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1. Il diritto amministrativo
Il diritto amministrativo disciplina la Pubblica amministrazione e su suoi rapporti con i privati. diritto statale (la PA legata al governo e regolata dalle leggi del Parlamento) ma ultimamente anche sovranazionale (soggetta a norme comunitarie e di organizzazioni internazionali globali) e regionale (alcune competenze sono regolate esclusivamente dalle regioni art. 117 Cost.); diritto speciale (rispetto al diritto civile perch la PA ha dei poteri che eccedono quelli previsti tra i privati e ha istituti, regole e rapporti non previsti dal diritto civile), difatti in Italia, come in Francia, esiste il dualismo giurisdizionale, con un giudice ordinario e uno amministrativo (il giudice amministrativo ha riconosciuto alla PA dei poteri derogatori - supremazia, imperativit esecutoriet - che i privati non hanno. Comunque alcuni rapporti della PA con i privati sono regolati dal diritto privato (ad esempio quando stipula contratti con un privato).
2. Le pubbliche amministrazioni
La PA pu essere statale, sovrastatale (Comunit europea o organizzazione internazionale) o sub statale (regioni, province, comuni). Non esiste una definizione univoca di PA, ma questa pu essere definita e elencata a seconda dello scopo che le norme si prefiggono (le norme contengono delle nozioni funzionali). Le principali nozioni che si ottengono da norme europee e nazionali sono cinque e indicate in ordine di ampiezza. dir. 2004/18/CE art. 1 e d. lg. n. 157/1995 sugli appalti pubblici, il cui articolo 2 cita (elencazione), Amministrazioni aggiudicatrici 1. Sono amministrazioni aggiudicatrici: 1. le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti pubblici territoriali e le loro unioni, consorzi o associazioni, gli altri enti pubblici non economici; 2. gli organismi di diritto pubblico; sono tali gli organismi, dotati di personalit giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalit d'interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui attivit finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o la cui gestione sottoposta al vigilanza sono costituiti, almeno per la met, da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici. 2. Nell'allegato 7 sono elencati, in modo non esaustivo, gli organismi di diritto pubblico di cui al comma 1, lettera b). l.n. 241/1990 diritto di accesso ai documenti amministrativi (definizione), il cui art. 22, c. 1, lett. e cita per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attivit di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario; normativa europea per il debito e disavanzo pubblico (elencazione); norme sul personale della PA d. lg. n. 165/2001 (elencazione) il cui art. 1 dice Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunit montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del
Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; deroga alla libert di circolazione dei lavoratori, art. 39 c. 4 del tr. CE; la giurisprudenza ha stabilito che la PA caratterizzata dall'esercizio di poteri pubblici e dalla tutela di interessi generali dello Stato o di altre collettivit pubbliche.
oltre che alla legge la PA tenuta ai principi di fonte giurisprudenziale; pu sollevare in giudizio la questione di incostituzionalit (ma non giudicarla); deve disapplicare le norme nazionali in contrasto con norme comunitarie o trattati internazionali.
Le funzioni
1. Pubbliche amministrazioni e funzioni amministrative
Le funzioni della PA costituiscono la ragion d'essere (scopo) e la posizione nei confronti della societ. Sono il principio ordinatore dell'organizzazione e dell'attivit amministrativa e determinano la fonte competente a regolarle.
qualsiasi immunit (il giudice pu sanzionare il potere legislativo per erronea attuazione delle direttive comunitarie).
diritto privato. Questo sistema misto ha trovato sempre pi sostegno nella legislazione, in particolare con l'art. 118 c. 4 cost. che favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivit di interesse generale. Inoltre il diritto comunitario, per favorire la libera circolazione e la concorrenza, ha limitato allo stato la possibilit di riservarsi compiti di interessi generali. In generale i privati sono esonerati dall'integrale osservanza delle singole regole del procedimento amministrativo; devono piuttosto comportarsi coerentemente con il nucleo essenziale di tali regole. A volte il legislatore a prevedere l'estensione di procedure amministrative ai privati che svolgono attivit di pubblica utilit, come il diritto di accesso alla documentazione amministrativa (art. 23, l. n. 241/90). In altri casi la giurisprudenza che afferma la natura pubblica di talune societ per azioni partecipate dalle stato, imponendo di attenersi al diritto pubblico. Oppure, sempre la giurisprudenza, cataloga come atto amministrativo l'attivit svolta da privati per interesse pubblico, e lo assoggetta alla disciplina generale dell'attivit amministrativa permettendo al privato di agire per annullamento per illegittimit per vizio della funzione. In generale tale controllo pu essere fatto a priori prima di conferire l'incarico o ad agevolarlo finanziariamente. Pu essere fatto durante l'attivit, imponendo degli obblighi, delle condizioni o dei limiti, o dando la possibilit ai beneficiari di agire in via amministrativa.
5. Elementi e classificazioni
La classificazione delle funzione amministrative avviene secondo quattro elementi. La materia indica il campo di intervento, viene definito dalla legge ed aspetto giuridicamente rilevante per quanto riguarda la distribuzione della competenza legislativa tra Comunit, stati, regioni e enti locali. Il fine lo scopo complessivo dell'azione amministrativa. Tradizionalmente riconducibili a tre tipi fondamentali: di organizzazione, di ordine e conservazione e di benessere. Escluso il primo, richiamato la distinzione tra amministrazione di ingerenza e di prestazione, tra funzione e servizio. Ma abbiamo gi visto che in questo campo difficile tracciare divisioni nette. Le attribuzioni costituiscono il complesso dei compiti conferiti all'amministrazione dalle norme, su una data materia e per il conseguimento di un fine. Possono essere di ordine (ordine pubblico e giustizia). Oppure di erogazione di servizi dove si instaurano rapporti individuali con l'utenza (sanit, previdenza). Una terza ipotesi la vendita di beni e servizi, svolgendo lo stato attivit commerciali di interesse pubblico. Un altro caso la direzione di attivit private per la cura di interessi collettivi, come le funzioni di governo del territorio e disciplina economica (pianificazione e programmazione). Infine le attribuzioni possono essere di tipo regolativo di rapporti tra privati,
assumendo l'amministrazione una posizione di terziet. il caso di equo bilanciamento di interessi contrapposti (autorit indipendenti per le comunicazioni, per la privacy). I destinatari sono secondo una visione classica i cittadini che difendono i loro diritti dalle limitazioni imposte dall'amministrazione (interesse oppositivo). Con lo sviluppo dello Stato sociale i destinatari richiedono all'amministrazione una prestazione e diventano titolari di una pretesa. Con lo Stato regolatore i cittadini entrano in rapporto a tre con l'amministrazione regolatrice e i soggetti regolati. importante stabilire chi sono i destinatari per stabilire i soggetti legittimati a partecipare ai procedimenti e ad impugnare i provvedimenti finali.
6. Le funzioni di ordine
Le funzioni di ordine fanno parte delle cosiddette funzioni sovrane che si esplicano soprattutto mediante poteri, che limitano la libert dei cittadini, ma servono anche a garantire i diritti dei cittadini quando l'intervento dell'ordine pubblico.
7.1 Le infrastrutture
Anche a livello europeo esiste l'interesse per lo sviluppo di grandi reti transeuropee (art. 154 tr. UE). A livello nazionale le competenze ricadono a volte esclusivamente sullo Stato, altre volte sono oggetto di legislazione concorrente, a seconda dell'oggetto al quale afferiscono (art. 117 cost. e C. cost. n. 303/2003). Il codice degli appalti si preoccupa di garantire la qualit delle prestazioni, il rispetto dei principi di economicit, efficacia, tempestivit e correttezza; mentre l'affidamento deve rispettare i principi di libera concorrenza, parit di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalit e pubblicit. La legislazione relativa alle infrastrutture di preminente interesse nazionale pone come obiettivo la modernizzazione e lo sviluppo del paese secondo finalit di riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nonch a fini di garanzia della sicurezza strategica di contenimento dei costi di approvvigionamento energetico e l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria. Questa funzione svolta attraverso attribuzioni di tipo direttivo. L'amministrazione (stato e ente locale, a seconda della rilevanza dell'opera) programma e commissiona le opere che i privati si impegnano a costruire dietro il pagamento di un corrispettivo a carico della finanza pubblica o dei fruitori finali. Il diritto comunitario garantisce la parit di trattamento tra imprese nazionali e non, a tutela della libera circolazione dei servizi. L'Autorit di vigilanza sui lavori pubblici presiede a garanzia della correttezza e della trasparenza amministrativa. In alcuni casi soggetti privati, quando assumono il ruolo di promotore e contraente generale sono considerati organismi di diritto pubblico, ai fini della soggezione alle procedure per la selezione dell'impresa contraente. Oggi l'attestazione dei requisiti per la partecipazione alle gare di appalto svolta da soggetti privati:le societ organismi di attestazione (Soa). I beneficiari ultimi sono i cittadini ma la loro posizione non assume specifica rilevanza giuridica. Invece le imprese che concorrono all'aggiudicazione degli appalti sono destinatarie delle attivit strumentali di committenza e in quanto tali, soprattutto per effetto del diritto comunitario, ricevono una particolare protezione da parte dell'ordinamento allo scopo di garantire la non discriminatoriet delle procedure di gara.
7.2 L'urbanistica
Per urbanistica si intende tutto ci che concerne l'uso del territorio (e non solo degli aggregati urbani) ai fini della localizzazione e tipizzazioni degli insediamenti con le relative infrastrutture (C, cost. n. 239/1982). Nella costituzione una materia di legislazione concorrente come governo del territorio ed stata per la prima volta regolata con la l. n. 1140/1942. Anche la Comunit europea adotta misure concernenti l'assetto territoriale e la destinazione dei suoli (art. 175 par. 2 tr. Ce). Allo Stato spetta l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale (art. 52 c. 2 d.lg. 112/1998) mentre la maggior parte delle funzioni amministrative compete a regioni ed enti locali. Quindi gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonch la protezione dell'ambiente; funzioni svolte mediante attribuzioni di direzione e di regolazione che trovano fonte negli atti di pianificazione urbanistica. Le regioni e le province adottano piani territoriali di coordinamento ai quali devono conformarsi le panificazioni comunali, che adottano il piano regolatore generale e il piano particolareggiato d'esecuzione. A questa disciplina generale si affiancano le leggi speciali e settoriali tra i quali il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Destinatari delle funzioni amministrative in materia urbanistica sono le comunit sul territorio: i
residenti e i proprietari. I primi possono avanzare proposte e osservazioni ai piani; i secondi vere e proprie opposizioni e in alcuni casi partecipano alla pianificazione mediante forme negoziali.
dell'istruzione mediante le scuole statali per tutti gli ordini e gradi; garanzia di istruzione gratuit e obbligatoria per almeno otto anni; ausilio economico con l'erogazione di borse di studio per i meritevoli senza mezzi; regolazione e controllo delle scuole private; certificazione degli esami di Stato. I privati possono istituire scuole private senza oneri per lo Stato (art. 33 e 34 cost.). L'Unione europea contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualit incentivando la cooperazione tra gli Stati e integrandone l'azione. Gli Stati membri son invece responsabili di definire il contenuto dell'insegnamento e dell'organizzazione del sistema di istruzione e formazione professionale (art. 149 e 150 tr. Ce). Lo Stato ha potest legislativa esclusiva in materia di norme generali e di livelli essenziali delle prestazioni, mentre materia di competenza concorrente l'istruzione, eccetto l'autonomia delle istituzioni scolastiche e la formazione professionale (art. 117, c. 2 e 3 cost.). La materia regolata dalla l. n. 53/2003 e dal d. lg. 59/2004. Questi mirano a favorire la crescita e valorizzazione della persona umana, nel rispetto delle differenze, delle identit di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche. Il fine di promuovere l'apprendimento in tutto l'arco della vita, assicurare pari opportunit di raggiungere elevati livelli culturali, di favorire il conseguimento di una formazione spirituale e morale, di garantire il dirtto all'istruzione e alla formazione per almento dodici anni. Il Sistema si articola in scuola dell'infanzia, primo ciclo (scuola primaria e secondaria di primo grado), e secondo ciclo (licei e formazione professionale). Le istituzioni scolastiche sono dotate di autonomia e di personalit giuridica di diritto pubblico. Accanto ad esse, operano gli istituti privati, che dal 2000 sono diventati elementi costitutivi del Sistema. I beneficiari sono i bambini e giovani italiani e non. La compartecipazione molto ridotta a scapito di un sistema organico di borse di studio. Sussidi regionali in buoni scuola sono erogati come finanziamento indiretto degli istituti privati.
pagamento di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e difficolt che la persona incontra durante la sua vita. I pubblici poteri, ai diversi livelli, hanno compiti di programmazione e organizzazione del sistema integrato. In particolare, spetta allo Stato determinare i principi e gli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, e individuare i livelli essenziali e uniformi stabiliti poi nei limiti delle risorse ripartibili del Fondo nazionale per le politiche sociali (art. 46, l. 289/2002). La gestione e l'offerta fornita da soggetti pubblici e privati, tra i quali le istituzioni di assistenza e beneficenza, le ONLUS e le cooperative, le organizzazioni di volontariato e le fondazioni. Hanno diritto ad usufruire delle prestazioni i cittadini italiani, nel rispetto di accordi internazionali e delle leggi regionali i cittadini dell'Unione europea, e gli stranieri individuati ai sensi della legge sull'immigrazione. Per quelli che perdono il lavoro esiste la Cassa integrazione guadagni che fornisce prestazioni straordinarie e integrative non automatiche, e per i lavoratori a tempo determinato esiste una forma di tutela (d. lg. n. 276/2003). Mentre per chi non ha accesso al mondo del lavoro non esiste una tutela efficace.
