succedeva alla gente che viveva nei quartieri residenziali? Non volevano far sapere a nessuno dove si trovava? Jess aveva sempre vissuto in centro, sempre nello stesso quartie re, tranne durante il matrimonio con Don. Quando era piccola e suo padre lavorava per una catena di negozi che vendevano abiti da donna, avevano vissuto in una casa bifamiliare in Howe Street. Si erano trasferiti quando lei aveva dieci anni e suo padre era diventato direttore di un negozio, ed erano andati a vivere in una casa indipendente in Burling Street, a un isolato di distan za. Niente di straordinario, decisamente nulla a che vedere con Mies van der Rohe o Frank Lloyd Wright. Era soltanto comoda, il tipo di casa dove si contenti di tornare. L'amavano, pensavano che

vi avrebbero vissuto per sempre e poi, un pomeriggio d'ago sto, sua madre era uscita per andare dal medico e non era pi tornata. Da allora, ognuno aveva seguito strade separate. Maureen era tor nata ad Harvard, Jess era tornata alla facolt di Giurisprudenza e si era sposata con Don e suo padre aveva preso a viaggiare in Europa per lavoro con sempre maggiore frequenza. La casa una vol ta vissuta con tanto affetto era rimasta vuota e infine suo padre aveva trovato il coraggio di venderla. Non poteva pi sopportare di viverci da solo. E ora suo padre aveva un'altra donna. Jess non si sarebbe stupita di girare il prossimo angolo e di ri trovarsi ancora in Sheraton Road; quello che la stupiva davvero era che suo padre avesse aspettato otto lunghi anni. Le donne lo avevano sempre trovato attraente; si era un postempiato, ora, e la sua linea lasciava a desiderare, ma i begli occhi castani non avevano perso il loro fascino e aveva una risata che trascinava. Per un lungo periodo non c'erano pi state risate. Nei giorni e nei mesi che erano seguiti alla scomparsa di Laura Koster, Art Koster era stato sospettato di esserne il responsabi le. Anche se si trovava all'estero per lavoro quando lei era spa rita, la polizia non voleva escludere un suo possibile coinvolgi mento; sostenevano che avrebbe potuto ingaggiare qualcuno e ave vano iniziato a scavare nel rapporto della coppia, facendo doman de a vicini, amici e parenti, indagando nei suoi affari. Andavano d'accordo? Litigavano? Con che frequenza? Per i soldi? Per il tempo che lui trascorreva lontano da casa? Per altre don ne? 40 Certo che litigavano, aveva detto Art Koster, non spesso, ma for se pi spesso di quanto lui desiderasse. Niente di importante, non a causa dei soldi, neppure dei suoi viaggi di lavoro e di certo non per altre donne. Non c'erano altre donne, spieg alla polizia. Insistette per farsi sottoporre a un test della verit e lo supe r. La polizia sembr delusa, cos non ebbero altra scelta che credergli. Jess non aveva mai avuto dubbi sulla sua innocenza. Era semplice: qualunque cosa fosse accaduta a sua; madre, suo pa dre non c'entrava. Art Koster aveva impiegato anni per recuperare il ritmo della sua vita quotidiana. Per un podi tempo si era lasciato assorbire completamente dal suo lavoro, allontanandosi dagli amici fino a non vederli quasi pi. Aveva pochi rapporti sociali e non usciva quasi mai; si era trasferito in un appartamento sulle rive del Lago Michigan, passava ore a osservare l'acqua e le uniche perso ne che frequentava erano Jess, Don e Maureen, cercando di farsi forza l'un l'altro. Era stata probabilmente una particolare combinazione di eventi, il matrimonio di Maureen e il divorzio di Jess e Don, a riportare Art Koster alla sua vita normale. La notizia della separazione fra Jess e Don lo aveva sconvolto almeno quanto quella del loro fidanzamento; non che Don non gli fosse simpatico, gli piaceva, e molto, anche, ma avrebbe solo desiderato che Jess aspettasse an cora un po, era cos giovane. Aveva appena iniziato l'universit e Don era pi vecchio di lei di undici anni, con una vita gi molto organizzata. Jess aveva bisogno di tempo per stare da sola, le aveva suggerito, esprimendo, come era solito fare, quelli che erano stati anche i sentimenti di sua madre. Tuttavia, pi avanti le aveva confessato di essersi sentito sol levato all'idea che lei avesse qualcuno che l'amasse dopo la scomparsa della madre, gli aveva tolto parte della responsabili t. Cos Don aveva avuto cura della figlia minore di Art Koster, che si era dispiaciuto molto per la fine del loro matrimonio. Tuttavia era stato molto disponibile, aiutandola, come sempre, ed era stato l per lei, presente, pronto a rivestire di nuovo il suo ruolo paterno, portandola fuori a cena, a teatro, all'opera, assicurandosi che non si rintanasse nel suo appartamento, che non si seppellisse nel lavoro, come aveva fatto lui, cercando di fare in modo che si sentisse bene. Ma quella, doveva ammetterlo, era una battaglia persa. Poi Maureen aveva dato alla luce il suo primo nipote e Art d'un tratto era sembrato ritornare sereno. Forse era solo questione di tempo, pens Jess mentre

guidava in direzione nord, lontano dalla citt, lontano dai suoi problemi. Non che il tempo fosse quel grande guaritore che tutti dicevano, ma il tempo passava e alla fine non restava altra scelta che andare avanti con lui. Ora suo padre si era innamorato. Il campus della Northwestern University apparve d'un tratto alla sua destra. Jess oltrepass l'osservatorio con il suo telescopio gigante puntato verso lo spazio, gli alloggi, il teatro, il cen tro d'arte, i campi da tennis allagati. Continu oltre Lighthouse Beach, diede un'occhiata al tergicristallo difettoso all'altezza del faro che una volta avvertiva i marinai del pericolo delle rocce, poi gir in Central Street, proseguendo per alcuni isolati fino a Ridge Road. Risalendo la strada in leggera salita, pass 41 per la zona di El che, a detta di Barry, stava riportando la cri minalit nelle zone residenziali, super l'ospedale, il campo da golf municipale, attravers il fiume Chicago, oltrepass lo sta dio Dyche, dove la squadra di football della Northwestern Univer sity perdeva quasi sempre, super un chiosco di hot dog noto con il nome Custard's Lasi Stand e si avvicin alla zona dei teatri di Evanston, tutti nel raggio di circa un chilometro. La strada era piena di auto parcheggiate e Jess dovette fare il giro dell'isolato prima di trovare un posto libero. Erano quasi le dieci, la pizzeria in fondo alla strada era quasi vuota, la gelateria deserta. Non esattamente una serata da gelato, pens, ricordando il sapore dell'esotica mousse di pere con salsa di lamponi fatta da Maureen. No, non voleva pensare a sua sorella. Usc dalla macchina e corse verso il cinema, senza sapere che film proiettassero. Non le im portava, qualunque cosa sarebbe stata meglio che andare a casa e trovarsi ad affrontare le novit di quella sera. La vita di sua sorella era sua e basta, cos come quella di suo padre; lei dove va lasciarli vivere in libert, la stessa libert con cui aveva voluto vivere lei. "Per quale film?" le domand una giovane donna con una gonna a righe bianche e rosa e una cravatta rossa sulla camicia quando Jess le porse i soldi. Lei cerc di concentrarsi sulla lista dei film stampati a lettere bianche sulla lavagna nera alle spalle della ragazza, ma non riu sciva a leggere, le lettere si mischiavano e sembravano sfuggir le. "Non importa", rispose. "Qualunque cosa stia per cominciare." "Sono gi tutti iniziati." La ragazza parve confusa e annoiata allo stesso tempo. "Be, allora ne scelga lei uno. Ho dei problemi..." Si ferm, esitando. La ragazza alz le spalle, prese i soldi, batt dei numeri nel registratore di cassa e diede a Jess un biglietto per il film Hell Hounds. "Sala uno, alla sua sinistra", disse. " iniziato da dieci minuti." Non c'era nessuno, all'ingresso, pronto a strappare il suo bi glietto o a controllare che non entrasse nella sala sbagliata, nessuno a cui importasse quello che avrebbe fatto. Apr la porta della sala uno e si ritrov immersa in un'oscurit totale. Qualunque cosa stesse accadendo sullo schermo, doveva es sere di notte, non si vedeva niente. Jess attese alcuni istanti, in modo che i suoi occhi si abituas sero al buio, ma anche cos si accorse di non riuscire a vedere molto, allora procedette lentamente lungo il corridoio, sbircian do fra le file affollate alla ricerca di un posto. Per alcuni minuti le parve che non ce ne fossero. Certo, pens, mi ha venduto il biglietto per un cinema al completo, poi d'un tratto lo vide: un unico posto in mezzo alla quarta fila. Mentre cercava di infilarsi nella fila di gambe riluttanti nel farla passare, si ricord che era venerd sera, serata in cui tutte le coppie escono. "Si sieda", sussurr qualcuno dietro di lei con tono autoritario. "Quanto ci mette per sedersi, signorina?" "Scusate", mormor Jess, scavalcando ginocchia che si rifiutavano di muoversi. 42

Un istante dopo, aveva raggiunto il suo posto, ma non si tolse il cappotto per paura di suscitare altre proteste, perch intorno a lei voci innervosite stavano ancora facendo commenti. Sullo schermo, un giovane uomo, nei cui occhi azzurri si leggeva chiaramente la paura, stava fuggendo, inseguito, da una folla in ferocita, una massa di volti contorti dalla rabbia che gli grida va oscenit, ridendo quando inciampava e cadeva, scatenando dei pit bull contro di lui. Pochi secondi dopo, i cani raggiungevano l'uomo indifeso mentre si stava rimettendo in piedi e lo facevano ricadere a terra con grida di dolore. Jess vide le gigantesche fauci avventarsi sulla giugulare del giovane e il sangue inizi a schizzare da tutte le parti. Gli spettatori sembravano divertiti. Che cosa diavolo sto guardando? Chiuse gli occhi e li riapr sull'immagine di quello stesso uomo a letto con una bellissima donna, i cui lunghi capelli biondi le coprivano appena il seno nudo. Doveva trattarsi di un flashback o di una pronta guarigione, pens Jess, osservando un loro bacio appassionato. Che cos' accaduto al dialogo? si chiese. Per tutto il tempo da quando era entrata, nessuno sullo schermo aveva detto una parola. Si baciavano, si ammazzavano, fuggivano, fornicavano, ma nessuno parlava. Forse meglio cos, decise. Pensa come staremo tutti meglio, se nessuno dicesse mai una parola, riflette. Di certo il suo lavoro di pubblico ministero sarebbe stato molto pi facile, avrebbe potuto semplicemente sparare ai cattivi, invece di cerca re di convincere un giudice riluttante della loro colpevolezza. Per quanto riguardava i problemi famigliari, un bel destro alla mascella del suo noioso cognato avrebbe posto fine a ogni discus sione e non avrebbe mai dovuto ascoltare l'inquietante rivelazio ne di suo padre. Suo padre innamorato, pens di nuovo, immaginandolo apparire sul lo schermo e assumere le caratteristiche di quel giovane uomo. Ora era suo padre che teneva fra le braccia quella donna nuda, che la baciava sulle labbra, che accarezzava con le dita i suoi capelli biondi. Jess cerc di girare la testa, ma si accorse che non poteva e rimase seduta, paralizzata, prigioniera della pro pria immaginazione. Vide suo padre prendere il viso della donna fra le mani e i capelli di lei diventare castani, leggermente spruzzati di bianco, mentre ai lati della bocca della donna com parvero delle rughe e gli occhi diventarono verdi. Si volt e guard Jess oltre lo schermo e lei si rese conto che era sua quella che le sorrideva, la sua bellissima mamma. Jess si pieg in avanti sulla poltrona, le mani strette intorno al corpo, stringendosi forte. Poi un'altra donna, piccola e magra, con i capelli nerissimi, ve stita di chiffon e con un paio di sandali Birkenstock, inizi a danzare fra le braccia di suo padre, mentre l'immagine della ma dre, al bordo dello schermo, andava lentamente sbiadendo fino a scomparire. Sparita. Respirando a fatica, Jess abbass la testa, appoggiandola sulle ginocchia, e si tenne lo stomaco come se fosse stata colpita da un pugno. "Che cosa c', ora?" mormor qualcuno. 43 Jess cerc di risollevarsi, sentendo una contrazione al petto, mosse le spalle, inarc la schiena e si domand se ci fosse un modo di slacciarsi il reggiseno passando inosservata, ma decise che non c'era. Si sentiva accaldata, rossa in viso e le girava la testa. Era ovvio che aveva caldo e le girava la testa, aveva ancora ad dosso il cappotto, santo cielo! La sala era piena, erano pigiati come sardine: non c'era da stupirsi, se riusciva a malapena a re spirare. Era gi un miracolo che non fosse ancora svenuta. Jess si pieg in avanti e si sfil le maniche, togliendosi il cappot to. "Per l'amor del cielo", si lament una voce accanto a lei, "non pu stare un poferma?" "Mi spiace", bisbigli Jess. Aveva ancora caldo e si sentiva ros sa e frastornata; non era servito a nulla togliersi il cappotto.

Inizi allora a trafficare con il maglione per toglierselo. Blu, verde, turchese: di qualunque colore fosse quel dannato maglione, le teneva troppo caldo, la stava soffocando, le toglieva l'aria. Perch non riusciva a respirare? Si guard intorno cercando disperatamente un cartello che segna lasse l'uscita, con gli occhi che osservavano contemporaneamente in tutte le direzioni e lo stomaco che spingeva contro le costo le. La zuppa di tartaruga mi ha fregato, pens, tirando il collo del maglione e immaginandosi improvvisamente circondata da un ma re di tartarughe senza testa. Stava per vomitare? Oh no, ti prego, non farlo. Torn a guardare lo schermo: il giovanotto giaceva morto, a terra, il viso dila niato dai cani e quasi irriconoscibile, non sembrava nemmeno uma no. La folla, soddisfatta, lo abbandon sulla strada deserta. Sua madre aveva fatto una fine simile? Dilaniata e abbandonata al bordo di una strada desolata? Oppure era da qualche parte, seduta in un cinema come quello, guardando uno spettacolo altrettanto grottesco e chiedendosi se sarebbe mai potuta tornare a casa, se le sue figlie avrebbero mai potuto perdonarla per averle abbando nate? "Non ho bisogno di questo, Jess", aveva gridato il mattino della sua scomparsa. "Non ho bisogno di questo da te!" Jess sent la bile salirle alla gola, sent il sapore della zuppa di tartaruga misto al pollo e al gorgonzola. No, ti prego, non vomitare, preg, stringendo la mascella e digrignando i denti. Respira profondamente, si disse, ricordando il consiglio di Don, molti respiri profondi, con il diaframma, dentro e fuori, dentro e fuori. Non funzionava, nulla pareva funzionare. Aveva la fronte bagnata di sudore, sentiva le gocce scivolarle lungo le tempie; sarebbe stata male, avrebbe vomitato nel bel mezzo del film in una sala strapiena. No, no, per favore, non posso fare una cosa simile. Devo uscire. Balz in piedi. "Oh, no! Si sieda, signorina." "Che diavolo sta succedendo?" Jess afferr il cappotto, si fece largo nella fila fino al corri doio, calpestando i piedi, spingendo le spalle delle persone se dute nella fila di fronte a lei e pestando qualche ombrello. "Scusate", sussurr. "Sss!" 44 "Non torni!" "Scusate", ripet, rivolta a nessuno in particolare, correndo verso l'uscita e inghiottendo l'aria fresca. La ragazza alla cas sa la guard con sospetto, ma non disse nulla e lei corse fuori, verso l'auto. Pioveva ancora, pi forte di prima. Cerc la chiave nella borsetta, poi si sforz di infilarla nella serratura e, quando si sedette al volante, era fradicia, i capel li bagnati davanti agli occhi, il maglione incollato al corpo. Gett il cappotto sul sedile posteriore, si stese sui due sedili anteriori, lasciandosi rinfrescare dai vestiti bagnati, e in ghiott avidamente l'aria fredda della notte, assaporandola come se fosse stato un buon vino. Rest sdraiata cos e lentamente sent che il respiro tornava normale. Il panico diminu e infine scomparve. Allora si sedette e mise in moto l'auto. Il tergicristallo si azion subito, almeno una delle due spazzole, l'altra si mos: se appena, poi stridette sul vetro come il gesso sulla lavagna. Do veva farla riparare assolutamente, riusciva a malapena a vedere la strada. Uscendo dal parcheggio, si diresse a sud e accese la radio, ascoltando l voce di Mariah Carey risuonare nell'abitacolo dell'auto, facendo vibrare le portiere e i finestrini. Le parole dicevano qualcosa tipo: "sentire emozioni" e Jess si domand che cos'altro si potesse sentire, se non le emozioni. Non si accorse dell'auto bianca, fino a quando non se la vide ar rivare addosso. Istintivamente, sterz di lato, le ruote persero la presa sull'asfalto bagnato e

l'automobile si ferm dopo avere girato parecchie volte su se stessa. "Maledizione!" url sopra la voce incurante di Mariah Carey. "Brutto stupido, avresti potuto ucciderci tutti e due!" Ma l'auto se n'era gi andata e lei stava gridando all'aria. Quella era la seconda volta in un giorno che rischiava di essere ammazzata da un'auto bianca, la prima volta da una Chrysler, que sta volta... non ne era sicura. Avrebbe potuto essere anche quel la una Chrysler, immagin, cercando di ricordare le caratteristi che dell'auto, ma era fuggita troppo rapidamente e stava piovendo forte. Inoltre una delle spazzole del suo tergicristallo non fun zionava e, in ogni caso, che differenza avrebbe fatto? Probabil mente era colpa sua, non era concentrata su quello che stava fa cendo, non stava badando a dove andava. Era troppo preoccupata per altre cose, troppo preoccupata a non preoccuparsi di sua so rella, di suo padre, dei suoi attacchi di panico. Forse avrebbe dovuto chiamare Stephanie Banack, l'amica di Mau reen. Cerc nella tasca dei pantaloni il biglietto su cui sua so rella le aveva scritto il numero di telefono e l'indirizzo della psichiatra. Jess ricordava Stephanie Banack come il tipo della studiosa. Stephanie e sua sorella avevano studiato insieme alle superiori e si vedevano ancora con una certa frequenza. Jess non la vedeva da anni, aveva dimenticato che era diventata psichiatra ed era deci sa a non incontrarla. Non aveva bisogno di una psichiatra, ma di una buona dormita. 45 Central Street lasci il passo a Sheraton Road e Jess arriv a Lake Shore Drive; inizi a rilassarsi, sentendosi sempre meglio a mano a mano che si avvicinava a Lincoln Parie e a North Avenue. Sono quasi a casa, pens, notando che intanto la pioggia si stava trasformando in neve. Il suo appartamento occupava l'ultimo dei tre piani di un vecchio edificio in mattoni rossi in Orchard Street, vicino ad Armitage, in un vecchio quartiere in cui c'erano molte case, la maggior parte delle quali ristrutturate nel corso dell'ultimo decennio. Visti nell'insieme, gli edifici rappresentavano un gruppo eclet tico: alcuni erano grandi, altri piccoli, alcuni di mattoni, al tri con la facciata dipinta, un'accozzaglia di forme e di stili. La maggior parte dei residenti, ugualmente eclettici, parcheggia va l'auto sulla strada, esibendo ostentatamente i permessi di parcheggio sul cruscotto anteriore. La facciata di mattoni rossi della casa in cui Jess abitava era stata ripulita durante l'estate e gli stipiti esterni delle fine stre erano stati ridipinti di fresco. Jess si sentiva bene ogni volta che guardava la sua vecchia casa, sapendo quanto fosse sta ta fortunata a poter prendere in affitto l'ultimo piano. Se solo avesse l'ascensore, pens, anche se di solito non le pesava fare tre piani di scale. Quella sera, per, si sentiva le gambe stan che come se avesse corso per ore. Invece non correva pi da quando aveva divorziato. Prima, quando abitavano in Lake Shore Drive, lei e Don facevano jogging rego larmente, percorrendo tutta la distanza fra North Avenue e le spiagge di Oak Street. Ma era stato Don a insistere e lei aveva rinunciato subito, non appena si era trasferita, cos come aveva eliminato tre pasti completi al giorno e otto ore di sonno per notte. Sembrava che avesse rinunciato a tutto ci che era un bene per lei, incluso Don, pens in quel momento, accorgendosi che quella sarebbe stata una di quelle notti in cui le sarebbe pia ciuto tornare in un appartamento non vuoto. Parcheggi la sua vecchia Mustang rossa dietro la Lexus grigia della donna che viveva dall'altra parte della strada, e corse sotto la luce del lampione fino alla porta d'ingresso. veramen te neve? si domand, guardando verso il lampione. Apr la porta, entr nella piccola anticamera e accese la luce, richiudendosi la porta alle spalle. Alla sua destra c'era l'ingresso dell'apparta mento del pianterreno e davanti a lei tre piani di scale buie, coperte da una passatoia. Tastando con la mano la parete bianca, trov l'interruttore e inizi a salire, sentendo una musica provenire dall'appartamento del secondo pia no.

Incontrava raramente gli altri inquilini, che erano entrambi pro fessionisti, come lei: un architetto pluridivorziato che lavorava per il comune e un analista di sistemi, gay. Qualunque cosa fos se, l'analista di sistemi era uno di quei mestieri che Jess non avrebbe mai capito, indipendentemente dalla frequenza e dall'ab bondanza di particolari con cui le veniva spiegato. L'analista era un appassionato di jazz e le note di un sassofono l'accompagnarono fino alla porta. La luce dei pianerottoli, co mandata da un timer automatico, si spense un attimo prima che Jess infilasse la chiave nella serratura e, una volta dentro, le note tristi del sassofono furono sostituite da quelle molto pi allegre del suo canarino. 46 "Ciao, Fred", salut, chiudendo la porta e andando direttamente alla gabbia dell'uccellino. Si avvicin e appoggi le labbra alle sbarre. come fare visita a un amico in prigione, si disse. Alle sue spalle la radio, che quando usciva lasciava sempre accesa in sieme ad alcune luci, stava trasmettendo un vecchio motivo di To ni Jones. "Mi spiace di essere cos in ritardo, Freddy, ma, credimi, sei fortunato a restare a casa." Jess apr il frigorifero, prese una confezione di torta alla vaniglia, ne tagli una bella fetta e rimise la scatola al suo posto. "Mio cognato era in gran forma e io mi sono fatta coinvolgere ancora una volta", inizi, dirigen dosi verso la sala da pranzo. "Mio padre innamorato e sembra proprio che io non riesca a rallegrarmene. Per concludere, sta cominciando a nevicare e io l'ho preso come un affronto persona le. Sento che sto per avere una crisi di nervi." Ingoi il resto della torta. "Che cosa ne pensi, Fred? La tua padrona sta impaz zendo?" Il canarino saltellava avanti e indietro fra i due bastoncini della gabbia, ignorandola. "Giusto", disse lei, avvicinandosi al la finestra e guardando verso Orchard Street da dietro le tende. Una Chrysler bianca era parcheggiata proprio di fronte a casa sua. Jess trattenne il respiro, si ritrasse istintivamente dalla finestra e si appoggi al muro. Un'altra Chrysler bianca. Era gi l quando lei era rientrata? "Smettila di essere stupida", si disse ad alta voce per non sen tire il rumore dei battiti del suo cuore. Il canarino continu a cinguettare. "Ci saranno migliaia di Chrysler bianche in citt." Solo perch nella stessa giornata una aveva tentato di investir la, l'altra era quasi finita addosso alla sua auto e una terza era parcheggiata di fronte a casa sua, non doveva per forza pen sare che si trattasse della medesima auto, poteva anche essere una coincidenza. Certo, e non aveva mai nevicato prima di Hallo ween, pens, ricordando di non essere neppure sicura che l'auto che le era quasi andata addosso fosse una Chrysler. Fece qualche passo verso la finestra, sbirciando da dietro le tende: la Chrysler bianca era ancora l, un uomo era seduto immo bile al volante e i lampioni gettavano ombre strane sul suo viso. Guardava davanti a s e non verso le finestre di Jess e l'oscuri t, il maltempo e la distanza sembravano rendere minacciosi i suoi lineamenti. "Rick Ferguson?" si chiese Jess ad alta voce. Il suono di quel nome la fece correre fuori dal salotto, fino al la camera da letto. Apr la porta dell'armadio, si lasci cadere in ginocchio e prese a rovistare fra innumerevoli paia di scarpe, alcune ancora nuove, nella loro scatola. Dove diavolo l'ho messa? si chiese, alzandosi da terra e sbirciando in punta di piedi nel la mensola pi alta, dove teneva altre paia di scarpe vecchie e fuorimoda, ma troppo preziose per essere buttate via. "Dove l'ho messa quella maledetta pistola?" Con una mano fece cadere alcune scatole dalla mensola, proteggen dosi la testa mentre veniva colpita da una pioggia di scarpe. "Dov'?" grid, e intravide qualcosa di nero e lucente sotto la carta velina bianca. Si trattava di un paio di scarpe con il tacco alto, scopr, do mandandosi come aveva potuto comprare scarpe con un tacco simile, che aveva messo una volta sola.

47 Infine trov la pistola nascosta dietro a un paio di pantofole decorate con un enorme fiore di stoffa e i proiettili nascosti nella punta delle scarpe. Le tremavano le mani, mentre caricava i sei proiettili della Smith & Wesson calibro 30 che Don aveva in sistito per regalarle quando se n'era andata. "Consideralo un re galo di divorzio", le aveva detto, troncando ogni altra discus sione. Era rimasta in quella scatola di scarpe per quattro anni. Funzio ner ancora? si chiese Jess, domandandosi se anche le pistole avessero una data di scadenza, poi ritorn in salotto, spense la luce e il canarino smise improvvisamente di cantare. Jess si avvicin alla finestra, il braccio che teneva la pistola lungo il corpo. "Adesso non spararti nei piedi", si mise in guar dia, sentendosi tanto stupida quanto era spaventata e spostando le tende con mano tremante. Non c'era nessuno. Nessuna Chrysler bianca, nessuna automobile bianca di nessun tipo. Nulla eccetto la neve che lentamente stava ricoprendo l'erba e la strada, niente, solo una tranquilla strada residenziale. C'era mai stata un'auto bianca sotto la sua fine stra? "La tua padrona sta decisamente impazzendo", disse Jess al cana rino e lasciando la luce spenta. Copr la gabbia con un panno verde scuro, spense la radio e riport la pistola in camera, pie na di scarpe. Perch non aveva la passione per i francobolli? Accovacciata sul pavimento per rimettere ordine, si sentiva fra stornata. Non poteva dormire con tutta quella confusione, sempre ammesso che fosse riuscita a dormire. "Che notte!" esclam, osservando la pistola che teneva in mano. Sarebbe stata davvero capace di usarla? Alz le spalle, contenta di non potersi dare una risposta, e la rimise nella scatola da scarpe dietro le pantofole, ma poi la ritir fuori immediatamen te. Forse era meglio nasconderla in un altro posto un popi accessi bile, anche se non l'avrebbe mai usata. Solo per sentirsi pi al sicuro. Apr il cassetto del comodino e nascose la pistola nell'angolo in fondo, dietro un vecchio album di fotografie. "Solo per stanot te", disse ad alta voce, immaginando di sfuggire a un branco di pit bull assetati di sangue. Solo per stanotte. JESS fu la prima ad arrivare da Scoozi, in Huron Street. A diffe renza dei piccoli bar lungo California Street che lei e i suoi colleghi erano soliti frequentare, Scoozi era un vecchio magazzi no che era stato trasformato in un bar ristorante, con soffitti altissimi e finestre stile vecchia Chicago. Un gigantesco cande labro art deco pendeva al centro della grande stanza in stile ru stico toscano, dove erano sparsi numerosi tavolini di legno; su ogni lato del locale, alcuni separ nascondevano altri tavoli e musica italiana era diffusa da altoparlanti invisibili. Jess sti m che il locale poteva ospitare circa trecento persone; tutto sommato, quel ristorante era stata una scelta perfetta per fe steggiare il quarantunesimo compleanno di Leo Pameter. Jess non l'aveva pi visto da quando, un anno prima, aveva la sciato l'ufficio del procuratore di Stato per esercitare la pro fessione in privato. Era certa che l'unico motivo per cui era 48 stata invitata al suo compleanno fosse che tutto l'undicesimo e il dodicesimo piano erano stati invitati, ma non era altrettanto sicura del perch avesse accettato. Per fare qualcosa di diverso, suppose, sorridendo quando il di rettore di sala le disse che non era ancora arrivato nessuno per la festa e le chiese se voleva aspettare al bar. Nonostante fos sero solo le sei, il bar era gi affollato. Jess guard l'orologio, pi per fare qualcosa che per l'informazione che ne avrebbe ricavato, e si domand ancora una volta perch fosse an data l. Era l, ammise, perch Leo Pameter le era sempre piaciuto, anche se non avevano avuto modo di conoscersi bene, e le era dispiaciu to che se ne fosse andato. A differenza di altri colleghi, fra cui Greg Oliver, Leo Pameter era rispettoso e

gentile ed eserci tava un'influenza benefica su chi gli stava intorno, forse perch non permetteva mai che le sue ambizioni avessero il sopravvento sulle buone maniere. Era simpatico a tutti e quello era il motivo per cui tutti sarebbero andati alla sua festa quella sera. Jess si domand quante persone sarebbero intervenute, se la festa fos se stata in suo onore. Prese una manciata di salatini al formaggio, a forma di piccoli pesci, e se li mise in bocca, ma alcuni le caddero sul maglione. "Lasci che glieli raccolga io", disse in tono scherzoso una 'voce maschile che proveniva dallo sgabello accanto al suo. Jess si port immediatamente le mani al petto. "Grazie, posso farlo da sola." Il giovane aveva il collo massiccio, i capelli biondi e ricci e un torace poderoso che si intravedeva dalla camicia di seta ver de. Sembrava un giocatore di football. "Lei un giocatore di football?" chiese Jess, senza averne real mente l'intenzione, mentre raccoglieva i pesciolini al formaggio dal suo maglione. "Posso offrirle da bere, se dico di s?" chiese lui. Lei sorrise. Era piuttosto simpatico. "Sto aspettando una perso na", gli rispose, voltandosi. Non c'era posto nella sua vita per un tipo piuttosto simpatico. Che cosa le stava succedendo? si chiese, prendendo un'altra man ciata di salatini. Tutti non facevano altro che ripeterle che era una donna attraente, brillante, intelligente e che aveva talento. Era sana e libera. Eppure da mesi non usciva con nessuno. La sua vita sessuale era inesistente, la sua vita fuori dall'ufficio era inesistente e qui c'era un bel tipo, forse un potroppo robusto per i suoi gusti, ma nonostante ci attraente, che le stava chiedendo se poteva offrirle da bere e lei rispondeva di no. Si volt di nuovo verso il presunto giocatore di football,. ma questi era gi impegnato in una conversazione con una donna sedu ta accanto a lui dall'altra parte. Che rapidit, pens Jess, tos sendo e coprendosi la bocca con la mano in modo che nessuno no tasse il suo rossore. Che cosa aveva pensato? Aveva realmente preso in considerazione l'idea di farsi abbordare da uno scono sciuto in un bar solo perch era piuttosto simpatico e lei piut tosto sola? "Piuttosto stupido", mormor fra s. "Come, scusi?" chiese il barista. "Mi ha chiesto qualcosa da be re?" 49 Jess fiss gli occhi blu scuro del barista. "Un bicchiere di vino bianco, per favore." Prese un'altra manciata di pesciolini e se li ficc in bocca. "Dio, guarda che porcherie mangia", disse una voce alle sue spal le. Jess si gir, rovesciando altri pesci sulla gonna marrone, poi scese con un salto dallo sgabello. "Don! Non posso crederci!" Le braccia di Don la circondarono in un caldo e piacevole abbraccio e le dispiacque quando pochi secondi dopo lui la lasci. "Ancora una volta, non si tratta di una coincidenza come potresti pensare", le spieg. "Leo e io abbiamo frequentato la facolt di Giurisprudenza insieme. Ricordi?" "L'avevo dimenticato", ammise Jess. Ma era vero? Aveva forse in consciamente sperato che Don fosse l? Era forse quello il motivo per cui era venuta? Era lui la persona che aspettava, come aveva detto al presunto giocatore? "Sapevo che saresti arrivata per prima, cos siamo venuti presto anche noi per tenerti compagnia." Noi? La parola colp le orecchie di Jess come le note di uno strumento scordato. "Jess, questa Trish McMillan", disse Don. Attir gentilmente a s una donna con i capelli corti e biondi e un ampio sorriso. "Trish, ti presento Jess." "Salve, Jess", disse la donna. " un piacere conoscerti,! ho sen tito tanto parlare di te." Jess mormor qualcosa, osservando le fossette sulle guance della donna e notando che teneva un braccio intorno alla vita di Don. "Che cosa stai bevendo?" chiese Don.

Jess prese il suo bicchiere dal banco. "Vino bianco." Ne sorseg gi un poe not che non aveva sapore. Trish McMillan rise e Don sorrise. Jess si sentiva a disagio, non aveva detto nulla di divertente. Senza farsi notare, controll di non avere altri pesci attaccati al maglione, magari proprio sul seno, ma non ce n'erano. Forse Trish MecMillan era una di quelle persone sempre felici che ridevano senza motivo. Don aveva ragio ne, aveva una risata maliziosa, come se sapesse qualcosa che il resto del mondo non sapeva, che Jess non sapeva. Bevve un altro sorso di vino. "Due bicchieri di vino della casa", ordin Don al barista, "Offro io", insistette poi quando Jess inizi a cercare il portafogli nella borsetta. "Sei sola?" Jess alz le spalle. La domanda non aveva bisogno di una rispo sta, perch glielo aveva chiesto? "Non ho pi visto Leo da quando ha lasciato il dipartimento", disse Jess, sentendo di dover dire qualcosa. "Se la passa molto bene", rispose Don. "E'andato a lavorare con Remington e Faskin, come saprai." Remington Faskin, Carter e Bloom era uno studio legale piccolo ma molto prestigioso a Chica go. "Sembra molto contento del nuovo lavoro." "E tu che cosa fai?" domand Jess a Trish McMillan, fingendo di non notare che teneva un braccio intorno alla vita di Don. "Sono insegnante." Jess annu, niente di eccezionale. "Be, non una semplice insegnante", intervenne Don orgoglioso, "Trish insegna al Children Memorial Hospital, nel; reparto di neurochirurgia e in quello di dialisi." 50 "Non capisco", disse Jess. "Che cosa insegni?" "Tutto", rispose Trish, ridendo sopra il chiasso crescente del ristorante. Tutto, naturalmente, pens Jess. "Insegno ai bambini di et compresa fra i cinque e i dodici anni che sono legati a una macchina per la dialisi o a quelli che han no subito operazioni al cervello; insomma, quelli che rimangono ricoverati per lunghi periodi." "Un lavoro piuttosto deprimente." "Pu esserlo, ma io cerco di non farmi abbattere." Rise di nuovo, i suoi occhi lanciarono altre scintille e le fossette sulle guan ce si fecero pi profonde. Jess faceva fatica a non odiarla. Ma dre Teresa con i capelli corti e biondi e una risata maliziosa. Jess fece per bere un altro sorso di vino, ma si rese conto che era finito; allora fece cenno al barista di servirgliene un altro e insistette per pagarlo. "Ho saputo che hai avuto un'udienza rovente, questo pomeriggio", disse Don.. "Come lo hai saputo?" "Le voci corrono." "Hal Bristol ha un bel coraggio a cercare di convincermi che si trattato di omicidio involontario due settimane prima del proces so." Jess si accorse del suo tono incollerito. Si rivolse a Trish cos d'improvviso che la fece trasalire. "Un bastardo spara alla sua ex moglie perforandole il cuore con una balestra e il suo av vocato cerca di convincermi che si trattato di un incidente." Trish McMillan non disse nulla, ma le pupille dei suoi occhi scu ri si dilatarono. "Bristol sostiene che stato un incidente?" Persino Don sembrava sorpreso. "Sostiene che il suo cliente non aveva intenzione di spararle, soltanto farla spaventare un po. E perch no? Voglio dire, lei ha provocato quel poveraccio oltre ogni limite, giusto? Che altra scelta aveva lui, se non comprarsi una balestra e una freccia e spararle proprio nel mezzo di una discussione animata?" "Sai bene che Bristol forse stava cercando di convincerti a scen dere a un compromesso." "Non ci sono compromessi." Don sorrise tristemente. "Con te non ci sono mai." Strinse Trish McMillan al suo fianco.

Jess fin il secondo bicchiere di vino. "Sono contenta che tu sia qui", disse con il tono pi professionale che le riusc, "volevo chiederti una cosa." "Spara." Jess rivide se stessa dietro le pesanti tende della finestra del salotto del suo appartamento, lo sguardo fisso su Orchard Street e la pistola in mano. Avrebbe voluto che Don avesse scelto un'al tra parola. "Che automobile ha Rick Ferguson?" Don le si avvicin. "Come hai detto, scusa?" Jess alz il tono di voce. "Rick Ferguson ha una Chrysler bian ca?" Don non nascose la sua sorpresa. "Perch?" "Ce l'ha?" "Credo di s", rispose Don. "Ripeto, perch?" Jess sent che il bicchiere vuoto iniziava a tremarle fra le mani e se lo port alle labbra, trattenendolo con i denti. 51 Poi ci fu un'improvvisa esplosione di suoni, voci che gridavano saluti e congratulazioni, strette di mano e, un istante dopo, Jess si ritrov in un soppalco al lato del bar, con un altro bic chiere in mano e una festa ormai iniziata intorno. "Ho saputo che hai detto il fatto suo al vecchio Bristol",; Greg Oliver stava gridando sopra il baccano. Jess non disse nulla, cercando Don in mezzo alla folla e sentendo la risata di Trish risuonare nell'aria, dalla parte opposta del soppalco. "Vedo che le voci corrono", disse, usando la frase di Don e guar dando il suo ex marito che presentava la sua nuova ragazza al re sto della compagnia. "Allora, com' la storia? Hai intenzione di accordarti per omici dio di secondo grado e di risparmiare ai contribuenti le spese di un lungo processo?" "A quanto pare, dubiti che riesca a ottenere una condanna", af ferm Jess, sentendo una stretta allo stomaco per la disperazio ne. Doveva sempre dirle quello che lei non voleva sentire? "Per omicidio di secondo grado, forse s. Omicidio di primo? Mai." Lei scosse la testa, disgustata. "Quell'uomo ha assassinato sua moglie a sangue freddo." "Era fuori di s, sua moglie aveva una relazione, lo aveva osses sionato per settimane a proposito dei suoi fallimenti come uomo. stato troppo, hanno avuto una lite tremenda. Lei gli ha detto che lo avrebbe lasciato, che lui non avrebbe mai pi rivisto i suoi figli, che gli avrebbe portato via tutto quello che possede va e lui si solo rivoltato." "Quell'uomo era un violento che non ha saputo sopportare il fatto che sua moglie avesse finalmente trovato il coraggio di piantar lo", contrattacc Jess. "Non cercare di convincermi che stato un crimine passionale, perch stato un omicidio, puro e sempli ce." "Non cos puro", afferm Greg Oliver. " tutto, ma non semplice." Fece una pausa, attendendo che Jess replicasse, poi continu: "Lei aveva messo in ridicolo le sue capacit sessuali, ricordalo, molti giurati uomini lo capiranno e saranno pronti a giustificare la sua reazione". "Allora, fammi capire", disse Jess, finendo il vino e afferrando un altro bicchiere dal vassoio di un cameriere che le passava ac canto, "pensi che sia accettabile che un uomo uccida la moglie, se lei insulta la sua preziosa virilit?" "Penso che Bristol potr convincere la giuria di questo." Jess scosse la testa, disgustata. "Che cos', si aperta la cac cia alle donne?" "Ti sto soltanto mettendo in guardia. Avevo ragione sul caso Bar nowski, ricordi?" Jess si guard intorno, sperando di vedere qualcuno a cui poter fare un cenno, qualcuno con cui parlare: nessuno. Tutti sembrava no accoppiati o gi impegnati in piacevoli conversazioni e nessu no guardava verso di lei.

Era colpa sua, non era facile per lei farsi degli amici, non lo era mai stato. Era troppo seria, troppo profonda, impauri va le persone, le metteva a disagio. Aveva sempre fatto molta fatica 52 per farsi degli amici ed era stato ancora pi difficile mantener li; alla fine ci aveva rinunciato e si era messa a lavorare dura mente. "Sei molto carina stasera", le stava dicendo Greg Oliver, avvi cinandosi fino a sfiorarle i capelli con le labbra. Jess si volt di scatto, sbattendo i capelli in faccia a Greg. "Dov' tua moglie?" gli domand a voce alta, in modo che le per sone vicine la sentissero, poi si alz e si allontan, senza ave re idea di dove stesse andando. Trascorse i successivi quindici minuti conversando con i camerie ri. Non riusciva a capire molte delle cose che dicevano perch il locale era affollatissimo, ma riusc a sembrare interessata e ad annuire educatamente a intervalli appropriati. "Vacci piano con l'alcol", le sussurr Don, arrivando di soppiat to alle sue spalle. Jess tir indietro la testa e si appoggi al suo petto. "Dov' Madre Teresa?" chiese. "Chi?" "Teresa", ripet lei testardamente. "Vuoi dire Trish?" "Trish, s, scusa." " andata in bagno. Jess, perch mi hai chiesto dell'auto di Rick Ferguson?" Lei glielo disse. Gli raccont dell'investimento che aveva evi tato per poco in Michigan Avenue, dell'incidente schivato a Evan ston e dell'auto bianca sotto la sua finestra. Sul viso di Don si dipinsero in rapida successione interesse, preoccupazione e col lera. La sua reazione fu tipicamente pratica. "Hai preso il numero di targa?" Jess rimase di stucco, rendendosi conto di non averci neppure pensato. " successo tutto cos in fretta", disse, e quella scusa sembr stupida persino a lei. "Ci sono molte Chrysler bianche a Chicago", le disse Don e lei annu, "ma controller lo stesso e parler con il mio cliente. Non posso credere che abbia fatto un errore tanto stupi do, quando siamo cos vicini al processo." "Spero che tu abbia ragione." Jess ud la risata di Trish e vide il suo braccio scivolare in torno alla vita di Don, reclamando il proprio territorio. Si vol t e la stanza parve girarle intorno. Una giovane donna si stava dirigendo con aria sicura sul soppalco, con un grande registrato re fra le mani, ma c'era qualcosa di insolito nel suo aspetto, sembrava fuori posto. Era truccata pesantemente e il trucco sem brava nascondere una certa disperazione, come se stesse cercando di celare la sua vera identit. Vacillava su un paio di tacchi altissimi e indossava un vecchio impermeabile, troppo grande per lei. Jess la osserv mentre si avvicinava al festeggiato: sembra va spaventata. "Leo Pameter?" chiese la ragazza, con la voce che sembrava quella di una bambina smarrita. Leo Pameter annu. La ragazza, il cui viso era incorniciato da una cascata di ric cioli scuri, azion il registratore e subito nella stanza rie cheggi la tipica musica che accompagna uno spogliarello. 53 "Buon compleanno Leo Pameter!" esclam la ragazza, gettando l'im permeabile e ballando per il soppalco con un minuscolo completino di reggiseno e mutandine, giarrettiera e calze.

Ci furono grida da parte degli uomini e risate imbarazzate da parte delle donne, mentre la ragazza agitava i seni enormi in di rezione degli spettatori prima di concentrare la sua carica d'e nergia verso il povero festeggiato. "Mio Dio!" mormor Jess, rifugiandosi nel suo bicchiere. "Quelle non possono essere vere!" esclam Trish. Jess alz lo sguardo solo quando la musica si interruppe e vide la ragazza nuda, tranne che per un minuscolo tanga, di fronte a Leo Pameter, che ebbe il buon gusto di assumere un atteggiamento imbarazzato. La ragazza si chin in avanti e lo baci sulla fron te. "Da parte di Greg Oliver", disse, poi raccolse rapidamente le sue cose, si gett l'impermeabile sulle spalle e si allontan, seguita da un applauso. "Divertente", borbott Jess, mentre Greg Oliver le si avvicinava. "Sei tu quella che ha bisogno di divertirsi, Jess." Greg la guard negli occhi, con aria di sfida. "Devi imparare a divertir ti, a lasciarti andare, a fare battute." Jess ingoi ci che rimaneva nel bicchiere, fece un profondo re spiro e si concentr per evitare che le si incrociassero gli oc chi. "Hai sentito di quel bambino prodigio nato al Northwestern Memorial Hospital?" domand, sentendo che molti occhi si puntava no su di lei. "Bambino prodigio?" ripet Greg, domandandosi che cosa c'entrasse con lui. "S", esclam Jess ad a.lta voce. "Oltre un pene aveva anche un cervello!" Un istante dopo, cadde a terra svenuta. "Davvero, Don, non necessario", stava dicendo Jess, "posso prendere un taxi." "Non essere sciocca, non ho intenzione di lasciarti tornare a ca sa da sola." "E che cosa ne fai di Madre Teresa?" "Trish", la corresse Don con enfasi. "Ci vediamo pi tardi a casa mia." "Mi dispiace, non volevo rovinarti la serata." "Non me l'hai rovinata, solo sali in auto." Jess si arrampic sul sedile anteriore della Mercedes nera e sen t la portiera chiudersi. Poi si appoggi al sedile di pelle nera e chiuse gli occhi, sentendo che Don stava prendendo posto al vo lante, metteva in moto e si allontanava. "Mi dispiace davvero", ripet, poi si blocc: aveva ragione lui, non le dispiaceva af fatto. Poco dopo, l'auto si ferm e Jess sent il rumore di una portiera che si apriva per poi richiudersi. Si trovavano di fronte a casa sua. Don gir intorno all'auto e and ad aprirle la portiera per aiutarla a scendere. "Accidenti, che rapidit", ud la propria voce che pronunciava quelle parole e si chiese quanto tempo fosse passato. "Pensi di poter camminare?" le domand Don. 54 Lei rispose di s, anche se non ne era sicura. Si appoggi a Don, sentendo le sue braccia che le circondavano la vita, e si lasci guidare fino alla porta d'ingresso. "Posso fare da sola", gli disse, guardandolo frugare nella sua borsetta per cercare la chiave. "Certo. Non t'importa se rimango qui a guardare, vero?" "Mi faresti un favore?" gli chiese, una volta che furono entrati nel portone e si ricord delle tre rampe di scale. "Vuoi che me ne vada?" "Vorrei che mi portassi di sopra." Don rise, le prese il braccio sinistro, lo fece passare dietro la sua spalla e la sorresse mentre risalivano le scale. "Jess, Jess, che cosa devo fare con te?" "Scommetto che lo dici a tutte le ragazze", borbott lei, mentre salivano lentamente. "Solo a quelle che si chiamano Jess." Che cosa diavolo le era preso per bere cos tanto? si domand, mentre arrancava su per le scale. Non era abituata, normalmente non beveva pi di un bicchiere di

vino a pasto. Che cosa le stava succedendo? E perch ultimamente sembrava porsi pi spesso quella domanda? "Sai", disse, ricordando la voce di Greg Oliver quando le aveva detto che avrebbe dovuto divertirsi, "non che a me non piaccia no gli uomini, con gli avvocati che ho qualche problema." "Stai cercando di dirmi qualcosa?" chiese Don. "E con i commercialisti", aggiunse Jess, ricordando suo cognato. Rimasero in silenzio fino a quando giunsero al terzo piano. Jess si sentiva come se avesse scalato l'Everest, aveva le gambe molli come gelatina e le ginocchia che si rifiutavano di stare ferme. Don continu a sostenerla anche mentre apriva la porta. Si sent un telefono che squillava. " il tuo telefono?" domand Don, aprendo la porta. Lo squillo si fece pi forte e prolungato. "Non rispondere", ordin Jess al suo ex marito, chiudendo gli oc chi per proteggersi dalla luce, mentre lui l'aiutava a stendersi sul divano. "Perch no?" Don guard verso la cucina, dove il telefono conti nuava a suonare con insistenza. "Potrebbe essere importante." "Non lo ." "Sai chi sta chiamando?" "Mio padre", gli disse Jess. "Sta cercando di farmi incontrare con la sua nuova amichetta, ma ho visto gi abbastanza amici per questa sera." "Tuo padre ha una ragazza?" "Be, non la definirei proprio una ragazza." Jess si raggomitol sul divano. "Sono un essere orribile", si lament, appoggiata a un cuscino di velluto. "Perch non posso semplicemente essere contenta per lui?" Il telefono continuava a squillare poi, d'un tratto, smise e Jess riapr gli occhi. Dov'era Don? "S?" lo sent dire dalla cucina e per un minuto pens che qual cun altro fosse entrato nell'appartamento. "Scusi", continu lui. "Non capisco che cosa sta dicendo, non potrebbe parlare pi len tamente?" "Ti avevo detto di non rispondere", disse Jess, barcollando verso la cucina e tendendo una mano verso il telefono. 55 Don le pass il ricevitore, corrugando la fronte. "E una donna, ma non riesco a capire una parola di quello che dice. Ha un ac cento foltissimo." Jess si sent improvvisamente sobria. La voce della donna l'aggred con violenza prima che avesse tempo di dire "pronto". "Mi dispiace. Che cosa? Chi parla?" Jess sent un vuoto allo stomaco. "Signora Gambala? la signora Gambala?" "Chi la signora Gambala?" "La madre di Connie DeVuono", sussurr Jess, mentre con la mano copriva il ricevitore. "Signora Gambala, si calmi, non riesco a capire... Che cosa? Che cosa significa che non tornata a casa?" Jess ascolt il resto del racconto in un silenzio costernato e, quando riagganci, tremava. Si volt verso Don. "Connie DeVuono non andata a prendere il figlio a casa di sua madre, dopo il lavoro", disse, con voce che rivelava la paura. " scomparsa." "NON posso credere di essere stata cos stupida!" "Jess..." "Cos stupida e cos maledettamente egocentrica!" "Egocentrica? Jess, per l'amor di Dio, vuoi dirmi di che cosa stai parlando?" "Ho immaginato che parlasse di me." "Chi? Di chi stai parlando?" "Rick Ferguson!" "Rick Ferguson? Jess, calmati." Don si spost dei capelli immagi nari dalla fronte, mentre la sua espressione oscillava fra una preoccupata curiosit e l'esasperazione. "Che cosa c'entra Rick Ferguson con tutto questo?" "Avanti, Don", Jess non fece nessun tentativo di nascondere tutta la sua impazienza all'ex marito. "Sai bene quanto me che Rick Ferguson il

responsabile della scomparsa di, Connie DeVuono, non cercare di convincermi del contrario. Non giocare con me, non ora. Questa non un'aula di tribunale." Cominci a camminare avanti e indietro dalla cucina al salotto, passando pi volte da vanti alla gabbia del suo canarino che saltava da un bastoncino all'altro come se, inconsciamente, la stesse imitando. Don era dietro di lei con le mani sollevate, cercando di farla calmare. "Jess, se solo potessi calmarti per mezzo secondo..." La prese per le spalle. "Se ti fermassi per mezzo secondo..." La forza delle sue mani la costrinse a smettere di camminare. Don la guard negli occhi fino a quando lei non pot fare altro che ri cambiare lo sguardo. "Allora, vuoi dirmi esattamente che cosa successo?" "Rick Ferguson..." inizi lei. Lui la interruppe subito. "Non quello che tu pensi sia successo, quello che sai che successo." Jess respir profondamente, liberandosi dalla sua stretta. "Con nie DeVuono ha telefonato a sua madre alle quattro e mezzo circa di questo pomeriggio per dirle che stava uscendo dall'ufficio e che sarebbe passata dopo venti minuti a riprendere suo figlio. Il suo bambino gioca a hochey tutti i luned alle cinque e mezzo e devono sempre correre per arrivare in tempo." "La madre di Connie le guarda il bambino?" Jess annu. "Steffan va a casa sua quando esce da scuola e aspet ta che sua madre lo vada a prendere quando ha finito di lavora re.. Connie telefona sempre prima di uscire e anche oggi ha chia mato, ma non mai arrivata." 56 L'espressione degli occhi di Don le fece comprendere che si aspettava di pi. "E tutto", disse Jess e le parve di sentire Don sbuffare, sebbene lui rimanesse immobile e zitto. "D'accordo, allora quello che sappiamo", disse lui, ponendo un'enfasi particolare sull'ultima parola, " che Connie DeVuono non andata a prendere il figlio dopo il lavoro..." "Dopo avere chiamato per dire che stava arrivando", gli ricord Jess. "E non sappiamo se qualcuno l'ha vista uscire dall'ufficio, di che umore era, se ha detto a qualcuno che si sarebbe fermata da qualche parte..." "Non sappiamo nulla e la polizia non inizier le indagini prima di quarantotto ore dalla scomparsa, lo sai." "Non sappiamo se fosse depressa o in uno stato ansioso." "Naturalmente era depressa e ansiosa: stata violentata e pic chiata. L'uomo che l'ha aggredita ha convinto il giudice di essere un cittadino modello, ben inserito nella vita sociale! della sua comunit, l'unico sostegno della madre anziana e altre balle del genere, quindi stato liberato su cauzione. Connie De Vuono avrebbe dovuto testimoniare la settimana prossima e il tuo cliente ha minacciato di ucciderla, se solo ci avesse provato. Puoi ben dirlo che era depressa e ansiosa! In realt era spaven tata a morte!" Jess sent la sua voce diventare acuta e il suo canarino inizi a cantare. "Cos spaventata da scappare?" Don sottoline l'importanza della sua domanda aggrottando le sopracciglia. Jess stava per rispondere, ma si ferm, ingoiando le parole : prima di pronunciarle. Ricord Connie DeVuono nel suo ufficio, la settimana prima, quanto era spaventata e ben decisa a non testi moniare. Lei l'aveva convinta a fare il contrario, l'aveva per suasa ad andare contro il proprio giudizio e a sfidare il suo persecutore in "un'aula di giustizia. Doveva almeno ammettere la possibilit che Connie avesse di nuovo cambiato idea, decidendo di non testimoniare^ perch i rischi erano troppo grandi. Poteva essersi sentita in imbarazzo e non avere informato subito Jess della sua deci sione, o poteva avere temuto che lei cercasse ancora di farle cambiare idea, sentendosi in colpa per la propria mancanza di coraggio. Che strano, pens, quante volte l'innocente soffre pi del colpevole. "Non avrebbe mai lasciato suo figlio", rispose poi Jess a bassa voce, e le parole le uscirono di bocca senza che avesse avuto l'intenzione di pronunciarle. "Forse ha solo bisogno di un podi tempo per schiarirsi le

idee." "Non avrebbe mai lasciato suo figlio." "Probabilmente sar in un albergo da qualche parte. Fra. un gior no o due, quando si sar calmata, quando si sar riposata, deci der che cosa vuole fare e ti chiamer." "Non mi stai ascoltando." Jess and alla finestra e guard fuori: chiazze di neve ricoprivano l'erba e i marciapiedi come tanti to vaglioli di carta strappati. Don si avvicin e le massaggi il collo con le sue mani 57 forti, poi, d'improvviso, si ferm e le appoggi le mani sulle spalle. A Jess pareva quasi di udire i suoi pensieri, di sentire il rumore delle parole che andava elaborando prima di pronunciar le. "Jess", inizi, parlando lentamente, con toni pacati, "non tutti quelli che non arrivano quando tu li aspetti scompaiono per sem pre." Nessuno dei due si mosse. Sullo sfondo, il canarino saltellava da una parte all'altra della gabbia al ritmo di una canzone dei Beatles. Jess cerc di parlare, ma un nodo le stringeva la gola. Infine riusc a pronunciare quelle parole. "Non si tratta di mia madre", disse con cautela. Segu un altro silenzio. "Davvero?" Jess si allontan da lui e si lasci cadere sul divano, nascon dendosi il viso fra le mani. Soltanto il piede destro tradiva la sua ansia, muovendosi senza posa. Alz lo sguardo quando sent Don sedersi accanto a s e prenderle le mani nelle sue. " tutta colpa mia", ricominci. "Jess..." "No, per favore, non cercare di dire che non cos. colpa mia, lo so, lo accetto. Sono stata io a convincerla a testimoniare quando lei in realt non voleva, sono io quella che ha fatto pressione, che le ha promesso che sarebbe andato tutto bene. 'Chi penser a mio figlio?'mi ha chiesto e io le ho risposto delle stupidaggini. Lei per era preoccupata, sapeva che Rick Ferguson diceva sul serio." "Jess..." "Sapeva che l'avrebbe uccisa, se non avesse ritirato le accuse a suo carico." "Jess, stai andando troppo in fretta. Quella donna scomparsa da meno di sei ore e non sappiamo ancora se morta, per l'amor del cielo." "Ed ero anche cos orgogliosa di me, della mia abilit di ribal tare le situazioni, di convincere quella povera donna spaventata che doveva testimoniare, che sarebbe stata al sicuro solo se avesse testimoniato. Oh, s, ero cos orgogliosa di me stessa. E un caso importante per me, dopotutto, un'altra potenziale vitto ria per il mio curriculum." "Jess, hai fatto quello che chiunque altro avrebbe fatto." "Ho fatto quello che qualunque altro avvocato dell'accusa avreb be fatto! Se solo avessi avuto un briciolo di compassione per quella donna, le avrei detto di ritirare le accuse e scappare." Balz in piedi. "Io ho parlato con quel bastardo! L'ho messo in guardia, gli ho intimato di stare alla larga da Connie. E lui mi ha detto, proprio a me, anche se ero troppo presa dai miei pen sieri per ascoltarlo veramente, che la gen te che gli dava fasti dio aveva uno strano modo di scomparire. Io ho immaginato che stesse minacciando me! Chi altro avrebbe potuto minacciare? Il mondo non ruota forse intorno a Jess Koster?" Rise, una risata amara, fredda, che sembr condensarsi nell'aria. "Solo che non stava parlando affatto di me, ma di Connie, e ora lei se n' an data. Scomparsa, proprio come lui aveva minacciato." "Jess..." 58

"Perci non provare a convincermi che il tuo cliente non ha nulla a che vedere con la sua scomparsa! Non cercare di convincermi che Connie avrebbe abbandonato suo figlio, anche solo per un giorno o due, perch io so che non lo avrebbe fatto. Sappiamo tutti e due che Rick Ferguson responsabile di qualunque cosa sia accaduta a Connie DeVuono ed entrambi sappiamo che, se non accaduto un miracolo, a quest'ora gi morta." "Jess..." "Non lo sappiamo tutti e due, Don? Non sappiamo forse tutti e due che gi morta? S, lo sappiamo e dobbiamo trovarla." Le lacrime cominciarono a correrle lungo le guance e lei le asciug in fretta con il dorso della mano, cercando di scacciarle, ma altre scendevano sempre pi veloci. Don era in piedi accanto a lei, ma Jess si allontan rapidamente, non voleva essere consolata perch non lo meritava. "Dobbiamo trovare il suo corpo, Don", continu, iniziando a tre mare, "perch, se non lo facciamo, quel ragazzino passer il resto della sua vita domandandosi che cosa accaduto a sua madre. Passer anni credendo di vederla fra la folla, pen sando di averla vista, domandandosi che cosa ha fatto di tanto orribile da convincerla ad andarsene e a non tornare mai pi. E quando sar grande e sar in grado di accettare razionalmente la sua morte, non potr mai realmente crederci, una parte di lui continuer a farsi domande. Non riuscir mai a lasciarsi alle spalle quella storia, non potr mai soffrire nel modo in cui ha bisogno di soffrire per lei, nel modo in cui ha bisogno di sof frire per se stesso." Poi si ferm e permise a Don di prenderla fra le braccia, di tenerla stretta. "Deve esserci una spiegazio ne, Don. Deve esserci." Rimasero in piedi per alcuni minuti, cos vicini che il loro re spiro sembrava emanare da un unico corpo. Fu Don a parlare per primo. "Anche a me manca", disse a bassa voce e Jess cap che stava par lando di sua madre. "Pensavo che con il tempo sarebbe stato pi facile", disse Jess, lasciandosi guidare verso il divano. Si sedette, raggomitolata fra le braccia di Don, che cominci a cullarla con dolcezza. "Si solo allontanata", disse lui semplicemente. Lei sorrise tristemente. "Sono cos stanca." "Appoggia la testa sulla mia spalla", le propose Don e lei lo fe ce, grata che le venisse detto che cosa fare. "Ora chiudi gli oc chi e cerca di dormire." "Non posso dormire." Fece un debole tentativo di alzarsi. "Devo andare dalla signora Gambala." "La signora Gambala ti chiamer quando avr notizie di Connie. Sss, dormi ora." "E la tua ragazza?" "Trish grande, capir." "S, molto comprensiva." Jess si accorse che la sua voce era un sussurro e che stava per scivolare nel sonno; le si chiudevano gli occhi, per quanto si sforzasse di tenerli aperti. "Probabil mente perch lavora in ospedale." "Sss." "Sembra una persona buona." "Lo ." 59 "Non mi piace", disse Jess, chiudendo gli occhi senza pi cercare di aprirli. "Lo so." "Io non sono una persona buona." "Non lo sei mai stata", osserv Don. Lo sent sorridere. Avrebbe voluto sorridergli in risposta, ma non riusciva a con trollare i muscoli del viso; le sembrava che stessero cadendo verso il mento, cedendo alla forza di gravit. Un secondo dopo stava dormendo e un telefono suonava insistente mente. Apr gli occhi e si ritrov nella sala d'aspetto di uno studio medico. " per lei", disse il dottore, estraendo dalla suaf borsa un telefono nero. " sua madre." Jess prese il ricevitore. "Mamma, dove sei?" "Ho avuto un incidente", le rispose, "sono in ospedale."

"In ospedale?" "In neurochirurgia, mi hanno drogata con tutte queste medicine." "Arrivo subito." "Fai presto, non posso aspettare molto." Jess si ritrov improvvisamente davanti al Northwestern Memorial Hospital, con una folla di scioperanti che picchettavano l'edifi cio, impedendole di entrare. "Perch state protestando?" chiese Jess a una delle infermiere, una giovane donna con i capelli biondi e corti e delle fossette cos profonde che le deformavano le guance. "Doppiezza", le rispondeva semplicemente. "Non capisco", balbettava Jess, mentre un secondo dopo la tra sportavano nella sala affollata delle infermiere. Mezza dozzina di giovani donne con cappellini di crinolina bianca,! reggicalze e calze di nylon stavano in piedi dietro a un banco conversando seriamente; nessuna sembrava notare la sua presenza. "Sono qui per vedere mia madre", grid Jess. "Non pi qui", rispose una delle infermiere senza muovere le labbra. "Dov' andata?" Jess gir su se stessa e afferr per una manica un inserviente che passava di l. Il viso di Greg Oli ver apparve davanti a lei. "Tua madre se n' andata", le disse. " scomparsa." Un istante dopo Jess era in piedi davanti alla casa dei suoi ge nitori e una limousine bianca era parcheggiata all'angolo della strada. Rimase a guardare, mentre un uomo apriva la portiera del l'auto e usciva sul marciapiede. Era buio e Jess non ne vedeva il viso, ma lo sentiva avanzare verso di lei, lo sentiva salire le scale, le sue mani che la cercavano mentre lei apriva la porta, entrava e la richiudeva alle sue spalle. Il viso dell'uomo si schiacciava pesantemente contro il vetro e lei riconosceva il suo orrendo ghigno. Grid e il suo urlo la risvegli dal sogno. Balz in piedi, anna spando disperatamente nell'oscurit. Dov'era? Don le fu immediatamente accanto. "Jess, va tutto bene, stato solo un brutto sogno." Lentamente ricord tutto: la festa, il vino, Trish, la signora Gambala, Don. "Sei ancora qui", gli disse, grata, abbandonandosi fra le sue braccia e asciugandosi le lacrime e il sudore dalle guance cercando di calmare il battito impazzito del suo cuore. 60 "Respira profondamente", le consigli lui, come se fosse entrato nella sua mente, la voce impastata come se avesse avuto sonno. "Brava ragazza. Dentro e fuori, regolarmente. Cos, brava." " il mio solito incubo", sussurr Jess. "Ti ricordi? Quello in cui la morte mi sta aspettando." "Sai che non permetterei mai a nessuno di farti del male", la rassicur lui. "Andr tutto bene, te lo prometto." Proprio come sua madre, pens Jess, rannicchiandosi fra le sue braccia. Un'ora dopo, Don la port in camera da letto. "Credo che sia ora che tu vada a dormire. Posso lasciarti da sola?" Jess sorrise debolmente, mentre Don le rimboccava le coperte. Una parte di lei voleva che lui restasse, un'altra voleva che andasse via, come accadeva sempre quando erano insieme. Sarebbe mai riu scita a capire che cosa voleva? Sarebbe mai cresciuta? Senza una madre come poteva? "S, vai pure", lo rassicur, mentre lui si chinava a baciarla sulla fronte. "Don..." Lui non si mosse. "Sei un brav'uomo", gli disse. Lui rise. "Pensi che te lo ricorderai fra pochi giorni?" Era troppo stanca per chiedergli che cosa intendesse dire. "Brutto bastardo!" stava gridando meno di quarantott'ore dopo. "Stronzo, pezzo di merda!" "Jess, calmati!" urlava Don intorno al grande tavolo ovale, cer cando di mantenere una certa distanza dalla sua arrabbiatissima ex moglie. "Non posso proprio credere che tu mi abbia fatto un tiro del ge nere!"

"Puoi almeno abbassare la voce?" "Merda! Schifoso di uno schifoso!" "S, messaggio ricevuto, avvocato. Ora pensi di riuscire a cal marti, in modo che si possa discutere come due legali ragionevoli quali siamo?" Jess incroci le braccia e guard il pavimento. Si trovavano in una stanza senza finestre al secondo piano di una stazione di po lizia del centro di Chicago; nella stanza accanto, che era pi piccola e ancora pi claustrofobica, era seduto Rick Ferguson. Non aveva detto una sola parola da quando la polizia lo aveva ar restato per interrogarlo nelle prime ore della mattinata e, quan do Jess aveva cercato di fargli delle domande, aveva sbadigliato e chiuso gli occhi; non li aveva aperti nemmeno quando l'avevano ammanettato. Aveva manifestato un'indifferenza assoluta e in se guito indignazione, quando gli avevano chiesto che cosa avesse fatto a Connie DeVuono. Aveva dimostrato un certo interesse solo quando era arrivato il suo avvocato, che aveva minacciato di but tare gi la porta, se non gli fosse stato permesso di conferire con il suo cliente, i cui diritti, a suo giudizio, erano stati palese mente violati. "Non hai il diritto di stare qui", gli disse Jess, con voce bassa e ferma. "Potrei denunciare il tuo comportamento alla commissione disciplinare degli avvocati." "Se qualcuno deve denunciare qualcosa alla commissione discipli nare", replic Don, "quello sono io." "Tu?" Jess era quasi troppo indignata per parlare. 61 "Sei tu quella che ha violato l'etica professionale", le rispose Don. "Che cosa?" "Tu hai violato i canoni dell'etica professionale, Jess", ripet. "Non avevi nessun diritto di arrestare il mio cliente e senza dubbio non avevi il diritto di interrogarlo in assenza del suo legale." Jess dovette fare uno sforzo per mantenersi calma. "Il tuo clien te non in arresto." "Ah, ora capisco. chiuso a chiave in una stanza, ammanettato, perch l'ha chiesto lui. questo che stai cercando di dirmi?" "Non devo dirti niente, sto agendo nei miei diritti." "E che cosa mi dici dei diritti di Rick Ferguson? Oppure hai de ciso che, siccome non ti piace, non ne ha?" Jess strinse e rilass il pugno, afferrando la spalliera della sedia per sostenersi, per darsi il tempo di schiarirsi le idee. Guard il suo ex marito con rabbia appena nascosta, ma lui ignor il messaggio di quello sguardo e continu a parlare. "Fai arrestare il mio cliente, non gli leggi i suoi diritti e non gli permetti di chiamare il suo avvocato. E non che tu non sa pessi che aveva un avvocato, un avvocato che ti ha gi avvertita che il suo cliente non ha niente da dire. Lui sta esercitando il suo diritto di tacere e sai che questa la nostra linea di dife sa, stato messo a verbale. Ma questo non ti impedisce di met terlo in una situazione di imbarazzo al lavoro, facendolo arre stare e ammanettare... Jess, perdio, era proprio necessario?" "Credevo di s, il tuo cliente un uomo pericoloso e non stato molto collaborativo." "Non suo dovere collaborare, mentre tuo dovere fare in modo che venga trattato correttamente." "Lui ha forse trattato correttamente Connie DeVuono?" "Non questo il problema, ora", le ricord Don. "Tu hai trattato me correttamente?" Segu un momento di silenzio. "Tu mi hai usata, Don." Jess si accorse del tono ferito e incre dulo della sua voce. "Come hai potuto farmi questo?" "Come ho potuto farti che cosa? Che cosa pensi che ti abbia fat to?" Il viso di Don aveva un'espressione sinceramente confusa. Jess scosse la testa. Si stavano davvero parlando a quel modo?

