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UN LETTERATO GROTTAGLIESE

FRA SERAFINO DALLE GROTTAGLIE Donato Antonio DAlessandro (Grottaglie 1623 Lecce 1689)

Tra i tanti srittori salentini che affollarono il Seicento letterario un posto merita anche Fra Serafino dalle Grottaglie, figura autorevolmente riproposta anni fa da Mario Marti nel volume sugli Scrittori Salentini di Piet fra Cinque e Settecento (Galatina 1992), ma che ha trovato attenzione anche in altri studiosi e critici come Francesco Zerella, Francesco Tateo, Benigno Perrone. Per Marti si tratta di un autore interessante sul versante puramente letterario. Egli, originario di un centro di tutto rispetto quanto a tradizioni culturali e religiose (si pensi almeno al poeta Giuseppe Battista, al teologo del Concilio Tridentino Antonio Marinaro, al canonista Giacomo Pignatelli, a S. Francesco de Geronimo), riusc ad acquisire una preparazione umanistico-filosofico-teologica di primo piano, S. Francesco dAssisi. Mattonella maiolicata policroma del sec. XVII. Francavilla Fontana, chiesa della Croce tale da imporlo allattenzione di molti e da consentirgli una versatilit di interessi testimoniata da una abbondante produzione letteraria: poesia epica e melodrammatica, esegesi biblica, moralistica e politica. Uno scrittore che, secondo quanto scrive Marti, pu essere (anzi dovrebbe essere) recuperato alla storia letteraria nazionale in grazia dei tre pi grossi impegni, giunti salvi fino a noi: il poema del Mondo redento, i Lamenti sucri e scritturali, e infine Lidea della vera e buona politica togata e militare apparsa in prima redazione (1680, Mollo, a Cosenza) col titolo di Lettere scritturali, con le postille politiche. Opera, questultima, che ha tratto qualcuno in inganno, inducendo a considerare Donato Antonio DAlessandro un politologo del Seicento; in realt si deve ricondurre anche questa esperienza in una dimensione puramente letteraria laddove ogni cosa messa in versi e tutto gronda letteratura; una tensione letteraria piegata, per, al fine moralistico ed edificatorio, in sintonia peraltro con latmosfera controriformistica allintemo della quale Fra Serafino si distingue per linsistenza sul dolore connaturato allumana specie e sulla passione e morte del Redentore che Marti definisce in maniera appropriata passiocentrismo. Ma chi era Fra Serafino dalle Grottaglie? Donato Antonio DAlessandro (cos egli si chiamava al secolo) nacque appunto a Grottaglie il 17 settembre 1623 da Cataldo e da Isabella Quaranta. Fu battezzato lo stesso giorno da D. Marcantonio Scardino essendo padrini D. Claudio Antoglietta e Chiara Marangiulo.