9. I servizi pubblici
I servizi pubblici essenziali per la collettivit, quali trasporti di linea, telecomunicazioni, radiodiffusione, recapito della posta, energia elettrica e gas in passato erano erogati in regime di monopolio da imprese pubbliche o da concessionari incaricati dall'amministrazione. Adesso, grazie al diritto comunitario che non tollera limitazioni alla concorrenza e alla libera circolazione, questi servizi vengono erogati nella maggior parte dei casi da soggetti economici privati.
dell'economia e ausili economici. Questi tipo di interventi stato fortemente ridotto dal diritto comunitario e sono stati sostituiti da attribuzioni di tipo regolativo dei pubblici poteri su soggetti privati per assicurare il corretto funzionamento dei mercati.
10.1 L'agricoltura
Oggi la materia in larga misura retta dal diritto comunitario con gli art.32-38 tr. Ce, che disciplinano sia il mercato dei prodotti agricoli sia le politiche agricole. Sottraendolo in parte alle norme della concorrenza, viene stabilita una politica agricola comune, in modo da assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, stabilizzare i mercati, garantire gli approvvigionamenti , assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori. Per ogni prodotto istituita una organizzazione comune dei mercati agricoli, che si sostituisce alle organizzazioni nazionali quando offra garanzie per i produttori e di mercato equivalenti a quelle organizzazioni nazionali. L'organizzazione europea organizzata su pi livelli e la gestione affidata a organismi nazionali (in Italia l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - Agea) che son responsabili nei confronti dello Stato, ma sono funzionalmente legati all'Unione. La Costituzione non menziona al titolo V l'agricoltura, quindi sembrerebbe materia oggetto di legislazione esclusiva delle regioni. Ma lo Stato svolge ancora compiti importanti: disciplina generale in materia di scorte e approvvigionamenti alimentari; tutela della qualit dei prodotti agroalimentari; educazione, ricerca e sperimentazione; importazione ed esportazione dei prodotti agricoli e alimentari; interventi sui mercati; salvaguardia delle biodiversit vegetali e animali. Il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, opera nelle due grandi aree funzionali dell'agricoltura e della pesca e della qualit dei prodotti agricoli e dei servizi. Inoltre preposto agli adempimenti relativi al fondo europeo di orientamento e garanzia in agricoltura Feoga, relativamente alla regolarit delle operazioni (insieme all'Agea). La nuova normativa nazionale (d.lg. 226, 227, 228/2001) mira a favorire la diffusione dell'agricoltura biologica e di qualit e a tutelare lo svolgimento di attivit agricole anche dal punto di vista sanitario, con misure di incentivazione alle imprese agricole e sovvenzioni. I destinatari della funzione sono le imprese agricole e alimentari e dell'agriturismo, ma beneficiano di misure di incentivazione e di protezione i residenti nelle aree rurali e i consumatori dei prodotti agricoli. 10. L'industria Le funzioni amministrative in materia di industria e attivit produttive, tradizionalmente orientate allo sviluppo e alla protezione delle imprese nazionali pubbliche e private, trovano una nuova cornice nell'art. 3 tr. Ce. che prevede il rafforzamento della competitivit dell'industria comunitaria. Nell'ordinamento italiano la Costituzione individua come materia di legislazione concorrente il sostegno all'innovazione per i settori produttivi (art. 117, c. 3, cost). Allo Stato spettano, attraverso il Ministero dello sviluppo economico, compiti prescrittivi, certificativi, regolativi, direttivi, attraverso una pluralit di strumenti di sovvenzione e di ausilio finanziario alle attivit di rilievo strategico e nazionale. Alle regioni spettano le erogazioni per la parte restante dei contributi pubblici. Ai comuni, attraverso l'istituzione di appositi sportelli unici, spettano le funzioni amministrative di controllo concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la localizzazione di impianti produttivi. In questo modo si prevede la limitazione degli interventi autorizzatori e di condizionamento della libert d'impresa, la riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, la semplificazione dei relativi procedimenti. A tale scopo stato istituito il Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese (l.n. 228/2003). Gli strumenti di ausilio finanziario non si concentrano pi nel sostegno ad alcune
industri, ma assumono carattere orizzontale, per obiettivi. Oppure mirano allo sviluppo di determinate zone, con strumenti negoziali (patti territoriali e contratti d'area). 10.3 La vigilanza su mercati finanziari I mercati finanziari sono tuttora suddivisi nei tre settori tradizionali: bancario con le imprese bancarie e il controllo della Banca d'Italia; mobiliare con gli intermediari finanziari e gli investitori istituzionali e il controllo della Consob; assicurazioni con le imprese assicurative con il controllo dell'Isvap. Ma i confini tra i tre mercati vanno attenuandosi. Diventa quindi possibile stabilire un diverso riparto della vigilanza, basato questa volta sulle finalit. Si sta affermando quindi la prospettiva di concentrare le funzioni di tutela della trasparenza in capo alla Consob, la tutela della concorrenza presso l'Autorit antitrust, mantenendo comunque la competenza dei regolatori di settori, a cominciare dalla Banca d'Italia, sulla stabilit dei diversi operatori. Inoltre, data la sempre maggiore integrazione a livello internazionale dei mercati, l'Unione europea ha emanato direttive allo scopo di garantire al libera circolazione dei servizi e dei capitali. Quindi, oltre alle autorit nazionali che sono chiamate a esercitare i loro poteri in armonia con le disposizioni comunitarie e a collaborare sia a livello nazionale che comunitario, la Banca centrale europea pu essere chiamata a vigilare sugli enti creditizi e sulle altre istituzioni finanziarie. Gli interessi tutelati sono essenzialmente due: la trasparenza; la correttezza nella sollecitazione e della gestione del pubblico risparmio; cos come disposto nell'art. 47 cost., compito che spetta, in regime di legislazione esclusiva, allo Stato (art. 117, cost.). Il controllo non pu essere pi effettuato definendo la struttura del mercato, dato che l'accesso nel mercato libero non pu pi essere limitato. La vigilanza invece esercitata vendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilit complessiva, all'efficienza e alla competitivit del sistema finanziario, nonch all'osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Tale attivit ha come destinatari le banche e gli altri intermediari finanziari e si esplica in quattro modi: controllo degli statuti; vigilanza informativa; vigilanza regolamentare; vigilanza ispettiva. I destinatari delle funzioni di vigilanza sono i risparmiatori, che nel passato erano tutelati con misure dirette alla stabilit delle imprese. Oggi invece, la tutela garantita principalmente con misure dirette alla solvibilit, alla trasparenza e alla competizione. Tuttavia i risparmiatori sono ancora privi di poteri di denuncia e di partecipazione ai procedimenti di controllo innanzi alle autorit pubbliche. La nuova legge di riforma del risparmio, difatti, mira a rafforzare i poteri di vigilanza delle autorit pubbliche, e in particolare della Consob (l.n. 262/2005). 10.4 La tutela della concorrenza La tutela della concorrenza citata dall'art. 4 tr. Ce., dalla nostra Costituzione (art. 41 cost.), a garanzia della libert di iniziativa economica, e fa parte della potest legislativa esclusiva dello Stato (art. 117 cost.). Questa funzione stata istituita di recente con la l. n. 287/1990, che ne attribuisce la cura ad un'apposita autorit indipendente, l'Autorit garante della concorrenza e del mercato Agcm. La disciplina nazionale si innesta in quella comunitaria (art. 81 ss. tr. Ce.) e si applica in tutti i casi che non ricadono nell'ambito di applicazione della normativa comunitaria. e in base ai principi della Comunit. In seguito la legislazione comunitaria e nazionale ha abolito il sistema accentrato di notifica preventiva e di esenzione delle intese e ha riconosciuto l'applicabilit diretta da parte delle autorit e dei giudici nazionali. L'autorit antitrust ha attribuzioni di carattere para giudiziale. Essa valuta le condotte
imprenditoriali consistenti in intese restrittive della libert di concorrenza, abusi di posizione dominante e operazioni di concentrazione. I beneficiari della funzione sono le imprese e i consumatori, che possono denunciare le condotte anticoncorrenziali e sono legittimati ad agire in sede civile per il risarcimento del danno.
L'organizzazione
1. Pubblica amministrazione e organizzazione amministrativa
Per organizzazione amministrativa si indica di solito: il complesso dei soggetti e delle strutture che svolgono attivit di pubblica amministrazione (profilo strutturale e statico); esercizio della funzione amministrativa dei pubblici uffici, esercitata attraverso strumenti giuridici, quali regolamenti, statuti, atti amministrativi, prassi (caratteri funzionali e dinamici). Da considerare che alcune fattispecie possono essere considerate in un'ottica sia di organizzazione che di attivit. L'organizzazione, intesa come complesso degli uffici, predisposta per la cura di interessi generali di una collettivit, non estranea alla collettivit stessa ma una sua propaggine. Inoltre l'organizzazione non pu considerarsi attivit preparatoria alla reale funzione amministrativa, ma ne parte essenziale: l'istituzione di un ufficio, la sua sfera di competenza, la scelta del tipo di organo, sono tutte essenziali ai fini dello svolgimento dell'attivit amministrativa. 2. Elementi dell'organizzazione. Le norme attribuiscono a ciascuna autorit amministrativa le funzioni da esercitare. Ci significa che il legislatore definisce e ordina una attivit giuridica finalizzata ad uno scopo, la assegna ad una articolazione organizzativa e infine le conferisce i poteri necessari per il suo svolgimento. Le funzioni sono normalmente organizzate, nel senso che sono distribuite tra i vari uffici. Ma nelle costituzioni lunghe come la nostra del '48, le funzioni proclamate sono tante e non tutte sono organizzate. L'articolazione delle funzioni viene effettuata tenendo conto che l'organizzazione amministrativa viene ad essere definita in connessione alle funzioni da espletare (e non in relazione al legame tra organo e ente). I criteri fondamentali ai quali si ispira la suddivisione delle funzioni sono: la materia, in base alla quale le funzioni vengono attribuite a un determinato soggetto; le attribuzioni, in base alla quale la stessa materia pu essere attribuita a soggetti diversi ma espletando compiti diversi (compiti di indirizzo, di controllo, di gestione), in modo da garantire, in un certo senso l'imparzialit. La distribuzione dei poteri permette agli uffici di operare: essa definisce la competenza degli uffici, ovvero la parte di funzione che deve essere esercitata. Gli elementi che definiscono la competenza degli uffici sono tre: la materia che pu essere generale, relativamente ad una funzione, o limitata; il grado, che fissa una gerarchia tra i vari uffici; il territorio, che delimita geograficamente la competenza di un ufficio. La competenza fissata per legge e non pu essere derogata, tranne quando espressamente previsto. I casi di conflitto di competenza possono essere reali o virtuali (un ufficio esercita o pretende di esercitare un potere ritenuto da un altro ufficio lesivo della propria competenza), positivi o negativi (due uffici si dichiarano contemporaneamente competenti o incompetenti).
suo inquadramento nel sistema amministrativo. L'organo una partizione organizzata della persona giuridica (ufficio) che una norma qualifica idonea ad esprimerne la volont, consentendone l'imputazione dell'atto e degli effetti (nell'ente comune tale il sindaco o il consiglio comunale). Attraverso il rapporto organico, diversamente da quanto avviene nel caso della rappresentanza, sia l'atto che l'effetto vengono imputati all'ente. Ci necessario sia per mantenere la responsabilit al vertice, sia per tutelare le posizioni giuridiche dei privati. L'organo si compone dei seguenti elementi: la titolarit, ovvero la persona fisica attraverso il quale l'ente si avvale per esprimere la propria volont; l'ufficio, ovvero la parte di potest assegnata dalla legge e delimitata dalla competenza. Fra i veri uffici di un ente, sono organi solo quelli in grado di manifestare esternamente la volont dell'ente, gli altri svolgono funzioni ausiliari e strumentali rispetto agli organi.
5. Le relazioni organizzative
Essendo l'organizzazione amministrativa italiana molto complessa e varia, assumono importanza le relazioni tra i vari centri.
organizzativa o statutaria, quando viene riconosciuto il potere di definire, con uno statuto, il proprio assetto strutturale interno per la parte non definita da una norma primaria, nonch regole per il proprio funzionamento; regolamentare, quando ad un ente viene riconosciuto il potere di adottare regolamenti organici, del personale, di contabilit o di servizio; finanziaria, quando un ente pu finanziarsi autonomamente, attraverso la percezione di proventi derivanti dallo svolgimento di una propria attivit, amministrandoli direttamente; contabile, quando ad un ente viene riconosciuto il potere di tenere una propria contabilit in base a norme che derogano la disciplina di contabilit generale; tributaria, quando ad un ente viene riconosciuto l potere di assicurarsi proprie entrate attraverso l'imposizione di tributi (come gli enti locali). Inoltre si ha: l'autogoverno quando un ente, nel proprio territorio, viene dotato, oltre che di autonomia, anche di tutte le funzioni pubbliche, ad eccezione di quelle concernenti la difesa e i rapporti con l'estero (si avuto fino agli anni trenta in Gran Bretagna); il decentramento consiste nella devoluzione di funzioni da uffici centrali a uffici locali, che le esercitano sotto l controllo delle rispettiva collettivit e non pi dal centro; con la deconcentrazione si realizza un trasferimento di funzioni da uffici centrali ad uffici periferici, che dipendono sempre dall'amministrazione statale (caso delle prefetture uffici territoriali del governo). Infine si ha l'autarchia quando ad un ente viene riconosciuto il potere di adottare atti amministrativi che, in relazione agli effetti, sono equiparati a quelli statali. Tale capacit attualmente viene riconosciuta in via generale a tutti gli uffici pubblici.
