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Paradiso Nel XXX Canto c' l'incontro con Beatrice, Dante si esprime in maniera molto severa e dura, l'ultimo

tratto un viaggio cos impegnativo, cos diverso da ogni viaggio fatto da chiunque, che Dante pretende una tensione verso la perfezione che non pu perdersi nel ricordo della terra, non pu nemmeno riferirsi all'iridio di amore che c' stato tra loro 2 sulla terra, esister il dialogo di sguardo, Dante vede negli occhi di Beatrice la volont di Dio, capisce il cammino ogni volta pi complesso, Beatrice il personaggio al quale Virgilio consegna Dante. In questo magnifico posto scorrono 2 fiumi, il Lete permette di dimenticare i peccati, l'Eunoe permette di ricordare solo il bene, Beatrice invita Dante a bagnare su entrambi. Il Paradiso di Dante totalmente separato dalla terra, Paradiso secondo la concezione tolemaica dell'universo, 9 cieli concentrici, i quali avevano movimento impresso dalla rotazione dei pianeti, sull'orbita di ciascun cielo ruotava un pianeta. Nella concezione tolemaica dell'universo il pianeta trascina il cielo nella rotazione del pianeta. Dante sposa la teoria tolemaica, ma al movimento dei cieli presiede non il pianeta ma la schiera angelica, 9 schiere presiedono al movimento dei cieli, integrazione in chiave spirituale di una concezione fisica. Il percorso attraverso al Paradiso di Dante lo porter a fermarsi sui pianeti, dove egli incontrer anime del paradiso, diverse da cielo a cielo. Dio sta al di l dei 9 cieli, nell'Empireo, definito la Candida Rosa. La Cantica del Paradiso dedicata da Dante a Cangrande della Scala, principe di Verona, appartenente ad una famiglia di orientamento ghibellino, trover una grande amicizia col principe presso il quale dimorer. Dante definisce la cantica sublime che si fregia del titolo di Paradiso, consapevole della difficolt di quello che si accinge a fare, una cantica unica per il tipo di contenuti, ha una unicit che non nelle altre, la chiarisce nel canto XXIV nel quale parafrasando un passo della Lettera agli Ebrei dice che la fede sostanza di cose sperate, il Paradiso ancora pi difficile da descrivere di Inferno e Purgatorio, qualcosa di cui nessuno ha fatto esperienza, rimane solo nella speranza di ogni uomo. Dante deve dire qualcosa che tutti sperano ma di cui nessuno ha alcuna esperienza, il racconto potrebbe farci pensare che essendo cos poco concreto il mondo di cui ci deve parlare. Il ricordo a cui pu fare appello pi che difficile da ricordare, lo ha fatto in modo diverso, trasumanar, uscire dalla condizione umana staccandosi dalla terra, significar per verba io non so far. Il ricordo del Paradiso difficile per Dante da ricordare e raccontare, questa esperienza pi delle altre stata straordinaria. II canto indica la nuova protasi della cantica, scrive l'acqua che io prendo giammai non si corse se Dante ci aveva parlato finora di paesaggi e creature umane in 5^ essenza, ora abbandona questi tipi di descrizione, perch la memoria che ricorda di questo viaggio mistica, spirituale, interiore. Il ricordo di un'esperienza mistica non pu collocarsi in tempo e spazio, come non si pu spiegare l'amore. Dante fissa Beatrice, Beatrice fissa Dio, dallo sguardo di Beatrice che ogni volta diventa pi luminoso e gioioso, Dante si accorge che cambia qualcosa. Le anime in questi luoghi sono pi anonime ed universali, indeterminate, non ci sono paesaggi. Le anime non parleranno mai con Dante, i racconti di esse sono brevi, poche, troviamo solo nei primi 3 canti descrizione di vite terrene, cio quelli pi vicini alla terra. L'inferno ed il purgatorio hanno avuto come oggetto il racconto di un viaggio, mantenendo aspetti semi-umani, il racconto della loro vita avvenuta nel tempo dell'uomo storico. Il paradiso ha per oggetto l'uomo che tende ad un desiderio superbo di rimandare l'anima a Dio. Ci sono molte persone che hanno avuto momenti difficili e negativi della loro vita, ma sono riusciti a convertirla e ad espiare il peccato nella vita terrena stessa, senza necessit di passare dal purgatorio arrivando quindi in paradiso. Non misurabile la beatitudine di queste persone nel tempo e nello spazio. Le immagini della vita vissuta prima sono molto rare, date solo x comprendere qualcosa che vale per tutte, tutto ridotto a luce e luminosit, aria, stelle, musica. Il linguaggio poetico di Dante che ha cercato di rappresentare un mondo solo rappresentante, progressivamente coerentemente si raffina, si complica, attinge dalle discipline complesse, dalla teologia all'astronomia, termini tecnici per rappresentare questa atmosfera diversa, non quotidiana, non comune, non sperimentata dall'uomo; si eleva, perch usa termini latini e neologismi, che tendono a dire con termine inusuale l'inusualit che appare di fronte a Dante. Ci sono i cieli della visione tolemaica, ma c' anche un parlare, un incontrare,