Spinto probabilmente dal conterraneo P. Ludovico La Grotta anchegli francescano riformato (che insieme con Giuseppe Battista, aveva curato la sua prima formazione culturale) entr nel 1641 tra i frati Minori Osservanti Riformati compiendo il noviziato nel convento di Secl. Fu poi guardiano pi volte del convento di Taranto, di Bitetto, lettore, definitore e custode. Insegn teologia a Lecce e Cosenza e a Roma fu teologo del Cardinal Antonio Albertini. Fu perci valente lettore di teologia ed esimio predicatore. Scrive il P. Bonaventura da Lama che egli riusc famosissimo nella predica, e di memoria s grande, che dava stupore a tutta ludienza. La citt di Brindisi, che spopol tutta nel corso della Quaresima, giur di non aver inteso Uomo simile. Da qui fu mandato a leggere nella Calabria Cosentina, e tornato cominci di nuovo il suo corso; e compito; fu di nuovo Lettor Teologo, e quanto eminente in questa facolt, tanto, e pi nella predica, avendo predicato trenta e pi Quaresimali. Pi che per la dottrina teologica, o per le cariche ricoperte all'interno dellOrdine, il suo nome fu celebrato per la poesia e per la trattatistica politica. Diede alle stampe: Il martorio di Cristo, Lecce 1668; I Santuari pi famosi del mondo, Lecce 1669; Il mondo redento, Lecce 1670; Lamenti Sacri, e Scritturali, Lecce 1672, che ebbe molte edizioni; Orontio, Giusto e Fortunato. Tragedia spirituale, Bari 1674 (altra ediz. Lecce 1676); Le lettere scritturali con le postille politiche. Cosenza Piet. Tela di Andrea Cunavi (1614). Grottaglie, chiesa del Carmine 1680; Il funeral di Cristo. Opera tragica con prologo, et intermedii musicali, e frammenti di divozioni aggiunte, Lecce 1685; L'idea della vera, e buona politica togata, e militare consistente in proposte, risposte, postille, e aforismi politici. Parte prima, seconda impressione. Lecce 1687. Lasci anche dei manoscritti e cominci a tradurre il suo Mondo redento in verso latino; non ne ebbe per il tempo perch prevenuto dalla morte avvenuta a Lecce il 28 agosto 1689. Le numerose opere manifestano chiaramente i caratteri della sua poetica che si possono sintetizzare in una rigida visione controriformistica dellarte e della letteratura come strumento della religione (scrive lA. nei Lamenti Sacri: se non mi voglion sentir da Poeta, mascoltino da Predicante; le Sacre Istorie son venerabili anche in bocca de malevoli, e io mi glorio pi tosto che di Febo, esser seguace del Crocifisso, desiderando piu tosto la divozione del cuore, che gli applausi della lingua; e il revisore della stessa opera cos commenta: In lucem prodire censeo, ut clare ingenia videant sacram Scripturam, non Permessum esse debere veri cantus fontes, cio ritengo che (il libro) possa essere stampato affinch gli ingegni vedano chiaramente che la Sacra Scrittura, non il Parnaso, debba essere la fonte del vero canto . Inoltre, una cupa e pessimistica visione della vita e della natura umana che pu ricevere la salvezza contemplando, piangendo e partecipando alla redenzione operata da Cristo con la sua Passione; uninsistenza, in verit, ossessiva sul tema del pianto, del lamento, della morte, del dolore, del lugubre e del funereo; ma anche una tendenza a teatralizzare tutti gli aspetti della vita umana. Da un punto di vista spiccatamente formale si evidenzia nelle sue poesie laccentuazione del barocchismo e del Concettismo, come pure la grande facilit e felicit inventiva, segno di una naturale e spiccata predisposizione alla letteratura.

Si segnalano qui le seguenti opere: 1. Il mondo / redento, / overo la Passione di Cristo / divisa in quindeci Pianti / dedicati allIllustrissimo Signore / Don Giovanni Cicinelli. / Del Padre Fra Serafino dalle Grottaglie / Lettore di Sacra Teologia, e Diffinitore de Riformati di San Francesco. / In Lecce, appresso Pietro Micheli, 1670. / Con licenza de Superiori. pp. 430. E un prolisso poema eroico in ottava rima, dimitazione tassesca, sulla Passione di Nostro Signore Ges Cristo. Sul frontespizio campeggia lo stemma dei Cicinelli, nobile famiglia napoletana che in Terra dOtranto avevano diversi feudi e si potevano fregiare in particolare del principato di Cursi e del ducato di Grottaglie. Sul foglio di risguardo una incisione piuttosto rozza si nota Cristo che sostiene il mondo (PORTAVIT, REDEMIT), e su un ripiano in evidenza il calice la scritta: IL MONDO REDENTO. Piuttosto breve e concisa la dedica dellAutore al mecenate e letterato, nonch feudatario del suo paese dorigine, D. Giovanni Cicinelli, il quale in una lusinghiera epistola scritta in ottimo latino allAutore da Grottaglie il 31 luglio 1670, ringrazia ed esprime la sua ammirazione osservando come in questa et, della quale nessuna pi ferace di lascive poesie, poich la tua poesia viene alla luce religiosissima, meritatamente si acquista le lodi perch composta tra le spine della filosofia. Seguono due sonetti elogiativi, dedicati al Cicinelli da Fra Serafino: Fatto Febo campion, musico Marte ossia il signore di Grottaglie allo stesso tempo guerriero e poeta Pi interessante tra i tanti sonetti (figurano quelli di Diego Paladini, Francesco Fatal, P. Ludovico dalle Grottaglie, P. Giacomo da Lequile, P. Antonio da Lecce, P. Antonio da Tutino) il sonetto che lo stesso Fra Serafino rivolge alla propria opera:
Il Mondo redento (1670), antiporta.