"Tu eri con me quando Connie DeVuono scomparsa", inizi. "Sape vi che sospettavo di Rick Ferguson, che avevo, intenzione di farlo fermare dalla polizia..." "Sapevo che lo sospettavi, ma non avevo idea che volessi farlo arrestare", le disse Don. "Che cos'altro potevo avere in mente?" "Io pensavo almeno che aspettassi qualche giorno, Jess, quella donna scomparsa da meno di quarantotto ore." "Sai bene quanto me che non torner pi", rispose lei. "Non so proprio niente del genere." "Oh, per favore! Non offendere la mia intelligenza." ) "Non offendere tu la mia", ribatt lui. "Che cosa ti aspetti che faccia, Jess? Che ti dia carta bianca perch sei la mia ex mo glie? Faccio una bella fatica a fingere che tu sia un avvocato come un altro. Dovrei lasciare che i miei sentimenti per te pre valgano sulle responsabilit verso il mio cliente? questo che vorresti?" 62 Jess non disse nulla e guard il muro che separava le due stan zette. Aveva visto il ghigno sul volto di Rick Ferguson quando aveva lasciato la stanza per parlare con Don, sapeva che Ferguson capiva che cosa stava accadendo e che si divertiva nel vederla in una situazione imbarazzante. "Ora o accusi il mio cliente o lo liberi." "Liberarlo? Non ci penso nemmeno." "Allora lo arresti? E con quali accuse? Con quali prove? Tu sai bene che non hai nessun elemento per collegare Rick Ferguson alla scomparsa di Connie DeVuono." Jess si port le mani alla bocca e respir profondamente. Aveva ragione lui, lo sapeva, non aveva nessuna prova per giustificare un arresto. "Perdio, Don, non voglio arrestarlo, voglio solo par largli." "Ma il mio cliente non vuole parlare con te." "Potrebbe volerlo, se il suo avvocato la smettesse di interferi re." "Sai bene che non lo sto facendo, Jess." Fu lui a sospirare, que sta volta. "Per quanto mi riguarda, hai violato il quinto e il sesto emendamento, che garantiscono all'accusato il diritto al suo legale e quello di tacere, perci ho tutti i diritti di esse re qui." Jess non riusciva quasi a credere alle sue orecchie. "Dove vuoi andare a parare? Tu conosci la decisione della Corte Suprema quanto me: il decreto Miranda, che garantisce il diritto alla presenza di un avvocato, si applica solamente nel primo arresto, non si applica in occasione di infrazioni successive." "Forse s, forse no. Forse dovremmo lasciare giudicare alla com missione disciplinare la correttezza del tuo modo di agire e la sciare che sia una corte a giudicare i diritti di cui ancora gode il mio cliente, se ancora ne ha. Lascia che siano i tribunali a decidere se la Costituzione ancora viva e in buone condizioni nella contea di Cook!" "Un pezzo di bravura oratoria, avvocato", osserv lei, impressio nata suo malgrado. "In ogni caso, Jess", continu Don, addolcendosi, "devi avere dei buoni motivi per arrestare il mio cliente, e tu non li hai." Fece una pausa. "Allora, il mio cliente libero di andarsene o no?" Jess guard verso il muro che separava le due stanze; anche at traverso la porta chiusa, poteva sentire la soddisfazione di Rick Ferguson. "Come hai saputo che lo avevamo fermato?" gli chiese, sperando che la sua voce non lasciasse trapelare la delusione. "Sua madre mi ha chiamato in ufficio. Ha telefonato Rick sul lavoro e il suo principale le ha raccontato che cosa era accaduto." Jess scosse la testa. Non capitava forse sempre cos? Probabil mente era la prima volta che quella donna chiamava ilf figlio sul lavoro e proprio quel giorno! "Che cosa le preso, aveva finito l'alcol?" "Voglio conferire con il mio cliente, Jess", insistette Don, ignorando il suo sarcasmo. "Hai intenzione di lasciarmi parlare

con lui o no?" "Se te lo permetto, tu per gli dirai di stare tranquillo"^ con cesse Jess. "E se tu lo trattieni devi permettergli di parlare con me." "Questo uno scambio pari?" 63 "Questa la legge." "Non ho bisogno che tu me la insegni", replic Jess con amarezza, sapendo che sarebbe stato inutile continuare. Usc; nel corri doio, buss alla porta accanto e un poliziotto in uniforme l'apr quasi subito, facendoli entrare. Un altro agente in borghese, con un'espressione rassegnata sul viso, come se, sapesse gi quale sarebbe stato il risultato del colloquio, se ne stava in piedi contro il muro, tenendo in bocca un mozzicone di sigaretta spen ta. Rick Ferguson, vestito con un paio di jeans neri e una giacca di pelle marrone, era seduto su una minuscola sedia di legno e aveva le mani ammanettate. "Toglietegli quegli affari", ordin Don con impazienza. "Non ho detto niente, avvocato", gli disse Rick con gli occhi fissi su Jess. Lei fece un cenno al detective che, in risposta, annu. Un istan te dopo, Rick Ferguson fu liberato dalle manette. L'uomo non si stropicci i polsi n balz in piedi, come la mag gior parte dei detenuti, ma si alz lentamente, stiracchiandosi senza fretta, come un gatto che si appena svegliato da un piso lino. "Gliel'ho detto che non avevo niente da dire", ripet, guardando Jess, "ma non mi ha creduto." "Andiamo, Rick", disse Don, in piedi sulla porta. "Perch non mi credi mai, eh, Jess?" Rick Ferguson insistette sulla "s" finale del suo nome, producendo un suono simile a un sibilo. "Basta cos, Rick." Il fastidio nella voce di Don era inequivoca bile. "Per poco non mi faceva perdere Halloween", disse ancora l'uomo, mentre le sue labbra si increspavano nel solito ghigno e si pas sava la lingua oscenamente sui denti. "Scherzetto o dolcetto.". Senza una parola, Don tir bruscamente il suo cliente verso la porta e Jess ud l'eco della risata di Rick Ferguson per molto tempo dopo che lui fu uscito. "VOGLIO che sia accusato di omicidio", disse Jess al suo supervi sore. Dall'altra parte della scrivania, Tom Olinsky la guard attraver so i suoi occhialini rotondi, troppo piccoli per il suo viso paf futo. Era un omone enorme, alto un metro e novanta per almeno cento chili di peso e, di conseguenza, tutto intorno a lui sem brava sovrastato dalla sua presenza fisica. Gli occhiali da non nino, forse un tributo agli anni Sessanta, pur apparendo un postrani, lo rendevano pi umano e pi accessibile. Jess si agitava sull'ampia sedia di pelle di fronte all'enorme scrivania di Tom Olinsky; come lui, tutti i mobili del piccolo ufficio in fondo al corridoio parevano troppo grandi. Quando met teva piede in quella stanza, Jess si sentiva sempre come Alice dopo che ha mangiato il fungo magico, si sentiva sminuita, insi gnificante, inadeguata e cercava sempre di compensare quella sen sazione parlando pi forte, pi velocemente e pi del necessario. "Jess..." "So che cosa mi hai detto altre volte", disse con tenacia, "che senza un corpo..." "Senza un corpo ci rideranno dietro." Tom Olinsky fece il giro della scrivania. "Jess, so che pensi che quel tizio abbia commes so un omicidio, e probabilmente hai ragione, ma non abbiamo pro ve." 64 "Sappiamo che l'ha violentata e picchiata." "Cosa che non mai stata dimostrata in tribunale." "Perch lui l'ha uccisa prima che lei potesse testimoniare contro di lui." "Dimostralo." Jess butt indietro la testa e osserv il soffitto. Non aveva gi sostenuto la stessa discussione? "Rick Ferguson ha minacciato Connie, le ha detto che non sarebbe vissuta abbastanza a lungo da poter testimoniare."

"Questa solo la parola della donna." "Che cosa ne dici di quello che Ferguson ha detto a me?" chiese Jess, a voce troppo alta, con una chiara nota di disperazione. "Non abbastanza convincente." "Non abbastanza convincente? Che cosa intendi dire?" "Solo che non abbastanza convincente", ripet Olinsky, senza darsi la pena di riformulare la frase. "Non supereremmo un'udien za preliminare, tu lo sai bene quanto me." "Che cosa ne dici del gran giur?" "Persino il gran giur vorr delle prove che la donna sia morta!" "Ci sono stati numerosi casi di persone accusate di omicidio, an che senza che il cadavere fosse stato rinvenuto", gli ricord Jess testardamente. "E quante condanne?" Toni Olinsky fece una pausa, appoggiandosi alla scrivania e lei ebbe la sensazione di sentirla scricchiola re. "Jess, devo ricordarti che quest'uomo ha un alibi per il mo mento in cui Connie DeVuono sparita?" "Lo so, la sua cara mammina!" sbuff Jess. "Lui le fornisce l'al col e lei gli fornisce gli alibi." Tom Olinsky ritorn dietro la scrivania e si lasci andare lenta mente, fino a sedersi nella sua poltrona di pelle. "Non disse nulla, ma il suo silenzio era pi eloquente delle parole^ "E allora lasciamo che la faccia franca", disse Jess. " questo che mi stai dicendo?" Fece un gesto di disgusto con le mani e si alz voltando la testa, cos che lui non potesse ve dere le lacrime che le riempivano gli occhi. "Che cosa sta succedendo, Jess?" le chiese Tom Olinsky, mentre lei raggiungeva la porta. Jess si ferm e si asciug gli occhi prima di voltarsi verso di lui. "Che cosa intendi dire?" "Sei pi coinvolta in questo caso di quanto dovresti essere. Non fraintendermi", continu, "una delle cose che ti rendono speciale nel tuo mestiere l'empatia che sembri sviluppare verso la mag gior parte delle vittime. Ti permette di vedere cose che alla maggior parte di noi sfuggono e ti fa combattere con pi forza, ma ho la sensazione che in questo caso ci sia qualcosa di pi. Ho ragione? Vuoi dirmi di che cosa si tratta?" Jess alz le spalle, cercando disperatamente di non immaginare il viso di sua madre. "Forse solo che odio il lieto fine." Cerc di sorridere, ma non ci riusc. "Oppure apprezzo una buona lot ta." "Ma bisogna avere qualcosa contro cui combattere", le ricord Tom, "e noi non ce l'abbiamo. Un buon avvocato difensore, e il tuo ex marito un ottimo avvocato difensore, ci farebbe a pezzi in aula. Abbiamo bisogno di prove, Jess, abbiamo bisogno del cor po." 65 A Jess venne in mente l'immagine di Connie DeVuono, con gli occhi rossi, seduta di fronte a lei nella saletta delle riunioni. "Chi si prender cura di mio figlio?" le aveva chiesto. "Lo far lei?" Cerc di immaginarla distesa, senza vita, ai bordi di qualche strada deserta e l'immagine si form rapidamente nella sua mente, facendole venire voglia di vomitare e immediatamente strinse i denti fino a farsi male. Non disse nulla, annuendo come se accettasse l'evidenza, quindi lasci l'ufficio del supervisore. Le decorazioni di Halloween lungo i corridoi erano state rimosse e sostituite con una serie di tacchini e di pellegrini che annunciavano l'avvento del Rin graziamento. Jess torn nel suo ufficio, fermandosi solo a pren dere il cappotto e dire arrivederci ai suoi due colleghi, che la videro uscire cos presto con stupore. Erano solo le cinque ma, pur avendo moltissime cose da fare, dopo dieci giorni di "Davvero non posso", "Ho tantissimo lavoro" e una continua insistenza da parte di sua sorella, aveva finalmente ac consentito a conoscere Sherry Hasek, la nuova compagna di suo pa dre quella sera a cena, alle sette, al Bistro 110. "S, ci sar. Lo prometto", aveva finito per rispondere. Suo cognato e la nuova innamorata di suo padre, tutto in una se ra, due mal di testa al prezzo di uno. "Proprio quello che mi ci vuole", si lament Jess ad alta voce, sollevata nel vedere che era l'unica persona in ascensore. "Proprio quello di cui ho biso gno per terminare una giornata perfetta."

L'ascensore si ferm al piano successivo, lasciando entrare una donna, che fece in tempo a cogliere le ultime sillabe della frase di Jess, la quale si affrett a sbadigliare. "Una giornata pesante?" chiese la donna e lei per poco non si mi se a ridere. Gli eventi della giornata le si presentarono velocemente nella mente: rivide se stessa in piedi davanti al giudice Bari Harris e il suo ex marito a lato, che sosteneva il diritto del suo cliente a un rapido processo per avere aggredito Connie DeVuono. "La giu stizia posticipata giustizia negata", aveva tuonato. Rivide il ghigno di Rick Ferguson e sent la propria risposta: "Giudice, siamo costretti a chiedere una mozione perch oggi la testimone non disponibile per il processo". "Che giorno vorrebbe?" aveva chiesto il giudice Harris. "Giudice, ci conceda trenta giorni", aveva proposto lei. "Cos arriviamo molto vicini a Natale", le aveva ricordato il giudice. "S, vostro onore." "D'accordo, trenta giorni." "Speriamo che la vecchia si faccia viva fra trenta giorni", aveva detto Rick Ferguson, senza preoccuparsi di nascondere il tono di vertito della sua voce. "Detesto trascinare il culo fin qui per niente." Jess si appoggi alla parete dell'ascensore, ricordandosi che quella sera sarebbe dovuta tornare a casa con la sopraeleva ta, perch aveva portato la sua automobile dal meccanico. E dove va anche affrettarsi perch l'aspettavano al ristorante per le sette. Pens di prendere un taxi, ma sarebbe stato difficile trovarne uno a quell'ora, soprattutto fra la Ventiseiesima strada e Cali fornia Avenue, oppure avrebbe potuto chiamare Don. No, non lo 66 avrebbe fatto, era troppo in collera con lui, furiosa. Perch? Perch era stato obiettivo? Perch credeva alla possibilit che Rick Ferguson potesse essere innocente? Perch aveva impedito ai suoi sentimenti di soverchiare i diritti del suo cliente? Perch era un ottimo avvocato? S, si disse,; per tutte quelle cose. L'ascensore si ferm al pianterreno per fare entrare un gruppo di uomini di colore. "In culo!" esclam uno di loro mentre Jess sta va uscendo. Esatto, pens lei nascondendo la borsetta sotto il cappotto, men tre si affrettava ad attraversare l'anticamera per raggiungere le porte girevoli. Fuori faceva freddo, erano previste nevicate e Jess non si era ancora comprata dei nuovi stivali da neve. Si avvicin alla fer mata dell'autobus all'angolo e si sent sopraffare dai" pericoli che l'oscurit poteva nascondere: mendicanti, pazzi; che giravano con una bottiglia in mano e senza scarpe, imprecando contro demo ni invisibili, ragazzi drogati, spacciatori, prostitute. Erano tutti l, Jess lo sapeva, e aumentavano ogni anno. E come stare a guardare un cancro che cresce, pens, e si sent meglio vedendo arrivare l'autobus. Arriv fino all'incrocio fra California Avenue e l'Ottava. stra da, poi con il metr fino a State Street e infine prese la so praelevata. Con un sorriso pens che, se Don l'avesse vista, gli sarebbe preso un colpo. "Sei pazza?" Le pareva quasi di sentirlo. "Non sai quanto pericolosa la sopraelevata, soprattutto di se ra? Che cosa stai cercando di dimostrare?" Sto solo cercando di andare a casa, rispose in silenzio, rifiu tando di lasciarsi intimidire da qualcuno che non era nemmeno l. Il marciapiede della sopraelevata era affollato e rumoroso. Un ragazzino, passando, le diede uno spintone e non si preoccup mi nimamente di scusarsi. Una donna anziana le pest i piedi e poi si volt con lo sguardo indignato, come se si aspettasse le scuse di Jess. Corpi che tremano nella notte, pens, ciascuno ha paura dell'altro. come stare a guardare un cancro che cresce... Il pensiero si fece di nuovo strada nella sua mente, mentre l'imma gine di sua madre appariva lentamente sul finestrino anteriore del treno in arrivo. Il treno si ferm, Jess si sent spingere in avanti verso le por te e un istante dopo si ritrov seduta su un sedile di plastica, schiacciata fra un omone di

colore e un'anziana signora messicana con un'enorme borsa della spesa alla sua sinistra. Dopo il fi schio, il treno sobbalz e ripart, con i corpi che oscillavano a ogni movimento. Jess chiuse gli occhi e rivide se stessa da piccola, aggrappata alla mano di sua madre, in piedi sul marciapiede della sopraele vata. " solo un treno, tesoro", le aveva detto, prendendola in braccio, mentre il treno rombava verso di loro. "Non devi avere paura." Dov'ero io quando tu avevi tanta paura? si domand Jess. Dov'ero quando tu avevi bisogno di me? "Non ho certo bisogno di questo da te, Jess!" sent gridare sua madre e rivide le lacrime che rigavano il suo bel viso. Il treno fren, fermandosi alla stazione successiva, e Jess tenne gli oc chi chiusi, mentre riprendeva a sfrecciare nel centro della cit t. 67 Ricord la mattina del giorno in cui sua madre era scomparsa. Era una giornata caldissima, anche per il mese di agosto, e Jess era scesa in cucina in pantaloncini e maglietta. Suo padre era in viaggio d'affari e Maureen era in biblioteca, a prepararsi per tornare ad Harvard in autunno. Sua madre era in cucina accanto al telefono, vestita con un abito di lino bianco, accuratamente truccata e pettinata, pronta per uscire. "Dove vai?" le aveva chiesto Jess. Sua madre le aveva risposto con un certo nervosismo. "Da nessuna parte." "Da quando ti vesti cos per andare da nessuna parte?" Quelle parole le tornarono alla mente con il ritmo del treno. Da quando ti vesti cos per andare da nessuna parte? Da quando ti vest cos per andare da nessuna parte? Da quando ti vest cos per andare da nessuna parte? Il treno fren di colpo e Jess sent qualcosa caderle sulle gi nocchia, apr gli occhi e vide una donna anziana, di colore, che annaspava nel tentativo di rimettersi in piedi. "Mi scusi", disse la donna. "Non si preoccupi", le rispose Jess, prendendola per una mano e cercando di aiutarla. Fu in quel momento che lo vide. "Mio Dio!" "Le ho fatto male?" le chiese la donna. "Mi dispiace davvero, il treno ha frenato all'improvviso e ho perso l'equilibrio. Le ho pestato un piede?" "Sto bene", sussurr lei, con lo sguardo fisso oltre la donna, verso l'uomo che, a pochi passi di distanza, le rivolgeva un ghi gno beffardo. Rick Ferguson ricambi lo sguardo, poi scomparve dietro una folla di corpi. Forse non l'ho visto davvero, pens, sbirciando nella carrozza affollata, ricordando l'esperienza della Chrysler bianca davanti a casa. Forse la sua immaginazione le stava giocando un brutto scherzo. O forse no. No, si disse Jess, stanca di fingere che le cose stessero diver samente da come sapeva. Si alz e immediatamente qualcuno occup il suo sedile. Si fece largo verso l'altra estremit della car rozza. Era l, appoggiato alla porta, con gli stessi jeans neri e la stessa giacca di pelle marrone che indossava in tribunale, i ca pelli lunghi e sporchi legati in una coda di cavallo, gli occhi marroni e opachi che rispecchiavano il suo passato: una famiglia distrutta, un padre violento, una madre alcolizzata, la miseria, i problemi con la giustizia, i lavori massacranti in fabbrica, i licenziamenti, una lunga serie di relazioni fallite, la rabbia, l'amarezza, la frustrazione. E sempre quel ghigno a labbra strette, un sorriso senza gioia, sbagliato. "Mi scusi", sussurr Jess rivolgendosi a una signora dall'aspetto fragile che le bloccava il cammino, mentre un uomo si spostava per farla passare. Il sorriso di Rick Ferguson si fece pi espli cito quando la vide avvicinarsi. "Bene, bene", disse lui. "Eccoci qui." "Mi sta seguendo?" domand Jess, a voce alta perch le persone vicine potessero sentirla.

68 Lui rise. "Io? Seguirla? Perch dovrei farlo?" "Me lo dica lei." "Io non devo dirle niente", rispose lui, guardando verso il fine strino. "Cos mi ha detto il mio avvocato." Il treno rallent avvicinandosi alla fermata successiva. "Che cosa ci fa su questo treno?" insistette Jess. Lui non rispose. "Che cosa ci fa su questo treno?" torn a ripetere. "Faccio un giro." La sua voce era pigra, come se parlare gli co stasse un grande sforzo. "Dove?" chiese Jess. Di nuovo non rispose. "A che fermata scende?" Lui sorrise. "Non l'ho ancora deciso." "Voglio sapere dove sta andando." "Forse vado a casa." "Sua madre vive dalla parte opposta della citt." "E se non stessi andando da mia madre?" "Allora lei sta violando le regole della libert provvisoria e posso farla arrestare." "Le condizioni dicono che devo vivere con mia madre fino a quando sono fuori su cauzione e non dicono che non posso prendere la so praelevata", le ricord. "Che cosa ne ha fatto di Connie DeVuono?" gli domand Jess a bru ciapelo, sperando di coglierlo di sorpresa. Rick Ferguson alz lo sguardo verso il soffitto, come se stesse pensando a una risposta. "Obiezione!" esclam poi improvvisamen te. "Non penso che il mio avvocato approverebbe la domanda." Il treno sussult, fermandosi, e Jess perse l'equilibrio, cadendo in avanti e andando a sbattere contro Rick Ferguson. Lui l'affer r e le sue mani le strinsero le braccia con tale forza che lei sent quasi i lividi. "Mi lasci andare", grid. "Mi lasci andare subito!" Rick Ferguson alz le braccia. "Ehi, stavo solo cercando di aiu tarla." "Non ho bisogno del suo aiuto." "Mi sembrava che stesse cadendo", disse lui sistemandosi la giac ca, "e noi non vogliamo che le succeda nulla. Non adesso, non quando le cose si stanno facendo interessanti." "Che cosa significa?" Lui rise. "Be, che cosa ne sa lei?" disse, guardando fuori dal finestrino. "Io scendo qui." Si spinse fino alla porta. "Ci ve diamo", concluse, infilandosi nella porta proprio mentre si stava chiudendo. Mentre il treno si allontanava dalla stazione, Jess vide Rick Ferguson salutarla con la mano. Era seduta sul letto, gli abiti accuratamente posati accanto a lei, incapace di muoversi. Non sapeva da quanto tempo era l, da quanto era uscita dalla doccia, quanti minuti erano trascorsi da quando le sue gambe erano diventate rigide e il respiro si era fatto affannoso. "E ridicolo", si disse, "non puoi fare cos, ti stanno aspettando, farai tardi. Non puoi fare cos." Non riusciva a fare nulla. Non poteva muoversi. 69 "Avanti, Jess", si disse, "non essere sciocca. Devi muoverti, de vi vestirti." Guard l'abito di seta nera adagiato sul letto ac canto a lei. "Avanti, sai gi come vestirti, devi solo indossar lo." Non poteva, le sue mani si rifiutavano di muoversi. Tutto era iniziato come una sensazione di formicolio a un fianco mentre usciva dalla doccia; aveva cercato di scacciarlo sfregan dosi con l'asciugamano, ma presto si era diffuso allo stomaco e al petto, poi alle mani e ai piedi. In breve, re spirare era diventato doloroso, persino pensare le causava dolo re. Accanto al letto il telefono inizi a squillare.

Jess lo fiss, incapace di alzare il ricevitore. "Aiuto", sussur r, mentre il suo corpo tremava per il freddo, "vi prego, aiuta temi." Il telefono squill una, due, tre volte e al decimo squillo smi se. Jess chiuse gli occhi e sent la paura salirle alla gola. "Vi prego, aiutatemi", pianse ancora. "Aiutatemi, vi prego." Guard lo specchio davanti al letto: una bambina piccola e Impaurita ri cambi il suo sguardo. "Ti prego, mamma, aiutami", piangeva la bimba. "Promettimi che star bene." "Oh, Dio", si lament, piegandosi in avanti fino ad appoggiare la fronte sulle ginocchia. "Che cosa mi sta succedendo? Che cosa mi succede?" Il telefono ricominci a squillare. "Devo rispondere", disse. "Devo rispondere." Si costrinse a sollevarsi e tese il braccio verso il telefono, guardandolo come se appartenesse a un'altra persona, mentre af ferrava il ricevitore e se lo portava all'orecchio. "Pronto, Jess? Jess, sei l?" chiese la voce senza aspettare una risposta. "Maureen?" Il nome le usc dalla bocca come un sussurro dispera to. "Jess, dove sei stata? E che cosa ci fai ancora a casa? Dovresti essere qui!" Maureen sembrava molto nervosa. "Che ore sono?" "Sono quasi le otto e ti stiamo aspettando dalle sette. Stiamo morendo tutti di fame, per non parlare di come eravamo preoccupa ti. Ti abbiamo chiamato tantissime volte. Che cosa succede? Tu non sei mai in ritardo." "Sono appena tornata a casa", ment Jess, che aveva ancora le gambe insensibili. "Be, vieni subito." "Non posso", le disse Jess. "Che cosa?" "Ti prego, Maureen, solo che non posso. Non mi sento molto be ne." "Jess, lo hai promesso." ' ; "Lo so, ma..." "Niente ma." "Non posso, non posso proprio." "Jess..." "Ti prego, dia papa che mi dispiace molto, ma dovr conoscere quella signora un'altra volta." "Non farlo, Jess." 70 "Davvero, Maureen, credo di essermi presa un'influenza."! Sent sua sorella piangere. "Ti prego, Maureen, non piangere. Non l'ho fatto apposta. Avevo gi scelto il vestito e tutto, soltanto che non ce la faccio." Segu un breve silenzio. "Fai come vuoi", disse sua sorella e la comunicazione si interruppe. "Merda!" grid Jess, sbattendo il ricevitore e sentendosi im provvisamente normale. Balz in piedi. Che cosa diavolo stava fa cendo? Che cosa stava facendo a se stessa? Alla sua famiglia? Non odiava forse che la gente arrivasse in ritardo? Non faceva di tutto per arrivare sempre puntuale? Non era forse sempre la prima ad arrivare? Le otto, perdio! Era rimasta seduta sul letto per novanta minuti. Seduta sul letto, nuda con vestiti a fianco, in capace di indossarli, incapace di muoversi Novanta minuti... un'ora e mezzo. Il peggior attacco fino a quel momento, di certo il pi lungo. Che cosa sarebbe successo se avesse avuto un attacco del genere in tribunale, se fosse rimasta paralizzata durante un interrogatorio? Che cosa avrebbe fatto? Non poteva correre quel rischio, non poteva permettere che le ac cadesse. Doveva fare qualcosa, subito. And verso l'armadio, infil i pantaloni neri e cerc nelle ta sche, trovando il foglietto sul quale sua sorella le aveva! scritto il numero di telefono della sua amica psicanalista,!

Stephanie Banack. "Stephanie Banack", disse ad alta voce Jess, chiedendosi se una psicanalista avrebbe potuto aiutarla. "Chiamala e scoprilo." Inizi a comporre il numero e si ricord che erano quasi le otto. Troverai la segreteria telefonica ormai, si disse. Si stava do mandando se lasciare un messaggio o no, quando al primo squillo qualcuno rispose. "Stephanie Banack", disse la voce. "Ehm, la segreteria telefonica?" chiese Jess perplessa. Stephanie Banack rise. "No, sono quella vera, temo. Posso aiutar la?" "Sono Jess Koster", disse Jess. "La sorella di Maureen." Segu un attimo di silenzio. Poi: "Come stai, Jess? Tutto bene?" "Maureen sta bene, se mi stai chiedendo questo. Si tratta di me." Continu rapidamente, temendo di non farcela ad arrivare fino in fondo. "Mi chiedevo se avessi un podi tempo per vedermi... pre sto." "Trover il tempo", disse l'analista. "Che cosa ne dici di domani a mezzogiorno?" Jess esit, stupita, non pensava cos presto. "Avanti, Jess, non rinuncio al pranzo per chiunque." Jess annu. "Alle dodici", acconsent. "Ci sar." Lo studio di Stephanie Banack era in Michigan Avenue, nel centro della citt. "Deve passarsela piuttosto bene", bisbigli fra s Jess, mentre aspettava l'ascensore che l'avrebbe portata al quat tordicesimo piano. Erano molti anni che non vedeva Stephanie Ba nack, ma non aveva mai sentito il minimo desiderio di vederla n aveva mai capito la forte amicizia che legava Maureen a quella donna. C'erano tante cose di sua sorella che Jess non capiva, so prattutto ultimamente, ma quella era un'altra faccenda, che non aveva niente a che fare con il motivo della sua visita. Perch era andata l? 71 Si guard intorno nell'ingresso di marmi e specchi, cercando di darsi una risposta. Concluse che non aveva risposte n aveva una buona ragione per trovarsi l; stava sprecando il suo prezioso tempo e le sue energie in qualcosa di inutile. Guard l'orologio e vide che mancavano cinque minuti alle dodici, quindi aveva an cora tempo per chiamare e annullare l'appuntamento senza causare alcun problema serio all'amica di sua sorella. Stephanie le aveva detto che avrebbe rinunciato al pranzo per ri ceverla, ma ora non ce ne sarebbe stato bisogno, non l'avrebbe disturbata affatto e le avrebbe reso un favore. Jess stava guardandosi intorno alla ricerca di un telefono quando uno degli ascensori si apr e rimase l, vuoto, come se aspettasse. Sembrava che le dicesse: "Allora, che cos'hai inten zione di fare? Non ci sono telefoni e io non ti aspetter ancora a lungo". "Credo che verr con te", rispose Jess, contenta che non ci fosse nessuno in giro che potesse sentirla. "Parlo con gli ascensori e mi domando che cosa ci faccio qui?" Entr e le porte si richiuse ro dietro di lei; quando si riaprirono al quattordicesimo piano, Jess vide subito la targa d'ottone con il nome STEPHANIE BANACK e un prodigioso numero di titoli al seguito. Troppi, pens Jess, ricordando l'adolescente che accompagnava spesso sua sorella e incapace di immaginarla come una donna in grado di accumulare quella serie di titoli dietro al proprio no me. Deve soffrire di scarsa autostima, pens ancora. Tutti quei titoli di studio devono esserle costati una fortuna, mentre le sarebbe bastata un'operazione di chirurgia plastica al naso. Jess stava per afferrare la maniglia, quando la porta si apr e ne usc una ragazza con una coda di cavallo e delle profonde oc chiaie. Sorrise. "Lei Jess Koster?" chiese. Jess fece qualche passo indietro, domandandosi se era il caso di farsi riconoscere, poi annu senza parlare. "Sono la segretaria della dottoressa Banack. La dottoressa la sta aspettando, pu entrare." Tenne la porta aperta per lei e poi usc. Rimasta sola, Jess pen s che quello sarebbe stato il momento pi opportuno per andarse ne: da una cabina avrebbe

chiamato Stephanie e le avrebbe detto che non aveva bisogno di vederla, dopotutto, e non era necessario che saltasse il pasto per lei. "Devo andarmene di qui", mormor fra s. "Jess, sei tu?" La voce che proveniva dall'interno dello studio era chiara, amichevole e sicura. Jess non disse nulla e i suoi occhi fissarono la porta semichiu sa. "Jess?" Sent un movimento e vide apparire una donna sulla porta. "Jess?" domand incerta Stephanie, costringendo Jess a guardarla. "Mio Dio, come sei bella!" esclam lei. Le parole le uscirono di bocca prima che avesse la possibilit di frenarle. Stephanie Banack rise, un suono pieno che esprimeva una perfetta salute mentale, pens Jess, tendendo la mano per stringere quella che Stephanie le stava porgendo. "Immagino che tu non mi abbia pi rivista da quando mi sono fatta la plastica al naso." "Ti sei fatta la plastica al naso?" domand lei, sorpresa. "E mi sono schiarita i capelli. Dammi il cappotto." 72 L'aiut a togliersi il cappotto e, lo appese all'attaccapanni e, d'un tratto, Jess si sent nuda, nonostante il maglione pesante e la gonna di lana. Stephanie entr nel suo studio e la invit a fare altrettanto. "Vieni, Jess." Le delicate tonalit di grigio e di verde che Jess aveva notato nella sala d'aspetto continuavano anche all'interno dello studio; una grande scrivania in legno di quercia, su cui erano appoggiate varie fotografie in cornice, una delle quali rappresentava tre ragazzini sorridenti, era appoggiata al muro e di fronte a essa stava una sedia girevole. La luce che entrava dalla finestra creava bizzarri riflessi sulla serie di diplomi incorniciati e appesi sulla parete di fronte, ma ci che maggiormente attirava l'attenzione era la grande poltrona di pelle grigia con lo schie nale reclinabile. " davvero tantissimo tempo che non ci vediamo", le disse Stepha nie. "Come va?" "Bene." "Lavori sempre all'ufficio del procuratore di Stato?" "S." "Sei contenta?" "Molto." "Non sei sul banco degli accusati, Jess, non devi limitare le tue risposte a una sola parola." Stephanie indic la poltrona di pelle grigia, mentre si dirigeva verso la scrivania e sedeva, fa cendo ruotare la sedia verso di lei. Ma Jess rimase ostinatamente in piedi mentre notava l'atteggia mento orgoglioso delle spalle di Stephanie, il suo atteggiamento composto, il sorriso diretto e caldo. Jess si trovava nel posto sbagliato, non c'erano dubbi; si era aspettata una Stephanie to talmente diversa, con le spalle curve, vestita con una gonna lun ga e un maglione ampio, ed era rimasta sorpresa di trovarsi di fronte quella donna sicura di s, che indossava un elegante com pleto di Armani. Quella doveva essere un'altra Stephanie Banack, forse era una paziente che aveva ucciso la vera Stephanie per as sumerne l'identit. O forse era lei che doveva farsi ricoverare al pi presto in un reparto psichiatrico. Come le venivano certe idee? "Forse stato un errore." Riconobbe la propria voce che pronunciava quelle pa role. "Che cosa?" "Venire qui." "Che cosa te lo fa pensare?" Jess scosse la testa senza dire nulla. "Quando mi hai telefonato, ieri sera, mi sei sembrata molto agi tata." "Avevo avuto una reazione esagerata." "A che cosa?" Jess alz le spalle. "Non lo so di preciso." "Non mi sei mai sembrata il tipo di persona che ha reazioni esa gerate." "Forse non lo ero."

"Forse non lo sei nemmeno adesso." Jess fece qualche passo avanti e tocc lo schienale reclinabile della poltrona di pelle. "Hai parlato con Maureen?" "Di solito ci sentiamo una volta alla settimana." 73 Jess esit. "No, intendevo chiederti se mia sorella ha parlato con te." L'analista alz la testa con un movimento che a Jess ricord un amichevole cocher. "Non sono sicura di avere capito la tua doman da." "Di me", disse Jess. "Ti ha detto qualcosa di me?" "Alcune settimane fa mi ha detto che avresti potuto chiamare", rispose semplicemente Stephanie. "Che avevi qualche problema." "Ti ha detto di che cosa si tratta?" "Non penso che lo sappia." Jess si sedette sulla grande poltrona e si appoggi al morbido schienale di pelle. "Comodissima, questa poltrona." Stephanie annu. "Allora, dimmi, che cosa pensi di mia sorella in questo periodo?" chiese Jess, decidendo che, dal momento che si era accomodata, poteva fare quattro chiacchiere. "Trovo che sia meravigliosa, la maternit le si addice." "Lo pensi davvero?" "Tu no?" "Io penso che sia un posprecata." Jess guard verso la finestra. "Non che io pensi che curare un bambino sia una perdita di tem po", chiar, "solo che una persona con le capacit intellettuali di Maureen, per non parlare del lavoro a cui ha rinunciato, be, mi sembra che potrebbe fare di pi che cambiare pannolini e sod disfare tutti i desideri gastronomici del marito." Stephanie si pieg in avanti. "Pensi che Maureen soddisfi tutti i capricci di Barry?" "Tu no?" Stephanie sorrise. "Intendo dire, non credo che i miei genitori l'abbiano fatta stu diare tutti quegli anni - e tu sai quanto costa Harvard, anche con una borsa di studio solo per vederla sprecare tutto quan to." "Pensi che tuo padre sia deluso?" "Non so." Jess abbass lo sguardo sul pavimento. "Forse no, va pazzo per i suoi nipotini. Inoltre, anche se fosse deluso, non lo direbbe mai." "Che cosa mi dici di tua madre?" Jess sent la sua schiena irrigidirsi d'improvviso. "Che cosa vuoi dire?" "Be, hai detto che i tuoi genitori non sarebbero contenti delle scelte di Maureen..." "Ho detto che penso che non l'abbiano fatta studiare tutti quegli anni per stare a casa a fare bambini." "Che cosa credi che penserebbe tua madre?" Jess gir la testa di lato e appoggi il mento a una spalla. "Sa rebbe furiosa." "Che cosa te lo fa pensare?" Jess sent i suoi piedi iniziare a muoversi nervosamente. "Avan ti, Stephanie, tu eri sempre a casa nostra, conoscevi mia madre. Sai quanto fosse importante per lei che le sue ragazze ricevesse ro una buona istruzione, che facessero qualcosa della loro vita, che imparassero a essere indipendenti." "Una donna molto progressista, ricordo." "Be, allora dovresti sapere come si sarebbe sentita davanti alla Maureen di oggi." 74 "Come si sarebbe sentita?" Jess guard in giro, cercando un aggettivo adeguato. "Arrabbiata,

confusa, tradita." " cos che ti senti?" "Ti sto dicendo come si sentirebbe mia madre." "Non pensi che tua madre avrebbe desiderato una famiglia per Mau reen?" "Non questo che sto dicendo." "Che cosa stai dicendo?" Jess alz lo sguardo al soffitto, poi guard la finestra, i di plomi incorniciati appesi alla parete e infine la donna che stava di fronte a lei. "Senti, ti ricorderai di certo la reazione di mia madre quando le dissi che avevo intenzione di sposare Don..." "Le circostanze erano molto diverse, Jess." "Come? Come erano molto diverse?" "Be, innanzitutto eri molto giovane, Don aveva molti pi anni di te ed era un avvocato affermato, mentre tu stavi finendo il tuo primo anno di universit. Non credo che fosse il matrimonio in s a cui tua madre si opponeva, quanto al fatto che fosse troppo presto." Jess inizi a tormentare lo smalto trasparente delle unghie e non disse nulla. "Maureen, invece, aveva gi finito di studiare", prosegu l'ana lista, "e aveva gi un lavoro quando conobbe Barry e lo spos. Non penso che tua madre avrebbe sollevato alcuna obiezione al fatto che si prendesse del tempo da dedicare alla sua famiglia." "Non sto dicendo che mia madre non avrebbe voluto che Maureen si sposasse e avesse dei figli", afferm Jess, senza riuscire a na scondere la sua rabbia. "Perch poi? Mia madre adorava i bambini e adorava essere sposata. Aveva dedicato tutta la sua vita a es sere la migliore moglie e la migliore madre che chiunque potrebbe augurarsi. Ma..." "Ma che cosa?" "Ma voleva di pi per le sue figlie", disse Jess. " cos orribi le? C' qualcosa di sbagliato in questo?" "Dipende da quello che una figlia desidera per s." Jess si schiacci il labbro superiore fra le dita della mano de stra, aspettando che il cuore smettesse di battere cos veloce mente, prima di cercare di parlare. "Senti, non sono venuta qui per parlare di Maureen o di mia madre." "Perch sei venuta?" "Non lo so." Segu un momento di silenzio. Per la prima volta, Jess si accorse dell'orologio sulla scrivania di Stephanie e osserv la lancetta dei minuti. Il tempo stava passando rapidamente e lei aveva un appuntamento con il medico legale all'una e mezzo, un interroga torio con un testimone oculare all'omicidio con la balestra alle tre e un incontro con alcuni detective della polizia alle quat tro. "Che cosa stavi facendo quando mi hai telefonato, ieri sera?" le chiese Stephanie. "Che cosa intendi?" L'analista parve confusa. " una domanda piuttosto chiara, Jess. Che cosa stavi facendo poco prima di telefonarmi?" "Niente." 75 "Niente? E cos, tutto d'un tratto, hai deciso: 'Sono anni che Stephanie Banack, penso che le dar un colpo di telefo no." "Qualcosa del genere." Un altro silenzio. "Jess, non posso aiutarti, se non me ne dai l'opportunit." Jess avrebbe voluto parlare, ma non ci riusc. "Jess, perch hai chiesto il mio numero a tua sorella?" "Non gliel'ho chiesto." "Cos stata lei a suggerirti di chiamarmi?" Jess alz le spalle. "Perch?" "Chiedilo a lei." non vedo

"Senti, forse il fatto che io sia amica di tua sorella ti distur ba, ma devi sapere che qualunque cosa mi dirai rester stretta mente confidenziale o forse preferisci che ti consigli qualcun altro..." "No", si affrett a dire Jess. "Non sei tu, sono io." "Parlami di te", disse gentilmente Stephanie. "Ho avuto degli attacchi di ansia." "Che cosa intendi per attacchi di ansia?" "Sensazioni di panico." "Che cosa ti succede quando hai queste sensazioni?" Jess si guard in grembo e vide alcuni pezzetti di smalto sulla gonna nera. "Mi manca il respiro, sono confusa, non riesco pi a muovere le gambe, le sento molli. Mi sento la testa prima leggera e poi pesante, il cuore mi batte velocissimo, ho un senso di op pressione al petto, sono paralizzata, non riesco letteralmente a muovermi e ho la sensazione di dover vomitare." "Da quanto tempo hai questi attacchi?" "Sono ricominciati qualche settimana fa." "Ricominciati?" "Come?" Stephanie accavall le gambe, poi le riport in posizione norma le. "Mi hai appena detto che sono ricominciati qualche settimana fa." "L'ho detto?" "S." "Immagino che sia quello che chiamano un lapsus freudiano." Jess rise con amarezza, il suo subconscio era cos desideroso di rive lare i suoi segreti? "Quindi questi attacchi non sono qualcosa di nuovo." Era un'af fermazione, non una domanda. "No." Jess fece una pausa, poi continu: "Li ho avuti dopo la scomparsa di mia madre, quasi ogni giorno per un anno, poi con una certa frequenza per qualche altro anno". "E poi sono finiti?" "Non ho pi avuto attacchi da quattro anni." "E adesso sono ricominciati." Jess annu. "S, con frequenza crescente, durano di pi sono peggiori." "E sono ricominciati alcune settimane fa, hai detto?" "S." "Che cosa pensi li abbia scatenati?" "Non ne sono sicura." "Si pu riconoscere un modello comune in tutte le crisi?" 76 "Che cosa intendi per modello?" Stephanie fece una breve pausa e si port le mani ai lati del na so bene cesellato. "Si verificano in un particolare momento del giorno o della notte? Mentre lavori? Quando sei sola? In un luogo particolare? Quando sei con certa gente?" La mente di Jess esamin velocemente tutte le domande: le crisi si verificavano a tutte le ore del giorno, le venivano mentre era al lavoro, a casa sua, quando era da sola, quando camminava per una strada affollata, quando era al cinema, quando usciva dalla doccia. "Non c' nessun modello", disse senza speranza. "Ieri sera hai avuto uno di questi attacchi, prima di chiamarmi?" Lei annu. "Che cosa stavi facendo?" Jess le raccont che sarebbe dovuta andare fuori a cena "Sapevo persino che cosa indossare." Jess sent le parole uscirle dalla bocca in un sussurro. "Avevo preparato tutto." "Dovevi incontrare la nuova donna di tuo padre?" "S", ammise Jess. "Immagino che fosse una situazione che poteva provocarti ansia." "Be, non morivo esattamente dalla voglia di farlo, il che, cre do, mi rende una persona orribile." "Perch dici questo?"

"Perch dovrei desiderare la felicit di mio padre." "E non cos?" "S!" Jess sent le lacrime agli occhi e fece il possibile per trattenerle. " questo che non riesco a capire: io voglio che lui sia felice, naturalmente, desidero che sia felice. Quello che rende felice lui dovrebbe rendere felice anche me." "Perch?" "Che cosa?" "Da quando ci che fa felice un'altra persona deve fare felice anche noi? Stai chiedendo molto a te stessa, Jess, forse troppo." "Maureen non sembra avere problemi a gestire questa situazione." "Tu non sei Maureen." Jess ripens rapidamente a tutto quello che avevano detto. "Ma non pu essere solo mio padre, gli attacchi sono cominciati prima che io sapessi che aveva una relazione." "Quando sono incominciati esattamente?" Jess ripens alla notte in cui si era svegliata tremante e fradi cia di sudore. "Ero a letto, addormentata, e ho avuto un incubo che mi ha svegliata." "Ti ricordi di che cosa si trattava?" "Mia madre", disse Jess. "Cercavo disperatamente di raggiungerla, ma non ci riuscivo." "Avevi pensato a tua madre prima di andare a letto?" "Non ricordo", ment Jess. Per tutta la giornata non aveva fatto altro che pensare a lei. In realt, il primo attacco non era sta to successivo all'incubo, ma si era verificato durante il giorno, in aula, durante il processo per la violenza carnale su Erica Barnowski, quando aveva pensato di riconoscere sua madre fra i giurati. Non voleva pi parlare di lei. 77 "Senti, Stephanie, penso di sapere perch mi sta accadendo tutto questo", afferm Jess. "Penso che abbia a che vedere con un uomo contro il quale avr un processo fra poco." Vide il viso di Rick Ferguson riflesso nel vetro che proteggeva uno dei diplomi di Stephanie. "Mi ha minacciata..." "Che tipo di minacce?" La gente che mi infastidisce ha uno strano modo di scomparire... Scompare. Come mia madre. Non me lo merito questo, Jess. Non me lo merito da te! Non voleva pi pensare a sua madre. "Senti, non credo che sia tanto importante sapere perch ho que sti attacchi, ma che cosa posso fare per fermarli." "Posso insegnarti alcuni semplici esercizi di rilassamento, alcu ne tecniche che possono aiutarti a controllare le tue crisi", le disse Stephanie, "ma penso che per liberarti di questo problema devi affrontare i motivi nascosti che lo causano." "Stai parlando di una terapia a lungo termine?" "Sto parlando di una terapia, s." "Non ho bisogno di una terapia, ho solo bisogno di far finire quel tizio dietro le sbarre." "Non penso che sia cos semplice." "Gi, ti hanno insegnato a pensare cos, il tuo lavoro." Jess guard l'orologio, anche se sapeva gi che ora era. "A proposito di lavoro, devo tornare al mio." Si alz dalla comoda poltrona e cammin rapidamente verso la porta. "Jess, aspetta..." Lei prosegu senza fermarsi, prese il cappotto dall'attaccapanni e si diresse verso l'uscita. " stato un piacere rivederti, Step hanie. Abbi cura di te." Usc nel corridoio e si diresse con de cisione verso gli ascensori. "Sono sempre qui, Jess", le grid Stephanie. "Devi soltanto chia marmi." Non contarci, avrebbe voluto risponderle Jess, ma non lo fece. Non ce n'era bisogno, il suo silenzio parlava per lei.

"Posso aiutarla?" "Sto solo guardando." Che cosa sto facendo? si domand Jess, esaminando un bel paio di scarpe in pelle scamosciata di Bruno Magli. Che cosa le era preso di entrare in quel negozio? L'ultima cosa di cui aveva bisogno era un altro paio di scarpe. Guard l'orologio: erano quasi le dodici e mezzo, mancava un'ora all'appuntamento con il medico legale. Lo studio di medicina le gale si trovava in Harrison Street, a circa venti minuti di auto da l, ma non aveva potuto ritirare la sua auto. Quella mattina, infatti, l'avevano chiamata per dirle che dovevano fare un'altra piccola riparazione, quindi avrebbe dovuto prendere un taxi. "Se mi dice che tipo di scarpe ha in mente..." insistette il com messo, un uomo di mezza et, piccolo e con un toupet messo un podi traverso. "Non ho in mente nulla", gli rispose lei e l'uomo si inchin con esagerata gentilezza, poi and a servire una signora che era ap pena entrata. 78 Jess cominci a osservare un lungo tavolo coperto da un sorpren dente numero di scarpe di pelle e di camoscio di ogni foggia e colore, sollev un paio di mocassini color senape e li lisci con la mano. Non c' niente di meglio di un paio di scarpe nuove per far scomparire tutti i problemi del mondo, pen s, accarezzando il morbido camoscio. Era quella la terapia di cui aveva bisogno e di certo la pi economica, decise, guardando la targhetta del prezzo attaccata al tacco. Novanta dollari con tro... Contro che cosa? Non aveva neppure parlato di soldi con Stephanie, non aveva chie sto quanto le doveva per il suo disturbo, se n'era andata senza dire niente! Non solo quella donna aveva saltato il pranzo per lei, ma non era nemmeno stata pagata. Due offese al prezzo di una. Jess rimise la scarpa sul tavolo., scuotendo il capo con aria di disapprovazione. Una cosa essere sgarbati, un'altra essere pre suntuosi. Aveva trattato male l'amica di sua sorella, avrebbe do vuto scusarsi, forse mandarle un mazzo di fiori e un biglietto. Per dire che cosa? Grazie per i ricordi? Grazie per niente? Gra zie, ma niente grazie? "Penso che per liberarti di questo problema", sent di nuovo la voce di Stephanie, "tu devi affrontare i motivi nascosti che lo causano." Non ci sono motivi nascosti, si disse con ostinazione Jess, avvi cinandosi a un altro banco, coperto di scarpe pi eleganti e fa cendo scorrere le dita sulla punta di una serie di scarpe con il tacco alto. C'era solo un problema e lei sapeva esattamente qual era: Rick Ferguson. Non che quello fosse il primo uomo che l'aveva minacciata, odio e intimidazioni facevano parte del suo mestiere. Negli ultimi due anni aveva ricevuto un biglietto di auguri a Natale da parte di un uomo che aveva fatto condannare a dieci anni di carcere e che aveva minacciato di andarla a cercare, quando fosse uscito. Il biglietto natalizio, per quanto innocuo, era un modo come un al tro per dirle che non si era dimenticato. In realt, simili minacce di rado si trasformavano in vendette reali. Rick Ferguson era diverso. L'uomo dei miei sogni, pens con ironia, ricordando l'incubo che iniziava con la disperata ricerca di sua madre e finiva sempre con lei che incontrava "la morte". Qualcosa in Rick Ferguson ave va raggiunto le parti pi profonde del suo subconscio e aveva ri svegliato i suoi sensi di colpa e la sua ansia. S, ansia, riconobbe Jess, prendendo in mano una scarpa nera e lucida, schiacciando la punta con tanta forza che sent il cuoio cedere. Non colpa. Per quale motivo si sarebbe dovuta sentire in colpa? "Non essere sciocca", mormor, ricordando ancora una volta le parole di Stephanie. "Non ci sono problemi nascosti." Inizi a picchiare il tacco appuntito della scarpa contro il palmo della propria mano. "Ehi, stia attenta", le disse una voce, mentre una mano si tese verso di lei e ferm il suo movimento. " una scarpa, non un mar tello."

79 Jess guard dapprima il palmo della sua mano, ferito, poi la scarpa piegata e infine alz lo sguardo sull'uomo con i capelli castano chiaro e gli occhi nocciola che aveva appoggiato una mano sul suo braccio. La targhetta di riconoscimento attaccata alla giacca sportiva blu lo identificava come Adam Stohn. Bianco, di sesso maschile, sulla trentina, un metro e ottanta per approssi mativamente ottanta chili di peso, pens in silenzio come se stesse leggendo un rapporto della polizia. "Mi dispiace", gli disse, "naturalmente pagher per il danno." "Non sono preoccupato per la scarpa", disse l'uomo prendendola gentilmente dalla sua mano e posandola sul tavolo. Jess osserv la scarpa oscillare e poi cadere come se le avessero sparato. "Ma l'ho rovinata." "Una bella lucidata la render come nuova. Come va la sua mano, piuttosto?" Jess la sentiva pulsare e vide una macchia rossa al centro del palmo. "Non niente." "Sembra che si sia rotto un vaso sanguigno." "Non niente, davvero", lo rassicur lei, vedendo che era vera mente preoccupato. "Vuole un bicchiere d'acqua?" Jess scosse la testa. "Una caramella?" Estrasse dalla tasca un pacchetto. Jess sorrise. "No, grazie." "Che cosa ne dice allora di una barzelletta?" "Le sembro cos disperata?" Si accorse della riluttanza dell'uomo a lasciarla andare. "Lei mi sembra una persona a cui una barzelletta farebbe bene." Lei annu. "Ha ragione. Avanti, allora." "Pulita o un posporca?" Jess rise. "Vada per la sporca." "Un poos, diciamo." E dopo una breve pausa ricominci: "Un uomo e una donna stanno facendo l'amore, quando; sentono qualcuno che sale le scale. La donna grida: 'Cielo, 'mio marito!'Il suo amante salta immediatamente dalla finestra e si nasconde in mezzo a dei cespugli. l, nudo, e non sa che cosa fare quando comincia a piovere. D'un tratto passa un gruppo di podisti e il tizio capi sce che quella l'unica possibilit di scappare e si unisce a loro. Dopo qualche secondo, l'uomo che gli corre a fianco lo os serva e dice: le dispiace se le faccio una domanda?'E il tizio risponde: No, me la faccia pure. Allora l'altro gli fa: Corre sempre nudo?'E il tipo risponde: 'Sempre. E il podista gli chie de: 'E porta sempre un preservativo quando corre?'E il tizio gli fa:'Solo quando piove." Jess rise forte. "Cos va meglio, ora posso venderle un paio di scarpe? Jess rise ancora. "Questo non doveva farla ridere, il divertimento finito."! "Mi dispiace. cos bravo nel vendere scarpe come nel raccontare barzellette?" "Mi metta alla prova." Jess guard l'orologio. Le restava ancora un podi tempo e di certo un paio di scarpe nuove non le avrebbe fatto male. Forse glielo doveva persino a quel negozio, dopo avere massacrato quel la povera scarpa. Inoltre non aveva voglia di andarsene subito: era da tanto tempo che un uomo non la faceva pi ridere. Le pia 80 ceva ridere, le piaceva sentirsi in quel modo. "A dire il vero, mi servirebbero un paio di stivali da neve", disse, sollevata per avere trovato un valido motivo per restare. "Da questa parte." Adam Stohn le indic un tavolo sul quale erano esposti vari modelli di stivali in pelle e in materiale sinteti co. "Si sieda." Jess si accomod su una sediolina bassa e colorata, notando per la prima volta l'arredamento. Il negozio era decisamente moderno, tutto vetro. Le scarpe si trovavano dappertutto, su tavoli di ve tro, su mensole a specchio, sul pavimento

marrone e oro. Si ri cord di avere gi comprato altre volte l, ma non ricordava Adam Stohn. " nuovo qui?" chiese. "Ho iniziato l'estate scorsa." "Le piace?" "Le scarpe sono tutta la mia vita", rispose lui, sorridendo. "Che tipo di stivali vorrebbe?" "Non lo so. Non mi va di spendere un sacco di soldi per un paio di stivali di pelle che si rovineranno per la neve." "Allora non li compri di pelle." "Ma vorrei qualcosa di bello, alla moda e che mi tenga caldi i piedi." "La signora vuole stile e calore. Credo di avere quello che fa per lei." "Davvero?" "Le ho mai mentito?" "Forse." Lui sorrise. "Vedo che c' un cinico fra noi due. Bene, allora mi metta alla prova." Si avvicin a un paio di stivaletti neri e lu cidi. "Questi sono di vinile, hanno un bel disegno, tengono per fettamente l'acqua e non hanno bisogno di nessuna cura. Inoltre, sono alla moda, sono caldi e sono garantiti per resistere anche al peggior inverno di Chicago." Pass a Jess gli stivali. "E sono carissimi!" esclam Jess, sorpresa alla vista della targhetta del prezzo. "Per duecento dollari posso comprare un paio di stivali di vera pelle!" "Ma lei non li vuole di vera pelle; dovrebbe lucidarli e averne cura. Inoltre la pelle si macchia e si graffia, tutte cose che lei vuole evitare. Questi stivali", disse picchiettandoli, "li indossa e se ne dimentica. Sono indistruttibili." "Lei davvero in gamba nel vendere scarpe, almeno quanto lo nel raccontare barzellette", afferm Jess. "Mi sta dicendo che vorrebbe provarli?" "Un trentasette", disse lei. "Torno subito." Jess guard Adam Stohn scomparire dietro una porta sul retro del negozio e apprezz la sua andatura decisa e disinvolta, la posi zione dritta delle sue spalle. Esprimeva sicurezza, ma non arro ganza, pens, mentre il suo sguardo vagava alle pareti di spec chi. Non c'era modo di sfuggire alla propria immagine riflessa? Alla gente interessa davvero tanto specchiarsi in ogni istante del giorno? Nello specchio Jess colse lo sguardo infastidito del com messo con il toupet e chiuse gli occhi. Lo so, pens, rispondendo al suo muto rimprovero, sono superficiale e mi faccio convincere facilmente, bastano un bel viso e una buona barzelletta. 81 "Non ci creder", disse Adam Stohn tornando con le braccia cari che di due grosse scatole, "ma sono rimasto senza la sua misura. Ho un trentasei e un trentotto." Jess li prov, ma, come immaginava, il trentasei era troppo pic colo e il trentotto troppo grande. " sicuro di non avere un trentasette?" "Ho cercato dappertutto." Jess alz le spalle, guard l'orologio e si alz, non poteva per dere altro tempo. "Posso telefonare a un altro dei nostri negozi", propose Adam Stohn. "D'accordo", si affrett a rispondere Jess. Che cosa stava facen do? Il commesso si diresse verso la parte anteriore del negozio, alz il ricevitore, compose il numero e inizi a parlare, scuotendo la testa. Ripet la chiamata ancora un paio di volte. "Ci crede?" chiese tornando da lei. "Ho chiamato gli altri tre negozi e nes suno ha la sua misura. Ma..." continu, gesticolando, "uno dei negozi aspetta la consegna di un ordine e mi chiamer non appena arriva. Potrei telefonarle..."

"S, certo, grazie. Sarebbe perfetto." Jess si rese conto di sen tirsi in imbarazzo. Che cosa aveva pensato? Aveva creduto che la stesse invitando a uscire con lui perch le aveva offerto una ca ramella e le aveva raccontato una barzelletta? Perch l'idea le piaceva? Solo perch lei lo trovava attraente doveva pensare di essere corrisposta? Non fare l'idiota, si sgrid Jess, seguendolo verso la cassa. Quell'uomo il commesso di un negozio di scarpe, dopotutto, di certo non lo si pu definire un bel colpo. Non essere cos snob, l'ammon una vocina, almeno non un avvo cato. "Il suo nome?" domand lui, prendendo una penna e un blocco per appunti. "Jess Koster." "Un numero di telefono dove la posso rintracciare durante il giorno?" Jess gli diede il numero dell'ufficio. "Forse meglio che le dia anche quello di casa", disse, e quasi non riusc a credere di avere pronunciato quelle parole. "Certo." L'uomo trascrisse i numeri mentre lei glieli dettava. "Io sono Adam Stohn." E indic la targhetta di identificazione appuntata sulla sua giacca. "Non ci vorr pi di una settimana." "Benissimo, speriamo che non nevichi prima di allora." "Non oser." Jess sorrise e aspett che lui dicesse ancora qualcosa, ma non lo fece; anzi, distolse lo sguardo da lei e si rivolse a una donna che stava ammirando un paio di scarpe rosse. "Grazie ancora", disse Jess uscendo, ma lui si stava gi dirigendo verso l'altra signora e le rivolse un saluto distratto con la mano. Non posso credere di averlo fatto", mormor Jess mentre saliva sul taxi giallo. Avrebbe potuto essere pi esplicita di cos? Perch non si metteva al collo un bel cartello: SOLA E MOLTO DISTURBATA? Il taxi puzzava di fumo, nonostante un cartello sistemato sul re tro dello schienale del sedile anteriore dicesse che era vietato fumare. Diede al tassista l'indirizzo dell'istituto di medicina 82 legale in Harrison Street e si accomod sul sedile di vinile mez zo strappato. Forse i miei stivali avranno questo aspetto, dopo una stagione, pens, accarezzando la superficie del sedile. Che cosa le era preso? Era la seconda volta in pochi giorni che si lasciava abbordare da un estraneo, non aveva imparato proprio nulla dal caso di Erica Barnowski? La umiliava pensare che quel l'uomo aveva cercato di arrivare al suo portafoglio e non al suo cuore e lei glielo aveva permesso, impegnandosi a comprare il pi costoso paio di stivali mai venduti. "E non sono nemmeno di pel le", brontol, fermando una lacrima. "Come?" chiese il conducente. "Ha detto qualcosa?" "Niente, scusi", rispose Jess, continuando in silenzio le sue re criminazioni. Duecento dollari per un paio di stivali di vinile. Sono impazzi ta? Be, s, cos. Ormai un fatto assodato. "Bella giornata", comment poi, cercando di avere un atteggiamen to normale. "Scusi?" "Ho detto che bello vedere di nuovo il sole." Il tassista alz le spalle e non disse nulla, cos Jess rimase in silenzio fino a quando arrivarono a destinazione. L'ufficio del medico legale si trovava in un anonimo edificio in un quartiere interamente composto da costruzioni simili a quella. Jess pag la corsa, si strinse addosso il cappotto e si prepar ad affrontare il freddo. Mentre si dirigeva verso la portineria, ripass mentalmente i ne crologi del mattino. Michael Anderson, 45 anni, morto improvvisa mente in seguito a un tragico incidente stradale. Irene Clemmons, morta serenamente durante il sonno all'et di 102 anni; la ricor dano con affetto tutti i residenti della casa di riposo Whispe ring Pines Lodge. David Lawson, di anni 33, passato a miglior vi ta; lo piangono la madre, il padre, le sorelle e il suo cane. Sa ranno graditi fiori.

Perch alcune persone muoiono nel pieno della giovinezza, mentre ad altre viene concesso di arrivare al secondo secolo di vita? Dov' la giustizia? si chiese, sorprendendosi di quella domanda. Credeva di averci rinunciato da tempo. "Sono qui per vedere Hilary Waugh", disse alla segretaria, che masticava un chewing-gum. La donna, che avrebbe avuto bisogno di un bello shampoo, sput la gomma e compose il numero al telefono interno. "Dice che in an ticipo", la inform dopo qualche istante. "Arriver fra qualche minuto. Se vuole sedersi..." "Grazie." Jess si allontan e si diresse verso un divano marrone chiaro appoggiato a una parete beige, ma non si accomod, perch non riusciva mai a sedersi da nessuna parte in quell'ufficio, a malapena resisteva in piedi. Si strinse nel cappotto massaggian dosi vigorosamente le braccia, nel vano tentativo di generare ca lore. Jose Mateus, scomparso repentinamente nel suo cinquantacinquesimo anno; lo piangono la madre Alma, la moglie Rosa e i due figli Paolo e Gino. Thomas Neilsen, impiegato statale in pensione, man cato improvvisamente per un infarto all'et di 77 anni. Lo pian gono inconsolabili la moglie Linda, i figli Peter e Henry, le 83 nuore Rita e Susan, i nipoti Lisa, Karen, Jonathan, Stephen e Jeffrey. La famiglia ricever i conoscenti all'agenzia di pompe funebri J. Humphrey durante tutta la settimana. Non come quei poveracci che si trovano all'obitorio, pens Jess, mentre nella sua mente si concretizzava l'immagine delle file di cassetti di metallo grigi che contenevano corpi non identificati che nessuno reclamava. Le uniche persone che andavano a trovare quelle anime perdute erano gente come lei, persone a cui lo imponeva la professione. John Doe, 22 anni, sesso maschile, di colore, sospetto spacciato re di stupefacenti, morto per una ferita di arma da fuoco alla testa; Jane Doe, sesso femminile, bianca, sospetta prostituta, 18 anni, strangolata e abbandonata sulla riva del fiume Chicago; John Doe, sesso maschile, bianco, ruffiano, 19 anni, morto per tre coltellate al torace; Jane Doe, sesso femminile, di colore, 28 anni, tossicodipendenza da crack accertata da molti anni, pic chiata a morte dopo essere stata violentata. John Doe... "Jess?" La testa di Jess scatt al suono del suo nome. "Scusa", disse Hilary Waugh, andando verso di lei e porgendole la mano. "Non volevo spaventarti." Jess gliela strinse. Non mancava mai di stupirsi nel constatare l'aspetto fresco e ben curato del medico legale della contea di Cook, malgrado le sue lunghe ore di lavoro. Hilary Waugh doveva essere vicina ai cinquanta, tuttavia aveva la pelle di una ragaz za di venticinque ed era sempre impeccabile nel suo camice bianco pulito e inamidato. Portava i capelli lunghi fino alle spalle trattenuti con un cerchietto e gli occhi color nocciola erano in corniciati da un paio di occhiali dalla montatura nera. "Grazie per avermi ricevuta", disse Jess, seguendola verso gli uffici. " sempre un piacere, che cosa posso fare per te?" Il lungo corridoio bianco aveva un leggero odore di formaldeide, ma Jess pens che forse era la sua immaginazione. L'obitorio si trovava nel sottosuolo, lontano da l. "Siediti", disse Hilary, entrando nel suo minuscolo ufficio e in dicando una sedia di fronte alla scrivania. "Se non ti dispiace, preferisco rimanere in piedi." Jess si guar d intorno: l'ufficio era arredato con una vecchia scrivania di metallo e due sedie, una a ogni lato del tavolo, e le pareti era no ricoperte da schedari e pile di incartamenti in ordine preca rio. Una grande pianta verde sembrava prosperare nonostante fosse schiacciata in un angolo e nascosta dai libri. "Devi avere il pollice verde", not Jess.