7. L'apparato ministeriale
I ministeri son uffici complessi, che in settori di intervento omogenei, e si differenziano in ordine ai tipi di funzioni, alle soluzioni strutturali, interne e periferiche, alle dimensione e alla disciplina. In tutti i ministeri ricorrono tre caratteri: il vertice costituito dal ministro che, a norma dell'art. 95 cost., a capo dell'apparato amministrativo; i poteri del ministro e del ministero sono identici; l'organizzazione interna di tipo divisionale, in quanto le unit elementari vengono aggregate, sulla base di esigenze funzionali in uffici intermedi (divisioni). La prima caratteristica temperata dal d. lg. n. 165/2001, che attribuisce poteri di definizione degli obiettivi, dei programmi da attuare e di verifica della rispondenza dei risultati raggiunti al ministro,
mentre i compiti di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa sono attribuiti ai dirigenti. La seconda caratteristica non si verifica quando i poteri del ministro, a volte, superano quelli dell'apparato a cui preposto. La terza caratteristica , in alcune ipotesi, non verificata, dato che per dotare i ministeri di uffici con funzioni strumentali alle esigenze amministrative si istituiscono uffici separati o ci si avvale di altri enti pubblici.
dei ministri con proprio decreto. Essa, in applicazione dell'art. 95 cost. ridefinito il centro di direzione del sistema amministrativo, in modo da assicurare l'unit di indirizzo politico e amministrativo del governo e il potenziamento del ruolo di impulso, indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri fanno capo sotto il profilo organizzativo organi consultivi e di controllo quali l'Avvocatura dello Stato, il Consiglio di Stato, la Corte dei conti e enti pubblici quali l'ISTAT e il CNR.
7.4 Le agenzie
Le agenzie sono strutture che svolgono attivit di carattere tecnico-operativo di interesse nazionale al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali. Le prime agenzie istituite negli anni ottanta del secolo scorso sono caratterizzate dalla atipicit della loro regolamentazione, e comprendo fra le altre l'Agenzia spaziale italiana - Asi e l'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni Aran. Con il d.lg. n. 300/1999 stata introdotta una normativa generale di riferimento che definisce un modello generale, seppure aperto a varianti applicati, che prevede due distinte specie di agenzie: le agenzie soggette alle disposizioni generali del decreto, che regola l'ordinamento, il personale, la dotazione finanziaria, modalit di gestione e azione. Esse sono sottoposte ai poteri di indirizzo e vigilanza del ministro e i rapporti con il ministero di riferimento sono disciplinati da apposite convenzioni (ad es. l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici). le agenzie sottoposte ad un regime speciale che deroga le disposizioni generali, soprattutto per quanto attiene ai profili concernenti lo statuto, i rapporti con il ministro, il personale, la finanza ed i controlli (ad es. le quattro agenzie fiscali: delle entrate, del demanio, delle dogane e del territorio). Le previsioni sono: accentuare la distinzione tra politica e amministrazione; realizzare la flessibilit dell'organizzazione ministeriale; affermare la complementarit tra l'amministrazione centrale e quella regionale e locale.
8. Le autorit indipendenti.
Le autorit indipendenti si sono affermate negli ultimi anni per lo svolgimento di funzioni pubblicistiche sostanzialmente atipiche di regolazione del mercato di tutela di diritti fondamentali. Ad esse viene riconosciuto un particolare grado idi indipendenza dal potere politico, economico e burocratico. Per assicurare tale posizione di neutralit e terziet le leggi prevedono tre tipo di misure:
autonomia di gestione , organizzatoria, di organico, finanziaria e contabile; garanzie in ordine ai requisiti soggettivi dei titolari, alle condizioni di esercizio del loro mandato e alle modalit di designazione; sotto il profilo funzionale di regolazione e protezione di interessi socialmente rilevanti, viene garantita la piene indipendenza. Esse sono sottomesse solamente alla legge e manca il potere di controllo ed indirizzo del governo. Queste autorit dispongono di poteri di controllo, di indagine, di raccomandazione, di proposta, di sanzione, di regolamentazione e di decisione individuale, anche sulla base di criteri extragiuridici. Tale modello ha costituito un fattore di crisi per la pubblica amministrazione, introducendo: un dispersione del potere normativo; una limitazione del ruolo del governo. Ma proprio questa circostanza ha comportato un rafforzamento della loro indipendenza.
9.1 Caratteri
Con ente pubblico si viene ad indicare una persona giuridica che ha particolari attributi di natura pubblicistica e, allo stesso tempo, disciplinata da norme specifiche, derogatorie rispetto a quelle di ordine generale che regolano le associazioni, le fondazioni, le societ. Enucleare i criteri distintivi non agevole: se diciamo che persegue istituzionalmente un fine pubblico sorge il problema della nozione di fine pubblico dato che molti soggetti privati perseguono a volte finalit collettive; evidenziando il rapporto di servizio sorgono (in posizione strumentale al servizio dello Stato) ugualmente delle contraddizioni. La giurisprudenza ha cercato di elaborare degli indici di riconoscibilit, ovvero degli elementi distintivi della natura giuridica di un ente: la titolarit dei poteri di imperio (di autorganizzazioine, di certificazione, di autotutela, ecc..): l'istituzione da parte dello Stato o di altro ente pubblico; il riconoscimento della c.d. operativit necessaria, ovvero l'impossibilit che i compiti attribuiti vengano esercitati da altro soggetto, l'impossibilit al fallimento e all'estinzione volontaria; il controllo o l'ingerenza da parte dello Stato; la fruizione di agevolazioni o privilegi tipici di amministrazioni statali, ecc. Comunque, dato che le differenze sono maggiori dei tratti comuni, se ne deduce che qualsiasi tentativo di definizione unitaria risulta inutile.
Gli enti non economici sono quelli che non rientrano nelle categorie precedenti, e quindi, essendo definiti in termini negativi, sono fortemente disomogenei sul piano delle funzioni e delle strutture, avendo in comune soltanto la disciplina collettiva del rapporto di lavoro. In quest'ultima categoria si possono far rientrare i seguenti enti: gli istituti di Stato (Istat) sono soggetti dotati di propri organi, i cui membri sono scelti dal governo, hanno bilancio autonomo ma sono finanziati dal Ministero dell'economia e svolgono funzioni essenziali dei pubblici poteri; gli enti di disciplina di settore svolgono funzioni di controllo di attivit private; gli enti di servizio erogano servizi a favore di privati avvalendosi di finanziamenti di natura fiscale e parafiscale (Inps e Inpdap); gli enti associativi sono una espressione pubblicistica del fenomeno dell'associazionismo perch hanno la rappresentanza degli interessi del proprio gruppo sociale di riferimento (Aci e istituti scolastici). L'organizzazione interna degli enti pubblici adottano come modello base quello della societ per azioni ordinaria, con un vertice formato da un presidente, da una consiglio di amministrazione, un organo di controllo e un'assemblea di partecipanti o di soci. Invece gli organismi di diritto pubblico, definiti nella normativa comunitaria in materia di appalti pubblici sono persone giuridiche private, svolgenti attivit non economica e sottoposte a controllo o influenza pubblica.
12.1 L'amministrazione pubblica in forma privata: societ di diritto speciale, amministrazioni private per l'esercizio di funzioni pubbliche e amministrazioni private in pubblico comando.
I tipi principali di amministrazioni pubbliche in forma privata sono tre:
le c.d. societ anomale o di diritto speciale o legali sono societ per azioni che presentano caratteri derogatori rispetto al modello definito nel codice civile, in quanto previste e regolate da una legge che ne detta i principi essenziali. In questi casi il legislatore non incontra limiti in ordine alla disciplina da applicare alle persone giuridiche pubbliche. Rispetto al modello dell'ente pubblico economico vi una differenza sostanziale. Nel primo il soggetto pubblico, pur operando per la maggior parte in base a regole privatistiche, mentre nel secondo il soggetto privato, ma retto da norme che derogano in chiave pubblicistica alla disciplina civilistica. Le amministrazioni private per l'esercizio di funzioni pubbliche sono soggetti privati ai quali attribuito dalla legge l'esercizio di compiti pubblici (ad esempio le associazioni e le fondazioni che gestiscono la previdenza e l'assistenza obbligatoria per talune categorie di lavoratori, come avvocati, commercialisti, ecc...). In tale fattispecie sono previsti specifici controlli pubblici. Le amministrazioni private in pubblico comando sono di solito societ per azioni di diritto comune, nelle quali soggetti pubblici detengono partecipazioni azionarie. In questo caso si applicano totalmente le norme civilistiche in materia societaria. Oltre alle s.p.a. sono utilizzati anche le figure dell'associazione e della fondazione.
12.2 I privati in funzione dell'amministrazione: esercizio privato di funzione pubbliche, concessioni e contratti di servizio.
Le amministrazioni pubbliche provvedono alla realizzazione dei propri fini e all'esercizio delle proprie funzioni anche avvalendosi di soggetti privati. Talvolta, infatti, piuttosto che svolgere
compiti direttamente, risulta pi conveniente affidarli a terzi, i quali vengono ad agire in funzione strumentale dell'amministrazione, rimanendo separati da quest'ultima e utilizzando organizzazione e mezzi propri. Per definire il fenomeno si usa il termine esternalizzazione. Ci avviene con atti specifici che assumono di volta in volta natura normativa, autoritativa o contrattuale.
La legge pu demandare a determinati soggetti l'esercizio di particolari funzioni pubbliche (ad esempio gli art. 2699 e 1703 c.c. che consentono ai notai di esercitare attivit costitutive di certezza pubblica). Questa figura, denominata tradizionalmente esercizio privato di funzioni pubbliche, si caratterizza per il fatto che vi una attribuzione ad un soggetto esterno all'amministrazione della titolarit di un munus pubblico. Tra soggetti pubblici e privati possono stabilirsi rapporti che vengono disciplinati da atti autoritativi, come nel caso delle concessioni di servizio. Tali concessioni vengono utilizzate quando una pubblica amministrazione intende affidare ad un terzo un servizio, regolandone attraverso uno specifico atto gli obblighi. Una attivit di pubblico interesse pu essere svolta invia indiretta, mediante contratto. Anche in questo caso si ha un'amministrazione che decide di utilizzare un'organizzazione esterna per lo svolgimento di una determinata attivit. Rispetto alla fattispecie precedente quest'ultima ha natura privata e non di servizio pubblico.
In tutti questi casi, tra il soggetto pubblico e quello privato si instaura un rapporto di ausiliariet e di collaborazione. Tale rapporto comporta una ripartizione di compiti e, quindi, di poteri tra enti collegati, tra i quali ve ne uno posto in posizione sovraordinata dal punto di vista funzionale che detiene la potest di controllo. In tale prospettiva, assume rilevanza l'attivit, pubblica o di pubblico interesse, svolta e non la natura dell'ente ausiliario, tant' che, nella realt, i rapporti in questione si instaurano nei confronti di enti sia interamente privati, sia privati posti sotto il controllo pubblico, sia pubblici.
Il personale
per nomina da parte del titolare di altro ufficio; a seguito di elezione. dimissioni; scadenza del termine; per revoca o rimozione adottata dal titolare di altro ufficio. il principio della continuit implica che in caso di impedimento temporaneo del titolare, sovente la legge individua chi ha il compito di sostituirlo il supplente o vicario; oppure l'ufficio pu essere affidato al titolare di un ufficio diverso, che ne diviene, ad interim, il reggente. Se il rapporto si estingue per scadenza del termine, il titolare rimane in carica fino alla nomina del successore. L'istituto della prorogatio ha un limite, oltre che di legge (l. n. 444/1994), anche costituzionale (la riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa). Inoltre il titolare scaduto deve limitarsi all'ordinaria amministrazione e il l'ufficio competente a nominare il successore responsabile per danni. Il principio del conferimento della titolarit degli uffici stabilito dalla Costituzione all'art. 51 tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive i condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. I titolari di uffici devono adempiere a tali funzioni con disciplina ed onore (art. 54 Cost.). In particolare le funzioni devono essere esercitate mantenendo separati l'interesse dell'ufficio da quello del suo titolare, nonch il patrimonio dell'ufficio da quello del suo titolare. Ad assicurare tale separazione vi sono anche delle norme penali, come quelle che puniscono i reati di corruzione, concussione e peculato.