LAUTORE parla al proprio libro Figli dellAlma mia sacri sudori, Distillate dal cor rime dolenti, Metri dir soavi, e pur piangenti. Flebili melodie, Pianti canori Ite a mercar affetti, e non onori, Ad ammollir, non lusingar le menti, Infocate dardore lAnime algenti, E sian vita del foco i vivi umori. Lungi da voi le Muse; empie Sirene Channo letal, se lusinghier il canto, Lauri Pindo non habbia, acque Ippocrene; Lagrimar sol vi basta, e vostro il vanto Aprir porti di pace in mar di pene, Svelar Mondi di gioia in mezzo al PIANTO. Lapprovazione dellOrdine fatta il 25 giugno 1670 da Fra Pietro da Grottaglie,

predicatore, lettore, ex ministro e vicario provinciale, in base alla relazione stilata da Fra Ludovico dalle Grottaglie lettore generale di sacra teologia e da Frate Antonio da Lecce anchegli lettore generale di sacra teologia e Definitore dei Riformati di S. Francesco; per questi nellopera vi sammirano concetti di grandissima devozione, vaghe composizioni di scritture, e di sacra teologia, oltra la gravit del verso, e la candidezza dello stile. LImprimatur da parte del Vicario Generale Carlo Floravante dell8 luglio 1670, su relazione di Fra Giovanni Crisostomo di Ragusa, minore osservante, lettore generale di Teologia che scrive: ma per essa materia tanto pia vho ammirato eccessi di devozione, sodezza di Teologia Vangelica, spiegata in un verso cos elegante, che possiamo ben dire esservi unito lutile col diletto, il frutto col fiore, e tutto il Parnaso esser trasferito nel Calvario. 2. Lamenti / Sacri, e Scritturali / spiegati con doppio senso / letterale, et / allegorico. / Opera utilissima a Professori dhumane, / e divine Lettere, / Prose, e Poesie. / Divise in due parti / Dedicate al reverendissimo Padre / Fra Francesco Maria Rini da Polizio / Generale di tutto lOrdine serafico, De Padre Fra Serafino dalle Grottaglie, / Lettor di sacra Teologia, e Custode de Riformati / di San Francesco. / in Lecce, appresso Pietro Micheli, 1672. / Con licenza de Superiori.; opera che ebbe ben 5 edizioni (nella Biblioteca Comunale Vergari di Nard, come ci informa Marcello Gaballo (Signasti me, Domine, II, Galatina 3003, p. 359), se ne conserva copia delledizione del 1684). Qui lAutore propone molti casi tratti lacrimevoli occorsi a personaggi della Sacra Scrittura, dellAntico e del Nuovo Testamento, e che spingono appunto a riflessivi Lamenti espressi in versi e in prosa (es. Adamo mortificato, Caino sbandito, No agitato, Lot angosciato, Giuseppe prigioniero, ecc fino alla Maddalena alla quale dedica anche una serie di sonetti). Nella lunga dedica lAutore cos conclude: Nulladimeno non potendo in tutto encomiarla con la penna, vengo a riverirla col cuore, porgendole quasi in voto, o tributo queste poche fatiche, quali massicuro non saranno I lamenti sacri e scritturali (1672), lacerate dalle lingue degli Aristarchi, se portano in fronte il frontespizio della parte seconda patrocinio del suo glorioso nome, che se forse a critici non piacessero i fiori delle mie poesie, doverebbono approfittarsi almeno a i frutti de successi, che lapporto della Sacra Scrittura