"Non vera", disse Hilary, ridendo, " di seta. Ho molti meno problemi cos. Vedo gi troppe cose morte nel mio lavoro. Immagi no che sia questo il motivo della tua visita." Jess si schiar la voce. "Sto cercando una donna, sui quaranta cinque anni, un metro e sessantacinque per cinquanta chili pi o meno. Ecco", disse, infilando una mano nella borsetta, "questa la sua fotografia." Le mostr una vecchia foto di Connie DeVuono, in piedi, che abbracciava con orgoglio il suo bambino, Steffan, che all'epoca aveva sei anni. "Questa una fotografia di qualche anno fa, da allora dimagrita e ha i capelli pi corti." Il medico legale esamin la fotografia per alcuni secondi. "Una donna molto attraente. Chi ?" 84 "Si chiama Connie DeVuono. scomparsa da oltre due settimane." " questa la donna di cui mi hai parlato al telefono la settimana scorsa?" chiese Hilary. Jess annu timidamente. "Mi dispiace di essere una tale seccatri ce, solo che non riesco a smettere di pensare al bambino..." "Assomiglia molto alla madre", not Hilary, mentre Jess rimetteva la fotografia nella borsetta. "S. E deve essere molto duro per lui non sapere esattamente che cosa le successo." Jess deglut. "Ne sono certa e vorrei poterti aiutare." "Non arrivato nessun corpo che corrisponde alla descrizione di Connie DeVuono?" "Al momento abbiamo tre donne bianche non identificate a Boot Hill: due sono adolescenti, probabilmente scappate di casa, una morta di overdose, l'altra stata violentata e strangolata." "E la terza?" " arrivata questa mattina. Non abbiamo ancora eseguito i soliti test, ma lo stato di decomposizione indica che morta da pochi giorni." " possibile che sia lei", disse Jess rapidamente anche se pensa va che fosse molto improbabile. Rick Ferguson non sarebbe stato cos stupido da rapire Connie e aspettare alcune settimane prima di ucciderla. "Quanti anni pu avere? Poteva avere?" si corresse Jess, mentre la parola "decomposizione" riecheggiava nella sua mente. "Impossibile dirlo, al momento, stata picchiata a tal punto che irriconoscibile." Jess sent una contrazione allo stomaco, ma si sforz di rimanere impassibile. "Tu, per, non pensi che questa donna sia Connie De Vuono." "La donna distesa su quel tavolo l sotto ha i capelli biondi ed un popi alta di quanto hai detto tu. Direi che questo elimina la possibilit che sia la persona che stai cercando. Sei sicura di non volerti sedere?" "No, davvero. Adesso per la verit dovrei proprio andare", disse Jess, facendo qualche passo incerto per uscire dall'ufficio. Hilary Waugh si tir indietro i capelli e si alz. "No, non c' bisogno che ti alzi", le disse Jess, che non sapeva se sentirsi dispiaciuta o contenta che la donna non ancora iden tificata non fosse Connie DeVuono. "Chiamami se per caso doves si..." Si ferm, senza riuscire a completare la frase. "Ti chiamer, se mi arriva qualcuno che potrebbe assomigliare a Connie DeVuono." Jess usc nell'anticamera, esit qualche istante, poi torn da Hilary Waugh. "Mi far dare il calco dei denti di Connie e te lo mander", disse, pensando che la donna che giaceva nell'obitorio era stata picchiata in modo tale da renderla irriconoscibile. "Cos lo avrai sottomano, nel caso..." Si interruppe, si schiar la voce e ricominci a parlare: "Questo potrebbe rendere pi ve loce la procedura". "Sarebbe molto utile", ammise Hilary Waugh. "Ammesso che si trovi il corpo." 85

Ammesso che si trovi il corpo. Le parole seguirono Jess lungo tutto il corridoio. Ammesso che si trovi il corpo. Spinse il por tone, usc dall'edificio e scese di corsa i gradini fino alla strada, gettando indietro la testa e respirando profondamente l'aria fresca, godendosi la sensazione del sole caldo sul viso. Ammesso che si trovi il corpo, pens. "QUATTROCENTOUNDICI dollari?!" esclam Jess. " pazzo?" Il giovanotto di coler dietro la cassa rimase calmo, il volto im passibile; evidentemente doveva essere abituato a certi accessi. "Il conto dettagliato. Se vuole ricontrollare..." "Ho guardato e ancora non riesco a capire che cosa possa essere costato quattrocento dollari!" Jess si accorse che la sua voce si stava facendo pericolosamente stridula e che le altre persone in coda alla cassa dell'autorimessa dove aveva portato la sua auto quasi tre settimane prima la stavano osservando. "C'erano molte riparazioni da fare", le ricord il giovane. "C'era solo una spazzola del tergicristallo rotta!" "Entrambe le spazzole, a dire la verit", afferm con decisione il ragazzo, che la targhetta identificava come Robert. "Se ricorda, quando le abbiamo telefonato, le abbiamo detto che dove vamo sostituirle entrambe, insieme con il convertitore catalitico e l'alternatore", le spieg Robert gentilmente.) "Era un bel podi tempo che non faceva manutenzione alla sua auto." "Non ce n'era mai stato bisogno." "S, be, lei stata molto fortunata. Il problema con le vecchie automobili che hanno bisogno di una continua manutenzione..." "Tre settimane di manutenzione?" "Abbiamo dovuto ordinare dei pezzi di ricambio e c' stato un podi ritardo nella consegna." "E che cosa sono queste cose?" chiese Jess, indicando disperata mente una lista di altre voci in fondo al foglio. "Controllo della carburazione, cambio delle valvole, preparazione per l'inverno. A dire la verit, se l' cavata abbastanza a buon mercato." "Ah, s?" esplose Jess. "Voglio parlare con il direttore." Jess guard con aria sconsolata a destra e sinistra. Un uomo di mezza et che aspettava alla cassa accanto distolse lo sguardo, una ragazza inizi a ridacchiare e una signora piuttosto anziana che aspettava accanto al marito alz timidamente la mano in un gesto di saluto. "Non ancora arrivato", spieg Robert mentre lei guardava l'oro logio appeso alla parete: mancavano cinque minuti alle otto. Normalmente a quell'ora era gi in ufficio da dieci minuti, aveva gi dato un'occhiata all'agenda, preso appunti, deciso quello che le restava da fare prima di andare in tribunale. Invece stava di scutendo della sua auto con un certo Robert. "Senta, non ho tempo. Che cosa succede, se rifiuto di pagare?" "La sua auto resta qui", rispose Robert tranquillamente. Jess osserv il pavimento a mosaico bianco e nero. "Lo sa, vero, che naturalmente non mi vedrete pi." Robert riusc a malapena a celare un sorriso. "Posso pagarla con un assegno?" "Solo contante o carta di credito." 86 "Certo." Prese il portafoglio dalla borsetta e ne estrasse la carta di credito, pensando che era un miracolo che il numero di omicidi nella citt di Chicago non fosse pi alto. "Signore e signori della giuria", inizi Jess, mentre cercava di incontrare lo sguardo di ciascun giurato, otto donne e sei uomi ni, di quello che la stampa definiva "il processo dell'omicidio della balestra". "Il 2 giugno di quest'anno, all'incrocio fra Grand Avenue e State Street, Terry Wales, l'accusato, ha ucciso

sua moglie colpendola al cuore con una freccia d'acciaio lanciata da una balestra. Nessuno lo mette in discussione, sono i fatti puri e semplici. "La difesa cercher di convincervi che niente in questo caso semplice e che c' ben poco di puro", disse, prendendo a prestito la brillante frase di Greg Oliver. "Ma i fatti sono fatti, signo re e signori, e qui il fatto che Nina Wales, una donna simpati ca e intelligente di trentotto anni, stata assassinata senza piet, nel modo pi orribile e crudele, dal suo brutale marito, che lei aveva da poco trovato il coraggio di lasciare." Jess fece qualche passo indietro, allontanandosi dalla giuria e concentrando l'attenzione sull'accusato, Terry Wales, un uomo dall'aria innocua e persino codarda, sui quarant'anni, con una struttura fisica minuta, il viso pallido e i capelli di un biondo chiarissimo e sbiadito. Era suo avvocato, Hal Bristol, un uomo sulla sessantina, corpulento e con i capelli neri, che tutti ri volgevano l'attenzione spontaneamente. Il signor Wales era seduto vicino a lui con un'aria umile e un'espressione esterrefatta, co me se non riuscisse a credere a ci che sentiva o alla situazione nella quale si trovava. Forse non ci crede davvero, pens Jess, mentre i suoi occhi nota vano la Bibbia che l'accusato rigirava nervosamente fra le mani. I criminali, come gli adolescenti, pensano di essere invincibili, non importa quanto gravi siano i loro crimini o quanto siano evi denti i moventi o inconfutabili le prove che si lasciano alle spalle. Non riescono mai a credere di essere stati scoperti, pen sano sempre di poterla fare franca e qualche volta ci riescono. A volte basta l'aiuto di un avvocato esperto e una copia del Nuovo Testamento. Jess si chiese, con un certo cinismo, se la giuria sarebbe caduta davanti a una messinscena tanto misera. "Non lasciatevi ingannare dall'immagine, accuratamente preparata, di pia innocenza e pentimento che vedete davanti a voi, signore e signori", ammon Jess, divagando per qualche istante dall'arringa che aveva attentamente studiato e osservando Hal Bristol scuotere la testa. "Non fatevi indurre a pensare che un uomo che stringe fra le mani la Bibbia ne capisca il contenuto o se ne preoccupi. "Dov'era la sua Bibbia quando, nel corso dei loro undici anni di matrimonio, Terry Wales picchiava regolarmente sua moglie? Dov'era, quando compr una balestra il giorno prima dell'omici dio? Dov'era la Bibbia che Terry Wales tiene stretta fra le mani, quando prese la balestra e la us per uccidere sua moglie che stava scendendo da un taxi per andare a incontrare il suo avvoca to? Quella Bibbia non c'era, signore e signori, Terry Wales non sapeva che cosa farsene, allora. Ora s che gli serve, ora che voi lo state guardando." Jess torn al discorso che si era preparata. "La difesa cercher di convincervi che l'omicidio di Nina Wales, premeditato ed ese guito a sangue freddo, stato in realt un delitto passionale. 87 S, ammetteranno che Terry Wales ha comprato la balestra e la freccia e che, s, ha sparato a sua moglie. Ma non capite? Non voleva ferirla, voleva solo spaventarla. Cercheranno di convin cervi che l'amava, l'amava e lei lo stava lasciando. Lui aveva cercato di farla ragionare: l'aveva lusingata, pregata, supplica ta, l'aveva persino minacciata. Era un uomo davvero addolorato, un uomo confuso ed era fuori di s per il dolore al pensiero di perdere sua moglie. "Cercheranno anche di convincervi che Nina Wales non era del tut to innocente. Prendeva in giro suo marito, vi diranno, sebbene a dimostrazione del fatto si abbia solo la parola dell'uomo che l'ha uccisa. Vi diranno che Nina Wales ossessionava il marito per il suo fallimento come amante, che ridicolizzava la sua virilit, che lo rimproverava costantemente perch non riusciva a soddisfa re le sue libidinose esigenze. "Infine, la difesa vi dir che Nina Wales aveva minacciato non soltanto di lasciare suo marito, ma di portargli via tutto quello che aveva, di strappargli i suoi figli, di metterli contro di lui, di lasciarlo senza pi niente, senza neppure l'autostima e il rispetto di s. "E, ciononostante, lui l'amava, vi dir la difesa. Ciononostante l'aveva pregata di restare e lei aveva continuato a rifiutare.

"Io vi domando", disse semplicemente Jess, mentre il suo sguardo vagava fra le due file di giurati, "che cosa dovrebbe fare un uomo? Che altra scelta aveva Terry Wales, se non ucciderla?" Jess fece una pausa per lasciare il tempo alle sue parole di rag giungere la coscienza dei giurati e si gir in modo da poter os servare l'aula. Vide il giudice Harris, il cui volto esprimeva interesse e imperturbabilit, come sempre durante un; processo; vide il banco del pubblico ministero, nel quale era seduto Neil Strayhorn, che le annuiva in segno di approvazione; vide le file affollate degli spettatori e i giornalisti che prendevano appun ti, i disegnatori che facevano schizzi dell'accusato. E vide Rick Ferguson. Era seduto nella seconda fila dal fondo, al terzo posto dal cor ridoio centrale. Guardava fisso davanti a s con il solito ghigno odioso da gatto del Cheshire sulle labbra. Jess distolse ve locemente lo sguardo, con il cuore che le batteva all'impazzata. Che cosa ci faceva l? Che cosa stava cercando di dimostrare? Che poteva intimidirla? Che poteva infastidirla come voleva? Che non poteva essere controllato e fermato? Non farci caso, si disse Jess, concentrati. Concentrati sull'ar ringa. Non lasciare che un assassino ti impedisca di consegnarne alla giustizia un altro. Occupati di Terry Wales ora, e pi tardi di Rick Ferguson. Si volt verso la giuria e vide che la stavano guardando, ansiosi perch continuasse. "Guardate bene l'accusato, signore e signo ri", prosegu Jess, allontanandosi dal testo che; aveva prepara to. "Non sembra un freddo assassino, vero? A dire la verit sem bra piuttosto innocuo, forse persino mite. Decisamente esile per essere un tipo che picchiava regolarmente sua moglie, starete pensando. Ma, ancora una volta, signore e signori, non fatevi in gannare dalle apparenze. 88 "Il fatto, e l'accusa vi riporta sempre ai fatti di questo caso, il fatto che Terry Wales cintura nera di karat; abbiamo i referti ospedalieri che dimostrano una storia di violenze ai dan ni di Nina Wales per mano di suo marito nel corso di molti anni. Il fatto che Terry Wales picchiava regolar^ mente sua moglie. "Permettetemi di rivolgervi una domanda, signore e signori della giuria", continu Jess, guardando fisso i giurati. " ragionevole credere che Terry Wales abbia ucciso sua moglie in un accesso di passione quando non si vedevano da giorni? ragionevole cercare di farci credere che non ci sia stata premeditazione nel fatto che Terry Wales sia andato a comprare l'arma del delitto il gior no prima di uccidere sua moglie? Che non esistesse nella sua men te un disegno chiaro? Che non si aspettava di uccidere la moglie sparandole una freccia nel petto? "Perch questo esattamente ci che si definisce un omicidio di primo grado", spieg Jess, sentendo gli occhi di Rick Ferguson puntati sulla sua schiena. "La difesa vorrebbe farvi credere che Terry Wales, fuori di s e sconvolto al pensiero di perdere la moglie, stava solo cercando di impaurirla, quando le ha puntato una balestra al cuore, e vor rebbe farvi credere che in realt voleva colpirla alle gambe. Vorrebbe farvi credere che Terry Wales, un uomo gi distrutto dal dolore, ha reagito dopo che la moglie lo aveva schernito una vol ta di troppo, che stava solo cercando di spaventarla, quando ha sparato in mezzo a un incrocio affollato. La difesa vorrebbe far vi credere che Terry Wales una vittima, come sua moglie. "Non fatevi ingannare, signore e signori, Nina Wales la sola vittima: lei morta, Terry Wales fin troppo vivo." Jess si allontan dalla giuria e si costrinse a guardare fra il pubblico. Rick Ferguson le sorrise dal suo posto nella seconda fila dal fondo. "L'accusa dimostrer", afferm fermamente Jess, rivolgendosi di nuovo alla giuria, "che Terry Wales picchiava regolarmente sua moglie. Vi dimostreremo che in numerose

occasioni ha minacciato di ucciderla, se avesse cercato di la sciarlo portandosi via i bambini, e che ha comprato una balestra nel negozio di articoli sportivi del suo quartiere. Dimostreremo che ha usato quella balestra per sparare a Nina Wales colpendola al cuore, come se fosse stata un cervo nella foresta. "Non gli importava che soffrisse, anzi, voleva che soffrisse. Non c' stata piet, signore e signori. Questo non un crimine pas sionale, un omicidio, puro e semplice. Omicidio senza alcuna ombra di dubbio. Omicidio di primo grado.; Grazie." Jess sorrise tristemente alle otto donne e ai sei uomini che com ponevano la giuria. Tre erano di colore, due di origine spagnola, uno asiatico e il resto bianchi. La maggior parte erano persone di mezza et, solo due erano sulla ventina e una delle donne po teva avere circa sessant'anni. Tutti avevano un'aria solenne e parevano pronti a fare il loro dovere. "Signor Bristol", disse il giudice Harris, mentre Jess tornava al banco dell'accusa. Hal Bristol inizi a parlare ancora prima di alzarsi in piedi e la sua voce riecheggi nell'aula. "Signore e signori della giu ria, Terry Wales non un uomo colto, un venditore come alcuni di voi, vende elettrodomestici. molto bravo in questo, e guada gna bene, ma non un uomo ricco. Per un uomo orgoglioso. 89 "Come voi, ha dovuto stringere la cinghia in questi tempi di re cessione economica. Non c' molta gente che compra, soprattutto apparecchi costosi come gli elettrodomestici, non si costruiscono pi molte case, non c' pi molta gente che pensa di avere biso gno di una nuova cucina o di un nuovo forno a microonde. Le com missioni sono basse. Viviamo in tempi difficili e non c' molto su cui si possa contare." Jess si accomod nella sua sedia. Cos era quella la linea di difesa: l'omicida come uno in cui tutti si possono identificare, l'omicida che tutti possiamo capire perch la sua immagine un riflesso della nostra. L'omicida che impersona l'uomo comune. "Terry Wales pensava di poter contare su sua moglie. L'aveva spo sata undici anni fa, con l'accordo che entrambi avrebbero conti nuato a lavorare ancora un po, prima di mettere su famiglia. Ma Nina Wales aveva idee diverse e, dopo che si furono sposati, de cise che voleva subito avere un figlio, non voleva aspettare. Avrebbe continuato a lavorare, gli assicur, non disse che aveva intenzione di lasciare il suo lavoro. Ma, subito dopo la nascita del primo bambino, Nina Wales si licenzi. Voleva fare la madre a tempo pieno e come poteva il mio cliente impedirglielo, soprat tutto quando, pochissimo tempo dopo, lei rimase di nuovo incinta? "Ma Nina Wales non era una donna facile da soddisfare. Non le im portava quanto avesse, non importava quanto suo marito facesse per mantenerla e soddisfarla, Nina Wales voleva sempre di pi. Cos, ovviamente, iniziarono le liti. Occasionalmente ci furono anche litigi violenti e Terry Wales non fiero di questo. Ma la violenza in una coppia qualcosa che si pu verificare anche nei matrimoni migliori, e si verifica soprattutto quando i tempi sono difficili. "Ora non credo che abbia alcun senso biasimare la vittima", tuon Hal Bristol e Jess fu costretta ad ammirarlo, perch pronunci quella frase senza la minima traccia di ironia, "ma sappiamo tut ti che bisogna essere in due per ballare. Il mio cliente non un uomo violento, stato spinto a reagire in maniera violenta. "E Nina Wales sapeva su che cosa fare leva." Jess guard verso il fondo dell'aula, sentendo la bile salirle in gola. Che cosa ci faceva l Rick Ferguson? Guardava fisso davanti a s, apparentemente ipnotizzato dalle pa role della difesa, e di quando in quando annuiva, come per mani festare la propria approvazione. Maledetto, pens Jess. Perch qui? "Nina Wales era molto abile nell'esercitare pressione", continu Hal Bristol. "Rimproverava continuamente suo marito per le sue basse provvigioni, lo

assillava perch lui non poteva garantirle un tenore di vita pi elevato. Abbiamo testimoni che sostengono di avere sentito Nina Wales mettere pubblicamente in imbarazzo suo marito in pi di un'occasione. Fatti, come ha detto l'accusa, non solo la parola dell'accusato. Abbiamo testimoni che sosterranno qui, sotto giuramento, che Nina ha minacciato in molte occasioni di scomparire con i bambini, la sciando suo marito senza niente. "Terry Wales un uomo orgoglioso, signore e signori, anche se sua moglie lo faceva sentire come se avesse avuto ben poco di cui essere fiero. Nulla era sacro per lei, persino la loro vita ses suale divenuta bersaglio di critiche pubbliche. Nina Wales prendeva in giro le prestazioni sessuali del marito e lo osses 90 sionava in ogni occasione per la sua incapacit di soddisfarla. arrivata persino a dirgli che aveva un amante e, anche se non era vero, Terry Wales ci ha creduto. "Poi se n' andata con i figli, impedendo al marito di parlare con loro. Lo inform che stava consultando un legale, che si sta va preparando per portargli via tutto ci che aveva, quello per cui aveva lavorato durante tutta la sua vita. Terry! Wales era un uomo distrutto, non era pi in grado di pensare con chiarez za, di ragionare. Era disperato e gli uomini disperati, in circo stanze disperate, commettono talvolta azioni} disperate. "Cos ha comprato una balestra, una balestra, signore e signori, non una pistola, nonostante sia un tiratore e abbia il brevetto del poligono, e anche se una pistola, per un uomo che pensi di uccidere la moglie, sarebbe stata pi logica come scelta. Pi semplice da usare, pi difficile da ritrovare, molto pi micidia le. "No, Terry Wales ha comprato una balestra, uno strumento che con molta probabilit avrebbe causato pi paura che ferite serie. E questo era precisamente quello che aveva intenzione di fare: Ter ry Wales voleva spaventare sua moglie, non voleva ucciderla. "Se voi progettaste di uccidere qualcuno, signore e signori della giuria, scegliereste un'arma antiquata e ingombrante come una balestra? Commettereste l'omicidio in mezzo alla strada, a un in crocio affollato del centro della citt, con almeno mezza dozzina di testimoni pronti a identificarvi? dopo, vi siedereste sul marciapiede singhiozzando e aspettando la polizia? Questo vi sembra il comportamento di un uomo razionale, un uomo che il pubblico ministero accusa di avere deliberatamente organizzato l'omicidio della moglie a sangue freddo?" Hal Bristol si avvicin al banco dell'accusa. "L'accusa e la di fesa sono d'accordo su una cosa", afferm, guardando direttamente Jess, "il mio cliente responsabile della morte della moglie." Fece una pausa, durante la quale torn vicino alla giuria. "Ma nostra convinzione che Terry Wales non avesse intenzione di ucci dere sua moglie; crediamo che volesse soltanto spaventarla, farla desistere dai suoi propositi, riportarla a casa. Per quanto di storto e irrazionale possa essere stato il suo comportamento, non equivale a un omicidio premeditato. "Durante il corso del processo, vorrei che voi provaste a metter vi nei panni dell'accusato. Abbiamo tutti un punto di rottura, signore e signori, e Terry Wales aveva raggiunto il suo." Hal Bristol fece una pausa drammatica, prima di concludere. "Che cosa ci vorrebbe perch anche voi raggiungeste il vostro?" Jess immagin se stessa in piedi davanti alla finestra del suo salotto, nascosta dietro le tende, con in mano una pistola. Sa rebbe realmente stata capace di usarla? Tutti abbiamo un punto di rottura, signore e signori, pens, voltandosi verso la corte e vedendo Rick Ferguson che si infilava in bocca una gomma da ma sticare. "L'accusa pu continuare?" domand il giudice Harris. "L'accusa chiede dieci minuti di sospensione", si affrett a ri spondere Jess. "Sospenderemo l'udienza per dieci minuti", acconsent il giudice Harris. 91

"Che cosa succede?" chiese Neil Strayhorn, sorpreso, ma Jess si stava gi incamminando a passo deciso verso il fondo dell'aula. Se si aspettava che Rick Ferguson balzasse in piedi, rimase delu sa; infatti non si volt nemmeno verso di lei, obbligandola pra ticamente a parlare alle persone che aveva vicino. "C' un modo semplice per farlo", gli disse, "e un modo pi complicato." Lui non la guard. "Il modo semplice che adesso lei si alza ed esce di qua con le sue gambe", continu. "E il modo complicato?" domand Ferguson, guardando la sedia vuo ta del giudice. "Chiamo l'ufficiale giudiziario e la faccio buttare fuori." Rick Ferguson si alz, pass davanti alle due persone sedute nel la stessa fila e and incontro a Jess. "Volevo soltanto vedere quello che avrei dovuto affrontare, se la vecchia non fosse scom parsa in quel modo", disse abbassando il suo sguardo su Jess. "Mi dica, avvocato, lei brava a letto come in tribunale?" "Ufficiale!" chiam Jess ad alta voce. "Ehi, il modo semplice, ricordi?" Rick Ferguson si volt e usc dalla stanza. Jess stava ancora tremando quando, dieci minuti dopo, il giudice diede il via all'udienza. Erano ormai le sette di sera, quando una guardia armata scort Jess fino al parcheggio che si trovava di fronte al palazzo di Giustizia. Al termine dell'udienza, Jess aveva passato quasi due ore a con ferire con Neil e Barbara sugli eventi della giornata e sulla strategia da seguire e cercando di raggiungere al telefono il suo ex marito. Ma all'ufficio di Don le avevano detto che sarebbe ri masto fuori tutto il pomeriggio. Una guardia armata scortava sempre gli avvocati del pubblico mi nistero fino al parcheggio, quando si faceva tardi. "Finalmente ti hanno ridato l'auto", disse il giovane, che teneva una mano sulla fondina, mentre l'accompagnava al parcheggio co perto. Jess gli raccont la vicenda della sua Mustang rossa men tre aspettavano che arrivasse l'ascensore. "Almeno me l'hanno lavata", comment, entrando nell'ascensore. "C' un lato positivo in ogni cosa, credo", disse filosoficamente la guardia e Jess annu, sebbene non fosse sicura di essere d'ac cordo. "Che puzza, qui sotto." Jess fece una smorfia, mentre l'odore sgradevole le riempiva le narici e la gola, provocandole conati di vomito. Si diresse decisa verso il punto in cui aveva lasciato la sua auto. "Ges, sempre peggio." Girarono l'angolo. "Mio Dio!" esclam la guardia, estraendo la pistola con un gesto automatico e girando su se stesso. "Non c' nessuno, qui", gli fece notare Jess, sorprendentemente calma. "Se n' andato da tempo." "Non dirmi che quella la tua auto", disse la guardia, anche se Jess era sicura che conoscesse gi la risposta. "Che razza di ba stardo pu avere fatto una cosa simile?" 92 Jess guard la sua Mustang rossa, ritirata quella mattina dal l'autorimessa, luccicante come nuova. Ora era l, davanti a lei, con i finestrini imbrattati di escrementi, il tergicristallo nuo vo spezzato che emergeva a malapena sotto una montagna di feci. Si copr la bocca e il naso con una mano. La guardia, intanto, aveva gi impugnato la ricetrasmittente per chiamare aiuto. Jess torn all'ascensore e si lasci cadere sul pavimento di cemento. "Merda", mormor, rendendosi conto di avere scelto l'imprecazione pi appropriata e cominciando a ridere. Avrebbe potuto piangere, allo stesso modo. Pens che lo avrebbe fatto pi tardi. "WALTER! Walter, per l'amor del cielo, hai lasciato ancora il portone aperto!" Jess buss alla porta dell'appartamento al se condo piano, domandandosi se

sarebbe riuscita a farsi sentire, superando il suono della tromba di Miles Davis. "Trattieni il tuo cavallo, sto arrivando." La profonda voce ma schile arriv dall'interno e un istante dopo la porta si apr e il piccolo, rotondo analista di sistemi comparve indossando un accappatoio verde e sorseggiando un bicchiere di vino rosso. La esamin velocemente dalla testa ai piedi. "Jess, sei molto bella e anche molto isterica. Ti andrebbe di entrare a bere qualcosa?" "Vorrei assicurarmi che tu chiuda sempre a chiave il portone", gli rispose Jess, che non era in vena di una civile conversazione davanti a un bicchiere di vino. "Oh, ho dimenticato un'altra volta di chiuderlo?" Walter Fraser non sembrava considerare importante la cosa. "Stavo scaricando la spesa e sono dovuto andare avanti e indietro dall'auto parecchie volte. Era pi semplice lasciare la porta aperta." "Pi semplice e molto pi pericoloso." "Pessima giornata, vero?" chiese Walter. "Chiudi a chiave il portone, capito?" ripet Jess di rimando, sa lendo le scale fino al suo appartamento. Il telefono cominci a squillare non appena apr la porta. E adesso? pens. Mentre andava in cucina a rispondere, diede un colpo alla gabbia del canarino e Freddy cinguett spaventato, protestando. "Scusa, Fred", grid, mentre afferrava il ricevito re. "Pronto", rispose con tono rabbioso. "Sbaglio o siamo un ponervosi?" "Don, sei tu?"; "In ufficio mi hanno detto che mi hai cercato. Qualcosa non va?" "Niente che non potrebbe essere risolto dalla vista del tuo cliente che sfrigola sulla sedia elettrica." "Immagino che tu stia parlando di Rick Ferguson", disse Don, la voce tesa. "Eccellente intuizione. Che cosa mi dici di questa? Il tuo clien te compare nella mia aula di tribunale e alcune ore pi tardi la mia auto, per la quale ho appena speso quattrocento dollari in riparazioni, viene rinvenuta mezza sepolta dalla merda. Che ipo tesi faresti?" "Aspetta un attimo, stai dicendo che la tua auto era letteralmen te coperta da..." 93 "Escrementi, probabilmente umani, almeno quello che pensa la polizia. Ne hanno prelevato dei campioni e stanno cercando delle impronte digitali. Non che questo risolva la cosa, sono certa che oggi erano in programma un bel paio di guanti di gomma per Rick Ferguson." "Santo Iddio", mormor Don. "Dial tuo cliente che se mette ancora piede nella mia aula, lo far arrestare, non mi importa con quale accusa." "L'ho gi avvertito di stare lontano da te." "Tienilo lontano anche dalla mia aula di giustizia." Jess intu la confusione di Don, nonostante lui cercasse di sem brare normale. Sapeva che si stava sforzando di mantenere separa te la sua vita professionale e la sua vita privata e che lei glielo stava rendendo molto difficile. "Senti", disse Don dopo una lunga pausa, "sono quasi le nove e sono certo che non hai ancora mangiato." "Non ho molto appetito." "Hai bisogno di mangiare. Avanti, posso essere l in venti minu ti. Usciamo e andiamo a mangiarci una bistecca..." "Don, ho appena passato due ore accanto a un'automobile che sem brava un panino imbottito di merda e non ho il minimo appetito." Lo sent sorridere. "Mi dispiace. Un'altra volta, d'accordo?" "Quando vuoi. Cerca di dormire." "Grazie." "Oh... Jess..." "S?" "Lo stato dell'Illinois non giustizia pi i criminali con la se dia elettrica, credo che un'iniezione letale sia quello che si usa al giorno d'oggi." Lei rise. "Grazie per l'aggiornamento."

Riagganciarono senza salutarsi. Subito dopo Jess sent gorgogliare lo stomaco. "Benissimo, che tempismo!" si disse con ironia. Guard il telefono, ma decise di non richiamare Don; era troppo delusa, troppo provata e stanca di stare fuori casa, sarebbe solo riuscita a deprimere Don. Inoltre, perch mangiare una bistecca, quando aveva nel freezer una bella pizza congelata? Ne prese un paio dalla confezione di plastica e le mise nel forno a microonde, poi prese dal frigorifero una Coca-Cola, l'apr e ne bevve un sorso direttamente dalla lattina. Cos c' pi gas, pen s, bevendone ancora e pensando alla nuova regola di suo cognato, che prevedeva l'eliminazione delle bibite. "Penso che tu sia ge losa", le aveva detto Barry, "perch tua sorella ha un marito e una famiglia ed felice. E tu, che cosa hai? Un freezer pieno di pizze congelate e un maledetto canarino!" Aveva ragione? Era gelosa della felicit di Maureen? Poteva dav vero essere cos meschina? Per la prima volta dopo molti anni, Maureen non l'aveva invitata per la cena del Ringraziamento. Aveva accampato qualche scusa, dicendole che avrebbe invitato la famiglia di Barry, ma probabil mente era solo stanca di lei. Erano tutti stanchi. Persino suo padre aveva smesso di proporle di uscire a cena perch conoscesse la sua nuova compagna. Le aveva detto che capiva quanto fosse im pegnata, con quel caso cos importante che ogni giorno finiva sulle prime pagine dei quotidiani. Avrebbe aspettato la fine del processo. 94 Che cosa stava facendo con suo padre? Era gelosa anche della sua felicit? Voleva che tutti quelli che amava vivessero una specie di vita solitaria e isolata come quella che aveva scelto per s? Credeva forse che l'interesse di suo padre per un'altra donna fosse in qualche modo un tradimento nei confronti di sua madre, persino ora, dopo tutti quegli anni? Jess si strinse la testa fra le mani e si rese conto lentamente di no. Era soltanto che, amando un'altra donna, suo padre stava simbolicamente firmando il certificato di morte di sua madre. Jess alz la testa e guard il soffitto, mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. Stava ancora aspettando che sua madre tornasse a riprendere il suo posto nelle loro vite? Era questo che stava aspettando, che desiderava? Persino adesso, dopo otto anni? Stava ancora aspettando di vedere comparire sua madre sulla porta di casa, di sentire le sue braccia che l'avvolgevano, farsi riempire il viso di baci e di sentirsi dire che era perdonata, che non era responsabile della sua scomparsa, che era innocente? Stava ancora aspettando quell'assoluzione? La sua vita non poteva continuare senza questo? Il forno a microonde annunci che la cena era pronta e lei torn alla realt, posando due pizze fumanti su un piatto a fiori blu, poi prese il piatto e la Coca e li port in salotto, dove si ac comod sul divano. "Come andata la tua giornata, Freddy?" chiese al canarino, sof fiando sulla pizza nel tentativo di raffreddarla. "Meglio della mia, spero." Addent un pezzo enorme, ficcandosi in bocca il for maggio rimasto penzolante. Squill il telefono e lei inghiott la pizza. "Pronto?" "Parla Jess Koster?" La voce maschile le parve vagamente familiare. "Chi parla?" chiese Jess, allarmata. "Adam Stohn." "Adam Stohn?" "Del negozio di scarpe. Gli stivali che ha ordinato sono arrivati oggi nel tardo pomeriggio, ho cercato di chiamarla in ufficio, ma mi hanno detto che era in tribunale. Non mi ha detto di essere un avvocato." Jess sent un tuffo al cuore. "Non ho avuto il messaggio." "Non ho lasciato messaggi."

Silenzio. "Cos i miei stivali sono arrivati", disse Jess dopo quella che le parve un'eternit. "Pu ritirarli quando vuole." "Benissimo, grazie per avermelo fatto sapere." "Oppure potrei portarglieli io", si offr lui. "Come?" "Le risparmierei un viaggio e lei potrebbe darmi un assegno, in testato al negozio, naturalmente." "Quando?" "Potrei passare adesso, se per lei va bene." "Ora?" Come? Quando? Ora? Jess sent la sua voce ripetere. Da quando era diventata una brillante conversatrice? "Hanno annunciato nevicate per domani." "Davvero?" 95 "A dire la verit, io non ho ancora cenato. E lei? Le andrebbe di dividere una pizza?" Jess sput nel piatto un pezzo di formaggio che aveva nascosto fino a quel momento sotto la lingua. "Mi pare un'ottima idea." "Bene. Perch non mi dice dove abita?" "Perch non ci incontriamo da qualche parte?" sugger lei in ri sposta. "Mi dica dove." Jess gli indic un piccolo ristorante italiano in Armitage Ave nue, a poca distanza da casa sua. "Fra quindici minuti?" "Ci vediamo l." Ciao, Jess, sei in anticipo", la salut Adam, come se fosse la cosa pi naturale del mondo. "Ci possiamo dare del tu, vero?" do mand poi, forse notando l'espressione un posorpresa di Jess. Lei acconsent e poco dopo si sedettero a un tavolo in fondo alla sala del piccolo ristorante a gestione famigliare. Adam indossava un paio di blue jeans e un giaccone sopra una maglia senza collo. "Sono sempre in anticipo, una brutta abitudine", disse lei, studiando il suo viso e pensando che era pi bello di come lo ri cordasse. Stava pensando anche lui la stessa cosa di lei? Si tro v a desiderare di essersi messa qualcosa di pi seducente di una maglia nera e un paio di fuseaux. Anche un podi trucco non avrebbe guastato. "Salve, signorina!" L'anziana proprietaria salut Jess, portando due menu. " un piacere rivederla." "Piacere mio." Jess sorrise al viso scuro e rotondo della donna. "Carla fa la migliore pizza del mondo." "Nella zona di De Paul, certamente", precis lei. "Posso portarvi una brocca di Chianti, mentre guardate il menu?" "Mi sembra una buona idea", rispose Adam, scorrendo rapidamente la lista. "Io so gi quello che voglio", afferm Jess allegramente, "prendo la pizza speciale. la cosa pi buona del mondo." "In questo caso, ne faccia una grande", si affrett a dire Adam, "la divideremo." Carla raccolse le liste dal tavolo e si diresse verso la cucina. "I tuoi stivali sono in macchina, ricordami di darteli." "Ricordami di darti l'assegno." "Dio, che premura." Rise. "Immagino che verrai spesso in questo locale." "Vivo in fondo alla strada e non sono una grande cuoca", rispose Jess. "Scommetto che non hai molto tempo per cucinare." "Non ce l'ho, ma non lo farei comunque." Lui parve sorpreso. "Una questione di principio?" "Noi avvocati ne abbiamo", disse lei, sorridendo. "Non ne ho mai dubitato." "Mia madre passava tutto il suo tempo in cucina", spieg Jess.

"Lo odiava, cos non ci ha mai insegnato. Forse pensava che, se non avessimo saputo cucinare, non saremmo mai rimaste intrappola te in cucina." "Una teoria interessante." "Non direi che abbia funzionato." Lui la guard confuso. 96 "Mia sorella Maureen si trasformata in una specie di nonna Pa pera." "E tu disapprovi?" "Preferirei non parlare di mia sorella." Carla ritorn con una brocca di Chianti e due bicchieri da vino. "Stavo leggendo dell'omicidio della balestra stasera", disse la donna, versando il vino nei bicchieri. "C'era il suo nome e tutto il resto. Davvero impressionante." Jess sorrise. "Vincere s, che sarebbe impressionante." Carla fece un gesto con la mano. "Non ci sono dubbi. Lei vince, non c' dubbio." Strofinandosi le mani nel grembiule verde stile ospedale, ritorn in cucina. C'erano almeno altri cinque tavoli pieni nel ristorante, le cui pareti erano tappezzate di dipinti di paesaggi italiani e grappoli d'uva di plastica pendevano qua e l dal soffitto. "Cos sto cenando con una celebrit", afferm Adam, alzando il bicchiere in un brindisi. "Solo un pubblico ministero che lavora troppo e guadagna troppo poco, temo." Avvicinarono i bicchieri. "Salute e prosperit, di rebbe mio cognato." "Alla tua vittoria." "Berr a quella." Brindarono. "Allora, che cosa mi dici di te? Da quanto tempo vendi scarpe?" "In quel negozio dall'estate scorsa e ho lavorato per un anno in un altro posto." "E prima ancora?" "Vari lavori come rappresentante, sai, questo e quello" "Mio padre faceva il rappresentante." "Davvero?" "Poi ha aperto un negozio suo, un paio a dire la verit. Ora in pensione." "E fa diventare matta tua madre?" Jess bevve un sorso di vino. "Mia madre morta." Adam cambi espressione. "Oh, mi rincresce. Quando accaduto?" "Otto anni fa. Ti dispiace se parliamo d'altro?" "Come vuoi." "Raccontami di te. Sei di Chicago?" "No, di Springfield." "Non sono mai stata a Springfield." " una citt carina." "Perch te ne sei andato?" "Era il momento di cambiare." Alz le spalle. "E tu? Nata e cre sciuta a Chicago?" Jess annu. "Mai sentito il desiderio di provare qualcosa di nuovo?" "Sono piuttosto casalinga." "Sei andata all'universit qui?" "Alla Northwestern." "Dove ti sei laureata fra i primi tre del tuo corso?" cerc di indovinare. "Quarta." Lui sorrise. "E da allora hai rifiutato tutte le offerte di un impiego lucroso per diventare un pubblico ministero sottopagato nell'ufficio del procuratore di Stato." 97 "Non volevo ritrovarmi nel reparto liti e reclami di qualche in dustria; inoltre, il procuratore di Stato era uno dei miei pro fessori; si candid, fu eletto e mi propose di lavorare con lui.

La sola domanda che mi fece fu se sarei stata in grado di chiede re la pena di morte." "Naturalmente la tua fu la risposta giusta." Jess rise. "Non vogliono liberali nell'ufficio del procuratore di Stato." "Allora, come te la passi l?" "Sinceramente?" "Solo se insisti." Lei rise. "Lo adoro. Almeno per ora. All'inizio stato abbastan za duro. Ho iniziato con i processi per incidenti stradali e non molto eccitante, ma bisogna fare un podi gavetta, immagino. Poi ho lavorato un anno nella prima divisione municipale, dove si processano reati minori. Non si tratta di veri e propri processi con una giuria e tutto il resto,! sai, quel genere di cose gra vi per la vittima, ma che non importano molto a nessun altro. Ti sembro troppo cinica? "Immagino che occorra farsi una bella corazza per lavorare nell'ufficio del procuratore di Stato." L'immagine di una tartaruga decapitata apparve davanti agli occhi di Jess, mentre rispondeva. "Sono rimasta l un anno, poi sono passata alla procura crimina le, che stata molto pi interessante." "Che cosa la rendeva molto pi interessante?" " necessario un lavoro di investigazione: uscire, parlarci con le vittime e i testimoni; lavori molto con la polizia. Sai,! la maggior parte della gente non si rende conto che i poliziotti non possono accusare nessuno, soltanto lo Stato pu muovere un'accu sa. I poliziotti indagano, ma l'assistente del procuratore di Stato che decide se approvare le accuse e dare inizio al caso." "Il primo assaggio del potere." Jess bevve un altro sorso di vino. "Mio cognato sostiene che quando una donna acquista un podi potere perde il suo senso dell'umorismo." "Tu no. Hai riso della mia barzelletta sul preservativo." "Gi", sorrise Jess. "Quindi sei rimasta un anno alla procura criminale", continu Adam senza perdere un colpo. "Sette mesi." "Poi direttamente alla sezione penale." Jess sembr sorpresa. "Come fai a saperlo?" "Non resta altro, no?" chiese semplicemente. "Ogni corte ha tre assistenti del procuratore di Stato assegnati a un certo giudice, di solito per un anno, a volte anche di pi. Il pi anziano dei tre, dal punto di vista della carrie ra, chiamato prima sedia e quella sono io." Jess fece una pausa e fin il vino che aveva nel bicchiere. "Come siamo arrivati fin qui?" "Credo di averti chiesto se ti piaceva lavorare per il procurato re di Stato." "Be, non puoi dire che non ti abbia risposto." Jess abbass lo sguardo. "Scusa, non volevo farmi trasportare dall'entusiasmo, immagino che sia piuttosto noioso." 98 "Niente affatto." Adam si vers dell'altro vino. "Raccontami an cora qualcos'altro." Jess si port il bicchiere alla bocca e respir l'aroma forte del vino, cercando di vedere oltre i caldi occhi color nocciola di Adam. Si domand se fosse realmente interessato ai dettagli del suo lavoro come sembrava e che cosa ci facesse lui l. Si chiese anche che cosa ci stesse facendo lei. "Be", esit prima di con tinuare, "sono responsabile di quello che accade in tribunale. Mi occupo dei casi pi importanti e decido quali casi assegnare ai miei assistenti. Sono come una specie d'insegnante, oppure un tu tore, se preferisci, e sono responsabile di qualunque cosa vada per il verso sbagliato nella mia corte."

"E quanti casi perseguite all'anno?" "Da dodici a venti. Intendo dire davanti a una giuria. La maggior parte dei casi vengono finiscono con un patteggiamento." Rise. "In questo periodo dell'anno normalmente si scatena una vera fre nesia; si tratta di vedere quale giudice riesce a istruire pi processi prima di Natale." Portarono la pizza fumante, con quattro diversi tipi di formaggio che filavano sul piatto e una variet di verdure e salsicce che la ricoprivano. "Sembra davvero fantastica", comment lui ta gliandone due pezzi e sorridendo, mentre Jess afferrava il suo pezzo e se lo portava avidamente alla bocca. Adam rise. "Sembri una bambina!" "Scusa, avrei dovuto avvisarti. Sono un autentico maiale, quando mangio. Sono senza vergogna." " un piacere stare a guardarti." "Non ho mai capito come faccia la gente a mangiare la pizza con il coltello e la forchetta", continu, mentre un lungo filo di formaggio ondeggiava fra la sua bocca e il piatto. "Adesso mi di rai che tu usi sempre la forchetta e il coltello, vero?" "Non oserei mai." Adam sollev un pezzo di pizza e se lo port alla bocca. " buonissima, vero?" "Buonissima", assent lui, guardandola negli occhi. "Allora, rac contami ancora qualcosa di te." "Penso di avere gi detto troppo. I manuali non consigliano forse alle donne di lasciar parlare gli uomini? Sai, scoprire quali so no i loro interessi e cose di questo genere." S'interruppe, la pizza fra le mani. "Oppure quello che stai facendo tu con me?" "Non pensi di essere interessante?" "Il fatto che io trovi affa scinante la legge non vuol dire che sia cos anche per gli al tri." "Che cosa ti affascina della legge?" Jess pos la pizza sul piatto, pensando seriamente alla domanda e scegliendo con molta cura le parole. "Il fatto che sia tutto cos complesso. Voglio dire, la maggior parte della gente ama pensare al sistema giudi ziario come a una guerra fra il bene e il male, fra buoni e cat tivi, ma non affatto cos. Non tutto bianco o nero, esistono molte sfumature di grigio. Entrambe le parti cercano di sovverti re la verit e di usarla a proprio vantaggio. Un buon avvocato difensore far sempre in modo che un crimine sembri meno brutto di quello che . La triste verit che la verit quasi irrile vante in una corte di giustizia." Alz le spalle. "Talvolta semplice per gli avvocati perdere di vista le regole morali ed etiche basilari." "Qual la differenza?" 99 "La moralit una qualit interiore", rispose Jess semplicemen te. "L'etica definita da un codice professionale di responsabi lit. Ti sembro presuntuosa?" "Mi sembri affascinante." "Affascinante? Io ti sembro affascinante?" Jess rise. "Ti sorprende?" "Affascinante una parola che gli altri usano raramente per de finirmi", rispose. "Che parole usano?" "Oh... profonda, seria, profonda, costante, profonda. Sento un sacco di 'profonda." "Il che quello che probabilmente fa di te un buon pubblico mi nistero." "Chi ti ha detto che sono un buon pubblico ministero?" "Lo chiede quella che si laureata fra i primi quattro del suo corso." Jess sorrise. "Non penso che una cosa abbia molto a che vedere con l'altra. Voglio dire, puoi memorizzare procedure, leggi, puoi studiare libri di diritto quanto vuoi, ma devi avere un sesto senso per la legge. un pocome con l'amore, credo." Distolse lo sguardo. " una faccenda di fantasmi e ombre." "Interessante analogia", comment lui. "Immagino che tu sia di vorziata." Jess prese il bicchiere di vino e se lo port alla bocca, poi lo abbass, senza bere. "Supposizione interessante." "A due persone interessanti", disse Adam,

facendo tintinnare il suo bicchiere contro quello di Jess in un altro brindisi. "Per quanto tempo sei stata sposata?" "Quattro anni." "E da quanto tempo sei divorziata?" "Quattro anni." "Bella simmetria." "E tu?" "Sposato per sei anni, divorziato da tre." "Figli?" Adam fin il vino che aveva nel bicchiere, si vers quello che restava nella bottiglia e scosse la testa. "Sei sicuro?" domand Jess, e rise. "Mi sei sembrato perplesso." "Niente figli", ripet lui. "E tu?" "No, niente figli." "Troppo impegnata?" "A mia volta troppo bambina, direi." "Ne dubito", le disse, "sembri una persona con un'anima molto vecchia." Jess mascher il suo disagio con una risata. "Credo di avere bi sogno di pi ore di sonno." "Non hai bisogno di niente, sei bellissima cos", disse Adam, concentrandosi sulla pizza. Jess fece lo stesso e, per alcuni secondi, nessuno dei due parl. "Non intendevo metterti in imbarazzo", disse lui, ancora concen trato sul suo piatto. "Non sono imbarazzata", replic Jess, che in realt non capiva esattamente come si sentisse. "Il fatto che tu sia pubblico ministero non ha avuto nulla a che fare con il tuo divorzio?" chiese Adam, cambiando argomento. "Come, scusa?" 100 "Be, essere un avvocato che si occupa di processi un pocome essere un cavallo da corsa, immagino, dedizione assoluta alla causa. Durante un processo immagino che sia un pocome se tu fossi sposata con quel caso. Mi sbaglio?" Jess scosse la testa. "No, non ti sbagli." "Che cosa fa tuo marito?" Adam tagli altri due pezzi di pizza. Jess sorrise. " avvocato." "Mi arrendo." Lei rise. "E la tua ex moglie?" "L'arredatrice. L'ultima volta che l'ho sentita, mi ha detto di essersi risposata." Adam sospir e alz le braccia in alto, come per dire che aveva esaurito l'argomento. "Ora basta con il passa to, giunto il tempo di guardare avanti." "Sei stato rapido." "Non c' altro da dire." "Non ti piace molto parlare di te, vero?" "Non pi di quanto piaccia a te." Jess era incredula. "Che cosa intendi dire? da quando siamo ar rivati qui che non faccio che parlare di me." "Hai parlato della legge. Ma, quando una domanda diventa pi per sonale, ti chiudi come un testimone reticente chiamato alla sbar ra." "Facciamo un patto", disse Jess, stupita di scoprirsi cos tra sparente. "Non ti racconter pi i miei segreti se tu non mi rac conti i tuoi." Adam sorrise e i suoi occhi nocciola le parvero impenetrabili. "Tu non raccontarmi segreti e io non ti racconter bugie." Segu una lunga pausa. "Mi sembra onesto", disse Jess. "Anche a me." Ripresero a mangiare e finirono il resto della pizza in silenzio.

"Perch mi hai chiamata stasera?" domand Jess, spostando il piatto vuoto. "Volevo vederti", rispose Adam. "E tu perch hai accettato di uscire?" "Credo che anch'io volessi vederti." Sorrisero entrambi. "Che cosa ci fa un avvocato ambizioso come te con un semplice venditore di scarpe come me?" Fece un cenno per chiedere il con to. "Ho la sensazione che non ci sia niente di semplice in te." "Questo dipende dal fatto che tu sei un avvocato e cerchi sempre qualcosa che non c'." Jess rise. "Ho sentito che potrebbe nevicare, domani. Mi farebbe ro comodo un paio di stivali nuovi." "Ho proprio quello che ti serve nel baule dell'auto. Posso of frirti un passaggio fino a casa?" Jess esit, chiedendosi che cosa temesse. Carla si avvicin con il conto. "Allora, tutto bene? Com'era la pizza?" chiese, rivolta ad Adam. "Senza alcun dubbio, la migliore pizza della zona di De Paul." Jess guard Adam estrarre un biglietto da venti dollari dalla ta sca e pens di offrirsi per dividere, poi cambi idea. La prossi ma volta avrebbe offerto lei. Sempre se ci sar una prossima volta, pens. 101 Jess stava dormendo, un sonno tranquillo e senza sogni, come non le capitava pi da settimane, e d'un tratto si svegli e si se dette sul letto con la sensazione di cadere nel vuoto. Intorno a lei pareva si fosse scatenato l'inferno, campane e allarmi aveva no iniziato a suonare. Poi si rese conto che era solo il telefono; raggiunse il ricevi tore e lo sollev, portandolo con cautela all'orecchio. La sveglia digitale sul comodino indicava che erano le tre del mattino, non c'erano da aspettarsi buone notizie, a quell'ora. "S?" rispose, con voce allarmata, immaginando che fosse la poli zia o il medico legale, ma non rispose nessuno. "S?" ripet. "Pronto? Pronto?" Nessuna risposta. Riagganci e si lasci cadere sul letto. Qualcuno che aveva sba gliato numero, pens, rifiutando di prendere in considerazione altre ipotesi. "Torna a dormire, Jess", mormor. Ma non riusc pi a prendere sonno e rimase sdraiata a guardare i fiocchi di neve che scendevano silenziosi dal cielo, fino a quando fu ora di alzarsi. "ALLORA, come direste che andata oggi?" Jess guard Neil Stray horn e Barbara Cohen seduti dall'altra parte della scrivania, en trambi raffreddati e influenzati. "Penso che sia andata abbastanza bene", rispose Neil con voce na sale. "Abbiamo chiarito alcuni punti importanti." "Per esempio?" Jess fece un cenno a Barbara. "Per esempio, Billie Lupino ha testimoniato di avere sentito Ter ry Wales minacciare di uccidere sua moglie, se questa avesse cer cato di lasciarlo." Barbara toss e si schiar la voce prima di ricominciare. "Ha giurato che Nina Wales non aveva nessuna rela zione." "Ha giurato che, per quanto ne sapesse lei, Nina Wales non aveva nessuna relazione", precis Jess. "Billie Lupino stata la migliore amica di Nina per oltre dieci anni. Nina le raccontava tutto", intervenne Neil. "Di certo que sto avr molto peso davanti alla giuria." "Ma ha anche ammesso di avere sentito Nina Wales criticare pub blicamente le prestazioni del marito a letto in pi di un'occa sione e minacciare di portargli via tutto", ricord Jess ai suoi colleghi. "E allora?" chiese Barbara, trattenendo un colpo di tosse. "Allora esaminiamo il nucleo di questo caso. Se riescono a con vincere la giuria che Nina Wales ha provocato suo marito fino a farlo infuriare in modo incontrollabile..." "...significa che lei responsabile del suo stesso omicidio", intervenne indignata Barbara.

"Quindi, nel migliore dei casi, siamo davanti a un omicidio di secondo grado." "E allora, anche se Nina ossessionava il marito con il fatto che era scarso a letto? E anche se minacciava di lasciarlo? Lui la picchiava, la prendeva a pugni, le parole erano la sua unica ar ma!" Barbara trattenne un altro attacco di tosse e parve quasi soffocare. "Abbiamo un movente, un'accurata preparazione dell'omicidio, una fredda e calcolata premeditazione", concluse Neil soffiandosi il naso. 102 "L'intera vicenda basata sulla provocazione", continu Jess. "Recentemente, in un caso in Michigan, la giuria ha riconosciuto colpevole il marito di una donna giudice soltanto di omicidio preterintenzionale. Lui l'aveva uccisa nella sua stessa corte e la giuria ha riconosciuto che lei lo aveva provocato e indotto a ucciderla. In un altro caso a New York un cinese stato messo in libert condizionata dopo che aveva picchiato a morte la moglie con un martello. La moglie gli era stata infedele e il giudice ha stabilito che, nell'ambiente culturale dell'imputato, l'infedelt costituiva una provocazione." Poi respir a fondo, sperando di non inalare troppi microbi. "L'unica domanda che quei giurati si porranno se, in circostanze simili, sarebbero stati capaci di fare lo stesso." "Che cosa vuoi dire?" chiese Barbara, mentre una lacrima solit ria le scivolava sul viso congestionato. "Voglio solo dire che tutto dipende da come Terry Wales si com porta sul banco degli imputati", disse Jess. "Noi faremo meglio a scoprire che cosa dir Terry Wales prima che lo scopra la giuria, e non dovremmo essere soltanto pronti a controbattere, ma a farlo a pezzi. Intendo dire che non sar semplice vincere questo caso e che voi due fareste meglio a mettervi a letto." "Mi sembrato che il giudice Harris fosse pi brusco del solito", osserv Neil alzandosi e dirigendosi con Barbara verso la porta. "Forse avr mangiato troppo tacchino la sera del Ringraziamento", concluse Jess, chiudendo la porta dietro di loro e lasciandosi cadere nella sedia pi vicina. Sent uno strano bruciore alla go la e si disse: "Oh, no, non ammalarti adesso. Non ne hai il tem po". Si rimise dietro la sua scrivania e diede un'occhiata agli appunti che aveva preso in tribunale quel giorno, poi guard il telefono con aria minacciosa. Era passato il fine settimana e Adam non aveva chiamato. E allo ra? Si era davvero aspettata che lo facesse? La loro serata in sieme era terminata in maniera molto formale, lui le aveva conse gnato gli stivali e lei l'assegno. Lui l'aveva lasciata di fronte all'edificio di mattoni rossi in cui Jess abitava, salutandola con una lieve carezza sulla guancia, lei non lo aveva invitato a entrare e lui non le aveva chiesto di farlo. Si erano salutati senza dirsi frasi del genere: "Ci vediamo", oppure: "Ti chiamo". No, niente. Allora perch lei si aspettava qualcosa di pi? Aveva creduto davvero che Adam l'avrebbe chiamata per proporle di trascorrere insieme il giorno del Ringraziamento? Due perfetti estranei che si spartivano un tacchino? Un avvocato della contea di Cook e un venditore di scarpe di Springfield? Che cosa la in fastidiva di pi? Che fosse un semplice commesso o che non l'a vesse chiamata? Aveva finito con il passare il giorno del Ringraziamento a casa dell'analista di sistemi gay insieme con otto suoi amici, fingen do di non avere le orecchie tese per sentire il telefono. Dopo alcuni bicchieri di vino, si era immersa nell'ascolto di Charlie Parker e Jerry Mulligan, unendosi agli altri, che ringraziavano per la fortuna di essere insieme, di essere vivi e vegeti, mentre molti dei loro amici erano morti. Poich aveva bevuto troppo, Walter aveva dovuto accompagnarla di sopra e Jess aveva pensato con triste ironia che almeno non era stata costretta a guidare fino a casa. 103

Si prese la testa fra le mani al pensiero della sua automobile distrutta da un atto di vandalismo. La Mustang rossa era stato il regalo dei suoi genitori per essere stata ammessa alla Northwestern University; aveva superato il periodo dell'universi t, il matrimonio, il divorzio e quattro anni nell'ufficio del procuratore di Stato. Ma non aveva superato l'ultimo, terribile attacco alla sua dignit, non aveva sopportato Rick Ferguson. Jess non aveva notato subito i copertoni tagliati, le fodere squarciate e il pedale del freno strappato e soltanto dopo alcuni giorni aveva saputo a quanto ammontavano esattamente i danni. Non avrebbe avuto senso farla riparare, sarebbe stato troppo costoso, anche con i soldi dell'assicurazione, e lei era gi in perdita di quattrocento dollari. Non avevano trovato impronte, niente che potesse mettere Rick Ferguson in relazione alla distruzione della sua automobile. Era comparso in aula quel giorno, e allora? Nessuno l'aveva visto nel parcheggio, nessuno l'aveva visto accanto all'auto, nessuno l'a veva visto da nessuna parte. Le persone sparivano, le propriet altrui venivano distrutte, per Rick Ferguson continuava a sorri dere. Jess prese il telefono e chiam lo studio del medico legale. "Ci sei ancora", disse sentendo la voce di Hilary Waugh. "Mi stavo preparando a uscire", le rispose la donna, ma Jess cap che quello che intendeva realmente dire che voleva fare in fretta, perch era gi tardi. "Immagino che non sia arrivato nessuno che assomigli a Connie De Vuono", chiese Jess, come se Connie DeVuono potesse essere ancora viva e potesse entrare nell'ufficio del medico legale con le pro prie gambe. "Nessuno." "Hai ricevuto il calco dei denti che ti ho mandato?" "S, qui, pronto che aspetta." "Questo dovrebbe rendere le cose pi veloci..." "S, dovrebbe. Adesso devo proprio andare, Jess. Non mi sento be ne, penso che mi stia venendo qualcosa." "Benvenuta fra noi", disse Jess, e dopo aver fatto gli auguri di pronta guarigione a Hilary Waugh, riagganci. Riprese subito in mano il ricevitore, con il desiderio di sentire una voce amica. Era da prima del giorno del Ringraziamento che non sentiva sua sorella e non era da Maureen quel silenzio, non im portava quanto fosse impegnata. Jess sper che stesse bene, che non fosse rimasta anche lei vittima dell'influenza che stava de cimando la citt. "Pronto." Maureen rispose con voce allegra, come sempre, e Jess si sent immediatamente rassicurata. "Come stai?" chiese Jess. "Bene", rispose Maureen, cambiando rapidamente tono. "Tyler inve ce ha un podi raffreddore, ma noi stiamo bene. E tu?" "Bene. Com' andata la cena del Ringraziamento?" "Benone. La madre di Barry una gran cuoca, ma non ti interessa veramente saperlo." Ci fu una pausa imbarazzata. "Allora, sei in daffarata come al solito?" "Be, questo un caso veramente caldo..." "Un caso 'caldo?" 104 "Se n' parlato molto in giro, sono certa che lo avrai letto sui giornali." Jess si ferm d'improvviso, ricordandosi che sua so rella non leggeva i giornali. "S, a dire il vero l'ho seguito. Immagino che un caso come que sto sia un colpo grosso per te." "Solo se lo vinco." Silenzio. " un poche non ho pi tue noti zie", azzard poi, rendendosi conto d'un tratto che era sempre stata sua sorella a mantenere i contatti fra di loro. "Pensavo fosse quello che volevi." "Quello che volevo? Perch dici cos?" "Oh, non lo so, forse perch sei sempre cos impegnata. Troppo impegnata per incontrare la compagna di papa, in ogni caso, trop po impegnata per venire a cena al Bistro 110, troppo impegnata per andare da Stephanie Banack." "Sono andata all'appuntamento."

"Tecnicamente s, immagino di s. Senti, Jess, non m'interessa parlare di questo, immagino che tu sia molto occupata. Credimi, penso di sapere com'. Ma non cercare di dirmi che sei cos presa da non avere un podi tempo per la tua famiglia, non insultare la mia intelligenza in questo modo. Se non vuoi fare parte di questa famiglia, fai come vuoi. Immagino che dovr accettarlo." "Maureen, non che io non voglia avere a che fare con voi..." " solo che non vuoi avere a che fare con mio marito." "Non riusciamo ad andare d'accordo. Succede, non la fine del mondo." "E papa? Per quanto tempo ancora hai intenzione di rifiutarlo?" "Non lo sto rifiutando." "No, stai solo rifiutando la donna che ama." "Non pensi di essere un potroppo drammatica?" "Penso che papa abbia intenzione di sposare quella donna, Jess." Un altro silenzio. "Te l'ha detto lui?" "Non aveva bisogno di farlo." "Be, me ne preoccuper quando sar il momento." "Perch te ne dovresti preoccupare?" domand Maureen. "Perch non puoi semplicemente essere felice per lui? Perch non puoi sempli cemente fare la cortesia di conoscerla?" Jess guard fuori della finestra la notte che si avvicinava; non erano nemmeno le sei ed era gi cos buio. " meglio che vada, ora, ti lascio preparare la cena." "Certo. quello che faccio meglio." "Maureen..." "Ciao, Jess, fatti sentire." La comunicazione s'interruppe prima che avesse il tempo di salu tarla. "Perfetto." Jess rimise il ricevitore al suo posto e pens di chiamare suo padre, ma decise che non avrebbe potuto soppor tare un'altra conversazione simile. Che cosa stava facendo alla sua famiglia? Perch non riusciva ad accettare che suo cognato fosse uno stronzo, sua sorella "una donna realizzata" e suo padre un uomo innamorato? Da quando era diventata cos intollerante, cos inflessibile? Dovevano vivere tutti secondo le sue regole? La sua vita,'era forse cos riusci ta? 105 La porta del suo ufficio si apr e Greg Oliver apparve sulla so glia. L'odore pungente della sua acqua di colonia arriv fino a lei. Proprio quello di cui ho bisogno, pens Jess. "Perch non sono stupito di trovarti ancora qui?" La sua pareva pi un'affermazione che una domanda. "Forse perch mi hai sentita parlare al telefono?" "Eri tu che piagnucolavi?" Jess respir profondamente. "Ero io." "Hai l'aria di avere bisogno di qualcosa da bere." "Ho solo bisogno di una dormita." "Anche questo si pu fare." Le strizz l'occhio. Jess alz lo sguardo al soffitto e si alz. "Come va il processo O'Malley?" "Dovrebbe concludersi per la fine di questa settimana. E 'il ven dicatore della balestra?" "Spero che sar in mano alla giuria per venerd." "Ho sentito che hanno proposto un patteggiamento." "Omicidio di secondo grado, dieci anni di galera, con la possibi lit di libert vigilata dopo quattro? Un bel patteggiamento." "Pensi veramente che la giuria possa decidere in maniera diver sa?" "Almeno posso ancora sognare", gli rispose Jess. Il ghigno di Greg Oliver si trasform in un vero sorriso. "Avan ti, ti porto a casa." "No, grazie."

. "Non essere sciocca, Jess, la tua macchina morta e sepolta, non riuscirai mai a trovare un taxi a quest'ora e, se lo chiami, dovrai aspettare qui almeno un'ora. Io ti sto offrendo un passag gio per dovunque tu voglia andare: Las Vegas, Miami Beach, Gre cia?" Jess esit. Sapeva che Greg aveva ragione, effettivamente un taxi ci avrebbe messo un'eternit ad arrivare a quell'ora e, dopo una giornata come quella, proprio non se la sentiva di prendere la sopraelevata. Avrebbe potuto chiamare Don, anche se non lo aveva pi sentito dopo che aveva rifiutato di trascorrere il giorno del Ringraziamento con lui e Madre Teresa. No, non poteva chiamare Don, non sarebbe stato giusto. Era il suo ex marito, non il suo autista. "D'accordo", acconsent. "Ma subi to a casa." "Come vuoi tu. Sono qui per portare la signora ovun que voglia." La Porsche nera di Greg Oliver si ferm di fronte all'edificio di mattoni rossi. Lui spense il motore e la musica rock che li aveva accompagnati durante il tragitto, rendendo impossibile ogni ten tativo di conversazione, s'interruppe bruscamente. "Cos qui che vivi." " qui." Jess afferr la maniglia, desiderosa di sfuggire a quell'odore di colonia. "Grazie per il passaggio, Greg." "Non mi inviti a entrare?" "No", rispose semplicemente lei. "Avanti, Jess. Non mi hai permesso di offrirti qualcosa da bere, il minimo che tu possa fare offrirmi tu qualcosa, prima del mio lungo viaggio verso casa." "Greg, sono molto stanca, mi fa male la gola e ho un appuntamen to", afferm, e la bugia le si ferm sulla lingua come una pillo la amara. 106 "Sono le sei e mezzo, prendi due aspirine e sono cinquant'anni che non hai pi un appuntamento. Salgo." Un istante dopo era sce so dall'auto. Jess appoggi la testa contro il sedile. Che cosa si aspettava? Apr la portiera, sollev contemporaneamente entrambe le gambe e appoggi le mani al sedile per aiutarsi a scendere dall'auto. "Lo hai fatto molto bene", comment Greg. "Un sacco di donne non sanno come si scende da queste auto e mettono fuori prima una gamba e poi l'altra." Rise. "Naturalmente, molto pi divertente per chi passa sul marciapiede in quel momento." "Greg", cominci lei, camminando davanti a lui fino alla porta d'ingresso, "non ti ho invitato a salire." "Non puoi dire sul serio", insistette lui. "Avanti, Jess, voglio solo qualcosa da bere. Di che cosa hai paura? Che cosa pensi che abbia intenzione di fare?" Lei si ferm sulla porta, cercando la chiave nella borsetta. Per ch non aveva pensato di farlo prima? "Pensi che abbia intenzione di aggredirti, vero? cos?" "Non forse vero?" "Perdio, Jess, sono un uomo felicemente sposato, mia moglie mi ha appena comprato una Porsche. Perch dovrei aggredire una donna che evidentemente mi detesta?" "Perch qui in questo momento?" rispose Jess, trovando la chia ve e aprendo il portone. "Sei un tipo divertente", disse Greg, spingendo il portone e sgattaiolando nell'ingresso. "Ed per questo che sopporto tutte le tue balle. Avanti, Jess, noi due siamo colleghi e mi piace pensare che potremo essere amici, cos terribile?" Si chin improvvisamente per raccogliere alcune lettere che si trovavano sul pavimento. "La tua posta." Deposit le buste nella mano tesa di Jess. "Un bicchiere", accondiscese lei, troppo stanca per continuare a discutere. Lui la segu su per le scale, come un cane. "Immagino che tu abi ti all'ultimo piano", disse, mentre raggiungevano la porta dell'appartamento. Jess l'apr e Greg entr quasi prima di lei.