Quando viene conferita ad un funzionario non professionale titolarit di un ufficio, l'aspetto professionale, che costituito dal rapporto di servizio, passa in secondo piano, perch rappresenta una semplice appendice del rapporto di ufficio. In genere, la scelta del funzionario onorario di natura politico-discrezionale anzich di carattere tecnico-amministrativo (non presuppone un concorso). Inoltre la legge di solito prevede dei casi di
incandidabilit, ineleggibilit o incompatibilit. La disciplina dei diritti e degli obblighi del funzionario verso l'amministrazione , di regola, molto ridotta. Ci dipende dal fatto che l'aspetto professionale assume un rilievo marginale, prevalendo l'identificazione del funzionario nell'organizzazione. Per la stessa ragione il compenso del funzionario onorario non un elemento essenziale del rapporto. Tuttavia, dato che l'esercizio delle funzioni pubbliche assorbono spesso l'intera capacit lavorativa, la legge quasi sempre riconosce al personale non professionale un'indennit, spesso piuttosto consistente. Il rapporto del funzionario , di regola, a termine, perch essendo nella maggior parte dei casi di natura politica, in un ordinamento democratico, un tale rapporto non pu essere che temporaneo. La giurisdizione delle controversie relative ai funzionari onorari, a differenza di quanto accade con il personale professionale, ripartita fra l giudice ordinario e il giudice amministrativo sulla base della situazione soggettiva lesa. La categoria del personale non professionale molto ampia e composta, fra gli altri, da parlamentari, membri del governo, amministratori di enti pubblici, ecc... La loro titolarit scelta secondo un criterio di rappresentanza politica (elezione o scelta del titolare di altra carica politica), oppure rappresentanza di interessi (rappresentativit).
Entrambi costituiscono, nella loro configurazione tipica, rapporti di lavoro subordinato e a tempo indeterminato.
3. Il pubblico impiego
L'affermarsi di una burocrazia professionale ha segnato la formazione dello Stato moderno. Il suo ambito di applicazione, che per lungo tempo ha compreso la quasi generalit dei rapporti di lavoro con soggetti pubblici, si drasticamente ridotto. Oggi comprende quasi un quinto del personale
professionale.
La cittadinanza indica una relazione di appartenenza dell'individuo allo Stato. Si tratta di uno status, cio di una posizione del soggetto nell'ordinamento, da cui derivano diritti e doveri. Il rapporto di pubblico impiego rappresenta un approfondimento dello status di cittadinanza: perch lo presuppone e ricomprende, e perch lo riproduce approfondendolo, implicando maggiori diritti e doveri. All'art. 51 la Costituzione collega l'ammissione ai pubblici uffici allo status di cittadino. Queste norme costituzionali devono, peraltro, essere interpretate alla luce del diritto europeo. Pertanto, ai fini del requisito della cittadinanza, gli uffici pubblici, cui esse di riferiscono, sono quelli che rientrano nella nozione di pubblica amministrazione individuata dalla Corte di giustizia in ordine all'applicazione dell'art. 39 tr. Ce. Il secondo carattere fondamentale del rapporto di pubblico impiego, peraltro collegato al primo, la sua natura di di diritto pubblico, affermatasi alla fine dell'Ottocento per due ragioni principali:
essendo una relazione fra cittadino e Stato, non poteva essere di natura paritaria; lo Stato doveva avere una posizione di supremazia, e il privato una posizione di soggezione. buona parte del personale titolare di uffici pubblici, quindi, oltre a esserci un rapporto di scambio fra lavoro e retribuzione (rapporto di servizio), ad un soggetto privato vengono attribuite le funzioni intestate ad un ufficio pubblico (rapporto di ufficio).
Per queste ed altre ragioni, il rapporto di pubblico impiego stato inquadrato nel diritto pubblico.
l'amministrazione costituisce il rapporto con l'atto di nomina, manifestazione di potere pubblico, ed in genere un provvedimento amministrativo unilaterale; il rapporto di lavoro non si costituisce n per contratto, n pu essere regolato da accordi. La sua disciplina regolata dalla legge o da altre fonti. Questo principio si affermato nel 1908, con l'approvazione del primo statuto degli impiegati civili dello Stato, ed stato in seguito modificato varie volte, fino al 1957, con il d.P.R. 3/1957, tuttora in vigore. Tale normativa ha costituito un privilegio per gli impiegati pubblici dato che accordava loro garanzie sconosciute ai dipendenti privati. Il rapporto di lavoro si modifica e si estingue per effetto di decisioni che sono, a loro volta, espressione di potere pubblico. Esso soggetto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attribuitagli nel 1924. Questa la conseguenza della natura giuridica del rapporto pubblico, ma ne anche la causa, dato che il giudice amministrativo, giudice prevalentemente di provvedimenti, ha continuato a vedere altrettanti provvedimenti negli atti di gestione del rapporto di lavoro (anche dove forse non ve ne erano).
personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia; il personale militare e delle forze di polizia di Stato; i magistrati ordinari, contabili e amministrativi, gli avvocati e procuratori dello Stato; i professori e ricercatori universitari; il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e la carriera dirigenziale penitenziaria.
Essi rappresentano il cuore della sovranit degli Stati (c.d. comptences rgaliennes): difesa, affari esteri, ordine pubblico, giustizia. Il diritto europeo consente agli Stati di riservare ai propri cittadini l'accesso ai relativi uffici. La normativa contenuta nel testo unico del 1957, si applica solo in via residuale. Mentre la disciplina sostanziale del rapporto di lavoro varia per le diverse categorie. Cos come sono diverse le ragioni che spiegano, nei vari casi, la conservazione del regime dell'impiego pubblico.
equipara il regime giuridico dei rapporti di impiego con le pubbliche amministrazioni a quello proprio dei rapporti di lavoro subordinato con imprese private; dispone l'applicazione, anche ai rapporti di impiego con le pubbliche amministrazioni, della stessa disciplina sostanziale che regola il lavoro subordinato nell'impresa.
Questa disciplina rende incerta la rilevanza, per il diritto amministrativo, di tali rapporti. Tuttavia, due considerazioni giustificano tale rilevanza:
la disciplina presenta alcuni significativi profili di specialit, riconducibili alla natura pubblica del datore di lavoro;
lo stesso avviene anche altri contratti di diritto privato (di servizio, di fornitura, di lavori), in quanto stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
4.1 Il regime giuridico del rapporto di lavoro privato con le pubbliche amministrazioni
Il regime giuridico del rapporto di lavoro privato con le pubbliche amministrazioni poggia su quattro principi fondamentali, collegati l'uno all'altro:
il rapporto ha origine contrattuale. Difatti l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni avviene con contratto individuale di lavoro. il rapporto che ne deriva espressione di autonomia privata e consiste in una relazione obbligatoria, che intercorre fra due parti poste in posizione di eguaglianza formale. I rapporti individuali di lavoro sono regolati contrattualmente. Se l'autonomia delle parti il fondamento costitutivo del rapporto, naturale che essa possa anche disciplinare tale rapporto, sia a livello individuale, sia a livello collettivo. Poi, la disciplina contrattuale interessa, potenzialmente, ogni aspetto del rapporto di lavoro e non soltanto le materie espressamente indicate dalla legge, come invece avviene per alcune categorie di personale retto dal diritto pubblico. La gestione del rapporto avviene mediante atti negoziali. Le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte con la capacit e i poteri del privato datore di lavoro. quindi, ad esempio, la promozione, il trasferimento o il licenziamento di un dipendente pubblico non sono provvedimenti amministrativo, ma atti negoziali. Non essendo gli atti adottati dall'amministrazione nei confronti dei propri dipendenti dei provvedimenti amministrativi, e a fronte di essi non vi sono dunque interessi legittimi, appare conseguente rimetterne la cognizione al giudice ordinario. Inoltre, non esistendo atti amministrativi, il giudice ordinario non incontra il divieto del loro annullamento, previsto dall'art. 4 l. n. 2248/1865, all. E. Egli pu adottare, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi e di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati.
Sintetizzando le differenze esistenti tra il rapporto di lavoro privato nella pubblica amministrazione e quello pubblico si pu dire che dove qui vi contratto di lavoro, l vi atto di nomina. Qui vi rapporto obbligatorio di diritto privato, l vi status di diritto pubblico. Qui vi regolamentazione pattizia, nei limiti delle norme legislative imperative, l vi disciplina legislativa unilaterale, salvo alcuni aspetti espressamente affidati alla contrattazione. Qui vi sono atti negoziali di gestione del rapporto, l vi sono provvedimenti amministrativi. Qui vi il giudice ordinario, l il giudice amministrativo. Questo rovesciamento di regime ha suscitato alcune perplessit, di cui si fatto interprete, in particolare, il giudice amministrativo. Questi ha mosso due critiche:
in primo luogo, il fatto che la prestazione lavorativa del dipendente pubblico consiste nell'esercizio di funzioni pubbliche, escluderebbe la natura privatistica del rapporto; in secondo luogo, la riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa, posta dall'art. 97 cost., renderebbe illegittima una completa contrattualizzazione della disciplina del personale.
Ma si tratta di una idea sbagliata, perch i caratteri propri dell'organizzazione si trasferiscono, semmai, sul solo rapporto organico (o d'ufficio) del personale, non anche sul rapporto di lavoro )o di servizio). Il d.lg. 165/2001, sotto questo profilo, separa nettamente l'organizzazione dal rapporto di lavoro del personale, Come ha osservato la Corte costituzionale, che ha legittimato la scelta del legislatore, l'organizzazione resta necessariamente affidata alla legge nonch alla potest
amministrativa, mentre il rapporto di lavoro dei dipendenti viene attratto nell'orbita della disciplina civilistica. Il d.lg. 165/2001 anzi si spinge anche oltre, perch assoggetta al regime privatistico pure una parte dell'organizzazione amministrativa. Infatti, al di sotto degli uffici di maggiore rilevanza, che sono costituiti con atti di diritto pubblico, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici sono assunte con la capacit e i poteri del privato datore di lavoro.
il primo un rinvio mobile,, per cos dire, alla disciplina privatistica i rapporti individuali di lavoro con le pubbliche amministrazioni sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Il rinvio mobile, perch non si riferisce a singole e specifiche regole, ma a tutte le norme, vigneti e future, che regolano e regoleranno il lavoro subordinato nell'impresa. Il secondo principio mira a eliminare la disciplina speciale passata del lavoro pubblico. Le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001. Il terzo principio, infine, contrasta la disciplina speciale futura del lavoro pubblico, cio le eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilit sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi. Questa disciplina pu essere derogata da successivi contratti o accordi collettivi e. per la parte derogata, non ulteriormente applicabile, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.
In conclusione, per effetto di questi tre principi, dipendenti privati e dipendenti pubblici vengono tendenzialmente assoggettati alle medesime regole. Questa parificazione normativa ha per una limitazione. La disciplina privatistica si applica, infatti, ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Il d.lg 165/2001, dunque costituisce il fondamento della privatizzazione, ma segna anche il suo limite.
La legge prevede che vi siano almeno tre livelli contrattuali e regola il rapporto fra il livello intermedio e quello inferiore. Il primo livello rappresentato dai contratti che fefiniscono i comparti o che regolano istituti comuni a pi comparti. I comparti sono unit negoziali, che si riferiscono a
settori omogenei o affini. Ciascuno di essi comprende categorie di personale pubblico cui si applica uno stesso contratto collettivo. I comparti costituiscono un limite alla privatizzazione, perch escludono che i dipendenti pubblici possano essere regolati da contratti collettivi applicabili anche a lavoratori del settore privato. Il secondo livello contrattuale costituito dai contratti collettivi nazionali, detti anche, appunto, di comparto. E come tali essi si distinguono dai contratti collettivi integrativi, che compongono il terzo livello contrattuale e si riferiscono, di norma, al personale di una singola amministrazione (ad esempio, i dipendenti del Ministero dell'economia e delle finanze). La legge regola direttamente soprattutto la contrattazione nazionale, mentre affida a quest'ultima il compito di disciplinare la contrattazione integrativa. Fra il secondo e il terzo livello, infatti, vi n rapporto gerarchico. Essa pu svolgersi sule materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono. Quanto ai soggetti, la contrattazione nazionale si svolge fra una parte pubblica, che rappresenta le amministrazioni del comparto, e una parte sindacale, che rappresenta i rispettivi dipendenti. Le amministrazioni sono rappresentate di diritto dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni Aran. L'Aran ha personalit giuridica di diritto pubblico ed un organismo tecnico, di cui le norme tutelano l'autonomia ed indipendenza rispetto al corpo politico. Questo organismo, peraltro, negozia in base alle direttive impartite delle amministrazioni pubbliche, che essa rappresenta, e alle quali si applicano i contratti che essa conclude. Le amministrazioni costituiscono, a tale fine, proprie istanze associative o rappresentative. Ciascuna istanza associativa o rappresentativa, poi, per ciascuno comparto, costituisce un comitato di settore, che esercita i poteri di indirizzo e controllo sull'operato dell'Aran. Oltre ad attribuire all'Aran la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, la legge impone a queste ultime l'obbligo di osservare i contratti sottoscritti e di garantire a tutti i propri dipendenti parit di trattamento contrattuale. Per questa regione, la legge detta anche, nel settore pubblico, una apposita disciplina per l'individuazione della parte sindacale. Tale disciplina mira a garantire che tutti i lavoratori, appartenenti alla categoria cui il contratto destinato ad applicarsi, siano democraticamente rappresentati in sede di stipulazione dell'accordo. Il che costituisce, poi, anche l'esigenza sostanziale posta a base della procedura prescritta dall'art. 39 cost. La legge stabilisce, infine, il procedimento per la stipulazione del contratto collettivo Questo si apre con la quantificazione delle risorse finanziarie da destinare alla contrattazione collettiva. Per gli oneri a carico dello Stato, vi provvede il Ministero dell'economia e delle finanze, con apposita norma da inserire nella legge finanziaria. Per gli oneri a carico delle altre amministrazioni, l'autorizzazione alla spesa disposta con le stesse forme con cui vengono approvati i bilanci. Successivamente, i comitati di settore adottano gli atti di indirizzo dell'attivit negoziale dell'Aran. Seguono le trattative che si concludo con un ipotesi di accordo fra l'Aran e le parti sindacali. Su di essa, l'Aran deve, poi, acquisire il parere favorevole del comitato di settore. Da ultimo, l'Aran trasmette una quantificazione dei costi derivanti dall'accordo alla Corte dei conti, che ne deve accertare l'attendibilit e la compatibilit con i vincoli finanziari previsti in sede di programmazione e di bilancio. La certificazione positiva della Corte dei conti conclude il procedimento e legittima il presidente dell'Aran a sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo.