A titolo di curiosit si riportano alcuni versi: Maddalena lascia le pompe mondane Fasti, pompe, tesori a Dio, a Dio, Prima che mi lasciate io vabbandono, Quanto donaste a me, tutto ridono, Sia vostro il vostro, e tutto il mio sia mio: Chio vami pi, no, no; metto in oblio, Saltro non siete al fin, che fumo, o suono, Gi veggio il lampo, e non aspetto il tuono,

Non vo, cadendo voi, che cada anch'io; Cieca quellalma, che vapprezza o mira, Che giace al fondo, ancorch vada a galla, Gode poco, assai spera, ognor sospira. Follia dunque seguir Mondo, che falla, pace donar non pu la rota, che gira, E fa spesso al cader fallo una palla.

Il Mondo redento (1684) di Fra Serafino dallle Grottaglie

3. Il funeral / di Cristo. / Opera tragica / con prologo, et intermedii / musicali, e frammenti / di divozioni aggiunte. / Dedicate al Reverendissimo padre / Don Mauro Leopardi Maia / Generale pi volte dellOrdine de Padri Celestini, / Del padre fra Serafino dalle Grottaglie, Lettore di / Teologia, e gi Custode de Riformati / di San Francesco. / In Lecce, MDCLXXXV. Appresso Pietro Micheli. Con licenza de Superiori. Dopo la tragedia spirituale seguono i Frammenti di divozioni aggiunte, consistenti in componimenti poetici in vario metro su argomenti e personaggi correlati alla Passione. Il Funeral di Cristo una rappresentazione sacra della Passione di Cristo, oggi dimenticata ma che ebbe largo successo in Terra dOtranto fino al secolo scorso. Si tratta di una vera e propria tragedia spirituale scritta secondo i canoni della poetica in tre atti, prologo e intermezzi musicali. Lopera prevede vari momenti musicali ed incentrata sul misterioso e tragico intervallo che va dalla morte di Cristo alla Resurrezione: momento di alta drammaticit e intensit spirituale che non poteva non colpire la religiosit e il sentimento popolare nei giorni liturgicamente deputati e cio il periodo di passione e in particolare la settimana santa. Il contenuto segue il racconto evangelico, ma propone anche episodi e situazioni create dalla fantasia fervida del frate francescano che secondava cosi i gusti e le propensioni tipiche del Seicento. Il Prologo presenta le personificazioni del Peccato, della Natura e della. Grazia che discutono sui poteri del Maligno e di Dio; una disputa troncata nel momento in cui la Terra si apre e rinchiude, tra fumi sulfurei, il Peccato. Seguono i due interludi musicali dedicati rispettivamente agli episodi biblici di Abele, Caino e Dio, e di Abramo, Isacco e lAngelo: episodi allusivi del peccato e del Il funeral di Cristo (1685). Frontespizio sacrificio. Il primo atto si snoda attraverso 10 scene: si ode un gran rumore simile a terremoto e compaiono in scena Lucifero e l'Angelo; il primo si vanta di aver conseguito lagognata vittoria, il secondo gli ricorda invece levidente sconfitta che viene confermata dai due diavoli Asmodeo e Astarot: Lalma del malfattor, che pende in Croce / sciolta dal corpo essangue / scesa gi nella Magion del Foco / e strugge tutto. L'anima di Giuda, intanto, si dibatte nel rimorso e nella dannazione; non per sola perch incontra Pilato frenetico con la penna e con la carta in mano sconvolto per laccordata condanna del Messia. Anche Pietro, assalito da incubi e rimorsi per il tradimento, non prende pace ed tentato da Astarot di darsi morte come Giuda, ma un Angelo gli infonde speranza e lo distoglie dallempio proposito. Sul monte Calvario, ai piedi della Croce, Maria, la Maddalena e Giovanni piangono la morte di Ges e si danno conforto a vicenda sicuri della Resurrezione: S, S, forza che cessi il nostro duolo / Sil nostro amato Iddio dopo tre giorni / dalla tomba uscir vivo e festante / allor