"Lasci accesa la radio tutto il giorno?" domand, mentre si guar dava in giro, curioso. " per il canarino." Jess gett la borsetta sul divano, pensando se fosse il caso di togliersi cappotto e stivali. Anche se era a casa sua, non voleva fare nulla che potesse incoraggiare Greg a prolungare la sua visita. Lui si avvicin con circospezione alla gabbia dell'uccellino e guard attraverso le sbarre. "Maschio o femmina?" "Maschio." "Come lo sai? Gli hai guardato fra le piume?" Jess and in cucina, trov alcune birre in un angolo remoto del frigorifero, ne stapp una e ritorn in salotto. Greg Oliver si era gi accomodato sul divano, si era tolto le scarpe e aveva al lentato il nodo della cravatta. "Non metterti comodo", lo avvert Jess, passandogli una birra. "Non diventare antipatica", ribatt lui, indicando un cuscino ac canto al suo. "Vieni, siediti." 107 Jess appese il cappotto nell'armadio, non si tolse gli stivali e d'improvviso divenne consapevole della situazione: aveva permesso a un uomo che a stento sopportava di accompagnarla a casa e ora quell'uomo era seduto sul suo divano e stava bevendo una birra che lei gli aveva portato. Sono una donna intelligente, pens. Come ho fatto a mettermi in una situazione simile? "Ascolta, Greg", gli disse, andando verso il divano, "soltanto per mettere in chiaro le cose. Non voglio fare scenate; ', non voglio che ci rendiamo la vita impossibile, visto che lavoriamo nello stesso dipartimento, e non voglio complicare ulteriormente la mia vita, n la tua." "Dove vuoi arrivare?" le chiese lui, bevendo un gran sorso di birra dalla bottiglia. Jess si accorse di non avergli dato neppure un bicchiere. '"La tua presenza qui mi mette molto a disagio." "Saresti molto pi a tuo agio se ti sedessi." Indic di nuovo il cuscino accanto a s e Jess vide la sua posta sbucare da l sot to. "Non ho nessuna intenzione di venire a letto con te", disse Jess, decidendo che l'approccio diretto era probabilmente; la cosa mi gliore. "E chi ha mai parlato di venire a letto con me?" Greg riusc ad assumere un'espressione sorpresa e risentita. "Solo per capirci." "S, ci capiamo", rispose lui, sebbene il suo sguardo sembrasse affermare il contrario. Jess si sedette sul bracciolo del divano. "Perfetto, perch,, non sono proprio dell'umore giusto per uno stupro. So come vanno que ste cose e, anche se io non fossi troppo imbarazzata per denun ciarti, probabilmente la faresti franca comunque. Perci voglio che tu sappia che ho una rivoltella carica nel cassetto del como dino e, se solo ti azzardi a mettermi una mano addosso, ti faccio saltare il cervello." Sorrise dolcemente, osservando l'espressio ne incredula di Greg. "Volevo soltanto mettere in chiaro le co se." Lui rimase seduto in silenzio per alcuni secondi. "E uno scherzo, vero?" "No, niente scherzi. Vuoi vedere la pistola?" "Ges, Jess, non mi stupisco pi che tu non abbia avuto un appun tamento negli ultimi cinquant'anni!" "Bevi la tua birra e vattene a casa, Greg, tua moglie ti sta aspettando." Si alz e and verso la porta. "Perch diavolo mi hai invitato qui, allora?" La sua voce era al terata per l'indignazione. Jess riusc solo ad alzare le spalle. Perch si stupiva? "Sono troppo vecchia per questo, Greg", mormor. "Sei fredda, ecco che cosa sei", le disse infilandosi il cappot to. "Fredda e rigida. Come dicevano i ragazzi a scuola, una che provoca e poi non ci sta." "Io sono una provocatrice?" Jess sent la rabbia nella propria voce.

"Se le scarpe mi entrassero", borbott Greg cercando di infilare i piedi nei mocassini di Gucci. Poi lanci la bottiglia di birra verso Jess, che l'afferr, facendo cadere il contenuto freddo e giallo sulla sua camicetta bianca. 108 "Grazie per l'ospitalit", la salut, sbattendo la porta alle sue spalle. "Molto simpatico", comment Jess, guardando il suo canarino che saltava da una bacchetta all'altra. "Davvero molto simpatico." Si gratt la fronte, domandandosi quando e come avesse iniziato a perdere il controllo della propria vita, lei che appendeva meti colosamente gli abiti nell'armadio secondo il colore, che siste mava i pantaloni puliti accanto a quelli che non aveva mai messo e che scriveva appunti per tutto, dalla spesa a quando doveva la varsi i capelli. Quando aveva perso il controllo della sua vita? Torn al divano e prese la posta. L'aroma penetrante del profumo di Greg impregnava ancora l'aria, allora si diresse verso la fi nestra, l'apr appena per cambiare l'aria e pass in rassegna la posta che consisteva essenzialmente di bollette. La sua attenzione si concentr su una busta bianca, macchiata, senza il mittente. Il nome e l'indirizzo erano scritti con una grafia incerta, come quella di un bambino, e lei pens che potes se trattarsi degli auguri di Natale di suo nipote Tyler. Non c'e rano francobolli e quindi doveva essere stata consegnata a mano. L'apr, ne estrasse un foglio di carta colorata e lo avvicin al naso. L'odore di urina si mischi al profumo di Greg. Rimise velocemente il foglio nella busta e la lasci cadere per terra. Rimase a guardare mentre delle cosine nere uscivano dalla busta, simili a cenere di sigaretta, e si disperdevano sul pavi mento. Lentamente s'inginocchi e raccolse quelli che le parvero peli. Peli pubici, si accorse con disgusto, rimettendoli immediatamente nella busta. Peli pubici e urina. Grazioso. Qualcuno buss alla sua porta. "Oh, benissimo", sussurr, alzandosi in piedi e chiudendo la fi nestra. Peli pubici, urina e Greg Oliver. Che cosa poteva deside rare di pi una ragazza? "Vai a casa, Greg", grid. "Devo andare a casa anche se mi chiamo Adam?" Jess lasci cadere la busta sul tavolo e si chiese se avesse sen tito bene. "Adam?" "Vedo che indossi i tuoi stivali nuovi", osserv lui quando Jess apr la porta. "Mi stavi aspettando?" "Come hai fatto a entrare?" chiese lei arrabbiata e un poimba razzata dal fatto che era felice di vederlo. "Il portone era aperto." "Aperto?" Lui alz le spalle. "Forse Greg non l'ha chiuso bene, mentre usciva." Si appoggi allo stipite della porta. "Dai, prendi il cappotto." "Il cappotto?" "Pensavo che potremmo andare prima a mangiare qualcosa e poi al cinema, o viceversa." "E se fossi troppo stanca?" "Allora dimmi: 'Vai a casa, Adam'." Jess fiss Adam Stohn, i suoi capelli castani che gli coprivano la fronte, l'atteggiamento sicuro e il volto misterioso. "Prendo il cappotto", rispose. 109 ANDARONO a vedere Casablanca, nonostante entrambi avessero gi visto varie volte il film alla televisione. Si sedettero verso il fondo e, su insistenza di Jess, nelle poltrone che davano sul corridoio. Parlarono poco lungo la strada, non parlarono affatto dopo aver preso posto e scambiarono solo poche parole mentre cam minavano in direzione del ristorante,! dopo la proiezione. Non si toccarono mai.

Il ristorante, situato in North Lincoln Avenue, era piccolo, buio e rumoroso ed era specializzato in roast beef. Si sedettero a un tavolino per due e solo dopo avere dettato le ordinazioni al ca meriere, che portava un sottile orecchino d'oro al naso, fecero alcuni timidi tentativi di conversazione. "Ho letto da qualche parte che quando iniziarono a girare, Casa blanca non avevano una sceneggiatura definitiva e che gli attori non erano mai sicuri del personaggio che interpretavano o di quello che avrebbero dovuto fare", afferm Jess. "Sembra che la povera Ingrid Bergman continuasse a chiedere al regista di chi era innamorata." Adam rise. "Sembra difficile da credere." Silenzio. Gli occhi di Adam indugiarono sulle pareti color \ vi no, mentre Jess prese un panino caldo dal cestino, lo spezz in due e se ne infil un pezzo in bocca. "Hai un eccellente appetito", comment Adam, nonostante conti nuasse a tenere gli occhi fissi su un altro punto, invece di guardarla. "Sono sempre stata una mangiona." "La mamma ti raccomandava sempre di non lasciare nulla nel piat to?" "Non aveva bisogno di farlo." Jess deglut e strapp un altro pezzo di pane. "Devi avere un metabolismo veloce." "Frequenti attacchi isterici aiutano a mantenere la linea", ri batt Jess, infilandosi in bocca un altro pezzo di pane e doman dandosi perch si sentissero cos a disagio. Si erano trovati me glio quando erano due perfetti sconosciuti e, invece di rilassar si, erano pi rigidi ogni volta che si vedevano. "Non mi piace la parola isterica", disse lui, dopo una lunga pau sa. "Perch non ti piace?" "Ha una connotazione talmente negativa", spieg Adam, "preferisco iperattiva." "Pensi che siano la stessa cosa?" "Sono due parti della stessa equazione." Jess ci pens. "Non saprei. Tutto quello che so che da quando sono una ragazzina la gente mi dice di rilassarmi." "Il che non ha fatto altro che rafforzare l'immagine negativa che hai di te stessa come persona isterica." La guard in faccia e Jess si stup dell'improvvisa intensit del suo sguardo. "Quando qualcuno ti dice di rilassarti, di solito significa che lui ad avere difficolt con la tua iperattivit, non tu, ma fa in modo che sia tu a sentirti colpevole. chiaro, no?" "Un'altra delle tue interessanti teorie." "Sono un tipo interessante, ricordi?" Prese un grissino e ne mor sic un'estremit. "Come mai, allora, vendi scarpe?" Lui rise. "Ti disturba che io venda scarpe?" 110 "Perch dovrebbe disturbarmi?" "Il fatto che mi piace vendere scarpe", rispose Adam, spingendo all'indietro la sedia e distendendo le gambe sotto il tavolo. "Vado a lavorare tutte le mattine alle dieci e me ne vado alle sei, tranne il marted, quando entro all'una ed esco alle nove di sera. Non devo portarmi il lavoro a casa, non ho preoccupazioni, niente responsabilit. Entro, vendo scarpe e tor no a casa. Veni, vidi, vici." "Ma dev'essere molto frustrante per te se qualcuno ti porta via tempo e poi se ne va con un solo paio di scarpe oppure senza com prare niente." "Non mi disturba." "Non lavori su commissioni?" "In parte ho un salario, in parte sono commissioni, s." "Allora condiziona il tuo tenore di vita." Lui alz le spalle e si sistem sulla sedia. "Sono un bravo ven ditore." Jess sent i piedi caldi nei suoi stivali nuovi. "Be, questo lo posso confermare." Si sent gratificata vedendolo sorridere. "Che cosa mi dici di te dal punto di vista intellettuale?" Lui sembr confuso. "Che cosa vuoi dire?"

"Sei un uomo brillante, signor Stohn, e non pu un uomo intellet tualmente stimolante fare quello che tu fai per tutto il giorno." "Al contrario, nel mio lavoro incontro un sacco di gente interes sante tutti i giorni, che mi fornisce gli stimoli intellettuali di cui ho bisogno a questo punto della mia vita." "E che punto della tua vita questo precisamente?" Lui alz le spalle. "Non ne ho idea." "Dove hai studiato?" "A Springfield." "Intendo dire quale universit." "Chi dice che sono andato all'universit?" "Io." Lui sorrise. "Loyola University." "Ti sei laureato alla Loyola e ora vendi scarpe?" " un crimine, nella contea di Cook?" Jess si sent arrossire. "Mi dispiace. Devo esserti sembrata mol to presuntuosa." "Sembri un pubblico ministero." "Ah." "Raccontami dell'omicidio con la balestra", disse Adam, cambiando improvvisamente argomento. "Come?" "Ho seguito tutti i tuoi successi sui giornali, la settimana scorsa." "E che cosa ne pensi?" "Penso che vincerai." Lei rise, una risata aperta e felice, sentendosi stranamente ri conoscente per quel voto di fiducia. "Chiederai la pena capitale?" "Se ne avr l'opportunit", rispose Jess semplicemente. "E come ammazza la gente lo Stato di questi tempi?" Comparve il cameriere con due bicchieri di vino rosso. "Con un'iniezione letale." Jess si port rapidamente il bicchiere alle labbra. 111 "Ti consiglio di lasciar riposare il vino ancora per qualche mi nuto." Jess abbass diligentemente il bicchiere. "Con un'iniezione letale dunque? Aghi da gettare per gente da gettare, credo che ci sia una certa giustizia in questo." "Io non verserei troppe lacrime su persone come Terry Wales", disse lei. "Nessuna compassione per il crimine?" "Assolutamente nessuna." "Fammi indovinare: i tuoi genitori erano dei repubblicani convin ti." "Sei contrario alla pena di morte?" chiese Jess, non sicura di avere la forza di impegnarsi in una lunga discussione sui vantag gi e gli svantaggi della pena capitale. Segu un lungo silenzio. "Penso che alcune persone meritino di morire", rispose infine. "Sembra quasi che tu abbia in mente qualcuno in particolare." Lui rise, ma fu una risata cupa. "No, nessuno." "A dire il vero mio padre un democratico iscritto al partito", disse poi Jess, dopo una lunga pausa. Adam avvicin il bicchiere di vino al naso e inal l'aroma senza bere. "Mi hai detto che tua madre morta." "C' un parco qui vicino", disse Jess, parlando quasi a se stes sa. "Il parco di Oz, dove mia madre mi portava sempre quando ero piccola." "Come morta tua madre?" chiese lui. "Cancro", si affrett a rispondere Jess, bevendo del vino. Adam parve prima stupito, poi sgomento. "Stai mentendo, perch?" Il bicchiere nelle mani di Jess cominci a tremare e alcune gocce di vino caddero sulla tovaglia bianca, simili a gocce di sangue. "Chi ha detto che sto mentendo?" " scritto sul tuo viso; se fossi stata collegata a una macchina della verit, l'ago avrebbe fatto un balzo lungo tutta la pagi na."

"Non bisognerebbe mai sottoporsi alla macchina della verit", gli rispose Jess, appoggiando il bicchiere sulla tavola con entrambe le mani/grata per quella digressione. "E perch mai?" "Sono test troppo inattendibili, una persona colpevole pu ingan narli e una innocente pu non farcela a superarli. Se sei inno cente e non superi il test, sei considerato colpevole, ma se sei innocente e lo superi, i sospetti su di te non sono completamente eliminati. Cos, se sei innocente, non hai niente da guadagnare e tutto da perdere sottoponendoti a quei test." "E se sono colpevole?" chiese lui. "Allora puoi provarci", Jess si asciug le labbra con il tova gliolo, sebbene fossero gi asciutte. "Perch non mi dici che cosa successo a tua madre?" "Pensavo che ci fosse un patto fra noi." "Un patto?" "Niente segreti, niente bugie, ricordi?" "C' qualcosa di segreto nella morte di tua madre?" "No, solo che una storia lunga e preferirei non addentrarmi nei particolari." Il cameriere arriv con le loro ordinazioni. "Attenzione, i piat ti sono caldi", li avvert. 112 "Sembra buono", disse Jess, tagliando il primo boccone di roast beef, annegato in un sugo scuro. "Vuole del burro sulle patate?" chiese il cameriere. "E salsa", gli disse Jess. "Molta." "Anche per me", fece Adam, osservando Jess tagliare il roast beef. "Mi piacciono le donne che mangiano", disse e poi rise. Mangiarono per alcuni minuti in silenzio. "Com'era tua moglie?" gli domand Jess, gettandosi con foga sulle patate. "Sempre a dieta." "Era sovrappeso?" "Io non pensavo che lo fosse." Tagli un grosso pezzo di carne e lo mise in bocca. "Naturalmente, quello che pensavo non contava mai molto." "A quanto pare non siete in buoni rapporti." " una delle ragioni per cui abbiamo divorziato." "Il mio ex marito e io siamo amici", disse Jess. Adam parve scettico. "Davvero, siamo ottimi amici, sul serio." " il famoso Greg? 'Vai a casa, Greg'?" Jess rise. "No, Greg Oli ver un collega che mi ha dato un pas saggio a casa." "Tu non guidi?" "La mia auto ha avuto un piccolo incidente." Un'ombra di preoccupazione oscur lo sguardo di Adam. "Io non c'ero quando successo", lo rassicur. Lui parve sollevato. "Meno male. Che tipo di incidente?" Jess scosse la testa. "Preferirei non parlarne." "Stiamo rapidamente esaurendo gli argomenti, stasera", constat lui. "Che cosa vuoi dire?" "Be, non vuoi parlare n della tua auto n di tua madre, e nep pure di tua sorella o tuo cognato. Non ricordo se anche tuo padre un argomento proibito." "Capisco." "Vediamo, l'ex marito mi sembra un soggetto praticabile, forse dovremmo attenerci a quello. Come si chiama?" "Don, Don Shaw." "Ed avvocato e siete grandi amici." "Siamo amici." "Allora perch avete divorziato?" "E complicato." "E preferiresti non parlarne?"

"Perch tu hai divorziato?" chiese Jess di rimando. "Altrettanto complicato." "Come si chiama lei?" "Susan." "Si risposata, fa l'arredatrice e vive a Springfield." "Stiamo cominciando ad addentrarci in un territorio molto inti mo." Fece una pausa. "E cos? Non andiamo oltre la superficie?" "Hai qualcosa contro le superfici? Pensavo che fosse per questo che ti piace vendere le scarpe." "Superfici, d'accordo. Allora, dimmi, Jess Koster, qual il tuo numero fortunato?" Jess rise, addent un altro pezzo di roast beef e lo mastic ac curatamente. 113 "Sono molto serio", disse Adam. "Se dobbiamo rimanere in superfi cie, voglio che fra noi non restino punti oscuri. Numero fortuna to?" "Non credo di averne uno." "Scegli un numero da uno a dieci." "D'accordo, quattro", disse lei istintivamente. "Perch quattro?" Jess rise, sentendosi come una bambina. "Credo perch il numero preferito di mio nipote, a cui piace perch il numero preferito di Big Bird. Big Bird un personaggio di un cartone animato, Se same Street." "So chi Big Bird." "Un venditore di scarpe che guarda Sesame Street!" "I venditori di scarpe sono gente imprevedibile. Colore preferi to?" "Non ci ho mai pensato." "Pensaci ora." Jess pos la forchetta e si guard intorno per trarne qualche ispirazione. "Non ne sono certa, il grigio, credo." "Il grigio?" Sembr esterrefatto. : "C' qualcosa che non va con il grigio?" "Jess, nessuno preferisce il grigio!" "No? Be, io s. E il tuo?" "Il rosso." "Non mi stupisce." "Perch no? Per ch non ti stupisce?" "Be, il rosso un colore forte, che esprime energia, dinamismo, estroversione." "E tu pensi che questi sostantivi descrivano la mia personalit?" "Non cos?" "Pensi che il grigio descriva la tua?" "Sta diventando pi complicato del mio divorzio", osserv Jess ed entrambi risero. "Qual la tua canzone preferita?" "Non ne ho una, davvero." "Nessuna canzone che ti faccia alzare il volume quando la senti alla radio?" "Be, mi piace un'aria della Turandot. Sai quando il tenore in giardino da solo..." "Temo di essere molto ignorante in fatto di opera." "Conosce Sesame Street, ma non l'opera", riflette Jess ad alta voce. "E che cos'altro ti piace?" "Mi piace il mio lavoro", rispose Jess, consapevole della sua abilit a cambiare argomento quando si arrivava a parlare di lui. "E mi piace leggere, quando ne ho il tempo." "Che cosa ti piace leggere?" "Romanzi." "Di che genere?" "Soprattutto gialli, Agatha Christie, Ed McBrain, cose di questo genere." "Che cos'altro ti piace?" "Mi piace fare i puzzle, mi piace fare lunghe passeggiate vicino all'acqua, mi piace comprare scarpe."

"Per la qual cosa io ti sono eternamente grato", dichiar Adam con allegria. "E ti piace andare al cinema." "E mi piace andare al cinema." "E ti piace sedere nei posti che danno sul corridoio." 114 "S." "Perch?" "Perch?" ripet Jess, cercando di nascondere il suo improvviso disagio. "Perch a tutti piace di pi stare vicino al corridoio? Perch c' pi spazio e si sta pi comodi, credo." "L'ago uscito di nuovo dalla pagina", disse Adam. "Come?" "La macchina della verit, non hai superato il test." "Perch dovrei mentire sul fatto che preferisco i posti che danno sul corridoio?" "Non mi hai mentito dicendo che ti piacciono i posti che danno sul corridoio, hai mentito sul perch." " una sciocchezza." "Va bene, capisco, i posti che danno sul corridoio vanno ad ag giungersi alla lista degli argomenti proibiti." "Non c' niente da dire in proposito." "Dimmi perch hai insistito che ci sedessimo vicino al corri doio." "Non ho insistito." "S." Lo disse con un'espressione volutamente infantile. "No." Risero tutti e due, tuttavia rimase una certa tensione. "Non credo che mi faccia piacere essere considerata una bugiar da", disse Jess, giocherellando con il tovagliolo che aveva in grembo e vedendolo cadere a terra. "Non volevo insultarti." "Per un avvocato ogni parola preziosa", rispose lei piegandosi a raccogliere il tovagliolo. "Non sei in tribunale ora, Jess", le ricord Adam, "e non sei sotto processo. Mi dispiace, se ho esagerato in qualche modo." "Se te lo dico", disse lei improvvisamente, sorprendendo entram bi, "penserai che sono matta da legare." "Lo penso gi", la tranquillizz Adam. "Voglio dire, una che pre ferisce il grigio..." "Avevo paura di sentirmi male", disse Jess. "Per male intendi vomitare?" "Lo so che pu sembrarti stupido." "Avevi la nausea?" "No, stavo bene." "Ma avevi paura di vomitare, se non ti fossi seduta in un posto sul corridoio?" "Non chiedermi perch." "Hai mai vomitato quando non eri seduta in una poltrona che da sul corridoio?" chiese lui, seguendo la logica. "No", ammise lei. "Ti rendo cos nervosa?" "Non mi rendi affatto nervosa", ment lei, poi si corresse imme diatamente. "Be, no, mi rendi un ponervosa, ma non c'entra con il fatto che pensassi di poter vomitare." "Non capisco." "Nemmeno io, possiamo parlare d'altro?" Jess chinando la testa con aria colpevole, pensando di avere eliminato un altro argomen to. "Non mi sembra una bella conversazione, mentre stiamo cenan do." 115 "Lasciami capire", disse lui, ignorando quanto aveva detto. "Pre ferisci una poltrona che da sul corridoio perch pensi che se ti siedi, diciamo, in mezzo

alla sala, potresti vomitare, anche se non ti mai successo di farlo al cinema, giusto?" "Giusto." "Da quando hai questa fobia?" "Chi ha detto che ho una fobia?" "Come la definiresti?" "Definiscimi una fobia." "Una paura irrazionale", rispose Adam. "Una paura che non ha una base nella realt." Jess lo ascolt, assorbendo come una spugna le sue parole. "D'ac cordo, ho una fobia." "Quali altre fobie hai: claustrofobia, agorafobia, aracnofobia?" Lei scosse la testa. "Nessuna." "C' gente che ha paura dell'altezza o dei serpenti; tu hai paura di vomitare in un cinema, se non sei seduta in un posto sul cor ridoio.". "Lo so che ridicolo." "Non affatto ridicolo." "No?" " solo che non tutto qui." "Pensi che ti stia nascondendo qualcosa?" chiese lei con voce tremula. "Di che cosa hai paura in realt, Jess?" Lei allontan il piatto, senza pi appetito. Combatt l'impulso di andarsene e si costrinse a rimanere seduta. "Ho degli attacchi di panico", disse piano, dopo una lunga pausa. "Ne avevo molti alcuni anni fa, poi sono scomparsi per un certo periodo, ma da qualche tempo sono ricominciati." "Per quale motivo?" "Potrebbero esserci molti motivi", rispose lei, domandandosi se anche le mezze verit facessero oscillare l'ago della macchina della verit. "Mi batte fortissimo il cuore, mi manca l'aria, non riesco a muovermi, mi viene il vomito, cerco di resistere..." "Perch?" "Come perch? Che cosa vuoi dire?" "Perch vuoi resistere? Ti serve a qualcosa?" Jess ammise di no, che non le serviva. "Che cosa dovrei fare?" "Perch non ti arrendi e non ti lasci andare agli attacchi di pa nico?" "Arrendermi? Non capisco." " molto semplice: invece di sprecare tutte le tue energie cer cando di combattere l'ansia, perch non ti lasci andare? Senti, tu sei in un cinema", continu, vedendola confusa, "e senti che ti sta venendo uno di questi attacchi. Invece di trattenere il respiro, contare fino a dieci, alzarti in piedi di scatto o qua lunque cosa tu faccia, lasciati prendere dal panico, arrenditi a quelle sensazioni. Che cosa ti pu accadere?" "Che mi sento male." "Bene, ti senti male." "Come?" "Vomiterai, e allora?" "Odio vomitare." "Non di quello che hai paura." ' "No?" "No." 116 Jess si guard intorno con impazienza. "Hai ragione, in realt ho paura di non riuscire a sbrigare tutto il mio lavoro, se mi fermo ancora qui, stasera; e ho paura che non dormir a sufficienza e mi verr il raffreddore, cos domani in tribunale sar un disa stro. Ho paura di perdere questo caso e che un criminale se la caver con meno di cinque anni di galera e ho paura di dover pro prio andare." "Penso che tu abbia paura della morte", disse lui. Jess rimase di ghiaccio. "Che cosa?" "Credo che tu abbia paura della morte", ripet Adam, mentre lei si risedeva lentamente sulla sua sedia. " questo il significato di molte fobie: la paura della morte." Fece una breve pausa. "E, nel tuo caso, la paura probabilmente

giustificata." "Che cosa vuoi dire?" Quante volte gliel'aveva gi chiesto quella sera? "Be, immagino che riceverai la tua buona dose di minacce dalla gente che hai sbattuto in galera; probabilmente lettere anonime, telefonate oscene e cose simili. Tutti i giorni hai a che fare con la morte, con la brutalit e l'omicidio, con il comportamento disumano di un uomo nei confronti di un altro uomo." "Succede pi spesso che sia il comportamento disumano di un uomo nei confronti di una donna", precis Jess, chiedendosi come fa cesse Adam a sapere quelle cose. " naturale che tu abbia paura." Jess prese il tovagliolo e lo appoggi sul piatto, come un lenzuolo su un corpo, pens, vedendo il sugo macchiare la stoffa bianca. "Probabilmente hai ragione, forse si riduce tutto a que sto." Adam sorrise. "Ti rendo nervosa, cos?" "Un po, ammise lei. "A dire il vero, molto." "Perch?" "Perch non so che cosa pensi", rispose sinceramente. Il sorriso di Adam si fece timido, circospetto. "Non pi inte ressante cos?" Jess non disse nulla. "Adesso devo andare, davvero", disse infi ne. "Ho un sacco di lavoro da preparare per domani." Perch stava balbettando? "Ti accompagno a casa", disse Adam. Ma lei riusc solo a sentire: "Penso che tu abbia paura della morte". IL sabato seguente Jess si iscrisse a un corso di autodifesa. Era stata una strana settimana. Quel marted c'erano stati impor tanti sviluppi nel processo a Terry Wales: una serie di testimoni - poliziotti, autorit mediche, psicologi, testimoni oculari, amici e parenti della vittima - avevano deposto in tribunale e avevano dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che Terry Wales aveva assassinato sua moglie. L'unica questione che restava da chiarire, questione che si era presentata fin dall'inizio, era quella del grado. Terry Wales sarebbe stato capace di convincere la giuria che si era trattato di un tragico errore? Certamente l'inizio era stato buono: Terry Wales era salito sul banco dei testimoni mercoled mattina e aveva risposto alle do mande del suo avvocato lentamente e con diligenza. S, aveva un brutto carattere, s, lui e sua moglie di quando in quando aveva no violente liti, s, una volta lui le aveva rotto il naso e le aveva fatto gli occhi neri e s, aveva minacciato di ucciderla, se avesse cercato di lasciarlo. 117 Ma no, non lo diceva sul serio, no, non aveva mai avuto intenzio ne di farle del male, no, non era uno spietato assassino senza sentimenti. Amava sua moglie, aveva detto, con i pallidi occhi azzurri rivol ti verso la giuria, l'aveva sempre amata, anche quando lo aveva offeso davanti ai suoi amici. Anche quando si gettava su di lui, decisa a strappargli gli occhi, costringendolo a difen dersi, anche quando lo minacciava di portargli via tutto quello che aveva, anche quando lo minacciava di mettergli contro i suoi figli. Aveva soltanto avuto l'intenzione di spaventarla, quando le aveva sparato una freccia nel mezzo di quell'incrocio affollato. Non aveva idea che la sua mira si sarebbe rivelata cos precisa e le tale; del resto, se davvero avesse voluto ucciderla, avrebbe usa to una pistola. Ne aveva diverse ed era un tiratore esperto, men tre non aveva pi usato una balestra e una freccia da quando era un ragazzino al campeggio. Terry Wales aveva concluso la sua deposizione fra le lacrime, la voce rauca, la pelle a chiazze e pallida. Jess e i suoi due assistenti erano rimasti in ufficio quasi tutta la notte per rileggere la deposizione di ogni testimone, per rie saminare i rapporti di polizia e cercare qualsiasi cosa potesse essere sfuggito alla loro attenzione, qualsiasi indizio che po tesse essere utile a Jess durante il controinterrogatorio di Ter ry Wales il mattino seguente. Quando Neil e Barbara se n'erano andati a casa, starnutendo e soffiandosi il naso, come al solito, Jess era rimasta nel suo ufficio fino alle sei del mattino, poi si era recata

nel suo appartamento per farsi una doccia e cam biarsi ed era tornata in tribunale. Ma il gioved mattina il giudice Harris aveva spostato la seduta al luned successivo, poich l'accusato pareva non sentirsi mol to bene e la difesa aveva chiesto un rinvio di alcuni giorni. Jess, allora, aveva trascorso quasi tutto il resto della giornata parlando con gli investigatori di polizia in cerca di nuove prove che potessero aiutare l'accusa. Il venerd aveva ricevuto il solito biglietto natalizio di auguri dal penitenziario federale. "I migliori auguri per le feste", di ceva in caratteri dorati. "Ti penso sempre", seguiva pi in bas so. In fondo al biglietto c'era una semplice firma: "Jack". Jack, ubriaco, aveva ucciso la sua fidanzata durante una lite perch lei non ricordava dove aveva messo le chiavi della sua auto. Jess l'aveva mandato in galera per dodici anni e Jack aveva giurato che quando fosse uscito sarebbe andato a trovarla, per ringraziarla personalmente della sua generosit. Ti penso sempre. Ti penso sempre. Jess aveva trascorso l'intera giornata di venerd cercando un corso di autodifesa al quale iscriversi e ne aveva trovato uno in Clybourn Avenue, non lontano da casa sua e sulla linea della metropolitana. Due ore, ogni sa bato pomeriggio,;, per tre settimane consecutive, le aveva spie gato la gentile voce femminile dall'accento asiatico al telefono; il costo del corso di wendo era di centottanta dollari. "Verr", aveva confermato Jess alla donna, ricordando ci che le aveva detto Adam e chiedendosi se veramente aveva paura della morte, mentre le appariva il volto di sua madre e sentiva la sua voce rassicurante. Ti penso sempre. Ti penso sempre. 118 E poi arriv il sabato, una giornata di sole fredda e senza nubi. Il corso si teneva in un vecchio edificio a due piani. WENDO di ceva il cartello a grandi lettere nere. "Prego darmi suo cappotto, poi prego mette questo ed entra", le aveva detto la giovane asiatica che faceva da segretaria. " in anticipo", aveva sottolineato la ragazza sorridendo, "ancora non c' nessuno." Poi le indic una sala oltre la tenda e Jess vi en tr. Era una stanza lunga e piuttosto stretta, vuota, se non per una serie di materassini verde scuro impilati in un angolo; il pavi mento era di legno e le pareti erano coperte di specchi. Jess in travide la propria immagine riflessa. Che cosa ci faccio qui? Che cosa spero di imparare esattamente? Penso sul serio di riuscire a proteggermi da...? Da che cosa? Da gli elementi? Dall'inevitabile? Sent un fruscio alle sue spalle, si volt e scorse una donna che zoppicava vistosamente entrare dalla tenda da cui era entrata an che lei. "Ciao", disse la donna, che poteva avere all'incirca la stessa et di Jess. "Io sono Vasiliki, ma chiamami Vas, pi fa cile." "Jess Koster", disse Jess, facendo qualche passo in avanti per stringerle la mano. "Vasiliki un nome interessante." " greco", le spieg la donna, osservando la propria immagine al lo specchio. Era alta, con una struttura robusta, e i folti ca pelli neri che le incorniciavano il volto dalla pelle olivastra, erano tagliati all'altezza delle mandibole. Era molto bella, no nostante l'andatura claudicante. "Pi di un anno fa sono stata aggredita da una banda di tredicenni. Tredicenni! Ci credi?" Il suo tono era incredulo. "Volevano il mio portafoglio, io ho det to: 'Avanti, prendetelo. vuoto. Loro lo hanno preso e, quando hanno visto che dentro c'erano solo dieci dollari, hanno comin ciato a picchiarmi, mi hanno buttata a terra e mi hanno presa a calci tanto da rompermi una rotula. E posso considerarmi fortuna ta, perch posso ancora camminare. Allora ho deciso che, non ap pena terminata la terapia riabilitativa, mi sarei iscritta a un corso di autodifesa. La prossima volta, almeno, sar pronta." Ri se amaramente. "Certo, un pocome chiudere la stalla quando i buoi sono gi scappati." Sempre davanti allo specchio, si fece un altro nodo alla cintura.

Jess scosse la testa. La delinquenza giovanile aveva raggiunto livelli elevatissimi a Chicago; era persino stato costruito un nuovo edificio che si sarebbe occupato dei giovani criminali. Co me se un edificio potesse risolvere qualcosa. "E tu? Che cosa ti ha portata qui?" le chiese Vas. La paura dell'ignoto, la paura di quello che conosco, rispose Jess mentalmente. "Non so di preciso", disse. "Pensavo che fosse una buona idea imparare a difendermi." "Sei in gamba, te lo dico io; non facile essere una donna di questi tempi." Jess annu, desiderando che ci fosse un posto dove sedersi. Le tende si aprirono nuovamente ed entrarono due donne di colore che iniziarono a guardarsi intorno. "Io sono Vasiliki, ma chiamatemi Vas", disse Vas rivolta a loro. "Questa Jess." "Maryellen", disse la donna pi anziana. "Questa mia figlia Ayisha." 119 Jess stim che Ayisha potesse avere circa diciassette anni e sua madre quaranta. Erano entrambe molto carine, nonostante un livido scuro fosse chiaramente visibile sotto l'occhio destro della ma dre. "Penso che sia simpatico fare un corso insieme alla propria fi glia", disse Vas, mentre la tenda si apriva di nuovo e una donna piccola e grassoccia di mezza et entr. "Io sono Vasiliki, ma chiamami Vas", ripet. "Questa Jess e queste sono Maryellen e Ayisha." "Catarina Santos", disse la donna con voce incerta, come se non ne fosse molto sicura. "Le Nazioni Unite in piccolo", cinguett Vas. "Qui riunite a imparare l'antica arte orientale del wendo", ag giunse Jess. "Oh, non c' proprio niente di antico", la corresse Vas. "L'arte del wendo stata sviluppata circa vent'anni fa da una coppia di Toronto, in Canada, ci credete?" "Siamo venute qui a imparare un'arte marziale inventata in Cana da?" chiese Jess, incredula. "Pare che unisca tecniche del karat e dell'aikido. Qualcuno sa che cosa sia l'aikido?" Nessuno lo sapeva. "Le idee base del wendo sono consapevolezza e azione", disse Vas e rise. "Ho imparato a memoria l'opuscolo." La tenda si apr un'altra volta e apparve un uomo giovane con una struttura fisica muscolosa e atletica, un viso da ragazzino e una piccola cicatrice vicino all'occhio destro, probabilmente risul tato della varicella fatta da bambino. "Buongiorno", esord, par lando forte. "Io sono Dominic, il vostro istnittorc." "Divertente", sussurr Vas all'orecchio di Jess, "non ha l'aspet to di uno che pratica il wendo." "Quante di voi pensano di essere in grado di tenere testa a un aggressore?" chiese, le mani sui fianchi e il mento prominente. Le donne non risposero. Dominic si diresse lentamente verso Maryellen e Ayisha. "Che cosa mi dici tu, mamma? Pensi che potresti rompere il naso a un uomo che aggredisce tua figlia?" "Sarebbe fortunato se riuscisse a scappare con tutte e due le ma ni ancora attaccate", rispose con forza Maryellen. "Be, l'esperienza del wen-do", disse Dominic, "consiste nel ren dersi conto che voi valete quanto vostro figlio o vostra figlia che amate. Valete", continu, "e non siete vulnerabili, almeno non pi vulnerabili come prima. Potete essere pi deboli del vo stro potenziale aggressore", disse, rivolgendosi a tutte, "ma non siete assolutamente deboli, cos come il vostro aggressore non assolutamente forte. importante che non pensiate ai possibili aggressori come a mastodonti imbattibili, ma piuttosto come a una serie di obiettivi vulnerabili. E ricordate", disse ancora, fis sando Jess, "nella maggior parte dei casi, la

rabbia funziona molto meglio delle suppliche, perci non abbiate paura ad arrab biarvi." Jess sent tremare le ginocchia e fu sollevata quando lui si ri volse a un'altra delle donne presenti. Osserv i volti delle sue compagne, le piccole Nazioni Unite, come le aveva correttamente definite Vas, cos rappresentative di tutti i mutamenti avvenuti 120 in citt negli ultimi vent'anni. Chicago, cos diversa dalla Chi cago della mia infanzia, pens, rifugiandosi per qualche momento nel passato. Ma la voce di Dominic la riport alla realt. "Dovete imparare a fidarvi delle vostre sensazioni di pericolo", stava dicendo. "Anche se non sapete esattamente di che cosa avete paura, che cosa vi rende nervose, anche se temete di mettere in imbarazzo un uomo che potrebbe, o forse non potrebbe, essere una minaccia per voi, la cosa migliore che possiate fare togliervi al pi presto dalla situazione che avvertite come pericolosa. Fi datevi del vostro istinto", disse, "e fuggite pi in fretta che potete." Se potete, aggiunse Jess in silenzio. "Scappare spesso la cosa migliore da fare per le donne", con cluse Dominic. "D'accordo, ora mettetevi in fila." Le donne si scambiarono occhiate nervose e si sistemarono in fila con le spalle alla parete. "Lasciate molto spazio fra di voi, cos, allargatevi ancora un po. Ci muoveremo parecchio, nei prossimi minuti. Fate ruotare indietro le spalle, scioglietevi, oscillate le braccia, rilassa tevi." Jess alz le braccia e le fece oscillare avanti e indietro, poi ruot il collo verso destra e verso sinistra. "Non dimenticatevi il respiro", ordin Dominic e Jess diligente mente espir. "Va bene, diritte ora. Fate bene attenzione, la prima mossa difensiva si chiama kiyi." "Ha detto kiwi?" chiese Vas, e Jess si morse la lingua per non ridere. "Il kiyi un grido, un ruggito che viene dal diaframma. Oooh!" grid, mentre le donne indietreggiavano. "Oooh!" grid di nuovo. "Oooh!" "Lo scopo del kiyi", spieg Dominic, " cancellare agli occhi dell'aggressore l'immagine di voi come creatura debole e vulnera bile; serve anche a non farvi paralizzare dalla paura. Oooh!" grid di nuovo. "Inoltre, un elemento di grande sorpresa e la sorpresa pu rivelarsi un'arma molto importante." Sorrise. "Ora, provate voi." Nessuno si mosse, ma dopo alcuni secondi Ayisha e Vas iniziarono a ridere, mentre Jess non sapeva se avrebbe preferito ridere o piangere. Come posso fidarmi del mio istinto, pens, se non so nemmeno quale sia. "Fatemi sentire!" le incoraggi Dominic. "Oooh!" Segu un altro secondo di silenzio, poi Maryellen emise un debole e incerto "Oh!". "Non 'Oh!'Oooh!" grid con enfasi Dominic. "Non il momento n il luogo per essere gentili. Vogliamo spaventare il nostro ag gressore, non incoraggiarlo. Ora, avanti, fatemi sentire. Oooh!" "Oooh!" os Jess, sentendosi molto ridicola, mentre suoni simili e altrettanto deboli riecheggiarono nella stanza. "Avanti!" le incalz Dominic, stringendo i pugni. "Siete donne, ora, non signore! Fatemi sentire la vostra rabbia, fatemi sentire un bel podi rumore. So che ce la potete fare: sono cresciuto con quattro sorelle, non ditemi che non sapete gridare." Si avvicin a Maryellen. "Avanti, mamma. C' un uomo che vuole aggredire tua figlia." "Oooh!" grid Maryellen. "Va gi meglio." 121 "Oooh!" ripet Maryellen. "Oooh! Oooh!" Sorrise. "Ehi, inizia a piacermi."

"Fa sentire bene affermarsi, no?" chiese Dominic. Maryellen an nu. "E le altre? Voglio sentirvi mettere in guardia il vostro presunto aggressore." "Oooh!" Si alzarono delle grida ancora incerte, poi sempre pi decise. "Oooh! Oooh!" Jess cerc di unirsi a loro, ma non le usciva nessun suono dalla bocca. Che cosa le succedeva? Da quando aveva tanta paura di af fermarsi? Da quando era diventata cos passiva? Pensa alla tua rabbia, si disse. Pensa alla tua auto, pensa a Terry Wales, pensa a Erica Barnowski. Pensa a Greg Oliver, pensa a tuo cognato, pensa a Connie DeVuono, pensa a Rick Ferguson. Pensa a tua madre. "Oooh!" grid Jess nella stanza improvvisamente silenziosa. "Oooh!" "Perfetto!" esclam Dominic applaudendo. "Sapevo che ce l'avresti fatta." "Bravissima", le disse Vas, stringendole la mano. "Ora, se il kiyi non spaventa il vostro potenziale aggressore, dovrete imparare a usare ogni altra arma, a partire dalle mani, per arrivare ai piedi, ai gomiti, alle spalle e alle unghie. Le unghie sono un'ottima arma, perci chi se le mangia far meglio a smettere subito. Occhi, orecchie e naso sono gli obiettivi da colpire, pi tardi vi mostrer come fare. Credetemi, non diffi cile, la sola cosa che non dovete pensare che potete essere in grado di eguagliare la forza dell'aggressore. Non cos, al con trario, dovrete imparare a usare la forza dell'avversario contro di lui." "Non capisco", disse Jess, stupita di avere parlato. "Bene, ditelo chiaro e forte quando non capite qualcosa." Sorrise. "E non dimenticate di respirare, cos, con il diaframma. Dovete ricordarvi di respirare, altrimenti le vostre energie si esauriranno subito; se fumate, dovreste smettere. Che cosa non capisci?" chiese a Jess. "Hai detto che dobbiamo usare la forza dell'aggressore Contro di lui, ma non capisco che cosa intendi." '"D'accordo, allora lascia che ti spieghi." Fece una breve pausa e aggrott le sopracciglia, come se stesse riflettendo. "Se qualcuno cerca di tirarti verso di lui, invece di resistere e tirare nel senso opposto, che quello che si tende a fare in questa situazione, usa la sua forza per buttarti contro il suo corpo e poi, quando sei abbastanza vi cino, colpisci." Afferr il braccio di Jess che, istintivamente, si tir subito indietro. "No", disse Dominic. "Cos proprio sbagliato." "Ma tu ci hai detto di fidarci del nostro istinto." "Fidatevi del vostro istin to quando vi avverte del pericolo. Ricordate che riconoscere il pericolo e allontanarsi al pi presto sempre la prima cosa. Ma quando siete gi in pericolo, allora la cosa diversa, il vostro istinto vi pu ingannare, lo dovete educare. Ora, vieni qui, vi mostrer che cosa intendo." 122 Riluttante, Jess fece un passo avanti. "Adesso ti tirer verso di me e voglio che tu resista, come hai fatto prima." D'improvviso Dominic si lanci in avanti, afferr Jess per i polsi e la tir verso di s. Lei punt i piedi a terra e oppose resistenza con tutte le sue forze. Un istante dopo era distesa sul pavimento e Dominic troneggiava su di lei. "Che cos' successo?" chiese Jess respirando affannosamente, sen za capire come fosse caduta tanto rapidamente. Dominic l'aiut a rialzarsi. "Adesso, proviamo nell'altro modo: non cercare di resistere, lascia che io ti tiri verso di me, poi, quando sei vicino, spingimi lontano." Dominic le afferr di nuovo il polso, ma questa volta Jess si la sci tirare. Quando fu a pochi centimetri da lui, si gett contro il suo corpo con tutto il peso, facendogli perdere l'equi librio e mandandolo a finire sul pavimento. "Brava Jess!" grid Vas. "Fantastico!" assent Ayisha. Catarina annu timidamente.

Dominic si rialz lentamente. "Penso che tu abbia capito", disse spolverandosi. Jess sorrise. "Oooh!" grid. "Oooh, oooh, oooh!" mormorava Jess, mentre usciva dalla metropo litana vicino a Magnificent Mile. Si sentiva forte come non le accadeva pi da molte settimane, si sentiva davvero bene. "Oooh!" rise, stringendosi il cappotto addosso e camminando per Michigan Avenue. Chi dice che dev'essere Adam a telefonarmi? Siamo negli anni No vanta, pens, e le donne non stanno pi ferme ad aspettare che un uomo le chiami. Oltretutto era sabato, quella sera non aveva niente da fare e probabilmente Adam sarebbe stato felice della sua iniziativa. "Oooh!" ripet pi forte di quanto volesse, al larmando un passante, mentre si avvicinava alla vetrina del nego zio di scarpe dove lavorava Adam. "C' il signor Stohn?" chiese al commesso con il toupet che corse a servirla vedendola entrare. Gli occhi del commesso si fecero piccolissimi. Si ricordava di lei? "Sta servendo una cliente", e indic il retro del locale con la testa. Adam era in piedi vicino a una ragazza con le braccia ca riche di scatole di scarpe e il viso sorridente. Jess si avvicin in silenzio, per non disturbarlo. "Non le piace nessuna di queste scarpe. Bene, vediamo, pu inte ressarle un bicchiere d'acqua?" stava dicendo Adam. La ragazza rise e i suoi lunghi capelli biondi le ricaddero sul viso mentre scuoteva la testa. "Che cosa ne dice di una barzelletta, allora? Sembra una donna che sa apprezzare una buona barzelletta." Jess sent le lacrime pungerle gli occhi e si nascose, allonta nandosi. "Lo ha trovato?" chiese il commesso con il toupet vedendola usci re dal negozio. 123 "Gli parler pi tardi, grazie", rispose Jess, domandandosi di che cosa lo stesse ringraziando e pensando che le donne sono sem pre cos pronte a ringraziare, a dimostrarsi grate. "Scusi", dis se, passando davanti a un'altra donna, che a sua volta si scus. E di che cosa ci scusiamo sempre? Maledizione, pens poi, sentendosi confusa e imbarazzata. Che co sa le era venuto in mente di andare l? Perch aveva pensato che, solo perch si sentiva bene e voleva condividere quella sensazio ne con qualcuno, Adam sarebbe stato disposto a essere quel qual cuno? Si sentiva forte, e allora? A chi interessava, se aveva im parato a difendersi? Perch a lui avrebbe dovuto interessare il kiy A lui interessava solo vendere scarpe e guadagnare commis sioni. Perch aveva pensato di essere diversa dalle altre centi naia di donne alle quali lui ogni settimana vendeva scarpe? E perch era cos delusa? "Oooh!" esclam davanti al negozio. Ormai, per, non ci credeva pi e le parole caddero sul marciapiede e furono calpestate da un esercito di piedi distratti. "Be, ciao, straniera", disse Don e la sua voce, anche se solo al telefono, era un balsamo. "Che bella sorpresa! Temevo che fossi ancora arrabbiata con me." "Perch dovrei essere arrabbiata con te?" Jess chiuse la porta della cabina telefonica. "Dimmelo tu, io so soltanto che dopo il nostro alterco alla sta zione di polizia, mi hai rivolto a malapena la parola." "Certo." "Due parole e tutte e due sono state 'No: quando ti ho invitato per il giorno del Ringraziamento e quando ti ho invitato a cena." "Ed proprio per questo che ti chiamo", disse Jess, felice di avere trovato il modo di dirglielo. "Sono in centro e sono an ni che non mangio una buona bistecca, cos pensavo che, se non hai niente da fare..." Non fin la frase. "Sei impegnato", si af frett ad aggiungere. "Santo cielo, Jess", disse Don, con tono di scusa, "in qualunque altro momento, lo sai che non mi farei sfuggire l'occasione..." "Ma sabato sera e Madre Teresa ti sta aspettando." Segu un silenzio. "A dire il vero, Trish fuori citt per il fine settimana", disse Don, "cos ho accettato un invito a cena da John McMaster. Ti ricordi di lui?"

"Naturalmente." John McMaster era uno dei soci di Don. "Salutalo da parte mia." "Ti inviterei..." "Non ci verrei." "Ma tu non ci verresti." Jess rise e si accorse che, d'un tratto, faceva fatica a respira re. Si aspettava davvero che il suo ex marito stesse sempre aspettando che lei gli telefonasse, quando si sentiva sola e ave va bisogno di compagnia? "Ho un'idea!" esclam Don all'altro capo del filo. "Quale sarebbe?" Jess si sentiva soffocare, spinse la porta della cabina, ma questa rifiut di aprirsi. "Potrei passare domani mattina da te con focacce e brioche e tu fai un bel caff e mi racconti chi morto." 124 Jess continuava a lottare con la porta della cabina. Non riusciva a respirare e sent che, se non fosse riuscita a uscire da l dentro, avrebbe potuto svenire, persino soffocare. Doveva prende re un pod'aria. "Jess? Jess, sei ancora l? Era uno scherzo. Non leggi pi i ne crologi?" "Devo andare, Don", gli disse spingendo la porta con entrambi i pugni. "Ti va bene alle dieci?" "D'accordo, mi sembra perfetto." "A domani mattina." Jess lasci cadere il ricevitore," che rimase penzoloni, e lo guard oscillare, mentre spingeva la porta della cabina nel di sperato tentativo di uscire. "Maledizione, fammi uscire!" grid. D'un tratto la porta si apr: una donna anziana con i capelli grigi stava fuori e stava tirando la maniglia con entrambe le ma ni. "Questi affari fanno brutti scherzi, a volte", disse con un sorriso indulgente, prima di riprendere il cammino. Jess usc dalla cabina. Il sudore che le colava sulla fronte, no nostante il freddo. "Ho dimenticato tutto quello che ho imparato oggi. Come far a difendermi, se non riesco nemmeno a uscire da una dannata cabina del telefono?" Trascorsero parecchi minuti, prima che la sensazione di formico lio alle mani passasse e lei riuscisse a chiamare un taxi per an dare a casa. LA cena fu a base di maccheroni al formaggio, torta gelato alla vaniglia con fragole e Coca-Cola. "Non c' nulla di meglio di una buona cena", borbott Jess rivolta al canarino e deponendo i piatti sporchi nel lavello, troppo stanca per metterli nella la vastoviglie. Ritorn in salotto trascinando i piedi e pensando alla vecchietta che l'aveva aiutata a uscire dalla cabina. "Saprebbe difendersi da un aggressore meglio di me", pens Jess, domandandosi se con tinuare o no il corso di autodifesa. L'ho pagato, pens, posso anche finirlo. Spense lo stereo e copr la gabbia del canarino, poi spense le luci e and in camera, dove si infil una lunga ca micia da notte di flanella a fiori bianchi e rosa e sistem con cura gli abiti per il giorno seguente: un paio di blue jeans, un maglione a girocollo rosso, pesanti calzettoni rossi e biancheria pulita; tutto l sulla sedia, pronto ad aspettarla. "Va tutto be ne", si disse mentre andava in bagno a lavarsi il viso e i denti; voleva andare subito a letto. Non erano ancora le nove, not spegnendo la lampada sul comodino e rannicchiandosi sotto le coperte. Pens che il luned dopo avrebbe dovuto prepararsi per il processo contro Terry Wales, ma non riusc a concentrarsi su quello perch le si chiusero gli oc chi; era stata una giornata lunga e faticosa ed era stata delusa da ben due uomini. Aveva ritrovato la sua forza per poi perderla di nuovo. Ce n'era abbastanza per stancare chiunque. "Buonanotte, luna", sussurr, ricordando il libro per bambini che portava quel titolo e che aveva comprato per il suo nipotino, e rimase qualche istante ad ascoltare i rumori che venivano dal piano di sotto. Walter sta dando un'altra festa, pens, mentre si lasciava scivolare nel sonno.

125 Nel sogno lei si trovava di fronte a una giuria, vestita solo della sua camicia da notte a fiori bianchi e rosa e con le panto fole rosa ai piedi. "Ci piace molto la sua camicia da notte", le disse una delle don ne della giuria, allungando una mano per accarezzare la morbida flanella, ma la mano era come l'artiglio di un'aquila e le strap po' la stoffa e la pelle. "Lascia che ti curi", le disse Don, abbandonando il banco della difesa e prendendole il braccio sanguinante. Jess lo lasci avvicinare, sent i loro corpi che si toccavano, poi, d'un tratto, si spinse contro di lui con tutto il peso del suo corpo e lo butt a terra. Il giudice Harris la richiam all'ordine, parlando con la voce di Adam Stohn. "Silenzio in aula." Poi: "Jess, sei qui? Jess? Jess?" Lei si sedette sul letto, ancora mezza addormentata, stupidamente felice di trovarsi in camera sua e non in tribunale. "Jess", la voce del sogno continuava a chiamarla. "Jess, ci sei?" Lei si rese conto che qualcuno stava bussando alla porta, allora si svegli completamente e raggiunse il comodino, lo apr e ne estrasse la pistola, allarmata dal suo stesso gesto. "Chi ?" domand, infilandosi le pantofole e impugnando con deci sione la pistola, mentre andava alla porta. "Sono Adam", disse la voce dall'altro lato. "Che cosa ci fai qui?" chiese lei, senza aprire. "Volevo vederti." "Non hai mai sentito parlare dei telefoni?" "Ne ho abbastanza di telefoni", disse lui ridendo. "Avevo voglia di vederti, stato un impulso." "Come sei entrato nello stabile?" "Il portone era aperto, c' una specie di festa al piano di sot to. Senti, detesto gridare attraverso la porta, vuoi farmi entra re, s o no?" " tardi." "Jess, se c' qualcun altro..." Lei apr la porta. "Non c' nessuno." Gli fece un cenno con la pistola per dirgli di entrare. "Mio Dio, vera?" Jess annu, pensando che era bellissimo e chiedendosi se lei ave va un aspetto tanto ridicolo con la camicia da notte, le pantofo le rosa e la pistola in mano. "Ho paura delle visite notturne", gli disse. "Jess, sono le dieci e mezzo." "Le dieci e mezzo?" "Potresti mettere uno spioncino alla porta, oppure una catena." Guard con un certo nervosismo la pistola. "Pensi di poterla met tere via ora?" Si tolse la giacca e la lanci sul divano come se, ora che era entrato, avesse intenzione di rimanere a lungo. Fu allora che lei not la bottiglia di vino rosso che aveva in mano. "Ti dico io che cosa facciamo", continu Adam, "tu metti via la pistola e io apro il vino." Jess annu e torn automaticamente in camera, rimise la pistola nel cassetto del comodino, si mise una vestaglia rosa e, quando ritorn in salotto, Adam aveva gi aperto la bottiglia e versato il vino in due bicchieri. 126 "Chateauneuf-du-Pape", disse, mettendole in mano il bicchiere e conducendola verso il divano. "A che cosa brindiamo?" chiese, mentre si sedevano. Jess ricord le parole di suo cognato. "Salute e prosperit?" propose. "Che cosa ne dici di brindare al futuro?" "D'accordo, al futuro." Fecero tintinnare i bicchieri, annusarono l'aroma del vino e si portarono il bicchiere alle labbra, ma senza bere. "E bello vederti", disse Adam.

Jess si accorse dall'odore del suo alito che aveva gi bevuto e si domand dove fosse stato, prima di andare da lei. Era uscito con la cliente che aveva visto quel pomeriggio? La serata era fi nita presto e lui era rimasto con una bottiglia di vino in mano? A ogni nuovo pensiero, la sua collera aumentava; adesso che era completamente sveglia, le faceva rabbia la sua presunzione e non trovava pi cos eccitante la sua disinvoltura. Che cosa pensava di fare bussando alla sua porta alle dieci di un sabato sera e spaventandola a morte? Pensava davvero di poterla ignorare per tutta la settimana e poi comparire senza neppure annunciarsi con una telefonata? Pensava forse che gli avrebbe permesso di entra re, di bere e di infilarsi nel suo letto? Poteva gi considerarsi fortunato che non gli aveva sparato! ' "Che cosa ci fai qui?" gli chiese all'improvviso, sorprendendo entrambi con quella domanda inattesa. Adam bevve una gran sorsata di vino e lo tenne in bocca qualche secondo prima di ingoiarlo. "Che cosa pensi che ci faccia qui?" "Non lo so, per questo te l'ho chiesto." Lui bevve un altro sorso inghiottendolo tutto d'un'fiato, come se fosse stato whisky. "Volevo vederti", disse. "Quando lo hai deciso?" Adam si rannicchi nel divano, bevve un altro sorso, poi riemp il bicchiere fino all'orlo, senza fretta di rispondere. "Non ca pisco." "A che ora hai deciso che volevi vedermi?" insistette lei via via pi impaziente. "Alle due del pomeriggio? Alle quattro? Alle cin que? Alle dieci?" "Jess, che cos' questo, un interrogatorio?" "Perch non hai telefonato prima?" "Te l'ho gi detto, stato un impulso." "E tu sei un tipo impulsivo." "Talvolta, s, credo di s." "Sei sposato?" "Che cosa?" "Sei sposato?" ripet Jess, con la sensazione di vedere le cose chiaramente per la prima volta e domandandosi perch non se ne fosse resa conto prima. " una domanda piuttosto semplice, basta rispondere s o no." "Che cosa ti fa pensare che sia sposato?" "Sei sposato, s o no?" "Il testimone risponda alla domanda", disse Adam in tono sarca stico. "Sei sposato?" ripet Jess. "No!" esclam lui ad alta voce. "Naturalmente non sono sposato." "Sei divorziato." "Sono divorziato." 127 "Da Susan." "S, da Susan." "Che vive a Springfield." "Che pu vivere su Marte, per quel che me ne importa." Bevve in un unico sorso il vino che gli restava nel bicchiere. "Allora perch non telefoni mai? Perch compari improvvisamente alla mia porta a tutte le ore della notte?" "Jess, perdio, sono le dieci e mezzo!" "Hai gi guadagnato la tua commissione qui", gli disse lei, an cora irritata per la scenetta a cui aveva assistito quel pomerig gio al negozio, e arross per l'imbarazzo. "Pensi forse che io stia cercando di venderti un altro paio di stivali?" "Non so bene che cosa tu stia cercando di vendermi." Lui si vers dell'altro vino e bevve due sorsi, poi si vers 'quello che ancora restava nella bottiglia. "Non sono sposato, Jess, sul serio."

Segu una lunga pausa, in cui lei abbass lo sguardo, pi solle vata di quanto fosse disposta ad ammettere. " stata la nostra prima lite?" chiese Adam. "Non credo di conoscerti abbastanza per litigare con te", rispose Jess. "Mi conosci quanto basta." Lui fin il suo vino e rimase a fissa re il fondo del bicchiere vuoto, stupito nel rendersi conto di avere bevuto quasi un'intera bottiglia in dieci minuti. "Quanto basta per me o per te?" " solo che non mi piace pianificare le cose con troppo antici po." Lei rise. "Che cosa ci trovi di divertente?" "Io pianifico tutto." "E che cosa risolvi, facendolo?" Appoggi la schiena al divano, si tolse le scarpe, alz le gambe e le appoggi come se niente fosse su quelle di Jess. "Mi da l'illusione di avere tutto sotto controllo, credo", rispo se lei, consapevole del peso delle gambe di Adam sulle proprie. Dapprima s'irrigid, poi si rilass, felice di quel contatto. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che era stata con un uomo, da quando si era concessa il piacere di una carezza maschile. Aveva avuto ragione Adam supponendo che lei lo avrebbe lasciato entrare, bere e poi infilarsi nel suo letto? "E questa illusione di avere il controllo di tutto importante per te?" le chiese. " tutto quello che ho." Adam appoggi la testa sul cuscino e si sistem in modo da essere quasi completamente sdraiato. "Credo di avere bevuto troppo." "Penso che tu abbia ragione." Poi segu un lungo silenzio. "Per ch sei venuto qui, Adam?" "Non lo so", rispose lui chiudendo gli occhi. "Immagino che non avrei dovuto." Non dire cos, pens lei. "Forse dovresti andartene", disse, re sistendo all'impulso di cullarlo fra le braccia. "Ti chiamo un taxi, non sei in condizioni di guidare." "Ho solo bisogno di dieci minuti di sonno." 128 "Ti chiamo un taxi." Jess cerc di sollevare le gambe di Adam, ma erano pesantissime. "Se solo riuscissi a spostarti un po..." In risposta, lui si rannicchi in posizione fetale, girandosi di lato, e in quel modo era anche pi pesante di prima. "Grandioso", comment lei, facendogli il solletico sotto i piedi, cercando di farlo muovere, ma le sue dita non sortirono alcun ri sultato. "Adam, non posso stare qui seduta tutta la notte!" Era ormai vicina alle lacrime. "No, troppo stupido!" esclam. "Non ho nessuna intenzione di restare prigioniera in casa mia, non passer la notte seduta sul divano con un ubriaco comatoso diste so sulle mie gambe, ho bisogno di dormire. Devo andare a letto. Oooh!" grid, ma Adam non si mosse. Qualche istante dopo, Jess ripet l'operazione, questa volta con maggiore successo: i piedi di Adam ricaddero con un tonfo sordo sul divano. Jess si alz e lo osserv mentre dormiva. "Adam, non puoi stare qui", sussurr, poi ad alta voce aggiunse: "Ti chiamo un taxi". Gi, e poi che cosa gli dico? si domand. C' un uomo addormenta to sul mio divano e io vorrei che qualcuno lo prendesse in brac cio, lo trasportasse gi per tre piani di scale e lo accompagnas se a casa, anche se non ho la pi pallida idea di dove abiti? Sii onesta, Jess, disse fra s, coprendolo con la sua giacca. Adam Stohn non andr da nessuna parte, questa notte. Guard il suo viso tranquillo nel sonno e si domand quali segre ti nascondesse, poi si allontan in punta di piedi dal divano, domandandosi se stava facendo la cosa giusta, permettendogli di restare. E se fosse stato uno psicopatico che voleva uccidere tutti gli avvocati? Era troppo stanca per preoccuparsene.

Comunque, nel caso il suo istinto avesse fatto cilecca, prima di addormentarsi prese la pistola dal cassetto e la sistem sotto il materasso. Si svegli il mattino seguente e lo vide in piedi sulla porta della camera da letto che la guardava. "Prepari sempre i tuoi abiti con tanta cura?" le domand. "Anche di domenica?" "Da quanto tempo sei l in piedi?" chiese lei di rimando, igno rando la sua domanda e mettendosi seduta sul letto con le coperte strette intorno al corpo. "Poco, da qualche minuto, forse." Lei guard l'orologio. "Le nove e mezzo!" esclam. "Non dovresti bere cos tanto", disse lui e sorrise timidamente. "Non riesco a credere di avere dormito fino alle nove e mezzo!" "Dovevi essere esausta." "Ho cos tante cose da fare!" "Per prima cosa", disse lui, "la colazione pronta." "Hai preparato la colazione?" Lui si appoggi allo stipite della porta. "Non stato semplice, non mentivi quando hai detto che tu non cucini. Sono dovuto cor rere fuori a comprare uova e verdura..." "Come hai fatto a rientrare?" "Ho preso in prestito la tua chiave", rispose lui semplicemente. "Le hai prese nella mia borsetta?" "Ce le ho anche rimesse." Si avvicin al letto e le tese le mani. "Alzati: ho lavorato come uno schiavo, in cucina!" 129 Jess spost le coperte e scese dal letto, ignorando l'offerta di aiuto. Pensava al fatto che lui aveva cercato le chiavi frugando nella sua borsa, non era sicura che la cosa le piacesse. "Dammi solo il tempo di lavarmi i denti e la faccia." "Dopo." Le prese la mano e la condusse in salotto, dove la tavola era apparecchiata e il succo d'arancia era gi nei bicchieri. "Vedo che hai trovato proprio tutto." Cos aveva frugato anche nella sua dispensa. "Non hai due piatti uguali", rimarc lui ridendo. "Sei una donna strana, Jess Koster, interessante ma strana." "Potrei dire la stessa cosa di te." Sorrise, enigmatico. "Non sono altrettanto interessante." Questa volta fu lei a sorridere e si rilass immediatamente. Se era uno psicopatico che aveva intenzione di ucciderla, doveva avere deciso di farlo dopo colazione, quindi poteva anche goder si quel pasto. Fidati del tuo istinto. "Che cosa offre il menu?" domand, con lo stomaco che brontolava al pensiero di una vera colazione. "Le migliori omelette del quartiere De Paul", rispose lui, fa cendo scivolare nei piatti due omelette dalla forma perfetta e guarnendole con un rametto di prezzemolo. "Hai comprato persino il prezzemolo, sono davvero impressionata." " compreso nella ricetta. Non farla diventare fredda", le disse, versandole il caff. "Panna? Zucchero?" "Nero." "Mangia." "Ha un aspetto meraviglioso! Non riesco a credere che tu abbia fatto tutto questo." "Era il minimo, dopo il modo in cui mi sono comportato la notte scorsa." "Non hai fatto niente, la notte scorsa." "Appunto. Finalmente riesco a passare la notte con una donna bellissima e che cosa faccio? Dopo essermi ubriacato, mi addor mento sul suo divano." Jess si pass una mano fra i capelli spettinati. "No, non farlo", disse Adam, prendendole la mano. "SeJ adorabi le." Lei liber la mano dalla sua stretta e prese un pezzetto di ome lette con la forchetta. "Allora, qual il verdetto?" Aspett finch Jess ebbe assaporato il primo boccone.