La facolt delle amministrazioni pubbliche di assumere personale trova un limite, in particolare, nella disciplina che riguarda gli organici, la programmazione delle assunzioni e la mobilit. Anzitutto, le pubbliche amministrazioni non possono assumere un dipendente in mancanza di un corrispondente posto inorganico. Questo un documento, adottato con atto normativo, che definisce la dotazione ottimale di personale dell'amministrazione. Essa deve essere anche ridefinita periodicamente, o comunque a scadenza triennale, altrimenti le pubbliche amministrazioni non possono assumere nuovo personale. Anche per i posti disponibili nell'organico, inoltre, la decisione di avviare le rispettive procedure di reclutamento adottata in base ad atti di programmazione triennale delle assunzioni (l. n. 449/1997, successive modificazioni). La previsione di nuove assunzioni subordinata, in sede di programmazione, all'esperimento di procedure di mobilit. Prima di assumere nuovo personale, in altri termini, le amministrazioni sono tenute a verificare la possibilit di impiegare dipendenti gi in servizio presso altre amministrazioni, che siano stati dichiarati in eccedenza e, quindi, collocati in disponibilit.
l'adozione del bando di concorso; l'ammissione dei candidati; la selezione dei candidati: l'approvazione della graduatoria.
Il bando di concorso disciplina le modalit di svolgimento della selezione e fissa i requisiti, generali e speciali, richiesti per l'ammissione. I requisiti generali, relativi a tutti gli impieghi pubblici, sono la cittadinanza di uno Stato dell'Unione europea )o, in alcuni casi, come si + visto., la cittadinanza italiana), l'idoneit fisica all'impiego, il godimento del diritto di voto, la posizione regolare nei
confronti dell'obbligo di leva, il possesso del titolo di studio prescritto. gli eventuali ulteriori requisiti sono definiti di volta in volta dal bando, nel rispetto del principio di parit di accesso agli impieghi e di garanzia dalle massima partecipazione. Successivamente, entro il termine previsto dal bando, gli interessati devono inviare le domande di ammissione. Quindi, l'amministrazione accerta il possesso dei requisiti prescritti e delibera. per ciascun candidato, l'ammissione alla selezione o l'esclusione dal concorso. Il provvedimento di esclusione pu essere, ovviamente, impugnato dal candidato e, se illegittimo, annullato dal giudice amministrativo. In questo caso, l'annullamento si estende, a cascata, anche a tutti gli atti successivi della procedura. Per evitare questo rischio, spesso l'amministrazione, su richiesta del giudice o autonomamente, dispone la c.d. ammissione con riserva. Segue poi, la selezione di candidati ammessi, sulla base dei titoli presentati e delle prove sostenute. Questa effettuata dalla commissione giudicatrice, nominata dall'amministrazione secondo i criteri in precedenza indicati. Prima dello svolgimento delle prove, peraltro, la commissione deve definire i criteri di massima per la valutazione dei titoli e i criteri e le modalit di valutazione delle prove concorsuali. In tutti i procedimenti amministrativi preordinati alla valutazione di situazioni soggettivamente concorrenti, incombe all'amministrazione l'obbligo di prestabilire i criteri in base ai quali si accinge a valutare comparativamente i requisiti e i titoli dei concorrenti, in omaggio al principio di imparzialit e di buon andamento dell'azione amministrativa (Cons. St., VI, 455/1994). Al termine delle prove, e in base alla valutazione delle stesse e dei titoli, la commissione forma la graduatorie di merito. Questa deve essere, infine, approvata dall'amministrazione che ha bandito il concorso, dopo aver controllato la legittimit dell'operato della commissione, L'approvazione della graduatoria conclude il procedimento concorsuale e costituisce il presupposto della stipulazione del contratto individuale di lavoro con il vincitore, o i vincitori, del concorso. Essa segna anche il passaggio dal diritto amministrativo al diritto privato. Le controversie relative alle procedure concorsuali sono infatti di competenza del giudice amministrativo, mentre quelle che attengono al rapporto di lavoro gi instaurato rientrano, come visto, nella competenza del giudice ordinario.
categoria di inquadramento superiore costituisce una assunzione, che richiede il concorso aperto agli esterni e implica la giurisdizione del giudice amministrativo. Non cos, invece, per i passaggi a posizioni superiori che, per, si trovino all'interno della stessa area o categoria: questi non sono nuove assunzioni, ma semplici sviluppi di carriera.
codice riguardano il dipendente pubblico pi nella sua qualit di funzionario che nella sua qualit di lavoratore. In applicazione di tale principio, il codice detta una regolamentazione molto precisa e minuziosa,che ha il pregio di rendere pi certo il confine tra i comportamenti vietati e quelli consentiti. L'inosservanza delle norme del codice di comportamento, tuttavia, espone il dipendente al potere disciplinare dell'amministrazione solo nel caso un cui tali norme siano fatte proprie dai contratti collettivi. Se i contratti definiscono le infrazioni e le sanzioni disciplinari, la legge, per, regola il procedimento per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari. Considerato, poi, che alcuni comportamenti del dipendente pubblico possono dar luogo, contemporaneamente, a responsabilit disciplinare e a responsabilit penale, esiste anche una disciplina legislativa dei rapporti fra i due tipi di procedimento, che in passato erano anche considerati affini. La l. 97/2001, in particolare, dispone che la sentenza penale irrevocabile di condanna ha effetti di giudicato, nel corrispondente procedimento disciplinare, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceit penale e della circostanza che l'imputato lo abbia commesso. La stessa legge 97/2001, infatti, stabilisce che, per alcuni reati pi gravi, la condanna penale, anche non definitiva, obbliga l'amministrazione a sospendere il dipendente dal sevizio; inoltre, la condanna definitiva ad oltre tre anni di reclusione determina l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con la pubblica amministrazione.
4.10 L'ambito di applicazione della disciplina del lavoro privato con le pubbliche amministrazioni
Il lavoro privato con le pubbliche amministrazioni pubbliche divenuto il modello tipico e prevalente di rapporto di servizio del personale professionale pubblico. Le sue norme costituiscono per le regioni, principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Ma l'art. 117 della Costituzione , successivamente, cambiato. Quindi necessario stabilite quali siano le pubbliche amministrazioni elencate dal d.lg.165/2001, per le quali il legislatore statale sia ancora competente a dettare la disciplina del rapporto di lavoro dei rispettivi dipendenti e, eventualmente, in quale misura. Secondo l'art. 117 cost., la materia dell'organizzazione amministrativa spetta alla potest legislativa
esclusiva dello Stato solo relativamente alla amministrazione dello Stato stesso e degli enti pubblici nazionali. Per le altre pubbliche amministrazioni, spetta invece alla potest legislativa (residuale) delle regioni e alla potest regolamentare attribuita a comuni, province e citt metropolitane. Diversamente, la disciplina dei rapporti di lavoro spetta, in parte, alla potest legislativa regionale concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro e, in parte maggiore, alla potest legislativa esclusiva dello Stato. Oltre a dettare i principi fondamentali in materia di tutela e sicurezza del lavoro, infatti il legislatore statale, soprattutto, ha competenza esclusiva in materia di ordinamento civile. Ma la disciplina legislativa statale posta dal d.lg. 165/2001 riguarda l'organizzazione amministrativa (e quindi non vincola regioni ed enti locali) oppure concorre a costituire quel diritto civile che regola i rapporti di lavoro con tutti i soggetti dell'ordinamento? La Corte costituzionale pare muovere dall'assunto che la intervenuta privatizzazione e contrattualizzazione del rapporto di lavoro vincola anche le regioni: la disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, quella contenuta nelle leggi civili, pu essere attratta nella competenza legislativa dello stato nell'ambito della materia ordinamento civile. Tuttavia, non sempre la disciplina del d.lg. 165/2001 coerente con il principio di privatizzazione. Essa contiene, come si visto, numerose e significative regole speciali, applicabili solo ai dipendenti pubblici. Pu sostenersi che anche la regolamentazione speciale dei rapporti di lavoro pubblico sia posta dal legislatore statale nell'esercizio della sua potest esclusiva in materia di ordinamento civile? In alcuni casi, il legislatore statale, con il d.lg. 165/2001, ha previsto regole speciali applicabili al rapporto di lavoro con amministrazioni pubbliche, che derogano o modificano in alcuni aspetti la disciplina privatistica, ma vi si innestano, in un certo senso facendo corpo con essa. Si pensi, ad esempi, alla disciplina delle mansioni del dipendente pubblico. In altri casi, invece, la disciplina speciale posta dal legislatore statale non tanto riguarda il rapporto di lavoro in s considerato cio la relazione fra il datore di lavoro e il lavoratore quanto il modo in cui il datore di lavoro organizza l'esercizio della propria autonomia negoziale. Si pensi, in particolare, alle procedure di reclutamento e alle modalit di accesso all'impiego, oppure alle procedure di contrattazione collettiva.
5. La dirigenza
La dirigenza una categoria di personale professionale creata, negli anni '70 dello scorso secolo (d.P.R. 748/1972), per separare, dagli antri dipendenti, l'alta burocrazia. Essa comprende, pertanto, i funzionari amministrativi di vertice, titolari degli uffici di livello pi elevato. La dirigenza oggetto di una disciplina speciale e particolarmente importante, perch si colloca al crocevia del rapporto fra politica e amministrazione. La disciplina sull'alta burocrazia definisce, infatti, in concreto, l'equilibrio fra il principio democratico e il principio di imparzialit. Il primo impone il controllo dell'amministrazione da parte degli organi politici. Il secondo postula un'amministrazione al servizio dell'intera collettivit anzich della parte politica al governo. Questo equilibrio dipende da due elementi:
dal punto di vista funzionale, l'equilibrio dipende dal modo in cui sono distribuiti i poteri fra gli uffici affidati a titolari politici (non professionali) e gli uffici affidati a titolari professionali (i dirigenti). Qui il rapporto gerarchico fra i due uffici favorisce il controllo politico, mentre la separazione delle rispettive competenze limita gli effetti della politicizzazione. Dal punto di vista strutturale, l'equilibrio dipende dal modo in cui configurato il rapporto fra il
titolare dell'ufficio dirigenziale e il suo datore di lavoro (che poi l'organo politico). Qui la precariet assicura la prevalenza della politica, mentre la stabilit garantisce maggiormente l'imparzialit.
responsabilit dirigenziale, sia dalla contrattazione collettiva, cui quella disciplina rinvia.
gli incarichi pi elevati cessano automaticamente entro novanta giorni dal voto di fiducia del nuovo governo. Per questi incarichi vige il sistema delle spoglie (spoils system). Chi vince le elezioni ha diritto di occupare i posti della pubblica amministrazione con persone di propria fiducia. L'incarico pu essere revocato in caso di accertamento dei risultati negativi della gestione o del mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati. Questo accertamento l'esito di un
procedimento di valutazione annuale, svolto in contraddittorio con il dirigente valutato. La revoca per accertamento della responsabilit dirigenziale dovrebbe rappresentare l'ipotesi pi frequente di estinzione del rapporto di ufficio, perch essa presuppone la valutazione del merito dei dirigenti. Essa rappresenta, invece, una rarissima eccezione. L'organo politico trova pi conveniente, infatti, conferire incarichi a termine e decidere liberamente, alla scadenza, se rinnovarli o meno.
in base al principio di distinzione fra politica e amministrazione, le funzioni di gestione amministrativa sono sottratte agli organi politici; In base alla disciplina degli incarichi dirigenziali, tali funzioni sono affidate a persone di fiducia dei titolari degli organi politici.
(Corte Costituzionale 23 marzo 2007, n. 103 - Gesuele Bellini) E costituzionalmente illegittima la revoca delle funzioni legittimamente conferite ai dirigenti al di fuori delle ipotesi di una accertata responsabilit dirigenziale in presenza di determinati presupposti ed allesito di un procedimento di garanzia puntualmente disciplinato. A queste conclusioni giunta la Corte Costituzionale nella sentenza 23 marzo 2007, n. 103, chiamata, tra laltro, a sindacare la legittimit dellart. 3, comma 7, della legge 15 luglio 2002, n. 145, recante disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e linterazione tra pubblico e privato, nella parte in cui prevede un meccanismo (c.d. spoils system una tantum) di cessazione automatica, ex legge e generalizzata, degli incarichi dirigenziali di livello generale al momento dello spirare del termine di sessanta giorni dallentrata in vigore della stessa legge.