tanto maggior sar la gioia, / quantor grave la noia... Si avvicinano per due soldati, Malco e Longino, che commentano sprezzantemente la fine tristissima del figlio di Maria e si apprestano a verificarne la morte con un colpo di lancia che Longino indirizza al costato; segue la conversione di quest'ultimo, mentre Malco rimane nella sdegnosa incredulit. Il secondo atto, composto da 11 scene, si apre con un monologo di Lucifero che non vuol piegarsi alla sconfitta e medita insidie ai seguaci di Cristo. A Pietro e Giovanni, impressionati dalla fine orrenda di Giuda, appaiono, sotto le mentite spoglie di Elia e di Mos, i diavoli Amodeo e Astarot che con suadenti parole tentano di convincere i due apostoli che Ges li ha ingannati e che quanto avvenuto sul Calvario opera di Satana; interviene per un Cherubino a smascherarli. Lucifero stesso tende un'insidia alla Maddalena che, sola, piange con accenti delicati e affettuosi lamato Maestro; ma basta il solo nome di Ges a far scoprire linganno. Anche Longino, ormai divenuto cristiano, deve sopportare le insidie di Malco, di Pilato e dell'anima di Giuda. Sul Calvario intanto Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto e prorompe in una preghiera pietosa e commovente, mentre Giovanni e la Maddalena cercano di alleviare col loro affetto il suo grande dolore. Sopraggiungono Giuseppe e Nicodemo a prendere il corpo santo per la sepoltura; a tale vista Maria tramortisce dal dolore. Nelle dodici scene del terzo atto tornano pi o meno gli stessi personaggi. Pilato d ordine a Malco di custodire con buona e attenta scorta il sepolcro; allo scopo Asmodeo e Astarot prendono le spoglie dei soldati Misandro e Isboset, e fanno una guardia serrata. Longino viene fermato da Malco e dai falsi soldati che vogliono ucciderlo; ma un angelo sventa il tentativo e li impegna in una lotta. Anche la Maddalena, che vorrebbe accostarsi al sepolcro, viene terrorizzata da Lucifero nelle vesti di un capitano ebreo; la donna per resiste coraggiosamente, aiutata anche da Pietro e Giovanni intanto sopraggiunti. Longino decide, nonostante venga contrastato dallanima di Giuda, di abbandonare il mondo e consacrarsi alla vita eremitica. Cambia scena e appaiono Pilato, con un pugnale tra le mani, Malco imbrattato di sangue, Asmodeo e Giuda i quali tutti, costatata la sconfitta, inneggiano alla morte e all'Averno, nonch allo scempio che del proprio corpo fanno Pilato e Malco: Con fasto sempiterno / viva l'Abisso omai, viva l'Inferno!. Siamo alle ultime scene: Maria, sola nella casa, prega e pensa al Figlio che giace nel gelido sasso meditando di recarsi a quel venerabil loco: Star di fuora almeno / a rigarlo con pianti / a scaldarlo con baci / del mio fervido Amor pegni veraci. Mentre Ella si reca al sepolcro raggiunta da un Angelo, da Giovanni e da Pietro che la confortano e la riportano in casa per attendere fiduciosi l'imminente Resurrezione, e cantano: Sparite tristezze, / qual nube, qual venti, / fuggite tormenti, / venite allegrezze / piovete contenti, / se sorger giocondo / quel Dio sepolto a rallegrar il Mondo. Un testo, questo del Funeral di Cristo, che al di l delle forzature barocche e di talune immagini per noi ingenue o grottesche, rivelano nell'Autore una insospettata capacit di comunicazione drammatica e di riflessione su un mistero arcano e sentito. proprio in questopera che si possono cogliere meglio inclinazioni, capacit ed esiti contraddittori della poesia di Fra Serafino: da una congerie di composizioni per lo pi stanche e indigeste emergono e fanno capolino talvolta alcuni Piet. Incisione xilografica tratta da Il funeral di
Cristo (1685)

