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):
I=CVcos(t)
E nella notazione complessa:
= R+jX l'impedenza della rete vista ai capi del generatore, e ricordando che lo
sfasamento tra tensione e corrente risulta essere dato da:
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arctan( )
X
R
=
Si pu dire che una rete elettrica si trova in risonanza quando la parte immaginaria
dellimpedenza X nulla. Si deduce subito che una rete elettrica passiva, per poter essere in
condizione di risonanza, deve essere composta sia da induttori che da condensatori, in modo tale
che gli sfasamenti di segno opposto si compensino per particolari valori della frequenza del
generatore, dando luogo a sfasamento nullo. La presenza di elementi reattivi induttivi e capacitivi
consente che nel circuito l'energia possa essere immagazzinata sia sotto forma elettrica che
magnetica; ci causa di interessanti fenomeni, legati intimamente alla risonanza stessa, e
caratterizzati da un continuo scambio di energia tra le due forme citate. Inoltre, tanto minore
risulter l'influenza della parte resistiva del circuito, tanto minori risulteranno gli effetti
dissipativi, e tanto pi accentuati risulteranno i fenomeni legati alla condizione di risonanza.
Per meglio comprendere il fenomeno stesso, consideriamo due casi distinti, noti come circuito
risonante serie e circuito risonante parallelo, cos chiamati in base al modo con cui sono collegati
tra di loro gli elementi capacitivi ed induttivi.
I.4.1 RISONANZA SERIE
Dato il circuito in figura si determina la
condizione di risonanza tenendo conto delle
leggi di Kirchhoff:
I
V RI j LI
j C
e
e
= + +
Affinch la corrente risulti in fase con la
tensione, occorre e basta che la parte
immaginaria della impedenza sia nulla, ci si ha se e solo se
1
L
C
e
e
=
e da questa si ha che la
pulsazione di risonanza vale:
1
r
LC
e =
La rete elettrica in esame possiede allora una e una sola frequenza di risonanza ottenibile dalla
pulsazione di risonanza:
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1 1
2
r
f
LC t
=
E in queste condizioni la corrente nel circuito dipende solo ed esclusivamente dalla tensione e
dalla resistenza e corrisponde anche al valore massimo assunto dalla corrente nel regime delle
frequenze. Se contrassegniamo con:
2 2
1
( ) Z R L
C
e
e
= +
limpedenza totale del circuito si ha un andamento come mostrato nella figura successiva:
Nel caso in cui il circuito si trovi fuori risonanza, dobbiamo distinguere due casi:
1. e <e
r
: in questo caso la reattanza capacitiva X
C
= 1/eC maggiore della reattanza
induttiva X
L
= eL; la rete viene vista dal generatore come un carico ohmico-capacitivo e
quindi la corrente risulter in anticipo sulla tensione V .
2. e > e
r
: La reattanza induttiva prevale su quella capacitiva e quindi la corrente risulter in
ritardo sulla tensione V .
Nelle condizioni di risonanza, dall'uguaglianza X
L
= X
C
segue
immediatamente V
C
= X
C
I = V
L
= X
L
I e da ci segue che la
potenza reattiva induttiva eguaglia la potenza reattiva
capacitiva . Sarebbe molto utile, a questo punto, l'introduzione
di un parametro atto ad indicare quanto i fenomeni reattivi
siano influenti rispetto ai fenomeni dissipativi della rete
elettrica: a tal scopo possibile introdurre il cosiddetto
coefficiente di risonanza Q
r
, che definiamo come il rapporto
tra la potenza reattiva Q
L
induttiva (uguale e opposta, in
condizioni di risonanza, alla potenza reattiva capacitiva Q
C
) e la potenza attiva P in gioco nella
rete:
L
r
Q
Q
P
=
Da cui:
1
r
r
r
L
Q
R CR
e
e
= =
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Se il generatore di tensione non ideale, occorre considerare, al fine del calcolo del coefficiente di
risonanza, la resistenza totale R
T
, somma della resistenza interna R
S
del generatore e della
resistenza R della rete. Si parla in questo caso di coefficiente di risonanza a carico Q
RC
.