Il procedimento
1.1 Le forme dell'attivit amministrativa Le funzioni amministrative si esplicano nei modi pi diversi: nella definizione di norme giuridiche, nel rilascio di autorizzazioni, nella conclusione di contratti, nell'erogazione di pensioni, nella
prestazione di cure mediche, nell'intercettazione della corrispondenza o delle telefonate e cos via. Si pu dire che la sostanza delle funzioni amministrative pu essere riversata in forme giuridiche diverse. Occorre ora esaminare queste forme. Dal punto di vista strutturale, l'attivit delle pubbliche amministrazioni non si distingue da quella di ogni altro soggetto di diritto. Esse pongono in essere sia dichiarazioni di volont (come i provvedimenti amministrative e i contratti), di scienza (come i verbali e i certificati) e di giudizio (come i pareri e le valutazioni tecniche), sia operazioni materiali (la demolizione di un fabbricato abusivo, l'arresto di un ladro o di un disertore, le prestazioni sanitarie). Spesso anche i comportamenti negativi dell'amministrazione assumono rilevanza, come nel caso del c.d. silenzio della pubblica amministrazione. Anche questo, peraltro, un fenomeno non esclusivo del diritto amministrativo. Alcune funzioni amministrative sono svolte essenzialmente attraverso operazioni materiali: si pensi all'attivit dei medici e degli analisti negli ospedali, dei docenti nelle scuole. Delle attivit di questo tipo nono ci si occupa in questa sede: nono perch non siano importanti, ma perch sono regolate prevalentemente da discipline non giuridiche (come la medicina, la chimica e la pedagogia), e non dal diritto amministrativo. Naturalmente, le regole tipiche di queste discipline possono assumere un rilievo giuridico: le norme possono definire la buona prassi di laboratori e limitare la libert di un docente di definire il programma del suo corso. Tuttavia, l'eterogeneit delle attivit in questione impedisce che esse siano soggette a principi e norme generali, come quelli sui quali ci si concentra in questa sede. Non presentano particolarit, rispetto ad analoghi atti conosciuti dal diritto privato, neanche le dichiarazioni di scienza e di giudizio. A volte le norme disciplinano il relativo procedimento di formazione, ma anche in questo caso non vi sono principi o norme generali. Maggiore attenzione, invece, meritano le dichiarazioni di volont, nell'ambito delle quali la distinzione principale quella tra atti unilaterali e accordi. Questa distinzione non coincide con quella, molto diffusa ma imprecisa, tra attivit amministrativa di diritto pubblico e attivit amministrativa di diritto privato. Tra gli atti unilaterali,la figura principale quella dei provvedimenti amministrativi: sono gli atti, emanati a conclusione di procedimenti amministrativi, con i quali le amministrazioni esercitano poteri loro conferiti dalle norme per la cura di interessi pubblici, producendo effetti giuridici anche nei confronti di altri soggetti. Essi vanno quindi distinti, principalmente dagli altri atti che si collocano all'interno di questi procedimenti in funzione servente, detti appunto atti strumentali: per esempio, le proposte, i pareri e le richieste di informazioni. Quella degli atti strumentali, peraltro, una categoria eterogenea (nella quale rientrano dichiarazioni di volont, di scienza e di giudizio), per la quale l'ordinamento non pone regole generali (a differenza di quanto fa per i provvedimenti): l'unico dato comune agli atti strumentali quello di non costituire provvedimenti amministrativi, ma anche questo un dato che ha senso solo all'interno del singolo procedimento, considerato che molti atti strumentali richiedono a loro volta procedimenti amministrativi.
al fatto che le pubbliche amministrazioni sono organizzazioni complesse e, come tali, svolgono normalmente la propria attivit attraverso diversi uffici e articolano il ruolo di questi uffici definendo in via generale competenze e procedure; dall'altro lato, alle peculiarit dell'attivit amministrativa, che svolgimento di funzioni amministrative attribuite dalle norme. Queste secondo aspetto merita qualche spiegazione. Nei capitoli precedenti si esaminato il rapporto tra amministrazione e diritto, osservando, tra l'altro, che attivit delle pubbliche amministrazioni sempre parzialmente regolata dalle norme. Occorre ora aggiungere che, nel disciplinare l'attivit delle amministrazioni, di regola le norme non si limitano ad attribuire loro compiti e poteri, ma ne stabiliscono le modalit di svolgimento e di esercizio. In particolare, esse disciplinano il processo di formazione delle decisioni. A differenza di quanto avviene per l'attivit dei privati, dunque, il processo di formazione delle decisioni delle pubbliche amministrazioni giuridicamente rilevante, in quanto regolato da norme di diritto. In questo modo, le norme individuano i fatti e gli interessi rilevanti e definiscono, almeno in parte, l'assetto degli interessi, quindi limitano il margine di scelta delle amministrazioni in sede di emanazione dei provvedimenti. Infatti, da un lato, il potere pu legittimamente essere esercitato (cio il provvedimento pu legittimamente essere emanato) solo se si svolto il procedimento previsto dalle norme; dall'altro, il provvedimento legittimo solo se il suo contenuto coerente con le risultanze del procedimento stesso. ci che si intende quando si afferma il rilievo non solo formale, ma anche sostanziale, del procedimento. L'articolazione dell'attivit amministrativa in procedimenti, dunque, ha diversi scopi. In primo luogo, serve a dare ordine all'attivit amministrativa. In secondo luogo, essa serve a definire il ruolo dei singoli uffici e, quindi, a completare il disegno organizzativo, distribuendo il potere di decisione, Serve, poi, a consentire anche ai soggetti privati di far valere il proprio punto di vista e, quindi, di tutelare il proprio interesse, che, dalla decisione dell'amministrazione possa essere leso. Serve, ancora, a consentire a soggetti pubblici e privati di partecipare all'attivit amministrativa in chiave collaborativa, a tutela dell'interesse generale oltre che del proprio interesse specifico. Di conseguenza, serve a mettere a confronto gli interessi coinvolti e a definirne il peso rispettivo. Serve, infine, a individuare le circostanze di fatto rilevanti per la decisione. Il fenomeno della procedimentalizzazione riguarda tendenzialmente tutta l'attivit amministrativa: non solo l'emanazione di atti unilaterali, ma anche quelle di scienza e di giudizio; non solo l'attivit finale, volta a perseguire gli interessi pubblici indicati dalla legge, ma anche quella strumentale, attraverso la quale le pubbliche amministrazioni organizzano se stesse e soddisfano le esigenze del proprio apparato; anche le operazioni materiali.
cambia la sua struttura in ragione del tipo di provvedimento da emanare (rilascio della patente di guida, imposizione di un vincolo su un bene privato di interesse storico o artistico, collocamento in aspettativa obbligatoria della lavoratrice per gravidanza e cos via), perch ogni tipo di procedimento ha le sue norme. Esistono, peraltro, norme generali, che si applicano a tutti i procedimenti amministrativi o ad ampie categorie di essi: nell'ordinamento italiano esse sono contenute essenzialmente nella l. n. 241/1990.
imposte: quest'ultima previsione, in particolare, implica che i provvedimenti restrittivi, come quelli ablatori1 e quelli sanzionatori, possono essere emanati solo nei cassi previsti da atti venti forza di legge. Gli stessi principi sono affermati dalla giurisprudenza comunitaria, secondo la quale gli interventi dei pubblici poteri nella sfera di attivit privata di ogni persona, sia fisica che giuridica, devono essere fondati sulla legge ed essere giustificati dai motivi contemplati dalla legge. Quando gli effetti del provvedimento sono favorevoli per il destinatario, invece, i poteri amministrativi possono essere attribuiti anche da norme di rango subordinato.
supremazia della pubblica amministrazione e di imperativit del provvedimento amministrativo. Tutto ci che si pu dire che esse sono titolari di numerosi poteri amministrativi, dei quali di regola i privati non possono essere titolari. Ci pu essere espresso affermando che i titolari degli interessi su cui il potere amministrativo incide, destinatari degli effetti dei relativi provvedimenti, non si trovano in una situazione di mera soggezione, ma in una situazione di interesse legittimo: situazione giuridica soggetta che, a differenza della soggezione, consente al suo titolare di incidere sull'esercizio del potere, che si trova difronte. Il titolare di un interesse legittimo non ha, come il titolare di un diritto soggettivo, la garanzia di soddisfacimento del proprio interesse (nel senso di aspirazione a un bene della vita), ma pu partecipare al procedimento amministrativo e impugnare il provvedimento dinanzi al giudice. La tecnica di tutela indicata dall'interesse legittimo, peraltro, si progressivamente avvicinata a quella indicata dal diritto soggettivo, soprattutto a quando la giurisprudenza ammette la risarcibilit della lesione del primo. Questa nozione sconosciuta nella quasi totalit degli altri ordinamenti. Agli interessi legittimi fanno riferimento gli art. 24 e 113 cost., ma questa menzione serve solo ad affermare la pienezza della tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della pubblica amministrazione. Ai fini della presente trattazione, sufficiente ricordare la distinzione tra interessi oppositivi, di cui sono titolari coloro che temono di ricevere un pregiudizio dall'esercizio di un potere amministrativo (come nei procedimenti ablatori o sanzionatori), e interessi pretensivi, di cui sono titolari coloro che aspirano a riceverne un beneficio (come nei procedimenti concessori o autorizzatori).
quello delle modalit di esercizio della scelta, cio dei criteri che devono guidare chi la compie; quella del controllo giurisdizionale su di essa, cio della possibilit del giudice, di fronte al quale il provvedimento sia impugnato, di sostituire la propria valutazione a quella dell'amministrazione.
Per le opzioni interpretative, per esempio, il primo problema si risolve applicando le norme contenute nelle preleggi2 e, per quanto riguarda il secondo, ovvio che l'interpretazione delle norme spetta al giudice nono meno che all'amministrazione. Molto meno semplici sono le soluzioni per quanto riguarda le scelte, per cos dire, squisitamente amministrative, cio relative al miglior modo idi curare l'interesse pubblico. il problema della discrezionalit amministrativa, che ha diversi aspetti:
se emanare un certo provvedimento (discrezionalit dell'an3); quando emanare (nel quando); con quale contenuto (nel quid4);
2 Le disposizioni sulla legge in generale, dette anche disposizioni preliminari al codice civile e preleggi sono un insieme di 31 articoli posti come premessa del Codice civile italiano nel 1942. 3 Se. 4 Che cosa.
Ma non tutti questi elementi sono sempre presenti. La discrezionalit nell'an spesso manca, perch, in presenza dei presupposti di legge, l'emanazione del provvedimento obbligata. Anche la discrezionalit nel quando di regola molto limitata per via della previsione di un termine del procedimento. Per quanto riguarda il primo dei due problemi indicati in precedenza (modalit di esercizio della scelta), sulla natura della discrezionalit si sono avute diverse teorie. Nel corso del ventesimo secolo, si imposta la teoria che la descrive come ponderazione dei vari interessi secondari, pubblici e privati, sui quali la scelta dell'amministrazione incide, con un interesse primario, che quello per il quali all'amministrazione attribuito il potere amministrativo. Se le norme non dispongono diversamente, l'amministrazione, nel compiere la scelta, deve considerare non soltanto l'interesse primario, ma anche gli altri interessi che l'ordinamento considera meritevoli di tutela.
all'applicazione di conoscenza specialistiche. Sono quelle che l'art. 17, l.n. 241/1990 definisce valutazioni tecniche, che si distinguono dagli accertamenti tecnici proprio per l'opinabilit della scelta, per il margine di incertezza che essa lascia, per la variabilit del risultato in relazione al metodo adottato. L'espressione tradizionale, invece, quella di discrezionalit tecnica, in evidente simmetria con quella amministrativa. Per queste scelte il primo dei due aspetti prima individuati non problematico, dato che le regole da applicare sono ovviamente quelle di una disciplina specialistica. Lo , invece, il secondo aspetto: le valutazioni tecniche operate dalla pubblica amministrazione sono sindacabili da parte del giudice, dato che non si tratta dell'apprezzamento di interessi pubblici? Sul punto gli studiosi sono divisi e la giurisprudenza alquanto incerta. Per un verso, l'evoluzione del processo amministrativo (con l'ampliamento dei mezzi istruttori, compresa la consulenza tecnica d'ufficio) induce i giudici a sindacare le valutazione tecniche. Per un altro verso, essi tendono ad arrestarsi di fronte a valutazioni particolarmente complesse.
Il termine pu essere sospeso se le norme richiedono all'amministrazione di chiedere valutazioni tecniche ad altri uffici e se essa deve acquisire informazioni che non siano gi in suo possesso, n reperibili presso altre amministrazioni.
La codificazione della disciplina del procedimento ha determinato nei vari ordinamenti, da un lato, l'introduzione di nuove regole generali, dall'altro, la codificazione di regole gi affermate dalla giurisprudenza. Di conseguenza, mutato il rapporto tra legge e giurisprudenza: la prima pone anche norme generali, che la seconda chiamata a specificare e applicare.