"Favolosa!" esclam lei con entusiasmo. "In assoluto la miglior omelette del quartiere." Mangiarono in silenzio per alcuni minuti. "Ho scoperto la gabbia", disse poi Adam, "e ho ritirato il gior nale, sul divano." Jess guard la gabbia e poi il giornale. "Grazie." Fece una pausa. "Non hai fatto nient'altro di cui dovresti met termi al corrente?" Lui si chin in avanti e, appoggiandosi al tavolo di mogano, la baci. "Non ancora." 130 Lei non si mosse mentre lui la baciava, il cuore le batteva for te. Si sent arrossire per l'imbarazzo. Era una preda cos faci le? Un bicchiere di succo d'arancia, una tazza di caff e una omelette erano sufficienti per entrare nel suo cuore e nel suo letto? Lui la stava baciando. Le baciava le labbra, le guance, il collo, poi di nuovo le guance, e la strinse fra le braccia attirandola a s. Quanto tempo era passato, si domand Jess, dall'ultima volta che un uomo l'aveva baciata in quel modo? Da quando lei aveva ba ciato un uomo in quel modo? "Non dovrei farlo", disse, mentre i baci di Adam diventavano sem pre pi appassionati. "Ho molto lavoro da preparare per domani." "Lo preparerai", le assicur lui, baciandole i capelli. "La maggior parte dei processi per omicidio dura da una settimana a dieci giorni", sussurr lei, cercando di placare il proprio ar dore, "ma l'accusato si ammalato..." Adam la baci sulla bocca, mentre con le mani cercava il suo se no. Lei cerc di protestare, ma le usc di bocca solo un gemito di piacere. "Gli omicidi sono i casi pi semplici", continu con tenacia, do mandandosi che cosa fosse pi strano, quello che stava facendo o quello che stava dicendo. "Tranne quando possono richiedere la pena di morte, come questo..." Di nuovo lui le imped di continuare e questa volta lei non cerc di parlare, ma si arrese alla sensazione delle labbra di Adam sulle sue, delle mani di lui sul suo corpo. D'un tratto un campanello inizi a suonare pi volte. "Che cos'?" chiese Adam, senza smettere di baciarla. "Il citofono", rispose lei, domandandosi chi potesse essere. "Qualcuno al piano di sotto." "Se ne andr." Il campanello ricominci a suonare. Chi ? si chiese Jess. Proprio a quell'ora, alle dieci di una domenica mattina. "Mio Dio!" esclam Jess, respingendo Adam. " il mio ex marito! Mi ero dimenticata di lui. Aveva detto che sarebbe passato di qua stamattina..." "Mantiene la parola data", comment Adam, mentre il campanello ricominciava a suonare. Jess and velocemente al citofono e ri spose. "Don?" "Sono arrivate le tue ciambelle." La voce risuon in tutto l'ap partamento. "Interessante", disse Adam, afferrando la tazza di caff e la sciandosi cadere sul divano. "Oh, Dio", bisbigli di nuovo Jess, sentendo i passi di Don sulle scale e aprendo la porta prima che potesse bussare. "Ciao, Don." Indossava un parka pesante sopra un paio di pantaloni di velluto a coste e aveva in mano due sacchetti di ciambelle. "Si gela, l fuori", disse. "Come mai ci hai messo tanto? Non dirmi che stavi ancora dormendo!" Fece due passi dentro l'appar tamento e si immobilizz alla vista di Adam seduto sul divano. "Scusate", mormor immediatamente, confuso, mentre tendeva la ma no ad Adam. "Sono Don Shaw, un vecchio amico." "Adam Stohn", rispose questi, stringendo la mano a Don. "Un nuovo amico."

Segu un lungo silenzio imbarazzato, in cui sembrava che tutti trattenessero il respiro. 131 "C' del caff", disse infine Jess. Don diede un'occhiata al tavolo. "A quanto pare, avete gi man giato." "Jess ha dimenticato di dirmi che saresti passato", spieg Adam, sorridendo. "Sar felice di prepararti una omelette, far in un attimo." "Grazie, un'altra volta." "Lascia che ti appenda il cappotto", disse Jess tendendo le brac cia. Don le consegn i due sacchetti di ciambelle. "No, penso che an dr, ora. Volevo solo lasciarti queste." Si diresse verso la por ta. "Dovresti metterle in frigo." Squill il telefono. "Un posticino affollato", comment Adam. "Don, aspetta un minuto, per favore", insistette Jess. Lui attese vicino alla porta che lei andasse in cucina a rispondere. Quando torn, qualche istante dopo, era pallida, tremava e aveva le guance striate di lacrime. "Era l'ufficio del medico legale", disse, "hanno trovato Connie DeVuono." "Che cosa? Dove? Quando?" chiese Don, mentre le parole gli usci vano di bocca come pallottole. "Nelle Stokie Lagoons. Un pescatore ha trovato il corpo ieri po meriggio e ha chiamato la polizia; l'hanno portata in Harrison Street con un'ambulanza." "Sono sicuri che sia lei?" "Le impronte dei denti non mentono." Un url le si ferm nella gola. " stata strangolata con un filo elettrico, l'hanno quasi decapitata, apparentemente, ma il corpo abbastanza conservato per via del freddo." "Mi dispiace tanto, Jess", le disse Don, abbracciandola. Lei cominci a piangere piano contro la sua spalla. "Devo andare dalla madre di Connie, devo dirglielo." "Pu farlo la polizia." "No", insistette lei, vedendo Adam che, in punta di piedi, si av vicinava alla porta, con la giacca in mano. "Devo farlo. Ges, Don, che cosa posso dirle? Che cosa posso dire al suo bambino?" "Troverai le parole giuste, Jess." Lei non disse nulla e rimase a guardare Adam che, raggiunta la porta, le mand un bacio. La porta si richiuse piano dietro di lui. "Dove vive la madre di Connie?" chiese Don. Non disse nulla di Adam o del fatto che fosse uscito. "In Miller Street, ho l'indirizzo scritto da qualche parte." Jess si asciug le lacrime. "Vai a farti una doccia e vestiti, ti accompagno." "No, Don, non devi farlo." "Jess, non hai l'auto e non pensare che ti lasci da sola in que sto momento. Adesso, per favore, smetti di discutere e prepara ti." Jess si avvicin e gli accarezz una guancia. "Grazie." "STAI bene?" le chiese Don. "No." 132 Jess stava ancora piangendo, non riusciva a smettere. Persino du rante la doccia non aveva smesso un attimo di piangere, mentre si infilava i blue jeans e il maglione, seduta sul sedile della Mer cedes di Don e in piedi davanti alla modesta casetta della signo ra Gambala, a Little Italy. "Devi smettere di piangere", le disse Don, "altrimenti lo capir prima ancora che tu apra bocca."

"Lo capir comunque", gli rispose Jess, e aveva ragione. La porta d'ingresso si apr prima che lei salisse l'ultimo gradi no del portico di mattoni rossi. La signora Gambala era in piedi sulla porta, una donnina vestita di nero dalla testa ai piedi, con il nipotino che sbucava da dietro i suoi enormi fianchi enor mi. "L'hanno trovata", disse, accettando la verit, anche se scuoteva la testa da una parte all'altra, come per voler negare l'evidenza. "S", ammise Jess con voce rotta, incapace di continuare. Steffan guard prima Jess poi sua nonna e infine sal di corsa le scale fino alla sua camera e chiuse la porta, sbattendola con forza. Entrarono e Jess spieg i particolari alla signora Gambala, pro mettendole di dirle tutto quello che ancora non sapevano non appena fosse stato pronto il rapporto del medico legale, as sicurandole che il responsabile sarebbe stato arrestato al pi presto e processato. Aveva guardato Don, come per sfidarlo a con traddirla. "Jess, hai intenzione di emettere un mandato di arresto per Rick Ferguson?" le chiese mentre tornavano all'auto. Lei avrebbe voluto farlo al pi presto, ma sapeva che era meglio aspettare di conoscere i dettagli riguardanti la morte di Connie DeVuono; doveva prima sapere se c'erano prove che potessero col legare Rick Ferguson con la morte della donna. "Non ancora, vuoi chiamarlo?" "E per quale ragione dovrei chiamarlo, se tu non hai intenzione di farlo arrestare?" domand con un esagerato tono di innocenza. "Inoltre, domenica, e io non lavoro mai di domenica." "Grazie", gli disse Jess e riprese a piangere. "Stai bene?" le chiese lui. "No", rispose, cercando di trattenere le lacrime. Don si sporse verso di lei e le prese le mani. "A che cosa stai pensando?" "Stavo pensando che la signora Gambala tiene tutti i mobili av volti nella plastica", rispose Jess, respirando profondamente. Don rise, sorpreso. "Non c' pi molta gente che lo fa, di questi tempi", disse Don. "Me lo aveva raccontato Connie, una volta. Aveva detto che a Steffan non piaceva aspettarla a casa della nonna perch teneva tutti i mobili avvolti nella plastica e non era comodo stare se duti." Trattenne a malapena un singhiozzo. "E ora l che dovr crescere, in una casa piena di rivestimenti di plastica." "In una casa piena d'amore, Jess", le ricord Don. "Sua nonna lo ama e si prender cura di lui." "Connie mi aveva detto che sua madre troppo vecchia per badare a lui e che parla male l'inglese." "Allora lui le insegner l'inglese e lei gli insegner l'italia no. Jess", disse Don, stringendole le mani, "non puoi 133 preoccuparti per tutto, non puoi farti carico del dolore di tut ti. Devi scegliere, oppure diventerai pazza." "Ho sempre pensato che sarebbe stato meglio saperlo", gli Confid Jess dopo una lunga pausa. "Ho sempre pensato che, per quanto doloroso, sarebbe stato meglio conoscere la verit, purch ci fosse una fine, ma adesso non ne sono pi sicura. "'. Almeno prima di oggi c'era una speranza, anche se era una falsa speranza, forse era meglio di questo." "Stai parlando di tua madre", disse piano Don. "In tutti questi anni ho sempre pensato che, se avessi almeno sa puto che cosa le era accaduto, sarei riuscita ad andare avanti con la mia vita..." "Tu sei andata avanti con la tua vita." "No, non vero, non veramente." Poi guard fuori dal finestrino e not per la prima volta che stavano viaggiando in direzione est, sulla 1-94. "Jess, che cosa stai dicendo? Pensa a tutto quello che hai otte nuto." "So benissimo quello che ho ottenuto. Ma non questo che inten do."

"Dimmi che cosa intendi, allora." "Voglio dire che otto anni fa mi sono fermata; non importa quello che ho fatto, non importa quello che ho raggiunto, emotivamente sono ancora bloccata al momento in cui mia madre scomparsa." "E pensi che se avessi saputo quello che le era successo, che se qualcuno simile a te, ora, fosse venuto a dirti che cosa le era successo, come hai fatto oggi con il figlio di Connie, saresti stata meglio?" "Non lo so, ma almeno avrei potuto affrontare la cosa una volta per tutte, sarei stata in grado di soffrire, sarei stata in grado di andare avanti." "Allora hai risposto da sola alla tua domanda", le disse. "Immagino di s." Jess si asciug le lacrime, si stropicci il naso e guard di nuovo fuori dal finestrino. "Dove stiamo andan do?" "A Union Pier." "Union Pier?" Jess ricord immediatamente il piccolo quartiere residenziale sulle rive del lago dove Don aveva un villino in cui trascorreva i fine settimana. "Don, mi devo preparare per il pro cesso di domani." " molto tempo che non vedi il cottage", le ricord. "Ho cambiato alcune cose e realizzato alcune idee che mi avevi suggerito tu. Avanti, su, ti prometto di riaccompagnarti prima delle cinque, sai benissimo che comunque non riusciresti a fare nulla prima di quell'ora." "Non so." "Concediti un podi riposo, sappiamo tutti e due che sei prepara ta per domani come nessun altro potrebbe esserlo." Procedettero in silenzio, mentre lei osservava le gocce di piog gi trasformarsi in neve e gli edifici che lasciavano spazio ai campi aperti. Presero l'uscita per Union Pier e svoltarono a si nistra, dirigendosi verso il Lago Michigan. ELSINOR DUDE RANCH, annunciava un'insegna di legno che si trovava sopra un cancello in ferro battuto. ESCURSIONI A CAVALLO E LEZIONI DI EQUITAZIONE, diceva un altro cartello dopo circa un chilometro di strada. 134 La neve era diventata pi fitta, ma Jess riusc a scorgere un al tro cartello: CLUB DI TIRO DI UNION PIER, e la sua attenzione parve risvegliarsi all'improvviso. "Che cosa succede?" chiese Don. "Da quando esiste un club di tiro, qui?" domand Jess di rimando. "Da sempre", le ricord Don. "Perch? Hai voglia di sfogare qual che frustrazione? Credo che si debba essere soci per poter tira re." "Hanno anche un campo di tiro con l'arco?" "Come?" "Un campo di tiro con l'arco", ripet Jess, senza sapere con pre cisione dove volesse arrivare. "Non credo. Perch questo improvviso interesse per il tiro con l'arco?" Poi s'interruppe di colpo. "Si tratta dell'assassino della balestra?" "Terry Wales ha dichiarato sotto giuramento di non avere mai pi usato un arco da quando era ragazzino. E se riuscissi a provare il contrario?" "Allora direi che riusciresti a incastrarlo per omicidio di primo grado." "Posso usare il tuo telefono?" "Volevo fare questo giro perch ti rilassassi..." " cos che mi rilasso, io. Per favore." Don le pass il ricevitore del telefono e lei compose velocemente il numero di Neil Strayhorn. "Neil, voglio che mi rintracci tutti i club di tiro con l'arco che distano fino a due ore di auto da Chicago", disse, senza troppi preamboli. "Jess?" La voce di Neil Strayhorn riecheggi nell'abitacolo del l'automobile. "Voglio che tu controlli se Terry Wales socio di uno di essi o si solo avvicinato a un campo di tiro con l'arco negli ultimi trent'anni; il detective

Mansfield potrebbe forse esserti d'aiu to. Non ce ne saranno molti. Digli che abbiamo bisogno di questa informazione per domani mattina. Ti richiamo pi tardi." Riaggan ci prima che lui potesse fare domande o sollevare obiezioni. "Sei un capo severo", le disse Don, mentre svoltava a sinistra in Smith Road. "Ho avuto un buon maestro", gli ricord lei. Una serie di piccoli villini costeggiava i lati della strada e Jess si tenne alla maniglia dell'auto mentre percorrevano gli ul timi metri di strada accidentata prima di arrivare alla casa di Don. "Il tempo sembra decisamente ostile", osserv Jess, vedendo la neve roteare dappertutto intorno a loro. "Accender il fuoco, apriremo una bottiglia di vino e vedrai che non ti sembrer pi tanto male." "Sta iniziando a nevicare sul serio." "Ti accompagno fino davanti alla porta", disse Don e lei scese dall'auto correndo. "Mi ero dimenticata di quanto fosse bello qui." Jess era in piedi davanti alla grande finestra che occupava quasi tutta la parete posteriore del cottage e osservava il piccolo giardino che lei stessa aveva curato anni prima. La costa ripida si trovava poco oltre il prato, con una serie di gradini scavati nella roccia che conducevano gi fino al lago e abeti enormi che delimitavano la 135 propriet di Don, separandola dagli altri vicini e proteggendo la sua intimit. Nel camino il fuoco ardeva scoppiettando e Don si sedette sul tappeto bianco che si trovava fra il camino e uno dei due divani in vecchio stile coloniale, con davanti a s i resti di uno spuntino che aveva preparato. "Ci manchi", disse piano Don, "a me e al giardino. Ricordi quando hai piantato quei cespugli?" "Certo che mi ricordo, stato appena dopo il matrimonio, abbiamo litigato su quale tipo di siepe sarebbe cresciuta pi in fretta e sarebbe stata pi carina." "Non abbiamo litigato." "D'accordo, abbiamo discusso." "E abbiamo raggiunto un compromesso." "Facendo come volevi tu", continu Jess ridendo. " stata una bella idea venire qui. Grazie per averci pensato." Torn sul tap peto bianco, si sedette e si appoggi al divano. "Abbiamo passato dei bei momenti qui", disse ancora lui, la voce velata di nostalgia. "S, vero", concord lei. "Credo che maggio fosse il periodo che preferivo, quando tutto iniziava a fiorire e sapevo di avere tutta l'estate davanti; a giugno iniziavo gi a preoccuparmi del fatto che poco dopo l'estate sarebbe finita e sarebbe arrivato l'autunno." "E invece a me sempre piaciuto l'inverno perch sapevo che, per quanto freddo facesse fuori, potevamo venire qui e accendere il fuoco, mangiare qualcosa e stare al caldo, felici.) Che cosa si pu chiedere di pi che essere felici e al caldo?" "Sembra cos semplice." "Non deve per forza essere difficile." "Vieni spesso qui con Trish?" "No, non spesso." "Perch?" "Non lo so." "Sei innamorato di lei?" chiese Jess. "Non ne sono certo", rispose lui. "E tu invece?" "Io di certo non sono innamorata di lei." Don sorrise. "Sai che cosa intendo. Mi hai fatto una bella sor presa, questa mattina." "Non come ti pu sembrare", si affrett a dire Jess. "Come mi pu sembrare?" "Immagino che tu abbia pensato che avevamo passato la notte in sieme."

"Non cos?" "Be, in un certo senso, s. Adam aveva bevuto un potroppo e si addormentato sul mio divano." "Affascinante." " un uomo molto simpatico." "Ne sono certo, altrimenti non ti interesseresti a lui." "Non credo di esserlo, interessata a lui, intendo." Jess si chie se se non stesse parlando troppo. "Da quanto tempo lo conosci?" "Non da molto, forse da un mese", rispose. Forse di meno, pens. "Tuttavia sembra che questo Adam si senta abbastanza a suo agio per addormentarsi sul tuo divano e tu abbastanza a tuo agio da permetterglielo." "Che altra scelta avevo?" 136 "Non saprei risponderti." "Nemmeno io", ammise Jess. "Che cosa fa?" Lei sent nel tono di Don la tensione, sebbene lui cercasse di sembrare naturale, e ne fu commossa. " un venditore." "Un venditore?" Non riusc a nascondere la sua sorpresa. "E che cosa vende?" "Scarpe." Jess si schiar la voce. "Ora non fare lo snob, Don", si affrett a dire. "Non c' niente di male nel vendere scarpe, mio padre ha cominciato cos, come sai." "Adam Stohn mi sembra un povecchio per cominciare", replic Don. "Gli piace il suo lavoro." "Cos tanto che sente il bisogno di ubriacarsi fino a perdere i sensi?" "Non so se una cosa si possa legare all'altra." "Perch pensi che sia accaduto, allora?" "Obiezione, sta cercando di trarre una conclusione." "Obiezione respinta, il testimone risponda alla domanda." "Non sono innamorata", afferm Jess. "Il testimone pu andare", disse Don e lei abbass la testa in segno di gratitudine. "Allora, come vanno le cose di questi tempi nel prestigioso stu dio Rogers, Donaldson, Baker e Shaw?" domand, ricordando Adam Stohn che la salutava con la mano sulla porta del suo appartamen to, quella mattina. "Bene." "Non lo dici con molto entusiasmo." "Lo studio cambiato." "Davvero? E come?" "Be, quando ho iniziato io eravamo solo in dieci", spieg lui. "Ora siamo pi di duecento. un bel cambiamento." "Ma hai sempre desiderato che lo studio si ampliasse, che diven tasse il pi grande e il migliore", gli ricord Jess. "Il migliore, s, non necessariamente il pi grande." "Allora pi grande non sinonimo di migliore?" "Proprio cos. Masters and Johnson non ti hanno insegnato nulla?" Jess rise. "Hai saputo che hanno divorziato?" "Masters e Johnson?" "Scioccante, non trovi?" Jess guard fuori della finestra la neve che cadeva fitta, domandandosi come fossero arrivati a parlare di sesso. "Allora, a parte le dimensioni, che cos'altro non ti rende felice?" " tutto molto pi finalizzato al guadagno di quanto non fosse una volta, cosa che immagino sia piuttosto naturale di questi tempi", spieg. "A nessuno importa pi realmente di qualcosa se non di essere pagato; penso che l'anima dello studio sia cambiata nel corso degli anni, e non in meglio." Jess sorrise. Quello che stava dicendo, in realt, era che lo studio non rifletteva pi la sua forte personalit, come era ac caduto al principio, quando lui era uno dei dieci e non dei due cento. "E tu come cambieresti le cose?" Don abbass il mento contro il petto, come faceva sempre quando pensava intensamente a un argomento. "Non credo che si possa pi cambiare, lo studio

troppo grande; l'unico modo di cambiare sa rebbe andarsene." "Sei pronto a farlo?" "Ci ho pensato." "Che co sa faresti?" 137 "Ricomincerei daccapo", afferm e la sua voce parve entusiasmarsi all'idea. "Prenderei qualche numero uno con me e recluterei alcu ni principianti da un piccolo studio di provincia, sai di quelli con le pareti interne di mattoni rossi e le piante appese al sof fitto di stucco. Un paio di segretarie, un paio di bagni e una piccola cucina sul retro. Ti interessa?" "Che cosa?" "Potrei averti appena fatto una proposta interessante, che cosa ne dici, Jess? Come ti sembra Shaw & Koster?" Lei rise, ma soltanto perch non avrebbe saputo che cos'altro fa re. "Pensaci." Don si alz e and alla finestra. "Pare proprio che non riuscirai a muoverti di qui, questo pomeriggio." "Come?" Jess and immediatamente alla finestra. "La neve non sembra smettere, anzi, direi che ha tutta l'aria di peggiorare, e si sta alzando il vento. Non vorrei ritrovarmi in una bufera in mezzo all'autostrada." "Ma io devo tornare." "Ti riaccompagner, ma non questo pomeriggio; dovrai aspettare dopo cena." And verso la cucina in pino massiccio e apr il con gelatore. "Ora scongelo un paio di bistecche, apro una bottiglia di vino e telefono alla polizia stradale per sapere le condizioni delle strade. Jess, smettila di preoccuparti", le disse. "Anche se le cose dovessero mettersi al peggio e dovessimo trascorrere la notte qui, ti riaccompagner domani mattina e arriverai in tribunale in tempo, te lo prometto, anche se dovessi portarti in braccio. D'accordo? Ti fa sentire meglio questo?" "No davvero", fece lei. "Che tipo sei", disse Don. Jess trascorse il resto del pomeriggio al telefono. Il medico legale non aveva niente da dirle, perch l'autopsia sul cadavere di Connie DeVuono non era ancora stata completata; ci sarebbero voluti ancora alcuni giorni prima di poter interpretare tutti gli indizi. Neil Strayhorn aveva chiamato Barbara Cohen e il detective Man sfield: erano riusciti a trovare i nomi di due club di tiro con l'arco vicino a Chicago e di altri quattro nel raggio di cento chilometri dalla citt; la polizia aveva gi interrogato alcuni dei gestori, fortunatamente i club erano aperti anche di domeni ca, ma due avevano chiuso presto per via della tempesta di neve. Non era stato possibile mettersi in contatto con i direttori ed era stato lasciato un messaggio alla loro segretaria dicendo di mettersi in contatto con la polizia il mattino dopo; Neil l'a vrebbe richiamata non appena avesse avuto notizie. Jess ripass mentalmente la lista di domande che aveva preparato per Terry Wales. Guardandolo preparare la cena, dovette ricono scere che Don aveva ragione, aveva gi memorizzato le domande e le risposte che probabilmente l'imputato avrebbe dato; l'unica cosa che le restava da fare era arrivare in tribunale per tempo, il mattino dopo. "La radio dice che probabilmente nevicher fino a mezzanotte", le disse Don, mettendole in mano un bicchiere di vino prima che lei potesse protestare. "Direi di rimanere qui stanotte, farci un bel sonno e partire domani mattina verso le sei, cos saremo in citt per le sette e mezzo e avrai ancora molto tempo per prepararti e andare in tribunale." "Don, non posso." 138 "Jess, non credo che ci resti altra scelta." "Ma che cosa succede se a mezzanotte non smette di nevicare? Che cosa succede, se domani mattina non possiamo andarcene di qua?" "Neil dovr chiedere un'aggiornamento", rispose lui semplicemen te. "Jess, le condizioni atmosferiche non sono colpa tua." "E se partissimo adesso?" "Probabilmente passeremmo la notte bloccati in auto per la neve.

Ma se questo che vuoi, sono pronto a rischiare." Jess osserv dalla finestra la tempesta di neve. Doveva ricono scere che era stupido cercare di uscire con un tempo simile. "Quanto manca alla cena?" "Era il detective Mansfield", disse Jess, spingendo da una parte il telefono e fissando le fiamme che danzavano nel camino, come tanti cobra pronti a colpire. "Nessuno dei quattro club di tiro con l'arco che sono riusciti a contattare ha Terry Wales come so cio nei suoi archivi." "Hanno mostrato una sua fotografia?" Lei annu. "Non lo conosceva nessuno." "Rimangono ancora un paio di posti, vero?" "Due, ma non possiamo raggiungere i direttori fino a domani mat tina." "Allora non resta altro da fare che mettersi a dormire." Sedendo si sul tappeto accanto a Jess, Don afferr il filo del telefono e se lo avvolse intorno alle dita, poi rimise l'apparecchio sul ta volino di pino fra i due divani. Jess segu le sue mani, ipnotizzata dal movimento lento e circo lare; quando parl, la sua voce era altrettanto lenta, come se emergesse da un profondo stato di trance. "Ti ho raccontato che il medico legale mi ha detto che il filo elettrico era stretto a tal punto intorno al collo di Connie che l'ha quasi decapitata?" "Cerca di non pensarci ora, Jess", disse Don, prendendola fra le sue braccia. "Avanti, abbiamo mangiato bene, abbiamo bevu to del buon vino e ora il momento di..." " colpa mia", mormor lei, immaginando il filo elettrico che ta gliava la pelle di Connie. "Colpa tua? Jess, di che cosa stai parlando?" "Se non l'avessi convinta a testimoniare, Connie sarebbe ancora viva." "Jess, ma ridicolo, non puoi saperlo, non puoi biasimare te stessa." "Dev'essere stato orribile", continu lei, mentre un brivido le scuoteva tutto il corpo, spingendola sempre di pi fra.le brac cia di Don, "sentire il filo che le tagliava il collo, sapere che stava per morire." "Andiamo, Jess, non fare cos..." I suoi occhi si riempirono di lacrime, che cominciarono a scor rerle lungo le guance, e Don inizi ad asciugarle, prima con le dita, poi con le labbra. "Va tutto bene", le disse, "andr tutto bene, vedrai. Andr tutto bene." Le sue labbra avevano un tocco delicato, erano leggerissime sulla pelle di Jess, mentre inseguivano le lacrime sulle sue guance, fra le labbra. Lei chiuse gli occhi, ricordando Adam che si sporgeva sul tavolo per baciarla, e sent che a sua volta rispondeva a quei baci, pur sapendo che era l'uomo sbagliato, ma incapace di fermarsi. 139 passato cos tanto tempo, pens, mentre le sue braccia circon davano il corpo di Adam, anche se erano le mani di Don che spari vano sotto il suo maglioncino e slacciavano la cerniera dei blue jeans, erano le carezze di Adam che lei desiderava mentre Don si lasciava scivolare sopra di lei, erano le dita di Adam e la sua bocca che sapientemente le davano un immenso piacere ancora prima che lui la penetrasse. "Ti amo, Jess", sent la voce di Adam pronunciare quelle parole, ma, quando apr gli occhi, vide Don. IL sogno inizi come sempre nella sala d'attesa di un medico, do ve il dottore le passava il telefono dicendole che sua madre vo leva parlare con lei. "Ho girato un film", le diceva sua madre. "Voglio che tu venga a vedermi, ti lascer i biglietti al botteghino." "Arrivo", le assicurava Jess e, pochi minuti dopo, si trovava al cinema e chiedeva i biglietti a una cassiera che masticava un chewing gum. "Non c' nessun biglietto per lei", le diceva la ragazza, "e gli altri sono tutti venduti."

"Sta cercando un biglietto?" le domandava allora la signora Gam bala, porgendogliene uno. "Io non posso andare, mia figlia ha in ghiottito una tartaruga ed morta, cos ho Un biglietto in pi." La sala era buia e il film stava per cominciare. Jess trovava un posto libero sul corridoio, si sedeva e aspettava. "Ho scoperto un nodulo al seno", le diceva sua madre mentre lei osservava lo schermo, ma un enorme pilastro le ostruiva la vista. Per quanto disperatamente cercasse di aggirarlo, il pilastro era sempre in mezzo a loro. " colpa mia", sussurrava Jess al giudice Harris, che era seduto accanto a lei. "Se fossi andata dal dottore con lei quel pomerig gio, come avevo promesso, non sarebbe scomparsa." Un istante dopo era per la strada, sui gradini della casa dei suoi genitori. Un'auto si fermava al bordo del marciapiede e ne usciva un uomo che andava verso di lei, il viso in ombra, le braccia tese. Le era proprio dietro, mentre lei saliva le scale a perdifiato, apriva la porta e cercava disperatamente di chiudere a chiave, ma la serratura era rotta; sentiva la pressione sulla porta, sentiva le sue dita che perdevano la presa, capiva che la morte era a pochi passi da lei. Si alz spaventata, sudata e con il respiro irregolare. Le ci volle qualche secondo per capire dove si trovasse. "Oh, Dio", mormor, vedendo Don che dormiva tranquillamente accanto a lei sul tappeto bianco. "Oh Dio", sussurr di nuovo, gettando in dietro la coperta che lui doveva avere perso. Raccogliendo i suoi vestiti, si chiese come aveva potuto permettere che una cosa si mile accadesse fra loro. "Ti amo", sentiva ancora la voce di Don riecheggiare nella sua testa. Anch'io ti amo, avrebbe voluto dirgli, ma non poteva perch non era cos, non lo amava nello stesso modo in cui lui amava lei, lo aveva usato, aveva approfittato dei suoi sentimenti, della devo zione, dell'amore che aveva sempre nutrito per lei. Perch? Per potersi sentire meglio per alcuni minuti? Per deluderlo di nuovo come aveva sempre ferito e deluso tutti quelli che l'avevano ama ta. 140 Con mani tremanti, si infil reggiseno e mutandine, rabbrividendo e con la sensazione che un boa gigante la stesse stritolando. Si alz in piedi barcollando e si infil il maglione nel disperato tentativo di scaldarsi. Lasciandosi cadere sul divano dietro di lei, si port le ginoc chia al petto e le abbracci, mentre un fastidioso intorpidimento la invase. "No", esclam piano, per non svegliare Don, ma deside rando che si svegliasse da solo e l'abbracciasse, facendo fuggire i suoi demoni. Respira profondamente, si disse, mentre il serpente invisibile l'afferrava, facendola soffocare. Guard il serpente negli occhi, vide la bocca spalancata, si sent stritolare le costole e la cassa toracica. "No", boccheggi, resistendo all'impulso di vomitare e lottando con il suo persecutore immaginario. "No!" D'un tratto vide il viso di Adam e sent la sua voce. "Non com battere", le diceva. "La prossima volta che avrai uno di quegli attacchi, lasciati andare, assecondalo." Che cosa vuoi dire? "Qual la cosa peggiore che ti pu capitare?" le aveva domanda to. "Potrei vomitare", aveva risposto lei. "E allora? Vomita." Ho paura. "Penso che ci di cui hai paura sia la morte." Aiuto, ti prego, aiutami. "Lasciati andare", le diceva. "Non combattere, devi assecondar lo." Jess pens che quello era lo stesso consiglio che le aveva dato il suo istruttore al corso di autodifesa. Quando sei davanti all'aggressore, non combatterlo, seguilo. Quando gli sei vicino, colpiscilo. "Assecondalo", si ripet molte volte. "Assecondalo, non combat terlo, assecondalo." Che cosa ti pu accadere? E allora vomita. Non morirai. Per poco non si mise a ridere.

Smise di combattere e lasci che il panico si impossessasse del suo corpo, poi chiuse gli occhi, sentendosi sul punto di perdere l'equilibrio e di cadere, certa che da un momento all'altro avrebbe perso i sensi. Le girava la testa e aveva bisogno di vomitare, ma non successe nulla. Non mor. Non vomit nemmeno, constat con stupore, sentendo la pressione al petto allentarsi gradualmente fino a scomparire. Qualche minu to pi tardi, l'intorpidimento era scomparso e il suo respiro era tornato normale, stava bene, non era morta e non le era accaduto nulla. Si era lasciata andare, aveva ceduto al panico e all'ansia e non le era.successo niente, non aveva neppure vomitato, non era para lizzata, non era morta. Aveva vinto. 141 Rimase per qualche istante seduta sul divano a righe, senza muo versi, assaporando la vittoria. " passato", sussurr, sentendosi immediatamente fiduciosa e felice e volendo svegliare Don per dargli la buona notizia. Solo che non era a Don che voleva raccontarlo. Si alz in piedi e inizi a cercare le calze sotto la coperta, le trov e se le infil, poi si mise i jeans. And alla finestra e, attraverso l'oscurit, osserv la discesa dietro la casa. "Jess?" La voce di Don era ancora assonnata. "Ha smesso di nevicare", gli disse. "Sei vestita." Don si appoggi a un gomito e si allung sul tap peto per prendere l'orologio. "Avevo freddo." "Ti avrei scaldata io." "Lo so", gli disse, con un'inequivocabile nota di malinconia nel la voce. "Don..." "Non c' bisogno che tu dica niente, Jess." S'infil l'orologio al polso, lo allacci e si massaggi il collo. "Lo so che non provi gli stessi sentimenti che provo io." Cerc di sorriderle e quasi ci riusc. "Se vuoi, faremo finta che la notte scorsa non sia successo nulla." "L'ultima cosa che avrei mai voluto fare ferirti ancora." "Non lo hai fatto. Onestamente, Jess, sono grande e posso affron tare quello che accaduto la notte scorsa." Fece una pausa e guard l'orologio. "Sono solo le quattro, perch non cerchi di dormire ancora qualche ora?" "Non ci riuscirei." Lui annu. "Vuoi che ti prepari una tazza di caff?" "Che cosa ne dici se torniamo in citt e te lo preparo io a casa mia?" "Mi stai dicendo che vuoi tornare adesso?" "Ti dispiacerebbe molto?" "Cambierebbe qualcosa?" Lei si chin sul tappeto accanto al suo ex marito e gli accarezz piano una guancia, sentendo la barba ispida del mattino. "Ti amo", disse. "Lo so", le rispose lui, mettendo una mano sopra la sua. "Sto so lo aspettando che tu te ne renda conto." Quando arrivarono in citt erano quasi le sette, il viaggio era stato penosamente lento e pericoloso, l'auto era slittata un paio di volte sul ghiaccio e la neve, ma Don non s'era fatto prendere dal panico e aveva continuato a guidare, anche se a una velocit bassissima, fino in citt. Appena furono a casa, Jess si mise subito al telefono. "Ancora niente?" chiese a Neil prima ancora di salutarlo. "Jess, sono le sette e mezzo del mattino", le ricord lui. "I club non aprono fino alle dieci." Jess riagganci e vide Don che ripuliva i resti della colazione che Adam le aveva preparato il giorno prima. Era successo davvero solo il giorno prima? si chiese, pensando che sembrava essere trascorso molto pi tempo. "Non devi

farlo", gli disse, prendendo dalle mani di Don il piatto che stava lavando e appoggiandolo sul piano della cucina. "S, invece, non c' un piatto pulito in questo posto." Lo prese e lo rimise sotto l'acqua corrente. 142 "C' del caff gi fatto", disse ancora Jess, scuotendo la caf fettiera. "Posso mettere due tazze nel microonde." Don le prese di mano la caffettiera e ne vers il contenuto nel lavello. "Tu e il tuo microonde", sbott. "Adesso esci di qui, il caff lo faccio io, tu vai a farti una doccia." Jess and nel salotto. "Ciao, Fred", disse, appoggiando il naso alle sbarre della gabbia. "Come va, amico? Mi spiace di non esse re tornata a coprirti la gabbia, ti sono mancata?" L'uccellino salt da un bastone all'altro, incurante della preoc cupazione di Jess. "Perch non ti prendi un cane o un gatto?" le grid Don dalla cu cina. "A quel coso non importa che tu ci sia o no." "A me piace Fred, economico", disse, pensando agli stivali di gomma che aveva comprato da Adam. Erano stati decisamente un buon investimento, pens, vedendoli davanti alla porta, con la neve ancora incollata ai tacchi, niente macchie, niente screpolature. Pensando ad Adam, si chiese che cosa stesse facendo in quel mo mento, dove fosse andato dopo avere lasciato il suo appartamento il giorno prima, che cosa avesse pensato di ci che era accaduto quella mattina, che cosa avrebbe detto, se avesse saputo della notte appena trascorsa. Jess scosse la testa mentre andava in ca mera da letto, cercando di scrollarsi di dosso i pensieri che la turbavano; aveva cominciato la sua giornata facendo quasi l'amo re con un uomo e l'aveva terminata facendo l'amore con un altro. Uno era poco pi che un estraneo, un uomo di cui non sapeva nul la, l'altro era il'suo ex marito, di cui sapeva praticamente tut to. Uno era l in quel momento, era sempre l quando lei aveva bisogno, e l'altro capitava l solo quando ne aveva voglia. questo che trovo tanto affascinante in Adam Stohn? si domand, il fatto che non sono mai sicura quando, n se lo rivedr? La stanza era come l'aveva lasciata, con il letto sfatto, e Jess odiava i letti sfatti, cos come odiava le cose lasciate a met. Si mise a farlo, sistemando i cuscini e rimboccando le coperte, poi and in bagno e apr l'acqua calda della doccia, si tolse i jeans e il maglione, sistemandoli con cura nell'armadio, e scelse il completo grigio e una camicia rosa per andare in tribunale quella mattina, distendendoli sulla sedia. Poi prese un paio di calze color carne dal cassetto in alto del com, insieme con un reggiseno e un paio di mutandine rosa, e li sistem sopra il vestito. In quel momento not un taglio nelle mutandine rosa, all'altezza dell'inguine. "Perfetto. Come sar successo?" si chiese, esaminando lo strappo che era lungo da una cucitura all'altra. Le butt nel cestino della spazzatura e ne prese un altro paio dal cassetto, esaminandole rapidamente. Il suo sguardo si ferm quasi subito sul taglio. "Mio Dio, che cosa sta succedendo?" Sem pre pi agitata, cominci a controllare tutte le mutandine, scoprendo che erano tutte tagliate nello stesso mo do e nello stesso punto. "Mio Dio! Mio Dio!" "Jess?" Don la chiam dalla cucina. "Che cosa stai brontolando?" "Don!" url lei, incapace di dire altro. "Don! Don!" Lui arriv immediatamente. "Che cosa c'? Che cosa succede?" Senza parole, gli mostr tutte le mutande tagliate. "Non capisco." "Sono tagliate! Sono tutte tagliate!" Afferr con dita tremanti il delicato tessuto. 143 Don parve non capire. "Le tue mutandine sono rotte." "Tutte le mie mutandine sono rotte", disse lei, con un filo di voce. "Tutte. Guarda, come se fossero state tagliate con un coltello."

"Jess, una follia, si saranno rotte nella lavatrice." "Io le lavo a mano", rispose lei bruscamente, perdendo la pazien za. "Rick Ferguson stato qui, Don. stato lui, stato qui, ha messo le mani nelle mie cose." Questa volta fu Don a perdere la pazienza. "Jess, capisco che tu sia agitata, ma non credi di correre troppo nel tirare le conclu sioni?" "Chi altri pu essere stato, Don? Chi altri farebbe una cosa si mile, dev'essere stato Rick Ferguson. Chi potrebbe entrare con facilit come se avesse una chiave?" s'interruppe bruscamente. "Che cosa c'?" Adam ha preso la chiave, pens, l'ha presa quando andato a fare la spesa mentre dormivo. Ne aveva fatta una copia? L'aveva usata per tornare nel suo appartamento mentre lei non c'era? "Dev'essere stato Rick Ferguson", continu, respingendo quel pen siero sgradevole. " entrato in casa di Connie senza problemi, ora entrato in casa mia." "Non sappiamo chi sia entrato in casa di Connie", le ricord Don. "Come puoi continuare a difenderlo?" gli chiese lei. "Non lo sto difendendo, Jess, sto solo cercando di farti ragiona re." "Ha lavorato in un negozio di ferramenta e serrature!" "Un lavoro estivo, quando era solo un ragazzino, perdio." "Questo spiega come faccia a entrare negli appartamenti senza forzare la serratura." "Non spiega proprio nulla, Jess", insistette Don, "chiunque po trebbe entrare in questa casa senza troppi problemi." "Di che cosa stai parlando?" Lui la condusse alla porta. "Guarda questa serratura, non serve a niente, potrei aprirla con la mia carta di credito. Perch non metti una serratura di sicurezza, accidenti? Oppure una catena?" Adam non le aveva detto la stessa cosa? Perch non metti uno spioncino o una catena? le aveva chiesto quando l'aveva ricevuto con la pistola in mano. La pistola! pens d'improvviso travolgendo Don per correre in ca mera da letto. L'intruso che era entrato nel suo appartamento e aveva tagliato le sue mutandine aveva rubato anche la pistola? "Jess, per l'amor del cielo, che cosa stai facendo?" le grid Don. Quella maledetta pistola, pens, sollevando le coperte che aveva appena rimboccato... Aveva rubato la pistola? La pistola era esattamente dove l'aveva lasciata e l'estrasse da sotto il materasso con un sospiro di sollievo. "Perdio, Jess! carica?" Lei annu. "E tu dormi con una pistola carica sotto il materasso? Stai cer cando di ucciderti? E se fai un movimento strano e quell'affare spara? Sei pazza?" "Smettila di gridare, Don, non serve a niente." "Che cosa diavolo credi di fare dormendo con una pistola carica sotto il materasso?" 144 "Normalmente la tengo nel cassetto." Indic il comodino con un cenno della testa. "Perch?" "Perch? Sei tu che mi hai dato quella maledetta cosa, sei stato tu a insistere perch la tenessi." "E tu sei quella che ha detto che non l'avrebbe mai usata. Vuoi mettere via quella maledetta arma prima di sparare a qualcuno?" Jess appoggi piano la pistola nel cassetto del comodino. "Sono stata minacciata", gli ricord, richiudendo il cassetto. "La mia automobile stata devastata e poi ddistrutta, ho ricevuto strane lettere..." "Lettere? Che tipo di lettere?" "Be, solo una", precis, "bagnata di urina e piena di peli pubi ci."

"Oh, mio Dio, Jess. Quando successo? Hai avvisato la polizia?" "Certo che ho avvisato la polizia, ma non c' niente che possano fare, non c' modo di individuare chi ha mandato la lettera, pro prio come non ci sar modo di scoprire chi entrato in casa mia e ha tagliato le mie mutandine. Esattamente come non si potuto provare chi entrato nell'appartamento di Connie DeVuono o chi ha mutilato e ucciso la tartaruga di suo figlio." "Jess, non sappiamo se ci sono collegamenti fra l'irruzione in casa tua e quella in casa di Connie, non sappiamo nemmeno se c' stata un'irruzione qui", disse. "Che cosa significa?" domand lei, con la rabbia che le chiudeva la gola e le rendeva difficile parlare. "Chi questo Adam Stohn, Jess?" "Che cosa?" Come aveva fatto a leggere nei suoi pensieri pi re conditi? Non raccontarmi segreti, non ti dir bugie, pens. "Adam Stohn", ripet Don. "L'uomo che si addormentato sul tuo divano sabato notte, l'uomo che ti stava preparando,la colazione domenica mattina, quell'uomo che avrebbe potuto facilmente fruga re fra le tue cose mentre dormivi e forse si divertito un pocon i tuoi coltelli da cucina." " ridicolo", protest lei, cercando di non ricordare che aveva frugato nella sua borsetta e preso la sua chiave. " lui l'incognita, Jess, chi quell'uomo?" "Te l'ho gi detto, un tizio che ho incontrato, un commesso." "Un venditore di scarpe, questo lo so gi. Chi te l'ha presenta to?" "Nessuno", ammise lei. "L'ho incontrato nel negozio in cui lavo ra." "L'hai incontrato al negozio? Mi stai dicendo che lo hai cono sciuto andando a comprare un paio di scarpe?" " legale, Don, non ho fatto niente di male." "Di male forse no, ma senza dubbio una cosa stupida! l'hai fat ta." "Non sono una bambina, Don." "Allora smetti di comportarti come se lo fossi." "Grazie, proprio quello di cui ho bisogno questa mattina, una lezione sulla gente da frequentare da parte del mio ex marito." "Non ti sto dando una lezione, accidenti, sto cercando di proteg gerti." "Non il tuo mestiere!" gli ricord lei. "Il tuo mestiere ;; difendere gente come Rick Ferguson, ricordi?" 145 Lui si lasci cadere sul letto. "Non serve a niente discutere co s." "Sono d'accordo." Jess si sedette accanto a lui, di fronte alle numerose paia di mutandine sparse sul pavimento. "Fa troppo caldo qui", disse, rendendosi conto che indossava solo biancheria. "Santo cielo, la doccia!" Corse nel bagno, invaso dal vapore, a tentoni trov il rubinetto dell'acqua calda e lo chiuse, poi torn in camera da letto, con il sudore che le colava sul viso, i capelli bagnati sugli occhi e le spalle piegate in avanti in segno di sconfitta. "Come faccio ad andare in tribunale conciata cos?" "Non sono nemmeno le sette e mezzo", le rispose Don.) "Hai ancora un sacco di tempo, ora per prima cosa chiama la polizia." "Don, non ho tempo per occuparmi della polizia, ora." "Puoi raccontare quello che accaduto al telefono; se lo riterranno necessario, verranno pi tardi a rilevare eventuali impronte digitali." "Non servir a niente." "Lo credo anch'io, ma devi comunque denunciare il fatto, lo sai. Che sia verbalizzato, inclusi i tuoi sospetti su Rick Ferguson." "Che tu non condividi?" "Che io condivido." "S?" "Certo, non sono un idiota, anche se si tratta di te, ma i so spetti sono una cosa, le accuse un'altra." Sottoline le sue pa role con un cenno della testa. "Come seconda cosa, voglio che ti faccia una doccia e ti vesta", continu. "Dimentica la biancheria intima, per ora, chiamer la mia segretaria e le dir di mandarti

qualcosa prima che tu vada in tribunale." "Non sei obbligato a farlo." "Non appena sarai vestita, voglio che tu prepari una valigia, verrai a casa mia fino a quando questa storia non sar definiti vamente conclusa." "Don, non posso venire da te." "Perch no?" "Perch qui che vivo, perch tutte le mie cose sono qui, perch c' Fred, perch... non posso." "Porta le tue cose, porta anche Fred, porta qualunque cosa e chiunque tu voglia, stanze separate", le disse lui. "Non mi avvi ciner a te Jess, se questo che vuoi, voglio solo che tu sia al sicuro." "Lo so e ti adoro per questo, ma non posso", ribad lei. "Va bene, allora, almeno voglio che cambi subito la serratura", disse, senza proseguire la discussione. "Voglio che siano instal late una spranga e una catena." "D'accordo." "Far in modo che sia fatto questa mattina stessa." "Don, non devi pensare a tutto tu, lo posso fare io." "Davvero? Quando? Mentre sei in tribunale? Mentre stai interro gando Terry Wales?" "Pi tardi, quando torner a casa." "Non pi tardi, stamattina. Far venire qui la mia segretaria perch stia col fabbro." " la stessa segretaria che mi porter la biancheria?" "Non c' molto da fare in studio." "Gi, sembra proprio." 146 "Infine", continu, "voglio che tu prenda in considerazione l'i dea di una guardia del corpo." "Una che? Per chi?" "Per Babbo Natale. Per chi, Jess? Per te!" "Non ho bisogno di una guardia del corpo." "Qualcuno entrato nel tuo appartamento e ti ha tagliato tutta la biancheria; probabilmente la stessa persona che ha distrutto la tua auto e ti ha mandato una lettera impregnata di urina. Cre di di non avere bisogno di essere protetta?" "Non posso portarmi dietro una guardia del corpo ventiquattro ore al giorno per sempre, che vita sarebbe?" "D'accordo, allora dar l'incarico a un detective perch sorvegli Rick Ferguson." "Che cosa? Aspetta un attimo, non ti seguo. Puoi farlo? etica mente corretto? Assoldare un detective perch pedini il tuo cliente?" "Sono stato sul punto di farlo dopo che la tua auto stata di strutta e avrei dovuto, maledizione, forse non saremmo arrivati a questo. In ogni caso, se innocente, non ha niente di cui preoc cuparsi." "Sono d'accordo." "Jess, ti amo, non voglio che ti accada qualcosa." "Ma non sar troppo costoso assoldare un detective?" chiese lei, evitando argomenti troppo personali. "Consideralo il mio regalo di Natale, fallo per me, d'accordo?" insistette lui e Jess si stup di come Don avesse finito per far lo sembrare un favore che lei faceva a lui accettando la sua ge nerosa offerta. "Grazie", mormor. "Ti dico una cosa", disse Don in tono solenne. "Se Rick Fergu son che ti perseguita, allora, cliente o no, sparer con le mie mani a quel bastardo." "Pu dire il suo nome alla corte, per favore? "Terrence Matthew Wales." Jess si alz dal suo posto tenendo gli occhi fissi sull'accusato e Terry Wales ricambi quello sguardo diretto con un atteggiamen to rispettoso. Teneva le mani

in grembo ed era leggermente incli nato in avanti, come se non volesse perdere una sola parola. L'impressione che dava, nel suo abito grigio scuro, era quella di un uomo che aveva cercato per tutta la vita di fare le cose per bene e che era addolorato e sorpreso di come invece fossero anda te. "Vive al 24/27 di Kinzie Street, a Chicago?" "S." "E ci ha vissuto negli ultimi sei anni?" "Esatto." "E prima viveva al 16 di Vernon Park Place?" Wales annu. "Temo che la stenografa abbia bisogno di un s o un no, signor Wales." "S", si affrett a dire. "Perch si trasferito?" chiese Jess. "Come, scusi?" "Perch si trasferito?" ripet lei. Terry Wales alz le spalle. "Perch la gente si trasferisce?" 147 Jess sorrise, mantenendo un tono di voce cordiale. "Non m'inte ressa perch la gente si trasferisce, signor Wales. Mi interessa sapere perch lei si trasferito." "Avevamo bisogno di un posto pi grande." "Avevate bisogno di pi spazio? Pi camere da letto?" Terry Wales toss, coprendosi la bocca con il palmo della mano. "Quando io e mia moglie ci siamo trasferiti nella casa di Vernon Park Place avevamo un solo figlio, quando ci siamo spostati in Kinzie Street ne avevamo due." "S, ha gi fatto notare che sua moglie aveva fretta di avere fi gli. Mi dica, signor Wales, quante stanze aveva la sua, casa di Vernon Park Place?" "Tre." "E la casa di Kinzie Street?" "Tre", disse lui piano. "Scusi, ha detto tre?" "S." "Lo stesso numero di camere, allora immagino che la casa in gene rale fosse pi grande." "S." "infatti, era pi grande di venti centimetri quadrati", afferm Jess. "Come?" "La casa di Kinzie Street era pi grande di venti centimetri qua drati rispetto alla casa di Vernon Park Place. All'incirca cos", spieg, mostrando la misura alla giuria. "Obiezione, vostro onore", grid Hal Bristol dal suo posto al banco della difesa. "Qual il punto?" "Ci sto arrivando, vostro onore." "Lo faccia rapidamente", ordin il giudice Harris. "Non vero, signor Wales, che il motivo per cui avete lasciato la casa di Vernon Park Place erano i ripetuti reclami alla poli zia riguardo alla sua condotta da parte dei vicini di casa?" si affrett a domandare Jess, sentendo l'adrenalina scorrerle nel sangue. "No, non vero." "Non vero che i vicini di casa l'avevano denunciata in numerose occasioni perch temevano per l'incolumit di sua mo glie?" "Avevamo un vicino di casa che chiamava la polizia ogni volta che alzavo troppo il volume dello stereo." "Il che succedeva ogni volta che picchiava sua moglie", afferm Jess, guardando la giuria. "Obiezione!" Hal Bristol si alz in piedi. "Accolta." "La polizia arrivata a casa sua in Vernon Place la notte del 3 agosto 1984", inizi Jess, leggendo i suoi appunti, sebbene cono scesse a memoria quelle date, "la notte del 7 settembre 1984 e poi ancora la notte del 22 novembre 1984 e del 4 gennaio 1985.

esatto?" "Non ricordo con precisione le date." " tutto nei verbali di po lizia, signor Wales, ne contesta qualcuna?" L'imputato scosse la testa, poi rispose, guardando la stenografa: "No". "In ognuna di quelle occasioni, la polizia ha riscontrato su sua moglie evidenti segni di maltrattamenti; una volta stata anche ricoverata in ospedale." 148 "Ho gi dichiarato nella mia testimonianza che spesso le liti mi sfuggivano di mano e che non sono affatto orgoglioso del mio ruo lo in esse." "Le sfuggivano di mano?" osserv Jess. "Direi piuttosto dai pu gni, i suoi pugni." "Obiezione!" "Accolta." Jess si spost verso il banco dell'accusa e prese un altro rap porto della polizia. "Questo rapporto dichiara che la notte del 4 gennaio 1985, la notte in cui sua moglie stata ricoverata, Nina Wales presentava lividi sul quaranta per cento del corpo, aveva un'emorragia interna, il naso e tre costole rotte e tutti e due gli occhi neri. Lei, invece, aveva alcuni graffi sul viso e un grosso livido su uno stinco. Non sembra una lotta alla pari, ve ro, signor Wales?" "Obiezione, vostro onore. E una domanda?" "Non vero che sua moglie aveva recentemente dato alla luce il vostro secondo figlio?" "S." "Una bambina?" "Rebecca, s." "Quanto tempo aveva la notte del 4 gennaio 1985?" Terry Wales esit. "Sicuramente ricorder il compleanno di sua figlia, signor Wa les", insistette Jess. " nata il 2 dicembre." "Il 2 dicembre del 1984? Solo quattro settimane prima che lei mandasse sua moglie all'ospedale?" "Esatto." "Allora, questo significa che le altre aggressioni..." "Obiezione!" "Tutti gli altri incidenti", si corresse Jess, "il 3 agosto, il 7 settembre e il 22 novembre del 1984, si sono verificati mentre sua moglie era incinta. cos?" Terry Wales chin la testa. "S", sussurr. "Ma non cos come lei lo ha dipinto." "Oh, lo so, signor Wales", gli disse Jess. "Chi di noi pu di menticare il livido sul suo stinco?" Hal Bristol si alz nuovamente in piedi, roteando gli occhi. "O biezione, vostro onore." "Ritiro la domanda", afferm Jess, prendendo dalle mani di Neil Strayhorn un altro rapporto di polizia e tornando verso l'accusa to. "Facendo un salto in avanti di alcuni anni, fino alla notte del 25 febbraio 1988, troviamo che lei quella sera ha di nuovo fatto finire sua moglie in ospedale, vero?" "Mia moglie era uscita e aveva lasciato i bambini da soli. Quando torn, capii subito che aveva bevuto e qualcosa dentro di me si spezz." "No, signor Wales, se qualcosa si spezzato, stato il polso di sua moglie", lo corresse immediatamente Jess. il polso destro, per la precisione." "Aveva lasciato i bambini da soli. Dio solo sa che cosa sarebbe potuto succedere." "Ci sono testimoni al fatto che lasci i bambini da soli, signor Wales?" chiese Jess.... Sono tornato a casa e li ho trovati l." "C'era qualcuno con lei?" "!;!"No." "Allora c' solo la sua parola a dimostrare che sua moglie era uscita lasciando i bambini soli in casa?" 149

"S." "Be, non so perch, ma credo che non dovremmo crederle", afferm Jess, incrociando le braccia in attesa dell'obiezione che, sape va, sarebbe seguita. "Signora Koster", l'avvert il giudice, "pu lasciar perdere il sarcasmo e continuare, per favore?" "Mi dispiace, vostro onore", disse Jess, passandosi le mani sulla gonna e pensando alla biancheria che la segretaria di Don le ave va portato proprio alcuni minuti prima che entrasse in aula. Gli eventi di quella mattina e del giorno prima le si affollarono nella mente. La scoperta del corpo di Connie, l'irruzione nel suo appartamento, le mutandine tagliate, tutto girava vorticosamente nel cervello, alimentando la sua rabbia e dando maggiore forza alle sue parole. "Che cosa mi dice della notte del 17 ottobre 1990, del 14 marzo 1991, del 10 novembre 1991 e del 20 gennaio 1992?" "Obiezione, vostro onore", grid Hal Bristol. "Il teste ha gi ammesso la sua parte in queste liti domestiche." "Respinta. Il testimone risponda alla domanda." "La polizia venuta a casa sua in ciascuna di quelle occasioni, signor Wales", gli ramment Jess. "Se lo ricorda?" "Non ricordo le date precise." "E in due di quelle occasioni sua moglie stata costretta ad an dare in ospedale." "Credo che entrambi siamo finiti in ospedale." "Gi, la notte del 10 novembre 1991, lei stato medicato al St. Luke per un'emorragia nasale e subito dimesso, sua moglie, inve ce, rimasta fino al mattino seguente. Immagino che avesse solo bisogno di una buona dormita." "Signora Koster..." la richiam il giudice Harris. "Scusi, vostro onore. Ora, signor Wales, lei ha riferito; alla giuria che molte liti nascevano dal fatto che lei era provocato." "Esatto." "Non ci vuole molto per provocarla, vero, signor Wales?" "Obiezione." "Riformuler la frase, vostro onore. Direbbe di avere un tempera mento irascibile, signor Wales?" "Questi ultimi anni sono stati difficili nel mio settore e, in qualche occasione, sono stato incapace di controllarmi." "In molte occasioni, sembra, anche prima che entrassimo in questi anni difficili per l'economia. Voglio dire, il 1984 il 1985 sono stati anni buoni, sotto il profilo economico, non cos?" "S, sotto il profilo economico." "Vedo che lei ha raggiunto il massimo delle commissioni,! il cen to per cento della quota, in quegli anni, signor Wales",; afferm Jess, prendendo un nuovo foglio. "Lavoravo sodo." "Ne sono certa, ed stato ampiamente ricompensato. Tuttavia, i verbali di polizia dimostrano che picchiava sua moglie. Perci sembra che le sue ire non avessero niente a che vedere con l'an damento dei suoi affari. d'accordo?" Terry Wales aspett alcuni secondi prima di rispondere "Per quan to andassero bene i miei affari, non era mai abba stanza per Ni na, si lamentava continuamente del fatto che non guadagnavo abba stanza, anche prima della recessione! Gli ultimi anni sono stati un inferno." 150 "In questi ultimi anni le sue entrate hanno subito una sostanziale?" "S." "E sua moglie si irritava per il fatto che in casa c'era meno denaro?" "Molto." "Capisco. Di quanto, esattamente, sono diminuite le sue entrate, signor Wales?" diminuzio ne

"Be, pi o meno sono diminuite come i guadagni di tutti! credo", Terry Wales rispose guardando il suo legale. "Abbiamo do vuto fare economia sui divertimenti, i vestiti, le cene al risto rante. Cose di questo tipo." "Cose che rattristavano sua moglie", afferm Jess. "Che rattristavano tutti noi." "In che modo rattristavano lei, signor Wales?" "Non capisco." "Obiezione. Il testimone ha gi risposto alla domanda." "Arriviamo al punto, signora Koster", intervenne il giudice Har ris. "Lei era l'unico sostegno economico della famiglia, giusto? In tendo dire che, nel corso di questo procedimento, lei ha sottoli neato pi volte che stata sua moglie a voler lasciare il pro prio lavoro." "Voleva stare a casa con i bambini e io ho rispettato la sua de cisione." "Quindi l'unico denaro a cui Nina Wales aveva accesso era il de naro che lei le dava." "Per quanto ne so, s." "Quanto denaro dava a sua moglie ogni settimana, signor Wales?" "Quanto le serviva." "E quanto era, all'incirca?" "Non so di preciso, abbastanza per fare la spesa e per altre cose essenziali." "Cinquanta dollari? Cento? Duecento?" "Pi o meno cento." "Cento dollari alla settimana per il vitto e le altre spese es senziali in una famiglia di quattro persone. Sua moglie doveva essere una persona molto attenta con il denaro." "Non avevamo scelta, non c'erano soldi da sperperare." "Lei socio dell'Eden Rock Golf Club, non cos, signor Wales?" Segu una breve pausa. "S." "A quanto ammonta la tassa annuale di iscrizione?" "Non lo so con precisione." "Vuole che glielo dica io?" "Credo che sia poco pi di mille dollari", si affrett a rispon dere. "Millecentocinquanta dollari, per essere esatti. Vi ha rinuncia to?" "No." "E veniamo al YElmwood Gun Club. Lei socio anche l, non ve ro?" "S." "Quanto paga all'anno?" "Circa cinquecento dollari." "Ha rinunciato a esserne membro?" 151 "No, ma avevo pagato molto denaro, all'inizio, per essere ammesso e rinunciare avrebbe significato perdere l'investimento inizia le." "Avrebbe significato risparmiare pi di millecinquecento dollari all'anno." "Senta, lo so che egoista, ma lavoravo sodo, avevo bisogno di qualche svago..." "Fa parte di qualche altro club, signor Wales?" domand Jess e trattenne il respiro. Stava ancora aspettando una risposta dalla polizia. "No", fu l'immediata risposta. "Non fa parte di nessun altro club sportivo?" Jess cerc di scoprire un'espressione di esitazione negli occhi di Terry Wales, ma non ne vide nessuna. "No", rispose lui con de cisione. Jess annu, guardando verso il fondo dell'aula. Si chiese dove fosse Barbara Cohen? A quell'ora doveva avere gi parlato con la polizia. "Torniamo alla notte del 20 gennaio 1992", continu poi, "l'ulti ma volta che la polizia stata a casa vostra per indagare su una lite domestica." Attese alcuni secondi per dare il tempo alla giuria di registrare il nuovo argomento. "Lei ha dichiarato nella sua testimonianza che quella stata la prima volta in cui sua moglie le ha confessato di avere un amante." " esatto."

"Come si svolta esattamente la cosa?" "Non capisco." "Quando gliel'ha detto? A cena? Quando stavate guardando la tele visione? Quando eravate a letto?" " stato dopo essere andati a letto." "La prego, continui, signor Wales." "Avevamo appena finito di fare l'amore e io mi ero avvicinato per abbracciarla." La sua voce si ruppe. "Volevo solo abbracciarla. Io... io so di non essere stato sempre un buon marito, ma l'ama vo, l'amavo davvero e volevo che fra noi andasse tutto bene." Gli occhi gli si riempirono di lacrime. "Comunque, mi sono avvicina to, ma lei mi ha respinto. Le ho detto che l'amavo e lei mi ha riso in faccia, mi ha risposto che non sapevo neppure che cosa voleva dire amare, che non sapevo che cosa significasse fare l'a more. Che non sapevo fare l'amore, che ero ridicolo, che non ave vo idea di come soddisfare una donna e di come soddisfare lei. E poi mi ha detto che comunque non le importava, perch aveva tro vato un uomo che sapeva soddisfarla. Aveva un amante, qualcuno che vedeva da mesi, un vero uomo, un uomo che sapeva soddisfare una donna. Mi ha detto che forse una notte mi avrebbe permesso di guardarli mentre facevano l'amore, perch avrei potuto imparare qualcosa." La sua voce si incrin di nuovo. " stato allora che ho perso il controllo." "E l'ha picchiata." "L'ho colpita", corresse Terry Wales. "Lei ha cominciato a graf fiarmi e a ripetermi pi e pi volte che ero un fallito." "E cos lei ha continuato a colpirla, pi e pi volte", prosegu Jess, usando le sue stesse parole. "Non sono orgoglioso di me stesso." "Lo ha gi detto. Mi dica, signor Wales, come si chiamava l'aman te di sua moglie?" 152 "Non lo so, non me l'ha detto." "Che cosa faceva per vivere?" "Non lo so." "Sa quanti anni aveva, quanto era alto, se era sposato oppure no?" "No." "Ha qualche sospetto su chi potesse essere? Un vostro amico, for se?" "Non so chi fosse. Non era il genere di cose che mi confidava." "E tuttavia le disse di avere un amante, una cosa interessante da confidare a un marito violento, non le pare?" "Obiezione, vostro onore." "Accolta." "Qualcun altro era al corrente che sua moglie avesse un amante?" "No, naturalmente. Eravamo a letto." "Ne ha mai parlato mentre eravate in compagnia di altre persone?" "No, solo quando eravamo soli." "E, dal momento che le amiche di Nina hanno gi testimoniato che sua moglie non aveva mai confidato loro una cosa simile", conti nu Jess, "ancora una volta abbiamo soltanto la sua parola." Terry Wales non disse nulla. "Allora, sua moglie le ha rivelato di avere un amante, lei l'ha picchiata riducendola a una maschera di sangue e i vicini hanno chiamato la polizia", riassunse Jess, sentendo Hal Bristol solle vare un'obiezione prima ancora che aprisse bocca. "Sua moglie finita in ospedale anche quella notte, non cos?" disse Jess, riformulando la domanda. "S." "Quanto tempo dopo questo episodio sua moglie le ha comunicato la sua decisione di andarsene?" "Minacciava continuamente di lasciarmi, di portare via i bambini, di portarmi via tutto quello che avevo." "Quando ha capito che faceva sul serio?" chiese Jess. Terry Wales respir profondamente e disse: "Alla fine di maggio".

"Nella sua testimonianza lei ha dichiarato che sua moglie le aveva detto di avere consultato un avvocato perch intendeva la sciarla." " esatto." "Ha dichiarato di averla pregata e supplicata di cambiare idea." " cos." "Perch?" "Non capisco." "Lei ci ha appena detto che sua moglie aveva un amante, che met teva ripetutamente in discussione la sua virilit, che l'accusava di essere un amante di poco valore, di non guadagnare abbastanza, che le rendeva la vita un inferno. Perch l'ha supplicata di ri manere?" Terry Wales scosse la testa. "Non so... forse, nonostante tutto quello che ci facevamo l'un l'altra, credevo ancora nella santit del matrimonio." "Fino a che morte non vi separi", afferm Jess con sarcasmo. " questa l'idea?" "Obiezione, vostro onore." Il giudice rifiut l'obiezione con un gesto impaziente della ma no. 153 "Io non ho mai voluto uccidere mia moglie", disse Terry Wales, rivolto direttamente alla giuria. "No, stava soltanto cercando di attirare la sua attenzione", dis se Jess, vedendo la porta dell'aula aprirsi e Barbara Cohen en trare. Anche a distanza di alcuni metri, Jess riconobbe lo sguar do vittorioso della sua assistente. "Vostro onore, posso avere un minuto?" Il giudice Harris annu e Jess and al banco dell'accusa. "Che cosa abbiamo?" chiese, prendendo il rapporto dalle mani di Barbara ed esaminandolo velocemente. "Direi che abbiamo esattamente quello che ci serve", le rispose la sua assistente senza neppure cercare di nascondere un sorriso. Jess dovette mordersi un labbro per evitare di ridere, si gir, poi si trattenne per un attimo, per non sembrare troppo soddi sfatta. Muoviti lentamente, si disse, ritornando verso l'accusa to, poi infierisci. "Quindi lei era disperato: privato della sua virilit e distrutto, cos?" chiese. "S", ammise l'imputato. "E ha deciso che voleva fare qualcosa per scuotere sua moglie, per farla tornare in s." "S." "Cos uscito ed andato a comprare una balestra." "S." "Un'arma che non aveva pi usato da quando era bambino in campeg gio, vero?" "S." "Che campeggio era?" "Come?" "Come si chiamava il campeggio a cui aveva partecipato e dove ha imparato a tirare con l'arco?" Terry Wales guard il suo avvocato: il lieve cenno del capo di Hal Bristol gli ordin di rispondere. "Credo che fosse al campeg gio New Moon." "Per quanti anni ha frequentato quel campeggio?" "Tre, credo." "E le hanno insegnato a tirare con la balestra?" "Era una delle attivit che si potevano praticare." "E ha vinto numerose medaglie, non vero?" " accaduto quasi trent'anni fa." "Ma ha vinto numerose medaglie?" Terry Wales rise. "Davano medaglie a tutti i bambini." "Vostro onore, vorrebbe per favore dire al teste di rispondere?" chiese Jess. "Un semplice s o no saranno sufficienti, signor Wales" disse il giudice Harris all'imputato. Terry Wales abbass la testa. "S."