1
( )
r
RC
S r S
L
Q
R R C R R
e
e
= =
+ +
Nel caso in cui il circuito sia composto esclusivamente da un condensatore in serie con un
induttore reale, ed R rappresenti la resistenza interna di quest'ultimo, e ricordando che il fattore di
merito dell'induttore dato da:
m
L
Q
R
e
=
Da cui si pu dedurre che il coefficiente di risonanza a vuoto coincide col fattore di merito
dellinduttore. Considerando ancora il circuito risonante serie possibile osservare che, in
condizioni di risonanza, la tensione ai capi degli elementi reattivi pu essere superiore alla
tensione ai capi del generatore; ci accade ogniqualvolta la reattanza induttiva (o capacitiva) del
circuito risulti maggiore della resistenza R; si ha infatti:
V
L
= e
r
L I e V = V
R
= R I.
Questo fenomeno noto come sovratensione.
Per il circuito risonante parallelo si ottiene che questo funziona come filtro elimina banda. Il
circuito RLC parallelo non far parte di questo lavoro.
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Capitolo 8 LE EQUAZIONI DIFFERENZIALI
La rivoluzione matematica ebbe inizio negli ultimi anni del 600, quando una folta scuola di
matematici francesi cominci a pubblicare testi di matematica in stile accademico. Fino ad allora i
matematici erano in realt studiosi di altre materie scientifiche e la matematica per loro risultava
solo un mezzo per le spiegazioni pi complicate. I matematici daltro canto potevano aspirare al
solo impiego di insegnante presso le scuole e non veniva riconosciuto loro un merito scientifico.
La prima formulazione del calcolo infinitesimale, per, fu opera non di un francese ma
dellinglese Isaac Newton negli anni in cui si dice ebbe la fulminazione sulla teoria di gravitazione
universale gi formulata da Keplero. In realt non fu scevro di polemiche questo studio dato che
nel medesimo periodo e senza aver alcun contatto con Newton Liebniz formulava le stesse teorie
di calcolo infinitesimale e quindi vi fu una lunga disputa sulla sua paternit. Indipendentemente
da tutto, quel periodo fu il punto di nascita della matematica moderna. Il calcolo infinitesimale,
infatti, diede possibilit ai matematici di formulare e riformulare una geometria differenziale non
euclidea e se per tutto l800 si alternarono matematici illustri come Cauchy ed Euler che diedero
alla luce numerosissimi lavori su tutte le branche della matematica, si deve aspettare la fine del
secolo per avere una formulazione che permetter successivamente ad Einstein la formulazione
della relativit speciale del 1905 che sar il punto di partenza dellepoca moderna. Allinizio del
secolo si affermarono personalit matematiche del calibro di Cantor e in particolare di Hilbert.
David Hilbert (Knigsberg, Prussia, 1862 - Gttingen, Germania, 1943), uno dei pi eminenti
matematici a cavallo tra il XIX e il XX secolo, si diplom al liceo della sua citt natale, iscrivendosi
all'Universit di Knigsberg. Ottenne il dottorato con Lindemann, nel 1885 con la tesi Sulle
propriet invarianti di speciali forme binarie, in particolare le funzioni circolari. Nello stesso
periodo era studente di dottorato nella stessa universit anche Hermann Minkowski, a cui fu
legato da profonda amicizia e un'altrettanto profonda influenza reciproca si ebbe nei loro lavori.
Hilbert rimase all'Universit come docente dal 1886 al 1895, quando in seguito all'interessamento
di Klein ottenne la cattedra di matematica a Gttingen, dove rest fino alla fine della sua carriera.
Il primo lavoro di Hilbert sulle funzioni invarianti lo port a dimostrare nel 1888 il suo famoso
teorema di finitezza. Vent'anni prima Gordan aveva dimostrato il teorema della finitezza dei
generatori per le forme binarie usando un complesso approccio computazionale. I tentativi di
generalizzare questo metodo per funzioni con pi di due variabili fallirono, proprio a causa delle
difficolt di calcolo. Lo stesso Hilbert cerc all'inizio di seguire il sistema di Gordan, ma ben presto
cap di dover intraprendere una strada del tutto diversa. Dimostr cos il teorema di finitezza di
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Hilbert: un metodo per dimostrare che esiste un insieme di generatori finito per un numero di
variabili qualsiasi, ma in forma totalmente astratta: pur dimostrandone l'esistenza, non si fornisce
un sistema per costruirlo. Hilbert invi il suo lavoro ai Mathematische Annalen. Gordan, l'esperto
sulla teoria degli invarianti per i Mathematische Annalen, non riusc ad apprezzare il
rivoluzionario teorema di Hilbert e rifiut l'articolo, criticandone l'esposizione, a suo dire poco
esaustiva. Il suo commento fu: "Questa teologia, non matematica!" Tuttavia Klein riconobbe
l'importanza del lavoro di Hilbert, e gli garant la pubblicazione, senza alcun cambiamento.
