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_il dis-farsi forma...

courtesy
non c’è progresso
senza felicità...
un dialogo sui limiti e i vantaggi della globalizzazione
con Frei Betto e Domenico De Masi

dalla Prefazione di Josè Ernesto Bologna


psicanalista ed educatore

Molti sono coloro che capiscono quanto sia im-


portante agire nel presente per migliorare il futuro.
Tra costoro, vi è un’incoraggiante minoranza che
concepisce un futuro nutrito di speranza, con l’au-
silio del calcolo. Contrapporre la speranza e il cal-
colo non ha fatto che produrre mali nella storia. I
pericoli che gli estremi comportano suggeriscono
quindi una ricerca dell’equilibrio. se eccessivo, il
calcolo può infatti produrre solitudine, così come
una speranza esagerata può considerarsi ingenuità.
Umanesimo e scienza, tradizione e rottura, oggetti-
vità e soggettività, determinismo e libertà, progetti
e risultati, natura e cultura sono, insieme a molti
altri, valori permanenti della civiltà. La sfida del
nostro tempo consiste nell’integrarli. Natura della
il libro dei mutamenti...era di sabato 03_01_09

cultura e cultura della natura; progetti con risultati


che a loro volta li supportino: pensiero e sentimen-
to richiedono unità, a beneficio della diversità. Ma,
a quanto ci sembra di vedere le persone vogliono
capire e riflettere criticamente sulle attuali tenden-
ze, dare vita a scenari possibili, cercare spazio e
pienezza di significato. Gli indizi sono chiari. Il
mezzo di comunicazione comincia a tiranneggiare
sempre meno il messaggio. Per la gioia degli intel-
lettuali appassionati - tecnici e umanisti allo stesso
tempo - capaci di un dialogo creativo, per la vasta
portata dei mezzi di comunicazione, il messaggio
anela ad avere un senso. Non basta più che si par-
li attraverso il mezzo più potente: ciò che si dice
deve avere un suo valore. (...)
Cominciamo, lettore, dalle tue orecchie.
Vi è grande ansia di cose pratiche. Questa smania
di fare invade le aule, le case, i bar, gli uffici dei
responsabili dell’educazione, le imprese, i governi,
le chiese. Ma quest’ossessione per gli atti presenta
limiti e rischi.
Privilegiando la pratica rispetto all’etica, l’utilità
rispetto alla bellezza, la convenienza rispetto al
bene, si sviluppa una compulsione che divora noi
stessi e il mondo, perchè i gesti dissociati dai valo-
ri, illusoriamente sostenibili nel tempo personale,
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si dimostrano insostenibili in quello sociale.
Sviluppo individuale, adattamento all’ambiente
sociale, costruzione collettiva del bene, interroga-
tivi di educatori, genitori e giovani - figli e alunni -
indirizzati a diverse sfere della conoscenza umani-
stica e tecnologica, che implicano sfide profonde
e generali:
Che pensare, che dire, che fare?
Come, dove, quando, chi, per chi, perché?
Domande senza dubbio importanti. Non sempre,
però, è la natura delle domande a renderle sen-
sate o utili. Prima ancora è l’approccio, la manie-
ra di porle, a determinare la qualità delle risposte.
Oggi, sotto la pressione del potere, molte risposte
mirano unicamente al particolare, a discapito del
collettivo. La ragione è chiara: al metodo manca il
dialogo.

Illusa dalla sua stessa onnipotenza, l’identità pre-


tende di ignorare l’alterità, di prescindere da essa.
Pensando di poter esistere senza l’altro, l’oppres-
sione cerca di negarne l’esistenza. ma non ci riu-
scirà mai. Coesistenti, alter e idem, l’altro è duraturo
quanto l’io. Non importa la sua origine, né il suo
credo o il suo cuore: l’altro esiste. Senza alter, non
vi è idem, e viceversa. Solo per il fatto che esiste un
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altro, può esistere un io.


Dopo secoli di apologia della conversazione co-
struttiva, che tenga conto dell’inevitabilità dell’al-
tro, pare quindi incredibile che manchino ancora
dei veri dialoghi. Eppure mancano, e molto. Man-
cano, in particolare, i dialoghi creativi, quelli che
lasciano spazio alle differenze, testimoniando così
l’accettazione della diversità come requisito fonda-
mentale dell’identità.
Permettendo la coesistenza, questo grande segno
di civiltà nell’uguaglianza. Ove non vi sia posto per
la diversità, vi è l’estinzione.
Nasce così l’importanza dei dialoghi creativi, come
spazio di riflessione che ammette la diversità come
base e complemento all’ansia di cose pratiche. Co-
noscere per accettare. Scegliere il convivere come
un fare. Offrire il dialogo, che va ben al di là della
mera e irriflessiva pratica della pratica. I dialoghi
creativi permettono di parlare per poter fare, di
pensare per poter parlare. Pensare e parlare del
sentire, riconoscendo di esistere. Ci permettono di
stimolare l’integrità, nostra e altrui, ci permettono
di essere e di stare insieme, senza costringerci ad
essere uguali.
Per tutto questo, vi sono buone notizie.
Fortunatamente, questa smania dei ‘risultati per i
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risultati’, questa mancanza di riflessione nell’am-
bito del dialogo dà segni di esaurimento, mentre
guadagnano terreno la conoscenza che coniuga
tecnologia e scienze umane, la riflessione critica
di qualità sui valori umani e sociali, l’interdiscipli-
narietà.
Dialoghi creativi, unità nella diversità, discordanza
senza diiscordia: tutti chiari indizi che si ha un’ani-
ma: Che sia l’anima soprannaturale della teologia o
l’anima naturale della filosofia laica, sempre di ani-
ma si tratta, metafisica e neurale al tempo stesso.
Dialoghi, perchè non sempre il potere delle mani
è al servizio della lucidità della mente. Dialoghi,
perché è necessario cercare l’unità essenziale sotto
il mosaico della superficie. Eleganza, cultura, ri-
spetto e bellezza, ampio respiro. Dialoghi, perché
quando l’anima è bella, la mente è giusta e la mano
è abile. (...) In Italia, con il succedersi delle epoche,
l’anima ha sempre avuto dimora. E non possia-
mo che esserne ammirati. L’Italia di oggi lotta per
proteggerla, coltivarla, farla progredire, esprimen-
dola sempre più. (...) Predisponendo le orecchie
all’ascolto, le idee aiuteranno genitori e giovani
nella loro ricerca di una prosperità sostenibile. Pro-
sperità sostenibile, potente ed etica, trasformatrice
ed ecologica. Prosperità sostenibile, grande sfinge
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del XX secolo che, ormai doppiato il capo del mil-


lennio, ci domanda, da ciò che abbiamo, chi siamo
e, da ciò che siamo, che cosa realmente vogliamo.

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