"Grazie", disse Jess, e sorrise. "E fino al momento in cui ha colpito a morte sua moglie Nina, il 2 giugno di quest'anno no, sono passati quasi trent'anni senza che lei toccasse pi una ba lestra?" "Venticinque o trenta", precis Terry Wales. Jess guard il foglio che aveva in mano. "Signor Wales ha mai sentito nominare l'Aurora County Bowmen!" "Scusi, il che cosa?" domand Terry Wales mentre un leggero ros sore gli imporporava le guance. 154 "L'Aurora County Bowmen", ripet Jess. "Si tratta di un club dove si pratica il tiro con l'arco, situato a circa cinquanta chilome tri a sudovest di Chicago. Lo conosce?" "No." "Secondo il depliant, un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1962 con l'intento di permettere agli arcieri di pra ticare il loro sport." Jess lesse. "'Qualunque tipo di tiro con l'arco vi interessi, la caccia, la competizione, o solo tirare per piacere con l'arco lungo, ricurvo o con la balestra, l'Aurora County Bowmen vi offre l'opportunit ideale per esercitarvi du rante tutto l'anno.'" Hal Bristol si alz in piedi e and verso il giudice. "Obiezione, vostro onore, il mio cliente ha gi affermato che non conosce questo club." "Questo molto interessante", afferm Jess, "perch i registri del club dimostrano invece che Terry Wales socio dell'Aurora County Bowmen da otto anni." Jess mostr una copia inviata per fax della lista dei soci del club. "Vorremmo che fosse messa agli atti." Jess consegn al giudice Harris la prova e questi la osserv at tentamente prima di passarla a Hal Bristol, che annu indispetti to e poi torn al suo posto, guardando apertamente il suo clien te. "Adesso si ricorda di questo club, signor Wales?" domand Jess. "Sono diventato socio otto anni fa, ma non l'ho quasi mai fre quentato", spieg Terry Wales. "Francamente, me n'ero del tutto dimenticato." "Oh, ma loro non si sono affatto dimenticati di lei, signor Wa les", ribatt Jess nascondendo l'intima soddisfazione che provava in quel momento.- "Abbiamo una dichiarazione firmata dal signor Glen Hallam, che si occupa delle attrezzature dell'Aurora County Bowmen. La polizia gli ha mostrato una sua fotografia questa mat tina e lui la ricorda molto bene, dice che ha frequentato rego larmente il club per molti anni anche se, stranamente, non l'ha pi vista dalla primavera scorsa. Mi domando perch", chiese iro nicamente Jess. "Dice che lei un ottimo tiratore, signor Wales, che fa sempre centro." Sommesse esclamazioni di sorpresa si levarono dalla giuria, Hal Bristol abbass lo sguardo, Terry Wales non disse nulla. Centro, pens Jess. "Ho sentito che hai messo a segno un bel colpo oggi in tribuna le", disse Greg Oliver salutando Jess, mentre passava davanti al suo ufficio alla fine della giornata. " stata formidabile", esclam Neil Strayhorn, che camminava un passo dietro a Jess, vicino a Barbara Cohen. "Ha teso la trappo la, poi si nascosta e ha lasciato che l'imputato vi entrasse prima di chiuderlo dentro." "Il caso non ancora concluso", ricord Jess, che non voleva fe steggiare prima del tempo; avevano altri testimoni da controin terrogare, restavano ancora le arringhe conclusive e l'imprevedi bilit della giuria con cui fare i conti. Non si poteva mai esse re troppo ottimisti. "Il momento che mi piaciuto di pi", disse Neil, mentre si se devano alle loro scrivanie, " stato quando hai chiesto a Terry Wales se aveva mai sentito nominare l'Aurora County Bowmen."

155 "Lui non si scomposto", continu Barbara, "ma abbiamo avuto tutti la sensazione che gli cadesse la mascella." Jess si concesse una sonora risata, anche per lei quello era sta to il momento pi bello. "Bene, bene, la donna di ghiaccio comincia a incrinarsi." Greg Oliver si affacci all'interno della stanza, tenendo entrambe le mani sugli stipiti della porta. "Che cosa posso fare per te, Greg?" chiese Jess, sentendo che il suo buon umore era sul punto di scomparire. Lui si diresse lentamente verso la scrivania di Jess, tenendo qualcosa chiuso nel pugno della mano. "Ho qui un regalo per te." "Un regalo per me", ripet Jess, lentamente. "Qualcosa di cui hai bisogno, molto bisogno." Jess guard Greg dritto negli occhi e attese, in silenzio. "Non provi a indovinare?" chiese lui. "Non ho pazienza", gli rispose lei, raccogliendo le sue; cose. "Senti, Greg, ho ancora del lavoro da sbrigare, poi voglio andare a casa, stata una giornata molto pesante." "Hai bisogno di un passaggio?" Le labbra di Greg si curvarono fi no a diventare una strana linea che assomigliava a! un piccolo serpente. "Ho gi promesso a Jess che l'avrei accompagnata io", si affrett a dire Neil Strayhorn, e lei gli sorrise, riconoscente. "Ma io ho quello che ti serve", insistette Greg aprendo il pugno e lasciando cadere un mazzo di chiavi sulla scrivania di Jess. "Le chiavi dell'appartamento della signora." Jess prese il mazzo di chiavi, che aveva l'odore della colonia di Greg. "Come le hai avute?" "Una donna le ha portate qui questo pomeriggio. Simpatica, solo che aveva le cosce un pogrosse per i miei gusti." "Sei proprio un ragazzino", gli disse Barbara Cohen. "Ehi, sono un sensibile uomo degli anni Novanta." Torn verso la porta, salut con un gesto delle dita e poi scomparve lungo il corridoio. "Dov' la mia balestra?" chiese Barbara Cohen. "Non ce l'hai mai sottomano, quando ti serve." Jess diede un'oc chiata alla lista di testimoni che avrebbero dovuto deporre il giorno seguente e prese alcuni appunti. "Come vanno le cose nel caso Alvarez?" "L'interrogatorio stato fissato per la prossima settimana", ri spose Barbara Cohen. "Ho quasi finito di registrare le deposizio ni e non sembra che il signor McCaulif abbia intenzione di pat teggiare." "Il signor McCauliff ama soprattutto il suono della propria voce che riecheggia in un'aula affollata; fate attenzione, cercher di intimidirvi utilizzando un sacco di paroloni di cui nessuno capi sce il significato", li avvert Jess. "Pensate di poterlo affron tare?" "Ho preparato il dizionario", le disse Neil sorridendo. Jess cerc di rispondere a quel sorriso, ma la sua bocca era troppo stanca per obbedirle e riusc appena a tendere le labbra. " tutto per me, ragazzi, dichiaro conclusa la giornata." Barbara guard l'orologio. "Ti senti bene?" "Sono esausta." "Non ammalarti proprio ora", la supplic Barbara. "Siamo quasi al traguardo." 156 "Non ho tempo per ammalarmi", la rassicur Jess. "Avanti, hai sentito che ho detto a Oliver che ti avrei riaccom pagnata a casa", si offr Neil. "Non essere sciocco, Neil, sono fuori strada per te." "Stai cercando di farmi passare per un bugiardo?" "Quando ti comprerai un'auto nuova?" chiese Barbara.

A Jess torn in mente l'immagine della sua vecchia, dignitosa Mu stang, devastata, imbrattata di escrementi. "Appena metter Rick Ferguson dietro le sbarre", disse. Quando arriv alla porta del suo appartamento, il telefono stava squillando. "Un attimo", grid, lottando senza successo con la nuova chiave. "Accidenti, apriti, santo cielo." Il telefono continuava a squillare, ma la chiave si rifiutava di girare nella serratura. Greg Oliver le aveva dato la chiave sba gliata? si chiese. O era stato un errore della segretaria di Don? Forse aveva confuso le sue chiavi con quelle di Jess. Prov con pi calma e infine la chiave entr nella serratura fa cendola scattare, apr la porta e in quell'istante il telefono smise di squillare. "Almeno sono entrata", si disse per consolarsi. Appoggi la vali getta, si tolse gli stivali e diede un'occhiata alla posta che aveva appena ritirato. Niente d'interessante, pens con sollievo, appoggiando il cappotto e le due buste sul divano. "Al lora, Fred, ho un sacco di cose da raccontarti: una donna che a malapena conosco mi ha comprato un paio di mutandine nuove e ho un nuovo paio di chiavi e un nuovo catenaccio." Torn alla porta e lo prov alcune volte, come se fosse stato un giocattolo. "E ho riscosso un grande successo in tribunale", continu. "Lascia che ti racconti com' andata." S'interruppe. " patetico", disse ad alta voce, "sto parlando con un dannato canarino." And in cucina e guard il telefono. "Squilla, male detto." Il telefono rimase ostinatamente muto. stupido, pens allora Jess, afferrando il ricevitore, il telefono funziona nei due sen si. Chi l'ha detto che devo aspettare che qualcuno mi chiami? E poi chi avrebbe dovuto chiamarla? Non aveva amici al di fuori dei colleghi d'ufficio, non aveva idea di dove trovare Adam, ave va paura a chiamare suo padre e con sua sorella parlava appena. Avrebbe potuto chiamare Don, pens. Anzi, avrebbe dovuto chiamar lo e condividere con lui le notizie della giornata, ringraziarlo per avere insistito ad andare a Union Pier il giorno prima. Se non fosse stato per quel cartello, non si sarebbe mai sognata di controllare nei club di tiro con l'arco fuori Chicago, non avreb be mai trovato l'opportunit di fare bella figura in tribunale. Per non menzionare poi tutto il resto, la biancheria nuova, la serratura sostituita, il nuovo paio di chiavi. Poi d'un tratto cap che era proprio per quello che non voleva chiamare Don; come un bambino viziato che si senta sul punto di essere sopraffatto, era stufa di dover sempre ringraziare Don, stanca di essergli sempre grata. Non avrebbe potuto condividere con lui il suo successo in tribunale senza ammettere che era an che merito suo. Seguendo un impulso, compose il numero di telefono di sua sorella e attese sei squilli prima chhe qualcuno rispondesse. "Probabil mente la sto disturbando mentre sta cambiando 157 le bambine", mormor fra s e stava quasi per riagganciare, quan do una strana voce rispose al telefono. "Pronto?" "Chi parla?" chiese Jess. "Maureen, sei tu?" "Sono Barry", sussurr la voce. "Barry! Che cosa ti succede?" "Ho un terribile raffreddore", rispose lui, sforzandosi di parla re. "Laringite." "Mio Dio, stai cos male come sembra?" "Molto peggio, il medico mi ha prescritto gli antibiotici. Mau reen appena andata in farmacia con la ricetta." "Grandioso, cos ora ha quattro bambini da curare, invece di tre", comment Jess senza pensare. Segu un momento di silenzio. "Mi dispiace", disse scusandosi. Non aveva inteso quella chiamata come un gesto di riconciliazione? "Non volevo offenderti." "Solo che non puoi proprio evitarlo, cos?" chiese Barry con voce rauca.

"Ho detto che mi dispiace." Segu un altro lungo silenzio, poi d'un tratto il suono di una voce che non sembrava reale la raggiunse. "Hai ricevuto la mia lettera?" Jess si sent raggelare, l'immagine di un foglio fradicio di uri na le si materializz davanti agli occhi. "Quale lettera?" chie se, sentendo il pianto di un neonato in lontananza. "Merda, si stanno svegliando!" esclam Barry, con una voce stra namente normale. "Devo andare, Jess. Ne parliamo un'altra volta. Dir a Maureen che hai chiamato. E sempre un piacere sentirti." D'un tratto ci fu silenzio, Jess riagganci e non si mosse. Non era possibile, riusciva davvero a pensarlo? Suo cognato, il mari to di sua sorella, per l'amore del cielo, il padre del suo nipo tino e delle sue nipotine, un rispettabile commercialista, poteva essere la persona responsabile di quella disgustosa lettera che aveva ricevuto? Di certo gli era antipatica, si erano dichiarati guerra subito dopo il matrimonio di lui con sua sorella, Barry non apprezzava i suoi valori e a lei non piaceva il suo atteggiamento. La conside rava viziata, priva di senso dell'umorismo e deliberatamente pro vocatoria, lei invece lo trovava gretto, prepotente e vendicati vo; l'aveva accusato di soffocare l'autonomia di sua sorella e lui le aveva rinfacciato di minare la sua autorit di padre. Uno di questi giorni ti spingerai troppo oltre, Jess, le aveva detto durante quella cena. Era stata una minaccia o soltanto una sem plice constatazione di come andavano le cose? Ricord di quando suo cognato le aveva raccontato di come avesse rubato un cliente al suo ex socio e amico. Non dimentico mai, si era vantato. Mi vendico. La sua vendetta era una lettera fradicia di urina? Le aveva man dato dei peli pubici per dimostrarle qualcosa di perverso? Lo aveva esasperato a tal punto? Quanti uomini era riuscita a esa sperare nel corso della sua breve vita? Prese a massaggiarsi il naso. La lista era infinita: oltre a tut ti gli uomini che aveva contribuito a mettere in prigione, c'era no i colleghi con i quali era entrata in conflitto, persino i 158 suoi parenti non erano rimasti immuni al suo fascino particolare. Si era fatta cos tanti nemici da poter rendere affollato l'uffi cio postale per settimane. Squill un campanello. Jess afferr il telefono, ma si rese conto che non era quello, bens il citofono. Rispose, domandandosi chi fosse. "Chi ?" chiese. "Adam." Jess apr e pochi istanti dopo era fuori della porta. "Ho cercato di chiamarti", disse lui non appena la vide. "Prima non rispondeva nessuno, poi era sempre occupato. Mi inviti a en trare?" lui l'incognita, Jess. Chi quell'uomo? sent la voce di Don che le chiedeva. "Dovevi essere nei dintorni." Jess era in piedi sulla porta e gli impediva di entrare. "Non sono rimasta al telefono per mol to." "Ero dietro l'angolo." "Stavi consegnando delle scarpe?" "Ti sta vo aspettando, ora mi inviti a entrare?" domand di nuovo. lui l'incognita, Jess. La sua mente torn al momento in cui aveva conosciuto Adam Stohn. L'automobile distrutta, la lettera anonima, le mutandine tagliate, tutto era accaduto dopo il loro incontro. Adam Stohn sapeva dove lavorava, dove viveva e aveva trascorso una notte sul suo divano. " Aveva avuto la possibilit di fare quelle cose, si disse Jess In silenzio, perdendosi per qualche istante nella calma riposante dei suoi occhi. Ma che motivo poteva avere per terrorizzarla in quel modo? ' Poteva averlo accusato di qualcosa, in passato? Forse lo ave va fatto finire in galera? Poteva essere il fratello di qualcuno che lei era riuscita a far condannare, o l'amico, forse 'era il braccio destro di qualcuno.

O pi probabilmente era la reincarnazione di Al Capone, concluse poi con ironia. Voleva passare il resto della sua vita esaminando le motivazioni di ogni uomo che le dimostrava il minimo interes se? Non vuole ucciderti, per l'amor del cielo, pens, facendo qualche passo indietro per permettere ad Adam di entrare, vuole solo infilarsi nel tuo letto. "Ero curioso di sapere che cosa successo ieri", le disse lui, togliendosi la giacca e appoggiandola sul suo cappotto. Lei gli raccont di avere comunicato la notizia della morte di Connie DeVuono alla madre e al figlio e gli parl del suo succes so in aula quel giorno. Non gli disse che, fra i due eventi, ave va trascorso la notte con il suo ex marito. " ancora innamorato di te, lo sai", disse Adam, cercando una stazione radio di musica country nello stereo. "Chi?" chiese Jess, sapendo benissimo a chi si riferiva. "L'uomo delle ciambelle", le disse lui, camminando su e gi per l'appar tamento, prendendo il sacchetto con le ciambelle dal tavolo e sollevandolo. "Hai dimenticato di metterle nel freezer." "Niente vino?" Apr il frigorifero. "Niente vino, allora?" chiese Adam. "Possiamo bere acqua." 159 "Pane e acqua", comment Adam fra s e s. "Dove hai imparato a cucinare? Al penitenziario federale?" Jess smise di ridere. "Sei mai stato in prigione?" gli domand. Lui parve sorpreso, poi divertito. "Che razza di domanda que sta?" "Stavo solo cercando di fare conversazione." "Questa la tua idea di conversazione?" "Non mi hai risposto." "Non pensavo che dicessi seriamente." "Non dicevo seriamente", si affrett a dire lei, mettendo quattro ciambelle su un piatto e infilandolo nel microonde. "Non sono mai stato in prigione, Jess", le disse lui. Lei alz le spalle, come se fosse un argomento di nessuna impor tanza. "Nemmeno a trovare un amico?" Il tono forzatamente casuale risul t stridente anche alle sue orecchie. "Pensi che io sia amico di criminali? Jess, che cosa ci faccio qui?" "Dimmelo tu", rispose lei, ma la sola risposta di Adam fu un sor riso. "Cos eri figlio unico", disse Jess, mentre erano seduti per ter ra davanti al divano e stavano finendo di mangiare. "Un bambino guastato dal fatto di essere figlio unico", precis lui. "Mia sorella dice sempre che i bambini non sono mele: non si gua stano n si rovinano." "Che cos'altro dice tua sorella?" "Che non puoi rovinare un bambino con troppo amore." "Sembra un'ottima madre." "Penso che lo sia." "Sembri sorpresa." " che non era quello che mi aspettavo da lei, tutto qui." "Che cosa ti aspettavi da lei?" "Non lo so, una carriera brillante, credo." "Forse ha pensato di lasciarla a te." " "Forse", ripet Jess, chiedendosi perch alla fine la conversa zione vertesse sempre su di lei. "Tu e tua moglie non! avete mai desiderato di avere dei figli?" "Li volevamo", disse lui. "Non mai successo." Jess cap dal tono di voce di Adam che si trattava di un argomen to di cui preferiva non parlare. Fin la ciambella e si port il bicchiere d'acqua alle labbra. "Com'era tua madre?" chiese Adam d'improvviso.

"Che cosa?" La mano di Jess inizi a tremare e cadde un (pod'ac qua sul pavimento. Si alz in piedi. "Oh, mio Dio." Adam le appoggi una mano sul braccio, riportandola accanto a s. "Rilassati, Jess, soltanto acqua." L'asciug con il tovagliolo. "Che cosa succede?" "Non succede niente." "Allora perch stai tremando?" "Non sto tremando." "Che cosa hai detto che faceva tua madre?" "Che cosa intendi dire con 'che cosa faceva?" chiese lei, incol lerita. "Non faceva niente, che cosa vuoi dire?" "Perch non vuoi parlare di lei?" "Perch dovrei?" 160 "Perch non vuoi", rispose lui candidamente. "Perch ne hai pau era." "Un'altra delle mie fobie?" chiese lei in tono sarcastico. "Dimmelo tu." "Nessuno ti ha mai detto che saresti un buon avvocato?" "Che cosa accaduto a tua madre, Jess?" Lei chiuse gli occhi e vide sua madre in piedi davanti a lei in cucina, con le lacrime che le rigavano le guance. Non mi merito questo, Jess, diceva, non mi merito questo da te. Apr gli occhi. " scomparsa", disse infine. " scomparsa?" "Aveva scoperto di avere un nodulo al seno ed era piuttosto spa ventata, aveva chiamato il medico e lui le aveva dato appuntamen to per quel pomeriggio, ma non si mai presentata a quell'appun tamento, nessuno l'ha pi vista." "Allora possibile che sia ancora viva?" "No, impossibile", rispose bruscamente Jess. "Non possibile." Lui tese una mano, ma lei si liber dalla sua presa. "Non ci avrebbe abbandonati soltanto perch era spaventata", con tinu, parlando da un punto lontano, dentro di lei. "Intendo di re, anche se era spaventata, e so che lo era, questo non vuol di re che ci avrebbe lasciati. Non era il tipo di donna che se ne va lasciando il marito e le figlie perch non vuole affrontare la realt, non importa quanto fosse spaventata, non importa quanto fosse arrabbiata." "Arrabbiata?" "Non volevo dire arrabbiata." "L'hai detto." "Non volevo." "Perch era arrabbiata, Jess?" "Non era arrabbiata." "Era arrabbiata con te, vero?" Jess guard verso la finestra: il volto rigato di lacrime di sua madre la guardava attraverso le tende. Non mi merito questo, Jess, non mi merito questo da te. "Sono scesa e l'ho trovata vestita e pronta per uscire", cominci a raccontare. "Le ho chiesto dove stesse andando e al principio non voleva dirmelo. Alla fine mi ha detto che aveva scoperto di avere un nodulo al seno e che sarebbe andata dal medico quel po meriggio." Jess cerc di ridere, ma la risata le si blocc in go la, come un pezzo di ciambella che non riusciva ad andare n su n gi. "Era proprio una cosa tipica di mia madre vestirsi in mo do elegante sin dal mattino anche quando non doveva uscire fino al pomeriggio." "Mi ricorda qualcuno che sceglie la sera i vestiti che indosser il giorno dopo e li prepara sulla sedia." Lei ignor l'allusione. "Mi ha chiesto se volessi accompagnarla dal medico, io le ho risposto di s, ma poi abbiamo litigato. Una tipica lite fra madre e figlia, mia madre pensava che fossi coc ciuta e io le ho detto di non impicciarsi dei fatti miei; lei, allora, mi ha risposto che non c'era bisogno

che mi scomodassi ad accompagnarla dal medico e io le ho detto di fare come credeva e me ne sono andata sbattendo la porta. Quando sono tornata, lei era gi uscita." "E tu ti senti in colpa per quello che accaduto." Pi che una domanda era un'affermazione. 161 Jess si alz in piedi e, con decisione esagerata, and verso la gabbietta del canarino. "Salve Fred, come te la passi?" "Fred sta benone", disse Adam, andandole vicino. "Non sono al trettanto sicuro della sua padrona; ti sei portata dietro un bel carico di sensi di colpa in questi anni." "Ehi, che fine ha fatto il nostro patto?" chiese lei, asciugando si le lacrime senza guardarlo e concentrandosi sul canarino. "Niente, segreti, niente bugie, ricordi?" "Lo lasci mai libero?" le chiese lui. "Non bisogna fare uscire i canarini dalle gabbie", rispose lei ad alta voce, sperando che il suono delle sue parole calmasse il tremito che la scuoteva. "I canarini non sono come i pappagalli, che sono uccelli domestici, sono selvatici. Non devono uscire dalla gabbia." "Cos non devi mai preoccuparti che scappi", disse piano Adam. Questa volta l'allusione era troppo chiara perch lei potesse ignorarla. Si volt infuriata. "I canarini sono animali, non me tafore" "Jess..." "Da quando hai lasciato la psicologia per vendere scarpe? Chi sei veramente tu, Adam Stohn?" Rimasero in piedi, l'uno di fronte all'altro. Jess tremava e Adam era assolutamente calmo. "Vuoi che me ne vada?" le chiese, No, pens Jess. "S", rispose. Lui si avvi lentamente verso la porta. "Adam", lo chiam e lui si ferm, con la mano sulla maniglia. "Penso che sarebbe una buona idea se tu non tornassi pi." Per un istante pens che lui si sarebbe voltato e l'avrebbe presa fra le braccia, raccontandole tutto, ma non lo fece. Un attimo dopo lui se n'era andato e lei era rimasta sola in una stanza piena di ombre e di fantasmi. ALLA fine della settimana, il rapporto del medico legale sul ca davere di Connie DeVuono era pronto e la giuria si era riunita per decidere il verdetto del processo a Terry Wales. Connie DeVuono era stata violentata, picchiata e strangolata con un pezzo di filo magnetico che le aveva tagliato la giugulare e l'aveva quasi decapitata; i periti avevano stabilito che il filo con il quale era stata uccisa era identico a quello trovato nella fabbrica in cui lavorava Rick Ferguson. Era gi stato spiccato un mandato di arresto a suo nome. "Per quanto pensi che rester riunita la giuria?" le stava doman dando Barbara Cohen, quando il telefono sulla scrivania di Jess prese a squillare. "Lo sai meglio di me", rispose Jess, allungando la mano verso il ricevitore. "Potrebbe essere questione di ore, potrebbero volerci giorni." Barbara guard nervosamente l'orologio. "Sono gi passate venti quattro ore." Jess alz le spalle, ansiosa quanto la sua assistente, ma rilut tante ad ammetterlo. Alz il telefono. "Jess Koster." " scomparso", disse Don senza nemmeno salutarla. Lei sent una contrazione allo stomaco, non aveva bisogno di chiedere a Don di chi stesse parlando. "Quando?" 162 "Probabilmente questa notte. L'investigatore mi ha appena chiama to, ha tenuto d'occhio la casa tutta la notte e questa mattina, quando non lo ha visto uscire

per andare al lavoro, ha avuto dei sospetti, ha aspettato un poe infine ha fatto qualche indagine. Da fuori, riusciva a vedere la madre di Ferguson a letto, addor mentata o ubriaca e priva di sensi, ma di Ferguson non c'era traccia. Ha chiamato in fabbrica e ha saputo che non si era fatto vivo, sembra che abbia intuito che la polizia stava per arrestar lo e sia uscito da una finestra sul retro mentre era ancora buio." "L'ironia che la polizia stava realmente per arrestarlo", ammi se Jess. "Abbiamo spiccato un mandato di cattura questa mattina." Il tono di Don divenne immediatamente professionale, attento ai diritti del suo cliente, senza pi traccia della preoccupazione dell'ex marito. "Che cosa avete per arrestarlo?" chiese. "Il filo elettrico utilizzato per uccidere Connie DeVuono dello stesso tipo di quello trovato nella fabbrica in cui lavora Rick Ferguson." "Che cos'altro?". "Di che cos'altro abbiamo bisogno?" "Di qualcosa di pi." "Non per arrestarlo." "Niente impronte?" "No", ammise Jess. "Solo un sottile pezzo di filo?" "Abbastanza forte da uccidere Connie DeVuono", gli disse Jess, "e per accusare il tuo cliente." Segu una breve pausa. "D'accordo, Jess, non voglio discutere di questo, adesso. Possiamo riparlare del mio cliente non appena la polizia lo arrester. Nel frattempo ho chiesto a quell'investiga tore di tenerti d'occhio." "Che cosa? Don, ti ho gi detto che non voglio una babysitter." "Ma la voglio io", insistette lui. "Perdonami Jess, soltanto per un paio di giorni, non ti dar alcun fastidio." "E Rick Ferguson invece potrebbe darmene, vero?" Sent il sospiro di Don nel ricevitore. "Non ti accorgerai nemme no di essere sorvegliata." "Rick Ferguson se n' accorto." "Fallo per me, d'accordo?" "Hai qualche idea di dove potrebbe essere andato il tuo cliente?" "Nessuna." " meglio che vada ora", gli disse Jess, mentre pensava gi a quello che avrebbe detto alla polizia. "Immagino che la giuria sia ancora riunita per il caso della ba lestra, cos?" "Da oltre ventiquattro ore." "Ho sentito delle voci sulla tua arringa conclusiva, stata un classico, mi dicono." "Le giurie sono notoriamente refrattarie ai classici", ribad Jess, ansiosa di riattaccare. "Ti chiamer pi tardi." Lei riagganci senza salutarlo. "Jess, ha appena chiamato il detective Mansfield", le disse Neil. "Sembra che Rick Ferguson se la sia svignata, stanno spiccando un mandato di arresto." Sulla scrivania di Jess il telefono ricominci a squillare. 163 "Sembra una giornata movimentata", comment Barbara. "Vuoi che risponda io?" Lei scosse la testa e rispose. "Jess Koster." "Jess, sono Maureen, un brutto momento?" Jess si sent le spalle pesanti. "Be, non proprio il miglio re." Riusc quasi a vedere la delusione sul viso di sua sorella, "ma posso ritagliarmi un paio di minuti." "Barry mi ha appena riferito che hai chiamato, luned", si scus Maureen. "Mi dispiace.'" "Perch dovresti scusarti per gli errori di Barry?" Segu un silenzio.

"Mi dispiace", si affrett a dire Jess. " stato male tutta la settimana, non riusciva quasi a pensare da quanto si sentiva male. Il medico ha temuto che potesse essere polmonite, ma qualunque cosa fosse, gli antibiotici l'hanno ri solta e questa settimana tornato al lavoro." "Sono contenta di sentire che sta meglio." Jess immagin immedia tamente la lettera imbevuta di urina e piena di peli pubici che aveva ricevuto e si domand ancora una volta se potesse essere stato Barry a mandarla. "Comunque, si ricordato della tua telefonata mentre stava uscendo questa mattina, per poco lo strozzavo." "Allora, come stai tu?" "Io? Non ho tempo di ammalarmi", disse Maureen, molto simile a sua sorella in questo. "Senti, so quanto sei impegnata, ma non volevo che pensassi che ho ignorato la tua chiamata. Sono davvero contenta che tu abbia chiamato..." Le trem la voce e parve quasi sul punto di piangere. "Come sta papa?" domand Jess, rendendosi conto che da settimane non parlava con suo padre e provando come sempre rabbia per il senso di colpa che questo le causava. " molto felice, Jess." "Ne sono contenta." "Sherry perfetta per lui: lo fa ridere, lo riempie di attenzio ni... Verranno a cena venerd prossimo, faremo l'albero di Nata le, decoreremo la casa e tutto il resto." Fece una pausa. "Ti an drebbe di unirti a noi?" Jess chiuse gli occhi. Per quanto ancora voleva continuare a fe rire le persone che contavano di pi per lei? "Senz'altro", ri spose. "Sicura?" "Mi sembra un'idea bellissima." "Bellissima?" ripet Maureen, come se avesse bisogno di una con ferma. "S", acconsent, poi, "sar bellissimo, ci sei mancata. Tyler non ha smesso un attimo di giocare con l'aeroplano che gli hai regalato e non puoi immaginare quanto siano cresciute le ge melle." Jess rise. "Dai, Maureen, non passato cos tanto tempo." "Sono quasi due mesi", le ricord sua sorella, cogliendola di sorpresa. Erano davvero passati due mesi dall'ultima volta che aveva visto la sua famiglia? "Ora devo andare", disse Jess. "Oh, certo, devi essere molto presa, ho sentito al notiziario che la giuria del caso della balestra si riunita ieri in camera di consiglio. Nessuna novit?" "Ancora nessuna." 164 "Buona fortuna." "Grazie." "Ci vediamo la prossima settimana", disse Maureen. "Va bene", rispose Jess. "Qualcosa non va?" le chiese Barbara mentre lei stava riaggan ciando. Jess scosse la testa e finse di studiare un fascicolo che stava davanti al lei sulla scrivania. Quasi due mesi! pens. Due mesi dalla sua ultima visita a casa di sua sorella, due mesi da quando aveva abbracciato il suo nipotino e cullato le sue nipotine per l'ultima volta, due mesi da quando aveva visto suo padre. Come aveva permesso che accadesse? Non erano tutto quello che le rimaneva? Che cosa stava succedendo? Era cos egoista, cos totalmente assorbita da se stessa, che non vedeva oltre il suo piccolo mondo? Talmente abituata ad avere a che fare con la feccia che non poteva pi comportarsi in modo de cente con le persone che le volevano bene, il cui unico crimine era voler vivere la loro vita secondo le loro idee? Non era quel lo che lei stessa aveva sempre voluto, anzi, preteso per se stes sa? Non era proprio di questo che aveva discusso con sua madre il giorno in cui era scomparsa? Gett indietro la testa e sent i muscoli delle spalle irrigidir si per la tensione. Perch non riusciva a smettere di pensare a sua madre? Perch

continuava a essere prigioniera di qualcosa che era accaduto otto anni prima? Perch tutto doveva sempre ritornare,al giorno in cui sua madre era scomparsa? Maledetto Adam Stohn, pens, sentendo la tensione contrarle anche gli altri muscoli della schiena, era lui il responsabile di quel malessere, l'aveva costretta ad aprirsi, a parlare di sua madre. Lui aveva liberato tutta la tristezza, il senso di colpa, l'ango scia che aveva represso cos a lungo. Non era colpa di Adam, lui non sapeva di muoversi su un terreno minato facendole una semplice domanda. Non puoi mettere un cerot to su un cancro e poi pensare che guarisca, pens. Non c'era da meravigliarsi che lui avesse preferito scappare. "Vuoi che me ne vada?" le aveva domandato e lei aveva risposto: "Penso che sarebbe meglio se non tornassi pi". Era fatta, pens, ricordando anche di avergli detto che la parola d'onore per un avvocato era la massima credenziale. Lui l'aveva presa in parola. "Maledetto Adam Stohn", sussurr. "Hai detto qualcosa?" le chiese Barbara, alzando gli occhi dalla scrivania. Jess scosse la testa, mentre un acuto senso di disagio strisciava lentamente dentro di lei, rendendole difficile respirare. Si sen tiva confusa, le girava la testa, aveva la sensazione di dover cadere dalla sedia da un momento all'altro. Oh, no, pens, irri gidendosi automaticamente, mentre il mondo intorno a lei scompa riva in una nube d'ansia. Non combatterlo, si disse, assecondalo, assecondalo. Che cosa ti pu accadere di male? Cadrai dalla se dia, e allora? Vomiterai, e allora? 165 Lentamente riprese a respirare e quasi immediatamente la sensa zione di panico scomparve e sent i muscoli delle spalle che ini ziavano a rilassarsi. I soliti rumori dell'ufficio arrivarono fi no a lei: il ronzio del fax, il ticchettio della tastiera del computer, lo squillo del telefono. Osserv Neil venire verso la sua scrivania e afferrare il ricevi tore. Da quanto tempo squillava? "Neil Strayhorn", disse chiara mente, gli occhi fissi su Jess. "Adesso?" Jess respir profondamente e si alz in piedi: non aveva bisogno di chiederlo, la giuria era rientrata. "Signore e signori della corte, avete raggiunto il verdetto?" chiese il giudice. Jess sent la consueta scarica di adrenalina attraversarle il corpo, come una scarica elettrica. Amava e odiava quel momento: lo amava per il dramma, per la suspense, per la consapevolezza che la vittoria o la sconfitta erano ormai vicinissime e lo odia va per le stesse ragioni, lo odiava perch detestava perdere, lo odiava perch, alla fine, si trattava solo di quello: di vincere o di perdere. La verit di un avvocato contro quella di un altro e la giustizia relegata al ruolo di spettatore passivo e impoten te. Il portavoce dei giurati si schiar la voce e guard il foglio che aveva davanti prima di parlare, come se avesse dimenticato la decisione della giuria e volesse essere del tutto sicuro di ci che diceva. "La giuria", inizi, e fece una breve pausa per schiarirsi di nuovo la voce, "ha riconosciuto l'imputato Terry Wales colpevole di omicidio di primo grado." Il pubblico esult, i giornalisti uscirono di corsa dall'aula e amici e parenti della vittima iniziarono ad abbracciarsi, abban donandosi alla commozione. Il giudice Harris ringrazi e conged i giurati, Jess abbracci i suoi assistenti, accett le loro con gratulazioni, not lo sguardo sconfitto di Hal Bristol e il ghi gno di delusione stampato sulle labbra dell'accusato, mentre ve niva portato via dai poliziotti. Fuori dell'aula i giornalisti le si affollarono intorno, spingen dole i microfoni il pi possibile vicino alla bocca, sventolando le i blocchetti degli appunti in faccia. " sorpresa del verdet to? Si aspettava di vincere? Come si sente?" le chiesero mentre i flash scattavano in continuazione. "Abbiamo molta fiducia nel sistema giudiziario del nostro Paese", dichiar Jess ai giornalisti, avvicinandosi all'ascensore. "Non abbiamo mai dubitato che sarebbe stato questo il verdetto." "Chieder la pena di morte?" grid qualcuno.

"Ci pu scommettere", rispose Jess, premendo il bottone dell'a scensore e sentendo Hal Bristol che dichiarava a un altro giorna lista la sua intenzione di ricorrere in appello. "Come si sente dopo avere vinto questo caso?" grid una donna fra la folla. Lei sapeva che avrebbe dovuto ricordare ai giornalisti che quello che contava non era vincere, ma far trionfare la verit, che un uomo colpevole era stato condannato per un crimine ignobile, che giustizia era stata fatta, sorrise. "Benissimo", disse. "Ehi, era la tua foto che ho visto sul giornale questa mattina?" Vas la guardava, mentre Jess si raccoglieva i capelli in una coda di cavallo davanti al grande specchio della palestra al corso di wen-do. 166 "Ero io", ammise timidamente Jess, con la testa che ancora le pulsava per le troppe birre che aveva bevuto la sera prima al Jean's Restaurant. Normalmente non frequentava il Jean 's dopo l'ufficio, a differenza di molti colleghi per i quali quel posto era quasi una seconda casa, ma avevano insistito tutti per fe steggiare e in realt anche lei ne aveva voglia. Aveva telefonato a suo padre non appena era rientrata in ufficio, ma non era a casa, aveva telefonato a sua sorella, ma era impe gnata con le bambine e aveva avuto solo il tempo di congratularsi brevemente. Aveva chiamato Don, gli aveva raccontato della sua vittoria e aveva sentito le sue scuse sul fatto di non poterla portare fuori a festeggiare a causa di un impegno preso in precedenza. Un impe gno che si chiamava Trish, aveva pensato lei, ma non lo aveva detto, domandandosi che cosa si aspettasse da quell'uomo. Poi si era concessa un lusso che non si era mai concessa prima: era andata in bagno, si era chiusa dentro, aveva chiuso gli occhi ed era rimasta l. "Ho vinto", si era detta piano, lasciandosi abbracciare dal fantasma di sua madre. La festa era durata fino alle prime ore del mattino, poi il suo supervisore, Tom Olinsky, l'aveva accompagnata a casa e si era assicurato che entrasse nel portone sana e salva. Jess non aveva ancora visto l'uomo che Don aveva assoldato per proteggerla, ma sapeva che c'era e gliene era grata. Si era addormentata profondamente, non aveva sentito la sveglia ed era quasi arrivata tardi al corso di autodifesa. E ora era l, in piedi, con lo stomaco vuoto davanti a un uomo che pretendeva sfoderasse gli artigli e si difendesse. "Usate quei pugni!" sent Dominic gridare, ancora prima che en trasse in palestra. "Non ci avevi detto di essere un noto avvocato distrettuale", la rimprover Vas, non appena le altre donne si radunarono intorno a lei. "Procuratore di Stato", la corresse Jess automaticamente. "Comunque sia, una celebrit!" Jess sorrise, a disagio. Le altre donne la guardarono con curio sit. "Ho letto che chiederai la pena di morte", le disse Mary-ellen. "Pensi di ottenerla?" "Incrocio le dita." "Non credo nella pena di morte", afferm Ayisha. " giovane", sussurr sua madre. Poi le tende si aprirono e Dominic entr nella sala. "Buon pome riggio, siete tutte pronte a prendere a calci qualcuno?" Le donne risposero con varie espressioni di aggressivit. "Bene, disponiamoci in ordine sparso. Cos, lasciate molto spazio fra di voi. Ora, qual la prima mossa difensiva?" "Kiyi", grid Vasiliki. "Kiyi, esatto, e che cos' il kiyil" Dominic guard direttamente Jess. " un grido", rispose lei. "Non un grido, un forte urlo", la corresse. "Un ruggito." "Un ruggito", ripet Jess. "Le donne gridano con troppa facilit, non ruggiscono abbastanza, per", afferm lui. "Ora: che cos' il kiyit" 167

"Un ruggito", rispose Jess, mentre la parola le riecheggiava nel cervello. "Avanti, Jess, adesso fammi sentire il tuo ruggito", ordin Domi nic. "Proprio io?" chiese lei. "Queste donne non saranno con te, quando qualcuno cercher di af ferrarti da dietro in una strada buia", le disse lui. "Non mi pare che tu abbia problemi a ruggire in un'aula di tribu nale", le ricord timidamente Vasiliki. "Forza", ordin Dominic. "Ti sto aggredendo, sono grosso e peri coloso e voglio farti del male." "Oooh!" grid Jess. "Pi forte." "Oooh!" "Puoi fare di meglio." "Oooh!" rugg Jess. "Cos va meglio, ora forse non sono pi cos convinto di volerti aggredire. Che cosa mi dici di te?" Dominic rivolse, la sua at tenzione a Catarina. Jess sorrise, orgogliosa di s, e rimase ad ascoltare le altre donne. "Bene, ora vediamo i vostri artigli di aquile addosso all'aggres sore", prosegu Dominic, cominciando di nuovo da Jess. "Bene. Un popi decisa", disse, aiutandola a posizionare le mani come un artiglio. "Ora colpiscimi agli occhi." "Non posso." "Se non lo fai, ti taglier a pezzi", la minacci. "Avanti, col piscimi gli occhi." Jess si lanci verso gli occhi dell'istruttore, vedendo cory sol lievo come lui la evitava. "Niente male, ma non preoccuparti per me. So proteggermi, ripro va." Jess lo fece. "Meglio, la prossima", continu. Si esercitarono fino a quando i movimenti di tutte non furono fluidi e spontanei. "Non abbiate paura a colpire il vostro ag gressore cos forte da spingergli il naso su per il cervello." "In quel caso", cinguett Vas, "non dovremmo colpire sotto la cintura?" Le altre donne risero. "Ehi, lo sapete perch le donne non hanno il cervello? chiese ri dendo Vas, le mani appoggiate agli ampi fianchi. "Perch?" chiese Jess, ridendo. "Perch non abbiamo un uccello che lo contenga!" Le donne esplosero in una sonora risata. "Ne so un'altra", continu Vas. "Perch gli uomini non sanno dire quando una donna ha un orgasmo?" "Perch?" chiesero in coro. "Perch non sono mai l!" Seguirono altre risate. "Ehi!" esclam l'istruttore. "Basta cos, mi arrendo. Avete vin to, signore. Sono un uomo morto, potete evitare i pugni chiusi, non ne avete bisogno." "Che cos' quel piccolo pezzo di carne alla fine di un uccello?" mormor ancora Vasiliki rivolta a Jess, mentre le altre si siste mavano in fila. Jess alz le spalle. "Un uomo!" esclam Vas. 168 "Va bene, va bene!" disse Dominic. "Vediamo di mettere a frutto un podi questa ostilit, d'accordo?" Fece una pausa per essere sicuro che tutte gli prestassero attenzione. "Ora vi insegner qualche mossa per aiutarvi ad affrontare un aggressore. Diciamo che state tornando a casa da sole e un tizio vi afferra da die tro, oppure salta fuori da un cespuglio e vi aggredisce. Qual la prima cosa che fate?" "Kiyil" rispose Maryellen. "Oooh!" grid quasi contemporaneamente sua figlia. "Bene", disse Dominic. "Cominciate a gridare! Qualunque cosa che richiami l'attenzione, non deve per forza essere 'Oooh', ma dev'essere forte. Adesso che

cosa succede se vi tappa la bocca oppure vi punta un coltello alla gola? Non potete gridare. Che cosa fate?" "Svengo", disse Catarina. "No, non svieni", la rassicur Dominic. "Che cosa fai?" "Lo segui", afferm Jess. "Non fai resistenza, usi la forza dell'aggressore contro di lui." "Bene, d'accordo, proviamo qualche mossa." And verso Jess. "Sto per assalirti e voglio che tu finga di assecondarmi." Allung una mano e afferr Jess, tirandola lentamente verso di s. "Vieni con me, cos. Bene, ora che sei qui, spingi forte contro di me, cos. Usa il mio peso contro di me, usa la forza con cui ti ho tirato fin qui per sbilanciarmi, spingi, bene." Lasci andare la mano di Jess. "Una volta che avete atter rato il bastardo, ricordatevi di usare qualunque arma in vostro potere, inclusi i piedi. Calci, morsi, qualunque cosa. Abbiamo gi visto che cosa potete fare con le mani, ora vediamo che cosa si pu fare con i piedi." Jess osserv attentamente mentre Dominic mostrava alcune mosse. "Va bene, provate voi, adesso", disse Dominic. "Mettetevi in due. Vas, tu vai con Maryellen e Ayisha con Catarina. Tu", disse indi cando Jess, "vieni con me." Jess fece qualche passo verso di lui. D'un tratto lui tese un braccio e l'afferr, tirandola verso di s. "Oooh!" grid lei, mentre istintivamente si ritraeva. Maledizione, pens, quante volte doveva sentirselo dire? Vai con lui, non resistergli, vai con lui. Si lasci tirare in avanti, cadde contro di lui, poi gli and addosso con tutto il suo peso, facendolo cadere. Ce l'aveva fatta, pens trionfante, era riuscita ad atterrare il suo aggressore, a dimostrare di non essere poi cos vulnerabile, dopotutto. Gett indietro la testa e rise forte. Poi d'un tratto si sent toccare, si volt e vide Dominic che sorrideva tenendo due dita puntate contro la sua tempia come se fossero state una pistola. L'uomo abbass il pollice su un grilletto immaginario. "Bang", disse tranquillamente. "Sei morta." "MALEDETTO figlio di puttana." Jess continuava ancora a mugugnare mentre camminava per Willow Street. Che cosa diavolo pensava di fare buttando via il tempo, i sabati pomeriggio, perdio, cercando di imparare a difendersi, fingendo di essere invulnerabile, quando, in realt, non poteva affrontare nessuno veramente pronto a farle del male? Un bel "Oooh!" non sarebbe servito a molto contro una balestra e le un ghie potevano fare poco contro una pallottola nel cervello. 169 Aveva gridato, sentendosi invincibile, potente, ed erano bastate due dita per far crollare quell'illusione. Non esisteva niente che potesse metterla al sicuro, era vulnerabile come chiunque al tro. La settimana dopo, aveva assicurato Dominic, avrebbe insegnato loro come disarmare un aggressore armato di coltello o pistola. Benissimo, pens Jess, attraversando la strada, non vedo l'ora di impararlo. Lo vide non appena gir l'angolo di Orchard Street, stava scen dendo i gradini, con il bavero della giacca rialzato per proteg gersi dal freddo. Jess si ferm, senza sapere se continuare o se voltarsi e andarsene il pi in fretta possibile; riconoscere il pericolo e scappare il pi veloce possibile era la prima cosa da fare, secondo quello che le avevano insegnato. Ma non scapp. Rimase l, ad aspettare in mezzo al marciapiede, fino a quando lui si volt e la vide. Lo aspett fino a quando lui la raggiunse e la strinse fra le braccia. "Dobbiamo parlare", disse Adam. "Sono cresciuto a Springfield", disse Adam, appoggiandosi al ta volo del ristorante italiano dove avevano trascorso la loro pri ma sera insieme. Era ancora presto e il ristorante! era quasi vuoto, Carla gironzolava nelle

vicinanze, come se avesse capito che c'erano cose che dovevano dirsi prima di? poter pensare al cibo. "Penso di averti gi detto che io sono figlio unico", continu. "La mia famiglia piuttosto facoltosa, mio padre psichiatra", disse e rise piano. "Non ci sei andata cos lontano chiedendomi quando avessi abbandonato la psichiatria per; vendere scarpe. Im magino che certe cose si trasmettano con il sangue, oltre ad averne sentito sempre parlare. "Mia madre un mercante d'arte. Manda avanti i suoi affari stan dosene a casa, una casa molto grande, devo aggiungere, piena di oggetti e mobili antichi e di dipinti moderni. Quindi sono cre sciuto avendo il meglio di tutto, imparando ad aspettarmi il me glio di tutto e pensando che il meglio mi fosse dovuto." Si interruppe. Jess osservava le sue mani che si torcevano con tinuamente sul tavolo. "Le cose sono sempre state piuttosto faci li per me: la scuola, i buoni voti, le ragazze. Riuscivo ad avere quasi tutto quello che volevo e per lungo tempo ho voluto una ra gazza che si chiamava Susan Cunningham. Era carina, viziata come me, suo padre H. R. Cunningham, se sai qualcosa del mondo dell'edilizia ne avrai di certo sentito parlare." Jess scosse la testa, concentrandosi sulla sua bocca mentre ri prendeva a parlare. "In ogni caso, la volevo, ho iniziato a corteggiarla e alla fine l'ho sposata. Inutile dirlo, dal momento che ora siamo divorzia ti: non stato un matrimonio felice. Non avevamo nulla in comune, a parte il fatto che a entrambi piaceva guardar ci allo specchio. Che cosa posso dire? Eravamo due persone molto egocentriche e pensavamo che tutto quello che facevamo e diceva mo meritasse un applauso, cos quando non lo ricevevamo, mette vamo il muso, litigavamo e ci rendevamo la vita impossibile l'uno con l'altro.;! "L'unica cosa giusta che abbiamo fatto stata Beth." Jess lo guard negli occhi, ma Adam evit di incon trare il suo sguardo. "Beth?" :? "Nostra figlia." "Hai una figlia? Avevi detto..."? ^ "So quello che ho detto, non era la 170 verit." "Continua", disse piano Jess, trattenendo il respiro. ! "Beth nata qualche anno dopo il nostro matrimonio ed era la cosa pi bella e pi dolce che si sia mai vista. Sembrava una bambolina cinese, una di quelle figurine di porcellana che sono talmente belle e delicate che hai quasi paura a toccarle. Ecco", disse, e con le mani tremanti cerc nel portafogli, estraendone una fotografia a colori di una bambina bionda e sorridente con un abitino bianco. " deliziosa", disse Jess, cercando di fermare il tremito della mano di Adam coprendola con la sua. " morta", mormor lui, riponendo la fotografia nel portafogli e rimettendolo nella tasca dei jeans. "Come? Mio Dio, come? Quan do?" Adam guard Jess dall'altra parte del tavolo, ma il suo sguardo era assente e lei cap che non la vedeva. Quando riprese a parlare, la sua voce era stanca e distante, come se arrivasse da un luogo lontano. "Aveva sei anni. Il nostro matrimonio era ormai in crisi, Susan sosteneva che fossi sposato con il mio la voro,, io sostenevo che lei fosse sposata con il suo. Entrambi lamentavamo il fatto che nessuno dei due passava abbastanza tempo con nostra figlia ed entrambi avevamo ragione. "In ogni caso, mio padre ha capito quello che stava succedendo e ci ha consigliato una terapia di coppia; per un poabbiamo prova to, ma non ci credevamo veramente. Anche i suoi genitori hanno capito quello che stava accadendo, ma il loro atteggiamento stato diverso. Invece di una terapia, ci hanno regalato una crociera alle Bahamas. Pensavano che se avessimo po tuto passare qualche settimana da soli, insieme, forse saremmo riusciti a risolvere i nostri problemi. Si sono offerti di pren dersi cura di Beth e abbiamo accettato, perch non avremmo dovu to? "Beth non voleva che andassimo, i bambini sentono quando le cose non vanno bene e immagino che temesse che se ce ne fossimo anda ti, uno di noi avrebbe potuto non ritornare pi." Guard in dire zione della porta e rimase in silenzio per alcuni secondi. "Ha iniziato ad avere una serie di piccoli disturbi, ma noi non le abbiamo prestato molta attenzione, erano giorni che si lamentava per una ragione o per l'altra. Abbiamo creduto che fosse un modo per attirare la nostra attenzione e costringerci a rimanere a ca sa, le abbiamo misurato la

temperatura, ma non aveva febbre, e i genitori di Susan ci hanno assicurato che si sarebbero presi cura di lei, e avrebbero chiamato il medico, se si fosse presentato qualche problema, cos siamo partiti. "Quella notte ha avuto un podi febbre e i genitori di Susan han no chiamato il medico, che ha consigliato di dare " a Beth alcune gocce di un antinfluenzale e di portarla da lui.; la mattina do po. Nel cuore della notte la febbre, per, diventata altissima e la bambina ha cominciato a delirare; allora, mio suocero l'ha avvolta in una coperta e l'ha portata all'ospedale, ma ormai era troppo tardi, morta prima che fosse mattino. "Meningite", disse Adam, rispondendo alla domanda negli occhi di Jess. "Mio Dio, terribile." "Ci hanno chiamato sulla nave e hanno fatto in modo che potessimo tornare a casa, ma ormai non esisteva pi una casa, l'unica cosa che ci aveva tenuti insieme se n'era andata. Abbiamo cercato un 171 aiuto psicologico, ma eravamo troppo feriti e pieni di risenti mento perch potesse funzionare, in realt non volevamo che fun zionasse. Volevamo biasimarci a vicenda e volevamo che quello che era accaduto fosse colpa di qualcuno. "Ho pensato di denunciare il medico, ma non c'erano elementi suf ficienti, ho pensato anche di denunciare i miei suoceri, ma poi, invece, ho chiesto il divorzio e me ne sono andato, ho lasciato il mio lavoro, la mia casa, tutto. Che senso ha tutto il resto, quando perdi un figlio? Sono partito. Sono venuto nella grande citt e ho trovato un lavoro come venditore di cravatte da Car son, Pirie, Scott & Company, poi ho scoperto le scarpe da donna e il resto lo sai." Spost lo sguardo da Jess alla porta, al tavolo e infine di nuovo a Jess. "Ho incontrato molte donne, ma non mi sono mai lasciato coinvolgere, facevo lo stupido, le corteggiavo, ho venduto tan tissime scarpe, ma non ho mai voluto un'altra relazione. "E poi tu sei entrata nel negozio e hai sbattuto il tacco di quella scarpa sulla mano cos forte che ho pensato che uno o l'altra si sarebbe rotto. Ti ho guardata, ti ho guardata negli occhi e ho pensato: questa persona ferita dentro, proprio come me." Jess sent le lacrime riempirle gli occhi. Distolse lo sguardo per un istante. "Non volevo chiamarti", continu lui. "L'ultima cosa che volevo era farmi coinvolgere nei problemi di qualcun altro, ma forse, chi lo sa, era proprio quello che invece stavo cercando, almeno di certo questo ci che sosterrebbe mio padre. Forse era giunto il momento, non so, ma quando sono arrivati quei dannati stivali, ho capito che avrei dovuto rivederti. Cos ti ho telefonato e ti ho invitato a uscire, nonostante continuassi a ripetermi che sa rebbe stato solo per quella volta. "Ma poi mi sono ritrovato un sacco di volte fuori dalla tua porta e durante tutta la scorsa settimana ti ho pensata e, anche se tu mi avevi detto di non tornare, io dovevo vederti e non ho venduto un solo dannatissimo paio di scarpe..." Jess si ritrov a piangere e a ridere allo stesso tempo. "E i tuoi genitori?" chiese. "Non li ho pi visti da quando ho lasciato Springfield." "Dev'essere stato molto duro per te." Lui parve sorpreso. "La maggior parte della gente avrebbe detto per loro, ma s, stato duro anche per me", ammise. "Perch l'hai fatto, allora?" "Credo di non essere stato pronto ad affrontarli", rispose. "Par lo con loro di tanto in tanto, cercano di capire, di darmi il tempo e lo spazio di cui ho bisogno, ma hai ragione, credo che non abbia pi molto senso. diventata soltanto un'abitudine e a volte si prendono delle abitudini pericolose." "Non vendevi scarpe a Springfield, vero?" chiese, conoscendo gi la risposta. Lui scosse la testa. "Che cosa facevi?" "Non credo che ti far piacere saperlo."

"Ho la terribile sensazione di saperlo gi", disse lei. "Sei av vocato, non vero?" 172 Lui annu con aria colpevole. "Volevo dirtelo, ma continuavo a pensare che, dal momento che non ti avrei pi rivista, non avreb be fatto nessuna differenza." "E io che continuavo a parlarti della legge e di come funziona il sistema legale..." "Mi piaciuto molto, stato un corso di aggiornamento. Ascol tandoti, mi sono reso conto di quanto mi mancata la pratica della legge, il tuo entusiasmo contagioso e sei una grande mae stra." "Mi sento un'idiota." "No, sono io l'unico idiota a questo tavolo", la corresse. "Di che cosa ti occupavi esattamente? Inizi a ridere ancora pri ma di aver sentito la risposta. "Diritto penale." "Naturalmente. " Jess si massaggi la fronte, pensando che avrebbe dovuto scappare quando ne aveva avuto l'occasione. "Non ho mai avuto l'intenzione di mentirti", riprese lui. "Sol tanto non ho mai pensato che ci saremmo spinti tanto lontano." "Lontano quanto?" chiese lei. "Abbastanza lontano perch io sia sicuro di non volerti perdere, abbastanza lontano per capire che meritavi di sapere la verit e abbastanza perch io pensi di essermi innamorato di te", disse piano. "Raccontami di tua figlia", disse Jess, allungando le mani e stringendo quelle di Adam. "Che cosa posso dirti?" chiese lui con voce tremante. "Raccontami qualcosa di carino che ti ricordi." Segu una lunga pausa, durante la quale Carla si avvicin, poi colse lo sguardo di Jess e si allontan di nuovo. "Ricordo di quando aveva quattro anni ed era molto emozionata perch il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno", disse Adam. "Susan le aveva comprato un abito per la festa e non vedeva l'ora di metterselo, aveva invitato alcuni amici e avevamo chia mato un mago e organizzato le solite cose che si fanno per le fe ste dei bambini. In ogni caso, siamo andati a letto ed ero pro fondamente addormentato, quando d'improvviso ho sentito qualcuno che mi toccava leggermente il braccio. Ho aperto gli occhi e ho visto Beth che mi guardava. 'Che cosa c', tesoro?'ie ho chiesto. E lei, con la sua vocina tutta emozionata, ha risposto: ' il mio compleanno. E io ho detto: 'S, ma ora devi tornare a letto, amore, sono le tre del mattino. E lei ha risposto: 'Oh, pensavo che fosse gi ora di alzarsi, mi sono gi vestita. Si era messa il vestito per la festa, le scarpe e le calzine con i nastri ed era l, pronta, alle tre del mattino. Ricordo che ho pensato che doveva essere bello essere cos emozionati per qualcosa. Mi sono alzato e sono tornato con lei in camera sua, lei si rimessa il pigiama, le ho rimboccato le coperte e si riaddormentata subi to." "Che bella storia", disse Jess. Adam sorrise e le lacrime gli si raccolsero agli angoli degli oc chi. "Una volta, andava alla scuola materna, credo che avesse circa tre anni, mi ha detto che c'era un ragazzino che la distur bava in classe, che la chiamava con certi nomignoli e a lei non piaceva. Cos le ho domandato che nomignoli 173 usava quel ragazzino per chiamarla e lei mi ha candidamente ri sposto, con la sua vocina dolce e innocente: 'Mi chiama fottitri ce e succhiacazzi.'" Jess scoppi a ridere. "Gi, questa stata anche la mia reazione, temo", disse Adam, ridendo, "e questo naturalmente non ha fatto che incoraggiarla. Mi ha guardato con i suoi grandi occhi scuri e mi ha detto: 'Vie ni a scuola con me, papa? Gli dici di non chiamarmi pi fottitri ce e succhiacazzi?'"

"E tu ci sei andato?" "Le ho detto che ero sicuro che potesse sistemare il piccolo mo nello da sola. E immagino che l'abbia fatto, perch non pi tornata sull'argomento." "Mi sembra che tu fossi un buon padre." "Mi piace pensare di esserlo stato." "Eri anche un buon avvocato?" chiese Jess dopo una breve pausa. "Il migliore di Springfield." "Non pensi mai di tornare indietro?" "A Springfield, mai." "Alla professione, intendo." Lui rimase in silenzio per qualche istante, poi fece un piccolo cenno a Carla. "Una pizza speciale e due bicchieri di Chianti, per favore." Carla annu e se ne and senza aprire bocca. "Non hai risposto alla mia domanda", gli ricord lei. "Se penso di ritornare a esercitare la mia professione?" ripet lui, soppesando ogni parola. "S, ci penso." "Lo faresti?" "Non lo so, forse s. In effetti, le mie ginocchia si stanno stancando di vendere scarpe e forse, se mi ritrovassi di fronte a un caso che mi ispira particolarmente, potrei lasciarmi coinvol gere, chi lo sa?" Carla port da bere al tavolo. Jess alz il bicchiere e lo fece tintinnare con quello di Adam. "Ai dolci ricordi?" disse. "Ai dolci ricordi", ripet lui. Non appena arrivarono al suo appartamento, Jess cap che qualcosa non andava e rimase impietrita fuori dalla porta, aspettando e ascoltando. "Che cosa succede?" chiese Adam. "Lo senti?" disse lei. "Sento la radio, se quello che intendi, non la lasci sempre ac cesa per l'uccellino?" "Non cos alta." Adam non disse nulla, mentre lei infilava la chiave nella serra tura, spingendo la porta. "Mio Dio, si gela qui dentro!" esclam lei subito, vedendo le tende pesanti di broccato che sventolavano. "Hai lasciato la finestra aperta?" "No", disse lei, correndo verso la finestra e chiudendola. Le tende si calmarono d'improvviso, ricadendole sulla testa, mentre la musica aumentava d'intensit. Opera, si rese conto, liberando si delle tende e correndo verso lo stereo, per abbassare il volu me. La Carmen. "Forse dovremmo chiamare la polizia", disse Adam. 174 Jess si gir di scatto. A parte la finestra aperta e lo stereo acceso, niente sembrava essere stato toccato. "Sembra che non manchi nulla." Si avvi verso la camera da letto. "Non andare, Jess", l'avvert Adam. Lei si ferm e si volt verso di lui. "Perch no?" "Perch non sai chi o che cosa ti potrebbe aspettare", le ricord lui. "Cristo, Jess, proprio tu. Dovresti saperlo, che cosa ti di ce la polizia quando pensi che sia entrato qualcuno in casa tua? Ti dice di non, entrare", continu, senza aspettare la risposta. "E perch?" "Perch chiunque sia entrato, potrebbe essere ancora l", rispose lei tranquillamente. "Usciamo di qui e andiamo a chiamare la polizia", ripet Adam. Jess fece qualche passo verso di lui, poi si ferm di colpo. "Mio Dio!" Adam si gir, poi torn a guardarla. "Che cosa c'? Che cosa suc cede?" "Fred", disse lei, con la voce tremante, indicando la gabbia con la mano.

Per un istante, Adam sembr confuso, incapace di capire. "Non c' pi", esclam Jess, correndo verso la gabbia e guardando attraverso le sbarre, controllando all'interno per essere certa che il canarino non si fosse nascosto da qualche parte sotto la carta, ma era proprio scomparso. "Qualcuno ha aperto lo sportel lino della gabbia e l'ha fatto uscire", grid Jess. "Dev'essere volato fuori dalla finestra." Mentre lo diceva, si rese conto che era improbabile che l'uccel lino fosse uscito da solo dalla finestra e volato via nel cielo senza essere stato guidato da qualcuno. "Perch qualcuno dovrebbe fare una cosa simile? Chi pu fare del male a un povero uccelli no?" singhiozz Jess rifugiandosi fra le braccia di Adam, mentre l'immagine della tartaruga mutilata di un bambino le si concre tizzava davanti agli occhi. Chiamarono la polizia dall'appartamento di Walter Fraser e atte sero l che due agenti controllassero l'alloggio di Jess. "Non troveranno nessuno", disse Jess, mentre Walter preparava una tazza di t e insisteva perch la bevesse. "Se n' andato da tem po." "Parli come se sapessi di chi si tratta", not Adam. "Lo so", annu Jess, raccontandogli brevemente di Rick Ferguson. "Hai per caso sentito qualcuno che saliva le scale, Walter?" gli chiese. "O hai visto qualcosa di sospetto?" "Solo il tuo amico qui", rispose Walter, indicando Adam e accomo dandosi in una poltrona di velluto verde. Jess guard Adam. "Camminava qui fuori", continu ancora Walter. "Ti stava aspet tando, immagino." "E che cosa mi dici della musica?" si affrett a chiedere Adam. "Sai a che ora si alzato il volume?" "Be, sono stato fuori la maggior parte del pomeriggio", rispose Walter, mentre ripercorreva mentalmente gli avvenimenti della giornata, "e quando sono tornato a casa la musica era gi alta. Ho pensato che fosse strano, ma poi mi sono detto: 'Chi sono io per lamentarmi?'Oltretutto era Placido Domingo, non mi dispiaceva nemmeno tanto ascoltarlo." "Non hai sentito nessuno salire?" chiese Jess. 175 "Se anche l'avessi sentito, avrei pensato che fossi tu." Le strinse la mano per rassicurarla. "Bevi il tuo t." La polizia fece le stesse domande e ricevette le stesse risposte. Non avevano trovato nessuno nell'appartamento di Jess, niente sembrava essere stato toccato. " sicura di non avere lasciato aperta la finestra?" chiese un'a gente, una ragazza dai capelli rossi e la pelle coperta di len tiggini che prendeva appunti. "Ne sono sicurissima." "E lo stereo e la gabbia del canarino, non c' nessuna possibili t..." "Nessuna possibilit", ripet Jess ostinatamente. "Possiamo mandare qualcuno a rilevare le impronte", disse l'agen te pi anziano, che si chiamava Frank Mettila. "Non preoccuparti, Frank", gli disse Jess, pensando che era in vecchiato dall'ultima volta che l'aveva visto. "Non ha lasciato impronte." Jess rifer i suoi sospetti e disse che era gi stato spiccato un mandato di arresto per Rick Ferguson. "Ti andrebbe se mettessimo un agente a sorvegliare la tua casa, stanotte?" chiese Frank. "C' gi qualcuno che mi tiene d'occhio", disse Jess. "Un detec tive assoldato dal mio ex marito." "Controllava la casa?" chiese Adam. "No, sfortunatamente, seguiva me, cos non pu avere visto nien te." "Passeremo di qui ogni mezz'ora", disse Frank Metula. "Non torner", disse Jess. "Almeno non stanotte." "Rester io con lei", si offr Adam e il tono deciso della sua voce non ammetteva discussioni. "La pistola che si trova nel suo comodino", disse la ragazza,

"immagino che abbia una licenza, vero?" Jess non disse nulla, mentre la giovane seguiva il suo collega fuori della porta. Era sdraiata sul letto, circondata dalle braccia di Adam. Di tanto in tanto si era assopita, facendo sogni strani e inquie tanti che scomparivano non appena apriva gli occhi e, ogni volta che si muoveva, sentiva le braccia di Adam stringersi intorno a lei. Dopo che la polizia se n'era andata, lei e Adam erano tornati al suo appartamento e si erano buttati sul letto, completamente ve stiti. Non c'era stato, da parte di nessuno dei due, nessun ten tativo di scivolare nel romantico, erano rimasti l, semplicemen te abbracciati, con Jess che di quando in quando chiudeva gli oc chi e li riapriva per trovare Adam che la guardava. "Che cosa?" chiese, sedendosi sul letto e stroppicciandosi gli occhi assonnati mentre si scostava alcune ciocche di capelli dal viso. "Stavo pensando a quanto sei bella", disse Adam e lei fu quasi sul punto di ridere. "Non sono truccata", gli disse. "Ho addosso lo stesso vestito da stamattina e ho pianto per met della notte. Come fai a dire che sono bella?" "Come puoi pensare di non esserlo?" domand lui a sua volta, mas saggiandole delicatamente i muscoli del collo. 176 Jess inarc la schiena e si appoggi di pi alle sue mani. "Con tinuo a sentire quei maledetti toreri che marciano nel, mio cer vello", disse, riferendosi alla musica che li aveva accolti al loro rientro. " buffo, ma non mi mai piaciuta la Carmen." "No?" "L'ennesima donna arrogante che non si comporta come vuole un uo mo e lui la uccide; ne ho gi abbastanza di queste storie con il mio lavoro." Le dita esperte di Adam scioglievano la tensione dai suoi muscoli indolenziti. "Cerca di non pensare a niente, ora. Rilassati, cer ca di dormire." "A dire il vero, ho fame", disse lei, sorprendendo se stessa. "Non riesco a crederlo ma, qualunque cosa accada, ho sempre fa me." "Vuoi che ti prepari una delle mie omelette?" "Troppo lavoro, che cosa ne dici se metto un paio di pizze nel microonde?" "Ottima idea." Si alz dal letto e barcoll verso la cucina, sentendo sua madre che le diceva sempre di alzare i piedi quando camminava. Adam era dietro di lei quando apr la porta del freezer e tir fuori una confezione di pizze surgelate. "Solo una per me", le disse. Jess mise tre piccole pizze surgelate su un piatto e sent le braccia di Adam che le cingevano la vita, allora si appoggi con tro di lui e si lasci sostenere, certa che lui non l'avrebbe la sciata cadere, e poi sent le sue labbra fra i capelli, sul col lo, sulla guancia. Lentamente, con riluttanza, si liber dal suo abbraccio, port il piatto con le pizze vicino al forno e apr lo sportello. Immediatamente si sent sopraffare da un'ondata di disgusto e si port una mano alla bocca, boccheggiando per l'orrore di quello che aveva visto. Il canarino era disteso, rigido, le zampette tese nell'aria, le piume gialle annerite, gli occhi vitrei nello sguardo della mor te. "Oh, mio Dio", singhiozz Jess, allontanandosi; le tremavano le gambe e le girava la testa per la nausea. "Che cosa succede?" chiese Adam, precipitandosi a sostenerla pri ma che cadesse. Lei apr la bocca per parlare, ma le parole rifiutarono di uscire e un istante dopo vomit sul pavimento della cucina. LA risvegli l'odore del caff. Adam era seduto ai piedi del letto e teneva in mano una tazza di caff fumante. "Non sapevo se te la saresti sentita di mangiare", disse, alzando le spalle come per volersi scusare, "cos non ti

ho preparato niente." Jess prese la tazza, bevve un sorso di caff e lo tenne in bocca per qualche istante, cercando di liberarsi dal sapore sgradevole che ancora vi albergava. Ricordava vagamente Adam che l'aiutava a ripulirsi, a indossare la camicia da notte e a mettersi a letto. "Come ti senti?" le chiese. "Come se fossi finita sotto un treno", rispose lei. "Come se qualcuno mi avesse rubato tutta l'energia vitale." "In un certo senso, qualcuno lo ha fatto", le ricord lui. 177 "Oh, Dio", mormor Jess. "Il mio povero Fred." Un singhiozzo le rimase chiuso in gola mentre osservava le proprie mani che trema vano. Adam le ferm, tenendole strette nelle sue, prese la tazza e l'appoggi sul comodino. "Che notte", osserv Jess e per poco non si mise a ridere. "Voglio dire, quando stata l'ultima volta che hai avuto una notte simile? Porti fuori a cena una donna e finisci con l'essere interrogato dalla polizia, per non parlare del fatto che sei costretto a scrostare canarini arrostiti dal forno a microonde." Jess trattenne di nuovo un singhiozzo. "E tanto per chiudere in bellezza, la tua dama ti vomita addosso." "A dire il vero, mi hai mancato", disse piano. "Davvero? Allora devi essere stato l'unica cosa che ho mancato." "Quasi." "Oh, Dio, il pensiero di dover pulire quel pasticcio..." "Gi fatto." Jess lo guard con gratitudine. "E Fred?" sussurr. "Mi sono occupato anche di lui", rispose semplicemente Adam. Lei rimase in silenzio per alcuni secondi, infine disse: "Dovrei farmi una doccia e lavarmi i denti". Lui si alz dal letto. "Vedr che cosa posso preparare per cola zione, pensi di poter mangiare qualcosa?" "Mi vergogno a dirlo, s." Lui sorrise. "Vedi che non stato cos brutto, dopotutto, vero?" "Che cosa?" "Vomitare, la cosa che temevi di pi. Lo hai fatto, in modo spet tacolare, direi, e sei sopravvissuta per raccontarlo." "Comunque l'ho odiato." "Ma sei sopravvissuta." "Per ora." "Vai a farti una doccia, ti sentirai molto meglio." Le baci la punta del naso e usc dalla stanza. Jess rimase seduta sul letto per alcuni minuti, guardando verso la finestra, immaginando l'aria fredda che incollava il viso con tro il vetro della finestra, come un bambino ansioso di entrare per riscaldarsi. Sembrava una giornata meravigliosa, soleggiata e con un alito di vento che faceva muovere le cime degli alberi. Si domand che altri orrori si nascondessero in quel sole freddo. "Guardami a lungo", sembrava dirle mentre si avvicinava alla fi nestra, e ti accecher. Avvicinati troppo e ti ridurr in cene re." "Oooh!" rugg, ma il sole rimase l, imperterrito. Non si era mai resa conto prima di quanto fosse silenzioso il suo appartamento senza il dolce cinguettare del canarino; la sua me lodia sempre stata presente, pens, mentre andava in bagno, fa ceva scorrere l'acqua e si spogliava, un suono cos delicato... Chiudendo la porta del bagno, sent Adam muoversi in cucina, en tr nella vasca da bagno e tir la tenda della doccia. Cos deli cata, cos costante, cos viva. E ora era scomparsa per sempre. "Maledizione a te, Rick Ferguson", sussurr. Posizionandosi direttamente sotto il getto d'acqua, Jess pens che si stava avvicinando, orchestrando ogni sua mossa in modo da raggiungere il massimo effetto. Proprio come aveva fatto con Con nie DeVuono: le irruzioni nel suo appartamento, le intimidazioni, il terrore crescente, la mutilazione di un animale innocente, tutto per spaventare a morte la povera donna prima di finirla.