Spronato da Klein e dai commenti di Gordan, Hilbert in un secondo articolo espanse il suo metodo,
fornendo stime sul grado massimale dell'insieme minimo dei generatori, e lo invi di nuovo agli
Annalen. Dopo aver letto il manoscritto, Klein gli scrisse, dicendo: "Senza dubbio questo il lavoro
pi importante sull'algebra generale che gli Annalen abbiano mai pubblicato".
Il lavoro Fondamenti di geometria, pubblicato da Hilbert nel 1899, sostituisce agli assiomi di
Euclide un insieme formale, composto di 21 assiomi, che evita le contraddizioni derivanti da
quello di Euclide. Indipendentemente e contemporaneamente, uno studente statunitense di 19
anni, Robert Moore pubblic un insieme di assiomi equivalenti. interessante notare che, sebbene
alcuni assiomi siano gli stessi, qualche assioma di Moore un teorema nel sistema di Hilbert, e
viceversa.
Dopo aver risolto brillantemente i problemi della geometria, Hilbert si accinse a fare lo stesso con
la matematica. Riconoscendo comunque l'impresa superiore alle sue sole forze, prepar una
lezione dal titolo "I problemi della matematica" per il Secondo Congresso Internazionale di
Matematica.
Eccone l'introduzione:
Chi di noi non sarebbe felice di sollevare il velo dietro cui si nasconde il futuro; di gettare uno
sguardo ai prossimi sviluppi della nostra scienza e ai segreti del suo sviluppo nei secoli a venire?
Quali saranno le mete verso cui tender lo spirito delle future generazioni di matematici? Quali
metodi, quali fatti nuovi schiuder il nuovo secolo nel vasto e ricco campo del pensiero
matematico?
Il discorso venne pronunciato a Parigi durante il Congresso, dove Hilbert introdusse i suoi famosi
23 problemi: anche se alcuni vennero risolti in breve termine, altri sono stati e continuano ad
essere una sfida per i matematici.
Con questa iniziativa, Hilbert diede il via alla scuola formalista, una delle tre scuole della
matematica del 1900. Secondo il formalismo la matematica un gioco privo di significato in cui si
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gioca con contrassegni privi di significato secondo regole formali concordate in partenza. Essa
quindi un'attivit autonoma del pensiero. Nonostante le buone intenzioni, il suo tentativo di
assiomatizzazione della matematica era destinato a fallire: nel 1931 Gdel dimostr come un
sistema formale che non fosse contraddittorio non potesse dimostrare la sua completezza. Tuttavia
nulla si dice riguardo la dimostrazione da parte di un differente sistema formale sulla completezza
della matematica. Tra i suoi studenti vi furono Hermann Weyl, il campione di scacchi Lasker e
Ernst Zermelo. John Von Neumann
4
fu suo assistente.
Circa nel 1909, Hilbert si dedic allo studio delle equazioni differenziali ed integrali: i suoi lavori
portarono direttamente allo sviluppo della moderna analisi funzionale. Per questi suoi studi,
Hilbert introdusse il concetto di spazio a infinite dimensioni, chiamato in seguito spazio di Hilbert.
Oltre ad essere di grande utilit nello studio della della meccanica quantistica, gli permise di
contribuire allo sviluppo della teoria cinetica dei gas e alla teoria della radiazione. In seguito,
Stefan Banach ampli il concetto, definendo gli spazi di Banach, fondamento
dell'assiomatizzazione della teoria delle funzioni integrali.
Nelle applicazioni della matematica sorgono spesso dei problemi in cui si vuole determinare la
legge in base alla quale alcune variabili dipendono da altre; vale a dire che ci sono problemi in cui
l'incognita una funzione. Spesso poi la determinazione di tali funzioni legata alla risoluzione di
equazioni che si dicono per questo funzionali.