Non hanno valore assoluto il principio del giusto procedimento e quello della partecipazione. Il primo, che riecheggia il principio costituzionale americano del due process of law, riguarda i procedimenti che sfociano in misure restrittive per i destinatari, come quelli ablatori e quelli sanzionatori: prima dell'adozione di simili misure occorre svolgere un'adeguata istruttoria e offrire agli interessati la possibilit di essere ascoltati. Il secondo ha invece portata generale, essendo riferito dal capo III della l. n. 241/1990 a tutti i procedimenti (con le sole eccezioni indicate dall'art. 13: procedimenti per i quali vi sono comunque norme specifiche sull'intervento degli interessati nel procedimento). Le norme in questione danno anche contenuto al principio, indicando gli obblighi dell'amministrazione e i poteri degli interessati. Entrambi i principi, comunque, possono essere sacrificati in presenza di esigenze prevalenti, come la celerit e la segretezza. La giurisprudenza applica regolarmente, sia pure spesso senza enunciarli, ulteriori principi, come quello di buona fede (o del legittimo affidamento), che impone all'amministrazione di tenere conto dell'affidamento generato nei privati dai suoi provvedimenti e comportamenti, e quello di consequenzialit, che le impone di rispettare i criteri di azione che essa stessa si sia data. Quest'ultimo principio valorizzato da varie norme che impongono alle amministrazioni di prefissare simili criteri, quindi di autolimitarsi, operando uno sdoppiamento dell'esercizio del potere amministrativo in due momenti, quello della determinazione dei criteri e quello della loro applicazione in concreto.
per la riduzione delle spese che esso consente alle amministrazioni; per il miglioramento della qualit dei servizi resi ai cittadini e alle imprese, per i quali ogni adempimento amministrativo rappresenta un costo e un ostacolo alla soddisfazione dei propri interessi.
La legge dedica un intero capo, nel quale sono disciplinati diversi istituti di semplificazione, che saranno esaminati in seguito: la conferenza dei servizi e gli accordi tra amministrazioni, nel trattare la conclusione del procedimento; la disciplina dei pareri e delle valutazioni tecniche, nel trattare la struttura del procedimento; l'autocertificazione nel trattare i procedimenti dichiarativi; la denuncia di inizio di attivit e il silenzio assenso, nel trattare le autorizzazioni del provvedimento. Nell'ultimo quindicennio, il principio di semplicit ha dato vita a varie altre previsioni normative. In primo luogo, gli istituti previsti dalla l. n. 241/1990 sono stati utilizzati da varie norme di settore. In secondo luogo, alla disciplina generale degli istituti di semplificazione le norme hanno affiancato discipline speciali, relative a singoli tipi di procedimento. Ci avvenuto soprattutto a seguito della l. n. 537/1993, che ha avviato un massiccio processo di semplificazione di numerosi procedimenti. Infine, a partire dal 1997 previsto che quello di semplificazione sia un processo permanente, alimentato annualmente da una legge di semplificazione approvata su iniziativa del governo (art. 20, c. 4, l. n. 59/1997).
Nel procedimento, esso determina l'obbligo dell'amministrazione di rendere pubbliche determinate informazioni (come il termine di ciascun procedimento) e di comunicare determinate circostanze (come l'avvio del procedimento) agli interessati. Come si osservato nel capitolo sui principi, il principale istituto nel quale il principio si esprime il diritto dei cittadini di accedere ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni. Esso pu essere esercitato anche se non vi un procedimento amministrativo in corso. Di esso occorre considerare:
Oggetto al quale si accede il documento amministrativo, del quale l'art. 22 offre una definizione molto ampia. Deve comunque essere detenuto da una pubblica amministrazione e concernere attivit di pubblico interesse. La nozione di documento amministrativo non va confusa con quella di atto amministrativo: gli atti amministrativi (di volont, di scienza o di giudizio) e non hanno necessariamente forma scritta. Il diritto, d'altra parte, sussiste anche se i documenti non sono relativi ad atti amministrativi, ma ad atti di natura privata, come quelli relativi alla conclusione di contratti o alla gestione del personale. Titolari del diritto sono tutti i soggetti privati che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale chiesto l'accesso. Non, quindi, qualunque cittadino, ma solo coloro che siano titolari di un interesse che l'ordinamento tutela. N il diritto di accesso pu essere esercitato per operare un controllo generalizzato sull'attivit dell'amministrazione. La richiesta di accesso, di conseguenza, deve essere motivata, per dimostrare l'utilit del l'accesso per la tutela dell'interesse in questione. Pi ampia la disciplina dell'accesso nei confronti degli enti locali, in base all'art. 10, d. lg. n. 267/2000, che stabilisce che tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici e prevede che ai cittadini sia assicurato il diritto di accedervi. Il diritto si esercita, come si gi accennato, non solo nei confronti degli enti pubblici, ma anche nei confronti dei gestori di pubblici servizi e di tutti i soggetti privati, limitatamente alla loro attivit di pubblico interesse. Il diritto si esercita mediante esame ed estrazione di copia del documento. Quando la richiesta evidentemente fondata, l'accesso consentito senza formalit (accesso informale); se, invece, l'accoglimento immediato non possibile o sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, la domanda determina l'avvio di un procedimento amministrativo (procedimento di accesso formale: art. 2 e 3, d.P.R. n. 352/1992). Il principio di pubblicit non un principio assoluto, quindi il diritto d'accesso incontra limiti. la legge, per, a indicare gli interessi a tutela dei quali l'accesso pu essere escluso: interessi pubblici, come quelli alla difesa nazionale, all'ordine pubblico e alla politica monetaria, nonch l'interesse alla riservatezza dei terzi. E, ovviamente, il giudice, in sede di giudizio sulla legittimit del diniego di accesso, a valutare se giustificata da uno degli interessi indicati. Particolarmente problematico il bilanciamento tra il diritto di chi vuole accedere e il diritto alla riservatezza di coloro che la legge chiama controinteressati. La legge stabilisce che la riservatezza costituisce un limite all'accesso, ma il secondo prevale sulla prima se ala conoscenza del documento necessaria per curare o difendere un interesse giuridico. Ulteriori previsioni, poi, regolano il caso
in cui i documenti contengano dati sensibili. La tutela del diritto d'accesso assicurata soprattutto dal giudice amministrativo. Anche la giurisprudenza comunitaria attenta a garantire l'effettivit del diritto di accesso.
di continenza (per esempio, il procedimento per l'elaborazione di un parere che si svolge nell'ambito di uno pi ampio); di presupposizione (se un procedimento inizia con la proposta di un'altra amministrazione, esso non pu iniziare prima che si concluda quello volto alla formulazione della proposta); di parallelismo (per realizzare un impianto industriale sono necessarie diverse autorizzazioni); di incidentalit (come nel caso in cui si apra un procedimento di secondo grado, volto all'annullamento di un atto strumentale), e cos via.
In questa ipotesi, il termine e il responsabile vanno individuati per il procedimento principale o complessivo, per le sue parti o subprocedimenti o per entrambi? La scienza giuridica e la giurisprudenza (Cons. St., ad. gen., n. 10/1991) hanno chiarito che essi vanno determinati con riferimento al procedimento principale o complessivo, corrispondente al provvedimento che incide sugli interessi del privato: infatti, a tutela degli interessi che la legge impone la certezza dei tempi e l'individuazione delle responsabilit. Le amministrazioni possono determinare termini e responsabili delle singole fasi, a patto che determinino anche quelli dell'intero procedimento.
giudice. D'altra parte, si gi rilevato che la legge stessa, nel disciplinare il temine, contempla il caso in cui un procedimento non sia stato identificato dall'amministrazione: essa stabilisce che, in questa ipotesi, si applica il temine di novanta giorni.
legislativa regionale e quella regolamentare degli enti locali si riducono agli aspetti di dettaglio. Un problema di applicabilit si pone anche per alcuni enti non territoriali, in ragione delle loro funzioni o della loro collocazione nell'ordinamento. Per gli enti pubblici economici, la disciplina del procedimento non applicabile all'attivit d'impresa da essi svolta. Per le autorit indipendenti, il problema pi complesso e non pu essere risolto in modo unitario: alcune autorit, infatti, tendono a compensare alla carenza di legittimazione, derivante dalla loro indipendenza dal potere politico, rafforzando le garanzie procedimentali, anche al di l di quanto previsto dalla n. n. 241/1990; altre tendono invece a sfuggire all'applicazione dei suoi istituti, trovando conforto in previsioni di legge ad hoc: per altre ancora, le norme europee e nazionali impongono regole e garanzie procedimentali anche ulteriori rispetto a quelle della l. n. 241/1990. La legge non di regola applicabile all'attivit amministrativa svolta dagli organi costituzionali (come le Camere e la Presidenza della Repubblica) odi rilievo costituzionale (come il Consiglio superiore della magistratura). Infine, sull'ambito di applicazione della legge incidono i fenomeni dell'amministrazione pubblica in forma privata e dei privati in funzione dell'amministrazione, dei quali si riferito in precedenza (cap. I, par. 2.4 e cap. III, par. 12.2). espressamente previsto dall'art. 1, c. 1-ter, della legge, a norma del quale i soggetti in questione devono assicurare il rispetto dei principi enunciati nel primo comma dello stesso articolo. Per quanto riguarda il diritto d'accesso, ci avviene per espressa previsione della legge, dato che come gi osservato l'art. 22 definisce la pubblica amministrazione facendovi rientrare anche i soggetti privati in esame e l'art. 23 stabilisce che esso si esercita anche nei confronti dei gestori di pubblici servizi.
5.1. L'avvio
L'iniziativa procedimentale pu essere d'ufficio o di parte. Nel primo caso, la stessa amministrazione procedente a deliberare l'avvio del procedimento, essendosi verificato il presupposto al quale la legge ricollega l'emanazione del provvedimento. Questo presupposto pu essere una situazione giuridica (come l'emanazione di una legge, di una sentenza o di un atto amministrativo ovvero la scadenza di un termine) o una circostanza di fatto (la commissione di un illecito, una situazione di pericolo, l'esigenza di acquistare un bene o di assumere un impiegato). Delle circostanze di fatto l'amministrazione pu venire a conoscenza in vari modi. Nel secondo caso, il procedimento consegue a un'istanza del soggetto interessato, della quale l'amministrazione deve comunque operare una sommaria valutazione: come si gi riferito, infatti, non sempre l'istanza dell'interessato fa sorgere l'obbligo di provvedere. L'iniziativa pu anche essere di un'altra pubblica amministrazione: determinati procedimenti non possono che cominciare con una proposta di un'altra amministrazione. Nel caso di iniziativa di parte, dunque, l'individuazione del termine iniziale del procedimento facile: esso dato dal momento della ricezione dell'istanza. In quelli d'ufficio pu non esserlo:
occorre individuare il momento in cui, superata la fase preparatoria o di vigilanza, l'amministrazione decide di procedere. La l. n. 241/1990, peraltro, impone di individuare questo momento, per due ragioni: perch da esso decorre il termine (finale) del procedimento e perch l'avvio del procedimento fa sorgere, in capo all'amministrazione procedente, l'obbligo di informarne determinati soggetti, salvo che le esigenze di celerit lo impediscano (in quest'ultimo caso, il principio di buon andamento prevale su quelli di pubblicit e di partecipazione). la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 al fine di consentire la partecipazione degli interessati al procedimento: essa espressione, appunto, dei gi menzionati principi di partecipazione e per i procedimenti volti all'emanazione di provvedimenti restrittivi giusto procedimento. I suoi destinatari sono:
i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale destinato a produrre effetti diretti; quelli che per legge devono intervenire nel procedimento; quelli, individuati o facilmente individuabili e diversi dai diretti destinatari, ai quali dal provvedimento possa derivare n pregiudizio(quindi, che siano titolari di interesse oppositivi),
Essa deve essere fatta anche in quelli a iniziativa di parte. Essa peraltro, pu essere fatta senza particolari formalit, purch contenga le informazioni indicate dall'art. 8. L'omissione della comunicazione di avvio determina un vizio del procedimento e, quindi, l'invalidit del procedimento finale. Questa invalidit, peraltro, non necessariamente conduce all'annullabilit del provvedimento. Da un lato, infatti, la legge dispone che l'omissione della comunicazione pu essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione stessa prevista. Dall'altro, essa stabilisce che l'omissione non rende il provvedimento annullabile se l'amministrazione dimostra in giudizio che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La legge, dunque, impone alle amministrazioni l'obbligo di procedere alla comunicazione, ma a volte omette di sanzionare la violazione di questo obbligo. Anche la giurisprudenza applica questo istituto in modo alquanto restrittivo. Da un lato, essa spesso esclude la sussistenza dell'obbligo per determinati tipi di procedimento: non solo quelli segreti o riservati, ma anche quelli vincolati. Dall'altro, essa ritiene che l'omissione della comunicazione non determina invalidit del provvedimento se l'interessato comunque venuto a conoscenza dell'inizio del procedimento.
La legge parla di responsabile sia nel senso di ufficio responsabile per ciascun tipo di procedimento (art. 4), sia nel senso di funzionario responsabile del singolo procedimento concreto, della singola pratica (art. 5).
comunicazione rende illegittimo il provvedimento finale. La norma, peraltro, non si applica ad alcuni tipi di procedimento che imporrebbero un gran numero di simili comunicazioni, come quelli concorsuali e quelli in materia previdenziale e assistenziale.
l'accordo procedimentale (o integrativo o preliminare), che determina il contenuto discrezionale del procedimento; l'accordo sostitutivo, che sostituisce il provvedimento.