raccontare, spiegare, si realizza in un accrescimento del vedere; l'avvicinarsi a Dio si nota con il crescere, salire della luminosit, per paragonare lo sguardo di Beatrice non si pu nemmeno paragonare al sole. L'avvicinarsi delle anime a Dante un dimostrare l'amore verso di lui, abbassarsi al suo livello per mostrarsi e farsi riconoscere, permette a lui di comprendere i differenti livelli di beatitudine, non una questione di intelligenza umana mancante, ma il fatto che si trovano nel regno superiore, un elemento che va oltre la razionalit umana, per questo motivo in cima al purgatorio si cambia la figura di guida. Le anime sono rappresentate con l'immagine della fiamma, nonostante sia un elemento terreno, c' un distacco tra ci che c' sulla terra e qua, nell'inferno e nel paradiso la storia delle anime veniva raccontata e ricordata ancora nel positivo e nel negativo, nel paradiso invece non hanno pi importanza le esperienze terrene, si parla solo dell'esperienza interiore, non si richiede la memoria fisica, umana, storica, ma quella mistica, spirituale. Anche Dante ha memoria dei momenti passati nell'inferno e nel purgatorio: il peso sentito nello scendere l'inferno e risalire il purgatorio, l'assenza di ombra delle anime. Tutto qui avvolto dall'indeterminatezza, non ci sono eventi della vita dei personaggi descritti se non vengono ricercati dal lettore grazie al nome, non vengono rappresentati paesaggi definiti. Mi metto per una strada mai frequentata da nessuno, che nessun uomo ha mai visto quindi lettori preparatevi. Dante vuol farci vivere la sensazione di essere uomini nel tempo e nello spazio, ma uomini in una dimensione dove non conta pi ci che siamo stati, quando un uomo in coma si risveglia senza sapere ci che stato e che successo. chi non si sente di fare questo salto, torni indietro ora perch questo cammino non per tutti, avr bisogno della fede e della fiducia dell'uomo in Dio per poter essere compiuto, chi ha dubbi o incertezze non mi segua. I CANTO Dante ci mette di fronte ad un proemio in cui richiama le ragioni di fondo di questo viaggio e le adatta a quest'ultima tranche di esso, cio a questo pezzo di viaggio che mette il lettore in contatto con quelle che sono le cose sperate, qualcosa che fino ad ora stato solo nel desiderio dell'anima dell'uomo. Dante ribadisce con molta forza la difficolt e l'eccezionalit di questo fatto, 2 immediate conseguenze: ci rendiamo immediatamente conto della straordinariet di ci che stiamo x vedere, la difficolt di Dante nel narrarci ci che accade. Parole chiave: gloria di Dio; disire, desiderio di ricongiungersi; memoria e difficolt del viaggio. Vv. 1-36: proemio, contiene protasi sintesi del contenuto. La gloria di Dio artefice della vita penetra per l'universo e risplende di pi o di meno a seconda se il bene o il male sia in quel luogo. Io fui nel cielo che pi prende della sua luce, l'empireo che circonda tutti quelli del pianeta, e vidi cose che non sa ne pu dire chi di lass non scende (parafrasi di un'affermazione fatta da San Paolo alla seconda lettera ai Corinzi conosco un uomo non so se nel corpo o fuori dal corpo il quale vide i 3 misteri del cielo che nessuno sa proferire, ammette anche che non sa dire in quale modo e come sia stato possibile che ci accadesse). (8) Il nostro intelletto avvicinandosi al suo estremo desiderio della sua anima (Dio) sprofonda tanto in lui che la memoria non sa andare indietro. Veramente quanto io potei far tesoro del regno santo nella mia mente, diventer ora la materia del mio canto. Invocazione alla musa (13): O buon Apollo capace di ispirare poesia e padre delle Muse, rendimi tanto capace del tuo valore per l'ultimo lavoro cos come tu domandi a chi vuole meritarsi l'alloro amato(deriva dalle Metamorfosi di Ovidio: Apollo si innamor di una fanciulla, Dafne, figlia del re Peleo. Si innamor tanto di lei ma non era innamorata di Apollo, rifiut questo privilegio, preg Giove perch fosse trasformata in un albero di alloro; Apollo scelse l'alloro come pianta sacra). Mi bast fino a questo momento l'esistenza di una delle 2 vette del monte Parnaso (Olimpo, 1 vetta sede di Apollo, l'altra sede delle muse) ma ora mi necessario entrare nel luogo dello scontro finale. Con tutti e due i gioghi, ispira tu dentro di me la mia poesia come quando vincesti Marsia e lo sfoderasti dalle sue membra in un solo colpo(Dante non crede nell'esistenza di queste creature, ma usa queste invocazioni come richiamo della tradizione). O divina virt, se ti concedi a me tanto che io manifesti l'ombra, almeno la parvenza di quel regno, allora mi vedrai ai piedi del tuo regno ed incoronarmi di

quelle foglie. Cos rare volte, padre, si coglie l'alloro per coronare un politico/comandante o un poeta, vergogna degli uomini che si accontentano della mediocrit, che dovrebbe far nascere una grande letizia nella tua mente, o Dio Apollo, quando l'alloro faccia venire grande desiderio di se qualcuno (qualcosa alla quale poca gente del suo tempo ambisce). Una gran fiamma pu scoccare anche da una piccola scintilla (piccolo come sono mi accosto a questo difficile compito, forse qualcosa potr venire da questo mio impegno), forse questa mia ambizione si diffonder nei poeti successivi.

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