178 Strappa ancora le ali alle farfalle, pens Jess, ricordando il sorriso che l'aveva fatta rabbrividire la prima volta che l'aveva visto. Quel sorriso era stato molto eloquente. "Oooh!" url, girandosi di scatto con le mani ad artiglio. Prese il sapone e se lo pass su tutto il corpo, compresi i ca pelli, e si ricord improvvisamente della scena della doccia nel film Psycho di Alfred Hitchock. Nella sua mente rivide la povera lane Leigh che si lavava, la porta del bagno aprirsi lentamente, l'ombra che si avvicinava, il grande coltello da macellaio che si alzava nel momento in cui la tenda della doccia si apriva e la lama che affondava nella carne della donna pi e pi volte. "Mio Dio!" esclam Jess ad alta voce, sciacquandosi i capelli. "Stai cercando di aiutare Rick Ferguson? Che cosa ti succede?" Poi sent la porta del bagno aprirsi e vide entrare Rick Fergu son. Trattenne il respiro, cercando di gridare, ma senza riuscir vi. Oooh! pens, ma non riusc a emettere alcun suono. Rick Fer guson rimase in piedi a guardarla per alcuni secondi finch lei chiuse il rubinetto della doccia, poi d'un tratto and verso di lei, con le braccia tese. Dov' Adam? si chiese, cercando qualco sa con cui difendersi, afferrando il sapone per scagliarlo contro Rick Ferguson. Come aveva fatto ad entrare? Che cosa aveva fatto ad Adam? Due mani afferrarono la tenda della doccia e l'aprirono. Jess respir profondamente. "Oooh!" grid forte, lanciando il sapone verso l'aggressore, che fece qualche passo indietro, inciamp e cadde contro il lavandino, proteggendosi il viso con le mani. "Perdio, Jess", lo sent gridare. "Sei impazzita? Stai cercando di uccidermi?" Lei fiss l'uomo che si trovava davanti a s. "Don?" chiese pia no. "Jess, tutto bene?" grid Adam, correndo verso il bagno. "Non ne sono certa", gli rispose lei. "Che cosa ci fai qui, Don? Mi hai spaventata a morte." "Io ho spaventato te?" domand lui. "Mi hai quasi fatto venire un infarto!" "Ti avevo detto di aspettare finch finiva la doccia", disse Adam, senza riuscire a trattenere un sorriso divertito. "Che cosa ci fai qui?" domand di nuovo lei. Don guard prima Jess, poi Adam e poi di nuovo Jess. "Posso parlarti in privato per qualche istante?" Lei si scost i capelli bagnati dalla fronte, rendendosi improv visamente conto di essere nuda di fronte a due uomini, uno dei quali era il suo ex marito e l'altro gli sarebbe piaciuto che fosse il suo amante. "Qualcuno potrebbe passarmi un asciugamano?" domand, cercando di assumere un atteggiamento disinvolto. Adam l'avvolse immediatamente in un ampio asciugamano color pesca e l'aiut a uscire dalla vasca, "Grazie, Adam", disse Jess. Adam sorrise a Don e gli disse: "Dobbiamo smetterla di incontrar ci cos", e usc dal bagno. "Che cosa succede, Don?" chiese Jess non appena Adam fu uscito. "Dimmelo tu." "Sei tu quello che ha fatto irruzione nel mio bagno", gli ricord lei. 179 "Io non ho fatto irruzione, ti ho chiamato un paio di volte. Pen savo di averti sentita dire qualcosa, ho immaginato che mi avessi detto di entrare, cos l'ho fatto, poi ti ho trovata che mi mi nacciavi con un pezzo di sapone." "Pensavo che fossi Rick Ferguson." "Rick Ferguson?" "La mia immaginazione un posovreccitata, di questi tempi", gli disse. "Ti spiace se andiamo in camera? Mi sento ridicola stando

qui a parlare avvolta in un asciugamano." "Jess, eravamo sposati, non ricordi?" "Non mi hai ancora detto che cosa ci fai qui." Lei lo precedette in camera da letto, infilando la vestaglia e asciugandosi i capelli con un asciugamano pi piccolo. "Ero preoccupato per te", disse lui. "Il tizio che lavora per me mi ha detto che c' stato un podi trambusto qui, ieri sera, e che persino arrivata la polizia." " successo la notte scorsa." "Non sono rientrato fino a questa mattina", ammise timidamente. Jess lo osserv, fingendo di rimproverarlo, ma in realt provava un immenso sollievo. "Sono venuto subito qui. Il tuo ragazzo", disse, quasi tossendo, "mi ha fatto entrare e mi ha detto che eri nella doccia, ma..." "...ma tu volevi accertartene personalmente. Be, lo hai fatto." "Che cosa accaduto la notte scorsa?" chiese Don. Jess gli raccont di essere tornata a casa, di avere incontrato Adam che l'aspettava, di avere trovato la finestra aperta e il canarino scomparso e gli raccont di come avevano ritrovato Fred nel forno. "Ges, Jess, mi dispiace." Lei si ritrov di nuovo a sopprimere le lacrime. "Era un uccelli no cos dolce, gli piaceva starsene l nella sua gabbia a canta re tutto il giorno. Che razza di pazzo..." "Ci sono moltissimi matti l fuori", disse tristemente Don. "Uno in particolare." "Devo dirti una cosa", afferm gravemente Don. "Qualcosa che do vrebbe calmarti, se questo possibile." "Che cosa?" "Rick Ferguson si costituito questa mattina alle otto." "Che cosa?!" Jess corse immediatamente verso l'armadio e cerc dei vestiti. "Sostiene di non avere saputo che la polizia lo stava cercando, era con una donna che aveva incontrato..." "Certo. Solo che casualmente non se ne ricorda il nome, ci scom metto." "Non credo che gliel'abbia chiesto." Jess indoss della biancheria, poi si infil i blue jeans e un maglione blu pesante. "Da quanto tempo lo sai?" Jess scorse la tristezza negli occhi di Don. "C'erano due messag gi in segreteria quando sono rientrato stamattina", rispose lui. "Uno riguardava te e ci che accaduto qui ieri sera; l'altro era di Rick Ferguson, che mi diceva che era tornato a casa e sua madre gli aveva detto che la polizia lo stava cercando, cos sa rebbe andato alla stazione di polizia a costituirsi. Sto andando l ora, penso di poterlo convincere a collaborare con il procura tore distrettuale." 180 "Bene, vengo con te." Jess raccolse i capelli bagnati in una coda di cavallo. "E che cosa mi dici del cuoco, di l?" Jess guard verso la cucina. "La colazione aspetter." "Hai intenzione di lasciare quell'uomo solo nel tuo appartamen to?" La voce di Don era incredula. "Jess, devo ricordarti che l'ultima volta che stato qui ti sei ritrovata con tutte le tue mutandine ridotte in strisce?" "Don, non essere ridicolo." " stata solo una coincidenza il fatto che fosse qui ieri sera, Jess?" chiese Don, impaziente. "Non ti mai venuto in mente che potrebbe essere stato Adam a entrare nel tuo appartamento? Che potrebbe essere stato lui a uccidere il tuo canarino? Lo hai sor preso nel momento in cui stava abbandonando la scena del delitto, accidenti!" "Non l'ho affatto sorpreso", protest Jess, la voce stridula. "E era qui per me, non salito."

"Chi lo dice?" "Lui", farfugli Jess. "E tu credi a tutto quello che ti dice? Non ammetti nemmeno la possibilit che ti abbia mentito?" "Non raccontarmi segreti, non ti racconter bugie", mormor piano Jess, senza rendersi conto di avere parlato ad alta voce. "Che cosa?" Lei torn alla realt. "No, non ha senso, Don, perch mai Adam dovrebbe fare questo? Che motivi potrebbe avere?" "Non ne ho idea, so soltanto che da quando hai conosciuto quel tipo, ti sono successe un sacco di cose strane. Strane e perico lose." "Ma Adam non ha alcun motivo di farmi del male." L'espressione sul viso di Don pass dalla preoccupazione alla tristezza. "Ti stai innamorando di lui, Jess?" chiese. Lei sospir. "Non lo so." "Per l'amor del cielo, Jess, un venditore di scarpe, accidenti. Che cosa ci fai tu con un tipo cos?" "Non un venditore di scarpe", disse piano lei. "Come?" "Be, lo , s", si corresse. "Ma non importa." "Che cosa stai cercando di dire, Jess?" " un avvocato." "Che cosa?" " un avvocato." "Un avvocato", ripet Don. " accaduto qualcosa che gli ha sconvolto la vita, cos ha rinun ciato alla professione..." "E ha trovato la sua realizzazione lavorando in un negozio di calzature, questo che stai cercando di dirmi?" " una storia molto lunga." "E molto strana. Jess, sei talmente innamorata di quel tipo che non riconosci un pezzo di merda quando ti colpisce in faccia?" " molto complicato." "Soltanto le menzogne sono complicate", disse Don. "La verit molto semplice, di solito." Jess fiss prima il pavimento poi il soffitto, infine la fine stra, evitando di guardare il suo ex marito, rifiutando di consi derare la possibilit che potesse avere ragione. 181 "Sai che voglio solo il tuo bene, vero?" disse Don. Lei annu, mentre le lacrime tornavano a riempirle gli occhi, le asciug con un gesto di rabbia. " quello che ho sempre voluto", aggiunse piano Don. Jess annu. "Dovremmo andare alla polizia, adesso", disse. "Ho qualche domanda da fare al tuo cliente." Rick Ferguson era seduto nella stessa sedia, nella stessa stanza, quasi nella stessa posizione dell'ultima volta in cui Jess lo aveva interrogato. Due detective erano seduti in un angolo, per un istante lei ebbe l'impressione di non essere mai uscita di l. Lui indossava la stessa giacca di pelle marrone, gli stessi blue jeans, gli stessi stivaletti a punta e aveva lo stesso atteggia mento di superiorit. Non appena lei entr nella stanza, si irri gid, seguendo i suoi movimenti come un cobra e lentamente, si risistem nella sua posizione, come pronto a colpire. Poi, quasi subito, si rilass e apr le lunghe gambe come se volesse mettere deliberatamente in mostra i suoi organi sessuali. "Mi piacciono i tuoi capelli", disse con voce strascicata a Jess, grattandosi pi gramente una coscia. "Il bagnato ti si addice, dovr ricordarme ne." "Taci, Rick", ordin Don, seguendo Jess nella stanza. "E siediti in maniera decente su quella sedia." Rick Ferguson si mise in una posizione leggermente pi composta, pur mantenendo aperte le gambe; i lunghi capelli gli ricadevano sciolti sulle spalle e, quando

se li sistem dietro un orecchio con aria distratta, Jess not un orecchino nel lobo sinistro. " nuovo?" chiese, indicando la pallina d'oro. "Sei un'osservatrice, Jess", not Rick Ferguson. "S, nuovo, mi sono anche fatto fare un tatuaggio, la bilancia della giustizia." Rise. "Sul culo, vuoi vederlo?" "Smetti di dire stronzate, Rick", gli disse Don senza mezzi ter mini. Lui parve sorpreso. "Ehi, perch ti agiti tanto? Tu sei il mio avvocato, ricordi?" "No, se continui cos." "Ehi, che cosa ti prende?" Il suo sguardo si spost rapidamente da Don a Jess. "C' qualcosa fra te e la bella avvocatessa?" "Hai detto che avresti risposto alle domande della signora Ko ster", disse Don con voce acuta. "Io ti dir quando meglio che tu non risponda." "Ehi, la mia vita un libro aperto, avanti, avvocato." "Ha ucciso Connie DeVuono?" domand immediatamente Jess. "No." "Dove si trovava il giorno della sua scomparsa?" "Che giorno era?" Lei gli forn la data e l'ora approssimativa. Rick Ferguson alz le spalle. "Credo di essere stato a casa con mia madre, quel pomeriggio, non si sentiva bene." "Dove lavora?" "Sai gi dove lavoro." "Risponda alla domanda." "Me la rifaccia con un podi cortesia." Jess guard il suo ex marito. "Rispondi alla domanda, Rick, hai accettato di collaborare", in tervenne Don. 182 "Non c' bisogno che lei sia scortese." Rick Ferguson si gratt il sesso. "Lavora per la Ace Magnetic Wire Factory, cos?" "Bingo." "Mi pu descrivere il suo lavoro, signor Ferguson?" "Signor Ferguson?" ripet lui, raddrizzandosi sulla sedia. "Mi piace come lo hai detto." "Dille che cosa fai, Rick", gli consigli Don. "Lo sa quello che faccio, lascia che lo dica lei." "Manovra una macchina che trasferisce le bobine di filo dal ma gazzino al piano di carico. cos?" " cos." "Prima di questo, la sua mansione era di pressare il filo." "Sempre giusto. Si vede che hai studiato la lezione, Jess, non avevo idea che ti interessassi tanto a me." "E che cosa mi dice del fatto che il filo che lei manipola ogni giorno dello stesso tipo di quello con cui stata uccisa Con nie DeVuono?" "Non rispondere", si affrett a dire Don. Rick Ferguson non disse nulla. "Dove stato negli ultimi giorni?" "Da nessuna parte." ^ "Potrebbe essere pi preciso?" "Direi di no." "Perch fuggito di casa durante la notte?" "Non sono mai fuggito di casa." "La sua abitazione era controllata: stato visto entrare la sera del 9 dicembre, ma il mattino seguente non stato visto uscire e non si presentato al lavoro." "Mi sono preso alcuni giorni di malattia, ne ho tutto il diritto. E se non mi vedete uscire dalla porta, colpa vostra, non mia." "Non fuggito?" "Se fossi fuggito, perch adesso sarei tornato? Perch mi sarei costituito spontaneamente?" "Me lo dica lei."

"Non c' niente da dire, non sono fuggito. Non appena ho saputo che mi stavate cercando, sono corso qui; non avevo nessun motivo per scappare, non avete niente contro di me." "Al contrario, signor Ferguson", disse Jess. "Ho un movente e ho l'arma del delitto." Rick Ferguson alz le spalle. "Non hai niente", ripet. "Non ha risposto alla domanda su dove stato nei giorni scorsi." "S, l'ho fatto, soltanto che non era la risposta che volevi sen tire." "Che cosa mi dice di ieri?" "Che cosa c'entra?" "Dove si trovava ieri? Di certo se lo ricorda, non poi passato molto tempo, vero?" "Mi ricordo, solo che non vedo come possa riguardarti." Guard il suo avvocato. "Che cosa c'entra dove mi trovavo ieri sera con il motivo del mio arresto?" "Rispondi alla domanda", gli disse Don e Jess lo ringrazi con un movimento quasi impercettibile della testa. "Ero con una ragazza che ho incontrato." "Come si chiama?" "Melanie", rispose lui. "E il cognome?" 183 "Non gliel'ho chiesto." "Dove abita?" "Non ne ho idea, siamo stati in un motel." "Quale motel?" "Il pi vicino." Esasperata, Jess spost lo sguardo dal pavimento di marmo rosso al soffitto. "In altre parole, non pu provare dove si trovava ieri." "E perch dovrei?" Di nuovo Rick Ferguson si rivolse a Don, stringendo gli occhi. "Che cosa c'entra dove mi trovavo ieri con l'omicidio di Connie DeVuono?" "Qualcuno entrato nell'appartamento della signora Jess Koster fra le due e le sette di ieri pomeriggio", gli comunic Don. "Oh, che peccato", comment Rick Ferguson, senza nascondere un sorriso. "Hanno rubato qualcosa?" Jess ricord la finestra aperta e la gabbia rotta. "Perch non me lo dice lei", domand, la voce impassibile, priva di emozioni. "Che cosa? Pensi che io..." Un'espressione di rimprovero si di pinse sul suo viso. "Lo ha fatto?" chiese Jess. "Te l'ho gi detto, ero insieme a una ragazza che si chiama Mela nie "Ci sono dei testimoni che l'hanno vista sul posto", ment Jess, domandandosi se Don avrebbe obiettato. "Allora i tuoi testimo ni si sbagliano", disse lui con calma. ^Perch dovrei fare irru zione nel tuo appartamento? Non sarebbe molto furbo." "Nessuno qui sostiene che lei sia molto furbo", afferm Jess. Rick Ferguson si irrigid. "Oh, sai come ferire un uomo, Tess." Le fece l'occhiolino. "Forse un giorno ti restituir il favore."; "Rick", intervenne Don prima che Jess potesse rispondere, "hai mai conosciuto un uomo di nome Adam Stohn?" Jess si volt di scatto verso il suo ex marito. "Mi ripeta il nome", disse Rick. "Adam Stohn", ripet Don. Jess rivolse di nuovo la sua attenzione a Rick Ferguson, aspet tando la sua risposta. " uno dei vostri testimoni?" domand Rick, poi scosse la testa. "Temo che quel nome non mi dica niente." Sorrise. "Ma lo sapete come sono con i nomi." "Non stiamo arrivando da nessuna parte", afferm Jess con impa zienza. "Lei sta dicendo che non sa assolutamente nulla dell'omi cidio di Connie DeVuono? questo che ci sta dicendo?" " questo che vi sto dicendo."

"Si preso gioco di noi", disse Jess, incollerita. "Vi ho solo detto la verit." "In questo caso", gli disse Jess, "si consideri in arresto per l'omicidio di Connie DeVuono." Si volt e usc in fretta dalla stanza. Don era dietro di lei. "Jess, aspetta un attimo, accidenti, pensa a quello che fai." I poliziotti in corridoio distolsero discre tamente lo sguardo. "Non c' niente su cui pensare." "Non hai prove, Jess." "Smettila di dirmi che non ho prove, ho un movente e ho l'arma del delitto. Di che cos'altro ho bisogno?" 184 "Di impronte sull'arma del delitto, per esempio, o di una prova del DNA eseguita sul corpo di Connie DeVuono che incastri il mio cliente, di qualche testimone che abbia visto la vittima insieme a Ferguson al momento della sparizione della donna. Qualcosa che leghi il corpo a Rick Ferguson, Jess, qualcosa che ponga in rela zione le due cose." "Io le pongo gi in relazione." "Ti auguro buona fortuna." "Ci vediamo in tribunale." JESS discusse con il suo supervisore fino al momento dell'udienza preliminare contro Rick Ferguson, che si tenne il venerd succes sivo. "Credo che sia stato un errore non portare questo caso davanti al gran giur", disse Jess a Tom Olinsky, mentre camminava accanto a lui per il corridoio. "E io ti ripeto che questo caso non si regge in piedi abbastanza saldamente per essere presentato al gran giur." Mentre cercava di non rimanere indietro, Jess pens che Tom Olin sky camminava molto rapidamente per essere un uomo tanto pesante. \ "Il tuo ex marito ci ha gi messi a terra con una mozione in limine." "Accidenti a lui", borbott Jess a proposito della mozione pre sentata da Don per limitare l'introduzione di prove da parte del lo Stato contro il suo cliente. "Sta solo facendo il suo lavoro, Jess." "E io sto cercando di fare il mio." Attraversarono la reception diretti agli ascensori. "Il gran giur avrebbe confermato l'imputazione", prosegu Jess. "A quest'ora avremmo gi una data per il processo." Inoltre lei non sarebbe stata costretta ad affrontare il suo ex marito tanto presto, dal momento che la difesa non era presente in un procedimento davanti al gran giur e non era consentito il controinterrogatorio dei testimoni. L'accusa pre sentava il caso a ventitr membri del gran giur e chiedeva loro di trovare un'imputazione per processare l'imputato. La richiesta di un'udienza preliminare, invece, in cui la difesa avrebbe cer cato di smantellare la prova di imputazione, si profilava pi ri schiosa in un caso come questo, e Jess lo sapeva bene. Jess sent l'odore del cibo che proveniva dal bar al piano di so pra e si chiese se Don e Rick Ferguson stessero prendendo il caf f nella saletta riservata agli accusati e ai loro difensori. Non aveva visto Don per tutta la settimana, non gli aveva nemmeno parlato da quando aveva saputo della mozione che lui aveva pre sentato. Sapeva, come le aveva ricordato anche Adam, che il suo ex marito stava soltanto facendo il suo lavoro, ma la rendeva fu riosa comunque, doveva proprio farlo cos bene? Non aveva visto neppure Adam per l'intera settimana, ma gli aveva parlato al telefono ogni sera. Era a Springfield, dai suoi geni tori, per la prima volta dopo anni, e sarebbe tornato a Chicago la domenica. Nel frattempo, la chiamava tutte le sere alle dieci, per augurarle la buonanotte e per dirle che l'amava. Jess non aveva parlato dei propri sentimenti, non si sentiva ab bastanza sicura. Senza dubbio, si sentiva molto attratta da lui, senza dubbio le piaceva moltissimo e capiva il dolore che aveva vissuto. Ma lo amava? Non lo sapeva, aveva paura di scoprirlo.

185 Lasciati andare, sentiva delle voci lontane che le sussurravano. Lasciati andare, lasciati andare. Forse dopo l'udienza preliminare, forse dopo essere riuscita a intentare un processo contro Rick Ferguson, avrebbe potuto scac ciare i dubbi su Adam che Don le aveva insinuato e concentrarsi su quello che stava per nascere fra di loro. Fidati del tuo istinto, mormoravano le voci, fidati del tuo istinto. "Dopo di te", disse Toni Olinsky aprendo la porta e lasciando en trare Jess. Uno strano momento per un gesto cavalleresco, pens lei, guardando l'aula di tribunale., Le aule al secondo, terzo e al quarto piano le ricordavano delle piccole astronavi: una volta all'interno, ci si ritrovava in un piccolo spazio intera mente circondato da pareti di vetro, al di l delle quali gli spettatori assistevano al procedimento. Il seggio del giudice si trovava contro la parete opposta rispetto alla porta d'ingresso e il banco dei testimoni si trovava alla destra o alla sinistra del giudice, a seconda dell'aula. In quell'aula il banco delle deposizioni stava alla sinistra del giudice e alla destra di Jess.! Dopo le quattro del pomeriggio, in quelle aule si teneva no solo processi per droga. Quando Jess e il suo supervisore entrarono nell'aula, tutti gli addetti erano gi al loro posto e Neil Strayhorn si trovava al banco dell'accusa. Jess appoggi la borsa sul pavimento, scrutando l'aula per vedere se qualcuno dei testimoni fosse; : gi arrivato. "Non c' nessuno", le disse Neil. "Hai controllato con la polizia per assicurarti che abbiano rice vuto la notifica?" chiese Toni Olinsky, seduto accanto a Neil. ; "Alle sette e quarantacinque di questa mattina", gli rispose Jess, domandandosi perch le facesse una domanda tanto; elemen tare; certo che aveva controllato, aveva anche chiamato il labo ratorio di medicina legale per rivedere le prove e : aveva parla to con Hilary Waugh a proposito delle domande; che le avrebbe fatto al banco dei testimoni. Anche la madre '\ di Connie, la si gnora Gambala, avrebbe testimoniato insieme con alcune colleghe e amiche di Connie, sostenendo la;," tesi dell'accusa secondo cui Connie era spaventata a morte da Rick Ferguson a causa delle minacce che questi aveva rivolto contro la sua persona se lei avesse continuato ad accusarlo, fornendo cos all'accusa il mo vente dell'omicidio. "Tom, non sei costretto a restare", disse Jess. "Neil e io ce la caveremo benissimo." "Voglio vedere come va", rispose lui, appoggiandosi alla spallie era della sedia. Jess sorrise, grata di quel sostegno morale; l'aveva messa in difficolt per tutta la settimana, ma poi alla fine aveva accon disceso al suo forte desiderio di procedere contro Rick Ferguson. "Ho l'impressione che quella signora stia cercando te", le disse Tom quando la porta dell'aula si apr e una donna anziana, vesti ta di nero, mise dentro la testa con aria incerta. "Signora Gambala", disse Jess, avvicinandosi alla donna e pren dendole le mani. "Grazie per essere venuta." "Rinchiuderemo quel mostro?" chiese la signora Gambala in tono quasi affermativo. 186 "Lo rinchiuderemo", la rassicur Jess. "Ricorda il mio collega, Neil Strayhorn? E questo Tom Olinsky, il mio supervisore. Tom, questa la madre di Connie DeVuono, la signora Gambala." "Piacere, signora Gambala", disse Tom, alzandosi lentamente in piedi. "Speriamo di non doverla trattenere troppo a lungo." "L'importante che sia fatta giustizia", rispose con decisione la signora Gambala. "Dovr aspettare fuori fino a quando arriver il momento di de porre", le spieg Jess, guidandola lungo il corridoio. "Intanto pu accomodarsi qui." Le indic una panchina lungo il muro, ma la donna rimase in piedi. "Ha capito che cosa le chieder quando sa r chiamata a testimoniare? Le mie domande sono chiare?" La signora Gambala annu. "Io dico la verit: Connie era terro rizzata da

quell'uomo, aveva minacciato di ucciderla." "Bene, ora non si preoccupi. Se non capisce una domanda o se non capisce che cosa succede, qualunque cosa che la difesa possa chiederle, lo dica, si prenda tutto il tempo di cui ha bisogno." "Rinchiudiamo quel mostro", ripet la signora Gambala, andando verso la finestra che si trovava alla fine del corridoio e met tendosi a fissare il cielo grigio e freddo. Gli altri testimoni arrivarono poco dopo. Jess parl brevemente con la polizia e con i medici legali, ringrazi gli amici e i colleghi di Connie, li accompagn alla panchina e disse loro che poco dopo sarebbero stati chiamati a deporre, poi torn in aula. Il pubblico, composto per la maggior parte di avvocati e di clienti che aspettavano il loro turno, si stava accomodando, ma Don e Rick Ferguson non erano ancora arrivati. L'ufficiale giudiziario si schiar un pola voce, prima di ri chiamare all'ordine la corte e presentare il giudice Carolina McMahon, una donna sui quarant'anni, il cui viso rotondo non giu stificava un corpo tanto spigoloso. Aveva i capelli corti e scuri e una carnagione molto pallida che s'imporporava tutte le volte che perdeva la pazienza, il che accadeva spesso. Don spinse le porte dell'aula di tribunale con gesto drammatico proprio nel momento in cui l'ufficiale stava leggendo il nome di Rick Ferguson. "Qui, vostro onore", disse ad alta voce, accompagnando il suo cliente al banco della difesa. "La difesa pronta?" domand Caroline McMahon, con tono lieve mente sarcastico. "S, vostro onore." "E lo Stato?" "Lo Stato pronto, vostro onore", rispose Jess. "Ho intenzione di riservarmi il giudizio sulla sua mozione, si gnor Shaw", annunci Caroline McMahon, "per esaminare il caso dell'accusa. Signora Koster, pu procedere." "Grazie, vostro onore", disse Jess andando verso il banco dei te stimoni. "Lo Stato chiama a testimoniare il detective George Far quharson." Il detective George Farquharson, un uomo alto, biondo e un pocalvo, entr con passo deciso in aula, giur e si sedette, di chiarando ad alta voce il proprio nome. "Il pomeriggio del 5 dicembre", inizi Jess, "lei ha avuto occa sione di investigare sulla morte di Connie DeVuono?" "S." "Ci pu raccontare che cosa accaduto?" 187 "Il mio collega e io ci siamo recati alle Skokie Lagoons in se guito alla chiamata del signor Henry Sullivan che, andando a pe sca, aveva rinvenuto il corpo della signora DeVuono. Non appena abbiamo visto il corpo, abbiamo capito che si trattava di omici dio." "Perch?" Un pezzo di filo metallico era ancora avvolto intorno al collo della vittima", rispose il detective Farquharson. "E che cosa ha fatto dopo avere visto il corpo?" "Abbiamo delimitato l'area e chiamato il medico legale, poi il corpo stato caricato su un'ambulanza e mandato in Harrison Street." "Grazie, detective." Don si alz. "Ha trovato altre prove oltre al filo intorno al collo della signora DeVuono, detective Farquharson?" "No." "Nessuna impronta? Nessun mozzicone di sigaretta? Nessun vesti to?" "No, signore." "Allora non c'era niente sulla scena del delitto che potesse col legare il mio cliente alla vittima?" "No, signore." "Grazie." Don torn a sedersi. "Adesso pu andare, detective Farquharson", disse il giudice McMahon.

"Lo Stato chiama ora a testimoniare la dottoressa Hilary Waugh." Hilary Waugh indossava un completo blu, giacca e pantaloni, un semplice filo di perle e aveva i capelli raccolti in un'austera crocchia che la faceva assomigliare a un'istitutrice inglese. "Dottoressa Waugh", disse Jess, mentre Hilary Waugh si sedeva al banco dei testimoni, "quali sono i risultati dell'autopsia ese guita sul corpo di Connie DeVuono?" "Abbiamo verificato che Connie DeVuono morta per asfissia in seguito a strangolamento con un filo metallico. Il filo le ha anche reciso la giugulare, ma questo avvenuto dopo la morte." "Ha riscontrato tracce di percosse sul corpo di Connie DeVuono?" "S, aveva il polso sinistro e alcune costole fratturati e la mandibola slogata." "C'erano tracce di violenza sessuale?" "S, il corpo era nudo e la vagina mostrava evidenti segni di trauma." "Da quanto tempo era morta la signora DeVuono al momento del ri trovamento, dottoressa?" "Da circa sei settimane. Abbiamo potuto identificarla grazie alle impronte dentali." "Grazie." "C'erano tracce di sperma nella vagina?" domand Don, scattando rapidamente in piedi. "No, non ne abbiamo trovate." "Segni di morsi?" "Solo di animali." "Nessuna traccia di sangue che non appartenesse alla signora De Vuono?" "No." "Tracce di saliva?" 188 "Nessuna che sia stato possibile trovare al momento dell'auto psia; la signora DeVuono era morta da circa sei settimane e si trovava in avanzato stato di decomposizione." "Tuttavia, a causa del freddo intenso, il processo di decomposi zione era stato rallentato. Non cos?" "S." "Ciononostante non sono stati rinvenuti campioni di sangue, segni di denti o tracce di saliva, niente di significativo. Di certo nulla che possa aiutare a identificare il responsabile del crimi ne." "No", ammise la dottoressa. "Grazie, dottore." "Lo Stato chiama il dottor Rudy Wang", disse Jess non appena Hi lary Waugh ebbe lasciato il banco dei testimoni. Il dottor Wang era piccolo, aveva i capelli bianchi e, nonostante il cognome asiatico, era di origine polacca. Indossava un abito gessato marrone e la sua espressione accigliata gli conferiva l'aria di uno che avesse dimenticato di mettersi gli occhiali. "Dottor Wang, ha avuto l'opportunit di esaminare il filo usato per strangolare Connie DeVuono?" chiese Jess, avvicinandosi al banco dei testimoni. "S." "Potrebbe descrivercelo?" "Era un filo magnetico, di acciaio grigio, lungo circa quaranta cinque centimetri, del diametro approssimativo di mezzo centime tro, molto forte, molto robusto." "Lei ha anche esaminato un pezzo simile di filo prodotto dall'A ce Magnetic Wire Factory dove lavora l'accusato, non cos?" "S, erano identici." Don si alz, andando davanti al banco dei testimoni prima che Jess fosse ritornata al suo tavolo. "Dottor Wang, c'erano impron te sul filo rinvenuto intorno al collo della vittima?" "No."

"Nemmeno parziali? Nulla?" "No, niente." "E direbbe che quel tipo di filo comune?" Rudy Wang alz le spalle. "Abbastanza comune, credo." "Lo si potrebbe comprare in un negozio di ferramenta?" "S, credo che si potrebbe trovarlo in un negozio di ferramenta, s." "Grazie." "Pu andare", disse il giudice. Don sorrise a Jess, prima di tornare al suo posto. "Detesto vedere un avvocato cos felice", sussurr Tom Olinsky a Jess. "Lo Stato chiama a deporre la signora Rosaria Gambala", disse ad alta voce Jess, i pugni stretti per la rabbia. La signora Gambala, tutta vestita di nero, cammin lentamente dal fondo dell'aula verso il banco dei testimoni, ondeggiando, come se stesse per cadere da un momento all'altro. Si appoggi al ban co dei testimoni, mentre giurava, e i suoi occhi esaminavano ner vosamente tutta l'aula. Un grido strozzato sembr uscirle dalle labbra. "Si sente bene, signora Gambala?" domand Jess. "Vuole un bic chiere d'acqua?" 189 "Sto bene", disse la donna, con voce sorprendentemente forte e sicura. "Pu dire in che relazione lei si trovava con la vittima?" chiese Jess. "Sono sua madre", rispose la donna, parlando della propria figlia al presente. "Quando ha denunciato per la prima volta la scomparsa di sua fi glia, signora Gambala?" "Il 29 ottobre 1992, quando Connie non venuta a prendere Stef fan dopo il lavoro." "Steffan il figlio della vittima?" "S, mio nipote. Viene a casa mia dopo la scuola, fino a quando Connie ha finito di lavorare. Chiama sempre prima di uscire dall'ufficio." "E nel pomeriggio del 29 ottobre sua figlia ha chiamato e ha det to che stava per arrivare, ma non mai arrivata, vero?" "S, allora ho chiamato la polizia, ma mi hanno detto che dovevo aspettare almeno ventiquattro ore. Allora ho chiamato lei, ma non era a casa." "Perch ha telefonato a me, signora Gambala?" "Perch lei era il suo avvocato e doveva aiutarla; sapeva che si trovava in pericolo, sapeva delle sue minacce", disse, puntando un dito accusatorio contro Rick Ferguson. "Obiezione!" grid Don. " una supposizione." "Questa un'udienza preliminare", gli ricord Jess, "sono ammes se le supposizioni." "Glielo permetto", intervenne il giudice. "Continui pure, signora Koster." Jess rivolse di nuovo l'attenzione alla signora Gambala. "Rick Ferguson ha minacciato di morte sua figlia?" "S, aveva paura di lui, diceva che la voleva uccidere." "Obiezione", grid di nuovo Don. "Vostro onore, possiamo avvici narci?" I due avvocati si diressero verso il giudice. "Vostro onore, credo che sia giunto il momento di decidere sulla mia mozione per limitare le prove da introdurre in questo caso, dal momento che quasi tutte le prove contro il mio cliente si ba sano su supposizioni altamente pregiudiziali", disse Don, pren dendo l'iniziativa. "Questo perfettamente ammissibile in un'udienza preliminare", torn a ripetere Jess. "Vostro onore, non ci sono prove che il mio cliente abbia mai mi nacciato Connie DeVuono." "Lo Stato chiamer diversi altri testimoni, oltre alla signora Gambala, i quali testimonieranno che Connie era spaventata a mor te dall'accusato. Aveva minacciato di ucciderla, se avesse testi moniato contro di lui in tribunale." "Vostro onore, una simile supposizione non soltanto pregiudi ziale, ma assolutamente irrilevante."

"Irrilevante?" chiese Jess, sentendo la sua voce rimbombare fra le pareti di vetro. "Si tratta del movente, vostro onore. Connie DeVuono aveva accusato Rick Ferguson di averla violentata e pic chiata..." "Cosa che non mai stata dimostrata in un'aula di giustizia", le ricord Don. 190 "Gi, perch Connie DeVuono non mai riuscita ad arrivare in tribunale, stata assassinata prima che potesse testimoniare." "Vostro onore", ribatt Don, "il mio cliente ha sempre sostenuto di essere innocente riguardo all'aggressione alla signora DeVuo no, infatti ha un alibi di ferro per il momento della presunta violenza." "Chiamer a deporre numerosi agenti sul fatto che la vittima ha riconosciuto Rick Ferguson come l'uomo che l'ha picchiata e vio lentata", si fece avanti Jess. "Soltanto supposizioni, vostro onore", afferm pigramente Don. "Poich Connie DeVuono non ha detto nulla alla polizia riguardo a Rick Ferguson fino a tre giorni dopo la violenza, la sua dichia razione non pu essere classificata come 'denuncia in stato di evidente turbamento e perci non pu fare eccezione alla regola delle supposizioni. L'unica persona, vostro onore, che pu iden tificare il mio cliente come il suo assalitore, che pu testimo niare di essere stata minacciata, morta. Dal momento che non mai stato dimostrato che il mio cliente abbia avuto qualcosa a che fare con la violenza subita dalla signora DeVuono, devo chie derle di non permettere l'introduzione di prove cos pregiudizia li contro il mio cliente." "Vostro onore", si affrett a dire Jess, "lo Stato sostiene che questa prova, sebbene con carattere di supposizione, sia decisa mente attendibile, si tratta dell'essenza stessa del caso contro Rick Ferguson." "Il fatto che lo Stato non ha niente che colleghi il mio clien te alla donna morta tranne una serie di supposizioni prive di fondamento." "Giudice McMahon", continu Jess, notando che le guance del giu dice cominciavano a colorarsi di rosa, "lo Stato intende chiamare a deporre la migliore amica della vittima e una collega. Entrambe le donne testimonieranno che Connie DeVuono era terrorizzata da Rick Ferguson, che aveva raccontato loro delle sue minacce di morte se lei avesse testimoniato contro di lui..." "Vostro onore, qui stiamo continuando a girare intorno allo stes so argomento." Don alz le braccia in un gesto di esasperazione. "Che cosa sta succedendo?" grid la signora Gambala dal banco de gli imputati. "Non capisco." Caroline McMahon.rivolse uno sguardo comprensivo all'anziana si gnora. "Pu andarsene", le disse piano, mentre le sue guance si facevano ancora pi rosse. "Non capisco", ripet la signora Gambala. "Va tutto bene", le disse Jess, aiutandola a scendere dal banco dei testimoni. " stata bravissima, signora Gambala." "Non deve farmi altre domande?" "Non per il momento." "Quell'uomo non deve farmi delle domande?" Punt un dito tremante verso Don. "No", rispose piano Jess, notando l'espressione di sconfitta sul volto di Tom Olinsky, mentre Neil Strayhorn riaccompagnava fuori dall'aula la signora Gambala. "Ora, signor Shaw, sono pronta a deliberare sulla sua mozione", afferm il giudice. Don e Jess si avvicinarono al giudice. "Sono d'accordo con la difesa, signora Koster", annunci Caroline McMahon. 191 "Ma, vostro onore..." "L'effetto pregiudiziale delle prove supera largamente il loro valore probatorio e quindi proibisco allo Stato di portarle in

tribunale." "Ma senza queste prove, vostro onore, avremo le mani legate. Lo Stato non pu dimostrare il movente, semplicemente non possiamo sostenere il caso." "Sono d'accordo", afferm il giudice. " pronta a ritirare le ac cuse?" Jess guard il giudice, poi il suo ex marito. "Tocca a te", le disse Don. Un minuto dopo, le accuse contro Rick Ferguson vennero ritirate. "Come hai potuto farlo?" domand Jess, furiosa, al suo ex mari to, mentre camminava avanti e indietro davanti a lui nel corri doio ormai vuoto. Tom Olinsky era tornato nel suo 'ufficio; Neil era nell'altra anticamera che cercava di spiegare alla signora Gambala e alle altre due testimoni che cosa era successo esatta mente e perch Rick Ferguson non poteva essere accusato di omici dio. "Come puoi lasciare che quell'assassino se ne vada in giro libero?" "Non avevi prove, Jess." "Tu lo sai che l'ha uccisa lui, lo sai che colpevole." "Da quando questo ha valore in un'aula di tribunale?" le chiese Don, poi immediatamente si raddolc. "Ascolta, Jess, io so quanto desideri che Rick Ferguson venga riconosciuto colpe vole, so quanto desideri vederlo dietro le sbarre. Francamente, mi sentirei meglio anch'io, almeno fino a quando non riusciremo a scoprire chi ti sta terrorizzando, per non sono affatto convinto che Rick Ferguson sia la persona di cui ci dobbiamo preoccupare e non posso venire meno ai miei obblighi professionali nei confron ti di un cliente solo perch sono innamorato di te." S'interruppe e i suoi occhi cercarono in quelli di Jess una traccia di compli cit, ma ostinatamente lei rifiut di alzare lo sguardo. "Ascol ta, considerala una tregua", disse. "Lascia che ti porti fuori a cena." "Non credo che sarebbe una buona idea in questa circostanza." "Dai, Jess", insistette lui, "non puoi mettere queste cose su un piano personale." "Invece s, mi dispiace se questo ti delude." "Tu non mi deludi mai." Jess sent la propria decisione vacillare. Che senso aveva essere in collera con Don, quando in realt l'unica persona con cui ce l'aveva veramente era se stessa? "Non posso stasera, Don, ho gi un impegno." "Adam?" "Mia sorella", rispose lei, "mio cognato, mio padre e la sua nuo va innamorata, un finale perfetto per un giorno perfetto. Ci sen tiamo presto." Si gir e si ritrov faccia a faccia con Rick Fer guson. "Ges Cristo!" "No!" esclam lui. "Sono soltanto io", sorrise. "Io speravo che potessimo andare a festeggiare", disse a Don parlando davanti a Jess. "Temo di non potere", rispose freddamente lui. "Che peccato!" comment Rick, mentre il sorriso contraddiceva le sue parole. "Tu che cosa ne dici, Jess? Ti farei divertire." 192 "Non farti pi vedere da lei, mai pi", afferm con decisione Don. " chiaro?" Rick Ferguson barcoll all'indietro, con la mano sul cuore, come se fosse stato ferito a morte. "Sei un uomo duro, signor Shaw", disse, rialzandosi rapidamente, "ma se questo che vuoi, l'a vrai. Mi sento cos bene stasera che volevo condividere un podi questo buon umore con gli altri." "Vai a casa, Rick", gli intim Don. Lo afferr per il gomito e lo guid verso gli ascensori ma, mentre stava per salire su uno di questi, Rick Ferguson si liber dalla stretta di Don e si diresse di nuovo verso Jess. Lei trattenne il respiro mentre lui si avvicinava, determinata a non lasciarsi intimidire; certo non avrebbe cercato di farle del male l, non in un'aula di tribunale, non davanti al suo avvoca to.

"Vuoi sapere come mi sento, avvocato?" le chiese, guardandola ne gli occhi e parlando cos piano che solo lei poteva sentirlo. "Mi sento proprio come il gatto che ha appena inghiottito il canari no." Per un istante, Jess non trov le parole, riusc a malapena a re spirare. "Bastardo", sussurr infine. "Puoi scommetterci", sogghign lui. "E non preoccuparti", aggiun se ancora, un istante prima che Don lo buttasse a terra con un pugno, "non vedrai nemmeno la mia ombra." JESS parcheggi l'automobile che aveva noleggiato sul vialetto di casa di sua sorella cinque minuti prima delle sei. La Buick blu di suo padre era gi l. "Fantastico", sussurr. Avrebbe deside rato almeno bere qualcosa prima di incontrare la nuova amica di suo padre. "Ora stai calma, sorridi e assumi un'aria contenta." Ripet queste parole fino a quando non ebbero pi alcun signifi cato e poi ricominci, ripetendone altre: "Sii gentile, sii cari na, non litigare". "Non litigare", si disse ancora, cercando di trovare il coraggio necessario a scendere dall'auto. "Sii gentile." La porta della casa si apr e apparve Barry, che le fece segno di entrare con le mani. Poteva davvero essere stato suo cognato a spedirle quell'orribile lettera? "Non essere ridicola", mormor, facendo bene attenzione a non muovere le labbra, "non stato Barry a mandarti quella lettera. stato Rick Ferguson." Ora stai diventando davvero ridicola, obiett un'altra voce den tro di s, Rick Ferguson non ha fatto nulla, non colpevole, non ricordi? Non ci sono prove che lo colleghino a nessun misfatto, non hai dimostrato che colpevole, perci innocente. Innocente e libero e ti aspetta, pens, aprendo la portiera dell'auto e scendendo. La chiuse sbattendola forte, rifiutando di lasciarsi intimidire da quei pensieri. Il giorno seguente avrebbe partecipato alla sua ultima lezione di autodifesa e avrebbe impa rato come disarmare un potenziale aggressore. Dubitava che Rick Ferguson avrebbe osato fare nulla prima di allora, sarebbe stato troppo semplice, persino per lui; se le fosse accaduto qualcosa, sarebbe stato il primo sospettato. Molto bene, pens, rendendosi conto di avere dimenticato di por tare una bottiglia di vino o un regalo per i suoi nipotini. Rick Ferguson era stato il primo e unico sospetto nell'assassinio di 193 Connie DeVuono, era parso fin troppo ovvio, e tuttavia lo Stato non era stato in grado di produrre prove sufficienti per proces sarlo; senza dubbio sarebbe stato altrettanto abile nel liberarsi di lei, sebbene, ora che le accuse contro di lui erano cadute, non avesse pi motivo di nuocerle. Si sarebbe soltanto divertito a farlo, pens Jess, sapendo che Rick Ferguson aveva davvero intenzione di perseguitarla. Avrebbe solo aspettato ancora un po, avrebbe creato ancora un podi ten sione, poi avrebbe colpito. Niente testimoni, niente prove, nien te che potesse in qualche modo collegarlo alle sue malefatte; probabilmente, un giorno o l'altro, lei sarebbe semplicemente scomparsa. Tale madre, tale figlia, pens, trovando uno strano conforto nell'ironia di quella situazione, come se il destino stesse per chiudere il cerchio. Suo padre apparve sulla porta dietro a suo cognato e, per la pri ma volta, Jess si sent felice che avesse una nuova donna nella sua vita, gli avrebbe reso pi facile il momento in cui sarebbe accaduto l'inevitabile. "Santo cielo, Jess", grid Barry, "non potevi camminare pi pia no? Entra, dannazione. Si gela." Una bella ghirlanda di carta verde decorata con un fiocco rosso era appesa alla porta di casa. "L'ha fatta Tyler all'asilo", spieg Barry. "Dove hai preso quel l'auto?" "L'ho noleggiata questo pomeriggio", rispose lei, entrando e la sciandosi abbracciare da suo padre. "Ciao, papa." "Ciao, tesoro, fatti guardare." L'allontan leggermente da s e poi la strinse di nuovo in un abbraccio. "Sei bellissima." "Che auto ?" chiese ancora Barry.

"Una Toyota", rispose lei, contenta di avere un argomento cos superficiale di cui parlare. "Non dovresti guidare quelle auto giapponesi", la rimprover suo cognato, aiutandola a togliersi il cappotto. Nell'armadio, Jess vide una pelliccia di visone nero che sapeva non essere di sua sorella e si domand che relazione ci fosse fra una pelliccia di visone e i sandali Birkenstock. "L'industria automobilistica ame ricana in questo momento ha bisogno di tutto l'appoggio possibi le." "Questo spiega la tua Jaguar, immagino", disse Jess, lasciando cadere la borsetta sul pavimento. "La mia prossima auto sar americana", le assicur Barry. "Stavo pensando a una Cadillac." "La Cadillac un'ottima automobile, intervenne Art Koster, im plorando con lo sguardo sua figlia di lasciar cadere quell'argo mento. Lei annu. "Mi dispiace di essere stata cos impegnata ultimamen te, papa", si scus, ritardando l'incontro che la turbava tanto. "Capisco, tesoro", le disse suo padre e Jess comprese dallo sguardo nei suoi caldi occhi marroni che era cos. "Mi dispiace di averti dato un dispiacere", sussurr. "Sai, che l'ultima cosa che avrei voluto." "Lo so e non importa, non successo nulla. Ora sei qui." "Mi dispiace di avere dimenticato di portare qualcosa", si scus di nuovo Jess vedendo Maureen avanzare in anticamera con una del le gemelle e Tyler attaccato alla gamba. L'intera famiglia Pep 194 pler era vestita di verde e di rosso, i colori delle festivit natalizie: Maureen e la piccola indossavano vestiti di velluto rosso quasi identici, Tyler e suo padre portavano pantaloni verde scuro, cardigan rossi e cravatte verdi. Sembravano appena usciti da una cartolina di auguri. Jess si sent immediatamente fuori posto con il suo abbinamento di bianco e nero. "Sono cos felice che tu sia venuta!" esclam Maureen, con le la crime agli occhi. "Temevo che avresti chiamato all'ultimo minuto e..." S'interruppe bruscamente. "Entra." Art Koster cinse la vita di sua figlia con un braccio e l'accom pagn in salotto. La prima cosa che Jess not fu l'enorme abete di fronte al pianoforte, in attesa di essere addobbato. Poi vide una figura di donna seduta sul divano che teneva in braccio una bimba vestita di velluto rosso. "Sherry", disse suo padre, accompagnando Jess vicino al divano, "questa la mia figlia minore, Jess. Jess, questa Sherry Ha sek." "Ciao, Jess", disse la donna, porgendo la bimba al padre di Jess e alzandosi per stringerle la mano. Era magra come suo padre l'a veva descritta e persino un popi piccola di quanto Jess avesse immaginato; i suoi capelli neri sembravano naturali, erano legati dietro la nuca con un elegante fermaglio e al collo portava una catena con un grande cuore di onice. Portava una semplice camicia di seta bianca, un paio di pantaloni grigi e dei mocassini neri, nessuna traccia dei sandali Birkenstock e la sua stretta di mano era decisa, sebbene avesse le mani gelate. nervosa come me, pens Jess, sforzandosi di non piangere mentre le stringeva la mano. "Mi dispiace averci messo tanto tempo per incontrarla", le disse sinceramente. "Cose che capitano", replic Sherry Hasek con cordialit. "Ma ti prego, dammi del tu." "Posso portarvi qualcosa da bere?" chiese Barry. "Vino? Birra? Coca-Cola?" domand, sottolineando l'ultima parola. "Posso bere una Coca?" chiese immediatamente Tyler. "Puoi bere del latte", rispose Maureen. "Per me del vino", disse Jess, prendendo la bambina dalle braccia di sua sorella e pensando che le gemelle erano davvero cresciute molto in due mesi. "Ciao, piccola. Come va?" La bambina la fiss come se fosse una creatura aliena e gli occhi le si incrociarono, mentre cercava di mettere a fuoco il naso di Jess. "Sono bellissime, non vero?" disse Barry con orgoglio, versando a Jess un bicchiere di vino bianco e porgendoglielo. "Io prendo chioe", disse.

"Ho sempre desiderato moltissimo avere dei gemelli", afferm Sherry. "E delle femmine. Invece ho avuto tre maschi, uno alla volta." "Le mie amiche sostengono che i maschi danno pi problemi, quando sono piccoli", ribatt Maureen, sedendosi con una bimba fra le braccia e il bambino attaccato alle ginocchia, "per le ragazze diventano pi problematiche nell'et dell'adolescenza." "Che cosa ne dici, Art?" chiese Barry. "Com'erano le tue figlie da adolescenti?" Art Koster rise. "Le mie figlie sono sempre state perfette", ri spose lui gentilmente, mentre Jess cercava di scacciare l'immagi ne del volto in lacrime di sua madre. 195 Non mi merito questo, Jess. Non mi merito questo da te. "Io non penso che fossimo perfette", intervenne Jess, portandosi rapidamente il bicchiere alla bocca. "Auguri a tutti." Bevve un sorso e poi un altro. "Salute e prosperit", brind Barry. Jess cerc di concentrarsi sul volto ovale di Sherry Hasek. I suoi occhi erano scuri e distanti, ma il resto dei lineamenti era stranamente ravvicinato, come se non ci fosse stato abbastanza posto nel viso per tutto; quando parlava gesticolava animatamente con le lunghe dita curate, trasmettendo l'impressione di una men te vigile e attenta. Non assomiglia per niente a mia madre, pens Jess, ricordando i suoi occhi verdi, la pelle morbida, il naso perfetto e gli zigomi alti e sporgenti. C'era qualcosa di estremamente dolce nel deli cato equilibrio dei suoi lineamenti, come se la serenit che ri fletteva fosse il risultato di una profonda pace interiore. Pens che sua madre era sempre stata cos, a suo agio con se stessa come con gli altri, raramente in collera, raramente alzava la voce. Tuttavia era sempre molto chiaro quali fossero i suoi sentimenti nei confronti di qualcosa, non era mai timida o riser vata, esprimeva chiaramente ci che sentiva e si attendeva dagli altri lo stesso atteggiamento. Trattava tutti con rispetto, pens, rivedendo il viso di sua madre striato di lacri me. "Jess, ritorna fra noi", sent Barry che la richiamava alla real t. "Avanti, Jess, avanti." Jess sent il bicchiere di vino scivolarle fra le mani e lo strinse forte prima che cadesse a terra, poi sent il fragile cristallo cedere sotto la sua stretta e la mano diventare improv visamente bagnata e appiccicosa. Abbass lo sguardo e vide il vi no bianco mischiarsi al suo sangue e sent d'improvviso le escla mazioni di orrore e preoccupazione che riempirono la stanza. "Mamma!" grid Tyler, spaventato. "Mio Dio, Jess, la tua mano!" "Come diavolo hai fatto?" Barry si affrett a porgerle un tova gliolo prima che potesse macchiare di sangue il tappeto. Una delle bambine inizi a piangere. "Sto bene, grazie." Jess sent la sua voce che pronunciava quella frase, sebbene non sapesse esattamente che cosa fosse accaduto e non potesse decidere se stava bene o no. "Che stretta, ragazza mia", comment suo padre, aprendole delica tamente la mano per esaminare la ferita e togliendole dei pezzet tini di vetro dalla carne. "L'artiglio dell'aquila", scherz Jess. "Che cosa?" chiese Barry, pulendo il tappeto con un po di acqua minerale. "Sto frequentando un corso di difesa personale", gli spieg lei. "E ti insegnano a proteggerti da un bicchiere di vino bianco?" chiese Barry, ironico. "Ti prendo del disinfettante", disse Maureen, sistemando nei seg giolini le gemelle, che sgambettarono felici mentre la loro mamma si allontanava con Tyler sempre incollato alla sua gamba e in la crime. "Mi dispiace davvero", si scus Jess. "Perch?" chiese Sherry. "Non l'hai fatto apposta, no?" Lei sorrise con gratitudine. "Fa malissimo."

196 "Non ne dubito." Sherry esamin i piccoli tagli che si confonde vano alle linee naturali della mano di Jess. "Tu hai una linea della vita molto marcata", osserv. "A che cosa diavolo stavi pensando?" chiese Barry, alzandosi men tre sua moglie rientrava nella stanza. "Pensavo che in questa casa non permesso imprecare", gli ricor d Jess. "Ecco, lascia che ti metta un podi questo." Maureen stava gi spalmando una pomata disinfettante sulla sua mano, prima che lei potesse protestare. "Ti ho portato anche una garza." "Non mi serve." "Tieni la mano sopra la testa", le consigli suo cognato. "Davvero, Barry, i tagli sono solo superficiali." "Forse do vremmo chiamare un medico", disse Maureen. "Per stare pi tran quilli." Al sentire la parola medico, Tyler riprese a piangere. "Va tutto bene, Tyler", lo rassicur Maureen, abbracciandolo, "il medico non per te. E terrorizzato dai medici, perch l'ultima volta che stato male il dottore gli ha infilato in gola quell'affare e lo ha fatto vomitare, detesta vomitare." Jess rise e Tyler pianse pi forte. "Mi spiace, tesoro", disse Jess, abbassandosi all'altezza di suo nipote e tenendo in alto la mano ferita in modo che Sherry la bendasse. "Non stavo ridendo di te, solo che so come ti senti, anche a me non piace vomitare." "A chi piace?" domand Barry, avvicinandosi al telefono. "Allora Jess? Ti serve un medico?" "No." Lasci che suo padre la portasse al divano e la facesse se dere fra s e la sua nuova innamorata. "Sono una dura, ricordi?" Ma se Barry ricordava, non lo diede a vedere. "Hanno scoperto chi ha distrutto la tua auto?" domand Maureen. Jess scosse la testa, avvertendo nella stanza l'inquietante pre senza di Rick Ferguson, che scacci con il suono della propria voce. "Allora, ho sentito che sei un'artista", disse rivolgendosi alla donna seduta accanto a s. Sherry rise, una risata piacevole come una brezza temperata, e Jess sent la risata rauca di sua madre in lontananza. "Mi diver to soltanto, in realt, anche se adoro l'arte", spieg Sherry, guardando il padre di Jess in cerca di approvazione, cosa che sua madre non avrebbe mai fatto, pens lei. "Si tratta di amore per l'arte o per l'Art?" domand lui in tono scherzoso. Sherry rise di nuovo. "Entrambi, credo." "Preferisci i pastelli o la pittura a olio?" chiese Jess, ansiosa di distogliere l'attenzione dal tema amoroso. "Io riesco meglio con i pastelli, tuo padre invece preferisce gli olii." Jess sbatt le palpebre, incredula. Sua madre non si sarebbe mai permessa di parlare per suo padre e quella donna riteneva davvero necessario informarla delle preferenze di suo padre? "Sherry molto modesta", disse Art, pretendendo ora di parlare lui per Sherry. Jess si chiese se lo facessero tutti gli innamo rati. " un'artista di talento." "Be", precis Sherry con modestia, "non sono male nelle nature morte." "Le sue mele sono splendide", afferm Art Koster strizzando un occhio con aria ammiccante. 197 "Art!" Sherry rise, dando uno schiaffetto di rimprovero sulla ma no di Art e Jess pens che si sarebbe sentita male. "Tuo padre invece riesce meglio nei nudi." "Lo immagino", aggiunse Barry. "Continuo a proporle di dipingere un nudo con lei come modella", disse Art, sorridendo a Sherry come se Jess non fosse seduta fra di loro, "ma lei dice che si tiene in serbo per Jeffrey Koons." Forse Jess avrebbe dovuto sapere chi era Jeffrey Koons, ma non lo sapeva. Rise comunque, domandandosi che cosa avrebbe

detto sua madre di quell'amena scenetta famigliare: Maureen in piedi accan to a Barry, lui che le cingeva le spalle con un braccio e lei che teneva abbracciato il figlio; Jess sul divano fra suo padre e la donna che lui desiderava dipingere nuda; le gemelle sedute nei loro seggiolini, gli occhietti puntati sulla loro madre. Giusto, pens guardandole sgambettare, tenete bene d'occhio vostra madre, fate attenzione che non scompaia. "Torna fra noi, Jess", si sent ripetere. "Scusate", si affrett a dire lei, notando lo sguardo seccato di Barry come se la disattenzione di qualcuno dimostrasse la sua ne gligenza di ospite. "Stavi dicendo qualcosa?" "Sherry ti ha chiesto se ti piace dipingere." "Oh, mi dispiace, non ti avevo sentita." "Questo era evidente", disse Barry e Jess vide un'espressione preoccupata sul viso di Maureen. "Non importante", precis subito Sherry. "Stavamo soltanto con versando." "In realt non so se davvero mi piace dipingere o no", rispose Jess, "non l'ho pi fatto da quando ero bambina." "Ti ricordi di quella volta che hai preso i pastelli e hai dipin to tutte le pareti del salotto", disse Maureen, "e la mamma an data su tutte le furie perch era appena stato ridipinto?" "Non me lo ricordo." "Penso che non potr mai scordarlo", continu sua sorella. "Non ho mai sentito la mamma gridare in quel modo." "La mamma non gridava." "Ha gridato, quel giorno, la si poteva sentire a isolati di di stanza." "Non gridava mai", insistette Jess. "Pensavo avessi detto che non ti ricordavi nemmeno l'incidente", le fece notare Barry. "Credo di ricordare mia madre." "Io ricordo molte occasioni in cui la mamma ha gridato", disse Maureen. Jess alz le spalle, cercando di nascondere la propria rabbia. "Mai con me." "Sempre con te." Jess si alz, dirigendosi verso l'albero di Natale. Le mani le tremavano. "Quando avete intenzione di addobbarlo?" "Pensavamo di farlo dopo cena", rispose Barry. "Non capivi mai quando era il momento di lasciar perdere", conti nu Maureen, come se non fosse mai stata interrotta, "dovevi sem pre dire l'ultima parola". Rise. "Ricordo che la mamma diceva sempre che adorava averti intorno, perch era bello vivere con qualcuno che sapeva sempre tutto." Risero tutti. Jess stava cominciando a detestare il suono delle loro risate. 198 "I miei ragazzi erano cos", aggiunse Sherry, "ognuno di loro pensava di avere tutte le risposte. Quando avevano diciassette anni pensavano che io fossi la persona pi stupida della Terra, quando raggiungevano i ventuno non riuscivano a credere quanto fossi rinsavita." Di nuovo tutti risero. "A dire il vero, abbiamo avuto alcuni anni piuttosto burrascosi", confid Sherry, "soprattutto dopo la scomparsa di loro padre. Non che in realt fosse mai stato molto presente, ma la sua scomparsa ufficializz, per cos dire, quell'assenza e i ragazzi divennero quasi indomabili. Erano sgarbati e ribelli e non importava che cosa dicessi o facessi, non andava mai bene, sembrava che stessi mo sempre litigando per una cosa o per l'altra. Dicevano che ero troppo severa, troppo all'antica, troppo ingenua. In qualunque modo fossi, non andava mai bene, eravamo sempre l'uno alla gola dell'altro e poi d'un tratto mi sono accorta che erano cresciuti, erano diventati adulti e che io ero ancora tutta intera. Sono an dati all'universit e a vivere per conto loro e io ho comprato un cane che mi ama in modo incondizionato, sta seduto accanto alla porta ad aspettarmi tutte le volte che esco. Quando torno a casa, mi ricopre di baci, tanto felice di vedermi, non litiga, non mi risponde male e pensa che io sia la cosa pi bella della Terra.

il figlio che ho sempre desiderato." Art Koster rise, sinceramente divertito. "Forse dovremmo comprare anche noi un cane", propose Barry, strizzando l'occhio a sua moglie. "Penso che ogni madre attraversi periodi nei quali si chiede chi glielo ha fatto fare", disse Maureen. Jess rivide di nuovo il volto di sua madre. Non mi merito questo, Jess. Non mi merito questo da te. "Intendo dire, Dio sa quanto adoro i miei figli", continu Mau reen, "ma ci sono momenti..." "In cui desideri tornare al tuo lavoro?" chiese Jess, e vide Bar ry irrigidirsi. "In cui desidero un popi di tranquillit", le rispose sua so rella. "Forse dovremmo prendere un cane", ripet Barry. "Oh, grandioso!" esclam Jess. "Cos Maureen dovrebbe occuparsi anche di quello." "Jess..." fece Maureen in tono di avvertimento. "Il cane di Sherry l'animale pi intelligente che io abbia mai visto", si affrett a dire Art. " un barboncino nano con un ma gnifico pelo rosso, un colore insolito per un barboncino. Quando mi ha detto la prima volta che aveva un barboncino, ho pensato: 'Oh, no, non posso avere una relazione con una donna che adora un cane simile. Intendo dire, i barboncini sono un tale clich." "Poi ha conosciuto Casey", intervenne Sherry. "Poi ho conosciuto Casey." "Ed stato amore a prima vista." "Be, pi che altro amore alla prima passeggiata", precis Art. "L'ho portato a fare un giro, un pomeriggio e non riuscivo a cre derlo, ma, chiunque incontrassimo, si fermava ad accarezzare quell'affarino; non ho mai visto tanti sorrisi in un solo pome riggio, ricordo di essermi sentito davvero felice. I barboncini sono molto intelligenti, Sherry sostiene che i barboncini sono una delle razze pi intelligenti." 199 Jess non riusciva a credere alle proprie orecchie. Suo padre era realmente impegnato in un'appassionata difesa dei barboncini? "Jess ha sempre amato molto gli animali", continu suo padre. "Davvero? Hai qualche animale in casa?" chiese Sherry. "No", rispose Jess. "Ha un canarino", disse Maureen nello stesso momento. "No", ripet Jess. "Che cosa ne stato di Fred?" chiese Maureen. " morto, la settimana scorsa." "Fred morto?" ripet Maureen. "Oh, mi dispiace. Era malato?" "Ma come diavolo fai a sapere se un canarino malato?" sbott Barry con tono di rimprovero. "Non parlarle con quel tono", disse Jess, bruscamente. "Come, scusa?" La voce di Barry mostrava sorpresa, pi che rab bia. "Quale tono?" "I ragazzi tornano per Natale?" chiese d'un tratto Art e nessuno sembr capire di che cosa stesse parlando. "S", gli rispose Sherry, con un tono di voce un potroppo alto e con un eccesso di entusiasmo. "Almeno, cos mi hanno detto, ma non si pu mai esserne certi fino all'ultimo minuto." "Dove sono ora i tuoi figli?" domand Jess, lasciandosi di nuovo coinvolgere nella conversazione. Sorridi, pens a denti stretti, sii gentile, sii carina, non litigare. "Warren fa l'insegnante di ginnastica in una scuola superiore a Rockford, Colin frequenta una scuola di cinematografia di New York, vuole diventare regista, e Michael a Wharton, lui il mio imprenditore." "Tre giovani molto brillanti", comment con orgoglio il padre di Jess. "Maureen si laureata ad Harvard", osserv Jess, dimenticando i buoni propositi di qualche istante prima.