brani non privi di grazia e disancorati in parte da un secentismo esasperato, come nel primo intermedio musicale incentrato sull'episodio biblico di Abele e Caino. Nel presentare la vita pastorale di Abele, sembrerebbe addirittura che il DAlessandro riesca ad anticipare temi e movenze cari allArcadia: Solitudini beate Ombre liete, amati orrori, che quiete, che ristori Ad ogni alma dispensate, Quanto gode chi vi mira, Chi vaggira, S'anco in vista dilettate, Solitudini beate. Bella vita d'un Pastore A campi, a prati, a pascoli, Condur via le pecorelle, Che scherzando, pascolando Vanno l'erbette in queste parti, in quelle, Perch poi da mamme intatte, Prema il latte, Per nodrirsi a tutte l'ore, Bella vita d'un Pastore. N mancano espressioni duna certa finezza psicologica e di sentimento, ad esempio, i versi della scena sesta dellatto secondo, in cui compare Maddalena sola col vasetto in mano dellunguento O dell'amato, e singolar mio Bene Bellezze isquallidite; o del mio Sole Tramontati splendori; o del mio petto Venenate dolcezze, o mio tesoro, E come tho perduto, e pur non moro? Caro pegno dellalma. Anima mia, Come ti porto al core, e non ti veggio? E dove mai saffisseran questocchi, Sappagarsi non sanno in altro oggetto? Che pi sperar, o desiar gi resta Al misero mio cuore, essendo morto Se sparve al suo sparir ogni conforto? Se partendo da me, da me partita F dolce vita mia, per la mia vita? Si, si morir ti piacque, Mia carissima gioia, E solo per piet; se gi mamasti. Se tamai, Amor mio, Perch morendo tu, non morsi anchio? Talvolta a colpire il lettore la crudezza, anche lessicale, di scene orride, sulle quali stagna un realismo graveolente e funereo, come nel Pianto universale che conclude lopera, a proposito della resurrezione dei morti:

Vista fu pi tremenda Disserrarsi i sepolcri a un baleno. Scoprir nell'ampio seno D'orror, di puzza una Menfite orrenda Ov'il guardo s'estenda Era a mirar terribili cataste Di putridi carcami, e carni guaste. O nobili, o villane Giacean spolpate l'ossa in mucchi accolte Tra le ceneri avvolte De Regi, e Contadini membra non sane. O superbie mondane Una polve ci copre, ed egual sorte Confonde i Scettri, e i Vincastri in morte. Un giudizio sullarte poetica di Fra Serafino dalle Grottaglie difficile dare, sia per il complesso problema del Barocco in cui egli si inserisce attivamente, sia per la poliedricit e molteplicit dei suoi interessi. Carmelo Pignatelli, pur condannandolo, intravvede nei suoi versi qualche germe della successiva restaurazione arcadica della letteratura o, quanto meno, un Barocco ormai declinante e quindi meno parossistico. Noi crediamo necessario tenere presenti i limiti della sua poetica, definiti abbastanza chiaramente nella ricordata dedica del Mondo redento: So che l corre il Mondo, ove pi versi di sue dolcezze il lusinghier Parnaso, come disse quel grandHuomo, gustando di si fatti condimenti il palato corrotto dun Secolo appetitoso, ma havendo pi tosto riguardo al frutto della divozione, che al fiore del diletto, pi presto alledificazione deglanimi, chal prurito dellorecchie, ho tralasciato i Parnasi per li Calvarij, i fonti dIppocrene per le piaghe di Cristo, e posposta la menzogna delle favole alla verit del Vangelo, conformandosi la penna allAbito.... Una preponderanza, quindi, dellaspetto moralistico, cio del prodesse sul delectare che spesso condiziona linventiva e le indubbie capacit poetiche traducendosi spesso in un rivestimento poetico di temi e interessi religiosi e spirituali che stavano pi a cuore al letterato francescano. Nel 2003, allinterno del Fantiano Festival, il regista ed attore Alfredo Traversa dedic al teatro di questo prolifico letterato grottagliese una bella serata culturale tenuta nellaffascinante giardino delleremo di S. Maria in Campitelli di Grottaglie. La riproposizione di alcune opere e specialmente della tragedia spirituale sul Funeral di Cristo potrebbe rivelarsi una operazione culturale non peregrina, specie se si riuscisse a recuperare il relativo commento musicale; ci consentirebbe di valorizzare un Autore non insignificante della nostra terra.

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