Fra le equazioni funzionali, particolare importanza rivestono, per le numerose applicazioni, le
equazioni che coinvolgono una funzione f e le sue derivate. Consideriamo, ad esempio, il
problema di determinare la curva di equazione y= f(x) tale che la retta ad essa tangente nel punto
di ascissa x abbia coefficiente angolare uguale al l'ascissa stessa; ricordando che il coefficiente
angolare della retta tangente ad una curva la derivata della funzione nel punto di tangenza, il
modello del problema l'equazione y = x in cui compaiono la variabile x e la derivata prima
della funzione f.
-Si dice equazione differenziale ordinaria un'equazione funzionale che esprime un legame fra x, y
= y(x) e almeno una delle sue derivate. Un'equazione differenziale ordinaria assume quindi la
forma:
4
Nel 1944 pubblic The Theory of Games and Economic Behavior che formalmente introdusse la Teoria dei giochi
che nei processi di calcolo e matematica di notevole utilit per lanalisi delle situazioni della vita quotidiana in
Economia, politica e in ogni campo delle scienze sociali.
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F (x, y, y', y ", y
(n)
) = 0
dove F una funzione di x, y, y, y ,, y
(n)
-Si dice ordine di un'equazione differenziale (d'ora in poi intenderemo sottinteso il termine
"ordinaria") il massimo ordine delle derivate che in essa compaiono.
Una equazione differenziale quindi del primo ordine se in essa compare y' ma non le derivate ad
essa successive (deve esserci obbligatoriamente y' ma possono eventualmente mancare y e x); del
secondo ordine se in essa compare y" ma non le derivate successive (deve esserci y" ma possono
eventualmente mancare y', y e x) e cos via.
Si dice soluzione o integrale di una equazione differenziale di ordine n ogni funzione y =g(x),
dotata in un certo insieme di R di derivate fino a quella di ordine n, tale che in I sia
F(x, g(x), g'(x), g"(x),.,g
(n)
(x)) = 0
cio ogni funzione g che soddisfi l'equazione stessa. Il grafico di g(x) si dice curva integrale.
Le soluzioni dell'equazione differenziale del primo ordine dipendono dalla sola costante c, mentre
le soluzioni dell'equazione differenziale del secondo ordine dipendono dalle due costanti c
1
e c
2
. In
generale, la soluzione di un'equazione differenziale non unica, ma costituita da una intera
famiglia di funzioni che dipendono da una o pi costanti; pi precisamente, il numero delle
costanti pari all'ordine dell'equazione stessa. L'insieme di queste funzioni, cio delle funzioni y =
g (x,c
1
,c
2
,,c
n
) si dice soluzione generale o integrale generale dell'equazione differenziale.
Attribuendo un particolare valore a ciascuna di tali costanti si ottiene una sola funzione che
costituisce un integrale particolare dell'equazione differenziale.
In alcune situazioni, pu capitare che l'integrale generale non comprenda tutte le soluzioni
dell'equazione; vale a dire che pu capitare che ci sia una soluzione che non deducibile
dall'integrale generale per alcun valore delle costanti; si parla allora di integrali singolari.
I. LE EQUAZIONI DIFFERENZIALI DEL PRIMO ORDINE
Una generica equazione differenziale dei primo ordine assume la forma:
F(x, y, y') = 0
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In tale equazione, pu non comparire la variabile x o la y, ma non pu mancare la y'. Se
l'equazione scritta nella forma y= f(x,y) cio se scritta esplicitata rispetto a y, si dice in forma
normale.
-Teorema (di Cauchy). Sia f(x, y) una funzione di due variabili reali definita e continua in un
sottoinsieme aperto D del piano e supponiamo che anche f
y
sia continua in D; sia poi P(x
0
,y
0
) un
punto qualsiasi di D. Allora l'equazione differenziale y'= f(x, y) ammette una ed una sola soluzione
y= g(x) che, in un intorno di x
0
soddisfa la condizione y
0
= g(x
0
). La condizione y
0
= g(x
0
) viene
detta condizione iniziale ed esprime, in sostanza, il passaggio della curva integrale per il punto
assegnato P(x
0
, y
0
).
I.1 EQUAZIONI LINEARI DEL PRIMO ORDINE
Si dividono in omogenee e complete.
-le equazioni omogenee hanno questa forma
0 = + p(x)y y'
e si possono risolvere applicando il metodo di separazione delle variabili;
-le equazioni complete invece si presentano
) ( ) ( ' x q y x p y = +
e per risolvere si deve applicare questa formula:
(
+
}
}
=
}
c dx e ) x ( q e y
dx ) x ( p
dx ) x ( p
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