"Li hai conosciuti, papa?" domand Maureen, come se Jess non avesse neppure parlato. "Non ancora", rispose suo padre. "Speravo di convincervi a venire tutti da me per la cena di Nata le, quest'anno", propose Sherry. "Cos potrei presentarveli..." "Mi sembra un'ottima idea", rispose subito Maureen. "Conta su di noi", le fece eco Barry. "E tu che cosa ne dici, Jess?" "Mi sembra una bella idea", assent lei, cercando di sembrare sincera. Sorridi, pens, sii gentile, non litigare, resta calma. "Parlando della cena..." " pronta, quando voi siete pronti", disse Maureen. Jess si ritrov a fissare la donna che cercava di prendere il po sto di sua madre. "Siamo prontissimi", rispose. "QUESTO arrosto delizioso", stava dicendo Sherry forbendosi de licatamente la bocca con il tovagliolo rosa. " raro che io mangi carne rossa di questi tempi, avevo dimenticato quanto fosse buo na." "Io ho cercato di convincere Maureen a eliminare la carne rossa", disse Barry, "ma lei dice che stata allevata a latte materno e arrosto di Chicago, che cosa ci posso fare?" "Goditela", rispose Art Koster. "Io penso che fino a quando non si esagera, vada tutto bene", disse Sherry. "Ogni cosa con moderazione, non dicono cos?" 200 "Dicono cos tante cose", intervenne Maureen, "ed cos diffici le tenersi al passo; ora dicono che si dovrebbe evitare la carne rossa, un minuto dopo dicono che fa bene, continuano a metterci in guardia dai danni dell'alcol, poi ci dicono che un bel bic chiere di vino rosso al giorno evita l'infarto. Quello che fa be ne oggi, fa male domani, ora le fibre sono di moda, il grasso bandito e l'anno prossimo, probabilmente, sar il contrario." "Alla moderazione", brind suo padre, alzando in aria il bicchie re di vino rosso. "Salute e prosperit", disse Barry. "Stavo leggendo un articolo nello studio del medico, l'altro giorno", inizi a raccontare Art, "era una vecchia rivista e il giornalista domandava a una celebrit di cui stava tracciando un profilo, non ricordo chi fosse, comunque le chiedeva qual era la sua bevanda preferita e tre ragioni per spiegarlo. Perch non proviamo a fare questo gioco?" "La mia bevanda preferita?" indugi Barry. "Il vino rosso, direi, perch gustoso, ha un profumo meraviglioso e ti fa girare la testa." "A me piace il succo d'arancia", continu Maureen. " sano, rin vigorisce ed rinfrescante." "Sherry?" chiese Art. "Io dico lo champagne", rispose lei. " divertente, crea un'atmo sfera di festa e mi piacciono le bollicine." "Jess?" chiese Barry. "Che cosa?" "Tocca a te." "Hai detto che sei stato dal medico?" domand Jess a suo padre. "Non stavi ascoltando?" insistette Barry. Lei ignor suo cognato. "Che cosa c' che non va, papa? Non ti senti bene?" "Sto bene", rispose suo padre. "Era solo il mio controllo annua le." Dove vai, mamma? Da nessuna parte. Da quando in qua ti vesti di tutto punto per andare da nessuna parte? "Allora, che cosa rispondi?" incalz Barry. "Rispondo a che cosa?" Barry scosse la testa. "Davvero, Jess, io non so perch ti scomo di ad accettare i nostri inviti quando non hai intenzione di prendere parte alla conversazione."

"Barry, per favore", lo preg Maureen a bassa voce. "Qual la tua bevanda preferita?" ripet Art Koster. "E tre era gioni per spiegarlo." " questa la conversazione?" chiese Jess, stupita. " un gioco", spieg gentilmente Sherry. "Non so", disse Jess infine. "Il caff nero, credo. Perch? Per ch mi sveglia al mattino, un poamaro ed buono fino all'ul tima goccia." Alz le spalle, sperando di avere soddisfatto le aspettative. "Tu che rispondi, papa?" chiese Maureen. "La birra", disse lui. " semplice, diretta e mi fa sentire be ne." "Allora, che cosa significa tutto ci?" domand Maureen. 201 "Be, disse Art, "la bevanda una rappresentazione del sesso. Nel mio caso, mi piace perch semplice, diretto e mi fa sentire bene." Tutti si sforzarono di ricordare le ragioni per cui avevano scelto la loro bevanda, ridendo quando si rendevano conto di ci che avevano detto. "Allora tu pensi che il sesso gustoso, che ti fa girare la te sta e ha un profumo meraviglioso", ricord Maureen a suo marito. "Sono lusingata." "E io sono fortunato", disse lui. Guardando verso Jess, le chie se: "Un poamaro, eh?" Jess non disse nulla. Sii gentile, pens, cerca di sorridere, sii carina, non litigare. "E invece a te piacciono le bollicine", disse Art, avvicinandosi affettuosamente a Sherry. Jess si chiese che cosa avrebbe risposto sua madre; vino bianco, probabilmente, perch era chiaro, diretto, essenziale, o forse la soda perch era dolce, simpatica e velata di nostalgi, o forse addirittura il latte per le stesse ragioni per cui a suo padre piaceva la birra. "Ci sei, Jess?" chiese di nuovo Barry. "Torna con i piedi per terra." "La prima volta era spiritoso, Barry", rispose lei, con un tono di voce pi duro di quanto avrebbe desiderato. "Ora solo noio so." "Come il tuo comportamento; sto cercando di capire se sei preoc cupata o se sei deliberatamente scortese." "Barry..." lo preg Maureen. "Perch dovrei essere deliberatamente scortese?" "Dimmelo tu, non credo di capire assolutamente nulla di ci che ti riguarda." " cos?" "Jess..." intervenne suo padre. "Direi che ci capiamo abbastanza bene, Barry", gli rispose Jess, esaurita ormai la pazienza. "Ci odiamo in modo viscerale, questo piuttosto chiaro, non vero?" Barry sembr sbalordito, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo. "Io non ti odio, Jess." "Oh, davvero? E che cosa mi dici della bella lettera che mi hai mandato? Era un segno del tuo affetto?" "Lettera?" chiese Maureen. "Quale lettera?" Jess si morse la lingua, cercando di impedirsi di proseguire, ma era troppo tardi, le parole le uscirono di bocca come un fiume inarrestabile. "Tuo marito mi ha mandato un campione della su urina e alcuni dei suoi peli pubici." "Che cosa? Di che cosa stai parlando?" sembrava che tutti stesse ro chiedendo nello stesso momento. "Ma sei impazzita?" grid Barry. "Che cosa stai dicendo, perdio?" Che cosa sto dicendo? si domand Jess d'improvviso, cosciente che le urla avevano fatto piangere le gemelle. Credeva veramente che Barry potesse averle spedito quella lettera? "Mi stai dicendo che non sei stato tu?" "Non ho neppure la pi stramaledetta idea di quello che stai di cendo."

"Stai di nuovo imprecando", disse Jess. Barry borbott qualcosa di incomprensibile in risposta. 202 "Il mese scorso ho ricevuto una lettera anonima", spieg Jess, "conteneva alcuni peli pubici ed era impregnata di urina. Poco tempo dopo, quando ho parlato con te al telefono, tu mi hai chie sto se avevo ricevuto la tua lettera, vuoi negarlo?" "Certo che lo nego! L'unica cosa che io ti abbia mai mandato per posta era un opuscolo illustrativo di un programma pensione." Jess ricord all'improvviso di avere aperto una lettera e avere letto qualcosa su un piano di investimento pensione e di averla buttata via senza pensarci neppure un attimo. Mio Dio, Barry si riferiva forse a quella? "E quella la lettera che mi hai mandato?" "Sono un commercialista, perdio", le disse lui. "Che cos'altro avrei dovuto mandarti?" Jess ebbe la sensazione che la stanza intorno a lei cominciasse a girare. Che cosa le stava succedendo? Come poteva accusare suo cognato di un atto cos depravato? Anche se credeva che fosse stato lui, come poteva averlo detto? Proprio a casa sua, a tavo la, davanti a tutta la famiglia? Sua sorella espresse gli stessi sentimenti. "Non riesco a credere che tu abbia detto queste cose!" grid, abbracciando suo figlio. "Non riesco a credere che tu le abbia nemmeno pensate." "Mi dispiace", disse Jess, avvilita, mentre Tyler cominci a piangere vedendo piangere sua madre e le gemelle strillarono dai loro seggiolini. "Bambine, calmatevi", le preg Art Koster, parlando alle sue fi glie. "Barry e io avevamo litigato", cerc di spiegare Jess, "e sapevo quanto fosse in collera con me, sapevo che gli piace vendicarsi e poco dopo ho ricevuto quella missiva e lui, al telefono, mi ha chiesto se avessi ricevuto la sua lettera..." "Cos sei arrivata alla conclusione che lui era il responsabile! Che poteva avere una mente tanto malata e perversa, che io avrei sposato un individuo tanto disgustoso!" "Tu non c'entri, Maureen, non si tratta di te!" "No?" domand lei. "Quando attacchi mio marito, attacchi anche me." "Non essere sciocca", ribad Jess. Le gemelle presero a piangere pi forte e Tyler si liber dalle braccia di sua madre correndo di sopra. "Dal giorno in cui ci siamo sposati non gli hai dato una sola possibilit", grid Maureen, agitando le braccia. "Questo non vero", contest Jess. "Mi andava bene fino a quando non ti ha trasformata nella casalinga perfetta." "La casalinga perfetta!" ripet Maureen, incredula. "Come hai potuto permetterglielo?" domand Jess, decidendo che ormai, arrivati a quel punto, tanto valeva andare fino in fondo. "Come hai potuto rinunciare a tutto e trasformarti nella 'super moglie?" "Sentite, porto di sopra le gemelle", si offr Sherry, prendendo in braccio le bambine e dirigendosi verso la scala. "Ragazze, perch non la smettete, prima di dire qualcosa di cui potreste pentirvi?" interloqu Art Koster e sospir, riconoscendo che ormai era troppo tardi. "Sentiamo, a che cosa esattamente pensi che abbia rinunciato?" domand Maureen. "Al mio lavoro? Posso sempre trovarne un altro. Alla mia istruzione? mia, mi appartiene e mi apparterr sempre. 203 Non riesci a cacciarti in quella testa dura che sto facendo esat tamente ci che voglio? Che stata una decisione mia e non di Barry? Mia! Ho scelto io di stare a casa con i miei figli ora che sono piccoli. Io rispetto le tue scelte, Jess, anche se non le condivido, tu non puoi rispettare le mie? Che cosa c' di cos sbagliato in quello che sto facendo?"

"Che cosa c' di sbagliato?" continu Jess. "Non ti rendi conto che la tua intera vita ripudia tutto ci che nostra madre ci ha insegnato?" "Come?" Maureen sembr essere stata colpita da un fulmine. "Per l'amor di Dio, Jess", le disse suo padre, "di che cosa stai parlando?" "Nostra madre ci ha educate perch fossimo indipendenti, perch facessimo la nostra vita", rispose Jess. "L'ultima cosa che avrebbe voluto era che Maureen si lasciasse intrappolare in un matrimonio che non le permette di crescere." Gli occhi di Maureen brillarono di collera. "Come osi criticarmi? Con quale presunzione credi di sapere tutto del mio matrimonio? Come osi trascinare nostra madre in tutto questo! Eri tu, e non io", continu, "quella che litigava sempre con la mamma su questi argomenti, eri tu, non io, che insisteva per sposarsi prima di avere terminato l'universit, anche se la mamma ti pregava in gi nocchio di aspettare, eri tu quella che litigava di continuo con lei, che la faceva piangere, che la rendeva infelice. 'Aspetta solo di avere terminato l'uni versit', ti pregava, ma tu non l'ascoltavi, tu sapevi tutto al lora, proprio come sai tutto ora. Allora smettila di placare i tuoi sensi di colpa andando in giro a dire a tutti che cosa do vrebbero fare della loro vita!" "Che cosa vuoi dire con 'i miei sensi di colpa?'" domand Jess, quasi senza fiato per la collera. "Sai benissimo che cosa voglio dire." "Di che cosa diavolo stai parlando?" "Sto parlando della lite fra te e la mamma il giorno in cui lei scomparsa!" rispose Maureen. "Sto parlando di quando ho chiamato a casa dalla biblioteca, immagino subito dopo che tu eri uscita di casa correndo, e l'ho trovata in lacrime. Le ho chiesto che cosa non andava e lei ha cercato di convincermi che non era nul la. Infine ha ammesso che avevate litigato, io le ho chiesto se voleva che tornassi a casa, ma lei mi ha risposto di no, che sta va bene e che comunque sarebbe uscita, e quella stata l'ultima volta in cui ho parlato con lei." Maureen aveva il volto pieno di lacrime. Jess, che a un certo punto della discussione si era alzata in piedi, ricadde sulla sedia. Sentiva delle voci gridare, si guard intorno, ma non vide pi il salotto della casa di sua sorella, bens la cucina della casa di sua madre in Burling Street; non vide il viso bagnato di lacrime di sua sorella, ma quello di sua madre e ricord la sua voce. "Sei tutta elegante", osserv Jess, entrando in cucina e notando l'abito di lino bianco di sua madre. "Dove stai andando?" "Da nessuna parte." "Da quando in qua ti vesti di tutto punto per andare da nessuna parte?" 204 "Mi andava di mettermi qualcosa di carino", rispose sua madre, poi aggiunse, senza darvi troppo peso: "Ho un appuntamento dal medico questo pomeriggio, tu che programmi hai?" "Che tipo di appuntamento?" "Niente di speciale." "Avanti, mamma, lo sai che riesco sempre a capire quando non mi dici la verit." "E questa la ragione per cui diventerai un eccellente avvoca to." "La legge non ha nulla a che vedere con la verit", le disse Jess. "Sembra una frase di Don." Jess sent le spalle irrigidirsi. "Hai intenzione di ricomincia re?" "Non sto ricominciando niente, Jess, era soltanto un'osservazio ne." "Non sono sicura di apprezzare le tue osservazioni." Laura Koster alz le spalle, ma non disse nulla. "Allora, da che razza di dottore devi andare?" "Preferisco non dire niente fino a quando sapr se c' da preoc cuparsi." "Tu sei gi preoccupata, me ne rendo conto. Di che cosa si trat ta?" "Ho trovato un piccolo nodulo."

"Un nodulo?" Jess trattenne il respiro. "Non voglio preoccuparti, probabilmente non nulla, la maggior parte dei noduli benigna." "Dov' questo nodulo?" "Nel seno sinistro." "Oh, Dio." "Non preoccuparti." "Quando l'hai scoperto?" "Questa mattina, mentre facevo la doccia. Ho chiamato il medico e lui mi ha detto che sicuramente non nulla. Vuole soltanto che vada a farmi dare un'occhiata." "E se invece qualcosa?" "Be, vorr dire che affronter la situazione." "Hai paura?" Sua madre non rispose per alcuni secondi, soltanto i suoi occhi ebbero un lieve movimento. "La verit, mamma." "S, ho paura." "Vuoi che ti accompagni dal dottore?" "S", rispose immediatamente sua madre. "S, mi farebbe piacere." In seguito, la conversazione si era spostata su altri argomenti. Jess ricordava sua madre che faceva il caff in cucina e le of friva dei dolci appena comprati dal panettiere. "L'appuntamento per le quattro del pomeriggio", disse sua ma dre. "Rovina i tuoi piani?" "No", le disse Jess. "Chiamer Don e gli dir che dobbiamo cam biare i nostri programmi." "Sarebbe perfetto", disse sua madre e lei cap immediatamente che non si riferiva soltanto ai programmi di quel pomeriggio. "Che cos'hai contro Don, mamma?" le chiese. "Non ho assolutamente nulla contro di lui." "Allora perch ti opponi al nostro matrimonio?" 205 "Io non sto dicendo che non devi sposarlo, Jess", le spieg sua madre. "Don un uomo meraviglioso, brillante, attento e ti adora." "Allora, qual il problema?" chiese Jess. "Il problema che quel ragazzo ha undici anni pi di te e quindi ha gi fatto tutte le cose che tu devi ancora provare a fare." "Undici anni di differenza non sono poi cos tanti", protest Jess. "Sono undici anni, undici anni di tempo che lui ha avuto per ca pire che cosa vuole dalla vita." "Vuole me." "E tu, che cosa vuoi?" "Io voglio lui!" "E la tua carriera?" "Avr una carriera, Don tiene molto al fatto che io diventi un buon avvocato. Lui mi pu aiutare, un maestro meraviglioso." "Tu hai bisogno di un compagno, Jess, non di un maestro, non ti lascerebbe crescere." "Come fai a dirlo?" "Tesoro, non ti sto dicendo che non devi sposarlo", ripet sua madre. "S, invece, proprio quello che stai dicendo." "Quello che sto dicendo che forse dovresti aspettare ancora qualche anno, sei soltanto al primo anno di universit, aspetta fino a quando avrai superato i primi esami, aspetta di avere avu to la possibilit di capire chi sei e che cosa vuoi veramente." "Io so chi sono e so benissimo quello che voglio: voglio Don e ho intenzione di sposarlo, che ti piaccia o no." Sua madre sospir e si vers una tazza di caff appena fatto. "Ne vuoi una tazza?" "Non voglio niente da te", disse Jess testardamente.

"D'accordo, lasciamo perdere." "Non voglio lasciar perdere, tu pensi di poter sollevare un argo mento simile e poi lasciarlo cadere perch non hai pi voglia di discuterne?" "Non avrei dovuto dire nulla." "Hai ragione, non avresti dovuto." "Talvolta dimentico che tu sai gi tutto." "Oh, che bella battuta, mamma, davvero bella." "Mi spiace tesoro, non avrei dovuto dirlo. Credo di essere un ponervosa, oggi, e forse sono pi agitata di quanto non voglia ammettere." Le lacrime riempirono gli occhi di sua madre. "Per favore, mamma, non piangere", la preg Jess, guardando il soffitto. "Perch devi sempre farmi sentire cos in colpa?" "Non sto cercando di farti sentire in colpa." "Devi smetterla di cercare di vivere la mia vita." "Questa l'ultima cosa che voglio, Jess", disse sua madre, le lacrime che le rigavano le guance. "Io voglio che tu viva la tua vita." "Allora stammi alla larga! Ti prego", aggiunse Jess, cercando di mitigare la durezza delle sue parole, ma rendendosi conto che era troppo tardi. Sua madre scosse la testa. "Non mi merito questo, Jess", disse. "Non mi merito questo da te." 206 E poi che cos'altro era accaduto? si domand Jess. C'erano state altre parole avventate, altre proteste, l'orgoglio aveva preso il sopravvento. "Non sei obbligata ad accompagnarmi dal dottore, ci posso andare da sola." "Fai come vuoi." E Jess era uscita di corsa. Quella era stata l'ultima volta che aveva visto sua madre. Jess si alz e corse verso l'anticamera, inciampando nei seggio lini delle bambine. "Mi dispiace, Jess." Sua sorella corse piangendo dietro di lei. "Ti prego, non andartene, non volevo dirti quelle cose." "Perch no?" chiese lei, fermandosi di colpo e girandosi verso sua sorella con la sensazione di vedere solo il volto di sua ma dre. " la verit, tutto quello che hai detto vero." "Non stata colpa tua", disse ancora Maureen. "Qualunque cosa sia successa a nostra madre, non stata colpa tua." Jess scosse la testa, incredula. "Come puoi dirlo?" le domand. "Se l'avessi accompagnata dal dottore come avevo promesso, non sarebbe mai scomparsa." "Non puoi saperlo." "Certo che lo so e lo sai anche tu. Se fossi andata con lei dal dottore, oggi sarebbe ancora qui." "No, se qualcuno aveva deciso di ucciderla", afferm suo padre, arrivando in anticamera con Barry al fianco. "No, se qualcuno era deciso a farle del male. Tu sai bene quanto me che impossibile fermare qualcuno che ha in mente di farti del male." Jess pens immediatamente a Rick Ferguson. Squill il telefono. "Rispondo io", disse Barry, ritornando in salotto. Nessuno si mosse. "Perch non ritorniamo in salotto e ci sediamo?" propose Maureen. "Penso proprio che dovrei andare", le disse Jess. "Non abbiamo mai parlato di ci che accaduto", continu Mau reen. "Intendo dire, abbiamo parlato dei fatti e dei dettagli, ma non abbiamo mai veramente parlato di come ci sentivamo. Penso che noi due abbiamo molto di cui parlare, non credi?" "S, anch'io voglio parlare", disse Jess, e la sua voce parve quella di una bambina, "solo non credo di poterlo fare. Non sta sera, in ogni caso, magari un altro giorno, sono stanchissima, voglio solo andare a casa e mettermi a letto." Barry apparve sulla porta. " per te, Jess." "Per me? Ma nessuno sa che sono qui." "Il tuo ex marito lo sa." "Don?" Jess ricord di avere detto al suo ex marito che avrebbe cenato a casa di sua sorella.

"Dice che molto importante." "Noi ci trasferiamo in salotto", disse Maureen, lasciando Jess da sola con il telefono. " successo qualcosa?" domand, invece di salutare Don. "Rick Ferguson ha confessato?" "Rick Ferguson sta andando a Los Angeles, gli ho comprato un bi glietto e l'ho messo io stesso sull'aereo delle sette, non lui che mi preoccupa." "Che cosa ti preoccupa, allora?" chiese Jess. "Devi vedere Adam stasera?" 207 "Adam? No, fuori citt." "Sei sicura?" "Che cosa intendi dire se sono sicura?" "Voglio assolutamente che tu rimanga a dormire da tua sorella questa sera." "Che cosa? Perch? Di che cosa stai parlando?" "Jess, ho fatto fare delle ricerche. Ho chiamato il dipartimento di Stato: non hanno mai sentito di un avvocato che si chiama Adam Stohn." "Come?" "Mi hai capito, Jess. Non hanno mai sentito parlare di lui. E se ha mentito sulla sua identit e sulla sua professione, allora c' una buona possibilit che abbia mentito anche sul fatto che fuori citt. E ora fammi un favore, rimani da tua so rella, almeno per stanotte." "Non posso", sussurr Jess, pensando a quanto era appena accadu to, alle cose che erano state dette. "Perch no, perdio?" "Non posso, ti prego, Don, non chiedermi di spiegarti." "Allora vengo a prenderti io." "No! Ti prego, sono grande, posso badare a me stessa." "Potrai iniziare a prenderti cura di te stessa quando sapremo che va tutto bene." "Va tutto bene", gli disse Jess, sentendosi come narcotizzata dalla testa ai piedi. "Adam non mi far del male", mormor allon tanando la bocca dal ricevitore. "Hai detto qualcosa?" "Ho detto di non preoccuparti", gli disse lei. "Ti chiamer doma ni mattina." "Jess..." "Ti chiamo domani." Riagganci. Rimase in piedi accanto al telefono per un istante, cercando di dare un senso alle parole di Don. Non c'era nessuna traccia di un avvocato che si chiamava Adam Stohn, nessun avvocato registrato con quel nome nello stato dell'Illinois. Perch avrebbe dovuto mentirle? Questo trasformava tutto quello che lui le aveva rac contato in una menzogna? Non c'era nulla nella sua vita che resi steva? Niente che avesse un senso? Jess osserv l'abete spoglio, in attesa di essere decorato, e sent le voci provenire dal salotto. "Penso che noi due abbiamo molto di cui parlare", aveva detto sua sorella, c'era molto di cui occuparsi, molto di cui parlare, da soli e insieme. Forse luned mattina avrebbe telefonato a Stepha nie Banack per chiederle un altro appuntamento, doveva smetterla di comportarsi come il proprio giudice e la propria giuria allo stesso tempo. Era giunto il momento di liberarsi del soffocante senso di colpa che l'aveva oppressa negli ultimi otto anni, come una seconda pelle. Afferrando la sua borsetta, decise di lasciare l il cappotto e apr la porta d'ingresso senza fare rumore. Poi usc nell'aria fredda della notte e pochi istanti dopo era al volante della sua auto, guidando veloce verso Sheridan Road, con le lacrime che le rigavano le guance, la musica al massimo volume, con il desiderio di andare a letto e scomparire sotto le coperte fino al mattino seguente.

208 QUANDO arriv a casa stava ancora piangendo. "Smettila di piangere", si disse, mentre spegneva il motore del l'auto, zittendo le spacconate misogine di Mick Jagger. "Ti ho in pugno." Un verso della canzone le risuon in mente, quando corse fuori nel freddo verso la porta di casa. "Per quale motivo stai piangendo?" si domand ad alta voce, infilando la chiave nella serratura, poi sentendo la porta che si apriva e richiudendola con attenzione dietro di s. "Perch ti sei comportata come una perfetta idiota stasera, perch hai definito tua sorella casalin ga perfetta e tuo cognato un pervertito, perch hai voluto im pressionare la nuova fidanzata di tuo padre, perch sei scappata di casa come un ladro nella notte, perch Adam Stohn non quello che dice di essere, perch Rick Ferguson sta andando in Califor nia, invece che sulla sedia elettrica... No", disse, salendo i gradini due alla volta, "non friggono pi le persone nell'Illi nois, le fanno addormentare. Come cani", aggiunse, memore dell'ultima frase de Il processo di Kafka e piangendo ancora pi forte. Non c'erano trombe n sassofoni ad accompagnarla nell'ultima ram pa di scale, nessuna luce filtrava sotto la porta di Walt Fraser. Probabilmente sar fuori per il weekend, si disse, pensando che forse avrebbe potuto chiamare Don, una volta entrata nel suo ap partamento, e suggerirgli di passare un paio di giorni a Union Pier. Dimenticati di Adam Stohn o di chiunque diavolo sia realmente. Jess apr la porta del suo appartamento e si arrest sulla so glia, lasciando che il silenzio e l'oscurit la avvolgessero come vecchi amici a una festa che salutano un ritardatario. Non c'era pi bisogno di lasciare radio e luci accese tutto il giorno, non c'erano pi melodie dolci e innocenti a darle il benvenuto a ca sa. Chiuse la porta a doppia mandata. Le luci della strada filtravano attraverso le tende color avorio antico, gettando una strana iri descenza sulla gabbia vuota, che non aveva avuto il coraggio di mettere da parte, il coraggio di relegare in fondo a un armadio, la forza di portare gi in strada, il buon senso di regalare all'Esercito della Salvezza. Povero Fred, pens, scoppiando in lacrime. "Povera me", sospir, lasciando cadere la borsa sul pavimento, camminando faticosamente verso la camera da letto. Lui le si avvicin da dietro. Non lo vide, non lo sent neppure fino a quando il filo non le fu intorno alla gola e si sent strattonare all'indietro. Port au tomaticamente le mani al collo tentando affannosamente di intro durre le dita fra la pelle e il filo, che si infil nei tagli della mano. Sent il sangue che riprendeva a scorrere e a colarle sulle dita, mentre cercava disperatamente di respirare, ma non ci riusciva, il filo glielo impediva, tagliandole la pelle della go la. Perse il controllo delle gambe, sent le dita dei piedi sol levarsi da terra, lott con tutta la sua forza per resistere, per allontanarsi dal suo aggressore. D'un tratto, nonostante il panico, si ricord: "Non resistere, assecondalo, se qualcuno ti tira, invece di resistere e tirare in senso contrario, usa la forza dell'aggressore per spingerti con tro di lui. Colpiscilo, quando gli sei vicina". 209 Smise di lottare, smise di resistere, nonostante fosse contro il suo istinto e, al contrario, permise al suo corpo di lasciarsi andare, di appoggiarsi contro quello dell'aggressore, mentre lui la tirava contro di s. Per un istante denso di terrore, pens che era troppo tardi, pens di essere sul punto di svenire e scopr che quell'idea aveva un fascino particolare. Fu quasi tentata di cedere, perch prolungare quello che era inevi tabile? Tutto intorno a lei diventava nero, perch non lasciarsi andare? Perch non scomparire per sempre, cos, semplicemente? Ma poi, all'improvviso, si ritrov a lottare, riemergendo dall'o scurit, usando il peso del suo aggressore contro di lui, buttan dolo a terra con la forza del proprio corpo, cadendo insieme a lui, mentre le sue mani si dibattevano

disperatamente nell'aria e colpivano la gabbia facendola cadere. L'aggressore grid, caden do, e Jess us i piedi per colpirlo alle gambe, le unghie per graffiargli il braccio e i gomiti per colpirlo alle costole. Sent il filo intorno al collo allentarsi leggermente, abbastanza perch riuscisse a liberarsi. Si alz barcollando, ansimante, con il corpo teso allo spasimo per l'immenso sforzo. Sentiva ancora il filo premerle sul collo e tagliarle la carne, come se fosse diventato parte di lei, anche se ormai era caduto a terra. Aveva la sensazione che il suo collo si sarebbe spezzato nel giro di pochi istanti. D'un tratto lo sent lamentarsi, si volt e lo vide disteso sul pavimento, vide gli stivaletti a punta neri, i jeans attillati, la maglietta nera, i guanti di pelle nera sulle grandi mani, i lunghi capelli biondi e sporchi che gli nascondevano il viso, tutto tranne il ghigno. "Sono la morte", diceva quel ghigno, persino in quel momento, "sono qui per te." Rick Ferguson. Le sfugg un grido. Aveva davvero creduto che se ne fosse andato in California sparendo per sempre dalla sua vita? Non era forse quella notte la conclusione da lungo tempo annunciata di una vi cenda che aveva avuto inizio molti mesi prima? Un'infinit di immagini le affollarono la mente mentre lui si rialzava, poi ricord che fuggire era sempre la prima cosa da fa re. Dimentica gli atti eroici e teatrali, nella maggior parte dei casi la fuga la salvezza. Ma Rick Ferguson si era gi rialzato e stava barcollando verso di lei, bloccandole l'accesso alla porta. Grida, maledizione! Grida! "Oooh!" url, vedendolo esitare, sorpreso dalla sua reazione. "Oooh!" grid di nuovo, ancora pi forte, pensando alla pistola che si trovava nel comodino accanto al letto, domandandosi se sa rebbe riuscita a prenderla, mentre cercava di vedere attraverso il buio se lui avesse altre armi in mano. Le sue grida sembrarono rinvigorire il suo aggressore; il ghigno di Rick Ferguson si trasform in una risata. "Mi piace una bella lotta", disse. "Stai lontano da me", lo avvert Jess. "Connie non stata una grande sfida, si rannicchiata ed mor ta subito, non mi sono divertito, non come con te", le disse. "Ucciderti sar un vero piacere." 210 "Altrettanto, ne sono sicura", replic Jess, abbassandosi, pren dendo il mano la gabbia vuota e scagliandola contro la testa di Rick Ferguson. Lo colp e vide un'esile riga di sangue scorrergli dalla fronte sulla guancia, poi si volt e usc di corsa dalla stanza. Che cosa stava facendo? Che cosa avrebbe fatto, una volta arriva ta in camera da letto? Doveva riuscire a prendere la pistola, do veva prenderla prima che lui le mettesse le mani addosso, doveva usarla. Si gett in ginocchio davanti al comodino, apr il cassetto e cerc disperatamente la pistola. "Maledizione, dove sei?" grid, gettando a terra il contenuto del cassetto. Il materasso! pens, cadendo in ginocchio e allungando la mano sotto il materasso. Non c', maledizione, non qui! "Stai cercando questa?" Rick Ferguson era in piedi sulla porta e teneva la pistola fra le mani. Portava i guanti. Lei si alz lentamente, con le ginocchia che le tremavano doloro samente, mentre lui le puntava la pistola alla tempia. Il cuore le batteva con furia selvaggia, le orecchie le fischiavano, le lacrime le scorrevano sulle guance, se solo fosse riuscita a pen sare, se solo fosse riuscita a smettere di tremare... "Sei stata carina a invitarmi in camera da letto", le disse, muo vendosi con passi lenti verso di lei. "Naturalmente so gi dove tieni le mutandine." "Vattene fuori di qui", grid Jess, ricordando le mutandine ta gliate e vedendo che il sangue che le scendeva dal collo aveva macchiato la coperta bianca.

Lui rise. "Sei tutta nervi, vero? Devo dire che ammiro il tuo co raggio; dire a un uomo con una pistola carica di andare al diavo lo molto coraggioso. Immagino che ora mi dirai che non la pas ser mai liscia uccidendoti." "Non te la caverai." "Certo che s, dimentichi che ho un buon avvocato." Jess guard la finestra: le tende erano aperte e la luce della strada riempiva la stanza di ombre e fantasmi. Forse qualcuno l'avrebbe vista, forse qualcuno stava guardando quella scena, forse, se fosse riuscita a far parlare Rick Ferguson, se fosse riuscita a distrarlo abbastanza a lungo per arrivare fino alla finestra... Che cosa? Buttarsi? Gridare? Un grido non poteva fa re molto contro una pistola carica. Rise quasi: domani sarebbe stato il giorno in cui avrebbe imparato come distrarre un aggres sore, domani. Sent la fronte bagnata di sudore, le gocce le cadevano negli oc chi mischiandosi alle lacrime, la luce dei lampioni l'accecava come un riflettore, come il sole. Pens di udire delle voci dalla strada, ma erano distorte, come un disco rotto che girava troppo lento, la scena di un film al rallentatore, qualcosa che stava accadendo a qualcun altro. Cos doveva essersi sentita Connie, pens, quella era la morte. "Pensavo che Don ti avesse messo su un aereo per la California", sent la propria voce dire. "Gi, molto generoso da parte sua, vero? Ma ho deciso che la Ca lifornia poteva aspettare qualche giorno e sapevo quanto deside rassi vedermi. Togliti il maglione." Lo disse cos, casualmente. "Come?" 211 "Togliti il maglione", ripet. "E le mutandine, gi che ci sei. Inizia il divertimento." Lei scosse la testa, sentendo un nodo alla gola. "No." "No? Hai detto no?" Rise, "Risposta sbagliata, Jess." Si sent come se fosse nuda, esposta davanti a lui. Rabbrividen do, immagin le mani di Ferguson che pizzicavano la sua pelle, la sua bocca che le mordeva il seno, il suo corpo che si spingeva con crudelt dentro di lei. Le avrebbe fatto male, lo sapeva, si sarebbe assicurato di farla soffrire prima di ucciderla. "Non lo far", disse. "Allora dovr spararti." Alz le spalle, come se fosse l'unica soluzione logica. Il cuore di Jess batteva furiosamente, sembrava che volesse uscirle dal petto. Come in Alien, pens, meravigliata che la sua mente potesse concentrarsi su tali sciocchezze; come faceva lui a essere cos calmo? Che cosa stava succedendo dietro quegli occhi marroni? "Mi spareresti comunque", disse infine Jess. "Be, no, in realt pensavo di usare le mani per farti fuori, ma ti sparer, se devo." Sorrise e i suoi occhi indugiarono a lungo sul corpo di Jess, come un esercito di serpenti. "Nella spalla o forse nel ginocchio, forse nell'interno della coscia. S, mi pia ce l'idea, solo per farti collaborare un podi pi." Jess sent il bruciore del proiettile nella coscia, pur sapendo che lui non aveva ancora sparato; riusciva a malapena a stare in piedi da come le tremavano le gambe, aveva i crampi allo stomaco. Se riuscissi a farlo parlare, pens, non fanno cos nei film? Parlano e poi qualcuno arriva appena in tempo per salvare la pro tagonista. Si costrinse a parlare. "Se spari, metterai in allarme i vicini." Lui non sembr impressionato. "Tu credi? Mi sembrava che non ci fosse nessuno, quando sono arrivato. Adesso spogliati, oppure fi nisce che mi annoio e quando mi annoio il mio modo di fare l'amo re diventa un porude." Oh, Dio. Oh, Dio, Dio, Dio. "Come sei entrato?" chiese, domandandosi come facesse ad avere ancora un filo di voce. Le sembrava che non fosse la sua voce, ma quella di un'altra persona. "Non stata ancora inventata una serratura che possa resister mi." Rise ancora, divertito. "Immagino che potrei dire la stessa cosa delle donne." Mise un dito sul grilletto della pistola. "Ora hai trenta secondi per toglierti quei vestiti e distenderti sul letto."

Jess non disse nulla, la gola improvvisamente troppo secca per pronunciare altre parole. In un punto interno al suo corpo ebbe la sensazione che un orolo gio scandisse i secondi come una bomba sul punto di esplodere. Ma allora cos che finisce, pens, incapace di deglutire, di re spirare, con il terrore che la divorava come un topo affamato. Come sar? si chiese. Avrebbe visto una luce bianca in fondo a un lungo tunnel, avrebbe sentito una pace improvvisa, un benessere, come spesso raccontavano coloro che sostenevano di essere stati sul punto di morire e poi erano tornati indietro? O ci sarebbe stata soltanto l'oscurit? Il nulla? Avrebbe semplicemente cessa to di esistere? Alla fine di tutto, si sarebbe ritrovata sola, oppure quelli che amava sarebbero stati l ad accoglierla? Con un dolore atroce nel petto pens a sua madre: sarebbe finalmente 212 riuscita a vederla, a scoprire quale era stato il suo destino? Era stato anche per lei cos? Mio Dio, pens, anche sua madre aveva provato lo stesso terrore e lo stesso dolore prima di mori re? Era questo che sua madre aveva dovuto affrontare? E che cosa sarebbe accaduto a suo padre e a sua sorella? Non avrebbero avuto sue notizie, non sarebbero riusciti a metter si in contatto con lei, ma di certo Barry li avrebbe rassicurati dicendo che lei si sentiva troppo a disagio per parlare con loro, che se n'era andata fuori citt per qualche giorno, che forse ad dirittura desiderava punirli a livello inconscio. Sarebbero tra scorsi giorni prima che la sua scomparsa venisse notata, prima che la polizia entrasse nel suo appartamento: non avrebbero tro vato segni di colluttazione, avrebbero analizzato il sangue sulla coperta e avrebbero scoperto che apparteneva a lei, che la porta non era stata forzata, che non c'era nessuna impronta. Don avreb be fatto ricadere i sospetti su Adam Stohn e Rick Ferguson se la sarebbe cavata. "Non farmi gridare di nuovo", le intim Rick Ferguson. Lei respir profondamente e, mentre si tolse il maglione, ebbe la sensazione di togliersi anche la pelle. Lo lasci cadere a terra. "Molto carino", disse lui, "mi sempre piaciuta la biancheria nera." Con la pistola indic i pantaloni. "Ora il resto." Jess osservava la scena come se fosse stata a una grande distanza da l e di nuovo ricord le esperienze raccontate da coloro che sostenevano di avere sperimentato la morte. Non raccontavano sem pre di avere lasciato il loro corpo e di essere fluttuati verso l'alto, osservando gli eventi restando sospesi in aria? Forse era quello che stava accadendo a lei, forse non era nemmeno mai usci ta dal suo salotto, forse il filo le aveva gi reciso la gola e l'aveva uccisa e magari era gi morta. O forse ho ancora tempo per salvarmi, pens, mentre una scarica di adrenalina le attraversava il corpo interrompendo quei pensie ri e convincendola del fatto che era ancora viva, che poteva an cora fare qualcosa. "Usa qualsiasi arma sia a tua disposizione", sent la voce di Dominic, mentre faceva scorrere le mani nella cintura elastica dei pantaloni. Ma che cosa? Poteva cercare di strangolarlo con il reggiseno? Oppure soffocarlo nel cachemire? E le scarpe? si domand, togliendo le mani dai pantaloni. Rick Ferguson agit la pistola, con impazienza. "De... devo togliermi le scarpe", balbett. "Altrimenti non posso sfilarmi i pantalo ni." "Ehi", fece lui, rilassandosi, "pi sei nuda, meglio . Solo fai in fretta." Lei si chin, domandandosi che cosa stesse cercando di fare e to gliendosi lentamente la scarpa sinistra. La spinse di lato, pen sando che era troppo rischioso, che l'avrebbe uccisa, poi pass al piede destro, fece un gesto come per spingere la scarpa di la to, invece l'afferr saldamente e la lanci con tutta la sua for za in direzione della pistola. Manc completamente il bersaglio. "Oh, Dio", mugol. "Oh, mio Dio." Ma quell'azione improvvisa colse Rick Ferguson di sorpresa e lo fece balzare all'indietro, allarmato. Che cosa poteva fare ora?

Poteva cercare di spingerlo da parte e farsi largo verso la por ta? Poteva forse sopravvivere a un salto dal terzo piano? Aveva la forza per disarmarlo? 213 Era troppo tardi, Rick Ferguson aveva gi recuperato l'equili brio, aveva gi tirato indietro il cane della pistola e gliela stava puntando al cuore. "Penso che mi divertir a ucciderti an che pi di quanto mi sia divertito ad arrostire quel maledetto canarino", disse. Non c'era pi tempo, nessuna possibilit di fuga: le avrebbe spa rato, l'avrebbe indebolita per poterla violentare e sodomizzare e poi l'avrebbe finita con le sue mani. Oh, Dio, pens Jess, ricor dando il canarino morto, desiderando di svenire, sapendo che lui l'avrebbe costretta a risvegliarsi, obbligandola a soffrire. Un istante dopo, senza nemmeno pensare a che cosa stesse facendo, Jess si gett verso la finestra gridando con tutta la forza che aveva. Il colpo di pistola rimbomb nella stanza e in un attimo cap che sarebbe morta. Fu fortissimo, pi forte di quanto non avrebbe im maginato, come un tuono; la stanza assunse dei colori vividi, brillanti, sent il suo corpo leggero; quasi fosse stato sospeso nell'aria. Si domand dove l'avesse colpita il proiettile e quan to le ci sarebbe voluto, prima di ricadere a terra. Allora lui l'avrebbe spogliata e le sarebbe entrato dentro, schiacciandola con il suo peso, soffocandola con il suo odore. Le pareva gi di sentire le sue dita sul corpo, la sua lingua che leccava il suo sangue; sarebbe stato l'ultimo volto che avrebbe visto e la vista del suo malefico ghigno l'avrebbe accompagnata nella tomba. Improvvisamente si gir e vide che Rick Ferguson si stava avvici nando, con le mani tese, il volto bianco per la rabbia, senza pi sorridere, e un istante dopo cadde a terra. Jess cap che non avevano sparato a lei, ma a Ferguson ed era lui che stava moren do. Tutto, intorno a lei, divent improvvisamente nero, come un uragano in mezzo all'oceano che minacciava di inghiottirla, e si appoggi per non cadere. E poi lo vide, in piedi sulla porta, la pistola che gli pendeva dalla mano. "Don!" sussurr. "Te l'avevo detto, se quel bastardo avesse cercato di farti del male, l'avrei ucciso io stesso", disse piano. La pistola gli sci vol dalle mani cadendo a terra. Jess si gett fra le sue braccia e lui la strinse forte a s. Ap poggiandogli la testa sulla spalla, sent il suo profumo, il ca lore rassicurante del suo corpo, era cos buono, cos sicuro. "Sei salva, ora", le disse, come se le avesse letto nel pensiero, baciandole ripetutamente le guance. "Sei in salvo, ci sono qui io, non ti lascer mai pi." "Mi stava gi aspettando, quando sono rientrata", disse Jess dopo alcuni secondi, cercando di capire quello che era accaduto. "Ave va un filo elettrico, come quello che ha usato per uccidere Con nie, ha cercato di strangolarmi, ma io sono riuscita a scappare, sono corsa a cercare la mia pistola, ma non c'era, l'aveva lui. Deve avere cercato nell'appartamento prima che io rientrassi, mi ha detto che non ancora stata inventata una serratura che lui non possa aprire." "Va tutto bene ora", disse Don. "Va tutto bene, adesso sei al si curo, non pu farti del male." "Ho avuto tanta paura, pensavo che mi avrebbe uccisa." " morto, Jess." 214 "Continuavo a pensare a mia madre." "Non farlo, tesoro." "E poi anche a che cos avrebbero fatto mio padre e mia sorella." " tutto finito, adesso, sei al sicuro." "Grazie a Dio sei qui."

"Non potevo permettere che rimanessi qui da sola." "Non salito sull'aereo", disse Jess, poi rise, sentendosi un poconfusa. "Immagino che sia ovvio." "Sono felice di essere arrivato in tempo." Don l'abbracci pi forte. "Non riesco ancora a crederlo, sei il mio principe azzurro", dis se lei e pens che lo era realmente, come aveva potuto ferirlo in quel modo? Come aveva potuto lasciarlo? Come poteva pensare di riuscire a sopravvivere senza di lui? " proprio come nei film." Rise nervosamente, poi, ricordando i film in cui l'assassino che si crede morto all'improvviso si rialza, i suoi occhi si posarono immediatamente sul corpo che giaceva a terra. "Sei sicuro che sia morto?" " morto, Jess", Don sorrise con indulgenza. "Posso sparargli di nuovo, se vuoi." Lei rise, e si stup di poterlo fare: era stata selvaggiamente aggredita con un pezzo di filo elettrico, era stata quasi violen tata, quasi uccisa e ora stava ridendo. Forse una reazione ner vosa, pens, un modo di affrontare quello che successo. I suoi occhi esaminarono nuovamente il corpo di Rick Ferguson e si rese conto che quel corpo disteso l avrebbe benissimo potuto essere il suo, se lui avesse avuto qualche minuto in pi, se Don non fosse arrivato in quel momento, come un eroe di un film muto, per salvare l'eroina dal suo triste destino. sorprendente come Don mi conosca bene, pens Jess, rannicchian dosi contro il suo petto, il modo in cui sa sempre quando ho bi sogno di lui. Al telefono gli aveva detto che andava tutto bene, che si sarebbero sentiti l'indomani, che non correva alcun peri colo quella notte, e ciononostante era andato l, l'aveva salvata da una morte atroce, l'aveva salvata dalla sua propria stupidit. Era davvero sorpresa? Non aveva fatto lo stesso durante tutto il loro matrimonio, ignorando quello che lei desiderava e facendo il suo bene? Lei si era arrabbiata, si era scagliata contro di lui, aveva lottato per essere libera di commettere i propri errori, esigendo il diritto di sbagliare e lui aveva cercato di capire, ma alla fine aveva sempre fatto tutto a modo suo. Come quella notte. Come se stesse guardando un replay alla televisione, Jess rivide se stessa aprire il portone di casa, richiuderlo a chiave dietro di s, fare di corsa i tre piani di scale, entrare nel suo appar tamento, richiudersi di nuovo la porta alle spalle con la chiave, fare alcuni passi e sent di nuovo il filo stringersi in torno al suo collo. La sua attenzione si concentr sulla porta dell'appartamento chiusa a chiave, come un cannocchiale che mette a fuoco un ogget to. Che cosa c' che non va? le chiese una vocina. La porta del suo appartamento era chiusa a chiave, come aveva fatto Don a en trare? "Come sei entrato?" gli chiese. "Che cosa?" Jess si liber dal suo abbraccio. "Come sei entrato?" "Il portone non era chiuso a chiave", disse lui. 215 "S, lo era", insistette Jess. "L'ho chiuso io dopo essere entra ta." "Be, quando sono arrivato io era aperto", ribatt lui. "E nel mio appartamento?" chiese ancora lei. "Ricordo di avere chiuso con due mandate non appena entrata." "Jess, che cos', un terzo grado?" "Una semplice domanda." Fece alcuni passi indietro e si ferm quando sent il corpo di Ferguson dietro i suoi piedi. "Come sei entrato nel mio appartamento?" Segu un momento di silenzio, uno sguardo di rassegnazione, poi: "Ho usato le mie chiavi". "Le tue chiavi? Che cosa intendi dire? Quali chiavi?" Lui deglut e abbass lo sguardo sul pavimento. "Mi sono fatto fare un secondo mazzo di chiavi quando ti ho fatto sostituire la serratura." Jess scosse la testa, incredula. "Hai fatto fare un secondo mazzo di chiavi? Perch?"

"Perch ero preoccupato per te, perch temevo che potesse accade re qualcosa del genere, perch hai bisogno che io mi prenda cura di te. Ecco perch." Jess guard in basso, il corpo di Rick Ferguson morto ai suoi piedi, la pistola ancora nella sua mano aperta. Don le aveva sal vato la vita, accidenti. Perch improvvisamente era cos in col lera con lui? Che differenza faceva il fatto che avesse una copia delle sue chiavi? Se non fosse stato cos, a quell'ora lei sareb be stata un cadavere e niente di pi; era in collera con lui per ch le aveva salvato la vita? Sent uno strano formicolio in gola; pens che fosse una conse guenza della stretta, ma quella sensazione si diffuse in poco tempo per tutto il corpo. Sto per avere un attacco di ansia? si domand incredula. Ora che tutto finito? Quando ormai sono in salvo? Quando non ho pi ragione di farmi prendere dal panico? Poi, all'improvviso, sent la voce di Adam: "Lasciati andare", diceva, "non resistergli". Adam, pens, contro cui Don l'aveva messa in guardia, Adam, su cui Don aveva fatto indagini e che non era l'uomo che diceva di essere. Che cosa c'entrava Adam in tutto questo? "Non capisco", disse ad alta voce, fissando Don e chiedendosi se ci fosse qual cosa di pi di quello che lui le aveva effettivamente detto. "Non preoccuparti di nulla ora, Jess, quello che conta che sei in salvo; Rick Ferguson morto, non pu pi farti del male." "Ma tu non eri preoccupato per Ferguson", insistette lei, ricor dando la telefonata a casa di sua sorella, cercando ostinatamente di capire. "Tu sostenevi che era Adam l'elemento pericoloso, hai detto di avere controllato la sua identit, hai detto che non avevano mai sentito nominare il suo nome al tribunale di Stato." "Jess, che cosa c'entra questo, ora?" "Adam non ha mai tentato di farmi del male, sempre stato Fergu son, ma allora perch Adam avrebbe dovuto mentire?" Di nuovo il canocchiale mise a fuoco l'immagine. "A meno che lui non mi abbia mentito, a meno che sia stato tu a mentirmi", disse, senza quasi credere alle proprie orecchie. Stava davvero dicendo quelle cose? "Non hai chiamato il tribunale di Stato, vero? E se l'hai fatto, hai scoperto che Adam Stohn esattamente chi dice di essere. Non cos?" 216 Segu un lungo silenzio. "Non va bene per te, Jess", disse infine Don. Che cosa sta succedendo? Che cosa mi sta dicendo Don? "Non spetta a me decidere?" "Non quando si tratta della decisione sbagliata, non quando coin volge me, quando coinvolge noi e il nostro futuro insieme", le disse. "E noi potremmo avere un futuro insieme, se solo tu la smettessi di stare contro di me; sempre stato cos, questa not te ne hai avuto la dimostrazione." Jess guard prima il suo ex marito, poi il corpo disteso sul pa vimento e di nuovo il suo ex marito, mentre la sua mente cercava disperatamente di capire. "Perch sei venuto qui stasera?" chie se. "Intendo dire, sapevi che Adam era fuori citt e pensavi che Ferguson fosse su un aereo diretto in California, ma allora per ch sei venuto? Come mai avevi una pistola? Come facevi a sapere che ero in pericolo... a meno che tu non avessi organizzato tut to?" continu e la sua voce rimase sospesa nell'aria, mentre l'improvvisa comprensione di ci che stava dicendo le tagliava dolorosamente la carne, come un pezzo di filo metallico. "Sei stato tu, vero? Tu hai organizzato tutto!" "Jess..." "Tu lo hai istruito, gli hai detto che cosa dire, quali bottoni premere, sin dall'inizio." "L'ho utilizzato per riavvicinarci", ammise con semplicit Don. "Che male c'?" "Mi ha quasi uccisa, perdio!" "Non avrei mai permesso che accadesse."

Jess scosse la testa, incredula. "Tu hai orchestrato tutto, il modo in cui mi stava aspettando il primo giorno, quando sono ar rivata in ufficio, il modo in cui mi ha seguito su per le scale, come se fosse uscito dai miei incubi, gli incubi che tu conoscevi cos bene! Non stata una coincidenza che abbia usato la parola 'scomparire. Tu gli hai raccontato che cosa era accaduto a mia madre, non cos? Sapevi che effetto avrebbe avuto su di me, l'ansia che avrebbe scatenato." "Io ti amo, Jess", le disse Don. "Tutto quello che ho sempre de siderato che noi vivessimo insieme." "Raccontami", disse Jess. "Che cosa devo raccontarti?" "Tutto." "Jess, che cosa contano i dettagli? La cosa importante che noi siamo destinati a stare insieme." "Lo hai fatto perch noi potessimo tornare insieme?" "Il mio unico scopo stato questo, sin dal giorno in cui ci sia mo incontrati." "Raccontami", ripet lei. "Dimmi, qual era esattamente il tuo rapporto con Rick Ferguson?" "La conosci gi, era il mio cliente, io ero il suo avvocato." "Sapevi gi che aveva ucciso Connie DeVuono?" "Non gliel'ho mai chiesto." "Ma lo sapevi." "Lo sospettavo." "E gli hai offerto di tirarlo fuori dai guai in cambio di un fa vore." "Connie era ancora viva quando ho accettato il caso, non avevo idea che avesse intenzione di ucciderla." 217 "Ma sapevi che aveva fatto irruzione nel suo appartamento, sapevi che l'aveva violentata, sapevi che l'aveva picchiata, che la sta va perseguitando." "Conoscevo le accuse contro di lui." "Non essere ipocrita con me, Don." "Sapevo che probabilmente era colpevole." "Cos gli hai proposto un patto?" "Gli ho fatto capire che forse ci saremmo potuti aiutare a vicen da." "Gli hai raccontato tutto di me, l'hai istruito su che cosa dire e che cosa fare." La voce di Jess era monotona, le domande si susseguivano con lo stesso tono, come se conoscesse gi le rispo ste. "Qualcosa del genere." "Ma perch? Perch adesso?" Don scosse la testa. "Era qualcosa a cui pensavo da molto tempo, un modo di dimostrarti quanto tu avessi bisogno di me e, d'un tratto, ecco che mi si presenta l'opportunit; inoltre c'era qualcosa nella simmetria delle date che trovavo affascinante, sai, quattro anni insieme, quattro anni divisi, sapevo di non po ter aspettare di pi, poi arrivato quell'Adam Stohn e ho capito che non potevo permettermi di perdere altro tempo." "Che cosa gli hai detto esattamente di fare?" "Essenzialmente quello che sapeva fare meglio, gli ho dato carta bianca, a patto che non ti facesse del male." "Farmi del male? Mi ha quasi uccisa!" "Io ero proprio dietro di te, Jess, non hai corso nessun pericolo reale." Jess si massaggi la base del collo e sent il sangue ancora umi do. "Gli hai detto di entrare nel mio appartamento e di tagliare la mia biancheria! Gli hai detto di distruggere la mia auto!" "Gli avevo soltanto detto di spaventarti, ho lasciato che si oc cupasse lui dei dettagli." "Ha ucciso Fred!" "Un canarino, per l'amor del cielo, ti comprer cento canarini, se questo che vuoi." Jess avvert quel formicolio tornare, lo sent nelle braccia, nelle gambe e poi lo sent salire su, fino al cervello. Era pos sibile che lei stesse veramente sostenendo quella conversazione? Si stavano davvero dicendo quelle cose?

"E stanotte?" gli chiese. "Che cosa avrebbe dovuto fare, stanot te?" "Gli avevo detto che, considerando la tua tenacia, non ti saresti sentita in pace fino a quando lui non fosse stato accusato dell'omicidio di Connie. Sapevo che non avrebbe resistito e vole vo essere sicuro di poter controllare il tempo e il luogo della sua aggressione, perci l'ho incoraggiato a finire il lavoro il pi in fretta possibile." "Tu lo hai mandato qui per uccidermi." "L'ho mandato qui a farsi uccidere!" esclam Don e rise. "Acci denti, gli ho persino dato la chiave." Rise di nuovo. "L'ho usa to, Jess', per ottenere ci che volevamo entrambi." "Che cosa volevamo entrambi?" "Sii onesta, Jess, tu non volevi la pena di morte? Lo Stato non l'avrebbe fatto, l'ho fatto al suo posto, per te. Per noi", ag giunse, senza pi ridere. 218 "Cos l'hai convinto." "Quell'uomo era un animale, una bestia, sono le tue parole, ri cordi? Ha ucciso Connie DeVuono e aveva intenzione di uccidere anche te." "Ma tu mi hai chiamato da mia sorella, hai insistito perch rima nessi da lei questa notte, mi hai pregato di non tornare a casa." Don rise di nuovo. "Sapendo che tu avresti fatto l'esatto contra rio, sapendo che il tuo orgoglio ti avrebbe spedita qui al pi presto, Dio solo sa se hai mai ascoltato quello che ti dice tuo marito." "Il mio ex marito", si affrett a ricordargli Jess. Alz le mani e se le port alla testa. Non pu essere vero, pen s, niente di tutto questo davvero accaduto, quello Don, san to cielo. L'uomo che era sempre stato l per lei, che era stato il suo maestro, il suo amante, suo marito, suo amico, l'uomo che l'aveva aiutata dopo la morte di sua madre e durante gli anni in cui si erano susseguiti gli attacchi di ansia. E ora le stava di cendo che aveva deliberatamente organizzato le cose in modo che tornassero insieme. Le stava dicendo che dietro la prolungata campagna di terrore di Rick Ferguson c'era lui, le stava dicendo che era andato l quella sera per commettere un omicidio, tutto in nome dell'amore. Mio Dio, di che cos'altro capace? si chie se. La mente di Jess ripercorse gli ultimi otto anni: i suoi attacchi di ansia erano iniziati subito dopo la scomparsa di sua madre ed erano durati per tutto il loro matrimonio, per sparire immediata mente dopo il divorzio; avevano forse cercato di comunicarle qualcosa? "Non ti lascer crescere", sent che diceva la voce di sua madre. La mia bellissima mamma, pens, avvicinandosi lentamente al cada vere di Rick Ferguson. Inginocchiandosi, i suoi occhi si posarono sulla ferita nel mezzo della schiena, mentre cercava di ignorare l'odore di morte che si andava diffondendo nella stanza. "Ti amo, Jess", le stava dicendo Don. "Nessuno potrebbe amarti come ho fatto io in questi anni, non permetterei mai a nessuno di mettersi fra di noi." La mente di Jess ricompose anche gli ultimi pezzi del mosaico e d'improvviso seppe di che cosa era stato capace. Si gir, fiss gli occhi marroni di suo marito, nei quali si rifletteva solo un immenso amore per lei. "Sei sempre stato tu", disse e sent la propria voce come una forza estranea che si fosse impossessata del suo corpo e che esprimeva pensieri di cui lei stessa era all'oscuro. "Tu hai ucciso mia madre." Non appena ebbe pronunciato quelle pa role, seppe con assoluta certezza di avere ragione, lentamente si alz in piedi. "Raccontami", disse. "Non capiresti", le rispose lui. "Aiutami a capire", fece lei, costringendosi a parlare gentilmen te. "Ti prego, Don, so che mi ami, desidero cos tanto capire." "Stava cercando di separarci", cominci lui, come se fosse la so la spiegazione da dare, "e ci sarebbe riuscita, tu non lo sapevi, ma io s. Come diceva continuamente, ero molto pi

vecchio di te, avevo molta pi esperienza, ma tu eri molto legata a lei e sapevo che sarebbe riuscita a convincerti a posticipare il matrimonio, 219 ad aspettare fino alla laurea, e sapevo che, se avessimo aspetta to, avrei potuto perderti, era un rischio che non potevo corre re." "Perch mi amavi cos tanto", disse Jess. "Perch ti amavo pi di qualsiasi cosa al mondo", precis lui. "Non avrei voluto essere costretto a ucciderla, Jess. Puoi cre derci o no, ma mi piaceva quella donna, speravo sempre che si convincesse a cambiare idea. Ma non l'ha fatto e, a poco a poco, ho capito che non lo avrebbe fatto mai." "Cos hai deciso di ucciderla." "Sapevo che doveva essere fatto", continu lui, "ma stavo aspet tando il momento giusto, l'opportunit giusta." Alz le spalle, in un gesto che esprimeva una sorta di ironica innocenza, come se tutto ci che era successo fosse stato al di l del suo control lo. "Un pocome successo con Ferguson, credo." Alz ancora le spalle e qualsiasi traccia di innocenza scomparve. "E poi un mat tino tu hai telefonato e mi hai raccontato della lite fra di voi, di come eri uscita correndo di casa dicendo a tua madre di andare da sola dal medico, e ho capi to dalla tua voce quanto ti sentivi in colpa, sapevo che ti eri gi pentita di avere litigato, sapevo che se quel nodulo si fosse rivelato maligno, avresti acconsentito a posticipare il matrimo nio e che se non mi fossi mosso in fretta, sarebbe poi stato troppo tardi. "Cos sono andato in auto a casa tua, ho detto a tua madre che mi avevi chiamato raccontandomi quello che era successo e che mi avevi spiegato quanto ti dispiaceva. Le ho detto che non volevo pi essere motivo di attrito fra di voi e che mi sarei tirato in dietro e ti avrei convinta a posticipare il matrimonio dopo la tua laurea." Sorrise, coinvolto da quel ricordo. "Era sollevata, davvero, pa reva che un peso enorme le fosse stato tolto dalle spalle, mi ha ringraziato, mi ha baciato, persino, mi ha detto che, naturalmen te, non aveva niente contro di me, ma che, belo sai..." "Cos le hai proposto di andare dal dottore." "Ho insistito per accompagnarla dal dottore", la corresse lui, "dicendole che era una splendida giornata e che avremmo potuto fare una piccola gita prima. Lei ha trovato che fosse un'ottima idea", sorrise, "cos siamo andati a Union Pier." "Come?" "Avevo pensato a tutto; dopo averla convinta a salire con me in auto, il resto stato molto semplice. Le ho raccontato che mi interessava la sua opinione riguardo a certi lavori che avevo pensato di fare alla casa, era felice di potermi aiutare, persino lusingata, credo; abbiamo girato intorno alla casa e lei mi ha detto che cosa avrebbe trovato carino modificare; poi siamo anda ti sul retro ad ammirare i boschi." "Oh, Dio." "Non si accorta di nulla Jess, un colpo alla schiena ed fini to tutto." Jess barcoll, perse quasi l'equilibrio, ma riusc a tenersi in piedi. "L'hai uccisa tu", sussurr. "Se il nodulo si fosse rivelato maligno, non le sarebbe rimasto comunque molto da vivere. Pensa allora a tutto il dolore che le ho risparmiato, agli anni di agonia per tutti coloro che avrebbe ro dovuto assisterla nella malattia. Al contrario, morta in una 220 splendida giornata di sole, ammirando i boschi, senza pi preoc cupazioni per sua figlia. Capisco che sia difficile per te da ca pire, Jess, ma lei era felice, non capisci? morta felice." Jess apr la bocca per parlare, ma per alcuni secondi non usc alcun suono. "Che cosa hai fatto... dopo?"

"Le ho fatto un vero funerale", rispose lui. "L fuori, nel bo sco, stavi guardando la sua tomba, qualche settimana fa." Jess ricord se stessa in piedi davanti alla finestra della casa di Don che dava sul bosco, intenta a osservare la neve. "Ho pensato di dirti la verit, quel giorno", continu Don, "e di dare pace alla tua mente, di farti sapere che non c'era pi nulla di cui dovessi sentirti in colpa, che la lite con tua madre non ebbe niente a che vedere con la sua morte, che la sua morte era una conclusione scontata dal momento in cui lei ha iniziato a in terferire con i nostri progetti, ma sapevo che non era quello il momento giusto." Jess ricord la sensazione delle braccia di Don intorno a s, il tocco delle sue labbra mentre facevano l'amore accanto al fuoco, il falso conforto che aveva provato, che aveva sempre provato con lui. Una parte del suo subconscio aveva forse sospettato una cosa simile? Senza dubbio, era quello che i suoi attacchi di ansia avevano cercato di comunicarle sin dal primo momento. "Che cosa mi dici di mio padre? Anche lui si era opposto al no stro matrimonio." "Tuo padre era innocuo, sapevo che, una volta eliminata tua ma dre, non avremmo avuto problemi con lui." "E la pistola?" chiese Jess. "Che cosa ne hai fatto della pisto la?" Don sorrise di nuovo, un sorriso molto pi spaventoso di quello di Rick Ferguson. "Te l'ho regalata quando te ne sei andata." Jess sent un nodo allo stomaco e abbass lo sguardo sul piccolo revolver che si trovava nella mano di Ferguson, la pisto la che Don aveva insistito che lei prendesse per proteggersi dopo il loro divorzio, la stessa pistola che lui aveva usato per ucci dere sua madre. "Mi piaceva l'ironia della situazione", disse Don come se stesse commentando solo un articolo del codice penale, invece dell'as sassinio di sua madre. Quando la sua ossessione si era trasforma ta in pazzia? Come aveva fatto lei a non accorgersene per tanto tempo? Aveva dormito con l'assassino di sua madre, santo cielo. Chi dei due era il pazzo? Si sentiva confusa e le girava la testa come se fosse stata sul punto di svenire. "Adesso capisci quanto ti amo", disse lui, "quanto abbia sempre desiderato prendermi cura di te." La testa di Jess ondeggiava, i suoi occhi non riuscivano a mette re a fuoco. L'avrebbe uccisa? "Ora che cosa succede?" "Chiameremo la polizia e racconteremo che cos' successo, che Rick ti stava aspettando nel tuo appartamento, che ha cercato di ucciderti, ma che io sono arrivato appena in tempo e che ho dovu to sparargli per proteggerti. E poi sar tutto finito", continu lui, in tono rassicurante, "e tornerai a casa con me, al luogo a cui appartieni, al quale sei sempre appartenuta. E saremo di nuo vo insieme, come destino che sia." 221 Jess si sent invadere dalla nausea, un'enorme ondata stava per travolgerla, minacciando di annegarla, e istintivamente tese una mano per aggrapparsi a qualcosa ed evitare di essere portata via. Le sue dita toccarono un oggetto metallico e si strinsero intorno a esso. La pistola, cap, avvolgendola saldamente con la mano e aggrappandosi a essa. In un solo gesto, la sollev, la punt al cuore del suo ex marito e spar. Don la fiss con un'espressione stupita, mentre il proiettile gli trafiggeva il petto, poi barcoll in avanti e si accasci al suo lo. Jess si alz lentamente e gli si avvicin. "Centro", disse con calma. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase l in pie di, fissando il suo ex marito, con la pistola puntata verso la sua tempia, pronta a sparare se solo si fosse mosso; non avrebbe saputo dire quando torn cosciente del rumore del traffico, delle risate che riecheggiavano in strada, dello squil lo del suo telefono. Guard l'orologio: le dieci. Doveva essere Adam, che la chiamava per sapere come stava, per sapere com'era andata la giornata, per augurarle la buona notte. Le venne quasi da ridere non avrebbe dormito, quella notte, di questo era sicura, avrebbe dovuto par lare con la polizia, mettersi in contatto con la sua

famiglia, raccontare loro di Rick Ferguson e di Don, raccontare la verit su quanto era accaduto quella notte, la verit su quanto era ac caduto otto anni prima, tutta la verit. Le avrebbero creduto? Lei stessa ci credeva? Jess raggiunse il telefono e sollev il ricevitore. "Adam?" chiese. "Ti amo", rispose lui. "Potresti tornare a casa?" La sua voce era debole, ma ferma, sor prendentemente priva di ogni traccia di ansia. "Penso di avere bisogno di un buon avvocato." FINE 222

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