Il primo un atto strumentale del procedimento, il secondo ne l'atto conclusivo. L'importanza della norma dipende essenzialmente dalla previsione degli accordi sostitutivi. Quelli procedimentali, infatti, potrebbero essere conclusi anche in sua assenza: nulla, comunque, impedirebbe alle amministrazioni di concludere accordi informali con i privati, prima di emanare il provvedimento. La possibilit di sostituire il provvedimento con un accordo (e, quindi, di non esercitare il potere amministrativo attribuito dalla relativa norma, ma un potere di tipo diverso), invece, richiede una previsione normativa. Questa previsione, modificata nel 2005, ora molto ampia e consente, in astratto, di concludere qualsiasi procedimento (tranne quelli indicati dall'art. 136) con un accordo: non solo procedimenti (come quelli di concessione) che riflettono un incontro tra la volont dell'amministrazione e quella del privato, ma anche procedimenti (come quelli sanzionatori) che riflettono la prevalenza della prima sulla seconda. La distinzione tra provvedimento e accordo (e tra i due tipi di accordo), peraltro, sfumata dallo stesso art. 11, che richiede che la stipulazione dell'accordo sia preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento (c. 4 bis). Questa determinazione, richiesta a garanzia dell'imparzialit e del buon andamento dell'azione amministrativa, in effetti, non altro che un provvedimento. L'importanza dell'articolo dovuta anche al fatto che esso indica la disciplina applicabile agli accordi: in particolare, a essi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Ci molto importante, anche se la norma impone un delicato giudizio di compatibilit delle norme del codice civile con la peculiarit degli accordi. In un caso, il problema della compatibilit risolto dalla legge stessa: si tratta del recesso unilaterale, che consentito all'amministrazione per sopravvenuti motivi di pubblico interesse. In questo caso al privato dovuto un indennizzo per l'eventuale pregiudizio subito (per le spese sostenute, mentre l'inadempimento nel contratto obbliga al risarcimento, che pi dell'indennizzo).
6 Art. 13. Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione 1. Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell'attivit della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. 2. Dette disposizioni non si applicano altres ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano, nonch ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, dal decreto legislativo 29 marzo 1991, n. 119, e successive modificazioni.
nulla osta (per esempio, un'autorizzazione che no possa essere accordata senza il nulla-osa della soprintendenza per il patrimonio storico e artistico) o, ancora, in presenza di pareri vincolanti. Si parla, in queste ipotesi, di decisione pluristrutturata e di atto complesso.
La conferenza di servizi istruttoria viene convocata dall'amministrazione procedente, titolare del potere amministrativo, quando sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti. La valutazione di questa opportunit, naturalmente, spetta all'amministrazione stessa (in particolare, al responsabile del procedimento. L'amministrazione procedente rimane titolare del potere di provvedere: essa non tenuta a recepire nel provvedimento le soluzioni emerse in sede di conferenza, salvo ovviamente l'obbligo di motivare la propria decisione. La conferenza di servizi decisoria indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nullaosta o assensi comunque denominati da altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga entro un breve termine. Pu essere indetta altres in presenza di esplicito dissenso di una delle amministrazioni interpellate. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni
partecipanti. Un amministrazione pu bloccare il procedimento stesso, astenendosi dall'accordare il proprio assenso. L'esigenza di accelerazione e coordinamento, quindi, particolarmente forte, ma l'applicazione dell'istituto non ha consentito di raggiungere pienamente questi risultati. Queste modifiche sono state volte a risolvere la tensione tra le esigenze ora indicate e quelle di tutelare i singoli interessi pubblici, che indurrebbero a mantenere intatti i poteri delle varie amministrazioni coinvolte. La soluzione adottata dal legislatore nel 2005 di rimetter la decisione all'amministrazione procedente, che all'esito dei lavori dalle conferenza adotta una determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutando le risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in essa. La decisione dell'amministrazione procedente, ovviamente, pu comportare il sacrificio di singoli interessi, di cui siano titolari le amministrazioni che rimangano in minoranza nella conferenza: solo a tutela di determinati interessi (relativi all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio storico artistico e alla salute) previsto un rimedio, consistente nella rimessione della decisione all'autorit politica (art. 14-quater, c. 3). Questa possibilit per problematica quando l'amministrazione dissenziente appartenga a un livello di governo diverso da quella procedente (per esempio, una regione e un'amministrazione statale), in quanto il ricorso a questo meccanismo potrebbe alterare il riparto delle funzioni amministrative, definito a livello costituzionale. per questo che ulteriori norme prevedono meccanismi di decisione basati su forme di coordinamento, come la rimessione della decisione alla Conferenza Stato-regioni o alla conferenza unificata (art. 14-quater, c. 3-ter. ss).
7. Tipologia
I procedimenti amministrativi possono essere classificati in vari modi: per materie o funzioni, per amministrazioni procedenti, per parti o destinatari, per grado di complessit e in altri modi ancora. Nessuna classificazione esaustiva.
esaminano, inoltre, i procedimenti che si svolgono in parte presso le amministrazioni nazionali, in parte presso quelle comunitarie.
Nell'ultimo quindicennio, i procedimenti in questione sono stati oggetto di una massiccia semplificazione, avviata dalle disposizioni dell'art. 18, l. n. 241/1990 relative all'autocertificazione e alla presentazione di atti e documenti alle amministrazioni da parte dei cittadini. L'istituto dell'autocertificazione, in realt, risale al 1968. Il quadro stato completato da previsioni successive al 1990, ora codificate nel d.P.R. n. 445/2000. Questa disciplina consente l'eliminazione di adempimenti come la richiesta di certificati, la produzione di copie di documenti e l'autenticazione di copie e firme.
Il provvedimento
1. Nozione e caratteri
Il provvedimento amministrativo l'atto con il quale, a conclusione di un procedimento, viene
esercitato il potere amministrativo. Esso tradizionalmente considerato l'atto tipico di esplicazione delle funzioni amministrative.
Ci dipende sia da n dato storico, sia da un dato normativo. Storicamente, si pu osservare che la nozione nata da due esigenze:
la prima, che si posta fin da quando esiste il giudice amministrativo, quella di individuare gli atti impugnabili dinanzi a a esso, distinguendoli da quelli non impugnabili in quanto strumentali o preparatori e, quindi, non idonei a ledere un interesse di cittadini o enti morali giuridici (art. 26, r.d. n. 1054/1924). La seconda, che si posta soprattutto con l'introduzione della l. n. 241/1990, quella di individuare l'atto conclusivo del procedimento e, quindi, i procedimenti ai quali applicare la disciplina in essa contenuta.
Per quanto riguarda il dato normativo, le uniche norme generali che utilizzano questa nozione sono quelle della l. n. 241/1990 (la quale, fino al 2005, conteneva quasi esclusivamente norme sul procedimento, e non sul provvedimento) e quelle relative alla giustizia amministrativa (in particolare, l'art. 113 cost., il r.d. appena citato e la l. n. 1034/1971). Pi precisamente, la prima parla di provvedimento amministrativo, le seconde di atto amministrativo. Anche la giurisprudenza utilizza per lo pi le due espressioni in modo equivalente. La scienza giuridica, invece, spesso distingue le due nozioni, chiamando atti amministrativi quelli strumentali. Questa combinazione di norme significativa, perch suggerisce che ogni potere amministrativo cio ogni potere, conferito dalle norme a una pubblica amministrazione, di curare un interesse pubblico emanando un atto produttivo di effetti giuridici anche nei confronti di altri soggetti deve essere esercitato di regola attraverso un procedimento, oggetto alla disciplina legislativa, che deve concludersi con un provvedimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo. La combinazione dei due caratteri indicati non consente di definire o delimitare con precisione la nozione di provvedimento, perch i due caratteri spesso non sono compresenti; in secondo luogo, perch ciascuno di essi a sua volta incerto. sufficiente osservare che vi sono atti impugnabili dinanzi a al giudice amministrativo pur non essendo stati emanati a seguito di un procedimento (come certi atti dei concessionari di opere pubbliche e di servizi pubblici) e atti emanati a seguito di un procedimento ma non impugnabili dinanzi ad alcun giudice come molti atti dichiarativi, strumentali e organizzativi). Dal secondo punto di vista, da un lato, come si visto nel capitolo precedente, la nozione di procedimento a sua volta imprecisa. Dall'altro, come pure si visto, la distinzione tra provvedimenti e atti strumentali incerta e la giurisprudenza ammette spesso l'impugnabilit di atti endoprocedimentali che in concreto possano essere lesivi di interessi.
1.3. I caratteri
Il provvedimento un atto di esercizio di un potere: quindi un atto unilaterale e tipico, che produce effetti giuridici anche nei confronti di soggetti diversi da quello che lo emana. In quest'ultimo carattere spesso identificata la pretesa imperativit del provvedimento: nozione che, oltre a non distinguere il provvedimento da altri atti unilaterali, ingannevole, perch suggerisce una prevalenza della volont dell'amministrazione su quella del destinatario che spesso non esiste. L'art. 1, c. 1-bis, l. n. 241/1990, contemplando esplicitamente l'esistenza di provvedimenti non autoritativi, conferma che essa non un carattere proprio del provvedimento. un atto di svolgimento di una funzione: da ci dipendono caratteri come l'emanazione a seguito di un procedimento, la motivazione, la soggezione a controlli amministrativi e giurisdizionali, la sindacabilit per eccesso di potere. un atto impugnabile dinanzi a un giudice, di regola quello amministrativo: dalla struttura del processo amministrativo derivano altri caratteri, come l'immediata produzione di effetti (per cui l0invalidit del provvedimento d luogo ad annullabilit e non a nullit) e l'inoppugnabilit in assenza di tempestiva impugnazione. Inoltre, poich l'art. 113 cost. parla di atti della pubblica amministrazione, esso emanato da una pubblica amministrazione. ma ci pone un ulteriore
problema di delimitazione. Dalle norme in materia di giustizia amministrativa, poi, derivano ulteriori caratteri la ricorribilit in sede contenziosa (l'interessato pu chiedere all'autorit amministrativa di ritirare o modificare il provvedimento, secondo procedimenti descritti dalle norme); l'annullabilit del provvedimento invalido da parte del giudice amministrativo, il divieto di annullamento a carico del giudice ordinario e la disapplicabilit da parte di questo giudice. Le norme del nuovo capo IV-bis della legge 241, infine, codificano ulteriori caratteri, gi affermati prima del 2005, come la soggezione del provvedimento alla revoca, alla sospensione e all'annullamento d'ufficio: quest'ultimo, come si vedr trattando dei provvedimenti di secondo grado, un privilegio della pubblica amministrazione, alla quale consentito di far valere essa stessa l'invalidit dei propri atti.
3. Profili strutturali
La struttura di un provvedimento sono i requisiti che deve avere per poter essere considerato il provvedimento un atto di esercizio di un potere amministrativo.
3.2. Il soggetto
Il soggetto la pubblica amministrazione che emana l'atto e, per atti strutturalmente complessi, possono essere pi di uno. L'attribuzione riguarda la materia per cui competente una data amministrazione, mentre la competenza il complesso di poteri (quota di attribuzione) riconosciuto al singolo ufficio.
3.3. I presupposti
I presupposti del provvedimento sono le circostanze di fatto e le situazioni giuridiche che ne consentono l'emanazione. Pu essere, ad esempio, la domanda dell'interessato o la commissione di un illecito, oppure pu essere anche un atto della stessa o di un altra amministrazione. Quest'ultimo pu essere un atto strumentale previsto dalle norme, o un atto autonomo, cosiddetto presupposto. L'eventuale illegittimit si fa valere impugnando nel primo caso il provvedimento finale, nel secondo caso impugnando ambedue gli atti. Nel secondo caso vale di regola l'illegittimit derivata, eccezionalmente la sua inesistenza (caducazione). Le norme prevedono anche l'emanazione di provvedimenti, cosiddetti necessitati, in presenza del
presupposto dell'urgenza (come per i decreti legge per gli atti legislativi), dando ampia discrezionalit riguardo il contenuto. Ci permesso solo a determinate autorit (ministro, sindaco, prefetto) e la giurisprudenza pu effettuare un controllo rigoroso di legittimit su questi atti.
3.5. Il contenuto
Il contenuto del provvedimento riconducibile in parte alle previsioni normative, in parte alle valutazioni dell'amministrazione. L'assenza e l'indeterminabilit del contenuto rilevante per vari aspetti: per l'identificazione del provvedimento e del potere con esso esercitato, che va operata sulla base del contenuto piuttosto che del nomen attribuito all'atto, per l'applicazione di norme che si riferiscano soltanto a determinati atti, per valutare la tempestivit di un ricorso giurisdizionale , ecc. Per quanto riguarda il contenuto si distinguono in particolare due categorie di provvedimenti:
i provvedimenti negativi, che sono soggetti allo stesso regime giuridico del provvedimento positivo; le decisioni amministrative che sono emanate per dirimere n conflitto, tra l'amministrazione e l'interessa o tra diversi interessati. Hanno contenuto simile alle sentenze e comprendono, fra gli altri i provvedimenti emanati in seguito a ricorsi amministrativi, ricorsi interni, atti che decidono su opposizioni, ecc.
4. L'esternazione
Perch l'atto esista, non basta che vi sia la volont di emanarlo, ama necessario che questa volont venga manifestata.
La giustizia
Gerarchico
Gerarchico improprio
Generale e Esperibile anche Generale ed rinnovatorio per ragioni di eliminatorio merito (valutazione dell'opportunit e della convenienza dell'azione) oltre che di legittimit. Unico grado ma Tassativo, pu essere seguito eliminatorio da ricorso e raramente straordinario o rinnovatorio ricorso giurisdizionale. L'autorit decidente provvede a integrare il contraddittorio all'organo che ha emanato il provvedimento e ai controinteressati. Generale e rinnovatorio
In opposizione